“Il canone 36 del concilio di Elvira in Spagna, nel 300, è di una

annuncio pubblicitario
IL CULTO DELLE IMMAGINI
DOCUMENTAZIONE DEI CONCILI
“Il canone 36 del concilio di Elvira in Spagna, nel 300, è di una chiarezza
che non ammette dubbi: “Placuit picturas in ecclesia esse non debere, ne quod
colitur et adorabitur in parietibus depingatur” parve bene decidere che non ci
dovessero essere pitture nelle chiese, di modo che ciò ch’è onorato e
adorato non sia dipinto sui muri”.1
Il Concilio Quinisesto o Trullano II (692) tenuto a Costantinopoli. recita in
due formulazioni alcune indicazioni circa l'arte figurativa nelle chiese.
Canone 82. "In alcune pitture di immagini sacre, è rappresentato l’agnello
indicato dal dito del precursore ed assunto a significare la grazia, il quale
rappresenta il vero agnello secondo la legge, ossia Cristo, Nostro Dio. Pur
accogliendo, quindi, le antiche figure e immagini come segni della verità e
caratteri della Chiesa a noi trasmessi, preferiamo tuttavia la grazia e la verità,
considerandola come compimento della legge. Affinché, quindi, anche con la
espressione dei colori sia posto sotto gli occhi di tutti, ciò che è perfetto,
comandiamo che d’ora innanzi, invece dell’antico agnello, il carattere di colui che
toglie i peccati del mondo, cioè Cristo nostro Dio, sia dipinto e raffigurato
sotto forma umana, affinché per suo mezzo, comprendendo con la mente la
grandezza della umiliazione del Verbo di Dio, siamo condotti anche alla memoria
della sua vita, della sua passione e della sua morte salvifica, e della redenzione
del mondo che egli operò. (…).
Can. 100. Che lo sguardo dei tuoi occhi retto. Prendi attentamente cura del tuo
cuore, come prescrive la Saggezza (Pro 4,25), perché le sensazioni corporali
s’introducono facilmente nell’anima. Prescriviamo dunque che le pitture
ingannevoli esposte agli sguardi e che corrompono l’intelligenza eccitando piaceri
vergognosi – che siano dipinti o ogni altra cosa analoga – non siano
rappresentate in nessuna maniera e se qualcuno inizia a farne, che sia
scomunicato.
In due concili troviamo un diverso atteggiamento verso le immagini tra
quello tenuto ad Elvira in forma piuttosto negativa, e il Quinisesto, si nota una
certa evoluzione. "Il primo esprime la volontà della comunità cristiana, ancora
immersa nell'ambiente pagano, di differenziarsi dalla civiltà classica col divieto di
adornare le chiese con pitture. Il secondo non solo promuove le pitture nelle
chiese, ma sollecita anche la sostituzione di rappresentazioni simboliche con
quelle antropomorfiche. Queste indicazioni in primo luogo corrispondono al
riconoscimento da parte delle autorità ecclesiastiche di una situazione di fatto. La
cristianizzazione dell'impero aveva infatti comportato un'integrazione della
comunità cristiana con la cultura del mondo circostante, che sul piano delle
immagini aveva significato l'assunzione da parte dei cristiani del linguaggio
artistico dell'arte classica".2
- Citato da AZZIMONTI C., I beni culturali ecclesiali nell'ordinamento canonico e in quello
concordatario italiano, EDB, Bologna 2001, p. 71.
1
- MENOZZI D., La chiese e le immagini. I testi fondamentali sulle arti figurative dalle origini ai
nostri giorni, San Paolo, Cinisello Balsamo, 1995, p.83.
2
1
Gregorio Magno (590-504) sostiene l'uso delle immagini in quanto utili a
fissare la memoria della storia cristiana e a suscitare quel sentimento che porta il
fedele all'adorazione.
Nel 754 incontriamo il Concilio di Hieria, "culmine della tendenza
iconoclasta". dove Sono presenti 338 vescovi, e il concilio si fregia del nome
ecumenico. In realtà sono assenti i patriarchi orientali e i rappresentanti del
papa. In questa sede sono condannati l’uso e il culto delle immagini, ritenuto
idolatrico e contrario al primo precetto del decalogo, mentre veniva conservato il
culto di intercessione diretto alla Vergine e ai santi.
