«Orwell aveva ragione. Ora è tardi»

annuncio pubblicitario
LA SICILIA
GIOVEDÌ 1 MAGGIO 2008
30. lo SPETTACOLO
DI RET TA RAITRE
CONCERTONE 1° MAGGIO
«Long walk home» di
Springsteen in anteprima
SCORDIA
VIDEO DI SPRINGSTEEN
VIBRAZIONI, RINVIO AL 18
Ci sarà anche Bruce Springsteen, solo in video, al Concertone del Primo
maggio a piazza San Giovanni, in diretta su Raitre: in chiusura della prima
parte, alle 18.40, sarà trasmesso in anteprima e in esclusiva il nuovo video
della rockstar, «Long Walk Home». Una vera chicca che va a impreziosire la
ricca scaletta del concerto promosso da Cgil, Cisl e Uil, condotto quest’anno da Claudio Santamaria e dedicato alle morti sul lavoro, alle canzoni del
’68 e ai 70 anni di Adriano Celentano. Sarà una hit del Molleggiato, «Prisencolinesinainciusol», eseguita da Enzo Avitabile e Manu Dibango, ad aprire,
alle 16 la lunga maratona musicale. Poi sarà la volta di Pelù con un omaggio ai Beatles con «Revolution». I Fab Four saranno ricordati anche nel set
di Santamaria e Zampaglione in «While my guitar gently weeps». Ma ci sarà
anche «Bella Ciao», nella versione di Bisca ed Enrico Capuano, sempre con
Santamaria. Partecipano Tricarico, Irene Grandi, Raiz, Gazzè, Caparezza, Celestini, Impacciatore, Favino, Gerini e tanti altri.
Il live de Le Vibrazioni previsto per il 17 maggio al Krossower di Scordia
(Ct) è slittato al giorno dopo (18 maggio) per problemi tecnici legati agli
allestimenti. Francesco Sarcina e soci porteranno al Krossower di Scordia
il 18 maggio, «En Vivo Tour», uno show musicale che racchiude i maggiori successi della band milanese. Il nuovo Tour è frutto dell’ultimo lavoro
discografico, «En Vivo», anticipato dal singolo «Insolita», colonna sonora
del film di Sergio Rubini, «Colpo d’occhio». I fans siciliani de Le Vibrazioni ripercorreranno le tappe più importanti dell’intensa carriera artistica
iniziata nel 2003 con il singolo «Dedicato a te» che ha conquistato il Disco
di Platino trainandoli al successo. Il loro rock negli anni è mutato avvicinandosi sempre più a un sound anni ’70, fatto di chitarre più graffianti e
suoni meno melodici. La svolta si è avuta con Officine Meccaniche, che ha
marcato il confine con il passato. Per il 18 maggio al Krossower è previsto
un tagliando unico (16,50 euro, diritti inclusi).
EN VIVO TOUR
delle Vibrazioni sarà a
Scordia il 18 e non il 17
L’INTERVISTA. Lorin Maazel racconta il suo «1984», debutto domani alla Scala da compositore, regia di Lepage
--
ETNAFEST
«Orwell aveva ragione. Ora è tardi»
«Oggi abbiamo una libertà relativa e dobbiamo lottare perché non sia ancora ristretta» dice il musicista
MILANO. Doveva essere una storia d’amore, ma poi, per non tradire lo spirito
originale del romanzo, «siamo finiti per
metterne in rilievo il significato politico»: così Lorin Maazel presenta la sua
prima opera, «1984», tratta dal capolavoro di George Orwell, che dal 2 maggio dirigerà alla Scala di Milano.
«Lo spettacolo fa paura e fa piangere
perchè non c’è speranza - dice il grande direttore d’orchestra - è un avvertimento di Orwell, che ci ha detto "se
non fate qualcosa, sarà davvero così un
giorno", e noi - si rammarica - non abbiamo fatto nulla: ora la nostra è una libertà relativa e dobbiamo lottare affinchè non venga ulteriormente ristretta».
