Capitolo Primo
La giurisdizione penale
Sommario: 1. Nozione e caratteri. - 2. Finalità e principi della giurisdizione penale. - 3. Rapporti fra le giurisdizioni. - 4. Gli organi della giurisdizione penale.
1.Nozione e caratteri
La giurisdizione è una delle tre tradizionali funzioni attraverso cui si
esplica la sovranità dello Stato, unitamente alla funzione legislativa ed a
quella esecutivo-amministrativa.
Essa può essere definita come la potestà pubblica affidata al potere giudiziario (cioè alla magistratura) consistente nel dare concreta attuazione alla
volontà della legge quando questa non sia stata pacificamente e spontaneamente osservata. Nell’accingerci a delineare, nei capitoli che seguono, gli
istituti attraverso i quali si snoda il processo penale, si trattano qui di seguito le finalità, i principi, i caratteri e gli organi della giurisdizione penale.
La giurisdizione presenta i seguenti caratteri:
a) strumentalità: la giurisdizione ha carattere strumentale in quanto, avendo come
fine l’attuazione pratica delle regole del diritto, rappresenta lo strumento attraverso il quale viene imposta ai consociati l’obbedienza alla legge;
b) indipendenza: gli organi giurisdizionali sono indipendenti da ogni altra attività
e potere dello Stato;
c) imparzialità: il giudice deve essere estraneo agli interessi sui quali è chiamato
a pronunciarsi (nemo iudex in re sua). Tale principio è assicurato nel processo
penale dagli istituti dell’astensione, della incompatibilità e della ricusazione;
d) indeclinabilità: il giudice non può rifiutarsi di decidere. Nella materia penale tale
principio implica altresì che non può applicarsi la legge penale se non attraverso l’esercizio della giurisdizione penale da parte degli organi titolari del potere
relativo (nulla poena sine iudicio);
e) identità: la giurisdizione, in sè considerata, è una funzione unica, qualunque sia
la natura della controversia da trattare; tuttavia in base agli organi giurisdizionali che la esercitano o in base all’oggetto si distingue tra:
— giurisdizione ordinaria: è quella esercitata, in via generale, per tutte le controversie che la legge non affidi ad altre giurisdizioni, dalla magistratura ordi-
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Parte Prima: Concetti generali
naria regolata dalle norme dell’ordinamento giudiziario (R.D. 30 gennaio 1941,
n. 12). La giurisdizione ordinaria si distingue a sua volta in civile o penale;
— giurisdizioni speciali: sono quelle che si occupano di particolari riparti di
materie (es. tutela degli interessi legittimi; reati militari). Sono esercitate da
magistrati che non appartengono alla magistratura ordinaria, ma a speciali
categorie (es. T.A.R., Consiglio di Stato, Corte dei Conti, tribunale militare).
La legittimazione dei giudici speciali si trae dagli artt. 102 Cost. e VI disp.
trans. della Cost.
2.Finalità e principi della giurisdizione penale
La giurisdizione penale è la funzione diretta ad applicare ai casi concreti la legge penale, valutando la fondatezza della pretesa punitiva dello
Stato.
Essa pertanto presuppone una violazione effettiva o presunta della legge penale sostanziale (ossia la commissione di un reato), per cui il suo
esercizio tende:
— ad accertare l’avvenuta o meno violazione di una norma penale;
— ad infliggere o meno al trasgressore la conseguente sanzione penale.
La giurisdizione penale si distingue da quella civile in base alla natura degli
interessi tutelati. In particolare:
— la giurisdizione penale ha competenza per le violazioni di quelle norme (penali)
che importano come conseguenza l’applicazione di una sanzione penale (reclusione, multa etc.) ovvero di una misura di sicurezza;
— la giurisdizione civile si occupa della tutela giurisdizionale dei diritti soggettivi
(pertanto si attiva su iniziativa dei loro titolari) e mira ad accertare la fondatezza
della pretesa di chi ha azionato il processo.
Quali sono i principi fondamentali della giurisdizione penale?
Principi fondamentali della giurisdizione penale sono:
— il principio «nulla poena sine iudicio» che corrisponde al principio di strumentalità del processo penale;
— il principio «ne procedat iudex ex officio» in quanto il processo penale si instaura solo a seguito dell’iniziativa del Pubblico Ministero;
— il principio «ne eat iudex ultra petitum et extra petitum», che corrisponde al principio della
contestazione, ed è garantito dagli artt. 516-522 c.p.p.;
— la giustizia è amministrata in nome del popolo italiano (art. 101 Cost.), da giudici soggetti solo
alla legge (e non quindi ad altri poteri dello Stato);
— la magistratura costituisce un ordine autonomo ed indipendente (art. 104);
— nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge (art. 25), secondo le
norme sulla competenza; pertanto è vietata la istituzione di giudici straordinari (art. 102, c.
2), cioè nominati dopo la commissione del fatto, per giudicare esclusivamente quel fatto;
Capitolo Primo: La giurisdizione penale
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— la difesa è un diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento (art. 24, c. 2);
— la giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge (art. 111), di cui si
dirà ampiamente.
3.Rapporti fra le giurisdizioni
Allorché un caso pratico interessi contemporaneamente norme civili,
penali o anche eventualmente amministrative, può essere oggetto di ciascuna delle tre giurisdizioni e, quindi, materia di giudizio plurimo (ad es. per
un incidente stradale può iniziare un processo penale per omicidio colposo
ed un processo civile per il risarcimento).
Il vigente codice di procedura penale ha abbandonato il vecchio principio della unicità della giurisdizione e della prevalenza della giurisdizione
penale sulle altre (art. 2 c.p.p.). Avremo modo di verificare quale efficacia
abbia il giudicato penale sugli altri diversi giudizi (civile, amministrativo, o
disciplinare), ed a quali condizioni il giudice penale possa decidere di attendere la soluzione della controversia in altro giudizio (civile o amministrativo) in qualche modo influente sulla decisione penale.
