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IL MARE CULLA DELLA VITA
INTRODUZIONE ................................................................................................................................... 2
IL MARE, GENERATORE DI VITA ................................................................................................... 2
LA CELLULA, ATOMO DELLA VITA............................................................................................... 3
L'UNIVERSO IN UNA GOCCIA D'ACQUA. IL PLANCTON ......................................................... 4
LE DIATOMEE ...................................................................................................................................... 5
I FLAGELLATI ...................................................................................................................................... 6
I PROTOZOI .......................................................................................................................................... 6
I CILIATI ................................................................................................................................................. 7
I PRIMI ESSERI COLLETTIVI ............................................................................................................ 8
FONDAZIONE DELLE REPUBBLICHE: GLI SPONGIARI........................................................... 9
I CELENTERATI ................................................................................................................................. 10
I CELENTERATI: GLI IDROZOI....................................................................................................... 11
I CELENTERATI: LE MEDUSE........................................................................................................ 12
I CELENTERATI: SINOFORI E CTENOFORI, CRISTALLI VIVENTI........................................ 13
I CELENTERATI: ANEMONI DI MARE .......................................................................................... 14
I CELENTERATI: OTTOCORALLI, L'UNIVERSO DEI POLIPAI ............................................... 15
I BRIOZOI ............................................................................................................................................ 16
ECHINODERMI E CRINOIDI ............................................................................................................ 16
ECHINODERMI: LE STELLE DI MARE ......................................................................................... 17
ECHINODERMI: RICCI E CETRIOLI .............................................................................................. 18
GLI ANELLIDI: UN VERME NON E' SEMPRE BRUTTO............................................................ 19
GLI ANELLIDI: UNA GALLERIA DI COSE STRAORDINARIE ................................................. 20
CROSTACEI........................................................................................................................................ 21
I CROSTACEI: LE SORPRESE DEI CIRRIPEDI, DEGLI ANFIPODI E DEGLI ISOPODI ..... 22
I DECAPODI: ARAGOSTE, GAMBERI, GAMBERETTI, GRANCHI, PAGURI ....................... 24
DAI BRACHIOPODI AI MOLLUSCHI ............................................................................................. 26
I MOLLUSCHI ..................................................................................................................................... 26
I MOLLUSCHI: FIERE NEL PALAZZO, I GASTEROPODI PROSOBRANCHII...................... 27
I MOLLUSCHI CHE HANNO PERSO LA TESTA: I BIVALVI .................................................... 28
I MOLLUSCHI: GASTEROPODI OPISTOBRANCHI ................................................................... 29
I MOLLUSCHI: GLI AFFASCINANTI CEFALOPODI................................................................... 30
I TUNICATI .......................................................................................................................................... 31
VERSO I VERTEBRATI..................................................................................................................... 32
I PESCI: I RE DEL MARE ................................................................................................................. 34
I PRIMI VERTEBRATI, I PERCHE' DI UNA GRANDE CONQUISTA........................................ 35
I PESCI: CAMPIONI NEL CAMUFFARSI ...................................................................................... 36
I PESCI: MERAVIGLIE DELL'ADATTAMENTO........................................................................... 37
ESCONO I PESCI, RIENTRANO I MAMMIFERI........................................................................... 38
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INTRODUZIONE
La vita marina è la vita primigenia. Essa non poteva nascere che in questa culla. E quando ne uscì, per
diventare terrestre, lo fece complicando notevolmente i suoi organismi e riproducendo in essi le condizioni
del mare primordiale. La vita marina è la vita normale. La vita terrestre ne è un'eccezione, che avrebbe
anche potuto non prodursi mai e che, d'altra parte si è prodotta all'incirca 200 milioni di anni fa, quando il
mare esisteva da oltre un miliardo di anni. La vita marina è la "vita" stessa... Osservandola nelle sue forme
via via sempre più evolute, cercheremo di coglierne il meraviglioso cammino. Per prima cosa, essa ci porta a
comprendere che la vita è un fenomeno dinamico.
Si possono anche immaginare differenti processi per il sorgere della vita, ma bisogna sempre ammettere
delicati meccanismi di scambi tra sostanze complesse. Il che esige la presenza di un liquido, poiché
l'ambiente liquido permette l'apporto, il trasferimento, la sottrazione di molecole. E nel caso in cui questo
liquido scioglie numerose sostanze, le reazioni che ne derivano possono essere ancor più varie e numerose.
Il liquido solvente, infine, deve essere chimicamente neutro. Quello che ora abbiamo fatto non è forse il
ritratto-standard dell'acqua? L'acqua è infatti una sostanza onnipresente, ovunque le condizioni di
temperatura permettano la combinazione dell'idrogeno e dell'ossigeno, le due sostanze più abbondanti
dell'universo. E torniamo così a vedere necessariamente nell'acqua la culla universale della vita.
Altrettanto evidente è il fatto che gli oceani offrono alla proliferazione della vita un volume ben più grande
delle terre: coprono infatti i sette decimi del globo con una profondità media di 3650 metri, mentre la
"biosfera", cioè la sfera vivente, si riduce a una sottilissima pellicola sopra i continenti. I processi biologici
dovevano perciò fatalmente compiersi negli oceani primitivi, che avevano una temperatura più alta di quelli
attuali e in cui erano disciolte sostanze attive in un'acqua alternamente tiepida, sottoposta a continue
sollecitazioni, proprio come lo sono le vaschette dei laboratori chimici per facilitare le reazioni. Nella sua culla
incessantemente equilibrata il mare ha visto nascere la vita, anzi l'ha fatta nascere.
IL MARE, GENERATORE DI VITA
L'elemento vivente più semplice è la cellula. Non si può
concepire una cellula se non nell'acqua; nell'aria il suo
contenuto interno evaporerebbe. Se degli esseri viventi
possono esistere nell'aria è solo perché le loro cellule essenziali
sono protette entro un organo umido; è soprattutto perché,
almeno su una delle loro facce, le cellule vengono mantenute
bagnate da un liquido, il sangue.
Nell'acqua i corpi sono portati, sostenuti, anche quelli più fragili,
anche quelli formati di delicatissima gelatina, anche quelli che
dispiegano le più sottili ramificazioni. Sulla terra, devono
acquistare dei mezzi per sostenere la loro massa, scheletro o
carapace.
Nell'ambiente liquido, l'essere - anche ridotto alla forma primordiale, a un informe raggruppamento di
molecole - è in grado di muoversi e può così trovare, magari fortuitamente, le condizioni più opportune per il
suo sviluppo. La nutrizione, cioè il trasferimento di sostanze per "osmosi" attraverso la parete delle cellule,
non può avvenire che entro liquidi; e l'acqua marina, carica di sali, può nutrire le cellule per il solo fatto che le
bagna, mentre l'animale vivente sulla terra o nell'aria deve possedere una tasca speciale ove il nutrimento si
possa sciogliere. Anche la respirazione - che è d'altra parte un caso particolare di nutrizione - avviene su
tutta la superficie dell'essere immerso nell'acqua in cui si trova disciolto dell'ossigeno. Fuori dall'acqua
questa funzione esige che siano organizzate cavità umide ove l'aria venga a contatto con pareti assai sottili
per passare poi in un liquido speciale, il sangue. Nel qual caso è necessario un sistema circolatorio - con
una pompa - perché questo liquido interno possa bagnare ogni cellula.
Quante complicazioni! Se si considera poi il problema della riproduzione, ci si accorge che l'acqua lo
semplifica a meraviglia. Innanzitutto le cellule germinali o gameti possono diffondersi liberamente e
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basteranno gli incontri in balìa delle onde per assicurare le fecondazioni, mentre la vita aerea necessita di
ben altri meccanismi per guidare l'avvicinamento e la fusione delle cellule sessuali. In seguito le uova
possono essere ugualmente affidate alle onde ove maturano e si schiudono, alle onde che porteranno quindi
le larve come in una culla. Per gli esseri che vivono sulla terraferma o nell'aria il problema ha solo due
soluzioni: un guscio per proteggere l'ambiente ove si svilupperà l'embrione o un nido di carne nel seno
materno, ove, anche là, sarà bagnato da un liquido. Così la vita terrestre appare come un caso particolare
che esige soluzioni complicate: un'armatura di sostegno, "grucce" per appoggiarsi e muoversi, organi
speciali per nutrirsi, per respirare, per riprodursi. Quanto più semplice di quello terrestre ci appare come un
caso particolare che esige soluzioni complicate: un'armatura di sostegno, "grucce" per appoggiarsi e
muoversi, organi speciali per nutrirsi, per respirare, per riprodursi. Quanto più semplice di quello terrestre ci
appare l'animale marino, prima ancora di averlo osservato! In realtà esso è spesso semplicissimo. Nei tempi
primordiali è stato ancora più semplice, allorquando i primi aggregati di molecole cominciarono ad
autoriprodursi; e ciò avveniva in prossimità della superficie, là ove i venti agitano le onde e il sole dona la
sua piena energia. Sul pianeta incandescente ove l'acqua era ancora vapore, la vita non poteva ancora
nascere; nell'acqua troppo calda, non poteva più nascere. Il fatto che siano stati trovati dei batteri entro
sorgenti caldissime mostra quanto la vita possa adattarsi anche alle più sfavorevoli condizioni ambientali. Ma
altro è pensare che abbia potuto nascervi. Ma lo poteva alle temperature da 30¡ a 40¡, che nei nostri
laboratori sono le più favorevoli alle colture viventi. E non è proprio entro i limiti di questi due valori che si
trova la temperatura degli animali superiori? Secondo la teoria del biologo francese René Quinton, teoria
assai in auge all'inizio del secolo, il liquido originario in cui vivevano i primi organismi si ritrova nei liquidi
interni dei mammiferi. Il loro sangue non è forse un liquido salato, simile all'acqua dei mari primitivi che erano
meno salati e più caldi degli attuali? Questo liquido - il plasma - costituisce l'acqua di un acquario - il corpo ove vivono le cellule dell'organismo, segnatamente quelle cellule mobili che sono i globuli del sangue. E
Quinton confermava la sua teoria con un esperimento fondamentale che al suo tempo fece scalpore: si può
dissanguare un mammifero e mantenerlo in vita sostituendone il sangue con acqua di mare diluita e
leggermente intiepidita.
L'acqua del mare è stata, sotto un sole più intenso, il crogiolo degli esseri viventi. Ha portato i primi
"coacervati" e li ha nutriti col solo fatto della sua presenza. I soli fossili che si trovano sino al passaggio dal
Primario al Secondario - solo ieri all'orologio del mondo - sono proprio animali marini. Attraverso questi
fossili, si può ricostruire a grandi linee la storia della vita scritta nell'oceano, sino a forme già superiori. E' in
questo laboratorio d'alchimista che si sono lentamente organizzati o che sono repentinamente apparsi esseri
sempre più evoluti. Osservando, come faremo in queste pagine, il complesso della vita animale degli oceani
attuali, procedendo dai più semplici ai più complessi, vedremo tratteggiato a grandi linee l'immenso affresco
dell'evoluzione. Sotto i nostri occhi, la stupefacente proliferazione degli esseri marini ci dimostra che la vita si
trova perfettamente bene in quell'ambiente che le è così favorevole: infatti l'ossigeno e gli elementi - che gli
animali terrestri devono ricercare con lo sforzo, nella rotta, nei rischi - sono portati ad essi, in soluzione o in
sospensione, dalle onde stesse. Così innumerevoli specie si riproducono e si moltiplicano pure restando
fissate ad un substrato dalla nascita alla morte.
LA CELLULA, ATOMO DELLA
VITA
L'atomo della vita. Tutto il mare vive. Le sue acque sono talvolta
occupate da una vera e propria "gelatina" di vita. Banchi di
meduse, di pesci, di esseri unicellulari possono stendersi per
decine di chilometri quadrati. Intere isole sono costruite con le
secrezioni di miliardi e miliardi di animali. Ogni goccia delle
onde pullula di invisibili popolazioni. I fanghi profondi sono fatti
di innumerevoli cadaveri che, nel corso delle ere geologiche,
hanno formato rocce; così ogni metro cubo della pietra con cui
è costruita Parigi è costituito da una ventina di miliardi di
Protisti. Protistos, superlativo di "primo".
Ecco perché gli esseri più elementari, sia vegetali che animali, fatti di una sola cellula sono oggi chiamati
Protisti, i "primi" viventi. Poiché l'atomo, secondo l'etimologia greca, è la divisione al di là della quale non si
può tagliare la materia fisica se si vuole che resti materia, così la cellula può essere definita come l'atomo
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della vita: è impossibile dividere ancor più la materia organica se si vuole che resti organizzata, vivente.
La cellula è la più elementare unità d'organizzazione. Tutti i tessuti viventi sono mosaici di cellule perché tutti
gli animali sono Metazoi, cioè degli aggregati di cellule. Il nostro corpo deve essere visto come una "colonia"
di cellule specializzate in lavori diversi. Bisognerebbe conoscere a fondo questi atomi della vita, mentre la
scienza li conosce appena. Quando, solo ieri, il microscopio elettronico rivelò la complessità della loro
organizzazione, i biologi furono scoraggiati. Solo oggi, scendendo a livello delle grosse molecole, vedono
qualche barlume di luce. Come non osservare con vivo interesse quegli esseri che abitano in noi, che ci
formano, quando possiamo vederli vivere, ancora individui, nel mare?
Ecco il motivo per cui queste pagine non dimenticheranno quei Protisti sui quali si sarebbe portati a
sorvolare tanto sono piccoli e invisibili; è invece attraverso loro che possiamo tentare di scoprire la vita al
limite della vita... D'altra parte gli esseri più importanti non sono nemmeno gli animali, ma i vegetali. I più
importanti perché formano la base di tutte le "catene alimentari". Noi mangiamo grossi pesci che mangiano
piccoli pesci che mangiano minuscoli crostacei che mangiano a loro volta alghe unicellulari. Queste alghe
soltanto traggono la loro materia non dal regno vivente, ma l'attingono dal regno minerale, perché la loro
clorofilla è capace - come le piante verdi della vita terrestre - di elaborare, sotto l'azione del sole, la materia
organica. Dal momento che l'energia solare è necessaria per passare dal regno minerale al regno vivente, è
evidente che il miracolo deve avvenire presso la superficie, là ove penetra la luce: è al piano superiore che il
mare prepara il nutrimento che, in seguito, da specie a specie, dai pascoli agli erbivori, dagli erbivori ai
carnivori, dalle prede ai predatori, discenderà progressivamente attraverso la massa delle acque. Queste
estreme divisioni della vita che non si possono scindere oltre, la lente d'ingrandimento permette di vederle, il
microscopio di studiarle, il microscopio elettronico forse di comprenderle.
Si vede un nucleo, più denso e più scuro, circondato da un "protoplasma", gelatina traslucida che oggi
sappiamo essere estremamente complessa.
Talvolta il nucleo si strozza, si divide in due nuclei che trascinano ciascuno una parte del protoplasma; si
hanno così due "cellule figlie". In sostanza, è questo il meccanismo della riproduzione. Questo gruppo di
Protisti appartiene alla botanica o alla zoologia? A entrambe le scienze, perché si è creato giustamente
questo termine per comprendere le due discipline. Prima si parlava di Protozoi cioè di "animali primitivi" e si
era obbligati a classificarne alcuni tra i ... vegetali.
Ora la situazione è più chiara: esistono i Protisti, esseri unicellulari di cui alcuni sono Protofiti, cioè piante
primitive, altri Protozoi, cioè animali primitivi. Ma i caratteri discriminanti tra i due regni non sono
ciononostante netti: né la presenza della clorofilla, né quella di un involucro indeformabile di cellulosa - cioè i
criteri un tempo proposti - permettono delle sicure distinzioni.
L'UNIVERSO IN UNA GOCCIA D'ACQUA. IL PLANCTON
Niente sembra essere più puro della limpida acqua di un mare azzurro. Invece, se ne osserviamo una goccia
al microscopio o anche solo con una lente d'ingrandimento sotto luce adatta, vi vedremo apparire un
pullulare di animali dalle stranissime forme. Bagnandoci nel mare ci ripugnerà allora aprire la bocca sapendo
che la faremo divenire una caverna abitata da un brulichio di mostri, o meglio da un brulichio di plancton. La
parola "plancton" da "plagtos", si trova già in Omero, col significato generale di tutto ciò che è libero nel
mare. Ed è lo stesso significato che gli diede un secolo fa il tedesco Hensen. In senso stretto
comprenderebbe i pesci e perfino le balene. Tuttavia nessun oceanografo vi assegnerebbe le sardine! Il
termine è oggi più preciso, completato com'è da quello di "necton" (da "nectos", che nuota) indicante tutti gli
esseri dotati di movimenti attivi e "bentos" o dall'aggettivo "bentico" (da "benthos", fondo) per indicare gli
esseri fissati sul fondo o che vi si posano frequentemente.
Il plancton, da questo punto di vista, è "pelagico" (da "pelagos", mare), poiché fa parte della massa delle
acque. Vi si trovano vegetali, animali ed esseri che, come i batteri e i flagellati, stanno ai confini dei due
regni. Vi sono erbivori e carnivori, vi sono larve e adulti, vi sono prede e predatori. Vi è tutto un universo.
Meglio: vi è quasi tutto l'universo vivente, costituendo gli altri esseri - quelli che l'onda non porta né nutre delle eccezioni, anzi delle anomalie.
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La legge sembra essere generale: più gli organismi sono semplici, più grande è la massa totale delle loro
popolazioni. Ne è una prova il fatto che gli esseri la cui "biomassa" è la più imponente nel mare, sono i
Coccolitoforidi, organismi che i comuni mortali ignorano, che i trattati di storia naturale "liquidano" in poche
righe e che per molto tempo sono persino sfuggiti all'osservazione: sono così piccoli (da 5 a 10 millesimi di
millimetro) che passano attraverso la stoffa dei più sottili retini da plancton.
I geologi avevano osservato in certi calcari, soprattutto nelle crete, dei piccoli granuli a forma di dischi, di
corone, di secchielli o di panieri senza fondo non più lunghi di un micron, che chiamarono "coccoliti". Ma non
sapevano di quali organismi quelle particelle fossero i gusci. Quando scoprirono quegli organismi li
chiamarono porta-coccoliti: Coccolitofori. Si capì che erano i più abbondanti tra gli animali. Quale ne sarà
stato il pullulante numero nel Secondario, quando costruirono, per esempio, le scogliere a falesia della
Manica e i branchi entro cui è stato aperto il famoso tunnel?
LE DIATOMEE
Nell'ordine delle biomasse seguono le Diatomee che, come i
precedenti, possiedono oltre la verde clorofilla anche dei
pigmenti gialli o bruni. Il loro nome significa tagliate in due.
Perché? Perché la loro cellula è racchiusa in gusci a forma di
dischi, d'ellissi, di rettangoli, di bastoncini, di losanghe, di
triangoli, che si dividono in due metà, nel senso dello spessore,
incastrandosi come il corpo e il coperchio di una scatola.
Quando l'organismo unicellulare si divide in due cellule-figlie,
l'una delle cellule porta via la metà della scatola, utilizzandola
come coperchio e ricostruendo un corpo. In queste condizioni la
grandezza della maggior parte delle cellule dovrebbe
progressivamente diminuire attraverso le generazioni. Ma, di
tempo in tempo, si effettua un processo sessuale: le due valve
della scatola si allontanano e, tra due individui diversi,
avvengono scambi di materiale paragonabili a una vera
copulazione.
I meccanismi sono vari e complessi ma portano sempre alla
formazione di un nuovo individuo munito di una nuova "scatola"
completa e di taglia normale. Invece di secernere calcare come
i Coccolitoforidi, le Diatomee secernono silice che forma
incrostazioni scure nell'involucro trasparente, incrostazioni così
minute che le Diatomee servono come standard per graduare i microscopi. E spesso proprio tramite loro
avviene l'iniziazione alle meraviglie dell'inframondo.
Le minute incisioni che ornano i gusci in disposizione simmetrica o raggiata ricordano i gioielli; e questa
somiglianza si accentua quando le Diatomee si presentano in catene. Anche queste alghe hanno costruito
attraverso i tempi immensi depositi, ai quali le sottilissime particelle silicee - che formano la decorazione dei
gioielli viventi - conferiscono un grande potere abrasivo. Le polveri per pulire e levigare, come il "Tripoli" e il
"Kieselguhr" hanno proprio questa origine.
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I FLAGELLATI
I Flagellati, esseri unicellulari dotati di flagelli (piccole fruste che,
agitate, servono da propulsori) erano un tempo l'incubo delle
classificazioni perché non si potevano unire ai Protozoi, in
quanto alcuni avevano clorofilla. Oggi si afferma che i Flagellati
sono dei Protisti e se ne assegnano alcuni ai Protozoi, altri ai
Protofiti. A questi ultimi si dà il nome di Dinoflagellati (da
"deinos", spaventoso) perché, al microscopio, possono
presentare un aspetto abbastanza "mostruoso".
Alcuni raggiungono maggiori dimensioni tra tutti i Protisti:
soprattutto quelli del genere "Ceratium" con lunghi corni e le
Nottiluche che vale la pena di considerare perché talvolta
formano banchi di 2 o 3 centimetri di spessore. Sotto la lente
d'ingrandimento la Nottiluca appare come un minuscolo globo
rotondo di un millimetro di diametro, con un prolungamento
vermiforme, il flagello. Come dice il suo nome, la Nottiluca riluce
di notte. Se la si muove nel buio si vedono accendersi minuscoli
punti luminosi. Così i suoi ammassamenti alla superficie delle
onde, che di giorno hanno una tinta rossastra, brillano di notte
in grandi strie fosforescenti, soprattutto se il mare è agitato.
