ALLA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI LIVORNO Oggetto: ricorso avverso l’avviso di liquidazione di maggiore imposta numero ……………emesso dall’Agenzia delle Entrate di Livorno Il sottoscritto dottor Giovanni Riccetti, notaio in Livorno, iscritto al Collegio Notarile di detta città, con studio, presso il quale è domiciliato anche ai fini del presente ricorso e di ogni conseguente adempimento e comunicazione, in Piazza Grande n.4, codice fiscale: RCC GNN 58D07 E625D, senza assistenza di difensore abilitato trattandosi di controversia di valore inferiore ad euro 2.582; ricorre avverso l’avviso di accertamento numero ……… emesso dall’Agenzia delle Entrate di Livorno e ritualmente notificatogli in data …. fatto in data ……………….., al numero ………., il notaio ricorrente registrava presso l’Agenzia delle Entrate di Livorno, utilizzando la procedura di adempimento unico informatico, l’atto di compravendita di cui al proprio repertorio ……….., col quale un'unica parte venditrice, la società …………………., vendeva ad un'unica parte acquirente, signori ………………………….., un appartamento (classato in categoria A/2), una autorimessa (classato in categoria C/6), un posto moto (anch’esso classato in categoria C/6) ed una cantinetta (classata in categoria C/2), tutti posti nel medesimo edificio in ………………………; l’atto, soggetto ad IVA trattandosi di beni venduti dall’impresa costruttrice prima del decorso del termine di quattro anni dalla conclusione dei lavori, prevede un unitario complessivo prezzo di euro ……………………, oltre all’IVA di legge, ed in esso viene richiesta l’applicazione dei benefici di c.d. “prima casa”, ovviamente nei limiti di legge e cioè per l’alloggio principale e per una ciascuna delle pertinenze comprese nelle categorie C/2 e C/6, non potendosi cioè estendere la richiesta di agevolazioni alla seconda pertinenza classata in categoria C/6 (nel caso che qui ci occupa, il posto moto), secondo quanto disposto al proposito dalla nota II bis, punto 3, dell’articolo I della tariffa, parte prima, allegata al T.U. imposta di registro; in sede di liquidazione, il ricorrente notaio, in base al principio di alternatività tra I.V.A. e registro, liquidava le imposte di registro, ipotecarie e catastali in euro 168 (centosessantotto) ciascuna; con l’impugnato avviso di liquidazione l’Agenzia delle Entrate di Livorno richiede invece il recupero delle imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura di euro 168 (centosessantotto) ciascuna, per complessivi euro 509,16 (cinquecentonove virgola sedici), di cui euro 5,16 (cinque virgola sedici) per spese di notifica, che si assumono dovute per la seconda pertinenza classata in categoria C/6 non soggetta ad agevolazione prima casa; in tal senso viene - laconicamente - menzionata la risoluzione 139/E del 20 giugno 2007, senz’altra indicazione e/o argomentazione. diritto E’ da stabilire come debbano applicarsi le imposte di registro, ipotecaria e catastale in presenza di atto traslativo soggetto ad I.V.A., ove l’alienazione avvenga da parte di un'unica parte, ed a favore di altra unica parte, in relazione a diritti reali omogenei di più beni, allorquando l’imposta I.V.A. sia dovuta in aliquote distinte in relazione ai vari beni che formano oggetto dell’atto. Si tratta cioè del caso di alienazione oggettivamente complessa, la cui trattazione evoca il tema dell’unicità o della pluralità di negozi, che trova il punto di emersione nella norma di cui all’articolo 21 del T.U. sull’imposta di registro (D.P.R.131/1986), peraltro operativa anche nei confronti delle imposte ipotecaria e catastale in base ai richiami alla sua disciplina contenuti nella relativa normativa, in forza della quale “se un atto contiene più disposizioni che non derivano necessariamente, per la loro intrinseca natura, le una della altre, ciascuna di esse è soggetta ad imposta come se fosse un atto distinto”, mentre ove derivano necessariamente le una dalle altre “l’imposta si applica come se l’atto contenesse la sola disposizioni che dà luogo alla imposizione più onerosa”. Può pertanto dirsi, seppur la nomenclatura della normativa tributaria non appaia sul punto rigorosa, riferendosi all’atto da sottoporre ad imposizione intendendolo a volte come documento (e se così si deve intendere la tassazione di un atto I.V.A. il problema in oggetto neppure si pone) ed altre come negozio documentato, che ove applicando le normali regole ermeneutiche si evinca che siamo di fronte ad un unico negozio, ovvero quanto non sia possibile considerano isolatamente i frammenti del complessivo accordo contrattuale senza alterarne la funzione economico – sociale, nessuno spazio vi sia per l’applicazione della citata norma di cui al riportato primo comma dell’articolo 21 già citato. Si tratta quindi di verificare se, nell’atto in oggetto, debba ritenersi esistente una pluralità di negozi, oppure si sia di fronte ad un unico accordo che ha, quale oggetto mediato, una pluralità di diritti di beni distinti, cosa ben possibile e che trova anche il proprio fondamento normativo nel disposto di cui all’articolo 1540 del codice civile; trasferendo poi direttamente la soluzione