4.Gli organi della giurisdizione penale
Sono organi della giurisdizione penale: a) il Giudice di Pace; b) il Tribunale ordinario; c) la Corte d’Assise; d) la Corte d’Appello; e) la Corte d’Assise d’Appello; f) il Tribunale per i Minorenni; g) il Magistrato di sorveglianza; h) il Tribunale di sorveglianza; i) la Corte di Cassazione.
Glossario
Giurisdizione: secondo la tripartizione elaborata dalla tradizione illuministica, è la funzione dello Stato
che consiste nella potestà, pubblica ed autonoma, esercitata da soggetti terzi ed imparziali, di dare
applicazione concreta alle norme dell’ordinamento giuridico qualora su di esse sorga controversia.
La (—) è attribuita agli organi dello Stato che costituiscono, nel loro complesso, il potere giudiziario.
Giurisdizione penale: è la funzione dello Stato preposta all’attuazione delle norme penali, ossia
di quelle disposizioni che tutelano beni ed interessi fondamentali dei singoli e della collettività, mediante l’irrogazione, in caso di loro violazione, di sanzioni penali.
Giudice: il (—) è la persona fisica cui è demandato l’esercizio della funzione giurisdizionale. È
un organo della magistratura che costituisce un ordine autonomo ed indipendente da ogni altro
potere distinto secondo una molteplicità di criteri.
Ordinamento giudiziario: insieme normativo che disciplina lo status, la capacità e le funzioni
dei soggetti a cui è affidata l’amministrazione della giustizia. La normativa fondamentale è contenuta nel R.D. 30-1-1941, n. 12.
Questione da cui dipende la decisione (cd. questione pregiudiziale): è ogni questione che costituisce un antecedente logico‑giuridico, un passaggio obbligato nell’iter che conduce alla decisione finale sul merito dell’imputazione.
Capitolo Secondo
Il processo penale
Sommario: 1. Nozione di diritto processuale penale. - 2. Le fonti del diritto
processuale penale. - 3. L’efficacia del diritto processuale. - 4. I sistemi processuali. - 5. Il sistema processuale penale italiano: evoluzione. - 6. Caratteri e
principi del processo penale.
1.Nozione di diritto processuale penale
Il processo penale è l’insieme degli atti e delle attività compiuti nelle
forme e nei modi indicati dalla legge e finalizzati a verificare l’eventuale
violazione di norme penali, a garantire l’identificazione del colpevole, con
conseguente adozione dei provvedimenti che si rendano necessari.
Vi è differenza tra la fase del procedimento e quella del processo: la prima inizia
con l’acquisizione della notizia di reato (art. 330) e termina con l’esercizio dell’azione penale (art. 405). Da questo momento, con la formulazione dell’imputazione,
inizia la fase del processo. La persona inquisita è considerata indagata nella prima
fase, mentre è imputata nella seconda.
Le modalità di svolgimento del processo, che vanno osservate così come
legislativamente imposte, costituiscono la procedura penale.
Infatti il diritto processuale penale «è costituito dal complesso delle
norme giuridiche che disciplinano l’applicazione della sanzione penale o
della misura di sicurezza».
In particolare le norme processuali sono dirette:
— all’accertamento del reato ed all’inflizione della pena;
— all’accertamento della pericolosità sociale ed all’applicazione della misura di
sicurezza;
— all’accertamento delle responsabilità civili connesse al reato ed all’applicazione
delle conseguenti sanzioni;
— all’esecuzione dei provvedimenti.
Norma processuale penale è ogni norma giuridica che regoli lo svolgimento del procedimento penale.
Capitolo Secondo: Il processo penale
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Il carattere processuale di una norma si deduce dall’oggetto di essa per cui è di
diritto sostanziale ogni norma relativa alla pretesa punitiva dello Stato, anche se
contenuta nel codice di procedura penale (es. art. 109 c.p.p.), mentre è di diritto
processuale quella che si riferisce all’accertamento giudiziale di una pretesa punitiva (VANNINI), anche se contenuta nel codice penale (es. artt. 9, 10, 11 c.p.).
2.Le fonti del diritto processuale penale
Fonti del diritto sono gli atti o i fatti di produzione normativa, idonei a
fornire gli elementi per la costruzione dell’ordinamento giuridico statale.
Sono fonti del diritto processuale penale:
— la Costituzione e le altre leggi costituzionali;
— le norme del diritto internazionale generale (norme consuetudinarie
internazionali), direttamente ed immediatamente efficaci nell’ordinamento italiano in forza dell’art. 10 della Cost. (ad es. in tema di immunità);
— le norme del diritto internazionale pattizio (ad es. in tema di estradizione),
ratificate e rese esecutive in Italia (art. 696 c.p.p.);
— la legge in senso formale;
— i decreti legislativi (cioè le leggi delegate) ed i decreti legge (cioè i decreti di urgenza): vedi gli artt. 76 e 77 della Costituzione;
— i regolamenti;
— i bandi militari in tempo di guerra.
Non sono invece vere fonti:
— la consuetudine: non ha valore di fonte di diritto processuale penale, a meno che
non venga espressamente richiamata dalla legge;
— la prassi giudiziaria, che viene eseguita normalmente nella esplicazione di determinate attività processuali e dalla quale, però, si può liberamente deviare.
3.L’efficacia del diritto processuale
Come ogni norma giuridica, anche la norma processuale penale incontra dei limiti di efficacia.
Tali limiti sono di tre specie:
— limiti di efficacia relativi ai soggetti;
— limiti di efficacia nello spazio;
— limiti di efficacia nel tempo.