Questo fenomeno - che gli Olandesi chiamano "mare di neve" - è visibile talora anche sulle nostre coste, ma
si verifica soprattutto nei mari caldi. Non è necessario che le Nottiluche siano molto numerose perché ne sia
illuminata l'acqua sotto la prora e nella scia delle navi. Hanno costruito Parigi e le Piramidi.
I PROTOZOI
Lasciamo ora i Protofiti, base della "piramide alimentare"
dell'oceano, per i Protozoi; il regno vegetale per il regno
animale, sempre alle radici dell'albero della vita, ove i due regni
ancora quasi si confondono. Ecco innanzitutto i Foraminiferi, il
cui protoplasma emette attraverso un involucro calcareo gli
pseudopodi. Di forma assai varia, questo guscio spesso
spiralato e suddiviso da tramezzi in piccole logge, è in realtà
perforato in modo da lasciar passare quei filamenti, che
formano all'esterno un delicatissimo reticolo.
Sapendo che "foramen" significa "buco" in latino, si capisce il
nome di questa importante classe nella quale, al momento della
divisione, una delle cellule figlie conserva il vecchio guscio e
l'altra ne riforma uno nuovo. D'importanza capitale è la funzione
dei Foraminiferi nella formazione delle rocce. Essi non
costituiscono forse i tre quarti del materiale che forma i fanghi
oceanici di recente deposizione? Così la "pietra di Parigi" entro
cui sono scavate le Catacombe è un calcare "a miliolidi", fatto da gusci di animali che vivevano nei mari del
Bacino di Parigi all'inizio del Terziario. Così pure i calcari "a nummuliti" che hanno formato le falesie di
Biarritz e le rive del Nilo, segnatamente le pietre delle Piramidi. Ma le Nummuliti - da "nummus", moneta in
latino - presentano un carattere eccezionale tra i Protisti: a forma di disco, lenticchia, moneta, possono
toccare i 2 centimetri. Nella regione parigina ove i fossili sono abbondanti, si staccano sovente dalla roccia
madre e vengono chiamate "pietre lenticolari".
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RADIOLARI
Affini ai Foraminiferi sono i Radiolari. Come quelli, fanno
passare molli "pseudopodi" attraverso uno scheletro rigido in
cui è racchiuso il nucleo della cellula. Pertanto in essi lo
scheletro è una sfera così mirabilmente traforata che l'aspetto
generale è quello di un lampadario estremamente "decorativo";
l'impalcatura di solito è di silice, in alcuni generi può essere di
silicato di alluminio, oppure di solfato di stronzio. Ci viene così
offerto un primo esempio della sorprendente facoltà degli esseri
marini di captare nell'acqua sostanze che vi si trovano soltanto
in infime proporzioni. Ed ecco i Radiolari (più precisamente,
sono degli Acantari) che estraggono dall'acqua lo stronzio,
metallo assai poco abbondante, per formare il loro scheletro. Si
comprende così come in queste condizioni alcuni animali
inferiori, batteri compresi, possano creare concentrazioni
minerali e come possano originarsi certi giacimenti minerari.
Se si ha la fortuna di osservare con una lente d'ingrandimento
dei Radiolari che si sono posati sul vetro di un acquario
qualsiasi manipolazione li distruggerebbe, tanto sono fragili e
delicati, anche la sola operazione di filtrare l'acqua attraverso
un retino si scopre allora una delle più grandi meraviglie che la
natura possa offrire. Se l'olio di fegato di merluzzo ha proprietà
antirachitiche è perché lo scheletro dei Radiolari è
relativamente poco pesante.
No! non si tratta di un indovinello. Ad ogni modo, ecco la ragione: i radiolari hanno bisogno di luce viva per
prosperare, devono quindi restare presso la superficie del mare. A questo scopo secernono una sostanza
oleosa che permette loro di galleggiare; in seguito le radiazioni solari irradiano questo olio, i cui ergostroli
acquistano allora le proprietà antirachitiche della vitamina D; infine i merluzzi divorano masse enormi di
Radiolari, così quell'olio irradiato s'accumula nel loro fegato. Ecco perché, anche molto tempo prima che il
meccanismo fosse compreso, l'olio di fegato di merluzzo era riconosciuto come antirachitico.
I CILIATI
Già più evoluti, già meno semplici (per non dire addirittura più
complicati) sono i Ciliati. Questi Protozoi hanno ciglia che vibrano,
diversamente distribuite secondo la specie. Le ciglia battono
l'acqua per creare una circolazione che apporta sia l'ossigeno sia
le materie alimentari, ma servono anche da remi; si vedono
piegarsi, le une dopo le altre, in movimenti coordinati, armoniosi.
Per effettuare questo movimento, non vi sono dei muscoli, perché
i muscoli sono formati da un insieme di cellule specializzate a
contrarsi; né per assicurare questa coordinazione vi sono dei
nervi, poiché i nervi sono costituiti da allineamenti di cellule
specializzate a trasmettere le eccitazioni. Ma allora come può un
essere unicellulare possedere una organizzazione già così
complessa? Rispondere che l'unica cellula che lo compone
possiede fibre contrattili equivalenti alle fibre muscolari, e fibre
assicuranti le trasmissioni analoghe alle fibre nervose, è una
risposta generica. Da dove proviene la coordinazione dei
movimenti? Né è più soddisfacente rispondere che forse un
"organulo" - nome sistematicamente vago, che viene dato alle
strutture anatomiche della cellula - è l'equivalente di un ganglio
nervoso.
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Bisogna rendersi conto che gli esseri unicellulari presentano tipi più o meno organizzati in seno ai quali vi è
certamente stata un'evoluzione.
Il potere proliferativo dei Protozoi è formidabile; le loro popolazioni raddoppiandosi, e sempre di nuovo
raddoppiandosi, potrebbero coprire in qualche settimana la massa del globo! Ma questa moltiplicazione
teorica è frenata, se non altro, dallo spazio vitale - purtroppo limitato! - degli oceani; dalla concorrenza delle
specie, dai predatori, dalle modificazioni delle condizioni del mare. Quando il vento, il cielo, la corrente, la
temperatura, la salinità cambiano, i Protozoi muoiono a intere popolazioni. Muoiono proprio perché sono
unicellulari; perché, così semplici, non sono organizzati per difendersi contro l'imprevisto. E tutto il seguito
del grande romanzo dell'evoluzione consisterà da parte degli animali, di un'indipendenza via via sempre più
grande, indipendenza di fronte al caso.
I PRIMI ESSERI COLLETTIVI
Forse potrà meravigliare il fatto che queste pagine diano tanta
importanza a questi esseri così minuscoli da essere invisibili: gli
scritti sul mare hanno in genere l'abitudine di trascurare i primi
gradi della gerarchia animale a vantaggio degli esseri più
evoluti, che sono pure i più grossi.
Si è preferito mostrare non gli animali marini - la cui pura e
semplice enumerazione, anche se incompleta, richiederebbe un
libro intero - ma vista dall'alto, l'insieme della loro storia.
La prima vicenda è il passaggio dai Protozoi ai Metazoi, dalla
pietra all'edificio. Ma il romanzo della vita regola bene i suoi
effetti: questo episodio si compirà per tappe, la principale delle
quali è la "colonia", cioè Protozoi che si associano per vivere gli
uni accanto agli altri. Dalla lunga catena che dalla cellula porta
all'organismo, è questo il primo anello: quando alcuni Protozoi
si dividono e le cellule figlie non si allontanano dalla cellula
madre ma restano in contatto con essa come tra di loro. Ne
sono un esempio gli Zoothammi, "animali cespuglio", cioè
colonie di Ciliati, ciascuno dei quali è un calice circondato da un
collaretto di ciglia. Mentre la cellula madre si raddoppia nel
senso della lunghezza, alla base dei nuovi individui spunta una
specie di ramo.
Quando la scissione è terminata, questi rami si allungano restando saldati al tronco comune. Allungandosi
più o meno velocemente, i due rami si trovano presto a livelli differenti; il più alto si dividerà per primo.
L'insieme finisce per assomigliare a un albero, di cui ciascun ramo è terminante con un frutto. La colonia
possiede una propria vita, una vita collettiva: è già un essere complesso. Tra i rami e il tronco corrono in
realtà dei cordoni protoplasmici la cui funzione è ad un tempo quella di nervo e quella di muscolo: essi
trasmettono eccitamento e movimento da un individuo all'altro.
E' meraviglioso veder fiorire i calici cristallini che muovono continuamente le loro corone di ciglia vibratili. Le
corolle animali si aprono tutte assieme. O tutti i fiori trasaliscono all'improvviso, o l'arboscello intero si
contrae come sotto una scarica elettrica ma poi, poco dopo, le corolle si riaprono di nuovo. In breve, i rami
non appartengono ad una cellula in particolare ma a un essere nuovo. Ormai, nella nostra meravigliosa
storia, le cellule figlie e le cellule nipoti di una stessa cellula madre non affronteranno più da sole l'avventura
della vita. E le cellule sorelle, le cellule cugine, attraverso generazioni di parentela, vivranno
armoniosamente le une con le altre, ciascuna assumendosi, secondo i propri mezzi, una parte
dell'organizzazione collettiva che tenderà sempre a proteggerle contro l'alea del caso.
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Per comprendere tutto l'interesse insito in queste idee, bisogna pensare che esse non si applicano solo ad
esseri inferiori, che non hanno per noi un "peso" molto grande, ma anche agli esseri superiori, uomo
compreso, tutte le cellule dei quali non sono altro che una "colonia" derivata da una sola cellula primitiva,
l'"uovo". Eccoci passati dai Protozoi ai Metazoi.
FONDAZIONE DELLE REPUBBLICHE: GLI SPONGIARI
Per un momento consideriamo il più semplice dei Metazoi, la
spugna del tipo Ascon, che, in accordo con l'etimologia della
parola, è un semplice "sacco". La collettività di cellule sorelle
forma una sorta di piccola coppa o urna fissata alla base e
aperta dalla parte opposta. Ma le cellule non sono tutte simili:
presentano tre varietà, ciascuna con la propria
specializzazione. All'esterno dell'urna, cellule epiteliali formano
un rivestimento contrattile e sensoriale; grazie alla loro
sensibilità, avvertono la colonia dei pericoli esterni.
Nello spessore del tessuto altre cellule, che hanno conservato il
potere di scissione proprio dei Protisti, sono in grado di
assicurare la riproduzione; e secernono anche lo scheletro che
sostiene l'edificio. Infine, all'interno dell'urna vi sono le cellule
caratteristiche degli Spongiari: munite di una frusta
assomigliano esattamente a certi Flagellati, il che ha fatto
pensare che gli Spongiari o Spugne fossero in origine colonie di
Protozoi di questo tipo. I flagelli oscillano senza posa creando
una corrente di acqua che entra nell'urna attraverso piccole
aperture che formano la parete, i "pori inalanti"; e tutte le
correnti escono attraverso l'apertura superiore: "l'osculo". In tal
modo l'acqua ricca di nutrimento bagna le cellule flagellate che
non solo ne fissano l'ossigeno, ma catturano le particelle
organiche, che minuscoli vortici, creati dalla forma dei collarini
che circondano le fruste, portano a loro contatto. Ciò può anche essere dimostrato sperimentalmente; se
l'acqua contiene del carminio, anche le cellule flagellate si colorano ben presto di rosso.
In altri Spongiari lo schema primitivo dell'urna o coppa si complica notevolmente; le pareti del sacco
s'ispessiscono; tutta una rete di canali mettono in comunicazione numerose cavità, ciascuna dotata di un
osculo che rimanda l'acqua; e le cellule flagellate si localizzano in zone dette "cestelli vibratili".
La prova migliore che una spugna non è un semplice aggregato di cellule, ma costituisce un organismo
integrato, sta nel fatto che essa reagisce globalmente. Se è stimolata in un punto, se si punge, se si tocca
con una sostanza tossica, se una delle sue parti è semplicemente esposta all'aria, tutti i pori si chiudono
grazie al gioco delle cellule contrattili del rivestimento esterno.
Così l'essere collettivo si difende e si conserva una provvista d'acqua. Queste reazioni sono però
estremamente lente.
Occorrono parecchie decine di secondi affinché si chiudano gli osculi posti a qualche centimetro dal punto
d'eccitamento e lunghi minuti affinché l'insieme della spugna chiuda tutte le sue aperture.
L'organizzazione collettiva è dunque ancora assai primitiva. Ma l'importante è che essa esista, e che sia
toccato un certo grado di complessità, poiché un insieme di Protozoi ha fondato una repubblica in cui
ciascun membro compie, per il bene comune, lavori specializzati.
Pertanto se si divide una spugna in sottili particelle, se si passa il tutto in un setaccio minuti, si ricuperano
cellule indipendenti, capaci di condurre una certa vita indipendente e perfino di spostarsi in un raggio
limitato. Si trattava dunque proprio di esseri elementari uniti in colonie. E quando il caso fa incontrare di
queste cellule così staccate, esse aderiscono l'una all'altra e ricostruiscono in tal modo la Spugna.
Conoscendo queste esperienze di frammentazione, si comprende la pratica di certe zone ove si pescano le
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spugne e in cui si tagliano a pezzi gli esemplari meno belli per "seminare" la zona che dopo sette o otto anni
potrà essere di nuovo sfruttata. Questo tipo particolare di moltiplicazione avviene per opera dell'uomo.
Normalmente la riproduzione si attua per via sessuale. Se anche le cellule dei due sessi sono prodotte dal
medesimo tessuto di un medesimo individuo, ai fini dell'evoluzione il fatto è altrettanto importante quanto che
sia abbandonata la divisione, di norma fra i Protozoi, o che abbia avuto inizio la fecondazione degli ovuli da
parte degli spermatozoi. Le larve , nate nell'interno della Spugna, fuoriescono dagli osculi e fondano altrove
una nuova colonia.
Questa sciamatura, che è la norma nelle Spugne più semplici, non avviene nelle più complesse, in cui i
giovani restano sul posto, cosicché la colonia "germoglia" sempre nuovi annessi, come una città attorno alla
quale "s'innestano" nuovi quartieri.
Questa è l'organizzazione degli animali che formano la spugna delle nostre case. Queste colonie più o meno
sferiche, diffuse nelle acque tiepide, sono oggetto di una vera industria nel mare Egeo, in Tunisia, in Siria,
nelle Antille, in Florida. Alla pesca col tridente, alla raccolta per nuda immersione che richiede mare calmo e
permette di raggiungere soltanto qualche decina di metri di profondità e mina la salute dei subacquei,
costretti a scendere a 30 o 40 metri in due o tre minuti; alla raccolta con la draga, che strappa tutto e
devasta zone intere, si è sostituita la pesca con lo scafandro, più razionale, meno sfibrante, ma abbastanza
costosa. Quando vengono tolte dall'acqua, le Spugne sono nerastre, vischiose. Bisogna batterle e lavarle
ripetutamente; scomparsa la materia organica - che non tarda a marcire - rimane solo il tessuto di sostegno,
lo scheletro. Nei generi Euspongia e Hippospongia, sfruttati commercialmente, questo tessuto è fatto di fibre
cornee che gli conferiscono l'elasticità.
Ma questa elasticità è eccezionale. Gli spongiari sono per la gran parte calcarei o silicei. Gli elementi di cui
sono costituiti sono le "spicole", bastoncini microscopici, aghi spinosi, arpioni, ancore, stelle, che si
aggrovigliano talora in modo complicato e che, restando anche dopo la morte degli animali, costituiscono in
certi mari caldi una parte importante, se non predominante, dei depositi dei fondali. Le spugne calcaree
formano cuscinetti, incrostazioni, mammelloni, stalattiti o stalagmiti, di consistenza dura. Quelle silicee
possiedono uno scheletro tanto fragile da essere dette "spugne di vetro". Alcune come l'Euplectella dei mari
tropicali profondi, presentano una mirabile delicatezza e una grande bellezza di forma, formando una sorta
di cornucopia tessuta con sottilissimi fili di vetro.
Benché ciò sia sorprendente, gli Spongiari possono essere dei distruttori formidabili. Alcuni perforano rocce
e conchiglie, come le Clionidi, spugne silicee incrostanti assai comuni da noi. Falesie gessose, minate da
gallerie, crollano; colture di ostriche vengono attaccate; quando le conchiglie sono forate da piccoli buchi gli
ostricoltori dicono che hanno la "malattia del pan pepato". Senza un organo speciale per fare dei buchi,
senza una secrezione acida, come riesce la Spugna a forare il calcare?
I CELENTERATI
Colonie "di secondo grado". Negli esseri più semplici dopo gli
Spongiari, i Celenterati, la collettività delle cellule è integrata
ben diversamente. Ormai nella vita marina sarà così: le cellule
che costituiranno gli animali non saranno più così indipendenti e
formeranno dei "tessuti". Solamente nel processo più
essenziale della loro esistenza, cioè la riproduzione, gli esseri
ritroveranno una vita unicellulare: tutti nasciamo da una sola
cellula che, attraverso le "raffinatezze" della sessualità, si
formerà in seguito alla congiunzione di due cellule differenti.
Così ad ogni generazione vi è un ritorno alla vita primordiale.
"Celenterato": il termine è formato da "Koilos", cavità, e
"enteron", intestino; l'animale è essenzialmente un sacco
intestinale. Un sacco per digerire e attorno all'apertura dei
tentacoli per portarvi gli alimenti.
Questo schema è sempre ravvisabile attraverso mille varianti,
sia che l'animale sia libero o fissato, singolo o "coloniale", molle
o dotato di uno scheletro; sia che la cavità sia semplice o divisa
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da setti raggianti.
Si trovano le più varie combinazioni di queste varianti. Un esempio di Celenterato libero, singolo, raggiante è
la Medusa; di Celenterato fisso, senza scheletro, con cavità raggiante, l'Attinia; di Celenterato fisso che si
ripete in una organizzazione coloniale, il Corallo. E si potrebbe continuare.
La combinazione più semplice, quella che rende meglio visibile il sacco tentacolare, è quella del "polipo",
termine formato da "poly" numeroso, e da "pous" piede, che indica la forma elementare di un calice
prolungato da braccia attorno all'apertura. Ma al mare, che sostenta tutte le forme immaginabili di vita, non
cela più di questi esseri, essenziali per la comprensione del regno animale. Solo l'acqua dolce ce ne dà un
esempio, la famosa "idra". Nel mare, i più semplici rappresentanti dei Celenterati esistono solo in forme
coloniali: gli Idrari, una collettività di Idre.
I CELENTERATI: GLI IDROZOI
Immaginate delle piante minute che abbiano solo fiori, ciascuno
dei quali è un animale che è "sbocciato" su un ramo o su un
rametto o su un ramoscello. Se abbiamo già visto edifici
coloniali di simile schema, si trattava allora di collettività di
esseri unicellulari qui si tratta di una collettività di Metazoi,
pluricellulari, cioè di colonie di secondo grado. Si è fatto un altro
passo verso la complessità.
Purtroppo non si può ammirare la grazia, talvolta squisita, degli
Idrozoi; fuori d'acqua diventano senza forma e, nell'acqua,
occorrerebbe una speciale lente d'ingrandimento per vederli
bene. I musei ne presentano talvolta dei modelli ingranditi di
vetro.
Fiorellini di cristallo, calici, campanule possono raggrupparsi in
arborescenze e creare organi comuni in forma di tronchi e di
rami, attraverso i quali le cavità digerenti di tutti i componenti la colonia sono in reciproca comunicazione.
Altre colonie formano una sorta di "prato" con organi simili a radici che assicurano tali comunicazioni.
Invece di essere nudo, l'Idrozoo può costruirsi una casa di sostanze cornee. Ciascun polipo si sistema in una
piccola coppa e la comunità si fabbrica dei supporti abbastanza solidi. Queste colonie sono quasi tutte
arborescenti e possono raggiungere ed oltrepassare i 20 centimetri. Assomigliano a delicate graminacee, a
fili di erica; sono dette "Campanularie", "Planularie" o "Sertularie".
In ciascun germoglio, bottone o calice si apre un fiorellino, che si ritrae al minimo pericolo e che è appunto il
polipo dai tentacoli a forma di petali. In certi Idrozoi i membri della colonia si specializzano in particolari
funzioni. Ed ecco di nuovo entrare in gioco uno dei grandi principi dell'evoluzione: la specializzazione degli
individui al servizio della collettività. Ad alcuni è assegnato il compito di mangiare per tutti; a tal fine si
possiedono bocca e tentacoli. Altri hanno l'incarico di "sentire" i pericoli e di mettere in allarme la repubblica
e sono i polipi tattili dai tentacoli ricchi di cellule nervose. A certuni spetta la difesa attiva: sono dotati di
batterie di cellule che lanciano contro il nemico vere e proprie frecce avvelenate; ad altri ancora la difesa
passiva: sono armati di spine e formano una sorta di "scudo" dietro cui si ripara la colonia. Alcuni hanno poi
la missioni di riprodurre la specie: elaborano le uova, larve, più spesso Meduse - proprio Meduse. E una
Medusa darà uova, un uovo darà un polipo, che germoglierà per formare di nuovo una colonia.
Si passa così da una forma fissata a un substrato a una forma errante. Come se un bel giorno sulla terra si
scoprisse che le farfalle nascono dai fiori! Possiamo ben comprendere quale sia stata la sorpresa e lo
sbalordimento degli scienziati quando, nel secolo scorso, si chiarì che Meduse e Idre, sino allora creduti
animali del tutto differenti e chiamati con nomi diversi, sono in realtà due aspetti di un medesimo tipo di
organismo.
In un primo tempo si considerò questo fenomeno come un'alternanza di generazioni con forme assai
dissimili. Alcuni naturalisti hanno in seguito considerato il polipo fissato come la forma larvale della medusa.
