S. RODOTA’, Il diritto di avere diritti, Editori Laterza, 2013, pp. 426. “D iritti senza terra vagano nel mondo globale alla ricerca di un costituzionalismo anch’esso globale che offra loro ancoraggio e garanzia”. L’opera di Stefano Rodotà, “Il diritto di avere diritti” è una sorta di viaggio, una “narrazione dei diritti”, nella quale si possono scorgere le dinamiche di trasformazione dei diritti tradizionalmente intesi: in un mondo che ha cambiato aspetto, in una società che non si riconosce più in sé stessa, in uno Stato che si scopre orfano di quel baluardo protettivo che era la sovranità nazionale, in ordinamenti che vedono l’operare di poteri che sembrano incontrollabili; tale è il mondo nuovo dei diritti, nel quale si deve continuamente fare i conti con gli altri e nel quale, dovendosi confrontare con modelli diversi, i diritti si reinterpretano di continuo, a volte vedendosi ampliare il catalogo e la portata, a volte vedendosi negata l’esistenza stessa. Pur non potendo sottacere l’inevitabilità di tale andamento contradditorio, resa tale dai tempi nei quali viviamo, un’analisi accurata si rende indispensabile, al fine di evitare che gli individui “non avendo alcun appello sulla terra che renda loro giustizia siano abbandonati all’unico rimedio che rimane in tali casi, cioè l’appello al cielo”. Nella prima parte del volume si evidenzia quella che Rodotà chiama la “rivoluzione dell’uguaglianza” e che, insieme alla “rivoluzione della dignità”, alla “rivoluzione della tecnoscienza” ed alla “rivoluzione di Internet” dà corpo a quell’insieme di identità individuali, collettive e responsabilità pubbliche che si rendono, se non indispensabili, inevitabili nella nuova era della globalizzazione. Globalizzazione. Questa è ad un tempo il leit motiv dell’opera e la linea guida da seguire attraverso il percorso tracciato per comprendere l’importanza della necessità di porre attenzione alle situazioni concrete, ai bisogni da proteggere ed ai diritti da tutelare. Questi infatti, secondo l’Autore, scompaiono, si reinterpretano, si impoveriscono e si ampliano allo stesso tempo; inoltre, pericolosamente, si scoprono sprovvisti di quelle tutele un tempo garantite dal solido scudo della sovranità nazionale, correndo il pericolo di essere sottoposti ad un affievolimento nella loro tutela ad opera di azioni promosse in nome della “sicurezza collettiva e dello sviluppo del mercato e dell’economia”. A giudizio dell’Autore i diritti fondamentali sono oggi si guardati con particolare attenzione da quei soggetti, in primis l’Unione Europea, che esercitano la sovranità nello spazio globale ma al contempo esiste un Recensioni Nomos 1-2014 2 controllo sempre più capillare sugli individui esercitato in nome della loro sicurezza e dunque per ciò stesso da essi accettato. La logica che muove l’Autore è quella di negare una subordinazione dei diritti a logiche di mercato attraverso quella loro trasformazione che se per un verso è inevitabile perché connaturata all’evolversi della società, dall’altro è vista con timore; si deve, dunque, parlare di una pluralità di diritti, di un patrimonio comune dell’umanità. È in questo senso che occorre leggere l’evoluzione dell’Unione Europea che è passata dall’essere una “Europa dei mercati” ad essere una “Europa dei diritti” soprattutto, ma non solo evidentemente, attraverso la stesura della Carta dei diritti fondamentali. Qui viene relegata in un cono d’ombra la tradizionale catalogazione dei diritti per generazioni per approdare alla proclamazione degli stessi quali “indivisibili” , siano essi civili, sociali, politici. Il Preambolo identifica quello che Rodotà chiama il “costituzionalismo dei bisogni”: l’Unione Europea, ponendo al centro la persona, si allontana dal passato contesto nel quale i diritti erano riconosciuti solo formalmente per giungere ad uno stadio più avanzato nel quale le azioni, attuative di questi, si affiancano necessariamente alla proclamazione nelle Carte. “Il diritto individuale alla ricerca della verità attraverso le informazioni, chiarisce bene quale sia il significato della verità nelle società democratiche, che si presenta come il risultato di un processo di conoscenza aperto, che lo allontana radicalmente da quella produzione di verità ufficiali tipica dell’assolutismo politico che vuole invece escludere la discussione, il confronto, l’espressione di opinioni divergenti, le posizioni minoritarie” . Questa è una delle più significative tematiche affrontate dall’Autore: qualificare il diritto di accesso alla