«Requiem di guerra» di Britten con versi di Wilfred Owen

22 — la cornice sinfonica
«Requiem di guerra»
di Britten con versi
di Wilfred Owen
Alla Fenice la bacchetta
di Bruno Bartoletti
I
di Chiara Squarcina
l nome in codice dell’operazione della Luftwaffe che l’8
la cornice sinfonica
novembre 1940 rase al suolo la cittadina di Coventry era
Sonata al chiaro di luna. Undici ore ininterrotte di bombardamento, dalle sette di sera alle sei di mattina, e in più quel titolo tragicamente beffardo che associava il diluvio delle esplosio-
re un’altra partitura che esprima con altrettanta forza una posizione di pacifismo così coerente e radicale. La dimensione religiosa del testo liturgico, inframmezzata com’è dalle parole di
Owen, non promette salvezza, ma scava per contrasto il solco
di una solitudine nella quale c’è solo spazio per la disperazione
o, al limite, per una preghiera che non confida in alcun premio
ultraterreno, ma solo nella possibilità di un sentimento fraterno fra soldati che si riconoscano reciprocamente come uomini, cioè come fratelli.
In tutto questo il maestro Bruno Bartoletti e Benjamin Britten danno vita a un connubio assolutamente ideale che definisce quasi perfettamente la simbiosi fra autore e interprete. Al
Teatro La Fenice arriva, quindi, questo prestigioso maestro fiorentino che del compositore inglese ha sviscerato e compreso
forse più di altri ogni sfumatura e particolare.
Come pochi infatti Bartoletti ha intuito come Britten, seppur musicista di indiscutibile talento e interesse, non abbia nulla del caposcuola ma sia caratterizzato da un eclettismo radicato in un linguaggio tonale, disposto a subire le influenze più disperate: dall’antica musica inglese (Purcel e Haendel) all’opera
italiana, di Verdi e Puccini, dai turgori straussiani alle ampie linee discorsive e ai timbri di Mahler fino all’assimilazione di atteggiamenti che si rifanno a Strawinskij. Per Bartoletti è come
Bruno Bartoletti
riassumere, rielaborare e metabolizzare un intero universo ed è
qui che sta la vera sfida, peraltro vinta: capire introspettivamente come Britten abbia personalizzato tutti questi input creativi.
La preferenza dimostrata dal direttore d’orchestra toscano
nei riguardi del compositore inglese risiede anche in un’affinità
ni all’immagine più celebre del Romanticismo musicale. Vencreativa che lo trova più sensibile e percettivo di altri a tradurre
tidue anni dopo la cattedrale di Coventry, sventrata dalle bomil poliedrico mondo britteniano sapendone valorizzare un linbe di quella notte, ormai restaurata venne riaperta con una ceguaggio originale e suggestivo.
rimonia che, proprio tramite la musica, voleva tendere alla conIl War Requiem, forse l’ultimo lavoro veramente importanciliazione. Per l’occasione venne commissionata una composite di Britten datato 1961, colpisce proprio perchè l’immagine
zione a Benjamin Britten e per le parti delle voci soliste maschili
della guerra e dei suoi orrori viene contrapposta drammaticaerano stati chiamati due cantanti, Peter Pears e Dietrich Fischer
mente a passaggi di grande soavità come a voler rendere ancoDieskau, affinché simboleggiassero la fratellanza di Inghilterra più incisiva la tragedia della guerra stessa. Il testo liturgico
ra e Germania, dopo le terribili distruzioni che avevano colpidella Messa, intercalato com’è dai versi di Owen fa sì la comto anche le città tedesche.