«Lo Stato oggi può distruggere una
persona fin nell’intimo, lo vediamo tutti i giorni e - afferma - non può andare
avanti così: bisogna protestare ad alta
voce e quest’opera inevitabilmente
porta con sè un messaggio politico».
Quale?
«È essenziale che ogni individuo sia libero, anche di cambiare idea».
Di riferimenti precisi, però, non ce ne
sono.
«Nella Londra di Orwell andava così
come va oggi in certi paesi, con una dittatura assoluta e il popolo in gabbia, ma
non parliamo di nessuno in particolare».
Anche quando, nell’opera, i prigionieri del Ministero della verità vengono
costretti a vivere sotto una luce abbagliante, che non si spegne mai, come a
Guantanamo.
«Da parte nostra - sottolinea ancora non ci sono riferimenti, ma se poi il
pubblico li capta...».
Di differenze tra lo scenario orwelliano e il presente, però, il grande direttore ne vede almeno una, macroscopica.
«Al tempo non c’era ideologia, solo potere: Orwell diceva che il mondo si stava avviando verso la non necessità di
giustificare qualsiasi azione, mentre
ora i nostri capi pretendono di avere
una base religiosa, morale, etica».
Oggi come allora, però, «chi sta al potere sfrutta le tre debolezze dell’essere
“
umano: la necessità di odiare, di inchinarsi al potere, di avere un patriottismo scatenato», cui il novello compositore ha dedicato altrettanti cori.
Quando ha scelto di mettere in scena il
romanzo di Orwell, però, Maazel era
più interessato alla storia d’amore tra
Winston e Julia che alle profezie dello
scrittore inglese, ma poi, «parlando con
il regista Robert Lepage che - scherza è molto à la page su ciò che succede nel
mondo, mi sono reso conto che era tutto molto legato all’oggi».
La messinscena del regista canadese è
Copertina di
un’edizione
inglese di «1984»
il romanzo
apocalittico
epocale di
George Orwell
che lanciava
l’allarme contro
il Grande Fratello
e la progressiva
privazione delle
libertà individuali
figlia di questa consapevolezza: per
trasmettere al pubblico «disagio, inquietudine e angoscia», sul palco saranno proiettate immagini con scene di
guerra dall’Afghanistan alla Palestina,
mentre la stessa partitura prevede effetti sonori inconsueti per un’opera,
come il rumore delle pale di un elicottero, quello di una mitragliatrice, ma
anche grida di dolore frammiste a
bombe che esplodono. Per far posto a
due videoproiettori, 14 pc e a tutto l’apparato tecnologico necessario, l’equipe
di Lepage si è impossessata del palco
MESSAGGIO
Doveva essere una
storia d’amore
ma, per rispettare
il libro, abbiano
evidenziato il
significato politico
“
DIFFERENZA
“
SOMIGLIANZA
Al tempo dello
scrittore c’era il
potere non
l’ideologia. Ora i
leader parlano di
religione, di etica
Il potere sfrutta
sempre le
debolezze umane:
necessità di odiare,
di inchinarsi al più
forte
reale della Scala, dove solitamente siedono le istituzioni. Sull’abbondante uso
di tecnologia, Maazel spiega che è «necessario, perchè è un soggetto attuale,
mentre se fosse usata per un’opera arcaica sarei contrario».
Il soggetto, è stato scritto nel 1948, attualissima la regia. Cosa verrà fuori?
«L’opera avrà un’inquadratura classica
perchè credo molto nell’opera e nella
sua forma come veicolo contemporaneo». Anche per rilanciare un avvertimento rimasto inascoltato.
