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INCLUSIVE AND UNIVERSAL DESIGN
LEZIONE N.1_ 27.02.2015
Traccia della introduzione al corso
ID e UD, così come ancor di più il DfA, sono discipline trasversali, che per occuparsi dell’uomo
fanno riferimento ai PROBLEMI. Esse sanno riconoscere e gestire la complessità del reale, per
giungere a progetti finalizzati a obiettivi precisi, sapendosi avvalere dei saperi specialistici. Esse si
occupano dell’UOMO RICOMPOSTO. Come altre discipline trasversali mette al centro l’individuo
nella sua totalità
L’attenzione progettuale che permette di realizzare ambienti adeguati per tutte le categorie di
individui, indipendentemente dalle loro condizioni psico-fisiche, secondo i principi dell’UNIVERSAL
DESIGN, richiama principi che esulano ampiamente dai confini della pura dimensione delle
tecniche costruttive pertinenti l’architettura e l’ingegneria delle costruzioni.
La diversità umana è grandemente sottostimata. L’individuo reale che usa e fruisce è, di fatto,
sconosciuto ai più. Un approccio olistico al progetto consente il passaggio dall’uomo alla persona,
dall’utente al fruitore.
USARE: fare uso, servirsi di qualcosa sia per una particolare utilizzazione che abitualmente
UTENTE: chi fa uso di qualcosa che viene offerto (bene/servizio)
FRUIRE: godere, giovarsi di qualcosa, averne la disponibilità
FRUITORE: chi ha la disponibilità e il godimento di un bene
Nel passaggio da utente a fruitore ch’è un notevole scarto esperienziale: da uso utilitaristico
mono-obiettivo per assolvere ad un bisogno o svolgere una funzione specifica all’esperienza della
fruizione che comprende e supera l’uso in quanto tale e sostanzia il valore del godimento.
Il DfA riconosce ed esalta il ruolo della qualità estetica nei processi di comprensione e fruizione,
ovvero riconosce l’emozionamento come una esigenza specifica dell’utenza.
Il DfA implementa olisticamente processi e metodi con l’approccio a tre gambe: progetto ecocompatibile, economicamente accessibile e fruibile in modo inclusivo. Il DfA comprende, nelle
varie fasi del processo, le richieste dell’UD, dell’ID e le varie forme di progettazione partecipata. Il
DfA nasce anche come evoluzione della risposta progettuale al diritto delle persone disabili di
partecipare a tutti gli aspetti della vita sociale; l’accessibilità è una condizione necessaria ma non
sufficiente per il DfA. Un ambiente, un servizio, un sistema o un prodotto è accessibile quando
TUTTI possono accedere alle sue funzioni e usarle. Un ambente, un servizio, un sistema o un
prodotto è il risultato del DfA quando TUTTI sono in grado di fruirne con piacere nel suo
complesso, vedono rispettate le proprie abilità, necessità, aspirazioni e valorizzate le proprie
specificità.
Il DfA è un design concept. Afferma che la diversità umana è una ricchezza utile e agisce di
conseguenza.
Il DfA è uno strumento di integrazione sociale, e consente il dialogo e la partecipazione di tutti, dal
decisore all’utente finale, in tutta la filiera progettuale (dai processi di decision making alla
implementazione e gestione del progetto.
Cosa è l’inclusione sociale? è partecipazione attiva, confortevole e gradevole alle attività
quotidiane, lavorative, sociali e ludiche da parte di tutti.
Il DfA ha attuato e attua una rivoluzione culturale, ridefinendo e implementando alcuni concetti
chiave, quali ad esempio quelli di differenza, disabilità e handicap.
Il DfA rifiuta la classificazione e divisione della popolazione in individui sani e malati, normali e
anormali, perfettamente efficienti e handicappati. Sposa e implementa un approccio concettuale
che ha le radici in una rivoluzionaria classificazione dell’OMS del 1980 che definisce i presupposti
per le condizioni di menomazione, disabilità e handicap.
L’approccio del DfA al progetto è di tipo olistico. Considera l’individuo come un insieme, un intero
più grande della somma delle sue parti. Così lo è il contesto in cui l’individuo si muove come
fruitore. E la società con cui si relaziona. Nell’approccio olistico hanno rilevanza le parti e le
relazioni tra esse che hanno la stessa importanza. E’ una metodologia che si implementa in un
processo. E configura una gestione senza soluzione di continuità di sistemi complessi
L’errore più ricorrente è dividere l’utenza in categorie dalle esigenze diverse/contrapposte. Il
risultato è, nella migliore delle ipotesi, una inclusione attraverso l’esclusione, ghettizzare una
categoria includendoli attraverso una risposta alle loro esigenze con soluzioni ad hoc che tutelino i
loro diritti (ci si collega al concetto di discriminazione funzionalmente accessibile)
Un buon progetto è dunque quello che in un primo momento si concentra sulla soluzione delle
criticità della configurazione maggiormente abilitante, e non su quella discriminante;
successivamente orienta le soluzioni progettuali sinergiche alla fruizione autonoma (ci si collega ai
concetti di utenza limite e fruizione autonoma)
UTENZA AUTONOMA: tutti gli individui che desiderano hanno, nel rispetto delle loro specificità,
una ragionevole probabilità di fruire del sistema in modo autonomo
UTENZA LIMITE: quella parte di TUTTI che ha le specificità maggiormente critiche per fruire del
sistema in modo autonomo
FRUIZIONE AUTONOMA: capacità dell’individuo di fruire in modo autonomo del sistema
progettato o di una delle sue funzioni, senza il ricorso ad un aiuto ad hoc tecnico o umano.