posizione si snodi su tre differenti piani: un’orchestra da caPer quest’importante evento Britten non scrisse una musica
mera con il tenore e il baritono solisti riservati alle poesie di
celebrativa ma dipinse il quadro di un’accorata denuncia deOwen; la grande orchestra con il coro e col soprano solista
gli orrori della guerra. Se la base di War Requiem è il testo latino
per l’esecuzione dei brani in latino della Messa; infine un codella messa dei defunti, l’aggiunta dei versi bellissimi e desolaro di voci bianche e un organo per esprimere l’innocenza atti di Wilfred Owen, poeta inglese caduto in battaglia negli ultitraverso quel timbro di voci infantili al quale Britten è ricorso
mi giorni della prima guerra mondiale, conferisce all’opera un
spessissimo per esprimere il turbato angelicolore più preciso. Non della morte come tasmo. Il taglio formale e l’insistente cura delle si tratta ma, appunto, della morte in guerra,
le particolari armonie sottolinea un contesto
della sua insensatezza, come pure dell’espeVenezia – Teatro La Fenice
musicale che punta su un registro espressirienza di perdita del sé a cui va incontro, in
14 marzo, ore 20.00
vo di grande mestizia e di autentica poesia.◼
guerra, anche chi sopravvive. Difficile trova15 marzo, ore 17.00
Benjamin Britten
la cornice sinfonica — 23
Debussy, Messiaen
e Schumann per
Michel Tabachnik
Il maestro svizzero
dirige al Malibran
L
dell’ineffabile, e il suo compito comincia là dove le parole non sanno arrivare
mai», dichiarava Claude Debussy per il suo Prelude
a l’Apres-midi d’un faune («Preludio al pomeriggio di un fauno»), tanto suggestiva quanto fondamentale composizione
che segnò – almeno secondo Pierre Boulez – l’inizio del-
«
a musica è l’arte
di Mirko Schipilliti
tologica evocata dai versi, ma le scoperte del compositore
vanno già oltre, verso una nuova poetica del timbro, verso la dimensione della lontananza e del sogno.
Grande orchestra per suoni apparentemente piccoli e
intimisti, ma attenzione: ascoltate bene, perché qui sentirete la vera orchestra sinfonica, quella in cui tutti gli strumenti si fondono magicamente e incredibilmente in un
unico suono, come sarà per il flusso acustico dei tre affreschi della futura La mer. Ora baluginano i ricordi del
fauno su due ninfe corteggiate, si trasfigura la sua melodia (un flauto, che dinanzi all’orchestra inizia in totale solitudine), trasformata timbricamente e armonicamente,
frammentata in brandelli di memoria, affiancata a episodi
contrastanti in un costante dualismo tra sensualità e contemplazione. Tanto sono terrene le passioni del fauno –
anche se in un mondo arcaico senza tempo – tanto sono
invece sospese tra terra e cielo quelle di Messiaen, che nel
1937 dedica alla moglie, affettuosamente soprannominata «Mi», nove liriche su testo proprio immerse in una mi-
la cornice sinfonica
Michel Tabachnik
stica dell’amore coniugale tesa a celebrare la propria uniola «nuova» musica del Novecento, proponendo attraverso
ne nella fede in Dio.
le interconnessioni tra istanze letterarie e acustiche, nuovi
La difficilissima parte vocale – soprano sarà Alda Capossibili percorsi del linguaggio. Celeberrimo brano siniello – segue il testo con totale devozione comunicativa,
fonico, viene proposto dalla Fenice in apertura del concerfra simbologie sacre, intorno a un condensato di quei peto che lo svizzero Michel Tabachnik dirigerà al teatro Maculiari processi compositivi di Messiaen come l’impielibran il 4 e 5 aprile.
go risonante e coloristico degli accordi, scale e modi «a
Le affinità di Tabachnik con la musica del Novecento, sotrasposizione limitata», serie ritmiche a specchio «non
prattutto francese, sono note non solo per la sua attività di
retrogradabili».