adottata al campo tributario in base al disposto dell’articolo 20 del predetto T.U.R., che dispone che “l’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati per la registrazione, quand’anche non vi corrisponda il titolo o la forma apparente”, norma ritenuta oramai dalla stessa amministrazione finanziaria (da ultimo, si veda circolare 3/E del 22 gennaio 2008, paragrafo 5.1) norma cardine di tutto il sistema dell’imposizione indiretta. Orbene, il ricorrente davvero non riesce a vedere come si possa arguire la presenza di due intendimenti negoziali: unica è la descrizione dell’oggetto, uniche ed unitarie le garanzie prestate dalla parte venditrice circa la proprietà e la libertà di vincoli e pesi, unico il prezzo (la distinzione del valore riferibile al posto moto è indicata ai soli fini di consentire alla parte venditrice di calcolare correttamente l’I.V.A., e quindi emettere una fattura coerente con la vendita posta in essere, e quindi in un certo senso imposta dalla norma tributaria sopra riportata); in altri termini il dedurre, automaticamente, una pluralità di negozi per il solo essere differenziato il trattamento tributario (sub specie aliquota I.V.A. applicabile) cui vengono assoggettati i vari beni oggetto di alienazione, oltre ad essere in stridente contrasto col disposto del predetto articolo 20 T.U.R., appare una vera e propria petizione di principio, che tra l’altro si pone in contrasto col disposto dell’articolo 42 della Costituzione sulla capacità contributiva, finendo per trattare più pesantemente una fattispecie meritevole di un trattamento fiscale agevolato (quella dell’acquisto di prima casa e relative pertinenze) rispetto al caso in cui l’acquirente non potesse accedere a tale trattamento: certo non vi sarebbe stata alcuna contestazione, con applicazione delle imposte fisse un unica volta, se lo stesso acquisto fosse avvenuto da parte di soggetto già possessore di altro alloggio, e quindi non avente diritto al regime tributario di favore. Alla medesima conclusione e per le stesse motivazioni deve pervenirsi in ordine alle imposte ipotecarie e catastali. Sennonché per tali imposte esiste un ulteriore elemento che ancor meglio chiarisce lo svolgersi del ragionamento; l'oggetto di esse infatti non è costituito dall'atto, dal trasferimento ma dalle formalità che da esso scaturiscono. Quando la formalità sia unica, come nei casi prospettati, unica sarà anche l'imposta dovuta (sia ipotecaria che catastale). Se, nel caso in esame, alle uniche formalità di voltura o trascrizione scaturenti dal trasferimento si applicassero sia la imposta proporzionale che quella fissa, si avrebbe una ingiustificato duplicazione di tassazione per le medesime fattispecie fiscali e cioè per le esecuzioni delle formalità, che costituiscono, esse sole, l'oggetto della imposizione. Veniamo infine alla richiamata circolare 139/E del 2007, unico riferimento dell’avviso di liquidazione in quella che l’Ufficio emittente evidentemente intende come “motivazione”. Orbene, al di là dell’ovvia considerazione, recentemente ribadita addirittura dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che evidenzia che circolari e risoluzioni sono espressione di interpretazioni giuridiche di parte, e come tali non sono involanti né per il contribuente, né addirittura per gli uffici finanziari locali, e non trattandosi di provvedimenti impositivi possono ben essere disattesi dalle Commissioni Tributarie e dai Tribunali Amministrativi, se c’è una cosa che l’interprete (ma più in generale chi avanzi una consequenzialità logica di argomentazioni) deve assolutamente evitare è estrarre una frase, od una porzione di frase, dal contesto in cui si trovi, isolandola dalla logica argomentativa in cui essa è inserita, per ricondurla a finalità cui la stessa assolutamente non tendeva. La circolare in oggetto rispondeva ad un interpello che richiedeva se la seconda pertinenza poteva essere considerata o meno “pertinenza” al fine di applicare alla stessa il regime I.V.A. proprio dei beni strumentali (quindi imposte ipotecaria e catastale rispettivamente dal 3 e dell’1%), oppure di quelli abitativi (imposte ipotecaria e catastale fisse), concludendo in quest’ultimo senso; tant’è che la risposta dell’amministrazione mai prende in esame l’imposta di registro, ma esclusivamente l’aliquota I.V.A. che applica alla seconda pertinenza nell’aliquota del 10%, e le imposte ipotecarie e catastali che applica nella misura fissa: ma questo non nel senso di ritenere applicabili le imposte fisse una seconda volta, bensì semplicemente di non ritenere applicabili le imposte proporzionali ricordate! Stante quanto sopra, il ricorrente CHIEDE che per carenza di motivazione, ed in difetto in base alle argomentazioni esposte, codesta On.le Commissione Tributaria voglia annullare l'avviso di liquidazione di cui in premessa, condannando l'Agenzia delle Entrate di Livorno alle spese, da liquidare nella misura ritenuta equa. Si chiede altresì che la presente controversia venda discussa in pubblica udienza (Corte Costituzionale 141 del 23 aprile 1998, e Circolare Ministero Finanze 242/E del 21 ottobre 1998).