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Parte Prima: Concetti generali
A)Limiti di efficacia relativi ai soggetti
La legge processuale penale non si applica nei riguardi di determinati
soggetti, in virtù della loro posizione:
— Pontefice (in virtù del Trattato del Laterano dell’11-2-29, modificato
­dall’accordo del 18-2-84);
— Capi di Stati esteri;
— Ministri degli Esteri e membri stranieri dei tribunali arbitrali;
— agenti diplomatici esteri accreditati presso lo Stato italiano o presso la
Santa Sede;
— militari appartenenti alle truppe N.A.T.O. a seguito della rinuncia alla
priorità nell’esercizio della giurisdizione del Ministro della Giustizia (legge 30-11-55, n. 1335).
Altre limitazioni riguardano:
— il Presidente della Repubblica, che gode di immunità sostanziale e processuale per qualsiasi atto funzionale. Se l’atto funzionale concretizza i
reati di «alto tradimento» o di «attentato alla costituzione» può essere
accusato dal Parlamento e quindi giudicato dalla Corte Costituzionale
(art. 90 Cost.). Per i reati comuni non funzionali, il Presidente della Repubblica risponde davanti al giudice penale ordinario;
— i membri del Governo, che godono di talune garanzie procedurali, limitatamente ai cd. reati ministeriali (L. cost. 1/1989);
— i membri del Parlamento italiano (art. 68 Cost.) e anche quelli del Parlamento europeo (art. 10 Protocollo di Bruxelles, reso esecutivo con L.
437/1966), che godono di immunità sostanziale e processuale limitatamente alle opinioni espresse e ai voti dati nell’esercizio delle loro funzioni.
Attualmente (L. cost. 3/1993) è possibile sottoporre ad indagini i parlamentari senza l’autorizzazione della Camera di appartenenza, nonché
procedere ad arresto, in seguito a sentenza irrevocabile di condanna
(D.L. 374/1995);
— i giudici della Corte Costituzionale, che godono della immunità sostanziale e processuale (L. cost. 1/48 e 1/53);
— i consiglieri regionali, che godono solo di immunità sostanziale (art. 122
Cost.);
— i componenti del C.S.M., che hanno immunità solo per le opinioni espresse (L. 195/1958).
Capitolo Secondo: Il processo penale
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B)Limiti di efficacia nello spazio
L’efficacia della legge processuale penale nello spazio è limitata dalla
regola della territorialità (locus regit actum), per cui essa, in quanto legge
dello Stato italiano, e come tale espressione della sovranità dello Stato
Italiano, si applica solo ed unicamente sul territorio dello Stato.
Le navi e gli aerei italiani, ovunque si trovino, sono considerati territorio
italiano, salvo che, in base al diritto internazionale, siano soggetti ad una
legge straniera.
C)Limiti di efficacia nel tempo
La legge processuale penale entra in vigore, a seguito della sua promulgazione, nel termine fissato dalla legge (di solito, 15 giorni dopo la pubblicazione).
Essa resta in vigore:
— finché non venga abrogata, espressamente o tacitamente, da una legge
successiva o
— finché non sia dichiarata incostituzionale con sentenza della Corte Costituzionale, ovvero
— finché non abbia esaurito la sua efficacia, in quei casi in cui essa abbia
ad oggetto la regolazione di particolari situazioni limitate nel numero,
nell’oggetto o nel tempo.
È principio generale che la norma processuale penale non sia né possa
essere retroattiva, neppure se più favorevole all’imputato (a differenza della norma penale sostanziale), in quanto vige in pieno il principio tempus
regit actum (sul punto, v. C. Cost. 1-2-1982, n. 15).
4.I sistemi processuali
La finalità cui è preordinato il processo penale rende evidente, da una
parte, la complessità e la natura pubblica dei beni ed interessi coinvolti e,
dall’altra, lo stretto nesso che lega il processo stesso ai valori e alle scelte
di politica criminale di una determinata comunità in una certa epoca storica.
A seconda, quindi, dell’atteggiarsi di tali varianti, anche il sistema processuale si caratterizza in modo diverso. In particolare, in astratto, sono
concepibili tre differenti modelli processuali: sistema inquisitorio, accusatorio e misto.
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Parte Prima: Concetti generali
Quali sono i modelli processuali configurabili?
I sistemi processuali possono raggrupparsi secondo tre modelli:
— modello accusatorio, caratterizzato dall’oralità e pubblicità del giudizio senza essere preceduto da una fase istruttoria; accusa e difesa sono poste in posizioni di parità ed il giudice svolge
la funzione di arbitro super partes, col compito di valutare gli elementi pro e contro l’imputato prodotti in giudizio dalle parti, decidendo sulla sua colpevolezza;
— modello inquisitorio, in cui il processo è scritto e segreto, manca qualsiasi forma di contraddittorio con l’imputato, il giudice presiede sia all’istruzione che al giudizio, sia nella raccolta
che nella valutazione delle prove;
— sistema misto, caratterizzato dalla combinazione dei caratteri del modello accusatorio ed inquisitorio, al fine di conciliare le esigenze di repressione dei reati (tipiche dell’inquisitorio) con
quelle di libertà dell’accusato (tipiche dell’accusatorio). Ad una fase d’istruzione (inquisitoria)
segue una fase di giudizio (accusatoria).
5.Il sistema processuale penale italiano: evoluzione
Lo stretto legame (cui si è fatto precedentemente cenno) con le tendenze culturali-ideologiche dei vari momenti storici reca con sé, ovviamente, la necessità di adeguare la disciplina del processo penale alle
mutate esigenze culturali: di ciò rende testimonianza l’evoluzione del
processo italiano che, nel corso degli anni, è stato oggetto di rilevanti
interventi legislativi.
Fino al 24 ottobre 1989 vigeva in Italia un processo di tipo inquisitorio con
temperamenti accusatori, per cui la dottrina qualificava il sistema come misto.
L’accusa ed il giudice erano formalmente distinti, ma la fase del dibattimento, orale e pubblica, era preceduta da una fase istruttoria, segreta e scritta, che poteva essere svolta anche dallo stesso P.M., che
aveva in tal modo la facoltà di raccogliere le prove da far valere poi in
dibattimento.
