Le discipline filosofiche e le riforme scolastiche in Spagna dal 1990

Luis Maria
Cifuentes
Le discipline filosofiche e le riforme
scolastiche in Spagna dal 1990 al 2010
Aprile 2012
Il Giardino dei Pensieri
www.ilgiardinodeipensieri.eu
Il Giardino dei Pensieri
Aprile 2012
Luis María Cifuentes1
Le discipline filosofiche e le riforme scolastiche in Spagna
Dal 1990 al 2010. Uno sguardo dall’osservatorio filosofico della S.E.P.FI.
La trasformazione della presentazione della mia conferenza in PowerPoint in un
testo discorsivo mi permette adesso, passati alcuni mesi, di riflettere nuovamente su
quanto dissi a Calanda alla fine del giugno del 2011. Nonostante le idee siano le
stesse, riscrivendole ora in forma più dettagliata emergono concetti che è necessario
ripensare con maggiore precisione.
L’obiettivo principale di questa conferenza è di mostrare in che modo le successive
riforme scolastiche realizzate in Spagna abbiano interessato sempre le discipline
filosofiche e di come la SEPFI sia stata sempre attenta a tali cambiamenti
legislativi, cercando di mantenere con serietà e rigore l’autonomia della Filosofia di
fronte ai tentativi di piegarla ai differenti interessi partitici e alla tutela più o meno
manifesta o latente della religione, del discorso scientifico-tecnologico e della
“correttezza politica”. La meta-filosofia che desidero esplicitare nel corso di questa
conferenza ha come fondamento la libertà di pensiero e l’autonomia morale dei
professori e degli studenti di filosofia nell’insegnamento secondario come pure
nell’Università.
La libertà di critica epistemologica e l’autonomia morale collocano l’insegnamento
delle discipline filosofiche in una difficile situazione, dal momento che la filosofia
non è una disciplina “standard” come le altre; non è scientifica né umanistica; è
piuttosto interdisciplinare e interculturale e propone sempre il dialogo come unica
via di sviluppo personale, e la cooperazione come la migliore strategia di
apprendimento tra tutti gli agenti razionali che abbiamo la capacità di pensare e di
utilizzare.
1. La riforma della L.O.G.S.E. (1990)
A partire dalla vittoria elettorale del Partito Socialista nel 1982, la necessità di una
riforma scolastica di grande portata si fece sempre più urgente. Già la UCD
(Unión de Centro Democrático), tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni
Ottanta, era cosciente della convenienza di una nuova cornice legislativa capace di
proporsi la riconversione della seconda tappa della EGB (Educación General Básica
– Istruzione Generale di Base) e del BUP (Bachillerato Unificado Polivalente – Liceo
1
Luis María Cifuentes è docente di filosofìa e presidente della S.E.P.FI. (Sociedad Española de
Profesores de Filosofìa – Società Spagnola dei Professori di Filosofia). Il testo di questo articolo è la
trasposizione dell’intervento tenuto al convegno spagnolo Filosofía y educación (30 giugno - 2 luglio
2011) organizzato presso il Centro Buñuel di Calanda (Teruel) dalla Universidad de Verano de
Teruel e dalla Universidad de Zaragoza.
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Unificato Polivalente). Però fu il governo socialista, uscito dalle urne nel 1982, che
realizzò una riforma scolastica che attraversò varie fasi e che culminò nella LOGSE
(Ley Orgánica de Ordenación General del Systema Educativo – Legge Organica di
Sistemazione del Sistema Scolastico) del 1990.
L’aspetto più innovativo della prima fase della Riforma scolastica iniziata dal
Ministero dell’Istruzione del Psoe nel 1983 fu la partecipazione di numerosi gruppi
di professori dell’Istruzione Superiore, tanto di Istituti pubblici quanto privati, a un
processo di sperimentazione della riforma scolastica che si prolungò fino al 1987.
In quegli anni l’entusiasmo e la cooperazione con i responsabili politici furono la
nota dominante, infatti era la prima volta che i docenti si sentivano protagonisti
delle trasformazioni legislative che si stavano disegnando nel sistema scolastico.
I problemi centrali che occuparono e preoccuparono i legislatori e soprattutto i
docenti di Liceo in quegli anni erano principalmente due: il prolungamento
dell’obbligo scolastico fino a 16 anni, il modello di scuola comprensiva e
l’attenzione alla diversità. In tutti questi temi, l’atteggiamento dei docenti liceali fu
di collaborazione e aspettativa. Lo sforzo che molti di loro fecero per superare i
pregiudizi accademici e le abitudini di lavoro in classe fu notevole. Per questo, io
stesso scrissi in più di una occasione nella nostra rivista PAIDEIA che i professori
liceali erano sottoposti ad una vera “riconversione professionale simile a quella che
in quell’epoca, ad esempio, si osservava nella siderurgia spagnola”. La cronaca di
quegli anni (1983-1987) è stata descritta in modo ambivalente dai diversi
responsabili politici più eminenti in un prezioso libro intitolato La reforma
experimental de las enseñanzas medias (1983-1987). Crónica de una ilusión.2
Quella illusione di una riforma scolastica sperimentata previamente nelle aule e
realizzata dal basso fu in un certo modo un miraggio che durò molto poco. Nel
1985 con l’arrivo alla Segreteria dello Stato di Álvaro Marchesi si produsse una
curvatura molto significativa nella politica scolastica del governo socialista. Tutto il
potere politico fu affidato, per quanto riguarda l’ambito scolastico, agli psicologi e
ai pedagoghi: iniziò un’importante trasformazione nel modo di concepire i nuovi
Centri della Secondaria e cambiò radicalmente il nuovo ruolo del professore della
scuola secondaria in questi Centri. Senza risorse sufficienti e mezzi adeguati per
questa riforma si introdussero molti cambiamenti negli Istituti Pubblici della
Scuola Secondaria; e furono di una tale ampiezza che ancora oggi si possono
individuare i molti effetti negativi di quell’impianto della LOGSE. In molte
occasioni ho scritto che quella riforma scolastica attuata in tutta la Spagna a partire
dal 1990 fu realizzata senza il corpo docente e, in qualche caso, contro lo stesso
corpo docente. Questo non significa che ad uno sguardo retrospettivo non si debba
2
La riforma sperimentale dell’istruzione media (1983-1987). Cronaca di un’illusione. Tra gli autori vanno
ricordati José Segovia, Manuel Menor e Manuel Moreira.
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fare anche un lavoro di autocritica sulla resistenza irrazionale di molti professori di
Liceo ad assimilare ed accettare quelle trasformazioni.
