Programma di Economia Politica III anno AFM Le linee guide più importanti del programma di economia politica del III anno sono: L'attività economica I sistemi economici Il problema delle scelte per il consumatore Il problema delle scelte per l'impresa Il mercato L'attività economica Le scelte e le azioni di un soggetto si dicono economiche quando sono dirette all'impiego razionale delle risorse disponibile, con l'obiettivo di ottenere la maggiore soddisfazione dei bisogni umani. L'economia è la disciplina che studia il modo migliore di utilizzare le risorse disponibili, così da accrescere al massimo la loro utilità per l'uomo. Per sistema economico s’intende il complesso delle scelte e delle azioni di carattere economico, tra loro interdipendenti, che vengono compiute dai singoli individui e dalle organizzazioni operanti in un determinato territorio. Nel mondo attuale ci sono tre tipi di sistemi economici: il sistema liberista, il sistema collettivista e il sistema a economia mista. IL sistema liberista e la società capitalistica Il sistema liberista (fine del XVIII e inizio XIX secolo) si fondava sulla fiducia assoluta nella piena libertà di iniziativa economica, fiducia basata sulla convinzione che le azioni dei singoli, combinate tra loro avrebbero condotto all'armonia sociale e ala crescita economica nazionale. I teorici del liberismo erano convinti che esistesse una sorta di “ mano invisibile” in grado di indirizzare le azioni dei singoli individui verso il benessere comune. Questo pensiero fu espresso dall'economista inglese Adam Smith. L'importanza attribuita alla libertà di iniziativa economica privata portò alla convinzione che i singoli non dovessero essere ostacolati né regolamentanti nelle loro attività; di conseguenza lo Stato doveva rinunciare al ruolo di controllore del sistema economico e doveva limitarsi allo svolgimento delle proprie funzioni istituzionali. La fiducia nell'equilibrio spontaneo de mercato fu espressa nella cosiddetta teoria degli sbocchi,formulata dall'economista francese SAY. Questa teoria enunciò il principio secondo il quale la domanda globale, cioè la richiesta complessiva di beni e di servizi sul mercato, si adegua sempre all'offerta globale, corrispondente al complesso di beni e servizi posti in vendita. La teoria degli sbocchi può essere rappresentata dalla funzione: Y= C+I dove Y corrisponde al reddito nazionale, cioè all'offerta globale, C ai consumi e I agli investimenti (C+I costituisce la domanda globale). Per molto tempo si confidò nell'esistenza di questo equilibrio automatico dell'economia e nella conseguente necessità del ruolo neutrale dello Stato. La società capitalistica Le teorie liberiste si tradussero nel capitalismo, un sistema economico caratterizzato da alcuni elementi fondamentali: - la proprietà privata dei mezzi di produzione; - la larga diffusione del lavoro salariato; - l'ampio ricorso alla meccanizzazione dei fattori produttivi; - l'espansione dei mercati, che consentì la vendita delle merci prodotte in un sistema di scambi commerciali molto complesso. Elemento centrale nel sistema capitalista è la presenza del capitale, cioè di una ricchezza che, anziché essere accantonata o consumata, viene investita in processi produttivi che generano nuova ricchezza. L'affermazione definitiva del capitalismo avvenne in Inghilterra nel XVIII secolo, durante una fase di enorme sviluppo economico chiamata Rivoluzione Industriale. Il sistema collettivista Nei primi decenni dell'Ottocento nacque il socialismo, un movimento critico nei confronti del sistema capitalista. In particolare attraverso le opere del filosofo tedesco Karl Marx si affermò il socialismo che gettò le basi della Rivoluzione Russa del 1917, che determinò l'affermazione del sistema economico collettivista. Il sistema economico collettivista abolì la proprietà privata e affidò l’attività produttiva in via esclusiva agli organismi pubblici. Il sistema collettivista si basava su: abolizione della proprietà privata e della libera iniziativa economica; appartenenza esclusiva dello Stato dei mezzi di produzione pianificazione economica. I limiti del regime sovietico Tuttavia, nei decenni successivi, emersero i limiti della pianificazione che procedeva, in modo separato dalle reali esigenze della gente comune. Erano inesistenti le energie di iniziativa