NUOVE QUESTIONI SULL'ETICA
Francesco Paolo Casavola
Tra la fine del Novecento e il nuovo secolo sembra celebrarsi la riscoperta dell'etica. L'etica nel
diritto, nell'economia, nella politica, nei media, nella biologia, nella ecologia. Si inaugurano
ricerche interdisciplinari, si pongono metodi e temi per nuovi o rinnovati saperi che hanno come
punto d'osservazione l'etica. La domanda che occorre porsi è quando e perché l'etica era andata
eclissandosi nella cultura occidentale e per quali ragioni se ne registri il ritorno oggi. Dopo la
filtrazione delle dottrine dell'antichità classica nel mondo cristiano, l'etica era diventata un aspetto
della religione. L'etica custodiva le regole della vita, più ancora che il diritto, legando la coscienza
individuale a quella coscienza collettiva, che si è incarnata storicamente nella Chiesa. Le risposte ai
quesiti radicali, che cosa è bene, che cosa è male, che cosa è giusto, che cosa è ingiusto, non sono
più filosofiche, ma religiose.
Buona è la volontà di Dio, bene è conformarsi a quella volontà, il male è la ribellione a Dio, è il
peccato. L'etica della società cristiana si separa nettamente dal diritto e dalla legge e si accosta alla
giustizia. Una espressione pressoché proverbiale del Medioevo cristiano suona così: Iuris auctor
homo, iustitiae Deus. Nella tradizione cristiana già nel mondo antico giustizia è conformarsi
spontaneamente alla volontà di Dio. Dunque giustizia è una virtù personale. L'uomo giusto è il solo
uomo ad essere libero perché non ha bisogno della coercizione della legge. Si raccoglie qui l'eco
della polemica antilegalista che attraversa l'età apostolica e quella patristica e mira a distinguere la
tradizione giudaica, che esaltava la legge e i suoi formalismi, dall'annuncio cristiano della libertà
nella carità. L'etica cristiana è dunque amore e la società che ne viene modellata è una società
fraterna. Tuttavia questa rappresentazione religiosa della vita etica accentua la opposizione tra etica
e diritto, manifesta nel confronto tra la confessione del peccato che ottiene la misericordia di Dio e
la confessione del delitto che determina la condanna del giudice.
L'etica del Cristianesimo ha potuto permeare le varie fasi di svolgimento delle società europee, dal
mondo feudale e contadino a quello mercantile della borghesia urbana, giungendo oltre le soglie
della rivoluzione industriale, proprio perché tendeva a conservare scostate e distinte le vicende
terrene da quelle dell'anima. Nell'immaginario collettivo la salvezza dell'anima sta nel condurre la
vita fino a quel confine che apre il passaggio nell'altra vita. Le vicende di questo mondo sono
invece destinate a dissolversi nel flusso temporale. Gli atteggiamenti etici sono quelli della
vigilanza rispetto alle attrattive mondane della ricchezza, del potere, del successo, e di predilezione
per i modi della vita modesta nella tranquillità della coscienza e della pace sociale. A questa
concezione cristiana della vita etica fa contrasto la sequenza di guerre che insanguina la storia
d'Europa dalle invasioni barbariche ai giorni nostri. Nessun altro luogo della terra ha sperimentato il
furore bellico come l'Europa cristiana. La guerra è diventata una scienza europea esportata nel resto
del mondo. L’antichità aveva avuto lunghi periodi di quiete con la pax romana. L'Europa, invece, ha
avuto la guerra dei cento anni, quella dei trenta anni, e in realtà i brevi intervalli di pace sono stati
poco più che degli armistizi perché gli Stati recuperassero le forze e perfezionassero armi e tecniche
militari per ricominciare ad affrontarsi.
Proprio per questo, tra XVII e XVIII secolo, appaiono in Europa progetti utopici di pace perpetua,
di Sir William Penn, dell'Abate di Saint-Pierre, di Immanuel Kant. Ma il XIX secolo è stato
devastato dalle guerre napoleoniche, il XX da due immani conflitti mondiali. Se poi dai grandi
scenari politici si passa a quello della vita quotidiana si registra una serie interminabile di violenze
tra fazioni cittadine, brigantaggio rurale, rivolte di marginali, scontri di classe, vendette private. La
repressione criminale con torture inquisitorie e terrificanti spettacoli di esecuzioni capitali non
contribuiva certo a rimuovere dalla psicologia collettiva le ossessioni della violenza.
L'etica cristiana della mitezza, per non soccombere e scomparire in una storia dominata dalla forza,
ha dovuto trovare riparo nella Chiesa. E così l'etica della povertà dinanzi al crescente potere della
ricchezza, e così quella della giustizia nel dilagare della iniquità, hanno trovato conforto e soccorso
nella Chiesa. Le beatitudini del Sermone della Montagna per guidare l'etica del Cristianesimo nelle
contraddizioni e nelle smentite della storia si sono dovute collocare come nel loro luogo
escatologico all'interno della Chiesa.