Però quello che è indubbio dal punto di vista politico è che ogni riforma scolastica
deve realizzarsi sempre contando sull’appoggio del corpo docente, con la
convinzione che questo ne debba essere il protagonista fondamentale e mai, invece,
gli assessori politici che non stanno in classe.
E’ già noto a tutti il nuovo schema delle tappe educative a partire dalla LOGSE e i
suoi effetti sugli Istituti Nazionali liceali. Dal 1990 gli studenti iniziarono a
frequentare la ESO (Enseñanza Secundaria Obligatoria – Scuola Secondaria
Obbligatoria) negli Istituti e Collegi liceali e da allora i bambini del primo anno
della ESO a 12 anni si unirono, in questi Centri della Secondaria, con i ragazzi del
Liceo che si vide ridotto a due corsi (1° e 2°). Il modello di organizzazione e
funzionamento degli istituti liceali soffrì un cambiamento radicale e la tappa della
ESO divenne l’asse della nuova problematica scolastica in relazione agli alunni con
scolarizzazione obbligatoria fino ai 16 anni (4° corso della ESO).
Dal 1990 fino ad oggi si è prodotta una profonda divisione all’interno del corpo
docente liceale tra i sostenitori della LOGSE e i suoi detrattori, arrivando in alcuni
casi a considerare quella legge scolastica la responsabile dell’ignoranza e della
stupidità degli adolescenti spagnoli d’oggi. Forse nessuno ha ragione, poiché la
pedagogia non è responsabile del formalismo pedagogico in cui sono incappati
alcuni difensori della LOGSE; però neppure sono nel giusto coloro che vedono
l’insegnamento tradizionale e il modello educativo franchista come il migliore della
recente storia spagnola. Forse dovremmo tutti conoscere un po’ meglio gli obiettivi
e i successi della Institución Libre de Enseñanza (“Istituzione dell’insegnamento
libero”) e della scuola della seconda repubblica (1931-1936) per valutare in modo
equilibrato la storia educativa del nostro paese.3
2. Le materie filosofiche nella L.O.G.S.E. (1990)
Prima di analizzare dettagliatamente tutto ciò che concerne la LOGSE e le materie
filosofiche, devo dire che il clima politico nel quale si è elaborata la LOGSE non fu
tranquillo, nonostante il Partito Socialista disponesse della maggioranza assoluta in
Parlamento. La LOGSE elaborata dal governo socialista non ebbe il consenso di
tutti i partiti; questa legge non fu appoggiata dal Partito Popolare ma non si
raggiunse un risultato positivo neppure con le seguenti leggi. Come abbiamo scritto
molte volte nella nostra rivista PAIDEIA, questa mancanza di consenso è un grave
errore della politica scolastica spagnola. Non è ammissibile che ogni nuovo governo
imponga una nuova legge del sistema scolastico e cerchi di distruggere l’edificio
legislativo anteriore. La politica scolastica è quella che più di tutte ha bisogno di
3
Cfr. Pérez Galán M., La enseñanza en la Segunda República, Biblioteca Nueva, 2011 Madrid.
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consensi dal momento che la società della conoscenza esige un sistema scolastico di
qualità nel quale la scuola pubblica ricopra un ruolo centrale e di coesione sociale.
Nel Libro Bianco (1987), che vide la luce prima della promulgazione della LOGSE,
si citava la nota della SEPFI come uno degli apporti più interessanti prodotti a
nome dei professori di filosofia di tutta la Spagna. Tuttavia, la nuova legge del
1990 non tenne in considerazione molte delle proposte lì avanzate. Ad ogni modo,
fu uno sforzo straordinario da parte del Ministero dell’Istruzione quello di
conoscere direttamente quali fossero le proposte del corpo docente di tutte le
discipline e in tutto il paese.
Il percorso della politica scolastica, che iniziò con le prime riforme sperimentali,
continuò con la LOGSE (1990) e terminò nel 1996 dopo quattordici anni di
governo socialista. In questi anni, la Società Spagnola dei Professori di Filosofia
ebbe compiti di osservazione e consulenza in tutto ciò che riguardava le materie
filosofiche della ESO e del Liceo.
In questo senso, la mia analisi dei pregiudizi dei diversi responsabili dei governi
socialisti si fonda sulla mia osservazione e interlocuzione diretta con alcuni di loro
in diverse occasioni.
Tra i pregiudizi più o meno espliciti che ho potuto osservare in quegli anni nei
responsabili politici del Ministero dell’Istruzione vorrei segnalare i seguenti: una
visione antiquata della filosofia come metafisica, una visione dell’etica come mero
strumento di “addestramento” a norme e valori e una visione della storia della
filosofia come un lusso erudito ed elitario di scarsa utilità educativa.
La SEPFI fece un grande sforzo a partire dal 1980 per costruire un consenso
relativamente al curricolo delle materie filosofiche e fu sempre contraria a
considerare la materia “Etica” un’alternativa alle lezioni di Religione e Morale
cattolica. Questa era e continua ad essere la pretesa dei vertici dell’episcopato
cattolico spagnolo che, in questo modo, vuole assicurarsi degli studenti
“prigionieri”, obbligati a rimanere nei Centri pubblici mentre altri esercitano il
diritto di ricevere la propria morale particolare.
Tuttavia il governo socialista fu sempre d’accordo a non fare dell’Etica una materia
alternativa alla Religione perché voleva che l’educazione morale fosse una materia
comune ed obbligatoria per tutti gli studenti della ESO. Il dibattito che allora si
sollevò (dal 1985 al 1990) tra i docenti di filosofia e i responsabili del Ministero
dell’Istruzione, specialmente con il Segretario di Stato Álvaro Marchesi, si
concentrò finalmente sull’approccio che bisognava assegnare all’educazione ai valori
all’interno della LOGSE. Mentre i responsabili del Ministero volevano un
approccio trasversale, senza assegnare questa materia a nessun gruppo specifico di
professori, la maggior parte dei docenti di filosofia, raggruppati intorno alla SEPFI
e alla Lega Spagnola per l’Istruzione e la Cultura Popolare, difendevano una
visione filosofica della materia Etica e la sua assegnazione ai docenti di filosofia che
già la insegnavano nel BUP.
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Oltre a questo tipo di questioni relative all’incastro curricolare dell’”Educazione ai
valori”, ci fu in quell’epoca un altro aspetto molto più profondo del dibattito. Mi
riferisco all’approccio alla stessa educazione morale o all’educazione ai valori che si
voleva costruire all’interno della LOGSE. La “trasversalità” difesa dai responsabili
del Ministero dell’Istruzione insisteva molto più sugli elementi comportamentali e
procedurali che sui contenuti cognitivi della materia.
