L`EMBRIONE UMANO NELLA FASE DEL PREIMPIANTO ASPETTI

L'EMBRIONE UMANO NELLA FASE DEL PREIMPIANTO
ASPETTI SCIENTIFICI E CONSIDERAZIONI BIOETICHE
ATTI DELLA DODICESIMA ASSEMBLEA
DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA PER LA VITA
Città del Vaticano, 27 Febbraio -1 Marzo 2006
A cura di :
ELIO SGRECCIA
JEAN LAFFITTE
LIBRERIA EDITRICE VATICANA
2007
Presentazione S.E.R. Mons. ELIO SGRECCIA, Mons. JEAN LAFFITTE
Discorso del Santo Padre BENEDETTO XVI
Comunicato finale
CONTRIBUTI DELLA TASK-FORCE
- S.Em. R. Card. J. LOZANO BARRAGÁN, Prolusione: La cultura della morte contro la cultura della
vita nell'insegnamento dell'Evangelium Vitae
- Prof. M.ZERNICKA-GOETZ, Lo sviluppo orientato ma flessibile delle cellule embrionali di topo
- Prof. R. COLOMBO, Il processo di fecondazione e le sue fasi. Dai gameti dei genitori all'embrione
unicellulare
- Prof. G. SICA, Lo sviluppo dell'embrione preimpiantatorio
- Prof. G. SICA, Il dialogo materno-embrionale e la preparazione all’impianto
- Prof. C. BELLIENI, Diagnosi preimpianto, diagnosi prenatale
- Prof. K. FITZGERALD, Considerazioni bio-mediche ed etiche sulla diagnosi preimpiantatoria
- Prof. M.O. RETHORE', Diagnosi prenatale e diagnosi preimpiantatoria: il punto di vista dei genitori
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- S.E. Mons. W.J. EJIK, I criteri dell'individualità organica e lo statuto bio-antropologico
dell'embrione preimpiantatorio
- Prof. M. PANGALLO, Il pensiero di San Tommaso riguardo all’embrione umano
- Prof. P. IDE, L'embrione umano è persona? Status questionis e determinazione
INTERVENTI NELLA TAVOLA ROTONDA
"L'embrione è persona?"
- Prof. A. GIL LOPES, L'embrione preimpiantatorio tra biologia e filosofia: l'individuo
- Prof. I. CARRASCO DE PAULA, L'embrione pre-impiantatorio tra natura e persona
- Prof. R. SPAEMANN, Quando l'uomo inizia a essere persona?
- Dr. J.-M. LE MENE', Perché il dovere della tutela giuridica dell'embrione?
- Rev. P. WOJCIECH GIERTYCH, Generato, non creato ?
- Prof. P. SERGEJ FILIMONOV, Si può considerare l'embrione come persona?
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ELIO SGRECCIA, JEAN LAFFITTE
PRESENTAZIONE
Con ondate successive, nel mondo della ricerca scientifica, nell'ambito della medicina
d'avanguardia e nel dibattito etico, politico e giuridico, si torna a discutere sull'identità e sullo
statuto dell'embrione umano.
Tre sono state le stagioni di maggiore vivacità su questo tema nei tempi più recenti. La prima
ondata si verificò negli anni '70, all'epoca in cui in Europa si sviluppavano le pressanti campagne
a favore della legalizzazione dell'aborto, campagne ideologiche e finanziate da gruppi di
pressione internazionalmente riconosciuti, che ottennero, sorrette com'erano anche dalla
c.d. rivoluzione sessuale, leggi permissive in quasi tutti gli Stati europei, con l'eccezione di Irlanda,
Malta e S. Marino. Tra questi Stati dove l'aborto è stato legalizzato, soltanto la Polonia è tornata a
ristabilirne il divieto, cancellando la legge abortista (Sentenza della Corte Costituzionale del 29
maggio 1997).
In tale stagione nacque una copiosa letteratura di sostegno alla legalizzazione dell'aborto.
Innanzitutto si tentò di porre in evidenza il principio dell'autonomia della madre (il diritto alla
scelta, pro choice). Come conseguenza, il valore pieno del feto veniva riconosciuto a partire
dall'accettazione da parte della madre; tale accettazione, dunque, era considerata la verarelazione
costitutiva di un nuovo individuo umano. Secondo altri, invece, il valore umano dell'embrione
andava riconosciuto solo a partire dall'assunzione da parte del feto della figura (fisionomia
umana).
La ratio philosophica (autonomia della donna) e la sensibilità psicologica si associavano per
negare la piena dignità umana dell'embrione e il suo diritto alla vita fin dall'inizio della
fecondazione.
Una seconda ondata venne con l'impiego della fecondazione artificiale a partire dagli anni '80 e, in
particolare, con la pubblicazione del Rapporto Warnock nel Regno Unito (1984). È stata l'era
del 15° giorno, il famoso preteso confine tra il cosiddetto pre-embrione e l'embrione, che
corrisponderebbe al periodo preimpiantatorio dello sviluppo embrionale; prima dell'impianto,
infatti, l'embrione “non sarebbe ancora”, mentre dopo possederebbe un itinerario biologicamente
ben definito. A riguardo, vennero accampate varie teorie come quelle sull'incertezza
dell'impianto, sulla possibilità della gemellarità (entro i primi 15 giorni di sviluppo), sulla
necessaria presenza del primo abbozzo del tessuto nervoso come preannuncio della possibilità di
pensare in maniera umana.
Durante quegli anni, molte volte siamo stati costretti a discutere e a ribattere gli argomenti
del 15° giorno, mentre lo stesso Rapporto Warnock confessava che lo sviluppo dell'embrione, a
partire dalla fecondazione, è continuo e che la data delle due settimane di sviluppo era una sorta
di soglia convenzionale, frutto di una decisione necessaria per mettere fine all'ansia degli
sperimentatori.
Questi ultimi anni rappresentano la third wave, il cui asse principale continua a ruotare intorno
all'evento della fecondazione e ai primi giorni di sviluppo dell'embrione all'interno
dell'organismo materno o in laboratorio.
Anzitutto c'è il fatto nuovo dell'embrione agamico, quello cioè non risultante dall'incontro dei due
gameti, ma originato dal trasferimento del nucleo di una cellula somatica in un ovulo
denucleizzato, in altre parole con un procedimento di clonazione. Si tratta di un vero essere
umano?
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C'è poi la scoperta delle cellule staminali nell'organismo umano, vera risorsa per la medicina
rigenerativa, che apre una nuova pagina nella storia stessa della medicina. Proprio questa
scoperta induce alcuni ricercatori d'avanguardia a pensare che l'uso di cellule staminali derivate
dagli embrioni possa dare risultati “più efficaci”. Si apre così il fronte di combattimento tra una
parte di ricercatori, fautori dell'uso delle cellule staminali somatiche provenienti dall'organismo
adulto, rivelatesi capaci di rigenerare tessuti nell'organismo malato secondo le prime
promettenti esperienze, e un'altra parte di essi, fautori dell'ipotetico impiego di cellule
embrionali, derivate da embrioni fecondati in vitro o clonati o congelati; purtroppo, l'estrazione
delle cellule embrionali dalla massa cellulare interna implica inevitabilmente (con le possibilità
tecniche attuali) la dissezione dell'embrione (= la sua soppressione) allo stadio di blastocisti.
In questa ipotesi, si arriva a sognare e a divulgare la vittoria finale sopra malattie gravi, quali il
Parkinson, l'Alzheimer, il diabete e tante altre, per decine di milioni di malati, con un volo di
fantasia, al limite della “fantascienza”, ancora privo di supporti scientifici e, persino, di sufficiente
sperimentazione sugli animali.
C'è chi chiede fondi per la prima linea di ricerca e chi li pretende per la seconda; c'è chi ipotizza
ricerche per produrre cellule staminali embrionali, senza produrre l'embrione con vari
marchingegni genetici e c'è sempre chi accusa la Chiesa, che ricorda costantemente l'illiceità della
soppressione dell'embrione, richiamando la sua dignità di essere umano individuale, di
oscurantismo e di attitudine sadica verso i poveri malati, i quali non possono essere guariti senza
la soppressione (questa sì veramente sadica ed inutile) degli embrioni clonati o fecondati in vitro
o scongelati per essere sezionati e utilizzati come medicina miracolosa e panacea.
Un vero delirio antiscientifico e molto piazzaiolo, assunto da questa pseudo-scienza sulla quale,
ultimamente, si è affacciata anche la frode.
Per giustificare tutta questa corsa all'embrione miracoloso da sfruttare, da clonare, da brevettare,
da commercializzare conjoint ventures internazionali, era necessario proclamare che egli,
l'embrione, altro non è che un mucchietto di cellule, facendo anche a meno di chiamarlo preembrione. Si muta così lo sguardo sull'inizio della vita abbandonando la prospettiva del finalismo,
secondo la quale l'inizio va valutato tenendo conto del suo naturale ed autonomo esito finale, e si
finisce per giudicarlo solo in base alla sua quantità attuale o, magari, a ciò che esso può produrre
a vantaggio di chi lo sfrutta, riducendolo a merce e finendo per sopprimerlo.
Su questa linea si è mossa ancora un'altra impresa, quella della pillola del giorno dopo e della
ancor più micidiale RU486: la prima è intercettiva (impedisce l'impianto dell'eventuale embrione
nel caso di un rapporto sessuale fecondo), la seconda, invece, è in grado di estirpare l'embrione
anche dopo l'impianto fino a più di 40 giorni dopo la fecondazione.
Coloro che sono favorevoli ad una privatizzazione dell'aborto, con conseguente risparmio per le
casse dello Statosocializzato che da tempo ha legalizzato e reso gratuito l'aborto chirurgico,
hanno ingrossato le fila di quanti affermano che l'embrione è qualcosa e non ancora qualcuno;
perciò, essi dicono, l'aborto chimico non costituisce delitto e può essere gestito come un affare
privato.
E infine – ma la storia non finisce qui – negli ultimi tempi sono stati importati dagli USA i
neologismi ootide e prezigote,per qualificare (anzi squalificare) l'embrione all'inizio del processo
di fecondazione, quando lo spermatozoo è penetrato nella membrana pellucida, ma non ha
ancora provocato il completo rimescolamento e riordino del suo materiale genetico con quello
dell'ovulo.
E questo dovrebbe consentire di congelare l'ootide, ovulo fecondato che non sarebbe ancora un
embrione, in vista di un successivo trasferimento in utero, pensando che così facendo non si
distrugga un embrione, uno zigote vero e proprio, ma soltanto un pre-embrione, un qualcosa che
non è ancora qualcuno.
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Tralascio la citazione di altre ricerche sulla frontiera delle prime fasi della fecondazione, come ad
es. la partenogenesi, ottenuta senza l'impiego del gamete maschile, che darebbe luogo al
cosiddetto partenote; e questo cosa sarebbe? O meglio, chi sarebbe?
Si sente la necessità di fare chiarezza, anzitutto sul terreno della scienza, ma anche su quello
dell'etica.
Questa è la pesante motivazione per cui la Pontificia Accademia per la Vita ha promosso il
Congresso dal titolo: “L'Embrione Umano nella Fase del Preimpianto. Aspetti Scientifici e
Considerazioni Bioetiche”.
Si tratta di sapere se c'è o non c'è un essere umano nella fase del preimpianto, con le sue
qualificazioni umane e con un'identità antropologicamente vera, da identificarsi con quella
individualità che, strutturata e animata da una vitalità spirituale, è già in possesso della piena
dignità umana: quella dignità peculiare di un essere che non è semplicemente prodotto biologico,
né soltanto opera dell'uomo e della donna, ma fa appello al Creatore, alla Sua dignità, al Suo
Amore e alla Sua protezione, prima ancora che a quella -doverosa- dei genitori e della legge.
Il programma del Congresso ha previsto, dopo la sessione di apertura, in cui hanno preso la
parola il Presidente della PAV e il Presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute,
S.E. il Card. Javier Lozano Barragán, due sessioni scientifiche dedicate alla descrizione dei
processi di fecondazione e delle primissime fasi dello sviluppo dell'embrione fino all'impianto; in
questa parte, la parola è stata data agli specialisti della biologia e della genetica, provenienti da
diversi Paesi (M. Zernicka-Goetz dal Regno Unito; R. Colombo, G. Sica e C. Bellieni dall'Italia; K.
FitzGerald degli USA; M.O. Rethoré dalla Francia).
La terza sessione ha presentato il contenuto antropologico, la riflessione sui criteri di
individualità organismica e sullo statuto bio-antropologico dell'embrione (W.J. Eijk, Olanda); è
seguito un richiamo delle teorie classiche e medioevali sull'embrione umano (M. Pangallo, Italia)
e l'esposizione delle teorie sull'embrione umano non ancora uomo (P. Ide, Francia).
La quarta sessione è stata dedicata alle domande conclusive di carattere antropologico-etico alla
Tavola Rotonda l'Embrione è Persona? sono intervenuti: lo scienziato brasiliano A. Gil Lopes, il
noto pensatore di filosofia morale R. Spaemann (Germania), il teologo moralista e direttore
dell'Istituto di Bioetica dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma I. Carrasco De Paula e
J.M. Le Méné, giurista e magistrato, direttore della Fondazione Jérôme Lejeune (Parigi).
Nell'Udienza, concessa agli Accademici ed ai partecipanti al Congresso, il S. Padre Benedetto XVI
ha confermato con il Suo Magistero che: “L'amore di Dio non fa differenze fra il neoconcepito
ancora nel grembo di sua madre, e il bambino, o il giovane, o l'uomo maturo o l'anziano. Non fa
differenza perché in ognuno di essi vede l'impronta della propria immagine e somiglianza (Gn 1,
26).
Non fa differenza perché in tutti ravvisa riflesso il volto del suo Figlio Unigenito, in cui ci ha scelti
prima della creazione del mondo...predestinandoci a essere suoi figli adottivi...secondo il beneplacito
della sua volontà” (Ef 1, 4-6).
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BENEDETTO XVI
DISCORSO AI PARTECIPANTI
Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
Illustri Signori e Signore!
A tutti rivolgo il mio saluto deferente e cordiale in occasione dell’Assemblea Generale della
Pontificia Accademia per la Vita e del Congresso internazionale, appena iniziato, su "L'embrione
umano nella fase del preimpianto". In modo speciale saluto il Cardinale Javier Lozano Barragán,
Presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute, come anche Mons. Elio Sgreccia,
Presidente della Pontificia Accademia per la Vita, che ringrazio per le gentili parole con le quali
ha messo in luce l'interesse particolare delle tematiche che vengono affrontate in questa
circostanza. In effetti, l'argomento di studio scelto per la vostra Assemblea, "L'embrione umano
nella fase del preimpianto", cioè nei primissimi giorni che seguono il concepimento, é una
questione estremamente importante oggi, sia per le evidenti ripercussioni sulla riflessione
filosofico-antropologica ed etica, sia per le prospettive applicative nell'ambito delle scienze
biomediche e giuridiche. Si tratta indubbiamente di un argomento affascinante, ma difficile e
impegnativo, data la delicata natura del soggetto in esame e la complessità dei problemi
epistemologici che riguardano il rapporto tra la rilevazione dei fatti a livello delle scienze
sperimentali e la susseguente e necessaria riflessione sui valori a livello antropologico.
Come si può ben comprendere, né la Sacra Scrittura né la Tradizione cristiana più antica possono
contenere trattazioni esplicite del vostro tema. Ciononostante, San Luca nel raccontare l'incontro
della Madre di Gesù, che lo aveva concepito nel suo seno verginale solo da pochi giorni, con la
madre di Giovanni Battista, già al sesto mese di gravidanza, testimonia la presenza attiva,
sebbene nascosta, dei due bambini: "Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le
sussultò nel grembo" (Lc 1,41). Sant’Ambrogio commenta: Elisabetta "percepì l'arrivo di Maria,
lui (Giovanni) l'arrivo del Signore; la donna l'arrivo della donna, il bambino l'arrivo del bambino"
(Comm. in Luc., 2,19.22-26). Tuttavia, anche in mancanza di espliciti insegnamenti sui primissimi
giorni di vita del nascituro, è possibile trovare nella Sacra Scrittura preziose indicazioni che
motivano sentimenti d'ammirazione e di riguardo nei confronti dell'uomo appena concepito,
specialmente in chi, come voi, si propone di studiare il mistero della generazione umana. I libri
sacri, infatti, intendono mostrare l'amore di Dio verso ciascun essere umano ancor prima del suo
prender forma nel seno della madre. "Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima
che tu venissi alla luce, ti avevo consacrato" (Ger 1,5), dice Dio al profeta Geremia. E il Salmista
riconosce con gratitudine: "Sei tu che hai creato le mie viscere e mi hai tessuto nel seno di mia
madre. Ti lodo, perché mi hai fatto come un prodigio; sono stupende le tue opere, tu mi conosci
fino in fondo" (Sal139,13-14). Sono parole, queste, che acquistano tutta la loro ricchezza di
significato quando si pensa che Dio interviene direttamente nella creazione dell’anima di ogni
nuovo essere umano.
L'amore di Dio non fa differenza fra il neoconcepito ancora nel grembo di sua madre, e il
bambino, o il giovane, o l'uomo maturo o l'anziano. Non fa differenza perché in ognuno di essi
vede l'impronta della propria immagine e somiglianza (Gn1,26). Non fa differenza perché in tutti
ravvisa riflesso il volto del suo Figlio Unigenito, in cui "ci ha scelti prima della creazione del
mondo, ... predestinandoci a essere suoi figli adottivi ... secondo il beneplacito della sua volontà"
(Ef 1,4-6). Questo amore sconfinato e quasi incomprensibile di Dio per l'uomo rivela fino a che
punto la persona umana sia degna di essere amata in se stessa, indipendentemente da qualsiasi
altra considerazione - intelligenza, bellezza, salute, giovinezza, integrità e così via. In definitiva, la
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vita umana è sempre un bene, poiché "essa è nel mondo manifestazione di Dio, segno della sua
presenza, orma della sua gloria" (cfr Evangelium vitae, 34). All'uomo, infatti, è donata un'altissima
dignità, che ha le sue radici nell'intimo legame che lo unisce al suo Creatore: nell'uomo, in ogni
uomo, in qualunque stadio o condizione della sua vita, risplende un riflesso della stessa realtà di
Dio. Per questo il Magistero della Chiesa ha costantemente proclamato il carattere sacro e
inviolabile di ogni vita umana, dal suo concepimento sino alla sua fine naturale (cfr Evangelium
vitae, 57). Questo giudizio morale vale già agli inizi della vita di un embrione, prima ancora che si
sia impiantato nel seno materno, che lo custodirà e nutrirà per nove mesi fino al momento della
nascita: "La vita umana è sacra e inviolabile in ogni momento della sua esistenza, anche in quello
iniziale che precede la nascita" (ibid., n. 61).
So bene, cari studiosi, con quali sentimenti di meraviglia e di profondo rispetto per l'uomo voi
portiate avanti il vostro impegnativo e fruttuoso lavoro di ricerca proprio sull'origine stessa della
vita umana: un mistero il cui significato la scienza sarà in grado di illuminare sempre di più,
anche se difficilmente riuscirà a decifrarlo del tutto. Infatti, appena la ragione riesce a superare
un limite ritenuto invalicabile, altri limiti fino allora sconosciuti la sfidano. L'uomo rimarrà
sempre un enigma profondo e impenetrabile. Già nel secolo IV, S. Cirillo di Gerusalemme
presentava ai catecumeni che si preparavano a ricevere il battesimo la seguente riflessione: "Chi
è colui che ha predisposto le cavità dell'utero alla procreazione dei figli? Chi ha animato in esso il
feto inanimato? Chi ci ha provvisto di nervi e di ossa circondandoci, poi, di pelle e di carne
(cfr Gb 10,11) e, non appena il bambino è nato, fa uscire dal seno abbondanza di latte? In qual
modo il bambino, crescendo, diventa adolescente, da adolescente si muta in giovane,
successivamente in uomo e infine in vecchio, senza che nessuno riesca a cogliere il giorno preciso
nel quale si verifichi il mutamento?" E concludeva: "Stai vedendo, o uomo, l'artefice; stai vedendo
il sapiente Creatore" (Catechesi battesimale, 9, 15-16). All'inizio del terzo millennio, rimangono
ancora valide queste considerazioni che si rivolgono, non tanto al fenomeno fisico o fisiologico,
quanto al suo significato antropologico e metafisico. Abbiamo enormemente migliorato le nostre
conoscenze e identificato meglio i limiti della nostra ignoranza; ma per l'intelligenza umana
sembra sia diventato troppo arduo rendersi conto che, guardando il creato, ci si incontra con
l'impronta del Creatore. In realtà, chi ama la verità, come voi cari studiosi, dovrebbe percepire
che la ricerca su temi così profondi ci pone nella condizione di vedere e anche quasi di toccare la
mano di Dio. Al di là dei limiti del metodo sperimentale, al confine del regno che alcuni chiamano
meta-analisi, là dove non basta più o non è possibile la sola percezione sensoriale né la verifica
scientifica, inizia l'avventura della trascendenza, l’impegno del "procedere oltre".
Cari ricercatori e studiosi, vi auguro che riusciate sempre più non solo ad esaminare la realtà
oggetto delle vostre fatiche, ma anche a contemplarla in modo tale che, insieme alle vostre
scoperte, sorgano pure le domande che portano a scoprire nella bellezza delle creature il riflesso
del Creatore. In questo contesto, mi è caro esprimere un apprezzamento ed un ringraziamento
alla Pontificia Accademia per la Vita per il suo prezioso lavoro di "studio, formazione e
informazione" di cui si avvantaggiano i Dicasteri della Santa Sede, le Chiese locali e gli studiosi
attenti a quanto la Chiesa propone sul terreno della ricerca scientifica e intorno alla vita umana
nel suo rapporto con l'etica e il diritto. Per l'urgenza e l'importanza di questi problemi, ritengo
provvidenziale l'istituzione da parte del mio venerato predecessore Giovanni Paolo II di questo
Organismo. A tutti voi, pertanto, Presidenza, personale e membri della Pontificia Accademia per
la Vita, desidero esprimere con sincera cordialità la mia vicinanza ed il mio sostegno. Con questi
sentimenti, affidando il vostro lavoro alla protezione di Maria, imparto a Voi tutti l'Apostolica
Benedizione.
© Copyright 2006 - Libreria Editrice Vaticana
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COMUNICATO FINALE
In occasione della sua XII Assemblea Generale, la Pontificia Accademia per la Vita (PAV) ha
celebrato un Congresso Internazionale sul tema: “L'Embrione Umano nella Fase del Preimpianto.
Aspetti Scientifici e Considerazioni Bioetiche”. Al termine dei lavori svolti, la PAV desidera offrire
alla comunità ecclesiale ed alla società civile nel suo insieme alcune considerazioni su quanto è
stato oggetto della sua riflessione.
A nessuno sfugge come gran parte del dibattito bioetico contemporaneo, soprattutto in questi
ultimi anni, si sia concentrato attorno alla realtà dell'embrione umano, sia egli considerato in se
stesso oppure in relazione all'agire degli altri esseri umani nei suoi confronti; ciò si spiega bene
dal momento che le molteplici implicazioni (scientifiche, filosofiche, etiche, religiose, legislative,
economiche, ideologiche) legate a questi ambiti inevitabilmente finiscono per catalizzare
differenti interessi, oltre che attirare l'attenzione di chi è alla ricerca di un agire etico autentico.
Diventa perciò ineludibile affrontare un quesito di fondo: “Chi o cosa è l'embrione umano?”, per
poter derivare da una risposta fondata e coerente a tale domanda criteri d'azione che siano
pienamente rispettosi della verità integrale dell'embrione stesso.
A tal fine, secondo una corretta metodologia bioetica, è necessario innanzitutto volgere lo
sguardo ai dati che la più aggiornata scienza mette oggi a nostra disposizione, consentendoci di
conoscere in gran dettaglio i diversi processi attraverso i quali un nuovo essere umano inizia la
sua esistenza. Tali dati dovranno poi essere sottoposti all'interpretazione antropologica, al fine di
evidenziarne i significati ed i valori emergenti, ai quali, infine, fare riferimento per derivare le
norme morali dell'agire concreto, della prassi operativa.
Alla luce, dunque, delle acquisizioni più recenti dell'embriologia è possibile fissare alcuni punti
essenziali universalmente riconosciuti: il momento che segna l'inizio dell'esistenza di un
nuovo essere umano è rappresentato dalla penetrazione dello spermatozoo nell'ovocita. La
fecondazione induce tutta una serie di eventi articolati e trasforma la cellula uovo inzigote. Nella
specie umana entrano all'interno dell'ovocita il nucleo dello spermatozoo (compreso nella testa)
e un centriolo (il quale avrà un ruolo determinante nella formazione del fuso mitotico all'atto
della prima divisione cellulare); la membrana plasmatica resta all'esterno. Il nucleo maschile
subisce profonde modificazioni biochimiche e strutturali che dipendono dal citoplasma ovulare e
che vanno a predisporre la funzione che il genoma maschile inizierà subito a svolgere. Si assiste
infatti alla decondensazione della cromatina (indotta da fattori sintetizzati nelle ultime fasi
dell'ovogenesi) che rende possibile la trascrizione dei geni paterni.
L'ovocita, dopo l'ingresso dello spermatozoo, completa la sua seconda divisione meiotica ed
espelle il secondo globulo polare, riducendo il suo genoma ad un numero aploide di cromosomi al
fine di ricostituire insieme ai cromosomi portati dal nucleo maschile il cariotipo caratteristico
della specie. Al tempo stesso esso va incontro ad un'attivazione dal punto di vista metabolico in
vista della prima mitosi.
È sempre l'ambiente citoplasmatico dell'ovocita ad indurre il centriolo dello spermatozoo a
duplicarsi, costituendo così il centrosoma dello zigote. Tale centrosoma si duplica in vista della
costituzione dei microtubuli che comporranno il fuso mitotico.
I due set cromosomici trovano il fuso mitotico già formato e si dispongono all'equatore in
posizione di metafase. Seguono le altre fasi della mitosi ed alla fine il citoplasma si divide e lo
zigote dà vita ai primi due blastomeri.
L'attivazione del genoma embrionale è probabilmente un processo graduale. Nell'embrione
unicellulare umano sono già attivi 7 geni, altri sono espressi nel passaggio dallo stadio di zigote a
quello a due cellule.
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La biologia, e più in particolare l'embriologia, forniscono la documentazione di una definita
direzione di sviluppo: ciò significa che il processo è orientato – nel tempo – nella direzione di una
progressiva differenziazione e acquisizione di complessità e non può regredire su stadi già
percorsi.
Un ulteriore punto acquisito con le primissime fasi di sviluppo è quello dell'autonomia del nuovo
essere nel processo di autoduplicazione del materiale genetico.
Strettamente correlate alla proprietà della continuità sono anche le caratteristiche
di gradualità (il passaggio necessitato nel tempo da uno stadio meno differenziato a quello più
differenziato) e di coordinazione dello sviluppo (esistenza di meccanismi che regolano in un
insieme unitario il processo di sviluppo). Queste proprietà – all'inizio quasi trascurate nel
dibattito bioetico – vengono sempre più considerate importanti in epoca recente, a motivo delle
progressive acquisizioni che la ricerca offre sulla dinamica dello sviluppo embrionale anche allo
stadio di morula che precede la formazione della blastocisti. L'insieme di queste tendenze
costituisce la base per interpretare lo zigote già come un organismo primordiale (organismo
monocellulare) che esprime coerentemente le sue potenzialità di sviluppo attraverso una
continua integrazione dapprima fra i vari componenti interni e poi fra le cellule cui dà
progressivamente luogo. L'integrazione è sia morfologica che biochimica. Le ricerche in corso già
da qualche anno non fanno che apportare ulteriori prove di queste realtà.
Tali acquisizioni della moderna embriologia necessitano di essere sottoposte al vaglio
dell'interpretazione filosofico-antropologica per poter cogliere la preziosità valoriale che ogni
essere umano, pur allo stadio embrionale, porta con sé ed esprime. Si tratta, dunque, di affrontare
la questione basilare dello status morale dell'embrione.
È noto come, tra le varie proposte ermeneutiche presenti nel dibattito bioetico attuale, siano stati
indicati diversi momenti dello sviluppo embrionale umano a cui legare l'attribuzione di un
suo status morale, accampando spesso ragioni fondate su criteri estrinseci (partendo cioè da
fattori esterni all'embrione stesso). Ma tale modo di procedere non risulta essere idoneo ad
identificare realmente lo status morale dell'embrione, dal momento che ogni possibile giudizio
finisce per basarsi su elementi del tutto convenzionali ed arbitrari.
Per poter formulare un giudizio più oggettivo sulla realtà dell'embrione umano e dedurne,
quindi, delle indicazioni etiche, bisogna piuttosto prendere in considerazione dei
criteri intrinseci all'embrione stesso, a cominciare proprio dai dati che la conoscenza scientifica
mette a nostra disposizione. A partire da essi, si può asserire che l'embrione umano nella fase del
preimpianto è: a) un essere della specie umana; b) un essere individuale; c) un essere che
possiede in sé la finalità di svilupparsi in quanto persona umana ed insieme la capacità intrinseca
di operare tale sviluppo.
Da tutto ciò si può concludere che l'embrione umano nella fase del preimpianto sia già realmente
una persona? È ovvio che, trattandosi di un'interpretazione filosofica, la risposta a tale
interrogativo non sia di fede definita e rimanga aperta, in ogni caso, ad ulteriori considerazioni.
Tuttavia, proprio a partire dai dati biologici disponibili, riteniamo non esservi alcuna ragione
significativa che porti a negare l'essere persona dell'embrione, già in questa fase. Naturalmente,
ciò presuppone un'interpretazione del concetto di persona di tipo sostanziale, riferita cioè alla
stessa natura umana in quanto tale, ricca di potenzialità che si esprimeranno lungo tutto lo
sviluppo embrionale e anche dopo la nascita. A supporto di tale posizione, va osservato come la
teoria dell'animazione immediata, applicata ad ogni essere umano che viene all'esistenza, si
mostri pienamente coerente con la sua realtà biologica (oltre che in sostanziale continuità col
pensiero della Tradizione). “Sei tu che hai creato le mie viscere e mi hai tessuto nel seno di mia
madre. Ti lodo, perché mi hai fatto come un prodigio; sono stupende le tue opere, tu mi conosci
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fino in fondo” recita il Salmo (Sal 139, 13-14), riferendosi all'intervento diretto di Dio nella
creazione dell'anima di ogni nuovo essere umano.
Dal punto di vista morale, poi, al di là di ogni considerazione sulla personalità dell'embrione
umano, il semplice fatto di essere in presenza di un essere umano (e sarebbe sufficiente persino il
dubbio di trovarsi alla sua presenza) esige nei suoi confronti il pieno rispetto della sua integrità e
dignità: ogni comportamento che in qualche modo possa costituire una minaccia o un'offesa per i
suoi diritti fondamentali, primo fra tutti il diritto alla vita, è da considerarsi come gravemente
immorale.
In conclusione, desideriamo fare nostre le parole che il Santo Padre Benedetto XVI ha
pronunciato nel suo indirizzo al nostro Congresso: “L'amore di Dio non fa differenza fra il
neoconcepito ancora nel grembo di sua madre, e il bambino, o il giovane, o l'uomo maturo o
l'anziano. Non fa differenza perché in ognuno di essi vede l'impronta della propria immagine e
somiglianza (Gn 1, 26). Non fa differenza perché in tutti ravvisa riflesso il volto del suo Figlio
Unigenito, in cui ci ha scelti prima della creazione del mondo, predestinandoci a essere suoi figli
adottivi...secondo il beneplacito della sua volontà' (Ef 1, 4-6)”.
(Da L'Osservatore Romano, 23 marzo 2006, p. 6 )
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JAVIER LOZANO BARRAGÁN
LA CULTURA DELLA MORTE CONTRO LA CULTURA DELLA VITA
NELL'INSEGNAMENTO DELLA “EVANGELIUM VITAE”
INTRODUZIONE
Il Congresso Internazionale organizzato dalla Pontificia Accademia per la Vita è dedicato
all'embrione umano nella fase del preimpianto. Verrano analizzati gli aspetti scientifici e le
considerazioni bioetiche. In questa introduzione, che mi è stato chiesto di fare da un punto di
vista teologico, mi è sembrato che mi si presentasse una scelta: o il tentativo di elaborare una
riflessione teologica sull'origine della vita, oppure cercare di presentare un quadro culturale,
filosofico e teologico che introduca il tema scientifico e bioetico. Dato che ho già avuto modo di
trattare il primo tema in questa stessa sede, ho scelto, in questa occasione, la seconda possibilità.
È un tema, questo, molto sviluppato dal venerato Giovanni Paolo II nella sua Enciclica Evangelium
Vitae. Pertanto mi è parso opportuno di analizzare alcune idee a partire da questa Enciclica in
merito ad alcuni aspetti filosofici e teologici trattati in quella sede da Giovanni Paolo II e che ci
condurranno al centro del pensiero di Benedetto XVI nella sua prima Enciclica Deus Caritas Est.
SITUAZIONE ATTUALE
Credo che non sia difficile rendersi conto che viviamo in un mondo caratterizzato da una
mentalità malthusiana. C'è il timore, soprattutto nel Primo Mondo, che i beni di consumo non
bastino per tutti. Da qui l'idea di sopprimere i nuovi commensali al banchetto della vita, in
particolare se provengono dal Terzo Mondo ponendo ancor più a rischio, in questo modo, i
vantaggi che credono di avere nel proprio ambito di privilegi. Così si sono moltiplicate dovunque
le campagne di controllo della natalità, sia attraverso l'uso degli anticoncezionali, sia anche
attraverso la sterilizzazione, la legittimazione dell'aborto attraverso le leggi dello stato, gli
omicidi malavitosi, la corruzione. Questo anche a livello statale come nel caso dell'omicidio delle
bambine in Cina dove, avendo lo stato imposto alla coppià la possibilità di avere un unico figlio,
se nasce una figlia femmina si sopprime in modo da avere un'altra opportunità di avere un figlio
maschio; e lo stesso dicasi per le guerre, che non mancano mai, oppure per l'eutanasia, sempre
più diffusa.
Altri modi di sopprimere la vita sono l'utilizzo degli embrioni a fini scientifici, quando questi
vengono considerati come mero materiale di sperimentazione, e in generale tutti i tipi di
manipolazione possibili grazie all'ingegneria genetica in cui si procede senza alcun rispetto per la
vita in quanto tale.
LA CULTURA DELLA MORTE
Davanti a questi avvenimenti, riflettendo sulla loro ragione d'essere troviamo una giustificazione
nella cultura della morte che, a sua volta, affonda le radici nel secolarismo. Giovanni Paolo II, nella
suddetta Enciclica, ci indica le sue radici nell'ira, nell'avidità, nell'irresponsabilità, nella
menzogna, nel materialismo. Nella recente Enciclica, Fides et Ratio, ci parla della messa al bando
della metafisica, del relativismo e della fuga dalla verità. Cercherò ora di orientare in questa
direzione la mia riflessione.
Cartesianesimo e Secolarismo
Il secolarismo, come forma di cultura occidentale che si si è diffusa poi in tutto il mondo, credo
che, in parte, abbia origine nel pensiero del filosofo francese René Descartes: egli, per risolvere la
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questione del dubbio e arrivare alla certezza irrefutabile, pensò che si potesse accettare solo ciò
che si reggesse su una certezza chiara e distinta. Pertanto affermò l'esistenza di tre sole realtà
delle quali si potesse affermare tale certezza e cioè Dio, l'uomo e il mondo. Dio, descritto come
tale, l'uomo come res cogitans e il mondo come res extensa. Ma affinché queste realtà fossero
accessibili come idee chiare e distinte, era necessario che la loro esistenza non presupponesse
nessun'altra realtà e chiamò questa indipendenzasostanza. Definì quindi la sostanza come ciò che
esiste e che non necessita di niente e nessuno per esistere. Da questo punto di vista, ciò che
conferisce chiarezza e distinzione al pensiero, e quindi la certezza, è l'autonomia. Qualcosa che
esiste di per sé.
I problemi che si presentarono furono diversi, innanzitutto come mettere in relazione queste tre
entità; poi, non avendo bisogno nessuna delle altre per esistere, si giunse facilmente
all'eliminazione di Dio e quindi si pensò che la cosa più chiara fosse la materia; da un lato colui
che pensa si identifica con la materia, dall'altro afferma l'esistenza solo di ciò che egli pensa.
Prima di Cartesio la realtà si concepiva come ciò che esiste, ora invece si concepisce come ciò che
è pensato e che pertanto esiste nella misura in cui è pensato. Da qui si svilupperanno due
tendenze filosofico-culturali: il materialismo e l'idealismo che avranno varie ripercussioni e
influenze reciproche.
Secolarismo ed Evoluzionismo
Si afferma innanzitutto il secolarismo e in seguito si prescinde da Dio. Ora l'uomo si considera
come chiuso in se stesso, nelle sue proprie creazioni che appaiono come prolungamenti del
proprio essere. La sua comprensione si riduce, come dicevamo, ora al pensiero, ora alla materia,
dando spazio a diverse concezioni sul significato dell'uomo nelle sue creazioni culturali. Ridotto
alla res extensa da una corrente di pensiero, il positivismo prima e il neopositivismo poi, l'uomo si
è interrogato sulle sue origini trovando una risposta nell'evoluzionismo il cui elemento
fondamentale è la lotta per la sopravvivenza, the struggle for life.
L'uomo è considerato come risultato della lotta per la sopravvivenza di una specie superiore
contro quelle inferiori. È importante notare che in questa concezione la vita appare come
conseguenza della lotta, una lotta fino alla morte, che pertanto significa volontà di distruzione
dell'altro o, che è lo stesso, odio. Per tornare all'uomo, la vita si considera vissuta in questo
quadro di riferimento, la vita come conquista, come risultato dell'odio che ha portato alla
soppressione dell'altro. Nell'ambito di questa battaglia campale che è la vita, tutto è permesso,
dato che l'obiettivo è vivere e sopravvivere. Questotutto indica, come dice il Papa nell'Evangelium
Vitae, l'ira, l'avidità, l'irresponsabilità, la menzogna, il materialismo totale. La vita tocca l'uomo e
si perpetua in lui come frutto dell'odio e della distruzione. Questa è la vita, vivono dunque i più
forti, i più deboli vengono soppressi sia come individui che come gruppi. Così si afferma la cultura
della morte.
Secolarismo, Individualismo e Idoli
In questa cultura di conquista si giunge ad una situazione di forte individualismo, l'uomo si
chiude in se stesso e in ciò che gli conviene per continuare a vivere; questo individualismo di
chiusura, frutto della conquista, lo proietta nei suoi desideri che chiamiamo idoli e che sono la sua
convenienza che appare sotto forma degli idoli dell'avere, del potere e del piacere: vive per
possedere, più si ha e meglio è, ha bisogno del potere, di strappare agli altri, di soggiogarli. Si
sente e lotta per essere il padrone dispotico di tutto ciò che esiste. In questo prova la sua
massima soddisfazione, soprattutto nell'ambito di ciò che può sperimentare nella sfera dei sensi.
Così il mondo esterno esiste per essere dominato, tutto assume valore per se stesso, all'interno
della propria “estensione” o materialità; così la natura non viene considerata come qualcosa di
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sacro, che deve essere rispettata e condotta al suo compimento, ma è l'uomo a diventare il fine
della natura, manipolandola senza limiti e depredandola a suo piacimento e convenienza. La
materia appare all'uomo come manipolabile, senza eccezioni, considerando allo stesso modo gli
altri uomini e le altre forme di vita. Per questa ragione anche l'origine della vita rappresenta un
elemento totalmente manipolabile in base al capriccio del manipolatore. Nel campo
dell'ingegneria genetica non esistono limiti se non nella convenienza e la volontà di chi vi opera.
La tecnica, allora, sembra rispondere ad un'unica legge: ciò che è possibile. La finalità dell'uomo
come tale resta esclusa, a meno che non sia intesa come finalità di questo uomo concreto, del
tecnologo, dello scienziato, del politico, che manipolerà la natura a suo proprio piacimento, unico
limite e unica legge.
Anche quando si tratta della sfera sessuale, è questa l'unica legge: tutto si interpreta dal punto di
vista del piacere cercando di evitare tutto ciò che possa causare dolore. Quando nell'attività
sessuale si incappa nella vita a due, poiché non importa condividere la vita a due, se ciò non va
d'accordo con le esigenze di questo individuo, si condividerà semplicemente la vita nella misura
in cui questa sia in qualche modo conveniente per questo individuo. Così nasce la mentalità
malthusiana e si giunge ai vari modi per limitare, o meglio, per sopprimere la natalità quando
questa non sia completamente asservita al capriccio egoista di quest'uomo.
Chi è quest'uomo? Sarà colui che ha conquistato il mondo con la tecnica, la politica e l'economia e
in forza di questa conquista detta le leggi a cui dovranno sottostare coloro che non hanno fatto
questa conquista, che restano nella scala degli esseri inferiori e, in ogni caso, dei vinti. Questo
uomo, come abbiamo detto, vive sì in comunità, ma in comunità fatte di individualità egoiste che
mirano solo al proprio interesse, incuranti del benessere di quanti non abbiano raggiunto i
vertici, dei vinti. Questa è la cultura della morte.
LA CULTURA DELLA VITA
Fede in Dio Creatore e Redentore
In una posizione completamente opposta a questa, si trova la cultura della vita. La cultura della
vita, frutto della fede in Dio, sorgente di tutta la vita, il Creatore, il Verbo Incarnato, Cristo morto e
resuscitato. È la fede come piena apertura a Dio che ci rivela il mistero della sua esistenza e al
quale ci rivolgiamo riverenti, davanti al mistero della sua Trascendenza fatta intimità per l'uomo
nell'incarnazione del Verbo. È una posizione, questa, diametralmente opposta a quella
precedente, così come sono opposte la vita e la morte. La vita ha un paradigma che è Dio, nostro
Signore, con cui possiamo entrare in contatto attraverso l'Incarnazione del Verbo, la sua morte e
la resurrezione redentrice. Questo è il vero paradigma della vita.
In questo modo la vita dell'uomo si apre ad una relazione fondamentale: è creatura, è creato da
Dio. La vita non l'acquisisce conquistandola come un diritto al piacere, ma ricevendola
gratuitamente come un dono ineffabile che significa la creazione, ma che dal Verbo incarnato,
acquisisce nuovi e interminabili orizzonti proiettati verso la vita eterna. Dio si è fatto uomo
affinché l'uomo si facesse Dio, dicono i Santi Padri. La vita specificamente umana ha una strada da
percorrere che non terminerà mai. È una qualità in continua crescita verso il suo orizzonte che è
la vita eterna, Dio. Ed è la vita eterna che si è fatta storia in Cristo, Verbo Incarnato. Così la vita
nasce dall'amore di Dio ed è amore in sé. Qui entriamo nel nucleo dell'Enciclica Deus Caritas
Est di Benedetto XVI. Seguendo il pensiero del Papa, la vita è, di conseguenza, una mera relazione
di gratitudine tra l'uomo e Dio ed ha, quindi, una finalità: rispecchiare questa relazione di gratuità
nel servizio agli altri, non come conquista, ma come condivisione, specialmente con coloro che
non hanno nulla, quindi la vita viene dalla creazione, dal nulla.
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La partecipazione alla Vita della Santissima Trinità
La pienezza della vita ha una finalità eterna, è un ricevere che va oltre la stessa creaturalità
dell'uomo e lo eleva allo stato di figlio di Dio. La sua dimensione contingente sarà vinta
dall'eternità, dalla vita eterna. È una partecipazione di Dio Uno e Trino, la cui vita consiste in una
infinita donazione dal Padre al Figlio e dal Figlio al Padre, donazione che nell'amore pieno è lo
Spirito Santo. Quindi, la vita umana dovrà essere una donazione senza limiti per gli altri, lontano
dall'essere chiusa e individualista, sarà un'apertura e un vivere sempre per gli altri. L'uomo è
sempre un essere in relazione, così come Dio è l'Essere in relazione; dalla relazione con Dio,
deriva la relazione tra gli uomini e tra l'uomo e le altre creature. In questo senso possiamo
comprendere la definizione che Boezio dà dell'eternità quando la definisce come interminabilis
vitae tota simul atque perfecta possessio.
Dominio della Creazione
Dominerà su tutti gli altri esseri della creazione, ma sempre rispettando la finalità per la quale
sono stati creati. Dunque, l'orizzonte della scienza e della tecnica non è solo ciò che è possibile,
ma anche la finalità delle cose. È vero che la natura deve essere manipolata, ma rispettando le sue
leggi precipue che provengono da Dio e che contribuiscono al bene dell'uomo stesso. Nel più
profondo di ogni essere creato, riluce una finalità voluta da Dio la cui consistenza è stata rivelata
all'uomo affinche egli la realizzi. In questo modo tutti gli esseri creati vanno a confluire
nell'uomo, unico essere della creazione che è stato voluto per se stesso e che può usare come
mezzo tutte le altre creature.
L’ORIGINE DELLA VITA UMANA
Se prendiamo ora in considerazione l'origine della vita umana e ci riferiamo all'atto sessuale,
questo dovrà essere ritenuto un autentico atto di donazione d'amore, di agape, secondo
Benedetto XVI, come il simbolo vitale profondo della relazione di amore dalla quale sgorga la vita
a immagine della donazione d'amore che è la vita stessa in Dio. Essendo un amore di donazione
totale, l'atto sessuale appare come espressione totalizzante dell'amore che si dà solo in questa
totalità di relazione personale che assume il nome di matrimonio e famiglia.
L'ingegneria genetica applicata alla generazione umana dovrà avere uno scopo: quello di
facilitare e perfezionare questa donazione personale totale e non di impedirla o distruggerla.
Tutto l'ambito dell'ingegneria genetica, quando ha a che fare con la vita umana, non ha come
oggetto qualcosa di manipolabile liberamente, ma qualcosa a cui si deve rispetto secondo la piena
qualità di vita, ossia la vita umana e divina di ciascuna persona.
La vita umana implica dunque un'etica, un ethos, una tendenza ad aprirsi alla propria finalità;
questa finalità la riceve dal suo modello, cioè la vita divina del Verbo Incarnato e che si realizza
nella storia con la morte e la resurrezione di Cristo. Di conseguenza la vita umana è una vita di
donazione totale fino alla morte. Questa è la sua etica; invece di chiudersi in un individualismo
totale, si apre pienamente e si dà agli altri fino alla morte, come via verso la divinizzazione, che è
la resurrezione. Quindi la donazione non esclude la sofferenza e il dolore, ma li include nella
croce di Cristo. La vita è una vita piena, è verità, non esente, tuttavia, da difficoltà, dal dolore e
dalla morte, ma una morte transitoria che, nella remissione amorosa dello Spirito di amore nelle
mani del Padre del Cielo, germina in una vita eterna, che è la vera vita e che sta per realizzarsi. In
questo modo la vita entra nella sfera della divinità e più che in qualcosa da dominare e
manipolare, è racchiusa nel mistero cristiano che si adora e si contempla.
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LA QUALITÀ DELLA VITA
Questa è l'autentica qualità della vita. La qualità della vita giustifica il rispetto dovuto alla vita
stessa in ogni ambito, ed è evidente che la qualità della vita umana non si misura solo in base a
coefficienti economici, e neanche meramemente sociali o ecologici, ma la sua qualità è
determinata essenzialmente dall'eternità pasquale che caratterizza e specifica la vita umana. La
contemplazione di questa qualità della vita è l'attitudine propria per accedervi e fondare
realmente la cultura della vita. Il fondamento è la relazione di questa vita con la vita del Verbo
Incarnato, relazione non meramente esterna, ma che si proietta nell'essenza stessa della vita
umana per il fatto che l'uomo è elevato alla dignità dell'essere figlio di Dio attraverso il Figlio di
Dio. C'è qualcosa di intrinseco nella stessa vita umana, non un semplice riferimento, ma qualcosa
di profondo che in se stesso qualifica la vita e ci permette di accedere al mistero della vita nella
piena adorazione di Dio.
Pertanto risulta evidente che la vita non è il frutto di una conquista, ma la grata accoglienza di un
dono che, come tale, è assolutamente gratuito e ci viene fatto come inizio di una nuova logica: la
logica della gratuità.
L’Evoluzione
Affermando che la vita non è una conquista, non contraddiciamo esattamente la possibilità
evoluzionistica dell'origine della vita, semplicemente, con l'insegnamento della Chiesa, riteniamo
che, nel caso dell'evoluzione della vita in una scala ascendente, arrivando all'uomo non ci si
imbatta in un mero sviluppo di ciò che va realizzandosi nelle sfere inferiori, in cui non si nega la
selezione delle specie e la sopravvivenza degli individui attraverso la lotta e il prevalere del più
forte, ma che l'uomo non sia semplicemente il risultato della lotta, il primate più forte; riteniamo
che quando si arriva a questa tappa culminante della vita, si scorga in essa un'azione speciale di
Dio che si ripete continuamente in ogni uomo e si identifica nella creazione dell'anima, del
proprio principio vitale che è divino per la partecipazione della vita del Verbo Incarnato nella sua
morte e resurrezione.
Trionfo della cultura della vita
Come abbiamo detto all'inizio, il mondo attuale è caratterizzato da una cultura della morte, ma la
cultura della vita uscirà sempre vincitrice. Nella Enciclica Evangelium Vitae, Papa Giovanni Paolo
II usa tre esempi per indicarci questa certezza della speranza, esempi che ritengo opportuno
riportare qui: l'esempio del Faraone che fa uccidere tutti i neonati ebrei, l'esempio di Erode che
uccide tutti i piccoli di Betlemme e l'esempio della misteriosa donna dell'Apocalisse che sta per
dare alla luce suo figlio mentre c'è vicino il drago pronto a divorarlo, ma alla donna vengono date
ali per volare verso il deserto dove partorisce suo figlio al sicuro. Nel mondo attuale vediamo
come da ogni parte si trovino minacce alla vita umana al suo inizio, tuttavia, come il Faraone,
Erode e il drago fallirono nella loro missione di morte, così anche queste insidie non avranno
successo, la vita andrà avanti e continueremo ad apprezzarla come il gran regalo che ci dà Dio e
che ci innalza alla dignità della filiazione divina.
La verità della vita consiste nella donazione, nel vero amore che si costruisce in questa relazione
con l'esercizio della libertà. La libertà che edifica la vita e la personalità. Vita, amore e libertà si
relazionano in modo così profondo che l'uno non può esistere senza gli altri e insieme
costruiscono la vera cultura della vita.
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CONCLUSIONE
La distruzione dell'embrione obbedisce ad una mentalità malthusiana mista ad un positivismo
meccanicista e ad un idealismo in cui il pensiero soggettivo è norma dell'azione. Così nasce la
cultura della morte, in piena chiusura verso il trascendente. L'unica norma etica dell'azione è il
contratto come espressione della volontà del più forte. Nella cultura della morte, la scienza e la
tecnica sono strumenti dell'uomo inteso come padrone dispotico della natura, compresa la vita
umana. Il suo limite è solo nella possibilità.
La cultura della vita, partendo dalle verità della creazione e della redenzione, si oppone alla
cultura della morte. L'autentica cultura della vita è la partecipazione alla vita divina. Lo sfondo
della cultura della vita è la gratuità. La vita consiste nella donazione d'amore reciproca.
Nella cultura della vita, l'uomo appare come signore della creazione per soddisfare le proprie
necessità. È questo il limite della scienza e della tecnica: soddisfare i bisogni autentici dell'uomo.
Pertanto l'orizzonte della tecnica non è la mera possibilità, ma la finalità. Attraverso la virtù della
speranza, il cristiano si apre all'ottimismo e alla consapevolezza che la cultura della morte non
prevarrà su quella della vita.
La Santissima Vergine è il nostro modello per la cultura della vita. Cristo è venuto perché
avessimo la vita e l'avessimo in abbondanza. Cristo arriva a noi attraverso Maria. Maria è fonte di
vita, da Lei, per opera dello Spirito Santo, nasce Cristo, Dio e vero uomo, l'unico che ci dà la vita
vera. Nella lotta contro la cultura della morte, è Maria, la donna dell'Apocalisse, che difenderà la
vita e che farà sì che nel mondo si imponga definitivamente la cultura della vita.
Possa Lei da qui, dalla Pontificia Accademia per la Vita, intercedere per la vita del mondo, affinché
in questo nostro mondo, così afflitto dalle conseguenze della cultura della morte, abbia vita e
l'abbia in abbondanza.
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M.ZERNICKA-GOETZ
LO SVILUPPO ORIENTATO MA FLESSIBILE
DELLE CELLULE EMBRIONALI DI TOPO
Lo sviluppo dell'embrione precoce di mammifero è regolativo, il che significa che è flessibile e
sensibile all'intervento sperimentale. Tale flessibilità si potrebbe spiegare se l'embriogenesi fosse
originariamente non orientata producendo cellule identiche. In alternativa, lo sviluppo regolativo
potrebbe significare che l'embrione abbia un certo orientamento sin dall'inizio, e che ci sia una
restrizione del destino cellulare che aumenti costantemente nel tempo. L'interesse per
l'embrione precoce di mammifero ha avuto una rinascita in seguito alla scoperta di un certo
orientamento nello sviluppo del patterning embrionario di topo prima dell'impianto. Questo
patterning non riduce la flessibilità dello sviluppo delle singole cellule dell'embrione di topo o
dell'embrione come un tutto. Pertanto, il patterning e la capacità regolativa dell'embrione
coesistono pacificamente.
In molti organismi, la polarità dell'embrione è determinata sin dai primissimi momenti dello
sviluppo poiché essi ereditano fattori citoplasmatici spazialmente localizzati che agiscono come
determinanti per garantire il destino specifico della cellula.1 Tuttavia, lo sviluppo dell'embrione
del mammifero è regolativo e non determinativo. Ciò solleva l'importante questione di come si
sviluppi il destino cellulare in assenza di fattori determinativi. Il destino della prima cellula è
deciso completamente dal caso? O esistono schemi non rigidi che possono influenzarne lo
sviluppo e tuttavia permettere la flessibilità? Nel mio intervento propongo i risultati di un
riesame dei nostri studi che mostrano come la polarità e il destino della cellula emergano
progressivamente nel processo di sviluppo dell'embrione di topo.
I Primi Segni di Differenza
L'embrione di topo al terzo giorno di sviluppo, allo stadio di blastocisti, è già chiaramente
polarizzato. Per generare la polarità, due diversi gruppi di cellule devono essere stati organizzati:
le cellule interne, che manteranno la pluripotenza e daranno luogo alla massa cellulare interna
(ICM) che fornirà le cellule progenitrici per la costituzione del corpo dell'embrione e per alcune
cellule extra-embrionali, e le cellule esterne che si differenzieranno nel trofectoderma che
presiederà solo alla formazione di strutture extra-embrionali. Quando le cellule assumono la loro
posizione interna o esterna, acquisiscono proprietà diverse o perché questi ambienti alternativi
inducono la loro differenziazione 2 o perché ereditano il dominio apicale o basale dalla divisione
asimmetrica dei loro progenitori polarizzati.3 Oppure sono attivi entrambi i meccanismi.4 Con la
formazione della cavità della blastocisti, la ICM si localizza asimmetricamente verso un polo
dell'embrione: il polo embrionale. Quindi la blastocisti ha un asse embrionale-abembrionale
chiaramente polarizzato. Negli ultimi anni sono stati fatti progressi per risolvere due questioni
importanti e correlate. Primo: come si sviluppa l'asse embrionale- abembrionale dell'embrione?