compositore, ma anche per la vicinanza a Boulez e all’EnNon è il primo esempio di trasfigurazioni musicali del
semble InterContemporain, nonché per alcune prime esematrimonio, se si pensa che già nel 1840 Robert Schucuzioni assolute. Così, accanto a Debussy, in programma
mann dedicava a Clara Wieck la serie di lieder «Myrcompare Messiaen, con il suo monolitico ciclo vocale dei
then», ispirandosi al mirto, pianta nuziale. E di SchuPoemes pour Mi. Il Prelude nasce nel 1876 dall’incontro con
mann Tabachnik dirigerà la Quarl’omonimo monologo teatrale di Stephata Sinfonia, scelta suggestiva, visto che
ne Mallarmé, egloga che lo stesso Mallarla prima versione della partitura fu anmé presentò e propose a Debussy. Al poeVenezia – Teatro Malibran
che il regalo di compleanno per Clata francese Debussy si ispirerà in altre oc4 aprile, ore 20.00
ra nel 1841, a un anno dalle nozze. ◼
casioni, così come all’ambientazione mi5 aprile, ore 17.00
24 — l’altra musica
Sul podio
Sir Andrew Davis
per Berio e Dvorák
Alla Fenice dai «Folk Songs»
alla Sinfonia
«Dal nuovo Mondo»
l’altra musica
U
di Letizia Michielon
da cui scaturiscono le melopee popolari.
Piccoli interludi consentono il passaggio per contrasto
dalle improvvisazioni ritmiche di Black is the Color alla fluidità di movimento di I Wonder As I Wander, fino allo struggente lirismo di Loosin Yelav, da cui si erge la quiete boschiva di Rossignolet du bois; forte drammaticità evocano i colori intensi de A la femminisca, schiarita dall’ironia de La
donna ideale, cui segue il moto perpetuo affannoso di Ballo,
lo struggimento di Motettu de tristura, gli idilli bucolici dei
Chants d’Auvergne di Joseph Canteloube e l’incalzante dinamismo del Canto d’amore conclusivo.
La molteplicità delle tecniche vocali e l’iridescenza coloristica donano smalto, varietà e fascino a brani che riscopriamo nella loro preziosa, recondita complessità.
La tradizione popolare nutre anche la Sinfonia n. 9 Dal
Nuovo Mondo di Antonin Dvorák, che fonde nel suo capolavoro sinfonico idiomi musicali boemi, repertori negrospiritual e canti dei pellerossa. Il «nuovo mondo», a cui ap-
no dei più affermati direttori anglosassoni, Sir
Andrew Davis, guiderà l’Orchestra del Teatro La
Fenice il 10 e l’11 aprile in un programma di ampio respiro culturale che affiancherà i
Folk Songs di Berio alla Sinfonia Dal nuovo Mondo di Dvorák.
Fin dagli anni giovanili Luciano Berio ha dimostrato particolare interesse
nei confronti del repertorio popolare,
fonte di ispirazione per molte sue opere, dalle Tre Canzoni popolari (1946-1947)
ai Due Canti Siciliani (1948) – inseriti poi
nei Folk Songs – fino ai lavori degli anni
settanta- ottanta (La vera storia che, Questo
vuol dire che, Coro e Voci).
Lontano da interessi puramente musicologici, attratto invece dalle suggestioni compositive suscitate delle tradizioni
popolari, Berio concepisce i Folk Songs
nel 1964, durante il periodo di insegnamento al Mills College di Oakland di
San Francisco.
Il ciclo, che utilizza nella prima versione un organico di sette elementi, poi
ampliato per orchestra da camera nel
1973, è stato scritto pensando alla suggestiva voce di Cathi Barberian, moAndrew Davis
glie e insuperata interprete dell’opera di
Berio.
La screziatura del suo timbro vocale
proda l’autore nel 1890, viene rivissuto infatti in modo perriusciva infatti a rendere mirabilmente la diversità dei casonale, grazie a una singolare sintesi tra tradizione culturaratteri racchiusi negli undici brani, frutto di personali arle colta e popolare dei due continenti.
rangiamenti di canti popolari di varia provenienza, scoLa sottolineatura delle convergenze tra la ricerca di
perti attraverso la consultazione di antologie, ascolto di
Dvorák, ancora legato al modello delle scuole nazionali,
vecchi dischi o esecuzione dal vivo da parte di amici. Le
e lo strutturalismo di Berio, attentissimo anche all’ispirafonti spaziano dal repertorio americano fino alla letterazione racchiusa nel linguaggio verbale, è affidata all’espetura popolare armena, francese, siciliana, genovese, sarda,
rienza di Sir Andrew Davis, direttore laureato della Tooccitana e azerbaigiana.