dei privati e la direzione autoritaria imposta dal regime sovietico diede origine a forme di totalitarismo che limitarono fortemente le libertà individuali, giungendo alla repressione, anche violenta, delle manifestazioni di dissidenza. La crisi del sistema capitalista Il sistema capitalista non fu esente da gravi problemi. Nel 1929 l'economia americana entrò in un periodo di crisi senza precedenti, che, a partire dal crollo dalla Borsa di New York, causò il fallimento di numerose imprese e la chiusura di importanti settori produttivi, con ripercussioni gravissime sull'occupazione. Il disastro economico si manifestò in modo eclatante nel 1929: il 24 ottobre di quell'anno, passato alla storia come il “ giovedì nero “, i listini della Borsa di New York crollarono. La grave depressione economica di quegli anni smentì in modo inconfutabile la validità della “teoria degli sbocchi” formulata da Say: per superare il ristagno economico che seguì al crollo dell'economia, non essendo il sistema in grado di riprendersi spontaneamente, fu, infatti, necessario l'intervento dello Stato. Sotto la presidenza di Roosevelt gli Usa misero in atto un piano d’interventi pubblici, finanziati dallo Stato per riassorbire l'occupazione e riavviare la produzione, quel piano prese il nome di New Deal (“ nuovo corso”). Il pensiero di J.M. KEYNES influenzò la politica economica del Presidente americano Roosevelt. Keynes criticò la teoria di SAY, affermando che la situazione tipica del mercato è la sottoccupazione, in cui vengono sfruttate tutte le risorse disponibili e la domanda si mantiene inferiore all'offerta. In una condizione di questo tipo, allo scopo di stimolare il mercato e di predisporre le condizioni per l'aumento della domanda globale, Keynes riteneva necessario l'intervento dello stato volto ad attivare un meccanismo spontaneo di ripresa. Se lo Stato avesse sostenuto spese pubbliche, avrebbe contribuito alla creazione di posti di lavoro, le famiglie dei nuovi assunti avrebbero ricevuto un reddito più elevato, per cui avrebbero potuto affrontare nuove spese aumentando i consumi; le imprese avrebbero potenziato la produzione, ricorrendo a nuove assunzioni. A questo punto, secondo una spirale positiva la domanda globale sarebbe aumentata fino a una situazione di equilibro rappresentabile dall'equazione Y= C+I+G in cui G rappresenta le spese pubbliche. Il sistema a economia mista Un sistema economico come quello ipotizzato da Keynes viene denominato a economia mista, perchè in esso consistono l'iniziativa privata e l'azione economica dello Stato. Nel sistema a economia mista : - la proprietà dei mezzi di produzione è essenzialmente privata; - lo Stato interviene con i mezzi a sua disposizione che raccoglie in larga misura attraverso le imposte, per fare investimenti e produrre servizi (istruzione, sanità, difesa, trasporti, telecomunicazioni). Lo Stato, quindi, non si sostituisce ai privati, ma con la sua azione cerca di controllare e indirizzare l'attività privata per favorire lo sviluppo economico e sociale. Dalla prima esperienza del New Deal, il sistema a economia mista è stato ulteriormente sviluppato e ha trovato applicazione in molti paesi tra cui L'Italia, almeno fono a tempi molto recenti. In questi Paesi lo Stato si è trasformato in STATO SOCIALE. Per stato sociale (o WELFARE STATE) s’intende uno Stato che mette in atto una serie d’interventi economici, sociali e politici, volti a garantire a tutti i cittadini un livello minimo di reddito disponibile e la possibilità di usufruire di un insieme di servizi indispensabili (sanità, istruzione, abitazione ed assistenza.) Negli ultimi decenni del XX secolo i sistemi ad economia mista hanno cominciato a mostrare i segni di una profonda crisi. Ciò è accaduto principalmente perché gli Stati, anziché favorire l'occupazione e lo sviluppo, facendo investimenti produttivi e fornendo servizi sociali, hanno iniziato a erogare sovvenzioni alle imprese e sussidi alle persone fini a se stessi. Lo stato sociale è così degenerato in stato assistenziale, con la conseguenza che la spesa pubblica è aumentata in modo esponenziale e le imprese e le famiglie sono state disincentivate a impegnarsi per migliorare la propria situazione. A crisi dei sistemi a economia mista ha portato a una nuova affermazione delle teorie liberali. Così all'inizio