Si arriva così al secondo concilio di Nicea 787 favorevole al culto delle
immagini e che anatematizzò l’iconoclastia: Nella Definizione leggiamo: "In tal
modo, procedendo sulla via regia, seguendo la dottrina divinamente ispirata dei
nostre santi padri e la tradizione della chiesa cattolica - riconosciamo, infatti che
lo Spirito santo abita in essa – noi definiamo con ogni rigore e cura che, a
somiglianza della raffigurazione della croce preziosa e vivificante, così le
venerande e sante immagini, sia dipinte che in mosaico o in qualsiasi altro
materiale adatto, debbono essere esposte nelle sante chiese di Dio, sulle sacre
suppellettili, sui sacri paramenti, sulle pareti e sulle tavole, nelle case e nelle vie;
siano esse l’immagine del signore Dio e salvatore nostro Gesù Cristo, o quella
dell’immacolata signora nostra, la santa Madre di Dio, dei Santi angeli, di tutti i
santi e giusti. Infatti quanto più frequentemente queste immagini vengono
contemplate, tanto più quelli che le contemplano sono portati al ricordo e al
desiderio dei modelli originali e a tributare loro, baciandole, rispetto e
venerazione. Non si tratta certo di una mera adorazione (latria), riservata dalla
nostra fede solo alla natura divina, ma di un culto simile a quello che si rende
all’immagine della croce preziosa e vivificante, ai santi evangeli e agli altri oggetti
sacri, onorandoli con l’offerta di incenso e di lumi secondo il pio uso degli antichi.
L’onore reso all’immagine, in realtà, appartiene a colui che vi è rappresentato e
chi venera l’immagine, venera la realtà di chi in essa è riprodotto. Così si rafforza
l’insegnamento dei nostri padri, ossia la tradizione della chiesa universale, che ha
ricevuto il Vangelo da un confine all’altro della terra. Così diventiamo seguaci di
Paolo, che ha parlato in Cristo, del divino collegio apostolico, e dei santi padri,
tenendo fede alle tradizioni che abbiamo ricevuto. Così possiamo cantare alla
chiesa gli inni trionfali del profeta: Rallegrati, figlia di Sion, esulta figlia di
Gerusalemme; godi e gioisci, con tutto il cuore. Il Signore ha tolto di mezzo a te le
iniquità dei tuoi avversari, sei stata liberata dalle mani dei tuoi nemici. Dio, il tuo re
è in mezzo a te; non sarai più oppressa dal male, e la pace dimori con te per
sempre.
Chi oserà pensare o insegnare diversamente, o, seguendo gli eretici empi,
violerà le tradizioni della chiesa o inventerà delle novità o rifiuterà qualche cosa di
ciò che è stato affidato alla chiesa, come il Vangelo, la raffigurazione della croce,
immagini dipinte o le sante reliquie dei martiri; chi immaginerà con astuti raggiri
di sovvertire qualcuna delle legittime tradizioni della chiesa universale; o chi
userà per scopi profani i vasi sacri o i venerandi monasteri, noi decretiamo che,
se vescovo o chierico, sia deposto, se monaco o laico venga escluso dalla
comunione". 3
Dopo la definizione di Nicea (787) e ripresa di posizione a favore delle icone,
si incontra ancora un periodo di difficoltà nei primi decenni del IX secolo.
3
- Concilium Nicenum, in Conciliorum Oecumenicorum Decreta, EDB 1871, pp.135,28-137,35.
2
L'imperatrice reggente Teodora diventa l'elemento determinante per la chiusura
di questa controversia con una presa di posizione a favore delle immagini. Il
giorno 11 marzo 843, prima domenica di quaresima, con una festa solenne si
poté celebrare il trionfo dell'ortodossia o festa delle icone.