GIOIA GIUDICI
ASSOCIAZIONE CRITICI A SOFIA. Al XXVI Congresso Internazionale un fronte unico contro la violenza a teatro
Ma Tarantino non si addice alla scena
CARMELITA CELI
SOFIA. Più che una colta adunanza internazionale di critici di teatro è stato un
pacifico fronte contro la violenza gratuita in palcoscenico. Decine di delegati
dell’Associazione Critici da ogni parte
del globo, dalla Finlandia ai Caraibi, sembravano uniti da tacito accordo, in occasione del 24° Congresso di critici su Teatro e umanesimo in un mondo di violenza,
celebratosi a Sofia nei giorni scorsi, sotto il patrocinio del Ministero della Cultura della Bulgaria e la redazione critica di
Kalina Stefanova. Uniti e compatti, dunque, in una piccola trincea mondiale, armati solo dalla fede nel gioco scenico di
qualunque segno eccetto che il trend dell’ultima ora secondo cui vomiti, stupri,
budella e nudi in scena con «gioielli di famiglia» in bella mostra fanno teatro. Ed
era quantomai singolare vedere come,
nella meravigliosa e confortante polifonia di opinioni e punti di vista, Gandhi
fosse costantemente dietro le quinte.
E com’è vero che il Teatro non racconta
fatti di gente perbene perché il Teatro è
per sua natura estremo, urgente, senza
appello - ed il palcoscenico è un inferno
dove ogni male possibile attende le catarsi più contraddittorie - vero è che Teatro è mistificazione e metafora e non verità «vera» come al cinema o in televisione. I one-act Tarantino, gli atti unici pulp
invece di atterrire, producono una fanghiglia permanente in cui le tensioni sono sempre più tenui, diluite, annullate. Il
cosiddetto splatter, le «macellerie» teatrali che spesso tradiscono autocompiacimenti nazi da «soluzione finale», non
fanno paura a nessuno. Al contrario. Allontanano fantasia, ansia, dolore, trepidazione e paure, incubi, domande su come spettatori «esigenti» e spettatori tout
court, possiamo liberarci dalle maledizioni che gravano su noi e sui nostri figli.
La violenza verbale, sì, può e deve avere
cittadinanza sulle tavole del palcosce-
Un momento di
«Danza di morte»
di Strindberg
spettacolo di
punta al
Congresso
Internazionale
di Sofia
nico. Pertanto non è stato difficile, da
parte nostra, delegati a rappresentare
l’Italia della critica, tirar fuori esempi eccellenti come il Testori di Arialda, il Pasolini di Affabulazione e naturalmente
l’artifex Carmelo Bene, devoto e irriverente massacratore dei classici, dalla Giulietta-Cappuccetto Rosso a Otello e Jago
che cavalcano Desdemona e Emilia pro-
caci e discinte.
Ma se di teatro si è parlato alla luce del
sole, teatro si è visto e sentito a sera, nella linda capitale bulgara, da poco più di
un anno sorella di altre capitali dell’Unione Europea - grazie ad un intenso showcase di spettacoli. Quake , strepitoso one
man show (Marius Kurkinski) immaginato in una grottesca «wasted land» e
tratto dai racconti del maggiore auctor
bulgaro, Nikolai Haitov. E gli acrobatici
«umiliati e offesi» di Outcasts (Alexander
Morfov), un immaginifico Macbeth di
Diana Dobreva, il beffardo Andersen di
Quel che fai tu è sempre ben fatto (Teatro
Credo), l’istrionico Rhythm and Blues di
Roumen Tsonev ed un’imperdibile, «legnosa», imponente Danza di morte di
Strindberg secondo Margarita Mladenova.
Ma il miracolo vero si compiva ogni sera,
al di qua del sipario, in platea, tra noi, cellule di mondo «accorpate» in un’aggregazione buia e incomparabile che ancora si
chiama Teatro.