A mano a mano che ci si allontanava dalla societas christiana dell'età medievale, e i valori
evangelici si traducevano nei valori civili della modernità europea, che ne dimenticava la radice
religiosa nei processi di laicizzazione delle istituzioni e di secolarizzazione della cultura, l'etica
cristiana si riduceva alla precettistica morale, e con la casistica all'elenco dei peccati da evitare
piuttosto che alle virtù da esercitare. Non patrimonio della retta coscienza, saggia e libera, ma
direzione della coscienza, timorosa ed incerta, da parte, come si diceva ed usava, di un direttore
spirituale, questo fu l'approdo dell'etica cristiana nei tempi moderni. Il mondo laico formulò il
pregiudizio che i credenti non fossero spiriti liberi, ma sudditi della Chiesa. Quanto alla Chiesa, la
chiusura dinanzi ai problemi della modernità, dalla libertà della scienza alle libertà politiche, al
conflitto di classe, si acuì proprio nel non riconoscere ai laici credenti alcuna autonomia di
valutazioni e di iniziative che non fossero rigorosamente conformi al Magistero e dalla Chiesa
direttamente o indirettamente suggerite o promosse. Il primo distacco fu quello della scienza
dall'etica. L'avvio fu dato dalla nascita delle scienze nuove, che rimosse tutta la impalcatura
teologica a sostegno di una conoscenza della natura non contrastante la tradizione delle Scritture.
Gli scienziati si sentirono sempre più estranei alle domande sui fini dell'uomo, su ciò che fosse bene
e ciò che fosse male nel progresso delle conoscenze e delle realizzazioni tecnologiche. Il secondo
distacco fu quello della politica. Le rivoluzioni liberali diedero un fondamento umano e razionale
alla uguaglianza e alla fraternità degli uomini, recidendo ogni rapporto con un'etica religiosa. Gli
stessi cattolici liberali rinserrarono la loro fede in un ambito privato e personale, . non giudicando
potesse motivare condotte pubbliche di azione politica. Anche il diritto positivo, sciolto ogni
residuo legame con le dottrine giusnaturalistiche, fu costruito come un dominio della logica
razionale, isolato rispetto all'etica. L'economia, lontana ormai dall'attenzione ai sentimenti morali,
che fu di Adam Smith, è stata del tutto sottratta a fini ulteriori rispetto a quelli della produzione
della ricchezza. Le più recenti scienze della società descrivono i meccanismi razionalmente
analizzabili dell'organizzazione sociale, non partecipando ad opzioni etiche o religiose.
Perché allora un ritorno all'etica? Il posto lasciato vuoto dall'etica del Cristianesimo è stato occupato
nel corso del Novecento dalle grandi utopie politiche del comunismo e del fascismo. Entrambe
hanno sorretto una concezione totalitaria della organizzazione della vita, hanno ambito
all'assolutezza di religioni secolari su cui fondare una società nuova, un uomo nuovo. La caduta
rovinosa di queste ideologie ha riproposto il problema della salvezza della persona umana oltre tutte
le forme del mondo sociale. Dopo il secondo conflitto mondiale si torna a comprendere che
l'individuo non può essere sacrificato allo Stato, ma che al contrario lo Stato, e soprattutto lo Stato
retto in regime di democrazia, è uno strumento funzionale al rispetto del primato della persona. La
Costituzione della Germania federale del 1949 si apre con questa dichiarazione: "La dignità
dell'uomo è intangibile".
Nel 1948 le Nazioni Unite proclamano la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. Da allora
patti internazionali, Corti costituzionali nazionali, la Corte europea dei diritti dell'uomo, fino alla
recentissima Carta dei diritti fondamentali dei cittadini dell'Unione europea, pongono come fine
primario di ogni ordinamento degli Stati e della comunità internazionale la tutela della persona
umana. Su questo punto specifico etica e diritto si congiungono. Non per caso principi costituzionali
sono considerati valori etici più che prescrizioni giuridiche. Ma qui sembra anche cessare la
divaricazione tra etica e politica quale si era configurata all'inizio dei secoli moderni. La politica
come arte del governo dello Stato, nelle dottrine e nelle pratiche del mondo europeo, aveva
abbandonato l'ispirazione aristotelica della realizzazione della vita buona degli uomini. Il Principe,
il Leviatano, lo Stato totalitario avevano sostituito i fini propri con quelli degli uomini. Più che con
una trattazione dottrinale, la distanza tra fini degli Stati e vita degli uomini si coglie in quel
capolavoro narrativo che è Guerra e Pace di Leone Tolstoi. Non c'è dubbio che l'enorme bagno di
sangue del secondo conflitto mondiale con i suoi cinquantaduemilioni di vittime, con gli orrori dei
campi di deportazione e di sterminio, i bombardamenti e le rappresaglie contro le popolazioni civili,
le persecuzioni politiche e razziali, ha fatto riscoprire l'uomo come individuo singolo. La
Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo usa il termine 1'homme cytuaien della Dichiarazione
francese del 1789.