Durante tutto il Medio Evo gli ordini religiosi specialmente i Benedettini
coltivano particolare attenzione per i Beni Culturali. Nella preghiera di Istituzione
degli Ostiari (forse metà del secolo III) si vede un sacro impegno per tutelare i beni
della Chiesa: "Badate a che per la vostra negligenza non vada in rovina niente di
quelle cose che sono nella chiesa. Agite in modo tale come da render conto a Dio
di quelle cose che sono custodite da queste chiavi (che vi sono consegnate).4
SINODO DI MAGONZA (1549) decreta: "Ordiniamo severamente che venga
mantenuto nella chiese l'uso delle immagini, essendo utili per educare il
popolo e per muovere l'animo di tutti: purché i nostri pastori insegnino
accuratamente al popolo che le immagini vengono mostrate non per essere
adorate o venerate, ma perché possiamo pensare a chi dobbiamo adorare e
venerare e di che cosa dobbiamo ricordarci con profitto. Proibiamo invece
decisamente che vengano poste nelle chiese immagini procaci o con troppi
ornamenti e fatte in modo da rispondere più alla leggerezza mondana che a
motivi di pietà. Riteniamo grave questa lasciva ostentazione di arte, anche nelle
case private, per un severo padre di famiglia e nei templi assolutamente
intollerabile".5
Prima della fine il Concilio di Trento nella sessione XXV del 3-4
dicembre prende in considerazione il problema delle immagini, e ne giustifica
l'uso. Dopo aver parlato dell'onore dovuto alle reliquie, precisa.
"Inoltre le immagini del Cristo, della Vergine madre di Dio e degli altri santi
devono trovarsi ed essere conservate soprattutto nelle chiese; ad esse si deve
attribuire il dovuto onore e la venerazione, non certo perché si crede che vi
sia in esse qualche divinità o potere che giustifichi questo culto o perché si
debba chiedere qualche cosa a queste immagini o riporre fiducia in loro,
come un tempo facevano i pagani, che riponevano la loro speranza negli idoli, ma
perché l’onore loro attribuito si riferisce ai prototipi che esse
rappresentano. Dunque attraverso le immagini che noi baciamo e dinanzi alle
quali ci scopriamo e ci prostriamo, noi adoriamo Cristo e veneriamo i santi, di cui
esse mostrano l’immagine. Tutto questo è già stato sancito dai decreti e dai
concili, specie dal secondo concilio di Nicea, contro gli avversari delle sacre
immagini".6
Il concilio dopo aver affermato che le immagini hanno un valore didattico, a
conferma della fede, e che le immagini dei santi sono sempre edificatorie,
prosegue con queste parole: ”…non sarà esposta nessuna immagine che favorisca
false dottrine e sia per i semplici occasione di pericolosi errori. Se qualche volta
verranno raffigurate le storie e i racconti della sacra scrittura, cosa utile per il
popolo poco istruito, bisognerà spiegare che non si pretende con questo di
raffigurare la divinità, come se potesse essere vista dagli occhi del corpo o essere
espressa con colori e immagini. Nella invocazione dei santi, nella venerazione
- EGGER A., Kirchliche Kunst und Denkmalplege, Brixen 1932, p. 7. "Providete (…) ne per
negligentiem vestram illarum rerum, quae intra ecclesiam sunt, aliquid pereat. Sic agite, quasi Deo
reddituri rationem pro iis rebus, quae his clavibus recluduntur"
5 Citazione presa da: PLAZAOLA J., Arte cristiana nel tempo. Storia e significato II. Dal rinascimento
all'età contemporanea, San Paolo, Cinisello Balsamo 2002, p. 215.
6- CONCILIUM TRIDENTINUM, Sessione XXV, in Comciliorum Oecumenicorum Decreta, EDB,
Bologna 1991, p. 775, 15-25.