Oggi invece si considerano le meduse prodotte dagli Idrozoi come membri assai differenziati della colonia e
destinati ad una funzione del tutto particolare. Quale? Poiché la comunità è immobile le sue uova non
potrebbero diffondersi che negli immediati dintorni; invece il bene della specie esige che la colonia si
diffonda in un largo raggio. Questo problema in apparenza insolubile, viene risolto dalla natura col creare
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individui ancora più specializzati nel senso dell'autonomia. Questi esseri erranti, le "meduse" sono dunque
membri di colonie immobili di Idrozoi e hanno il compito di portare lontano le uova.
I CELENTERATI: LE MEDUSE
Il termine di "medusa" che abbiamo sinora usato non è affatto
esatto. I Celenterati erranti che nascono da colonie di Idrozoi
sono oggi considerati "false meduse"; sono le Meduse
craspedote, così chiamate dal velo ("Kraspédon", in greco) che
trattiene la loro ombrella.
Le vere meduse non hanno questo "velo", questo diaframma
anulare. Così la loro "ombrella" - è la parola sinora usata ma è
anche il termine scientifico - può maggiormente allargarsi. La
loro delicata gelatina non ne risulta meno sostenuta, ma anzi ha
dei setti disposti a raggi. Queste meduse acalefe (da
"akalephe", ortica, perché irritano la pelle) sono dunque Celenterati a cavità raggiata.
Ma se è possibile confondere attraverso una loro descrizione o osservando dei disegni, certamente non si
corre tale rischio nel mare: le Meduse gemmati degli Idrozoi si misurano in millimetri, mentre le vere Meduse
(le sole che il profano conosce), si misurano in centimetri, in decimetri e possono anche superare i 2 metri di
diametro.
Chi ha visto delle Meduse spesso non ha visto che masse informi gelatinose, subito "liquefatte" una volta
arenate su una spiaggia. Anche quando, da una barca, se ne scorgono nell'acqua limpida, non si può
cogliere la grazia meravigliosa delle loro frange e dei filamenti, l'agilità delle contrazioni della loro ombrella
che le fa muovere per "propulsione". Non solo è difficile catturarle senza lacerarle, ma è perfino impossibile
mantenerle vive anche un solo giorno in un acquario. Tuttavia le conosciamo abbastanza per riconoscervi lo
schema tipico del Celenterato: una cavità, un'apertura e, attorno a questa, dei tentacoli.
Oggi fortunatamente l'immersione fatta per sport e per scopi scientifici permette di godere il meraviglioso
spettacolo di questa vita cristallina, di vedere soprattutto contro luce le fluttuanti chiome dalle pallide tinte,
ravvivate da tocchi di intenso colore.
Sia prudente il nuotatore: guardare, ma non toccare! Le meduse, soprattutto coi loro filamenti, possono
causare bruciore e dolore terribile, gravi avvelenamenti. E' infatti con questi filamenti che esse catturano le
loro prede.
E' sorprendente il fatto che certi pesci siano immuni da questi veleni; anzi si mettono al riparo dai nemici
proprio sotto la campana di certe Meduse e depongono perfino le uova in questo inverosimile nido, per far sì
che i loro piccoli sguscino sotto la protezione di questa "nutrice" velenosa; è il caso dei giovani di sugarello
che nei nostri mari stanno sotto le grosse Rizostomee.
E' chiaro che, nel quadro generale dell'evoluzione, si devono considerare le vere Meduse come derivate da
quelle forme "speciali" di Idrozoi. Il fatto è che probabilmente alcune di queste "forme speciali" hanno
cominciato a vivere una propria esistenza indipendente. Dall'Idra elementare agli Idrozoi, e da questi alle
Meduse, una filiazione è evidente.
Ma le vere Meduse, pur divenute decisamente erranti, non hanno tuttavia dimenticato la loro origine
sedentaria; e ritrovano questa condizione a ciascuna generazione, perché il loro modo di riprodursi passa
attraverso una forma immobile. Dall'uovo nasce una larva che si fissa, dando un polipo assai particolare.
Immaginiamo un candeliere che verso l'alto formi degli anelli orizzontali, come se portasse una "pila" di
padelline. Ogni tanto, la padellina più alta, l'ultima della "pila", si stacca e se ne va nuotando: è nata una
Medusa... La scoperta di questo sorprendente processo da parte di un giovane istitutore norvegese, Michele
Sars, fu per sé stessa quasi un romanzo scientifico.
Per il nostro modo di pensare, che esige la classificazione in categorie, la Medusa è errante, l'Idrozoo è
immobile. Ma in realtà la Medusa si fissa transitoriamente al momento della riproduzione e l'Idrozoo libera
alcuni suoi individui per una vita provvisoriamente errante. Non c'è alcuna differenza sostanziale tra i due
gruppi zoologici che passano entrambi, e in ogni generazione, attraverso forme libere e forme immobili.
Ma le Meduse non possono forse raggrupparsi in colonie? In colonie galleggianti, poiché le Meduse lo
sono?... Tutto ciò che si può immaginare, l'oceano l'ha realizzato.
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I CELENTERATI: SINOFORI E CTENOFORI, CRISTALLI
VIVENTI
Nei Sifonofori il profano vede sempre alle Meduse perché si
tratta sempre di esseri che vivi sembrano di vetro, morti
diventano gelatinosi. Ma i Sifonofori si presentano spesso sotto
forma di ghirlande o di grappoli. Glicini pendule in seno alle
acque, grappoli di campanelle cristalline dai battagli di carminio,
ciondoli d'ametista di cui ciascuna trascina un filo d'argento, fiori
composti da una squisita architettura, candelabri di più metri:
ecco cosa sembrano le più fragili meraviglie del mare. Gioielli
impalpabili che si spezzano nelle onde, che si schiacciano tra le
dita. Da un uovo nasce una larva formata da una vescicola
piena d'aria e da un asse attorno al quale gemma la colonna. L'individuo primitivo esercita la funzione di
"boa galleggiante", mentre gli altri si prendono altri compiti: attacco e cattura delle prede, difesa con "scudi";
digestione, riproduzione. Senza dimenticare i "sifoni" da cui prendono il nome i Sifonofori e sono incaricati
della propulsione a reazione.
In certe specie è impossibile distinguere gli animali elementari. Ma lo stadio larvale permette di comprendere
la realtà: si tratta sempre di un individuo primitivo che germoglia una collettività. Così sono i Porpiti, dischi
azzurri larghi da 3 a 5 centimetri, dalle aureole raggianti. Così le Velelle, vere barchette in miniatura di color
blu intenso con una cresta triangolare, simile a vela, che domina un disco oblungo offrendo una presa al
vento (di qui il nome: "Velella", piccola vela). In primavera compaiono in immense distese. Quando le onde le
gettano sulla riva, ammorbano l'aria per parecchi giorni.
Un altro Sifonoforo che non rivela la sua natura coloniale è la Fisalia, che sembra una grossa classica
Medusa. I marinai la chiamano "caravella", per l'alto galleggiante sormontato da una bella cresta porporina
che emerge sulle onde come una vela, ma è detta anche, in diverse lingue e dialetti, "vascello di guerra" per
la terribile potenza delle sue batterie urticanti.
Ecco come il fisiologo Paul Portier ha descritto la caccia di questo animale feroce d'aspetto e così
straordinario: "Vediamo i lunghi filamenti divenuti trasparenti per il loro prodigioso stiramento, fili di cristallo
rimorchiati dal Sifonoforo. All'improvviso, un pesce della grandezza di una sardina o di un merlano ne sfiora
uno. Ed eccolo immediatamente immobilizzato. Solo il movimento degli opercoli mostrano che la
respirazione continua. Ma la Fisalia è avvertita di quanto avviene anche 10 o 15 metri dietro di essa, perché
il filamento contiene una terminazione nervosa. Ed ecco che lentamente il filamento si accorcia: i suoi
elementi contrattili sono entrati in azione. Insensibilmente la Fisalia si avvicina al pesce sempre immobile,
eccola infine giunta a contatto. Allora gli individui addetti alla nutrizione applicano il loro "succhiatoio" alla
pelle del pesce, cominciano a secernere dei succhi che digeriscono la carne, e dopo qualche ora non resta
che lo scheletro del pesce".
Bisogna rinunciare ad ogni logica quando si parla di un'altra classe di Celenterati, gli Ctenofori - cioè i
"portatori di pettini" - che il profano prende sempre per Meduse quando, trasparenti, navigano presso la
superficie. I naturalisti non sanno come classificarli. Lo schema delle Beroe, per esempio, veri bariletti con
ventose, è simile a quello di un sacco in cui i tentacoli sarebbero rimpiazzati da piccole palette natatorie,
formanti minuscoli pettini; ben diverso dallo schema a nastro del cosiddetto "cinto di Venere".
E' questo forse l'essere più sorprendente del mare, quindi dell'universo.
Uno spesso nastro di cristallo fluttua a larghe onde. Sembra materia "vuota". Vi è appena un doppio solco
per tutto il corpo, lungo oltre un metro, e su uno dei bordi, al centro, dei bottoni opachi. E "ciò" vive; "ciò"
galleggia, con una grazia meravigliosa. Da dove vengono gli ordini che comandano gli ineguagliabili
movimento di questa gelatina trasparente?
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I CELENTERATI: ANEMONI DI MARE
Fissiamo a un substrato uno dei Celenterati già visti e diamo
loro una cavità a simmetria raggiata: ecco le Attinie e
comprendiamo il loro nome che deriva da "atkis", "atkinos",
raggio. Per comprendere poi il soprannome di "anemoni" non
resta che ammirare il loro aspetto di fiore.
Eccoci in un dominio che ciascuno può esplorare: sulle pietre,
tra le rocce, se ne trova qualche specie, nella zona ove l'onda
fluisce e rifluisce. Sul loro piede carnoso le Attinie possono
spostarsi, ma assai più lentamente delle lumache. Alcune non
trovando nella sabbia una base cui aderire, vi affondano il loro
piede. I tentacoli flessibili, spesso squisitamente colorati, sono
animati da movimenti leggeri, secondo la minima corrente. Al
ritiro dell'onda, i petali viventi si richiudono.
In alcuni generi i tentacoli coronano la "colonna" e lasciano vedere l'orifizio posto al centro del "disco"; in
altri, sembrano espandersi come un cesto di fiori che cela la bocca nel loro cespuglio; nei Cerianti, propri dei
fondi sabbiosi, i tentacoli imitano il fogliame di una palma; negli Actinolobi sono piumosi, cosicché l'animale
sembra un garofano rosa. Ma, sempre, quando una preda giunge alla loro portata, l'afferrano, la portano alla
bocca che si apre e l'ingoiano. E' a un vero "pasto di belve" quello a cui si può assistere in un acquario:
questi fiori di carne abbracciano, stringono, invischiano gamberetti o pesci che, troppo grossi, fuoriescono in
parte dalla bocca. Dopo qualche ora, l'orifizio cambierà funzione, espellendo i resti del festino.
Per quanto questa inversione delle funzioni di un organo sia sorprendente, lo è meno dell'inversione di
organi per una funzione, messa in evidenza da questo esperimento: se si rivolta l'Anemone come un guanto,
esso digerisce lo stesso, la sua pelle divenendo lo stomaco. Ciò dimostra la non-differenziazione dei tessuti.
L'animale non ha "organi"; e i suoi tessuti assumono tutte le funzioni: sia secernere del veleno, sia assimilare
gli alimenti. E anche formare le uova, che si sviluppano nel sacco, mentre invece la bocca, assumendo una
nuova funzione, emetterà dei piccoli Anemoni.
Ma è d'altronde possibile sia una riproduzione per divisione verticale o orizzontale sia per gemmazione.
Certe specie danno nuovi individui persino da pezzi tagliati; il che dimostra ancora una volta la polivalenza
dei tessuti.
Il veleno che paralizza le prede, ma che ha per l'uomo un semplice effetto urticante, ha svolto un ruolo
importante nella storia della fisiologia. Nel 1901, durante una famosa spedizione oceanografica del principe
di Monaco, Charles Richet e Paul Portier studiarono il veleno ipnotizzante delle Fisalie; ma per la mancanza
di animali da laboratorio non poterono condurre a bordo esperimenti sull'acquisizione di un'eventuale
immunità contro questo veleno. Al ritorno ripresero questo studio, ma se avevano cani e gatti non avevano
più Fisalie, rare sulle nostre coste. Ripiegarono su un veleno d'Anemone, del medesimo tipo ma più debole.
Strano! non poterono ottenere la minima immunità. I cani che avevano ricevuto una prima dose sembravano
anzi diventare più sensibili. Ma ecco che il cane Nettuno, dopo 2 iniezioni che non ebbero una reazione
notevole, dopo 24 giorni è folgorato da una dose simile. Viene così scoperto il fenomeno inverso della
"filassi", cioè dell'immunità: il fenomeno della sensibilizzazione, cioè dell' "anafilassi", il cui ruolo nella
medicina moderna è così essenziale.
Per restare nel campo del mare, si spiega in tal modo il pericolo - troppo poco conosciuto - d'essere punti
due volte da Meduse o da altri animali velenosi; è famoso il caso dei soldati che nel 1914, al tempo delle
battaglie dell'Yser, bagnandosi nel mare, morirono per essere stati punti due volte da qualche Medusa.
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I CELENTERATI: OTTOCORALLI, L'UNIVERSO DEI
POLIPAI
Prendiamo questi polipi raggiati, rimpiccioliamoli e riuniamoli in
colonie: eccoci nel mondo dei Coralli. Mentre le Attinie sono
sempre suddivise in 6 parti, le forme coloniali possono avere 6
o 8 raggi.
Negli Ottocoralli, ecco due esseri stranissimi, meravigliosi: gli
Alcionacei e le Pennatule. Un asse carnoso, grosso quanto un
manico da scopa, è conficcato nella sabbia. Se una sorta di
sacca rosa è cosparsa di fiori cristallini, si ha un Alcionaceo che
può paragonarsi a un giacinto; se invece uno stelo flessibile
porta dei rametti sottili, si ha una Pennatula, che tanto nel nome
quanto nell'aspetto ci ricorda una piuma.
Purtroppo è assai raro, e per molti di noi sarà addirittura
impossibile, vedere le Pennatule emettere di notte bagliori
verdastri. Ogni polipo ha vita propria. Tuttavia la comunità di
sposta per mezzo di movimenti ondulanti dell'asse della colonia.
Chi comanda? Il grande zoologo Edmond Perrier che ha
studiato a fondo gli esseri collettivi ha osato parlare di
"coscienza sociale".
Se questi polipi di Ottocoralli non fioriscono su piedi carnosi, ma
su scheletri calcarei, il supporto è detto "polipaio"; ne abbiamo
molte forme ramificate. Se il polipaio è corneo, si hanno le Gorgonie, il cui nome ricorda le mitiche Gorgoni
dai capelli di serpenti; le loro arborescenze si spiegano appiattite in larghi ventagli caratteristici sulle nostre
coste, nei fondali siti da 10 a 50 metri di profondità. Se il polipaio è calcareo, si hanno le Tubipore
dell'Oceano Indiano, dette "organi di mare" per i loro tubi accostati: e siamo così giunti al corallo.
Il vero "corallo rosso" vive solo nel Mediterraneo; ambito ornamento femminile, ha rovinato la salute di
tanti subacquei che oggi arrivano a 100 m e oltre; costituisce il tesoro agognato dai palombari di oggi. A lato
delle rupi, al riparo degli strapiombi, il minuto candelabro di corallo è smorto, azzurrognolo nell'azzurro cupo
dell'acqua profonda; ma basta che l'uomo porti un sole artificiale, una lampada, e subito il corallo diventa due
volte rosa, per il suo albero spesso e per i fiori traslucidi a 8 petali denticolati che sbocciano o si ritraggono
nella cavità punteggianti l'arborescenza calcarea.
Se i polipi hanno 6 raggi, si hanno invece gli Esacoralli, le Madrepore, cioè i coralli delle scogliere tropicali. Il
loro scheletro è assai differente. In realtà non è più solo un sostegno; il calcare si tramezza e l'animale,
quando si ritrae, penetra entro le sue lamelle come cera molle.
Minuscolo polipo, l'individuo fondatore si fissa, poi secerne calcare prima sotto il suo piede, poi in muraglie e
setti raggianti; si forma così una colonna che va lentamente alzandosi. Frattanto il polipo produce per
gemmazione altri polipi che, molli alla nascita, ben presto secerneranno a loro volta del calcare. Secondo
che le gemmazioni divergano tra loro o si allineino, si hanno madrepore a rametti, a cespugli, a meandri, a
palla.
Generalmente le forme ramificate sono quelle delle acque calme, delle lagune; le forme massicce sono
quelle delle acque mosse.
Quasi sempre bianchi, questi "coralli" non sono affatto di "corallo".
Ammucchiandosi nei millenni, queste impalcature morte hanno costituito nel passato formidabili depositi
(come le gole di Verdon e le Dolomiti) e formano oggi gli atolli tropicali ove, nelle acque superficiali tiepide e
sabbiose, proliferano innumerevoli Esacoralli, frammisti a una meravigliosa esuberanza di tutta la vita
marina.
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I BRIOZOI
Gli "animali-muschi". Una delle più delicate meraviglie del mare
sono le Retepore, simili a graziosi ciuffi candidi di tulle,
assomiglianti a elegantissime trine la cui morbidezza di forma è
smentita dalla fragilità della materia.
Prendiamo le Retepore come esempio tipico dei Briozoi letteralmente "animali-muschi" - che, sempre coloniali,
costruiscono minute arborescenze o ciuffi o piastre. Per chi non
conosce la biologia questi esseri sembrano trascurabili:
vengono confusi con gli Idrozoi o coi Coralli. Anche sotto la
lente d'ingrandimento, questa confusione può sembrare
giustificata perché si vedono sottili tentacoli a corona uscir fuori
da loggette cornee o calcaree. Ma i Briozoi non sono affatto
polipi. Con essi si lasciano anzi i Celenterati per passare a
forme di vita molto più complesse. Non hanno più, come le Idre
o gli Anemoni, un tessuto indifferenziato, polivalente, ma
possiedono parecchi tessuti diversi che formano "organi". La
bocca non comunica più col semplice e unico sacco primitivo,
ma con un vero tubo digerente provvisto di ano, di muscoli, di un rene elementare; e possiedono un ganglio
nervoso, un ovario nella femmina, un testicolo nel maschio. Fenomeno ancora incomprensibile è quello della
"teca" che sembra dotata di vita. Quando muore un individuo, può rigenerarne un altro. Ma i Briozoi sono
così poco studiati.
Sono senza dubbio dei vermi che vivendo in colonie sono regrediti nell'organizzazione individuale.
ECHINODERMI E CRINOIDI
Le stelle pentagonali. Il vero punto di passaggio tra polipo e
esseri più organizzati, sono i Crinoidi. Questi animali - che ci
introducono negli Echinodermi - presentano ancora lo schema
dell'Idra: un peduncolo e dei bracci attorno a un orifizio. Note da
sempre sono le Comatule, esseri ad arborescenza raggiata,
somiglianti a soffici soffioni talora posati sul fondo, talora
nuotanti con rapidi e morbidi movimenti delle 6 braccia che
ricordano quelle eleganti delle danzatrici. Ma non si pensava
che questi esseri erranti potessero anche avere una vita
immobile, fissata a un substrato.
D'altra parte si conoscevano fossili di esseri strani, i "gigli di
mare", o Crinoidi (da "crinon", giglio in greco) che, potendo
raggiungere la lunghezza di più metri, formavano nel
Secondario vere foreste. Ma nel 1755 il francese Guettard
scopre il primo Crinoide vivente. E' una cosa strabiliante! Esseri
di un lontano passato che vivono ancora! Poi nel 1837 l'inglese
W. Thomson vede piccoli Crinoidi liberare la loro corona
ramificata e diventare Comatule. Altra sorpresa: le Comatule
sono immobili nella loro vita giovanile! La storia presenta un
perfetto parallelismo con la scoperta che le Meduse non sono
sempre mobili e nuotanti. Così, poiché la Comatula è assai
affine, con le sue 5 braccia, alle Stelle di mare, ci si può
domandare se le Stelle non sono anch'esse delle colonie in cui lo stadio immobile è divenuto inutile allo
sviluppo. Orbene lo studio delle larve ci dà la prova che l'individuo primario di una Stella è un individuo
addetto alla nutrizione di una colonia che proliferando genera in un secondo tempo cinque individui con
funzioni tattili. A questo punto dobbiamo concludere che solo lo studio dello sviluppo larvale può illuminare la
reale, intima natura degli esseri viventi.
16
ECHINODERMI: LE STELLE DI MARE
Gli Asteroidi - nome scientifico delle Stelle di mare presentano i caratteri essenziali del tipo degli Echinodermi. In
primo luogo quello che dà loro il nome: le piastre verrucose di
calcare site nel derma. Poi la "cavità generale" con tutti gli
organi che costituiscono la conquista essenziale di questi
esseri: bocca, esofago, intestino, ano, muscoli, ghiandole
sessuali e "canali acquiferi". Questi canali sono molto importanti
perché sono un abbozzo dell'apparato circolatorio. Sono pieni di
un liquido all'incirca simile all'acqua di mare. Questi esseri per
sottrarsi ai rischi del mare cominciano a formarsi il loro "proprio
ambiente interno". I Protozoi muoiono quando l'acqua marina
subisce dei mutamenti; l'invenzione del sacco da parte delle
Spugne tende a creare un ambiente interno. Nei Celenterati,
l'acqua che riempie il sacco non è più portata e immessa da
una corrente, accentuando così il cammino verso
l'indipendenza. L'Echinoderma poi filtra l'acqua e vi aggiunge
certe sostanze, il che produce un sangue assai primitivo ma già coagulabile. Tutto il seguito della grande
avventura animale vedrà l'"ambiente interno" raggiungere l'indipendenza rispetto all'"ambiente esterno".
Osserviamo meglio una Stella. La sua faccia ventrale è ornata di piastre calcaree, di minuscole zampe. Se
una Stella viene rovesciata sul dorso, subito, appoggiandosi a un braccio e torcendolo, si rimette ventre a
terra.