Secondo: quando cominciano a differenziarsi le cellule? Con lo scopo di rispondere ad entrambe
le domande, abbiamo iniziato a sviluppare strumenti che ci permettessero di seguire, senza
interferire, lo sviluppo temporale e spaziale dell'embrione di topo, e di identificarne le singole
cellule seguendo il loro sviluppo in circostanze normali e in circostanze condizionate.
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La Forma della Cellula Influenza la Prima Divisione di Segmentazione
L'ovulo fecondato di topo appare uniforme, tuttavia un prodotto della precedente divisione
meiotica, il secondo globulo polare (Polar Body, PB), è una struttura asimmetrica che definisce
convenzionalmente la posizione del polo animale.5Un'altra struttura asimmetrica è il cono di
fecondazione, che indica il punto di entrata dello spermatozoo (Sperm Entry Position, SEP).
Inoltre, al momento della fecondazione, la cellula uovo cambia forma e si appiattisce cosicché il
punto di entrata dello spermatozoo segnerà l'asse corto
dell'ovocita fecondato.6 Abbiamo osservato che l'orientamento della prima divisione cellulare
non si verifica casualmente rispetto a questi fattori, ma viene da questi “influenzato”.7 Nella
maggior parte degli ovuli fecondati la prima divisione è significativamente più frequente lungo
l'asse animale-vegetativo piuttosto che perpendicolare ad esso. La correlazione tra la prima
segmentazione e il SEP potrebbe essere dovuta all'influenza dello spermatozoo sulla forma
dell'uovo, poiché il SEP è in relazione all'asse corto dell'uovo attraverso il quale tende a
verificarsi la divisione. Abbiamo osservato altresì che la forma della cellula ha una maggiore
influenza sulla segmentazione poichè, quando cambiamo sperimentalmente la forma delle cellule
uovo, ciò porta alla divisione attraverso i loro nuovi assi corti. Questo effetto dominante della
forma dell'ovulo potrebbe spiegare alcune variazioni tra gli ovuli fecondati nell'orientamento
della segmentazione poiché la forma dell'ovulo potrebbe essere influenzata dalle condizioni
sperimentali.8
Pattern di Divisione e Destino della Cellula
Per capire se esiste un pattern per lo sviluppo dell'embrione precoce di topo bisogna impiegare
metodi non invasivi per individuarlo. Questo perché lo sviluppo è regolativo e quindi, se
disturbato, le cellule embrionali prenderanno percorsi diversi. Quindi, solo lo sviluppo di sistemi
di marcatura non invasiva e di tecniche di immagine tridimensionali ha permesso di riconoscere
l'origine e il destino delle singole cellule embrionali.
Questa marcatura non invasiva indica che, indipendentemente dall'orientamento della prima
divisione cellulare, il suo piano di divisione spesso permette di prevedere l'orientamento
dell'asse embrionale-abembrionale della blastocisti. Innanzitutto, si è osservato che la posizione
del PB non marca solo il piano lungo cui si effettua la prima divisione cellulare, ma più tardi
anche il confine tra parti embrionali ed abembrionali della blastocisti.9 Ciò ha portato a ipotizzare
che l'asse animale-vegetativo dell'ovulo sia conservato durante lo sviluppo pre-impianto e sia
correlato con la polarità della blastocisti. È stato quindi osservato che il PB ed una perlina
collocata al punto di entrata dello spermatozoo, tendono entrambi a segnare il piano di divisione
tra i due blastomeri e, a livello di blastocisti, il confine embrionale-abembrionale.10 Queste
osservazioni hanno rivelato delle correlazioni che non si verificherebbero se la blastocisti si
sviluppasse solo casualmente.
In accordo con questi risultati, è stato evidenziato che i blastomeri allo stadio di 2 cellule
mostrano differenze condizionate nel loro destino.11 Entrambi i blastomeri contribuiscono alla
formazione della ICM e del trofectoderma (TE), ma uno contribuisce maggiormente alla parte
embrionale (contenente il TE polare) e l'altro alla parte abembrionale (contenente il TE murale)
della blastocisti. Questi risultati sono attualmente in accordo con diversi studi precedenti che
hanno dimostrato che uno dei due blastomeri (il primo a dividersi) contribuisce ad un maggior
numero di cellule della ICM, la maggior parte delle quali si troverà nella parte embrionale.12
È difficile quantificare la relazione tra l'orientamento del piano che separa i due blastomeri e
quello del confine embrionale-abembrionale della blastocisti e ciò ha portato ad una certa varietà
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di conclusioni e a qualche controversia.13Quindi, per permettere una misurazione quantitativa
della posizione delle cellule discendenti, la più recente tecnica di marcatura della discendenza
cellulare ha usato una linea di riferimento che ha consentito l'identificazione delle cellule in strati
differenti della blastocisti sezionata otticamente.14 Ciò ha rivelato la proporzione di parti
embrionali e abembrionali occupate dalla progenie dei singoli blastomeri dell'embrione allo
stadio di 2- e 4-cellule, che ha confermato l'influenza dei primi 2 blastomeri nel contribuire alla
formazione di più cellule sia nella parte embrionale, sia in quella abembrionale. Inoltre, ciò ha
dimostrato che tale influenza dipende dallo schema della seconda divisione di segmentazione.
La Seconda Divisione Cellulare e il Destino della Cellula
Le seconde divisioni di segmentazione sono asincrone e il loro orientamento è variabile: si
possono verificare pressappoco lungo l'asse animale-vegetativo, meridionalmente (M), com la
prima divisione cellulare, oppure equatorialmente/obliquamente (E).15 Si può verificare qualsiasi
combinazione della sequenza temporale di queste divisioni, anche se sono più comuni divisioni
sequenziali M ed E.16 Quando la prima divisione che si verifica è M, e la successiva è E, la prima
delle due cellule a dividersi contribuirà maggiormente alla parte embrionale, mentre la seconda
alla parte abembrionale. Se invece si verifica prima la divisione E e poi M, la prima cellula a
dividersi costituisce sia la parte embrionale sia quella abembrionale. Al contrario, quando le
seconde divisioni di segmentazione sono di orientamento simile, la distribuzione della progenie
dei blastomeri appare casuale.
Pertanto, il fatto che le prime due cellule si dividano meridionalmente piuttosto che
equatorialmente sembra influenzare il loro destino. È importante questo per il loro potenziale di
sviluppo? Un modo per rispondere alla domanda sarebbe quello di separare le cellule e seguire il
loro sviluppo. Per questa via è stato dimostrato che i blastomeri dell'embrione di topo allo stadio
di 2 cellule sono totipotenti: se ne viene distrutto uno, l'altro è in grado di portare a termine lo
sviluppo.17Nonostante gli sforzi, ciò non si è mai ottenuto con embrioni derivati da singoli
blastomeri di embrione di topo allo stadio di 4 cellule. Ma questo può essere dovuto alle piccole
dimensioni degli embrioni ottenuti piuttosto che ad una differenza di potenzialità tra i blastomeri
dell'embrione a 4 cellule. Quindi, i blastomeri allo stadio di 4 cellule sono identici tra di loro?
Per rispondere, è fondamentale combinare ciascuno dei 4 blastomeri, presi singolarmente, con
cellule equivalenti per generare chimere di ciascun tipo di cellula. Il gruppo di embrioni più
comune in cui la seconda divisione più precoce è M e la successiva è E, è un gruppo interessante
per questo tipo di studi poiché i loro 4 blastomeri hanno origine e destino prevedibili all'interno
della blastocisti permettendo di identificare tipologie simili di cellule da un embrione all'altro.
La combinazione di cellule simili per creare chimere di singoli tipi di cellule ha dimostrato che i
blastomeri possono essere diversi fra loro già allo stadio di 4 cellule. Le chimere di blastomeri
derivanti da una prima divisione M (porzioneanimale-vegetativa) si sono sviluppate
normalmente fino alla fine. Tuttavia, al contrario, lo sviluppo di chimere di blastomeri derivanti
dalle divisioni E (parte solo animale o solo vegetativa) è stato compromesso. Inoltre, mentre le
chimere derivanti da blastomeri della parte animale sono riuscite a svilupparsi a termine, per
quelle derivanti dalla partevegetativa non si è potuto ottenere lo stesso risultano. Pensiamo che,
almeno in parte, tale difetto possa essere dovuto ad una ridotta capacità proliferativa dei
blastomeri derivanti dalle successive divisioni equatoriali poiché essi hanno dato luogo a
embrioni post- impianto molto più piccoli. Pertanto, la mia analisi porta a concludere che un
numero crescente di blastomeri nelle chimere vegetative dovrebbe portare ad un loro migliore
sviluppo.
19
I risultati sopra esposti sono stati davvero sorprendenti in quanto si pensava che i blastomeri allo
stadio di 4 cellule fossero identici. Questi risultati sono di fatto in accordo con gli studi precedenti
che hanno dimostrato come i blastomeri allo stadio di 4 cellule possano contribuire a diverse
linee cellulari.18 Certamente Piotrowska-Nitsche e colleghi hanno dimostrato che, sebbene lo
sviluppo dei blastomeri vegetativi sia compromesso quando è contornato da cellule simili,
quando esso è contornato, invece, da blastomeri di diversa origine può contribuire a tutte le linee
cellulari.19 Quindi, il successo dello sviluppo potrebbe dipendere dall'ambiente cellulare in cui si
trova la cellula.
Considerazioni Conclusive
Il patterning dell'embrione di topo, così come di altre specie, è un processo emergente costruito
su asimmetrie successive che si susseguono man mano che l'ovulo si sviluppa dopo la
fecondazione. Ma nel topo, a differenza di molti altri organismi, il destino della cellula e il
patterning non sembrano essere regolati da determinanti citoplasmatici. Piuttosto, le cellule
“imparano” la loro strada dai segnali che incontrano durante il loro sviluppo. Questa acquisizione
graduale di informazioni è compatibile con la plasticità delle cellule embrionali di avviare diverse
opzioni di sviluppo quando cambia il contesto cellulare (le cellule vicine o altri elementi
dell'ambiente).
1 St Johnston D., Nusslein-Volhard C., The origin of pattern and polarity in the Drosophila embryo,
Cell 1992, 68: 201-219; Gurdon J.B., The generation of diversity and pattern in animal
development, Cell 1992, 68: 185-99.
2 Tarkowski A.K., Wroblewska J., Development of blastomeres of mouse eggs isolated at the 4 and
8-cell stage, J. Embryol. Exp. Morphol. 1967, 18: 155-180.
3 Johnson M.H., Ziomek C.A., The foundation of two distinct cell lineages within the mouse morula,
Cell 1981, 24: 71-80.
4 Per una review si veda: Zernicka-Goetz M., Developmental cell biology: cleavage pattern and
emerging asymmetry of the mouse embryo, Na.t Rev. Mo.l Cell Biol. 2005, 6: 919-928.
5 Gulyas B.A., A re-examination of cleavage patterns in eutherian mammalian eggs: rotation of
blastomere pairs during second cleavage in the rabbit, J. Exp. Zool. 1975, 193: 235-248; Gardner
R.L., The early blastocyst is bilaterally symmetrical and its axis of symmetry is aligned with the
animal-vegetal axis of the zygote in the mouse, Development 1997, 124: 289-301.
6 Gray D., First cleavage of the mouse embryos responds to change in egg shape at fertilization,
Curr. Biol. 2004, 14: 397-405.
7 Zernicka-Goetz M., Patterning of the embryo: the first spatial decisions in the life of a mouse,
Development 2002, 129: 815-829.
8 Plusa B., Hadjantonakis AK., Gray D. et Al., The first cleavage of the mouse zygote predicts the
blastocyst axis, Nature 2005, 434: 391-395.
9 Gardner, The early blastocystis..., pp. 289-301.
10 Piotrowska K., Zernicka-Goetz M., Role for sperm in spatial patterning of early mouse embryos,
Nature 2002, 409: 517-521.
11 Piotrowska K., Wianny F., Pedersen R.A. et Al., Blastomeres arising from the first cleavage
division have distinguishable fates in normal mouse development, Development 2001, 128: 37393748; Gardner R.L., Specification of embryonic axes begins before cleavage in normal mouse
20
development, Development 2001, 128: 839-847; Fujimori T., Kurotaki Y., Miyazaki J.I. et
Al., Analysis of cell lineage in 2- and 4-cell mouse embryos, Development 2003, 21: 5113-5122.
12 Hillman N., Sherman M.I., Graham C.F., The effect of spatial arrangement on cell determination
during mouse development, J. Embryol. Exp. Morphol. 1972, 28: 263-278; Graham C.F., Deussen
Z.A., Features of cell lineage in pre-implantation mouse development, J. Embryol. Exp. Morphol.
1978, 48: 53-72; Surani M.A., Barton S.C., Spatial distribution of blastomeres is dependent on cell
division order and interactions in mouse morulae, Dev. Biol. 1984, 102: 335-343.
13 Gardner, Specification of embryonic axes..., pp. 839-847; Piotrowska, Wianny,
Pedersen, Blastomeres arising from the..., pp. 3739-3748; Fujimori, Kurotaki, Miyazaki, Analysis of
cell lineage in..., pp. 5113-5122; Alarcon V.B., Marikawa Y., Deviation of the blastocyst axis from the
first cleavage plane does not affect the quality of mouse postimplantation development, Biol.
Reprod 2003, 69: 1208-1212; Chroscicka A., Komorowski S., Maleszewski M., Both blastomeres of
the mouse 2-cell embryo contribute to the embryonic portion of the blastocyst, Mol. Reprod. Dev.
2004, 68: 308-312; Motosugi N., Bauer T., Polanski Z. et Al., Polarity of the mouse embryo is
established at blastocyst and is not prepatterned, Genes & Development 2005, 19: 1-12.
14 Piotrowska-Nitsche K., Zernicka-Goetz M., Spatial arrangement of individual 4-cell stage
blastomeres and the order in which they are generated correlate with blastocyst pattern in the
mouse embryo, Mechanisms of Development 2005, 122: 487-500; Piotrowska-Nitsche K., PereaGomez A., Haraguchi S. et Al., Four-cell stage mouse blastomeres have different developmental
properties, Development 2005, 132: 479-490.
15 Gardner R.L., Experimental analysis of second cleavage in the mouse, Hum. Reprod 2002, 12:
3178-3189.
16 Piotrowska-Nitsche, Zernicka-Goetz, Spatial arrangement of individual..., pp. 487-500.
17 Tarkowski A.K., Experiments on the development of isolated blastomeres of mouse eggs, Nature
1959, 184: 1286-1287.
18 Kelly S.J., Studies of the developmental potential of 4 -and 8-cell stage mouse blastomeres, J. Exp.
Zool. 1977, 200: 365-376; Hillman, Shermann, Graham, The effect of spatial arrangement..., pp.
263-278; Kelly S.J., Mulnard J.G., Graham C.F., Cell division and cell allocation in early mouse
development, J. Embryol. Exp. Morphol. 1978, 48: 37-51.
19 Piotrowska-Nitsche, Zernicka-Goetz, Spatial arrangement of individual..., pp. 487-500.
21
R. COLOMBO
Il processo di fecondazione e le sue fasi.
Dai gameti dei genitori all’embrione unicellulare
Nell'introduzione al suo storico saggio del 1930, The Interpretation of Development and Heredity,
Edward Stuart Russell rammentava al lettore che il "problema dello sviluppo è indiscutibilmente
uno dei più difficili e affascinanti di tutta la sfera della conoscenza. Che da un minuscolo germe
dotato di una struttura relativamente semplice si sviluppi gradualmente, attraverso una serie di
processi meravigliosamente coordinati nello spazio e nel tempo, la complessa organizzazione
dell'adulto, è cosa che non ha mai cessato di suscitare lo stupore del genere umano. Questo
problema ha rappresentato una sfida incessante all'intelletto umano, e molte e disparate sono le
teorie inventate per spiegarlo. Esso si annovera fra i problemi principali della biologia".[1] Lo
"stupore del genere umano" per i "meravigliosi processi" che intervengono nel concepimento e
nello sviluppo dell'essere umano è espresso in maniera viva e appassionata dal Salmista: "Sei tu
che hai creato le mie viscere e mi hai tessuto nel seno di mia madre. Ti lodo, perché mi hai fatto
come un prodigio; sono stupende le tue opere".[2] Fra gli scienziati che hanno dedicato tutta la
loro vita professionale a indagare come l'embrione si formi e si sviluppi diventando prima un feto
e poi un adulto, vi è una comune sensazione che Lewis Wolpert esprime in modo conciso ed
efficace con queste parole: "Chiunque studi lo sviluppo non può non sentirsi colmare da un senso
di stupore e di letizia. Lo sviluppo dell'embrione è un processo davvero notevole, e comprenderlo
nulla toglie a quel senso di stupore".[3] Una breve panoramica della biologia della riproduzione
umana e delle prime fasi dello sviluppo embrionale è già presente negli Atti della III Assemblea
della Pontificia Accademia per la Vita,[4] e la conclusione generale che è stata tratta è tuttora
coerente con le più recenti evidenze scientifiche sul processo di fecondazione: "Alla fusione dei
due gameti, un nuovo reale individuo umano incomincia la propria esistenza"[5] Tuttavia, in
tempi più recenti, si sono ottenuti ulteriori dettagli circa le fasi della fecondazione in vitro dei
mammiferi e circa l'inizio stesso dello sviluppo dell'embrione grazie a varie osservazioni ed
esperimenti di tipo citologico, genetico e molecolare. Questi nuovi dati biologici di per sé soli non
suffragano né escludono la visione del processo di fecondazione come inizio della vita umana
individuale, un concetto saldo della biologia della riproduzione sessuale dei mammiferi che
poggia sulla considerazione complessiva di evidenze disponibili da tempo nonché di acquisizioni
recenti. Nondimeno, buona parte di quanto è stato scoperto negli ultimi anni circa la struttura, la
funzione e l'interazione dei gameti, nonché della formazione dell'embrione unicellulare e della
sua scissione, è rilevante per una più profonda comprensione del modo in cui nasce e comincia il
suo sviluppo la vita individuale. Per favorire l'integrazione delle osservazioni biologiche vecchie e
nuove circa il processo complesso e coordinato che conduce alla fusione dei gameti e all'avvio
dello sviluppo embrionale, esporremo le conoscenze attuali su questo processo e le sue fasi in
una prospettiva storica. Lo scopo non è passare in rassegna tutta l'enorme mole di letteratura
scientifica sull'argomento, bensì contribuire all'avanzamento dello studio delle questioni
antropologiche ed etiche riguardanti l'inizio della vita umana individuale fornendo una breve e
aggiornata panoramica di alcuni aspetti della fecondazione e dei suoi prodromi, con particolare
riferimento ai mammiferi e all'uomo.
22
BREVE PANORAMICA STORICA DELLE OSSERVAZIONI E DELLE TEORIE DEL CONCEPIMENTO
UMANO
L'antichità e il medioevo
Per tutta la lunga storia della filosofia, della biologia e della medicina occidentale, la questione di
quando e come un nuovo essere umano si formi e cominci il suo sviluppo prenatale è sempre
stata oggetto di studi approfonditi, e in alcuni periodi anche di aspre controversie. Ben prima
della scoperta della fisiologia e della genetica della riproduzione sessuale negli animali e
nell'uomo, qualsiasi attento osservatore della vita umana poteva vedere che una gravidanza ha
origine da un rapporto sessuale fra un uomo e una donna in età fertile, nel quale il seme maschile
passa nell'utero femminile. Durante l'antichità furono formulate varie congetture per spiegare il
nesso fra la presenza di seme nei genitali interni della donna e la comparsa di un embrione. Nel
suo Περì ζώων γενέσεως, Aristotele (384-322 a.C.) sostenne la tesi -condivisa anche da altri
autori greci, in particolare dall'autore dell'ippocratico Περì φύσιος παιδίου[6]- che il sangue
mestruale (καταμήνια) fosse il materiale biologico dal quale si formavano i tessuti e gli organi
dell'embrione. A quella diffusa convinzione lo Stagirita aggiunse la tesi che il maschio fornisca
l'elemento dinamico germinale (τò 'άρρεν ποιητιχόν) che dà forma all'elemento femminile
passivo (τòθη̃ λυ παθητιχον). Contrariamente alla concezione aristotelica del solo germe
maschile,[7] il trattato ippocratico Περì γονη̃ ς sostiene la "dottrina dei due semi" (l'elemento
germinale maschile e quello femminile),[8] la cui origine risale ad Alcmenone di Crotone (n. ca.
535 a.C.), a Parmenide di Elea (ca. 515 dopo il 540 a.C.), a Democrito (fine del V sec. a.C.)[9] e a
Empedocle di Agrigento (ca. 492-432 a.C.).[10]
Il medico e naturalista greco Claudio Galeno (129/130-199/200 d.C.), che esercitò a Roma sotto
gli imperatori Marco Aurelio e Lucio Commodo, prese le distanze dalla dottrina aristotelica
proponendo la tesi che la femmina elabori il proprio seme nelle ovaie (chiamate testicoli
femminili) per filtrazione dal flusso sanguigno.[11] Tale seme sarebbe poi trasportato attraverso
gli ovidotti, che -osservò Galeno correttamente- conducono all'utero, dove avverrebbe la
commistione con il seme maschile. La teoria dei due semi si misurò per molti secoli con la
"dottrina del sangue mestruale", ma rispetto a questa riuscì a catturare meno l'attenzione dei
filosofi, dei medici e dei naturalisti del Medioevo.[12]L'autorità indiscussa di Aristotele, come
filosofo e come scienziato, svolse un ruolo decisivo nell'accoglienza della sua teoria della
generazione. Oltre a ciò, la teoria biologica del seme maschile come elemento che plasma e
organizza e del sangue femminile come materiale plasmabile e rudimentale fu favorita dalla sua
coerenza prima facie con la teoria metafisica aristotelico-scolastica secondo cui i due principi di
ogni corpo naturale esistente sarebbero la forma sostanziale e la materia prima, fra cui la prima
sarebbe il principio attuale e determinante, e la seconda rappresenterebbe il principio potenziale
e determinabile (teoria ilomorfica).[13] La teoria del concepimento basata sul seme e sul sangue
fu bene accolta sia dai cristiani che dai musulmani, anche in virtù della sua apparente conformità
ad alcuni passi rispettivamente della Bibbia e del Corano. Infatti, nell'Antico Testamento
l'embrione è chiamato "frutto dell'utero", [14] e durante la visitazione di Maria a Elisabetta
quest'ultima esclama: "Benedetto il frutto del tuo grembo (καρπoς τη̃ ς χοιλιας)".[15]Persino
l'esempio fornito da Aristotele per spiegare l'effetto del seme sul sangue della donna ("l'azione
del maschio nel porre la secrezione femminile nell'utero è simile a quella del caglio [πυετία] sul
sangue")[16] riecheggia il passo di Giobbe: "Non m'hai colato forse come latte e fatto accagliare
come cacio?".[17] Questa "analogia casearia" del concepimento ebbe grande fortuna fino al
Medioevo: portata ad Alessandria, l'analogia aristotelica si inserì nella letteratura araba, e
attraverso questa rientrò in Occidente.[18] Fra i testi medioevali, l'immagine del coagulo si trova
23
nella IV Tavola del Codice di Wiesbaden B del Liber Scivias di Hildegard di Bingen (1098-1179),
che deve averla mutuata dalLiber Totius di Haly-Habbas, pubblicato in quanto tale in latino nel
1523, ma in realtà molto prima, fra il 1070 e il 1085, a Monte Cassino, dal monaco e traduttore di
testi greci di medicina Costantino l'Africano (ca. 1010-1087), il quale l'aveva intitolato Liber de
Humana Natura, spacciandolo per opera sua. Nel Corano, la creazione dell'uomo da parte di Dio è
descritta così: "Poi trasformammo la goccia di sperma [nutfata: una goccia di liquido seminale] in
sangue coagulato [khalaqna: coagulo sanguigno], poi il sangue coagulato in un pezzo di carne, il
pezzo di carne in ossa, e le ossa Noi rivestimmo di carne, quindi portammo esso alla luce, come
un'altra creazione".[19] Ancora una volta si fa riferimento al sangue della madre come alla
materia a partire dalla quale viene formato il corpo umano.
Ultimo, ma non per importanza: dal momento che gli studiosi antichi e medioevali non
disponevano di prove dell'esistenza di uova nell'apparato riproduttivo femminile dei mammiferi,
alla teoria dei due germi, come spiegazione razionale della loro riproduzione sessuale, mancava
la metà del suo fondamento empirico. E' vero che Aristotele aveva descritto l'embrione dei
mammiferi (κύημα) come "simile a un uovo" ('ωοειδές)[20] nello stadio in cui il concepito
comincia a essere avvolto da una membrana (amnios) simile a quella che avvolge le uova degli
anfibi (sacco vitellino). Tuttavia, secondo lo Stagirita, l'embrione "simile a un uovo" non trae
assolutamente origine da un uovo già presente in precedenza nel corpo della donna: il contributo
della madre al processo generativo è rappresentato esclusivamente dalla sua καταμήνια. Il
concetto moderno di uovo euterio -un'entità biologica prodotta dalla femmina e capace di
svilupparsi, per effetto di un rapporto sessuale fecondante, in un nuovo individuo vivente della
stessa specie- sarà introdotto da William Harvey (1578-1657) nel suo Exercitationes de
generatione animalium. Pur non essendo riuscito a individuare uova dissezionando un cadavere
di cerbiatta nella stagione degli amori (probabilmente per la mancanza di opportuni strumenti
ottici), Harvey fu il primo ad affermare che "tutti gli animali si producono in qualche maniera
dalle uova...Gli uni e gli altri animali (ovipari o vivipari) traggono origine da un uovo o almeno da
qualcosa che per analogia si definisce tale".[21] Seguendo Aristotele, Tommaso d'Aquino
sostenne che negli animali a riproduzione sessuale la causa efficiente della generazione è il
maschio, mentre la femmina è la causa materiale. Secondo quanto riportato dal filosofo nel De
generatione animalium: "Negli animali perfetti, generati mediante il coito, la forza attiva (virtus
activa) è il seme del maschio (in semine maris), ma la materia del feto (materia foetus]) è quella
fornita dalla femmina".[22] Secondo Tommaso, nel generare la prole il maschio agisce tramite un
mezzo -il suo seme- che è la causa strumentale della riproduzione. Il seme è dotato di una virtus
formativa che organizza la materia fornita dalla femmina nel sangue mestruale e che rimane
finché il seme non è scomparso. In un breve compendio delle radici storiche delle odierne
conoscenze in materia di biologia della riproduzione, non v'è motivo di addentrarsi nella vexata
quaestio metafisica dell'infusione dell'anima nell'embrione umano e della sequenza delle anime vegetativa, sensitiva e razionale- discussa negli scritti delDoctor Angelicus.[23] In considerazione
delle sue implicazioni per il dibattito in atto sul significato biologico e antropologico dei primi
eventi biologici della vita dell'individuo umano, tuttavia, vale la pena soffermarsi brevemente
sulla causa dello sviluppo embrionale. Per l'Aquinate, "è evidente che deve esservi una causa
adeguata e continua di questo processo formativo".[24] Nelle primissime fasi, la causa risiede nel
seme stesso: lo "spirito animale", grazie al quale una forza formativa (virtus formativa) opera
avviando la trasformazione del sangue femminile nel primordiumdell'embrione, è presente in
ogni sperma. L'attività del seme rende possibile la comparsa dell'anima vegetativa, seguita da
quella sensitiva. "E dopo che l'anima sensitiva, in virtù del principio attivo (virtutem principii
activi) contenuto nel seme, è stata prodotta in una delle parti principali della cosa generata,
l'anima sensitiva della prole comincia a operare verso la perfezione del proprio corpo mediante il
24
nutrimento e la crescita. La forza attiva (virtus activa) che era nel seme cessa di esistere quando il
seme si dissolve (dissoluto semine) e il suo spirito svanisce (evanescente spiritu)".[25] Pertanto è
la causalità strumentale del seme, conferitagli dalla causa principale (il maschio), ad avviare il
processo generativo agendo sul sangue della femmina e preparandolo a ricevere le anime
vegetativa e sensitiva. Infine, nel solo embrione umano, quando è stata raggiunta
la perfecta dispositio corporis, viene immediatamente creata e infusa da Dio l'anima razionale, che
prende il posto di quella sensitiva e ne assume le funzioni. Per la determinazione di quando
tale perfecta dispositio sia presente nell'embrione, Tommaso segue Aristotele, secondo il quale
l'anima è "l'atto primo ['εντελέχεια] di un corpo naturale dotato di organi [σώματος φυσικοû
'οργανικοû]".[26] Nella sua trattazione della fisiologia animale e umana, Aristotele sottolinea
l'importanza dei sensi (un animale deve avere sensazioni),[27] in particolare del tatto (senza tatto
è impossibile avere ogni altra sensazione, perché ogni corpo che possieda un'anima ha il senso del
tatto, come si è detto),[28] nonché del movimento. Secondo il Filosofo, la presunta manifestazione
del movimento nell'embrione maschile e femminile, rispettivamente circa 6 e 13 settimane dopo
il rapporto sessuale, rappresenta il primo segnale della presenza di un'anima sensitiva.[29] Per
l'Aquinate ciò adempie al requisito che il corpo sia opportunamente disposto a ricevere l'anima
razionale da Dio.[30] Quest'attenzione sulla comparsa dei sensi e dei loro organi -nonché del
movimento- come tappe fondamentali dello sviluppo animale è condivisa da tutta l'embriologia
pre-moderna. Questo tratto delle indagini sulla generazione e la vita intrauterina è comprensibile
a causa dell'assenza di ogni conoscenza cellulare, genetica o molecolare delle funzioni vitali, delle
strutture biologiche che le supportano e dei processi evolutivi che conducono alla loro
formazione. Pertanto, in una prospettiva storica corretta, leggere pagine come quelle sopra citate
non sorprende. Sorprende invece vedere che talvolta la metafisica di Aristotele e di Tommaso
d'Aquino viene ancor oggi applicata alla questione dello statuto antropologico dell'embrione
umano, senza prima ripensarne le basi biologiche alla luce delle conoscenze scientifiche
contemporanee. Infatti, a partire dalla metà del XIX secolo, la teoria cellulare, la citogenetica, la
biochimica e la genetica molecolare hanno aggiunto molto valore alla ricerca nel campo della
biologia riproduttiva ed evolutiva, e i risultati di queste indagini hanno qualcosa da dire sul ruolo
dello sperma nell'avvio dello sviluppo embrionale, o su quali siano i requisiti intrinseci perché
l'embrione umano divenga un feto, un neonato e una donna o un uomo adulto.
Il seicento e il settecento
Alcuni autori del Rinascimento anticiparono il ritorno alla teoria dei due germi, maschile e
femminile, che avrebbe caratterizzato le indagini sulla generazione sessuale dei tempi moderni.
Nel XVII secolo, poi, il realismo dello studio scientifico del concepimento e del primo sviluppo
dell'essere umano fu messo a dura prova dalle fantasiose speculazioni di un nuovo trend
dell'embriologia, quello delle teorie preformiste. A parte il fondamentale contributo arrecato con
i suoiQuaderni d'Anatomia alla descrizione dello sviluppo del feto e alla fondazione dell'approccio
quantitativo in ostetricia,[31] Leonardo da Vinci (1452-1519) sostenne fermamente che "il seme
della femmina fosse altrettanto potente di quello del maschio nella procreazione".[32] Sul
versante opposto, il De Conceptu et Generatione Hominis di Jacob Rueff (1500-1558) rappresenta
la prosecuzione delle tesi aristotelico-tomistiche secondo cui sarebbe il seme maschile a far
coagulare il sangue della madre nell'utero[33] (Fig.1). Il grande anatomista fiammingo Andrea
Vesalio (1514-1564) avrebbe potuto facilmente smentire questa tesi con le sue rigorose indagini
sperimentali, ma non ebbe l'occasione di dissezionare uteri gravidi, ed è notorio il suo scarso
interesse per l'embriologia.[34]
25
Fig. 1. La teoria aristotelica del seme maschile e del coagulo femminile nell'utero, come illustrato
nel Rueff J., De conceptu et generatione hominis et iis quae circa haec potissimum consyderantur
libri sex, Tiguri: Fraschoverus, 1554. L'utero appare pieno di sangue mestruale (A-B), sul quale il
seme agisce progressivamente, costruendo i vasi e dando forma agli organi del corpo (C-F).
Approssimativamente tra quaranta e novanta giorni (conceptus maschio e femmina
rispettivamente), il feto appare come formatus (G).
Impossibile sottovalutare l'importanza del contributo di Harvey all'emergere del concetto di
fecondazione interna nei mammiferi. Nondimeno, nel suo De Generatione Animalium 1651,
(Fig.2)[35] non si fa alcuna menzione di un uovo preesistente all'introduzione del seme maschile
nel corpo femminile, né si parla di un contatto diretto fra il seme e qualcosa di simile a un uovo,
quale che sia la sua origine biologica. Secondo Harvey, ogni animale ed essere umano deriva da
un uovo (ex ovo omnia) tramite uno sviluppo progressivo, e la causa di questo processo è lo
sperma. Al pari di Aristotele, Harvey era un sostenitore dell'epigenesi, cioè della graduale crescita
e differenziazione del concepito, che è presente come tale solo dopo che il rapporto sessuale ha
permesso al seme maschile di entrare nel corpo femminile. L'opposta dottrina della
26
preformazione sorse più o meno mentre Harvey era ancora invita. Sebbene sia impossibile
stabilire con certezza la paternità della teoria della preformazione, di solito la comparsa di questa
idea è associata al nome di alcuni autori. In una lettera datata 31 ottobre 1625,[36] il medico
veneziano Giuseppe degli Aromatari (1586-1660) menziona un'opera sulla generazione animale
che va scrivendo da anni, ma che non ha ancora avuto il tempo di terminare. In questa lettera, il
riferimento alla preformazione è assai fugace: l'autore dice solo che il pulcino si forma nell'uovo
prima che questo sia covato dalla chioccia, e deve la sua successiva crescita al calore materno e
alle sostanze nutrienti contenute nell'uovo, assistiti dai "principi vitali" presenti nell'atmosfera.
Nel 1644, Sir Kenelm Digby (1603-1665) si riferisce a una dottrina della preformazione, "da
alcuni sostenuta", secondo la quale "l'embrione si forma effettivamente nel seme, anche se in
parti talmente piccole che è impossibile discernerle finché ciascuna parte non si accresce e si
ingrandisce attraendo in sé dai corpi circostanti nuova sostanza della loro natura".[37] Marcello
Malpighi (1628-1694), il fisiologo italiano spesso definito uno dei padri della teoria della
preformazione, occupa una posizione davvero singolare nella storia di questa dottrina. Malpighi
definiva lo sviluppo come un processo graduale, ma non credeva che le parti dell'embrione si
formassero gradualmente, anzi: secondo lui si formavano tutte nello stesso momento per una
sorta di "precipitazione", dopo e per effetto del concepimento.
Fig.2.Copertina dell'edizione originale in latino di Harvey G., Exercitationes de generatione
animalium, London: Pulleyn, 1651.
27
Tuttavia, spiegava Malpighi, tali parti sono talmente piccole che diventano percettibili, anche al
microscopio, solo quando raggiungono una determinata dimensione.[38] Il contributo di Anthoni
Van Leeuwenhoek (1632-1723) alla storia del preformismo risale al 1677, quando riferì per la
prima volta, in una lettera indirizzata al segretario della Royal Society di Londra Nehemiah
Grew,[39] che il seme di un maschio sano, raccolto «subito dopo l'eiaculazione», conteneva un
numero altissimo di piccoli animalculi dotati di "una lunga coda", un milione dei quali "non
raggiungerebbe le dimensioni di un grosso granello di sabbia" (Fig.3A). Nel corso degli anni
seguenti, il naturalista olandese si dedicò allo studio della natura e delle caratteristiche di
questi animalculi seminali. Nel 1683, Van Leeuwenhoek affrontò il tema dell'importanza degli
spermatozoi nella riproduzione animale.[40] Egli era convinto che lo sperma impregnasse l'uovo,
ma che l'embrione non provenisse dall'uovo, che serviva soltanto al nutrimento e alla crescita del
concepito il quale derivava ex animalculo. Tali infatti erano i rispettivi ruoli che Van
Leeuwenhoek supponeva che lo sperma e l'uovo svolgessero nella procreazione. Tuttavia,
quindici anni dopo -in un commento a una lettera di Dalenpatius pubblicata
28
contemporaneamente ad Amsterdam, a Londra e a Edimburgo, sullo studio dei "costituenti del
seme umano" per mezzo di lenti biconvesse e della scoperta dicerti animalculi contenenti un
minuscolo "corpo umano" (homunculus)- Van Leeuwenhoek riproduceva gli incredibili disegni
degli homunculi (Fig.3B) e dichiarava di aver esaminato il seme umano cento volte e di non aver
mai visto nulla di simile alle immagini di Dalenpatius, che giudicava completamente fantastiche e
immaginarie[41]. Secondo Cole, la sua vera idea era che "la sostanza del corpo umano debba
essere contenuta nell'animalculo seminale", ma che "in essa il microscopio non scorgerà mai
alcuna forma umana definita".[42] Questa versione moderata del preformismo professata da van
Leeuwenhoek è documentata anche dalle critiche da lui rivolte all'homunculus seminale di
Hartsoeker (Fig.3D): ogni animalculo spermatico dell'ariete contiene, affermava, un agnello, ma il
ben noto aspetto di quest'ultimo è presente soltanto dopo che è stato nutrito ed è cresciuto
nell'utero della femmina. Van Leeuwenhoek confrontava questo sviluppo con la vita di una
mosca, in cui gli stadi precedenti dell'insetto comprendono, benché non in modo visibile, quello
adulto.[43]
29
Fig. 3. Le dottrine della preformazione (secoli XVII-XIII). (A) Disegno dei animalcules spermatici,
secondo Van Leeuwenhoek A., The observations of Mr. Antoni Leeuwenhoek on animalcules
engendered in the semen, in The Collected Letters of Antoni Van Leeuwenhoek, Amsterdam: Swets
and Zeitlinger, 1941: 279. (B) Homunculi nello sperma umano maschile, secondo Dalenpatius
(disegni di Van Leeuwenhoek, 1699). (C) La preformazione, secondo la teoria dell'uovo: il piccolo
corpo del nascituro è racchiuso nell'uovo (illustrazione di Cook 1925-1926); ridisegnato da
Needham J., History of Embriology, Cambridge: Cambridge University Press, 1959. (D)
Spermatozoo umano con homunculus, racchiuso dentro, secondo Hartsoeker N., Essay de
dioptrique, Paris: Jean Anisson, 1694.
Lazzaro Spallanzani (1729-1799) ebbe un grande influsso sul dibattito in corso ai suoi tempi in
materia di riproduzione. Partendo da accurate osservazioni al microscopio da lui personalmente
effettuate, il naturalista italiano confutò lo spermismo, considerando che gli animalculi dei
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parassiti dello sperma non svolgevano alcun ruolo nella riproduzione. Tuttavia «è del tutto
naturale credere», scriveva nel 1780, "che (quest)i diversi ordini di feti che appaiono ogni anno
nelle ovaie non si formino successivamente, ma coesistano fin dall'inizio con la (rana) femmina, e
che si sviluppino e solo allora divengano visibili".[44] Benché Spallanzani non fosse incline a
congetture riguardo la presenza di esseri umani preformati nell'utero della madre, la sua autorità
indiscussa suffragò indirettamente quelle degli ovisti, alcuni dei quali credettero di vedere
nell'ovulo umano un corpo umano, piccolissimo ma completo (Fig.3C). Come le idee preformiste
furono influenzate e a loro volta influenzarono la preesistente teoria della generazione, risulta
evidente dalle parole del filosofo francese Nicholas Malebranche (1638-1715), sacerdote
dell'oratorio del Cardinale de Bérulle che coltivava un acuto interesse per i dibattiti scientifici del
suo tempo: "Vediamo nel germe di un uovo fresco, che non è stato covato, un pollo perfettamente
formato. Vediamo rane nelle uova di rana, e vedremo altri animali nei loro germi, quando avremo
sufficiente abilità ed esperienza per scoprirli...Dobbiamo supporre che tutti i corpi, di uomini e di
bestie, che nasceranno o saranno prodotti fino alla fine del mondo, potrebbero essere stati creati
fin dal suo inizio, in altre parole, che le prime femmine furono create con dentro tutti i successivi
individui della loro specie".[45] La dottrina della preesistenza degli uomini nel gamete maschile
fu esplicitamente professata da Nicolas Hartsoeker (1656-1725), il primo autore a raffigurare un
embrione (homunculus) racchiuso nella testa di uno spermatozoo[46] (Fig.3D). Nel 1722,
tuttavia, Hartsoeker aveva definitivamente abbandonato il preformismo sotto qualsiasi forma, e il
motivo per cui cambiò idea fu lo studio della rigenerazione di parti del corpo di animali,
fenomeno che giudicò incoerente con la preformazione. Infatti, nella sua risposta alle critiche
mosse all'homunculus da Von Leeuwenhoek, pubblicata postuma nel 1730,[47] Hartsoeker non
fece alcun serio tentativo di difendere la sua precedente convinzione. Alla metà del XVIII secolo
l'ovismo era ormai tramontato e l'animalculismo, benché ancora parzialmente in voga, aveva
progressivamente cambiato caratteristiche. Attente osservazioni al microscopio non erano
riuscite a rivelare l'esistenza di animalcula o di homunculi nel liquido seminale. Nel frattempo,
"l'epigenesi stava lentamente ma costantemente guadagnando terreno".[48] Tuttavia, la
transizione teorica dal preformismo all'epigenesi fu ostacolata da alcuni scienziati che rifiutavano
entrambe le scuole di pensiero.
L'ottocento
Secondo Farley,[49] nel XIX secolo il dibattito sulla natura del concepimento e sull'avvio del
processo evolutivo è stato fortemente dominato da quattro influssi. Nei primi decenni del secolo
predominò il retaggio culturale delle teorie della pre-esistenza, mentre verso la metà del secolo la
nascita della teoria cellulare pose la questione sotto una luce nuova. Successivamente,
l'introduzione nel pensiero biologico delle spiegazioni fisiche e chimiche aprì una finestra sul
"mondo invisibile" della fecondazione. Infine, l'adozione, da parte di studiosi tedeschi,
dell'approccio sperimentale in materia di riproduzione e di embriologia offrì un'opportunità
inedita di verificare vecchie e nuove ipotesi. Nel 1803, benché l'ipotesi epigenetica avesse
compiuto progressi importanti, il naturalista scozzese John Graham Dalyell (1775-1851)
esprimeva ancora una fiducia incrollabile nell'esistenza del feto nell'uovo molto prima della
fecondazione. Ciò, diceva, è "universalmente noto" e poggia su "osservazioni
indiscutibili".[50] Ma le idee sulla generazione sessuale cambiavano rapidamente, e il new deal è
esemplificato dall'opera di Lorenz Oken (1779-1851),[51] scritta quando era ancora studente ma
pubblicata soltanto nel 1805. Secondo Oken, non esiste preformazione; ogni generazione inizia de
novo e non da uno stadio organizzato come una sorta di miniatura preformata: nullum vivum ex
ovo. Oken contestò la preformazione, che avvenisse nell'uovo o nello sperma. Quando lo
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scienziato tedesco Carl Ernst von Baer (1792-1876) scrisse il suo famoso trattato di embriologia
(1828),[52] l'ovismo -la versione del preformismo che ha avuto vita più lunga- era praticamente
morto, ed egli ne rese impossibile la resurrezione. "La mole di osservazioni attente e saldamente
fondate che quella grande opera contiene ridusse a proporzioni trascurabili i metodi retorici e
argomentativi dei preformazionisti, e dimostrò, come opere del genere fanno sempre, che il
biologo può sperare di avanzare soltanto per mezzo dell'osservazione e della
sperimentazione".[53] Lo sviluppo della teoria cellulare durante gli anni Cinquanta e Sessanta
dell'Ottocento[54] dette luogo alla concezione della cellula come unità fondamentale della
riproduzione in tutti gli esseri viventi. Ben presto si riconobbe che sia l'ovulo sia lo spermatozoo
sono cellule uniche e si sostenne che lo sviluppo di un nuovo organismo avesse luogo attraverso
la divisione e la crescita delle cellule. Tuttavia, agli albori della biologia moderna, sotto l'influsso
non equilibrato della teoria cellulare su ogni aspetto della vita, si mise eccessivamente l'accento
sulla moltiplicazione delle cellule nell'embriogenesi iniziale, trascurando l'individualità
dell'organismo in via di evoluzione. Come osservò Russell, "si è pensato che la segmentazione
fosse essenzialmente un processo di duplicazione e reduplicazione di quella che è ormai accettata
come l'unità biologica fondamentale -la cellula- e che la differenziazione fosse basata sulla
moltiplicazione cellulare".[55] Se è stata ribadita la "ovvia verità che, nonostante la
moltiplicazione delle cellule, l'organismo è e rimane un'unità unica dai primi agli ultimi stadi del
suo sviluppo",[56] ciò si deve all'opera dell'anatomista bavarese August Rauber (18411917).[57] Secondo Rauber, l'organismo vivente non è costruito come un edificio, aggiungendo
pietra su pietra in modo ordinato. Al contrario, la sua unità e il suo piano primario esistono
dall'inizio, cosicché l'organismo è un intero a ogni stadio dello sviluppo, e le sue parti derivano
dal tutto per auto-differenziazione: "L'uovo fecondato è l'intero allo stadio più
giovanile".[58] Anche Rauber dette una definizione delle prime fasi dello sviluppo, in cui
l'embrione "si divide in diverse dimensioni dello spazio e si differenzia ordinatamente sotto il
profilo chimico e istologico".[59] Nello stesso periodo, l'approccio "organismico" anziché
cellulare alla comprensione del piano di sviluppo dell'embrione fu condiviso, fra gli altri, da Adam
Sedgwick (1854-1913)[60] e da Charles Whitman (1842-1910).[61] Nella sua famosa conferenza
sulla teoria cellulare, Whitman sostenne che un organismo è tale dall'uovo fecondato in avanti e
che la caratteristica fondamentale dello sviluppo dell'embrione è la continuità
dell'organizzazione biologica. Tuttavia, come fece chiaramente notare, questa concezione dello
sviluppo non è una riproposizione del preformismo: "Continuità dell'organizzazione
naturalmente non significa organi preformati. Significa soltanto che come punto di partenza di
ciascun organismo va preso un fondamento strutturale definito, e che l'organismo non si
moltiplica per divisione cellulare, ma piuttosto prosegue come individualità attraverso tutti gli
stadi della trasformazione".[62]Sorprende constatare che Whitman anticipò genialmente il
dibattito contemporaneo sull'unità e l'individualità dell'embrione in via di sviluppo! Un decennio
più tardi, uno dei suoi allievi all'università di Chicago, Frank Lillie (1870-1947), espresse le stesse
vedute in un passaggio ancor più incisivo: «Se l'immensa mole di indagini sui fenomeni
elementari giustifica qualche conclusione radicale, è che le cellule sono subordinate
all'organismo che le produce e le fa grandi o piccole, con un ritmo di suddivisione lento o rapido,
le fa dividere ora in questa direzione ora in quella, e le dispone sotto tutti i profili cosicché
l'essere latente raggiunga la sua piena espressione...L'organismo è primario, non secondario;
(una) proprietà dell'intero distinta dalle proprietà discernibili delle sue parti".[63] La
disponibilità della lente acromatica,[64] le cui immagini erano meno offuscate da aberrazioni,
svolse un ruolo importante nella comprensione della struttura e della funzione dell'ovulo.
Usando le nuove lenti, molti eminenti scienziati cominciarono a indagare la natura stessa
dell'ovulo dei mammiferi e la sua interazione con lo spermatozoo. L'opinione prevalente, secondo
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cui gli ovuli erano fecondati in situ nell'ovaio, fu messa in discussione dal medico svizzero JeanLouis Prévost (1831-1927) e dallo scienziato francese Jean-Baptiste Dumas (1800-1884). Nel
1824 i due studiosi dettero un'eccellente descrizione dello sviluppo del follicolo di Graaf nella
cagna e nella coniglia, della formazione del corpo luteo e delle prime fasi di sviluppo dell'ovocita
fecondato.[65] Descrissero la rottura della superficie dell'ovaio e la liberazione dell'ovocita
maturo, e stabilirono la distinzione fra le "vescicole" presenti nella gonade femminile (i follicoli) misurandone il diametro in 7-8 mm- e dei piccoli "ovuli" trovati nei "corni dell'utero" (le tube di
Falloppio), che "molto probabilmente" in origine erano alloggiati nelle "vescicole" ovariche. Non è
certo, tuttavia, che Prévost e Dumas siano stati i primi a osservare l'ovocita dei mammiferi: le
dimensioni riferite dai due studiosi (ca. 1 mm) depongono a sfavore dell'ipotesi che abbiano
davvero isolato un ovulo non fecondato. Nel 1827, Karl Ernst Von Baer (1792-1876) fornì una
precisa descrizione microscopica dell'ovulo, prima di cagna e poi di altri mammiferi.[66] Tuttavia
gli sfuggì il nucleo, che era stato osservato per la prima volta due anni prima in un uovo d'uccello
non fecondato -e definito vescicola germinale- dall'anatomista boemo Jan Evangelista PurkynÄ?
(1787-1869), uno dei padri dell'istologia moderna.[67] Il che non sorprende, visto che ai tempi di
Von Baer l'ovulo era ancora sconosciuto in quanto cellula.[68] Nei primi anni del XIX secolo, con
il tramonto della teoria degli animalculi, si pensò che gli spermatozoi fossero organismi
parassitari specifici del testicolo maschile. Karl Friedrich Burdach (1776-1847) sostenne, nel suo
trattato di fisiologia, che gli spermatozoi "vanno considerati al pari degli entozoi (vermi
parassitari) come prodotti di una sostanza organica che si decompone all'interno di un
organismo vivente...Mi sembra dunque che gli animali spermatici siano gli entozoi del
seme".[69] Negli anni Trenta del XIX secolo i microscopisti erano ormai passati
progressivamente dalla tesi della natura parassitaria degli spermatozoi all'idea che questi
svolgessero un ruolo importante nella fecondazione. Durante i decenni successivi, la teoria
parassitaria sembra aver conosciuto un rapido declino, a causa sia del tramonto della teoria della
generazione spontanea, sia dell'avvento della teoria cellulare. Theodor Ludwig Bischoff (18071882) fu il primo a capire che gli spermatozoi svolgevano un ruolo essenziale nella fecondazione.
L'embrione, sostenne, si sviluppa per effetto di un "movimento interno" (attivazione) di certi
elementi presenti nell'ovulo. Tale movimento diverrebbe rapidamente disorganizzato, e l'ovulo si
"dissolverebbe" (degenerazione) se "non ricevesse una certa direzione e intensità, e questa la
danno gli spermatozoi". Tale "movimento interno", aggiunse Bischoff, non è il "movimento
visibile" del germe maschile, bensì un invisibile "moto molecolare" all'interno dello sperma, di cui
il "movimento visibile" non è che una manifestazione. E' il moto molecolare che, "impresso agli
atomi dell'ovulo, stimola il movimento interno e la sua costante regolazione, che costituiscono la
fecondazione". Pertanto, "il seme opera per contatto, toccando, attraverso un potere
catalitico".[70] La teoria della fecondazione per contatto avanzata da Bischoff fu ben accolta in
Germania[71] e in Francia.[72] Se molti dei suoi sostenitori erano convinti che la fecondazione
avvenisse dopo un semplice contatto degli spermatozoi con l'ovulo, quindi senza un'effettiva
penetrazione, Bischoff era meno contrario all'idea che lo sperma penetrasse nell'ovulo. Difatti
ammise che esso potesse effettivamente penetrare nell'ovulo immediatamente dopo l'uscita di
questo dall'ovaio, ma, nello stesso lavoro del 1847, aggiunse: "Non voglio sostenere che tutti i
costituenti del seme penetrino all'interno dell'ovulo ed esercitino il loro influsso solo
qui".[73] Come osservò Farley, a quel tempo "la sua opposizione alla tesi della penetrazione
dipendeva dal fatto di aver negato che gli spermatozoi svolgessero un qualche ruolo
materiale".[74] Se Bischoff era stato alquanto vago o ambiguo nelle sue affermazioni circa la
questione se il ruolo decisivo di contatto nella fecondazione fosse svolto dai soli spermatozoi,
oppure da tutto il liquido seminale, il naturalista britannico George Newport (1803-1854)
effettuò alcuni esperimenti i cui risultati furono "molto sfavorevoli alla tesi che gli spermatozoi
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penetrino materialmente attraverso le membrane dell'ovulo".[75] Per giunta, visto che la
segmentazione (cioè il primo stadio di sviluppo dell'embrione) avveniva poco dopo il contatto
dell'uovo di rana con lo sperma, Newport concluse che "l'atto della fecondazione...deve aver
luogo o iniziare molto rapidamente; e all'apparenza quasi nell'istante del contatto dello
spermatozoo con i rivestimenti dell'uovo".[76] Ma il suo contributo più eminente alla
comprensione del ruolo decisivo della fecondazione nella riproduzione sessuale fu l'aver
compreso che la fecondazione "comporta non soltanto un processo nel quale l'uovo è stimolato a
svilupparsi, ma anche un processo nel quale i caratteri del genitore maschio sono trasmessi alla
prole".[77]Newport osservò acutamente che il semplice contatto con lo sperma può essere
sufficiente a indurre l'attivazione e la divisione dell'uovo, ma non "a determinare la trasmissione
di un numero maggiore o minore delle caratteristiche materiali strutturali del genitore maschio
alla prole".[78] Era quindi concepibile che la fecondazione, oltre al contatto sperma-uovo,
comportasse un passo ulteriore: "l'ingresso fisico di materiale seminale mediante il quale le
caratteristiche maschili passavano in qualche modo nell'uovo. La questione dell'ereditarietà dei
caratteri maschili aveva riscosso scarso interesse negli studiosi formati in laboratorio, che
l'avevano sorvolata o ignorata. Ma per un naturalista come Newport, tale questione assumeva un
rilievo fondamentale".[79] Nel 1852, Henry Nelson (1822-1875) riferì che, nel nematode Ascaris
mystax, alcune particelle spermatiche sono visibili nell'uovo dopo che si è osservato un contatto
con il gamete maschile. Lo stesso autore affermò che "la presente indagine sembra essere la
prima in cui il fatto della penetrazione degli spermatozoi nell'uovo è stato visto distintamente e
appurato con chiarezza" grazie al fatto che l'uovo di questo nematode è perfettamente
trasparente.[80] Nonostante questa conclusione -e la cosa sorprende- Nelson negò poi qualsiasi
ruolo biologico dello sperma nella fecondazione. Le tesi vitaliste di Nelson (l'attivazione e la
divisione dell'uovo è causata da una vitalità intrinseca) e la sua propensione a riportare in auge le
teorie ovistiche della preesistenza (la vita è trasmessa dalla madre alla prole, pervadendo e
sviluppandosi nuovamente in ciascun singolo membro della specie)[81] gli impedirono di
riconoscere l'importanza del contributo dello sperma allo sviluppo dell'embrione. L'anno
seguente apparvero due memorie che descrivono l'ingresso dello spermatozoo nell'uovo di due
cozze, un nematode e una rana. Ferdinand Keber (1816-1871) fornì prove insufficienti del
passaggio degli spermatozoi nell'uovo di Unio e di Anodonta.[82] Georg Meissner (1829-1905),
lavorando sul nematode Mermis albicans, descrisse l'istogenesi delle sue uova e la formazione di
un micropilo attraverso il quale si supponeva che uno o più spermatozoi entrassero
nell'uovo;[83]ma quella descrizione fu smentita poco dopo la sua pubblicazione.[84] Il
contributo di Newport[85] fu più solido, e il merito della scoperta è comunemente attribuito
all'entomologo londinese. Egli osservò la penetrazione della membrana vitellina dell'uovo di rana
da parte degli spermatozoi e fornì questo preciso resoconto delle sue osservazioni: "Sono
riuscito...a individuare spermatozoi nella cavità vitellina in comunicazione diretta con il tuorlo e
nell'atto di penetrarvi. Sono stati i primi che ho visto personalmente, in compagnia di un amico, il
25 marzo di quest'anno (1853) dentro la camera trasparente (cioè, come oggi si dice, il funicolo
d'ingresso) al di sopra del tuorlo, circa 40 minuti dopo la fecondazione, quando la camera
comincia a formarsi...Gli spermatozoi non raggiungono il tuorlo dell'uovo di rana attraverso
qualche speciale orifizio o canale dei rivestimenti, ma perforano la sostanza dei rivestimenti in
qualsiasi parte con cui siano entrati in contatto, come ho costantemente osservato mentre
assistevo al loro ingresso. Qualche tempo dopo essere entrati nella camera del tuorlo essi si
disintegrano e si dissolvono in granuli elementari".[86] Negli anni Settanta dell'Ottocento, era
ancora tesi generalmente accettata che la fecondazione comportasse l'ingresso e la dissoluzione
di una o più cellule spermatiche in una cellula uovo, ma si discuteva ancora in che modo le cellule
dell'embrione emergessero dall'uovo fecondato. Il ruolo svolto dal nucleo nell'avvio dello
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sviluppo non era chiaro. Alcuni credevano che la prima divisione cellulare fosse preceduta da un
restringimento e da una scissione del nucleo in due metà, ma altri, come il biologo tedesco Eduart
Strasburger (1844-1912), riferirono che il nucleo si disintegrava prima della divisione cellulare e
che i nuclei-figlia comparivano de novo.[87] Nel quadro di questo dibattito, Oskar Hertwig (18491922), formatosi a Jena sotto Ernest Haeckel (1834-1919) e poi divenuto professore di anatomia
a Berlino, «propose una teoria morfologica della fecondazione che metteva in discussione
l'interpretazione fisico-chimica generalmente condivisa».[88] Nei suoi due famosi lavori
pubblicati nel 1876-1877,[89] Hertwig sostenne che il "nucleo di scissione (cioè il nucleo dello
zigote) deriva dalla coniugazione di due diversi nuclei sessuali, uno femminile che deriva dalla
vescicola germinale, e uno maschile che deriva dal corpo di uno spermatozoo che vi
entra".[90] Negli stessi anni, il citologo svizzero Hermann Fol (1845-1892), allievo di Haeckel
come Hertwig, studiò la fecondazione nella stella marina e in altri animali, e concluse che la
vescicola germinale subiva due rapidissime divisioni. Secondo le sue osservazioni pionieristiche
ma esatte, soltanto un nucleo -il pronucleo femminile- restava nell'uovo, mentre gli altri erano
espulsi. Fol descrisse inoltre la vera e propria penetrazione di un unico spermatozoo nell'uovo,
dove, secondo lui, si fonde con un certo quantitativo di protoplasma[91]del gamete femminile,
formando il pronucleo maschile. A un certo punto, questo pronucleo si unisce con quello
femminile dopo aver attraversato l'uovo fecondato.[92] Le basi della comprensione della
migrazione, apposizione e fusione dei pronuclei furono dunque poste già 130 anni orsono.