4
3
delle reliquie e nell’uso sacro delle immagini dovrà essere bandita ogni
superstizione, eliminata ogni turpe ricerca di denaro e infine evitata ogni
indecenza in modo da non dipingere o adornare le immagini con procace bellezza
(…). Per ottenere un’osservanza più fedele di queste norme il santo sinodo
stabilisce che nessuno può collocare o far collocare in alcun luogo o chiesa,
anche se esente, un'immagine non tradizionale, senza la previa approvazione del
vescovo".7
Il concilio era dovuto intervenire perché già prima di queste
puntualizzazioni erano insorte obiezioni sull'uso delle immagini. Tra i Grandi
obiettori alla venerazione delle immagini, ricordiamo:
ANDREA KARLSTADT (1480ca - 1541), convinto assertore della teoria che
bisogna sopprimere le immagini.
MARTIN LUTER (1483-1546). Fondamentalmente non è contrario all'uso delle
immagini ma si premura di dare delle norme per un corretto uso delle immagini:
"Ho affrontato il tema della disputa delle immagini per strapparle dal cuore
tramite la parola di Dio, ritenendole inutili e spregevoli (…). Perché quando i cuori
sono convinti che siamo graditi a Dio solo per mezzo della fede e che in materia di
immagini non c'è niente che sia a lui gradito, ma che si tratta di un'attività e di
un'impresa inutile il popolo stesso rinuncia volontariamente a essa, disprezza le
immagini e le ritiene inutili.
IL 26 novembre 1534 Papa Paolo III nomina per la prima volta un
COMMISSARIO per la conservazione dei Beni Culturali antichi.
1 ottobre 1802 PIO VII include tra i Beni Culturali da conservare oltre quelli
antichi anche tutti quelli di altre epoche storiche.
7 aprile 1820 il Camerlengo Cardinale PACCA decreta l'inventariazione di tutti i
Beni Culturali a Roma e nello Stato Pontificio: Dispone la redazione
dell'inventario.
Il Concilio VATICANO I pur nella sua brevità riprende il discorso sulle
immagini rifacendosi al concilio di Trento e afferma (6 gennaio 1870) nella
Professione di fede: "Affermo decisamente che le immagini di Cristo e della
vergine Madre di Dio, e così pure quelle degli altri santi devono esser
possedute e conservate, e che si deve loro onore e venerazione". 8
Fin dal 1907 PIO X prescrive agli Ordinari di costituire il Commissariato
Diocesano per valutare il i Beni culturali e per vigilare sulla loro conservazione.
Diritto Canonico nel 1917: canone 1522 ordina di redigere un accurato
inventario e distinto inventario delle cose immobili e mobili preziose. (" copie =
una nell'archivio parrocchiale e una in Curia).
Nel 1923 (15 aprile) si costituisce a Roma una speciale Commissione per
l'Arte sacra in tutta Italia, per un'opera di ispezione direzione ecc.
Nello stesso anno (3 ottobre) circolare della segreteria di Stato alcune
istruzioni per i beni culturali, come pure il 1 dicembre 1925.
-IBIDEM, p. 775, 39-44; 776, 1-13.
- CONCILIUM VATICANUM I, Professio fidei, in Conciliorum Oecumenicorum Decreta, EDB,
Bologna 1991, p. 803, 26-29.
7
8
4
La Congregazione per il Clero prescriveva l'inventario per gli edifici sacri e
gli oggetti di valore artistico o storico ivi presenti.
Infine non poteva mancare un intervento chiaro e preciso del Concilio
Vaticano II, che non si limita ad accogliere il valore dell'iconografia e suggerisce
anche le nuove vie che in epoca moderna si devono intraprendere. Dalla
Sacrosanctum Concilium riportiamo qui le prescrizioni che danno indicazioni di
fondo per l'arte sacra e per gli operatori diretti.
Si tratta di conservare le feste dedicate ai santi e di verificare che le reliquie
che eventualmente vengono esposte siano autentiche.
Le immagini vengono prese in considerazione si raccomanda l'uso di
esporle alla venerazione dei fedeli, però in numero limitato. Anche in questo caso
si nota come la svolta procurata dalla Costituzione sulla liturgia tenga in primo
posto e come momento centrale la celebrazione dell'Eucaristia e dei Sacramenti.