Poiché a noi interessa questo lato, rovesciamola ancora senza farci prendere dalla compassione.
Perfettamente al centro si apre la bocca circondata da braccia a raggiera percorse da solchi. Sul braccio che
cerca l'appoggio del suolo minuscole antenne in movimento si allungano e si ritraggono: sono i pedicelli
ambulacrali (dal latino "ambulare", camminare). Spinti in avanti, i mille pedicelli fanno presa per mezzo di
ventose, l'animale "si punta" su di essi e ne viene trascinato; poi quelli vengono spinti in avanti di nuovo e
così via.
L' "apparato ambulatorio" delle Stelle è un sistema a trasmissione idraulica. L'acqua penetra in canali
attraverso "piastre porose"; si porta in un braccio o nell'altro per contrazione o dilatazione di vescicole situate
alla base delle braccia e anche alla base di ciascun pedicello ambulacrale. Così si muovono le braccia; così
si allungano o si accorciano, come cornetti di lumache, i pedicelli ambulacrali.
D'aspetto inoffensivo, questi esseri lenti sono feroci carnivori. Hanno inventato un modo singolare per
mangiare: quando le prede sono troppo grosse per il loro stomaco, estroflettono, lo stomaco, lo rovesciano e
lo fanno aderire alla preda e poi, dopo che il succo gastrico ha agito, "richiamano" nel corpo il loro sistema
digerente. I molluschi sono con i Ricci di mare le vittime preferite. Proprio le Stelle - che non hanno rivali nel
forzare la stretta difensiva delle valve - sono anche i più grandi nemici degli ostricoltori.
Ciascun braccio possiede organi sessuali, il che fa pensare che la Stella sia una colonia di cinque esseri a
forma allungata. La riproduzione avviene per mescolanza dei prodotti emessi dalle cellule genitali.
Innumerevoli esperimenti sono stati condotti proprio sulle Stelle, cosicché si può dire che esse hanno fatto
progredire gli studi sulla fecondazione più di ogni altro animale.
Un altro fatto sembra dimostrare la sua natura coloniale: una Stella non solo rigenera un braccio tagliato, ma
perfino un braccio tagliato può rigenerare un individuo intero. Si trovano perciò Stelle stranissime, più
Comete che Stelle, formate da un grande braccio con braccia più piccole che stanno tutte per essere
rigenerate da un solo braccio tagliato.
L'aspetto coloniale è più marcato in certi generi dalle braccia gracili ben separate dal "disco" centrale: le
Ofiure, così chiamate dal greco "ophis", serpente, perché le loro braccia si attorcigliano come serpenti per
cercare prede da catturare e portare alla bocca.
17
ECHINODERMI: RICCI E CETRIOLI
Il passaggio dalle Stelle ai Ricci di mare non è a prima vista
molto evidente. Non vi è niente di diverso: certe Stelle delle
profondità hanno braccia assai corte e si rigonfiano così bene
che sembrano cuscini. Se le loro piastre dermiche si saldano, si
passa ai ricci di mare.
La forma stellata appare soprattutto nell'interno del riccio per la
disposizione delle 5 ghiandole genitali, di color arancio, che
sono parti commestibili. Un esame più attento dimostra che la
struttura pentagonale esiste dappertutto, anche all'esterno:
attorno all'ano vi sono 5 orifizi genitali e sul guscio si notano (ed
è la "prova") 5 zone ben contrassegnate, a spicchi; infine la
straordinaria bocca ornata di 5 minuscoli denti bianchi.
Introducete un fuscello tra questi denti a corona: sarà afferrato
e tenuto ben stretto. Questo apparato masticatore che funziona
come l'iride di un apparecchio fotografico è di una complessità e
"ingegnosità" notevoli; poiché ha la forma di una lanterna, e
Aristotele l'ha descritta per primo, viene chiamata "lanterna di
Aristotele". E' uno degli organi maggiormente dissezionati dagli
studenti.
Gli aculei non sono caratteristici dei Ricci di mare; in certi generi sono sostituiti da semplici tubercoli, in altri
da lunghi bastoncini clavati. Gli aculei non sono necessari alla locomozione: sono semplici trampoli articolati
mentre i pedicelli ambulacrali molli e retrattili sono addetti al movimento. Non sono nemmeno utili alla difesa
e anzi si abbassano nella zona minacciata da un nemico, poiché provocano l'attività degli organi di difesa
che in tal caso restano essi soli drizzati (e che altrimenti si confonderebbero con gli aculei): sono le
pedicellarie, armate di minuscole pinze a tre branche. Quando queste pinze hanno afferrato l'avversario - in
generale una Stella di mare - non l'abbandonano più. La Stella sembra che lo sappia: si lascia afferrare
parecchi pedicelli ambulacrali dalle pinze che, di colpo, strappa ritirando il suo braccio; e quando tutte le
pinze di una zona sono strappate, il Riccio di mare è spacciato.
Alcuni Ricci di mare, specialmente quelli commestibili, comuni sulle nostre coste, scavano leggermente la
roccia girando su se stessi. La cavità scavata non è profonda; ma verranno altri Ricci e proseguiranno il
lavoro così bene che certe rocce possono esser perforate da profondi alveoli, ciascuno dei quali ospita un
riccio spinoso. Per passare ai cosiddetti "cetrioli" di mare bisogna allungare il Riccio nel senso bocca-ano,
togliergli gli aculei, ridurre le piastre ossee a semplici concrezioni nell'interno della pelle; si ottiene così un
corpo cilindrico e molle. Alcune specie che portano un ciuffo di tentacoli possono essere paragonati a
barbabietole dalla foglie parzialmente tagliate. Sono queste le Oloturie, termine ripreso da Aristotele senza
conoscerne l'etimologia.
Quando un bambino afferra un "cetriolo" rimane spesso sorpreso, addirittura disgustato di vederlo espellere,
talvolta con violenza, il liquido interno e le viscere. E' un riflesso di difesa, non per spaventare il nemico, ma
per contrarsi in una massa la più dura possibile.
Altro fatto straordinario: il Fierasfer, un pesciolino lungo e sottile che vive nell'interno delle Oloturie. Ne esce
fuori solo con paura, e al minimo allarme s'introduce velocemente nel suo rifugio. Non temete, l'Oloturia non
lo mangia; si ciba soltanto di minuscole prede, talvolta triturando fango nel tubo digerente. Queste masse
brunastre, tanto ignobili che in qualche zona d'Italia sono dette "escrementi di mare", possono acquistare
grazia e bellezza: la grazia delle piccole Oloturie natanti di alto mare il cui sacco è una borsa appesa sotto
l'ombrella dei tentacoli uniti da una membrana, il che le fa ritenere Meduse non trasparenti; la bellezza delle
Sinapte, Oloturie oceaniche, senza appendice motoria, la cui pelle liscia è di un rosa traslucido chiazzato di
bianco e di cui esili tentacoli hanno un effetto assai "decorativo".
18
GLI ANELLIDI: UN VERME NON E' SEMPRE BRUTTO
Ci sono colonie ramificate, colonie stellate. Perché non vi sono
colonie lineari? La natura vi ha pensato. Di colpo, al posto delle
simmetrie raggiate, ha creato la simmetria bilaterale che ormai
sarà la regola: un asse, due lati che si corrispondono e, alle due
estremità, una bocca per mangiare, un ano per espellere. I
vermi inaugurano questo schema.
Considereremo soprattutto gli Anellidi, nei quali l'organizzazione
coloniale è la più netta. Gli "anelli" sono ben marcati, tutti simili
eccetto il primo e l'ultimo; portano delle appendici laterali rigide,
sericee o piumose che sono remi, setole locomotorie, ciglia
sensitive, anche branchie. Ciascun segmento è un animale
completo con una propria "cavità generale", ma è unito ai
segmenti vicini. Solo la bocca non si ritrova in tutti, perché gli
individui non hanno proliferato attorno alla bocca, ma dietro.
Invece l'organo liquido, come a tutti, è il sangue.
Se si taglia il verme a pezzi, ciascun pezzo, anche di un solo
segmento, rigenera un animale completo: vivrà delle sue riserve
fino a quando avrà formato una bocca. Non accade invece il
contrario: il segmento cefalico, troppo specializzato, non può
produrre un verme.
L'organizzazione nervosa merita un cenno particolare e ne
comprenderemo il perché. Ciascun segmento possiede due
gangli collegati trasversalmente.
Inoltre si stabiliscono legami longitudinali tra gangli di segmenti vicini, ciò che costituisce finalmente un
sistema nervoso in miniatura. Infatti, una sensazione avvertita da un segmento è trasmessa a quelli vicini
che possono reagirvi: ci si avvia verso l'unità. Ma a questo livello di organizzazione ciascuna zona del verme
riflette ancora solo le sensazioni locali. La tappa successiva dell'evoluzione organizza le reazioni in un
complesso unitario; vanno perciò assumendo importanza i gangli del segmento cefalico.
E' il famoso processo di "cefalizzazione": il segmento cefalico diviene la testa; i suoi gangli si sviluppano,
abbozzano l'encefalo che controlla sempre più l'insieme. A differenza di altri processi evolutivi che devono
essere immaginati, questo è provato da archivi viventi: diverse specie viventi ci mostrano infatti i diversi gradi
di "cefalizzazione". Dopo i vermi l'evoluzione dà sempre maggior importanza all'encefalo, sino a giungere al
prodigioso sviluppo del cervello umano.
Abbiamo parlato di "sangue", ben a ragione perché l'acqua salata interna contiene dei pigmenti che fissano
l'ossigeno. Si può parlare anche di "circolazione", perché, invece di quelle vibrazioni delle ciglia che negli
Echinodermi davano un debole movimento al liquido interno, vi è una contrazione di sacche formate dai vasi,
sacche che abbozzano un cuore in ciascun segmento.
Ma come viene catturato l'ossigeno fissato dal sangue? Talvolta la respirazione avviene semplicemente
attraverso la pelle. Spesso vi sono ciuffi di branchie sui lati del corpo, che talvolta acquistano grande
importanza, sviluppate in forma di larghe piume o di rametti delicati.
Poiché anche le setole locomotorie e le ciglia sensitive possono ugualmente svilupparsi in esuberanza e
sfoggiare vividi colori, alcuni Anellidi hanno una bellezza fiabesca. Sulle nostre coste ne è un esempio
l'Afrodite, come del resto afferma il suo nome che è quello di Venere stessa. Invece il suo soprannome di
"sorcio di mare" - con cui è indicato in alcuni paesi - non annuncia niente di seducente: ed è quello che si
riferisce all'animale quale lo vediamo, in un involucro di melma che aderisce alle sue setole dentellate. Ma
sono pochi quelli che di questo verme largo, rigonfio (che nasconde la sua struttura anellata sotto squame
embricate, setole doppiamente frangiate, vere armi retrattili, frange ondeggianti) hanno visto i colori a riflessi
metallici, dorati e smeraldini a riflessi azzurri, rosso porpora, aranciati, colori che l'hanno fatto paragonare ai
colibrì.
Le Ermioni, cugine delle Afroditi, sono quasi altrettanto belle. Le Alciopi, vermi d'alto mare, hanno corpo
traslucido e cristallino, con un ciuffo di sottili tentacoli e grandi occhi rossi, già di notevole organizzazione
ottica. Ma il verme più straordinario, vivente nelle Antille, è l'Eunice gigante. Su una lunghezza di m 1,50 si
succedono 450 segmenti: marezzature risplendenti, un'enorme tromba rosa con 3 paia di mascelle, 5
tentacoli attorno alla bocca, branchie in pennacchi vermigli, vasi in cui si può seguire in trasparenza il flusso
sanguigno e 1.700 organi locomotori assai complessi che battono l'acqua così veloci che se ne notano solo
le iridescenze.
19
GLI ANELLIDI: UNA GALLERIA DI COSE
STRAORDINARIE
Negli Anellidi i sessi sono separati. Le cellule genitali maturano
in ogni segmento poi sono espulse dal mare. Alcuni generi non
hanno addirittura orifizi genitali; in tal caso la riproduzione
sembra un problema insolubile. Ma non lo è, perché la natura
ha in serbo la soluzione: fa scoppiare gli individui sessualmente
maturi!
Questa maturità è spesso caratterizzata da metamorfosi. I
vermi sviluppano allora setole natatorie e lasciano il fondo per
salire in superficie. Nelle belle notti d'estate se si illumina il
mare immergendo una lampada se ne vedono talvolta
abbandonarsi a una danza nuziale prima di emettere i germi o
di scoppiare. Le trasformazioni sono talmente marcate che
queste forme nuziali sono state scambiate per specie diverse.
Così per esempio il corpo può dividersi in una metà anteriore
non modificata e in parte posteriore assai differente e ricolma di
seme: in altre parole, bruco davanti, farfalla di dietro.
Ma l'esempio più bizzarro è quello d'un Eunicide dell'Oceania,
un grosso anellide dei coralli, che libera la sua metà sessuale la
quale sale in superficie per darsi, sebbene senza testa, a una
danza frenetica. E ciò accade a data fissa: all'ultimo quarto
della luna di ottobre, a mezzogiorno, col tempo bello e a bassa
marea. I vermi sono tanto numerosi che l'acqua si fa lattiginosa.
Nelle Samoa e nelle isole Figi gli indigeni le pescano proprio allora, con grandi feste, per farne una
scorpacciata.
Nei Sillidi la parte sessuale acquista una sua testa mentre prolifera dietro la "madre". Può vivere anche a
lungo dopo essersi distaccata e tanto bene che fino al 1845 fu descritta come una specie distinta. Ma vi è di
meglio: negli Autoliti, parecchi individui sessuali, derivati l'uno dall'altro a partire dall'individuo capostipite,
restano uniti per salire in superficie e si staccano solo nel momento di fecondarsi. Caso ancora più
complicato: in certe specie, gruppi sedentari, sempre femmine, producono forme diverse, cioè maschi,
femmine, ermafroditi, che depongono uova o larve in un vero rompicapo biologico!
Tutti questi Anellidi sono "erranti"; molti altri sono "sedentari". Quando si fissa, ogni animale regredisce:
perde gli organi di locomozione e anche quelli sensoriali che sono divenuti inutili. Vi sono pure Anellidi che si
fabbricano dei tubi per dimorarvi e in cui trascorrono la vita. Devono però sviluppare le branchie: nella loro
stretta casa non possono più respirare con tutto il corpo e devono spingere al di fuori gli organi respiratori. I
quali sono ventagli, ciuffi, piume, pennacchi a ricchi colori e belle forme, che si dispiegano alla sommità del
tubo, sempre pronti a sparire al minimo allarme.
Sono sedentari i Sabellidi, il cui tubo poco resistente e pergamenaceo serpeggia tra le pietre e il cui ciuffo
dorato sembra quello di una palma; i Serpulidi dai tubi calcarei più corti e contorti, spesso riuniti in masse,
che mostrano solo timidamente un doppio brillante pennacchio; i lunghi Chetopteri dal corpo rosa, dalla
soffice corona, luminosi di notte; gli Spirografi mediterranei che costruiscono verticalmente un involucro per
aprire una quadrupla spirale imbutiforme; gli Spirorbi, più piccoli, il cui tubo ripetutamente avvolto su se
stesso a spirale si ritrova spesso sulle conchiglie; gli Ermellidi i cui tubi di ghiaia agglomerata sono tanto
accostati da formare ciò che sembra una vera roccia.
La Terebella merita una menzione speciale perché la sua arte può mostrarsi anche in un acquario.
Distruggendone il tubo, il corpo nudo si adorna di colori vivi e madreperlacei; e si arma di piccole appendici,
organi locomotori degenerati, che permettono al verme di avanzare o di retrocedere nella sua galleria. E si
vede il muratore prendere granelli di sabbia coi lunghi e sottili tentacoli che circondano il ciuffo rosso delle
sue branchie e costruire una nuova casa con straordinaria rapidità.
L'Arenicola o "verme dei pescatori" non solo ha consumi intermedi tra quelli degli erranti e quelli dei
sedentari (senza essere fissata vive in tubo a U scavato nella sabbia o nel fango) ma ha pure una
costituzione anatomica intermedia fra i due gruppi (il suo corpo ha caratteri di transizione: setole sensitive
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sul primo dei tre segmenti, branchie a ciuffo sul secondo, nudo il terzo). La "tana" ha due aperture, una
sempre aperta, quella della parte della testa, e l'altra segnata da un cercine di terra.
Questo verme è un "mangiatore di detriti"; la sua bocca a imbuto ingoia fango (vari metri cubi al giorno!), il
tubo digerente ne estrae gli elementi nutritivi ed elimina continuamente i rifiuti. Una variante a questo tipo di
alimentazione ha procurato un posto onorifico ad altri animali fuor del comune: Echiuridi (che non sono veri
Anellidi ma "Vermi aberranti" privi di segmentazione) otturano la loro "tana" con un velo di muco; poi,
all'interno, si muovono ripetutamente avanti e indietro. Hanno così inventato la pompa: infatti, coi loro
movimenti aspirano l'acqua attraverso quel velo di muco che trattiene le particelle alimentari. E hanno così
inventato anche il filtro; dopo di che, si mangiano anche questo.
Tra i Vermi aberranti si trova tutta una folla di organismi singolari. Ne considereremo due soltanto, scelti tra
quelli che vivono nei nostri mari. A bassa marea, sulle coste della Manica, si trova talvolta una sorta di
matassa color cioccolato: si tratta di un Nemertino, un verme nastriforme largo pochi mm, ma che srotolato
può toccare 30 metri di lunghezza. In generale si srotola quando vuole cambiare rifugio facendo avanzare la
sola testa in esplorazione; se questa trova un angolo propizio, aderisce alla pietra e solo allora dipana il
gomitolo del suo corpo per riformarlo nel nuovo posto. Dopo la Manica, il Mediterraneo; dopo il verme a
bobina, il verme di gomma; dopo il verme color cioccolato, quello smeraldo. Giochi di parole a parte, la
Bonellia è un verme color smeraldo scoperto nel 1820 presso Genova da un italiano che lo descrisse per
primo; ma un quarto di secolo più tardi un austriaco ne trovò altri in Dalmazia e dimostrò che il collega aveva
confuso l'ano con la bocca. Questo verme che non si sa da che parte prendere abita le piccole cavità delle
rocce in prossimità della superficie. Il suo corpo in forma di peretta di spruzzatore resta nella cavità; ne esce
solo la tromba che termina con due labbra dischiuse, una tromba che si può allungare sino a due metri,
diventando filiforme mentre le labbra vanno in cerca del nutrimento.
Nel 1858 il grande zoologo francese Lacaze-Duthiers studiò la Bonellia nelle Baleari ed ebbe la sorpresa di
trovare solo femmine. Qualche anno dopo, un tedesco risolse l'enigma studiando in laboratorio lo sviluppo
delle uova di Bonellia: se le uova si fissano su una roccia, su un'alga, danno femmine; se si posano sul
corpo della madre, danno invece. maschi. Maschi lunghi 1 o 2 millimetri che risalgono sulla tromba,
penetrano nella bocca, raggiungono l'interno della femmina ove vivranno quietamente fecondando le uova al
loro passaggio. Lacaze-Duthiers li aveva visti, ma li aveva presi per parassiti!
Fino ad oggi ci è stato assai difficile inserire gli animali inferiori entro le linee evolutive che hanno portato
sino agli animali superiori.
Soltanto l'origine dei Metazoi dai Protozoi è logica, diciamo anzi sicura.
Ma non possiamo dire con altrettanta certezza che siano le Spugne, né i Celenterati a spiegare il seguito
della storia. Al contrario, gli Anellidi si scrivono perfettamente nella linea centrale dell'evoluzione instaurando
la simmetria bilaterale, la struttura segmentata, i tessuti differenziati e sviluppando il sistema digerente e
quello respiratorio. Ma da chi provengono gli Anellidi? A questo punto le pagine del libro della vita sono
strappate. In Australia, nella provincia di Adelaide, sono stati scoperti resti fossili di un Anellide Polichete, già
molto evoluto, entro terreni precambriani, dunque anteriori all'epoca primaria, risalenti a circa 600 milioni di
anni fa. Questi fossili, insieme a impronte di Meduse rimaste nei medesimi terreni, sono i più antichi
perfettamente e nitidamente riconoscibili. Abbiamo dunque poche speranze di poter sapere quanto sia
accaduto prima...
CROSTACEI
Gli insetti del mare. Dai Vermi ai Crostacei il legame è evidente:
gli uni e gli altri sono formati da una successione di segmenti o
"articoli".
Venivano un tempo accostati agli Anellidi nel tipo, oggi
abbandonato, degli Articolati. Ben distinguibili nei Crostacei più
semplici, questi segmenti sono apparentemente quasi
scomparsi nei Granchi. Ma lo studio e l'osservazione mette
costantemente in evidenza la primitiva "colonia lineare": infatti
la dissezione rivela ramificazioni nervose in corrispondenza di
ogni articolo e l'embrione mostra una nettissima
segmentazione.
I Crostacei sono gli insetti del mare. Non esistono infatti insetti
marini come, ad eccezione degli Oniscidi, non esistono Crostacei veramente terrestri.
Gli animali delle due classi però, ricoperti entrambi di un'armatura di "chitina", provvisti di appendici
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articolate, soggetti quasi tutti a metamorfosi, sono uniti nel vasto tipo degli Artropodi (cioè "dalle zampe
articolate") che comprende i quattro quinti di tutte le specie animali. Le zampe hanno un ruolo essenziale:
esse contrassegnano la superiorità dei Crostacei a più bassa organizzazione sugli Anellidi più elevati: tra i
Crostacei le appendici di ogni animale della colonia lineare assumono funzioni assai più variate. Osserviamo
uno dei Crostacei inferiori, nei quali la struttura lineare dei Vermi è ancora nettamente visibile, cioè l'Artemia
che pullula negli stagni salati e nelle saline. La si direbbe un piccolissimo millepiedi dalle zampe all'incirca
simili. Ma sono zampe che mangiano e che respirano! Alla base, internamente, hanno peli radi per triturare
gli alimenti che si riuniscono in un solco ventrale e poi avanzano in poltiglia verso la bocca. Invece nella loro
parte superiore, all'esterno, la chitina del carapace si assottiglia al punto di lasciare penetrare l'ossigeno
nell'organismo. Queste zampe inoltre, che svolgono funzioni alimentari e respiratorie, sono anche organi di
nuoto.