ronto Symphony e della BBC Symphony Orchestra, attualCome suggerisce lo stesso autore, si tratta di una filologia
mente direttore principale e direttore musicale della Lyric
immaginaria, capace di inventare trascrizioni che al temOpera di Chicago. Dopo il periodo di formazione prespo stesso fungono da analisi e reinterpretazione ritmica,
so il King’s College di Cambridge, la sua carriera artistica
metrica e armonica dei singoli brani. Berio è attratto dallo ha portato a esibirsi alla guida delle maggiori orchestre
la molteplicità delle tecniche vocali, dalle contaminaziointernazionali (tra cui Berliner Philarmoniker e Concerni che i diversi linguaggi musicali possono creare con il retgebow), nell’ambito di prestigiosi festival nei più imporpertorio colto contemporaneo.
tanti teatri del mondo (Festspielhaus a Bayreuth, Teatro
La caleidoscopica smerigliatura di stili tra loro diversisla Scala, Metropolitan). Il suo repertorio
simi viene infatti restituita sotto forma di
spazia dal barocco al Novecento storico,
universi compiuti grazie a una orchestracon particolare attenzione a Britten, Bouzione sofisticata e raffinatissima, in grado
Venezia – Teatro La Fenice
lez, Janacek, Messiaen, Elgar e Tippet. ◼
di ricreare l’impulso espressivo originario
10, 11 aprile, ore 20.00
La primavera
dell’Orchestra del
Teatro Olimpico
all’opera — 25
del Teatro Olimpico, impegnata sui due fronti della stagione di musica della Fondazione del Teatro Comunale «Città di Vicenza» e del festival «Il Suono dell’Olimpico»,
ospitato nel monumento palladiano, che si inaugura con un
concerto il 23 aprile.
La stagione musicale propone un programma che,
varato lo scorso ottobre, prosegue
fino al mese
Il programma sinfonico prosegue in aprile con un altro appuntamento di rilievo, quello con la Messa da Requiem di Giuseppe Verdi, giovedì 9 aprile. Protagonisti Anna Azerli (soprano), Chiara Fracasso (contralto), Boiko Zwetanov (tenore), Konstantinos Katsaras (basso) e il Coro e l’Orchestra del
Teatro Olimpico diretti dallo stesso De Lorenzo.
«Ogni anno – prosegue De Lorenzo – ci impegniamo nella proposta di opere grandiose, che sono momenti di verifica e di crescita artistica per gli interpreti, e di grande intrattenimento per il pubblico. La linea che seguiamo ci permette
di portare a Vicenza un’offerta culturale di livello per questa
città che sta vivendo uno sviluppo esponenziale dal punto di
vista qualitativo. L’anno scorso abbiamo affrontato la Prima
Sinfonia di Mahler, quest’anno eseguiremo il Requiem di Verdi
e in giugno la Nona Sinfonia di Beethoven, lavori decisamente poco frequentati e, proprio perché impegnativi, assenti da
tempo dalla scena locale. L’esistenza di uno spazio idoneo
a produzioni così imponenti ci incoraggia a intraprendere
queste scelte, che hanno già avuto buoni riscontri da parte del pubblico e della critica».
Sempre in aprile, il 23, ci sarà l’ante-
di giugno:
in tutto quindici appuntamenti, con un avvicendarsi
di orchestre ospiti, artisti internazionali nel ruolo di solisti e di direttori che, accanto a Giancarlo De Lorenzo, saliranno sul podio alla guida dell’organico dell’Olimpico.
Il cartellone 2008-2009 è dedicata ai «Due imperi musicali», quelli sette e ottocenteschi di Austria e di Russia, e include
una novità nel suo dipanarsi: la prima vera programmazione
operistica vicentina. Dopo Turandot e Traviata, andate in scena rispettivamente in gennaio e in febbraio, e in attesa di Rigoletto, previsto per maggio, il 18 marzo è in cartellone l’Eugenji Onegin di Caikovskij. «Il tema dell’opera si pone come un
“terzo impero” – sottolinea De Lorenzo, direttore dal 2003
dell’Orchestra dell’Olimpico – che tra Settecento e Ottocento è stato dominato dai compositori italiani. Nella nostra prima stagione abbiamo scelto le grandi opere di Giacomo Puccini e Giuseppe Verdi. Con l’Eugenji Onegin, poi, rendiamo il
giusto omaggio all’opera russa, portando a Vicenza un titolo
importante e insolito, in una produzione di qualità del Teatro
dell’Opera di Belgrado, che si sposa perfettamente con la linea artistica della stagione».