Già nel 1974 si era affermata l’esigenza di una profonda modifica dell’ordinamento, e la scelta era stata per il modello accusatorio, sia pure con
temperamenti. Infatti la legge delega, che portò anche alla predisposizione
di un testo articolato di progetto di codice, pur riducendo i poteri del P.M.,
prevedeva ancora una fase istruttoria che, a causa dei brevissimi termini
concessi alle indagini preliminari, sarebbe diventata certamente un momento ordinario della procedura. Fu perciò necessario, piuttosto che procedere ad aggiustamenti, riscrivere il codice per intero, e ciò avvenne con apposita legge delega (16 febbraio 1987, n. 81), la quale all’art. 2 solennemente sanciva che «il codice di procedura penale deve attuare i principi della
Costituzione ed adeguarsi alle norme delle convenzioni internazionali ratificate dall’Italia e relative ai diritti della persona e al processo penale. Esso,
Capitolo Secondo: Il processo penale
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inoltre, deve attuare nel processo penale i caratteri del sistema accusatorio,
secondo i principi ed i criteri che seguono».
L’accusa e la difesa oggi sono poste su un piano di tendenziale parità
dialettica; il P.M. non può disporre della libertà personale del cittadino, ma
deve chiedere al giudice i provvedimenti ritenuti necessari; le prove vengono indicate dalle parti e sono raccolte in dibattimento alla presenza del
giudice che dovrà poi apprezzarle e valutarle.
Il dibattimento è, dunque, la sede naturale della formazione della prova nel
contraddittorio delle parti, in osservanza dei principi di oralità ed immediatezza.
Una spinta rilevante alla valorizzazione dei principi accusatori del codice è stata attuata attraverso la modifica dell’art. 111 della Costituzione da parte della
legge cost. 23-11-1999, n. 2 che ha introdotto i canoni del cd. giusto processo.
La norma costituzionalizza i principi dell’imparzialità del giudice, di parità nel
contraddittorio tra le parti, del diritto dell’imputato e del suo difensore di poter interrogare il proprio accusatore.
All’attuazione concreta dei principi del giusto processo nel codice ha provveduto la legge 1-3-2001, n. 63.
Un impatto incisivo sull’attuale sistema si è avuto, inoltre, con il D.Lgs. 19-2-1998,
n. 51, istitutivo del Giudice Unico di primo grado la cui efficacia è stata differita
dapprima al 2-6-1999 e, successivamente, a seguito del D.L. 24-5-1999, n. 145 (conv.
in L. 234/1999), al 2 gennaio 2000. È intervenuta definitivamente a dare attuazione
alla istituzione del Giudice Unico di primo grado la L. 16-12-1999, n. 479, di riforma
del processo penale.
6.Caratteri e principi del processo penale
La giurisdizione penale (e, quindi, il relativo procedimento) presenta alcuni caratteri tipici della giurisdizione in genere (cioè indipendentemente
dalla sua natura civile, penale, amministrativa etc.) costituiti dalla:
— strumentalità: la giurisdizione ha carattere strumentale in quanto, avendo come fine l’attuazione pratica delle regole del diritto, rappresenta lo
strumento attraverso il quale viene imposta ai consociati l’obbedienza
alla legge;
— indipendenza: l’attività ed il potere giurisdizionale sono indipendenti da
ogni altra attività e potere dello Stato (v. infra);
— imparzialità: il giudice deve essere estraneo agli interessi sui quali è
chiamato a pronunciarsi (nemo iudex in re sua). Tale principio è attuato
nel processo penale mediante gli istituti dell’astensione, della incompatibilità e della ricusazione (v. infra);
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Parte Prima: Concetti generali
— indeclinabilità: il giudice non può rifiutarsi di decidere. Nella materia
penale tale principio implica altresì che non può applicarsi la legge penale se non attraverso l’esercizio della giurisdizione penale da parte
degli organi titolari del potere relativo (nulla poena sine iudicio);
— identità: la giurisdizione, in sé considerata, è una funzione unica, qualunque sia la natura della controversia da trattare; tuttavia, in base agli organi giurisdizionali che la esercitano o in base all’oggetto, si distingue tra:
— giurisdizione ordinaria: è esercitata, in via generale, per tutte le controversie che la legge non affidi ad altre giurisdizioni, dalla magistratura ordinaria. La giurisdizione ordinaria si distingue a sua volta in
civile o penale;
— giurisdizioni speciali: sono competenti per le controversie espressamente indicate dalla legge. Sono esercitate da magistrati che non
appartengono alla magistratura ordinaria, ma a speciali categorie (es.
T.A.R., Consiglio di Stato, Corte dei Conti).
La giurisdizione penale, poi, è retta da alcuni principi fondamentali che
ne delineano il volto nel nostro sistema processuale. Essi sono:
— il principio «nulla poena sine iudicio», ­in base al quale non è possibile
applicare la pena senza il previo esercizio della funzione giurisdizionale;
— il principio «ne procedat iudex ex officio», ­in base al quale il processo
penale si instaura solo a seguito dell’iniziativa del pubblico ministero;
­— il principio «ne eat iudex ultra petitum et extra petitum», che corrisponde
al principio della contestazione ed è garantito dagli artt. 516-522 c.p.p.;
— il principio dell’improrogabilità della giurisdizione, in base al quale è
impossibile la sostituzione di un giudice con un altro, ad arbitrio dei
privati;
— il principio dell’indipendenza del giudice, che è consacrato nell’art. 101, c.
2, della Costituzione, secondo cui «i giudici sono soggetti soltanto alla legge».
Glossario
Processo: sta ad indicare quella fase del procedimento che si svolge davanti ad un giudice, e
che consegue all’esercizio dell’azione penale (che è differito al momento conclusivo delle indagini preliminari.
