gargantua, i suoi amici, i suoi nemici

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Nome file
9701CH0_GBC3.pdf
data
1997
Contesto
SIC/CHILD
Autore
GB Contri
Liv. revisione
Pubblicazione
Lemmi
Amico
Bambino
Competenza individuale
Gargantua
Pensiero
Rabelais
EDIZIONI SIC
CHILD 0
IL BAMBINO I SUOI AMICI I SUOI NEMICI
GARGANTUA, I SUOI AMICI, I SUOI NEMICI
Pensante, agente, giudicante, sanzionante. Non cattivo, ma neppure «buono» come quel «Gesù
Bambino» che è una bestemmia culturale della stessa famiglia di «Babbo Natale».
Non è infantile: l’infantilismo è una patologia adulta (solo un adulto può essere infantile: ma
perché è adolescenziale, adolessenziale, metafisico nichilista), mai un tratto della psicologia
«infantile».
Non è adolescenziale. La distinzione tra infanzia e adolescenza ha conseguenze di civiltà
incalcolabili, e è mancata per millenni: l’antichità la ignorava.
Il Gargantua di Doré non fa concessioni alla «psicologia mamma-bambino», alla «simbiosi», alla
«fusione». Né ai «rapporti oggettuali». Né al pregiudizio che vi siano precondizioni patologiche
della nascita: il «simbolico» o «simbolismo», o quelle posizioni» aprioristiche che vengono date per
innate e che sono dette schizoparanoide e depressiva. Né al bla bla della «sintonizzazione»,
dell’«autoregolazione», dell'«attaccamento», della «coerenza del sé», e men che meno
dell’«interazione».
Si difende bene - la difesa è sempre normale, non patologica se non quando è disconosciuto il
giudizio che l’ha mossa -, cioè sa distinguere realmente amico e nemico (non è paranoico). La
difesa è esercizio di un pensiero valido e efficace.
«Tornare come bambini» pensiero atto giudizio sanzione nel principio di piacere - è il nostro
motto.
Ma il tragico – il «tragico» riguarda il bambino non l'adolescente: la Tragedia greca non riusciva
neppure a concepire il bambino – sta nel fatto e solo nel fatto che tanto valore del bambino può
essere precocemente sconfitto (ecco il nemico), può cedere e aprirsi alla, anzi chiudersi nella,
patologia. Fino alla perversione, o all'inferno, o alla mancanza non di oggetto, bensì di desiderio
cioè di partner, che significa rapporto. Il bambino è il valoroso insufficiente difensore del desiderio,
che è pensiero. Come sa chi per lui vita rifiuta.
Non tanto «psicoterapia dei bambini» quanto, di fronte alla psicopatologia infantile: «Adulto,
cura te ipsum».
Alla Cultura banalizzante e militare dei test va contrapposto: il bambino è il test dell’adulto. Così
come l'amore è l’unico test dell’intelligenza (sappiamo che non ne usciamo promossi).
Successivamente Rabelais – peccato! – ne fa un umanista, lo «educa» come poi Rousseau, lo
tratta come un selvaggio o un… bambino, cioè lo sfigura. Ma nessuno è perfetto, ossia tutti
commettono il medesimo errore dell'umanista, che crede si tratti di passare a uno stadio successivo
e più «maturo»: laddove invece il bambino sperimenta, nell’iniziale maturità della sua legge di
moto, il dramma di un trauma consistente in un inganno che ne inibisce la già costituita facoltà di
giudizio (piacere/dispiacere). La conseguenza dell'inganno sarà la deformazione secondo sfere
(morale, giuridica, interna, esterna, privata, pubblica, edonistica, lavorativa, religiosa, scientifica,
ecc.) della sua già avvenuta costituzione psichica: a partire dalla prima sfera deformante
l'esperienza, la sfera sessuale aggiunta surrettiziamente ai sessi, detta arche sessualità, cioè
quell'astrazione praeter necessitatem che abbiamo chiamato errore filosofico dell'umanità e errore
psicologico della filosofia.
La «sfera» come regolazione (non giuridica: regola non è norma) dell'esperienza è la schiavitù di
un divide et impera, contro l’incipiente sovranità individuale nel bambino. Per il quale e grazie al
quale è vero che l'erba voglio cresce soltanto nel giardino del re.
Per finire con Freud (1916): «Il bambino passa per puro e innocente, e chi lo descrive altrimenti
rischia una querela per bestemmia sacrilega verso i sentimenti delicati e sacri dell'umanità. I
bambini sono gli unici a non avere niente da spartire con queste convenzioni, a far valere in piena
ingenuità i loro diritti animali [2] e a continuare mostrare che, loro, la via dell’innocenza, [3] la
devono ancora percorrere».
NOTE
[2] Diritti sì, animali no: qui Freud fa una concessione. Ma anche nel suo caso, come in quello di
Rabelais, nessuno è perfetto.
[3] Freud scrive «purezza» (Reinheit): con questa traduzione (innocenza), interpoliamo il testo
lessicalmente, non concettualmente. Lo scopo è quello di costruire la coppia di opposti
ingenuità/innocenza.
© Studium Cartello – 2007
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