Tra i Crostacei superiori queste e altre funzioni sono svolte da paia di zampe talmente specializzate da
diventare irriconoscibili. Avete mai osservato un granchio quando mangia? Ebbene, quelle mandibole pelose
e quelle lame cornee che si muovono di continuo nell'orrenda bocca meccanica, quegli arnesi che afferrano,
tagliano, triturano, sono zampe.
Nelle Aragoste e nei Gamberi si distinguono antennule, antenne, mandibole, piedi mascellari, pinze o chele,
zampe propriamente dette, false zampe o "palette", che servono a sentire, toccare, prendere, triturare,
masticare, afferrare, camminare, mangiare e in più, per quanto riguarda le appendici addominali a trattenere
le uova. Nelle femmine alcune zampe ambulatorie servono anche alla riproduzione in quanto gli organi
sessuali si aprono alla loro base. Proprio così, animali con zampe-tutto-fare.
Un rigido rivestimento obbliga tanto i Crostacei quanto gli Insetti a ingrandirsi in modo discontinuo con
periodi di crescita detti "mute". Il carapace si spacca per la pressione dei tessuti che si sviluppano; cade
l'armatura rigida, i tessuti molli si dilatano e in breve tempo sono protetti da un nuovo strato di chitina che si
va indurendo alla loro superficie. Così il Gambero mediterraneo muta 7 volte nel primo anno, 5 volte nel
secondo, 3 volte nel terzo e nel quarto, poi 2 volte ogni anno fino a 7 anni all'incirca, poi una sola volta
all'anno. Ma prima di raggiungere lo stato adulto i Crostacei, proprio come gli Insetti, subiscono delle
complesse metamorfosi. Alcuni tipi di stadi larvali, che si ritrovano identici in diversi generi, hanno ricevuto
nomi particolari. Così il "nauplius" è il primissimo stadio, un essere singolare con un occhio solo. I Granchi
nascono a uno stadio più evoluto, lo stadio detto "zoea". Alcuni di questi nomi furono creati per esseri che si
erano stati scambiati per specie particolari. Si conoscevano, per esempio, i Fillosomi, crostacei inferiori piatti
come foglie, senza sapere che in realtà erano larve di aragoste. Nel 1913 la storia si ripeté: quello che si
credeva una specie di crostaceo era in realtà uno stadio larvale dell'aragosta. Meglio ancora: è uno stadio
osservato solo assai raramente. Oggi la serie delle trasformazioni è perfettamente individuata, però non si
sa niente delle abitudini e dei costumi di queste diverse forme. E sì che si tratta della comune Aragosta. Che
sarà mai allora per altri Crostacei?
I CROSTACEI: LE SORPRESE DEI CIRRIPEDI, DEGLI
ANFIPODI E DEGLI ISOPODI
Tralasciamo nel nostro esame i Crostacei inferiori, generalmente molto piccoli e facenti parte del plancton,
eccetto gli straordinari Cirripedi. Forse credete di non conoscerli, ma li conoscono bene i vostri piedi se
hanno camminato nudi su scogli battuti dalle onde, poiché le loro conchiglie a piramide tronca si fanno
dolorosamente notare.
Crostacei con conchiglie?... Avete il diritto di meravigliarvi: per lungo tempo i naturalisti hanno creduto che i
Balani fossero dei Molluschi. Non oltre un secolo fa uno zoologo inglese dimostrò che la larva dei Balani era
invece quella di un Crostaceo con gli attributi propri di una vita libera e persino con 3 occhi. Fissandosi con
la testa a una roccia, essa secerne una conchiglia a piramide tronca che la protegge ma rimane aperta in
alto e può venir chiusa da una sorta di valvola. Nel frattempo degenera, perde gli occhi e le zampe; più
esattamente questi si trasformano in un soffice ciuffo piumoso che esce ed entra di continuo dal cratere per
portare all'animale nella sua stessa casa cibo e ossigeno. Da ciò il nome di Cirripedi (cioè "dai piedi a forma
di riccio") dato a quest'ordine di Crostacei.
Non abbandoniamo ora queste rocce poste sul limite delle onde senza osservare questo evidente caso di
"convergenza". Notate l'identità delle forme delle Patelle, dalle conchiglie a forma di "cappellino cinese", e
dei Balani le cui conchiglie sono a piramide tronca; per quanto riguarda il problema di vivere in questo
particolare ambiente in cui l'animale deve aderire fortemente alle rocce per resistere ai colpi delle onde e
deve contemporaneamente assicurarsi una provvista di umidità per le ore in cui resta allo scoperto, la miglior
soluzione è proprio quella di una conchiglia piramidale. Ed è per questo che l'hanno adottata animali così
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diversi come certi Molluschi, da un lato, e certi Crostacei, dall'altro. L'esempio illustra chiaramente questo
principio: quando degli organismi devono risolvere i medesimi problemi nel medesimo ambiente, presentano
una "convergenza di forme".
Se i Balani si attaccano spesso non alle rocce ma alle conchiglie o al dorso di crostacei; se le Coronule, loro
cugine, scelgono la pelle dei Cetacei, altri Cirripedi, come le Lepadi anatifere, si fissano invece a oggetti
galleggianti. Al sommo di un lungo piede carnoso, il loro carapace fatto di placche ricorda un bocciolo di
tulipano; tra le due valve si muove in avanti e all'indietro un elegante pennacchio. Questo pennacchio
piumoso ha creato una leggenda: si credeva un tempo che le Lepadi anatifere fossero le uova da cui
nascevano le anatre, sulle rive della Scozia! Alcuni Autori sono giunti a scrivere che si poteva sentire il grido
del pulcino rinchiuso e hanno persino descritto, nei minuti particolari, la nascita dell'uccello! Da ciò il nome
scientifico di "anatifera", cioè "portatrice di anatre" (da "anas", anatra e "ferre", portare) dato alla Lepade.
La regressione e il decadimento di questi Cirripedi ciechi, immobili dopo la libera vita larvale, non è niente in
confronto a quella di altre specie che, dopo numerose metamorfosi avvenute nell'acqua, decidono di vivere
fissati ad altri Crostacei. Tra queste forme, le Sacculine, parassiti dei Granchi, sul cui ventre formano un
tumore.
Le antenne, mediante le quali la larva si fissa, portano un aculeo che perfora il carapace. E' questo uno dei
più sorprendenti meccanismi inventati dalla natura, una vera e propria siringa attraverso la quale il parassita
si inietta esso stesso, facendo passare prima la testa pio tutta la sua sostanza entro il corpo del Granchio,
lasciando fuori dal punto ove è avvenuta la puntura solo le ghiandole sessuali. La testa e il corpo si riducono
a semplici radici che ramificandosi nel corpo dell'ospite lo fanno morire. Da ciò deriva il nome di questo
sottordine zoologico: Rizocefali, cioè "testa a radice". Crediamo bene segnalare che i granchi invasi dalle
Sacculine sono assai frequenti, perciò quanti amano mangiarne pensino a questa spiacevole storia...
Pur appartenendo ai Crostacei detti "superiori", gli Isopodi e gli Anfipodi ci sembrano piuttosto "inferiori". Gli
Isopodi hanno 7 paia di zampe uguali (il nome significa "dai piedi uguali") e sono appiattiti ventralmente;
tipico di questo gruppo è l'Onisco o porcellino di terra, il solo Crostaceo terrestre. Noi non ne parleremmo se
non vedessimo brulicare sulle scogliere semisommerse, soprattutto nel Mediterraneo, degli animaletti che
scambiamo per minuscoli insetti e che invece sono delle Ligie cioè degli isopodi anfibi. Coloro che pescano
pesci o gamberi hanno certamente osservato delle escrescenze sulla pelle dei pesci o dei tumori grigiastri
sotto il carapace trasparente dei gamberi. Sono degli Isopodi degenerati in seguito alla loro vita di parassiti.
Gli Anfipodi sono invece compressi lateralmente. Sulla spiaggia, tra le alghe marcescenti, un colpo di tallone
fa saltare fuori numerose "pulci di mare". O meglio dei Talitri, Crostacei anfipodi e anfibi. Al medesimo ordine
appartengono anche le Caprelle che vivono sulle coste oceaniche, tra le alghe cui assomigliano coi corpi
filiformi come steli, con le zampe espanse come foglie, con le antenne esili come rametti. Gettate un pugno
di alghe in un acquario e se avete vista acuta potrete vederne che si arrampicano tra le alghe contorcendosi
goffamente con le loro pinze piuttosto sviluppate. I loro cugini Corofidi, il cui primo paio di zampe rivolte in
avanti misura quanto il resto del corpo, pullulano talvolta nella fanghiglia delle spiagge oceaniche. Questi
crostacei si riuniscono numerosi per attaccare e divorare un verme che a loro confronto è enorme. Negli
allevamenti di ostriche rendono preziosi servigi incaricandosi di rimuovere e livellare il fango che senza di
essi dovrebbe essere lavorato con appositi arnesi.
Ecco un'ennesima sorpresa dall'inesauribile mare, la Fronima, un altro Anfipode. La sua testa è così grossa
che l'obbliga a nuotare a testa all'ingiù con un'andatura assai goffa. Ma poiché sogna grandi viaggi, trova il
modo di farsi trasportare. E così vede paesi e paesi su una vettura di vetro: s'introduce nel corpo di una
Salpa, un animale gelatinoso a forma di bariletto, ne divora il contenuto quindi, attaccandosi con le chele alle
pareti e agitando le zampe per creare una corrente che le permetta di muoversi per propulsione, incomincia
il viaggio nella sua efficiente botticella.
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I DECAPODI: ARAGOSTE, GAMBERI, GAMBERETTI,
GRANCHI, PAGURI
Al sommo della scala gerarchica dei Crostacei sono i Decapodi,
"animali dalle dieci zampe". Tra i più noti e i più grossi sono le
Aragoste, i Gamberi, i Gamberetti, i Granchi. Teoricamente
hanno anch'essi 16 zampe, ma 10 soltanto sono sviluppate e
visibili, tra cui le chele che contano per due; restano solo 4 paia
per camminare. Sì, per camminare in quanto non sono affatto
animali nuotatori. Camminano sul fondale, si arrampicano sulle
rocce, saltano con balzi all'indietro, balzi in cui le natatorie
caudali hanno un ruolo importante. Osserviamo un comune
gamberetto di mare: il suo sperone frontale ha degli acuti
dentelli rivolti in avanti e presenta sempre quest'arma affilata
alla mano di chi vuole afferrarlo. E se un nemico tenta di
prenderlo di sorpresa, rincula a energici colpi di coda.
Testa e torace sono fusi sotto un carapace assai robusto. Alla base delle zampe, le branchie sono protette
entro "camere" in cui un sistema di valvole in continuo movimento assicura una corrente d'acqua. Se nei
Crostacei inferiori il sistema nervoso era formato da gangli in ciascun segmento, ora tende a concentrarsi
nella testa, l'evoluzione avviata coi Vermi. I nomi dei 3 gruppi di Decapodi sono stati foggiati col greco
"oura", coda: Macruri, dalla grande coda (Aragosta, Gambero, Gamberetti); Brachiuri, dalla coda corta
(Granchi); Anomuri, dalla coda anormale (Paguri).
Sorvoliamo sulle diverse specie di Aragoste, d'altronde assai simili tra loro, poiché ce ne interessa una sola.
Ma, affini alle Aragoste, sono gli Scillari sconosciuti sull'Atlantico, non molto comuni nel Mediterraneo perché
i pescatori, quando ne pescano, preferiscono tenersi per sé questo boccone prelibato. In Provenza sono
detti "cicale" per il rumore che fanno fuor d'acqua, da noi "magnose" o "dormigliose" o "magnoselle",
secondo la specie. Brutte, massicce, con la testa rettangolare, senza appendici, questi crostacei non hanno
niente di bello. I cacciatori subacquei li raccolgono con facilità, soprattutto sotto gli strapiombi. Né le
Aragoste né gli Scillari sono provvisti di chele. I Gamberi invece ne hanno di enormi. Le loro marezzature
bluastre li rendono facilmente individuabili. Al gruppo dei Nefropsidi appartengono gli Scampi, lunghi sino a
una quindicina di centimetri, e i grossi e massicci Astici o Lupicanti, dalle chele grandi e robustissime. Negli
acquari gli Astici si ripuliscono di continuo, mentre i Gamberi si lasciano invadere dalle alghe.
Le Canocchie o Squille (che hanno il nome scientifico di "mantidi" perché, come nell'omonimo insetto, le
chele sembrano braccia in preghiera) sono più lunghe degli altri Decapodi e costituiscono un anello di
passaggio tra i Crostacei inferiori, nettamente segmentati. Le Canocchie, dalle carni gustose, vivono al largo.
Immangiabili per il cattivo odore di cimice sono invece le carni delle Galatee, più corte delle Canocchie e
perciò già più vicine ai Brachiuri.
Che dire poi dei Gamberetti? Tutti credono di conoscerli, ma invece la distinzione tra i vari gruppi è
estremamente difficile. Ne parleremo perciò più avanti. Eccoci ai Granchi, ai Brachiuri, cioè ai Decapodi della
breve coda. Ma, qualcuno obietterà, i Granchi la coda non l'hanno affatto! Voltatene uno a pancia all'insù:
vedrete una sorta di ricciolo biancastro che copre l'inizio delle zampe: è la coda. Che si vede assai meglio
quando il ventre della femmina è gonfio di uova: la coda ne resta sollevata. Caratteri tipici del gruppo sono le
zampe che tengono a divergere, le antenne atrofizzate, e costumi che tendono a diventare anfibi. Quanto ai
caratteri propri delle specie, essi sono così vari che, anche limitandoci ai granchi delle nostre coste, non è
possibile farne l'inventario. Nel Mediterraneo, specie comune è il Granchio piatto, della famiglia dei Grapsidi
comunissimi e velocissimi sulle scogliere. Sulle coste francesi atlantiche, per esempio, il granchio più
abbondante è il Dormiglione o Granchio paguro, grosso, ovale, con larghe chele; e il piccolo Carcino che
corre di qua e di là a bassa marea.
Talora, se il tempo è buono, si può vedere attraverso l'acqua un'alga che si muove... Guardandola bene, ha
delle zampe! Un pescatore dirà: "Un ramo". Un naturalista: "Una Maja". Nel Mediterraneo, questi granchi
sono più piccoli e più ricoperti di alghe che sull'Oceano Atlantico ove la specie è di taglia più grande e di
color rosso. Sulle nostre coste questo granchio è noto come Grancevola.
Ma ecco un fatto poco comune: le alghe non si sviluppano naturalmente sul carapace. Strappiamo il
rivestimento a una Grancevola dal dorso verrucoso e irto di spine. La vedremo presto raccogliere delle alghe
e sistemarsele sul dorso. Meglio ancora, mettiamola ora in una vaschetta contenente alghe differenti dalle
sue. Strappa allora il suo rivestimento e se ne confeziona un altro in armonia con l'ambiente. Sempre più
difficile: esperienze condotte a Monaco hanno dimostrato che messo in una vaschetta di vetro rosso il
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granchio, tra straccetti rossi e verdi sceglie quelli rossi. Si tratta dunque di un vero e proprio istinto mimetico.
Tra i numerosi Granchi esotici ne segnaliamo due soli: la Macrocheira simile a un enorme ragno che può
toccare 3 metri, vivente in Giappone e in Alaska, il gigante dei Crostacei; e la Melia, uno dei rari animali che
sanno usare un arnese, e il solo che usa un arnese vivente: afferra con le chele degli anemoni velenosi,
arma contro i nemici. La forza delle chele dei Crostacei è sorprendente. La si misura fissando un filo a una
delle branche della chela, attaccando un peso all'altro pezzo e quindi eccitando l'animale. Un Granchio
Carcino di 80 grammi ha sviluppato 2.300 grammi, cioè 29 volte il suo peso! Di tale forza questi animali
battaglieri usano e abusano. In un acquario si divorano tra di loro. Ecco per esempio il racconto di un
naturalista inglese. Se i Granchi paguro affamati vengono messi in una tinozza. Uno grosso rompe il
carapace di uno piccolo e si mette a mangiarne la carne viva; un terzo lo attacca e lo divora senza che l'altro
sospenda il suo pasto. Il giorno dopo non restano vivi che due Granchi, i più grossi. Perdere delle zampe
nella mischia non è un fatto importante per un Crostaceo in quanto esse rispuntano molto facilmente. Alcuni
pescatori spagnoli hanno l'abitudine di strappare le chele dei Granchi che pescano e di inviare queste sole al
mercato restituendo i Granchi al mare con la speranza poi di riprenderli. Afferrato per una zampa, un
Granchio se ne va lasciandovela tra le dita. "Si è amputato volontariamente!", pensa l'uomo. Non è così, si
tratta di un'amputazione riflessa. Appendete un Granchio per una zampa a un chiodo avendo cura di non
stringere troppo il filo. Fategli paura: l'animale tirerà disperatamente senza che la zampa ceda. Ora con una
pinza tagliate la punta di un'altra zampa e questa si staccherà immediatamente. E' quindi la smozzatura che
determina automaticamente il distacco per l'intervento di speciali muscoli. E la rottura avviene non nel punto
debole di un'articolazione ma in una zona robusta, nel bel mezzo del secondo articolo.
La roulotte dell'eremita. Nei nostri mari le "code anormali", cioè i Decapodi Anomuri, sono rappresentate dai
Paguri, come il Paguro Bernardo, il cui addome è una massa molle alloggiata e protetta entro una conchiglia
vuota di un mollusco.
Quando un Crostaceo muta, si ritira in un angolo protetto e nascosto poiché per diversi giorni resterà senza
difesa. I Paguri si possono dunque considerare come dei Crostacei che hanno preso l'abitudine di rifugiarsi
in una conchiglia la cui protezione si dimostrò così efficace che il corpo non ebbe più bisogno di un
"prefabbricato" formato da una conchiglia in prestito. La cambiano ogni volta che lo richiede il loro sviluppo, e
anche secondo l'umore. Vedere tali maneggi è uno dei più curiosi spettacoli di un acquario. Il Paguro
esamina una dopo l'altra le conchiglie messe a sua disposizione, le esplora con le antenne, le misura con le
chele, le gira e le rigira, ne palpa l'orifizio quasi per assicurarsi che la madreperla sia ben liscia; quindi, fatta
la scelta, raddrizza la conchiglia afferrandone i bordi con le chele e con un salto brusco entra nella nuova
dimora, quasi volesse ridurre al minimo il tempo nel quale l'addome è offerto indifeso ai nemici. Quindi fa un
piccolo galoppo di prova per assicurarsi che l'abito sia ben adattato. Talvolta passa a un'altra conchiglia e ne
prova anche diverse.
Se vediamo una conchiglia spostarsi, contiene sicuramente un Paguro Bernardo: abitata dal suo Mollusco, si
sposterebbe in modo impercettibile.
E' impossibile strappare l'ospite alla dimora; al minimo allarme vi ritira le zampe; se poi lo si afferra, esso si
ritira nell'ultima spira aggrappandosi con due uncini che porta all'estremità dell'addome e si farà lacerare
piuttosto che lasciarsi prendere. Per vederlo nudo bisogna agire con astuzia: per esempio battendo a lungo
sul tetto fino a rendere la casa inabitabile. O agire con violenza, rompendo la conchiglia. Il Paguro appare
allora con le due chele, di cui la più grossa serve da "porta" alla casa; con le 8 zampe, di cui le ultime
atrofizzate per la loro posizione all'interno della conchiglia, la vita strozzata e l'addome ridotto a una
minuscola salsiccia.
Alcuni Paguri abitano entro piccole spugne dal corpo compatto. Non è che abbiano scelto essi stessi questa
casa, ma è la spugna che allo stato larvale si è fissata sulla conchiglia che il Paguro abitava e,
sviluppandosi, ha finito per inglobarla interamente all'infuori dell'"entrata" che il proprietario ha mantenuto
sgombra passandovi continuamente e creando in tal modo un vero e proprio tunnel nel tessuto della spugna.
All'interno la conchiglia divenuta troppo piccola è già stata abbandonata da tempo, mentre la spugna è
diventata la nuova casa! Sulla conchiglia possono fissarsi anche Idrozoi, Briozoi, alghe e soprattutto
Anemoni. E' particolarmente notevole il caso di questi ultimi perché vi è un reciproco scambio di servizi tra
l'Anemone e il Paguro. Il primo trae profitto dalle passeggiate accrescendo in tal modo la probabilità di
trovare cibo; il Paguro approfitta dei tentacoli velenosi che paralizzano le sue prede; e il Celenterato
beneficia ancora delle prominenze del Crostaceo, il che non impedisce a questi, se si dà un buon boccone
all'Anemone, di rubarglielo, uscendo per l'occasione quasi completamente dalla sua casa.
Certe specie di Paguri sono legate a certe specie di Anemoni; talora il legame è così assoluto che non si
vede una certa specie di Paguro senza quella data specie di Anemone e viceversa; e addirittura l'Anemone
muore in breve se lo si strappa dalla conchiglia. E sì che durante i traslochi cambia anch'essa domicilio,
sempre aiutata dal suo Crostaceo! Entro la conchiglia i Paguri devono subire la presenza di ben diversi
parassiti: per esempio, di Cirripedi simili alla Sacculina dei Granchi; di un Verme Anellide, il Nereilepade, che
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vive nell'ultima spira, dietro l'inquilino principale e che, quando questi mangia, spinge avanti la testa per
prendere le briciole del pasto; e ancora di "iperparassiti", cioè parassiti dei parassiti.