Il XX secolo
Nonostante gli incessanti tentativi effettuati in vari laboratori a partire dalla seconda metà del
XIX secolo, all'inizio degli anni Settanta del Novecento le conoscenze sugli aspetti morfologici,
fisiologici e molecolari della fecondazione nei mammiferi erano ancora frammentarie e rozze in
confronto a quelle sulla fecondazione degli anfibi e dei ricci di mare. "I progressi della ricerca
sono stati ostacolati dall'ubicazione interna della fecondazione nei mammiferi, il che significa che
gli eventi della fecondazione degli ovuli e dei primi stadi dello sviluppo embrionale nei
mammiferi non si possono studiare tempestivamente nel loro ambiente naturale".[93] L'avvento
della fecondazione in vitro (IVF nella sigla inglese, FIV in quella italiana) dei mammiferi come
procedura di laboratorio nella riproduzione veterinariamente assistita degli animali da latte
prima, e nelle cliniche per l'infertilità umana poi, hanno reso disponibili per lo studio diretto i
gameti interagenti e gli embrioni non impiantati. Per giunta, i requisiti cellulari e ambientali per
la riuscita della FIV e dello sviluppo embrionale hanno costretto i biologi a studiare vari aspetti
della fisiologia, patologia, genetica e biochimica dei gameti e degli zigoti, come anche i
meccanismi che stanno alla base delle fasi della fecondazione, al fine di accrescere le probabilità
di produrre un embrione in grado di sopravvivere. Fra il 1878 e il 1953, sono stati compiuti
numerosi tentativi di fecondare in vitro un ovocita di mammifero. Molti rapporti hanno riferito
risultati positivi. Ma alla luce delle attuali conoscenze, buona parte di questi non forniscono prove
convincenti del fatto che la fecondazione sia riuscita. Gran parte dei pionieri di queste tecniche ha
usato ovociti ovarici che probabilmente non erano abbastanza maturi da essere preparati per la
fecondazione.[94] Per superare questo problema, Rock e Menkin[95] hanno realizzato colture in
vitro di ovociti umani prima di porli in contatto con gli spermatozoi, ma, considerato
retrospettivamente,[96] il tempo consentito per la maturazione (sulla base di un lavoro
precedente)[97] era insufficiente. Inoltre, in alcuni esperimenti, è possibile che sia avvenuta,
anziché una fecondazione, un'attivazione partenogenetica, essendo noto che questa può essere
indotta raffreddando gli ovociti di alcune specie (ad esempio di ratto e di criceto).[98] Con una
sola eccezione,[99] nessuno degli studiosi impegnati nei primi tentativi di fecondare in
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vitro ovociti di mammiferi -da Schenk[100] a Shettles[101]- ha mantenuto la temperatura
fisiologica (37°C) per tutta la durata dell'esperimento per evitare il rischio di un'attivazione del
gamete femminile indotta dal raffreddamento. Da ultimo, ma non per importanza, "è possibile
che incubare le uova per periodi di tempo prolungati a una temperatura inferiore a quella
corporea normale ne abbia distrutto la capacità di subire una normale fecondazione e un normale
sviluppo".[102] Gli studi condotti su mammiferi prima del 1954 non hanno univocamente
dimostrato la penetrazione degli spermatozoi negli ovociti, né hanno fornito chiare prove
microfotografiche della formazione di pronuclei e di estrusione di secondi corpi polari.[103] Il
probabile motivo per cui la maggior parte degli esperimenti di FIV è fallita è che gli spermatozoi
aggiunti al medium contenente ovociti non erano capacitati. Poco tempo dopo la scoperta della
capacitazione, a opera di Austin[104] e Chang,[105] sono stati compiuti vari tentativi di
realizzare la FIV usando spermatozoi post-coitali recuperati dall'utero, cioè capacitati in vivo; e
nel giro di pochi anni sono stati fecondati in vitro per la prima volta degli ovociti di
coniglia.[106] Nel 1959 Chang ha mostrato che embrioni di coniglia derivati da FIV potevano
svilupparsi normalmente se trasferiti in madri surrogate,[107] e la sua descrizione dei segni
morfologici della fecondazione (compresa la segmentazione degli zigoti) dissipa ogni dubbio sul
fatto che gli ovociti possano essere stati fecondati in vivo dagli spermatozoi. Negli anni seguenti la
FIV è stata estesa a una vasta gamma di specie di mammiferi.[108] Ciò ha segnato l'inizio della
stagione contemporanea delle indagini morfologiche, ultrastrutturali, citogenetiche e molecolari
sulla fecondazione e sullo sviluppo embrionale iniziale nei mammiferi, che ha prodotto e
continua a produrre una vasta mole di dati riguardanti il processo di interazione e fusione dei
gameti e gli eventi biologici che danno avvio allo sviluppo di un nuovo organismo. La fusione
spermatozoo-ovocita, l'emissione del secondo corpo polare e la formazione di pronuclei
femminili e maschili sono state studiate per la prima volta nel corso di FIV effettuate su
criceti.[109] Tuttavia, il noto fenomeno del "two-cell block" impediva agli embrioni di criceto di
svilupparsi a termine.[110] La FIV di ovociti di topo usando spermatozoi capacitati in vitro è
stata descritta fra il 1968 e il 1971.[111] Ben presto sono pervenute dai ratti,[112] dalle
pecore,[113] dai gatti,[114] dalle cavie[115] e dai cani[116] ulteriori informazioni
pionieristiche circa la FIV nei mammiferi. Bavister, Edwards e Steptoe sono stati i primi a
documentare in modo convincente, nel 1969, la FIV umana.[117] Fra le evidenze che riferiscono
nei loro studi vi sono la penetrazione degli spermatozoi nell'ovoplasma, l'estrusione dei secondi
corpi polari e la formazione di entrambi i pronuclei. Sperimentalmente, la fecondazione in vitro di
ovociti umani è divenuta fattibile soprattutto grazie alle modifiche del protocollo di coltura usato
da Yanagimachi e Chang per la FIV dei criceti.[118] Alcuni degli zigoti umani così ottenuti sono
riusciti a svilupparsi normalmente in coltura fino allo stadio di blastocisti.[119] Ma il primo
bambino generato mediante FIV è nato soltanto nel 1978,[120] "a quanto pare perché i regimi di
stimolazione ovarica potrebbero aver interferito con l'avvio della gravidanza o prodotto ovuli di
scarsa qualità".[121] Più difficili da realizzare i progressi nella FIV dei primati non umani. Dopo
le prime notizie nella prima metà degli anni Settanta,[122] evidenze non equivoche di FIV in
macachi Rhesus e in scimpanzé sono state disponibili soltanto nel 1983.[123] All'epoca in cui la
FIV ha cominciato a diffondersi rapidamente, le informazioni sullo sviluppo di embrioni umani
derivanti da concepimenti naturali erano scarse. La prima descrizione formale di un embrione
umano prima dell'impianto è attribuita a Hamilton, il quale ne riferì nel 1949.[124] Più di 15 anni
dopo, uno studio ultrastrutturale della fecondazione negli umani allo stadio pronucleare è stato
effettuato da Zamboni.[125] L'esatta morfologia di embrioni di 2, 4 e 7 cellule sviluppati in vivo è
stata anche descritta da Pereda, Croxatto e Coppo nei due decenni seguenti.[126] Gli embrioni
sono stati recuperati lavando le tube di Falloppio[127] e osservati al microscopio ottico ed
elettronico.
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I primi studi sugli eventi iniziali delle interazioni spermatozoo-ovocita[128] e dello sviluppo
embrionale umano[129] in vitro sono stati riportati fra la metà degli anni Settanta e gli anni
Ottanta. Ma poiché solo "un numero limitato di tali embrioni si può considerare normale se si
applicano criteri rigidi di normalità",[130] l'utilità dei dati morfologici ottenuti da questi studi è
discutibile.
La penetrazione degli spermatozoi attraverso il cumulus oophorus, il rivestimento più esterno
dell'uovo euterico, è stata studiata fra gli altri da Austin nel 1948[131] e da Blandau nel
1961.[132] Il ruolo dell'enzima acrosomiale ialuronidasi nella penetrazione del cumulus è stata
molto dibattuta negli anni seguenti, e nel 1988 Yanagimachi ha riconosciuto che "è alquanto
sorprendente che la funzione esatta della ialuronidasi nella fecondazione sia tuttora oggetto di
controversie".[133] Partendo dall'osservazione che la ialuronidasi acrosomiale, almeno in certe
specie, non è necessariamente coinvolta nell'agevolare il passaggio degli spermatozoi attraverso
il cumulus, Metz[134] e Anand[135]hanno fornito le prime prove a favore dell'idea che anche
sulla superficie degli spermatozoi sia presente una ialuronidasi, che in parte deriva dal tratto
genitale maschile, e che questo enzima di superficie -non quello acrosomiale- contribuisca alla
penetrazione degli spermatozoi attraverso il cumulus. Una volta attraversato il cumulus, gli
spermatozoi devono completare la reazione acrosomiale prima di entrare nella zona pellucida, il
rivestimento più interno dell'ovocita. Ciò è stato osservato per la prima volta da Austin e Bishop
nel 1958[136] e confermato poi da vari altri studiosi.[137] Lo spermatozoo che ha compiuto la
reazione acrosomiale, mentre attraversa la zona, perde tutte le componenti acrosomiali salvo il
segmento equatoriale e la membrana acrosomiale interna che ricopre la parte anteriore della
testa. Nel corso di molti anni di studio sono state raccolte evidenze di come lo spermatozoo
attraversi la zona, ma non è stata raggiunta l'unanimità attorno a un'unica spiegazione.
Rimangono due ipotesi: quella enzimatica e quella meccanica.
Le intuizioni circa le interazioni tra gamete, plasma e membrane si debbono innanzitutto a
eleganti studi microscopici condotti con microscopi ottici, elettronici a scansione e a trasmissione
e videomicroscopi.[138] Le modificazioni della superficie della membrana plasmatica
dell'ovocita (oolemma) durante la maturazione del gamete femminile sono state indagate da
Eberspaecher e Barros:[139] la regione che ricopre il fuso meiotico è libera dai microvilli che
ricoprono la rimanente superficie dell'oolemma, ed è stato dimostrato che in questa regione la
fusione spermatozoo-ovocita avviene di rado. Huang e Yanagimachi[140] hanno fornito evidenze
che interazioni degli spermatozoi con l'oolemma avvengono in modo spazialmente definito, con
la membrana acrosomiale interna della testa dello spermatozoo -esposta dopo la reazione
acrosomiale- che entra in contatto con l'oolemma. A seguito di questo primo approccio, il
segmento equatoriale e la testa posteriore aderiscono alla membrana dell'ovocita e poi si
fondono con essa.[141] Come è stato dimostrato nel roditore, lo spermatozoo acrosoma-intatto
può aderire all'oolemma, ma soltanto la testa acrosoma-intatta può fondersi con esso.[142]Nel
1982, studi sullo spermatozoo umano hanno evidenziato che la reazione acrosomiale è
importante per l'adesione del gamete maschile all'oolemma,[143] e 4 anni prima Wolf e
Armstrong[144] hanno riferito che l'attaccamento iniziale dello spermatozoo a questa
membrana cellulare è reversibile e richiede la motilità degli spermatozoi, anche se gli
spermatozoi con scarsa motilità possono fondersi con gli ovociti.[145] Gli stessi autori hanno
mostrato chiaramente che il movimento della coda dello spermatozoo diminuisce o si arresta
entro pochi secondi dalla fusione.[146] Alla fine la coda dello spermatozoo è anche incorporata
nel citoplasma dell'ovocita (ooplasma).[147] Questi e altri aspetti morfologici della fusione della
membrana dei gameti hanno costituito la base delle conoscenze disponibili due decenni fa su
questa fase fondamentale della fecondazione nei mammiferi. A quel tempo sono stati avviati, e
sono ancora in corso, gli studi molecolari sulle interazioni delle membrane, e i risultati di tali
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studi forniscono continuamente nuove conoscenze sui prodigiosi meccanismi della fusione dei
gameti.
Fino agli anni Settanta, molti studi riguardanti il processo di fecondazione condotti da studiosi
che utilizzavano il microscopio ottico avevano fornito descrizioni preliminari, ma esatte, degli
eventi che preludono e accompagnano la formazione del genoma dell'embrione.[148] Queste
indagini hanno costituito il background necessario per studi più dettagliati avvalendosi della
maggiore risoluzione morfologica raggiunta dal microscopio elettronico e delle successive
tecniche molecolari più recenti. Inoltre i primi studi hanno indicato che l'associazione dei genomi
di derivazione materna e paterna può assumere essenzialmente due forme. La prima consiste
nella fusione dei pronuclei a formare un unico nucleo zigotico. La formazione del nucleo zigotico
in questo modo si definisce "fusione pronucleare" o cariogamia. Degli ovuli che mostrano questo
processo si dice che abbiano una "fecondazione del tipo riccio di mare".[149] Nella seconda
forma, i pronuclei sia paterno che materno danno luogo a un gruppo di cromosomi pronti per la
prima divisione cellulare (segmentazione zigotica). In questo modo sembra che vi sia una
mescolanza dei cromosomi materni e paterni senza fusione dei rispettivi pronuclei. In casi del
genere, i sacchi nucleari di entrambi i pronuclei scompaiono prima dell'associazione dei due
genomi. Nei mammiferi, due gruppi di cromosomi -uno derivante dal pronucleo maschile, l'altro
da quello femminile- si avvicinano e formano un unico gruppo che rappresenta lo stadio
prometafasico della prima mitosi. Così, in questa forma di singamia, non esiste un vero nucleo
zigotico. Degli ovuli che presentano questa serie di eventi -compreso l'ovocita umano- si dice che
abbiano una "fecondazione del tipo Ascaris".[150] Wilson, che è stato il primo a riconoscere e
classificare le due forme di unione dei genomi durante l'ultimo stadio della fecondazione, ha
indicato che i fattori che governano l'associazione dei pronuclei maschile e femminile può essere
strettamente, ma non necessariamente, correlata con la relazione fra lo stadio meiotico dell'ovulo
e il momento in cui viene inseminato normalmente.[151]
L'analisi strutturale dettagliata dei vari aspetti della fecondazione in una qualsiasi delle classi di
ovuli menzionate più sopra è un campo d'indagine relativamente recente, visto che buona parte
dei lavori sono stati pubblicati dopo il 1960.[152] Questo non perché questi eventi fossero
scarsamente interessanti, ma piuttosto per le difficoltà di gestione dei gameti e degli embrioni da
esaminare.
Prima degli anni Ottanta il numero degli studi sullo sviluppo e la migrazione dei pronuclei
maschile e femminile e la loro successiva associazione è stato piuttosto esiguo. La formazione del
pronucleo maschile per effetto della dissoluzione del sacco nucleare dello spermatozoo è stata
studiata per la prima volta in relazione alla dispersione della cromatina.[153] La dissoluzione del
sacco nucleare dello spermatozoo espone la cromatina condensata al citoplasma dell'ovocita
(ooplasma) circostante e sembra permettere la sua riorganizzazione. E' stato osservato che
solitamente la dispersione della cromatina comincia alla periferia del nucleo dello spermatozoo e
produce varie regioni circoscritte di conformazione della cromatina che sono meno elettronopache rispetto alla forma condensata presente nel nucleo del gamete maschile. Nei mammiferi,
la dispersione solitamente inizia alla periferia della regione mediana del nucleo dello
spermatozoo e procede anteriormente e posteriormente.[154] Nel topo[155] e nel
criceto,[156] il profilo della cromatina dispersa si presentava ellissoidale e ricordava la forma
originaria del nucleo dello spermatozoo.
Lo sviluppo del sacco pronucleare maschile è stato studiato per la prima volta nel riccio di mare e
in vari molluschi ed è sembrato coinvolgere una serie di eventi simili in ciascun caso. Analisi
strutturali dettagliate sulla formazione di questo sistema lamellare nel criceto hanno indicato che
lo sviluppo del pronucleo maschile in questo mammifero è simile a quello osservato negli
invertebrati.[157] L'aspetto del sacco pronucleare è osservato per la prima volta come un
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aggregato di vescicole alla periferia della vescicolazione diffusa del sacco nucleare dello
spermatozoo e di elementi del reticolo endoplasmico, che derivano dalla madre. Questa
osservazione avvalora la tesi, ancora solida, che esista una profonda differenza citogenetica fra il
nucleo dello spermatozoo e il pronucleo maschile, e che quest'ultimo sia conseguenza di una
fecondazione che raggiunge uno stadio che già determina la piena integrazione dei due gameti in
un'unica nuova cellula. Riesaminando questo aspetto della fecondazione così come lo si
conosceva nel 1973, Longo ha affermato: "E' improbabile che il sacco pronucleare maschile
tragga origine esclusivamente da elementi derivati dal sacco nucleare dello spermatozoo, dal
momento che: a) il sacco pronucleare appare accresciuto dalla fusione delle vescicole durante
stadi di sviluppo successivi, b) le dimensioni del sacco pronucleare sono notevolmente maggiori
del sacco nucleare dello spermatozoo, e c) non è stato osservato sacco nucleare ridondante dello
spermatozoo che potesse delimitare il pronucleo maschile relativamente più grande".[158]
E' stato dimostrato che, in seguito alla sua formazione e fino al momento dell'associazione
pronucleare, il pronucleo maschile continua a subire mutamenti morfogenetici, che possono
comprendere il suo aumento di dimensioni,[159] la progressione della dispersione della
cromatina[160] e l'acquisizione di strutture intranucleari come nucleoli[161] e lamelle
annulate.[162]
Lo studio della formazione dell'aster spermatico e della migrazione dei pronuclei è stato iniziato
ben presto, anche prima dell'uso estensivo della microscopia elettronica. Una delle prime
indicazioni dello sviluppo dell'aster spermatico è la dissociazione dei centrioli dal flagello
spermatico. Benché il ruolo principale del centriolo fornito dallo spermatozoo nella ricostituzione
del centrosoma zigotico sia stata assodata nella maggioranza delle specie di mammiferi,
compreso l'uomo, in anni più recenti,[163] e sia in contrasto con l'ereditarietà centrosomica
strettamente materna nei roditori, l'associazione del centriolo con l'aster spermatico in via di
sviluppo come centro organizzativo è stata già suggerita da Tilney e Goddard nel 1970.[164]
Alla fine degli anni Sessanta e nei primi anni Settanta, sono stati studiati in alcune specie gli
eventi implicati nell'associazione dei pronuclei maschile e femminile in un ovocita fecondato alla
seconda metafase della meiosi, come avviene di solito nei mammiferi e nell'uomo. Sono state
effettuate osservazioni ultrastrutturali dei pronuclei successivamente alla loro migrazione negli
ovociti fecondati del coniglio, del topo, della scimmia e dell'uomo.[165] Dopo la migrazione, i
pronuclei si dispongono centralmente. Nella maggior parte dei casi uno di essi è prossimale alla
porzione mediana dello spermatozoo incorporato, e questa associazione suggerisce che questo
possa essere il pronucleo maschile. Benché negli zigoti di alcuni mammiferi sia difficile
distinguere i due pronuclei fra loro al microscopio elettronico, Austin ha affermato che essi
possono essere identificati al microscopio luminoso in base alla differenza di forma e
dimensione.[166] In seguito all'apposizione ravvicinata dei pronuclei, la cromatina comincia a
condensarsi, come evidenzia l'accumulo di materiale reticolare elettron-denso che è ubicato
prevalentemente lungo le regioni dove i pronuclei sono in intima associazione. La dissoluzione
dei sacchi pronucleari segue la condensazione della cromatina e comporta un processo di
vescicolazione che appare simile a quello osservato nei molluschi. Durante la dissoluzione dei
sacchi, i cromosomi condensanti diventano associati a microtubuli coinvolti nell'organizzazione
dell'apparato del fuso. Successivamente, i cromosomi si avvicinano e si mescolano su quella che
diventa la piastra metafasica della prima scissione mitotica. Secondo la "fecondazione di tipo
Ascaris", nel coniglio e nel topo non è stato osservato un nucleo zigotico interfase, e i genomi di
derivazione parentale -che costituiscono il genoma dell'embrione unicellulare- sono racchiusi per
la prima volta in un unico sacco nucleare allo stadio bicellulare. Come sottolineava Longo in un
lavoro pubblicato più di 30 anni fa, "molti testi e molte riviste presentano come schema
generale della meiosi e della fecondazione" quello che "attiene specificamente a quegli ovuli che
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sono fecondati allo stadio pronucleare, ad es. il riccio di mare Arbacia", mentre nei mammiferi e
nell'uomo questo schema non corrispondeva alla realtà. "E' vero che questa situazione è
conseguenza di un tentativo di semplificare una serie complessa di eventi. Purtroppo, però, essa
distorce il quadro reale e ignora completamente il fatto che nella maggior parte degli animali gli
ovuli vengono inseminati allo stadio della meiosi".[167] Questa osservazione resta valida a
tutt'oggi per quanto riguarda molti dei testi divulgativi su cui si basa il pubblico dibattito
sull'inizio della vita umana individuale.
PRELUDI ALLA FECONDAZIONE
La procreazione sessuale di un nuovo individuo richiede due processi biologici altamente
coordinati fra loro: la gametogenesi e la fecondazione. Il primo è preludio indispensabile del
secondo, stante che i suoi prodotti -le cellule germinali- sono essenziali perché vi sia
fecondazione. Pertanto, trattando di riproduzione gamica, occorre considerare i due processi ad
modum unius. La gametogenesi rappresenta i processi collettivi della mitosi, della meiosi e della
morfogenesi cellulare, che sono ncessari alla produzione di gameti maschili e femminili maturi. Si
dice spermatogenesi la produzine di cellule spermatiche nel testicolo maschile; si dice oogenesi la
produzione di ovuli nell'ovaio femminile. La base citogenetica della gametogenesi è la
meiosi,[168] una forma di divisione nucleare del tutto unica (detta anchecariocinesi riduzionale)
nella quale una cellula diploie produce gameti aploidi geneticamente distinti. Mentre la mitosi
(ocariocinesi equazionale) preserva il livello di ploidia originario della cellula -che nelle cellule
somatiche umane è di 46 cromosomi- la meiosi separa una copia di ciascun cromosoma omologo
in ciascuna cellula germinale, dividendo così il numero dei cromosomi per due.
Sono due gli aspetti che rendono speciali le cellule germinali. Primo: le cellule germinali sono le
uniche cellule del corpo che trasmettono il genoma alla generazione successiva. Secondo: queste
cellule possono subire soltanto una divisione di tipo riduttivo, cioè meiotica, che svolge un ruolo
fondamentale nel generare, nell'embrione in via di sviluppo, il cariotipo giusto.
Nelle pagine che seguono saranno presentati e discussi alla luce dei più recenti studi sulla
spermatogenesi e sull'oogenesi alcune importanti caratteristiche dei processi che intervengono a
preparare il gamete maschile e quello femminile alla fusione che avverrà durante la
fecondazione.
Maturazione e capacitazione del gamete maschile
Nei mammiferi la spermatogenesi è organizzata in vista della produzione efficiente di un gran
numero di spermatozoi a partire da una popolazione di cellule staminali spermatogoniche
rinnovabili.[169] Il processo si svolge interamente dentro i tubuli seminiferi del testicolo sotto
un attento controllo sia temporale che spaziale. Entro l'epitelio spermatogeno dei tubuli il
processo è sostenuto da un'interazione estensiva fra le cellule di Sertoli[170] e le cellule
germinali, che sono soggette a un controllo endocrino da parte dell'FSH (ormone pituitario che
stimola i follicoli) e a un controllo paracrino da parte di fattori locali, fra cui gli androgeni
prodotti dalle cellule di Leydig[171] sotto la regolazione primaria dell'LH (ormone
luteinizzante). Alla regolazione della funzione testicolare partecipano anche le inibine e le
attivine,[172]prodotte dalle cellule di Sertoli. La spermatogenesi include la divisione mitotica
degli spermatogoni, seguita dalle divisioni meiotiche degli spermatociti che ne risultano
(aploidizzazione del genoma paterno)[173] e dalla trasformazione degli spermatidi rotondi così
ottenuti in spermatozoi (spermiogenesi).[174] Gli spermatogoni si sviluppano a partire da
cellule germinali primordiali (PGC nella sigla inglese) che migrano nella gonade ancora
indifferenziata nelle fasi iniziali dell'embriogenesi, cioè fra la 3ª e la 5ª settimana. Durante il
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periodo fetale della vita del maschio gli spermatogoni entrano in una fase dormiente e il loro
sviluppo si arresta. Al momento della pubertà il loro numero comincia ad aumentare e la
spermatogenesi ha inizio. La fase spermatogonica della spermatogenesi implica la proliferazione
degli spermatogoni di tipo A, i cui 4 sottotipi sempre più differenziati (dall'A1 all'A4, come sono
stati classificati nel ratto) sono generati in modo continuo, per tutta la vita adulta, a partire da
spermatogoni indifferenziati. Gli spermatogoni passano dalla morfologia di tipo A a quella di tipo
B e poi entrano nella meiosi I formando spermatociti diploidi preleptoteni, che via via diventano
spermatociti primari leptoteni, zigoteni, pachiteni e diploteni, e al termine della prima divisione
meiotica danno luogo a spermatociti aploidi secondari. Completata la meiosi II si hanno gli
spermatidi aploidi rotondi. Da ogni spermatocita primario si formano 4 spermatidi.[175] Infine,
la spermiogenesi trasforma gli spermatidi in spermatozoi (Fig.4) passando per alcuni stadi
morfogenetici: formazione di acrosomi per coalescenza dei granuli proacrosomiali che vanno a
formare una grande vescicola acrosomiale avvolta da una membrana, la quale si sposta vicino al
nucleo e aderisce al sacco nucleare; migrazione dei centrioli verso il polo posteriore dello
spermatide e la formazione del flagello; migrazione dei mitocondri fino a formare un colletto
spiraliforme attorno alla porzione prossimale della coda (middle piece); circondamento del
nucleo da parte di una fascia cilindrica di microtubuli (manchette)[176] che sono associati con il
bordo posteriore dell'acrosoma;
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Fig. 4. Strutture di un spermatozoo umano: (1), testa; (2), collo; (3), pezzo intermedio con il
manicotto mitocondriale; (4) coda; (5), segmento terminale della coda. La testa del gamete
maschile è parzialmente coperta dall'acrosoma (A); il resto della testa è nominato regione postacrosomale (B). (Da Rosati P., De Simone I., Guidotti L. et Al., Embriologia Generale, Milano: EdiErmes, 1993).
condensazione della cromatina nucleare e appiattimento e allungamento del nucleo; riduzione
del citoplasma. Negli esseri umani, la proliferazione e la differenziazione delle cellule staminali, la
meiosi, la generazione di cellule germinali aploidi e la morfogenesi dello spermatozoo in via di
sviluppo durano circa 2 mesi, mentre il periodo della spermiogenesi dura circa 5-6
settimane.[177]
Negli stadi finali della spermiogenesi, i profondi mutamenti morfologici che trasformano gli
spermatidi in spermatozoi danno luogo alla perdita di tutto il citoplasma, salvo un sottile strato
compresso nella teca perinucleare, una guaina situata nella testa fra il nucleo e l'acrosoma e/o la
42
membrana cellulare. La formazione di questa teca è parallela all'estrusione e all'eliminazione
della porzione citoplasmatica (goccia citoplasmatica)[178] che viene fagocitata dalle cellule di
Sertoli prima che gli spermatozoi siano rilasciati nel lume nel tubulo seminifero.
Per interagire con l'ovocita nel processo di fecondazione, la testa dello spermatozoo dispone di
strutture altamente specializzate. L'acrosoma è una struttura simile a un cappuccio che copre la
porzione anteriore del nucleo dello spermatozoo (Fig.5). Forma e dimensione dell'acrosoma
variano da una specie all'altra, ma in tutti i mammiferi la sua struttura è fondamentalmente la
stessa. Contiene una varietà di enzimi idrolitici che vengono rilasciati durante la "reazione
acrosomiale" e svolgono funzioni importanti nel processo di fecondazione, quali l'idrolisi delle
matrici quando passano attraverso il cumulus e la zona pellucida. L'acrosoma nasce nell'apparato
di Golgi e le sue componenti vengono trasportate da questo apparato alla struttura acrosomiale
in evoluzione dalle vescicole del trans-Golgi, che nascono nel dittiosoma dell'apparato di Golgi
durante le fasi iniziali della spermiogenesi.[179] Benché siano state individuate diverse proteine
localizzate nell'acrosoma dello spermatozoo umano maturo,[180] l'organizzazione di queste
molecole non è ancora ben compresa,
Fig. 5. Testa dello spermatozoo umano (sezione). La membrana interna dell'acrosama copre il
nucleo, mentre la membrana esterna sta a contatto con la membrana citoplasmatica. Nella parte
più posteriore della regione coperta dall'acrosoma, la testa dello spermatozoo è nominata
segmento equatoriale. (Modificato da Talansky B.E., Fertilization and early embrionic development
in the human, in Cohen J., Malter H.E., Id. et Al., Micromanipulation of Human Gametes and
Embryos, New York: Raven Press, 1992: 84-112).
salvo per quanto riguarda la SP-10, la proacrosina, la acrin1 (MN7) e poche altre. Vi sono
evidenze crescenti del fatto che le proteine acrosomiali subiscano una graduale suddivisione
durante il passaggio degli spermatozoi attraverso l'epididimo, e alcune di esse si modificano
ulteriormente durante il processo di fecondazione. Queste osservazioni indicano che le molecole
acrosomiali non si limitano a una regione specifica dell'acrosoma stesso, ma vengono
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continuamente ricollocate in modo stadio-specifico durante la maturazione degli spermatozoi nel
testicolo e nell'epididimo. Queste modificazioni associate alla maturazione sono considerate
essenziali per far sì che le molecole dello sperma raggiungano il sito corretto o definitivo prima
della fecondazione.[181]
Durante la spermiogenesi, nei mammiferi, si ha un esteso rimodellamento della cromatina.
L'allungamento nuclere e la condensazione della cromatina si verificano contemporaneamente
alle modificazioni nelle proteine nucleari basiche associate al DNA. Una serie di eventi biochimici
accompagnano lo spostamento degli istoni e la comparsa di un insieme di proteine nucleari
basiche come la tH2A, la tH2B, l'H1t, l'H2B spermatide-specifica (ssH2B), la proteina nucleare 1
aploide cellula germinale-specifica (Hanp1), l'HMG testicolo-specifica o tsHMG, la proteina istone
H1-simile negli spermatidi 1 (Hils1), le "proteine di transizione" (TP) e le protamine. Durante la
spermiogenesi la sintesi degli istoni si arresta ed essi vengono sostituiti da un insieme di
TP[182] che poi a loro volta vengono sostituite da protamine.[183] Tutto il processo dà luogo a
una condensazione più che sestupla dei cromosomi, che produce una struttura della cromatina
molto compatta. Alcuni aspetti della struttura della cromatina negli spermatozoi sono stati
chiariti, ma si stanno ancora studiando i meccanismi molecolari che contribuiscono alla
ristrutturazione della cromatina. La maggior parte dei mammiferi ha una sola forma di protamina
che rimpiazza le TP, ma alcune specie, compreso l'uomo e il topo, hanno 2 forme di protamina.
Esperimenti di separazione genica riguardanti la protamina 1 o 2 nei topi hanno dimostrato che
entrambe le protamine sono essenziali per la fecondità, e che l'aploinsufficienza è provocata da
una mutazione che interviene in un allele della protamina. [184] Inoltre, quando viene scissa la
protamina 2, gli spermatozoi così prodotti non sono in grado di generare un embrione capace di
svilupparsi. [185] Questi risultati indicano che la protamina 2 è indispensabile per il processo di
compattazione nucleare durante la spermiogenesi. Molte proteine nucleari sono espresse
sistematicamente durante il periodo di condensazione nucleare. [186] Quasi tutte queste
proteine derivano dall'istone H1 e subiscono complessi processi di modificazione posttraslazione nei mammiferi. Nello sperma umano, il rapporto fra protamine e istoni presenti è di
ca. 85:15. [187]
A differenza di quanto accade nel suo omologo somatico, l'insieme DNA/proteine dello
spermatozoo è disposto in una serie di fogli paralleli. L'affastellamento di questi fogli e la loro
stabilizzazione per mezzo di legami disolfurici permettono di assemblarli in una struttura
toroidale. [188] Questa condensa la cromatina del nucleo dello spermatozoo così che questa
diventa almeno 6 volte più compatta di quella del nucleo somatico. [189] Ciò nonostante, alcune
regioni del genoma permangono in una conformazione desossiribonucleasi-I-sensibile più
rilassata [190] che contiene segmenti corti, arricchiti di istoni [191] che sono legati alla matrice
nucleare. [192] Studi sulla deplezione della matrice nucleare nel topo hanno suggerito che questa
struttura possa fornire segni epigenetici che sono necessari per lo sviluppo iniziale dell'embrione
post-fecondazione, mantenendo al tempo stesso l'integrità del genoma paterno. [193] I
cromosomi materni si decondensano prontamente nel pronucleo femminile dopo che la meiosi II
è stata ultimata alla fecondazione. La cromatina paterna, al contrario, per poter partecipare allo
sviluppo del pronucleo richiede un ulteriore stadio di elaborazione che comprende il rilascio dei
legami disolfuro crociati e la sostituzione delle protamine con istoni derivati dall'ovocita.
A lungo si è sostenuto che la cromatina fortemente addensata dentro il nucleo dello spermatozoo
fosse trascrizionalmente silente. [194] Tuttavia, esperimenti di ibridizzazione in situ hanno
localizzato sia β-actina, sia mRNA prm2 nella regione della testa degli spermatozoi umani
normali, [195] inducendo a ritenere che questo RNA sia una componente regolare del gamete
maschile terminalmente differenziato. Ulteriori studi [196] «hanno confermato in modo
indipendente che gli spermatozoi contengono una quantità di RNA codificanti e non codificanti
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noti e sconosciuti. La presenza di questa serie di RNA colpisce, se si pensa che gli spermatozoi
maturi hanno un citoplasma scarso o nullo». [197] Dei microRNA [198]sono stati individuati
anche nello spermatozoo umano. [199] Al momento della fecondazione, tutti questi mRNA sono
trasferiti all'ooplasma per effetto della fusione spermatozoo-ovocita, [200] aggiungendo un
ulteriore insieme di fattori maschili che contribuisce alla formazione e allo sviluppo dello zigote
prima ancora che i cromosomi materni e paterni si mescolino, e "sollevando alcuni interrogativi
interessanti circa il suo ruolo potenziale nello sviluppo embrionale iniziale".[201]
Maturazione degli spermatozoi: acquisizione della motilità e capacitazione
Gli spermatozoi testicolari sono privi di motilità e non sono neanche in grado di subire il
processo di capacitazione che consentirà loro di fecondare l'ovocita. Durante il loro transito dal
testicolo al dotto eiaculatorio, si verifica una serie complessa di eventi detta maturazione
epididimale, [202] la quale permette agli spermatozoi di acquisire l'abilità di muoversi e di
capacitare. Questi cambiamenti funzionali hanno luogo nell'epididimo, attraverso il quale i
gameti maschili passano e nel quale sono immagazzinati. Gli spermatozoi umani impiegano circa
10 giorni a raggiungere la coda dell'epididimo, cioè il luogo dove vengono immagazzinati prima
dell'eiaculazione. Durante questo transito l'epididimo offre uno specifico ambiente intraluminare
dove ha luogo la maturazione degli spermatozoi. A tal fine sono immersi dalla testa alla coda in
un gradiente di ribonucleasi, [203] glicosidasi [204] e proteasi, compreso il proteasoma
26S. [205]Questo complesso di enzimi permette l'eliminazione di componenti molecolari che
vengono estruse dallo spermatozoo in via di maturazione in quanto non necessarie (o addirittura
ostative) alla riuscita della fecondazione.
Gli spermatozoi della maggioranza dei mammiferi, compresi quelli umani, presentano due tipi di
motilità fisiologica: motilità attivata (definita anche semplicemente motilità spermatica) e
motilità iperattivata. [206] Il flagello di uno spermatozoo attivato genera una forma d'onda
simmetrica di scarsa ampiezza che fa avanzare lo spermatozoo relativamente in linea retta. Nello
spermatozoo iperattivato, il battito del flagello diventa asimmetrico e la sua ampiezza aumenta
dando luogo a traiettorie circolari o a forma di "8". Per la fertilità normale sono importanti
entrambi i tipi di motilità, attivata e iperattivata: la prima è acquisita dagli spermatozoi durante il
loro transito attraverso l'epididimo; la seconda in rapporto al processo di capacitazione. [207]
Fra gli ioni coinvolti nella regolazione della motilità degli spermatozoi nell'uomo, Ca2+ è uno dei
più importanti. [208] Il ruolo della concentrazione extracellulare di calcio ([Ca2+]e)
nell'attivazione degli spermatozoi è stato oggetto di grande dibattito. Mentre è indubbio che il
calcio esterno sia essenziale per la motilità spermatica, è la concentrazione ionica intracellulare
([Ca2+]i) che va regolata rigorosamente per consentire una tempistica precisa per l'attivazione
degli spermatozoi. Livelli decrescenti di [Ca2+]e fra la testa e la coda dell'epididimo sono associati
con il progressivo sviluppo della motilità spermatica e con l'aumentata fosforilazione della
tirosina della proteina. [209] I meccanismi molecolari connessi con l'effetto nocivo di un eccesso
di [Ca2+]e sulla motilità spermatica sono tuttora oscuri e si stanno vagliando varie
ipotesi. [210] Varie evidenze indicano l'importanza della fosforilazione della proteina nella
trasduzione dei segnali stimolatori alla motilità. E' stato dimostrato che il sistema adenilatocyclase-cAMP-PKA è implicato nella fosforilazione della tirosina di diverse proteine del flagello
associate alla motilità spermatica, [211] e sono stati descritti difetti di fosforilazione di questa
proteina in pazienti astenozoospermici, cioè i cui gameti maturi presentano ridotta motilità e
iperattivazione. [212]
Vi sono evidenze crescenti che "la maturazione epididimale si può considerare come la fase di
controllo di qualità che garantisce uno spermatozoo sano". [213] Il marcamento con molecole di
45
ubiquitina di alcune componenti cellulari, compresi i mitocondri paterni, è essenziale perché uno
spermatozoo contribuisca correttamente alla fecondazione e allo sviluppo
embrionale. [214] L'efficace rimozione delle strutture mitocondriali paterne assicura l'eredità
esclusivamente materna di questi organelli essenziali al metabolismo cellulare: la regola è nota
anche come omoplasmia mitocondriale materna. [215] Tale meccanismo protettivo rappresenta
un modo controllato per rimuovere prodotti di danno ossidativo, e durante la vita dello
spermatozoo i mitocondri sono soggetti a danno ossidativo a causa della limitata capacità
riparatoria del loro genoma. Nell'uomo, la mancata sorveglianza dell'ubiquitina compromette lo
sviluppo embrionale [216] e il primo caso clinico di eteroplasmia conferma che la sopravvivenza
alla nascita è problematica a causa di una grave intolleranza all'esercizio fisico. [217]
Le proprietà fusogeniche della membrana plasmatica dello spermatozoo che sono essenziali alla
fecondazione richiedono la presenza di alte concentrazioni di acidi grassi poliinsaturi (PUFA).
Questa predominanza dei PUFA rende gli spermatozoi facilmente suscettibili alla perossidazione
lipidica dovuta ad attacchi di specie reattive dell'ossigeno (ROS), fenomeno noto come "stress
ossidativo". [218] Le strategie antiossidanti che proteggono lo spermatozoo durante il suo
transito epididimario coinvolgono determinati enzimi, fra cui alcuni membri della famiglia del
glutatione perossidasi (GPX), la catalasi, l'indolamina diossigenasi e la superossido
dismutasi. [219]
La capacitazione degli spermatozoi: acquisire il potere di fecondare ovociti
E' noto da più di 50 anni che gli spermatozoi dei mammiferi, al momento dell'emissione da parte
dell'apparato riproduttivo maschile, non sono in grado di fecondare gli ovociti: per penetrare
attraverso i rivestimenti dell'ovocita e fondersi con esso, devono trovarsi in uno specifico stato di
preparazione, detto "capacitazione". In origine, quando fu coniato, questo termine indicava la
"necessità che gli spermatozoi permangano per un certo tempo...nell'apparato femminile prima
di poter penetrare nella zona" pellucida[220] e il "tempo occorrente perché gli spermatozoi
compiano un cambiamento fisiologico che li mette in condizione di raggiungere la capacità
fecondante".[221] Poi, con l'avvento della fecondazione in vitro(FIV, nella sigla inglese), i biologi
hanno cominciato a studiare la capacitazione degli spermatozoi dei mammiferi al di fuori
dell'apparato riproduttivo femminile e a indurla in laboratorio manipolando i gameti. Ciò "ha
reso possibile studiare la capacitazione a livello molecolare, ma al tempo stesso ha oscurato il
significato originario di questo processo".[222]Per questo, oggi questo termine è talvolta usato in
maniera non corretta.
A lungo si è pensato che la capacitazione fosse una proprietà statica e protratta degli
spermatozoi. Questo fino a quando è stato chiaramente dimostrato che, nell'uomo, "in ogni dato
momento è capacitata soltanto una piccola frazione della popolazione di spermatozoi; che questo
stato di capacitazione è passeggero (1-4 ore della durata di vita); che si verifica una sola volta
nella vita dello spermatozoo; che i diversi spermatozoi raggiungono questo stato in momenti
diversi, e che di conseguenza, nella popolazione, si verifica una sostituzione continua delle cellule
capacitate".[223] Tutti questi fenomeni hanno sollevato due appassionanti interrogativi: perché
nell'uomo lo stato di capacitazione abbia durata così breve e perché in ogni dato momento gli
spermatozoi capacitati siano così pochi. Michael Eisenbach [224] e i suoi collaboratori avanzano
l'ipotesi che il ruolo di queste caratteristiche sia prolungare la presenza, nell'apparato genitale
femminile, di un certo numero di spermatozoi capacitati: l'incessante sostituzione dei gameti
capacitati sarebbe un meccanismo che compensa la mancanza di uno stretto coordinamento
temporale fra coito e ovulazione protraendo la capacità fecondante complessiva della
popolazione di spermatozoi depositata fino a qualche giorno dopo la loro penetrazione nel muco
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cervicale. Di recente, uno studio comparativo dei tempi della capacitazione in vitro negli
spermatozoi del coniglio e dell'uomo ha fornito un'evidenza sperimentale indiretta che suffraga
questa ipotesi: la capacitazione durava più a lungo nell'uomo che nel coniglio. Dal momento che
nella coniglia l'ovulazione è indotta dal coito, mentre nella donna è periodica (cioè indipendente
dai rapporti sessuali), l'osservazione riferita nello studio "suggerisce che lo stato di capacitazione
sia programmato per massimizzare le probabilità che un uovo ovulato si incontri con
spermatozoi nel miglior stato funzionale possibile".[225]
La capacitazione è preceduta dalla perdita o dalla rimozione di fattori inibitori associati alla
superficie dello spermatozoo, che hanno origine nelle secrezioni dei tubuli e dotti dell'apparato
maschile attraverso cui sono passati gli spermatozoi. L'eliminazione di tali fattori "decapacitanti"
dagli spermatozoi non capacitati dà luogo a un rapido aumento della loro capacità fecondante in
vitro,[226] e la reintroduzione degli stessi fattori inibisce prontamente la loro capacità di
fecondare l'ovocita.[227] Il fattore di decapacitazione meglio caratterizzato è il DF, una
glicoproteina 40 kDa situata sulla regione della testa posto-acrosomiale degli spermatozoi di topo
non capacitati.[228] Restano largamente sconosciuti l'identità e i meccanismi molecolari di
azione di alcune altre proteine che si presume intervengano nel blocco della capacitazione degli
spermatozoi. Un nuovo candidato a fattore decapacitante è stato individuato recentemente in una
proteina che si lega alla fosfatidiletanolamina (PBP).[229]
Durante il processo di capacitazione, sugli spermatozoi si verificano alcuni cambiamenti
biochimici. Fra questi: aumentata attività dell'adenilil ciclasi ed elevati livelli di adenosina
monofosfato ciclico (cAMP); fosforilazione della proteina tirosina di un sottoinsieme di
componenti dello sperma; aumento del pH intracellulare (pHi); influsso di Ca2+; modificazioni
delle proteine, dei carboidrati e dei lipidi della membrana plasmatica degli spermatozoi;
cambiamento dei pattern di lectin binding a seguito di alterazioni dei carboidrati
superficiali.[230] Benché sia noto da tempo che il cAMP svolga un ruolo importante nella
capacitazione degli spermatozoi, solo di recente sono stati scoperti vari leganti capaci di fungere
da "primi messaggeri" quando si legano a certi specifici recettori separati situati sulla membrana
plasmatica dello spermatozoo, e quindi di influenzare la produzione di cAMP.[231] I
cambiamenti dei lipidi della membrana cui abbiamo accennato potrebbero essere legati allo
smascheramento dei recettori spermatici per le proteine della zona pellucida, che si verifica
durante l'acquisizione della capacità della reazione acrosomiale.[232] E' stata riconosciuta
l'importanza del ruolo del citoscheletro di actina nella capacitazione degli spermatozoi nei
mammiferi. La polimerizzazione dell'actina globulare, o actina G, in actina filamentosa, o actina F,
si verifica durante la capacitazione e dipende dall'attivazione della proteina kinase A (PKA), dalla
fosforilazione della proteina tirosina e dall'attivazione della fosfolipasi D.[233] La
polimerizzazione dell'actina è necessaria per l'incorporazione dello spermatozoo
nell'ooplasma[234] e per la successiva decondensazione del suo nucleo.[235] Per la
traslocazione della fosfolipasi C dal citosolo alla membrana plasmatica dello spermatozoo che si
verifica durante la capacitazione è necessaria la formazione di actina F.[236]
Maturazione e ovulazione del gamete femminile
"La crescita degli ovociti nei follicoli ovarici e il loro sviluppo fino a diventare ovuli maturi è un
tema che appassiona i biologi da secoli. Da molto tempo gli scienziati hanno colto l'importanza
delle cellule somatiche del follicolo ovarico per promuovere l'oogenesi e immettere l'ovocita
nell'ovidotto mediante l'ovulazione".[237] Nel suo sviluppo, mirante a produrre un gamete
maturo, competente per la fecondazione, la cellula germinale femminile dei mammiferi passa
attraverso varie transizioni e vari blocchi. Queste trasformazioni iniziano con la specificazione
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delle cellule germinali primordiali (PGC) nell'embrione. Nei mammiferi, le cellule germinali
primordiali sembrano essere indotte de novo da altre cellule all'inizio della gastrulazione
dell'embrione.[238] L'origine embriologica delle PGC è extragonadica: per raggiungere il
rudimento gonadico migrano attraverso vari tessuti. I meccanismi della migrazione delle PGC
durante l'ontogenesi sono altamente conservati filogeneticamente e comprendono cues intrinseci
e somatici, attrazione e repulsione, nonché motilità ameboide.[239] Nelle cellule germinali
primordiali di diverse specie sono stati scoperti vari fattori coinvolti nei meccanismi molecolari
che portano alla formazione della linea germinale (fra i determinanti
conservati: vasa, tudor, pumilio, nanos, germ cell less e mago nashi)[240]. Si suppone che Oct-4,
un fattore ereditato dalla madre che è essenziale per la linea germinale dei mammiferi[241],
funga da attivatore trascrizionale dei geni necessario per mantenere uno stato totipotente
indifferenziato, e possa reprimere la trascrizione dei geni regolatorilineage-specific.
Durante la migrazione, il numero delle PGC si accresce per mitosi[242]. Quando giungono
nell'ovaio che si sta sviluppando, se non è presente nel genoma e non è propriamente espresso
un fattore determinante del sesso maschile, le PGC sono differenziate in ovogoni e continuano a
moltiplicarsi mitoticamente fino all'inizio della meiosi I. Da questo stadio in poi si definiscono con
un nuovo termine (ovociti primari) e il loro numero cala progressivamente (rispettivamente a ca.
7 milioni al 5° mese di gestazione, tra 700 mila e 2 milioni alla nascita e ca. 400 mila alla pubertà).
Nei mammiferi, la meiosi della linea germinale femminile ha inizio ben prima della nascita. Ma
ben presto questo processo si arresta allo stadio di diplotene della profase I (P-I), per riprendere
soltanto attorno al momento dell'ovulazione, negli anni di vita fertile della donna. "Il destino delle
cellule germinali viene deciso dopo l'inizio della meiosi. Una cellula germinale meiotica può
degenerare oppure completare la meiosi, ma non può ritornare alla proliferazione
mitotica"[243]. In ogni donna adulta, infatti, solo pochi ovociti (400-500 circa) maturano fino allo
stadio ovulatorio, e in caso di fecondazione quelli che completano la meiosi II sono un numero
ancora più limitato.
Nell'ovaio perinatale, gli ovociti fermi allo stadio di diplotene della meiosis I[244] e circondati da
un unico strato squamoso di cellule somatiche formano una popolazione definita di follicoli
primordiali che non crescono. Un certo numero di questi follicoli viene reclutato e le loro cellule
somatiche (dette cellule della granulosa) diventano cuboidali e proliferano dando luogo a un pool
di follicoli primari destinati ai successivi stadi di sviluppo follicolare per tutta la vita riproduttiva
della donna.
Dalla rottura della vescicola germinale al blocco in metafase-II
L'ovocita è una cellula altamente differenziata. Si "specializza per le sue funzioni uniche e
attraversa progressivamente una serie di stadi evolutivi fino ad acquisire un fenotipo competente
per la fecondazione"[245] (Fig.6). In confronto alle cellule somatiche dei mammiferi, gli ovociti
hanno un'architettura citologica tutta diversa. Sono le cellule più grandi della femmina adulta
(nell'uomo il loro diametro in vitro è di 160±20 μm, n = 545)[246] e contengono riserve di tutti
gli elementi citoplasmatici (organelli, macro- e micromolecole) necessari a supportare le prime,
rapide segmentazioni dell'embrione che avvengono dopo la fecondazione. Oltre a disporre di un
gran numero di organelli tipici delle cellule eucariotiche -come il reticolo endoplasmatico (ER
nella sigla inglese), i mitocondri (MT) e l'apparato di Golgi (GA)- gli ovociti posseggono
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Fig. 6. Struttura del cumulus oophorus (sezione). Al tempo dell'ovulazione, l'ovocito, arrestato
nello stadio di metafase II della meiosi, sta racchiuso dentro un involucro glicoproteico (zona
pellucida) circondato da cellule follicolari della corona radiata, che sono tenute insieme da una
matrice di acido ialuronico. Il sottile spazio tra la membrana della cellula gamete (oolemma) e la
zona pellucida è chiamato spazio perivitellino ed accoglie i globuli polari che sono espulsi dal
citoplasma (ooplasma) dell'ovocito alla fine della prima e della seconda cariocinesi (karyokinesis)
meiotica (rispettivamente globulo polare 1º e globulo polare 2º). (Modificato da Rosati, De
Simone, Guidotti, Embriologia Generale...).
strutture non osservabili altrove, fra cui le lamelle anulate e i granuli corticali.[247] Inoltre, se gli
ovuli di tutti gli animali sono coperti da uno o più rivestimenti extracellulari, gli ovociti di
mammiferi sono circondati da uno spesso strato di glicoproteine, detto zona pellucida
(ZP),[248] e da una matrice extracellulare, detta spazio perivitellino (PVS).[249]
Il nucleo degli ovociti che si arrestano all'inizio della meiosi I è molto grande e si definisce
vescicola germinale (GV). Il sacco nucleare (NE) di quest'ultima contiene molti più complessi
porosi nucleari (NPC) -cioè strutture che mediano il trasporto fra citoplasma e nucleo[250]- di
quanti ne contenga il nucleo di una tipica cellula somatica, ad es. un fibroblasto. Di contro, le
dimensioni dei cromosomi cariocinetici e degli astri di microtubuli del fuso sono assai simili a
quelle delle cellule somatiche in via di divisione. "La rilevanza funzionale di questa enorme
vescicola germinale non è del tutto chiara, ma potrebbe trattarsi di un mezzo per immagazzinare
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per un lungo periodo di tempo componenti del sacco nucleare che si assemblano
spontaneamente, come i complessi porosi e le lamine nucleari".[251]
Quando gli ovociti escono dal blocco P-I e rientrano nella meiosi, la vescicola germinale si
disintegra. Poco dopo questo processo, provocato dalle forze meccaniche del citoscheletro
insieme alla scomposizione biochimica dei complessi proteici del sacco nucleare,[252] i
cromosomi dell'ovocita passano alla piastra della metafase-I (M-I), entrano rapidamente
nell'anafase (A-I) e nella telofase-I (T-I) e a quel punto viene estruso il primo corpo polare (PB-1).