Procedimento: è l’intera fattispecie a formazione progressiva che inizia con l’acquisizione della
notizia di reato e giunge all’esercizio dell’azione penale. Si tratta di attività svolta dal P.M. o dalla Polizia Giudiziaria, avente efficacia limitata in quanto diretta solo a consentire le determinazioni dell’accusa circa l’esercizio dell’azione penale. Ciò non toglie che, talvolta, si usi il termine «procedimento» per intendere in realtà la nozione di «rito»: ecco perché si parla di «procedimento in camera di consiglio» (art. 127) ovvero di «procedimenti speciali» (libro VI del codice).
Capitolo Terzo
L’arresto e il fermo
Sommario: 1. Generalità. - 2. Arresto in flagranza. - 3. Fermo di indiziati. - 4.
Allontanamento d’urgenza dalla casa familiare. - 5. Doveri della P.G. - 6. La
convalida. - 7. Il fermo nel Codice Antimafia.
1.Generalità
Abbiamo già sottolineato come la Costituzione proclami l’inviolabilità
della libertà personale, ammettendo delle limitazioni solo in casi tassativamente previsti dalla legge. Gli istituti, cd. misure precautelari, che ci apprestiamo ad esaminare rientrano in tale concetto, ma si differenziano dalle
misure cautelari personali, di cui si parlerà in seguito, perché sono caratterizzati dal connotato dell’urgenza, che ne determina un pronto impiego,
anche in assenza di provvedimento dell’Autorità giudiziaria (si noti che può
procedere ad arresto anche il privato, quando il delitto comporti l’arresto
obbligatorio: art. 383). Questo elemento differenziale (oltre alla circostanza
per cui essi ricorrono sempre nella fase delle indagini preliminari) ne ha
suggerito l’inserimento nel libro quinto del codice (e non nel quarto, che
tratta delle misure cautelari, fra le quali rientrano quelle personali).
Osserva in proposito TAMBURINO che esistono però segnali di «apparentamento» fra le due classi di misure, che si colgono osservando che:
— la regola di determinazione della pena è identica (l’art. 278 è richiamato dal 379),
per cui si terrà conto della pena stabilita per il reato consumato o tentato, senza
considerare la continuazione, la recidiva o le circostanze dello stesso, fatta
eccezione per l’attenuante ex art. 62, n. 4), c.p. ovvero le aggravanti cd. ad effetto speciale o comportanti pena di specie diversa da quella ordinaria;
— l’applicazione è limitata ai delitti, essendo escluse le contravvenzioni (artt. 280,
380 e 381);
— la misura cautelare personale che tragga origine dall’arresto in flagranza non è
condizionata al requisito richiesto dall’art. 280, cioè che la pena prevista superi
i tre anni, potendosi applicare sempre una misura coercitiva, ove il giudice ne
ravvisi la necessità, in forza del disposto dell’art. 391, c. 5;
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Parte Quarta: Elementi di diritto processuale penale
— la condizione di applicabilità è costituita dalla gravità di indizi a carico, richiesta
espressamente per le misure cautelari, ed implicitamente contenuta nello stato
di flagranza dell’arresto.
2.Arresto in flagranza
Va anzitutto precisato che per «flagranza» (art. 382) deve intendersi la
condizione di chi venga colto nell’atto di commettere il reato ovvero chi,
subito dopo il reato, venga inseguito o infine sia sorpreso con cose o
tracce dalle quali appaia che immediatamente prima abbia commesso il
reato.
Va segnalato che con il D.L. 24-2-2003, n. 28, conv. in L. 24-4-2003, n. 88 sono
state introdotte ipotesi di «flagranza differita» al fine di contenere e reprimere i
fenomeni di violenza in occasione di manifestazioni sportive. Si considera in pratica in stato di flagranza, ai sensi dell’art. 382 c.p.p. colui il quale, avendo commesso uno dei reati previsti dalla normativa in esame, venga arrestato entro le 48 ore
dal compimento del fatto, nel caso in cui non sia stato possibile procedere immediatamente all’arresto per motivi di sicurezza o incolumità pubblica. Il termine è
stato esteso alle 48 ore dal D.L. 8-2-2007, n. 8, conv. in L. 4-4-2007, n. 41 il quale
ha previsto altresì, in funzione di una più efficace risposta alle esigenze di tutela agli
episodi di violenza, il differimento della efficacia «a tempo determinato» delle disposizioni legittimanti la flagranza differita fino alla data del 30-6-2016 (ai sensi dell’art.
7, c. 1, d.l. 93/2013, conv. in L. 119/2013).
Ove ricorra questa condizione, l’arresto sarà obbligatorio o facoltativo a seconda della gravità del reato, desunta dall’entità della pena o dal
titolo.
Per la previsione obbligatoria dell’arresto, ad opera di ufficiali e agenti di p.g.,
che devono eseguire l’arresto, deve trattarsi sempre di delitti non colposi, punibili
con reclusione non inferiore nel minimo a 5 anni e nel massimo a 20 ovvero rientranti nelle ipotesi testualmente previste dall’art. 380, c. 2.
Singole leggi dal 2009 al 2015 hanno previsto ulteriori ipotesi di arresto obbligatorio. Da ultimo, la L. 23 marzo 2016, n. 41 (Introduzione del reato di omicidio
stradale) prevede l’arresto obbligatorio in flagranza per il delitto di omicidio colposo stradale. Precedentemente, il d.l. 7 del 2015 conv. in l. 43/2015 (decreto antiterrorismo) ha inserito tra le ipotesi di arresto obbligatorio i delitti di fabbricazione,
detenzione o uso di documento di identificazione falso, previsti dall’art. 497bis c.p.
(ipotesi sottratta ai casi di arresto facoltativo) e di promozione, direzione, organizzazione, finanziamento o effettuazione di trasporto di persone ai fini dell’ingresso
illegale nel territorio dello Stato.