DAI BRACHIOPODI AI MOLLUSCHI
Alleanza tra il fiore e il cristallo. E se l'inquilino principale fosse un Verme? Se il Verme coi segmenti già
protetti da un carapace per diventare Crostaceo, si fissasse in una conchiglia?... Forse questa volta
cogliamo la natura in fallo: non ha realizzato, forse, questa soluzione. Ma non è così, il caso esiste ed è
quello dei Brachiopodi. Saremmo scusati se ci dimenticassimo di loro, perché dopo aver prosperato nel
Primario e nel Secondario, sono ridotti ora a pochi generi. A causa della loro leggera conchiglia a valve, per
lungo tempo sono stati ritenuti dai naturalisti dei Molluschi. Ma le 2 valve, invece di rinchiudere l'animale
lateralmente, una a destra e l'altra a sinistra, si trovano l'una sopra e l'altra sotto. Questi Brachiopodi che si
rinchiudono in una conchiglia fissa a un substrato, ma capace di modesti movimento sul suo peduncolo,
permettono al nostro discorso di passare ai Molluschi. E probabilmente la Vita stessa ha percorso lo stesso
cammino. Forse è proprio questa l'origine dei Molluschi: degli organismi si sono ritirati entro il calice calcare
da essi stessi secreto, come nel caso dei Coralli, e così ritirandosi si sono modificati. In seguito alcuni hanno
perso la conchiglia, dando luogo ai Molluschi nudi.
Nel nuovo gruppo non vi è più traccia di segmentazione. Lo schema di un mollusco è formato da una "testa",
da un "piede" e da una piega della pelle - il "mantello" - a protezione dei visceri, il tutto in simmetria
bilaterale. Questo schema originario è talvolta difficile da individuare a causa della torsione provocata dalla
conchiglia e, se questa è mancante, a causa della fluidità delle forme. Cosa v'è di più bello di una bella
conchiglia?...
I MOLLUSCHI
Tutto ciò che sottraiamo alla natura si offusca, si immiserisce.
Pensate ad un colibrì impagliato o alle farfalle che nella loro
scatola finiscono per andare in polvere. Le conchiglie al
contrario diventano più belle una volta scomparso l'animale che
le ha secrete. Mentre la mia mano le accarezza si rivela la loro
levigatezza interna ed il loro esterno si libera dalle incrostazioni.
In essi si uniscono la durezza del cristallo e la delicatezza dei
fiori; esse pongono alla nostra intelligenza una serie di
"perché?" e di "come?".
Conoscendo perfettamente il meccanismo delle iridescenze
della madreperla dovute a giochi della luce che passa per due
strati cristallini differentemente orientati, è possibile
comprendere il processo attraverso cui viene elaborata la calcite della conchiglia ma non si può spiegare il
miracolo delle forme e dei colori. Osservando un "Conus gloria maris" delle Filippine, che è ad un tempo la
più bella e la più rara delle conchiglie (non se ne conosce che una dozzina al mondo), come si può spiegare
l'armonia degli eleganti disegni di un vivo giallo cromo o di un caldo marrone su un fondo avorio puro? Qual
è il meccanismo che dispone questo disegno? E' facile chiamare in causa cambiamenti stagionali nel
processo di secrezione. Ma questa spiegazione che potrebbe giustificare certe zone alternate, non vale per i
mari caldi che non hanno stagioni ben differenziate. E vedere nelle costolature, nei rilievi, nelle spine una
protezione contro i nemici vorrebbe dire ignorare che le "radule" di certi Molluschi bucano le conchiglie più
robuste e che i denti delle orate o delle razze spezzano anche le meglio protette.
I fossili più antichi non hanno mai conchiglia: i mari primitivi non contenevano sale a sufficienza per offrire a
un organismo materiali sufficienti a costruirla. Il carbonato di calcio che servì a costruire le prime fu
probabilmente l'escremento di un animale che si sbarazzava di sostanze minerali inassimilabili. Quello che è
certo è che i nostri attuali Molluschi non assimilano, come invece altri organismi, il carbonato di calcio che
anzi espellono attraverso il loro "mantello", funzionante da rene.
Molto semplice è la divisione del gruppo di Univalvi e Bivalvi, cioè dalla conchiglia semplice o doppia. Ma i
termini esatti sono Gasteropodi e Lamellibranchi. Quando i Gasteropodi hanno la conchiglia, questa è
semplice, mentre i Lamellibranchi hanno sempre la conchiglia, e sempre doppia.
I Gasteropodi, come dice il nome stesso, camminano sul ventre: tipo classico è la chiocciola; e anche in
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mare sono presenti "conchigliati" di questo modello. I Lamellibranchi hanno, come dice il nome, branchie a
lamelle; esempio tipico è l'Ostrica le cui frange brachiali si notano appena si aprono le valvole. Il mollusco
Univalve è libero: la sua casa l'ha sul dorso. Salvo poche eccezioni, il Bivalve è fissato, ciò che porta
fatalmente alla degenerazione di certi organi.
Il tema geometrico della spirale è generale nelle conchiglie. Man mano che s'accresce, l'animale abbandona
la prima spira dell'elica divenuta troppo piccola e si porta verso l'apertura, ove il guscio si accresce ai bordi.
Attorno a questa norma vi è un'infinità di variazioni. La spirale può svilupparsi in un piano unico o in due
piani, il che impone all'animale una torsione laterale. Il "passo" dell'avvolgimento può avere valori diversi: se
è molto accentuato la torsione imposta è minore; ma si tratta allora di una casa lunga e scomoda che
l'animale trascina a fatica. Alcuni generi se la adattano, come le Teredini, vere trivelle come dice l'etimologia
latina; altri eliminano l'estremità della conchiglia; altri si dedicano periodicamente a una nuova divisione della
casa mediante setti. Del tutto eccezionale è il caso di un Univalve dalla conchiglia piramidale che comincia
ad avvolgere la sua elica prima a sinistra, poi a destra.
I MOLLUSCHI: FIERE NEL PALAZZO, I GASTEROPODI
PROSOBRANCHII
Chi abita questo palazzo di madreperla? Non è il pescatore che
ce lo potrà dire: appena pescato, l'animale si ritrae. E prima di
tutto, al minimo allarme, ritrae la "proboscide", un organo
sovente molto lungo, simile a un dito di guanto rivoltato, che va
a cercare il cibo nelle piccole cavità della roccia, nella sabbia o
in altre conchiglie.
Come esempio tipico degli Univalvi, o Gasteropodi, prendiamo il
Murice le cui numerose specie abbondano sulle nostre coste.
Se ne rompiamo la conchiglia esso appare formato da un corpo
avvolto a spirale contenente i visceri, da un "muso" cornuto
provvisto di una bocca e infine da un piede carnoso munito di
un opercolo corneo che al momento opportuno va a tappare
esattamente la porta della casa. L'organo più interessante è
però la lingua, detta "radula", temine latino che significa raspa,
grattugia. In suo confronto le lime, le raspe, le seghe, i trapani,
le frese dell'industria umana appaiono arnesi ben grossolani. E'
ricoperta da una membrana irta di piccoli denti, disposti regolarmente, appuntiti, duri, acuminati. Man mano
che la membrana si consuma, viene spinta in avanti. Lavorando perciò sempre nuova, la radula buca le
conchiglie più dure. Non è forse proprio un Murice il più temuto nemico dell'ostricoltura? In poche ore queste
proboscidi forano le pareti dei Bivalvi, paralizzando con un veleno l'animale, poi aspirando la carne viva.
Quali spietate fiere abitano nei fiabeschi palazzi!
Da alcune specie mediterranee gli Antichi ricavavano la porpora, simbolo, per essi, del potere. Ma si
potrebbe obiettare: come mai, se anche viene schiacciato, il Murice non ha niente di rosso? La domanda è
normale perché gli stessi zoologi non avevano le idee chiare a questo proposito sino a che Lacaze-Duthiers
fece nel 1858 un viaggio alle Baleari. Un pescatore che lo portava in barca utilizzò un giorno il tempo libero
per marcare la biancheria; dopo aver aperto il mantello del mollusco (chiamato localmente "cor de fel")
immerse un bastoncino nella ferita e disegnò una croce sulla stoffa con un segno giallo pallido quasi
invisibile. Alle domande del naturalista, Alonso rispose: "Il segno prenderà il colore quando il sole l'avrà
colpito". Vivamente interessato, Lacaze-Duthiers fa marcare anche la sua camicia. Ben presto avverte un
odore fetido mentre i tratti del segno si colorano di un viola vivo. E questo fu il punto di partenza per lunghe
ricerche.
L'organo porporifero è una strisciolina che si stende tra l'intestino e l'apparato respiratorio. Sotto il sole il suo
muco biancastro vira prima al giallo, poi al verde, quindi al violetto, mentre contemporaneamente si sviluppa
un odore che è stato paragonato a quello della cipolla bruciata o dell'essenza di aglio. E il violetto vira al
porporino. Una volta che il colore si è rivelato sotto i raggi del sole, diventa sempre più intenso quanto più vi
resta esposto, diventando frattanto sempre meno solubile. E tutto ciò spiega perché, sotto il forte sole
mediterraneo, questa tintura fosse tanto apprezzata.
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I MOLLUSCHI CHE HANNO PERSO LA TESTA: I
BIVALVI
I molluschi conchigliati a due valve sono detti Bivalvi o
Lamellibranchi, ma anche Acefali, cioè "senza testa", perché il
fatto di fissarsi a un oggetto o a una roccia li ha fatti degenerare
al punto d'aver perso la testa, insieme con gli organi della
locomozione, di difesa e molti dei sensoriali. Nel loro cofanetto
a cerniera, essi sono animali molto semplici; aspettano cibo
solo dall'acqua penetrante dallo spiraglio della loro "porta" e
sono indifesi contro un nemico capace di forzare le loro valve.
Alcuni tuttavia, come i Cardii, le Arselle, le Cappe si spostano
lentamente per mezzo del "piede" divenuto una lunga
appendice che serve per afferrarsi, come (lo ha detto Réamur)
"un uomo che s'arrampicasse alzando una mano e sollevandosi facendo forza sull'appiglio trovato". Altri,
come i Pettini o le Lime, si spostano con veri balzi. I subacquei hanno paragonato i Pettini in fuga alle
farfalle. Chiudendo bruscamente le valve, ed espellendo l'acqua, avanzano per propulsione. Ma attenzione!
Non è che avanzino in senso contrario a quello della chiusura delle valve, ma in quello dell'apertura. Perché
non hanno inventato solo il reattore ma anche l'ugello; infatti presso la cerniera le due valve formano un
canale attraverso il quale l'acqua esce con forza quando la conchiglia si chiude.
La norma dei Bivalvi è di essere "sessili", cioè fissati alle rocce; spesso con una vera fune, il "bisso". Così
fanno i mitili che muovendosi nella zona della risacca, non possono attaccarsi alle rocce con una ventosa.
Come fa il mitilo a "formare" la sua "fune"? Il piede sembra una sorta di dito retrattile lungo sino a 5 cm; per
mezzo di una speciale ghiandola secerne un liquido che prende la forma di filo. Il peduncolo esce dalla
conchiglia, fissa la cima del filo, poi si ritrae: il primo cavo è lanciato. Una trazione per assicurarsi che sia
solido, quindi la manovra ricomincia quattro o cinque volte al giorno, per aggiungere un altro filo sino a che
disposti a ventaglio, se ne contano sino a 150. Le grosse Pinne si fissano anch'esse col bisso. Ma questi
molluschi non vivono a riva, bensì a grandi profondità. Questi "cordami" permettono loro di starsene in una
strana posizione: ritti sulla punta. La lunghezza di questi fili è tale che un tempo, nel nostro paese, se ne
tessevano corde e persino guanti.
Infine altri molluschi conchigliati, gli "scavatori", vivono sotto 10 o 15 cm di sabbia, come le Veneri, le Cappe,
le Patelle, le Mie, i Cannelli dalla forma particolare. Un doppio sifone, sviluppato a mo' di proboscide,
permette loro di attingere l'acqua libera, dal fondo del loro nascondiglio.
Un sifone aspira l'acqua, l'altro la espelle. Talora i due sifoni sono saldati come nelle Mie, e formano allora
un corpo unico e poco retrattile. Estrema evoluzione di questo gruppo sono i Rasoi e specie affini che
cementano il bulbo in cui il loro sifone attraversa la sabbia. Per passare al Dentalio basta pensare che
questo condotto si è indurito, entrando a far parte integrante del mollusco. L'abilità e la velocità con cui
questi animali perforano la sabbia, sfuggendo così all'uomo, sorpassano ogni immaginazione, e i loro
movimenti non sono stati ancora ben chiariti.
Ancora più incomprensibile è la potenza dei conchigliati perforatori. Come ad esempio i Datteri di mare, così
detti per la forma, e giustamente chiamati dagli zoologi "Lithodomus lithophagus", cioè "abitante della pietra
mangiatore di pietra". Come le Foladi, dal muco luminoso; come i Saxicavidi, le cui conchiglie si trovano
spesso sulle spiagge. Come riescono a scavare gallerie nelle più dure rocce? Ruotando su se stessi,
facendo lavorare come la punta di un trapano una delle estremità della loro doppia conchiglia provvista di
punte e tubercoli.
A Pozzuoli le colonne di un tempio romano dedicato a Serapide sono bucate dai Litodomi. Il fatto sembra
straordinario; quando è stato edificato, il tempio era ben saldo sulla terraferma; e lo è ancora. Se le sue
colonne sono perforate dal mollusco, significa che per un certo tempo il terreno è stato sommerso, poi è
emerso di nuovo.
Un altro Mollusco trivellatore si è specializzato col legno e, come tale, è nemico delle barche: è la Teredine.
Ritenuta alungo un verme, ha infatti un piede vermiforme e la sua doppia conchiglia è atrofizzata e forma
una sorta di piccola trivella. La storia della marina è piena dei misfatti di queste Teredini che possono
causare rapidi naufragi. Nel XVIII secolo, si sono verificate in Olanda catastrofiche inondazioni provocate da
Teredini che avevano danneggiato i pali delle dighe.
I Bivalvi raggiungono dimensioni assai superiori a quelle degli Univalvi.
Il record appartiene alle Tridacne delle barriere coralline: ogni valva può superare i 100 chili, come quelle
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che servono da acquasantiere nella chiesa di S. Sulpice a Parigi. E' noto che i due più comuni Bivalvi, cioè le
Ostriche e i Mitili, sono oggetto di allevamento intensivo.
I MOLLUSCHI: GASTEROPODI OPISTOBRANCHI
Siamo ancora e sempre nello straordinario. E se un Mollusco
perdesse la conchiglia? Come si comporterebbe la natura in
questo caso?... I Bivalvi, privi di protezione e degenerati come
sono, esposti a troppi pericoli, non potrebbero sopravvivere. Gli
Univalvi invece dotati di mobilità, di sensi efficienti e di mezzi di
attacco possono cavarsela assai meglio. E infatti solo gli
Univalvi possono esistere nudi. Pensiamo alle Lumache
accostandole alle Chiocciole. Enormi Lumache nere, tali
appaiono i più frequenti tra i Molluschi Opistobranchi ("branchie
posteriori"), cioè le Aplisie. Sono dette anche "lepri di mare"
perché sulla testa hanno due sorta di cornette simili a orecchie.
La conchiglia non è del tutto scomparsa - ma è interna e assai
ridotta - in questo strano animale che ha le pieghe del dorso
disposte come le foglie di un cavolo maturo e le branchie site
entro queste pieghe. Particolare curioso: il suo corpo un tempo,
dentro la conchiglia, ha subìto una torsione e ciò ha soppresso
lungo un fianco una parte degli organi. Poi la conchiglia è
scomparsa, il corpo si è svolto ritornando simmetrico; ma gli
organi spariti non sono più ritornati e si ha perciò la singolare
situazione di un animale che, pur simmetrico, ha un solo rene,
una sola branchia e il cuore con una sola orecchietta.
Vi sono però altre "lumache di mare" enumerate tra le più belle
creature che esistano. Non hanno alcuna conchiglia; le
branchie simili a papille, a rami, a piume si spiegano sul loro
dorso, veri fiori vivacemente colorati.
Sono tali gli Eolidi, i Doridi, gli Elisiadi, i Filliroidi che abitano le praterie sottomarine. Gli Eolidi all'estremità
delle papille respiratorie hanno cellule urticanti. Non varrebbe la pena di citare questo fatto se il loro veleno
non fosse un'arma presa a prestito: gli Eolidi che si cibano soprattutto di Anemoni di mare, non sono
danneggiati dal veleno delle loro prede mentre le mangiano, in seguito non ne digeriscono le cellule urticanti,
anzi le fanno passare intatte all'apice dei loro organi di difesa. Ed eccone la prova: se gli Eolidi vengono
nutriti solo con prede non urticanti, essi stessi non lo sono più! Immaginiamo di allargare il piede ambulatorio
di queste Lumache: daremo così ali per nuotare. Infatti le Aplisie possono nuotare (certo non volare!) con
una meravigliosa leggerezza in contrasto alle loro forme massicce. Ma in altri molluschi Opistrobranchi la
leggerezza diventa estrema mentre il corpo si fa trasparente persino più immateriale di quello delle Meduse.
Ed eccoci tra gli Pteropodi - letteralmente "dai piedi alati" - animali tutti di alto mare che salgono in superficie
la sera e i cui occhi sono ridotti a due piccole macchie pigmentate. E qui vien fatto di osservare la loro
"convergenza di forma" con gli altri animali natanti, soprattutto per quanto riguarda la trasparenza e lo
sviluppo delle superfici.
Gli embrioni però portano la conchiglia, il che conferma la legge che la vita larvale ripercorre le tappe
anteriori dell'evoluzione. Negli adulti scompare. Ma persiste, leggerissima e ancora trasparente, nei
Limacinidi, nei Cimbulidi, nei Cavolinidi, nei Gastropteridi, ai quali le ali simili a petali danno spesso l'aspetto
di fiori. Tutti questi animali possono essere ritenuti poco importanti. Tutt'altro! Queste fragili conchiglie hanno
formato dei terreni nel Terziario e attualmente costituiscono (come nel golfo di Guascogna) i "fanghi a
pteropodi".
I loro cugini, gli Eteropodi, sono meno simmetrici e hanno talora aspetto ridicolo, come gli Pterotracheidi
dalla forma di un flauto, o gli Atlantidi la cui conchiglia traslucida e spiralata ricorda i Nautili, o i Carinaridi la
cui piccola e fragilissima conchiglia serve da galleggiante. I loro cugini, gli Iantinidi ("fiore violetto"), dalla
leggera conchiglia a navicella, comprendono gli esseri forse più sorprendenti della creazione: prima di tutto
perché diffondono, se molestati, un liquido violetto; e poi perché costruiscono una sorta di zattera fatta di
bolle d'aria imprigionate nel muco. Sopra vi sta la loro "navicella" che se ne va così sulle onde; e, cosa
ancora più straordinaria, gli Iantinidi depongono le uova sotto la "zattera pneumatica", cosicché essi
viaggiano con la loro prole.
Ma la storia più incredibile è quella dell'Eteropode del Mar dei Sargassi che striscia, per così dire, sotto la
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superficie dell'acqua. Per un effetto di capillarità il suo piede sviluppato a mo' di ali aderisce letteralmente al
di sotto della superficie. Poiché la parte inferiore del piede è blu cupo, gli uccelli non la vedono; e poiché la
schiena è bianca non è vista dai pesci che vi passano sotto.
I MOLLUSCHI: GLI AFFASCINANTI CEFALOPODI
Il loro stesso nome rende singolari i Cefalopodi: piedi attorno
alla testa. D'altronde la vista di un polpo lascia sempre
sbalorditi. E' forse l'animale che si allontana maggiormente
dalle forme a cui ci abitua la vita aerea. Queste membra
fluttuanti come fumo, questa carne soda ma ondeggiante,
possono far mostra di sé solo nell'acqua.
In un cavo della roccia innanzi al quale i resti del pasto
denunciano la sua tana, il Polpo sta ammassato. E' un animale
informe la cui carne ha il colore della roccia e si mimetizza con
essa, ugualmente screziata, lievemente palpitando come le
alghe vicine. Se si anima, se si dispiega, rivela una quantità di
tentacoli intensamente vivi, vivi sino a sembrare vivere ciascuno
di vita propria; mentre le sue ventose si muovono
indipendentemente come i buchi di un flauto. Sul fondale
striscia con movimenti attutiti; poi si dispiega e mostra la sua
struttura stellata...
Ma già si raccoglie e ridiventa informe, ammasso che scivola
come un fluido denso. E, in questa sostanza amorfa, spicca
vivo un occhio a forma di virgola nera, un occhio gelido al quale
una breve palpebra conferisce quasi un'espressione umana.
Gli stessi suoi colori si accentuano e si smorzano come le
raffiche di vento sul mare. Molti altri animali ricorrono a
stupefacenti mimetismi; nel Polpo i colori non mutano solo
secondo l'ambiente esterno ma manifestano addirittura l'umore. Passano come nuvole, affiorano a tratti,
virano dal grigio al rosso, dal bianco intatto al bruno intenso. Liscio o granuloso, macchiato o verrucoso, il
Polpo cambia...