I cromosomi rimasti dentro l'ovocita si riallineano prontamente formando il secondo fuso
meiotico. Gli ovociti dei mammiferi si arrestano a questo stadio (metafase-II o M-II) ed entrano
nell'anafase-II (A-II) solo al momento della fecondazione.[253] Durante la meiosi I e II, gli ovociti
si trovano nella fase M del ciclo cellulare, con un'elevata attività del maturation-promoting
factor (MPF).[254] Per effetto dell'alta espressione di MPF, le proteine del sacco nucleare, come
le lamine e le nucleoporine, vengono fosforilate, impedendo la polimerizzazione delle lamine e il
montaggio dei complessi porosi nucleari. Tuttavia, benché fra la meiosi I e II l'attività dell'MPF
subisca un netto calo, non si riforma il sacco nucleare attorno ai cromosomi. Come hanno
osservato Lénárt ed Ellenberg, "probabilmente, impedire la formazione del sacco nucleare è un
prerequisito importante per inibire la replicazione del DNA durante la divisione riduttiva".[255]
A cominciare dalla formazione del follicolo per continuare attraverso tutto il suo sviluppo, una
comunicazione bidirezionale fra l'ovocita e le cellule della granulosa che lo circondano è
essenziale per la maturazione coordinata sia del gamete, sia delle cellule somatiche.[256] Ad
esempio, difetti della maturazione meiotica sono documentati nei topi che mancano della
proteina giunzionale connexina 37, coinvolta nelle interazioni fra ovocita e cellule della
granulosa.[257]Gli ovociti dipendono dalle cellule somatiche per crescere e svilupparsi,[258] per
la regolazione della meiosi[259] e per la modulazione trascrizionale del genoma.[260] Perché lo
sviluppo follicolare progredisca oltre lo stadio primario, occorrono segnalazioni bidirezionali.
Alcune delle proteine specifiche che partecipano a questo processo di regolazione sono state
identificate: fra queste, il fattore di differenziazione 9 o GDF9, secreto dall'ovocita; il recettore
KIT (superficie dell'ovocita) e il suo legando KITL (prodotto dalle cellule della
granulosa).[261] Oltre a ciò, i follicoli diventano sensibili alle gonadotropine. Ad esempio, il GDF9
favorisce la formazione e l'integrità del complesso cumulo-ovocita inducendo ialuronidasi 2,
pentraxina 3 e fattore 6 indotto dal fattore di necrosi tumorale, e sopprimendo l'attivatore del
plasminogeno-urochinasi.[262]
Dall'ambiente follicolare all'ambiente tubale
L'ovulazione -innescata dal rialzo dei livelli di ormone luteinizzante (LH) che avviene a metà
ciclo- è l'evento che segna il passaggio del gamete femminile dall'antro follicolare all'ambiente
extraovarico, rappresentata normalmente dal lume dell'endosalpinge, in cui l'ovocita è bagnato
dal fluido oviduttale.[263]
Poco prima dell'ovulazione, le gonadotropine stimolano le cellule della granulosa a produrre e
secernere acido ialuronico (HA), un glicosaminoglicano non solfato, che disperde queste cellule e
le ingloba in una matrice simile al muco, in un processo detto "espansione (o mucificazione) del
cumulo".[264] La formazione della matrice del cumulo ooforo è controllata anche da un fattore
derivato dall'ovocita. Evidenze sperimentali provenienti da studi in vitro sulle cellule del cumulo
depongono fortemente a favore della tesi che il fattore che stimola la sintesi dell'acido ialuronico
sia il GDF9.[265] Nel complesso cumulo-ovocita (COC) pienamente espanso, l'acido ialuronico è
presente, con una concentrazione pari a 0,5-1 mg/ml, come componente predominante della
matrice, che determina le proprietà viscoelastiche del complesso. Nella matrice del COC sono
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presenti anche altri glicosaminoglicani, fra cui condroitina solfato, dermatano solfato e una
sostanza simile all'eparina. La matrice sembra ancorata alla superficie delle cellule del cumulo
dal recettore dell'acido ialuronico CD44.[266]
A questo punto l'ovocita ha completato la meiosi I, dando luogo a un grosso ovocita secondario
che contiene quasi tutto il materiale citoplasmatico più una piccola struttura rotonda -il primo
corpo polare (PB1)- in cui si trova la metà dei cromosomi omologhi della madre. Il corpo polare è
localizzato entro lo spazio perivitellino (PVS), cioè il piccolo insterstizio fra l'ovocita e la zona
pellucida (Fig.6). La meiosi II segue immediatamente, ma si arresterà alla metafase e rimarrà così
fino alla fecondazione. L'apparato del fuso della seconda divisione meiotica fa la sua comparsa al
momento dell'ovulazione. Un secondo corpo polare (PB2) contenente metà delle cromatidi
sorelle si formerà durante la fecondazione, poco dopo la fusione delle membrane plasmatiche dei
gameti e l'inglobamento degli spermatozoi.[267]
La risposta follicolare al rialzo dell'ormone luteinizzante LH, che culmina nell'ovulazione, è un
processo complesso, ma ben orchestrato, che comporta un continuo cross-talking fra le cellule
della granulosa e l'ovocita. L'LH attiva una serie di segnali attraverso il suo recettore
specifico.[268] Inoltre alcuni segnali -ad esempio l'aumento di Ca2+ e di cAMP- si diffondono
nell'ovocita attraverso la rete dei gap junction per sollecitare le risposte del gamete.[269] La
rottura del follicolo graafiano[270] si verifica entro 24-36 ore dal rialzo dell'LH. Sembrano essere
essenziali per la rottura follicolare le prostaglandine localizzate localmente, essendo le principali
responsabili dell'aumento della permeabilità vascolare che sostiene la pressione intrafollicolare
positiva.[271] La riduzione progressiva della forza tensile della parete follicolare dà luogo alla
sua rottura completa.[272] A quel punto, il flusso di fluido e transudato vascolare trasporta il
complesso cumulo-ovocita fuori dal follicolo e sulla superficie dell'ovaio, dove esso viene
prelevato dall'infundibolo ed entra nell'ampolla della tuba di Falloppio.[273]
"E' riconosciuto da oltre 50 anni che l'ovidotto è un organo riproduttivo responsabile della
creazione di un microambiente che serve ad agevolare le funzioni dei gameti, la fecondazione e lo
sviluppo embrionale iniziale. Questa evidenza proviene da numerose specie e dagli scienziati che
usano una varietà di tecniche per recuperare le secrezioni dell'ovidotto e sottoporle ad analisi
funzionali e composizionali".[274] Studi molecolari delle secrezioni tubali documentano che
questo fluido è biochimicamente assai complesso e ha come componente principale le proteine.
Benché gran parte di queste proteine si trovino anche in altri tessuti, c'è un gruppo di
glicoproteine specifiche dell'ovidotto (le oviduttine o OSG) che è stato descritto sia
nell'uomo[275] sia in altre specie (topo, criceto, pecora, mucca, maiale, cavallo e
babbuino).[276] Il fatto che le oviduttine abbiano origine esclusivamente tubale e la loro
secrezione sia massima nel periodo periovulatorio, ha suscitato notevole attenzione per valutare
la loro funzione. Gli effetti delle oviduttine in vitrosui gameti femminili e maschili e sull'embrione
sono stati dettagliatamente esaminati altrove[277] e comprendono: mantenimento della motilità
degli spermatozoi, stimolazione della capacitazione, aumento dei tassi di fecondazione e
agevolazione dei primi stadi di sviluppo dell'embrione.[278] Tuttavia l'ipotesi attraente che le
oviduttine svolgessero un ruolo cruciale nella promozione della fecondazione e nell'embriogenesi
preimpianto è stata posta in discussione dall'osservazione che i topi null per le oviduttine hanno
una fecondità normale.[279] Gabler, Chapman e Kilian[280]hanno recentemente stabilito che il
fluido oviduttale contiene osteopontina, una glicoproteina che si trova in numerosi tessuti ed è
notoriamente implicata nell'adesione cellulare e nella segnalazione cellulare legandosi alle
integrine. L'osteopontina è espressa dall'epitelio dell'ovidotto, e al pari delle oviduttine sembra
avere molteplici effetti benefici sulla fisiologia dei gameti e dell'embrione in vitro. Ciò nonostante,
il topo null per l'osteopontina è fertile.[281]
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Sono in corso ulteriori studi volti a valutare la funzione di specifici fattori dell'ambiente tubale,
che serviranno a meglio definire i loro contributi all'azione promotrice della fecondazione e dello
sviluppo embrionale svolta dal fluido oviduttale. Il quadro che sta emergendo è che, nel loro
insieme, le secrezioni dell'endosalpinge costituiscano un sistema a prova di guasto per garantire
la fecondità: ossia che l'ambiente favorevole non dipenda da un'unica componente.
IL PROCESSO DELLA FECONDAZIONE
Il processo, i suoi stadi e i relativi eventi: comprendere che cosa avviene al momento della
fecondazione
La fecondazione non è né un fenomeno istantaneo né un unico riassetto spaziale degli elementi
che la rendono possibile. Con il contributo degli spermatozoi, la fecondazione "riorganizza l'ovulo
nello zigote mediante una serie interattiva di cambiamenti strutturali e biochimici che si
verificano in un distinto modello temporale e spaziale".[282] Come quasi tutti gli eventi
fisiologici della vita degli organismi, anche la fecondazione è un processo biologico complesso,
cioè una serie ben orchestrata di cause ed effetti di natura cellulare, genetica, chimica e fisica la
cui finalità è espletare una specifica funzione. Nel nostro caso, la finalità biologica è la
generazione di una cellula evolutivamente totipotente (lo zigote o embrione unicellulare) "che
costituisce l'inizio, o il primordio, di un nuovo individuo"[283] riprodotto gamicamente. Questa
cellula, geneticamente e citologicamente nuova, è l'esito di un gran numero di eventi molecolari e
ultrastrutturali coordinati che favoriscono l'interazione dei due gameti. I delicati passaggi
successivi di questo progresso verso la costituzione dell'entità biologica nuova sono detti "stadi
della fecondazione". Distinguere il processo della fecondazione in vari stadi non serve soltanto a
organizzare i singoli eventi ultrastrutturali e molecolari in un modello intelligibile che renda
comprensibile la funzione della fecondazione: ci introduce anche a una più profonda
comprensione del rapporto causa-effetto che sottende a questo processo fondamentale della vita.
In questa prospettiva euristica nei confronti degli articolati fenomeni della vita, le cui basi
teoriche sono elaborate dalla filosofia della biologia, un ruolo speciale è attribuito
all'individuazione della "fase critica", cioè la fase in cui il processo stesso si distacca dal suo stato
di indeterminazione circa quale di due o più possibilità sarà attuata, o da una condizione di
reversibilità che consente al sistema biologico di arrestarsi in un punto d'equilibrio o di tornare
al suo stato originario. Una volta che la "fase critica" è stata intrapresa o superata, il processo
viene spinto avanti e a tempo debito raggiungerà il suo fine, sempre che siano disponibili tutti i
fattori genetici, molecolari e cellulari occorrenti e che non si verifichino eventi avversi. Nel
ripercorrere qui di seguito i principali eventi che contribuiscono all'avvio e alla prosecuzione
degli stadi della fecondazione nei mammiferi (con qualche riferimento, ove necessario, ad altri
modelli animali), saranno riportati e discussi dati recenti che possono contribuire alla
comprensione di questo fondamentale processo del ciclo vitale, alla definizione delle sue
caratteristiche citologiche, genetiche e biochimiche salienti, e all'individuazione della sua "fase
critica".
Secondo la letteratura recente, nei mammiferi gli eventi coinvolti nel processo della fecondazione
si possono raggruppare in stadi successivi, il modo in cui comunemente "due cellule sessuali
(gameti) si fondono a creare un nuovo individuo con potenzialità genetiche derivanti da entrambi
i genitori".[284] Usando svariati modelli animali, e più recentemente anche per mezzo dello
studio della fecondazione in vitro (FIV) nell'uomo,[285] ciascuno di questi stadi è stato indagato
in dettaglio e caratterizzato a livello ultrasttrutturale, genetico e molecolare, e attualmente in
molti laboratori sono in corso studi volti a far luce sui meccanismi più riposti che vi danno luogo
e li controllano. Queste indagini hanno prodotto una vasta letteratura il cui contributo alla
comprensione del processo di fecondazione è difficile da riassumere in uno spazio limitato.
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Pertanto, è stata operata una selezione di quegli aspetti della ricerca contemporanea che
chiariscono ulteriormente ciò che avviene "nel processo tramite cui uno spermatozoo e un ovulo
si uniscono a formare la prima cellula dello sviluppo di un organismo multicellulare".[286]
La citata distinzione in stadi non comporta l'unità complessiva del processo della fecondazione,
che poggia sul fine cui sono orientati tutti gli stadi e in vista del quale essi forniscono il repertorio
completo di strutture, funzioni e regolazioni, cioè "trasmettere il genoma da una generazione
all'altra e dare avvio allo sviluppo di un nuovo organismo".[287] Inoltre, poiché "nei mammiferi
il processo della fecondazione consiste in numerosi eventi che devono avere luogo in un ordine
obbligatorio per produrre uno zigote in grado di sopravvivere",[288] è tale ordine intrinseco di
cause ed effetti che ci consente di definire i confini del processo per quanto riguarda il suo inizio
e la sua fine e di cercare lo stadio che indirizza con certezza il processo a produrre il suo effetto
finale, cioè "avviare lo sviluppo embrionale di un nuovo individuo".[289]
Superare le barriere: dal contatto fra gameti all'ingresso nello spazio perivitellino
La penetrazione del cumulo ooforo
Gli spermatozoi si avvicinano al cumulo ooforo espanso con lo scopo di raggiungere la zona
pellucida e attraversarla (Fig.7). A paragone con l'abbondanza di dati e considerazioni
sull'importanza dell'interazione cumulo-ovocita durante la maturazione dell'ovocita, meno
attenzione è stata rivolta al ruolo delle cellule del cumulo nel processo di fecondazione. Mentre
per la FIV non occorrono ovociti cumulo-intatti (anzi, di solito gli ovociti vengono "decoronizzati"
prima di aggiungere i gameti maschili al mezzo di coltura o di iniettare gli spermatozoi
nell'ovocita), in alcune specie le cellule del cumulo migliorano nettamente i tassi di
fecondazione.[290] Come hanno chiaramente evidenziato Olds e Clarke, "è un errore partire dal
presupposto che le interazioni spermatozoo-cellula del cumulo siano superflue, visto che la
penetrazione della zona pellucida da parte degli spermatozoi è significativamente accresciuta se
le cellule del cumulo sono lasciate sul posto".[291] Tuttavia, i meccanismi mediante i quali il
cumulo e la su matrice extracellulare condizionano l'interazione degli spermatozoi con la zona
pellucida non sono ancora noti in via definitiva. Potrebbero comprendere segnali chimici rivolti
alle vie di trasduzione del segnale spermatico che forse modificano la motilità e/o le fasi finali
della capacitazione, e forse le cellule del cumulo continuano a rifornire l'ovocita di utili metaboliti
anche dopo l'ovulazione. Per giunta, la matrice ricca di acido ialuronico appare continua con il
rivestimento degli spazi nella parte esterna della zona pellucida, e quindi potrebbe avere un
effetto benefico via via che gli spermatozoi la penetrano.[292] Infine, nelle interazioni
spermatozoi-zona pellucida è probabilmente significativa la resistenza fisica del cumulo
ooforo.[293]
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Fig. 7. La successione dei primi stadi nella fertilizzazione umana. (a) Uno spermatozoo capacitato
penetra il cumulo ooforo e (b) aderisce alla zona pellucida, nella quale accade la reazione
acrosiomiale. Uno o più spermatozoi con reazione acrosomiale compiuta attraverso la zona
pellucida e (c) passano nello spazio perivitellino. L'adesione della testa dello spermatozoo
all'oolemma è seguita dalla (d) fusione della membrana della testa dello spermatozoo con
l'oolemma seguita dall'immersione di questo spermatozoo nell'ooplasma. (Modificato da Evans
J.P., Florman H.M., The state of the union: the cell biology of fertilization, Nature Cell Biology 2002,
4(1): S57-S63).
Per penetrare il cumulo ooforo gli spermatozoi usano una motilità iperattivata[294] e una
ialuronidasi di superficie glicosilfosfatidilinositolo-ancorata detta PH-20.[295] Visto che nessuna
proteasi è ancora stata coinvolta in questa penetrazione, secondo alcuni autori l'ipermotilità degli
spermatozoi e la ialuronidasi situata sulla loro superficie "sono necessarie, e forse sufficienti, a
creare una via attraverso la matrice extracellulare delle cellule del cumulo.[296] In ogni caso, i
topi mancanti della PH-20 hanno una fecondità normale in vivo, benché la ritardata penetrazione
del cumulo determini tassi di FIV ridotti.[297] Quindi, "potrebbero esservi ialuronidasi
aggiuntive che compensano l'assenza di PH-20, oppure occorre rivalutare l'importanza delle
attività enzimatiche nella penetrazione del cumulo".[298]
L'adesione spermatozoi-zona pellucida
Il contatto spermatozoi-zona pellucida (ZP) si chiama "adesione" anziché "legame" perché il
primo termine si riferisce ad associazioni cellula-cellula o cellula-matrice extracellulare, mentre il
secondo è più propriamente riservato per la specifica associazione fra due molecole. Mentre una
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(o forse due) delle glicoproteine solubilizzate della ZP si lega(no) specificamente con vari
"recettori ZP" putativi localizzati nella membrana cellulare dello
spermatozoo,[299]l'associazione degli spermatozoi con la ZP intatta che racchiude l'ovocita si
verifica fra una cellula (gamete maschile) e una matrice extracellulare, costituendo pertanto
un'adesione.[300]
L'adesione degli spermatozoi alla ZP avviene in vari stadi che non sono sempre visibili al
microscopio ottico. Il contatto iniziale fra gli spermatozoi e la superficie della ZP avviene a livello
della regione equatoriale e/o postacrosomiale del gamete maschile acrosoma-intatto. Come
documentano registrazioni video effettuate nel criceto, dapprima lo spermatozoo ruota
liberamente intorno a questo punto di contatto, benché il suo grado di movimento sia ridotto
dalle cellule del cumulo.[301] Drobnis e collaboratori hanno suggerito che il cumulo potrebbe
contribuire a orientare la testa dello spermatozoo per la penetrazione della ZP e opporre una
resistenza meccanica alle forze flagellari dirette alla porzione prossimale della coda.[302] In ogni
caso, indipendentemente dall'eventuale ruolo del cumulo, "sembra che lo spermatozoo
acrosoma-intatto non si limiti a giacere nella zona pellucida ma vi aderisca. Se vi fosse contatto
ma non adesione, il movimento flagellare allontanerebbe la testa dalla zona".[303] Nella regione
equatoriale della testa dello spermatozoo, ponti intermembranosi stabilizzano la membrana
acrosomiale esterna e la membrana plasmatica che la ricopre, alla quale la guaina
postacrosomiale è strettamente legata da creste o sporgenze periodiche.[304]
Nei mammiferi, o almeno nella maggior parte di essi, è probabile che la fase iniziale dell'adesione
alla zona pellucida abbia luogo soltanto con spermatozoi acrosoma-intatti.[305] Evidenze
considerevoli indicano che il riconoscimento dei carboidrati svolge un ruolo chiave in questa
interazione.[306] Il modello animale preferito per indagare il ruolo del riconoscimento dei
carboidrati nella fecondazione nei mammiferi è il topo. Gli spermatozoi murini danno luogo alla
fecondazione legandosi alla ZP, una matrice composta di tre grandi glicoproteine dette mZP1,
mZP2 e mZP3.[307] Si ritiene che la mZP3 sia la componente che media sia il legame iniziale, sia
l'induzione della reazione acrosomiale.[308] La sua delezione genetica determina la perdita
completa di una zona pellucida funzionale e l'infertilità.[309]
Nel topo, le evidenze suggeriscono che l'adesione iniziale dei gameti sia mediata da un insolito
ricettore della superficie dello spermatozoo, la β1,4-galattosiltransferasi-I (GalT), che si lega ad
alcune specifiche catene di oligosaccaridi sulla glicoproteina della zona pellucida ZP3.[310] Il
legame delle catene di oligosaccaridi di ZP3 induce l'aggregazione della GalT, attivando così, in
modo diretto o indiretto, l'esocitosi acrosomiale.[311] Tuttavia, studi più recenti hanno sollevato
la questione se il legame spermatozoo-ovulo si possa spiegare unicamente con la GalT dello
spermatozoo che si lega agli oligosaccaridi della ZP3, e suggeriscono che il legame spermatozooovulo probabilmente è mediato da recettori aggiuntivi alla GalT e alla ZP3. Il riconoscimento dei
gameti sembra essere più complesso di un'unica interazione recettore-legante e si può risolvere
in almeno due eventi di legame distinti: un'interazione ZP3- e GalT-indipendente, responsabile
dell'adesione dei gameti, e un'interazione ZP3- e GalT-dipendente che agevola l'esocitosi
acrosomiale.[312]
La reazione acrosomiale
L'esocitosi dell'acrosoma, o reazione acrosomiale (AR), è un'alterazione morfologica che si
verifica prima della penetrazione della zona pellucida. L'AR "costituisce una strategia
riproduttiva fondamentale che è un prerequisito della riuscita della fecondazione".[313] Come
nel caso dell'esocitosi regolata delle cellule somatiche, Ca2+ è un mediatore essenziale
dell'AR.[314] Tuttavia l'AR differisce da altri fenomeni esocitotici noti per vari aspetti,
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principalmente per il fatto che lo spermatozoo contiene un'unica vescicola secretiva (acrosoma),
il cui svuotamento è un evento unico. Nondimeno "si sospetta che lo spermatozoo utilizzi lo
stesso meccanismo molecolare per la fusione (delle membrane) e gli stessi componenti regolatori
che caratterizzano altri eventi secretivi".[315] L'esocitosi è un evento multifase altamente
regolato, che comprende l'indirizzamento, l'aggancio, l'innesco, l'entrata e la fusione delle
vescicole secretive con la membrana plasmatica della cellula.
Esistono evidenze convincenti del fatto che l'AR sia completata dopo che lo spermatozoo si è
legato alla zona pellucida e che una o più componenti della ZP hanno indotto lo spermatozoo a
completare l'AR. Attualmente si pensa che sia coinvolta nel completamento dell'AR anche la ZP3,
cioè il recettore dell'ovocita per lo spermatozoo.[316] La ZP3 agisce stimolando la
depolarizzazione del potenziale di membrana dello spermatozoo (ca. -25 mV) e questo effetto è
specifico di questa glicoproteina della zona pellucida.[317] Recentemente sono state identificate
varie fasi della trasduzione del segnale della ZP3,[318] fra cui l'attivazione di una proteina
eterotrimerica GTP-legante, un incremento transitorio dell'attivazione del pH intracellulare
(pHi), l'attivazione della fosfolipasi C (PLC) e un transitorio innalzamento del [Ca2+]iattraverso
canali del Ca2+ di Tipo-T. Nella fase successiva della trasduzione di segnale (da ZP3) questi eventi
iniziali ZP3 indotti producono un ulteriore ingresso di Ca2+ attraverso canali cationici Ca2+conduttori della famiglia delle proteine TRPC (Transient Receptor Potential Channel),[319] che
ha esito in un innalzamento sostenuto del [Ca2+]i fino a ca. 500 nM, il quale scatena l'esocitosi. La
reazione acrosomiale ha luogo qualche minuto dopo l'inizio del segnale Ca2+sollecitato dalla ZP3.
E' stato riportato che la TRPC2 (la seconda proteina canale cationica per il trasporto del
Ca2+ della famiglia delle TRPC), si co-localizza con i siti di attaccamento della ZP3 dello
spermatozoo di topo e che un anticorpo diretto contro i domini extracellulari della TRPC2
inibisce l'innalzamento sostenuto del [Ca2+]i.[320] tuttavia la TRPC2 potrebbe non essere l'unica
TRCP coinvolta nella trasduzione del segnale AR Ca2+, visto che i topi null per TRPC2 sono
fertili.[321]
L'AR è caratterizzata da fusioni multiple -nella regione anteriore della testa dello spermatozoodella membrana plasmatica con la membrana acrosomiale esterna che sta sotto la prima (Fig.8).
La depolimerizzazione della F-actina permette alle due membrane di entrare in stretta
prossimità e di fondersi.[322] Per effetto di questi eventi di fusione, si producono numerose
vescicole con membrana ibrida (composta di membrana plasmatica e membrana acrosomiale
esterna) e la membrana acrosomiale interna (con le componenti che le sono associate), come
anche il contenuto enzimatico dell'acrosoma, sono esposti alla superficie della zona pellucida. In
questo fenomeno sono coinvolti enzimi litici (proteasi, glicosidasi): le proteasi potrebbero essere
enzimi superficiali legati alla membrana[323] oppure proteasi solubili provenienti dal contenuto
acrosomiale.[324]
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Fig. 8. Cambiamenti nella morfologia della testa dello spermatozoo mammifero durante la
reazione acrosomiale. (A) Vescicola acrosomiale intatta prima della reazione. (B) Fusione della
membrana acrosomiale esterna con la membrana citoplasmatica dello spermatozoo, risultando
nella vescicolazione dell'acrosoma. (C) Perdita progressiva della membrana e del contenuto
dell'acrosoma. (D) Compimento delle reazione acrosomiale ed esposizione della membrana
acrosomiale interna. (Modificazione da Yanagimachi R., Mechanism of fertilization in
mammmals, in Mastroianni I., Bigger J.D. (a cura di), In vitro fertilization and embryo transfer, New
York: Plenum Press, 1981: 81-182; Talansky, Fertilization and early embryonic...).
Solo gli spermatozoi che hanno compiuto la reazione acrosomiale si trovano nello spazio
perivitellino e possono fondersi con l'oolemma.[325]
Attraversamento della zona pellucida ed ingresso nello spazio perivitellino
Nella maggior parte dei mammiferi, quando lo spermatozoo inizia a penetrare nella zona
pellucida, l'asse longitudinale di solito è obliquo o addirittura perpendicolare alla superficie della
zona stessa.[326] Il cambio di orientamento della testa dello spermatozoo -dalla geometria
parallela (tipica dell'adesione) a quella diagonale od ortogonale (caratteristica della
penetrazione)- potrebbe essere determinato dalla formazione di una "depressione" o "buca" poco
profonda nella superficie della ZP attorno alla regione acrosomiale svuotata della testa. Via via
che si forma questa depressione, la regione sprofonderebbe progressivamente nella ZP. In questo
modo la punta anteriore della testa dello spermatozoo è rivolta verso la superficie interna della
ZP. Studi sull'interazione spermatozoi-zona pellucida nel criceto e nel topo effettuati per mezzo
del microscopio elettronico a scansione (SEM) hanno rivelato la presenza di una buca poco
profonda attorno alla punta anteriore dello spermatozoo (regione acrosomiale ormai
svuotata).[327]
Affrontando la questione alla luce delle informazioni disponibili vent'anni fa,
Hunter[328] poneva l'accento sull'esigenza di una visione equilibrata che almeno ipotizzasse un
ruolo per i fattori sia enzimatici, sia meccanici. Yanagimachi[329] ha esposto in dettaglio molte
delle evidenze che militano a favore e contro il concetto di lisi della zona pellucida. Tuttavia, nella
maggior parte dei testi generali e in molti studi analitici della funzione dello spermatozoo, la lisi
da parte dello spermatozoo di una via attraverso la zona pellucida nei mammiferi è ancora
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considerata alla stregua di un dato di fatto.[330] Come osservavano Austin e Bishop nel 1957,
"una lisina della zona pellucida nei mammiferi è ancora da dimostrare, ma della sua probabile
esistenza testimonia un piccolo foro rimasto nella zona dopo il passaggio dello
spermatozoo".[331] L'anno seguente, gli stessi autori osservavano che "forse il perforatorium
trasporta una lisina capace di modificare la sostanza della zona in modo da consentire allo
spermatozoo di attraversarla ed entrare nello spazio perivitellino".[332] Così, la convinzione che
gli spermatozoi utilizzino enzimi acrosomiali per penetrare nella zona pellucida, molto più
spessa, dei mammiferi euteriani era, in un certo senso, preordinata. Da allora nell'acrosoma dei
mammiferi sono stati individuati diversi enzimi, idrolitici e di altro tipo,[333] e un sostegno alla
tesi della lisi della zona pellucida è venuto da gli effetti degli estratti acrosomiali o di singoli
enzimi sull'integrità della ZP; le robuste evidenze del fatto che per la penetrazione dello
spermatozoo attraverso la zona occorra una reazione acrosomiale; gli studi sulla soppressione
della fecondazione in presenza di inibitori della proteasi. Attualmente, alcune evidenze mettono
implicitamente in dubbio la probabilità che la penetrazione della matrice della ZP nei mammiferi
euteriani dipenda dall'acrosina e/o da altre idrolasi acrosomiali. Questi dubbi scaturiscono da
osservazioni comparative della disposizione e del comportamento degli spermatozoi fecondanti e
dallo studio della penetrazione della ZP come funzione dell'architettura della testa dello
spermatozoo e della stessa ZP.
In considerazione delle evidenze attualmente disponibili, non si può più supporre che nei
mammiferi euteriani la penetrazione della zona pellucida da parte dello spermatozoo dipenda
dall'azione litica di alcuni enzimi acrosomiali. I dati attuali e le loro interpretazioni non
dimostrano che la lisi non svolga alcun ruolo in questa penetrazione, ma le evidenze opposte
sono troppo significative per continuare a giustificare tale supposizione. Benché la
solubilizzazione finale da parte di estratti acrosomiali o dell'acrosina sia stata citata come prova
indiretta che il mezzo della sua penetrazione sia la lisi, la ZP non mostra alcuna risposta al
contenuto acrosomiale rilasciato là dove la testa dello spermatozoo si lega e reagisce.
All'apparenza, anche la più lenta fecondazione da parte degli spermatozoi di topo acrosina- o
galattosiltransferasi-deficienti[334] rispecchia un ritardo dello sviluppo della reazione
acrosomiale e/o del legame funzionale, non un'incapacità di penetrare nella ZP o di subire la
fusione con l'oolemma ed attivare l'ovulo. Nel caso dell'uomo, gli studi effettuati col microscopio
elettronico a trasmissione (TEM) mostrano spesso le teste degli spermatozoi dentro stretti canali
comparabili a quelli che si vedono generalmente nelle uova di animali. A volte, negli ovociti
umani fissati 48-60 ore dopo l'inseminazione, sono presenti degli spazi che sembrano suggerire
una lisi locale, benché con qualche evidenza di degenerazione.[335]
L'unione dei gameti: l'adesione spermatozoo-oolemma e la fusione delle membrane cellulari
L'adesione all'oolemma da parte della testa dello spermatozoo che ha subito la reazione
acrosomiale
Prima di fondersi con essa, lo spermatozoo aderisce specificamente alla membrana plasmatica
dell'ovocita (oolemma).[336] Per l'adesione non è necessaria la motilità del gamete maschile:
spermatozoi immobili provenienti da soggetti con discinesia ciliare primaria, iniettati
direttamente nello spazio perivitellino (PVS), sono in grado di fondersi con oociti
umani.[337] Tuttavia, soltanto gli spermatozoi che hanno subito la reazione acrosomiale sono in
grado di legarsi e fondersi con l'oolemma usando la membrana plasmatica della regione
posteriore della testa dello spermatozoo.[338] La forza del legame spermatozoo-oolemma è ben
documentata sperimentalmente dall'osservazione microscopica che alcuni spermatozoi restano
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aderenti all'oolemma anche dopo il lavaggio dell'ovocita da cui è stata rimossa la zona pellucida:
questo fenomeno, detto anche tenacious adherence, rende altamente probabile la fusione dei
gameti a seguito dell'adesione.[339] Da quasi vent'anni alcuni membri della famiglia di proteine
ADAM[340] presenti sulla testa dello spermatozoo e le integrine presenti sull'oolemma sono
considerati partner complementari nell'adesione e fusione dei gameti.[341] In particolare, la
fertilina α e β e la ciritestina presenti sullo spermatozoo e l'integrina α6β1presente sull'ovocita
sono state fortemente implicate nelle interazioni fra le membrane cellulari dei gameti. La fertilina
β (ADAM-2) è stata implicata per la prima volta perché identificata come l'antigene di un
anticorpo, PH-30, che bloccava la fecondazione degli ovociti di cavia.[342]
La fertilina α (ADAM-1) è stata isolata e caratterizzata insieme alla fertilina β, poiché queste due
proteine formano un eterodimero.[343] La ciritestina (ADAM-3) è stata identificata nel topo e
nella scimmia mediante clonazione molecolare.[344] Le fertiline α e β, come la ciritestina,
subiscono un processo proteolitico fra il dominio metalloproteasico e il dominio disintegrinico, e
questo dà luogo alla conservazione del dominio disintegrinico, al dominio ricco di cisteina, e alla
ripetizione tipo-EGF solo sulla superficie dello spermatozoo maturo. La fertilina α è processata
intracellularmente durante la spermatogenesi nel testicolo,[345] mentre fertilina β e ciritestina
vengono scisse durante la maturazione epididimale.[346] Dal momento che le integrine mediano
l'adesione delle cellule somatiche, si è ipotizzato che queste e altre molecole dell'adesione
cellulare (ad es. le caderine) medino anche l'adesione spermatozoo-ovocita. L'individuazione di
un dominio tipo integrina leganti nella fertilina α e β e nella ciritestina[347] ha indotto a
ipotizzare che questi leganti spermatici potessero legarsi alle integrine dell'oolemma.
L'integrina α6β1 riconosce principalmente le laminine e si è ipotizzato che intervenga nella
fecondazione. Sulla base di esperimenti di cross-linking chimico con un peptide della
fertilina β,[348] e a partire da studi effettuati con un anticorpo monoclonale anti-α6,[349] si
suppone che l'integrina α6β1 sia implicata come recettore dell'ovocita per ADAM-2. Tuttavia, la
subunità α6 non è strettamente necessaria per la fecondazione[350] e sono falliti vari tentativi di
inibire le interazioni della fertilina β e di altre proteine ADAM sia con l'oolemma, sia con altre
membrane cellulari, usando lo stesso anticorpo anti-α6.[351] Recentemente, cercando di capire
se le integrine siano strettamente necessarie per eventi come l'adesione e la fusione
spermatozoo-ovocita nell'uomo, Sengoku et al.[352] hanno concluso che in queste interazioni fra
le membrane dei gameti operano due meccanismi molecolari, ma uno solo di essi può essere
inibito da anticorpi delle integrine, e questo, secondo gli autori, non svolge un ruolo essenziale
nei processi di adesione e di fusione spermatozoo-oolemma nell'uomo. In passato, molti studi
funzionali su animali hanno fornito evidenze del fatto che i tre membri della famiglia ADAM
menzionati più sopra intervengano nell'adesione spermatozoo-ovocita.[353] Ma nonostante
queste abbondanti evidenze sperimentali, gli esiti di altre indagini non suffragano un ruolo
decisivo delle fertiline dello spermatozoo e delle integrine dell'ovocita nella fusione fra i gameti. I
maschi null per la fertilina β o per la ciritestina (topo [-/-]ADAM-2 o [-/-]ADAM-3) e le femmine
null per l'integrina α6β1 producono rispettivamente spermatozoi e ovociti in grado di aderire gli
uni agli altri e fondersi insieme regolarmente.[354] Gli effetti avversi riferiti delle proteine di
membrana mancanti sulla fecondazione «si potrebbero attribuire a un'organizzazione
superficiale alterata di spermatozoi ed ovuli mutanti che mancano di una qualsiasi di queste
proteine, tanto che potrebbero non rassomigliare a gameti di tipo selvatico».[355] Sono state
fornite evidenze che la CD9 dell'ovocita, che fa parte della superfamiglia delle tetraspanine
(TM4SF o tetraspan),[356] potrebbe svolgere un ruolo chiave nelle interazioni fra le membrane
dei gameti. Nelle femmine di topo knockout per CD9, infatti, l'ovulazione avviene regolarmente, e
così la maturazione degli ovociti fino allo stadio M-II; ma gli ovociti mancanti di CD9 vengono
raramente fecondati.[357] L'osservazione che lo spermatozoo può aderire all'oolemma anche in
59
assenza di CD9, ma senza fondersi regolarmente con esso, suggerisce che la CD9 svolga forse un
ruolo nella fusione spermatozoo-ovocita. Si è molto discusso sul ruolo, diretto o indiretto (cioè
attraverso la rete di tetraspanine), della CD9 nell'adesione spermatozoo-ovocita. Dati
sperimentali mostrano che gli ovociti privati della zona pellucida e trattati con anticorpi anti-CD9
sono caratterizzati da livelli ridotti di legame con i leganti della glicoproteina ADAM degli
spermatozoi.[358] Ciò è coerente con "un ruolo della proteina CD9 nel rafforzare le adesioni
create mediante le proteine ADAM dello spermatozoo piuttosto che nell'intervento diretto come
agente iniziale nell'interazione dei leganti dello spermatozoo con i recettori
dell'ovocita".[359] Infine, è concepibile che la CD9 possa fungere da recettore per la PSG17 dello
spermatozoo, una componente della superfamiglia delle immunoglobuline o
IG.[360] Recentemente, Inoue[361] e i suoi collaboratori hanno studiato un nuovo fattore
implicato nella fusione fra le membrane dei gameti al momento della fecondazione. Usando un
anticorpo monoclonale che inibisce la fusione e la clonazione dei geni, questi scienziati
giapponesi hanno identificato un antigene che gioca un ruolo nella fusione dello spermatozoo del
topo e hanno dimostrato che tale antigene è una nuova proteina della superfamiglia delle IG.
Hanno chiamato questa proteina Izumo e hanno prodotto tramite ricombinazione omologa una
linea di topi izumo-deficienti. I topi (-/)Izumo erano sani, ma i maschi erano sterili. Producevano
spermatozoi d'aspetto normale che si legavano alla zona pellucida e vi penetravano, ma non
erano in grado di fondersi con gli ovociti. Anche gli spermatozoi umani contengono la
proteina Izumo. Un modello plausibile di adesione spermatozoo-ovocita sembra essere il
meccanismo mediante cui i leucociti interagiscono con le cellule endoteliali. In questo modello,
l'adesione si verifica per stadi, cominciando con un attaccamento debole (detto rolling and
tethering, "rotolamento" e allacciamento") e raggiungendo una "adesione fissa" che pone le due
membrane in stretta apposizione. Nel sistema leucocita-endotelio, specifiche coppie di leganti e
recettori mediano ciascuno dei successivi stadi di adesione. Ad esempio, il "rotolamento" è
mediato dall'interazione selectine e carboidrati che è veloce, mentre la "adesione fissa" si realizza
per primo tramite l'accoppiamento integrine-α4β1-VCAM-1 e poi tramite l'accoppiamento delle
integrineαβ2/αβ2lm e delle molecole dell'adesione intracellulare (ICAM, Intracellular adhesion
molecules).[362] Anche l'interazione fra le membrane cellulari spermatozoo-ovocita procede per
stadi in termini tanto di disposizioni spaziali come di riconoscimento molecolare.
La fusione delle membrane e l'inglobamento dello spermatozoo
"La fusione spermatozoo-ovocita è uno degli eventi più impressionanti della riproduzione
sessuale, e da molto tempo gli studiosi si appassionano al tentativo di chiarirne il meccanismo
molecolare".[363] Tuttavia, a causa della scarsa disponibilità dei materiali biologici e della
difficoltà di analizzare le interazioni fra proteine, numerosi tentativi di studiare la fusione delle
membrane al momento della fecondazione nei mammiferi non sono riusciti a raggiungere lo
scopo.
Gli ovociti differiscono dalle cellule somatiche per la struttura della superficie della loro
membrana plasmatica,[364]ricoperta di microvilli a eccezione della regione sovrastante il fuso
meiotico. I microvilli circondano la testa dello spermatozoo prima della fusione spermatozooovocita, e si è osservato che di rado gli spermatozoi si fondono con gli ovociti nella regione
mancante di microvilli. Queste osservazioni suggeriscono che i microvilli dell'ovocita e il
segmento equatoriale della testa dello spermatozoo dovrebbero essere ricchi di molecole
implicate nella fusione dei due gameti.[365] Indagini ultrastrutturali indicano che la fusione e
l'inglobamento della testa dello spermatozoo coinvolgono regioni diverse dello spermatozoo che
ha subito la reazione acrosomiale e che l'incorporazione dello spermatozoo da parte dell'ovocita
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è in apparenza quasi-fagocitica.[366] La fusione delle membrane ha luogo al segmento
equatoriale della testa dello spermatozoo, mentre la porzione rostrale della testa (cioè la
porzione che negli spermatozoi che hanno subito la reazione acrosomiale è limitata dalla
membrana acrosomiale interna) è incorporata in una vescicola derivante dall'oolemma (Fig.9).
Quindici anni fa Richard Bronson e il suo gruppo hanno studiato l'interazione spermatozooovocita a livello dell'oolemma mediante la microscopia elettronica a scansione (SEM), usando la
tecnica detta "stop-fix",[367]grazie alla quale si possono osservare serialmente un numero
limitato di spermatozoi che aderiscono a ovociti liberi dalla zona pellucida.
Fig. 9. Fusione delle membrane dello spermatozoo e dell'ovocita ed incorporazione della testa
dello spermatozoo dopo reazione acrosomiche in una vescicola derivata dall'oolemma. (A) La
fusione accade tra il segmento equatoriale della testa dello spermatozoo e l'oolemma. La
membrana acrosomicale interna, che è la membrana che limita la parte rostrale della testa dello
spermatozoo dopo la reazione acrosomiale, non partecipa nei primi eventi morfologici della
61
fusione dei gameti. (B) I microvilli dell'oolemma ingolfano la testa dello spermatozoo dopo la sua
adesione e la fusione delle membrane. (C) La parte rostrale della testa dello spermatozoo è
completamente ingolfata in una vescicola derivata dall'oolemma. (Modificato da Bedford J.M.,
Cooper G.W., Membrane fusion events infertilization of vertebrate eggs, Membrane Surface
Reviews 1978, 5: 65-125; Bronson R., Is the oocyte a non-professional phagocyte?, Human
Reproduction Update 1998, 4: 763-775.
Microfotografie SEM scattate al momento dell'ingresso dello spermatozoo nell'ovocita hanno
rivelato un apparente allungamento dei microvilli dell'oolemma al di sopra del segmento
equatoriale della testa dello spermatozoo, mentre gli spermatozoi sembravano affondare
nell'ooplasma corticale. Mentre osservavano l'allungamento dei microvilli attorno alla singola
testa di spermatozoo, in prossimità di altri spermatozoi vicini sulla superficie dello stesso ovocita
l'oolemma non mostrava lo stesso fenomeno ultrastrutturale. Gli spermatozoi aderenti
all'oolemma là dove non si registrava un allungamento dei microvilli non entravano
nell'ooplasma. "Queste osservazioni suggeriscono che l'inglobamento dello spermatozoo da parte
dell'ovocita comporta interazioni locali fra le membrane dei gameti sulla superficie dell'ovulo e
mostra alcune somiglianze morfologiche con eventi osservati durante la fagocitosi di particelle
target da parte dei macrofagi".[368] Benché l'analogia con la fagocitosi non sia stata accettata
unanimemente dalla comunità scientifica, essa costituisce un'utile ipotesi di lavoro che merita
ulteriori indagini. Data la presenza sugli ovociti di recettori promotori della fagocitosi, nonché
l'apparenza ultrastrutturale dell'ingresso in essi degli spermatozoi, non è irragionevole avanzare
l'ipotesi che durante la fusione dei gameti si verifichino meccanismi fagocitici. Sugli ovociti dei
mammiferi sono presenti recettori funzionali dell'oolemma per IgG-FC (FcγR). Tanto gli ovuli di
criceto privati della zona pellucida e ovulati come gli ovociti umani preovulatori ottenuti da
aspirati follicolari uniscono specificamente peptidi IgG-Fc umani e murini.[369] E' stato
osservato che preparazioni Fab di anticorpi monoclonali diretti contro i recettori Fcγ I, II e III si
legavano specificamente agli ovociti, fornendo indizi della presenza di questi recettori.[370] Una
volta avvenuta la fusione delle membrane dei gameti, il battito della coda dello spermatozoo si
arresta.[371] Quindi, mentre è essenziale per la penetrazione della corona e della zona pellucida,
la motilità non è indispensabile per l'inglobamento della testa dello spermatozoo nell'ovocita,
com'è stato ben documentato a seguito della microiniezione nello spazio perivitellino di
spermatozoi non motili provenienti da uomini con anomalie del braccio di dineina.[372]
L'attivazione dell'ovocita tramite oscillazioni di Ca+2
La fusione dello spermatozoo con il gamete femminile scatena immediatamente una serie
complessa di eventi che si definiscono collettivamente "attivazione ovocitaria" (AO). Nei
mammiferi questi eventi conducono all'esocitosi del contenuto dei granuli corticali per bloccare
la polispermia;[373] l'uscita dall'arresto della M-II e il completamento della meiosi attraverso la
distruzione Ca+2-dipendente della ciclina B;[374] il rimodellamento del citoscheletro; la
formazione, migrazione e apposizione del pronucleo;[375] il reclutamento degli mRNA
materni;[376] infine, l'avvio delle "divisioni mitotiche che svelano il programma completo dello
sviluppo"[377] (Fig.10). I pathway della trasduzione dei segnali che vengono utilizzati durante
l'attivazione ovocitaria sono oggetto di studio da molti anni. Benché il Ca+2 libero ooplasmatico
sia stato identificato da tempo come secondo messaggero universale durante l'attivazione
ovocitaria, i meccanismi molecolari mediante cui lo spermatozoo fecondante induce variazioni
del [Ca+2]i all'interno dell'ovocita sono stati indagati in modo sistematico soltanto in anni più
recenti. In queste pagine riassumeremo concisamente le attuali nozioni circa i meccanismi di
62
trasduzione dei segnali che sono importanti per l'AO, e accenneremo ad alcune recenti scoperte
che hanno fatto luce sul modo in cui lo spermatozoo innesca questi signalling pathways. Il primo
evento di signalling durante l'attivazione ovocitaria che sia stato scoperto è il rilascio di Ca2+ dalle
riserve intracellulari nel reticolo endoplasmatico.[378]
Fig. 10. Ruolo centrale dell'aumento della concentrazione intracellulare del Ca+2 per la
stimolazione di eventi maggiori nell'attivazione dell'ovocito: esocitosi del contenuto dei granuli
corticali nello spazio perivitellino, modificazione chimica della zona pellucida ("indurirsi delle
zone"), e bloccaggio dell'entrata di altri spermatozoi; ripresa della meiosi femminile a partire
dallo stato di arresto in metafase II ed estrusione del secondo globulo polare; reclutamento del
mRNA materno per cominciare la sintesi proteica. (Modificato da Abbott A.L., Ducibella
T., Calcium and the control of mammalian cortical granule exocytosis, Frontiers in Bioscience
2001, 6: 792-806).
Negli ovociti M-II dei mammiferi, i livelli basali di [Ca+2]i sono di circa 0.1 μM. Negli ovociti
fecondati, il rilascio di Ca2+si verifica poco dopo la fusione delle membrane dei gameti[379] e si
manifesta in una serie impressionante di oscillazioni di [Ca+2]i a bassa frequenza (intervalli: 6-31
minuti nel topo; 8-25 minuti nella mucca), della durata di diverse ore, solitamente con una
diminuzione dell'ampiezza[380] (Fig.11). I livelli di calcio aumentano fino a circa 1 μM. Nel topo dato interessante - la risposta del [Ca+2]i avviata dallo spermatozoo sperm-initiated cessa in
coincidenza con la formazione dei pronuclei,[381] mentre in mammiferi di altre specie le
oscillazioni persistono per tutto il primo ciclo cellulare.[382]
63
Fig. 11. Oscillazioni Ca2+ negli ovociti di un topolino dopo fusione con uno spermatozoo durante
la fertilizzazione in vitro, misurate tramite fotometria in fluorescenza con doppia eccitazione
(dual excitation fluorescence photometry). Il grafico figura il rapporto dell'intensità di
fluorescenza (F340/F380) con il tempo dopo addizione del gamete maschile. La fluorescenza,
emessa dall'ovocito fertilizzato in presenza del chelatore fluorescente fura-2 eccitato da 340 e
380 nm luce, riflette la concentrazione intracellulare Ca2+. Le oscillazioni durano 3-5 ore e
cessano quando i pronuclei maschile e femminile sono formati. (Modificato da Miyazaki S., Ito
M., Calcium signals for egg activation mammals, Journal of Pharmacological Sciences 2006,
100:545-552).
Considerato il fondamentale ruolo svolto dal Ca2+ nell'attivazione ovocitaria e nell'avvio dello
sviluppo embrionale, non sorprende che il meccanismo di rilascio di questo ione dentro l'ovocita
subisca una notevole riorganizzazione durante la sua maturazione. Fra gli altri cambiamenti che
intervengono, la distribuzione spaziale del reticolo endoplasmatico, principale riserva di
Ca2+ della cellula,[383] e del recettore dell'inositol-1,4,5-trifosfato (IP3) di tipo I (IP3R1) passa
dalla regione perinucleare della vescicola germinale a distinti cluster focali situati in
corrispondenza della corteccia dell'ovocita M-II.[384] Al tempo stesso l'espressione di IP3R1 è
accresciuta a causa del reclutamento e della traslazione dell'mRNA di IP3R1.[385] Inoltre, può
aver luogo anche la modificazione diretta di IP3R1 e di altre proteine implicate nell'omeostasi di
Ca2+ -come le pompe del Ca2+ e i canali del Ca2+ della membrana plasmatica- per effetto
dell'ambiente chinasico prevalente nell'ovocita in via di maturazione. "Si pensa che questi
adattamenti conducano collettivamente a una serie massimale e organizzata spazialmente di
oscillazioni, il cui verificarsi è cruciale per l'avvio di uno sviluppo normale".[386] Nonostante due
decenni di studi tesi a far luce sui meccanismi mediante cui lo spermatozoo innesca il rilascio del
Ca2+ che è responsabile di completare il processo di fecondazione e di avviare lo sviluppo
embrionale, questo fenomeno biochimico continua ad attirare l'attenzione di molti scienziati ed è
tutt'altro che adeguatamente spiegato. Partendo dai dati sperimentali fin qui disponibili sono
state avanzate due classi di ipotesi.[387] La prima classe suggerisce che le oscillazioni del
Ca2+ sono dovute al legame dello spermatozoo a un recettore della membrana plasmatica
dell'ovocita che attiva un meccanismo di trasduzione del segnale. La seconda classe attribuisce le
oscillazioni alla liberazione di un fattore solubile dello spermatozoo nell'ooplasma che sarebbe
una delle prime conseguenze della fusione spermatozoo-ovocita. Tutte le riviste più recenti e
64
autorevoli su questo punto propendono per la tesi del fattore solubile dello spermatozoo, il che
rispecchia il consenso che si è determinato nella stragrande maggioranza degli specialisti del
settore.[388] Mentre non è stato ancora chiarito appieno il meccanismo preciso che sta dietro lo
spiking del Ca2+ indotto dallo spermatozoo, si è stabilito in tutte le specie animali studiate finora
che esso comporta l'attivazione della via della fosfoinositide (PI).[389] L'attivazione della via
della fosfoinositide (PI) negli ovociti (Fig.12) dà luogo alla produzione di IP3 e di 1,2diacilglicerolo (DAG) attraverso l'idrolisi del fosfatidil 4,5-bisfosfato (PIP2) da parte di
un'isoforma PI-specifica della fosfolipasi C (PLC).[390] Entrambi i prodotti della via della
fosfoinositide sono coinvolti nella modulazione delle risposte del Ca2+. L'aumento della
concentrazione intracellulare di IP3 è responsabile di mediare il rilascio del Ca2+ tramite il legame
ed accesso (binding and gating) al recettore IP3R1,[391] un canale del Ca2+tetramerico attivato
da agonisti (ligand-gated) situato sulla membrana del reticolo endoplasmatico, principale riserva
di Ca2+ della cellula.[392]
Fig. 12. Meccanismi proposti per l'aumento del calcio intracellulare ([Ca+2]i) dopo la fusione
della membrana dello spermatozoo e dell'ovocito durante la fertilizzazione mammifera. Lo
spermatozoo rilascia nell'ooplasma una sostanza solubile, probabilmente la fosfolipasi C
fosfoinositide-specifica (PI-PLC) (PLCf) capace di idrolizzare il fosfatidilinositolo 4,5 di bisosfato
(PIP2) in due molecole segnale, l'inositolo 1,4,5-trifosfato (IP3) e il diacilglicerolo (DAG). IP3 è
convolto nel rilascio del Ca2+ dal reticolo endoplasmatico, il magazzino cellulare del Ca2+,
tramite il legame con il suo recettore IP3R1 ed apertura di questo. DAG potrebbe avere un ruolo
nella segnalazione di eventi nella membrana plasmatica. Insieme con l'elevazione del ([Ca2+]i),
DGA potrebbe puntare ed attivare la proteina kinasi C (PKC) nella membrana plasmatica, dentro
la quale PKC potrebbe controllare l'afflusso del Ca2+ per riempire le riserve intracellulari,
rendendo possibile la persistenza di oscillazioni. I canali ed i mecanismi responsabili per
l'afflusso del Ca2+ non sono conosciuti, benché i canali TRP (transient receptor potential) ed i
meccanismi dell'entrata del Ca2+ nelle riserve sono state dimostrate negli ovociti di mammiferi.
65
(Modificato da Malcuit C., Kurokawa M., Fissore R.A., Calcium oscillations and mammalian egg.
activation, Journal of Cellular Physiology 2006, 206: 565-573).