Per questo, si arrivò in un primo momento a considerare l’Etica come un blocco o
appendice delle Scienze sociali nel corso del quarto anno della ESO. Inoltre questa
“Educazione ai valori” non richiedeva secondo il Ministero nessuna
specializzazione precedente da parte del corpo docente perché si suppone che ogni
professore sia un “educatore ai valori” e sia già qualificato per educare moralmente
gli studenti. Invece noi professori di filosofia sostenevamo allora e adesso che non
ogni professore conosce i fondamenti delle norme e dei valori morali, né la storia
delle teorie etiche, né la filosofia sociale e politica che bisogna studiare prima per
poi affrontare il tema dell’educazione ai valori nel mondo attuale. In ultima
istanza, la posta in gioco dietro tutto questo dibattito sul tema dell’educazione ai
valori era la concezione del corpo docente della Scuola Secondaria perseguita dai
responsabili del Ministero e, all’opposto, la realtà di questo stesso corpo docente
liceale. La distanza iniziale e lo scontro successivo tra il desiderio e la realtà del
vecchio corpo docente che stava per essere convertito in educatore della ESO per
decreto fu una delle cause del fallimento della LOGSE in molti Istituti pubblici
spagnoli.
Questa distanza iniziale e questo scontro successivo si devono al fatto che continua,
senza trovare una soluzione nel 2011, il problema della Formazione Iniziale e
Permanente dei Docenti della Secondaria nel sistema educativo spagnolo. E non
crediamo che la realizzazione del nuovo Master di Formazione Iniziale dei Docenti
della Secondaria stia contribuendo ad un reale miglioramento. La vecchia idea di F.
Giner de los Ríos che tutti i professori, dall’età infantile fino all’università, siano
educatori morali e non semplici istruttori di determinate discipline, continua senza
essere stata applicata alla formazione di tutti i docenti spagnoli.
La riconversione professionale che ha implicato la LOGSE per il vecchio corpo
docente liceale è stata imposta e mal accettata dalla maggior parte dei professori
della Secondaria e questi docenti abbastanza demotivati e demoralizzati hanno
costituito un fattore determinante per il fallimento della riforma scolastica della
LOGSE.
Per concludere la valutazione dell’insegnamento delle materie filosofiche incluse
nella LOGSE devo segnalare alcune altre cose. La storia della filosofia venne
ridotta nella LOGSE ad una semplice materia facoltativa di Specialità nel Liceo di
Umanità e Scienze sociali. Con questo spostamento curricolare, la storia della
filosofia ha iniziata ad essere frequentata solo dal 15% degli studenti del secondo
anno di Liceo e la diminuzione delle ore di lezione dei Dipartimenti di Filosofia
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costituì un ulteriore elemento di malessere tra i docenti di filosofia di tutto il paese.
E questa situazione di emarginazione curricolare della storia della filosofia fu risolta
solamente dopo l’arrivo al governo del Partito Popolare nel 1996. Questo gruppo
politico, in nome della difesa delle materie umanistiche, e con l’appoggio della
SEPFI, ottenne nuovamente che la storia della filosofia fosse materia comune ed
obbligatoria per tutti gli studenti del secondo anno di Liceo.
L’idea che, in epoca socialista, i responsabili politici del Ministero dell’Istruzione
avevano della storia della filosofia era fuori luogo, in quanto consideravano questa
materia come un lusso, un ornamento inutile e non necessario di carattere elitario,
sprovvisto di qualsiasi utilità sociale. In quell’epoca si affermava con enfasi di
modernizzare il sistema scolastico e la storia della filosofia sembrava a molti
dirigenti politici del Partito Socialista un’anticaglia, una neoscolastica reazionaria
ed inutile. Mi sembra che questi pregiudizi sulla storia della filosofia perdurino
tutt’oggi in molti dirigenti politici; è come se la storia del pensiero occidentale non
avesse avuto nessun ruolo nella formazione delle idee politiche, economiche e
sociali del mondo attuale: neoliberalismo, neotomismo, neomarxismo,
neoanarchismo e neoesistenzialismo.
Dal punto di vista legislativo, le discipline filosofiche rimasero nella LOGSE
secondo le seguenti modalità:
- Etica del quarto anno della ESO conservò la sua ambivalenza tra Scienze Sociali
e Filosofia. Era una materia comune per tutti gli studenti del corso conclusivo della
ESO. Le furono attribuite due ore settimanali e venne assegnata ai Dipartimenti di
Filosofia;
- Filosofia del primo anno del Liceo continuò ad essere una Introduzione alla
Filosofia con un curricolo nel quale si giustappongono elementi di Antropologia,
Logica, Epistemologia ed Etica. Le furono attribuite tre ore settimanali;
- Storia della filosofia aveva un curricolo nel quale si presentava la sequenza delle
principali correnti ed autori della storia della filosofia con una pretesa di esaustività.
Era totalmente svincolata dalla trattazione dei temi del primo anno di filosofia,
fatto che noi della SEPFI abbiamo sempre criticato.
Il resto delle materie che i Dipartimenti di Filosofia potevano insegnare, in accordo
con la normativa vigente, erano Psicologia del secondo anno di Liceo e “Società,
cultura e religione” del primo anno. Sulla cosiddetta “Società, cultura e religione” si
potrebbero dire molte cose, ma per abbreviare dirò che si trattò di un modo di
accontentare la Conferenza Episcopale la quale pretendeva che le ore di etica
fossero alternative a quelle di religione e morale cattolica, e non un’alternativa
come lo studio o le attività di rinforzo. In questo modo, la storia e cultura delle
religioni si introdussero senza essere materie valutabili nel curricolo ufficiale.
Questo sistema totalmente atipico e anomalo nel quale gli studenti della ESO e del
Liceo iniziavano ad addentrarsi in una conoscenza più oggettiva e neutrale
dell’universo religioso si convertì per i professori di filosofia in una nuova difficoltà
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accademica perché né i docenti erano preparati per insegnare questa nuova materia
né gli studenti possedevano alcun interesse o motivazione per studiare qualcosa che
non era valutabile. Nessuno era cosciente dello spreco di ore e di risorse umane che
in questo modo si stava producendo nell’insegnamento pubblico? Se la conoscenza
interdisciplinare della cultura religiosa era ed è importante per gli studenti, perché
non includerla in altra forma nel curricolo della ESO e del Liceo? E soprattutto
una questione di tipo politico: perché bisogna continuare ad obbedire alle norme
della Conferenza Episcopale in uno Stato non confessionale come quello spagnolo?