Capitolo Terzo: L’arresto e il fermo
179
Per la previsione facoltativa, in cui gli ufficiali e gli agenti di p.g. possono procedere all’arresto, esiste l’indicazione di un minimo di pena edittale (delitti dolosi
con pena superiore a 3 anni, ovvero colposi con pena non inferiore nel massimo a
5 anni) e l’elencazione analitica, di norma tassativa, di numerosi delitti, che tuttavia
giustificano l’arresto a condizione che lo stesso sia necessario ad interrompere
l’attività criminosa (art. 381). Si noti che la discrezionalità della p.g. nel procedere
all’arresto è ulteriormente condizionata dalla prescrizione (c. 4) che la misura sia
giustificata dalla gravità del fatto ovvero dalla pericolosità del soggetto, desunta
dalla sua personalità o dalle circostanze del fatto.
Da ultimo, la L. 41/2016 cit., introduce l’ipotesi di arresto facoltativo in flagranza
per il delitto di lesioni colpose stradali gravi o gravissime (art. 590bis). In particolare, sono sanzionate in misura maggiore le lesioni personali stradali cagionate dal
conducente in stato di ebbrezza alcolica grave o di alterazione psico-fisica per uso
di sostanze stupefacenti (comma 2); è comminata la reclusione da tre a cinque anni
per le lesioni gravi e da quattro a sette anni per le lesioni gravissime. Lo stesso vale
per le lesioni cagionate per colpa dal conducente professionale in stato di ebbrezza alcolica anche solo media o di alterazione psico-fisica conseguente all’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope (comma 3). È stabilita, infine, la pena
della reclusione da un anno e sei mesi a tre anni (lesioni gravi) e da due a quattro
anni (lesioni gravissime) per gli stessi casi in cui l’omicidio stradale è punito con la
reclusione da cinque a dieci anni (commi 4 e 5). Precedentemente, il decreto antiterrorismo (D.L. 7/2015, conv. in l. 43/2015) espunge dall’elenco dei reati, i delitti di
cui all’art. 497bis c.p. (fabbricazione, detenzione o uso di un documento di identificazione falso), ora inseriti tra quelli per i quali è previsto l’arresto obbligatorio in
flagranza.
Il comma 4bis dell’art. 381 (introdotto dalla L. 332/1995) vieta l’arresto
della persona che fornisce informazioni false alla P.G. o al P.M. ovvero rifiuta di fornirle: la ratio della norma è di garantire la libertà del teste da
coazioni psicologiche che la minaccia dell’arresto potrebbe comportare.
L’art. 3 del D.L. 152/1991 consente, eccezionalmente, l’arresto, anche fuori
della flagranza, delle persone che hanno consumato il reato di evasione.
3.Fermo di indiziati
Quando si tratti di un delitto la cui pena sia dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a 2 anni e superiore nel massimo a 6 anni,
ovvero concernente armi da guerra ed esplosivi, o infine (a seguito del D.L.
27-7-2005, n. 144, conv. in L. 31-7-2005, n. 155) di un delitto commesso per
finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell’ordine democratico, si può disporre, indipendentemente dalla flagranza, il fermo di
180
Parte Quarta: Elementi di diritto processuale penale
colui a cui carico sussistano gravi indizi accompagnati da specifici elementi che facciano ritenere fondato il pericolo di fuga. Tale ultimo pericolo può
anche essere desunto dalla impossibilità di identificare l’indagato.
Il provvedimento è adottato in via normale dal P.M., ma è possibile che
lo adotti la P.G. quando non vi sia stata ancora l’assunzione della direzione
delle indagini da parte del P.M. qualora sia successivamente individuato
l’indiziato ovvero sopravvengano specifici elementi che rendano fondato
il pericolo che l’indiziato sta per darsi alla fuga e non sia possibile, per la
situazione di urgenza, attendere il provvedimento del P.M. (art. 384, c. 3).
Quanto al profilo della legittimazione, rileva evidenziare come il D.Lgs. 20-2-2006,
n. 106, in attuazione della delega (L. 105/2005) in materia di riorganizzazione dell’ufficio del P.M., in un’ottica generale di rafforzamento della posizione del procuratore
capo, ha previsto che questi debba specificamente assentire per iscritto il fermo di
indiziato disposto da un procuratore aggiunto o da un magistrato del suo ufficio. Lo
stesso assenso, peraltro, è prescritto anche con riguardo alle eventuali richieste di
misure cautelari personali o reali.
Un’ipotesi particolare di fermo è quella prevista dall’art. 307, c. 4, secondo cui la persona scarcerata per decorrenza dei termini, nei cui confronti vengano disposte altre misure cautelari, può essere fermata ove,
trasgredendo alle prescrizioni impostegli, si dia alla fuga. In tal caso non
sussiste la necessità delle altre condizioni richieste in via generale dalla
legge (entità della pena, gravi indizi).
Cos’è il fermo di identificazione?
Misura provvisoria restrittiva della libertà personale ma solo ai fini dell’identificazione è il fermo
d’identificazione, che consiste nell’accompagnamento e trattenimento coattivo in caserma.
Il fermo identificativo si differenzia dall’individuazione di persona, attività mediante la quale la polizia giudiziaria determina se il sospettato è l’autore materiale del reato.
Trattasi di atto di polizia giudiziaria compiuto dopo la commissione di un reato e dunque per tali
motivi l’art. 349, comma 4, ne disciplina i casi e i modi in cui deve essere effettuato il fermo
d’identificazione.
L’atto di P.G. si applica alla persona nei cui confronti sono avviate le indagini e alle persone in grado di riferire circostanze utili per la ricostruzione dei fatti, qualora le stesse rifiutino di farsi identificare, ovvero forniscano generalità sospette di falsità.
