living in balance

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 Lorenza Dalmaso
LIVING IN BALANCE
Dispensa
di
Massaggio Miofasciale Posturale
Atlantis
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La riproduzione, la pubblicazione e la distribuzione, totale o parziale, di
tutto il materiale originale contenuto in questo testo (tra cui, a titolo
esemplificativo e non esaustivo, i testi, le immagini, le elaborazioni grafiche)
sono espressamente vietate in assenza di autorizzazione scritta.
LIVING IN BALANCE INDICI Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Introduzione
La manualitá
Arto inferiore
Lavoro in decubito laterale
Lavoro in stazione eretta
Pag. 1
Pag. 8
Pag. 22
Pag. 39
Pag. 47
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Il bacino
La schiena: dorsali e lombari
Lavoro in decubito laterale
L’addome
Il respiro
Le manovre di chiusura
Pag.
Pag.
Pag.
Pag.
Pag.
Pag.
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
La regione cervicale
Testa e viso
Arto superiore
Bibliografia
Pag. 98
Pag. 107
Pag. 112
Pag. 132
51
59
65
69
80
90
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LIVING IN BALANCE CAPITOLO 1
INTRODUZIONE
Questo testo nasce per gli studenti delle scuole di Massaggiatore e Capo
Bagnino (MCB) e per gli ultimi studenti delle scuole di Massofisioterapia
(MFT). Costituisce un livello di apprendimento avanzato rispetto alle nozioni
scolastiche e soprattutto intende correggerle.
NON vuole essere un vero e proprio testo di posturologia, materia per la quale
non bastano anni di studi, ma intende indicare alcuni principi:
1.
Il massaggio sul tessuto profondo, quando corretto e inquadrato in una
sequenza ben orientata d’interventi, corregge la postura.
2. Queste correzioni non saranno permanenti. Per farlo serve un ulteriore
passo avanti: apprendimenti avanzati e l'integrazione con la psicologia. Non è
da tutti, vari principi li insegniamo nei corsi ma per dominare la materia
servono altri studi, altre scuole. Il Rolfing ad esempio, ed esempio principe.
3. Ovviamente la “permanenza” dura finché non interviene qualcosa (es.
incidente, gesto ripetitivo, mancata ergonomia, ecc.) che interrompe la
virtuosità. Va da sé che la permanenza confligge con gli interessi: se il paziente
guarisce, io sono onesto ma se il paziente resta malato appena un po' io ci
guadagno. Verso questa posizione non saremo mai abbastanza nemici.
In questo quaderno di lavoro noteremo casi in cui le strutture sono state incluse
in una sezione quando potrebbero essere incluse, altrettanto logicamente, in un
altra. Chiaramente non è semplice definire quali strutture dei tessuti molli
appartengono a quale regione del corpo. Molti muscoli attraversano le maggiori
grandi articolazioni e potenzialmente possono appartenere a due distretti. Lo
psoas, per fare un esempio, è un muscolo del tronco, ma anche un muscolo
pelvico e un muscolo della gamba. Dove dobbiamo inserirlo?
Lo abbiamo messo nel lavoro pelvico perché lì secondo noi esercita la sua
maggiore influenza, ma per un approccio avanzato, per la sua influenza sul
diaframma e tutto il torace, lo troviamo nel torace.
Le creste iliache invece presentano nell’estremità inferiore tutte le strutture
della coscia laterale pur appartenendo al bacino e non all’arto inferiore. E così
via. Abbiamo cercato di spiegare, dove possibile, il nostro pensiero su queste
collocazioni.
LIVING IN BALANCE 1 Non intendiamo qui dare nozioni di marketing. Qualche cenno sarà fra le righe, altri deducibili con ovvietà ma una cosa va inquadrata subito: si dice che il
massaggio profondo, il Deep Massage, il Miofasciale Americano (e altre
denominazioni che indicano tutte la stessa cosa) è doloroso e le persone non
vogliono farlo.
Se non lo si sa fare è doloroso.
Altrimenti il dolore è sempre tollerabile o va assolutamente reso tale.
D'altronde il contrario, l'agire in modo pesante, quasi coercitivo, che vediamo
in alcuni terapisti, è quanto di più controproducente esista; non solo crea
contrazioni da difesa e peggiora la situazione ma fa perdere il paziente.
Impareremo che ciò che contraddistingue e rende “magiche” le nostre mani è
una somma di fattori coagenti. Parlo di tre momenti che devono essere appresi,
applicati e ben gestiti.
1. Colloqui col paziente prima di iniziare, durante e dopo. Mai e poi mai far
trovare un paziente impreparato di fronte a ciò che succederà. Lo vediamo in
medicina, dove il dialogo è in pratica uno sconosciuto e siamo diventati
tendenzialmente pochissimo amici dei medici. Spiegare dunque al paziente cosa
ha, cosa si andrà a fare, perché e come. Facciamoci un decalogo, soprattutto
all'inizio di carriera, una scaletta di cose da seguire.
2. Lavorare lentamente, molto lentamente, mai causare dolore ma al massimo
restare su quella sottile linea che separa il dolore dal piacere. Sappiamo poi
benissimo dalla nostra esperienza che esistono “dolori che fanno bene” come il
lavoro sui romboidi e dove possiamo un po’ affondare e dolori che non si
sopportano come quelli dello sternocleido. Anticipare la descrizione del dolore
o descriverla allo stesso paziente, lo farà sentire compreso. E' solo un esempio,
un coriandolo di marketing della seduta.
3. Lavorare sulla percezione, sul movimento e sull'integrazione del vantaggio
acquisito nello schema motorio e corporeo. Non fare mai manovre che non
siano accompagnate dal movimento, dalle visualizzazioni, della percezione del
vantaggio o il vantaggio non si stabilizzerà.
E ovviamente, acquisiti i 3 punti fondanti, aggiungiamo due errori stravisti,
strade che fanno perdere non solo un cliente ma anche tutte le persone con cui
parlerà:
−
sostenere di fare miofasciale quando si ha troppa paura di fare male o si
2 LIVING IN BALANCE ha l'imperizia di non saper essere profondi (abbiamo visto corsi di miofasciale
non profondi: come parlare di acqua asciutta);
−
mettersi nella miserabile astuzia di allungare il numero di sedute al puro
fine di un introito economico.
Di fronte alla lentezza ci si obietta che il paziente ha fretta, che le sedute
diventano troppo lunghe. Bene. Se il paziente vuole risultati subito, con poche
sedute e quasi per nulla dolorose, che vada da altri. Ma non chieda allora
risultati permanenti.
Il perché le cose stanno così richiederebbe un capitolo a parte ma in due parole
elementari si può dire che se si è creata una lesione questa non si riparerà con
un trust o una manovra che la obbliga alla correzione. Se quell'ambiente
anatomico ha impiegato anni a ridursi così, ci vorrà molta pazienza per
convincerlo a desistere e ci vorrà molto lavoro sulla percezione, sul movimento,
sullo schema motorio e corporeo.
Il corpo NON E’ una macchina da aggiustare e rendere le nostre mani
“magiche” è fatto anche di questo.
Il corpo è una “endless web community“ ossia una comunità di signori che
hanno una loro struttura, carattere, tipicità, malleabilità e che sono relazionati
tutti assieme, che si parlano, fanno amicizia, fanno la guerra, ridono, piangono,
amano. Questo dobbiamo vedere non cinghie e pulegge. Provate a sistemare
uno psoas senza che il quadrato sia d’accordo (o viceversa) e poi ne riparliamo.
Data la complessità di questo lavoro, specie all'inizio e per un'apprendista
capisco che ci possano essere delle difficoltà. Soprattutto lo studente è
spiazzato rispetto alla memorizzazione delle sequenze e delle cose da fare e
teme di trovarsi di fronte a un cliente che lo giudica male. Ma qui possiamo
rispondere che con l’esperienza le sequenze diventeranno opzionali giacché la
interverrà la nostra sensibilità a intuire come/cosa/dove lavorare.
Solo non avere la presunzione (MAI) di poterlo fare da subito. E sul “subito”
possiamo consigliare di tenere in studio dei poster autoprodotti con le immagini
delle sedute e le sequenza operative, con l'anatomia e magari anche un poster
con i promemoria. Verrà giudicato un appassionato ed eviterà figuracce.
ANATOMIA CONTRO GEOGRAFIA
Pensiamo che non dovremmo preoccuparci troppo della teoria, che è molto più
utile vedere (e sentire!) il corpo come una mappa geografica: si va da qui a qui,
passando di qui. C’è una logica in questo che è la funzione. Non salirò le scale
LIVING IN BALANCE 3 se il quadricipite non si contrae, ma non si contrae se lo psoas è renitente.
Questa è la geografia anatomica.
Ci accorgiamo che gli allievi fanno fatica ad entrare in una logica geografica,
che cercano di memorizzare la manovra ma così facendo si aumentano e di
molto (!) le difficoltà.
Per viaggiare si deve sapere dove si è, dove si va e cosa si sta facendo.
LA GEOGRAFIA NON É SEMPRE VISIBILE
E’ una fregatura: il corpo a volte si nasconde, cerca di imbrogliarci. Come
diceva bene Still, va alla ricerca del minimo sforzo e massimo piacere. Se sente
dolore, non va per nulla a ripararlo ma va nel senso della lesione, con buona
pace de “il corpo si cura”. No. Il corpo non si cura, il corpo si difende e solo in
presenza d’input positivi, quando percepisce che una strada può percorrerla
senza soffrire, solo allora la percorre. Per questo è fondante la psicologia,
l'inserire dentro lo schema motorio e corporeo i vantaggi acquisiti on-site, nella
seduta stessa giacché tendono ad essere aleatori. Solo allora il corpo accetta e
percorre, conditio sine qua non.
E, sempre parlando di geografia invisibile, che succede se diciamo ‘linea
interna profonda’ o ‘linea superficiale’? Di che linee parliamo? Non sono
tatuaggi. Dovremmo conoscere Anatomy Trains di Tom Myers per capire. E per
capire il dolore a una spalla quando la lesione è al piede, dovremmo conoscere
The Endless web.
Entrambi questi libri sono tentativi di creare un’anatomia olistica assai distante
dall’olistico new age. Ognuno di essi sviluppa schemi interessanti per
comprendere le relazioni nel corpo. La nostra dispensa introduttiva sulla fascia,
liberamente scaricabile dalla rete, è un primissimo, elementare passo. Senza
tutti questi riferimenti diventa difficile proseguire. O almeno spremere dal testo
il massimo possibile.
BASTA LA GEOGRAFIA?
La risposta è NO. Qui il discorso si fa difficile per le persone meccaniciste.
Ogni muscolo, fibra, distretto, ha ed esprime una storia, ha iscritte le proprie
vicende e ha formato un carattere. Come prima accennato, dovremo cercare di
capire che carattere ha questo psoas renitente e se per caso non abbia litigato
col suo dirimpettaio e coinquilino, il quadrato.
Se parlassimo a un giardiniere, saprebbe benissimo che i pomodori non vanno
d’accordo con la salvia e che la lattuga litiga col rosmarino.
4 LIVING IN BALANCE Ecco, anche il corpo nel tempo ha assunto queste connotazioni ma in maniera
estremamente potenziata giacché ha tutta una storia da raccontare. Non è facile,
significa che noi dobbiamo relazionarcisi, interrogarlo, parlargli, ascoltarlo,
capirlo.
Non sempre risponderà, a volte ci manderà a quel paese, altre sarà più docile
ma questa è la sorpresa quotidiana e la bellezza del lavoro, molto più che
rimettere in squadra una persona.
Questo libro è solo l’applicabilità ma se non parliamo un linguaggio comune,
potenzialmente condiviso e comprensibile, arriviamo a un’impasse linguistica
senza via d’uscita.
In calce troverai la bibliografia.
INTEGRATO O RELAZIONATO?
Il termine “integrato” abbiamo finito per trovarlo ovunque si parli di posturale.
Moshe Feldenkrais ha chiamato il suo lavoro ‘Integrazione Funzionale’ e Ida
Rolf ha chiamato il suo ‘Integrazione Strutturale’ (Solo più tardi i suoi primi
studenti lo chiamarono Rolfing ®).
Di che stiamo parlando?
Di due cose: una riguarda il corpo e una riguarda noi.
Se parliamo del corpo l’integrazione, in senso letterale, non ha senso. Quanto
meno per il tipo di sinonimi e associazioni che il vocabolo italiano porta con
se’. Integro: completo, intero, pieno, ben conservato, illeso, indenne, intatto,
senza danni, casto, corretto, incorruttibile, leale, onesto, probo, puro, retto,
serio, virtuoso.
No, non è puro e virtuoso che intendiamo.
Quello che intendiamo lo espresse bene una paziente quando dopo la quarta,
quinta seduta quando disse: “Finalmente il mio bacino parla con le mie gambe,
non mi sento tagliata in due.”
Quindi sostituiamo il termine con RELAZIONATO.
Le parti del corpo si relazionano, lo abbiamo visto sopra. Se poi litigano, è
argomento nostro solo finché nulla di patologico lo supporta, altrimenti diventa
clinica, dispensa di patologia.
MA.
Ma per arrivare lì, per dire quella frase, abbiamo dovuto usare
l’INTEGRAZIONE.
Ossia il noi-persona costituito da un insieme di parti con numerose influenze:
biologiche, sociali, filosofiche, biomeccaniche ecc. non di meno che di diversi
saperi, in sintesi tutto ciò costruisce e modella le persone che siamo.
LIVING IN BALANCE 5 Non è possibile per qualsiasi terapeuta somatico padroneggiare ogni possibile
significato o interazione terapeutica con un’altra persona.
Eppure, se noi riconosciamo che stiamo lavorando su più sistemi, nostri e altrui,
se non stiamo facendo solo miofasciale, ma stiamo RELAZIONANDOCI noi
stessi con un altro corpo, allora siamo in grado di sviluppare una sensibilità e
cogliere e tradurre e lavorare su una serie di risposte che sono coerenti con
quello che stiamo facendo. Ovvero INTEGRIAMO.
A un livello semplice questo potrebbe significare per es. dover riconoscere che
il lavoro sul tessuto profondo non è la migliore terapia per quel paziente. Si
potrebbe attivare il sistema nervoso simpatico (SNS), infiammare il tessuto e
creare una sensazione di dolore anche non oggettiva ma coerente con la sua
esperienza di dolore. Ossia può sentire dolore per il ricordo di altri dolori e non
accettare il collegamento. E’ perfettamente legittimo.
Ma anche potrebbe essere dolorosa l'invasività del terapeuta, il metodo stesso.
Questo comunque è solo un quaderno di esercizi, la descrizione di una serie di
tecniche, rese, per quanto possibile, in termini che possono essere utilizzati da
terapisti manuali all’interno delle loro formazioni diverse e molto varie.
Alcuni allievi troveranno che il metodo ha un’utile applicabilità nella
riabilitazione e altri nelle terapie correttive posturali.
Alcuni agiranno non nel quadro di un metodo ma solo attraverso la semplice
manipolazione e mobilizzazione articolare o la terapia trigger point o di altre
procedure su problemi locali e sul dolore. Anche questo è utile, tuttavia nel
nostro quadro di lavoro lo riteniamo abbastanza limitante.
Il segmentario ha pochi casi di utile applicabilità.
Tutti i discorsi sulla fascia, il sistema nervoso autonomo, i meccanocettori,
l’ambiente intrafasciale che vengono qua di seguito potrebbero mettere in
secondo piano il fatto che lavoriamo su persone, non su tessuto.
Speriamo che non ci sia mai perdita di visione sui processi complessi che
avvengono nelle persone che tocchiamo ma non meno in noi nella nostra
relazione col paziente. Chi ha chiari i concetti di transfert e contro-transfert sa
di cosa stiamo parlando.
Ultima informazione propedeutica. Si fa un gran parlare di Trigger Point.
Si fanno corsi, si analizzano nel micro dettaglio, si riempiono gli studenti di
parole.
6 LIVING IN BALANCE Noi semplicemente crediamo che non possa esistere una Trigger Point Therapy
fine a se stessa. La TPT va necessariamente inclusa in un sistema di lavoro sul
corpo e questo lavoro, se è corretto, prende in considerazione i TP a mano a
mano che li trova, come parte specifica di quel tessuto in quel momento.
Un miofasciale profondo che si rispetti risolve i TP e non fa mai segmentario su
un TP. Anche lo risolvesse, gli si presenterebbe da un’altra parte in base alla
legge dei compensi. [Stupisce la similitudine con la psicoterapia: essere
terapeutici solo su un sintomo lo fa semplicemente spostare, il paziente non
avrà più attacchi di panico ma diventerà, ad es. un ossessivo, non avrà
l’insonnia ma un grave eritema ecc.]
E rientrerebbe dalla finestra quel disonesto “tenere il paziente sempre cliente”
che abbiamo appena fatto uscire dalla porta.
----Bibliografia.
Tom Myers, Anatomy Trains. Churchill Livingstone, Edinburgh, UK Schultz L,
Feitis R, The endless web. North Atlantic, Berkeley, CA
I testi sotto li consigliamo vivissimamente agli psicologi o a chi ha una buona
base culturale o confidenza con i processi psicocorporei o ha una l’analisi o la
sola psicoterapia:
Downing George, Il corpo, la parola, Astrolabio
Umberto Galimberti, Il corpo, Feltrinelli
Downing George – Finding the Balance. 2004
Downing George – Early affect exchange and the
LIVING IN BALANCE 7 CAPITOLO 2.
LA MANUALITÁ
I sondaggi condotti nei corsi rivelano che ben il 45% dei partecipanti riporta
neuropatie periferiche che coinvolgono le dita, il polso e/o l’avambraccio.
I massaggiatori ledono i propri legamenti carpali e i retinacoli dei flessori del
polso soprattutto durante le procedure d’impastamento.
Oltre a questo c’è un accorciamento generale con compressione toracica a
causa della prolungata flessione del torace e del viscerale durante il lavoro.
La maggior parte di loro ne è consapevole e associa le neuropatie periferiche al
proprio lavoro.
Tutti gli operatori hanno bisogno di strumenti e tecniche che possano servire
per decenni di terapia manuale senza dover smettere per tendiniti o neuropatie.
Comunemente questi strumenti sono le dita, i gomiti, le nocche, le braccia e il
pollice.
Come illustrano le foto seguenti, è la lentezza del lavoro e il dosare peso e
profondità che permettono al terapista di fare particolare attenzione all’uso del
corpo, alla coordinazione e al movimento economico, pur prestando attenzione
al paziente.
Il risultato è un migliore contatto e comunicazione.
Lo sviluppo di questi vari aspetti di coordinamento, stabilità e forza richiede
circa 2 anni per ottenere un apprendimento, assimilazione e automatizzazione,
anche se il raffinarli può continuare in tutta una vita.