Nel caso di Psicologia, le interpretazioni della normativa avanzate dalle differenti
Comunità Autonome hanno fatto ricadere l’insegnamento di questa materia sugli
psicologi del Dipartimento di Orientamento degli Istituti. Tuttavia all’interno della
SEPFI abbiamo sempre sostenuto, con la legislazione alla mano, che sono i docenti
di filosofia che devono insegnare questa materia. Di fatto, in ogni Comunità
Autonoma e forse in ogni Centro della Secondaria, si sono applicati criteri distinti
a seconda delle necessità dei professori.
Per ultimo, la materia di “Scienza, tecnologia e società”, che si poteva insegnare in
uno dei due corsi di Liceo, non fu attribuita a nessun Dipartimento; per questo
motivo e per la scarsità dell’orario di lezione in molti Dipartimenti degli Istituti
Pubblici si produssero scontri molto sgradevoli tra colleghi dei distinti
Dipartimenti di Scienze e Filosofia. Questa materia era chiaramente
interdisciplinare e avrebbe potuto essere un buon campo di sperimentazione
docente, però ancora una volta la normativa legislativa così poco chiara e gli
interessi individuali e corporativi impedirono quasi sempre una docenza adeguata
di questa innovativa materia.
Uno degli argomenti di cui la SEPFI si valse di fronte al Ministero affinché si
assegnasse questa nuova materia ai Dipartimenti di Filosofia fu che durante i corsi
dal 1990 in poi la nostra Società di professori era quella che più di tutte aveva
stimolato riunioni, corsi e seminari su questa materia nella Comunità di Madrid e
in altre Comunità Autonome, e che il carattere interdisciplinare della materia
consigliava che la insegnassero i docenti di filosofia. La nostra petizione non fu
ascoltata e al giorno d’oggi si sono sprecati tutti quei materiali che molti
professionisti della filosofia avevano elaborato su S.T.S. (“Scienza, tecnologia e
società”).
3. L’osservatorio della S.E.P.F.I. sulla L.O.G.S.E.
Dal 1980 la Società Spagnola dei Professori di Filosofia offrì ai successivi governi e
Ministeri dell’Istruzione la possibilità di contare su un interlocutore rappresentativo
per poter dibattere tutte le questioni relative all’insegnamento delle materie
filosofiche del nostro sistema scolastico. Inoltre la SEPFI si autocostituì come
osservatrice e collaboratrice del Ministero dell’Istruzione ed il frutto di tale
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cooperazione disinteressata sono stati i numerosi contributi scritti che furono
indirizzati a diversi responsabili del Ministero dell’Istruzione dal 1980 fino al 2006.
La proposta elaborata dalla SEPFI nei diversi fori e assemblee realizzate a Madrid
tra il 1985 e il 1990, alle quali parteciparono centinaia di professori di filosofia di
tutta la Spagna, fu inviata al Ministero dell’Istruzione ma non fu mai presa in
considerazione dagli assessori tecnici del Ministero stesso.
La nostra proposta si può riassumere nel seguente modo.
- Un ciclo di educazione filosofica articolato e progressivo ossia una sequenza
organizzata e coerente di distinti livelli e tematiche filosofiche che ruotino intorno
alla considerazione dell’apprendimento della filosofia come “apprendere filosofia e
a filosofare” e che includano anche l’apprendimento dei procedimenti propri della
filosofia; soprattutto di questi tre: la dissertazione, il commento ai testi nell’ambito
della scrittura filosofica e l’argomentazione filosofica nell’ambito dell’oralità
filosofica.
- L’inizio dell’educazione filosofica nella Secondaria dovrebbe essere l’etica perché
costituisce la propedeutica alla filosofia e al filosofare e parte da situazioni di
apprendimento morale, civico, giuridico e politico che consentono agli studenti
adolescenti di familiarizzare con le teorie di alcuni importanti filosofi morali.
Contemporaneamente le attitudini che si dovrebbero costruire nella classe di etica
dovrebbero essere la cooperazione, il rispetto e la solidarietà effettiva. Per realizzare
degnamente il suo compito, Etica nella ESO dovrebbe contare con un minimo di
due ore settimanali nel quarto anno. Le sue tematiche dovrebbero essere
determinati problemi o questioni di filosofia morale, giuridica, sociale e politica.
L’apprendimento cooperativo e il dialogo potrebbero essere gli strumenti più
importanti per l’insegnamento e l’apprendimento dell’Etica.
- La seconda tappa di questa sequenza di educazione filosofica dovrebbe essere
un’Introduzione alla Filosofia nel primo anno del Liceo con tre ore settimanali.
Nuovamente e in forma più dettagliata e profonda si dovrebbero presentare una
serie di problemi filosofici relativi alla metafilosofia, all’antropologia,
all’epistemologia, alla filosofia del linguaggio e alla filosofia morale, sociale e
politica. Il numero di temi dovrebbe essere ridotto circa a dieci con l’obiettivo che
gli studenti possano partecipare in forma attiva in classe e apprendere a filosofare e
non solamente a riprodurre i manuali o gli appunti del professore.
- Il curricolo di questa Filosofia I dovrebbe essere centrato su una serie di questioni
o problemi filosofici di antropologia, epistemologia, metafisica e filosofia morale e
politica, e l’aspetto più importante dovrebbe essere il modo in cui si organizza
l’insegnamento e l’apprendimento della Filosofia. L’obiettivo di questa materia
introduttiva non può essere la ripetizione di teorie ed autori che gli studenti non
comprendono, ma l’appropriazione dell’impostazione di certi problemi filosofici
con l’aiuto di ogni tipo di risorsa didattica (testi di ogni tipo, strumenti iconici,
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internet, video, film ecc.) e l’apprendimento dell’argomentazione orale attraverso il
dialogo e i dibattiti, e della scrittura attraverso la dissertazione filosofica.
- Filosofia II o Storia della Filosofia dovrebbe essere di quattro ore settimanali e
centrata sulla trattazione dei problemi studiati nel corso anteriore e nei determinati
autori che si occupano di quei problemi. E’ evidente che l’apprendimento
fondamentale di questo corso riguarderebbe il commento ai testi e la lettura diretta
dei filosofi.