La durata dell’accompagnamento non può superare le 12 ore, ovvero previo avviso anche orale al
P.M., non oltre le 24 ore, nel caso in cui l’identificazione risulti particolarmente complessa, oppure occorra richiedere l’assistenza dell’autorità consolare o di un interprete e in tal caso con la facoltà per il soggetto di avvisare un familiare o un convivente.
Il termine di scadenza dell’accompagnamento coattivo decorre dal momento in cui la persona accompagnata è giunta presso gli uffici della P.G.
L’avviso anche orale al P.M. è necessario per estendere il fermo d’identificazione da 12 a 24 ore.
La legge prescrive che in ogni caso la P.G. dia immediata notizia al P.M. dell’accompagnamento coattivo e dell’ora in cui questo è stato compiuto. Al P.M. è data altresì notizia del rilascio della persona accompagnata e dell’ora in cui esso è avvenuto.
Capitolo Terzo: L’arresto e il fermo
181
4.Allontanamento d’urgenza dalla casa familiare
La legge 119/2013 (decreto femminicidio), nella prospettiva di una maggiore tutela dei cittadini contro la violenza, in particolare quella familiare,
ha introdotto nel codice, con l’art. 384bis, una nuova misura precautelare
che si affianca ai tradizionali arresto e fermo: l’allontanamento d’urgenza
dalla casa familiare, che costituisce una forma anticipata di adozione della misura cautelare vera e propria prevista dall’art. 282bis.
Infatti gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria hanno facoltà di disporre, previa autorizzazione del P.M., l’allontanamento urgente dalla casa familiare, con il divieto di avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla
persona offesa, nei confronti di chi è colto in flagranza dei delitti di cui
all’articolo 282bis (artt. 600, 600bis e seg., 609bis e ss. c.p. in tema di prostituzione e pornografia minorile e violenza sessuale), ove sussistano fondati motivi per ritenere che le condotte criminose possano essere reiterate
ponendo in grave ed attuale pericolo la vita o l’integrità fisica della persona
offesa.
Eseguito l’allontanamento, troveranno applicazione gli artt. 385 e ss. fino
a giungere all’udienza di convalida innanzi al G.I.P., di cui si tratterà in prosieguo. È anche ammessa la celebrazione del giudizio direttissimo ai sensi
del comma 5° dell’art. 449.
5.Doveri della P.G.
Fermo ed arresto hanno in comune una serie di adempimenti successivi, che la
legge enumera:
— verifica che il delitto non appaia compiuto in presenza di una causa di non punibilità o di giustificazione (art. 385);
— immediata notizia del provvedimento al P.M. del luogo dove è stato eseguito;
— consegnano all’arrestato o al fermato una comunicazione scritta, in forma chiara e precisa (con eventuale traduzione per chi non conosca la lingua italiana),
che informi il soggetto dei propri diritti nonché delle facoltà, quali l’assistenza
tecnica di un difensore e l’eventuale accesso al beneficio del patrocinio a spese
dello Stato, il diritto all’assistenza medica, il diritto di avvisare i propri familiari,
il diritto di comparire dinanzi al giudice per rendere l’interrogatorio, di impugnare l’ordinanza che dispone la misura cautelare e di richiederne la sostituzione o
la revoca. Qualora la comunicazione scritta non sia prontamente disponibile in
una lingua comprensibile all’imputato, le informazioni sono fornite oralmente,
salvo l’obbligo di dare comunque, senza ritardo, comunicazione scritta all’imputato. L’obbligo di informazione è rafforzato, mediante la previsione, al comma
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Parte Quarta: Elementi di diritto processuale penale
2 dell’articolo 391, dell’obbligo di verifica, in capo al giudice, che all’arrestato
ovvero al fermato sia stata fornita la comunicazione in commento, o che in ogni
modo sia stato informato circa i diritti e le facoltà allo stesso spettanti. Nell’ipotesi in cui il giudice ravvisi una carenza di informazione, questi è onerato dal
fornire integralmente, oppure più semplicemente a completare, la comunicazione o le informazioni prescritte dalla normativa;
— avviso alla persona fermata o arrestata della facoltà di nomina di un difensore;
— avviso al difensore del provvedimento adottato;
— messa a disposizione del P.M., entro le 24 ore, dell’arrestato o fermato, mediante traduzione del predetto presso la locale casa circondariale o mandamentale;
— invio nello stesso termine di 24 ore del verbale di arresto al P.M., salvo che
quest’ultimo non conceda una dilazione;
— avviso ai familiari della persona dell’avvenuto fermo o arresto, previo consenso
della persona stessa (art. 386).
Questi adempimenti sono della massima importanza perché assolvono a funzioni molto delicate. L’avviso al difensore, infatti, appare finalizzato all’attuazione
della norma che prevede in generale la possibilità di immediato colloquio fra l’indagato in vinculis ed il proprio difensore (art. 104); la comunicazione al P.M. ha la
funzione di consentirgli l’attivazione della procedura di convalida, della quale diremo fra poco; la traduzione in carcere vuol evitare la protrazione del contatto fra P.G.
ed indagato, con tutti i rischi che essa comporta sotto il profilo della sua successiva strumentalizzazione (dichiarazioni che l’indagato successivamente vorrebbe far
ritenere estorte con minacce, blandizie, percosse etc.); la comunicazione ai familiari serve a metterli in condizione di nominare un difensore di fiducia, per il caso
che il loro congiunto non vi provveda (art. 96, c. 3).
La legge, però, sancisce che alcuni di questi adempimenti sono così
importanti che la loro violazione comporta la caducazione del provvedimento adottato dalla P.G. È, per es., prevista l’immediata liberazione
dell’arrestato o fermato, nel caso in cui la misura sia divenuta inefficace
per decorrenza delle 24 ore prescritte per la messa a disposizione del P.M.
e per la traduzione in carcere, o per vana decorrenza delle 48 ore assegnate al P.M. per richiedere la convalida dell’arresto o del fermo (art. 389),
o delle ulteriori 48 ore spettanti al G.I.P. per decidere sulla convalida (art.