prima della nuova edizione del «Suono
dell’Olimpico», il festival che rappresenta la tradizione per l’Orchestra del Teatro
Olimpico, momento in cui l’ensemble ritorna nel
«suo teatro», nel quale ha avuto inizio tutta la sua attività
concertistica. È dedicata ad Haydn, per le celebrazioni dei
duecento anni dalla morte, la serata di apertura, che vede
protagonista Paolo Bonomini al violoncello accanto all’Orchestra diretta da Osvaldo Ferriera. In programma la Sinfonia n. 5 in Do maggiore, il Concerto per violoncello e orchestra in Do
maggiore e la Sinfonia n. 84 in Mi b maggiore.
Accanto al classicismo, ricorrente negli altri concerti del
festival, che si concentreranno nel mese di giugno, si dà
spazio alla musica contemporanea, con la prima assoluta di una nuova opera di Azio Corghi su testo di Maddalena Mazzocut-Mis, la Giocasta, per la regia di Enrico Castiglione. Diretta da Filippo Faes, l’opera vede la partecipazione dell’Orchestra in formazione cameristica e di artisti di primo piano come Chiara Muti (voce recitante), Anna Serova (viola), Victoria Lyamina (contralto), e il coro madrigalistico The Swingle Singers. (i.p.) ◼
A Vicenza
un nutrito cartellone
operistico e sinfonico
S
all’opera
i preannuncia una primavera intensa per l’Orchestra
26 — la cornice sinfonica
Compiono vent’anni
i Virtuosi Italiani
di Verona
Fra i progetti
anche una collaborazione
con Uri Caine e Paolo Fresu
la cornice sinfonica
È
di Anna Barina
Siamo un ensemble privato che non ha sovvenzioni statali, beneficiamo di un piccolo sostegno da Regione, Provincia e Comune che di certo non è sufficiente a sopravvivere. Per questo cerchiamo di coinvolgere i privati, con delle iniziative mirate.
a.m. Alla qualità aggiungiamo anche una programmazione
sempre innovativa, con proposte diversificate e attenzione
ai giovani. Da tempo collaboriamo con artisti provenienti da ambiti musicali diversi, dando vita a inedite proposte
musicali. La nostra mission è anche quella di creare progetti condivisi con altre istituzioni musicali e culturali venete,
come ad esempio quello con Teatri Spa che dal 2004 anni
ci porta ogni anno a eseguire opere e concerti al Teatro Comunale di Treviso, e quello con il Teatro Stabile di Verona
e il suo direttore Paolo Valerio.
Qualche anticipazione sui vostri prossimi progetti…
a.m. Abbiamo in programma una collaborazione con Uri
Caine, con cui avevamo eseguito le Variazioni Diabelli nel
2005 a Verona. La sua anima di jazzista poliglotta si sposa
con la nostra apertura verso nuovi orizzonti musicali che
ci porterà anche in estate a sviluppare un progetto con Paolo Fresu. Per quanto riguarda invece la parte classica sare-
tempo di numeri tondi per i Virtuosi Italiani, l’ensemble strumentale di casa a Verona che sta per celebrare nel 2009 i primi vent’anni dalla sua fondazione. Oggi i Virtuosi Italiani sono una delle più versatili
formazioni strumentali in Italia e non solo, ospiti delle più
importanti stagioni concertistiche e festival. A Verona sono ideatori ed esecutori di due consolidati progetti, il Festival Atlantide, rassegna musical-teatrale giunta alla IV edizione che ha portato al Teatro Nuovo artisti come Ludovico Einaudi, Giovanni Allevi, Milva, Timothy Brock, Antonella Ruggiero, Federico Mondelci, Elio, Cristina Zavalloni, solo per citarne alcuni,
e i Concerti della domenica, rassegna