- La SEPFI ha sempre difeso l’idea che il programma di Filosofia II del COU
(Curso de Orientación Universitaria – Corso di Orientamento Universatario) e
dell’attuale secondo anno del Liceo dovrebbe essere concordato con le università e
per questo è imprescindibile che si formino commissioni paritarie in ogni distretto
universitario nelle quali si elabori congiuntamente il programma di Storia della
Filosofia e le P.A.U. (Pruebas de Acceso a Estudios Universitarios - Prove di Accesso
all’Università) con più sensatezza e con meno pretese di esaustività storicista. Nel
2011 tutto ciò non si è ancora realizzato e le conseguenze di questa mancanza di
accordo sono le difficoltà enormi che ha di fronte il corpo docente di filosofia nel
momento di insegnare questa materia. In questa disciplina io proporrei di tenere
due fili conduttori nell’approccio storico-filosofico che potrebbero alternarsi negli
anni. Un filo conduttore sarebbe l’approccio privilegiato dei problemi logicoepistemologici centrati nell’analisi della conoscenza e del linguaggio; l’altro
approccio cercherebbe di privilegiare i problemi antropologici, morali e
sociopolitici. A partire da queste due angolazioni si potrebbe orientare la scelta di
autori e testi con una certa periodicità.
4. La L.O.C.E. (Ley Organica de Calidad de la Educaciòn – Legge Organica di
Qualità dell’Istruzione) come reazione conservatrice (2003)
La politica scolastica cambiò in modo sostanziale con l’arrivo al potere del Partito
Popolare nel 1996. Il rifiuto della LOGSE del 1990 da parte di questo gruppo
politico portò il nuovo Ministero dell’Istruzione ad elaborare una nuova legge
scolastica che non riuscì ad avere l’appoggio dei partiti politici dell’opposizione.
Così la LOCE del 2003 fu la controriforma scolastica che cercò di eliminare alcuni
principi di base della riforma scolastica dei socialisti. Dal 1996 al 2004 la qualità fu
l’ossessione della politica scolastica dei popolari che, in questo modo, raccolsero in
larga misura le critiche di molti professori liceali allo psicologismo e pedagogismo
della LOGSE. I Movimenti di Rinnovamento pedagogico, che negli anni Settanta
e Ottanta avevano svolto un ruolo importante nelle riforme scolastiche dei governi
socialisti, furono totalmente emarginati da tutti i centri di decisione politica.
Insieme alla retorica sulla qualità, in quegli anni si impose inoltre, a partire dal
linguaggio ufficiale della politica scolastica, il motto dello sforzo individuale come
unica garanzia del successo scolastico e si abbandonò progressivamente l’idea di
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istruzione come compensazione delle disuguaglianze originarie. Dietro il discorso
sulla qualità e sullo sforzo si nascondeva inoltre una concezione elitaria e
segregatrice dell’istruzione; l’offensiva neoliberale che iniziò a svilupparsi allora dal
Governo centrale ha comportato conseguenze molto negative in molte Comunità
Autonome governate da gruppi politici conservatori nel nostro paese. Di fatto,
l’insegnamento “concertato” (n.d.t. insegnamento privato ma sovvenzionato dallo
Stato) fu da allora il gran beneficiario delle leggi scolastiche spagnole a detrimento
dell’educazione pubblica, tanto dal punto di vista economico che organizzativo.
Oltre alla qualità e allo sforzo, si creò inoltre un altro lemma, un altro leitmotiv
sulla svolta delle materie umanistiche. A nome della SEPFI devo riconoscere che
fu il governo del Partito Popolare che nel 2003 fece nuovamente della Storia della
Filosofia una materia fondamentale e comune in tutte le Specialità del Liceo e per
tutti gli studenti del secondo corso del Liceo. Il tema delle materie umanistiche
ebbe tuttavia come protagonista un altro scenario: l’insegnamento della Storia
spagnola da differenti punti di vista tanto ideologici quanto metodologici. Poiché
non sono un esperto dell’insegnamento della Storia, voglio solo segnalare che
l’unico aspetto interessante di quel dibattito fu che servì per far affiorare di nuovo
l’enorme incertezza che pesa sulla nostra coscienza collettiva relativa al fatto se
siamo o meno una nazione con uno Stato spagnolo o molte nazioni con idee
diverse dello Stato spagnolo.
La LOCE che venne approvata dal Parlamento nel 2003 non ha potuto essere
introdotta realmente in Spagna dato che nel 2004 vinse le elezioni il Partito
Socialista e il giorno seguente compì quanto aveva promesso nel suo programma: la
deroga immediata della LOCE. Ci rimane da sapere se il nuovo governo del
Partito Socialista ritornerà nel 2012 ai progetti di quella legge per la quale profuse
tanto impegno e lavoro.
5. Osservatorio filosofico della S.E.P.F.I. per quanto riguarda la L.O.C.E. (2003)
Se l’oggettività e l’imparzialità devono essere qualità del filosofo, devo dire che
alcune proposte della SEPFI ebbero maggiore ricezione da parte del Partito
Popolare che dal PSOE. Di fatto la SEPFI partecipò direttamente alla
Commissione ufficiale che elaborò il nuovo curricolo di tutte le discipline
filosofiche. Furono accolte alcune delle nostre proposte come la nomenclatura di
Filosofia I e Filosofia II e fu concesso lo status di materie comuni e obbligatorie a
tutte le materie filosofiche nella ESO e nel Liceo, come la SEPFI aveva affermato
sin dal 1980.
Il tema della metafisica e dell’etica fu più problematico perché gli assessori del
Ministero difendevano un codice antropologico e assiologico che si appoggiava a
posizioni tradizionaliste cattoliche e ad una concezione dell’essere umano che si
fondava chiaramente sulla morale cattolica. In questo campo, la tesi della SEPFI è
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stata sempre più aperta sostenendo in modo chiaro il pluralismo filosofico e
ideologico nella società e in classe. D’altra parte, la SEPFI ha sempre affermato che
l’etica deve essere universale, basarsi sui principi e valori contenuti nella
Dichiarazione dei Diritti Umani e che deve essere insegnata a tutti gli studenti. Nel
mio caso, ho sempre pensato che una delle gravi carenze della nostra storia
educativa è non aver educato tutti gli spagnoli alla stessa etica civica e laica, legata
ai valori universali dei diritti umani e non aver stimolato in ambito scolastico un
umanesimo rispettoso delle differenti tradizioni morali e religiose che sono esistite
in Spagna.
6. La L.O.E. (Ley Organica de Educaciòn – Legge Organica dell’Istruzione) del
2006
La legge attualmente in vigore fu elaborata e approvata nella prima legislatura del
nuovo Governo socialista di J. Luis Rodríguez Zapatero. Devo dire che lo sforzo di
tutta la squadra ministeriale fu straordinario tanto che in meno di un anno
riuscirono ad approvare la LOE e applicarla molto velocemente in tutte le
Comunità Autonome. Ciò nonostante devo anche riconoscere che nella sua più
ampia parte fu un’attualizzazione della LOGSE con qualche novità legislativa che
commenterò brevemente.