degli anni Ottanta si è formata la scuola neoliberista, il cui principale esponente fu l’americano Friedman, secondo la quale lo Stato deve intervenire il meno possibile in campo economico e sociale e favorire la creazione di un libero mercato di merci, capitali e servizi. Le teorie neoliberiste hanno trovato una rigorosa applicazione negli Stati uniti di Reagan e nella Gran Bretagna di Margareth Thatcher. Alla scuola neoliberista si sono contrapposti gli economisti neokeynesiani, tra cui Samuelson, che hanno continuato a sostenere che lo Stato deve impegnarsi direttamente per combattere la disoccupazione e il calo della produzione; gli interventi statali, però, dovrebbero essere efficienti e diretti a scopi produttivi. Dal 2008 stiamo vivendo una gravissima crisi economica, caratterizzata da disoccupazione molto elevata, calo della produzione, scarsa domanda di beni. Di fronte a questa crisi si manifestano due spinte contrarie: - da una parte si ripropone il modello neoliberista; - dall'altra, si suggeriscono politiche neokeynesiane di intervento dello Stato per riassorbire la disoccupazione e ridurre le disuguaglianze sociali. Tali politiche non dovrebbero però essere finalizzate all'aumento indiscriminato dei consumi, ma al rilancio della ricerca scientifica, alla tutela dell'ambiente, allo sviluppo delle produzioni ecologiche e, in definitiva, al miglioramento della qualità della vita delle persone. I problemi delle scelte per il consumatore L'utilità La teoria della domanda si propone di spiegare i criteri che guidano il consumatore nelle sue decisioni di spesa e in modo particolare di stabilire: - quali saranno i beni verso i quali orienterà la propria scelta. - quali quantità di ciascun bene verrano acquistate. In termini economici l'utilità corrisponde alla capacità dei beni di soddisfare i bisogni delle persone. Il consumo di quantità aggiuntive dello stesso prodotto, in un arco di tempo limitato, porta dapprima ala soddisfazione del bisogno, ma successivamente può dare sazietà. L'utilità che il soggetto riceve da ogni singola porzione aggiuntiva consumata di un bene si chiama utilità marginale. Il consumatore di fronte a una pluralità di beni, poiché all'aumentare delle porzioni consumate di ogni singolo bene ricava un'utilità marginale via via decrescente, acquisterà di volta in volta quel bene che è in grado di offrirgli l'utilità maggiore per ciascun euro di spese. Se chiamiamo utilità marginale ponderata il rapporto tra l'utilità marginale di un bene e il suo prezzo, possiamo dire che il consumatore acquisterà i diversi beni in modo da rendere uguali le rispettive utilità marginali ponderate. Quindi il consumatore è orientato a raggiungere il massimo grado di soddisfazione, considerando il reddito disponibile. Il prezzo che egli è disposto a pagare è indice dell'utilità che il consumatore attribuisce al bene. La domanda Per domanda di un bene (o di un servizio) s’intende la quantità del bene che gli acquirenti sono disposti a comprare a un certo prezzo. In base alla legge della domanda, a parità di reddito e di altre variabili (gusti dei consumatori, prezzi degli altri beni), la domanda di un bene cresce se il suo prezzo cala e diminuisce se il suo prezzo aumenta. Per elasticità della domanda rispetto al prezzo si intende la variazione percentuale che la domanda di un bene subisce alle variazioni percentuali del prezzo. La domanda di un certo bene : - è rigida, quando varia in misura meno che proporzionale al variare del prezzo cioè diminuisce o cresce in percentuale minore rispetto all'incremento o decremento del prezzo (è il caso della pasta e di tutti i beni che soddisfano un bisogno primario); - è elastica quando varia in misura più che proporzionale al variare del prezzo : è il caso dei cosmetici e in, generale di tutti i beni non essenziali. É curioso notare che la domanda di beni di lusso è solitamente rigida Infatti questi beni sono destinasti a chi dispone di redditi molto elevati: le variazioni di prezzo, quindi, non influenzano più di tanto le decisioni di acquisto. Per un bene a domanda rigida, l'imprenditore potrà aumentare il prezzo senza rischiare troppo, perché la domanda calerà in misura meno che proporzionale; Per un bene a domanda elastica, l'imprenditore dovrà essere molto prudente nell'aumentare il prezzo, perché la