concertistica che ormai da dieci anni costituisce per i veronesi l’appuntamento musicale della domenica mattina, con ospiti come Krzysztof Pendereski, Hansjörg Schellenberger, Dmitry Sitkovetsky, Ilya Gringolts, Ramin
Bahrami, Bruno Giuranna, Benedetto Lupo, Enrico Bronzi, oltre a Corrado Rovaris, direttore principale ospite. Sull’onda di una stagione di grandi successi che ha condotto l’ensemble a realizzare, unico gruppo del genere in Italia, un centinaio di concerI Virtuosi Italiani
ti nel 2008 e nella sola estate scorsa
ben cinquanta manifestazioni in Italia e all’estero, si è aggiunta una nuova
stagione serale, le Serate Musicali, culminata il mese scormo a Trieste il 14 e 16 maggio per l’integrale dei concerti di
so con un concerto al Teatro Filarmonico di Verona insieBeethoven, con due pianisti del calibro di Giuseppe Andame al violinista Massimo Quarta e alla pianista moscovita
loro ed Elisso Virsaladze. E ancora in occasione delle celeLylia Zilberstein. Ne parliamo con Alberto Martini, che dei
brazioni per i 250 anni della scomparsa di Haendel eseguiVirtuosi Italiani è direttore artistico e primo violino conremo a Verona e Vicenza il 17 e 18 aprile l’oratorio La Resurcertatore, e con Alberto Ambrosini, presidente del gruppo.
rezione, con strumenti originali.
In Italia le orchestre chiudono, i teatri sono in crisi, si parla di rea.a. Saremo anche all’estero con una tournée in Sud-Amecessione anche per la musica. I Virtuosi Italiani inaugurano invece
rica a fine aprile e un invito in agosto al Festival Internauna nuova stagione. Un impegno non
zionale di Santander in Spagna.
indifferente.
Inoltre il 21 giugno al Teatro Filarmonico di Verona festeggerea.a. Sì, esercitiamo un impegno
L’ensemble sarà a Trieste il 14 e 16 maggio per l’integrale
dei concerti di Beethoven, con due pianisti del calibro di
mo i nostri vent’anni proprio il
constante nella gestione e ottiGiuseppe Andaloro (già vincitore del Premio Venezia)
giorno della festa europea della
mizzazione delle spese. Cerchiaed Elisso Virsaladze; e in occasione dei 250 anni della
musica, con un concerto-evenmo di lavorare sempre su un dopscomparsa di Haendel, sarà a Verona e Vicenza il 17 e
to che vedrà la partecipazioni di
pio canale: mantenere la qualità
18 aprile con l’oratorio La Resurrezione, con strumenti
originali. Il 21 giugno al Teatro Filarmonico di Verona
molti degli artisti che in questi
molto elevata ottimizzando allo
i Virtuosi festeggeranno i loro primi vent’anni con un
anni hanno collaborato con noi.
stesso tempo le risorse. Gestiaconcerto-evento che vedrà la partecipazioni di molti
Non possiamo ancora fare nomi,
mo l’orchestra come farebbe un
degli artisti che in questi anni hanno collaborato con
per non rovinare la sorpresa. ◼
imprenditore con la sua impresa.
l’ensemble veronese.
La rassegna di Padova
tra musica,
cinema e astronomia
È
dedicata all’affascinante
di Alberto Castelli
La musica è protagonista della rassegna fin dal mese di
marzo, con il concerto promosso dagli Amici della Musica di Padova che vedrà impegnato il gruppo di musica antica «La Reverdie» nel programma De Stella Nova. Il cosmo di sogno del Medioevo, e con l’appuntamento dedicato all’improvvisazione curato dal Centro d’Arte degli Studenti dell’Università con il violoncellista Ernst Rejseger, già partner musicale
del regista Werner Herzog come autore della colonna sonora del film L’ignoto spazio profondo (2005).