Il gruppo di responsabili politici del MEC che realmente elaborò la LOE lavorava
già da tre anni in ambito scolastico e tutti erano ferventi sostenitori della LOGSE,
convinti del suo straordinario valore. Il protagonista principale di tutto il processo
di rielaborazione psicopedagogica della LOE fu il professor Alejandro Tiana che,
in un recente libro, ha scritto quali furono le sue intenzioni nell’elaborare la LOE.4
La principale novità di contenuto psicopedagogico che questa legge accolse fu,
senza dubbio, il linguaggio delle competenze di base. Questo concetto, dopo
cinque anni dall’approvazione della legge, non è stato chiaramente spiegato a tutto
il personale docente e ancora meno si può affermare che sia un paradigma applicato
nella pratica docente dalla maggior parte dei professori. In molti casi, il corpo
docente della Secondaria si è limitato ad utilizzare questo linguaggio nella sua
programmazione senza applicarlo realmente nella sua pratica d’insegnamento.
Con questo nuovo modello delle competenze di base che invade tutti i sistemi
scolastici europei credo che stia succedendo come con la maggior parte dei nuovi
discorsi psicopedagogici ufficiali che arrivano ai Centri scolastici di tutte le tappe
educative.
Se mi si permette l’espressione che utilizzano molti docenti in questi casi, si tratta
di mode pedagogiche che rimangono mera retorica se non sono accompagnate da
misure effettive per la loro messa in pratica. Nella mia lunga esperienza docente
4
A. Tiana, Por qué hicimos la Ley Orgánica de Educación, Wolters Kluwer, Madrid 2009.
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devo dire che ho incontrato molti paradigmi psicopedagogici e tutti presentano un
interesse e un contributo teorico di rilievo, ma tutti hanno un tallone d’Achille che
li ha resi in Spagna molto vulnerabili. In poche parole, il fatto sta che i professori
non sono preparati a includere nella propria pratica docente tutte le innovazioni
che vengono richieste perché non sono loro forniti gli strumenti e i mezzi necessari
per applicarle con successo.
Un altro degli elementi di novità della LOE è stata l’enfasi posta sulla competenza
sociale e civica di fronte a diversi fatti sociali che comportano una certa
conflittualità in tutta l’Unione Europea. Mi riferisco in primo luogo alla crescente
esclusione sociale di ampi strati di popolazione a causa della crisi e in secondo
luogo all’introduzione dell’”Educazione alla cittadinanza e Diritti Umani” da
prospettive complementari, come elementi trasversali e come materia specifica nella
Primaria e nella Secondaria. Mi riferirò ora al primo aspetto dato che di questa
nuova materia mi occuperò più dettagliatamente nel successivo paragrafo.
Il tema della competenza sociale e cittadina è essenziale oggi giorno per la nuova
funzione che deve rivestire la scuola, il sistema scolastico in una società tanto
complessa, globale e varia come l’attuale. La nozione di competenza civica allude
alla necessità di apprendere a convivere in un contesto scolastico nuovo in tutte le
nazioni europee, in quelle in cui l’immigrazione è un fatto sociale e culturale di
straordinaria importanza. L’esclusione di molti cittadini dall’accesso al lavoro, a una
casa degna, ad una sanità ed educazione di qualità sollevano nuove sfide a tutti i
governi europei che, nell’ultima decade, hanno attribuito al tema dell’immigrazione
un ruolo prioritario nelle proprie agende. Per questo la LOE cercò di rispondere
insistendo sull’apprendimento della convivenza e sulla lotta all’esclusione.
Il tema dell’esclusione in ambito scolastico ha acquisito una dimensione nuova con
molteplici prospettive come segnala nel suo libro il professor Antonio Bolívar5;
l’esercizio della cittadinanza nella nostra democrazia esige in primo luogo
l’inserimento professionale e per accedere ad esso la cosa migliore è disporre di una
buona istruzione. L’esclusione sociale ed economica di molti immigrati comincia
quando non possono scolarizzare adeguatamente i propri figli e figlie; lì è il punto
di partenza di una futura esclusione o dell’ingresso in una rete di assistenza sociale
che impedisce il raggiungimento dell’autonomia personale.
La cittadinanza è un riconoscimento dell’esercizio effettivo di diritti politici, ma
anche economici e sociali. Non basta vivere in un paese per esserne cittadino a
pieno diritto, ma è necessario che si offrano ad ognuno le condizioni che
permettano di vivere come cittadino. In questo senso, l’attuale crisi economica e
sociale sta escludendo molti cittadini spagnoli dall’esercizio reale dei propri diritti
dal momento che quasi cinque milioni di spagnoli (uomini e donne) vivono e
convivono in situazioni poco consone con la dignità umana.
5
A. Bolívar, Ciudadanía y competencias básicas, Fundación ECOEM, Sevilla 2008.
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Pertanto la competenza sociale e civica che si insegna e apprende a scuola non può
consistere solamente nella conoscenza delle leggi e delle istituzioni democratiche
spagnole e di ognuna delle Comunità Autonome, ma deve anche essere orientata a
garantire un’adeguata formazione, delle abilità cognitive e sociali che permettano
ad ogni bambino e bambina di formare parte di una comunità civica e democratica
che rispetti i diritti e le libertà di tutti, tanto dei nativi come di coloro che sono
arrivati da poco. Per questo il tema del fallimento e del successo scolastico
acquisisce un’altra dimensione da questa prospettiva. Un insuccesso scolastico tanto
elevato come quello spagnolo nella ESO può porre in pericolo la coesione sociale
giacché in molti casi si uniscono vari elementi di esclusione ed emarginazione; alla
condizione di immigrati può aggiungersi quella dell’assenteismo e del fallimento
scolastici. Per questo l’esclusione sociale deve essere prevenuta già dall’inizio della
scolarizzazione e si deve intendere la cittadinanza e i diritti civici come qualcosa
che deve essere esercitato fin dalla soglia dell’aula.