All'improvviso, diventa una freccia vivente... Nessun tipo di locomozione animale è più sorprendente: sembra
che in lui niente si muova. Avanza rapido, come spinto da un motore. E di un motore si tratta, il più moderno:
un motore a reazione che lancia l'acqua contro l'acqua. Avanza a propulsione facendo pulsare il sacco
chiuso, il sifone aperto; e le sue braccia divengono una chioma ondeggiante. Si abbatte sulla preda, la attira
entro la stella dei tentacoli ed eccolo ritornato un sacco circondato da braccia, ridimensionato allo schema
del polipo primitivo. Neppure il nome è cambiato: Polipo, Polpo, cioè dai molti piedi. Più difficile è
riconoscere lo schema dei Molluschi in questo re dei molluschi, come d'altronde negli altri Cefalopodi.
Tentiamo di individuarlo... Dov'è il "piede"? Ce lo dice il nome stesso del gruppo zoologico: sulla testa! E il
piede si è diviso in 8 braccia armate di ventose poiché, coi Polpi, siamo tra gli Ottopodi. Quanto al
"mantello", esso ricopre realmente tutte le viscere che sboccano nella "cavità palleale" una sacca situata
proprio dietro la testa. Questa testa contiene il cervello più sviluppato non solo tra quelli sinora incontrati, ma
tra tutti quelli che troveremo nella vita propriamente marina. Al centro dei tentacoli stellati, la bocca è armata
di un becco nero simile a quello dei pappagalli.
Molte leggende circondano il Polpo; prima di tutto circa le dimensioni. E il merito in buona parte spetta a
Victor Hugo e alla sua famosa lotta sottomarina descritta nei "Lavoratori del mare". Ma alcuni autori
contemporanei hanno esagerato il senso inverso limitando i Polpi dei nostri mari al peso di 5 chili e
all'apertura di 2 metri. Infatti il record delle dimensioni controllate è di 25 chili e di 6 metri.
Una notte, all'acquario di Napoli un Polpo passò sopra il muretto che lo separava dalla vasca vicina in cui
viveva un grosso gambero. Al mattino di questo non restava che il carapace, mentre il polpo non era
neppure ferito.
Fu questo lo spunto per attenti studi: come fa il Polpo ad uccidere le sue prede? Si scoperse che esso
emette una saliva che le paralizza. Le afferra con un tentacolo, le accosta un istante alla bocca e le prede,
rese insensibili, si lasciano divorare.
La riproduzione dei Cefalopodi riveste aspetti del tutto singolari. Lo sperma è chiuso entro certi astucci o
capsule, "le spermatofore". Nel Polpo queste capsule avanzano in un canale scavato lungo una delle braccia
che si è specializzata in questo compito riproduttivo, il braccio detto ectocotile. Introdotto nella cavità palleale
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della femmina, contraendosi, rilasciandosi, ondulando, il braccio fa avanzare la spermatofora. In un raro
genere di piovre mediterranee (il genere "Oxytoe") si ha un caso estremo, senza pari nella natura:
l'ectocotile si stacca e resta nella cavità palleale della femmina, operando così la fecondazione a distanza. Il
maschio è molto più piccolo della femmina; quando, nel 1825, se ne trovarono tre a Nizza, si pensò trattarsi
di un verme parassita; gli esemplari furono inviati al grande Cuvier che approvò questo punto di vista e gli
diede un nome e un posto nella classificazione zoologica! Oggi si pensa addirittura che l'ectocotile,
staccandosi dal maschio, possa nuotare da solo in cerca della femmina. Anzi, gli zoologi della Stazione di
Villefranche hanno trovato degli ectocotili entro Salpe in cui abbiamo già visto che viaggia la Fronima. Che
questi organi sessuali non solo viaggino, ma prendano addirittura il battello?
Tra gli Ottopodi bisogna citare l'Argonauta che vive in superficie, in una delicata navicella formata da due
delle sue braccia; questa "conchiglia", totalmente differente da quella dei comuni molluschi conchigliati,
costituisce il nido delle innumerevoli uova che la madre porta con sé. Quanto al padre ci si è meravigliati per
lungo tempo di non vederlo mai.
Infine si è compreso che, piccolo com'è, vive da parassita sulla femmina. Per studiare i Decapodi - da non
confondere coi Crostacei - osserviamo una Seppia, visibile negli acquari. La sua struttura, e più ancora la
sua andatura, differiscono nettamente da quella del Polpo. I tentacoli, assai più corti, non sono disposti a
stella ma a ciuffo e non attorno al corpo ma dietro. Inoltre questo corpo a forma di ferro da stiro è molto più
sviluppato, sostenuto com'è da una conchiglia interna - l'osso di seppia delle gabbie d'uccelli - e si orna di
membrane di un'incantevole delicatezza di fattura e di toni, nocciola e bianchi, argentati e dorati.
Infine invece di tenersi sui fondali come il Polpo, la Seppia vive in seno all'acqua; e quand'essa vi si
mantiene immobile le membrane che servono da natatoie ondulano in continuazione; i grandi occhi a virgola
sono così vellutati che si osa quasi dire che sono espressivi. Chi non sa che, irritate, le Seppie emettono una
specie di inchiostro nero per nascondersi?... L'inchiostro di China, almeno il vero, ha proprio questa origine.
I Calamari delle nostre coste generalmente non sorpassano le Seppie in quanto a dimensioni, ma nei mari
tropicali ne vivono di ben più grossi, persino di enormi. Si è parlato di Calamari dalle dimensioni fantastiche
di cui si stenterebbe ad ammettere la mostruosa esistenza se non se ne fossero trovati sovente dei pezzi
nello stomaco dei Capodogli. Si è giunti a concedere a questi giganti da 15 a 20 metri di lunghezza e ad
appurare che le loro ventose sono munite di un acuto uncino, ciò che le rende armi temibili di cui si vedono
spesso gli effetti e le profonde cicatrici sulla gran parte dei Capodogli.
Tra i più strani animali degli abissi marini vi sono Calamari dalle forme strane, talora squamosi, talora
trasparenti. Molti emettono vive luminescenze colorate; alcuni diffondono addirittura sostanze luminose.
Pure Decapodi, ma assai differenti per la conchiglia che funge da galleggiante e che li rende animali di
superficie, sono i Nautili dei mari caldi, ultimi rappresentanti di una famiglia di Cefalopodi che abbondarono
nel Primario e pullularono nel Secondario con un'immensa varietà di forme, quella delle Ammoniti. Il grazioso
avvolgimento della conchiglia si sviluppa man mano che l'animale ingrandisce, isolando con setti le spire
divenute troppo piccole e accrescendo in tal modo ogni volta l'efficacia del galleggiante.
I TUNICATI
Speranze di Vertebrati. Sin qui tutte le forme larvali che
assumono gli animali durante le metamorfosi, anche molte
complesse, sembravano cadute da un altro mondo tanto
differivano dagli adulti a cui davano vita e a cui siamo abituati.
Ma eccone qui una che ricorda una forma della più classica vita
animale che, strutturata attorno a un asse mediano, già
annuncia i Vertebrati. Più esattamente è essa stessa una larva
di Vertebrato poiché, globosa e con una efficiente coda per
nuotare, sembra un girino. Studiando questa larva si è più colpiti
dalla sua struttura che dalla sua forma; possiede infatti un "tubo
nervoso" che si stende lungo il dorso e la coda; e questo tubo
scorre parallelo a un sostegno cartilagineo, la "corda dorsale";
orbene, gli embrioni dei Vertebrati, uomo compreso, abbozzano
proprio allo stesso modo il midollo spinale e la colonna
vertebrale. Meglio ancora: il tubo nervoso ben preso si dilata
nella sua parte anteriore e forma una vescicola, un cervello
rudimentale. E ancora: la larva sviluppa un occhio, un vero
occhio col cristallino e la retina, e un organo uditivo complesso.
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E' il momento in cui nasce un Vertebrato! Un pesce, forse... Infine, la schiusa. Il girino esce dall'uovo, stende
la coda e si lancia energicamente verso la vita! Purtroppo la sua vita libera non durerà che poche ore. Il
girino sceglie una roccia, vi si fissa con tre papille che da poco gli sono sorte sul capo e resta immobile. In
breve la coda si riassorbe, l'occhio sparisce, l'anatomia viene sconvolta. La larva libera, nettamente animale,
si trasforma in uno di quegli esseri che sembrano più vicini alle piante che gli animali: un'Ascidia. Il nome
viene da "ascon", sacco. E siamo così ritornati alla forma delle Spugne più semplici, il sacco. Come spiegare
una tale degenerazione? Un otre di cellulosa fissato alle rocce, la "tunica" (donde il nome di Tunicati dato a
questa classe zoologica). Una apertura in alto per l'entrata dell'acqua, una più piccola in basso per l'uscita,
cioè i due "sifoni". Per captare l'ossigeno dell'acqua, l'interno del sacco è tappezzato da branchie, reti di vasi
in reticoli o in eleganti disegni; per captare le particelle alimentari, sul fondo si apre una bocca col suo tubo
digerente. E' tutto. Addio colonna vertebrale! Addio midollo spinale ridotto a un ganglio! La "speranza di un
vertebrato" si è spenta...
Tuttavia l'Ascidia possiede un cuore che spinge il sangue nelle branchie, non grosso ma straordinario: batte
per circa un minuto, si ferma e riprende in senso inverso! Che cosa non ha inventato il mare!
Non tutte le Ascidie sono fissate al fondo. Alcune vivono in alto mare, per esempio le Salpe, sacche erranti e
trasparenti, in cui abbiamo visto vivere un piccolo crostaceo e le braccia sessuali di certi Polpi. Questi due
casi di parassitismo sono comuni; meno lo è il caso che le grandi Salpe siano abitate dal maschio nano di
una rara specie di Polpo mediterraneo.
La riproduzione delle Salpe non è meno strana. Un individuo prolifera un altro individuo e altri ancora che
restano tutti collegati formando una catena lunga persino diversi metri. La catena si rompe poi in tronconi:
questi individui maschi o femmine si riproducono normalmente e danno poi delle uova dalle quali
nasceranno Salpe dette "solitarie", forme asessuate che a loro volta prolifereranno.
Così si alternano due generazioni una asessuata e proliferante, l'altra sessuata. Che cosa non ha inventato,
il mare! Anche le Ascidie si riuniscono in colonie. Sono frequenti in Bretagna colonie fisse di Botrilli. Ogni
minuscolo individuo è il petalo di un fiorellino, blu, giallo o rosa; e i fiorellini compongono tappeti a mosaico
sulle alghe, le conchiglie, le pietre. Il più bell'esempio di colonia galleggiante è il Pirosoma. Immaginate una
pannocchia di granoturco traslucida, buca a un'estremità, chiusa all'altra, in cui ogni grano sarebbe un petalo
trasparente. Ogni petalo è un'Ascidia che aspira l'acqua per proprio conto e la rimanda all'interno della
"pannocchia" la cui cavità è insomma un sifone comunitario. Pirosoma significa "corpo di fuoco". Questo
gioiello galleggiante emette infatti bagliori verdi. Ma se lo si eccita, per esempio se è preso nella rete, allora
lancia vere fiamme rosse che virano all'azzurro, al giallo, al violetto. Per immaginare lo spettacolo sappiate
che la pannocchia luminescente può raggiungere i due metri.
Anelli essenziali. Ma vi sono larve assai simili a quelle delle Ascidie, anch'esse provviste di tubo nervoso e di
corda dorsale che non si fissano e regrediscono restando libere: sono le Appendicolarie, nuova invenzione
del sorprendente mare. Questi gracili animali allungati che fanno parte del plancton non tocca il centimetro.
Per descriverli immaginiamo un fagiolo germinante il cui germe ben dritto sarebbe la coda. Il fagiolo è un
corpo simile all'Ascidia: ha bocca, branchie e stomaco. La coda contiene invece un tubo nervoso e una
corda dorsale.
Che funzioni ha questa appendice nell'Appendicolaria? L'animale si rinchiude in una specie di capsula
trasparente, aperta alle due estremità, che spesso abbandona e facilmente ricostruisce: un piccolo frutto
cristallino di cui esso è il nocciolo. Oscillando di continuo la coda, l'Appendicolaria crea una corrente d'acqua
che sostiene la sua navicella. Se la coda sta ferma, la navicella va a fondo.
Cosa rappresenta quest'essere nel cammino dell'evoluzione? Una larva di Tunicato che non è regredita, che
non ha perso il suo abbozzo di colonna vertebrale. Che non ha rinnegato la promessa di Vertebrato. Ma non
l'ha neppure realizzata. E' come se il girino non diventasse ranocchia. Ma il mare non ha forse inventato un
girino che diventa ranocchia? Certo, ed è uno dei più importanti animali della creazione: l'Anfiosso.
VERSO I VERTEBRATI
Molti lo conoscono sotto il nome di Lancetta. Non è ancora un pesce tuttavia ne ha la forma generale e
differisce profondamente da tutti gli esseri sinora considerati. E' un fuso lanceolato alle estremità (il nome
significa: appuntito ai due estremi) lungo quanto un dito, che vive piantato verticalmente nella sabbia
emergendone appena con la testa. Nuota veloce ma goffamente, troppo rigido, e al minimo allarme s'infossa
nella sabbia con estrema rapidità piantandovi l'appuntita coda cartilaginea. La pelle madreperlacea lascia
trasparire gli organi; nei giovani si vede persino il famoso abbozzo di colonna vertebrale, un bastoncino
semi-rigido che corre lungo il corpo al di sotto del tubo nervoso. Molti organi che si ripetono - organi renali,
ghiandole sessuali, muscoli, setti della cavità generale - denunciano un'organizzazione segmentaria.
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L'Anfiosso è forse un Anellide evoluto? Il fatto è in discussione. E' però certo che si tratta del primo abbozzo
di Vertebrato, un Provertebrato secondo il nome del tipo in cui è classificato con le Ascidie e le
Appendicolarie. Il suo aspetto primitivo è quanto mai evidente: basta sapere che una corrente d'acqua
attraversa continuamente il corpo lasciando l'ossigeno alle branchie e uscendone da un sifone posteriore esattamente come nelle Ascidie - mentre le particelle alimentari girano più a lungo, attraversando l'intestino
e uscendo da un terzo orifizio, l'ano.
Adesso stanno per apparire i Pesci. Non ancora un vero Pesce, ma una Lampreda. I suoi diversi nomi la
descrivono assai bene. Il nome italiano viene da "lampetra" che significa "lecca-pietra", poiché la Lampreda
si fissa sulle pietre con la bocca. Il nome scientifico, Ciclostoma, significa "bocca rotonda", poiché la sua
bocca senza mascelle è un imbuto sempre beante. In Francia è anche detta "piffero" o "sette buchi" per i
buchi laterali attraverso cui l'acqua giunge alle branchie e se ne ritorna senza passare dalla bocca. La
Lampreda non ha vertebre ma, sulla corda dorsale, ha dei noduli cartilaginei. Il suo sangue non contiene
emoglobina, ma un pigmento affine a quello degli Invertebrati. Perciò la Lampreda non è più classificata,
come un tempo, tra i Pesci, cioè tra i Vertebrati, ma tra i Provertebrati. I suoi amori sono tragici: al termine di
una migrazione che le fa risalire i fiumi, il maschio assale la femmina alla nuca e la uccide, mentre essa
emette le uova e il maschio il liquido spermatico.
Affini alle Lamprede ma più piccole, le Missine abitano come parassiti nel corpo dei grossi pesci dei mari
freddi; esse uccidono lentamente il loro ospite succhiandone gli organi interni con la loro temibile bocca a
pistone.
Ma la più interessante parentela delle Lamprede è quella coi pesci dell'era Primaria, i Pesci corazzati o
Ostracodermi che sono certamente gli antenati dei veri pesci e sono strettamente collegati coi Ciclostomi.
Tutti questi Provertebrati che abbiamo passato in rassegna sono, con gli Anellidi, gli organismi più
interessanti per studiare le linee evolutive che portano agli animali superiori
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I PESCI: I RE DEL MARE
In confronto a tutti gli animali sinora considerati i Pesci sono
evidentemente animali superiori. Ma che cosa intendiamo
veramente per "superiori"? Gli esseri non sono forse tutti
perfetti quando svolgono pienamente le loro funzioni
nell'ambiente in cui vivono?... Secondo il nostro modo di vedere
la superiorità si basa sulla complessità, dunque sul grado
d'evoluzione; orbene il Pesce è più evoluto di molte altre classi
zoologiche, è quindi assai più complesso.
Ma il vero criterio della "superiorità" è l'organizzazione "contro il
rischio" posseduta da un organismo, la possibilità di
sopravvivere alle aggressioni che lo avrebbero ucciso se esso
non avesse avuto la facoltà di prevenirle, di sottrarvisi, di
lottare. Quando i Protozoi fluttuavano in balia delle onde, non
sopravvivevano ai minimi cambiamenti dell'ambiente esterno, l'acqua del mare. Quando degli organismi si
sono fissati, ha avuto inizio il processo "anti rischio" poiché essi non vivono più in un posto qualsiasi, ma solo
là dove le condizioni sono loro favorevoli, non rischiando più, per esempio, di essere gettati sulla costa.
L'acquisizione della mobilità volontaria rappresenta un ulteriore passo verso la sicurezza: l'animale ricerca
ormai le condizioni ottimali salendo verso la superficie o scendendo sui fondali, soprattutto secondo le ore
del giorno.
Ma qual è la facoltà di spostamento di una Medusa dalla campana pulsante o d'un Crostaceo dalle zampe
articolate, o di un mollusco dal piede strascicante, in confronto a quella di un Pesce quale un Tonno o anche
solo una Sardina? Il pesce può cambiare habitat secondo le stagioni, può seguire i mutamenti periodici delle
acque. E più di ogni altro può fuggire il pericolo.
Gli altri animali erano adattati soltanto a precise condizioni della vita marina. Sballottati dalle onde morivano
se non trovavano più il loro ambiente vitale; se erano fissati a un substrato, potevano vivere solo là ove il
mare portava loro il cibo; capaci solo di piccolo spostamenti, erano prigionieri di quelle determinate
condizioni locali che ne avevano permesso la nascita. Come Pesce, l'animale marino può prendere ora
possesso del mare, non ne è più il suo trastullo. Va dove vuole, scende sul fondo o sale in superficie,
penetra nelle cavità delle rocce o percorre le piatte zone
sabbiose, s'aggira nella giungla delle zone costiere, risale gli
estuari, si spinge attraverso gli oceani. Trova ovunque degli
esseri specificatamente adattati a un certo particolare ambiente.
Li divora a suo piacere. Non è adattato a nessun particolare
ambiente marino, ma a tutto l'intero mare; realizza
compiutamente la vita marina. (Certamente vedremo pesci
adattati a un certo ambiente - per esempio, le sogliole e altri
pesci piatti ai fondi sabbiosi - ma si tratterà di evoluzioni
secondarie accompagnate da regressioni).
Se ora consideriamo l'alimentazione, comprendiamo che
l'evoluzione agisce nello stesso senso accrescendo
l'indipendenza. Gli esseri erranti non possono aspettarsi il cibo che dalla probabilità di incontrarne; lo stesso
accade per quelli fissati alla roccia, che però sono avvantaggiati, almeno in una certa misura, dall'avere
scelto una zona favorevole - per esempio, il Balano che abbisogna di molto ossigeno si fissa sulle rocce
battute dalle onde. Al contrario, gli esseri mobili partono alla caccia; e, ad eccezione dei Cefalopodi, quali
esseri marini sono così mobili quanto i Pesci?
Parallelamente, quella particolare nutrizione che è la respirazione ha continuato a perfezionarsi, man mano
che l'organismo evolveva verso la complessità.
Un Protozoo può ricevere ossigeno semplicemente per osmosi, attraverso la membrana della cellula. Una
Spugna crea delle correnti che bagnano ogni parte del suo corpo. I Celenterati perfezionano l'organizzazione
di queste correnti, specializzano le cellule, sviluppano dei tentacoli che hanno anche la funzione di
aumentare la superficie degli scambi. A partire dai Vermi, le cellule specializzate nella funzione
dell'ossigenazione si raggruppano a formare branchie.
Ma allora è necessario che l'ossigeno venga trasportato agli altri tessuti del corpo. Da ciò proviene la
meravigliosa soluzione del sangue, che già s'abbozza negli Echinodermi con una filtrazione dell'acqua
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marina; da ciò la necessità di un sistema circolatorio, di un cuore. Sistemi che si sviluppano appunto nei
Pesci. L'animale cioè è bagnato da un ambiente interno che lo controlla e che gli è più favorevole
dell'ambiente esterno che non dipende da lui.
Anche i sensi hanno una funzione eminente nell'organizzazione "anti-rischio"; se l'organismo è avvertito del
pericolo, potrà tentare di proteggersi o di fuggirlo. E pensiamo non sia necessario far notare come i sensi
abbiano continuato a svilupparsi dai Protozoi ai Pesci. Le facoltà psichiche procedono nel medesimo senso:
l'intelligenza è la previsione di ciò che sta per accadere. Lo sviluppo del sistema nervoso centrale favorisce
dunque la lotta per la vita.
Il controllo della stabilità dell'ambiente interno, l'affinamento dei sensi per scoprire le modificazioni
dell'ambiente esterno, lo sviluppo dello psichismo per interpretarlo, tutto ciò si svilupperà maggiormente nella
vita terrestre; ma dalle prime tappe dell'evoluzione, cioè dal mare, già si vedono delinearsi i gradi della
gerarchia animale. E' perciò giusto dire che un Tonno che percorre migliaia e migliaia di chilometri,
imponendosi alle correnti e alle sue prede, è "superiore" a un coccolitoforide. Il grande fisiologo Claude
Bernard ha scritto questa frase capitale: "La stabilità dell'ambiente interno è condizione essenziale per la vita
libera". L'ambiente interno, chiuso e vivente, del Pesce, con la sua stabilità gli assicura una grande libertà e
gli permette di non dipendere dal caso, dal rischio. E in questo risiede la "superiorità". Tuttavia i Pesci non
hanno acquisito la completa indipendenza propria degli animali più evoluti; come pure nel caso degli Anfibi e
dei Rettili la cui temperatura interna non è costante ma dipende ancora da quella dell'ambiente esterno. Al
massimo gli organismi più grossi si trovano da 3 a 5 decimi di grado sotto la temperatura ambientale; fanno
eccezione i Tonni con 5 o 10 gradi in meno. I Pesci restano dunque schiavi della temperatura e si
comprende allora perché alcuni sono obbligati a migrare secondo le stagioni. Ma quest'obbligo è meno
pesante per gli esseri marini che per quelli terrestri - non parliamo di quelli aerei - poiché l'oceano non
presenta ostacoli, nemmeno su lunghi spostamenti.