La produzione di 1,2-diacilglicerolo, diretta[393] o indiretta, cioè tramite l'attivazione della
proteina chinasi C (PKC), potrebbe essere coinvolta nella regolazione dell'influsso del
Ca2+.[394] Vi è stata molta incertezza circa i/l meccanismo/i che scatena/no l'attivazione della
via della fosfoinositide (PI) e le oscillazioni del Ca2+ durante la fecondazione nei mammiferi, e ciò
ha indotto a proporre diverse spiegazioni molecolari di questo fondamentale evento cellulare. A
seguito della scoperta che le risposte iniziali del calcio procedono immutate anche in assenza di
[Ca2+]e,[395] è stata presto abbandonata l'ipotesi iniziale, definita "ipotesi del condotto" (secondo
cui la fusione spermatozoo-ovocita consentirebbe al Ca2+ extracellulare di entrare nell'ovocita).
Una classe di ipotesi più solida, le "ipotesi del recettore", suggerisce che al momento del contatto
fra le membrane dello spermatozoo e dell'ovocita, le interazioni recettore-legando sulla
superficie dei gameti relay eventi di signaling intracellulare che avviano il rilascio del
Ca2+ nell'ooplasma. Una delle cascate di segnale che si ritiene siano impegnate dall'interazione
dei gameti è quella mediata dalle proteine tirosina chinasi (PTK). Nella fecondazione negli
echinodermi e nelle ascidie, la Src-family delle PTK (SFK) potrebbe attivare una delle isoforme di
PLC (PLCg),[396] scatenando così il rilascio del Ca2+ tramite la produzione di IP3. Nei mammiferi,
in cui il processo di riconoscimento cellula-cellula è mediato in genere da un'interazione
integrina/disintegrina che coinvolge le proteasi ADAM e la proteina della fusione tetraspanina
CD9,[397] la PLC con ogni probabilità è PLCz.[398] Il riconoscimento cellula-cellula è la seconda
interazione specie-specifica che avviene al momento della fecondazione.[399] La classe di ipotesi
cui abbiamo accennato postula che l'interazione dei recettori spermatozoo-ovocita comprenda
una componente di trasduzione del segnale che attiva l'ovocita. Di certo, i recettori dell'integrina
possono trasdurre un segnale transmembrana per determinare una risposta del calcio in
generale.[400] I peptidi che contengono il motivo di riconoscimento dell'integrina RDG possono
indurre l'attivazione degli ovociti nella rana e nei bovini[401] e inibire il legame dello
spermatozoo e la fusione.[402] Non è stata ancora confermata, tuttavia, la precedente
comunicazione di Abassi e Foltz riguardo all'esistenza di un recettore della membrana dell'ovulo
per lo spermatozoo che possedeva motivi di trasduzione del segnale.[403] Ciò nondimeno, "resta
una possibilità che, negli ovociti dei mammiferi, la segnalazione dell'integrina attivi le vie della
tirosina chinasi[404] che sono distinte presumibilmente, dalla via del PLC< style="font-family:
Symbol;">g che è stato dimostrato non operante nella fecondazione[405]".[406] La seconda
classe di ipotesi volte a spiegare il rilascio del Ca2+ dell'ovocita parte dalla premessa che tale
segnale di attivazione richieda la fusione fra spermatozoo e ovocita. Il tratto distintivo delle
"ipotesi della fusione" è che l'attivazione si verifica conseguentemente alla fusione spermatozooovocita. L'idea che lo spermatozoo sia il veicolo che trasmette al gamete femminile un fattore
attivante (genericamente definito "fattore spermatico" [SF]) è stata assai popolare fra i
ricercatori,[407] principalmente perché è stato osservato che gli estratti di citoplasma
spermatico, quando vengono iniettati negli ovociti, inducono transienti del calcio.[408] L'avvento
dell'iniezione intracitoplasmica di spermatozoi (ICSI) in quanto tecnica di micromanipolazione
gametica nella FIV[409] ha fornito un'evidenza ulteriore del fatto che, negli ovuli dei mammiferi,
una o più molecole contenute nello spermatozoo siano responsabili di scatenare oscillazioni del
Ca2+. L'esame dell'aumento di [Ca2+]i indotto dalla ICSI[410] ha però rivelato che "gli eventi che
hanno luogo durante l'interazione delle membrane dei gameti sono cruciali per una normale
fecondazione".[411] Non è stata ancora chiarita appieno l'identità molecolare del fattore
spermatico. Vi sono evidenze crescenti del fatto che i candidati con maggiori chance di essere il
fattore spermatico siano alcune isoforme della fosfolipasi C (PLC) espresse nello spermatozoo dei
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mammiferi.[412] Studi iniziali hanno rivelato che la PLC spermatozoo-specifica, la
PLCζ,[413] mostra un'attività di induzione delle oscillazioni del [Ca2+]i molto vicina a quella dello
spermatozoo o degli estratti di citoplasma spermatico. L'iniezione di PLCζ ricombinante o di RNA
complementare alla PLCζ (cRNA) in ovociti murini,[414] bovini[415] e umani[416] suscita
oscillazioni del Ca2+ simili a quelle generate dallo spermatozoo. Per giunta, come si osserva dopo
la FIV convenzionale, le oscillazioni indotte da PLCζ cRNA cessano all'incirca al momento della
comparsa del pronucleo.[417] A queste evidenze che del fatto che la PLCζ potrebbe essere il
fattore spermatico che gli studiosi stanno cercando, Fujimoto[418] e altri autori ne hanno
aggiunta un'altra, localizzando la proteina nella regione post-acrosomiale della testa dello
spermatozoo del topo, che di questo è normalmente la prima parte a fondersi con l'ovocita. Il
rilascio del Ca2+ al momento della fecondazione è essenziale per condurre la fusione delle
membrane della cellula maschile e femminile al suo scopo regolare, cioè l'inizio dello sviluppo
embrionale: "Una volta avvenuta questa interazione delle membrane plasmatiche, inizia una
cascata di trasduzione del segnale che ha per effetto la conversione dell'ovocita in un embrione
diploide, in grado di formare un nuovo organismo".[419] "L'attivazione dell'ovulo...dà il segnale
d'avvio allo sviluppo embrionale"[420] e il prematuro arresto delle oscillazioni del
[Ca2+]i impedisce la formazione dei pronuclei,[421] cioè lo stadio della fecondazione che precede
e rende possibile la comparsa di un embrione bicellulare qualche ora dopo la loro apposizione e il
mescolamento dei cromosomi materni e paterni. La cascata di eventi molecolari che dà luogo al
rilascio del Ca2+ "è responsabile di innescare lo sviluppo embrionale".[422]
67
[1] Russell E.S., The Interpretation of Development and Heredity: A Study in Biological Method,
Oxford: Clarendon Press, 1930: 1.
[2] Sal 139 (138), 13-14.
[3] Wolpert L., The Triumph of the Embryo, Oxford University Press, New York 1991: 199.
[4] Serra A., Colombo R., Identità e statuto dell’embrione umano: il contributo della biologia, in Vial
Correa J. de D., Sgreccia E. (a cura di), Identità e statuto dell’embrione umano, Città del Vaticano:
Libreria Editrice Vaticana, 1998: 106-158.
[5] Ibid., p.146.
[6] Cf. Corpus Hippocraticum, Περì φύσιος παιδίου, III (testo curato e tradotto in francese da Joly
R., Hippocrate, Paris: Les Belles Lettres, 1970, tomo XI, XVI, 1-2). Come buona parte dei trattati che
formano il cosiddetto Corpus Hippocraticum, anche questo fu scritto fra il 430 e il 380 a.C.
[7] “ Che la femmina non concorre con liquido seminale alla riproduzione, e tuttavia ci concorre in
qualche modo, con il mestruo (καταμηνίων σύστασις), e negli animali non sanguigni, con ciò che è
analogo al mestruo, risulta dunque chiaro...Perciò, se vi è il maschio come agente e trasformatore
[κινοûν καì ποιοûν], e la femmina come paziente (παθητικόν), la femmina non potrà aggiungere al
liquido seminale del maschio liquido seminale, ma materia (‛ύλη)”.Aristotele, Περì ζώων γενέσεως, I,
729a 22-30 (tradotto it. M. Vegetti, Lanza D., Aristotele, vol. V, Riproduzione degli animali, Bari:
Editori Laterza, 2001: 187).
[8] Cf. Corpus Hippocraticum, Περì γονη̃ς, VI-VII (testo curato e tradotto in francese
da Joly, Hippocrate, VI-VII). Per una ricostruzione storica delle teorie contrarie vedi: Boylan M., The
Galenic and Hippocratic challenges to Aristotle’s conception theory, Journal of History of Biology
1984, 17: 83-112.
[9] Una concisa presentazione delle teorie presocratiche sulla generazione sessuale si trova in Schuhl
P.-M., Les premières étapes de la philosophie biologique, Revue de l’Histoire des Sciences 1952, 5:
197-221.
[10] Cf. Empedocle, Frammento B 23 (ed. critica di Bollack J., Empédocle, Paris: Editions de Minuit,
1965-1969, tomo I, p.213]. Per una discussione del frammento del filosofo siculo e della sua teoria
della generazione vedi: De Ley H.,Empedocle’s sexual theory: a note on fragment B23, Antiquité
Classique 1978, 47: 153-165.
[11] Cf.. Galenus C., De usu partium corporis humani, XIV, 10.11.14 (Kühn K.G. (a cura di), Claudii
Galeni Opera Omnia, vol. IV, Lipsiae: C. Cnoblochii, 1821-1833: 180.193.208). Ulteriori informazioni
sulla biologia della riproduzione in Galeno si trovano in Penso G., La médicine romaine: l’art
d’Esculape dans la Rome antique, Paris: Roger Dacosta, 1984: 187-190; Preus A., Galen’s criticism of
Aristotle’s conception theory, Journal of History of Biology 1977, 10: 65-84; Boylan, The Galenic and
Hippocratic challenges...; Id., Galen’s conception theory, Journal of History of Biology 1986, 19: 4777.
[12] Nella seconda metà del XIX secolo, il grande morfologo Wilhelm His riconobbe l’importanza
della disputa secolare fra queste due dottrine per la storia della biologia e ne riassunse lo sviluppo: His
W., Die Theorien der geschlechtlichen Zeugung, Archiv für Anthropologie 1870, 4: 197-220; pp.317332; 1871, 5: 69-111.
[13] Vanni Rovighi S., Elementi di filosofia, Brescia: La Scuola, 1963: 53-71. Vedi anche: Descoqs
P., Essai critique sur l’hylémorphism, Paris: Beauchesne, 1924.
[14] Gen 30, 2; Dt 7, 13; 28, 4.53; Sal 127(126), 3; 132(131), 11; Mi 6, 7.
[15] Lc 1, 42.
[16] Aristotele, op. cit., II, 739b 22 (trad.: Vegetti, Lanza, Aristotele..., p.214).
[17] Giobbe 10, 10. Cf. Sap 7, 2.
[18] Cf. Needham J., A History of Embryology, Cambridge: Cambridge University Press, 1959:
50.83.85.
[19] Bonelli L. (a cura di ), Il Corano XXIII, 14, Milano: Hoepli, 1991.
68
[20] Aristotele, op. cit., III, 758 b3 (trad.: Vegetti, Lanza, Aristotele..., p.258).
[21] Harveus G., Exercitationes de generatione animalium quibus accedunt quaedam de partu, de
membranis ac humoribus uteri & de conceptione, Londini: Octavianum Pulleyn, 1651: 38, b, ex. 63
(traduzione ingl. di Willis R., The Works of William Harvey, London: Sydenham Society, 1847: 460).
Come ha osservato E.B. Gasking nel suo ben documentato saggio Investigations into Generation 16511828 (London: Hutchinson, 1967), Harvey “non è affatto chiaro sul significato tecnico che vuole
attribuire al termine “ovulo”. Per i biologi moderni, l’ovulo si definisce nel quadro della teoria
cellulare, e il termine si riferisce a una precisa struttura morfologica (o citologica). L’ovulo di Harvery
ha qualche legame con questa concezione moderna. Harvey lo ritiene prodotto dalla femmina e dotato
del potere di svilupparsi dopo il rapporto sessuale, dando luogo al nuovo individuo. E pur negando che
il seme entri materialmente in contatto con l’ovulo, insiste che è il seme a conferirgli la capacità di
svilupparsi pienamente” (p.28).
[22] San Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, I, q. 118, a. 1, ad 4.
[23] La questione è presentata e discussa in dettaglio da Pangallo M. nel suo contributo al presente
volume: Il pensiero di san Tommaso riguardo all’embrione umano, pp.?
[24] Haldane J., Lee P., Aquinas on human ensoulment, abortion and the value of life, Philosophy
2003, 78: 255-278; p.271.
[25] San Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, I, q. 118, a. 1, ad 4.; cf. Id., Summa Contra Gentiles,
q. 3, a. 11, ad 8.
[26] Aristotele, Περì φυχη̃ς, II, 412 b5.
[27] Ibid., III, 434 a30.
[28] Ibid., III, 435 a14.
[29] “ Nel caso della progenie maschile, il primo movimento di solito si registra all’incirca al
quarantesimo giorno nel lato destro del grembo, nel caso del sesso femminile, invece, al novantesimo
giorno e nel lato sinistro. Tuttavia, non si può assolutamente affermare che questa sia un’accurata
esposizione dei fatti, poichè esistono molte eccezioni in cui il movimento si è manifestato sul lato
destro sebbene si trattasse di una bambina o sul lato sinistro per un bambino. In breve, questi ed altri
fenomeni simili sono solitamente caratterizzati da differenze che possono essere catalogate come
differenze di grado. In questo periodo l’embrione comincia a sviluppare le varie parti, essendo stato
costituito fino a questo momento di una sostanza simile alla carne senza distinzione di
parti”: Aristotele, Περì ζώων μορίων, VII, 3, 583 b 2-10 (traduzione ingl. di DThompson
D.W., Historia Animalium, in Smith J.A., Ross W.D. (a cura di), The Works of Aristotle, Oxford:
Oxford University Press, 1967: 583).
[30] Cf. San Tommaso d’Aquino, In III Sententiarum, dist. III, q. 5, a. 2.
[31] Le osservazioni di Leonardo sullo sviluppo del feto umano e sulle dimensioni relative delle sue
parti anatomiche sono sorprendentemente in linea con i dati che è oggi possibile ottenere per mezzo
delle misurazioni ecografiche.
[32] Leonardo da Vinci, Quaderni d’Anatomia.
[33] Rueff J., De Conceptu et Generatione hominis et iis quae circa haec potissimum consyderantur
libri sex, Tiguri: C. Froschoverus, 1554.
[34] Cf. Vesalius A., De Humani Corporis Fabrica libri septem, J. Oporinus, Basilea 1543 [copia
fotostatica: Bruxelles: Culture et Civilization, 1964].
[35] In origine, il trattato fu pubblicato in quattro edizioni latine uscite nello stesso anno: Harvey
W., Exercitationes de generatione animalium, Ludovicum Elzevirium, Amstelodamium 1651; Id.,
Ioannem Ravesteynium, Amstelodamium 1651; Id., Joannem Janssonium, Amstelodamium 1651; Id.,
Octavianum Pulleyn, Londinium 1651. la prima traduzione inglese dell’opera fu pubblicata quattro
anni dopo: Harvey W., Anatomical exercitations concerning the generation of living creatures,
London: Octavian Pulleyn, 1653.
69
[36] Degli Aromatari G., Epistola ad Bartholomeum Nanti de generatione plantarum ex
seminibus (Venetiis, 1625), Philosophical Transactions of the Royal Society 1694, 18: 150-152.
[37] Digby K., The nature of Bodies, Paris: Gilles Blaizot, 1644.
[38] Malpighi M., De formatione pulli in ovo, Londra: manoscritto, 1772.
[39] Van Leeuwenhoek A., The observations of Mr. Antoni Leeuwenhoek on animalcules engendered
in the semen, in The Collected Letters of Antoni van Leeuwenhoek, Amsterdam: Swets and Zeitlinger,
1941: 279. La lettera fu pubblicata per la prima volta nel 1679 nelle Philosophical Transactions della
Royal Society di Londra.
[40] Id., Generation by an animalcule of the male seed. Animals in the seed of a frog, Philosophical
Transactions of the Royal Society 1683, 13: 347-355.
[41] Id., Concerning the animalcula in semine humano, Philosophical Transactions of the Royal
Society 1699, 21: 301-308.In questo articolo Van Leeuwenhoek ha riassunto la lettera di Dalenpatius
(pseudonimo di Mr. de Plantade) pubblicata nello stesso anno. I celebri disegni di Dalenpatius,
riprodotti da Van Leeuwenhoek, furono quasi certamente un falso; cf.Cole F.J., Early Theories of
Sexual Generation, Oxford: Clarendon Press, 1930: 68ss.
[42] Ibid., p.56.
[43] Van Leeuwenhoek A., Further observations on the animalcula in semine masculino, Philosophical
Transactions of the Royal Society 1701, 22: 739-746.
[44] Spallanzani L., De la génération de quelques animaux amphibies, in:Oeuvres de M. l'Abbé
Spallanzani, Paris: Pierre J. Duplain, 1787: 101. Si tratta della traduzione francese delle Dissertazioni
di fisica animale e vegetabile, Società Tipografica, Modena 1780, vol. 2. pt. 1.
[45] Malebranche N., De la recherche de la vérité, vol. I, Paris: André Pralard, 1673, cap.6.
[46] Cf. Hartsoeker N., Essay de dioptrique, Paris: Jean Anisson, 1694. La prima descrizione degli
animalculi nel seme maschile apparsa sulla stampa fu quella dello scienziato olandese Christiaan
Huygens, al quale Hartsoeker aveva comunicato la sua fantasiosa ipotesi (Hartsoeker N., Three letters
to C. Huygens dated 1678, in Huygens C., Oeuvres complètes, publiées par la Société Hollandaise des
Sciences, vol. VIIII, L’Aia: M. Nijhoff, 1888-1950: 96-98). Huygens non menzionò la tesi di
Hartsoeker in un primo saggio in cui descriveva gli animalculi dello sperma (Journal des Sçavans 1678,
28: 331-332), ma gli riconobbe il merito di aver formulato l’ipotesi sulla stessa rivista due settimane
dopo.
[47] Hartsoeker N., Cours de physique... et d’un extrait critique des lettres de M. Leeuwenhoek, L’Aia:
Jean Swart, 1730.
[48] Cole, Early Theories of..., p.86.
[49] Farley J., Gametes & Spores. Ideas about sexual reproduction: 1750-1914, Baltimore-London:
The Johns Hopkins University Press, 1982: 35.
[50] L’opera principale di Dalyell fu pubblicata a cominciare da due anni dopo la sua morte: Dalyell
J.G., The powers of the Creator displayed in the creation, London: John Van Voorst, 1853-1858.
[51] Oken L., Die Zeugung, Bamberg, Wirzburg : Joseph Anton Goebhardt, 1805.
[52] Von Baer C.E., über Entwickelungsgeschichte der Thiere, Königsberg: Gebrüdern Bornträger,
1828.
[53] Cole, Early Theories..., p.127.
[54] Nel 1838, Matthias Jakob Schleiden (1804-1881), professore di botanica all’Università di Jena,
ipotizzò che “ogni elementro strutturale delle piante si componesse di cellule o di loro prodotti”
(Schleiden M.J., Beiträge zur Phytogenesis, Johannes Müllers Archiv für Anatomie, Physiologie und
Wissenschaftliche Medizin 1838, 13: 137-176). L’anno seguente, conclusioni analoghe rispetto agli
animali furono formulate dallo zoologo Theodor Schwann (1810-1882), allievo del grande anatomista
Johannes Peter Müller (1801-1858) presso l’università Humboldt di Berlino. Schwann sostenne che “le
parti elementari di tutti i tessuti sono formate da cellule” e che “vi è un unico principio universale dello
sviluppo per le componenti elementari degli organismi...e questo principio risiede nella formazione di
70
cellule” (Schwann T.,Mikroskopische Untersuchungen über die Übereinstimmung in der Struktur und
dem Wachstum der Tiere und Pflanzen, Berlin: Sander’schen Buchhandlung, 1839). Secondo
Schleiden, tuttavia, la prima fase della generazione delle cellule era la formazione di un nucleo di
“cristallizazione” nella sostanza intracellulare (che chiamò citoblasto), con il successivo ingrandimento
progressivo di questo materiale condensato fino a diventare una nuova cellula. Questa teoria –una sorta
di variante cellulare della dottrina della generazione spontanea– fu confutata negli anni Cinquanta del
XIX secolo da Robert Remak (1815-1865, scopritore dei tre strati germinali dell’embrione iniziale:
ectoderma, mesoderma ed endoderma (1842), da Rudolf Karl Virchow (1821-1902), e da Rudolph
Albert von Kölliker (1817-1905), i quali dimostrarono che le cellule si formano per suddivisione di
cellule preesistenti. Si attribuisce proprio a Virchow il popolare aforisma omnis cellula e cellula, che
esprimeva in forma sintetica il consenso sulla cellula come unità biologia della riproduzione oltre che
della struttura e della funzione. Nella seconda metà del XIX secolo, Virchow fu il principale sostenitore
della teoria cellulare, che contribuì grandemente a diffondere con il suo grande trattato Die
Cellularpathologie in ihrer Begründung auf physiologische und pathologische Gewebelehre (Berlin: A.
Hirschwald, 1858). Per una storia completa e critica della teoria cellulare e della sua influenza sullo
sviluppo del pensiero biologico moderno, vedi: Mayr E., The Growth of the Biological Thought,
Cambridge: Belknap, 1982; Harris H., The Birth of the Cell, New Haven: Yale University Press,
1998;Mazzarello P., A unifying concept: the history of cell theory, Nature Cell Biology 1999, 1: E13E15.
[55] Russell, The interpretation of Development..., p.239.
[56] Ibid., p.239.
[57] Rauber A., Neue Grundlegungen zur Kenntnis der Zelle, Morphologisches Jahrbuch 1883, 8: 233338.
[58] Ibid., p.251.
[59] Ibid., p.332.
[60] Sedgwick A., On the inadequacy of the cellular theory of development, Quarterly Journal of
Microscopical Science 1895, 37: 87-101.
[61] Whitman C.O., The inadequacy of the cell-theory of development, Boston: Wood’s Hell Biological
Lectures, 1894: 105-124.
[62] Ibid., p.112.
[63] Lillie F.R., Observations and experiments concerning the elementary phenomena of embryonic
development inChaetopterus, Journal of Experimental Zoology 1906, 3: 153-268; pp.252-253.
[64] Alla fine del XVIII secolo, i fabbricanti di microscopi si erano ormai resi conto che le immagini
ottenute mediante i loro strumenti erano affette da aberrazioni sferiche e cromatiche. Come osservò
George Adams nei suoi Essays on the Microscope (1787), “(A causa della) diversa rifrangibilità dei
raggi luminosi, che sovente provoca questa deviazione dalla verità nell’aspetto delle cose, molti hanno
immaginato di aver fatto scoperte sorprendenti e come tali le hanno comunicate al mondo, quando in
realtà queste erano altrettante illusioni ottiche dovute alla rifrazione disuguale dei raggi” (citato
daBradbury S., The Evolution of the Microscope, Oxford: Pergamon Press, 1967: 164). A quel tempo
gli stessi fabbricanti erano ormai consapevoli che una delle “illusioni ottiche” –cioè le aberrazioni
cromatiche– si poteva ridurre al minimo combinando lenti dotate di proprietà diverse. Ai primi del XIX
secolo, “questa combinazione di vetro crown-vetro flint dava immagini soddisfacenti soltanto a basso
ingrandimento. Poi però, durante gli anni Venti del secolo, fu possibile ottenere immagini acromatiche
ad alta potenza, quando Giovanni Amici e altri riuscirono a produrre lenti combinate dotate di
lunghezza focale assai ridotta” (Farley, Gametes & Spores..., pp.35-36). Fra i più eminenti utilizzatori
di quei nuovi obiettivi microscopici vi furono le équipe di scienziati che operavano nel laboratorio
berlinese di Johannes Müller e in quello di Jan Purkyně a Bratislava.
[65] Prévost J.-L., Dumas J.-B.A., De la génération dans les mammifères, et des premiers indices du
développement de l’embryon, Annales des Sciences Naturelles 1824, 3: 113-128.
71
[66] Von Baer K.E., De ovi mammalium et hominis genesi: epistolam ad Academiam Imperialem
Scientiarum Petropolitanam, Lipsia: L. Vossii, 1827.
[67] Purkyně J.E., Symbolae ad ovi avium historiam ante incubationem, Bratislava: Vratislaviae typis
universitatis, 1825 (trad. ingl. di Barthelmez G.W., in: Essays in Biology. In honor of H. M. Evans.
Written by his friends, Berkeley-Los Angeles: University of California Press, 1943: 53-93).
[68] Nel 1839, Theodor Schwann ipotizzò che l’ovulo fosse una cellula, ma senza considerarlo un
assunto dimostrato. La questione dell’identità della vescicola osservata da Purkyně nell’uovo di uccello
era ancora in dubbio. L’opinione di Schwann era che la vescicola fosse il nucleo e il tuorlo il corpo
cellulare. Cf. Schwann, Mikroskopische Untersuchungen...
[69] Burdach K.F., Die Physiologie als Erfahrungswissenschaft, Lipsia: L. Voss, 1832: 84. La teoria
dei parassiti fu ulteriormente rafforzata quando alcuni microscopisti postularono l’esistenza di “organi”
nello spermatozoo. Nel 1939, ad esempio, Gustav Valentin, un professore di fisiologia dell’università
di Bonn, riferì della presenza, nello spermatozoo dell’orso, di una bocca, un ano e delle vesciche
interne. Un anno dopo, presso la medesima università, Friedrich Gerber descrisse analoghe strutture
nello spermatozoo della cavia e descrisse persino la presenza in essa di organi sessuali. Tali
speculazioni furono suffragate dal tedesco Christian Ehrenburg e dai francesi Antoine Dugès e Felix
Pouchet. Cf. Farley,Gametes & Spores..., p.44.
[70] Bischoff T.L.W., Theorie der Befruchtung und über die Rolle, welche die Spermatozoiden dabei
spielen, Archiv für Anatomie, Physiologie und wissenschaftliche Medicin 1847, pp.422-440; pp.433435.
[71] Fra gli scienziati tedeschi che aderirono alla teoria della fecondazione di Bischoff, Rudolf Wagner
e Rudolf Leuckart contribuirono grandemente alla sua diffusione nei paesi anglofoni con il loro saggio
intitolato Semen, in: Todd R.B. (a cura di), The Cyclopaedia of Anatomy and Physiology, vol.IV,
London: Sherwood, Gilbert & Piper, 1836-1859: 472-508.
[72] Cf. fra l’altro de Quatrefages J.-L., Recherches expérimentales sur les spermatozoides des
hermelles de Tarets, Annales des Sciences Naturelles 1850, 13: 111-125.
[73] Bischoff, Die Physiologie als..., p.437.
[74] Farley, Gametes & Spores..., p.60. Bischoff riteneva che l’ovulo è un tutto e possiede tutte le parti
costituenti(Bischoff, Die Physiologie als..., p.437). Nessuna parte del germe maschile è strettamente
necessaria per perfezionare il patrimonio naturale dell’ovulo, “che in genere necessita soltanto di un
cambio di movimento per venire eccitato”. Pertanto, secondo lo studioso tedesco, “l’ardua questione
dell’ingresso o non ingresso dello sperma e dei suoi costituenti non è affatto essenziale” (Bischoff
T.L.W, Entwicklungsgeschicte des Meerschweinchens, Giessen: Ricker, 1852:15).
[75] Newport G., On the impregnation of the ovum in the amphibia, Philosophical Transactions of the
Royal Society 1851, 141(Pt 11): 169-242; p.221. Dopo aver dimostrato che il carminio non aveva
effetti indesiderabili sulla fecondazione, Newport immerse 41 uova di rana in una miscela di liquido
seminale dello stesso anfibio e carminio, e osservò che nell’uovo non passava nessun granulo di
carminio di dimensioni paragonabili a quelle di uno spermatozoo di rana.
[76] Ibid., p.232.
[77] Farley, Gametes & Spores..., p.62.
[78] Newport, On the impregnation of..., p.242.
[79] Farley, Gametes & Spores..., p.62. L’osservazione di Newport circa il possibile ruolo dello sperma
nella trasmissione ereditaria di elementi paterni è ancor più notevole se si considera che fu fatta 15 anni
prima che Johann Gregor Mendel pubblicasse i risultati dei suoi esperimenti sull’incrocio del Pisum
sativum e la loro interpretazione, che collegava i gameti alla trasmissione dei fattori genetici (Mendel
G., Versuche über Pflanzen-Hybriden, Verhandlungen des naturforschenden Vereines in Brünn 1866,
Bd. IV: Abhandlungen, 3-47).
[80] Nelson H., The reproduction of the Ascaris mystax, Philosophical Transactions of the Royal
Society 1852, 142: 563-594; p.578.
72
[81] Ibid., p.586.
[82] Keber F., De spermatozoorum introitu in ovula. Additamenta ad physiologiam generationis,
Königsberg: Bernträger, 1853.
[83] Meissner G., Beitrage zur Anatomie and Physiologie von Mermis albicans, Ztschr. Wissensch.
Zoo1. 1853, 5: 207-284.
[84] Cole, Early Theories..., p.193.
[85] Newport, On the Impregnation of the Ovum in the..., 1953, 6: 214-217.
[86] Id., On the Impregnation of the..., 1853: 270.
[87] Cf. Strasburger E., über Zellbildung und Zelltheilung, Jena: Dabis, 1875: 309.
[88] Farley, Gametes & Spores..., p.161.
[89] Hertwig O., Beiträge zur Kenntniss der Bildung, Befruchtung und Theilung des thierischen Eies,
Gegenbaurs Morphologische Jahrbuch 1876, 1: 347-452; 1877, 3: 1-86.
[90] Ibid., 1877, 3: 30.
[91] Il termine “protoplasma”, coniato dal botanico tedesco Hugo Von Mohl nel 1846, era usato per
indicare la materia vivente presente nella cellula. Al livello più elementare esso si può dividere in
citoplasma e nucleoplasma. Questa distinzione rispecchia gran parte delle conoscenze più primitive
dell’architettura cellulare che precedettero lo sviluppo di potenti indagini microscopiche (citologia
ultrastrutturale) e di analisi molecolari (biochimica cellulare). Il termine “protoplasma” si riferiva alle
sostanze organiche e inorganiche che compongono una cellula, dirette in modo misterioso dal nucleo e
controllate dalla membrana cellulare. Oggigiorno si sa che il citoplasma è assai complesso sul piano
strutturale e che il protoplasma è vivente a causa della complessità degli organelli citoplasmatici e della
loro attenta separazione e orchestrazione di molteplici processi biochimici. Nell’ultimo decennio del
XIX secolo furono condotti studi pionieristici sulla composizione chimica del protoplasma e furono
avanzate varie ipotesi sulla sua natura e origine. Vedi fra l’altro Bütschli O., Investigations on
Microscopic Foams and Protoplasm, London: Adam and Charles Black, 894;Delage Y., La structure
du protoplasma et les theories sur l'heredite et les grands problemes de la biologie generale, Paris: C.
Reinwald, 1895; Cvet M.S., Études de physiologie cellulaire. Contributions à la connaissance des
mouvements du protoplasme, des membranes plasmiques et des chloroplasten, Genève:
Rey&Malavallon,1896; Fischer A., Fixierung, Färbung und Bau der Protoplasmas, Jena: G. Fischer,
1899; Ghesquier D., La centrifugation et la cellule. La déconstruction du protoplasme entre 1880 et
1910, Revue d'histoire des sciences 2002, 55: 323-377.
[92] Fol H., Sur le commencement de l’hénogénie chez divers animaux, Archives de Zoologie
Expérimentale et Générale 1877, 6: 145-169. Due anni dopo, Fol discusse più estesamente i medesimi
aspetti della fecondazione in: Id., Recherches sur la fécondation et le commencement de l’hénogénie
chez divers animaux, Mémoires de la Société de Physique et d'Histoire Naturelle de Genève 1879, 26:
92-397.
[93] Bavister B.D., Early history of in vitro fertilization, Reproduction 2002, 124: 181-196; p.182.
[94] Schenk S.L., Das Säugetierei Künstlich befruchtet ausserhalb des Muttertieres, Mittheilungen aus
dem Embryonischen Institute der Kaiserlich-Königlichen Universität in Wien 1878, 1: 107-184; Pincus
G., Enzmann E.V., The comparative behaviour of mammalian eggs in vivo and in vitro, Journal of
Experimental Medicine 1935, 62: 665-675;Pincus G., Development of fertilized and artificially
activated rabbit eggs, Journal of Experimental Zoology 1939, 82: 65-129.
[95] Rock J., Menkin M.F., In vitro fertilization and cleavage of human ovarian eggs, Science 1944,
100: 105-106;Menkin M.F., Rock J., In vitro fertilization and cleavage of human ovarian eggs,
American Journal of Obstetrics and Gynecology 1948, 55: 440-452.
[96] I tempi di maturazione esatti degli ovociti umani in vitro sono stati descritti per la prima volta
da Edwards R.G.,Maturation in vitro of human ovarian eggs, Lancet 1965, II: 926-929. Come osserva
correttamente Bavister, “sebbene sia possibile che la maturazione di alcuni ovociti sia giunta a termine
73
entro il periodo durante il quale gli spermatozoi e gli ovuli sono stati incubati insieme, ciò non fornisce
ancora la prova che la fecondazione sia stata effettuata in vitro”.(Bavister, Early history of..., p.182)
[97] Pincus G., Saunders B., The maturation of human ovarian ova, Anatomical Record 1939, 75: 537542.
[98] Gli ovociti di ratto usati da J.A. Long (The living eggs of rats and mice with a description of
apparatus for obtaining and observing them, Publications in Zoology of the University of
California1912, 9: 105-136) sono particolarmente suscettibili di attivazione partenogenetica. Per i
dettagli delle condizioni sperimentali, vedi: Austin C.R., Activation of eggs by hypothermia in rats and
hamsters, Journal of Experimental Biology 1956, 33: 338-347; Id., Effects of hypothermia and
hyperthermia on fertilization in rat eggs, Journal of Experimental Biology 1956, 33: 348-357.
[99] Smith A.U., Fertilization in vitro of the mammalian egg, Biochemical Society Simposia 1951, 7:
3-10.
[100] Schenk, Das Säugetierei....
[101] Shettles L.B., Observations on human follicular and tubal ova, American Journal of Obstetrics
and Gynecology 1953, 66: 235-247.
[102] Bavister, Early history..., p.182.
[103] Vedi fra gli altri Moricard R., Bossu J., Premières études du passage du spermatozoïde au
travers de la membrane pellucide d’ovocytes de lapine fécondes in vitro, Comptes Rendus de
l’Academie de Medicine 1949, 33: 659-665;Moricard R., Penetration of the spermatozoon in vitro into
the mammalian ovum, Nature 1950, 165: 763;Smith,Fertilization in vitro...; Shettles, Observations on
human...Le prove della realizzazione della FIV nei conigli presentate da G. Pincus, E.V.
Enzmann (Can mammalian eggs undergo normal development in vitro?, Proceedings of the National
Academy of Sciences USA 1934, 20: 121-132) appaiono più convincenti, poiché dopo aver trasferito
ovociti che erano stati a contatto con spermatozoi in vitro, hanno ottenuto prole. Sono state avanzate
tuttavia delle critiche per il fatto che gli ovociti potrebbero essere stati fecondati dopo il trasferimento
all’ovidotto della femmina ricevente. Effettivamente la rimozione di tutti gli spermatozoi aderenti a
ovociti appena ovulati e cumulo-intatti mediante procedura di lavaggio è di difficile esecuzione
(vedi: Chang M.C., In vitro fertilization of mammalian eggs, Journal of Animal Science 1968, 27(1):
15-22). La stessa obiezione vale per gli esperimenti di Venge O. (Experiments on fertilization of rabbit
ova in vitro with subsequent transfer to alien does, in Wolstenholme G.E.W. (a cura di), Mammalian
Germ Cells, London: Churchill, 1953: 243-252), che ha riferito della nascita di due cucciolate di
conigli: l’intervallo temporale fra il contatto dei gameti e il trasferimento (3h.30’) è considerato
insufficiente a escludere la possibilità di fecondazione in vivo (vedi Bavister, Early history of..., p.183).
[104] Austin C.R., Observations on the penetration of sperm into the mammalian egg, Australian
Journal of Scientific Research 1951, 4: 581-596.
[105] Chang M.C., Fertilizing capacity of spermatozoa deposited into the Fallopian tubes, Nature
1951, 168: 697-698.
[106] Dauzier L., Thibault C., Wintenberger S., La fecondation in vitro de l’oeuf de la lapine, Comptes
Rendus de l’Academie de Science 1954, 238: 844-845; Thibault C., Dauzier L., Wintenberger S., étude
cytologique de la fécondationin vitro de l’oeuf de la lapine, Comptes Rendus de la Société de Biologie
1954, 148: 789-790. Questi risultati sono stati confermati da altri studiosi che hanno usato anch’essi
spermatozoi capacitati in vivo.
[107] Chang M.C., Fertilization of rabbit ova in vitro, Nature 1959, 179: 466-467. Risultati simili a
quelli ottenuti da Chang sono stati riferiti fra gli altri da Thibault C., Dauzier L., Analyse des conditions
de la fécondation in vitro de l’oeuf de la lapine, Années de la Biologie Animale et de Biochimie et
Biophysique 1961, 1: 277-294.
[108] Per una disamina critica delle prime tecniche e dei primi risultati della FIV applicata a gameti di
mammiferi, vedi:Rogers B.J., Mammalian sperm capacitation and fertilization in vitro: a critique of
methodology, Gamete Research 1978, 1: 165-223.
74
[109] Yanagimachi R., Chang M.C., Fertilisation of hamster eggs in vitro, Nature 1963, 200: 281282; Id., In vitrofertilisation of golden hamster ova, Journal of Experimental Zoology 1964, 156: 361376; Barros C., Austin C.R., In vitrofertilisation and the sperm acrosome reaction in the hamster,
Journal of Experimental Zoology 1967, 166: 317-323;Pickworth S., Chang M.C., Fertilisation of
Chinese hamster eggs in vitro, Journal of Reproduction and Fertility 1969, 19: 371-374.
[110] I primi cuccioli di hamster ottenuti con la FIV sono nati soltanto nel 1992: Barnett D.K., Bavister
B.D.,Hypotaurine requirement for in vitro development of golden hamster one-cell embryos into
morulae and blastocysts, and production of term offspring from in vitro fertilized ova, Biology of
Reproduction 1992, 47: 297-304.
[111] Whittingham D.G., Fertilisation of mouse eggs in vitro, Nature 1968, 220: 592-593; Iwamatsu
T., Chang M.C., In vitro fertilization of mouse eggs in the presence of bovine follicular fluid, Nature
1969, 224: 919-920; Id., Further investigation of capacitation of sperm and fertilisation of mouse
eggs in vitro, Journal of Experimental Zoology 1970, 175: 271-281; Cross P.C., Brinster R.L., In
vitro development of mouse ovocytes, Biology of Reproduction 1970, 3: 298-307; Mukherjee A.B.,
Cohen M.M., Development of normal mice by in vitro fertilisation, Nature 1970, 228: 472-473;Toyoda
Y.M., Yokoyama M., Hoshi T., Studies on the fertilization of mouse eggs in vitro. I. In
vitro fertilization of eggs by fresh epididymal sperm, Japanese Journal of Animal Reproduction 1971,
16: 147-151; Id., Studies on the fertilization of mouse eggs in vitro. II. Effects of in vitro preincubation
on time of sperm penetration of mouse eggs in vitro, Japanese Journal of Animal Reproduction 1971,
16: 152-157.
[112] Toyoda Y., Chang M.C., Sperm penetration of rat eggs in vitro after dissolution of zona
pellucida by chymotrypsin, Nature 1968, 220 589-591; Miyamoto H., Chang M.C., In vitro fertilization
of rat eggs, Nature 1973, 241: 50-52; Id.,Fertilization of rat eggs in vitro, Biology of Reproduction
1973, 9: 384-393; Toyoda Y., Chang M.C., Fertilization of rat eggs in vitro by epididymal spermatozoa
and the development of eggs following transfer, Journal of Reproduction and Fertility 1974, 36: 922; Id., Capacitation of epididymal spermatozoa in a medium with high K-Na ratio and cyclic AMP for
the fertilization of rat eggs in vitro, Journal of Reproduction and Fertility 1974, 36: 125-134.
[113] Bondioli K.R., Wright R.W. Jr., Influence of culture media on in vitro fertilization of ovine tubal
ovocytes, Journal of Animal Science 1980, 51: 660-667.
[114] Hamner C.E., Jennings L.L., Sojka N.J., Cat (Felis catus L.) spermatozoa require capacitation,
Journal of Reproduction and Fertility 1970, 23: 477-480; Bowen R.A., Fertilization in vitro of feline
ova by spermatozoa from the ductus deferens, Biology of Reproduction, 17: 144-147.
[115] Yanagimachi R., Fertilization of guinea pig eggs in vitro, Anatomical Record 1972, 174: 919; Rogers B.J, Yanagimachi R., Retardation of guinea pig sperm acrosome reaction by glucose: the
possible importance of pyruvate and lactate metabolism in capacitation and the acrosome reaction,
Biology of Reproduction 1975, 13: 568-575; Id.,Competitive effect of magnesium on the calciumdependent acrosome reaction in guinea pig spermatozoa, Biology of Reproduction 1976, 15: 614619; Rogers B.J., Chang L., Yanagimachi R., Glucose effect on respiration: possible mechanism for
capacitation in guinea pig spermatozoa, Journal of Experimental Zoology 1979, 207: 107-112.
[116] Mahi C.A., Yanagimachi R., Maturation and sperm penetration of canine ovarian ovocytes in
vitro, Journal of Experimental Zoology 1976, 196: 189-196.
[117] Bavister B.D., Edwards R.G., Steptoe P.C., Identification of the midpiece and tail of the
spermatozoon during fertilisation of human eggs in vitro, Journal of Reproduction and Fertility 1969,
20: 159-160; Edwards R.G., Bavister B.D., Steptoe P.C., Early stages of fertilisation in vitro of human
ovocytes matured in vitro, Nature 1969, 221: 632-635.
[118] Yanagimachi, Chang, Fertilisation of hamster....; Id., In vitro fertilisation...
[119] Edwards R.G., Steptoe P.C., Purdy J.M., Fertilisation and cleavage in vitro of preovulatory
human ovocytes, Nature 1970, 227: 1307-1309; Steptoe P.C., Edwards R.G., Purdy J.M., Human
blastocysts grown in culture, Nature 1971, 229: 132-133.
75
[120] Steptoe P.C., Edwards R.G., Birth after the reimplantation of a human embryo, Lancet 1978, II:
366.
[121] Bavister, Early history of..., p.184.
[122] Gould K.G., Cline E.M., Williams W.L., Observations on the induction of ovulation and
fertilization in vitro in the squirrel monkey (Saimiri sciureus), Fertility and Sterility 1973, 24: 260268; Kuehl T.J., Dukelow W.R., Fertilization in vitro of Saimiri sciureus follicular ovocytes, Journal of
Medical Primatology 1975, 4: 209-216. In entrambi gli studi, la capacità evolutiva degli zigoti generati
mediante FIV (o degli ovociti attivati partenogeneticamente?) era scarsa. Ed effettivamente non è stata
presentata alcuna prova chiara che la fecondazione fosse avvenuta.
[123] Bavister B.D., Boatman D.E., Leibfried M.L. et Al., Fertilization and cleavage of rhesus monkey
ovocytes in vitro, Biology of Reproduction 1983, 28: 983-999; Gould K.G., Ovum recovery and in
vitro fertilization in the chimpanzee, Fertility and Sterility 1983, 40: 378-383.
[124] Hamilton W.J., Early stages of human development, Annals of the Royal College of Surgeons of
England 1949, 4: 281-294.
[125] Zamboni L., Mishell D.R., Bell J.H.et Al., Fine structure of the human ovum in the pronuclear
stage, Journal of Cell Biology 1966, 30: 579-600.
[126] Pereda J., Croxatto H.B., Ultrastructure of a seven-cell human embryo, Biology of Reproduction
1978, 18: 481-489; Pereda J., Coppo M., Ultrastructure of a two-cell human embryo, Anatomy and
Embryology 1987, 177: 91-96; Pereda J., Ultrastructural observation on early human eggs. Analysis of
four concepti, in Motta P.M. (a cura di), Developments in Ultrastructure of Reproduction, New York:
Alan R. Liss, 1989: 367-379.
[127] Avendaño S., Crosatto H.D., Pereda J.et Al., A seven-cell human egg recovered from the oviduct,
Fertility and Sterility 1975, 26: 1167-1172.
[128] Soupart P., Strong P.A., Ultrastructural observations on human ovocytes fertilized in vitro,
Fertility and Sterility 1974, 25: 11-43; Sathananthan A.H., Chen C., Sperm-ovocyte membrane fusion in
the human during monospermic fertilization, Gamete Research 1986, 15: 117-186
[129] Sundström P., Nilsson O., Liedholm P., Cleavage rate and morphology of early human embryos
obtained after artificial fertilization and culture, Acta Obstetrica and Gynaecologica Scandinavica
1981, 60: 109-120; Dvorač M., Tesarik J., Pilka L. et Al., Fine structure of human two-cell ova
fertilized and cleaved in vitro, Fertility and Sterility 1982, 37: 661-667; Lopata A., Sathananthan A.H.,
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Sterility 1980, 33: 12-20; Van Blerkom J., Henry G.H., Porreco R., Preimplantation human embryonic
development from polypronuclear eggs after in vitro fertilization, Fertility and Sterility 1984, 41: 686696.
[130] Pereda, Ultrastructural observation..., p.367.
[131] Austin C.R., Function of hyaluronidase in fertilization, Nature 1948, 162: 63.
[132] Blandau R.J., Biology of eggs and implantation, in Young W.C. (a cura di), Sex and Internal
Secretions, vol.II, Baltimore: Williams & Wilkins,1961: 797-882.
[133] Yanagimachi R., Mammalian fertilization, in Knobil E., Neill J.D. (a cura di), The Physiology of
Reproduction, vol.I, New York: Raven Press, 1988: 135-185; p.155.
[134] Metz C.B., Seiguer A.C., Castro A.E., Inhibition of the cumulus dispersing and hyaluronidase
activities of sperm by heterologous and isologous antisperm antibodies, Proceedings of the Society for
Experimental Biology and Medicine 1972, 140: 776-781.
[135] Anand S.R., Kaur S.P., Chaundhry P.S., Distribution of β-N-acetylglucosaminidase,
hyaluronoglucosaminidase and acrosin in buffalo and goat spermatozoa, Hoppe-Seyler’s Zeitschrift
für Physiologische Chemie 1977, 358: 685-688.
[136] Austin C.R., Bishop M.W.H., Early reaction of the rodent egg to spermatozoa penetration,
Journal of Experimental Biology 1956, 33: 358-365.
76
[137] Per una panoramica degli studi che sono seguiti negli anni Sessanta, vedi: Bedford J.M., Sperm
capacitation and fertilization in mammals, Biology of Reproduction 1970, 2: 128-158.
[138] Una rassegna esauriente di questi studi si trova in Yanagimachi R., Sperm-egg fusion, Current
Topics in Membrane Transport 1988, 32: 3-43.
[139] Eberspaecher U., Barros C., Changes at the hamster ovocyte surface from the germinal vesicle
stage to ovulation, Gamete Research 1984, 9: 387-397.
[140] Huang T.T.F. Jr., Yanagimachi R., Inner acrosomal membrane of mammalian spermatozoa: its
properties and possible functions in fertilization, American Journal of Anatomy 1985, 174: 249-268.
[141] Yanagimachi R., Noda Y.D., Physiological changes in the post-nuclear cap region of
mammalian spermatozoa: a necessary preliminary to the membrane fusion between sperm and egg
cells, Journal of Ultrastructural Research 1970, 31: 486-493.
[142] Ibid. Cf. anche Phillips D.M., Yanagimachi R., Difference in tha manner of association of
acrosome-intact and acrosome-reacted hamster spermatozoa with egg microvilli as revealed by
scanning electron microscopy, Development, Growth and Differentiation 1982, 24: 543-551.
[143] Talbot P., Chacon R.S., Ultrastructural observations on binding and membrane fusion between
human sperm and zona pellucida-free hamster ovocytes, Fertility and Sterility 1982, 37: 240-248.
[144] Wolf D.P., Armstrong P.B., Penetration of the zona-free mouse egg by capacitated epididymal
sperm cinematographic observations, Gamete Research 1978, 1: 39-46.
[145] Negli anni Novanta del XX secolo, la discinesia flagellare (parametri abnormi di motilità degli
spermatozoi) offrirà un modello interessante per studiare il ruolo del movimento degli spermatozoi nei
processi di fusione fra spermatozoo e oolemma. Cf. Wolf J.P., Feneux D., Ducot B. et Al., Influence of
sperm movement parameters on human sperm-oolemma fusion, Journal of Reproduction and Fertility
1995, 105: 185-192.
[146] Wolf, Armstrong, Penetration of the zona-free...
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Rinehart and Winston, 1965.
[149] Wilson, The Cell in Development...
[150] Ibid.
[151] Ibid. Rispetto all’ipotesi di Wilson, gli studiosi hanno suddiviso le classi di uova in quattro tipi,
in base al loro stato di meiosi e al momento in cui sono state inseminate. Cf. Austin C.R. , Walton
A., Fertilization, in Parkes A.S. (a cura di),Marshall’s Physiology of Reproduction, vol.I, London:
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[152] Per una recensione vedi: Austin C.R., Ultrastructure of Fertilization, New York: Holt-Rinehart
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[155] Stefanini, Oura, Zamboni, Ultrastructure of fertilization....; Zamboni, Morphology of...
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spermatozoa: a necessary preliminary to the membrane fusion between sperm and egg cells, Journal of
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[157] Yanagimachi, Noda, Electron microscope studies...
[158] Longo F.J., Fertilization: a comparative ultrastructural review, Biology of Reproduction 1973,
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Arbacia punctulata, Journal of Cell Biology 1970, 47: 646-665.
[160] Ibid.
[161] Bedford, Ultrastructural changes [...], art. cit.; Yanagimachi, Noda, Electron microscope studies
[...], art. cit.
[162] Zamboni L., Mastroianni L., Electron microscopic studies on rabbit ova. I. Penetrated tubal
ovum, Journal of Ultrastructural Research 1966, 14: 118-132.
[163] Fu psotulato 120 anni fa che l’ovocita maturo possedesse tutti gli elementi necessari per lo
sviluppo dell’embrione a eccezione di un “centro di divisione” attivo, e sebbene si credesse che gli
spermatozoi contenessero un centro siffatto, si pensava che mancassero del substrato protoplasmatico
in cui operare (Boveri T., Über die Befruchtung der Eier vonAscaris megalocephala, Sitzungsberichte
der Gesellschaft für Morphologie und Physiologie 1887, 3: 71-80). “Sussistono ormai pochi dubbi che
negli esseri umani soltanto il gamete maschile possieda un centrosoma attivo” (Palermo G.D.,
Colombero L.T., Rosenwaks Z., The human sperm centrosome is responsible for normal syngamy and
early embryonic development, Reviews of Reproduction 1997, 2: 19-27; p.23). Analisi estensive
condotte per mezzo della microscopia elettronica a trasmissione hanno dimostrato la presenza di
centrioli negli spermatozoi e negli oviciti fecondati e la loro assenza da ovociti in metafase II; ciò
conferma l’ereditarietà paterna del centrosoma nell’uomo (Sathananthan A.H., Kola I., Osborne J. et
Al., Centrioles in the beginning of human development, Proceedings of the National Academy of
Sciences USA 1991, 88: 4806-4810). Inoltre, la valutazione della distribuzione cromosomica per
mezzo dell’ibridazione fluorescente in situ (in inglese FISH, fluorescence in situ hybridization) ha
rivelato che il centrosoma dello spermatozoo è l’unica struttura responsabile dell’organizzazione della
prima divisione mitotica degli embrioni umani (Palermo G., Munné S., Cohen J., The human zygote
inherits its mitotic potential from the male gamete, Human Reproduction 1994, 9: 1220-1225).
[164] Tilney L.C, Goddard J., Nucleating sites for the assembly of cytoplasmic microtubules in the
ectodermal cells of blastulae of Arbacia punctulata, Journal of Cell Biology 1970, 46: 564-575.
[165] Per una rassegna degli studi fino al 1972, vedi: Longo, Fertilization a comparative..., pp.190195.
[166] Austin C.R., The Mammalian Egg, Oxford: Blackwell, 1961.
[167] Longo, Fertilization a comparitive..., p.208.
[168] Il termine “meiosi” proviene dal greco μειοũν, che significa “diminuire”, poiché questo tipo di
cariocinesi (divisione del nucleo) dà luogo a una diminuzione del numero dei cromosomi della cellula.
La meiosi fu descritta per la prima volta nell’uovo di riccio di mare nel 1876 dallo zoologo tedesco
Oskar Hertwig (Hertwig O., Beiträge zur Kenntnis der Bildung, Befruchtung und Teilung des tierischen
Eies, Morphologische Jahrbücher 1876, 1: 347-434), e poi nuovamente osservata nell’uovo
di Ascaris megalocephala nel 1883 dall’embriologo belga Edouard van Beneden (Van Beneden
78
E., Recherches sur la maturation de l'oeuf et la fécondation, Archives de Biologie 1883, 4: 610-620).
Tuttavia l’importanza della meiosi ai fini della riproduzione e dell’ereditarietà fu descritta soltanto nel
1890 da August Weismann, il quale osservò che erano necessarie due divisioni cellulari per trasformare
una cellula diploide in 4 cellule aploidi. Nel 1911, il genetista statunitense Thomas Hunt Morgan
osservò il fenomeno del crossing-over nelle cellule germinali diDrosophila melanogaster e fornì la
prima interpretazione genetica della meiosi (Morgan T.H., The origin of nine wing mutations
in Drosophila, Science 1911, 33: 496-499).
[169] “ Nell’arco della vita di un uomo, il suo testicolo produce fino a
2´1012 spermatozoi”: Grootegoed J.A., The testis: spermatogenesis, in Hillier S.G., Kitchener H.C. e
Neilson J.P. (a cura di), Scientific Essentials of Reproductive Medicine, London: W.B. Saunders, 1996:
172-183; p.172.
[170] Le cellule di Sertoli sono cellule allungate dei tubuli seminiferi del testicolo, alle quali gli
spermatidi si attaccano per nutrirsi durante la spermatogenesi. Un’unica cellula di Sertoli si estende
dalla membrana basale al lume del tubulo, benché a livello di microscopia ottica il suo citoplasma sia
difficile da distinguere. Le cellule di Sertoli sono caratterizzate dalla presenza di un nucleo vescicolare,
ovale, posizionato basalmente che contiene un nucleolo prominente. Queste cellule furono scoperte nel
1865 dal fisiologo italiano Enrico Sertoli, il quale le definì “cellule madri” (Sertoli E.,Dell’esistenza di
particolari cellule ramificate nei canalicoli seminiferi del testicolo umano, Il Morgagni 1865, 7: 3140).
[171] Dal nome dello zoologo tedesco Franz Von Leydig, il quale descrisse il tessuto intertubulare
testicolare nel 1850 e fu il primo a osservare la scarsità di queste cellule (meno dell’1%) rispetto ad
altre cellule del parenchima testicolare (Von Leydig F., Zur Anatomie der männlichen
Geschlechtsorgane und Analdrüsen der Säugethiere, Zeitschrift für wissenschaftliche Zoologie 1850;
2:1-57).