Quello era l'uomo uscito dallo stato di natura e divenuto cittadino nello stato di società. Gli human
beings non sono neppure cittadini, dal momento che le loro stesse Patrie li hanno discriminati e
annientati. Sono dunque questi esseri umani, nudi ed inermi, ad essere riconosciuti titolari di diritti,
che li riguardano non come appartenenti ad una nazione o ad uno Stato, ma al genere umano. Questi
diritti sono prepolitici e precostituzionali e proprio per questo inviolabili da qualunque autorità o
potere costituito. Ma ancora per la loro natura prepolitica essi si dirigono ad ogni individuo umano
perché li rispetti negli altri suoi simili, li renda effettivi e non li rivendichi soltanto per sé. L'etica
come consapevolezza della dignità umana e adempimenti di doveri, di ciascuno norma verso tutti
gli uomini è il segno dei nostri tempi, al di là degli eventi, da cui nasce per paradosso, ma anche al
di sopra delle incerte e contraddittorie filosofie novecentesche.
L'economia, dell'età liberale e quella del socialismo reale, è stata battuta anch'essa, come la politica,
per l'inconciliabilità del modello individualistico e di quello collettivistico con le istanze di rispetto
della persona. L'etica in economia impone la costruzione di regole di mercato, che salvaguardino la
libertà dei privati e la coesione sociale, e, nella prospettiva della globalizzazione, che contrastino gli
squilibri tra i Paesi ricchi, nei quali si raccoglie poco più che un miliardo di abitanti del pianeta, e i
Paesi della povertà e della fame, che contengono gli altri cinque miliardi.
La politica è costretta a far propri i fini etici della persona perché il regime, ormai dominante, è
quello della democrazia, in cui protagonista è il consenso individuale. Ecco perché la maturazione
di una coscienza etica nella cultura della cittadinanza democratica è essenziale perché non siano
sviati i fini delle rappresentanze parlamentari e dei governi rispetto al paradigma combinatorio della
libertà e dignità della persona e del bene comune. Nello stesso orizzonte si muove l'istanza etica
della libertà del pensiero e della cultura e del pluralismo informativo, che sono forme costitutive
della coscienza ed insieme richiamo ai poteri sociali di servire l'uomo e non di servirsene.
Un fronte particolarmente cruciale è quello della bioetica. Le tecniche di riproduzione assistita
pongono un duplice problema, quello della separabilità della identità biologica e della identità
sociale del procreato, dovuta alla eventuale inseminazione eterologa della madre, ma anche alla
separabilità della gestazione e del parto rispetto al concepimento, nel cosiddetto affitto d'utero.
Quanto agli embrioni eccedenti ai fini della procreazione, si pone il problema della loro
utilizzazione o distruzione o ibernazione o adottabilità. Il rischio di reificazione o mercificazione
della persona umana in questa fase della vita e palese. Il progresso delle tecniche biomediche sul
corpo dell'uomo implica una particolare vigilanza etica sulle eventualità di una degradazione
dell'uomo da soggetto ad oggetto. Questo vale quando il trapianto di organi si trasformi in mercato
di pezzi di ricambio del corpo dell'uomo, quando il prolungamento artificiale della vita, con il
cosiddetto accanimento terapeutico, elimina ogni consapevolezza della dignità della morte, come in
reciprocità l'abbreviamento della vita con l'eutanasia può indurre l'idea di una disponibilità della
vita in funzione della eliminazione della sofferenza del proprio corpo e della vista del dolore altrui.
La migliore conoscenza dei meccanismi della vita degli ecosistemi ha accresciuto la consapevolezza
della influenza dell'uomo sia sul degrado sia sulla conservazione degli equilibri naturali nel pianeta.
Sappiamo oggi che gli effetti di alterazione del clima a seguito di interventi localizzati dell'uomo,
come deforestazione, mutamento di colture, di deflusso di acque, emissione di fumi industriali, si
propagano a grandi distanze e agiscono nella durata temporale su flora, fauna, esistenza umana.
L'etica in ecologia è un appello alla mitica custodia del giardino, di cui l'uomo sarebbe stato
investito dal Creatore. La modulazione odierna di questo compito etico verso la natura è data dalla
responsabilità dei viventi per le generazioni dei venturi, cui non dobbiamo consegnare una terra più
infelice di quella che ci è stata data alla nostra nascita. Ancora una volta siamo chiamati a
trasmettere la vita con un significato che trascende la mera riproduzione e che è l'amore per gli
uomini. Amore per i nostri immediati discendenti, amore per i lontani e per le ignote generazioni
avvenire. Il ritorno dell'etica, in ogni sua rifrazione, è ancora una volta, come al primo annuncio del
Cristianesimo, comandamento di amore.