8 LIVING IN BALANCE LE DITA
Tenere (fig.1) sempre le dita leggermente flesse con i polsi in una posizione
neutra. Mantenere un leggero arco in corrispondenza delle articolazioni
metacarpali così come a livello del tunnel carpale.
I polsi sono in posizione neutra.
La “posizione neutra” è quella di un’articolazione allineata. Le dita sono in una
posizione leggermente flessa. Lo sviluppo di resistenza e stabilità nelle dita
richiede tempo e pratica.
Un altro modo per utilizzare la sensibilità delle dita senza sovraffaticarle, è dare
una stabilità lavorando con una mano sopra l’altra.
Questo è eccellente per un contatto prolungato con il minimo sforzo.
LIVING IN BALANCE 9 Fig. 2. Lavoro con una mano sopra l’altra. Quando possibile riposare le dita,
facendo uso dell'avambraccio, pugno, tenar, ipotenar, nocche...
Fermarsi o cambiare quando le dita tremano, collassano o l’iperestensione
diventa difficile.
La figura sopra mostra una posizione errata.
Il polso è flesso mentre le dita sono iperestese con eccessiva spinta sulle
articolazioni metacarpali.
Il dolore e l’infiammazione nelle articolazioni dicono chiaramente che sono
stati ignorati i passati segnali di tensione.
Anche se la sensibilità del gomito e delle nocche migliora con l’uso,
l’esperienza mostra che le dita rimangono lo strumento più sensibile di tutti.
Vale la pena spendere del tempo per metterle in una condizione corretta fin
dall’inizio.
10 LIVING IN BALANCE IL PUGNO
Il pugno si riferisce all’uso delle quattro nocche tra i metacarpi e falangi (giunti
MP). Di solito è un pugno morbido dove le dita sono lasciate estese e piegate
mentre il pollice si appoggia leggermente sul primo dito.
Il pollice (Fig.4) è rilassato e l’avambraccio è pronato a sufficienza per poter
stringere il pugno. Girare il pollice in su, nella posizione della stretta di mano.
Configurato in questo modo, il pugno diventa uno strumento incredibilmente
flessibile che è perfettamente in grado di seguire i contorni delle ossa, gli strati
fasciali o di entrare in grandi muscoli come i glutei, il tutto con una
meravigliosa economia di sforzo.
Il braccio (fig.5) è stabile e dritto. Il peso è in grado di trasmettere il contatto in
maniera diretta. Questo gesto utilizza la gravità per ottenere il rilascio. Proprio
come con le dita, il polso è neutrale, mentre il gomito è meglio tenerlo diritto
senza andare in iperestensione.
LIVING IN BALANCE 11 L’immagine successiva, la 6, mostra una posizione sbagliata. Questa è una
variazione che è usata a volte sul pugno.
Ma il peso si sta scaricando sulle ossa carpali e sta mettendo a dura prova sia il
tunnel carpale che il nervo mediano.
12 LIVING IN BALANCE IL GOMITO
Osservare la puntinatura sull’immagine
La maggior parte dei terapisti è felice di lavorare con i gomiti: hanno scoperto
che sono strumenti eccellenti in una vasta gamma di situazioni.
I nostri legamenti collettivi carpali, flessori dell’avambraccio, nervi mediani e
lo stretto toracico sono senza dubbio contenti rispetto all’uso delle mani.
Ma una certa pubblicità di basso livello ha prodotto una fama del “lavoro col
gomito” col risultato di aver diffuso una massa di lavoro errato.
Anche se si usa il termine "gomito", questo non è “il gomito” in quanto tale ma
è piuttosto la parte distale del processo olecranico, 3-4 cm dall’ulna, dove
appunto, sono segnati i puntini.
LIVING IN BALANCE 13 Questo, figura 7, è una posizione corretta.
Quella di fig. 8 invece è una posizione sbagliata.
Il pugno è serrato e la spalla è in piena rotazione interna. Viene utilizzato
troppo sforzo.
14 LIVING IN BALANCE Inutile dire che la posizione della figura sopra è totalmente errata!
Purtroppo è la modalità più nota e pubblicizzata.
E' troppo invasiva, dolorosa, causa nel paziente contrazioni da difesa e, nel
caso dell'immagine, è anche troppo facile andare sulle trasverse.
Ma soprattutto non permette percezione al terapista. Egli lo crede solamente.
Durante i primi mesi di lavoro con il gomito, la pelle del terapista può diventare
sensibile e persino fare male. Ancora una volta, la risposta migliore è passare
ad altri strumenti e dare riposo ai tessuti eccessivamente sollecitati. Il lavoro col
gomito non deve essere sinonimo di profondo e doloroso. Al contrario, la sua
ampia superficie si usa per stare con precisione sul tessuto fibroso.
Bisogna cercare di evitare: di lavorare con la rotazione interna della spalla
perché nel tempo, questo causerà danni; di collassare in avanti durante il
contatto per non ridurre lo stretto toracico; di serrare il pugno per non contrarre
tutta la catena dell’arto superiore.
LIVING IN BALANCE 15 LE NOCCHE
I pollici sono vulnerabili e risentono di lesioni da uso eccessivo. Possiamo
usare invece le nocche. Tuttavia, non consentono una grande quantità di
situazioni e sfumature. Ci sono utili nella fascia plantare, nelle aponeurosi, nei
retinacoli delle caviglie e il palmo della mano. Come il gomito, il contatto è
raramente sulle punte delle articolazioni, ma piuttosto sulle falangi.
Figura 9: errato – Figura 10: corretto.
16 LIVING IN BALANCE I POLLICI
Naturalmente il più usato è il pollice destro. Nell’uso è necessario fare massima
attenzione agli angoli: un’iperestensione per un lungo periodo può rendere il
pollice estremamente dolente, se non completamente inutilizzabile. Malgrado
ciò il pollice in questa posizione iperestesa può essere utile nella palpazione.
Per esempio, i pollici funzionano bene per valutare la posizione dei processi
trasversi, nei punti di repere, nei tessuti molli. Per un buon supporto, mantenere
il pollice come nella figura e il pugno deve essere soft. Questo fornisce una
grande stabilità senza sforzare i metacarpi e i legamenti.
LIVING IN BALANCE 17 La figura 11 mostra un uso corretto mentre la posizione di figura 12 non
consente una percezione abbastanza profonda e, salvo casi particolari, risulterá
del tutto inutile.
USO EFFICACE DI TUTTO IL CORPO
Molti pazienti ci dicono, osservando il nostro lavoro, che facciamo una grande
fatica, che lo vedono molto impegnativo, che a fine di giornata saremo
certamente sfiniti. Ugualmente molti allievi ritengono che imparare queste cose
non valga la pena perché espone a un lavoro faticoso che non si ha voglia di
fare.
Anche per questo motivo oggi mancano persino estetiste in grado di fare un
lavoro corretto. Non che non sia faticoso ma certamente molto meno di quello
che si ritiene vedendolo.
Ora, la maggior parte dei terapisti conosce le basi della meccanica del corpo,
ma è la qualità di queste informazioni a non essere talvolta accurata. Non si
conosce bene la necessità di utilizzare il peso corporeo invece dello sforzo
muscolare.
Per esempio non si affronta che per trasmettere la forza attraverso un braccio è
richiesta uguale forza/sforzo nello stabilizzare la spalla e il torace. Se non
facciamo questo, dobbiamo appoggiarci nel lavoro sulle mani, le nostre spalle
vanno in torsione e rendono il contatto inefficace.
Bisogna usare la gravità.
Osservare la figura 13.
1. lavora con la cerniera dell’anca presa come asse primario di movimento, in
modo da abbassare il peso corporeo verso il paziente;
2. mantiene la consapevolezza del sacro e del coccige che “cadono giù”;
3. al contrario mantiene la testa in elevazione;
4.porta il peso in avanti allungando la colonna e aprendo lo stretto toracico.
In questo modo un terapista ha egli stesso dei vantaggi dal proprio lavoro.
18 LIVING IN BALANCE L’immagine 14 invece mostra in tutta evidenza la posizione piú comune: un
lavoro piegato sul paziente, dove lavora la spalla ma il carico lombare è
pesantissimo, il torace è incassato, il viscerale compresso e lo psoas accorciato.
LIVING IN BALANCE 19 Posizione corretta
Posizione errata.
UN ESPERIMENTO
Un inciso per chi si pone domande sulla kinesiologia. Inciso che rientra
nell’ambito della percezione. Ci è piaciuto questo semplice esperimento. Porsi
(fig.17) accanto a una persona la cui spalla dovrebbe essere flessa a 90° con il
gomito esteso. Afferrare il suo braccio e cercare di spingerlo verso il suolo
mentre le si chiede di fare resistenza.
20 LIVING IN BALANCE Rifare (fig.18)
ma questa volta la persona deve pensare di “raggiungere” col braccio la parete
dietro di noi o di “attraversare” il muro davanti. In altre parole deve, non solo
fare resistenza, ma dare al braccio una direzione.
Si scoprirà che è molto più difficile spingere il braccio verso il basso mentre la
persona si sentirà molto più forte e stabile.
LIVING IN BALANCE 21 Che è successo? A parte le riflessioni su quante volte ci hanno fatto credere di
essere positivi/negativi verso qualcosa, ossia che questo possa essere uno
strumento di diagnosi, si può dire che un movimento, semplicemente dandogli
un senso di direzione, anche solo pensato ovvero in assenza di una tensione
fisicamente attiva/visibile, recluta i muscoli agonisti, ma non gli antagonisti.
[Questo fa parte del pensiero di Hubert Godard: su analisi condotte da lui,
Schleip e altri, si scopre, ad esempio, che il soleo si attiva al solo pensiero di
fare un movimento, ossia prima dello sforzo attivo.]
Il movimento in fig.17 genera un elevato grado di contrazione sia negli agonisti
che gli antagonisti. I muscoli lavorano uno contro l’altro e s’indeboliscono.
Questo tipo di contrazioni coinvolge ciò che si definisce “muscolatura
parassitaria” ossia muscoli di cui non siamo normalmente consapevoli poiché
oggetto di automatismi. Per i terapisti questo ha conseguenze di vasta portata.
Se possiamo aggiungere un’altra dimensione al nostro gesto, ciò diminuirà in
modo rilevante lo sforzo che facciamo.
Si tratta di avere una direzione piuttosto che fare uno sforzo.
Questo può essere difficile da imparare ma si cambia prestandoci attenzione.
Interessante supporre come il fare per il fare e l’obbedire per l’obbedire, che
sono un elemento dell’etica occidentale protestante, potrebbe aver catturato
vasti tratti del sistema nervoso.
Il processo di decompressione e rilascio è un potenziale che sta nel corpo del
paziente. Il miglior modo per attivarlo è quello di comunicare con lui attraverso
la giusta quantità di energia, con poca o nulla fatica.
Se ti piace questo “gioco”, allora può essere sviluppato. Per es. prima di entrare
in contatto con il paziente, porta la consapevolezza sui tuoi piedi.
Fai attenzione alle sensazioni di temperatura, pressione, consistenza, estendi la
tua immaginazione come nelle tecniche di rilassamento.
Immagina per es. di avere un supporto sotto di te, di raggiungere il centro della
terra, di allungarti ed estenderti, ecc., ecc.
Un approccio che lavori non contro la gravità ma sfruttando la gravità, le linee
e i vettori, porta a una grande diminuzione della fatica.
22 LIVING IN BALANCE CAPITOLO 3.
ARTO INFERIORE
IL PIEDE
Premessa introduttiva
E' evidente che, se l’idea che ci sostiene è quella del rilascio, la prima seduta
dovrebbe essere sul diaframma e suoi collegati: psoas, quadrato, respiratori
accessori, ecc.
Ciò per tre motivi coagenti:
a) il respiro è fondamentale nei rilasci, come ben sa chi fa stretching;
b) i muscoli della respirazione sono attivi 24 ore su 24;
c) il respiro è altissimamente psico-sensibile.
Tuttavia questo tipo di lavoro molto spesso, per non dire quasi sempre, non
possiamo farlo in prima seduta, con un paziente mai visto prima, perché il
lavoro sull’addome/cassa toracica, è percepito come troppo invasivo, col
risultato di generare difese e contrazioni da difesa.
Le domande che ci poniamo allora sono:
• Quale muscolo o gruppo di muscoli lavora di più dopo il diaframma?
• Quale parte del corpo è la prima implicata in una postura e nell’asse
gravitario?
• Dove inizia una catena che crea problemi ascendenti? [1]
E la risposta è:
•
Arto inferiore partendo dal piede.
--------[1] Va da sé che esistono situazioni particolari che escono da questa norma.
Per es. se una persona ha avuto un incidente, un'operazione chirurgica, ha
delle protesi o supporti, ecc. In questi casi, lo ripetiamo, fuori norma, può
LIVING IN BALANCE 23 essere che la contrazione, l'assetto obbligato, la protesi, diventino la nox
patogena.
Ci si può anche obiettare che, nel nascere di una postura, sono fondanti la vista,
l’udito, la lateralità e ciò è vero ma quello che ha generato una postura attorno
ai 2-3 anni ha generato anche quel piede che la sostiene.
Se operassimo solo a livello del cranio, ammesso e non concesso di poter
modificare qualcosa con gli strumenti di un massaggio terapeutico, avremmo
sempre un piede con cui fare i conti.
Per inciso: non siamo molto convinti che, in situazioni non cliniche e in un
adulto, la nox patogena di una postura possa essere l’occlusione. Certamente
l’occlusione può modificare l’assetto cervicale ma non tanto da non essere
subito compensato e arrivare a modificare tutta la struttura. Probabilmente sono
assai più determinanti le solette, gli zainetti e le scarpe “tecniche”. Ma il
discorso si farebbe troppo specifico e richiederebbe un quaderno suppletivo.
Posizioniamo dunque il nostro paziente prono o supino.
Il lavoro consiste nello stirare tutti i muscoli partendo dalle dita per arrivare alla
caviglia. Nota: non sempre esiste una direzione specifica del lavoro. Si può
stirare un muscolo o lavorare una fascia partendo da un’inserzione o
dall’origine. Può anche aiutarci un lavoro trasverso “alla Cyriax” (per lo più sui
trigger). Ma soprattutto il come operare ce lo suggerisce lo spazio anatomico, la
nostra esperienza e la tolleranza del paziente al dolore (per es: una fascia lata è
meno dolorosa lavorata dal distale al prossimale, pur se meno efficace).
FASCIA PLANTARE
Il lavoro sarà inevitabilmente di nocche e, là dove non possibile, di pollici e
falangi. Molto utile in questi casi adoperare particolari attrezzi tipici dei
massaggi indiani. Lavorare con il movimento in flessione ed estensione, in
rotazione dx e sx.
Paziente prono con i piedi fuori dal bordo per consentire la flessione dorsale.
Utilizzare le nocche tenendo il pugno morbido per interessare il tessuto molle
appena prima del calcagno.
24 LIVING IN BALANCE LIVING IN BALANCE 25 Tenere una linea di trazione in direzione anteriore (verso le dita). Lavorare
progressivamente lungo la pianta del piede superficiale e profondo in passaggi
successivi. Chiedere la flessione e l’estensione. Questo lavoro è utile quando
troviamo rigidità cronica e ipertono, inoltre aumenta la propriocezione del
piede e della caviglia, migliora il passo e l’equilibrio.
NOTA. Questo lavoro influenza la respirazione, vuoi per via riflessa, vuoi
perché avremo cura di iniziare qui ad applicare il respiro nei rilasci. Operare
con il respiro significa farsi aiutare dalla respirazione. Per es: chiedere un
respiro normale e un’espirazione lenta ma importante. E creare visualizzazioni,
ad es: “Quando inspiri si allarga il tessuto, quando espiri si rilassa”. Questa è
solo una delle decine e decine di varianti. Esistono libri per chi è in debito di
fantasia.
Spesso l’intero tono della persona subisce dei cambiamenti solo se associamo
tre fattori: bodywork, respiro e movimento.
Attenzione: il movimento non è solo quello che chiediamo sul lettino ma
dobbiamo anche il far alzare il paziente e fargli percepire la modificazione, il
risultato raggiunto. Solo così, col confronto, può assimilare e impadronirsi del
vantaggio.
26 LIVING IN BALANCE Alluce valgo: per quanto la patologia non sia nei compiti di questa dispensa, si
possono osservare le linee di tensione del tessuto in questa comunissima
deformazione e regolarsi di conseguenza tenendo conto dell’importanza del
flessore lungo dell’alluce. L’accorciamento sistemico di questi muscoli esita
nell’abduzione del primo metatarso e l’adduzione della falange distale
dell’alluce.
Il cedimento dell’arco anteriore plantare, determinando l’abduzione, rispetto al
secondo dito, del primo e del quinto metatarso, accentua la deviazione angolare
dell’alluce.
RETINACOLI DELLA CAVIGLIA
Paziente su un fianco, con anca superiore flessa a 70° e la parte superiore del
ginocchio flesso a 45°, sostenuto da un cuscino. Posizionarsi ai piedi del tavolo.
Iniziare direttamente sul malleolo peroniero. Utilizzare le nocche, dita o pollici
di entrambe le mani ad affondare nel sottile strato di tessuto sopra l’osso.
Prendere una linea di tensione in fasce. Effettuare questa linea fuori dai margini
ossei e lontano dalla linea mediana. Diffondere e fondere, mentre il paziente
s’impegna col movimento di flessione dorsale e plantare.
LIVING IN BALANCE 27 Questa è una versione semplice utile per la parte inferiore della gamba e in
molte situazioni. Ad esempio è utile dopo un trauma quando il tessuto cambia e
diventa fibrotico, nell’ipertono di uno dei muscoli della gamba o qualsiasi
condizione che comporti diminuzione del ROM alla caviglia. Da usare anche in
mobilizzazioni dell’astragalo, perone o ossa tarsali.
COMPARTO ANTERIORE E MEMBRANA INTEROSSEA
Paziente sdraiato di fianco con anca e ginocchio superiore flesso e, se il caso,
sostenuto da un cuscino. Utilizzare l’avambraccio flesso a 90° e cominciare
sopra il malleolo. Scivolare 2-3 centimetri verso la zona che sta tra la tibia e il
perone. La membrana interossea risponde a un contatto lento e costante.
Chiedere al paziente la flessione sia dorsale che plantare indicando chiaramente
la direzione.
Per es: “Allunga il tallone verso il muro, lentamente e ritorna”. Oppure:
“Allunga la punta del piede verso il muro, lentamente e ritorna”. Nel caso fosse
necessario operiamo con una progressiva riduzione della pressione.