L’altro aspetto di cui voglio parlare è il tema della nuova materia Educazione alla
cittadinanza e Diritti Umani e della sua importanza nel sistema educativo
spagnolo. La competenza sociale e civica deve giocare un ruolo chiave di fronte alle
difficoltà della convivenza tra alunni e alunne procedenti da differenti tradizioni
morali e religiose. Queste difficoltà si conoscevano già in Spagna con gli studenti
gitani e ora sono senza dubbio aumentati con l’arrivo di una popolazione scolare di
immigrati. Non si tratta di stigmatizzare nessuno per le sue differenze, ma neppure
si può assumere un atteggiamento ingenuo e pensare che i differenti apportino
solamente ricchezza culturale e apertura di orizzonti cosmopoliti. Il progetto
interculturale non può essere gestito solamente dalla scuola, ma deve coinvolgere
tutti gli agenti politici e sociali che si relazionano con i “diversi”, con i “differenti”.
Per questo, forse, l’interculturale deve essere considerato come un elemento
essenziale del progetto di creazione di una scuola inclusiva, capace di accogliere e
valorizzare tutte le differenze, tutta la diversità e non solamente coloro che parlano
una lingua diversa o posseggono modelli culturali differenti dai nostri. Una scuola
inclusiva e multiculturale deve essere un compito di tutti: una scuola in cui
l’interculturale ricopra un ruolo rilevante ma non esclusivo.
7. Le materie filosofiche nella L.O.E. (2006)
Per quanto riguarda le materie filosofiche nell’attuale legislazione scolastica, credo
che l’insegnamento della filosofia fu nuovamente coinvolto in una polemica politica
e mediatica che finì con il pregiudicare lo stesso insegnamento della filosofia, tanto
nella ESO che nel Liceo. L’assunto fondamentale all’origine di un’ampia polemica
durata vari anni, dal 2006 fino al 2008, fu l’introduzione di Educazione alla
Cittadinanza e Diritti Umani nella Primaria, Secondaria e nel Liceo.
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Al dibattito che nacque intorno a questa nuova materia io partecipai direttamente
nella mia doppia condizione di membro della Fondazione CIVES, che appoggiava
l’introduzione di questa materia, e come Presidente della SEPFI, che criticava
molti elementi della proposta del Ministero dell’Istruzione, ma di questo dirò
qualcosa nel prossimo paragrafo.
La polemica sull’introduzione di Educazione alla Cittadinanza e Diritti Umani fu
contraddistinta, dal mio punto di vista, da un settarismo ideologico da parte dei
due principali partiti politici, il PSOE e il PP. Nonostante sia vero che le
raccomandazioni dell’Unione Europea obbligano lo Stato spagnolo a introdurre
l’educazione civica e democratica nel nostro sistema educativo, è altrettanto vero
che ci fu una certa intransigenza da parte dei responsabili politici del Ministero
dell’Istruzione su questioni che avrebbero potuto essere affrontate in modo più
flessibile; per esempio, le questioni che si riferivano all’orientamento sessuale dei
giovani o alla concezione della famiglia diedero luogo a versioni molto poco serie in
alcuni libri di testo e tutto ciò generò una polemica che alla fine pregiudicò la
materia stessa. Il panorama finale delle materie filosofiche si alterò nuovamente per
l’impegno del Ministero ad inserire Etica e Filosofia nel curricolo di Educazione
alla Cittadinanza e Diritti Umani, quando si sa che Filosofia non è né deve essere
mai una materia al servizio di una determinata politica né di una ideologia di parte.
Ciò che è proprio della Filosofia è la sua libertà, la sua autonomia e il suo diritto a
pensare e ragionare criticamente sui tutti i linguaggi e discorsi, siano scientifici,
politici o religiosi.
La normativa vigente per quanto riguarda le materie filosofiche è la seguente:
Educazione etico-civica del quarto anno della ESO è impartita dai docenti di
filosofia con un’ora settimanale nella maggior parte delle Comunità Autonome.
Con ciò si è prodotto un danno “collaterale” a Etica e anche a Educazione alla
Cittadinanza e Diritti Umani degli altri corsi della ESO. Per cui non si è rafforzato
né l’insegnamento di Etica né di Educazione alla Cittadinanza e Diritti Umani. In
questo senso, come già si era fatto presente al Ministero dell’Istruzione, si sono
seriamente danneggiati i professori di filosofia che dal 1990 stavano consolidando e
migliorando la pratica docente di Etica nel corso terminale della ESO.
Nel primo anno di Liceo si introdusse la materia “Filosofia e Cittadinanza” con
due ore settimanali. Il taglio socio-politico che si voleva dare al curricolo fu frenato
grazie all’intervento di vari colleghi della SEPFI però non si potè impedire che in
alcune Comunità Autonome si riducesse a due ore settimanali l’insegnamento di
Filosofia nel primo anno di Liceo.
In quanto a Storia della Filosofia non ci furono speciali novità; con tre ore
settimanali e un programma eccessivamente lungo e poco articolato con quello di
Filosofia del primo anno di Liceo, continua il problema della sua obbligatorietà
nelle PAU e quello del suo monte ore. D’altra parte, il coordinamento con le
Università per elaborare un tipo di esame nelle PAU molto più realista e sensato
14 Il Giardino dei Pensieri
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non è ancora stato avviato almeno nelle Comunità Autonome come quella di
Madrid.
8. Osservatorio filosofico della S.E.P.F.I. sulla L.O.E.
La posizione della SEPFI per quanto riguarda la normativa della LOE sulle
materie filosofiche è stata esposta più dettagliatamente in una recente
pubblicazione coordinata da me e da José María Gutiérrez6. In quest’opera si spiega
ampiamente e nei dettagli qual è la critica che la SEPFI avanza al modo di trattare
le materie filosofiche nella LOE. La critica fondamentale è che l’ossessione di
vincolare Educazione alla Cittadinanza e Diritti Umani alle materie di Etica
(quarto anno della ESO) e Filosofia (primo anno di Liceo) ha comportato effetti
collaterali molto pregiudizievoli per la stessa Etica e per Filosofia al Liceo. Nei
diversi incontri della SEPFI con i rappresentanti del Ministero dell’Istruzione si è
esposto con chiarezza che Etica e Filosofia non potevano essere né inglobate né
subordinate a Educazione alla Cittadinanza e Diritti Umani. Inoltre li avvertimmo
con molta fermezza che non poteva essere attribuita alla materia Etica una sola ora
settimanale perché si correva il pericolo che molte Comunità Autonome facessero
di questa materia una mera appendice curricolare. Purtroppo la nostra previsione si
è compiuta in quasi tutte le Comunità Autonome. Di fatto la cattiva introduzione
di Educazione alla Cittadinanza e Diritti Umani ha pregiudicato tanto questa
nuova materia quanto Etica del quarto anno della ESO, essendosi ridotte in
entrambi i casi a una sola ora settimanale. Ancora una volta le posizioni politiche
degli uni e degli altri si sono imposte su una visione più obiettiva e sensata delle
materie filosofiche nella ESO. Come scrisse G. Deleuze, le materie filosofiche non
devono essere al servizio né della Chiesa né dello Stato, ma della libertà e della
ragione critica.