MOMENTO DELLO SPETTACOLO D’APERTURA DI ETNAFEST CINEMA
Giacomo Casanova
e lanterne magiche
la favola del cinema
CATANIA. Il cinema? C’è sempre stato, fino dal Seicento (si
chiamava Lanterna magica), e anche nel Medio Evo, in
Oriente, ed era il teatro delle ombre: ne esistono strumentazioni che si usano anche oggi suscitando emozioni e applausi degli spettatori. In questi giorni, nell’ambito di Etnafest, Sebastiano Gesù ha allestito una mostra ai Benedettini sotto il titolo l’Archivio dei Sogni (patrocinata dalla Provincia, dalla Facoltà di lettere e dall’APT), proponendo a
margine due spettacoli con lanterna magica, vetrini storici
(sapientemente animati da Laura Minici Zotti, creatrice a
Padova del Museo del Precinema) e recitazione dal vivo retta dall’attore Paolo Caporelli con applaudita eleganza vocale, ammirevole tratto gestuale (i costumi storici di lui e della signora Zotti erano un capolavoro di taglio aristocratico)
con sottolineature di effetti speciali curati dal fonico Francesco Zedda.
La storia raccontata ruotava attorno a Giacomo Casanova, le musiche erano quelle vivaldiane.
Doveva essere l’archeologia delle figure animate: ma è
stato uno spettacolo autentico, dal fortissimo coinvolgmento. Vedere il leggendario libertino veneto nella suggestione di come lo ammiravano i suoi contemporanei (con
proiezione di immagini dipinte e mosse
LA MAGIA
da rudimentali effetti cinetici, ma nella
cornice autentica
Emozionano la
del Coro di notte che
vicenda del
risale proprio a quel
periodo) immergeva
seduttore e i
nel rapporto tra buio
cinegiornali sul
e luce che dai tempi
della platonica caterremoto di
verna spinge la fanMessina
tasia umana fuori
“
dal ristretto orizzonte materiale verso le regioni dell’immaginazione. Ci siamo emozionati a vedere l’avventuriero veneto fuggire a Parigi con una carrozza popolare a due piani e balconcino affollato; siamo stati toccati dal riconoscere nel Seduttore l’eroe del libero pensiero illuministico,
ricco di risorse nei frangenti difficili; abbiamo anche simpatizzato con lui scoprendo che i suoi erotici furori erano mossi da autentici affetti. E le stesse emozioni si sono moltiplicate a vedere le immagini del terremoto di Messina (giusto
un secolo addietro) riprese da viaggiatori britannici per i "cinegiornali" dell’epoca. Le case sforacchiate, il desolante
bianco della polvere, le poche figure di sopravvissuti davano la misura della catastrofe. Senza retorica, senza il cicaleccio insipido che trasforma le nostre News in Gossip. Guardando i pezzi della mostra (manifesti, fotoromanzi, gadget
degli anni ’50) comprendiamo perché allora il cinema riusciva a toccare i sentimenti della gente più semplice: gli effetti speciali erano molto ingenui, ma le storie erano raccontate con emozione e il pubblico usciva dalla sala come se
fosse stato per un’ora in un mondo diverso, quello degli eroi
e delle dive.
SERGIO SCIACCA
«POLYPHEMUS» SU ANTENNA SICILIA
In viaggio con "Polyphemus" per scoprire la Sicilia con gli
studenti dell’Isola. E’ questo il progetto dell’assessorato
regionale alla P.I., nato per permettere ai giovani viaggiatori
delle scuole di conoscere una Sicilia diversa. In questa
prima puntata in onda al termine del Tg di Antenna Sicilia
delle 14 (e in replica in coda al Tg Sicilia notte), la giornalista
Assia La Rosa è entrata nelle classi dell’Istituto comprensivo
n° 2 di Taormina per sentire dalla viva voce dei bambini,
l’iniziativa "Un ciak sull’Alcantara", che ha portato i piccoli
sui "set" naturali di film girati in Sicilia. Parleremo, poi, del
progetto "Sorsi di tradizione", elaborato dall’Istituto
Pluchinotta di Sant’Agata Li Battiati.
Scarica