Anomalie cinesi

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Lettera finanziaria
Financial Services
06/2005
Anomalie cinesi
Che l’economia cinese cresca a ritmi sorprendenti è cosa nota. Meno noto è il fatto che, a fronte di tale crescita, ci
sia un mercato azionario che continua a perdere terreno.Tra il 2001 e il 2004 l’economia è cresciuta in media dell’8.5%
p.a. (contro una crescita del 5% nel resto dell’Asia ex-Giappone). Contemporaneamente, l’indice di Borsa di Shanghai
ha raggiunto un picco nel giugno 2001 e da allora ha perso oltre il 50%. Dall’inizio dell’anno la Borsa perde il 16%
circa, a dispetto di un PIL reale in crescita del 9.5% a/a nel T1. Guardando agli indici azionari MSCI, la perdita da inizio
anno è più contenuta, ma deludente rispetto alla performance moderatamente positiva del resto della regione.
Quali le cause della debolezza della Borsa?
Diversi sono gli elementi che hanno turbato e turbano la Borsa cinese. Innanzitutto, nel 2000 le valutazioni erano probabilmente troppo elevate. Nel corso degli anni ’90, insieme all’economia crescevano anche i prezzi azionari. Le due
Borse nazionali di Shanghai e Shenzhen, costituite nel 1990 e 1991, attiravano investitori perché erano considerate
una fonte di opportunità e garanzia di buoni risultati.Tra il 1992 e il 2000 l’indice composito (che comprende azioni
riservate a investitori locali ed esteri) di Shanghai ha guadagnato oltre il 600%, quello di Shenzhen quasi il 500%.
Successivamente, passata l’euforia dei primi anni, la Borsa è stata penalizzata proprio dal fatto di essere relativamente
“giovane”, dalla mancanza di esperienza da parte dei soggetti coinvolti, da insufficiente apertura e trasparenza, oltre
che eccessiva rischiosità.
Una delle questioni più spinose è stata ed è tuttora la massiccia presenza dello Stato, che detiene i 2/3 della capitalizzazione di mercato complessiva. Da un lato ciò ha contribuito ad “ingessare” il mercato e a ridurne l’attrattiva per
gli investitori (oltre che penalizzare l’efficiente allocazione del capitale). Allo stesso tempo, però, la stessa consapevolezza che lo Stato avrebbe prima o poi venduto parte del proprio pacchetto azionario (operazione tentata nel 2001
e riproposta in queste settimane) ha contribuito ad abbassare le quotazioni negli ultimi anni. Il mercato ha infatti scontato e sconta tuttora un considerevole aumento nell’offerta di titoli, con conseguente calo dei prezzi.
Surriscaldamento dell’economia e performance di Borsa.
Un altro fattore che, nell’ultimo anno, ha impattato negativamente sul mercato azionario è legato alla stessa rapida
crescita economica del Paese. L’emergere di evidenti segnali di surriscaldamento, almeno in determinati settori, ha
infatti portato a temere lo scoppio di una bolla speculativa con conseguente forte rallentamento (hard landing) dell’economia.
Grafico 1 Cina: andamento del prezzo di Borsa, indice (composito*) di Shangai
2400
* L’indice composito comprende azioni riservate ad investitori locali ed esteri
2200
2000
1800
1600
1400
1200
01.04.'05
01.01.'05
01.10.'04
01.07.'04
01.04.'04
01.01.'04
01.10.'03
01.07.'03
01.04.'03
01.01.'03
01.10.'02
01.07.'02
01.04.'02
01.01.'02
01.10.'01
01.07.'01
01.04.'01
01.01.'01
1000
Lettera finanziaria
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06/2005
Tali preoccupazioni sono emerse con particolare insistenza nei primi mesi del 2004 e da allora la Borsa ha perso il
40% circa. In quel periodo, la forte crescita dell’offerta di moneta e del credito alimentava investimenti in eccesso (in
crescita in ogni trimestre di oltre il 20% a/a), mentre l’inflazione, dopo anni di scarse pressioni sui prezzi, sfondava la
soglia del 5% e storie aneddotiche segnalavano crescenti difficoltà con cui alcune imprese reperivano l’acqua e l’elettricità necessarie ai processi produttivi. Le autorità sono ripetutamente intervenute per frenare la concessione di
crediti nei settori maggiormente surriscaldati e riportare la crescita economica ad un livello meglio sostenibile.
Proprio in quest’ottica, nell’ottobre scorso i tassi d’interesse sono stati alzati per la prima volta in nove anni.
Oggi, sebbene la crescita economica sembri più bilanciata e l’inflazione sia tornata vicino al 2%, il PIL reale continua
a crescere a ritmi probabilmente troppo elevati. L’eccessivo tasso d’investimento fisso (ancora oltre il 40% del PIL) resta
un fattore di seria preoccupazione, in quanto rischia di tradursi in un accumulo di capacità produttiva in eccesso.
Commercio estero e regime di cambio.
Infine, da inizio anno, il mercato azionario ha probabilmente reagito agli sviluppi delle vicende legate alla modifica del
regime di cambio e alla regolamentazione del commercio estero. Sul primo fronte, si sono intensificate le pressioni
affinché la Cina lasci apprezzare la propria valuta,“rigidamente” mantenuta intorno a 8.28 CNY per USD. Da un lato,
gli USA minacciano provvedimenti in caso di mancata rivalutazione, dall’altro la Cina afferma di non accettare pressioni dall’estero. Sul fronte del commercio, l’abolizione del vecchio sistema di quote internazionali il 1 gennaio scorso ha consentito un’inondazione dei mercati occidentali da parte dei prodotti made in China, scatenando un braccio di ferro (con imposizione di nuovi limiti alle importazioni e ricorso all’Organizzazione Mondiale del Commercio)
tra Cina, da una parte, USA e Unione Europea, dall’altra.
Concludendo…
Diversi sono dunque i fattori che hanno contribuito a determinare l’andamento divergente di economia e Borsa
cinesi dal 2001 ad oggi. Al di là di tutto ciò che può aver penalizzato il mercato azionario, quel che è certo è che
cresce il malcontento tra gli investitori locali, delusi dalle continue perdite di Borsa. Così si susseguono storie aneddotiche di agitazioni sociali che vanno ad aggiungersi alle proteste legate ad altre questioni. In un’ottica futura, va da
sé che un crescente malcontento popolare non fa bene all’economia di un paese, né ai suoi mercati finanziari.
Manuela Biondi
Analisi e Strategie
Grafico 2 Cina e Asia (escl. Giappone e Cina): crescita del PIL reale (% a/a)
10%
9%
8%
7%
6%
5%
2001
2002
2003
2004
4%
3%
2%
1%
0%
2001
Cina
2002
2003
2004
Asia escl. Giappone e Cina
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