Le devozioni popolari possono entrare nella vita spirituale nella misura che sono
integrative non sostitutive della vera centralità della celebrazione del mistero
cristiano. "Si mantenga l'uso di esporre nelle chiese le immagini sacre alla
venerazione dei fedeli. Tuttavia si espongano in numero limitato e secondo una
giusta disposizione, affinché non attirino su di sé in maniera esagerata
l'ammirazione del popolo cristiano e non favoriscano una devozione sregolata" (SC
125).
Una particolare attenzione viene riservata da parte del Concilio al
ruolo che la Commissione Arte Sacra che viene appositamente costituita
accanto o meglio come emanazione di quella liturgica "Oltre alla commissione di
sacra liturgia, siano costituite in ogni diocesi, per quanto possibile, anche le
commissioni di musica sacra e di arte sacra. È necessario che queste tre
commissioni collaborino tra di loro, anzi talora potrà essere opportuno che formino
un'unica commissione".( SC 46)
"Quando si tratta di dare un giudizio sulle opere d'arte, gli ordinari del luogo
sentano il parere della commissione di arte sacra e, se è il caso, di altre persone
particolarmente competenti, come pure delle commissioni di cui agli articoli 44,
45, 46. Gli ordinari vigilino in maniera speciale a che la sacra suppellettile o le
opere preziose, che sono ornamento della casa di Dio, non vengano alienate o
disperse"(SC 126).
A supporto delle prescrizioni del Concilio Vaticano II la CEI nel 1997
pubblica Spirito Creatore. Proposte e suggerimenti per promuovere la pastorale
degli artisti e dell'arte. Al n. 2 leggiamo: "Il sussidio viene offerto in primo luogo
alle Commissioni diocesane per l'arte sacra e i beni culturali, e agli organismi
diocesani istituiti dai Vescovi perché si prendano cura di tutto quanto riguarda
l'arte sacra e i beni culturali. Il testo recita: "Le Commissioni diocesane per l'arte
sacra e i beni culturali, a nome e per conto dei Vescovi, hanno il compito di
moderare e di promuovere l'arte sacra e i beni culturali e, complessivamente, di
favorire, promuovere e coordinare la pastorale dell'arte e degli artisti. Compete al
Vescovo, infatti, insegnare anche il valore teologico e spirituale delle arti" 9 . Le
Commissioni hanno un ruolo consultivo e promozionale "A questo scopo è ancora
il testo della CEI - suggeriamo perciò, in primo luogo, ai membri delle
Commissioni diocesane di valorizzare le occasioni esistenti, di inventare nuove
9
- Cfr. CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Decreto sull’ufficio pastorale dei Vescovi, n. 12.
5
occasioni di incontro e soprattutto di frequentare assiduamente gli artisti.
Potranno così nascere rapporti di conoscenza e di amicizia, che consentiranno
l'incontro tra la Chiesa e gli artisti, anche nelle dimensioni più personali e
familiari"10.
L'intervento del Concilio Vaticano II non si limita ad una disquisizione se valga la
pena conservare nelle chiese l'immagine. Questo è un dato indiscusso. Caso mai
si tratta di verificare la qualità artistica della raffigurazione che viene inserita
nell'edificio sacro. Per arrivare ad avere opere di pregio la Chiesa deve farsi carico
della formazione degli artisti e deve preparare le persone avviate al sacerdozio
perché saranno i futuri committenti: "I vescovi, o direttamente o per mezzo di
sacerdoti idonei che conoscono e amano l'arte, si prendano cura degli
artisti, allo scopo di formarli allo spirito dell'arte sacra e della sacra
liturgia. Si raccomanda inoltre di istituire scuole o accademie di arte
sacra per la formazione degli artisti, dove ciò sembrerà opportuno. Tutti
gli artisti, poi, che guidati dal loro talento intendono glorificare Dio nella
santa Chiesa, ricordino sempre che la loro attività è in certo modo una
sacra imitazione di Dio creatore e che le loro opere sono destinate al culto
cattolico, alla edificazione, alla pietà e alla formazione religiosa dei fedeli
(SC 127). Sempre nella Sacrosanctum Concilium leggiamo: "I chierici, durante il
corso filosofico e teologico, siano istruiti anche sulla storia e sullo sviluppo dell'arte
sacra, come pure sui sani principi su cui devono fondarsi le opere dell'arte sacra, in
modo che siano in grado di stimare e conservare i venerabili monumenti della
Chiesa e di offrire consigli appropriati agli artisti nella realizzazione delle loro
opere" (SC 129).