diminuzione della domanda sarà più che proporzionale. A parità di altre condizioni, più il reddito delle famiglie è alto, maggiore è la domanda di beni; più il reddito è basso, più la domanda di beni è scarsa. Al crescere del reddito, però cresce anche il risparmio, perché le famiglie tendono a mettere da parte più soldi. Si osserva inoltre che se il reddito è alto, per buona parte è dedicato all'acquisto di beni che soddisfano bisogni secondari; se il reddito è basso, in gran parte viene utilizzato per l'acquisto di beni di prima necessità. Per elasticità della domanda rispetto al reddito si intende la variazione percentuale che la domanda di un bene subisce al variare di una certa percentuale del reddito del consumatore. La domanda e il prezzo degli altri beni La domanda di un bene, oltre che dal reddito delle famiglie e dal prezzo è influenzata anche dal prezzo degli altri beni. Infatti, il consumatore, facendo acquisti, distribuisce il suo reddito tra i beni e i servizi comprati. Se il prezzo di uno di questi cresce, dovrà modificare la distribuzione del suo reddito. La domanda e i gusti dei consumatori L'andamento della domanda di un bene dipende anche dai gusti dei consumatori. Possiamo quindi dire che se un prodotto non piace ai consumatori, o non è più di moda, o è tecnologicamente obsoleto, la domanda cala anche se il prezzo rimane costante o diminuisce. I problemi delle scelte per l'impresa L'offerta di beni e servizi deriva dal comportamento delle imprese, ovvero degli imprenditori, ai quali competono le decisioni relative alle organizzazioni della produzione. Queste decisioni riguardano - la qualità e il volume della produzione; - le tecniche da impiegare nel processo produttivo: - il prezzo a cui vendere le merci. Nelle economie di mercato vale il principio della sovranità del consumatore, in base al quale le imprese si adattano alle caratteristiche della domanda e non viceversa. La ragione per cui l'imprenditore organizza l'attività produttiva è il raggiungimento di un guadagno. Tale guadagno prende il nome di profitto. Nelle economie di mercato, senza il profitto, non ci sarebbe l' attività imprenditoriale. Il profitto dunque deve remunerare l'attività di organizzazione della produzione e coprire i rischi di impresa. Il profitto è il risultato della differenza tra il ricavo che l'imprenditore ottiene dalla vendita dei prodotti realizzati e i costi che egli deve sostenere per organizzare la produzione. I fattori produttivi sono: - le risorse naturali, come la terra e le materie prime utili a produrre; - il lavoro umano; - il capitale che si può definire come l'insieme dei beni e delle risorse finanziarie utilizzati per produrre altri beni. La capacità organizzativa dell'imprenditore consiste nella sua attitudine a combinare nel modo più efficiente natura, lavoro e capitale per accrescere e migliorare la produzione. Per produrre le imprese devono sostenere numerosi costi: le retribuzioni dei lavoratori, i prezzi delle materie prime e dell'energia, gli interessi pagati sui finanziamenti sono tutti costi di produzione. I costi di produzione possono essere: fissi e variabili. Si definiscono costi fissi quelli che, entro certi limiti, non variano al variare della quantità prodotta (macchinari, impianti e arredi ecc.) Sono costi variabili quelli che variano al variare della quantità prodotta. Tra essi ricordiamo quelli per le materie prime, per l'energia elettrica, per la manodopera. IL Costo totale è dato dalla somma dei costi fissi e variabili sostenuti per quella produzione e una parte dei costi fissi riferiti ai beni durevoli impiegati. Il costo totale di un prodotto si calcola sommando i vari pressi delle materie prime, con le retribuzioni, i costi variabili e le quote di ammortamento del capitale fisso. Dividendo il costo totale per la quantità prodotta, si ottiene il costo medio di ogni unità prodotta. Per fissare il prezzo di vendita dei prodotti, l'imprenditore deve calcolare il costo unitario di produzione e aggiungere il guadagno che vorrebbe ottenere dalla vendita. In seguito l'imprenditore metterà i prodotti in vendita al prezzo stabilito e verificherà se i consumatori sono disposti a pagarlo; in caso contrario dovrà abbassare il prezzo. Le forme di mercato Per forma di mercato si intende il modo in cui un mercato funziona, determinato