rete quale diritto fondamentale, che Rodotà distingue come materia costituzionale, così enunciato dall’articolo 19 della “Dichiarazione universale dei diritti umani” che sancisce: “il diritto di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee con ogni mezzo e senza riguardo a frontiere”. Nel contesto globalizzato ed informatizzato nel quale viviamo ogni individuo possiede, in teoria, una illimitata possibilità di acquisire e diffondere idee, opinioni, posizioni, ma anche informazioni e conoscenza; al contempo, tuttavia, si è assistito ad un aumentare della tendenza limitativa di questa possibilità attraverso i sempre più stringenti confini del diritto d’autore. Ciò che si auspica nel volume non è tanto una totale soppressione degli istituti giuridici che impediscono un libero ed incontrollato accesso alla conoscenza universale, quanto piuttosto una rivalutazione di questi strumenti che vanno, per cosi dire, modellati al fine di poter giungere a quello che l’Autore definisce “il vero baluardo di una effettiva democrazia”: il libero accesso alla conoscenza per garantire trasparenza e rafforzamento dello spirito critico degli uomini. Singolarmente, è proprio in questo nuovo contesto globalizzato che il patrimonio dei diritti assurge a quello che dovrebbe essere il suo autentico significato: patrimonio di ogni persona, indipendentemente dalla nazionalità e, cosa ancor più rilevante, non più prerogativa dell’Occidente; dall’Europa all’Africa gli individui condividono gli stessi inviolabili diritti ed attraverso i nuovi strumenti di comunicazione si mobilitano universalmente per reclamarli quando se li vedano negati. Ed è in questo senso che l’Autore parla, evocativamente, di un “costituzionalismo globale possibile”. Recensioni Nomos 1-2014 3 Globalizzazione e diritti sono dunque legati a doppio filo: la prima ha svolto una funzione fondamentale nella presa di coscienza collettiva circa la universalità dei diritti ed i secondi sono un efficace strumento per regolarizzare la globalizzazione. La seconda parte del libro si muove su un binario diverso e diversa è la parola chiave: dignità, o ad essere più esaustivi, binomio indissolubile persona – dignità. “Dall’individuo alla persona”. Non si ha più il soggetto astratto, ma si assiste ad una concretizzazione del soggetto calato nel sistema giuridico; nell’ordinamento occorre dare rilevanza a quelle variegate figure soggettive che in quel contesto vivono, e dunque il lavoratore, l’anziano, il bambino, il portatore di handicap, rispetto ai quali occorre non solo riconoscere ma dare valorizzazione a quella dignità che li caratterizza in quanto esseri umani. Significativo un passaggio, che consente di affrontare l’ulteriore tematica legata al diritto di autodeterminazione: “La dignità si realizza attraverso un processo, al quale concorrono il potere di governo della persona interessata e il dovere che incombe su chi deve costruire le condizioni necessarie perché le decisioni di ogni persona possano essere prese in condizioni di libertà e responsabilità. Deve essere dunque garantita a ciascuna persona la possibilità di vivere con piena dignità, attivandosi, la società stessa, per l’eliminazione di quei fattori impedienti e per la soddisfazione delle più essenziali necessità umane. La vita degna di essere vissuta, allora, è quella che la persona autonomamente costruisce come tale”. L’autodeterminazione, primo fra i diritti, deve essere riconosciuta anche rispetto al proprio corpo e, dunque, rispetto alla concezione della vita; agli individui devono essere forniti gli strumenti necessari per tutelare quello, tra i diritti, che rappresenta la “summa della libertà”. Fondamentale, come è di tutta evidenza, la tematica relativa al diritto alla salute ed alle scelte di fine vita. Quanto all'ambito di tutela, nel passato si tendeva ad identificare il contenuto di tale diritto nella sola integrità fisica della persona; tuttavia oggi tale impostazione è considerata come estremamente riduttiva, in quanto la persone deve intendersi come indissolubile unità psicofisica e dunque la salute la riguarda, necessariamente, nel suo complesso, comprensivo dell’equilibrio psichico, mentale e fisico. Evidentemente, fondamentale è la disposizione contenuta nell’art. 32 Cost. che riconosce alla salute il rango di fondamentale diritto dell’individuo e introduce, al secondo comma, il principio della voluntas aegroti suprema lex, facendo dunque propria una concezione del rapporto medico-paziente che, pur non volendo sottacere il