[172] Deffieux X., Antoine J.M., Inhibines, activines et hormone anti-mullérienne: structure,
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[174] De Krester D.M., Kerr J.B., The cytology of the testis, in Knobil, Neil, op. cit., pp.1177-1290.
[175] Una caratteristica unica della spermatogenesi è il fatto che le cellule germinali maschili in via di
sviluppo non completano la citocinesi dopo la cariocinesi (sia mitosi che meiosi), cosicché la cellula
figlia resta collegata mediante ponti di citoplasma fino alla fine della differenziazione dello
spermatozoo (Dym M., Fawcett D.W., Further observations on the numbers of spermatogonia,
spermatocytes, and spermatids connected by intercellular bridges in the mammalian testis, Biology of
Reproduction 1971, 4: 195-215). Una spiegazione parziale ma plausibile del fenomeno poggia sul fato
che nel maschio la meiosi dà luogo a cellule aploidi contenenti o un cromosoma X o un cromosoma Y:
dato che entrambli gli eterosomi possono contenere geni che codificano proteine essenziali alla
spermiogenesi e/o alla funzione spermatica, i ponti di citoplasma costituiscono un modo di scambiare
prodotti genici fra cellule germinali contenenti X e Y. Si hanno evidenze sperimentali del fatto che gli
spermatidi che hanno un citoplasma in comune possono scambiarsi proteine, il che significa che queste
cellule sono funzionalmente diploidi (Braun R.E., Beheringer R.R., Peschon J.J. et Al., Genetically
haploid spermatids are phenotypically diploid, Nature 1989, 337: 373-376; Caldwell K.A., Handel
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Academy of Sciences USA 1991, 88: 2407-2411).
[176] La manchette è una struttura transitoria che si sviluppa durante la spermiogenesi. Essa consiste di
3 componenti: un anello perinucleare; un involucro microtubulare inserito nell’anello; placche dense
attaccate all’estremità distale dell’involucro. La manchette microtubulare differisce dai singoli
79
microtubuli del citoplasma per la posizione perinucleare che le è specifica; perché rimane
strutturalmente stabile per circa 2 settimane; per i suoi tempi organizzativi: infatti comincia a costituirsi
quando l’assonema contenente tubulina è già presente. Ulteriori dettagli si trovano in Meistrich
M.L., Nuclear morphogenesis during spermiogenesis, in De Kretser D. (a cura di), Molecular Biology
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[196] La complessità di trascrizione degli spermatozoi è stata affrontata per la prima volta analizzando
una serie di cloni di cDNa selezionati a caso (Miller D., Briggs D., Snowden H. et Al., A complex
population of RNAs exists in human ejaculate spermatozoa: implications for understanding molecular
aspects of spermiogenesis, Gene 1999, 237: 385-392). Per un’ampia panoramica delle evidenze
attualmente disponibili, vedi: Miller D., Ostermeier G.C., Krawetz S.A., The controversy, potential and
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[198] I microRNA (miRNA) sono RNA non codificanti lunghi approssimativamente 22 nucleotidi che
partecipano alla regolazione dei geni. I miRNAs conferiscono la loro regolazione a livello posttrascrizionale, dove o si scindono o reprimono la traduzione dei mRNA. È stato testato
sperimentalmente per la loro funzione un numero relativamente basso di miRNA, e di quelli testati
sono state proposte funzioni comprendenti la differenziazione cellulare, la proliferazione, l’apoptosi, le
difese antivirali e il cancro. E’ possibile che si scopra che i miRNA svolgono un ruolo praticamente in
tutti gli aspetti della regolazione dei geni. Per una panoramica recente dell’identificazione, della
struttura e della funzione dei miRNA, vedi: Wang Y., Stricker H.M., Gou D. et Al., MicroRNA: past
and present, Frontiers in Bioscience 2007, 12: 2316-2329; Zhang B., Wang Q., Pan X., MicroRNAs
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che catalizza la proteolisi ATP-dipendente delle proteine cellulari. Elimina le proteine mal piegate
nonché le proteine regolatorie labili, svolgendo così un ruolo centrale nel mantenimento dell’omeostasi
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piccola percentuale di una popolazione spermatica è un grado di fecondare l’ovocita in vivo: Cohen J.,
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degli studi sul modo in cui la capacitazione degli spermatozoi è regolata da alcuni “primi messaggeri”
fra cui il peptide che promuove la fecondazione, l’adenosina, la calcitonina e l’angiotensina II (che si
trovnao tutti nel plasma seminale), vedi: Fraser L.R., Adeoya-Osiguwa S.A., Baxendale R.W. et
Al., Regulation of mammalian sperm capacitation by endogenous molecules, Frontiers in Bioscience
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[242] Nell’embrione umano di 5 settimane, il numero delle cellule germinali migranti varia fra 700 e
1.300: Witschi E.,Migration of the germ cells of human embryos from the yolksac to the primitive
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[243] Andersen C.Y., Byskov A.G., Gonadal differentiation, in Hillier, Kitchener, Neilson, op. cit.,
pp.105-119; pp.108-109.
[244] La meiosi I si divide in 4 fasi: profase, metafase, anafase e telofase. Nella profase I (P-I) avviene
la maggior parte degli eventi determinanti che differenziano la meiosi dalla mitosi, fra cui
l’appaiamento dei cromosomi omologhi nonché la formazione e risoluzione di double-strand
break (DSB) che conduce al crossover o ricombinazione fra cromosomi omologhi. La P-I si può
ulteriormente suddividere in 5 sottofasi: leptotene, zigotene, pachitene, diplotene e diacinesi. Durante la
P-I è presente una struttura proteinacea, specifica della meiosi, detta “complesso sinaptonemico” (SC).
Esso si compone di due elementi laterali, o LE (che nel pachitene si dicono elementi assiali, o AE), i
quali formano l’intera lunghezza di ciascuna cromatide sorella, e di un elemento centrale (CE) che “fa
da cerniera lampo” fra i due elementi laterali e lega i due cromosomi omologhi in un processo detto
“sinapsi”. Le diverse fasi della P-I sono definite dalla formazione del complesso sinaptonemico e si
possono seguire mediante immunostaining delle componenti dell’SC, in particolare della proteina degli
elementi laterali (proteina 3 del complesso sinaptonemico, o SYCP3) e la proteina dell’elemento
centrale (proteina 1 del complesso sinaptonemico, o SYCP1). Vedi ad es. Di Carlo A.D., Travia G., De
Felici M., The meiotic specific synaptonemal complex protein SYCP3 is expressed by female and male
primordial germ cells of the mouse embryo, International Journal of Developmental Biology 2000, 44:
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complex protein 1 (SYCP1) are at the centre of meiosis, Journal of Cell Science 2005, 118 (Pt 12):
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cromosomi di diversa origine parentale, rende possibile un’aumentata variabilità genetica della prole, in
84
quanto i figli non si limitano a ereditare un omologo paterno o materno per ciascun cromosoma, ma
possono ereditare un cromosoma ibrido con informazioni genetiche provenienti da entrambi i genitori.
Pertanto il crossing-over è un passaggio cruciale della meiosi ed è lo scopo primario degli eventi
specializzati della P-I.
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[253] Invece le uova della maggior parte degli echinodermi completano la meiosi prima della
fecondazione e formano il secondo corpo polare e il pronucleo femminile prima dell’ingresso degli
spermatozoi.
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[263] La natura istologica dell’ovulazoine è stata spesso oggetto di grande interesse e vivace dibattito
fra fisiologi.L’ipotesi di Espey –quella di un fenomeno simil-infiammatorio (Espey L.L., Ovulation as
an inflammatory reaction: a hypothesis, Biology of Reproduction 1980, 22: 73-106)– è attualmente ben
accolta: cf. Richards J.S., Russel D.L., Ochsner S. et Al., Ovulation: new dimensions and new
regulators of the inflammatory-like response, Annual Review of Physiology 2002, 64: 69-72.
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differentiation factor-9 in the mammalian ovary, Molecular Endocrinology 1999, 13: 1035-1048. Il
topo knock-out per il GDF9 è infertile, anche se in questo modello animale la follicologenesi è stata
arrestata a stadi precedenti l’espansione del cumulo ooforo: Dong J., Albertini D.F., Nishimori K. et
Al., Growth differentiation factor-9 is required during early ovarian folliculogenesis, Nature 1996,
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[267] Per una panoramica recente degli aspetti citogenetici dell’oogenesi nei mammiferi, vedi: Morelli
M.A., Cohen P.E.,Not all germ cells are created equal: Aspects of sexual dimorphism in mammalian
meiosis, Reproduction 2005, 130: 761-781.
[268] Mattioli M., Balboni B., Signal transduction mechanisms for LH in the cumulus-oocyte complex,
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[269] Ibid.
[270] Follicolo ovarico maturo, che prende il nome dal medico e anatomista olandese Reinier de Graaf,
il quale lo descrisse nel 1672 (De Graaf R., De mulierum organis generationi inservientibus tractatus
novus, Lugduni Batavorum: Hackiana, 1672) benché questi follicoli fossero già stati osservati da altri,
fra i quali Gabriele Falloppio.
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pp.133-146; pp.140-141.
[273] Sebbene le tube di Falloppio abbiano preso il nome dal medico e anatomista italiano Gabriele
Falloppio –il primo a descrivere queste strutture nel 1561 (Falloppio G., Observationes anatomicae,
Venetiis: M.A. Ulmum, 1561)– Reinier de Graaf fu probabilmente il primo a comprenderne la vera
funzione nella riproduzione (De Graaf, De mulierum organis...).
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[278] Cf. Killian, Evidence for..., p.148, tavola 4.
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glycoprotein gene on mouse fertilization, Biochemical Journal 2003, 374(Pt 2): 551-557.
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development and bone structure but display altered osteoclast formation in vitro, Journal of Bone and
Mineral Research 1998, 13: 1101-1111.Come ha osservato Killian con acuto senso critico, “la strategia
per valutare la funzione delle singole secrezioni dell’ovidotto in vitro...non deve perdere di vista il fatto
che in vivo le singole componenti agiscono di concerto con altre componenti presenti nell’ambiente
oviduttale. Ciò spiega forse perché i topi null per proteine oviduttali come l’OSP o l’osteopontina siano
fertili” (Killian, Evidence for the..., p.148).
[282] Baluch D.P., Koeneman B.A., Hatch K.R. et Al., PKC isotypes in post-activated and fertilized
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[284] Gilbert S.F., Developmental Biology, Sunderland: Sinauer, 2000: 185.
[285] Riferendo dati ottenuti tramite osservazioni ed esperimenti sulla fecondazione in vitro e su
embrioni unicellulari umani, l’Autore del presente saggio non intende né appoggiare la decisione di
effettuare tali osservazioni ed esperimenti, né incoraggiare più l’uso del modello umano di
fecondazione e di sviluppo iniziale per indagare la biologia della riproduzione gamica.
[286] Mayor S., ACEing GPI release, Nature Structural and Molecular Biology 2005, 12: 107-108;
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che aderiscono alla ZP intatta mostrano un pattern B dopo uno staining con clortetraciclina (CTC)
(Storey B.T., Lee M.A., Muller C. et Al., Binding of mouse spermatozoa to the zonae pellucidae of
mouse eggs in cumulus: evidence that the acrosome remain substantially intact, Biology of
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sia composta da tre proteine (ZP1, ZP2 e ZP3). La ZP murina è il modello accettato di struttura della
ZP nei vertebrati superiori ed è composta di unità ricorrenti di eterodimeri ZP2-ZP3 organizzati in
filamenti incrociati da dimeri ZP1 (Greve J.M., Wassarman P.M., Mouse egg extracellular coat is a
matrix of interconnected filaments possessing a structural repeat, Journal of Molecular Biology 1985,
181: 253-264). Studi sui geni che codificano le proteine della ZP hanno condotto alla recente scoperta
di un 4° glicoproteina della ZP nell’uomo. Questa non è presente nel topo ma si trova in altre specie di
mammiferi (Spargo S.C., Hope R.M., Evolution and nomenclature of the zona pellucida gene family,
Biology of Reproduction 2003, 68: 358-362; Lefievre L., Conner S.J., Salpekar A. et Al., Four zona
pellucida glycoproteins are expressed in the human, Human Reproduction 2004, 19: 1580-1586). La
nuova glicoproteina, detta ZP4, svolge un ruolo strutturale e, insieme alla ZP3, è coinvolta nello sperm
binding e nell’induzione della reazione acrosomiale (Yurewicz E.C., Sacco A.G., Gupta S.K. et
Al., Hetero-oligomerization-dependent binding of pig oocyte zona pellucida glycoproteins ZPB and
ZPC to boar sperm membrane vesicles, Journal of Biological Chemistry 1998, 273: 74887494; Yonezawa N., Fukui N., Kuno M. et Al., Molecular cloning of bovine zona pellucida
glycoproteins ZPA and ZPB and analysis for sperm-binding component of zona, European Journal of
Biochemistry 2001, 268: 587-594; Chakravarty S., Suraj K., Gupta S.K., Baculovirus-expressed
recombinant human zona pellucida glycoprotein-B induces acrosomal exocytosis in capacitated
spermatozoa in addition to zona pellucida glycoprotein-C, Molecular Human Reproduction 2005, 11:
365-372; Caballero-Campo P., Chirinos M., Fan X.J. et Al.,Biological effects of recombinant human
zona pellucida on sperm function, Biology of Reproduction 2006, 74: 760-768). L’identificazione della
ZP4 introduce la possibilità che il modello classico di interazione spermatozoi-ZP stabilito nel topo
possa non applicarsi alle specie che producono ZP4.
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the surface of sperm, Science 1995, 269: 1718-1721.
[312] Per un’analisi recente delle ipotesi correnti sui meccanismi molecolari alla base del
riconoscimento del gamete da parte della zona pellucida, vedi: Shur B.D., Rodeheffer C., Ensslin M.A.
et Al., Identification of novel gamete receptors that mediate sperm adhesion to the egg coat, Molecular
and Cellular Endocrinology 2006, 250: 137-148.
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[314] In tutte le specie studiate fino ad oggi, il Ca2+ è assolutamente indispensabile per l’AR fisiologico
dello spermatozoo: Florman H.M., Arnoult C., Kazam I.G. et Al., A perspective on the control of
mammalian fertilization by oocyte-activated io channels in sperm: a tale of two channels, Biology of
Reproduction 1998, 59: 12-16; Publicover S.J., Barratt C.L., Voltage-operated Ca2+ channels and the
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p.43. Vedi anche Tomes C.N., Michaut M., De Blas G. et Al., SNARE complex assembly is required for
human sperm acrosome reaction, Developmental Biology 2002, 243: 326-338, e i riferimenti ivi citati.
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[318] Per una breve panoramica su questo aspetto dell’AR, vedi Evans J.P., Florman H.M., The state of
the union: the cell biology of fertilization, Nature Cell Biology 2002, 4(1), S57-S63; Wassarman P.M.,
Jovine L., Litscher E.S., A profile of fertilization in mammals, Nature Cell Biology 2002, 4(1), E59E64. Una descrizione più dettagliata della trasduzione del segnale della ZP3 si può trovare in Florman
H.M., Kirkman-Brown J., Brown J.C. et Al., The acrosome reaction: an example of egg-activated
signal transduction in sperm, ChemTracts Biochemistry and Molecular Biology 2003, 16: 126-133.
[319] La famiglia di proteine TRP (Transient Receptor Potential) sono componenti di canali cationici
che vengono attivate in risposta a diversi stimoli, che vanno dal fattore di crescita e stimolazione dei
recettori della membrana plasmatica da parte di neurotrasmettitori a una varietà di segnali chimici e
sensori. Attualmente, i membri della sottofamiglia TRPC sembrano essere i candidati più forti per i
canali di flusso di Ca2+ che vengono attivati in risposta alla stimolazione dei recettori della membrana
plasmatica che dà luogo all’idrolisi di PIP2, alla produzione di IP3 e DAG, e al rilascio di Ca2+ indotto
da IP3 dalla riserva di Ca2+ intracellulare attraverso il recettore dell’IP3. Le interazioni omomeriche o
eteromeriche selettive fra monomeri TRPC generano canali distinti che contribuiscono a meccanismi
d’ingresso del Ca2+ store-operated o store-independent (dipendenti o non dipendenti dalle riserve di
Ca2+ nel reticolo endoplasmico). Sebbene non sia stato ancora stabilito in modo definitivo quale sia
esattamente la funzione fisiologica dei canali TRPC, né come questi siano regolati, è evidente che una
varietà di funzioni cellulari è regolata dall’ingresso di Ca2+attraverso questi canali. Per una rassegna
recente della struttura e delle funzioni dei canali TRPC-Ca2+, vedi: Ambudkar I.S., Bandyopadhyay
B.C., Liu X. et Al., Functional organization of TRPC- Ca2+ channels and regulation of calcium
microdomains, Cell Calcium 2006, 40: 495-504; Minke B., TRP channels and Ca2+ signaling, Cell
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osservato che non esiste una corrispondenza “uno a uno” fra il numero degli spermatozoi che
aderiscono e il numero degli spermatozoi che si fondono con ovociti da cui è stata rimossa la zona
pellucida. Tuttavia, un tasso significativamente basso di “adesione tenace”, resistente al lavaggio è
indicativo di scarsa fusione con l’oolemma.
[340] ADAM è l’acronimo inglese per “a disintegrin and a metalloprotease”: si tratta di una famiglia
di glicoproteine che contengono un dominio disintegrina e metalloproteasi. Struttura e funzioni delle
proteine ADAM sono illustrate in: White J.M., ADAMs: modulators of cell-cell and cell-matrix
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[356] Le tetraspanine costituiscono una famiglia di circa 30 proteine caratterizzate conservativamente
da 4 regionimembrane-spanning (donde il nome) e 2 loop extracellulari (uno grande, uno piccolo),
nonché da una serie di altri residui conservati. Le tetraspanine sono espresse principalmente sulla
superficie cellulare e ne è stato riferito il coinvolgimento in molti processi fisiologici e patologici, come
la fecondazione, la risposta immunitaria, lo sviluppo del sistema nervoso, le metastasi e le malattie
infettive (HCV, malaria etc.). La prima tetraspanina fu identificata nel 1981 come un antigene espresso
sulle cellule della leucemia linfoblastica acuta e fu denominata CD9. Alcune componenti della famiglia
TM4SF potrebbero svolgere un ruolo come “organizzatrici” dei complessi multimolecolari
intramembranosi (detti anche laterali ocis) presenti sulla superficie cellulare che associano numerose
proteine e definiti “reti di tetraspanine”. Ulteriori informazioni sulle tetraspanine si trovano
in: Boucheix C., Rubinstein E., Tetraspanins, Cellular and Molecular Life Sciences 2001, 58: 11891205; Hemler M.E., Tetraspanin functions and associated microdomains, Nature Reviews Molecular
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preincubazione di ovuli di criceto privi di ZP con IgG-Fc umana, per saturare i recettori di
Fcg dell’oolemma, abroga la promozione dell’adesione spermatozoo-oolemma da parte di spermatozoi
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(ADAM2) disintegrin domain with the mouse egg membrane, Biology of Reproduction 2002, 66: 11931202. Un meccanismo di attivazione basato sulle ADAM è stato proposto anche nella rana (Norris
J.W., Tomczak M.M., Oliver A.E. et Al., Structural characterization of the ADAM 16 disintegrin loop
active site, Biochemistry 2003, 42: 9813-9821). Nel riccio di mare, la reazione acrosomiale smaschera
una proteina legante di adesione (adhesion protein binding) , una proteina fortemente idrofoba con
un’affinità per i carboidrati (Glabe C.G., Interaction of the sperm adhesive protein, bindin, with
phospholipid vesicles. II. Bindin induces the fusion of mixed-phase vesicles that contain
phosphatidylcholine and phosphatidylserine in vitro, Journal of Cell Biology 1985, 100: 800-806), il
cui recettore è stato identificato (Kamei N., Swanson W.J., Glabe C.G., A rapidly diverging EGF
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[409] La microiniezione diretta di uno spermatozoo immobilizzato nell’ooplasma per mezzo di una
pipetta sotto osservazione microscopica (Intra Cytoplasmic Sperm Injection o ICSI) è stata messa a
punto già nel 1966 per esperimenti su gameti non di mammiferi. A quel tempo la ICSI non veniva
97
effettuata a fini di fecondazione assistita, bensì per dimostrare che la decondensazione del nucleo dello
spermatozoo e la formazione del pronucleo maschile non richiedevano una precedente interazione fra
lo spermatozoo e le membrane dell’ovocita (Hiramoto Y., Microinjection of the live spermatozoa into
sea urchin eggs, Experimental Cell Research 1966, 27: 416-426). Seguirono vari esperimenti, e i
miglioramenti della microiniezione ottenuti usando un modello di coniglio hanno dato luogo non
soltanto alla formazione del pronucleo a seguito di una fecondazione indotta dalla ICSI, ma anche alla
prosecuzione della divisione embrionale e alla nascita di prole viva e normale. La ICSI è stata applicata
per la prima volta a ovociti umani nel 1988 (LanzendorfS.M., Slusser J., Maloney M.K. et Al., A
preclinical evaluation of pronuclear formation by microinjection of human spermatozoa into human
oocytes, Fertility and Sterility 1988, 49: 835-842). Tali esperimenti hanno dimostrato che gli ovociti
umani erano in grado di sopravvivere alla microiniezione e, successivamente, di supportare la
formazione di pronuclei maschili e femminili. Nel 1992, Palermo et al. hanno dato notizia delle prime
gravidanze umane ottenute in seguito a ICSI (Palermo G., Joris H., Devroey P. et Al., Pregnancies
after intracytoplasmic injection of single spermatozoon into an oocyte, Lancet 1992, 340: 17-18). Per
una panoramica recente di questa tecnica, delle sue conseguenze e delle sue applicazioni,
vedi: Yanagimachi R., Intracytoplasmic injection of spermatozoa and spermatogenic cells: its biology
and applications in humans and animals, Reproductive Biomedicine Online 2005, 10: 247-288.
[410] Kurokawa e Fissore hanno riferito che, nel topo, le oscillazioni indotte dalla ICSI si verificano
con minore frequenza dopo la prima ora e terminano prematuramente (Kurokawa M., Fissore
R.A., ICSI-generated mouse zygotes exhibit altered calcium oscillations, inositol 1,4,5-trisphosphate
receptor-1 down-regulation, and embryo development, Molecular Human Reproduction 2003, 9: 523533). Nel cavallo, inoltre, la ICSI non riesce a indurre regolari oscillazioni del Ca2+ (Bedford S.J.,
Kurokawa M., Hinrichs K. et Al., Patterns of intracellular calcium oscillations in horse oocytes
fertilized by intracytoplasmic sperm injection: possible explanations for the low success of this assisted
reproduction technique in the horse, Biology of Reproduction 2004, 70: 936-944).
[411] Malcuit, Kurokawa, Fissore, Calcium oscillations and...,p.566.
[412] Choi D., Lee E., Hwang S. et Al., The biological significance of phospholipase Cβ1 gene
mutation in mouse sperm in the acrosome reaction, fertilization, and embryo development, Journal of
Assisted Reproduction and Genetics 2001, 18: 305-310; Fukami K., Nakao K., Inoue T. et
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[413] Saunders, Larman, Parrington, PLCζ: a sperm-specific trigger...
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cynomolgus monkeys triggers Ca2+ oscillations, activation and development of mouse oocytes,
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Ca2+ increases, Biochemical Journal 1998, 335: 335-342.
[422] Malcuit, Kurokawa, Fissore, Calcium oscillations and...., p.565.
99
G. SICA
LO SVILUPPO DELL'EMBRIONE PREIMPIANTATORIO
L'espressione embrione preimpiantatorio fu introdotta da Clifford Grobstein in un lavoro pubblicato su
Scientific American nel 1979.1
Essa si riferisce allo sviluppo embrionale dallo zigote allo stadio di blastocisti, sviluppo che si verifica
durante il percorso compiuto lungo le vie genitali femminili e che comprende tutte le importanti
modificazioni che fanno seguito alla fecondazione e l'inizio della differenziazione cellulare.
La fecondazione consiste nell'ingresso di uno spermatozoo, portatore di un corredo cromosomico
aploide, in una cellula uovo. Lo spermatozoo, che ha subito il processo di capacitazione, per poter
penetrare la membrana ovulare, deve oltrepassare la barriera costituita dalle cellule della corona radiata
e la zona pellucida che avvolge direttamente l'ovocita.
La capacitazione avviene nelle vie genitali femminili; essa consiste nella rimozione dalla superficie
dello spermatozoo di una glicoproteina simile alla fibronectina e rende possibile la reazione
acrosomiale.2
Si ritiene che fattori liberati dalla corona radiata determinino l'attivazione dello spermatozoo, processo
che include la reazione acrosomiale, una modificazione nel movimento della coda e la capacità della
membrana cellulare dello spermatozoo di fondersi con la membrana ovulare.3
In vivo l'intero processo di attivazione ha luogo solo quando lo spermatozoo è prossimo all'ovocita dal
momento che la cellula germinativa maschile può sopravvivere solo per un periodo di tempo molto
limitato.
La reazione acrosomiale consiste nella fusione in vari punti della membrana esterna dell'acrosoma con
la membrana plasmatica dello spermatozoo; in questi punti si aprono degli spiragli verso l'esterno. Il
nucleo dello spermatozoo rimane coperto dalla membrana acrosomiale interna e dal materiale stesso
presente nell'acrosoma. Da quest'ultimo vengono rilasciati enzimi che vanno a disperdere le cellule
costituenti la corona radiata: tra essi la ialuronidasi (PH20) che digerisce l'acido ialuronico presente
nella matrice extracellulare che circonda tali cellule e “l'enzima di dispersione della corona” che rompe
i contatti intercellulari.4 È importante ricordare che nel follicolo ovarico le cellule che formano la
corona radiata inviano delle protrusioni citoplasmatiche attraverso la zona pellucida a stabilire dei
contatti con la membrana dell'ovocita. In particolare, la presenza a questo livello di gap
junctions supporta l'idea che attraverso le giunzioni si effettui il trasporto di alcune molecole.
Quando lo spermatozoo si trova a contatto con la zona pellucida, esso si lega ad alcune proteine
altamente glicosilate presenti nella zona, in particolare la ZP3, che attua un meccanismo di
riconoscimento e di legame di tipo recettoriale. Successivamente un altro enzima, l'acrosina, viene
rilasciato a supporto dell'avvicinamento dello spermatozoo alla membrana ovulare. Il segmento
equatoriale della testa dello spermatozoo aderisce all'oolemma che è ricoperto di microvilli. Anche in
questo caso si attiva un meccanismo di tipo recettoriale.5
Sulla superficie ovulare sono stati riscontrati recettori integrinici specifici per alcune proteine presenti
sullo spermatozoo quali i membri della famiglia ADAM o CRISP1.6 Tuttavia, le basi molecolari di tali
interazioni sono poco conosciute e i risultati sperimentali non attribuiscono un ruolo decisivo, almeno
ai componenti della famiglia ADAM, nella fusione dei gameti.7
Il nucleo dello spermatozoo ed un centriolo vengono incorporati nell'ovocita. Tuttavia, recentemente, è
stato suggerito che alcune molecole di RNAm paterno abbiano accesso nell'ovocita e siano coinvolte
nello sviluppo embrionale.8
La fusione dei gameti determina tutta una serie di eventi che segna l'esistenza di una nuova cellula: lo
zigote. Gli eventi hanno inizio con l'idrolisi del fosfatidilinositolo bifosfato nell'oolemma, seguita da
modificazioni elettriche e dall'aumento dei livelli di calcio intracellulari.9
100
Fattori di origine paterna controllano l'omeostasi intracellulare del calcio, le pompe ed i canali per il
calcio e le proteine calcio-leganti, modulandoli in maniera tale che si verifichino delle oscillazioni del
calcio libero intracellulare. Questopattern determina l'uscita dell'ovocita dall'arresto in metafase II ed il
completamento della meiosi. Il centriolo di derivazione paterna si rende responsabile della formazione
dei microtubuli e del funzionamento del fuso mitotico all'atto della prima divisione cellulare, mentre il
centrosoma dell'ovocita è inattivato dopo la fecondazione.10
L'innalzamento dei livelli di calcio nell'ovocita induce delle modificazioni nelle caratteristiche della
membrana ovulare ed una alterazione nella zona pellucida prodotta dalla esocitosi del contenuto di
granuli corticali presenti alla periferia del citoplasma ovulare. Tale contenuto è di natura enzimatica e
non solo rende per così dire impermeabile la membrana ovulare allo spermatozoo, ma induce una
diminuita espressione di ZP3 nella zona, bloccando la polispermia.
La determinazione del sesso è dovuta alla penetrazione dello spermatozoo e, nello stesso tempo, una
serie di eventi biochimici e biofisici portano alla costituzione dei due pronuclei con drammatiche
modificazioni in ambedue i nuclei (quello dello spermatozoo e quello dell'ovocita) che vanno incontro
a ciò che Stanley Shostak ha definito come “un appuntamento con il destino”.11
Il pronucleo maschile, che è più grande di quello femminile nella specie umana, si costituisce in
vicinanza dell'ingresso dello spermatozoo, mentre quello femminile si forma all'estremità del fuso
mitotico situata nell'ooplasma.
La membrana, che avvolgeva il nucleo maschile e che era priva di comunicazioni con il citoplasma, va
incontro a rottura e questo rappresenta il primo di una serie di eventi nella formazione del pronucleo
maschile. Tale membrana singola viene sostituita da un vero e proprio involucro nucleare, fatto da due
membrane interrotte da pori, ed il materiale che forma tale involucro deriva interamente dal citoplasma
ovulare. La cromatina dello spermatozoo va incontro ad un rimodellamento; istoni materni vanno a
sostituire le protamine ed altre proteine vengono incorporate nel DNA, che diviene despiralizzato. La
decondensazione della cromatina viene indotta da fattori presenti nel citoplasma ovulare prodotti nelle
ultime fasi dell'ovogenesi; questo evento comanda la trascrizione dei geni paterni.
L'ovocita completa la sua seconda divisione meiotica; la cromatina si decondensa e si ha così la
formazione del pronucleo femminile.12
Entro 3-6 ore dalla penetrazione dello spermatozoo i microtubuli dello zigote si organizzano a formare
l'aster dal centriolo. Sembra che i microtubuli abbiano un ruolo importante anche nella migrazione dei
due pronuclei verso il centro della cellula; essi, infatti, all'atto della loro costituzione, sono collocati ad
una certa distanza l'uno dall'altro. La migrazione dura 12-16 ore. I pronuclei non si fondono ma
rimangono separati da una stretta striscia di citoplasma che contiene mitocondri ed elementi del reticolo
endoplasmico liscio. La rottura degli involucri nucleari dei due pronuclei è seguita dalla migrazione dei
cromosomi verso il fuso mitotico. La prima divisione cellulare interviene dopo 24-30 ore dalla
fecondazione.13
Opinioni disparate sussistono in merito all'importanza del sito di ingresso dello spermatozoo nel
determinismo delle polarità dell'embrione. Alcuni autori hanno riportato che tale sito avrebbe un ruolo
significativo nel configurare il piano lungo il quale si effettua la prima divisione di segmentazione, altri
sostengono invece che quest'ultima abbia rapporto con la sede di formazione del secondo globulo
polare. Inoltre, è stato ipotizzato che l'intero ooplasma subisca una rotazione al momento dell'ingresso
dello spermatozoo per adeguarsi alla posizione del suo sistema microtubulare.14
Dopo la prima divisione, si costituiscono 2 blastomeri, di dimensioni inferiori a quelle dell'ovocita. Le
mitosi successive intervengono ad un ritmo più rapido. Il risultato è la formazione della morula
composta di elementi cellulari lassamente aggregati. Le divisioni cellulari non sono accompagnate da
un accrescimento volumetrico, pertanto le cellule embrionali sono progressivamente più piccole
stabilendosi nel contempo un rapporto nucleo/citoplasma caratteristico delle cellule adulte. Quando la
morula è formata da 8-16 cellule, essa va incontro al fenomeno della compattazione. Questo evento è
associato a profondi cambiamenti di natura strutturale e metabolica.
101
Dal punto di vista metabolico si assiste ad un aumento della sintesi proteica e dell'RNA e ad una
modificazione del rapporto tra fosfolipidi e colesterolo.
Dal punto di vista strutturale, i blastomeri rivolti verso l'esterno diventano polarizzati. Il loro nucleo
migra nella porzione basale della cellula, mentre all'apice si assiste ad un accumulo di actina e clatrina;
dalla superficie cellulare protrudono microvilli. I blastomeri stabiliscono dei contatti molto stretti
manifestando dapprima delle giunzioni di tipo aderente e successivamente delle giunzioni di tipo
occludente, in particolare giunzioni strette. Nelle giunzioni aderenti sono espresse le caderine, proteine
che appartengono ad una superfamiglia di molecole di adesione. In particolare la E-caderina è presente
nell'ovocita e durante le prime fasi dello sviluppo embrionale; ciononostante la sua espressione stabile
non si verifica prima dell'inizio della fase di compattazione.15
Nelle giunzioni strette a livello della membrana vengono espresse occludina e claudina; a livello
citoplasmatico sono presenti ZO-1, ZO-2 e cingulina.16
I blastomeri che costituiscono lo strato rivolto verso l'esterno sono destinati a costituire il trofoblasto,
mentre quelli disposti all'interno formeranno la massa cellulare interna (ICM). Questi ultimi esibiscono
giunzioni comunicanti composte da proteine denominate connessine. Un gruppo di 6 connessine
costituisce dei canali intercellulari funzionali al trasporto di metaboliti e molecole che regolano la
divisione cellulare.17
La zona pellucida è responsabile della differenziazione di queste due distinte popolazioni cellulari e,
allorché tale differenziazione si è stabilita, la totipotenza dei blastomeri viene perduta.
Approssimativamente 4 giorni dopo la fecondazione, la morula si trasforma nella blastocisti. Questa
trasformazione sarebbe imputabile alla presenza a livello dei blastomeri collocati verso l'esterno di una
pompa NaK-ATPase che trasporta sodio e causa un passaggio di acqua verso l'interno della struttura,
acqua che si raccoglie in una cavità denominata blastocele, laddove un agglomerato di cellule collocate
eccentricamente, la ICM, è identificabile con l'embrioblasto. Le cellule del trofoblasto, polarizzate e
dotate di estrema coesione, non contribuiranno assolutamente alla formazione di alcun tessuto del feto,
ma organizzeranno la placenta e le membrane extraembrionali.18
Recenti esperimenti hanno sollevato dei dubbi sul ruolo svolto dalle pompe NaK-ATPase nel
determinismo degli eventi descritti ed hanno suggerito che i mediatori fisiologici del passaggio dei
fluidi attraverso il trofoectoderma siano le acquaporine, piccole proteine integrali di membrana che
provvedono al trasporto dell'acqua. In aggiunta, sembrano essere coinvolte nella formazione della
blastocisti le MAP-chinasi, una famiglia di proteine enzimatiche impegnate nel controllo della
proliferazione e della differenziazione cellulare, ed in particolare la p38, che regola la compattazione
della morula e lo sviluppo pre- impiantatorio.19
Durante il periodo pre-impiantatorio l'embrione viene trasportato attraverso la tuba ed
approssimativamente 7 giorni dopo la fecondazione la blastocisti si impianta nell'utero.
In questo periodo si verificano notevoli cambiamenti morfologici associati a variazioni di tipo
metabolico in termini diuptake di aminoacidi, sintesi proteica e richieste di tipo energetico.
I meccanismi che controllano la divisione cellulare ed i processi differenziativi illustrati sono
scarsamente conosciuti ed in essi sono coinvolti un grande numero di geni e sistemi complessi.
Le divisioni mitotiche sono soggette ad uno stringente controllo a livello di check-points del ciclo
cellulare; ciononostante, si osserva un certo numero di anomalie cromosomiche.20
Dopo la fecondazione l'evento più importante è rappresentato probabilmente dall'attivazione del
genoma embrionale, laddove i trascritti espressi dallo zigote e dall'embrione vanno a rimpiazzare i
trascritti materni che controllano lo sviluppo embrionale precoce attraverso RNAm accumulatisi
durante la crescita e la maturazione dell'ovocita. Questo drammatico cambiamento determina la
trasformazione dell'ovocita altamente differenziato nei blastomeri totipotenti che formano l'embrione
delle prime fasi dello sviluppo pre-impiantatorio. Come detto in precedenza, le protamine vengono
rimpiazzate dagli istoni, il genoma aploide metilato dei due genitori va incontro a demetilazione nello
zigote diploide; il controllo materno è sostituito dal controllo dello zigote.
102
L'attivazione del genoma embrionale è probabilmente un processo graduale. Uno stato di globale
repressione trascrizionale succede ad un periodo permissivo che consente la continua espressione di
geni regolati da forti promotersed enhancers.
Nel topo, la più rilevante attivazione si verifica allo stadio di 2 cellule; in altre specie di mammiferi
essa sembra verificarsi un po' più tardi. Tuttavia, recentemente, esperimenti condotti mediante
metodologie molto sensibili hanno condotto alla determinazione che nello stadio ad 1 cellula si verifica
l'attivazione del genoma zigotico e che in quello stadio esistono differenze nell'attivazione
trascrizionale del pronucleo maschile rispetto a quello femminile.21
Nello zigote umano almeno 7 geni (SRY, ZFY, XIST, HPRT, APRT, DK ed a-globina) sono attivi.22 Il
gene COX1 viene espresso durante il passaggio dallo zigote allo stadio a due cellule.23 Nello stadio
pronucleare sono attivi alcuni geni che regolano l'apoptosi (bcl-2, Bax, Bad) ed essi continuano ad
essere espressi durante tutto il periodo pre-impiantatorio. In aggiunta, inizia in questo periodo
l'espressione della famiglia dei geni dell'Insulin-like Growth Factor e dei geni omeotici HOXA4,
HOXA7, HOXB4, HOXB5 ed HOXC6.24
Recentemente, uno studio condotto nei topi ha stabilito il profilo di espressione di più di 20.000 geni in
embrioni coltivatiin vitro a differenti stadi (zigote, embrioni a 2, 4, 8 cellule, morula e blastocisti) ed ha
comparato tale profilo con quello di embrioni in vivo. Non sono state riscontrate molte differenze, se si
prescinde dai geni della DNA metiltransferasi-1 e della caderina-11.25
Durante il periodo preimpiantatorio non si osservano processi apoptotici prima dell'attivazione del
genoma embrionale. Negli embrioni prodotti in vitro non si verifica apoptosi prima della
compattazione.
Tutte le specie dei mammiferi mostrano il più alto livello di morte cellulare programmata allo stadio di
blastocisti. Dal topo all'uomo modificazioni di tipo apoptotico sono state osservate nel 70-80% delle
blastocisti sia in vivo che prodotte in vitro. Negli embrioni umani si osserva il 7-8% di cellule morte sia
nel trofoectoderma che nella ICM.
I fenomeni apoptotici hanno un obiettivo positivo; infatti mirano alla rimozione di cellule
geneticamente anomale o che abbiano subito delle mutazioni. È da sottolineare il concetto che la
qualità della blastocisti fa prevedere lo sviluppo ulteriore dell'embrione.
Se si osserva un incremento dei fenomeni apoptotici, la morte cellulare massiva crea uno squilibrio
nella omeostasi dell'embrione e la crescita si arresta.26
Lo sviluppo embrionale è controllato da fattori di crescita, ormoni, aminoacidi, carboidrati e vitamine.
La maggior parte delle informazioni concernenti l'importanza di tali sostanze deriva da sperimentazioni
condotte in vitro e non necessariamente identifica i fattori realmente determinanti nello sviluppo che si
effettua in vivo.
Ad esempio, sebbene il glucosio sia presente nel fluido tubarico, esso può addirittura risultare nocivo
per lo sviluppo in vitro dell'embrione prima della compattazione, causando l'arresto delle divisioni
cellulari o un rallentamento nel ritmo di tali divisioni.
Il Transforming Growth Factor-a (TGF-a), il Fibroblast Growth Factor, il Platelet- derived Growth
Factor, l'Insulin-like Growth Factor II (IGF-II), il recettore per l'insulina, il recettore per l'IGF (IGF-R)
ed il recettore per l'Epidermal Growth Factor (EGF-R) sono tutti stati trovati nell'embrione di topo nei
primi stadi di divisione cellulare.
EGF, TGF-a ed EGF-R sono particolarmente legati, nel topo, alla fisiologia del trofoectoderma,
all'espansione della blastocisti e all'impianto. Il TGF-a è un prodotto dell'embrione e può costituire un
fattore di regolazione endogeno. L'EGF, come l'insulina, non viene prodotto dall'embrione e viene
secreto dal pancreas materno. Gli EGF-R sono stati soprattutto trovati nel trofoectoderma, mentre gli
IGF-R sono distribuiti uniformemente nelle membrane delle cellule che compongono la blastocisti.
In vivo, nel periodo preimpiantatorio, opera un circuito determinato dai fattori di crescita. Si
stabiliscono interazioni di tipo autocrino e paracrino tra l'embrione stesso e l'ambiente materno: il
trofoectoderma e la ICM sono bersaglio dell'insulina pancreatica materna; il TGF-a dalla ICM è diretto
103
verso gli EGF-R localizzati nel trofoectoderma e l'IGF-I endometriale verso gli IGF-R di tipo I
localizzati nel trofoectoderma.
Il Tumor Necrosis Factor (TNF-a) ha una influenza inibitoria sullo sviluppo preimpiantatorio. Questo
fattore ed i suoi recettori sono stati riscontarti negli ovociti, nell'endometrio e nelle ghiandole
endometriali di differenti specie. Il TNF-a peraltro inibisce la proliferazione cellulare e la formazione
della blastocisti in vitro.
L'ormone della crescita, tradizionalmente coinvolto nella regolazione dello sviluppo post-natale, regola
l'azione dell'IGF durante le prime fasi dello sviluppo embrionale.27
Tutte queste vie sembrano essere orchestrate dagli steroidi materni suggerendo che lo sviluppo
preimpiantatorio sia modulato dalla madre. Tuttavia, come già spiegato in precedenza, tale sviluppo è
in parte frutto di una funzione di autoregolazione. L'embrione nelle sue prime fasi non è un organismo
quiescente che si sviluppi nel contesto dell'ambiente materno favorevole con scarso controllo del suo
stesso destino.
Un interessante esempio di autoregolazione è rappresentato dal PAF (1-o-alkyl-2-acetyl-sn-glycero-3phosphocholine), un fattore solubile che viene sintetizzato subito dopo la fecondazione e persiste in
tutta la fase del preimpianto in tutte le specie di mammiferi studiate sinora.
Il rilascio di PAF causa tutta una serie di modificazioni nella fisiologia materna, inclusa la funzione
immunitaria. PAF agisce anche in maniera autocrina tramite recettori espressi dallo stesso embrione e
rappresenta un fattore di sopravvivenza, attività in parte legata alla mobilizzazione del calcio.
Negli stadi più avanzati PAF esercita un'azione trofica stimolando il metabolismo embrionale, la
progressione nel ciclo cellulare e la vitalità dell'embrione.
PAF è una molecola di straordinaria potenza e può anche promuovere la migrazione dell'embrione,
migliorando l'ambiente in cui esso si sviluppa tramite variazioni delle funzioni tubariche.28
Nel topo il tasso di divisioni cellulari è controllato dal gene PED (Preimplantation Embryo
Development). Sembra che ci sia un omologo di questo gene nell'uomo. Analisi di genetica molecolare
condotte nel topo hanno consentito di mappare il gene PED nella regione Q del Complesso Maggiore di
Istocompatibilità.29 Negli embrioni coltivati in vitro il fenotipo controllato da PED è mantenuto, il che
suggerisce una dipendenza delle divisioni cellulari dai geni dell'embrione stesso e non dall'ambiente
uterino.30
Nel corso dello sviluppo preimpiantatorio le scelte energetiche dell'embrione costituiscono un aspetto
suscettibile di modificazioni.
Esperimenti in vitro hanno dimostrato che l'ovocita e lo zigote del topo necessitano assolutamente di
piruvato; il glucosio non può supportare lo sviluppo embrionale fino allo stadio di 8 cellule. Solo dopo
questo stadio c'è uno switch verso l'utilizzazione del glucosio. Al momento della compattazione, si
osserva un'aumentata richiesta energetica poiché la sintesi proteica aumenta all'atto della formazione
del blastocele. Allo stadio di blastocisti l'embrione sviluppa una considerevole capacità di effettuare
glicolisi anaerobia in vista dell'ambiente anossico che esso incontra al momento dell'impianto.
Il livello di respirazione, il numero, le dimensioni e la distribuzione spaziale dei mitocondri influenzano
segnatamente la normalità dello sviluppo embrionale. I mitocondri partecipano alla regolazione
dell'omeostasi intracellulare del calcio che ha importanti implicazioni funzionali.
Essi sono i più abbondanti tra gli organelli nell'ovocita e contengono poche creste. Questo fenotipo
persiste durante le prime divisioni cellulari e fino allo stadio di morula. Lo sviluppo di creste lamellari
che attraversano completamente la matrice mitocondriale rappresenta un aspetto caratteristico dello
stadio di blastocisti.
Nell'ovocita l'attività respiratoria è molto modesta, ma durante il periodo preimpiantatorio la
fosforilazione ossidativa mitocondriale fornisce il maggior contributo in termini di ATP e nel topo
l'80% dell'ATP deriva dai mitocondri.
È bene ricordare che se l'apporto di ATP supera la richiesta cellulare, esso si traduce in un danno
tossico.
104
Nel topo, dopo la fecondazione, i mitocondri migrano nella regione perinucleare e formano un
aggregato che circonda i due pronuclei. Una collocazione simile viene assunta dai mitocondri nei
blastomeri durante le prime fasi di divisione cellulare e la vitalità dell'embrione è influenzata da
eventuali sproporzioni che si verifichino in questa sorta di segregazione mitocondriale.31
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* L'autore ringrazia la dr. Anna Giuli e la dr. Fortunata Iacopino per la collaborazione offerta nella
raccolta della bibliografia e nella revisione del manoscritto.
106
C. BELLIENI
DIAGNOSI PREIMPIANTO, DIAGNOSI PRENATALE
Questa relazione vuole dare brevi nozioni sugli ultimi progressi in campo di diagnosi prenatale e
diagnosi preimpianto, per poi portare alcune valutazioni che sorgono dalla pratica clinica e dalla
letteratura scientifica specializzata.
Diagnosi Preimpianto
La diagnosi genetica preimpianto (PGD) è costituita dall'analisi di singole cellule (blastomeri) biopsiate
da embrioni 3 giorni dopo la fecondazione o da corpi polari presi dagli oociti durante la meiosi. Lo
scopo di questi test è di determinare quale embrione sia esente da una malattia dovuta ad alterazione di
un singolo gene (SGD)o da anomalie cromosomiche.1Gli embrioni che vengono determinati normali
geneticamente per quanto riguarda il gene/cromosoma interessato, sono poi trasferiti nella madre
preferendoli a quelli anomali.
Malattie da singolo gene (SGD)
I primi casi di PGD utilizzarono la polimerase chain reaction (PCR) per determinare il sesso
dell'embrione, permettendo così il trasferimento elettivo di femmine non affette in famiglie portatrici di
malattie x-legate.2
Questi primi successi furono presto seguiti da test basati sulla PCR per SGD come il deficit di alfa-1antitripsina e fibrosi cistica, in cui un frammento di DNA contenente la mutazione colpevole della
malattia veniva amplificato e analizzato.3Ora è possibile analizzare più di 40 malattie ereditarie allo
stato di preimpianto.4
Per evitare gli errori dovuti a insuccesso dell'amplificazione,5 molti test di PGD ora usano la multiplexPCR. Questa tecnica è costituita dalla simultanea amplificazione di vari frammenti di DNA in una
singola reazione. La multiplex-PCR ha anche aiutato a evitare un altro grave problema della PCR
single- cell, cioè la contaminazione della reazione con DNA estraneo.
Analisi cromosomica
L'analisi cromosomica degli embrioni umani preimpianto fu all'inizio introdotta per identificare
cromosomi X e Y allo scopo di determinare il sesso dell'embrione ed evitare malattie X-legate. Le
tecniche PCR inizialmente usate per questo scopo furono rapidamente soppiantate da metodi più validi
basati sull'ibridazione per fluorescenza in situ (FISH).6 Da allora le indicazioni per il test cromosomico
sono aumentate e il numero di cromosomi vagliati in ciascuna cellula è aumentato significativamente.
Lo screening cromosomico oggi è offerto a vari gruppi di pazienti che si suppone essere a rischio di
produrre gameti aneuploidi. Tra questi sono compresi i portatori di riarrangiamenti cromosomici come
le traslocazioni 7 aborti spontanei pregressi, fallimenti di IVF, donne in età avanzata.8 L'identificazione
e il trasferimento elettivo di embrioni cromosomicamente normali riduce l'incidenza di nascita di
bambini con trisomia. Inoltre, questo screening può migliorare il successo di IVF per certi
pazienti.9 Questo avviene perché molti degli squilibri cromosomici ravvisati nella fase di preimpianto
sono letali. Gli embrioni che portano queste anomalie sono spesso morfologicamente normali allo
stadio di preimpianto e di conseguenza sono trasferiti alla madre. L'investigazione citogenetica del
materiale di aborti spontanei e cellule prese da embrioni nella fase preimpianto indicano che
l'aneuploidia può spiegare molte dei casi in cui non si arriva ad una gravidanza evoluta.10
Per lo screening del corpo polare,11 la maggiore limitazione è che esso può solo essere usato per
scoprire errori che insorgono dalla meiosi femminile, e non tutti gli errori meiotici hanno origine
materna.
107
Diagnosi Prenatale non Invasiva: Evoluzioni Recenti
Esistono tecniche di diagnosi prenatale non invasiva basate sull'analisi nel sangue materno di una serie
di markers (Tab. 1) Recentemente è stato messo a punto un sistema per la determinazione del sesso del
nascituro tramite l'analisi del sangue materno a 6 settimane di gravidanza. Le attuali raccomandazioni
del National Institute of Clinical Excellence (NICE) sono che a tutte le donne incinte venga offerto un
test che dia un tasso di accuratezza del 60% minimo e un tasso di falsi positivi del 5% massimo. Per il
2007 questo dovrà passare rispettivamente a 75% e 3%.
La ricerca nel sangue materno di globuli rossi fetali, cellule staminali mesenchimali, e trofoblasti è
stata utilizzata per vari test prenatali diagnostici.12 Il principale fattore limitante sembra essere la rarità
di queste cellule nel circolo materno (occorrono tecniche di arricchimento per aumentare la
produzione).
A questo quadro si può poi aggiungere le possibilità diagnostiche offerte dai recenti progressi
dell'ecografia fetale.
Diagnosi Prenatale Invasiva
Sia l'amniocentesi del secondo trimestre che il prelievo di villi corionici (CVS) sono tecniche ben
assodate per ottenere un'informazione genetica sul feto. Esistono comunque altre tecniche meno
comuni come la cordocentesi, eseguita di solito dopo le 18 settimane di gestazione e la amniocentesi
precoce, eseguibile tra la 11a e la 14a settimana di gestazione.
L'amniocentesi è considerata il gold standard della diagnosi prenatale invasiva; fu introdotta nel
195213 per identificare malattie emolitiche in età prenatale ed è stata usata per individuare malattie
genetiche dalla metà degli anni '70. Usata inizialmente per ottenere cellule fetali per il cariotipo,
l'amniocentesi del secondo trimestre è ora usata per la diagnosi molecolare e biochimica di quei
disordini fetali in cui l'analisi degli amniociti o del liquido amniotico è informativa, così come fornisce
informazioni molto attendibili per i difetti del tubo neurale. Il tempo necessario per ottenere un
cariotipo è di 10-14 giorni.
Lo svantaggio maggiore dell'amniocentesi del secondo trimestre è che il risultato è di solito disponibile
solo dopo la 18asettimana di gestazione. Il CVS e l'amniocentesi precoce possono essere fatti tra la
10a e la 14a settimana e offrono un'alternativa più precoce, ma soprattutto l'amniocentesi precoce, sono
scarsamente utilizzate per i rischi prodotti.
Sebbene sia il CVS che l'amniocentesi siano molto attendibili, il maggior tasso di mosaicismo visto con
il CVS può risultare in differenze per quello che concerne il valore predittivo positivo (cioè la
concordanza di anomalia fetale con un risultato anormale del test). Uno studio collaborativo canadese
ha determinato che il valore predittivo positivo dell'amniocentesi è di 0,909, mentre quello del CVS è
solo 0,525.14
Come tutte le procedure invasive prenatali, sia l'amniocentesi che il CVS talora portano a perdita della
gravidanza.