dalle caratteristiche del prodotto offerto, dal numero delle imprese presenti sul mercato e dalle condizioni in cui esse operano. É possibile ricondurre tutti i mercati, reali o ipotetici, a quattro forme principali, che possiamo collocare su un asse immaginario: ai due poli opposti si trovano la libera concorrenza e il monopolio puro, che sono due modelli astratti e teorici; nello spazio intermedio abbiamo la concorrenza monopolistica e l'oligopolio, che sono i modelli di mercato effettivamente riscontrabili nella realtà, insieme ad alcune forme attenuate di monopolio. La libera concorrenza Si parla di mercato di libera concorrenza, o di concorrenza perfetta, quando il numero delle imprese che producono e offrono un certo bene è tanto elevato da non permettere a nessuna di influenzare, con le sue decisioni, l'offerta complessiva e, quindi il prezzo. IL prezzo di libera concorrenza è, quindi, indipendente dalle strategie delle singole imprese e può variare solo se si modificano le condizioni di mercato, cioè se cambiano la domanda complessiva, i prezzi delle materie prime e degli altri fattori della produzione. IL mercato della concorrenza perfetta è la forma più favorevole per i consumatori. Infatti, se si realizzasse, i consumatori avrebbero la possibilità di acquistare prodotti della migliore qualità possibile al prezzo più basso possibile. Questa forma di mercato è però irrealizzabile, perché presuppone le seguenti condizioni: - un elevato numero di venditori e compratori, nessuno dei quali ha dimensioni tali da poter influenzare il prezzo; - l'assoluta omogeneità del prodotto: non devono esistere differenze qualitative tra i prodotti e per il compratore deve essere indifferente acquistare quello dell'una o dell'altra impresa; - la perfetta mobilità dei venditori e dei compratori: devono essere sempre possibili sia l'ingresso sul mercato di nuove imprese concorrenti, sia lo spostamento di un compratore da un luogo a un altro al fine di acquistare il prodotto di cui ha bisogno a prezzo più conveniente; - la trasparenza del mercato: i venditori e i compratori devono essere perfettamente informati sulla qualità e sul prezzo delle merci e, in generale, sapere tutto ciò che è utile alle loro scelte di vendita e di acquisto. La realtà è molto più complessa e le condizioni del modello di concorrenza perfetta, anche nella cosiddetta “ economia di libero mercato”, non si verificano mai. In definitiva, la concorrenza perfetta è una forma di mercato puramente teorica che serve solo come riferimento per descrivere le altre forme di mercato. IL monopolio Il monopolio è il regime di mercato in cui è presente una sola impresa che produce ed offre un certo bene, che è l'unico di quel tipo acquistabile dai consumatori. Pertanto, in regime di monopolio l'imprenditore può fissare: il prezzo del prodotto, e allora la domanda determinerà la quantità del prodotto che può essere venduta a quel prezzo; la quantità che vuole vendere, e allora la domanda determinerà il prezzo al quale quella quantità può essere venduta. In regime di monopolio il prezzo è molto più elevato che in quello di libera concorrenza, in quanto l'unico produttore si trova nelle condizioni migliori per poterlo alzare a fine di realizzare il massimo profitto. Il monopolista può praticare il prezzo che egli ritiene più profittevole. Per tale ragione è possibile affermare che l'impresa monopolista è un 'impresa price-maker, contrariamente all'impresa di concorrenza perfetta che invece, essendo costretta ad assumere il prezzo determinato dal mercato, è un'impresa price–taker. A seconda della loro origine i mercati monopolistici si distinguono in : monopoli naturali; monopoli delle risorse monopoli legali. Il monopolio naturale è generalmente collegato alla presenza di costi fissi particolarmente elevati. In questo caso, l'impresa, una volta realizzato l'impianto, se questo è profittevole, ha convenienza a espandere il più possibile la produzione, per ripartire i costi fissi sul maggior numero possibile di prodotti. Energia elettrica, acqua potabile,servizi telefonici o ferroviari sono esempi di monopolio naturale. Il monopolio delle risorse si realizza quando un’impresa è l'unica a poter usufruire di una particolare risorsa. Si tratta di situazioni che si incontrano raramente. Possiamo ricordare DEBEERS, impresa