Alcune indicazioni dalla Sacrosanctum Concilium
122 - Fra le più nobili attività dell’ingegno umano, sono a pieno diritto,
annoverate le arti liberali, soprattutto l’arte religiosa e il suo vertice, l’arte sacra.
Esse, per loro natura, hanno relazione con l’infinita bellezza divina, che deve
essere in qualche modo espressa dalle opere dell’uomo, e sono tanto più orientate
a Dio e all’incremento della sua lode e della sua gloria, in quanto nessun altro
fine è stato loro assegnato se non quello di contribuire il più efficacemente
possibile, con le opere, a indirizzare religiosamente le menti degli uomini.
Per tali motivi la santa Madre Chiesa ha sempre favorito le arti liberali, ed
ha sempre ricercato il loro nobile servizio, specialmente per far sì che le cose
appartenenti al culto sacro splendessero veramente per dignità, decoro e bellezza,
segni e simboli delle realtà soprannaturali; ed ella stessa ha formato degli artisti.
A riguardo, anzi, di tali arti, la Chiesa si è sempre ritenuta, a buon diritto come
arbitra, scegliendo tra le opere degli artisti quelle che rispondevano alla fede, alla
pietà e alle norme religiosamente tramandate, e risultavano adatte all’uso sacro.
Con speciale sollecitudine la Chiesa si è preoccupata che la sacra
suppellettile servisse con la sua dignità e bellezza al decoro del culto, ammettendo
nella materia, nella forma e nell’ornamento quei cambiamenti che il progresso
della tecnica ha introdotto nel corso dei secoli.
È piaciuto perciò ai Padri stabilire su questo argomento quanto segue.
.CEI, Spirito Creatore. Proposte e suggerimenti per promuovere la pastorale degli artisti, 1997,
n.14.
10
6
123. La Chiesa non ha mai avuto come proprio un particolare stile artistico, ma,
secondo l’indole e le condizioni dei popoli e le esigenze dei vari Riti, ha ammesso
le forme artistiche di ogni epoca, creando così, nel corso dei secoli, un tesoro
artistico da conservarsi con ogni cura. Anche l’arte del nostro tempo e di tutti i
popoli e paesi abbia nella Chiesa libertà di espressione, purché serva con la
dovuta riverenza e il dovuto onore alle esigenze degli edifici sacri e dei sacri riti. In
tal modo essa potrà aggiungere la propria voce al mirabile concento di gloria che
uomini eccelsi innalzarono nei secoli passati alla fede cattolica.
124. Nel promuovere e favorire un’autentica arte sacra, gli Ordinari procurino di
ricercare piuttosto una nobile bellezza che una mera sontuosità. E ciò valga
anche per le vesti e gli ornamenti sacri.
Abbiano cura i Vescovi di allontanare dalla casa di Dio e dagli altri luoghi
sacri quelle opere d’arte che sono contrarie alla fede e ai costumi, e alla pietà
cristiana; che offendono il genuino senso religioso o perché depravate nelle forme,
o perché mancanti, mediocri o false nell’espressione artistica.
Nella costruzione poi degli edifici sacri ci si preoccupi diligentemente della
loro idoneità a consentire lo svolgimento delle azioni liturgiche e la partecipazione
attiva dei fedeli.
125. Si mantenga l’uso di esporre nelle chiese alla venerazione dei fedeli le
immagini sacre. Tuttavia si espongano in numero moderato e nell’ordine dovuto,
per non destare ammirazione nei fedeli e per non indulgere ad una devozione non
del tutto retta.
126 - Le immagini sacre
126. Quando si tratta di dare un giudizio sulle opere d’arte gli Ordinari del
luogo sentano il parere della Commissione di Arte sacra e, se è il caso, di altre
persone particolarmente competenti, come pure delle Commissioni di cui agli
articoli 44. 45, 46. Una vigilanza speciale abbiano gli Ordinari nell’evitare che la
sacra suppellettile o le opere preziose che sono ornamento della casa di Dio,
vengano alienate o disperse.