Per l'amniocentesi del secondo trimestre, la perdita fetale è stimata essere 0,5-1% al di sopra di quella
del tasso di abortività naturale.15
La Cochraine library 16 ha analizzato, nel 2003, 14 studi randomizzati per valutare i rischi delle varie
tecniche rispetto a morte fetale e deformazione degli arti. Vari autori sostengono che la visualizzazione
diretta dell'ago migliori la sicurezza.17
Un recente studio randomizzato del 2004 ha fatto notare che l'amniocentesi precoce provoca un tasso di
abortività e piede equino-varo maggiore del CVS.18 Altri lavori confermano il rischio per il feto della
diagnostica prenatale invasiva.19
108
Rischi e Preoccupazioni sulla Diagnosi Prenatale Invasiva
Nei 35 anni da quando Jacobson e Barten riportarono i primi 56 casi di amniocentesi,20 il numero di
amniocentesi è aumentato progressivamente: l'International Genetic Laboratory Directory ha indicato
che vengono effettuate 190.000 amniocentesi l'anno in USA.21
Recentemente si sta cercando di superare la necessità degli esami invasivi in gravidanza, per il rischio
di abortività che comportano. Se si considera che nel 2003 in Italia sono state eseguite circa 100.000
amniocentesi,22 ne consegue che circa 500-1000 gravidanze normali e volute sono esitate in aborto a
causa di questa tecnica, con conseguente trauma per la donna. Non è un dato trascurabile. Sappiamo
che questo esame viene affrontato talvolta sottovalutandone i rischi. Scrive Stranc sul Lancet 23 (40):
“Quando il CVS o l'amniocentesi del 2o trimestre sono ugualmente indicati, la preferenza della donna,
o la procedura che le dà il maggior grado di certezza sarà il fattore per decidere...alcune donne vogliono
un test prenatale precoce indipendentemente dalla rilevanza del rischio: alcune donne vogliono un test
prenatale precoce indipendentemente dalla possibilità di un maggior rischio di complicazioni legate alla
procedura o al rapporto tra rischio da procedura e probabilità di un'anomalia del feto. Heckerling e
collaboratori trovarono che la scelta tra diagnosi precoce e tardiva era il primo fattore di preferenza
della CVS nei confronti dell'amniocentesi e che l'aborto legato al test, i livelli di errore nel determinare
il cariotipo con conseguente terminazione della gravidanza, o la morbidità materna in seguito ad aborto
terapeutico non influenzavano significativamente la scelta del tipo di test. Similmente, Evans e
collaboratori riportarono che le donne di maggior età e migliore educazione, con un tasso minore di
gravidanze e parti alle spalle, erano più inclini a scegliere il CVS piuttosto che l'amniocentesi”.24
Non sono da sottovalutare i rischi psicologici della ricerca della perfezione del nascituro, cui si affida il
compimento di un'attesa eccessiva dei genitori: “Ogni esplorazione fetale non abituale, in particolare la
realizzazione di un cariotipo, provoca, soprattutto nella madre, una vera interruzione della relazione col
bambino, che non finirà se non con il risultato di normalità. I genitori descrivono quasi tutti
queste sospensioni del loro progetto, che si manifesta con l'arresto di ogni preparazione materiale della
nascita, ma anche con un distacco transitorio da questo bambino sospettato di non dover sopravvivere,
nella preoccupazione di non attaccarsi inutilmente. Alla minima anomalia, il sospetto portato sulla
qualità del bambino, il dubbio sulla sua integrità presente e soprattutto futura, inducono nei genitori una
reazione di rigetto, un desiderio di morte, spesso del tutto sproporzionato con la gravità reale. Questi
sentimenti mettono in pericolo grave l'attaccamento, fino ad un vero e proprio lutto anticipato, che, se
il bambino sopravvive, lascerà una traccia indelebile. Si corregge più facilmente una diagnosi che una
rappresentazione psichica”.25
Anche il Comitato Nazionale Italiano di Bioetica 26 mette in guardia rispetto all'eccesso di
intromissione nel patrimonio cromosomico fetale, prefigurando un'intromissione nella privacy
dell'individuo,27 in particolare allorché si vadano a scrutare delle malattie non letali e magari ad esordio
tardivo: “La capacità di predire -attraverso l'analisi del genoma in epoca prenatale o della costituzione
genetica di individui adulti- che un soggetto si ammalerà di una determinata malattia, o di accertare
che, pur privo di specifiche patologie, è comunque predisposto a contrarle, può anche comportare un
costo elevato in termini psicologici e sociali. È infatti possibile sottoporre l'individuo a discriminazioni
in vari ambiti della sua vita quotidiana (sul lavoro, come da parte di società assicuratrici, o addirittura
del proprio partner), spesso soltanto sulla base di una maggiore probabilità, ma non della certezza, che
un giorno egli possa ammalarsi. Si pone pertanto la necessità di proteggerlo da un cattivo uso delle
informazioni genetiche, tale da condurre a comportamenti collettivi discriminanti e limitativi, a
qualsiasi livello, dei diritti fondamentali della persona”.28
Infine, non bisogna sottovalutare il pericolo dell'abuso nell'uso di queste tecniche: “Non sanno che il
rischio zero non esiste, neppure per una ventenne, e che comunque resta il 3% di possibilità che il feto
abbia un'anomalia. Oltretutto si tratta di tecniche invasive, che mettono a repentaglio la sopravvivenza
del piccolo e non aggiungono quasi nulla a livello predittivo. A 20 anni il rischio di fare figli con
109
handicap è di uno su 1.500. Mentre la possibilità di procurare un aborto con l'amniocentesi è una su
200”.
Proprio per questo le attuali tendenze vanno nel senso di trovare tecniche alternative all'indagine
invasiva. Inoltre l'orientamento attuale è fornire una maggiore informazione delle indicazioni reali delle
varie opzioni di diagnosi prenatale, tramite un uso sempre più attento del consenso informato.
Rischi e Preoccupazioni sulla Diagnosi Preimpianto
Il primo punto da ricordare è che diagnosi preimpianto vuol dire selezione. In altri termini, vuol dire
che siamo di fronte non ad una diagnosi fatta per curare, ma per eliminare gli embrioni malati. Il
dibattito si sta oggi ponendo non sul fatto se sia eticamente giusto selezionare degli embrioni, ma su
quali bisogna selezionare. C'è chi argomenta che è corretto permettere l'accesso alla diagnosi
preimpianto solo per malattie ad alta gravità, altrimenti si rischia di cadere nel consumismo
procreativo 29 e altri spiegano che invece così facendo si ledono la dignità dei malati di quelle malattie
(per esempio spina bifida, mucoviscidosi) che si sentirebbero così considerati portatori di una vita non
degna: i sostenitori di questa seconda teoria invocano invece un accesso alla selezione del figlio
unicamente secondo le richieste dei genitori.30Anche l'accesso alla selezione del sesso non deve,
secondo loro, essere vietata; l'importante, spiegano, è che il sesso del nascituro venga scelto per
“bilanciare” il sesso dei figli preesistenti, e non per scegliere il sesso del primo figlio. Julian Savulescu
scrive: “Le coppie dovrebbero selezionare gli embrioni o feti che si presume avranno la miglior vita,
sulla base delle informazioni genetiche disponibili, includendo quelle sui geni non patologici. Sostengo
pure che dovremmo permettere la selezione per i geni non patologici anche se questo mantiene o
aumenta la disuguaglianza sociale. In particolare parlerò dei geni dell'intelligenza e la selezione in base
al sesso”.31 Stiamo assistendo allora alla giustificazione della selezione sulla base addirittura
di anomalie dentarie del concepito 32 o – se un domani sarà possibile diagnosticarla in sede
embrionaria – della tendenza sessuale di quest'ultimo,33 o anche della caratteristica di una
predisposizione per la musica.34 Esiste anche una tendenza a selezionare il figlio sulla base non di un
“completo benessere” di quest'ultimo, ma anche per imporgli dei caratteri che ai più non sembrerebbero
desiderabili, come ad esempio la sordità.35
Con la diagnosi preimpianto per definizione si eliminano dunque degli embrioni sulla base delle
caratteristiche genetiche. Esistono poi i rischi a lungo termine, legati alla manipolazione e
all'asportazione di 1-2 cellule da un gruppo di 8, ancora ignoti non essendoci ovviamente un follow-up
temporalmente adeguato.
Un Rischio in Comune: la Perdita della Nostra Privacy Prenatale
È recentemente stata data la notizia della produzione di un kit fai-da-te per la determinazione del sesso
del nascituro. Il test è possibile a 5 settimane di gestazione, proprio nel periodo in cui l'interruzione di
gravidanza è permessa in molti Stati. Alte proteste si sono levate soprattutto dai Paesi in cui, come in
India, il problema della eliminazione dei feti di sesso femminile è molto grave. Ma anche ambienti
sensibili ai diritti della donna si sono lamentati della commercializzazione di un prodotto a possibile
ricaduta sessista. Dunque è possibile sempre più agire per conoscere i segreti del nascituro, spesso non
a suo vantaggio. Da varie parti in letteratura scientifica si sta sempre più parlando dei diritti alla privacy
del nascituro al fine di non subire discriminazioni prima e dopo la nascita. Nel 1989 l'Organizzazione
Mondiale della Sanità (OMS) ha tracciato le linee per una tutela della nostra privacy prenatale. Ogni
persona ha diritto a non subire discriminazioni anche prima della nascita, in base al sesso, alle
caratteristiche o attitudini future e l'OMS suggerisce di limitare la possibilità per i genitori di ottenere
eccessive informazioni sul figlio: “La diagnosi prenatale è eseguita solo per dare ai genitori e ai medici
informazioni sulla salute del feto. L'uso della diagnosi prenatale per test di paternità, eccetto in caso di
stupro o incesto, o per selezione legata al sesso, eccetto nei casi di malattia legata al sesso, non è
accettabile”.36 Scriveva il genetista tedesco Wolfram Henn nel 2000: “Ci può essere dubbio che un kit
110
per il DNA che prometta ai futuri genitori una buona chance di avere un figlio alto, magro, brillante
non sarebbe un best-seller? Credo che questa sia incompatibile col principio di nil nocere. Perciò c'è
urgenza di estendere l'attuale proibizione di test per la paternità o per il sesso ad ogni parametro che
non sia correlato a gravi malattie del nascituro”. Tuttavia si discute oggi, come ad esempio fa David
Wasserman della Yale University, se questa selezione prenatale in base ai caratteri debba essere fatta
solo per le malattie gravi (sindrome Down, in testa) oppure, al fine di non stigmatizzare i disabili,
debba essere consentito l'accesso ad ogni possibile tipo di curiosità su embrione e feto.37 Dorothy
Wertz and John Fletcher38 riportano che “più di un quarto dei genetisti nei Paesi occidentali sarebbe
pronto a eseguire diagnosi prenatale per la selezione in base al sesso, e l'8% afferma che i pazienti
hanno il diritto a qualunque servizio per cui possono pagare”, e in India il problema è così grave che
esiste una legge contro la selezione legata al sesso e lo stato di Maharashtra ha varato una legge che
punisce i medici che partecipano a tali azioni.39 Esistono altri rischi di abuso, e il Comitato Nazionale
Italiano di Bioetica si è pronunciato su questo argomento. Dall'Utah, Botkin, pediatra e bioeticista
sottolinea, in un articolo intitolato “Privacy fetale”, che “man mano che la tecnologia avanza, sarà
possibile lo screening per condizioni che non producono gravi difetti. I futuri genitori potranno perciò
presto selezionare l'embrione in vitro più desiderabile, o terminare i feti indesiderabili fino ad ottenere
il figlio desiderato. La professione medica deve assumersi la responsabilità di stabilire le linee-guida
per l'uso della tecnologia riproduttiva”.40 È ovviamente giusto conoscere prima della nascita la
possibilità di patologie curabili, ma che dire della possibilità di rivelare la predisposizione a quelle che
curabili non sono e che magari si presenteranno ad un'età avanzata? È diritto dei genitori sapere tutto
del figlio quando questo sapere tutto non va nell'interesse del figlio stesso? Come non intravedere
invece un conflitto di interessi per la possibilità che queste informazioni rischiano di andare a
detrimento del nascituro? “Un domani che noi sapremo vedere dall'embrione che il bambino avrà tale o
talaltra caratteristica ...che sarà maschio, femmina, che avrà gli occhi blu e il bernoccolo della
matematica ci saranno genitori che diranno: non lo vogliamo così. Immaginate l'imbarazzo dei medici
tra 50 anni quando saranno interpellati per casi analoghi?”.41 Ma l'intrusione nella privacy prenatale
non solo lede il diritto alla riservatezza perché può portare a terminazione della gravidanza, ma va
oltre: chi nasce dopo l'intrusione prenatale nel suo DNA si trova già dalla nascita con i suoi “segreti
genetici” decifrati. E si trova nella condizione di conoscere cose che forse avrebbe preferito non sapere.
La riservatezza delle notizie riguardanti la sfera della fisiologia e della salute personali può essere
aggirata se i miei dati, che da adulto non darei a nessuno, vengono decodificati prima della nascita.
Un Rischio Ulteriore: la Generazione dei Sopravvissuti
La diagnostica prenatale-preimpianto pone un altro problema: qual è il sentire dei bambini nati
nell'attuale stato di possibilità selettiva prenatale? C'è chi parla dell'attuale come una “generazione di
sopravvissuti”. In realtà, questa immagine è forse eccessiva, ma chi nasce oggi, sa di esser nato in un
clima culturale in cui nascere è un diritto di chi è conforme al piano dei genitori. “La nozione di
bambino desiderato è divenuta quella di bambino programmato. Lentamente si è instaurata una nuova
logica dicotomica: una donna è o incinta o sterile; il bambino è o programmato,dunque desiderato,
oppure non programmato, dunque indesiderabile”.42 Queste parole la dicono lunga sul clima culturale
del concepimento oggi: il figlio viene programmato, è una scelta, se ne procrastina sempre più la
nascita, si lascia unico,al massimo con un fratellino, è oltremodo viziato per liberarsi dei sensi di colpa,
e oltretutto si vizia non con le cose che lui realmente vuole, ma con quello che è nel desiderio
dell'infanzia non realizzata degli adulti. Dunque il bambino oggi parte con il peso di chi sa che la
norma è concepire per soddisfare un bisogno. E di chi sa che se non fosse stato adattosarebbe (forse)
stato respinto prima di nascere. Il fatto che la sua propria famiglia non faccia appieno parte di questo
clima e l'abbia concepito in modo del tutto gratuito, allevia ma non del tutto questo peso. “Il bambino
sottoposto al desiderio altrui è un bambino onnipotente cui è forse difficile fissare dei limiti. I suoi
genitori hanno, prima o dopo di lui, soppresso uno o più bambini in fin dei conti per desiderio di lui,
111
perché potesse vivere. Quanto deve valere allora lui, per cui un tale sacrificio è stato
consumato?”.43 Dunque diagnosi preimpianto o diagnosi prenatale sono segni di paura per il figlio non
voluto, ma anche segni del sentore che la società del terzo millennio sia fatta solo per chi è conforme.
Non a caso il conformismo è la guideline dell'attuale generazione dei teenagers, dai sociologi detta
degli echo-boomers, cioè caratterizzata dal vivere senza desideri veri, ma solo riflettendo (come una
eco) le idee e le aspirazioni dei genitori.44
Conclusione
Come infine non menzionare però il vero problema che è alla base di tutto questo; di questo
accanimento diagnostico e di questa ingerenza nella vita prenatale? Da quanto riportato, credo che il
succo della questione stia nella paura della vitainaspettata. Che il figlio indesiderato sia
diventato indesiderabile, che ormai esista una vera handifobia,45 una fobia vera e propria verso l'evento
duro e difficile della malattia, del figlio malato, che rapidamente, invece di generare affetto e
solidarietà genera fuga e rimozione.
Quali saranno le ripercussioni psicologiche su chi verrà a sapere di essere sopravvissuto di una fratria
di embrioni? È possibile superare la logica consumista che lega la nascita al compimento dei desideri
dei genitori? È possibile educare a non temere quello che non si è programmato, sapendo che fa più
paura la realtà immaginata della realtà reale? Rispondere e superare questo è un imperativo per chi fa
cultura e per chi è chiamato a tutelare la salute.
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regione del cromosoma in cui essi sono contenuti. La tecnica è utilizzata per la diagnosi di diverse
malattie genetiche.
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GIGLIOLA SICA
IL DIALOGO MATERNO-EMBRIONALE E
LA PREPARAZIONE ALL'IMPIANTO
Lo stabilirsi di una gravidanza include tutta una serie di eventi che precedono l'impianto rappresentati
dalla capacitazione degli spermatozoi, dal trasporto dei gameti, dalla fecondazione, dalle prime fasi
dello sviluppo embrionale e dal trasporto dell'embrione. Tali eventi si verificano nel contesto della tuba
la quale fornisce tutta una serie di sostanze, in particolare delle proteine, che creano l'ambiente
adeguato per supportare le relazioni esistenti tra la tuba stessa ed i gameti e, successivamente, tra la
tuba e l'embrione.
Infatti, a questo livello, la comunicazione non è a senso unico, poiché l'embrione produce a sua volta
una vasta gamma di molecole impegnate nel dialogo.
Le cellule non ciliate dell'epitelio della tuba forniscono innanzitutto alcune proteine (albumina,
transferrina, immunoglobuline e proteine di trasporto), citochine e fattori di crescita in un trasudato
derivante sostanzialmente dal siero. Inoltre, esse liberano attivamente macromolecole nel contesto di un
processo di sintesi regolato dagli estrogeni (E).
In particolare, una proteina sintetizzata de novo, la glicoproteina secretoria E- dipendente dell'ovidutto
(OSP), è conservata in tutta una serie di mammiferi. L'OSP è associata alla zona pellucida, allo spazio
perivitellino, alle membrane cellulari dei blastomeri e all'embrione preimpiantatorio. Essa fa aumentare
il legame dello spermatozoo all'ovocita e la sua penetrazione; inoltre influenza marcatamente lo
sviluppo embrionale.
La presenza di OSP è massima durante l'ovulazione, la fecondazione ed i primi stadi di segmentazione
ma si va riducendo quando i livelli di progesterone (P) si innalzano.
In parallelo, vengono secreti dalla tuba inibitori delle proteasi che proteggono l'integrità dell'ovocita,
dell'embrione e della tuba stessa e promuovono lo sviluppo embrionale.
A questa famiglia di proteine appartengono il Tissue Inhibitor of Metalloproteinase-1 (TIMP-1) ed
il Plasminogen Activator Inhibitor-1 (PAI-1). Il TIMP-1 svolge una serie di attività tra cui il
miglioramento del ritmo di segmentazione, il ritardo della schiusa della blastocisti e la prevenzione
della degradazione dell'embrione. Il PAI-1 invece inibisce l'attivatore del plasminogeno e l'attivatore
del plasminogeno tessuto-specifico, implicati nella cascata proteolitica che converte il plasminogeno in
plasmina. Esso controlla il rimodellamento della matrice extracellulare (ECM), la fibrinolisi, la
migrazione cellulare e il processo di metastatizzazione.1
Nel fluido tubarico sono presenti fattori di crescita e citochine in grado di agire sia per via autocrina
che per via paracrina per regolare le funzioni stesse della tuba e lo sviluppo embrionale. La loro
importanza è testimoniata dal fatto che la crescita dell'embrione è influenzata positivamente in
vitro dalla presenza del fluido tubarico.2 In particolare, i fattori in questione fanno aumentare il numero
delle cellule che compongono le blastocisti coltivate in vitro.3
Anche l'epitelio endometriale produce fattori di crescita che contribuiscono al milieu dell'embrione in
via di sviluppo. In questo contesto un ruolo importante viene attribuito all'Epidermal Growth
Factor (EGF), al Transforming Growth Factor(TGF-a), all'Insulin-Like Growth Factor, all'Attivina,
al Leukemia Inhibiting Factor (LIF) ed al Fibroblast Growth Factor.4
Il Granulocyte-Macrophage Colony Stimulating Factor viene prodotto dall'epitelio uterino sotto
stimolazione estrogenica ed interagisce con recettori espressi dall'embrione. Sembra che esso regoli il
numero di cellule presenti nella massa cellulare interna (ICM).5
Gli ormoni ovarici controllano il ciclo mestruale, che, attraverso una serie di processi morfologici e
biochimici, prepara l'utero all'impianto della blastocisti.
116
L'endometrio è reso recettivo da questi ormoni in un periodo limitato di tempo denominato finestra
dell'impianto. Al di fuori di questo periodo, l'endometrio non è capace di accogliere l'embrione e può
addirittura manifestare ostilità nei suoi confronti.
L'attività ormonale è mediata da recettori che sono espressi nei differenti tipi cellulari e compartimenti
tessutali a livello dell'endometrio.
Nella fase proliferativa, che segue a quella mestruale, gli E determinano la ricostituzione dello strato
più superficiale della mucosa uterina, regolando in particolare la crescita dell'epitelio ghiandolare e di
superficie, che si verifica normalmente in presenza di recettori estrogenici (ER) nello stroma
suggerendo che tra epitelio e tessuto connettivo sottostante intervengano relazioni di tipo paracrino.
Due tipi di ER sono stati trovati nell'endometrio: ER- , che classicamente media gli effetti estrogenici
nell'utero, ed ER- che, a sua volta, modula l'espressione di ER-a.6
Anche a livello del tessuto connettivo si osservano mitosi e le nuove cellule, unitamente alla sostanza
intercellulare deposta nella tonaca propria contribuiscono alla crescita dell'endometrio.
La fase secretoria, che segue a quella proliferativa, è regolata dal P che agisce mediante specifici
recettori sulle ghiandole, sviluppatesi sotto l'influsso estrogenico. Esse diventano tortuose e producono
glicoproteine utili alla sopravvivenza dell'embrione. Il P inoltre in questa fase induce, a livello dello
stroma endometriale, un edema che determina un notevole aumento di spessore della mucosa, e stimola
inoltre le cellule stromali a produrre TGF-, che, a sua volta, sopprime la produzione della
Metalloproteasi della Matrice (MMP) di tipo 7. Questo enzima è coinvolto nel rimodellamento
dell'ECM ed è attivo quando i livelli del P si abbassano.7
Altri ormoni oltre gli steroidi ovarici prendono parte allo scambio di informazioni che intercorre tra
l'embrione e l'apparato riproduttivo femminile.
Durante il suo sviluppo la blastocisti produce la Gonadotropina Corionica Umana (HCG) che mette in
allerta l'organismo umano della presenza dell'embrione. L'HCG interagisce con specifici recettori
localizzati sulle cellule endometriali ed espressi a livelli molto elevati durante la finestra di impianto.
Inoltre l'HCG regola per via autocrina lo sviluppo del trofoblasto.8
Il Parathyroid-related Hormone, prodotto dall'endometrio, induce la differenziazione in vitro delle
cellule del trofoblasto di topo in cellule giganti, mentre la prolattina, secreta dalla decidua, attiva
recettori espressi sui linfociti presenti nell'endometrio, influenzando potenzialmente il loro ruolo nel
periodo successivo all'impianto.9
È opportuno ricordare che con il termine di decidua ci si riferisce al tessuto in cui si trasforma lo
stroma endometriale venuto a contatto con il trofoblasto, stroma che verrà eliminato al momento del
parto.
La formazione della decidua implica delle modificazioni nella composizione della ECM, con perdita di
fibre collagene, e delle cellule stromali. Queste ultime da affusolate diventano rotondeggianti,
sviluppano un esteso reticolo endoplasmico, molti lisosomi, gocciole lipidiche e granuli di glicogeno.
Indubbiamente esse producono sostanze nutritizie per la blastocisti, ma rappresentano anche la
creazione di una sorta di barriera, di un meccanismo di difesa teso a limitare l'invasione del trofoblasto.
Il Corticotropin Releasing Hormone (CRH) è stato localizzato nell'epitelio e nello stroma endometriale,
nella decidua e nel trofoblasto. Ha una potente azione antinfiammatoria, inibisce la produzione di
Prostaglandina E2 (PGE2), stimola la produzione di interleuchina 1 e 6 (IL-1 ed IL-6) e partecipa al
processo di decidualizzazione. La blastocisti, a sua volta, produce IL-1 e PGE2 che inducono
l'espressione di CRH nell'endometrio.10
Il CRH è coinvolto nell'attenuazione della difesa immunitaria materna nei confronti dell'embrione. Esso
aumenta la capacità delle cellule deciduali di indurre apoptosi nei linfociti T materni attivati dalla
presenza embrionale. La risposta immunitaria materna viene inibita attraverso l'espressione di un
peptide pro-apoptotico, il ligando di Fas, nella decidua e nel trofoblasto stesso. Questo peptide si lega
al recettore Fas ed induce la morte delle cellule, quali i linfociti, che esprimono il recettore.11
117
In risposta al P le ghiandole endometriali producono calcitonina che agisce tramite specifici recettori
sull'embrione pre-impiantatorio ed induce un aumento del calcio intracellulare, l'attivazione di adenilciclasi e l'espressione di integrine. La calcitonina sembra essere responsabile del passaggio dalla fase di
quiescenza delle prime divisioni cellulari all'aumentata attività metabolica della blastocisti.12
Dopo la schiusa della blastocisti, e cioè quando essa si libera della zona pellucida che costituirebbe un
ostacolo ai fini dell'impianto, l'embrione dirige il polo embrionale verso l'endometrio che appare
ricoperto di muco. Il muco dovrà scomparire ai fini della realizzazione dell'impianto che è un processo
dinamico nel corso del quale si verificano in successione: apposizione, adesione ed invasione.
All'atto dell'apposizione si realizza un forte avvicinamento del trofoblasto all'epitelio endometriale, ma,
successivamente, i microvilli espressi dalle membrane cellulari delle cellule trofoblastiche stabiliscono
dei contatti con speciali protrusioni manifestate dalle cellule epiteliali dell'endometrio (uterodomes).
Queste protrusioni a mo' di bulbo compaiono nei soggetti di sesso femminile 5-6 giorni dopo
l'ovulazione ed hanno un'emivita di circa 48 ore. Successivamente la membrana basale, che sottende
l'epitelio endometriale, è invasa dal trofoblasto che penetra, dopo averla superata, nel tessuto
connettivo della tonaca mucosa.13
Nella fase di adesione tra l'embrione e la superficie dell'endometrio sono impegnate le integrine, una
famiglia di recettori transmembrana che media l'adesione cellulare a vari tipi di ligandi, inclusi i
componenti dell'ECM.
Durante la finestra di impianto nell'endometrio è stata documentata una specifica espressione spaziotemporale di almeno tre tipi di integrine (41, 11 ed v3) che sarebbero cruciali per la sua recettività. In
particolare, la finestra si apre con l'espressione di v3 e si chiude con la scomparsa di 41. Da parte sua
anche la blastocisti esprime durante il periodo preimpiantatorio tutta una serie di subunità integriniche e
nel trofoblasto si possono osservare dei cambiamenti nella qualità delle integrine espresse.14
Steroidi ovarici, citochine e fattori di crescita regolano l'espressione delle integrine sui due versanti ed
in particolare il P induce l'aumento di tale espressione nell'endometrio dopo l'ovulazione. L'infertilità
può essere legata a presenza aberrante dei recettori integrinici.15
L'adesività mediata dalle integrine richiede la presenza di ligandi e tra questi un'importanza particolare
va assegnata alla fibronectina. Nel corso dello sviluppo preimpiantatorio la fibronectina si accumula
nella ECM sottostante
alla membrana basale dell'endometrio e promuove l'ancoraggio del trofoblasto, modulando altresì
l'attività proteasica.16
L'interazione tra trofoblasto ed epitelio uterino è facilitata anche da un cambiamento
nell'organizzazione delle cellule epiteliali, che sembrano poi andare incontro a morte cellulare
programmata, il che supporta l'invasione dello stroma sottostante da parte del trofoblasto.
Per quel che riguarda l'organizzazione strutturale dell'epitelio, il glicocalice apicale va incontro ad una
sorta di rimodellamento. Nell'uomo, la mucina MUC-1 scompare all'altezza delle cellule presenti
nell'area che circonda l'embrione che si sta impiantando.17
I contatti intercellulari, responsabili della corretta architettura tessutale, risultano alterati; infatti la Ecaderina, presente a livello delle giunzioni aderenti, viene degradata e vengono espresse a livelli più
bassi le proteine caratteristiche dei desmosomi.18
La propensione del trofoblasto ad invadere è supportata dalla produzione di MMP che iniziano ad
essere espresse nell'embrione di 7 giorni. Le MMP sono indotte da IL-1 e da TNF-a durante il primo
trimestre. La Leptina ed il LIF hanno un effetto opposto, provocando rispettivamente aumento e
riduzione delle MMPs.19
Il ruolo della Leptina, prodotta dal gene ob, non risulta completamente chiarito, a prescindere dalla
attività sopra indicata. Questo piccolo peptide viene prodotto dal tessuto adiposo, ma si ritiene che esso
sia coinvolto anche nella funzione riproduttiva, agendo per via endocrina e paracrina. La Leptina è
presente nell'endometrio ed aumenta nella fase luteinica. Essa si riscontra anche nella blastocisti;
118
inoltre sia la Leptina che i recettori con i quali essa interagisce sono stati individuati nelle sedi di
impianto.20
Il LIF è una glicoproteina polifunzionale appartenente alla famiglia dell'IL- 6, il suo segnale viene
trasdotto da un recettore specifico (LIF-receptor ß) che a livello della membrana cellulare è unito alla
glicoproteina gp-130. Sia gli E che l'HCG stimolano la secrezione di LIF nelle cellule epiteliali
dell'endometrio ed è probabile che il LIF promuova la decidualizzazione in collaborazione con altri
segnali che derivano dalla blastocisti. Il LIF determina altresì l'acquisizione da parte del trofoblasto
delle caratteristiche fenotipiche legate alla capacità di ancorarsi alla parete materna.21
Durante l'impianto si assiste all'instaurasi di una sorta di tolleranza da parte dell'organismo materno nei
confronti dell'embrione ed in questo periodo nonché nelle prime fasi della gravidanza interviene tutta
una serie di citochine ad attività sia pro che anti-infiammatoria che regolano i processi immunologici
che si verificano all'interno dell'utero.
Tali citochine sono localizzate sia nell'endometrio umano sia nell'embrione preimpiantatorio.
La famiglia dell'IL-1, che ha probabilmente l'impatto più ampio, consiste di 4 peptidi correlati, cruciali
per l'impianto. Questi peptidi modulano la proliferazione e la differenziazione cellulare e stimolano la
produzione di altre citochine, quali IL-6 ed IL-8, TNF-, e delle prostaglandine, influenzano
l'espressione di integrine e di MMPs. Inoltre essi modulano la sintesi di steroidi, di HCG e di CRH nel
trofoblasto e nelle cellule endometriali.22
L'IL-6 è espressa costitutivamente dal trofoblasto e può, inducendo l'espressione di MMPs, stimolarne
le capacità invasive, ma nel controllo dell'impianto sono coinvolte anche IL-10, IL-11 e IL-15. L'IL-10
inibisce l'invasività del trofoblasto sia in vivo che in vitro determinando una down-regulation di MMPs.
L'IL-11 è importante per la decidualizzazione delle cellule stromali endometriali e l'IL-15 agisce come
mediatore dell'interazione tra le cellule deciduali e le cellule NK che infiltrano l'endometrio durante il
primo trimestre di gravidanza.23
L'espressione di IL-18, una delle più potenti citochine pro-infiammatorie, sembra possa essere
utilizzata come markerdella recettività endometriale. Questa citochina è nociva all'instaurarsi della
gravidanza; infatti è risultata fortemente presente nello stroma uterino di pazienti in cui l'impianto era
fallito.24
È importante sottolineare che le cellule del trofoblasto non esprimono HLA (Human Leukocyte
Antigens) se si esclude l'HLA-G, una molecola della classe I del Complesso Maggiore di
Istocompatibilità. Essa esercita una immunosoppressione inducendo l'apoptosi delle cellule T CD8(+)
attivate ed una riduzione della proliferazione cellulare delle cellule T CD4(+). L'HLA-G inoltre regola
la secrezione di citochine da parte delle cellule NK nella decidua. Durante la gestazione il numero delle
cellule NK diminuisce ed infine i leucociti appaiono assenti.25
I macrofagi rappresentano il 20-30% delle cellule deciduali al sito di impianto e persistono lungo tutta
la gravidanza. Essi sono con molta probabilità coinvolti nell'aggiustamento dell'immunità maternofetale.26
Risale a venti anni fa il primo lavoro che segnalava la produzione da parte dell'embrione di un fattore
solubile che causa l'attivazione piastrinica. Questo fattore, denominato PAF, viene anche prodotto dagli
spermatozoi, dall'ovaio, dall'endometrio e dal feto. Esso non solo ha un effetto trofico sull'embrione,
ma è coinvolto nella regolazione delle funzioni immunitarie materne.
Infatti, la liberazione di PAF da parte dell'embrione determina una modificazione nella formazione
delle rosette da parte dei linfociti T, modificazione che potrebbe rappresentare un segno della
immunosoppressione materna.27
Infine, un ulteriore elemento che può condizionare l'impianto è dato dalla contrattilità uterina che è
controllata dagli ormoni ovarici.
La muscolatura liscia dell'utero deve essere rilassata all'atto della invasione trofoblastica ed il P è
sostanzialmente responsabile di tale rilassamento mediante la liberazione di ossido nitrico che induce
altresì vasodilatazione locale.
119
Un'adeguata contrattilità muscolare è richiesta peraltro per il trasporto dell'embrione nella cavità
tubarica fino all'impianto in utero.28
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* L'autore ringrazia le dott.sse Anna Giuli e Fortunata Iacopino per la collaborazione offerta nella
revisione del manoscritto e nella raccolta della bibliografia.
121
KEVIN T. FITZGERALD
CONSIDERAZIONI BIO-MEDICHE ED ETICHE
SULLA DIAGNOSI PREIMPIANTATORIA
Nell'aprile del 1990, Alan H. Handyside e colleghi pubblicarono una lettera sulla rivista Nature.1 La
rilevanza della lettera era nel fatto che per la prima volta si annunciava lo sviluppo di una gravidanza in
seguito ad un processo che comprendeva la diagnosi genetica preimpianto (PGD) di embrioni
fecondati in vitro (IVF) prima di essere impiantati nell'utero di due donne. Furono selezionati solo
embrioni di sesso femminile da trasferire nel corpo delle due donne poiché ognuna aveva il 50% di
probabilità di trasmettere una mutazione del cromosoma X che avrebbe colpito la discendenza
maschile. Dato che non era possibile diagnosticare direttamente la malattia, i ricercatori cercarono il
cromosoma Y negli embrioni. Quindi selezionarono per il trasferimento in utero solo quegli embrioni
che non avevano il cromosoma Y avendo ipotizzato che la discendenza di sesso femminile non sarebbe
stata colpita dalle mutazioni del cromosoma X poiché la discendenza femminile erediterebbe anche un
cromosoma X dal padre che non contiene le mutazioni identificate.
La pubblicazione di questo primo successo della PGD fu il risultato dei tentativi della ricerca di
combinare la rapida espansione nel campo dei test genetici con la crescente pratica della IVF. L'idea
alla base dello sviluppo della PGD era la possibilità di effettuare test sugli embrioni allo scopo di
individuare malattie genetiche prima del loro impianto nell'utero materno e dell'inizio di una
gravidanza. La scoperta di un problema genetico prima dell'impianto porta al presunto vantaggio della
soppressione dell'embrione piuttosto che dell'interruzione di una gravidanza “ nell'ipotesi che altri
esami effettuati prima della nascita rivelino il problema genetico e il feto sia abortito o muoia in utero ”
o la nascita di un bambino con una malattia genetica. Questi presunti vantaggi dell'impiego della PGD
implicano molti presupposti, valutazioni e affermazioni che richiedono un'analisi attenta e approfondita
circa la loro accuratezza e legittimità. Non è intenzione di questa presentazione effettuare tale analisi
approfondita. Tuttavia, si porranno alcune questioni riguardanti i presunti vantaggi e obiettivi della
PGD come parte dell'analisi della tecnologia della PGD con lo scopo di fornire una breve descrizione
della tecnologia stessa e dei problemi etici che essa solleva.
Come affermato precedentemente, la PGD è il risultato della combinazione di IVF e test genetici. Il
vantaggio di utilizzare embrioni fecondati in vitro deriva dal fatto che sono accessibili prima che la
gravidanza abbia inizio. Questi embrioni vengono creati in un disco di Petri, al di fuori del corpo della
donna. Gli embrioni sono formati utilizzando lo sperma di un donatore (che può essere o non essere il
marito della donna che riceverà gli embrioni) e gli ovociti ottenuti attraverso iperstimolazione delle
ovaie della donna (che può essere o non essere colei che riceverà gli embrioni) così che diversi follicoli
possano essere prelevati in una volta sola. Dopo la fecondazione dell'ovulo da parte dello spermatozoo,
esistono metodi più o meno diretti per fare delle analisi sull'embrione con tecnologie PGD.
La tecnica più comune è anche l'approccio più diretto e consiste nella penetrazione della zona pellucida
(uno strato protettivo che circonda l'embrione durante lo sviluppo) e nel prelievo di una o due cellule
per l'effettuazione del test. Questa tecnica si usa normalmente allo stadio di 6-8 cellule dello sviluppo
embrionale ossia, approssimativamente, a 3 giorni dalla fecondazione. In alternativa, il prelievo di
cellule dall'embrione si può effettuare allo stadio di blastocisti (l'embrione di 100 o più cellule al 5o o
6o giorno circa dalla fecondazione) che è tecnicamente più semplice e permette il prelievo di più cellule
per l'analisi. Tuttavia l'effettuazione del test sulla blastocisti lascia meno tempo per l'analisi,
l'interpretazione e la decisione prima che gli embrioni selezionati siano trasferiti nell'utero.
Indipendentemente dal metodo diretto utilizzato per ottenere cellule embrionali da testare, l'obiettivo
dell'esame è quello di individuare gli embrioni più adatti ad essere trasferiti nell'utero della donna.2 Di
qui, la grande attenzione necessaria affinché non si danneggino gli embrioni soggetti a PGD dato che
122
tale tecnica può presumibilmente compromettere lo sviluppo successivo degli embrioni. Naturalmente
la stessa ragion d'essere della PGD sarebbe messa in dubbio se il processo stesso creasse embrioni con
una minore probabilità di impianto e sviluppo dopo trasferimento in utero. Il metodo più indiretto,
utilizzato più di rado rispetto al primo, ha il vantaggio di non prevedere il prelievo di cellule
dall'embrione e, quindi, ha meno possibilità di danneggiare l'embrione stesso. Potrebbe anche essere
l'unico metodo disponibile laddove fosse proibita la biopsia diretta dell'embrione.3 Tuttavia, poiché non
si esamina direttamente l'embrione, si utilizza il risultato del test per inferire il contributo materno alla
costituzione genetica dell'embrione. Le cellule che si esaminano sono i corpi polari che contengono i
cromosomi scartati nel momento in cui i cromosomi della cellula uovo si riducono ad una singola copia
per potersi unire adeguatamente alla singola copia dei cromosomi derivanti dallo spermatozoo durante
la fecondazione.
Il primo corpo polare si crea durante il processo di meiosi quando i cromosomi materni duplicati si
dividono a metà da uno stato 4N (cromosomi duplicati in quattro copie per preparare la divisione
cellulare) ad un normale stato diploide 2N (due copie). Usando come riferimento la costituzione
genetica materna, l'esame di questo corpo polare permette di capire quali degli alleli materni
(normalmente ciascun gene in ogni essere umano ha due copie, o alleli, uno su ogni paio di
cromosomi) è stato trasmesso alla cellula uovo. Il secondo corpo polare si ottiene quando viene rimossa
la metà dei cromosomi della cellula uovo così che il corredo cromosomico aploide (1N) dell'ovocita
materno si unisce al corredo cromosomico aploide dello sperma per dar vita ad un normale embrione
diploide (2N). L'esame dei due corpi polari permette di individuare lo specifico allele materno ereditato
dall'embrione. Il limite ovvio di questo metodo indiretto, è rappresentato dal fatto che non si conoscono
gli alleli paterni ereditati dall'embrione. Un ulteriore limite è rappresentato dal rischio del deperimento
del corpo polare che può causare l'insuccesso dell'esame.
Indipendentemente dal metodo usato, le modalità di analisi del materiale genetico delle cellule
prelevate sono le stesse. Se l'obiettivo dell'esame è il numero o la composizione dei cromosomi nelle
cellule di un embrione, allora si marcano i cromosomi delle cellule selezionate in modo da poterle
riconoscere al microscopio. Se invece l'obiettivo dell'esame è un allele specifico o la sequenza genica,
allora la sequenza del DNA in questione può essere amplificata attraverso un processo
denominato Polymerase Chain Reaction (PCR). Tale processo permette di riprodurre copie sufficienti
di sequenze di DNA allo scopo di effettuare una lettura accurata della sequenza stessa e individuare
quelle sequenzedifettose. Certamente l'attendibilità dei risultati della PGD dipende anche
dall'esperienza di chi effettua il test. Ma anche con uno staff esperto rimane un certo margine di rischio
che l'esame produca risultati ambigui o falsi. Tale inattendibilità può essere determinata da errori
tecnici o da alcune caratteristiche dell'embrione stesso, come il mosaicismo (cioè, quando l'embrione è
costituito da un insieme di cellule di diversa costituzione genetica).4 Una breve indagine online sulle
cliniche in cui si pratica la IVF mostra che il tasso medio di errore nella diagnosi in questione si aggira
intorno al 10%. Un centro per la fertilità ha quantificato il rischio di risultati falsi o ambigui in una
percentuale che varia dal 5 al 15% circa.5
Oltre a questo tipo di rischio, ci sono anche i rischi legati alla manipolazione in vitro di cui si è detto.
Nonostante non ci siano ancora dati sufficienti per quantificare tali rischi, specialmente i rischi a lungo
termine dopo la nascita, il processo di PGD che prevede il prelievo di una o più cellule dall'embrione
precoce, porta ovviamente con sé la possibilità di danneggiamento dell'embrione, provocando danni
che, magari, non possono manifestarsi se non dopo la nascita. Inoltre se la PCR viene utilizzata
nell'esame delle cellule prelevate dall'embrione, si considera raccomandabile che l'uovo sia fecondato
attraverso l'iniezione diretta dello spermatozoo nell'ovocita (ICSI).6 Tale tecnica è di per sé correlata ad
alcuni rischi come quello di anomalie genetiche o di trasmissione di fattori determinanti l'infertilità
maschile nella progenie.7
Oltre ai rischi della PGD e dell'ICSI, ci sono i rischi derivanti dallo stesso processo di IVF. Esistono
evidenze di un aumento significativo del rischio di parti plurigemellari con la IVF (naturalmente
123
dipendente dal numero di embrioni trasferiti in utero) così come un rischio aumentato di basso peso alla
nascita, di parto prematuro e di mortalità perinatale nei parti non gemellari.8
Pertanto, come già ricordato, qualsiasi fattore che aumenti il rischio nei processi di IVF/ICSI/PGD, non
producendo il risultato atteso di un bambino sano o con determinate caratteristiche, mette in dubbio le
ragioni che i sostenitori della PGD usano spesso per giustificare l'impiego di tali tecniche. Tuttavia,
nella considerazione degli obiettivi e dei rischi di questi processi è importante notare che anche nelle
linee guida della Società Europea di Riproduzione Umana ed Embriologia riguardanti la PGD, la
considerazione del benessere del bambino nato con IVF/PGD sono
semplicemente controbilanciatedall'autonomia e libertà riproduttive della coppia.9 Quindi, come
vedremo, il benessere del bambino, che nascerà in seguito a PGD, non è l'unica ragione, né la più
importante, per l'impiego della PGD stessa.
Attualmente negli Stati Uniti il costo della PGD è valutato tra i 1500 e i 3500 dollari.10 Di norma la
spesa non è coperta dall'assicurazione e ad essa bisogna aggiungere il costo normale della IVF. Inoltre,
sebbene la PGD sia costosa e preveda rischi determinabili e indeterminabili, il numero di esami
effettuati e quello di bambini nati in seguito a PGD continua ad aumentare (più di 1000 nascite dopo
PGD in tutto il mondo).11 Questo aumento nella pratica di PGD è dovuto in parte al rapido
allungamento della lista di patologie o condizioni che possono essere individuate grazie all'uso di
questo tipo di esame. Uno dei motivi sempre più comuni che spingono ad effettuare la PGD è
l'identificazione degli embrioni aneuploidi (con un numero di cromosomi diverso dal normale) o con
altre anomalie cromosomiche. Questo tipo di esame è anche chiamato PGD a basso rischio o screening
genetico preimpianto (PGS).12
I primi test per l'aneuploidia erano finalizzati essenzialmente all'identificazione di embrioni con un
corredo cromosomico anomalo associato a malattie note come la Sindrome di Down (trisomia 21) e la
Sindrome di Turner (singolo cromosoma X). Più di recente, la ricerca si è interessata alla correlazione
tra embrioni con aneuploidia (in tutte o solo in alcune delle cellule) e riduzione dei tassi di gravidanze a
termine. Questi studi hanno avuto una rapida evoluzione e sono iniziati con la normale PGD utilizzata
per studiare tale correlazione tra gli scarsi risultati in termini di gravidanze e l'aneuploidia
dell'embrione.13 Attualmente questo indirizzo di ricerca coinvolge molti studi sui limiti della PGD nello
stabilire tale correlazione tra aneuploidia e tassi di nascita dovuti al numero non uniforme e instabile
dei cromosomi analizzati in diverse cellule dell'embrione precoce.14 Quindi, come succede spesso in
ambito scientifico, ulteriori ricerche hanno rivelato che ciò che inizialmente appariva come una
relazione relativamente semplice tra una condizione osservata (aneuploidia in una o due cellule di un
embrione di 8 cellule) ed un risultato specifico (insuccesso della gravidanza), può rivelarsi, in realtà, un
fatto molto più complesso, ancor più difficile da prevedere. Tale complessità deve essere riconosciuta e
considerata con attenzione, specialmente quando l'effettuazione della PGD richieda alti livelli di
precisione e affidabilità che potrebbero non essere possibili a causa dell'insufficienza dei dati di cui si
dispone.15
Oltre ai test per l'aneuploidia, oggi si possono trovare cliniche della fertilità che praticano dozzine di
esami per malattie genetiche. La gamma di queste va da malattie con singole mutazioni conosciute
(anemia falciforme e fibrosi cistica) a condizioni genetiche più complesse che non esitano
necessariamente in uno stato patologico, ma aumentano semplicemente la probabilità che si verifichino
le patologie, alcune delle quali in età non troppo avanzata (come l'Alzheimer, la Chorea di Huntington
e il tumore del seno BRCA-relato). In parte, l'aumento del numero di PGD effettuate è dovuto al
desiderio di non trasmettere alla propria progenie queste caratteristiche genetiche. La lista delle
condizioni genetiche per le quali è possibile effettuare l'esame è probabile che continui ad allungarsi
fintanto che si potrà tecnicamente testare ogni sequenza genica una volta che sia stata associata ad una
particolare condizione o a fattori di interesse.
Tale situazione solleva la questione della selezione degli embrioni sulla base di caratteristiche non
correlate ad una malattia, problema che già riguarda la PGD per la selezione del sesso e la tipizzazione
124
tissutale. Per quanto riguarda quest'ultima, la PGD è utilizzata per identificare embrioni che non solo
non abbiano malattie genetiche di cui i genitori possono essere portatori, ma che siano anche HLA
(histocompatibility/human leukocyte antigen) compatibili con un fratello/sorella maggiore al quale sia
stata trasmessa o che abbia acquisito una patologia. Impiantare embrioni istocompatibili offre la
possibilità di far crescere un feto che può successivamente diventare donatore di tessuto o organo per il
fratello malato. Tale recente applicazione della PGD solleva il problema della selezione embrionale
non finalizzata al benessere degli embrioni selezionati, ma a quello di altri. Fino ad oggi, la selezione
per istocompatibilità è stata utilizzata per acquisire tessuti per un fratello. Non è questa l'unica
possibilità, ma è quella che offre più probabilità in merito alla compatibilità.
Attualmente, la problematica della tipizzazione tissutale si concentra nei casi di coppie che decidono di
avere un bambino allo scopo di fornire tessuti o organi per un fratello malato.16 In ogni caso, la
tecnologia legata all'uso di cellule staminali embrionali umane potrebbe progredire fino a rendere
tecnicamente più conveniente l'impiego di embrioni selezionati per produrre linee di cellule staminali
destinate al trapianto di tessuti piuttosto che il trasferimento in utero degli embrioni. Tale sviluppo
eliminerebbe il problema etico legato al valore, qualità e indipendenza del bambino nato in seguito a
PGD e sposterebbe il fulcro della questione sugli embrioni selezionati e la loro necessaria distruzione.
Naturalmente, la ricerca necessaria ad ottenere queste capacità tecniche, richiederebbe il sacrificio di
embrioni umani che verrebbero distrutti per arrivare a definire la sicurezza e la prevedibilità del
processo.
Come ricordato all'inizio di questa presentazione, la PGD venne usata inizialmente per identificare e
scartare gli embrioni di sesso maschile, poiché il sesso maschile era associato ad un rischio molto
maggiore di nascere con le malattie genetiche che si volevano combattere. Non esiste una ragione
tecnica per limitare la selezione di embrioni XX o XY allo scopo di ridurre il rischio di malattia. Infatti,
già esiste un ampio dibattito sull'uso della PGD per la selezione del sesso e il “bilanciamento familiare”
(una versione delle tesi sulla selezione del sesso che riconosce un'ulteriore giustificazione alla selezione
del sesso degli embrioni se in una famiglia già ci sono uno o più bambini dello stesso sesso). Un tale
uso della PGD per la selezione del sesso mette a margine il problema medico per spostarsi più
chiaramente verso l'ambito della scelta individuale come base della selezione degli embrioni. Se questa
tendenza ad utilizzare la PGD per la selezione degli embrioni basata sulla scelta dei genitori o dei
clienti perdurasse o si incrementasse, i sostenitori di questo modo d'impiego della PGD dovranno
giustificare l'accesso, i costi e i rischi della PGD (per non parlare della distruzione di embrioni umani)
soprattutto o esclusivamente sulla base dell'autonomia e della scelta individuali. Questo slittamento
della giustificazione dell'uso della PGD da ragioni mediche a ragioni basate soprattutto o
esclusivamente sull'autonomia individuale o di gruppo, è già presente nel dibattito riguardante la PGD
e non sorprende molto se si considera che tutto ciò che ha a che fare con la medicina e con la
tecnologia medica sia ormai soggetto a questo spostamento.
Nel decidere sulla legittimità di un intervento medico o tecnologico sugli esseri umani, la professione
medica e la società devono sempre valutare i benefici attesi rispetto ai danni che si verificheranno o che
potrebbero verificarsi. Una parziale spiegazione dell'attuale allontanamento da ragioni mediche e
terapeutiche verso la preminenza dell'autonomia individuale nella giustificazione di alcuni rischi, è la
crescente confusione intorno al significato della salute e della terapia. Da un lato vi è il sempre
maggiore riconoscimento, da parte dei bioeticisti, della difficoltà, se non dell'impossibilità, di
distinguere tra terapie e interventi migliorativi.17 Dall'altro lato, anche se è ritenuto necessario che ci sia
qualche tipo di malattia o di malessere per giustificare l'assunzione del rischio di una procedura, non
sono chiari i parametri valutativi poiché ciò che si intende per malattia o per malessere dipende
essenzialmente da chi osserva. Ad esempio, qual è il punto oltre il quale i rischi associati alla chirurgia
ricostruttiva diventano più importanti dei benefici, soprattutto se questi ultimi riguardano
primariamente l'accettazione sociale? Il dibattito attuale sul trapianto del volto su individui gravemente
sfigurati è un esempio emblematico della tensione esistente in un procedimento medico ad alto rischio
125
che implichi principalmente un fattore negativo psicologico o sociale. La confusione sulla la
definizione di salute e di malattia è stata incrementata anche dalla rapida espansione delle conoscenze
genetiche e di biologia molecolare. Già sappiamo che alleli che risultano essere nocivi in alcune
condizioni, possono invece essere benefici in altre (per esempio, l'anemia falciforme e fibrosi cistica).
Scartando alcuni alleli o condizioni genetiche influenzeremo la diversità e il vigore delle generazioni
future per seguire le mode morfologiche o comportamentali? In questo caso, che pressione si eserciterà
sui bambini nati da una selezione fatta per queste ragioni “ compresa la scelta del sesso? Che
succederebbe se un bambino selezionato per sesso decidesse di cambiarlo per via chirurgica o
comportamentale? Se l'autonomia è il criterio fondamentale, i genitori di un bambino hanno il diritto di
scegliere il sesso del bambino, considerando il fatto che al bambino potrebbe non piacere il sesso scelto
per lui? I genitori, come loro dovere, prendono molte decisioni per i propri figli. Tuttavia cambiare i
vestiti o uno strumento musicale al bambino, è molto più semplice che alterare un carattere fisiologico
come il sesso. Inoltre, i bambini si comporteranno in modo "salutare" una volta venuti a sapere di
essere stati selezionati perché resistenti all'obesità, al cancro, ect.? Potrebbe succedere che tale
selezione abbia come esito una popolazione ancora più esposta a causa di un falso senso di sicurezza.
Sappiamo che si possono avere figli per diversi motivi, compresi i motivi egoistici, dovremmo allora
aggravare questa situazione permettendo che la PGD sia usata per assecondare questi desideri egoistici
che riguardano direttamente il bambino? Se l'autonomia individuale diventa la giustificazione ultima
per l'impiego di tecnologie come la PGD, diventerà ancora più difficile evitare queste situazioni
negative.
Lo scopo di questa presentazione era quello di fare una breve analisi della diagnosi genetica
preimpianto e di alcune delle questioni etiche più importanti ad essa correlate e che trovano spazio
nell'ambito più ampio della medicina e dell'etica. Le conclusioni raggiunte su un eventuale uso
legittimo della PGD influenzeranno, ma saranno anche influenzate, da problemi etici di più ampia
portata, come la definizione di salute e del ruolo dell'autonomia individuale rispetto alla professione
medica e alla società. Il rapido progresso delle scoperte biologiche e della tecnologia medica possono
rendere i giudizi su cui si basano le conclusioni ancora più difficili e importanti. In considerazione di
tale importanza, bisogna aggiungere un'ultima considerazione sull'uso o il non uso della PGD: che
impatto avranno i nostri giudizi sulla PGD sulle persone più deboli e bisognose della nostra società? I
nostri giudizi sulla PGD creeranno divisioni ancora maggiori tra chi conta e chi non conta nelle nostre
società oppure contribuirà a ridurre questa distanza? Da questo punto di vista la PGD ha un problema
intrinseco: qualsiasi tecnologia che offra la possibilità di discriminazione tende ad aumentare le
differenze e le distanze tra le persone. È questo quello che vogliamo?
126
1
Handyside A.H., Pregnancies from biopsied human pre-implantation embryos sexed by Y-specific
DNA amplification, Nature 1990, 344: 768-770.
2
Per una spiegazione più esauriente dei metodi di biopsia embrionale, si veda European Society of
Human Reproduction and Embryology Guidelines for PGD, nella sezione dedicata a “Embryo culture
and biopsy”, in Thornhill A.R., Eshre PGD Consortium, Best practice guidelines for clinical preimplantation genetic diagnosis (PGD) and pre-implantation genetic screening (PGS), Human
Reproduction 2005, 20(1): 35-48.
3
Ibid., pp. 39-40.
4
Baart E.B., Pre-implantation genetic screening reveals a high incidence of aneuploidy and mosaicism
in embryos from young women undergoing IVF, Human Reproduction 2005.
5
Si veda, ad esempio il sito Web del Advanced Fertility Center di Chicago
(www.advancedfertility.com).
6
Thornhill, Eshre PGD Consortium, Best practica guidelines..., p. 40.
7
Foresta C., Genetic Abnormalities among Severely Oligospermic Men Who Are Candidates for
Intracytoplasmic Sperm Injection, The Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism 2005, 90(1):
152-156.
8
http://www.dnapolicy.org/tools-content/pdfs/1/64441.pdf.
9
Thornhill, Eshre PGD Consortium, Best practica guidelines..., p. 45.
10
Ibid.
11
www.dnapolicy.org, Reproductive Genetic Testing: Issues and Options for Policymakers, 2004: 23.
12
Thornhill, Eshre PGD Consortium, Best practica guidelines..., p. 35.
13
Delhanty J.D., Pre-implantation genetics: an explanation for poor human fertility? Annals of Human
Genetics 2001, 65: 331-338.
14
Baart, Pre-implantation genetic screening...
15
Shahine L.K., Cedars M.I., Pre-implantation genetic diagnosis does not increase pregnancy rates in
patients at risk for aneuploidy, Fertility and Sterility 2006, 85(1): 51-56.
16
Thornhill, Ehre PGD Consortium, Best practica guidelines..., p. 38.
17
President's Council on Bioethics, Beyond Therapy: Biotechnology and the Pursuit of Happiness, New
York: Harper Collins Publishers Inc., 2003: 13-16.
127
MARIE-ODILE RETHORÉ
DIAGNOSI PRENATALE E DIAGNOSI PREIMPIANTATORIA:
IL PUNTO DI VISTA DEI GENITORI
Le conquiste della medicina sono un fatto concreto e meraviglioso! La ricerca va avanti e non ha
alcuna intenzione di fermarsi. Si potrebbe fare ottima ricerca anche senza mettere a rischio neppure la
vita di una sola persona.
Non trascorre una settimana senza una scoperta sensazionale...Il lavoro è enorme! Le difficoltà che si
incontrano oggi nel portare avanti una buona ricerca non sono un fatto recente. Quando Bourneville
chiese alla Public Health un credito per migliorare l'assistenza degli handicappati nell suo reparto al
Salpetriere Hospital, gli fu risposto: “I bambini idioti non meritano questi investimenti. Essi sono degli
assoluti non-valori”. Nonostante ciò, come piaceva ripetere al professor Lejeune, noi non li
abbandoneremo!