sudafricana che detiene una quota altissima della produzione di diamanti, o MICROSOFT, leader nella produzione di software di sistema. Il monopolio legale dipende da un intervento della Pubblica amministrazione che autorizza una sola impresa a commerciare un particolare prodotto o a gestire un certo servizio ( monopolio statale sui tabacchi o quello sul gioco del lotto). Qualche volta lo Stato autorizza un privato a gestire un porto o a produrre acqua minerale, oppure alla concessione di brevetti e alla tutela delle opere dell'ingegno, come avviene per esempio nel settore farmaceutico. Anche la concessione di licenze per esercitate determinati servizi o professione determina una limitazione al funzionamento della libera concorrenza. La concorrenza monopolista La concorrenza monopolistica è il regime di mercato in cui operano molte imprese che offrono prodotti simili ma non omogenei fra loro e molti compratori. Questa forma di mercato combina: - alcuni aspetti della libera concorrenza, come la presenza di numerosi produttori e venditori; - alcuni aspetti del monopolio: ogni produttore e venditore cerca di rendere la propria merce unica agli occhi dei compratori attribuendogli delle caratteristiche distintive, ben sapendo che i prodotti concorrenti sono molto simili ai suoi. Per differenziarsi dalla concorrenza, le imprese puntano soprattutto: - sulla presentazione della merce - sulla facilità di reperimento - sull' ambiente di vendita. Se il produttore o il venditore riesce ad attribuire alla propria merce delle caratteristiche distintive, può offrirla a un prezzo un po' più alto rispetto alla concorrenza. I consumatori, infatti, riterranno la differenza di prezzo giustificata e acquisteranno il prodotto anche se è più caro. Nel mercato di concorrenza monopolistica, quindi, i produttori e venditori possono applicare, entro certi limiti, un prezzo di monopolio, dato che la loro merce viene percepita dai compratori come unica per via delle caratteristiche distintive che possiede. Tuttavia, le imprese devono fare attenzione ad aumentare il prezzo, perchè le caratteristiche che contraddistinguono il loro prodotto sono essenziali e quindi i clienti potrebbero ritenere il rialzo eccessivo e decidere do comprare un prodotto diverso o di andare a fare gli acquisti in un negozio più lontano. Il meccanismo della concorrenza interviene cosi' a livellare i prezzi. In definitiva, in regime di concorrenza monopolistica, il prezzo è più alto di quello che si avrebbe in concorrenza perfetta, ma non è lontano da quest'ultimo perché oltre un certo livello i consumatori non lo ritengono giustificato e pertanto non sono disposti a pagarlo. L'oligopolio L'oligopolio è il regime di mercato in cui operano poche grandi imprese che offrono un certo prodotto e molti consumatori che lo domandano. Nel mercato di oligopolio i prezzi dei prodotti di uno stesso tipo non sono sempre uguali, ma differiscono secondo le caratteristiche distintive di ognuno e i rapporti di forza esistenti tra le imprese che li producono. A questo proposito due sono le situazioni tipiche: 1. si scatena una concorrenza sui prezzi e i produttori tentano di estromettersi a vicenda dal mercato; alla fine, uno di loro riesce a prevalere e diventa l'impresa più importante (impresa leader) che detta il prezzo del mercato; questa situazione si definisce di quasi monopolio: per esempio, è una situazione di quasi monopolio il mercato dei trasporti pubblici locali, dove operano solo poche aziende che spesso hanno assorbito le imprese concorrenti; 2. le imprese rinunciano a estromettere i concorrenti della mercato e impiegano varie tecniche tra cui la pubblicità, per cercare di imporre il loro prodotto e di accaparrarsi la quota di mercato più ampia possibile; è quello che accade, per esempio, nel mercato mondiale dei personal computer, che è dominato da un ristretto numero di imprese (HP, Acer, Toshiba, Apple ecc) che si fanno una concorrenza feroce ma riescono a rimanere tutte sul mercato. I mercati di tipo oligopolistico caratterizzano i settori dove operano grandi imprese in grado di produrre a prezzi contenuti grandi quantitativi di merce e che, per stimolare la domanda e mantenere alti i livelli di vendita, fanno abbondante uso della pubblicità. Tutto ciò rende difficile la sopravvivenza delle piccole e medie imprese.