Utilizzare questo in tutte le situazioni d’ipertono o di fibrosità, prima di
mobilitare il perone, nella rigidità cronica nella parte inferiore della gamba
quando l’andatura e la funzione delle articolazioni ne risulta alterata. Può essere
combinato con la versione precedente al fine di fornire una maggiore
consapevolezza sensoriale ai piedi e alle caviglie nella formazione
28 LIVING IN BALANCE dell’equilibrio.
IL SOLEO
Paziente prono con le caviglie su un cuscino e i piedi fuori dal lettino come in
figura 23.
Ciò consente una facile flessione dorsale. Il cuscino induce una flessione del
ginocchio di 10-15° e mette il gastrocnemio fuori tensione.
Utilizzare un gomito o le dita ed affondare nel tendine d’Achille. Affondare
lentamente attraverso il tendine nello strato di fascia che si trova tra il soleo e il
gastrocnemio. Mentre si stirano i tessuti lungo una linea prossimale (verso il
LIVING IN BALANCE 29 ginocchio) tanto lentamente da parere fermi, chiedere al paziente di fare una
flessione dorsale del piede. Utilizzare le dita per rilasciare il tessuto profondo e
inserirsi fra le fibre.
Chiedere la flessione facendo prestare attenzione a tutti i momenti del
movimento e non solo all’azione iniziale e finale. Fare attenzione: le persone
tendono a “fare” ossia ad “eseguire un compito” e non afferrano il “percepire”.
Noi invece vogliamo che sia “percepire” e non ci interessa il “fare”.
Fare attenzione che il soleo in alcune persone è molto morbido fino a sembrare
non sensibile al lavoro o che necessiti di lavoro. E’ invece sorprendente come
spesso, in qualsiasi situazione sia il nostro soleo, questo gesto comporti un
rilascio del ginocchio, del pavimento pelvico e delle lombari.
[Potrebbe essere un’osservazione legata alla teoria del rilascio dei diaframmi: il
rilascio di un diaframma influenza il rilascio di tutti gli altri. Quando si ha
sufficiente esperienza e un paziente che ci restituisce l’informazione, lo
possiamo verificare più facilmente sul ginocchio.]
GASTROCNEMIO
Il lavoro sul gastro consiste in almeno tre momenti.
Fig. 24. Paziente prono con i piedi fuori dal lettino per permettere una facile
flessione dorsale.
Utilizzare un gomito flesso a 90° e prendere contatto col tendine di Achille.
30 LIVING IN BALANCE Stabilire una linea di tensione in senso prossimale. Tendere il tessuto mente il
paziente compie la flessione dorsale.
Fare attenzione a che vi sia un rilascio a livello del tendine e dei muscoli. Il
movimento è lentissimo, quasi inesistente, in pratica quasi una sola messa in
tensione fasciale.
Fig. 25. Utilizzare l’indice, il medio e l’anulare di entrambe le mani per
affondare nei tessuti mediali e laterali del calcagno. Stabilire una linea di
tensione in direzione distale e fare un punto fisso (uno stop di tensione
mantenuta) mentre il paziente compie una flessione dorsale e poi plantare.
Ripetere controresistenza. Ripetere tutto anche fino a 6-7 volte.
Per una maggiore efficacia usa la visualizzazione durante la flessione dorsale.
Non dire “Fletti la caviglia” ma ad esempio ‘Allunga il tuo tallone lentamente e
il più lontano possibile dal sacro’.
Palpa poi attraverso i ventri muscolari per rilasciare il gastrocnemio
superficiale.
LIVING IN BALANCE 31 Fig. 26. Utilizzare l’indice e il medio di ogni mano per percepire i tendini del
gastrocnemio agli epicondili femorali. Metti in tensione il tessuto in senso
distale e affonda lentamente nelle strutture tendinee nel ginocchio
posteriore. Affonda ancora di più fino a percepire le porzioni altamente
fibrose del muscolo.
Anche in questo caso fai un punto fisso e stira il tessuto mentre il paziente
compie la flessione dorsale.
32 LIVING IN BALANCE BICIPITE (LATO MEDIALE)
Paziente prono con i piedi fuori dal lettino
[Nota. Questa manovra si può fare anche con il paziente supino, ad arto il più
possibile flesso sul torace e articolazione del ginocchio a 45º]
Iniziare circa 4-5 cm sopra il ginocchio. Utilizzare un gomito, dita o nocche e
mettere tensione il tessuto verso la tuberosità ischiatica aumentando
gradatamente sia la tensione che la profondità. Trovare lo spazio tra il
semitendinoso e il gracile; trattare dove necessario.
Alla tuberosità ridurre l’angolo di contatto di circa 15° o meno. Lavorare la
tuberosità, la fascia glutea e il legamento sacrotuberoso. Poi sprofonda nei
tendini mantenendo un contatto costante con l’osso.
Fig. 28. Andare all’altro lato del lettino e, sempre usando le dita, crea uno
stretching del tessuto verso i piedi. Seguire questa linea attraverso la parte
posteriore del ginocchio.
Ovviamente ci sono almeno altre tre versioni per poter lavorare gli hamstring.
Ci limitiamo qui a questi. Notiamo appena che si presta, e forse meglio, anche
la posizione supina con gambe flesse contro il busto.
Evitare la fossa poplitea e la sua associata zona neurovascolare. [Sono trattabili,
anzi devono essere trattate, ma con modalità specifiche.]
LIVING IN BALANCE 33 In questo lavoro dare al paziente degli input come: “Immagina di estendere il
coccige fino al soffitto e di allungare il tallone fino al muro”.
Questo aiuta il nostro obiettivo: differenziare la gamba dal bacino. Separare per
riorganizzare. Le zone femorali ipertoniche e fibrose fino alla calcificazione dei
tendini sembrano essere un’epidemia, soprattutto negli uomini. Qui inizia anche
il lavoro sulle catene che controllano la pubalgia.
Ripristinare la lunghezza e l’elasticità può alleggerire le restrizioni, migliorare
l’andatura e l’equilibrio e ridurre le torsioni tibiali. Includere questo lavoro
quando si trattano i legamenti sacrotuberoso, la pelvi posteriorizzata, le torsioni
del bacino, i problemi al nervo sciatico con interessamento del piriforme e
comunque sempre quando si deve restituire un tono normale al pavimento
pelvico. [parliamo di post partum, di cistiti, di vaginiti, ecc. argomenti di cui
parleremo nella riabilitazione uroginecologica]
BICIPITE FEMORALE
L’origine e il ventre del bicipite femorale possono essere trattati con gli stessi
protocolli. Il tendine distale può essere trattato allo stesso modo. Seguire la
linea di tensione fino alla testa della fibula (Fig.22).
Utilizzare le nocche per liberare i tendini distali dei muscoli laterali posteriori
della coscia
34 LIVING IN BALANCE LIVING IN BALANCE 35 TECNICA AVANZATA DI PALPAZIONE
Percezione della fascia in osteopatia
Prendere in considerazione l’immagine 29.
Il lato posteriore della coscia è un buon posto per esplorare tecniche di
palpazione. Utilizzare una mano morbida per verificare la mobilità degli strati
fasciali e la tensione complessiva nel tessuto. A tale scopo, porre la mano
piatta sulla gamba. Coinvolgere il tessuto con la forza di circa 30 grammi.
Spostare il tessuto in un certo numero di direzioni, notando mentalmente
quando si incontra un legame, un addensamento, una barriera. Con la stessa
mano piatta, affondare nel tessuto con l’intenzione di percepirne l’elasticità. Il
movimento è una specie di rimbalzo. Usare solo la forza e il peso necessari per
verificare lo stato di tensione e di retrazione dei tessuti.
Trattarli e poi ripetere il test.
La percezione del cambiamento è immediata e può essere percepita anche dal
paziente. Queste variazioni immediate di lunghezza, duttilità e struttura sono
possibili attraverso la terapia manuale ed è un concetto nuovo per molti
pazienti che purtroppo hanno imparato a pensare il proprio corpo come
immutabile, una macchina che trascinano in giro da un posto all’altro.
Estendere questo lavoro a tutte le altre zone della gamba posteriore che si
presentano rigide e fibrose.
Una linea comune di restrizione fasciale è posta tra i tendini del ginocchio
mediale e laterale.
Un’altra è fra la linea mediana e gli adduttori.
Qui si possono scoprire molte forme di congestione miofasciale, spesso
associate ad una lassità che non fa supporre contrazione. Andare piano. La
posizione prona dà anche un buon accesso alla porzione posteriore del grande
adduttore.
Questo è spesso compatto e stretto contro il bacino. Il rilascio del grande
adduttore si ripercuote superiormente nel pavimento pelvico e inferiormente in
tutta la faccia posteriore della gamba. I clienti spesso riportano sensazioni di
spazio e liberazione intorno alla zona del sacro, coccige e lombari.
36 LIVING IN BALANCE QUADRICIPITE E FACCIA ANTERIORE DELLA COSCIA
Paziente supino. Utilizzare un gomito o pugno morbido. Stirare i tessuti in
direzione distale/ginocchio. Lavorare in modo incrementale verso il ginocchio,
dividendo la zona in 3-4 segmenti.
Abdurre la gamba a 15°. Usare le dita o un gomito ad affondare lentamente nel triangolo femorale. Affondare nel tessuto col peso portato in direzione posteriore e poi sulla linea del sartorio. Individuare il grande trocantere e la bandelletta ileotibiale. Lavorare sulla linea di confine tra la BIT e il vasto laterale LIVING IN BALANCE 37 andando in direzione inferiore (affondare verso il lettino e non stirando il tessuto) Ancora una volta trattare incrementando il lavoro. Chiedere un movimento di escursione dell’anca: per es. “Alza l’anca verso la
spalla, mentre spingi il tallone verso il basso”.
Utilizzare tutte e tre queste fasi sul tensore della fascia lata. E’ importante come
parte di una sequenza di lavoro nel caso di bacino in rotazione laterale o
inclinazione anteriore, costretto alla postura dai flessori dell’anca, i rotatori e i
muscoli posteriori della coscia. Nei podisti o nei corridori il tensore della fascia
lata è comunemente marmoreo.
38 LIVING IN BALANCE CAPITOLO 4 LAVORO IN DECUBITO LATERALE
Pochi utilizzano come standard anche la posizione laterale. Questa però per il
nostro lavoro è assolutamente indispensabile. La zona di connessione fra gamba
e bacino, per i molti strati fasciali sovrapposti e per la sequenza di leve e
carrucole, è zona intensamente interessata a tensioni e trigger. Non
dimentichiamo poi che la fascia lata è posturale. [1]
Queste tensioni come sappiamo, generano dolore in parti anche molto distanti
per l’“effetto maglietta”: il dolore percorre le vie fasciali e neurali e si
manifesta in barriera più sovente che non là dove è la lesione. [cfr. The
endless web]
-­‐-­‐-­‐-­‐-­‐-­‐-­‐ [1] Muscoli posturali Gastrocnemi, sartorio, ischiocrurali, ileo psoas, retto del femore, tensore della fascia lata, gruppo degli adduttori, piriforme, erettori della colonna, quadrato dei lombi, scaleni. Nel cingolo scapolare: grande pettorale, elevatore della scapola, trapezio superiore e bicipite brachiale. CRESTE ILIACHE
Paziente il decubito laterale con gamba flessa a 30° a livello dell’anca e del
LIVING IN BALANCE 39 ginocchio.
La coscia è supportata dalla parte inferiore della gamba, ma con minore
flessione al ginocchio e anca. La colonna lombare è retta e rilasciata.
In questa posizione è quanto mai facile che la persona non rimanga in asse sul
fianco o che curvi la colonna in avanti andando quasi in posizione fetale. E'
importante correggere.
Utilizzare un pugno morbido per coinvolgere le fasce lungo la cresta iliaca.
Iniziare dalla linea mediana del piano coronale. Affondare andando in direzione
distale inferiore e poi prendere una linea posteriore. In pratica il gesto è quasi
una virgola rovesciata. Spostare tutta la superficie del tessuto verso la SIPS.
Non tentare di allungare manualmente il bacino lontano dalla gabbia toracica,
ma piuttosto attendere un cambiamento di tono che permette al bacino di
rilasciarsi senza forzarlo.
Dare questa indicazione di movimento: “Bascula lentamente il bacino un avanti
e indietro mentre io lavoro”. Noterete subito che pochissimi pazienti sanno
farlo e impiegherete del tempo a insegnarlo. Non sorprende che, data la rigidità
in questa regione, ottenere questo grado di coordinamento può richiedere un bel
po' di lavoro. Molte persone hanno una comprensione molto limitata di questo
movimento che di per sé è assai semplice. Spesso non ne hanno alcuno.
Altrettanto spesso è necessario fermare la manipolazione per aiutarli ad
imparare il movimento pelvico. Tecnicamente può diventare quasi un corso di
rilascio per il bacino.
Di solito è necessario ripetere questa procedura un certo numero di volte.
Nonostante le difficoltà e i clienti la amano per la liberazione che dà al respiro,
alla bassa schiena, alle SIPS e spesso modifica l’intero aspetto laterale del
corpo.
Va usata prima di fare il lavoro in profondità sul quadrato dei lombi (QL), il
multifido e qualsiasi mobilitazione delle vertebre lombari e delle SIPS.
Dopo di questo poniamo l’enfasi sul quadrato dei lombi e la fascia
toracolombare. Per fare ciò, girare il pugno e scivolare verso i processi
trasversi delle vertebre lombari.
TENSORE DELLA FASCIA LATA
Individuare il muscolo, anteriormente al gluteo medio. Affondare fino a quando
s’incontra un ostacolo. Qui è mostrato un lavoro di gomito: è forse più
40 LIVING IN BALANCE conveniente che non es. le nocche in quanto, dovendo fare uno sforzo,
giochiamo col peso del corpo e impegnando poco la spalla. Fermarsi e attendere senza aumentare la pressione. Se abbiamo un rilascio continuare e ripetere: affondo, attesa, discesa e attesa. Poi ci spostiamo e ricominciamo. Oppure abbiamo l'alternativa di affondare e stirare, combinare cioè due azioni
differenti: un movimento in profondità e uno in progressione distale. Potrebbe
essere una L immaginaria. Qualsiasi scelta facciamo, di separarli o combinarli,
deve essere ben chiaro che sono movimenti lenti, appena percettibili.
Anche qui con il lavoro chiedere al paziente il movimento di basculamento del
bacino come lo abbiamo visto in precedenza. Spesso la sensazione è che il
muscolo sia cavo e pieno di liquido oppure soffice come schiuma.
Questo è un lavoro essenziale nel trattamento delle rotazioni pelviche e per
ristabilire l’equilibrio tra i muscoli flessori ed estensori. E’ indicato per la
corretta posizione del bacino, per le situazioni di congestione pelvica viscerale,
per il colon irritabile e le mestruazioni dolorose. Ove necessario, se non
abbiamo risultati apprezzabili, si può partire da più lontano, dalle fibre del
gluteo medio per arrivare poi sul tensore. O, al contrario, chiudere affondando
nella porzione posteriore del gluteo medio e nella porzione posteriore del
grande trocantere fino ad arrivare al piriforme
LIVING IN BALANCE 41 BANDELLETTA ILEOTIBIALE
Sempre in decubito laterale. Usare un pugno morbido o il gomito per lavorare
le fasce al grande trocantere. Siccome qui il tessuto è relativamente sottile, non
mettere troppo peso, inoltre procedere molto lentamente perché può essere assai
doloroso.
Se comunque fosse troppo doloroso procedere prima in direzione prossimale e
poi in direzione distale. Questo non ha solo una valenza tecnica ma anche
psicologica. E' la stessa legge per cui sovente, lavorando una parte, la
controlaterale poi è più semplice. Si tratta di un processo mentale di ricezione e
adattamento dello stimolo e di ricalibrazione dei recettori. In altre parole,
sapendo a cosa si va incontro, che non si è a rischio di dolore insopportabile, si
è più disposti ad accettare gli input e a rilasciare le tensioni. Quindi le
contrazioni da difesa ne risultano quanto meno più attenuate.
Scivolare dunque in direzione distale lungo il femore. Generalmente è meglio
lavorare su più sezioni ossia dividere idealmente la bandelletta in più “strisce” e
trattarle singolarmente con una pausa tra un passaggio e l’altro. Assicurarsi di
arrivare sotto il ginocchio.
Chiedere il solito basculamento antero-posteriore del bacino. Andare piano,
lavorare bene mantenendo i termini di tolleranza al dolore e il tessuto si aprirà
senza troppa difficoltà.
42 LIVING IN BALANCE Un paziente che trattiene il respiro o non riesce a parlare dirà che il lavoro è
troppo profondo e ne terremo conto. Troveremo più inspessimento e fibrosità
vicino al ginocchio e dovremo prevederlo anche nei tempi di seduta.
Può essere utile trattare la bandelletta separatamente e altrettanto utile chiedere
un movimento di estensione della gamba da flessa a semiestesa mentre il
paziente compie il basculamento del bacino. Non è cosa per nulla facile da far
coordinare. Potremmo dover fare molti passaggi inoltre bisogna tenere conto
che stiamo lavorando su un muscolo posturale. Il quale ha tutte le sue buone
ragioni per rimanere nello stato in cui si trova. Ciò implica il fare massima
attenzione ad operare su entrambi i lati, ottenere lo stesso tipo di rilascio o di
tono delle bandellette. Un lavoro eccessivo può lasciare il paziente con una
perdita di sostegno e una sensazione d’instabilità al ginocchio. Ma può anche
lasciarlo con una reale perdita di sostegno e una reale instabilità del ginocchio.
Non dobbiamo assolutamente essere superficiali nel lavoro sui muscoli
posturali. L'esperienza ci ha insegnato di pazienti che non riescono a reggersi
perché abbiamo fatto un lavoro disequilibrato. Pazienti che di conseguenza
ingaggiano altri muscoli o catene ed ecco che abbiamo sfasciato quello che
volevamo costruire.
ADDUTTORI
Paziente semiprono prendere una posizione leggermente in decubito laterale
con la gamba sul lettino estesa a livello dell’anca, ma flessa al ginocchio per
circa 30°. La coscia controlaterale è flessa a 45° all’altezza del ginocchio e
LIVING IN BALANCE 43 dell’anca. Abbiamo così gli adduttori esposti con un completo punto fisso.
Procedere in due fasi.
Figura 36. Iniziare appena sopra l’epicondilo mediale. Affondare nel primo
strato e stirare verso l’alto. Utilizzare un gomito, il pugno morbido o le dita ben
supportati. Trattare in maniera incrementale dividendo la gamba in 3-4 zone di
contatto.
Iniziare lavorando sulla linea mediana e poi passare ad altre zone a seconda
delle necessità. Come si arriva vicino al bacino lavorare più profondamente e
ancora più profondamente non appena avvengono i rilasci o si percepisce il
tessuto disponibile.