Per quanto riguarda la denominazione e il curricolo di Filosofia e Cittadinanza, la
SEPFI si è sempre opposta a questo cambiamento del nome perché la Filosofia
non ha bisogno né di aggettivi né di altri sostantivi poiché è un’attività valida e
fondata in se stessa. L’accecamento dei rappresentanti del Ministero dell’Istruzione
nel vincolare il curricolo di Educazione alla Cittadinanza con quello di Filosofia al
Liceo ha obbligato la SEPFI a rivedere tutto il curricolo di questa materia e a far sì
che, dopo complicate negoziazioni, Cittadinanza occupasse solamente un blocco
tematico del curricolo. Con ciò si ottenne che il progetto originale del Ministero
non fosse portato a termine dato che si voleva includere nella Filosofia perfino
l’educazione stradale degli studenti nel Liceo. E temi come questi non hanno
relazione con gli obiettivi dell’insegnamento della Filosofia in ambito accademico.
6
L.M. Cifuentes, J.M. Gutiérrez (Coordinadores y Coautores), Filosofía. Formación
del profesorado (tres volumi), E.Graó, Barcelona 2010.
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Dietro tale pretesa dei responsabili del Ministero soggiaceva e soggiace ancora
l’ipotesi che filosofia sia una materia accademica premoderna, obsoleta e inutile;
un’ipotesi che contraddice tutti le recenti relazioni dell’Unesco sull’insegnamento
della filosofia.7
In questa relazione e in tutte le precedenti elaborate dall’Unesco dal 1948 si difende
una metafilosofia nella quale l’attività filosofica è pensata come un elemento
fondamentale della costruzione della personalità razionale e morale degli studenti
adolescenti; si considera la filosofia come il miglior antidoto contro tutte le forme
di manipolazione ideologica attuale, contro tutte le forme di indottrinamento e
fondamentalismo.
E’ evidente che il monte ore fissato dalla LOGSE per le materie filosofiche
continua ad essere insufficiente e che i curricola non sono ben articolati e hanno
perso il loro orientamento genuinamente filosofico, adottando una prospettiva
sociopolitica e non contemplando tutte gli aspetti dell’attività filosofica. La filosofia
ed il suo insegnamento non possono né devono essere mai né ancillae theologiae né
ancillae reipublicae e neppure ancillae pecuniae, ma solo razionalità autonoma e
critica.
9. Proposte per il futuro della S.E.P.F.I.
Come Presidente della SEPFI dal 1988, penso di avere una certa prospettiva
storica delle trasformazioni dell’insegnamento della Filosofia nelle ultime decadi.
Ciò mi permette di affermare che la maggior parte dei gabinetti ministeriali che
sono stati responsabili politici delle diverse riforme scolastiche hanno visto la
Filosofia dalla prospettiva della Psicopedagogia e non sono stati capaci di
comprendere che le materie filosofiche, se si insegnano adeguatamente, posseggono
un potenziale educativo straordinario. E anche che la figura di Socrate continua ad
essere un modello abbastanza valido della didattica filosofica che deve essere rivisto
considerando soprattutto i metodi di insegnamento dei filosofi nel corso della
storia del pensiero occidentale. Ciò significa che la stesa filosofia possiede già nella
sua tradizione un metodo e delle proposte didattiche originali che devono essere
tenute in considerazione; questo non significa che non si debbano analizzare le
proposte dell’attuale psicopedagogia per esaminare e distinguere quali possono
essere accolte e quali no dalla didattica della filosofia. Pertanto la filosofia ha già in
se stessa la propria metafilosofia e la sua originaria forma di didattica perché è
costitutivamente insegnabile e “apprendibile”; possiede la docebilitas e la discebilitas
in se stessa.
7
AAVV., La filosofía, una escuela de la libertad, Unescocat, Universidad Autónoma Metropolitana –
Iztapalapa, Mexico DF 2011
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La proposta della SEPFI, dopo tanti anni di dibattiti e negoziazioni con il
Ministero dell’Istruzione, si concretizza in un’educazione filosofica progressiva,
articolata e coerente nella quale le materie filosofiche siano comuni e obbligatorie
per tutti gli studenti del quarto anno della ESO e dei due anni di Liceo.
- Etica con due ore settimanali nel quarto anno della ESO.
- Filosofia I con tre ore settimanali nel primo anno di Liceo.
- Filosofia II con quattro ore settimanali nel secondo anno di Liceo.
I contenuti curricolari di ognuna delle materie dovrebbero essere oggetto di una
revisione condotta insieme ai responsabili del Ministero e delle Comunità
Autonome.
Alla fine di questa conferenza voglio però concentrarmi su un altro aspetto
fondamentale: la formazione dei professori di filosofia che insegnano nella
Secondaria.
Dal 1970 fino ad oggi, i responsabili politici dell’istruzione sono stati incapaci di
fissare una norma legale che migliorasse la formazione iniziale e permanente dei
docenti della Secondaria nel nostro paese. E questo nonostante tutti i rapporti
segnalassero che il CAP (Certificado de Aptitud Pedagógica – Certificato di
Abilitazione Pedagogica) era un modello di formazione docente totalmente
insufficiente. La recente normativa che regola il Master della Secondaria, in
accordo con le esigenze del cosiddetto “Piano Bologna”, avrebbe potuto essere
un’occasione straordinaria per migliorare sostanzialmente questa formazione
iniziale e adeguarla alle nuove esigenze della nostra società della conoscenza e
dell’informazione. Tuttavia, finora, l’introduzione di questo Master di Formazione
è stata abbastanza inefficiente e non si è valsa realmente della collaborazione del
corpo docente della Secondaria per la sua realizzazione. Le Università e le
Comunità Autonome non sono state capaci di offrire una formazione di qualità ai
nuovi professori che vogliono iniziare ad insegnare. E voglio concludere questa
conferenza affermando che senza una buona classe docente, ben informata e meglio
formata come educatrice filosofica, non si può pretendere un’educazione di qualità.
Per insegnare bene la filosofia è una condizione necessaria conoscere bene la stessa
filosofia, però non è una condizione sufficiente perché sappiamo che ci sono molti
ricercatori filosofici che sono bravi nella ricerca ma scarsi nella pratica docente.
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