La valutazione della fruizione autonoma aiuta il progettista a gestire la pluralità delle esigenze
tipica della complessità umana, nella disposizione delle risposte progettuali.
ABILITA’ / ABILITA’ RESIDUA
Gli individui sono capaci. La dimensione della capacità li rende diversamente abili
Abilità: capacità su cui un soggetto può fare affidamento
Abilità residua: capacità su cui un soggetto disabile può fare affidamento. Esse sono il risultato di
una concomitanza di fattori soggettivi (cattiva o assente funzionalità fisiologica) oggettivi e
situazionali (dovuti all’intorno e a particolari condizioni)
Da qui l’importanza di considerare la PROGETTAZIONE MULTISENSORIALE, per agevolare le abilità
residue e permettere la fruizione a TUTTI.
DISABILITA’
Si riferisce a capacità funzionali estrinsecate attraverso atti e comportamenti, che costituiscono
aspetti essenziali della vita quotidiana.
La Disabilità è qualsiasi limitazione o perdita della capacità di compiere un’attività nel modo o
nell’ampiezza considerati normali per un essere umano. Può avere un carattere transitorio o
permanente, essere reversibile o irreversibile, progressiva o regressiva. Ma non si riferisce, per il
DfA, ad aspetti inerenti la sola salute, bensì si concretizza nella concomitanza di fattori soggettivi
(relativi alla salute) oggettivi e situazionali (relativi al contesto)
Dis - abilità: non abilità hic et nunc a fruire del sistema progettato per lo standard
Da qui discende l’importanza dell’INTORNO dell’abilitare/disabilitare la piena fruizione. E’ l’intorno
progettato che ci disabilita con la sua inadeguatezza, con il suo essere pensato per l’utente sempre
perfettamente lucido e in forma.
Riflettiamo sui seguenti enunciati: “Un buon progetto abilita, un cattivo progetto disabilita”
“Siamo tutti disabili”
HANDICAP
Condizione di svantaggio che limita o impedisce l’adempimento del ruolo normale per il soggetto
in relazione all’età, sesso, fattori socioculturali. E’ caratterizzato dalla discrepanza fra l’efficienza e
le aspettative di efficienza e di stato del soggetto e del gruppo di cui fa parte. E’ la conseguenza di
un deficit, e non il deficit stesso (OMS, 1980, classificazione della menomazione, disabilità e
handicap) L’handicap è quindi anche un fattore sociale, il risultato dis-abilitante dell’intorno
inadeguato alle esigenze.
ACCESSIBILTA’
Un ambiente, un servizio, un sistema o prodotto è accessibile quando tutti coloro che lo
desiderano (fruitori) possono accedere alle sue funzioni principali ed usarle. L’accessibilità è il
minimo sindacale nell’uso di un intorno per un’utenza specifica (disabili). L’accessibilità è una
condizione necessarie ma non sufficiente per il DfA, che ha come obiettivo si la piena fruibilità, ma
in condizioni di benessere e di qualità per i Tutti.
DISCRIMINAZIONE FUNZIONALMENTE ACCESSIBILE
Identificazione di tutti i sistemi che forniscono soluzioni ad hoc progettate solo per rispondere alle
esigenze specifiche di un gruppo di utenza, inserite NON SINERGICAMENTE all’interno di un
sistema progettato per l’utenza “standard”, con il risultato di creare situazioni discriminatorie per
il gruppo di utenza che si aveva intenzione di includere. E’ il naturale rischio che si corre quando si
imposta il progetto per l’inclusione sulla GIUSTAPPOSIZIONE di approcci esclusivi, cioè quando si
applicano tout court norme, standard e check list. Lo stesso rischio che si corre quando si progetta
“secondo norma”. La norma ha una funzione fondamentale: quella di creare un obbligo
insindacabile che costringe i decisori a fare i conti almeno con alcune delle necessità di base
dell’utenza. Ottemperarle acriticamente, però, e burocraticamente, può essere dannoso e
comportare l’esclusione e non l’inclusione. Esse possono ingessare il progetto o avallano interi
sistemi che di inclusivo e abilitante hanno molto poco. Classico esempio: il bagno pubblico per
disabili.
Riflettiamo sul seguenti enunciato: “Non tutti i diversi sono uguali”
Come risponde il progettista alla ricchezza delle diversità umane?
1. Avendo ben chiare le esigenze e le specificità delle utenze, e valutando le criticità del progetto
rispetto a queste. Per questo, si avvale di competenze che esulano dall’area tecnico-applicativa del
progetto, con consulto multidisciplinari che hanno competenze nello studio dell’utenza, dei suoi
comportamenti, delle sue specificità ed esigenze.
2. Superando il progetto basato sullo standard e agendo sinergicamente con una progettazione
che consideri le disabilità e le utenze specifiche.
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