Quando si lavora lentamente si può arrivare a percepire e lavorare l’inserzione
44 LIVING IN BALANCE dello psoas sul piccolo trocantere. Utilizzare sempre le dita o, sui ventri un
pugno morbido, per affondare lentamente nelle fasce.
Il primo contatto è con l’adduttore, poi la mano si sposta sulla superficie della
gamba ma senza scivolare, in direzione superiore fino a percepire l’ischio. Qui
il tessuto è in uno strato sottile e unico quindi risponde meglio a un contatto
leggero.
Utilizzare sempre le dita o, sui ventri un pugno morbido, per affondare
lentamente nelle fasce. Il primo contatto è con l’adduttore, poi la mano si sposta
sulla superficie della gamba ma senza scivolare, in direzione superiore fino a
percepire l’ischio. Qui il tessuto è in uno strato sottile e unico quindi risponde
meglio a un contatto leggero.
Il rilascio qui spesso chiede anche un minuto, un minuto e mezzo di stop.
Mantenere il contatto per un massimo di 3-4 minuti. Il paziente può sentire la
propria risposta come una liberazione pelvica e persino un rilascio
diaframmatico. Molto comune è la percezione di rilascio viscerale. Nel fare
questo trattamento si può chiedere il movimento come nella sequenza
precedente: basculamento del bacino con allungo della gamba. Quando si
lavora contro la tuberosità ischiatica, chiedere la consapevolezza del respiro.
Questo lavoro è fondamentale in due aree:
1. su tutti i problemi dell’area del bacino incluse le lombari, dalla pubalgia alla
vaginite, dal tenesmo alle mestruazioni dolorose;
2. percettiva di schema corporeo e di movimento poiché il movimento di
basculamento riuscito, con la conseguente liberazione, porta alla
differenziazione della gamba dal bacino. Il che significherà, successivamente,
45 LIVING IN BALANCE un movimento della gamba che parte dallo psoas/diaframma e non da un
quadricipite con bacino bloccato.
In altre parole il paziente non si sentirà “un tronco” o “tutto di un pezzo” ma
avrà un movimento sciolto con la cerniera lombare e il trocantere liberi.
[Potremmo aprire un discorso sul rilievo della danza del ventre nella fisiologia
femminile ma certamente sono cose note]
46 LIVING IN BALANCE CAPITOLO 5.
LAVORO IN STAZIONE ERETTA
AVAMPIEDE
Paziente in stazione eretta frontale con i piedi larghi, alla larghezza delle anche.
Deve avere stabilità. Utilizzare l’indice e il medio di entrambe le mani per
prendere contatto con la fascia / retinacolo del tarso e poi dei metatarsi.
Chiedere di fare un piegamento del ginocchio a circa 45°.
Intanto che il paziente flette spingere il tessuto posteriormente. Ampliare
leggermente il movimento allargando le mani fino ad arrivare quasi ai malleoli
Far ripetere il piegamento per 5-6 volte mentre manteniamo lo stretching in
barriera senza muoverci.
E’ importante osservare bene il movimento del piede durante il piegamento,
sentire le linee di tensione. E’ necessario chiedere un movimento equilibrato e
funzionale al campo gravitazionale per stimolare la richiesta del sistema
propriocettivo e migliorare la coordinazione.
LIVING IN BALANCE 47 Introdurre questa versione, quando c’è stato un trauma alla caviglia, al
ginocchio o all’anca che hanno portato a modifiche del passo e tutto lo
squilibrio muscolare associato. Spessissimo in questi frangenti interviene una
tipica distorsione propriocettiva insieme con un accorciamento fasciale.
Altrettanto spesso, questi adattamenti secondari sono più invalidanti rispetto al
trauma originale. Il lavoro in piedi incoraggia la percezione e la sua
integrazione nello schema corporeo e di movimento.
TALLONE
48 LIVING IN BALANCE Fig.44: in piedi come sopra. Con l’indice e il medio di entrambe le mani
prendere contatto con entrambi i lati del calcagno. Chiedere al paziente la stessa
flessione precedente a 45° del ginocchio. Mentre flette lavorare stirando il
tessuto in direzione frontale e distale verso il basso. Tenere la tensione in
barriera e far rifare i piegamenti per 4-6 volte.
Quindi, Fig.45, prendere con pollice e medio il calcagno e muoverlo
delicatamente da un lato all’altro in senso orizzontale, un po’ come si fa con la
rotula per verificarne la mobilità. Intanto il paziente fa un’ultima flessione.
NOTA.
In questa manovra è fondamentale che il paziente percepisca il proprio assetto,
la propria verticale gravitaria, che “trovi il proprio tallone” a contatto col
terreno.
Diverse persone saranno incapaci perché alzeranno i talloni o “gripperanno”
le dita o andranno in qualche torsione, ecc. Può facilitare la percezione del
grounding il chiedere di flettere e poi tornare MA spingendo i piedi contro la
terra e non solo innalzandosi. Anche innalzandosi, ma allora il movimento deve
essere pensato e voluto bidirezionale: “M’innalzo mentre spingo la terra sotto
di me”.
LIVING IN BALANCE 49 ADDUTTORI
In piedi come in precedenza. Afferrare gli adduttori una mano circa sotto il
ramo dell'ischio. Affondare nel tessuto stirandolo verso di sé e in direzione del
ginocchio ma SENZA arrivare al ginocchio.
Fermarsi alla prima barriera percepita.
Chiedere al paziente una flessione del ginocchio di circa 30°. Mentre torna
eretto mantenere la linea di tensione e fare resistenza al movimento.
Ripetere in 2-3 punti scendendo verso il ginocchio.
Leggere la NOTA precedente e applicarla. Qui lo stiramento del tessuto per
essere efficace non deve essere profondo ma costante. E’ la pressione costante e
la resistenza ben calibrata che permettono risultati.
Efficace nel rilascio pelvico e viscerale ma soprattutto nelle rotazioni interne
del ginocchio o la derotazione dei femori.
Se le rotazioni interne sono importanti mettere il focus su un movimento di
stiramento in direzione antero-inferiore mentre con un femore ruotato
esternamente, (un aspetto comune a ballerini), trascinare il tessuto in direzione
posteriore ed inferiore. Usiamo il lavoro in piedi solo dopo che abbiamo fatto
l’apertura e la decompressione di restrizioni di lunga data ed a paziente
sdraiato.
Alcune persone hanno un elevato livello di coordinamento e possono passare
molto facilmente a quest’approccio in piedi. Altre hanno bisogno di molto
lavoro sul lettino prima che possano assimilare questo in maniera significativa.
50 LIVING IN BALANCE CAPITOLO 6
IL BACINO
IL GRANDE GLUTEO
Paziente prono come da fig.1
Usare i polpastrelli di entrambe le dita per coinvolgere i tessuti sopra la SIPS e
la cresta intermedia. La linea di tensione deve essere verso il grande trocantere.
Contattare il tessuto molle fibroso sulle ossa (per lo piú collagenato) per poi
andare nelle fibre del gluteo.
Una volta nel muscolo, mantenere una profondità costante per ogni zona di
tessuto ma aumentarla nei passaggi successivi, appena il tessuto diventa
rilasciato.
Il paziente può essere incoraggiato a respirare nel punto di contatto.
Una lieve nutazione e contronutazione del sacro (appena 2-3°) accentuerá
l'effetto del rilascio.
Questa release è un preludio importante per il lavoro più in profondità sul
legamento sacrotuberoso. Molti terapeuti interessati agli squilibri tra la forza
del grande gluteo (debole) ed i flessori dell'anca (corti e stretti) non vedono la
necessità di un rilascio ma al contrario optano per il rafforzamento di questo
muscolo.
Tuttavia, la nostra osservazione costante ci dice che le fibrosi croniche qui sono
comuni, anche quando il muscolo sarebbe da considerare lungo e debole.
LIVING IN BALANCE 51 Questi cambiamenti sono dannosi per la normale funzione del muscolo e, a
nostro avviso, hanno bisogno di essere liberati prima di fare qualsiasi
programma di rafforzamento.
In particolare, i tessuti che giacciono sopra la parte superiore delle ossa, devono
essere rilasciati e mobilitati come parte di qualsiasi trattamento, che sia del
muscolo o abbia origine sulle spine.
La tensione è spesso sentita qui come una restrizione e i glutei talmente
contratti che non possono essere rilasciati con un'azione volontaria.
E' necessario rilasciare queste tensioni a livello riflesso.
Durante il trattamento noteremo cambiamenti abbastanza profondi del tono
muscolare
LEGAMENTO SACROTUBEROSO
La prima tecnica è con il cliente in posizione prona.
52 LIVING IN BALANCE Lavorare attraverso l'indumento intimo o direttamente sulla pelle. Utilizzare un
gomito, le dita o il pollice ben supportato per affondare in direzione anteriore
attraverso il grande gluteo. Il punto è a circa metà sacro, 2 cm lateralmente.
Individuare il legamento e metterlo in tensione in direzione laterale inferiore,
verso la tuberosità ischiatica Il tessuto superficiale è spesso fibroso in questa
zona e di solito merita un trattamento accurato.
Cercare il rilascio quanto più è possibile e più profondamente possibile.
Il paziente può ruotare internamente la gamba omolaterale in modo da
allungare le fibre del gluteo. Quando si contatta il legamento, far piegare la
gamba a 90° di flessione del ginocchio. Sostenerla gamba e guidarla in
rotazione esterna-interna. Non semplice: il paziente spesso non è abbastanza
rilassato o capace di "darci" la gamba.
Fig.3. Per la seconda manovra, il cliente è in decubito laterale, con entrambe le
gambe flesse a 45°, sia a livello dell'anca che del ginocchio. Si lavora attraverso
l'indumento intimo. Usare i polpastrelli delle dita andando circa 2 cm
lateralmente e inferiormente al coccige. Stirare lateralmente (verso il tavolo).
Mantenere la tensione in quella direzione e attendere un chiaro segno di
rilascio. Questo può richiedere fino a due minuti.
LIVING IN BALANCE 53 Questa posizione non offre molto spazio per chiedere un movimento ma si può
chiedere un’attenzione consapevole sul respiro.
Il LST è responsabile della funzione normale delle articolazioni sacro-iliache
attraverso una relazione ordinata tra il bacino e il sacro.
Al contempo è incorporato nella fascia glutea ed è un’estensione del tendine del
bicipite. Oltre il 30% delle fibre del bicipite lo attraversano senza terminare alle
tuberosità ischiatiche. [Nota*]
Questa zona di convergenza del tessuto connettivo (legamenti, fascia, tendini e
ossa) con tessuto contrattile (muscolare) è spesso troppo fibroso e rigido. In
altre parole, questo è un legamento che ha un rapporto intimo con molte fibre
contrattili.
Come tutte le restrizioni dei tessuti molli, ci possono essere numerose e
interconnesse ragioni di questi cambiamenti: traumi, postura, stili di vita,
alimentazione, ecc. Questi cambiamenti fibrosi possono contribuire a una
riduzione o perdita completa del movimento della sacro-iliaca.
La quantità normale di movimento alla sacroiliaca è ancora molto dibattuta.
L'accuratezza diagnostica di molti test e verifiche delle prove di movimento
(Gillett in particolare) è in discussione. Riteniamo la discussione quanto mai
oziosa poiché il movimento è tanto consolidato da essere su Wikipedia.
54 LIVING IN BALANCE Rimandiamo comunque a somatic.de, sito del Dott. Robert Schleip con la sua
documentatissima serie di articoli e tesi.
[Nota*. Non dimenticare che l'anatomia è ed è stata, anatomia al servizio della
chirurgia. Le grandi tavole che illustravano le fasce sono state semplificate via
via fino a ridursi a poche aponeurosi e lasciare spazio a ciò che interessava il
chirurgo. Poi ci si è accorti che non sempre un muscolo ha quell'origine e
quell’inserzione ma che spesso le sue fibre si allungano, s’intersecano e si
fondono con altre strutture, oltre il conosciuto.]
IL PIRIFORME
Paziente in posizione prona. Abbiamo la possibilità di due manovre.
Fig.4. Individuare il piriforme: sta nella fossa del gluteo, tra il punto medio
della faccia laterale del sacro e il grande trocantere. Lo si reperisce più
facilmente tenendo con un braccio l'arto del paziente sollevato di qualche
centimetro e scivolando sul gluteo con la mano libera.
Entrare nel gluteo in direzione anteriore ma leggermente inclinata verso il
sacro. Utilizzare un gomito (solo se possibile- può essere troppo doloroso) o le
dita. Attendere il primo livello di resistenza. Procedere quando quello strato
ammorbidisce fino a quando sono contattate le fibre del piriforme.
LIVING IN BALANCE 55 Iniziare poi uno stretching lungo il muscolo, in direzione del grande trocantere.
In alternativa individuare il piriforme e sollevare la gamba a 90° di flessione del
ginocchio. Sostenere la gamba e portarla in rotazione interna.
[Manovra di Barral. Paziente seduto lateralmente sul lettino con i piedi
appoggiati in modo da dare al ginocchio una flessione di 90°. Chiedere al
paziente di sollevarsi leggermente e farlo poi sedere sui nostri pugni chiusi. Il
pugno sarà posizionato lateralmente sotto il piriforme. Far inclinare il paziente
leggermente all'indietro e in avanti in modo da poter apprezzare bene tutto il
quadro dei rotatori interni e trattarli col movimento. Può essere molto doloroso.
Si usa per un trattamento profondo sul pavimento pelvico quando/se non
possiamo operare per via interna.].
Piriforme e il nervo sciatico hanno un rapporto strettissimo. Un’infinita serie di
sindromi sciatiche dipende dall'intrappolamento del nervo nel muscolo assai più
che dalla compressione discale. Tuttavia è anche vero che queste manovre
possono irritare il nervo sciatico specialmente se mettiamo troppa attenzione al
solo allungare il tessuto invece che attendere che il tessuto stesso lentamente si
rilasci. In questa zona la lentezza è la chiave e deve essere particolarmente
osservata.
56 LIVING IN BALANCE OTTURATORE INTERNO
Fig.6. Andare sul ramo inferiore dell'ischio, come si è fatto per i tendini degli
adduttori. Usare i polpastrelli, piuttosto che la punta delle dita. Sollevare le dita
in modo da muoverle sulla superficie inferiore del ramo nel lato mediale
interno.
Lì possiamo fare qualche micro movimento ma lo spazio è estremamente
ridotto quindi non aspettiamoci un'area di oltre 0,5-1 cm. Di conseguenza è solo
la pressione che consente di ottenere un rilascio.
Il rilascio in questa zona influenzerà una serie di strutture associate. In alcuni
casi abbiamo persino visto che un rilascio del pavimento pelvico allevia i mal
di testa ricorrenti e le conseguenze dei colpi di frusta. E' poi normale aspettarsi
un miglioramento delle funzioni urogenitali, dalle infezioni alla vescica,
dell'incontinenza, delle mestruazioni dolorose.
Altri notevoli miglioramenti si hanno (ma questo avviene in tutto il lavoro di
rilascio fasciale) nell'insonnia e nelle sindromi menopausali o premestruali.
NOTA: è un trattamento che non va assolutamente fatto con pazienti che
presentano problemi psicologici. In nessun caso.
A paziente prono è possibile anche la manovra dell'immagine successiva.
LIVING IN BALANCE 57 In questo caso è il terapista che muove passivamente la gamba in modo da
contattare l'otturatore.
58 LIVING IN BALANCE CAPITOLO 7 LA SCHIENA
IL DORSO
Fig. 7. Paziente prono con le lombari stabilizzate in posizione neutra, sostenute
da un cuscino se c'è iperlordosi.
Utile il poggiatesta. Nel caso di seno voluminoso può essere utile girare la testa
da un lato o ricorrere a tutta una seduta su una sedia.
Lavorare bilateralmente e utilizzare entrambe le mani a pugno morbido sulle
fibre superiori del trapezio, a metà della regione C7-T1. Affondare dando una
trazione in senso distale e inferiore e, una volta raggiunta, come sempre
attendere per vedere se ci sono altri piani disponibili. nel caso esistano
continuare ad affondare.
Il limite è quando il tessuto non risponde oltre. A questo punto continuare sulla
fascia fino alla regione sacrale.
Fig. 8. Lavorare unilateralmente. Usare la superficie smussata dell'ulna distale
per prendere contatto con il trapezio. Stira in tessuto in direzione caudale ma
l'obiettivo è di lavorare a livello del trapezio, del dentato posteriore superiore,
dello splenio del capo, dello semispinale e spinale. Lavorare fino alla metà della
regione toracica, ripetere e passare sull'altro lato.
LIVING IN BALANCE 59 Fig.9. Il contatto è come per la tecnica precedente ma con i polpastrelli.
Si va sul lunghissimo del dorso e lateralmente per tutto il torace. Trattare l'area
del torace, ileocostale e cervicale. Orientarsi individuando l'angolo posteriore
delle coste e trattare gli intercostali con cura poiché respiratori.
Mantenere l'angolo a 15-25° in modo da non fare troppa forza in verticale.
Fare massima attenzione sulle fluttuanti. Ripetere sull'altro lato.
60 LIVING IN BALANCE Fig. 10. Usare le nocche all'angolo posteriore delle coste ma anche il gomito o
le dita. Dipende da cosa vogliamo ottenere e dalla profondità.
Ovviamente, neppure si dovrebbe dirlo, non si potranno fare gli intercostali con
il gomito.
In questa fase chiedere al paziente di alzare la testa e ruotarla verso il lato
opposto.
Deve ripetere più volte lungo tutto questo trattamento sia alle coste che al
lunghissimo che all'elevatore che al trapezio.
Il paziente deve essere educato alla gestione della respirazione soprattutto
mentre trattiamo gli intercostali.
Il lavoro deve essere eseguito con cura tenendo una bassa angolatura della
mano e una grande lentezza.
La cassa toracica deve risultare più morbida e molto più reattiva al movimento
del respiro e alla pressione del terapeuta.
Questa sequenza di lavoro diminuisce notevolmente la rigidità della colonna
vertebrale toracica e la cassa toracica posteriore.
Rilasciando i muscoli più profondi avremo maggiore continuità del movimento
di rotazione vertebrale cervicale. Le prime quattro vertebre toraciche possono
partecipare al movimento cervicale, rendendo l'intero movimento di rotazione
più coordinato e fluido.
Gli asmatici troveranno nella duttilità nelle costole un grande vantaggio.
Persone che hanno avuto interventi chirurgici a cuore aperto, lobectomie e altri
interventi chirurgici toracici troveranno che questi rilasci danno spazio,
61 LIVING IN BALANCE movimento e la sensazione di una zona che altrimenti poteva anche essere
persa.