I PRIMI VERTEBRATI, I PERCHE' DI UNA GRANDE
CONQUISTA
L'organizzazione generale dei Pesci ha una complessità diversa
da quella degli altri animali marini. Principio basilare è
l'indipendenza delle vie respiratorie da quelle alimentari. Una
corrente d'acqua che porta l'ossigeno disciolto entra attraverso
la bocca che si apre e si chiude, e ne esce più all'indietro
attraverso le branchie che si aprono col medesimo ritmo. (Negli
Squali e nelle Razze l'acqua entra da uno "sfiatatoio" ed esce
dalle "fessure branchiali"). Pur iniziando in bocca, il circuito
alimentare è indipendente. E' questa la soluzione che si
affermerà sulla terra - salvo rimpiazzare lo scorrimento del
fluido respiratorio mediante una corrente di andata e di ritorno
attraverso gli organi di entrata che diventano anche organi di
uscita. A noi sembra "normale" perché è la nostra, ma non è che una delle possibili soluzioni.
La più importante conquista dei Pesci è tuttavia un'altra: la formula dello scheletro, che renderà i Vertebrati i
padroni della creazione. Qui si può realmente parlare di "superiorità" di una formula.
Un organismo molle può essere trasportato dall'acqua ma non potrà mai vivere in un altro ambiente;
soprattutto non ha alcuna difesa di fronte ai predatori. Un organismo che si chiude in un carapace deve
cambiarlo periodicamente per svilupparsi, ciò che richiede un grande dispendio d'energia biochimica e che lo
lascia senza difesa durante le mute. Una conchiglia che ingrandisce con l'animale lo appesantisce
enormemente.
Ma la conchiglia interna (è stato detto che il Vertebrato è un animale che ha inghiottito la sua conchiglia)
sostiene gli organi e si sviluppa con l'insieme del corpo; una soluzione perfetta! Su questa solida struttura
possono innestarsi efficienti organi di difesa e d'offesa, articolarsi quegli organi di locomozione che
conferiscono potenza e velocità. E quando lo scheletro interno comporta anche una colonna vertebrale che
mitiga la rigidità con una certa flessibilità, quando chiude e protegge gli organi più preziosi come il cervello e
il midollo in una vera armatura, allora c'è veramente da stupirsi per la genialità della soluzione. Una
soluzione che i Pesci per primi hanno dato alla vita. La conquista dello scheletro non è avvenuta
bruscamente. Ancor oggi è possibile osservare dei gradi intermedi nella durezza dell'ossatura: alcuni Pesci
come gli Squali e le Razze l'hanno cartilaginea, e tra questi Selaci, negli inferiori, le cartilagini sono talvolta
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ancora membranose; i pesci "ossei" o Teleostei sono apparsi più tardi nella storia del mondo e possiedono
vere ossa.
I Pesci trasmettono a tutti i Vertebrati un'alta conquista: mentre tutti gli essere sin qui considerati avevano
un'epidermide semplice, formata da un unico strato di cellule, appare con essi un'epidermide a più strati, di
cui il più profondo prolifera rinnovando così le cellule in superficie; e questa soluzione porta alle squame,
porterà poi ai peli e alle piume.
Anche nel campo della riproduzione i progressi sono sensazionali -soprattutto se si considerano dal punto di
vista "anti-rischio". Fino a questo punto la regola era di abbandonare nell'acqua le uova o gli embrioni,
esposti a tutti i pericoli. Solo alcuni Molluschi, agglomerando insieme le uova e fissandole in luoghi
opportuni, davano la prova di una certa cura per la prole. Ora, coi Pesci, appaiono parecchie soluzioni che
tendono ad assicurare la protezione dei nascituri. Alcuni Squali e alcune Razze inaugurano l'uovo
voluminoso, ove l'embrione trova un ambiente chiuso che lo nutre sottraendolo ai pericoli del mare. Le uova
degli Squali sono capsule semitrasparenti, simili a cuscinetti con lunghi filamenti agli angoli. La femmina le
depone sulle colonie di Coralli, sui rami dei quali s'agganciano i filamenti, come frutti sugli alberi. Negli
acquari è possibile vedere i battiti del cuore degli embrioni. Ed ecco che in altre specie di Squali, di Razze e
di Torpedini, tutti pesci cartilaginei, sopravviene un progresso essenziale: la femmina non depone le uova
all'esterno ma in una tasca che ha sul ventre. Ed è là, nel corpo materno, che i piccoli sgusciano e iniziano lo
sviluppo; ne saranno espulsi solo quando saranno del tutto formati. Questo caso è intermedio tra l'oviparità
della gran parte degli animali e la viviparità dei Mammiferi: è detta perciò ovoviviparità. Anche alcuni Pesci
ossei sono ovovivipari: due anche nei mari europei, l'Eglefino in Norvegia e il Blennio nella Manica.
Tra gli Ippocampi è il maschio, non la femmina, ad avere la tasca ventrale; la femmina vi depone le uova e in
breve il maschio "partorisce" piccoli Ippocampi.
Esistono anche casi di nidificazioni volontarie. Il più noto è quello dello spinarello marino. Il maschio intesse
tra le alghe un nido fatto di un muco speciale, secreto dai reni. Lo tesse usando il suo corpo allungato come
una spola; ed è ancora il maschio che sta a guardia delle uova deposte nel nido. Ma a prescindere da
questo caso estremo esistono altri tipi di nidificazioni poco noti. Così i Ghiozzi e i Blennidi (pesci che
arrivano sino alle pozze d'acqua e sono perciò noti anche ai bambini) hanno la tendenza a preparare dei nidi
e persino, almeno per quanto riguarda un certo Ghiozzo, una vera casa sotto una conchiglia. Tra i Labridi si
costruiscono nidi simili a quelli degli Uccelli.
I PESCI: CAMPIONI NEL
CAMUFFARSI
I Pesci hanno una forma tipica. Quand'essa raggiunge la
pienezza come nei Tonni o nelle Spigole, sembra essere stata
modellata dalla resistenza dell'acqua, essa stessa cooperando
a ridurre la resistenza del corpo. Ma, dietro questa forma,
quante varietà di struttura anatomica. E attorno a questa forma
quante variazioni! "Vi sono maggiori differenze, ha scritto Luis
Roule, tra una Razza e un Rombo che tra una Rana e un
Uccello o una Lucertola o un Ragno ." E sì che la Razza e il
Rombo sono due pesci che vivono appiattiti nella sabbia, che,
in un acquario, potrebbero essere confusi da un profano essendo entrambi perfettamente mimetizzati.
Poiché vi sono 30.000 specie di Pesci - più delle altre specie nell'insieme delle altre classi di Vertebrati! sarebbe impossibile passare in rassegna anche solo le principali forme. Ci limiteremo ad osservare come i
Pesci si adattino ai diversi habitat e innanzitutto per nascondervisi.
Il colore è essenziale nell'arte del camuffamento. Vi sono pesci color delle alghe che vivono tra le alghe,
come quelli della verde famiglia dei Labridi - il Labro merlo e il Tordo di mare - che rendono saporita la
zuppa di pesce. Vi sono i pesci di superficie - Tonni, Sgombri, Sardine, Aringhe, Cefali, Spigole - che sono
azzurri o grigio-piombo sul sorso - quasi per rendersi invisibili a chi li osserva dall'alto - e, al contrario, chiari
o addirittura bianchi sul ventre - per non essere visibili, nella luce del giorno, a chi li guarda dal basso. Vi
sono tra le rocce pesci color di roccia, quali gli Scorfani e i Capponi che, immobili in un angolo, sono invisibili
anche in un acquario per le marezzature le cui tinte si adattano rapidamente a quelle dell'ambiente, imitando
perfettamente le rocce incrostate, pronti però a scattare e ad afferrare la preda con la loro bocca enorme.
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Lo stesso avviene, ma sui fondali sabbiosi, per la Rana pescatrice, che sembra una pietra. La sua enorme
testa ossuta - che i pescatori decapitano per lasciare solo il corpo - appare in realtà sola, come posata sul
fondo, mentre la coda, relativamente piccola, resta nascosta nella sabbia. Pesce predatore per eccellenza,
dalla immensa bocca, ha sul capo un "filamento-esca": sulla punta di una vera e propria "canna da pesca",
un lembo di pelle sta ad attirare le prede. Tra le alghe sparse la livrea meno visibile è quella rigata da ombre
verticali; e tale la ritroviamo in innumerevoli pesci. Nelle lagune coralline ove i colori, illuminati dal sole
smagliante, sono brillanti, i pesci hanno livree sgargianti. Nelle medie profondità, ove non giungo no le
radiazioni rossi, la tinta predominante dei pesci ) proprio il rosso, ed è questo il mezzo migliore per renderli
invisibili in un mondo illuminato solo dal blu e dal verde.
Ma i casi più perfetti di mimetismo, o più esattamente di omocromia, si trovano tra i pesci della famiglia dei
Rombi, delle Sogliole e delle Passere; o almeno è in questi pesci che il fenomeno è stato meglio studiato.
Giovani Rombi adattano in pochi giorni il proprio colore a quello del fondo di una vasca; ma, "allenati" da
frequenti cambiamenti di vasche, si armonizzano in due o tre ore alla nuova dimora. Si è arrivati a far
"copiare" da alcune Passere, certo in modo grossolano, persino dei fondali a scacchi e a bolli. Se accecato,
il pesce non muta più il colore; e se gli si recidono alcuni nervi simpatici le parti del corpo dipendenti dai nervi
sezionati perdono il potere di mimetizzarsi.
Lasciamo l'adattamento dei colori per quello delle forme, forzatamente permanenti. Ed è sui fondali sabbiosi
che meglio l'osserviamo. La sabbia è piatta; e piatti saranno dunque i pesci che vivono su di essa. Lo sono
infatti ma in due modi: appiattiti sul fianco oppure sul ventre. Sogliole, Passere, Rombi, Halibut... sarebbe
troppo lungo citarli. Riuniamoli tutti sotto il loro nome di famiglia: Pleuronettidi, cioè nuotanti sul fianco.
Derivano da antenati normali, ma hanno subito un'evoluzione "secondaria". Le larve nuotano verticalmente,
secondo la norma. Poi un occhio comincia a viaggiare, fa il giro della testa, raggiunge l'altro; in alcune
specie, per far più presto, prende la scorciatoia e attraversa la carne. Benché siano tra i campioni della
omocromia, questi pesci per maggior precauzione si ricoprono di sabbia, lasciando sporgere solo gli occhi,
occhi prominenti che girano in tutti i sensi quasi fossero su un periscopio. La notte, tenendosi aderenti al
fondale e rimuovendolo con le pinne, cercano vermi.
I PESCI: MERAVIGLIE
DELL'ADATTAMENTO
Ben differenti sono i pesci piatti che nuotano sul ventre: già alla
nascita le Razze hanno il ventre piatto, le pinne laterali espanse
per prolungare il disco del corpo, il dorso e il capo ben
"carenati". La bocca è inferiore, armata di temibili denti piatti,
una vera e propria macchina per macinare, che spezza
facilmente le conchiglie. Raso sabbia, questa bocca che arraffa
qualsiasi tipo di cibo è stata paragonata a una pialla che divora
trucioli. Incollata sulla sabbia, la bocca non potrebbe aspirare
l'acqua per la respirazione. Ancora una volta la natura ci offre
un esempio ammirevole di un essere adattato al suo ambiente:
due buchi, gli "sfiatatoi", si aprono dietro gli occhi, quindi
nell'acqua libera. Sono otturati da valvole dopo ogni
inspirazione, e l'acqua, una volta attraversate le branchie, è
emessa da fessure contro la sabbia.
Sui medesimo fondali vivono anche animali che non vi stanno
aderenti, adattandovisi tuttavia perfettamente. I Pesci Cappone
o Triglidi. Essi hanno le natatorie laterali assai sviluppate in larghezza, con raggi divisi, così da diventare
vere e proprie "zampe", con le quali passeggiano sulla sabbia, a un'altezza sufficiente a far loro scorgere le
prede. Un loro cugino mediterraneo, il Pesce forca, ha subito invece un'evidente evoluzione delle parti
boccali: la bocca infatti è foggiata a becco per metà cucchiaio e per metà forchetta, efficientissimo arnese
per rimuovere il fango. E' evidente che l'adattamento a un medesimo ambiente può dar luogo a forme
differenti. E' così che il Trachino si seppellisce nella sabbia per sorprendere prede nuotanti; in esso
l'evoluzione ha agito sugli occhi e sulla bocca: gli occhi guardano in alto, la bocca s'apre verso l'alto. Questi
caratteri si ritrovano ancora più marcati negli affini Uranoscopidi che, come dice il nome, "guardano il cielo" e
hanno la bocca mostruosa simile alla fessura di un salvadanaio. Altri mezzi dunque per addattarsi a uno
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stesso ambiente. Al contrario un medesimo adattamento porta a sistemi di vita del tutto diversi. Un parente
del Pesce cappone ha conservato le membrane tra i raggi delle pinne laterali notevolmente sviluppate; con
le pinne divenute simili ad ali, non vive più sul fondale ma alla superficie del mare. E' il pesce volante, che
compie lunghi balzi fuori dall'acqua ricadendo con veri "voli planati". E' un tipo di singolare adattamento "antirischio" che permette al pesce di sfuggire ai grandi cacciatori di superficie.
Passiamo ora alle giungle di alghe, anch'esse evolute e sviluppate nelle dimensioni da quando abbiamo
lasciato il regno vegetale, dopo aver parlato delle alghe unicellulari. Passiamo alle praterie delle coste
mediterranee, un termine che si applica alle vere e proprie piante marine, tra cui dominano le Posidonie e le
Zoostere, le cui masse di lunghe foglie nastriformi ondulano in balia delle onde.
In queste praterie vivono pesci straordinari, i Nerofidi, esattamente simili a una foglia, parenti degli
Ippocampi. Lunghi da 25 a 45 centimetri, larghi 1 o 2, nastriformi, hanno la testa non distinta dal corpo quasi
per meglio imitare il nastro rettilineo delle foglie. La prima volta che si scopre uno di questi pesci quasi non si
crede ai propri occhi tanto la somiglianza è allucinante. Non vi è dubbio: in questo caso la natura ha "voluto"
imitare fedelmente la pianta. Ma perché mai? Molti altri animali abitano le praterie sommerse senza fondersi
con l'ambiente, e tuttavia sopravvivono. La rassomiglianza non pare un elemento necessario; tuttavia ha
modellato un corpo animale sino a sviluppare o ad atrofizzare questo o quell'organo. L'Arlecchino dei
Sargassi, nel mare omonimo, un cugino della Rana pescatrice, costruttore di un nido nelle alghe fluttuanti, è
pure perfettamente mimetizzato; ma poiché queste alghe hanno forme complicate, anche il pesce è
provvisto di inverosimili appendici dentate.
Abbiamo visto Crostacei e Molluschi adottare identiche soluzioni per resistere alle onde. Anche i Pesci che
vivono tra l'ondeggiamento dei flutti vi ricorrono: i piccoli Ghiozzi di tutti i bassi fondali ove pescano i bambini,
i grossi Ciclotteri della Manica e ancora pesci simili ai Rombi hanno le pinne ventrali unite a formare una
sorta di ventosa circolare che permette loro, quando la applicano su una pietra, di resistere alle correnti.
Diamo un ultimo esempio di adattamento, un esempio straordinario: le Remore conducono un'esistenza
unica attaccandosi con la ventosa del capo al ventre di uno squalo, attendendo il cibo dai resti del suo pasto.
Bisogna dedurre che la Remora vive così perché ha questa ventosa? oppure che ha questa ventosa perché
vive così?...
Ogni volta che si riflette sull'adattamento di un animale alle sue funzioni, ci si trova di fronte allo stesso
problema: la nozione di "causa" sparisce. Il Tonno è un formidabile nuotatore perché è ammirevolmente
costruito per nuotare? oppure è perché nuota molto che è così fatto? Causa ed effetto sono interdipendenti
in un circolo che si potrebbe dire "vizioso" se non fosse invece pieno di virtù.
ESCONO I PESCI, RIENTRANO I
MAMMIFERI
Ma se i meccanismi, estremamente misteriosi, dell'adattamento
hanno portato alle perfette forme idrodinamiche dei pesci
nuotatori, perché vi sono tanti pesci appiattiti lateralmente?
Perché, si può ribattere, è forse la forma più adatta a cambiare
rapidamente direzione nel nuoto, cosa che devono fare
continuamente. Ma allora come si spiegano le forme a nastro,
allungate? Per le Murene e i Gronghi ciò si può spiegare
pensando alla loro vita negli anfratti delle rocce. Ma per le
Aguglie, pesci di superficie verdi e argentei, perché mai un
corpo serpentino e un becco da airone?
E perché mai la strana forma del Pesce luna? Questo grosso
pesce di superficie che si lascia sballottare dalle onde, drizza nell'aria la pinna dorsale ampiamente
sviluppata. Come gli riesce utile la sua forma grottesca? Sembra anzi che gli nuoccia, rendendolo ben
visibile anche da lontano. E dato che l'omocromia è una legge generale saldamente provata, come mai certi
piccoli pesci dei coralli brillano di una viva luminescenza che li segnala nell'ombra delle anfrattuosità in cui
vivono?
No davvero, spesso la logica non ha più niente a che fare con la vita nella quale la nostra ragione umana
aveva creduto, per un istante, di intravedere dei principi...Per esempio, la vita degli abissi ci sorprende e ci
disorienta quanto più la studiamo. Nessun problema di adattamento all'ambiente - una immensa pianura
fangosa immersa nella notte eterna - può spiegare le forme inimmaginabilmente bizzarre che lo abitano.
Pare che la natura, generalmente incline alla purezza delle linee, all'armonia delle forme, abbia qui voluto la
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sproporzione. Perché mai? Per ricordare la stranezza di questa insospettata vita marina, scegliamo un solo
fatto: alcuni di questi mostri sono femmine che portano uno o più sposi degenerati, nani, ridotti solo a
ghiandole sessuali, attaccati a vita alla femmina col muso, come cornetti o appendici.
Ma vi è un adattamento assai "logico" e la cui riuscita è stata spettacolare, un adattamento che si è
insensibilmente manifestato tra le specie delle zone costiere: quando la marea si ritira, alcune hanno
imparato a respirare l'aria. Ai nostri giorni, per esempio, possiamo vedere Granchi, Vermi, Anemoni, Balani
che non seguono l'onda quando si ritira. Così si possono vedere persino dei pesci che escono
volontariamente dall'acqua: sulle nostre coste certi Blennidi o Bavose (secondo il nome volgare) possono
arrampicarsi sulle rocce. Ma il pesce più nettamente anfibio è il Perioftalmo, della medesima famiglia, che
vive nell'Oceano Indiano e si trascina spesso sulla riva usando le pinne pettorali sviluppate a mo' di zampe.
Un pesce che abbandona il mare... Forse proprio così gli antenati degli Anfibi partirono alla conquista delle
terre emerse, ove regnavano sino ad allora unicamente gli Insetti, nati da forme imparentate coi Millepiedi e
con i Ragni, a loro volta derivati da Vermi marini imparentati coi nostri Anellidi... In ogni caso, non è però in
alcun modo un pesce parente del Perioftalmo quello che ha lanciato i Vertebrati verso una vita terrestre. Si
sa da tempo che i conquistatori delle terre emerse sono stati dei Celacantidi, una famiglia i cui fossili
mostrano che le pinne natatorie erano già abbozzi di zampe. Ebbene, nel 1938 e nel 1952, si è scoperto che
presso le Isole Comore vivono ancora quei Celacanti che si credevano estinti dal Secondario! Anfibi, Rettili,
Uccelli, Mammiferi, la linea dell'evoluzione continuerà così fuori dalle acque. Poi dei Mammiferi viventi sulle
coste si adatteranno di nuovo alla vita marina: sono questi i Pinnipedi, cioè le foche e le Otarie le cui zampe
si sono trasformate (e non ritrasformate!) in pinne natatorie, provvisti di peli, animali che ancora dormono e si
riproducono a terra.
Un adattamento acquatico ancora più spinto porterà ai Cetacei che senza cessare di essere vivipari né di
allattare i piccoli, senza acquisire le branchie, hanno ritrovato, con la scomparsa delle zampe posteriori, il
modo di muoversi proprio dei pesci e persino una coda a due lobi. Una volta ancora vediamo attuarsi il
processo della "convergenza delle forme" che porta ad avere forme identiche esseri che, per diversi che
siano, vivono tuttavia nel medesimo ambiente. Ma resta una differenza: i Pesci hanno la coda verticale, i
Cetacei orizzontale. Le Balene raggiungono i 30 metri e i 150.000 chili. La cosa straordinaria è che questo
mostro della creazione è un microfago, si nutre soltanto di plancton! Il Capodoglio può oltrepassare i 20
metri ed è invece un carnivoro. Orche, Narvali, Marsuini e Delfini sono pure cacciatori e infine, ai giorni
nostri, un nuovo adattamento va sviluppandosi sotto i nostri occhi, più strabiliante di tutti gli altri: a sua volta
l'Uomo ritorna al mare, ma attraverso un adattamento chiaramente artificiale in quanto modifica ed esalta le
sue facoltà per mezzo di macchine.
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