fondamentale ruolo svolto dal primo, valorizza quanto più possibile la sfera di autodeterminazione del secondo. Dunque è al livello più alto del sistema delle fonti che si rinviene il presupposto giuridico del passaggio nel nostro ordinamento dalla fase del paternalismo medico, nel quale il professionista godeva di una pressoché totale ed indiscussa discrezionalità ed autonomia nello stabilire ciò che costituiva un bene o un male per il malato sostituendo dunque spesso la propria volontà a quella del suo assistito, alla fase dell’alleanza terapeutica tra medico e malato. Quale corollario del menzionato principio di volontarietà dei trattamenti sanitari, l’art. 32 Cost. prevede, oltre al diritto ad essere curati, anche un diritto di libertà, sancito al 2°comma, di Recensioni Nomos 1-2014 4 curarsi come di non curarsi, di rifiutare le cure proposte o di interromperle a fronte di un mutamento di convinzione. Le questioni più delicate, che l’Autore affronta nella seconda parte del volume, attengono i casi nei quali tale libertà di scelta riguardi specifici trattamenti sanitari di tipo salvavita. Rileva, nuovamente, il tema della dignità. Questa è caratterizzata da una valenza oggettiva e generale, in virtù della quale ogni esistenza è di per sé preziosa e dignitosa non potendosi, evidentemente, tracciare da parte dello Stato alcuna differenziazione o giudizio tra vite degne o meno di essere vissute. Nell’opera, tuttavia si vuole sottolineare come li suddette condizioni di libertà non siano salvaguardate esclusivamente riconoscendo alla persona l’autodeterminazione di decidere se porre fine ad un’esistenza giudicata non più dignitosa; occorre, infatti, che la persona sia sostenuta anche quando nulla abbia disposto in tal senso e dunque quando la sua volontà sia quella di continuare a vivere. Anzi, in questo caso si renderà ancor più necessaria una risposta istituzionale comportando tale scelta un dispiego di risorse finanziarie di cui non tutti possono disporre. Si richiederebbe, dunque, una presenza pubblica non invasiva ma che sia la manifestazione concreta del principio di solidarietà che informa l’intero nostro ordinamento. “L’autodeterminazione trova così il suo fondamento in una convinzione nutrita di consapevolezza, in un contesto nel quale il legame sociale non è spento, ma ritrova il senso proprio di una relazione solidale”. In tale principio cardine della volontarietà dei trattamenti sanitari si riverbera, in campo medico, l’intero sistema di valori cui la Costituzione è ispirata e su cui si fonda: il principio personalista, l’inviolabilità personale, il risetto della dignità umana, la capacità di autodeterminazione dell’individuo. Nella terza ed ultima parte, dall’emblematico titolo “La macchina”, Rodotà afferma che “tra persona e macchina si stabilisce un continuum: riconoscendolo, il diritto ci consegna anche una nuova antropologia, che agisce sulle categorie giuridiche e ne modifica la qualità. La riservatezza, qualità dell’umano, si trasferisce alla macchina”. Occorre reinventare il concetto di privacy, indispensabile per proteggere la propria sfera privata, la propria individualità, promuovendo strumenti ed istituti che tutelino tale limite invalicabile ma al contempo occorre avere ben presente il delicato ma fondamentale ruolo del diritto nella gestione del rapporto individuo – macchina. Tale avvertita necessità di rintracciare un indispensabile punto di equilibrio è resa evidente dalla circostanza che Internet è oramai da tempo divenuto lo strumento privilegiato, anche perché accessibile in modo pressoché universale, di accesso alla conoscenza. L’Autore conclude sottolineando come la rete necessiti dunque di una regolamentazione chiara, garantista e neutrale, affinché si possano effettivamente tutelare la democrazia ed i diritti fondamentali. Proprio il carattere di neutralità fa si che di tale onere non si possano sobbarcare né solo i governi nazionali né, tantomeno, i soggetti privati. Ed è qui che si chiude quel percorso tracciato da Rodotà: si torna alla necessità di un costituzionalismo globale, che solo potrà favorire un dialogo tra pari tra tutti i protagonisti di questo nostro mondo globalizzato. Recensioni Nomos 1-2014 5 Quello che occorre, in conclusione, è una costruzione del diritto “per espansione, orizzontale, un insieme di ordini giuridici correlati, non punto d’arrivo, ma strutturati in modo da sostenere la sfida di un tempo sempre mutevole, quasi una costituzione infinita”. Elisabetta Benedetti Recensioni Nomos 1-2014