LE LOMBARI
Paziente prono come con le lombari stabilizzate. Mettere e un cuscino a
sostegno se c'è un’iperlordosi. I piedi sono fuori del lettino o sostenuti da un
piccolo rullo. Lavorare con un gomito ma non di punta bensì sulla faccia
laterale, verso l'epicondilo.
11 e 12 sono due manovre simili, usabili in successione o singolarmente
secondo il proprio stile di lavoro.
62 LIVING IN BALANCE Le dita comunque sono più efficaci e precise del gomito. Posizionarsi sui
paravertebrali a livello di D12 e imporre una tensione in direzione caudale e
leggermente inferiore. Interessare lo strato posteriore della fascia
toracolombare, il gran dorsale e il longhissimo.
Continuare lentamente in profondità per andare a interessare, almeno
indirettamente, il multifido. Anche qui dare una trazione verso il basso e verso
il sacro.
Il tendine del multifido si fonde con la fascia associata al sacrotuberoso e al
legamento dorsale del sacroiliaco.
Fig. 13. Trovare il processo trasverso di L5. Questo è fatto trovando prima il
processo più facilmente palpabile che è L4, generalmente adiacente alla parte
superiore della cresta iliaca (di solito più profonda del previsto nel tessuto).
Utilizzare un pollice per palpare la zona immediatamente inferiore al processo
di L5.
Individuare la piccola zona di tessuto molle tra la cresta iliaca e la vertebra.
Raramente vi è spazio per mettere una trazione nel tessuto ma basta mantenere
l’affondamento. Ripetere sull'altro lato.
Fig.14. Utilizzare il gomito o un pugno morbido o le dita per coinvolgere i
tessuti molli sopra l'angolo posteriore delle costole inferiori. Questo influenzerà
la fascia toraco-lombare, il dentato posteriore inferiore, lileocostale del torace e
dei lombi. Portare la linea di trazione dall'interno all'esterno delle coste e alla
vita. Con passaggi successivi si può andare più a fondo, contattare lo strato
LIVING IN BALANCE 63 anteriore della fascia toracolombare, il trasverso dell'addome e il quadrato dei
lombi.
Quando il gran dorsale e la fascia toracolombare sono lavorati, si può chiedere
al paziente di far scivolare lentamente il braccio lungo il tavolo.
Ossia, se le braccia sono, ad esempio, fuori dal lettino lateralmente, le può
alzare in abduzione verso la parete e immaginare che si allunghino fino ad
attraversarla.
Allo stesso modo può aprire la gamba del lato lavorato e, alla fine del gesto,
andare col piede in leggera flessione dorsale.
L'intento è di creare un senso di apertura in due direzioni.
Trovare questo livello di coordinamento richiede tempo e non è per nulla
semplice. Si può anche chiedere "Spingi la vertebra attorno a cui sto lavorando
contro le mie mani e poi rilassa".
Più facile e intuitivo chiedere "Immagina che il tuo respiro sia anche in queste
vertebre. Quando inspiri si gonfiano e premono contro le mie mani, quando
espiri si rilassano e cadono giù". E via discorrendo.
Gli erettori spinali inferiori sono i muscoli tonici che spesso prevalgono e
dominano il multifido sottostante. Questo a sua volta contribuisce a una perdita
di stabilizzazione della colonna vertebrale lombare. La buona notizia è che le
probabilità di modificare questo stato sono alte poiché siamo in una zona
riccamente innervata di fibre sensoriali che conducono al SNC vere e proprie
sequenze informative e queste vengono rapidamente rielaborate dando delle
risposte. Questo è vero un po' per tutto il nostro lavoro ma qui particolarmente
64 LIVING IN BALANCE CAPITOLO 8
IL DECUBITO LATERALE
GRAN DORSALE, FASCIA TORACOLOMBARE, OBLIQUI ESTERNI E
INTERNI
Fig.15. Paziente in decubito laterale, la testa sostenuta da un cuscino.
LIVING IN BALANCE 65 Cosce in flessione di 45°, ginocchia di 35°.
Utilizzare un pugno morbido o le dita per andare sui tessuti molli della linea
della vita, sulla linea mediana del piano coronale.
Fig.16. Lavorate strisciando medialmente verso il tavolo e coinvolgete i primi
strati. Fermatevi per dare alla persona la percezione del lavoro e una
consapevolezza. Quindi, mettere in tensione il tessuto in direzione posteriore
fino a quando incontrate la SIPS.
Ripetere questa procedura con attenzione al piano fasciale più profondo, andate
alla base degli obliqui, sui tendini e sugli ileocostali interni. Ingaggiate il
tessuto e rifate come sopra.
Poi ruotate esternamente e prendete una direzione distale, verso il tallone.
In sostanza è come disegnare un leggero boomerang o, volendo, circoscrivere le
creste iliache.
Chiedere che il respiro sia direzionato in questo punto.
Dopo un po', appena il tessuto si ammorbidisce, procedete più in profondità.
Qui esiste un grande numero di fibre sensitive e il rilascio delle tensioni è molto
percepito, apprezzato e sensibile.
Inoltre interessa una vasta area poiché molti grandi tendini convergono qui
dalla fascia toraco-lombare. Talvolta la profondità della pressione può essere
mantenuta per dei minuti.
LE COSTE
Paziente in decubito laterale con la testa sostenuta da un cuscino. Fianchi a 45°
di flessione, ginocchia a 35°Il braccio omolaterale è abdotto verso il capo con il
palmo della mano appoggiato sul cuscino a livello della testa.
Usare i polpastrelli per coinvolgere il tessuto sopra l’11a costa o la 12 se può
essere palpata facilmente.
Scivolare sui tessuti molli sovrastanti e del periosteo.
Mettere in tensione il tessuto lungo le prime due costole, le fibre anteriori del
gran dorsale, il dentato posteriore inferiore e l'obliquo esterno.
Successivamente, portare la linea di tensione posteriormente nei margini laterali
della fascia toracolombare.
66 LIVING IN BALANCE Fig.18. Riposizionare i polpastrelli sull’8a costa. Ci sarà spesso spazio per
entrambe le mani.
Ripetere un movimento simile al precedente. Questo richiederà di coinvolgere
gli obliqui, il dentato anteriore e il bordo del gran dorsale. Il muscolo
intercostale esterno sottostante può essere in questo modo interessato dalla
manovra, anche se non direttamente implicato.
LIVING IN BALANCE 67 Fig. 19.Portarsi sulla 5a costa. Procedere come prima.
Questo movimento termina nella porzione superiore del cavo ascellare.
Il braccio omolaterale è in abduzione con la flessione del gomito di almeno 90°.
La mano è quindi in grado di appoggiarsi a lato della testa o sul cuscino.
Al paziente si può chiedere di allungare il braccio sopra la testa verso la parete
e trasmettere il movimento alla mano.
Oppure chiedere di allungare il braccio sopra la testa verso il soffitto e ruotare il
gomito in direzione esterna e poi ritorno, quindi ripetere. A questo è sensibile il
rilascio del gran dorsale. Entrambi gli approcci vanno accompagnati col respiro
armonico: "Mentre ti allunghi inspiri, mentre espiri ti rilassi" e simili.
Attenzione: le coste fluttuanti sono molto elastiche e suscettibili di fratture.
Prestare massima attenzione. Procedere sempre lentamente: la lentezza premia.
Questo lavoro è utile nelle situazioni di asma e disturbi respiratori. Il rilascio
può contribuire all’attivazione del dentato anteriore - tramite la stimolazione
propriocettiva - con associata stabilizzazione della scapola.
Inoltre serve in una cifosi toracica importante, per il rilascio. In questo caso
troveremo che il cavo ascellare è molto contratto. Questo però sarà oggetto di
un’altra seduta.
68 LIVING IN BALANCE CAPITOLO 9
L’ADDOME
RETTO ADDOMINALE –lato pelvico-
Parliamo qui di quegli addominali che secondo alcuni non esistono: i cosiddetti
"addominali bassi". Per convenzione il retto dell'addome è un muscolo unico
ma è diviso in setti. Le pareti separatorie orizzontali sono costituite da
"inscrizioni tendinee" o foglietti tendinei.
I cosiddetti addominali bassi sono dunque da ritenersi i due pilastri che partono
dalla sinfisi pubica e arrivano all'ombelico.
Fig.20. Paziente supino con le gambe distese. Se la posizione è dolorosa si può
sostenere il ginocchio con un cuscino in modo da portarlo a 15° di flessione.
Si trattano i due pilastri contemporaneamente.
Le manovre sono due.
Utilizzare la punta delle dita per coinvolgere i margini laterali del retto, circa 2
cm sopra l'osso pubico.
Fare un movimento di 'scavo' che affondi posteriormente nella parete
addominale per coinvolgere l’aponeurosi dell’obliquo esterno (superficiale) e
dell'obliquo interno (più profonda).
Una volta raggiunte, cercare idealmente di congiungere le dita e fare una
manovra di sollevamento da sotto i margini del retto, seguita da un
LIVING IN BALANCE 69 allentamento graduale. Qualcuno rilascia di colpo: la differenza si basa sulla
valutazione individuale della zona e del paziente.
Spesso questo rilascio fasciale libera il respiro.
E' il concetto dei piani diaframmatici per cui liberando un piano è possibile che
si liberino gli altri (Pedro Prado).
Dal punto di vista anatomico torniamo al collegamento fra fasce viscerali, psoas
e diaframma.
Qui è possibile farsi aiutare da un movimento: chiedere una leggera
inclinazione pelvica fatta con uno sforzo leggero spingendo i piedi e non
ingaggiando i muscoli per sollevare il bacino. L'enfasi va posta sull'addome per
permettere che si rilassi.
Quindi a palmo aperto, come nell'immagine 221 posizionare i pollici sulla
sinfisi pubica per accertare la motilitá e la simmetria tra le ali del bacino.
Fare una leggera pressione, verso il basso e posteriormente, con le mani sulle
ali del bacino come per allargarle. Prestare attenzione ai cambiamenti nella
tensione fasciale e del tono muscolare. La risposta di solito è tridimensionale: si
sente come il bacino si aprisse dall'interno verso l'esterno. Rifare.
Curiosamente, nonostante l'assenza di una significativa correzione, ci sarà un
cambiamento positivo.
Fare molta attenzione all'errore più comune: quello di affondare nel viscerale
come fosse un barattolo di marmellata. NO. Si tratta piuttosto di una
fluttuazione.
70 LIVING IN BALANCE Queste manovre sono particolarmente importanti per gli asmatici e nel
trattamento della rigidità toracica cronica.
IL RETTO ADDOMINALE –fascia superficiale-
LIVING IN BALANCE 71 Abbiamo qui tre momenti.
Il primo è disegnato nella figura 22. Paziente supino. Chiedere di alzare per un
momento la testa dal lettino, solo qualche centimetro, per attivare il muscolo
retto dell'addome. Utilizzare quest’azione per evidenziare anche lateralmente la
guaina del muscolo retto a circa 2 cm sopra il pube.
Lavorare bilateralmente con le mani angolate a 45°. Affondare verticalmente
nel tessuto molle, lateralmente alla guaina del muscolo retto. Lentamente e
leggermente!
Impegnare il primo strato e stirare il tessuto in direzione superiore e mediale.
Lentamente "scavare" sotto la guaina e sollevare il tessuto: è una manovra
come a cucchiaio. Ripetere fino all'arcata costale
Il secondo, fig. 23, consiste in un lavoro bilaterale simile al precedente.
Posizionare le dita all'arcata costale in modo da ingaggiare sia la linea mediana
(sostanzialmente l'inizio della linea alba) che quella dell'arco delle coste.
Strisciare lungo l'arco costale dall'interno all'esterno impegnando sia il tessuto
molle che la cartilagine sottostante.
Terzo momento: lavorare sempre bilateralmente come in fig. 24
Posizionare i polpastrelli sulla cartilagine costale della settima costa. Ingaggiare
l'aponeurosi del retto e tenderlo verso la testa.
72 LIVING IN BALANCE Ovviamente bisogna essere superficiali per non andare a irritare il fegato e
annessi. Tuttavia è un lavoro essenziale il contatto con i pilastri del diaframma.
Quindi "pulire" le coste dall'ultima fino alla 5a.
"Pulire" significa lavorare gli intercostali e sciogliere - ove possibile- i depositi
di collagene adesi alle coste. Farlo fino alla 5a costa.
Con le donne, queste linee dovranno rimanere centrali ovvero non scivolare
lateralmente sopra il seno ma rimanere centrali attorno allo sterno.
Un piccolo margine di lavoro c'è scostando il seno ma serve la massima
delicatezza e attenzione. Con gli uomini naturalmente scivolare lateralmente
lungo le coste.
Il rilascio della guaina del retto e strutture associate è sensibile al respiro.
L'indicazione può essere sempre la stessa: “Immagina di respirare attraverso la
pelle sotto le mie dita.” Attenzione a che la colonna non vada in lordosi durante
l'inspirazione.
La guaina del muscolo retto è formata da due rami: un ramo dall'aponeurosi
dell'obliquo esterno e un ramo dall’aponeurosi del trasverso. Queste aponeurosi
sono riccamente innervate da fibre sensoriali, motivo per il quale i rilasci non
sono solo locali, ma hanno un ampio effetto.
La tensione in questa regione può essere strettamente legata a stati cronici di
ansia che fissano il corpo in flessione.
Gli stati psicologici danno vita a tensioni profonde nella faccia anteriore del
tronco e ciò può impedire la piena escursione delle costole durante l'inalazione.
Nella sua forma estrema, questa fissazione in flessione può causare il classico
petto incavato.
Le tensioni, i trigger sul retto dell'addome possono inibire l'attività del trasverso
sottostante. Equilibrare il retto facilita o anche risolve il trasverso e gli obliqui,
inoltre il rilascio offre uno spazio assai vasto di percezione e consapevolezza.
[Nota: fare attenzione a non scivolare dal piano fisico al piano psicologico
senza averne gli strumenti. Abbiamo visto troppo fumo propinato da illustri
docenti. Per es: una nascita con il cordone ombelicale attorno al collo e un
inizio di strangolamento provocano comunemente il petto incavato. Una
nascita con il forcipe mal gestito impedisce al diaframma della sella un
corretto lavoro il che implica un effetto rebound sugli altri diaframmi. Un
incidente, una caduta sul sacro, un tamponamento, un colpo di frusta,
disallineano la colonna e gli effetti possono venire al pettine decenni dopo.
Ecc.]
LIVING IN BALANCE 73 PSOAS – DIAFRAMMA- RESPIRATORI
Inizia qui una parte relativa al core del lavoro corporeo, specialmente se
abbiamo ben presente il contesto posturale.
Non c'è qui un prima e un dopo nel lavoro. Se avessimo 10 mani e se il paziente
lo sopportasse, andrebbe lavorato tutto assieme. Il che non è. Quindi andiamo a
vedere dal punto di vista posturale, delle tensioni, delle possibilità psicologiche,
la zona dove iniziare il lavoro. Qualche terapista va direttamente sullo psoas,
altri sul diaframma, altri la "prendono larga" e iniziano dai respiratori. Dipende
anche dallo stile di lavoro, da cosa sentiamo sotto le mani.
Partiamo introducendo una nota anatomica giacché ci capita sempre di trovare
qualcuno che asserisce che diaframma e psoas dialogano solo a livello lombare
e che le dorsali o le cervicali non sono implicate. E' necessario evitare discorsi
così meccanicistici e contemplare un po' di quell’anatomia sottile di cui ci ha
reso consapevoli tutta l'osteopatia.
[NOTA cfr. Netter, Tavola 249, 250 e 251
Camminare e respirare sono intimamente connessi attraverso lo psoas e il diaframma. Lo
psoas è il muscolo principale del passo, un'azione che inizia in profondità nel tronco. Lo psoas
collega la colonna vertebrale alle gambe partendo da T12, L1-4, ingaggiando l'iliaco, il bacino
e, inserendosi sul piccolo trocantere, ingaggia gli adduttori.
L'origine è coerente col diaframma. Quando inspiriamo, il diaframma scende permettendo
all'aria di entrare nei polmoni espansi. Il diaframma che scende preme sugli organi e questo
movimento interessa il viscerale fino alle pelvi, dove tre strati di muscoli sostengono il peso del
viscerale.
Ci sono collegamenti tra psoas e diaframma che passano per due tendini, la crura vertebrale e
la crura sternocostale e si estendono verso il basso e collegano colonna e psoas. Uno dei
legamenti del diaframma (arcuato mediale) si avvolge intorno alla parte superiore dello psoas.
Infine, il diaframma e lo psoas connettersi tramite fascia, la cinghia che avvolge il corpo in
modo sicuro e dispiace. Vi è un particolare raggruppamento fasciale che collega il diaframma,
psoas e altri muscoli dell'anca.
Attenzione dunque ai dettagli dell'anatomia sottile: lo psoas e il diaframma per alcune fibre e
per via fasciale sono ingaggiati anche a livello superiore. La sensibilità al loro movimento
avviene già a T8-T9.
Dunque il lavoro sinergico di psoas, diaframma, sostegno pelvico, permette il cammino.
Il diaframma. E' costituito da una struttura tendinea centrale, detta CENTRO FRENICO, dalla
quale s’irradiano le fibre muscolari che, in base alla loro sede d’inserzione, dividono il
muscolo in due porzioni: una CRURALE o VERTEBRALE e una STERNOCOSTALE. (Figura
1-2).
74 LIVING IN BALANCE I fasci della porzione crurale si dirigono verso le prime tre vertebre lombari, mentre quelli
della porzione sternocostale rispettivamente al processo xifoideo e al margine superiore delle
ultime sei coste.
La sua innervazione è data dal nervo frenico, C3-C4 -C5. L "cupola diaframmatica" discende
più in basso posteriormente che anteriormente, con punto più alto nel centro frenico. La
direzione craniale delle sue fibre fa sì che la loro superficie esterna si trovi in diretto contatto
con la superficie interna della gabbia toracica, creando una zona detta di "APPOSIZIONE"
(Fig.3).
Questa zona è direttamente esposta alle variazioni di pressione addominale.
Sia l'inserzione che l'estensione della zona di apposizione del diaframma ne influenzano la
funzionalità.
LIVING IN BALANCE 75 Maggiore è la zona di apposizione e maggiore è l'azione del diaframma sull'espansione della
gabbia toracica e quindi del polmone.
Se l'asse di contrazione delle fibre sterno-costali è cranio-caudale il margine costale inferiore
si eleva (azione inspiratoria); se l'asse di contrazione di queste fibre è trasversale il margine
costale inferiore si restringe dando origine al segno di Hoover. Frequente è, infatti, la presenza
del segno di Hoover in caso di enfisema polmonare con iperdistensione toracica, dove
l'evoluzione della patologia comporta l'accorciamento e l'orizzontalizzazione delle fibre
diaframmatiche.