391, c. 7).
6.La convalida
Indipendentemente dall’interrogatorio a cui il P.M. può o meno sottoporre l’arrestato o il fermato (art. 388), il nuovo codice prescrive che sia un
giudice a valutare la condizione del soggetto, e ciò avviene nel corso
Capitolo Terzo: L’arresto e il fermo
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dell’udienza di convalida (art. 391). In ossequio ai principi costituzionali, che
vogliono che il provvedimento dell’autorità giudiziaria intervenga entro le
96 ore dall’arresto, è previsto che il P.M., entro le 48 ore dall’arresto o dal
fermo, chieda al G.I.P. la convalida. Ciò se non debba disporre la liberazione della persona (l’art. 121 delle disp. att. prevede che oltre che nei casi
previsti dall’art. 389, la liberazione venga disposta anche quando il P.M. non
ritiene di dover chiedere l’applicazione di una misura coercitiva). Il G.I.P.
dovrà fissare l’udienza con la massima tempestività, in quanto nelle residue
48 ore il provvedimento della P.G. va convalidato, altrimenti diviene inefficace.
L’udienza di convalida (celebrata in camera di consiglio) si svolge nel
luogo dove la persona è custodita (art. 123 disp. att.) e comporta la presenza facoltativa del P.M. (il quale se non compare invia richiesta scritta) e
necessaria del difensore. In questa sede il P.M., se presente, illustrerà le
ragioni del provvedimento e chiederà al giudice le misure cautelari ritenute
più adeguate. Successivamente il P.M. potrà parlare con l’arrestato (salvo
che non sia potuto o voluto intervenire) e comunque con il suo difensore:
all’esito il giudice si pronuncerà.
Il provvedimento del giudice, ancorché possa essere unico, conterrà una
doppia pronuncia: da un canto, valuterà la legittimità dell’operato della P.G.,
convalidando eventualmente il fermo o l’arresto, se ne ricorrono tutte le
condizioni richiamate; dall’altro dovrà decidere per il futuro, adottando o
meno una misura cautelare.
Ai sensi, infatti, dell’art. 391, commi 5 e 6, la sola convalida non è più
sufficiente a trattenere in carcere il soggetto, attenendo essa esclusivamente al controllo giurisdizionale sull’atto privativo di libertà e non valendo,
invece, a legittimare l’ulteriore protrazione dello stato di fermo o di arresto.
Pertanto, sia in ipotesi di mancata convalida che in quella di convalida
non accompagnata dall’applicazione di una misura coercitiva, il fermato o
l’arrestato deve essere immediatamente liberato.
Avverso il provvedimento di convalida dell’arresto o del fermo può essere proposto esclusivamente ricorso per cassazione (art. 391, c. 4); contro
l’eventuale misura cautelare adottata può, invece, proporsi l’ordinario mezzo di impugnazione del riesame di cui all’art. 309.
7.Il fermo nel Codice Antimafia
Con il D.Lgs. 6-9-2011, n. 159 è stato introdotto nel nostro ordinamento
il «Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione».
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Parte Quarta: Elementi di diritto processuale penale
Nell’art. 4 è specificato che le misure di prevenzione personali previste
da detto codice si applicano a determinate categorie di soggetti, tra i quali gli indiziati di appartenere alle associazioni mafiose di cui all’art. 416bis
c.p.; gli indiziati di uno dei reati previsti dall’articolo 51, comma 3bis, c.p.p.;
coloro che abitualmente vivono di attività delittuosa; soggetti che pongano
in essere atti preparatori, obiettivamente rilevanti, diretti a sovvertire l’ordinamento dello Stato, con la commissione di reati con finalità di terrorismo,
ecc.
L’art. 77 del codice prevede inoltre che, nei confronti dei soggetti di cui
all’articolo 4, il fermo di indiziato di delitto è consentito anche al di fuori
dei limiti di cui all’articolo 384 del codice di procedura penale, purché si
tratti di reato per il quale è consentito l’arresto facoltativo in flagranza ai
sensi dell’articolo 381 del medesimo codice.
La norma mira a consentire l’adozione del fermo anche se non ricorrano
i limiti di pena previsti dall’art. 384 c.p.p. In sostanza è stata creata una figura ibrida di arresto facoltativo indipendente dalla flagranza. La giurisprudenza di legittimità ha però precisato che pur sempre devono sussistere i
requisiti dei gravi indizi di colpevolezza e del pericolo di fuga.
Glossario
Delitto: i reati si distinguono, a seconda della pena prevista per ciascuno di essi, in (—) e contravvenzioni. I (—) sono i reati per i quali la legge prevede la pena dell’ergastolo, della reclusione o, nei casi meno gravi, della multa.
Le contravvenzioni sono punite con l’arresto o con l’ammenda.
Alla distinzione si ricollegano una serie di importanti conseguenze.
Così, ad esempio, per i (—) si è puniti, salva diversa espressa previsione, solo a titolo di dolo e
soltanto in relazione ad essi è prevista l’incriminazione anche del tentativo ed è consentita l’applicazione di misure cautelari personali (v. Libro IV, Titolo I).
Causa di non punibilità: con tale espressione, il codice penale fa riferimento sia alle cause di
giustificazione (o scriminanti) (artt. 50-54 c.p.) sia alle cause di esclusione della pena (o cause
di non punibilità in senso stretto). Le prime indicano quelle situazioni, normativamente previste,
in presenza delle quali viene meno il contrasto tra un fatto conforme ad una fattispecie incriminatrice e l’intero ordinamento giuridico. Le seconde indicano quelle situazioni che non escludono il reato, ma in presenza delle quali l’ordinamento giuridico ritiene opportuno, per ragioni di
mera opportunità, non applicare la pena, né altra forma di sanzione penale (es.: le immunità).