127 - Formazione degli artisti
127. I vescovi o direttamente o per mezzo di sacerdoti idonei, che conoscono
e amano l’arte, si prendano cura degli artisti, allo scopo di formarli allo spirito
dell’Arte sacra e della sacra Liturgia.
Si raccomanda inoltre di istituire Scuole o Accademie di arte sacra per la
formazione degli artisti, dove ciò sembrerà opportuno.
Tutti gli artisti, poi, che guidati dal loro ingegno intendono glorificare Dio
nella santa Chiesa, ricordino sempre che la loro attività è in certo modo una sacra
imitazione di Dio Creatore e che le loro opere sono destinate al culto cattolico,
all’edificazione, alla pietà e all’istruzione religiosa di fedeli.
128 - Revisione della legislazione su l’arte sacra
128. Si rivedano quanto prima, insieme ai libri liturgici, a norma
dell’articolo 25, i canoni e le disposizioni ecclesiastiche che riguardano il
complesso delle cose esterne attinenti al culto sacro, e specialmente quanto
riguarda la costruzione degna ed appropriata degli edifici sacri, la forma e
7
l’erezione degli altari, la nobiltà, la disposizione e la sicurezza del tabernacolo
eucaristico, la funzionalità e la dignità del battistero, la conveniente disposizione
delle sacre immagini, della decorazione e dell’ornamento. Quelle norme che
risultassero meno rispondenti alla riforma della liturgia siano corrette o abolite;
quelle invece che risultassero favorevoli siano mantenute o introdotte.
A tale riguardo, soprattutto per quanto si riferisce alla materia e alla forma
della sacra suppellettile e degli indumenti sacri, si concede facoltà alle assemblee
episcopali delle varie regioni di fare adattamenti richiesti dalle necessità e dalle
usanze locali, a norma dell’ art. 22 della presente Costituzione.
Il più bel commento a queste indicazioni del Concilio le trovo ancora nel
documento Spirito Creatore. Proposte e suggerimenti per promuovere la
pastorale degli artisti e dell'arte. Sussidio dell'Ufficio nazionale per i beni
culturali ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana, 1997.
La CEI in questa nota, investe di una missione particolare le Commissioni di
Arte Sacra. Esse non figurano solo come un organo consultivo ma hanno il
compito di essere propositive: "Le occasioni perché la committenza ecclesiastica
agli artisti possa esprimersi sono ancora molto numerose e varie: si pensi alle
chiese nuove da progettare, agli interventi di restauro e di adeguamento liturgico,
alle vetrate e ai dipinti, ai manifesti, alle pubblicazioni, ai sussidi liturgici e
catechistici.
Se nel momento del bisogno non possono contare sulla consulenza della
Commissione diocesana o sulla conoscenza di persone competenti, i committenti
ecclesiastici rischiano di finire nelle mani di operatori incapaci o di artisti intriganti,
con risultati modesti. Sarà bene, perciò, che le Commissioni diocesane siano
particolarmente presenti e attive nel momento in cui i parroci e gli
economi diocesani sono alla ricerca degli architetti e degli artisti per
affidare loro incarichi di lavoro; i diretti committenti non siano lasciati soli ad
affrontare imprese per le quali non sono in alcun modo preparati.
Le Commissioni diocesane, infatti, non devono limitarsi a verificare i progetti e
a esprimere i pareri di loro competenza. Hanno il compito di prendere l'iniziativa,
intervenire, proporre, suggerire soluzioni, indicare rose di nomi di artisti e di
progettisti veramente qualificati, offrire schemi di bandi di concorso. Un incarico
ben dato, un concorso bene organizzato valgono moltissimo dal punto di vista
formativo e propositivo; possono risultare più incisivi di un convegno o di un
documento".11
CEI, Spirito Creatore. Proposte e suggerimenti per promuovere la pastorale degli artisti, 1997,
n.17.
11
8
Scarica