Le fibre del diaframma si trovano nel punto di maggior allungamento quando il polmone è a
Volume Residuo (VR). L'accorciamento delle fibre del diaframma dell'enfisematoso è, pertanto,
un ulteriore elemento che ne riduce l'efficienza contrattile.
L'azione del diaframma per assurdo, sarebbe minore se non esistessero gli addominali. In
inspirazione senza di essi il contenuto dell'addome si lascerebbe spingere verso il basso e in
avanti dalla contrazione diaframmatica, ed il centro frenico non potrebbe prendere un
appoggio solido permettendo così al diaframma di sollevare le coste inferiori.
Esiste tra diaframma e addominali un equilibrio dinamico.
Quando nella funzionalità della pompa è il diaframma a mancare abbiamo un rientramento
della parete addominale in inspirazione e un paradosso addominale, a testimonianza del fatto
che il lavoro inspiratorio è a carico della muscolatura toraco-cervico-brachiale della
respirazione. Quando sono gli altri muscoli della respirazione a mancare abbiamo un rientro
della parte superiore del torace in inspirazione (paradosso toracico), a testimonianza del solo
lavoro inspiratorio diaframmatico. ]
L’ ILIACO
Paziente supino con le ginocchia sostenute da un rullo o piegate (se necessario)
in modo da rilassare le lombari e le fasce viscerali.
Si tratta un lato alla volta usando la punta delle dita per individuare la parte
mediale dell'ileo.
Tenere i polpastrelli contro l'osso (con una leggera direzione laterale), mentre le
punte affondano in direzione postero inferiore, v. fig.26 e 27.
Cercare il primo strato di restrizione e di aspettare.
Una volta che si verifica il rilascio, ripetere per il successivo strato e così via,
per tappe. Quest’operazione potrebbe richiedere diversi minuti.
Si può chiedere un leggero basculamento del bacino che è possibile con il
paziente a gambe flesse e piedi appoggiati sul lettino.
Di solito è necessario insegnare il movimento: “Spingere il tavolo con i piedi in
modo che si percepisca la spinta verso il basso delle lombari e viceversa.”
Questa versione è utile quando si tratta l’antiversione del bacino o qualche
rotazione. Spesso si ottiene il rilascio dei legamenti del colon ed è utilissimo in
caso di tenesmo.
76 LIVING IN BALANCE LIVING IN BALANCE 77 LO PSOAS
Molte sono le manovre possibili sullo psoas. Qui di seguito vediamo quelle
fatte con supporti. Ma non sempre questi sono indispensabili. Sono certamente
più rilassanti per il paziente ma possono costituire anche un impiccio al lavoro,
specialmente quello d’individuazione dello psoas.
Paziente supino con le ginocchia sostenute da un piccolo rullo, cuscini oppure
le gambe piegate in modo da appoggiare le lombari al lettino o comunque
essere ben rilassato.
Non esiste un preciso luogo geografico dello psoas. E' necessario che il
paziente alzi leggermente la gamba dal lettino in modo da metterlo in tensione e
così percepirlo. Spesso è necessario farlo fare più volte prima di individuarlo.
Può essere molto vicino all'ombelico come molto laterale. Inoltre può essere
diviso in "fascetti" ossia possiamo trovare due psoas (oltre al grande e piccolo
psoas - vedere Werner Platzer, Atlante di anatomia vol.1, ed. Ambrosiana.)
Una volta certi di averlo individuato, affondare lentamente le dita. Se fosse
doloroso andare molto lentamente e sostare. In genere solo sostando sul ventre
muscolare lo psoas si rilassa. Procedere per leggeri affondi sui piani successivi.
Si può chiedere al paziente di far scivolare la gamba da flessa a semidistesa
(senza sollevarla!) oppure, dopo aver tolto l'eventuale supporto, chiedere la
distensione completa. Questo potrebbe essere difficile in quanto lo psoas così
allungato potrebbe fare male. Procedere allora per tappe e lentamente.
78 LIVING IN BALANCE Se fatto con lentezza e pazienza il trattamento dello psoas è molto rilassante e il
paziente si stupisce della positiva differenza con altri trattamenti.
Tuttavia, alcune persone non sono in grado di tollerare il contatto a livello
profondo. In questi casi è consigliabile che la regione sia desensibilizzata, ossia
preventivare un certo numero di trattamenti procedendo con particolare
lentezza fino a che non ci sia sufficiente confidenza. Mettere in conto che può
esserci una risposta psicologica di contrazione ma anche una fisiologica di
nausea o riflesso neurovegetativo. In ogni caso osserviamo quasi costantemente
reazioni sul parasimpatico (borborigmi, rallentamento del battito, aumento della
salivazione, riduzioni di tono muscolare, ecc.)
Avere sempre presente che uno psoas contratto causa una lordosi lombare e che
l'equilibrio dello psoas è strettamente legato con l'equilibrio del quadrato dei
lombi.
E' questo uno dei punti salienti del lavoro perché il bacino rappresenta il core
del riequilibrio, la condizione sine qua non, per liberare poi le fasce superiori.
Ed ecco un altro motivo per il quale si parte dal basso.
Infine è utile dare al paziente delle prescrizioni sullo stretching dello psoas.
Questo soprattutto con tutti quei pazienti che passano la giornata al lavoro
seduti, con ovvio conseguente accorciamento dello psoas ma anche di tutte le
fasce viscerali.
Per es. anche quella che mostra il terapista mentre solleva la gamba e la
mobilizza in modo da far lavorare lo psoas passivamente. Altre possono essere
fatte senza i supporti.
I cuscini o i supporti non sempre sono necessari o utili.
LIVING IN BALANCE 79 CAPITOLO 10
IL RESPIRO
IL DIAFRAMMA
Paziente supino con le gambe su cuscini. Individuare il processo xifoideo e
l'arco costale. Usando le dita, affondare di lato al processo xifoideo appena
sotto l'arco costale. Fare la massima attenzione. Essere leggerissimi, almeno
all'inizio e attendere la risposta. Questo non è un movimento continuo ma
progressivo, per gradini, che va verso le fluttuanti incrementando la profondità
solo se e quando possibile.
Chiedere al paziente la collaborazione respiratoria con maggiore insistenza
sull'espirazione. Inspiro-pausa-rilascio. Il rilascio deve essere massimo ma non
forzato.
Qui possiamo trovare delle problematiche quali la perdita di escursione del
movimento delle coste. Secondo la lesione la perdita può essere in inspirazione
o in espirazione.
Le tecniche descritte per il torace, sia col lavoro profondo che superficiale,
avranno un forte impatto sulla respirazione. Se poi inseriamo una fase educativa
del ciclo respiratorio, avremo un respiro soddisfacente.
Il respiro è un barometro, un buon indicatore che il lavoro sta procedendo bene.
Un sistema di classificazione potrebbe essere:
80 LIVING IN BALANCE 1. Blocco espiratorio. Troviamo un accorciamento fasciale anteriore del busto.
E’ associato con esagerata cifosi toracica, pettorale ipertonico, trapezio
superiore, muscoli sottoscapolare, bicipiti, triangolo suboccipitale molto tesi.
C'è adduzione delle estremità. La colonna lombare può essere fissata in
iperlordosi o cifosi.
2. Blocco inspiratorio. Le coste saranno perennemente elevate. I muscoli
erettori del rachide saranno ipertonici, la normale cifosi toracica diminuita, in
casi estremi avremo lordosi toracica. Le estremità saranno in abduzione con
tensioni nei rotatori profondi dell'anca, il sottospinato e i tricipiti. La colonna
lombare è spesso in cifosi con un bacino posteriorizzato e l'osso sacro in una
posizione bloccata in contronutazione.
GRANDE E PICCOLO PETTORALE
Usare i polpastrelli per agganciare il tessuto molle sullo sterno, appena sopra il
processo xifoideo. Lavorare attraverso i tessuti molli in direzione del processo
coracoide. Inizialmente, il contatto è per lo più su tendini, legamenti, cartilagine
e ossa. La profondità dei tessuti aumenta come s’incontra il grande pettorale.
Procedere per gradi e alla fine interessare la fascia a contatto con le coste.
(Fig.30)
LIVING IN BALANCE 81 82 LIVING IN BALANCE Posizionare le mani in modo da essere sulla parte superiore del grande
pettorale.
Ricominciare dallo sterno e strisciare nel tessuto stendendolo verso il processo
coracoide. Lavorare la linea inferiore della clavicola.
Procedere per più passaggi aumentando la profondità, interessare il piccolo
pettorale e arrivare al succlavio.
Usare i polpastrelli delle dita per coinvolgere il tessuto molle al punto mediale
del processo coracoideo. Stirare il tessuto attraverso il processo in direzione
laterale superiore. Mantenere la tensione sulla superficie anteriore del processo
mentre il paziente ruota esternamente il braccio.
Lavorare i tendini al processo coracoide chiedendo al paziente un movimento
attivo.
Es: “ Fai scorrere sul tettino il braccio, estendilo oltre la testa, apri la mano e
immagina di raggiungere il muro dietro".
Mentre il paziente fa questo e il terapista lavora il processo chiedere che l'altro
braccio, disteso lungo il corpo sul lettino, vada in rotazione laterale molto lenta
finché il dorso della mano è appoggiato al lettino.
Durante questa rotazione il paziente ruota anche la testa e il collo dalla parte
opposta al terapista.
"Ruota lentamente il braccio finché il dorso della mano non è sul lettino.
Mentre fai questo, ruoti anche la testa verso il braccio che sta ruotando e
prosegui la rotazione fino a che i tuoi occhi non riescono a vedere il soffitto
sopra la tua spalla".
Mettendo una linea costante di tensione sul processo coracoideo (senza che mai
sia doloroso: attenzione alle contrazioni di difesa qui molto molto possibili),
creiamo micro movimenti di abduzione e adduzione alla spalla in modo che i
tessuti sovrastanti l'osso siano lavorati, distesi e decontratti.
LIVING IN BALANCE 83 LIBERARE IL RESPIRO – Approccio funzionale 1.
Paziente supino con le ginocchia su cuscini con 45° di flessione.
Porsi alla spalla del paziente e con le mani come nel disegno 34.
Il movimento delle mani sarà in coerenza col respiro del paziente ossia
permetterà l'inspirazione e seguirà le coste durante l'espirazione andando in
direzione inferiore, mediale e posteriore.
Chiedere un’inspirazione esagerata, fornendo una pressione decisa con le mani.
Questo solo per dare la consapevolezza propriocettiva della posizione delle
coste.
Durante l'espirazione, esagerare i tre moti: inferiore, mediale e posteriore,
incoraggiando il completo rilascio dell'aria.
Mantenere una resistenza moderata mentre il paziente ripete e rifare
l'accompagnamento dell'espirazione.
Rifare tre volte, poi chiedere un’inspirazione meno forte seguita da
un’espirazione forzata.
La chiave è la direzione, la direzione apre a un buon coordinamento. Il terapista
deve essere ben collegato con i piedi al suolo, avere uno scarico del peso nel
contatto col corpo del paziente, le spalle abbassate e la scapola stabilizzata.
E' qualcosa di sensoriale, non concettuale.
84 LIVING IN BALANCE Una volta che il movimento comincia, ci si sente sul petto del paziente come in
un movimento tai-chi di "spingere le mani ", un allungamento senza sforzo,
piuttosto che uno "spingere una porta".
E' assolutamente necessario pensare di toccare il corpo dell'altro come un
qualcosa cui si dice "Ciao, come stai? Sono curioso di vedere." piuttosto che
"Ma cosa c'è qui? Abbiamo un coso rotto, vediamo di aggiustarlo con la mia
manualità altamente specializzata e il mio sapere professionale".
NON è per questa strada che si approcciano i corpi. Quella è la strada del
meccanico o del chirurgo.
Tutto il lavoro sul corpo è altamente sensibile e sensibilizzante, ma quando si
lavora sul respiro che è il primo movimento umano quando si nasce, è assai
facile che esplodano delle emozioni. Non si deve essere né stupiti né contenti,
né consolatori, né moralizzanti. E' un fatto. Esistono forti emozioni nel paziente
come in noi. Non ci deve essere stupore o allarme o iperemozione. Bisogna
essere presenti e sapere che le emozioni forti possono essere vissute e senza
andare in disconnessione o in catarsi.
La catarsi non è il massimo degli obiettivi.
Detto brutalmente significa che abbiamo smontato il paziente ma che non lo
abbiamo adeguatamente coordinato, relazionato, reso consapevole. Ci siamo
cioè messi nella condizione di sentirci dire, altrettanto brutalmente " Adesso è
affare tuo rimontarlo coerentemente".
Quello che facciamo non è psicoterapia, ma una buona terapia corporea.
E infine bisogna ricordare che non si lavora MAI con pazienti psichiatrici.
MAI.
LIVING IN BALANCE 85 LIBERARE IL RESPIRO – Approccio funzionale 2.
Mettere le mani come nella figura 35. La mano posteriore attraversa la scapola.
Chiedere al paziente un’inspirazione esagerata fornendo una moderata
resistenza al movimento delle costole e spalle.
Esagerare l'espirazione facendo rotolare la spalla da laterale a mediale e da
posteriore ad anteriore. In sostanza si accompagnano le coste in espirazione
come per "spremere fuori" il respiro. Ripetere come sopra tre volte
86 LIVING IN BALANCE LIBERARE IL RESPIRO – Approccio funzionale 3.
Paziente in decubito laterale. Sono tre movimenti strettamente legati e
richiedono attenzione al movimento longitudinale e non solo il mediale.
Mettere le mani come mostrato nella figura 35 con il pollice appoggiato sulla
scapola e le dita appoggiate sulla clavicola.
La mano inferiore è appoggiata nell’ascella con il cavo della mano che
attraversa la gabbia toracica.
LIVING IN BALANCE 87 Visione posteriore di come si posizionano le mani
Il paziente prende un’inspirazione completa in controresistenza moderata.
In espirazione, premere assieme il cingolo scapolare e le coste. Il movimento
depressivo è triplice: inferiore, mediale e leggermente anteriore e va ripetuto.
Quindi, figura 36, lasciare la mano superiore nella stessa posizione ma spostare
la mano inferiore sulla cassa toracica medialmente. Ripetere la procedura.
Infine spostare le mani come in 38. Entrambe le mani lavorano assieme per
ripetere il processo di respirazione in contro-resistenza e così via.
Mantenere i contatti della mano il più ampi e morbidi possibile. Attenzione a
qualsiasi tendenza a comprimere le costole: è doloroso e, se lo sforzo è troppo
forte e locale, può anche spostare la costola all’artrodia con la colonna. Evitare
con cura l'iperventilazione. Per evitare questo, mantenere il ritmo lento e
concedersi delle pause dopo ogni riposizionamento delle mani.
88 LIVING IN BALANCE LIVING IN BALANCE 89 CAPITOLO 11 LE MANOVRE DI CHIUSURA
Ogni seduta dovrebbe chiudersi con una o tutte queste manovre. Anzi, il
comandamento sarebbe che ogni seduta deve iniziare con le ultime manovre
fatte nella precedente e chiudere con queste o analoghe. Questo ha un suo senso
molto corretto. Servono a stimolare la memorizzazione e la trasmissione
d’informazioni al sistema nervoso affinché il vantaggio ottenuto arrivi allo
schema corporeo e motorio e vi si fissi. E' dunque la conditio sine qua non del
permanere di un vantaggio. Una volta arrivata allo schema corporeo,
l'informazione determinerà una lunga serie di modificazione di rimando degli
assetti fisici ma anche psicologici.
IL PELVIC LIFT
Consiste in uno stiramento della fascia dorsale e in un allungo passivo della
colonna con retroversione del bacino. Nella figura 39 il punto di aggancio delle
dita.
90 LIVING IN BALANCE Manovra ultraclassica molto semplice ma per alcuni allievi difficile da
apprendere.
Paziente supino con le ginocchia flesse ed i piedi appoggiati sul lettino.
Il terapista solleva o fa ruotare lateralmente il bacino del paziente, quanto basta
per scivolare con la mano piatta fino a raggiungere L5. Il paziente appoggia il
bacino sulla mano. A questo punto si può chiedere al paziente una
retroversione del bacino in modo che questo appoggi tutto il proprio peso sulla
mano del terapista. Se la retroversione fosse difficile il terapista, con l'altro
avambraccio fa una leggera pressione sulle ali del bacino del paziente.
Normalmente il movimento di retroversione si compie in modo istintivo.
Il terapista piega le falangi ed aggancia l'osso sacro. Con l'avambraccio
dell'altro braccio tiene ferme le ali iliache per creare un piccolo morbido punto
fisso mentre con la mano sul sacro compie una trazione forte in direzione
distale-caudale.
Quando ritiene di essere attivato al massimo della trazione possibile, rilascia di
colpo. Questo rilascio però non è un abbandonare ma uno strisciare veloce della
mano fuori dal bacino, scivolando sul lettino. MAI un far cadere il bacino sul
lettino. Si otterrebbe l'effetto opposto e bisognerebbe ricominciare. Il paziente
(preventivamente avvisato) deve stare fermo in quella posizione per guadagnare
il vantaggio ricevuto. Non deve né dovrà muoversi, anche se inevitabilmente
sarà portato a riposizionarsi, ad acquisire posture collaudate invece che quelle
LIVING IN BALANCE 91 nuove. Questo perché si sente "strano" o "tutto tirato lungo", perché la manovra
è curiosa e forse anche un po’ intrusiva.
IMPORTANTE: questa manovra dovrebbe/potrebbe essere quella che chiude
quasi tutte le nostre sedute e dunque per completarla veramente e
coerentemente (specie se abbiamo anche lavorato le cervicali) dobbiamo
sollevare noi il paziente dal lettino per portarlo in posizione seduta e non
invitarlo ad alzarsi con conseguente ingaggio degli addominali, ecc. Questo si
fa con la comune semplicissima manovra infermieristica di sollevamento con
rotazione.
In caso di problemi lombari e di lordosi accentuata la mano del terapista può
raggiungere L1-L2, posizionare le dita a lato delle trasverse e mandare in
flessione una vertebra alla volta trascinando la colonna in direzione caudale.
Proseguire la trazione verso il coccige come sopra.
È fondamentale per il successo di questa release, che il bacino rotoli e che mai
sia sollevato verso il soffitto, né attivamente né passivamente come quando si
deve fare spazio alla mano del terapista. Il retto addominale non deve essere
usato. Se lo è, l'effetto sarà un accorciamento indesiderato.
LA SCHIENA IN VARIE SOLUZIONI
92 LIVING IN BALANCE LIVING IN BALANCE 93 94 LIVING IN BALANCE Tutte queste posizioni vanno bene per chiudere una seduta ed è superfluo
eseguirle tutte, si sceglierá quella piú consona con il momento, i problemi, il
proprio stile.