Due tra gli appuntamenti di marzo e aprile si richiameranno in maniera esplicita alla figura e all’epoca di Galileo Galilei, proponendo pagine, tra gli altri, di Vincenzo e Michelangelo Galilei – rispettivamente padre e fratello del grande
scienziato, musicista e teorico protagonista della vita musicale del tardo Cinquecento il primo, abile liutista e a sua volta
compositore il secondo – che saranno affidate a Patrizia Vaccari, soprano, Terrel Stone, liuto, all’Ensemble vocale «La
Stagione Armonica» e a Sergio Balestracci, nella doppia veste di flautista e direttore.
Due apprezzati musicisti padovani,
Alessandro Cesaro, pianoforte, e
Bruno Volpato, pianoforte e organo, saranno invece i protagonisti dei concerti (aprile e maggio) nei quali saranno proposti la suite
I pianeti, amata e ammirata partitura di
Gustav Holst (nella trascrizione per
due pianoforti
dello stesso autore), i nuovi Tre
preludi dello stesso Cesaro, e l’attesa prima esecuzione italiana
di Cant de les estrelles per pianoforte,
organo e due cori
di Enric Granados,
pagina del primo Novecento recentemente
riscoperta. Il Novecento
di John Cage (Etudes Australes per pianoforte) e il contemporaneo di Marco Stroppa (Un segno nello spazio), Terry Riley (Sunrise of
the Planetary Dream Collector) e dell’indimenticato Carlo De Pirro (Descendit) saranno invece al
centro degli appuntamenti di maggio, con Bruno Canino e
il Quartetto d’Archi del Teatro La Fenice.
Puramente cinematografica sarà invece la presenza del già
citato L’ignoto spazio profondo, The Planets (1983, regia di Ken
Russell), e di molti altri appuntamenti.
Quattro conferenze di altrettanti specialisti (Marco Bizzarini, Dinko Fabris, Anna Ottani Cavina, Andrea Frova),
infine, indagheranno sotto punti di vista differenti i rapporti tra l’astronomia (e Galileo nella fattispecie) e le arti. ◼
rapporto tra musica e
astronomia l’ottava edizione di «Impara l’Arte», la
rassegna che l’Orchestra di Padova e del Veneto e gli
Amici della Musica di Padova, con il sostegno dell’Università, hanno pensato per gli studenti dell’ateneo
patavino.
Il tema di quest’anno è ben riassunto dal musicologo Marco Bizzarini nella sua introduzione alla rassegna: «Quattrocento anni fa, a Padova, Galileo Galilei puntava
per la prima volta un
cannocchiale verso
il cielo. Sempre nel
1609 Keplero pubblicava il trattato
Astronomia Nova
con la dimostrazione che le orbite dei pianeti non
sono circolari ma
ellittiche. Nasceva così l’astronomia moderna. Allo stesso modo Keplero nutriva forti interessi di teoria musicale, tanto che la sua terza legge, nella formulazione originale, impiegava la
terminologia propria degli intervalli musicali. Spesso musica e
astronomia, fin dall’antichità classica
e anche in numerose civiltà orientali, sono
state intimamente legate fra loro, lasciando in eredità all’Occidente medievale la struttura scolastica del Quadrivio. Ma anche in età moderna e contemporanea, sia pure in forme diverse, le due discipline si sono nuovamente incontrate: se da un lato i corpi celesti e lo spazio hanno continuato ad alimentare la vena creativa di musicisti e compositori, dall’altro diversi astronomi hanno coltivato l’arte dei suoni
con buoni risultati…».
Dopo l’appuntamento di apertura affidato all’Orchestra
di Padova e del Veneto, «Impara l’arte» propone un fitto cartellone di concerti, conferenze
L’ottava edizione di «Impara l’Arte» è promossa
dall’Orchestra di Padova e del Veneto, dagli Amici
e proiezioni cinematografiche
della Musica di Padova e dal Centro d’Arte degli
con la partecipazione di musiciStudenti dell’Università di Padova, con il sostegno
sti, scienziati e studiosi che prodell’Università degli Studi di Padova, dell’Esu, del
seguirà fino a maggio.
Comune di Padova e della Fondazione Antonveneta
Musica e Astronomia
1556-57 olio su tela, diametro 230 cm
Biblioteca Nazionale Marciana
Venezia
la cornice sinfonica
«Impara l’Arte»
esplora
«il suono dei mondi»
la cornice sinfonica — 27