Prendiamo l’ultima, disegno 46.
Paziente seduta, braccia tese in avanti, mani appoggiate al muro. Le ruote dello
sgabello devono essere bloccabili.
Identificare le aree di rigidità della colonna vertebrale toracica con la
palpazione. Secondo il tipo di rigidità trovata utilizzare il pollice oppure le
LIVING IN BALANCE 95 nocche delle dita. Tenere una pressione costante, senza sforzi eccessivi, in
direzione anteriore. Non creare una tensione/stiramento verso il basso ma
andare solo in direzione anteriore.
Chiedere una sensibilizzazione delle mani impegnate con la parete. Per es: " Le
tue mani attraversano la parete senza sforzo, come se fosse di burro". Ciò
consentirà di ridurre automaticamente la quantità di tensione nel grande
pettorale e consente di attivare gli stabilizzatori della scapola in modo che noi
possiamo percepirli bene.
Una volta che questo è raggiunto e solo allora chiedere anche un contatto dei
piedi col suolo e una percezione della verticalità della colonna. Ossia qualcosa
come: "I tuoi piedi sono ben saldi e senza sforzo appoggiati al suolo mentre la
tua testa si allunga verso il soffitto".
Si crea un'espansione bidirezionale che scarica la schiena e sfrutta la gravità.
Questo approccio al rilascio deve avvenire dopo che trapezio superiore,
elevatore della scapola ed erettori risultano rilassati, altrimenti questo
coordinamento non avrà successo.
In altre parole non va fatto se non abbiamo ben operato sul rilascio dei grandi
muscoli altrimenti il corpo invece che sfruttare il nostro input andrà ad usare la
contrazione che percepisce residua giacché gli risulta più immediato e più facile
(il corpo va sempre nel senso della lesione.)
Una volta che la muscolatura profonda è rilasciata, l'effetto è quasi automatico.
Manovra indicata particolarmente nelle irritazioni croniche delle faccette
vertebrali.
Fig. 39. Paziente seduta con le braccia lungo i fianchi, i piedi poco più avanti
delle ginocchia e ben collegati a terra come nel disegno 39. Lavorare la fascia
toracolombare con una pressione mantenuta, costante verso il lato frontale.
Trovare le aree di rigidità. Spingere leggermente e chiedere una controspinta
del paziente verso le nostre mani che sia leggera e parta dai piedi senza
ingaggiare la muscolatura.
Lavorare segmento per segmento.
Qui il movimento e la tecnica sono inseparabili. E' un lavoro di coordinamento
molto preciso. I piedi devono essere aperti e percepire bene il pavimento. Con
un appoggio-spinta verso il pavimento il paziente deve appoggiarsi alle mani
del terapista e tornare. Non deve esserci movimento di antero o retroversione
del bacino. Il range di movimento è minimo: 2-3 cm.
96 LIVING IN BALANCE Abbiamo qui un certo numero di elementi chiave.
Prima di tutto gli erettori spinali inferiori devono essere rilasciati o attraverso
l'ampio lavoro da seduti o con la posizione prona descritta prima.
Successivamente, l'attenzione deve rimanere sul tipo di movimento che avviene
sia a livello locale che più distante, attivato dal multifido e i muscoli erettori
della colonna. Dobbiamo osservare con cura che succede prima di proseguire il
lavoro.
Dobbiamo osservare il bacino e la sua capacità di essere libero, di basculare e
di lavorare indipendentemente dal busto e dagli arti.
Osservare la colonna come lavora dal sacro al collo.
Se notiamo delle restrizioni dobbiamo lavorarle prima di continuare.
L'intero processo richiede tempo ma è incredibilmente utile.
❦
LIVING IN BALANCE 97 CAPITOLO 12
LA REGIONE CERVICALE
COLLO: ANTERIORE E LATERALE
98 LIVING IN BALANCE Paziente supino con la testa leggermente rialzata su un asciugamano piegato.
NON un cuscino, sarebbe troppo alto.
Posizionarsi a 45° alle spalle del paziente (Fig.3-1).
Ruotargli la testa di circa 30° dal lato da trattare. Chiudere la mano a pugno
morbido e coinvolgere il processo mastoideo con la prima falange distale
appena sul processo.
Ingaggiare il primo sottile strato di tessuto morbido e metterlo in tensione
tirandolo posteriormente verso l'occipite ma lontano dalla linea mediana della
testa.
Ossia il gesto è di scivolamento laterale per terminare sulla spalla. (Fig.3-2)
Seguire un protocollo simile per i tessuti molli che si trovano sotto la mastoide.
Tenere la mano sempre a pugno morbido e usare le falangi per impegnare il
periostio ma ancora più influenzare gli stati superficiali e del collo anteriore e
laterale.
Trattare allo stesso tempo lo sternocleido, gli scaleni, l'elevatore della scapola,
lo splenio della testa e lo strato superficiale della fascia cervicale profonda.
(Fig.3-3)
LIVING IN BALANCE 99 Fig.3-4: usare i polpastrelli dell'indice, del medio e anulare partendo da 2 cm
sotto la mastoide. Il dito indice sarà leggermente anteriore, l'anulare sarà
leggermente posteriore.
Tenere una linea di trazione verso il basso e posteriore descrivendo come un
semicerchio.
Ripetere la sequenza compiendo questi semicerchi in un certo numero di
posizioni, ognuna inferiore alla precedente.
Utilizzare il polpastrello dell'indice per lavorare nella zona di tessuto molle
appena sopra alla clavicola. Premere la inferiormente ma senza fare
sovrappressione. Mantenere questa pressione morbida, larga e ferma mentre
spostiamo il dito medialmente, verso lo sterno.
Come lo sterno si avvicina, sentiamo spesso un rilascio di fondo. Continuare il
contatto fino al tendine clavicolare dello sternocleido.
100 LIVING IN BALANCE REGIONE IOIDEA
Ponete la testa del paziente in leggera estensione, come detto sopra, poi la
ruotate di 10-20° dal lato controlaterale.
Con i polpastrelli delle prime due dita, o uno solo se le dita sono grandi,
prendete contatto tra la porzione sternale dello SCM e la trachea, circa 1-2 cm
sopra il manubrio dello sterno. Stirate il tessuto con leggerezza verso lo ioide.
Questo influenzerà i muscoli sterno, omoioideo e sternotiroidei nonché la fascia
infraioidea e porzioni della guaina carotidea.
Date un’istruzione di questo tipo:
'Ruota la testa leggermente indietro come per aprire quest’area sotto le mie dita
qui e ritorna. Ripeti'.
Questo porta l'attenzione a un allungamento ed è importante che tutto il corpo
collabori. Se abbiamo ben lavorato fin qui, accadrà.
La propriocezione deve avvenire come un "distacco" della testa dal torace, un
modo perché non rimanga il capo incassato fra le spalle ma ci sia un
allungamento la cui conseguenza è un’implicazione fondamentale per la
postura e l'equilibrio. In questo modo sempre se abbiamo ben lavorato fin qui,
si realizzerà quel vettore gravitario che coordina ed equilibra testa- bacinopiede tanto importante nel lavoro sostenuto da Ida Rolf.
LIVING IN BALANCE 101 Questo lavoro deve essere fatto, ovviamente da entrambe le parti e una alla
volta non bilateralmente. Qualche terapista creativo lo fa bilateralmente seduto
dietro al paziente. E' un errore tanto comune quanto grave: la regione è una
delle più innervate, vascolarizzate, sensibili, contratte e dolenti. La reazione
sarebbe di contrazione e rifiuto così verremmo a mancare di un passaggio
fondamentale.
REGIONE SOVRAIOIDEA
Posizionare il paziente come sopra, con la testa in leggera estensione. Fig.6.
Con i polpastrelli delle prime due dita entrare in contatto con i tessuti molli
sopra alla cartilagine / osso ioide/ tiroide. Affondare leggermente e agganciare
la fascia sia superficiale che più profonda fino al digastrico. Stirare i tessuti in
direzione superiore / laterale. Siamo sul pavimento della bocca e andiamo verso
l'angolo della mandibola.
Questa zona anteriore del collo è spesso ignorata in molti approcci ai tessuti
molli, quando è importante per es. nel risolvere il colpo di frusta. L'esperienza,
infatti, dimostra che tra tutte le miofascie questa è la più risolutiva.
Una componente interessante di restrizione in questa regione: spesso la persona
racconta di un senso di oppressione, dolore e rigidità che si ripercuote nella
regione cervicale posteriore.
102 LIVING IN BALANCE Pertanto è utile includere una valutazione di queste strutture anteriori con
qualsiasi condizione del collo e soprattutto delle cervicali.
Questo lavoro, così come i rilasci endo-orali (vietati in Italia ai non medici) ha
molto da offrire a chi usa la voce per lavoro, cantanti, attori e oratori in genere.
LUNGO DEL COLLO
Paziente come nella sessione precedente.
Usare i polpastrelli delle prime due dita o uno solo se le dita sono grandi.
Prendere contatto tra la porzione sternale dello SCM e la trachea.
Supinare leggermente l'avambraccio e, mentre i polpastrelli delle dita girano,
toccano la trachea e vanno a prendere una posizione diretta posteriormente,
ossia verso il lettino. Questo crea un contatto "a punta". Tenere i polpastrelli
adiacenti alla trachea e spostarsi delicatamente di lato per trovare o spazio dove
affondare verso la superficie anteriore delle vertebre. Stirare il tessuto in quella
direzione ma solo finché il paziente non dice che state premendo troppo o ha
dolore.
LIVING IN BALANCE 103 Rilascio del muscolo lungo del collo. Anche se questo lavoro è simile a quello
fatto nella posizione infra-ioidea, anche se sentiamo sotto le dita le vertebre
cervicali, siamo molto anteriori ad esse. Qui possiamo fare dei movimenti per
aiutarci nel rilascio.
Mettere una mano sul retro del collo: due dita o tre sulla superficie posteriore
della vertebra mentre l'altra mano agisce come sopra.
Abbiamo creato così due punti quasi fissi che sono due punti percettivi entro i
quali il paziente può essere guidato all'allungo.
Approfondendo: chiedere che, mentre rimaniamo sul posto, il paziente faccia
un movimento di flessione dalla parte opposta. Si può invitare a " Spingere solo
questa vertebra che è nelle mie dita, contro la mia mano che ti preme".
E' una zona delicata e sensibile, c'è la possibilità di occlusione con certe
combinazioni di piegamento e rotazione e dobbiamo aspettarci che il paziente
faccia resistenza, abbia paura. E' normale. Non bastasse, il plesso brachiale, il
nervo facciale, le carotidi e le vene giugulari sono un campo molto difficile,
chiedono estrema cautela.
Per es. fare un lavoro profondo su una frattura non diagnosticata potrebbe
essere catastrofico e di colpi di frusta non seriamente valutati ne incontriamo ad
ogni piè sospinto. Come sempre il procedere deve essere lento, lento, lento.
104 LIVING IN BALANCE REGIONE CERVICALE
Paziente supino con il rachide cervicale in posizione neutra.
Il terapista è alle spalle del paziente con gli avambracci appoggiati sul lettino.
Si procede per tre tappe.
Iniziare a C7. Lavorare bilateralmente.
Le dita sono a gancio e si toccano sopra le spinose. (Fig.9) Sollevare le prime
LIVING IN BALANCE 105 tre dita di entrambe le mani e spingerle anteriormente contro le vertebre. Non si
fa pressione sulle spinose ma si cercano i piccoli spazi intervertebrali fra le
trasverse. La testa è appoggiata sugli avambracci. (importante quanto, pare,
difficile da essere appreso.)
Mantenere la pressione e salire di una vertebra stirando leggermente la nuca.
Proseguire fino a che la linea di tensione si estende al triangolo suboccipitale.
Fig.10: tornare a C7 e sollevare le punte delle prime due dita di ogni mano fra
le trasverse a livello di C7-D1. Aumentare la pressione anteriore e quindi
mettere una linea di tensione verso i lati. Questo sposta la fascia lateralmente
verso le trasverse e dietro le trasverse. Ripetere fino a C2.
Fig. 11. Tornare a C7. Questa volta mantenere una pressione statica anteriore.
Allenare il paziente a spingere ogni singola vertebra contro le dita. Fare questo
per ogni piccolo segmento. Proseguire fino a C2.
Per la percezione e un rilascio accompagnato si può chiedere al paziente che,
mentre stiamo lavorando, mentre ha il collo allungato verso di noi, faccia
scorrere le braccia sul lettino verso i piedi e immagini che diventino
lunghissime e che le dita tocchino i piedi o la parete in fondo alla stanza.
Molto utile chiedere dei micromovimenti, anche solo un "Respira tra le mie
mani
106 LIVING IN BALANCE CAPITOLO 13 TESTA E VISO
Alcuni terapisti preferiscono continuare con la spalla fino alla mano e chiudere
il percorso con la testa e il viso. Non è una questione essenziale. Dipende dallo
stile di lavoro e dalla sensibilità verso le necessità del paziente. Il viso e la
bocca sono, secondo l'homunculus sensorius, il centro dell'universo corporeo,
del 38% delle afferenze-efferenze del SNC.
L'HS non è un uomo tradotto in pezzettini, coriandoli di sensazioni, ma un mare
di sensazioni, quello che, se non mediato dal SNC, sarebbe uno tsunami di
stimoli.
MASSETERE
Premessa: non ci sarà qui alcuna manovra interna. Le manovre interne sono
riservate ai medici. Non possono farle né osteopati, né fisioterapisti, né
massaggiatori sanitari. Che poi le facciano comunemente è un altro discorso.
Paziente supino. Si lavora bilateralmente. Usare i polpastrelli delle prime tre
dita per coinvolgere il tessuto molle sopra l'arcata zigomatica. L'anulare è sul
processo zigomatico dell'osso temporale, circa 1 cm anteriormente all'orecchio.
Il dito medio è sulla porzione intermedia di tale processo, il primo dito tocca il
processo temporale dell'osso zigomatico. Affondare attraverso il tessuto molle
fino all'osso. Mantenere il contatto con il periostio e mettere in tensione il
tessuto inferiormente, verso l'angolo della mandibola.
LIVING IN BALANCE 107 Intrecciare le dita leggermente per aumentare l'effetto di separazione nella
fascia sopra la mandibola. Ripetere un certo numero di volte. Approfondire
verso il massetere, alla sua parte più profonda.
Chiedere micro movimenti della mandibola, come aprire e chiudere la bocca
ma di pochissimo, appena da muovere l'ATM, oppure fare piccoli movimenti a
spirale.
Il focus di questo non è sullo stretching in sé, ma sulla pressione costante sul
periostio. Questo porterà rapidamente ad un cambiamento di tono e sensazioni
di rilascio su scala più ampia. Possono rilassarsi la zona suboccipitale, la
respirazione e la gola.
ZIGOMATICO MAGGIORE E MINORE
Paziente supino. Seduti a capo del lettino.
Fig.13. Usare i polpastrelli delle prime due dita. Ingaggiare la superficie
inferiore dell'arcata zigomatica circa 2 cm anteriormente all'orecchio. Il
contatto è deliberatamente contro il periostio. Iniziare una linea di tensione e
portarla anteriormente, sotto le ossa zigomatiche, poi lateralmente. Ripetere
sopra le ossa zigomatiche.
108 LIVING IN BALANCE Questo può essere ripetuto un x numero di volte. L'intento è di creare una
sensazione e di stimolarla evitando un’eccessiva pressione come per es. sarebbe
quella che mettiamo quando cerchiamo di detendere i muscoli ipertonici.
FASCIA TEMPORALE
Decubito laterale con la testa sostenuta da un cuscino.
Fig. 14. Con i polpastrelli delle prime 2-3 dita (a seconda della grandezza del
cranio) coinvolgere i tessuti molli immediatamente sopra l'orecchio. Il dito
anteriore sarà sulle porzioni anteriori del processo temporale dell'osso
zigomatico, il più arretrato (secondo o terzo dito che sia) sulla sezione
posteriore dell'osso parietale.
Prendere il contatto e fermarsi, poi spingere delicatamente ma con fermezza la
testa contro il lettino. Mantenere questa pressione e poi spostarla appena
percettibilmente in direzione craniale. Continuare con questi micromovimenti:
affondare, tendere, attendere, rilasciare, riposizionare, ripetere.
Evitare il movimento a rastrello attraverso i capelli.
Chiedere micro movimenti della mandibola (digrignare, sbadigliare) e della
testa (annuire, oscillare).
Curiosamente, il lavoro nei capelli è raramente doloroso, al contrario fantastico
per la riduzione dello stress generale.
LIVING IN BALANCE 109 E' anche indicato per una vasta gamma di problemi di testa e di ATM, in
particolare nei mal di testa con una forte componente di mascelle serrate.
Questo movimento fa parte anche delle terapie cranio-sacrali. Si raccomanda
fortemente un’anamnesi del paziente e la verifica che non vi siano state
meningiti anche silenti (spesso rilevate solo da occasionali tac). In questo caso
la liberazione delle fasce e tutto il lavoro sul cranio potrebbe essere non
gradevole o anche doloroso e comunque da evitare.
GALEA APONEUROTICA
Paziente supino.
Fig. 15. Sedersi a capo del lettino con una angolazione verso la testa di 45°.
Stabilizzare la testa con una mano attraverso un tocco leggero sulla fronte.
Utilizzare i polpastrelli delle dita dell'altra mano per lavorare attraverso i
capelli, per verificare se c'è qualche aderenza del tessuto sull'osso.
Prendere il contatto contro l'osso, senza mettere alcuna pressione ed iniziare a
compiere piccole linee di stiramento come nella sequenza precedente.
Continuare con una trattazione sistematica di tutta la regione.
E’ utile chiedere un qualsiasi movimento dei muscoli facciali per creare una
contropressione.
Le tensioni in questa zona sono spesso ignorate ma sono importanti da lavorare
con i mal di testa.
110 LIVING IN BALANCE NASO
Fig.16. Paziente supino.
Sedersi a capo del lettino e porre una mano a contatto con l'osso frontale.
Tutta la mano è in contatto - tallone, palmo e dita - quindi la pressione è ampia
e confortevole. Non mettere peso. Con l'altra mano, usando il primo dito e il
pollice, “pizzicare” leggermente il naso. Il contatto dovrebbe essere
sostanzialmente a livello delle orbite degli occhi. Stendere il tessuto in
direzione distale mentre la mano sull'osso frontale crea un punto fisso. Non
spremere e non spostarsi.
Chiedere al paziente di sorridere per aiutarci nel lavoro. .
LIVING IN BALANCE 111 CAPITOLO 14 ARTO SUPERIORE
PROCESSO CORACOIDE
Paziente supino con la spalla in rotazione esterna: vedi immagine. Braccio
chiuso a 15° Fig. 17. Lavorare dal lato controlaterale, soprattutto se il nostro
cliente è grande e le nostre braccia in proporzione sono corte. Altrimenti si può
anche stare dal lato della parte trattata.
Cominciare come avevamo detto nel distendere i pettorali, lavorare sullo
sternocleido e tutta la zona clavicolare.
Proseguire questo lavoro sul processo coracoideo e distendere il tessuto
appoggiandosi all'osso e prendendo una linea interno-esterno.
Andare a percepire i tessuti sopra l'osso (tendini del coracobrachiale, capo
breve del bicipite brachiale e piccolo pettorale).
Se fosse difficile o doloroso fare micromovimenti o un movimento più ampio e
rilassato.
Chiedere un paio di gradi di abduzione e adduzione.
Restringere quest’oscillazione fino a quando il movimento è al massimo un
centimetro o poco più.
Queste restrizioni sono estremamente frequenti nei lavori d’intrarotazione del
braccio con componente di fatica, come ad es. nel nostro lavoro. Portano a
112 LIVING IN BALANCE instabilità posturale, rigidità, ROM diminuita e dolore alle articolazioni delle
spalle.
Ad esempio quasi tutte le terapie manuali richiedono al terapista lunghi periodi
di rotazione interna della spalla, senza che possa controbilanciare la rotazione
esterna.
Questo quadro si aggrava se c'è una scapola instabile.
PICCOLO PETTORALE
Paziente supino.
Il braccio interessato ha la mano appoggiata sulla pancia e il gomito appoggiato
al lettino.
Come in foto usare le falangi delle prime tre dita per entrare sotto il grande
pettorale.
Attenzione a NON andare sul sottoscapolare, non è questa la cosa da fare ora.
Lavorare medialmente contro i tessuti molli e il periostio delle costole. Stabilire
un contatto il più ampio possibile. Fatto questo portare la punta delle dita in
direzione superiore, verso il mento del paziente ma sempre lavorando sotto il
grande pettorale.
Troviamo uno spazio fra il grande pettorale e le coste, quello è uno spazio di
lavoro. Siamo sul margine laterale del piccolo pettorale.
LIVING IN BALANCE 113 Per molte persone questo è doloroso. Desistere se non succede nulla, il tessuto
non risponde o è troppo doloroso.
Si può farsi aiutare dal respiro come visto nelle precedenti sessioni: "Porta il
respiro nelle mie mani." ecc.
Non preoccuparsi se non è chiaro il contatto con il piccolo pettorale o se il
rilascio non avviene. Per altro quando avviene può essere molto vistoso
accompagnato da sentimenti di stupore, apertura e sensazione di cassa toracica
caduta sul lettino.
Queste risposte positive non dipendono da un “colpo diretto” come fosse un
trust o da una manovra immediata ma piuttosto da un procedere a piccoli passi.
SOTTOSCAPOLARE
Paziente supino. Fig.19. Il braccio è abdotto a circa 45° per consentire l'accesso
alla parte posteriore dell'ascella. Inizialmente, il braccio è posizionato come
sopra: con la mano appoggiata sull'addome.
In piedi a fianco del cliente, a livello medio-toracico.
Procedere come sopra ma rimanere medialmente al cavo ascellare e prendere
una direzione verso il gran dorsale, ossia inferiore-distale.
Le punte delle dita si troveranno contro la superficie anteriore della scapola. E'
molto facile percepire il muscolo perché, salvo rari casi, è corto, duro e
contratto. Quindi normalmente dolente.
Introdurre la rotazione esterna della spalla molto lenta altrimenti è dolorosa.
Ritornare. Ripetere.
114 LIVING IN BALANCE E' questa una manovra difficile perché mal sopportata e valgono tutte le
osservazioni fatte sul piccolo pettorale ma maggiorate. Tuttavia anche se non ha
esito positivo è fondamentale per la spalla, il collo, l'arto superiore fino anche ai
problemi di tunnel carpale.
GRAN DORSALE – all’angolo inferiore della scapola –
Paziente supino con il braccio abdotto a 90° e ruotato esternamente. Il dorso
della mano è appoggiato sul tavolo nella posizione più comoda e rilassata. Fig.
20.
Utilizzare i polpastrelli o le articolazioni delle prime due o tre dita per
impegnare le fibre del gran dorsale appena sotto l'angolo inferiore della
scapola. Affondare attraverso il tessuto molle e stirare in direzione posteriore.
Chiedere al cliente di strisciare il braccio verso l'alto.
Raramente è doloroso. Chiedere un aiuto con la respirazione negli stessi modi
indicati finora: "Porta il respiro nelle mie mani, mentre inspiri il tessuto si
amplia e distende, mentre espiri si rilassa e si ammorbidisce". Trovare
qualsivoglia altra visualizzazione che ottenga lo scopo.
LIVING IN BALANCE 115 GRANDE PETTORALE –sezione profondaPaziente supino inizialmente con la spalla in rotazione interna.
Mano come nel disegno 21. Affondare molto leggermente nel solco fra omero
e cassa toracica e distendere il tessuto in direzione mediale-inferiore. Come
avviene il rilascio, proseguire. Procedere per step: affondo, attesa, rilascio.
Si dovrebbe poter raggiungere lo spazio tra le costole e l'omero - in zona
laterale -inferiore.
Chiedere poi un aiuto al paziente. Probabilmente non sarebbe necessario ai fini
del rilascio ma lo è ai fini della sua consapevolezza corporea, che poi è ciò che
permette di ottenere risultati duraturi.
Far fare una rotazione esterna e abduzione della spalla. Chiedere l'aiuto del
respiro come in precedenza.
Qui si può anche chiedere: "Respira non forzatamente e poi espira. Ma
nell’espirazione allunga il braccio strisciandolo contro il lenzuolo del lettino e
SENZA contrarre il pettorale."(vedremo che è MOLTO difficile)
Quando la spalla è tutta scesa: "Apri il braccio portandolo fuori dal lettino,
lontano dal corpo". Poi "Ritorna e portalo in alto in alto sopra la testa." O
anche: “Mantieni il braccio aperto fuori dal tettino e portalo sopra la testa
facendo ruotare la spalla ben appoggiata”.
116 LIVING IN BALANCE Ecc. Vedremo subito che dovremo all'inizio accompagnare il movimento
perché non è per niente semplice. Possiamo provarlo su di noi e scoprire che
non ne siamo capaci.
A causa della profondità dei tessuti qui può esserci qualche risentimento del
nervo. E' accettabile; tuttavia non sostare sulla sensazione irritativa oltre i 20
secondi. Attenzione qui alle ecchimosi. Il nostro lavoro non le lascia MAI ma
qui la trascuratezza potrebbe farlo.
LEGAMENTI CONOIDE E TRAPEZOIDE
Paziente supino. Il braccio è ruotato internamente con la mano appoggiata
sull'addome.
Fig.22. Appoggiare il pollice direttamente sul processo coracoideo. Avvolgere
la mano intorno alla spalla in modo che il contatto si diffonda attraverso il
pollice, il palmo e le dita. Prestare attenzione a non piegare il pollice all'indietro
ed a non danneggiare l'articolazione.
Fig.23. Ora usare il tallone dell'altra mano per esercitare pressione su quel
pollice. In questo modo si applica un movimento e una pressione attraverso il
pollice sul processo coracoideo.
LIVING IN BALANCE 117 Premere sino ad incontrare resistenza ad un ulteriore movimento. Mantenere la
pressione in questa zona finché non si verifica un ammorbidimento. Se un
rilascio non avviene, aggiungere un leggero movimento di pompaggio.
Non consentire un rilascio completo tra i pompaggi. Si può invece compiere un
movimento oscillatorio in modo che la tensione sia mantenuta nei legamenti e
la fascia.
Questa è essenzialmente una procedura passiva. Avvisare che questo tipo di
rilascio del legamento a volte è doloroso, anche se il dolore dovrebbe essere
tollerabile.
Consideratelo anche come un modo per risvegliare la propriocezione nella
riabilitazione della spalla.
ARTICOLAZIONE DELLA SPALLA
Paziente supino. Fig.24. Il braccio è ruotato internamente con la mano
appoggiata sull'addome.
Utilizzare un pugno tenuto morbido o un gomito per prendere un contatto con
la faccia mediale della testa omerale e la parte più prossimale dell'omero.
Stabilire un collegamento sul periostio. Iniziare a distendere il tessuto in
direzione laterale e inferiore.
Chiedere la rotazione esterna della spalla. Ripetere più passaggi. Scendere
verso il gomito per tappe. Chiedere anche di ruotare la testa verso il lato
controlaterale.
Questo è un modo molto efficace per defibrare una spalla. Ha un effetto ampio
sulla fascia brachiale.
118 LIVING IN BALANCE Andando verso il gomito viene lavorato il bicipite brachiale con effetti
sull'avambraccio
Tutte queste azioni sono importanti del trattamento delle neuropatie periferiche,
come la sindrome del tunnel carpale. Le restrizioni nel nervo brachiale e dei
rami possono accusare sintomatologie in aree anche lontane e in due o più zone.
Questo fenomeno di compressioni multiple al nervo è indicato come sindrome
da doppia compressione. Trattare sistematicamente tutto il tessuto dalla zona
cervicale alla mano è una buona risposta a queste situazioni dolorose, piuttosto
che andare direttamente sull'area dolente come fosse quella la responsabile.
Molto utile è anche il lavoro sugli scaleni, per quanto sgradevole possa essere.
FASCIA BRACHIALE
Paziente supino, con il braccio trattenuto di 110° e ruotato esternamente in
modo che il dorso della mano sia disteso comodamente sul tavolo. Se serve
usare un cuscino d'appoggio.
Come nel disegno 25, palpare la faccia mediale dell'omero tra i tricipiti e
bicipiti.
Questo è fatto in modo da individuare chiaramente il fascio neurovascolare ed
essere certi che non viene compresso. Una volta che riusciamo ad affondare
facendo spazio fra i tessuti, arrivare al periostio.
LIVING IN BALANCE 119 Ora, chiedere al paziente di contrarre il braccio e rilasciare. Continuare con
questo lavoro di "spremitura" per alcune ripetizioni.
Poi chiedere la rotazione della testa dal lato controlaterale.
Qualsiasi sensazione nervosa, irritata, dolorosa è un segno di fermarsi e
ripartire daccapo.
TRICIPITI
120 LIVING IN BALANCE Paziente supino con la spalla flessa a 110° e il gomito flesso a 90°. Il palmo è
appoggiato sul lettino ma se questo non è comodo, aggiungere un cuscino per
sollevare la mano e ridurre la quantità di flessione della spalla.
Fig.26. Trattare da distale a prossimale. Palpare ai lati del tendine tricipite fino
a quando diventa possibile. Raggiungere il muscolo sotto e arrivare all'osso. Le
punte delle dita di ogni mano sono puntate una contro l'altra sotto il muscolo, e
un po' lo solleva. Distendere il tessuto verso la scapola arrivandole il più vicino
possibile. Se è il caso ripetere più profondo.
Fig.27. Palpare e isolare il capo lungo del tricipite. Lavorarlo tendendo un
punto fermo ma senza fare troppa pressione.
(manovra simile alla
digitopressione ma che consente di muoversi in circoletti)
Chiedere al paziente un allungo del braccio come se col gomito volesse arrivare
più lontano. E' un movimento immaginario, uno stretching minimo, non deve
essere ingaggiato alcun muscolo in quest’allungo.
Chiedere, se non riesce, di non muovere la scapola che deve rimanere
appoggiata sul tavolo.
Pazienti tesi, stressati, iperattivi, non riusciranno. Con loro bisogna togliere
grande parte dei movimenti e passivizzarli il più possibile.
LIVING IN BALANCE 121 AVAMBRACCIO –gomitoPaziente supino. Il braccio è ruotato esternamente e supinato. Utilizzare un
cuscino se c'è una contrattura o qualsiasi altro impedimento a che il gomito resti
appoggiato in estensione.
Fig.28. Individuare il tendine del bicipite brachiale verso la tuberosità del radio.
Affondare nel tessuto che è parzialmente muscolare e parzialmente tendineo.
Distenderlo verso la mano. Procedere molto lentamente con attenzione. Utile
l'aggiunta di piccoli movimenti di torsione che aumentano il carico fasciale.
(cosiddetto movimento a pesciolino)
122 LIVING IN BALANCE Fig.29. Individuare il mediale sulla diafisi omerale. Utilizzare la punta delle
dita e coinvolgere il periostio, senza premere. Mantenere questa profondità e
lavorare lentamente distalmente sull'epicondilo e poi al di là di esso. Il range di
movimento è leggero - meno di 5 cm. Chiedere un movimento di apertura e
chiusura della mano.
Altri movimenti
-Chiedere di pronare lentamente il braccio mentre si estende il gomito e poi
torcere il braccio nella supinazione.
-Chiedere di estendere polso e dita. Coordinare questo con l’espirazione.
Ciò che è descritto qui è solo una parte di ciò che potrebbe essere fatto.
Nessun terapista si ricorda tutte queste manovre sottili con le loro variabili.
E' fatale che la memoria operi per simboli, concetti, vada per sintesi e alla fine
in riduzione. E’ fisiologico. Tenere accanto un libro di anatomia per ricordare
o, per ogni seduta, appendere degli stampati con l'oggetto del lavoro.
LIVING IN BALANCE 123 124 LIVING IN BALANCE AVAMBRACCIO –flessori –
Tenere presente l'immagine anatomica inserita pro memoria.
Paziente supino, braccio ruotato esternamente e supinato. La mano è fuori dal
lettino e il polso è il punto di fulcro sul bordo del lettino.
Fig.30. Lavorare da distale a prossimale. Utilizzare un gomito, pugno o le dita
ad affondare nel tessuto molle sull'ulna al polso. Una volta che il tessuto è ben
agganciato chiedere al paziente di supinare ulteriormente il braccio e di fare
controresistenza alla pressione.
Ripetere lungo il bordo dell'ulna, muovendosi verso il gomito. Terminare al
gomito, dietro il grande flessore profondo.
Fig.31. Lavorare medialmente e da prossimale a distale. Utilizzare i gomiti,
nocche o polpastrelli per lavorare i grandi muscoli dell'avambraccio. Chiedere a
supinazione con l'estensione del polso e delle dita.
E' utile dare al paziente una specifica direzione di movimento: Gira il pollice
verso il pavimento ad esempio. Un micro movimento efficace è quello di
chiedere di 'suonare il pianoforte' con le dita e soffermarsi sui movimenti sottili
in ogni dito.
LIVING IN BALANCE 125 In questa seduta fare attenzione ai nervi mediano e ulnare e all'arteria specialmente
quando si lavora con neuropatie periferiche: passano sotto l'origine del flessore
superficiale delle dita. Un po' di sollievo si può avere già nella prima sessione di
lavoro, anche se la risoluzione o la riduzione dei sintomi possono richiedere più
trattamenti nell'arco di diversi mesi.
MANO - LATO PALMARE
126 LIVING IN BALANCE Fig.32. Paziente supino, braccio ruotato e supinato.
Utilizzare i polpastrelli o il pollice e prendere contatto medialmente col
retinacolo dei flessori (siamo trasversali al legamento carpale). Stendere il
tessuto in direzione laterale (verso l'eminenza tenar). Tenere la tensione nel
tessuto mentre il paziente adduce il pollice. Fare e far fare il contrario, in
abduzione.
Fig. 33. Girare la mano del paziente in pronazione. Stringere entrambe le mani
sopra il dorso della mano in modo che le dita possono incontrarsi sulla
superficie palmare della mano. Applicare una torsione con movimento, come
per strizzare qualcosa tra le mani: questo mette in movimento le ossa carpali.
Spostare il contatto nel centro del palmo ed applicare la stessa torsione.
(Disegno 34: visione palmare)
Il retinacolo e il legamento traverso del carpo, sono all’origine dei problemi del
pollice e del mignolo come opponenti (e in opposizione) Tutte le azioni di
opposizione tra il pollice e il quinto iniziano qui.
LIVING IN BALANCE 127 Inoltre la compressione del nervo mediano porta, come spesso detto, al tunnel
carpale. Nel tempo, se trascurata, si arriva a una totale disfunzione della mano.
Oggi assistiamo ad un’epidemia di neuropatie e sindromi del TC che non
risolviamo con la semplice riabilitazione. La mano ha significati emotivi molto
intensi. Dobbiamo tenerne conto.
Consideriamo, anche solo per noi stessi, il perché stiamo lavorando con le
mani, quali i significati emotivi, come l'amore, la fiducia, la cura. Ciò è
indispensabile per il nostro equilibrio ma farlo non è lasciato alla propria
consapevolezza o bontà d'animo o illusione; per farlo servono strumenti molto
più seri. Veri, non presunti.
ESTENSORI DELL’AVAMBRACCIO
Paziente supino.
La spalla è ruotata internamente il gomito pronato e flesso a circa 15°.
Il palmo è appoggiato in piano sul lettino. Fig.35. Iniziare sull'omero, vicino
all'epicondilo laterale. Utilizzare il gomito, dita o il pugno morbido per
coinvolgere il periostio. Eseguire questo contatto inferiormente al tendine
estensore comune e poi scendere verso il retinacolo del polso.
Fig.36. Utilizzare i polpastrelli o le nocche per lavorare il periostio dell'ulna.
128 LIVING IN BALANCE Fig.37. Contattare la testa dell'ulna e il tubercolo dorsale del raggio con i
polpastrelli o le nocche. Arrivare al periostio e distendere il tessuto in direzione
laterale e distale. Ciò solo per pochi centimetri.
LIVING IN BALANCE 129 Chiedere al paziente di flettere lentamente ed estendere il gomito all'interno di
un range di 5-10°. Fare resistenza al movimento ma senza impedirlo.
DORSO DELLA MANO
Disegno 38. Come sopra.
Questa è un'estensione del lavoro sul polso. Si tratta praticamente di proseguire
lo stiramento in direzione distale. Portare questo lavoro sulle ossa carpali,
metacarpi e falangi. Dare sufficiente forza di compressione per schiacciare la
mano con una piacevole sensazione di pressione.
130 LIVING IN BALANCE Ripetere più volte.
Malattie infiammatorie come l'artrite sono spesso considerate controindicazioni
per le terapie dei tessuti molli. Ciò è vero, poiché un numero significativo di
persone sperimentano un aggravamento dei loro sintomi dopo il trattamento.
Però val la pena considerare l'introduzione di questo lavoro in una mano
artritica e la stessa leggerezza del lavoro è quella che ci contraddistingue nella
fibromialgia.
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LIVING IN BALANCE 133 
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