Far nascere un bambino handicappato è estremamente doloroso e niente o nessuno è in grado di lenire
tale dolore. Coloro che hanno il compito di accompagnare i genitori, specialmente all'inizio, hanno una
pesante responsabilità. Il futuro del bambino e l'armonia della coppia dipenderanno in larga misura dal
loro modo di porsi.
Le malattie invalidanti sono terribili. Le ricerche per conoscerle meglio e limitare le loro conseguenze
devono andare avanti. Vale la pena dedicare la vita a questo. Come diceva spesso il professor
Lejeune, noi non ci stancheremo mai. Ma ciò non può essere fatto ad ogni costo. Dobbiamo smetterla
di fingere di credere che la ricerca sia neutrale e che solo le sue applicazioni possano essere qualificate
come buone o cattive. Le scelte si fanno ben prima delle scoperte.
Gli strumenti tecnici per l'osservazione del bambino durante la sua vita intruterina sono sempre più
efficaci. Gli ultrasuoni o l'ecografia (l'immagine tridimensionale a colori del bambino), l'amnioscopia,
sono in grado, quando effettuate da mani esperte, di vedere anche le più lievi malformazioni. Ma
dobbiamo renderci conto, nel bene e nel male, che molto spesso si trova solo ciò che si sta cercando.
Alcune immagini sono difficili da interpretare. Alcuni falsi negativi sono erroneamente rassicuranti e
alcuni falsi positivi, che comprensibilmente creano grande angoscia nei genitori, conducono anche ad
abortire bambini perfettamente formati.
L'esame dei cromosomi del bambino può essere effettuato, a partire dalla settima settimana di vita
intrauterina, attraverso la vagina con una biopsia della placenta o più tardi, alla sedicesima settimana di
vita, attraverso punzione del liquido amniotico in cui desquama la pelle del feto. L'analisi del cariotipo
rende possibile conoscere il sesso del bambino (importante nelle malattie sesso-relate) e se il bambino è
affetto da malattie correlate ad aberrazione cromosomica.
Tali patologie sono piuttosto frequenti: si verificano in un concepimento su due. Una delle malattie più
frequenti, a termine, è la Trisomia 21: 1 bambino su 650. Il 98% dei casi si verifica in famiglie che non
hanno particolari precedenti. La loro frequenza aumenta con l'età della madre. Sono causa di
malformazioni viscerali più o meno gravi nel bambino, ma soprattutto di un ritardo nello sviluppo
psicomotorio la cui gravità varia da un'anormalità cromosomica ad un'altra e, per la stessa anormalità,
da un bambino ad un altro.
In nome del principio di precauzione, sempre più donne si sottopongono ad amniocentesi. Attualmente,
si effettuano 80.000 esami all'anno, che rappresentano l'11-12% delle donne in gravidanza. La
percentuale sale al 15% nell'area di Parigi. In un dibattito organizzato nel marzo del 2005 all'Ospedale
Clamart, il prof. Frydman, direttore del Reparto di Ostetricia, ha affermato, “il numero di questi esami
è in continua crescita nonostante esponga al rischio di aborto a causa della microlesione delle
membrane (come nello scudo termico dello Shuttle americano) in una percentuale che oscilla tra lo 0.5
e l'1% dei casi, fino al 2%, e al rischio di parto prematuro alla 25a-26a settimana”.
128
Pertanto oggi, cercando la perfezione, si provocano molti aborti in donne che portano in grembo
bambini perfettamente sani nei quali non sono state rilevate patologie che potrebbero indurre,
altrimenti, a ricorrere all'aborto. A tale proposito, vale la pena notare che attualmente a Parigi, in questi
casi, meno del 50% delle coppie richiede un aborto e lo fa solo quando la patologia cromosomica
riguarda un deficit mentale. Secondo il prof. Frydman, questa proliferazione di amniocentesi, dovuta ad
un eccesso di precauzione, solleva un grave problema di sanità pubblica. È necessario, ha affermato il
prof. Frydman, “spiegare alle donne i pericoli e i rischi di questa tecnica poiché sappiamo quanto sia
facile indurre preoccupazione in una donna gravida proponendole una serie di esami con lo scopo,
diciamo così, di rassicurarla”.
La Francia è il primo Paese al mondo per il numero di diagnosi prenatali e il rilievo di malformazioni
fetali attraverso l'ecografia, l'amniocentesi e il dosaggio di alcuni markers presenti nel sangue della
madre per i quali una concentrazione abnorme può essere associata a malattie o malformazioni del
bambino. Tuttavia, secondo il prof. Frydman, “la ricerca di questi markers tra la quindicesima e la
diciottesima settimana di gravidanza sono lungi dall'essere affidabili”.
Questo tipo di esame ha cominciato ad essere proposto alle donne gravide nel 1996. Nel 1997, quando
il test era a carico del Servizio Sanitario Nazionale, ne furono fatti 380.000. Il numero è aumentato del
20% nel 1998 ed è costato allo Stato 124 milioni di franchi. Oggi è proposto – non imposto – a tutte le
donne gravide.
Tutti gli esami effettuati sul feto provocano indubbiamente stress e sofferenza nel feto stesso, effetti
che oggi siamo in grado di analizzare e misurare e che hanno conseguenze nel futuro del feto.
Oggi sappiamo che la composizione del liquido amniotico cambia dopo la punzione o dopo il prelievo
di un campione di sangue dal feto. Un'ecografia fatta in questo frangente mostra che il feto ha una
reazione di arretramento, proprio come qualsiasi bambino, e il suo battito cardiaco aumenta. Queste
osservazioni hanno portato a consigliare l'analgesia durante i test. In Francia, l'anestesia per il feto è
obbligatoria se l'aborto ha luogo dopo la 24a settimana di vita intrauterina.
Non bisognerebbe trascurare le conseguenze delle ansie materne sul bambino che è nell'utero, ma
neppure l'amore della madre. Il prof. Relier, direttore del Reparto di Medicina Neonatale presso
l'Ospedale Port-Royal, ha fortemente enfatizzato proprio questo aspetto durante un Congresso in Italia
del 1999. “È stato dimostrato che, come il supporto nutritivo o la qualità degli scambi tra la placenta e
il feto, le emozioni della madre, la gioia, la sofferenza, hanno una forte influenza sul feto. Alla luce di
ciò, l'amore rappresenta senza dubbio lo stimolo più appropriato per la crescita e l'equilibrio armonioso
di un essere di qualità”.
La diagnosi genetica preimpianto rappresenta un'alternativa alla diagnosi prenatale. Consiste
nell'effettuare un'analisi genetica degli embrioni ottenuti attraverso fecondazione in vitro e il
trasferimento all'interno dell'utero solo degli embrioni sani. Fino ad oggi, il test non è stato autorizzato
dalla legge, tranne che per le coppie con un rischio specifico di mettere al mondo un bambino affetto da
una malattia genetica ritenuta incurabile all'epoca della diagnosi. Molti lo considerano come un mezzo
per prevenire l'aborto dopo la diagnosi prenatale, come un male minore per ridurre la sofferenza dei
genitori, dato che un aborto lascia sempre tracce indelebili. È ovvio che se si elimina un embrione allo
stadio di quattro cellule, non sarà necessario uccidere un feto e ancora meno sopprimere un bambino o
un anziano malato, ma questo non mi sembra un modo accettabile per risolvere il problema!
La diagnosi preimpianto richiede la fecondazione in vitro che generalmente si realizza iniettando lo
spermatozoo all'interno dell'ovocita ottenuto attraverso una iperstimolazione ovarica. Allo stadio di seidieci cellule dell'embrione, viene prelevato un campione di una o due cellule che vengono messe in
coltura per l'esame genetico. Le altre cellule sono tenute in attesa o congelate. In base ai risultati delle
colture, poi, si scelgono gli embrioni sani mentre gli altri vengono scartati.
Tale procedura solleva molte questioni, innanzitutto in merito alla tecnica usata. L'azione invasiva di
rimuovere una o due cellule dall'embrione di tre giorni può compromettere lo sviluppo successivo delle
cellule rimanenti che verranno trasferite nell'utero? L'embriologia sperimentale offre delle risposte
129
rassicuranti sugli animali, ma abbiamo il diritto di sperimentare sull'uomo? A Parigi, degli 872 ovociti
raccolti dal gennaio 2000 al luglio 2001, 731 furono fecondati e 127 impiantati. Ad oggi sono nati 16
bambini, comprese 4 coppie di gemelli. Non sono stati rilevati errori diagnostici in seguito ai controlli.
Tutti questi bambini saranno sotto osservazione per tre anni.
Sono facilmente immaginabili i rischi di deviazione aggravati, nel nostro Paese, dalla mancanza di una
definizione dello status dell'embrione che ingenera il timore di una minore protezione dell'embrione
rispetto al feto. Il fatto meno traumatico che si agisca al di fuori dell'organismo materno può condurre
alla banalizzazione del fenomeno e quindi alla diffusione della pratica verso una sorta di medicina
predittiva con confini molto vaghi. Si teme che le richieste possano essere dettate da motivazioni di
carattere meramente utilitaristico come la scelta del sesso o anche la pressione sociale, o il rischio di
strumentalizzazione del bambino che potrebbe essere concepito non per se stesso, ma per essere usato
come mezzo terapeutico per uno dei suoi fratelli o sorelle.
Si possono accettare quelli che alcuni brutalmente chiamano bambini-medicina? È questo il caso di
Adam, un bimbo nato negli Stati Uniti il 29 agosto 2000. Adam fu concepito in vitro e selezionato tra
altri embrioni sani come lui, ma che a causa della loro incompatibilità immunitaria del sistema HLA
non potevano essere utilizzati come donatori di cellule ematiche, il cui innesto rappresentava l'unica
possibilità di cura per la sorella maggiore. In Francia, circa 40 coppie hanno chiesto questo tipo di
manipolazione.
Questa procedura risulta gravosa per la madre che deve essere sottoposta a iperstimolazione ovarica per
produrre, se non è sterile, diversi embrioni. Dopo essere stati esaminati, solo due embrioni saranno
impiantati con una probabilità di ottenere una gravidanza di appena il 12-15%. L'analisi della
compatibilità con il bambino da salvare è molto delicata...e cosa succederà se nessuno degli embrioni
prodotti sarà compatibile? Che ne sarà di quegli embrioni che non verranno impiantati, anche se sono
sani e compatibili, qualora la coppia decidesse di non avere più figli?
Le quaranta settimane di questa gravidanza iper-medicalizzata appariranno sicuramente molto lunghe,
soprattutto se le condizioni di salute del bambino malato peggiorassero. Allora non si avrà forse la
tentazione di provocare il parto, anche se molto prematuramente, per salvare il bambino malato? Come
vivrà la sua situazione il bambino salvatore? Come si porrà di fronte all'eventualità che siano necessari
ulteriori innesti e come vivrà la morte del fratello/ sorella maggiore che non sarà riuscito a salvare? Ci
sono molte domande che non hanno una risposta semplice, e sia il team medico sia i genitori ne devono
essere coscienti.
Il Comitato Nazionale di Etica ha espresso il proprio parere a questo proposito nel luglio 2002: “Se la
procreazione medicalmente assistita non fosse più finalizzata a favorire la nascita dei bambini per se
stessi, ma per essere utilizzati allo scopo di salvare un altro bambino, allora vivremmo in una società
che disprezza se stessa”.
Alcune malattie genetiche, tra cui la Chorea di Huntington causate da un gene dominante localizzato
sul cromosoma 4, compaiono tardivamente, generalmente dopo i 50 anni di età. Quando la persona
portatrice di questo gene è giovane è in perfetta salute e può avere dei figli, ma ha il 50% di possibilità
di trasmettere il gene ai propri figli. Se la persona volesse procreare con la certezza di non correre
rischi di questo genere, potrebbe, attraverso un'analisi genetica, scoprire se è portatrice o meno del gene
in questione. Di fatto, la maggior parte delle persone preferisce non sapere.
Abbiamo il diritto di comunicare ad un uomo di 30 anni in perfetta salute che è portatore di un gene che
è stato rilevato anche nel padre all'età di 55 anni e che causa la demenza? E abbiamo il diritto di dirgli
che c'è una possibilità su due di trasmettere il gene ai propri figli...che non esistono terapie per questa
malattia che inevitabilmente condurrà alla demenza intorno ai 50 anni di età? Ciascuno ha il proprio
peso da portare nella vita che gli viene dalla propria storia, dalla famiglia, ma è davvero compito del
medico fornire informazioni di questo tipo che non sempre si vogliono conoscere? È necessario porsi
queste domande per conoscere il limite oltre il quale non andare quando la medicina ha la tentazione di
irrompere nella vita delle persone. Ciò richiede una estrema attenzione in termini di rispetto della
130
persona e del diritto di ciascuno di accettare o meno un test così come il desiderio di ciascuno di sapere
o di non sapere. Il prof. François Gros, Segretario Permanente dell'Accademia delle Scienze,
ammonisce: “Possiamo facilmente immaginare a cosa assomiglierebbe una società in cui la ricerca di
predisposizioni genetiche fosse sistematica o, peggio, se diventasse obbligatoria...in cui l'individuo
fosse subordinato al volere eugenico della collettività”.
Se l'uomo di 30 anni non volesse sapere – e sarebbe un suo legittimo diritto – ma volesse essere sicuro
che il suo bambino non abbia il gene, gli si potrebbe proporre una diagnosi prenatale che rivelerebbe se
il feto ha ricevuto un cromosoma 4 dal nonno paterno. Ma non si farebbe alcun tentativo per capire se è
il cromosoma 4 che porta il gene nocivo o se è un altro (una possibilità su due) dato che se si sapesse
che è il gene nocivo, allora il padre verrebbe a conoscenza di esserne portatore. Ma egli non vuole
sapere...In questo caso si accetta a priori il rischio di eliminare un feto sano nel 50% dei casi.
Gli si potrebbe proporre anche una diagnosi preimpianto in modo da impiantare un embrione
sicuramente sano. Ma cosa si farebbe se tutti gli embrioni prodotti fossero malati? Il mancato impianto
farebbe intendere al padre di essere anch'egli malato...In una situazione come questa si può vedere
come la volontà di non sapere non sia così semplice da rispettare come si potrebbe immaginare e quindi
il diritto a non sapere non può essere condannato in assoluto e deve essere rispettato.
Si può immaginare come in tutto ciò, per le famiglie e per i medici, ci sia una terribile tentazione.
Queste malattie sono gravi. La maggior parte di queste, per il momento, non ha soluzioni terapeutiche.
Tutti propongono l'aborto in caso di anomalie durante la vita intrauterina. Ci sono anche alcuni che
pensano che sarebbe un errore professionale non farlo. Alcune famiglie intentano processi quando il
bambino nasce portatore di una di queste patologie, perché non gli è stata data la possibilità di abortire.
Molti medici, per autoassolversi, propongono e addirittura suggeriscono l'abbandono. Ad oggi a Parigi,
un bambino su quattro, affetto da trisomia 21, viene abbandonato alla nascita.
Alcuni genitori riescono a resistere alla tentazione con un grande coraggio che tuttavia non allevia la
sofferenza. Pochi giorni dopo aver incontrato tre giovani genitori che stavano vivendo questo dramma,
ho ricevuto questa lettera: “Signora, il mio grazie di cuore per l'accoglienza che ci ha riservato in
ospedale martedì. L'abbiamo lasciata incoraggiati e ricaricati. Penso che ci abbia rassicurato sul futuro,
che per noi è molto confuso. All'annuncio di questa nascita, c'è stata una sorta di crollo, poi
l'accettazione ed infine è subentrata la paura. Ora questa comincia ad affievolirsi. La sua esistenza e
quella della Fondazione Lejeune è rassicurante. Grazie ancora”.
L'aborto volontario è considerato un crimine abominevole da tutta la tradizione cristiana e Giovanni
Paolo II lo ha ribadito nell'Evangelium Vitae: “L'essere umano va rispettato e trattato come una persona
fin dal suo concepimento. Queste e altre simili ragioni, per quanto gravi e drammatiche, non possono
mai giustificare la soppressione deliberata di un essere umano innocente...accade non poche volte che
queste tecniche siano messe al servizio di una mentalità eugenetica, che accetta l'aborto selettivo, per
impedire la nascita di bambini affetti da vari tipi di anomalie. Una simile mentalità è ignominiosa e
quanto mai riprovevole, perché pretende di misurare il valore di una vita umana soltanto secondo
parametri di normalità e di benessere fisico, aprendo così la strada alla legittimazione anche
dell'infanticidio e dell'eutanasia” (Evangelium Vitae, n. 60; n. 58; n. 63).
La diagnosi prenatale deve essere proposta e favorita nel caso in cui sia possibile curare il bambino
quando è ancora nell'utero. Allo stato attuale ciò è possibile solo in pochi casi attraverso la chirurgia o
terapie somministrate alla madre che mirano ad evitare malformazioni. Come medici e ricercatori, è
nostro dovere fare tutto il possibile per incentivare la ricerca in questo settore. Per i bambini malati, è
una questione di vita o di morte.
Se la diagnosi prenatale viene proposta come mezzo selettivo solo per scegliere coloro, tra i bambini, la
cui vita corrisponde ai criteri richiesti dalla nostra società, allora ci si ridurrà a nascondere
definitivamente i loro volti umani con un'etichetta che recita: “Condannato a morire per l'ignoranza
della medicina”.
131
È molto difficile parlare ai genitori di un bambino che loro conoscono solo attraverso la diagnosi di una
malattia di cui è portatore, che non hanno mai visto, che non può essere toccato, che non può essere
tenuto tra le braccia. Quando è possibile, cerco di aiutarli a guardare non solo ai risultati dei test, ma
anche alla persona del loro bambino, molto semplicemente proponendogli di chiamarlo per nome...ed
un grande passo è già fatto!
La scoperta di una grave malattia genetica o di una malformazione incurabile durante la gravidanza è
una prova terribile per una coppia e per tutta la famiglia. Dopo aver ricevuto la notizia dal medico, i
genitori si precipitano a leggere i siti internet dove incontrano parole che non sempre capiscono poiché
non sono medici, ma che sembrano terribili ai loro orecchi e che che suonano come una condanna per il
loro bambino.
Coloro che rifiutano l'aborto in virtù delle loro convinzioni, hanno bisogno di vivere giorno per giorno
la gravidanza fino al momento del parto, circa 20 settimane, e questo tempo è terribilmente lungo.
Incontreranno molte persone piene di buone intenzioni, nelle loro famiglie e tra gli amici, che gli
diranno che la loro decisione non è ragionevole, che dovrebbero pensare al futuro del loro bambino,
che sarà infelice per tutta la vita, che sarà un peso per la società, etc. Alcune di queste coppie mi hanno
raccontato di aver cambiato i loro itinerari quotidiani per non passare davanti a vetrine per bambini,
dove tutto sembra felice e pieno di serenità.
Quando la malattia del bambino prevede il rischio di una morte più o meno rapida dopo il parto,
parliamo dell'accoglienza a questo piccolo che non andrà a casa, ma anche del modo di preparare gli
altri figli che stanno impazientemente aspettando il loro fratellino o la loro sorellina. I genitori
dovrebbero parlare loro del bambino chiamandolo per nome e, appena possibile, portare loro le
fotografie e spiegare loro che non sta soffrendo e che è come addormentato nelle braccia dei genitori.
Se i genitori sono cristiani, li aiutiamo a preparare il Battesimo e la Cresima del loro bambino. Non
conosco genitori che si siano rifiutati di agire in questo modo. Nonostante la loro sofferenza,
sorprendentemente riescono a ritrovare la pace piuttosto in fretta.
Quando mi trovo con coppie che stanno attraversando questi momenti, mi sento estremamente povera
ed ho l'intima convinzione che siano loro i santi dei tempi moderni, ma la santità non li protegge dalla
tentazione e ancora una volta non dobbiamo dimenticare che una gravidanza è lunga!
L'articolo molto critico di Jean-Yves Nau: Lo sradicamento programmato del mongolismo sintetizza
perfettamente la situazione. “È tutto pronto per far sì che non si registrino più, a breve e medio termine,
nascite di bambini affetti da Trisomia 21. Bisogna notare che così facendo la natura dell'attività medica
cambia radicalmente, esce dallo schema della relazione individuale per rispondere di fatto, a politiche
di sanità pubblica”. In questo articolo, Jean-Yves Nau cita Bernard Andrieu, un filosofo delle scienze
della vita: “In nome della libertà individuale, gli Stati instaurano un eugenismo mascherato, accollando
il peso della colpa all'individuo...Oggi la donna ha il diritto di decidere la qualità del bambino non
ancora nato. È davvero questo il modo per evitare le derive dell'eugenismo?”.
L'eugenismo non è un fenomeno recente. Platone ne diede una formulazione particolarmente crudele
nella Repubblica: “I maschi migliori devono unirsi il più spesso possibile alle femmine migliori, e al
contrario i maschi peggiori alle femmine peggiori; e i figli degli uni vanno allevati, quelli degli altri no,
se il gregge dev'essere quanto mai eccellente. Ma nessuno, fuor che i governanti, deve sapere che
avviene tutto questo, se il gregge dei guardiani vorrà essere il più possibile immune dalla discordia”. In
un editoriale della rivista della Società Francese di Genetica (giugno 1999), Jean Gayon oppone il
vecchio al nuovo eugenismo: “Una pseudo scienza messa al servizio dei pregiudizi di classe o di razza,
un'ideologia biologizzante associata alle peggiori estorsioni nella storia del ventesimo secolo, una
medicina ed una sanità pubblica che si rivoltano contro i malati, gli handicappati ed i ritardati mentali.
Tali sono oggi le rappresentazioni più comuni dell'eugenetica. La semplice parola è oramai oggetto di
tale avversione che la sola qualifica di un'idea o di una pratica come eugenetica equivale molto spesso a
condannarli. Tuttavia, si dice, che la questione eugenetica è tornata alla ribalta...abbiamo due motivi
per non dimenticare troppo rapidamente questa parola. Per quanto riguarda il passato, ci ricorda dove
132
non bisogna assolutamente ritornare. Per quanto riguarda in modo utopistico un possibile futuro, ci
permette di non lasciarci ipnotizzare da questa in alcun modo, di guardarla in faccia” e conclude: “Le
parole non sono colpevoli per se stesse, solo le azioni sono colpevoli”.
Trasmettere la vita significa accettare anticipatamente il bambino che nascerà, con le sue ombre e le
sue luci. Significa accettare anticipatamente di adottare il bambino ogni giorno perché possa diventare
ciò che egli relamente è: cioè, quest'uomo, questa donna, che è irriducibile ad un altro e che dal
momento del concepimento appartiene esclusivamente a se stesso e al suo Creatore. “Non abbiate
paura, aprite, aprite le porte a Cristo”. Questo è quello che Giovanni Paolo II ha gridato al mondo
all'inizio del suo Pontificato, il 22 ottobre del 1978. Ed ha continuato: “Oggi troppo spesso l'uomo
ignora ciò che ha dentro di sé. Molto spesso è incerto sul senso della sua vita su questa terra. È invaso
dal dubbio che diventa disperazione. Perciò lasciamo che Cristo parli all'uomo”.
Se la gloria di Dio è l'uomo vivente, come amava dire S. Ireneo, onore dell'uomo è servire la vita,
dovunque essa sia in pericolo. Oggi l'uomo sofferente, l'uomo malato è davanti alla scienza e alla
tecnologia che vogliono essere padroni del nostro destino, davanti alla coscienza del mondo.
Giovanni Paolo II ha spiegato la posizione della Chiesa in occasione della conclusione dell'incontro
della Pontificia Accademia delle Scienze il 22 novembre del 1993: “L'approfondimento permanente
delle conoscenze sulla persona vivente è un bene in sé perché la ricerca della verità fa parte della
vocazione primordiale dell'uomo e rappresenta la prima lode verso Colui che ha formato il genere
umano e che è all'origine di ogni cosa. La scienza è seducente ed affascinante. Tuttavia, non sarebbe in
grado da sola di enunciare la verità ultima e di proporre la felicità che l'uomo anela di raggiungere, né
di dettare i criteri morali per giungere al bene. Pertanto è importante prendere coscienza dei problemi
morali legati non alla conoscenza in sé, ma ai mezzi per l'acquisizione della conoscenza e alle sue
applicazioni possibili o prevedibili.
Non spetta alla Chiesa stabilire i criteri scientifici e tecnici della ricerca medica, ma è compito della
Chiesa, in nome della sua missione, ricordare i limiti entro i quali si agisce per il bene dell'uomo”.
Ed ha aggiunto ancora: “Il criterio morale della ricerca è sempre l'uomo, nella sua essenza corporea e
spirituale”.
La maggior parte dei medici e dei ricercatori che si abbandona alla tentazione di queste tecniche, dice
di agire secondo la propria coscienza. Gli credo volentieri, e in ogni caso non sta a me giudicare. Ma
per quanto riguarda noi, medici cristiani, non possiamo avere una buona coscienza. Come persone
battezzate e confermate, ci è richiesto di illuminare le nostre coscienze alla luce della preghiera, della
vita sacramentale, dei testi sacri e dell'insegnamento della Chiesa che, come scrisse Padre de Lubac,
“dissipa le tenebre dove tutti si intorpidiscono o si disperano o, pietosamente, si creano, a proprio
piacimento, la loro storia infinita. Senza scoraggiarci per nessun compito, ci tiene lontani dai falsi miti
e ci evita le distrazioni e il disgusto di tutte le chiese costruite da mano umana. Ci salva dalla rovina in
presenza del nostro Dio!”. Di conseguenza, sta a noi prenderci le nostre responsabilità, non temere di
remare contro corrente fermamente, ma umilmente, consapevoli di essere peccatori e vulnerabili e che
il male esiste, ma che un Uomo è venuto sulla terra per farsi carico di questo fardello. Egli è morto per
questo, ma è servito per risorgere!
133
W.J. EIJK
I CRITERI DELL’INDIVIDUALITÀ ORGANICA E
LO STATUTO BIO-ANTROPOLOGICO
DELL’EMBRIONE PREIMPIANTATORIO
Uno dei temi centrali nella discussione sulla liceità dell'aborto e degli esperimenti sull'embrione, è
quello del suo status. L'aver raggiunto lo status di individuo umano o persona umana significa che
l'embrione ha lo status morale relativo, una dignità da cui provengono i diritti attribuiti a tutti gli esseri
umani. Prima di raggiungere questo status, sarebbe lecito abortire l'embrione o usarlo come materiale
da esperimento, sopprimendolo.
La difficoltà è che esistono opinioni molto divergenti riguardanti il momento in cui si dovrebbe
attribuire uno status morale all'embrione. Così si identificano, quali indicatori del momento in cui
l'embrione diventa un vero essere umano o una persona umana, il concepimento, l'annidamento (dopo
circa 2 settimane), l'inizio delle attività cerebrali, la capacità di provare dolore, la vitalità al di fuori
dell'utero (in genere dalla 24a settimana di gestazione),1 la nascita o una fase di sviluppo successiva alla
nascita.
Negli ultimi anni si tende sempre più diffusamente ad indicare un momento preciso in cui l'embrione
diventerebbe un individuo umano, parlando di una umanizzazione progressiva graduale o di una
crescita graduale della dignità dell'embrione. Ciò significa che esisterebbe un dovere di proteggere
l'embrione proporzionale al suo grado di sviluppo. Questo era fra l'altro l'argomento utilizzato dal
governo olandese per legalizzare esperimenti con embrioni umani nel 2002: l'embrione precoce ha una
dignità tale che il progresso della medicina può compensare la perdita di embrioni per la ricerca.2
A parte il concepimento, i momenti elencati concedono scarsa possibilità di attribuire all'embrione fino
al settimo giorno dalla fertilizzazione la dignità di un individuo umano. I momenti elencati, però, sono
conclusioni che traggono la loro validità dai criteri usati per valutare lo status dell'embrione. Il criterio
usato dipende dalla visione dell'uomo che si assume come punto di partenza. Bisogna quindi fare una
netta distinzione fra: il momento in cui si attribuisce all'embrione lo status di individuo umano con tutti
i diritti relativi, il criterio usato per valutare lo status dell'embrione e l'antropologia che è il fondamento
di detto criterio.
La grande varietà dei momenti considerati come l'inizio dell'esistenza dell'individuo umano rende assai
difficile la discussione sullo status dell'embrione. Quando non è chiaro quale criterio si usa e quale
antropologia si prende come punto di partenza, la discussione, inevitabilmente, si arena. Perciò,
dobbiamo prima di tutto prendere in considerazione i vari criteri a riguardo, soprattutto in relazione ai
dati biologici rilevanti.
La distinzione fra criteri estrinseci e intrinseci ci aiuta a chiarire i termini della questione. I
criteri estrinseci sono quelli che non derivano dall'embrione in quanto tale, ma da fattori esterni. Sia in
passato sia ancora oggi incontriamo nella discussione sullo status dell'embrione umano i seguenti
criteri estrinseci: i rapporti umani: l'embrione diventa un individuo umano dal momento in cui instaura
rapporti con altri individui umani; la legge positiva: l'embrione diventa un individuo umano dal
momento in cui viene riconosciuto come tale dalla legge positiva, e la possibilità di
sviluppo:l'embrione è da considerare un individuo umano se sussiste la possibilità di un ulteriore
sviluppo.
I criteri intrinseci, invece, riguardano alcune caratteristiche dell'embrione stesso, cioè: l'indipendenza
dal corpo della madre: l'embrione diventa un individuo umano dal momento in cui non è più una parte
dell'organismo della madre; la natura biologica umana: l'embrione è un individuo umano per il
semplice fatto di essere biologicamente un essere umano;l'individualità: l'embrione diventa individuo
umano solo dal momento in cui non può più dividersi dando vita ad un gemello o unirsi ad un altro
134
embrione; l'essere persona: l'embrione diventa un individuo umano, quando diventa una persona
umana; la finalità intrinseca: l'embrione, anche se non ancora individuo umano, deve essere rispettato
come tale per la sua finalità intrinseca, ossia per il fatto che lo diventerà.
Solo dopo aver stabilito il criterio, si può indicare il momento dello sviluppo embrionale in cui
l'embrione riceve lo status morale di essere umano: il concepimento, l'inizio delle attività celebrali, il
momento della nascita o quello in cui la società lo riconosce come un soggetto di diritti. Bisogna tenere
in considerazione che i criteri enumerati non si escludono a vicenda. Certe correnti di pensiero
applicano alcuni di essi contemporaneamente. Per una valutazione approfondita bisognerà però
analizzarli separatamente.
I Criteri Estrinseci
Rapporti umani: l'embrione diventa un individuo umano dal momento in cui instaura rapporti con
altri individui umani
Nella filosofia del ventesimo secolo, specialmente nello strutturalismo, esiste una forte tendenza a
cercare lo specifico dell'uomo non in ciò che è, ma nelle sue relazioni. Alcuni addirittura considerano le
relazioni dell'uomo come l'unica caratteristica specifica che distingue l'uomo dagli altri esseri viventi.
Secondo i moralisti francesi Ribes, Pohier e Roqueplo, l'embrione raggiunge uno status pienamente
personale e umano, solo avendo relazioni umane.
L'esempio è quello di un embrione che fosse desiderato dai genitori e, in un certo senso, anche dalla
società. Nel caso in cui non ci sia stata l'intenzionalità, da parte dei genitori, di concepire un figlio e
abbiano anche tentato di prevenire il concepimento, l'embrione non avrebbe uno status specificamente
umano.3 Pertanto, le fasi dello sviluppo biologico dell'embrione non hanno alcuna rilevanza secondo
questo modo di vedere.
Ovviamente, vi sono importanti obiezioni contro questa visione. Questa implica che si potrebbe negare
ogni rispetto anche al neonato indesiderato con la possibilità di sopprimerlo. Infatti non si potrebbe
indicare un momento preciso in cui l'embrione inizi ad acquisire uno status umano. In questo modo si
potrebbe anche negare lo status umano di alcuni adulti. Che cosa dovremmo allora pensare della donna
anziana indiana a Calcutta, lasciata dal figlio in una discarica in un sacco di plastica? Ella smette per
questo di essere una persona umana? E lo diventa di nuovo, quando viene portata dalle suore di Madre
Teresa in una delle sue case, per essere curata amorevolmente? In base alla ovvia superficialità e alle
conclusioni estreme a cui porta, la riduzione dell'individuo umano alla pura relazionalità non trova
molti aderenti.
Altri sono dell'idea che lo status di essere umano e la personalità dell'individuo emergano dal momento
dell'annidamento: l'annidamento, poiché implica l'inizio di un rapporto stretto con la madre, rende
chiara la trascendenza verso l'altro, considerata essenziale per la persona umana; il corpo umano è
infatti il fondamento e il simbolo reale di questa trascendenza verso l'altro.4 In base a questo, Böckle e
altri giustificavano, negli anni sessanta e settanta, l'uso degli intercettivi e la pillola del giorno dopo: il
fatto che l'embrione prima dell'annidamento, non avendo relazioni umane, non sia ancora da
considerare come individuo umano, rende possibile una valutazione comparativa dei valori in gioco: il
valore dell'embrione non ancora persona umana da una parte, e il bene della madre in situazioni di
emergenza dall'altra. Questo implica che l'uso della pillola del giorno dopo è accettabile in caso di
stupro e risulta accettabile anche l'uso del dispositivo intrauterino quando vi siano motivi gravi per il
controllo della nascita, come la necessità di prevenire una gravidanza, o per motivi demografici.5
Tuttavia, non è corretto riconoscere troppa importanza al momento dell'annidamento, come se non
esistesse un rapporto esistenziale fra la madre e l'embrione anche prima di questo avvenimento. Un tale
rapporto si costituisce già nella fusione dello spermatozoo e dell'ovulo come frutto del rapporto
sessuale dei genitori. Inoltre l'embrione riceve anche prima dell'annidamento i nutrimenti necessari e
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l'ossigeno per la crescita dalla madre. L'annidamento non è perciò l'inizio di un rapporto trascendentale
con la madre che caratterizzerebbe l'embrione come un individuo veramente umano.
L'embrione diventa un individuo umano quando viene riconosciuto tale dalla legge positiva
Sembra evidente che la legge positiva garantisca e protegga i diritti oggettivi di ogni individuo umano.
Nella nostra società pluralista, l'unica soluzione pratica possibile alla controversia sullo status
dell'embrione umano sarebbe, secondo molti, che lo status dell'embrione venga definito attraverso il
consenso democratico. Se l'embrione merita rispetto, pertanto, dipenderebbe esclusivamente da ciò che
è stato stabilito, a questo proposito, dalla legge. Nella maggior parte dei paesi, l'aborto provocato è
permesso entro un certo limite temporale e a determinate condizioni. In alcuni paesi, sperimenti con
embrioni umani prima del momento in cui si sarebbero impiantati nell'utero nelle condizioni naturali,
cioè fino a 14 giorni dopo il concepimento, sono legalizzati (da esempio in Inghilterra e nei Paesi
Bassi). Molti, nella nostra società, non si soffermano sulla questione dello status oggettivo
dell'embrione, ma si adattano alla legge positiva in vigore. Hubert Marktl, già Preside della Max-PlankGesellschaft, che pone come alternative le idee che l'essere umano sia un fatto puramente biologico,
oppure un concetto che si riconosce da un punto di vista culturale, parla di un atto di ricognizione da
cui l'essere vivente, durante il suo sviluppo, diventerà un essere umano in senso pieno.6
La legge civile
In una democrazia un compromesso sarà spesso inevitabile e in molti casi accettabile. Tuttavia, la
verità, anche quella riguardante lo status dell'embrione, non può essere stabilita mediante un'indagine
statistica. Sarebbe estremamente pericoloso se una società determinasse, attraverso il raggiungimento
di un consenso, quale status si debba attribuire alle persone umane o a certe fasi di sviluppo. Anche se
in una nazione fondata su una legge accettata dalla maggioranza, si realizzassero delle epurazioni, non
concluderemmo che i membri delle minoranze etniche perseguitati non siano persone con uno status
morale e i diritti relativi.
Quindi anche l'obiezione secondo cui i bambini non nati, indesiderati o handicappati avranno una vita
qualitativamente scarsa o rappresenteranno un grave fardello per i loro genitori, non è una ragione
oggettiva per rifiutare loro uno status morale riconosciuto dalla legge. Neanche le persone che
chiedono asilo in un altro paese in cui si rifugiano sono sempre ben accette, né si aspettano un futuro
facile. Pertanto, anche se costretti a fuggire dal loro paese, restano persone con il diritto ad essere
soccorse e aiutate da parte dei paesi che le accolgono.
In questo ambito si nota come una dottrina come quella della Chiesa, fondata sulla realtà oggettiva, non
è autoritaria e intollerante, ma lo è invece il relativismo etico, ritenuto da molti come una condizione
essenziale per la democrazia. Secondo l'Enciclica Evangelium Vitae: “È proprio la problematica del
rispetto della vita a mostrare quali equivoci e contraddizioni, accompagnati da terribili esiti pratici, si
celino in questa posizione. È vero che la storia registra casi in cui si sono commessi dei crimini in nome
della verità. Ma crimini non meno gravi e radicali negazioni della libertà si sono commessi e si
commettono anche in nome del relativismo etico. Quando una maggioranza parlamentare o sociale
decreta la legittimità della soppressione, pur a certe condizioni, della vita umana non ancora nata, non
assume forse una decisionetirannica nei confronti dell'essere umano più debole e indifeso?” (n. 70).
Il relativismo etico non è solo una minaccia per la vita dei più deboli, specialmente i non nati, che non
hanno possibilità di voto, ma anche per la democrazia stessa. La democrazia non è un fine in sé, ma –
come ogni forma di governo – un mezzo per garantire il bene comune. Ovviamente, il bene comune,
implicando tutte le condizioni necessarie affinché ogni membro individuale della società possa
raggiungere il suo destino, esige il rispetto della vita che è un bene fondamentale. Sebbene la libertà sia
un bene più alto rispetto a quello della vita fisica, l'essere umano non può esercitare la propria libertà
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senza essere vivo. La vita è quindi un bene fondamentale rispetto alla libertà. Il non riconoscere la vita
come bene fondamentale rappresenta una minaccia grave per la libertà e la democrazia: “Ma il valore
della democrazia sta o cade con i valori che essa incarna e promuove: fondamentali e imprescindibili
sono certamente la dignità di ogni persona umana, il rispetto dei suoi diritti intangibili e inalienabili,
nonché l'assunzione del bene comune come fine e criterio regolativo della vita politica...Quando, per un
tragico oscuramento della coscienza collettiva, lo scetticismo giungesse a porre in dubbio persino i
principi fondamentali della legge morale, lo stesso ordinamento democratico sarebbe scosso nelle sue
fondamenta, riducendosi a un puro meccanismo di regolazione empirica dei diversi e contrapposti
interessi” (Ibid.).
La legge divina positiva
Anche fra coloro che si appellano alla Sacra Scrittura, ci sono alcuni che fondano lo status morale
dell'embrione su una traduzione particolare della Gen. 9, 6, cioè: “Chi sparge il sangue dell'uomo
nell'uomo, il suo sangue sarà sparso...”,7invece della traduzione usuale: chi sparge il sangue dell'uomo,
dall'uomo il suo sangue sarà sparso... (corsivo mio).8
Gen 9,6 tradotto nel primo modo, implica una proibizione dell'aborto procurato. Combinando l'esegesi
letterale di testi biblici isolati con un criterio biologico, come fanno alcuni gruppi ebraici ortodossi, si
afferma la liceità della ricerca scientifica con embrioni creati mediante fecondazione in vitro, ma non
trasferiti nell'utero, per poter sviluppare terapie per malattie finora incurabili per l'uomo. La
traduzione il sangue dell'uomo nell'uomo esige infatti solo il rispetto dell'embrione intrauterino, ma
non di quello extrauterino. Si valuta in maniera ammissibile, in questo modo, anche la creazione di
embrioni umani a scopo di ricerca e di clonazione terapeutica.
Gen 9,6 giustifica la clonazione terapeutica? La traduzione usuale “chi sparge il sangue
dell'uomo dall'uomo il suo sangue sarà sparso” implica una proibizione generale di uccidere esseri
umani. Il dall'uomo è in ebraico ba¯'a¯da¯m. Il prefisso be può avere due significati: in, come
preposizione per indicare un posto, oppure da, in senso causale.
Qual è la traduzione più corretta? 9 In primo luogo bisogna osservare che il testo originale ammette, di
principio, ambedue le traduzioni.10 La traduzione dall'uomo nel contesto della Gen 9,6 è però più
evidente ed è usata praticamente da tutte le versioni della Sacra Scrittura. Due argomenti a favore di
questa interpretazione sono: l'espressione ba¯'a¯da¯m si trova 19 volte: in nessun posto
significa nell'uomo.11
In secondo luogo, Gen 9,6 è costruito, nel testo originale ebraico, secondo un chiasmo, una figura
retorica che consiste nella disposizione incrociata di parole connesse tra loro, come in un'immagine
speculare: chi sparge il sangue di un uomo, dall'uomo sarà sparso il suo sangue.
Le parole sangue e uomo sono usate in modo rovesciato. Questo implica che la seconda
parola uomo non appartiene alla relativa, come appare nella traduzione sangue dell'uomo nell'uomo, ma
alla frase principale: dall'uomo sarà sparsa il suo sangue.
Un secondo punto, più importante, riguarda l'uso della Sacra Scrittura nella teologia in genere e, in
particolare, nella teologia morale e nella bioetica. Anche se la traduzione l'uomo nell'uomo, quindi
l'essere umano non nato nell'utero, fosse corretta, Gen 9,6 non costituirebbe comunque una
giustificazione della soppressione e della strumentalizzazione degli embrioni umani fuori dell'utero:
In Gen 9,6 si direbbe allora esplicitamente che non è lecito uccidere embrioni umani fuori dal grembo
materno. Ma il fatto che non sia detto esplicitamente non significa che sia lecito uccidere embrioni
fuori del grembo materno. Tale conclusione è un errore logico: non si può trarre una conclusione
positiva da una premessa negativa.
Per quanto gli autori umani della Bibbia siano ispirati dallo Spirito Santo, la Bibbia non è una fonte
delle scienze naturali. Per gli autori della Bibbia non esisteva la possibilità di generare embrioni e
salvare la loro vita al di fuori del grembo materno. Nella Rivelazione non ci si rendeva conto del fatto
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che la biotecnologia sarebbe arrivata al punto di generare esseri umani fuori dell'utero, in laboratorio.
Per fare un paragone: i principi della dottrina sociale della Chiesa sono formulati in base alla
problematica sociale del diciannovesimo secolo, caratterizzata dall'industrializzazione e dall'emergere
del proletariato. Questi principi hanno senz'altro un fondamento biblico, ma come tali non sono
formulati nella Sacra Scrittura.
Testi biblici non possono essere interpretati come a sé stanti, ma solo in relazione all'intero contesto
biblico. La Sacra Scrittura non dà una risposta univoca alla domanda su quale sia lo statuto
dell'embrione umano.12 Dato che all'interno della Bibbia non troviamo criteri esplicativi, sono necessari
criteri supplementari per un'interpretazione sensata. Nella Chiesa Cattolica i criteri più importanti ci
vengono offerti dalla Tradizione e dai Documenti del Magistero.
La possibilità di sviluppo: l'embrione è da considerare un individuo umano se sussiste la possibilità
di un'ulteriore sviluppo
Un embrione concepito mediante fecondazione in vitro che non viene impiantato nell'utero, ma rimane
nel laboratorio vivrà, secondo le attuali possibilità tecniche, al massimo nove o dieci giorni. Solo se
trasferito nell'utero avrà la possibilità di svilupparsi. La decisione di non impiantarlo ha delle
conseguenze importanti per lo status dell'embrione, come afferma Tauer: “La questione
delle condizioni normali per uno zigote in provetta, se non si intende procedere al trasferimento
dell'embrione e all'impianto, solleva dei dubbi. Se le condizioni normali dello zigote in laboratorio sono
essenzialmente le stesse dell'oocita prima della fecondazione, cosa che sembra essere vera, allora lo
zigote non si svilupperà mai come persona. Dunque sarebbe meglio classificarlo come una
persona possibile, una persona che potrebbe diventare tale soltanto a certe condizioni possibili da un
punto di vista causale (e deliberate scelte)”.13 Se l'embrione fosse destinato ad essere trasferito
nell'utero, avrebbe uno status più alto. Ciò significa che dovrebbe essere classificato come una persona
potenziale (potential person), avendo una possibilità effettiva di svilupparsi. Allora avrebbe un valore
maggiore rispetto a quello puramente strumentale.14 Dopo aver concluso che l'embrione umano in
provetta, non essendo in grado di sentire e di agire e non essendo cosciente, ha uno status morale
debole,15 Meyer e Nelson concludono che lo status dell'embrione è determinato dai gameti da cui
proviene, cioè dai genitori genetici. Questi hanno il diritto esclusivo di decidere se gli embrioni
debbano essere usati per la procreazione di figli propri, di altri, per la ricerca o se debbano
semplicemente essere buttati via. L'uso di embrioni creati in laboratorio da più di 14 giorni deve essere
evitato perché alcuni considerano questo momento come l'inizio moralmente significativo
dell'individuazione embrionale.16
Lo status dell'embrione, inteso in questo modo, lo si fa dipendere dalle scelte di altri, soprattutto del
ricercatore e dei genitori. Si potrebbe argomentare che questa scelta può essere fatta soltanto nella fase
precedente all'impianto dell'embrione e che in questo caso vengono considerate le possibilità
intrinseche dell'embrione. Tuttavia, un criterio estrinseco, cioè la decisione arbitraria presa da altri,
condiziona il giudizio sulla questione se l'embrione abbia lo stesso status di un gamete o uno status più
alto. Pertanto le possibilità intrinseche vengono decisamente negate.
Valutazione
I criteri estrinseci non sono idonei per indicare lo status morale dell'embrione, perché sono secondari
rispetto a ciò che è l'embrione. Solo in base a criteri intrinseci si può avere un giudizio oggettivo sul
rispetto dovuto all'embrione. A parte questo e a parte le critiche espresse in precedenza, c'è ancora
un'obiezione fondamentale: nei criteri estrinseci i fattori biologici o non hanno alcun ruolo oppure ne
hanno uno solo marginale. Questo è tuttavia inammissibile, dato che l'essere umano è un'unità
sostanziale con una dimensione spirituale e materiale. L'aspetto materiale è una dimensione intrinseca
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dell'essere umano per cui è impossibile sia identificare l'individuo umano con tale dimensione, sia
concepirlo a prescindere dalla sua dimensione fisica/biologica senza attribuirle un ruolo intrinseco.
I Criteri Intrinseci
Da ciò che è stato detto sopra si capisce che si possono usare solo i criteri intrinseci per la definizione
dello status dell'embrione come individuo umano e che questi criteri devono tenere in considerazione
anche i dati biologici.
L'indipendenza dal corpo della madre: l'embrione diventa un individuo umano quando non è più
parte dell'organismo della madre
Alla fine degli anni sessanta e durante gli anni settanta gruppi di femministe rivendicarono il diritto
all'aborto provocato, con la motivazione che il non nato sarebbe una parte del loro corpo e perciò la
donna dovrebbe poterne disporre: siamo padrone nella nostra pancia.
L'idea che il non nato fa parte del corpo della madre è in linea con una interpretazione della posizione
del diritto romano riguardante lo stato del feto, sorta dopo la prima traduzione dell'opera Digesta in
tedesco nel 1831, che è seguita poi da quasi tutti i commentatori.17 Si tratta di un detto di Ulpiano
(giurista romano, morto nel 228 p.C.): partus, antequam edatur, mulieris portio est vel
viscerum.18 Siccome nelle traduzioni i termini portio e viscera sono intesi in senso fisico, è sorta la
convinzione generale che Ulpiano vedeva il non nato come una parte del corpo della madre (mulieris
portio) o dei suoi organi (viscerum) fino al parto. Mediante argomenti sottili e in base a una lettura
precisa del contesto e allo stato del figlio non nato nel diritto romano in genere Waldstein conclude
che mulieris portio significa l'interesse della madre e cheviscera deve essere tradotto come il più caro
per qualcuno, il proprio figlio o parte della famiglia di qualcuno. Questo implica che fino al parto il
figlio rientra nella sfera dell'interesse della madre e che prima del parto il padre non ha nessun diritto al
figlio.19 La discussione sullo status dell'embrione preimpiantatorio riguarda soprattutto i problemi etici
della sperimentazione sull'embrione in vitro, creato attraverso la fecondazione artificiale, che non è
quindi parte del corpo materno. I dati biologici forniti dalle scienze moderne, però, hanno chiarito che
l'embrione, a partire dal concepimento, ha una propria esistenza. Dipende dalla madre per il
nutrimento, l'idratazione e l'espulsione della materia organica. Tuttavia, il suo sviluppo e la sua crescita
come individuo sono guidati, sin dal concepimento, dal proprio genoma, diverso da quello della madre.
Perciò, in base alle conoscenze genetiche attuali non si può in nessun modo ritenere che il non nato sia
una parte del corpo della madre. Sulla base di questo argomento non è ammissibile, da parte della
madre, rivendicare il diritto di disporre della vita dell'embrione.
La natura biologica umana: l'embrione è un individuo umano per il semplice fatto di essere
biologicamente un essere umano
La coppia Wilke fonda il suo rifiuto dell'aborto provocato sul dato che la vita umana, dal punto di vista
biologico, comincia con il concepimento. La teologia o la filosofia non servono a risolvere la questione
dello statuto dell'embrione, dato che in entrambe esistono molte opinioni divergenti su questo
tema.20 La definizione biologica dell'inizio della vita, cioè il concepimento, non potendo essere messa
in dubbio da nessuno, è quindi secondo la coppia Willke il criterio più solido per attribuire uno status
morale all'embrione umano a partire dal concepimento.
Questa conclusione, per quanto ritenuta interessante dai movimenti Pro Life, incontra alcune obiezioni
insuperabili. Non si tiene conto del fatto, ad esempio, che, come vedremo più avanti, molti eticisti
moderni operano una distinzione fra esseri umani in senso strettamente biologico e persone umane. I
dati embriologici o biologici di per sé, interpretati in modo diverso nelle varie visioni dell'uomo, non
139
possono dare una risposta definitiva riguardo allo status dell'embrione. Secondo certe visioni dell'uomo
è escluso che l'embrione sia un essere umano dal concepimento. Inoltre una definizione puramente
biologica tenderebbe ad una concezione biologistica e materialista dell'uomo, secondo cui l'uomo non
può avere una dignità intrinseca, ma al massimo un valore strumentale. Un appello alla mera presenza
biologica di un essere umano, prescindendo da altri aspetti quali la sua dimensione spirituale e la sua
finalità intrinseca, è insufficiente, come vedremo.
L'individualità: l'embrione diventa individuo umano solo dal momento in cui non può più dividersi
dando vita ad un gemello o unirsi ad un altro embrione
Nel 1990 in Inghilterra è stata approvata, su Raccomandazione della Commissione Warnock, una legge
che permette esperimenti su embrioni in vitro a certe condizioni fino ai quattordici giorni dal
concepimento. Nel suo Rapporto pubblicato nel 1984 la Commissione conclude che l'embrione
precoce, avendo ancora la possibilità di dividersi, non può essere considerato come un essere
individuale e perciò neanche come un individuo umano.21 Anche eticisti cattolici hanno assunto questa
visione.22 Il moralista Häring afferma: “L'obiezione più grande contro la teoria dell'animazione al
momento della fecondazione è posta dal fenomeno dei gemelli identici”.23 La Commissione Warnock
prende come inizio dell'individualità dell'embrione il momento della formazione della stria primitiva
(primitive streak), assumendo che prima di questa (ma non dopo) l'embrione è in grado di dividersi in
due individui geneticamente identici. La stria primitiva è la concentrazione bislunga di cellule a uno
degli estremi del disco embrionale che avviene il quattordicesimo o quindicesimo giorno dopo il
concepimento. Essa è una manifestazione dell'asse anteroposteriore dell'embrione e si verifica nel
luogo in cui si svilupperà dopo breve tempo la tuba nervosa da cui si formeranno il cervello e la spina
dorsale. In questo luogo sorge un numero di strati di cellule differenziate a seguito della loro
migrazione. Nel disco embrionale si possono formare al massimo due linee primitive, ma questo non
porterà alla divisione dell'embrione a causa della differenziazione appena cominciata. Questo periodo
di due settimane coincide approssimativamente con il periodo prima dell'impianto dell'embrione nella
mucosa dell'utero, che si completa tra l'undicesimo e il tredicesimo giorno. In questo periodo si parla
spesso di pre-embrione, termine che suggerisce che l'embrione non sia ancora un individuo umano e
non merita dunque di essere rispettato come tale.24 Questo ragionamento ha origine dalla presunzione
che l'embrione non sia un individuo finché sussista la possibilità di scissione e quindi non può essere
ritenuto neanche persona perché la persona è l'essere individuale più perfetto. Un primo problema è se
sia veramente certo che la gemellazione monozigotica è possibile fino al momento della formazione
della stria primitiva. Nei manuali di embriologia si indica in genere tre fasi in cui la gemellazione può
occorrere, in rapporto con le fasi della formazione delle membrane estraembrioniali, cioè del
trofoblasto, dell'amnio e del corio.25
Quando la gemellazione si realizza prima della formazione del trofoblasto, che succede il quinto
giorno, ogni gemello ha un proprio amnio e un proprio corio (e quindi una propria placenta). Si stima
che questo è la causa della gemellazione in _+ 1/3 dei casi.
Dopo la formazione del trofoblasto, ma prima della formazione dell'amnion, che ha luogo il nono
giorno, la gemellazione consiste in una divisione della massa cellulare interna, in tale caso si
formeranno due amni e un coro comune di ambedue gli embrioni (e una placenta). Questo sarebbe la
causa della gemellazione in _+ 2/3 dei casi.
Molto raramente si svolgerebbe una divisione dopo la formazione dell'amnion, cioè nel disco
embrionale, ultimamente prima dell'apparire della stria primitiva. In questo caso i gemelli
condivideranno un unico amnio e un unico corio (e un'unica placenta). Bisogna notare che questo
schema si fonda su una teoria morfologica basata su deduzione dalla sistemazione della placenta e delle
membrane fetali visibili nella fase fetale e durante il parto. Ci sono rari esemplari embrionali da
supportare detta teoria.26 In ogni caso manca un'osservazione diretta di una gemellazione mediante la
140
divisione del disco embrionale. Mancano anche immagini di fasi precoci di questo tipo di gemellazione
con embrioni normali. Nel 1955 Corner indicava una fotografia di due embrioni mostri (parte della
collezione Carnegie), con un età di 28 fino al 30 giorni, che si trovano insieme in un unico coro, come
una “prova assoluta che la gemellazione può occorrere dopo che la cavità amniotica si è
formata”.27 Tuttavia, Corner stesso afferma che non è possibile escludere totalmente che le membrane
amniotiche e quelle coriali possono fondersi l'uno con l'altro, cosicché sorgono gemelli pseudo-monoamniotici of pseudo-monocoriali.28
Anche gli attuali manuali di embriologia affermano che lo schema della gemellazione in rapporto con
la formazione delle varie membrane diverse rimane finora una teoria. O' Rahilly e Müller parlano di un
“modo presunto dello sviluppo di gemelli monozigotici nell'essere umano”.29 Bisogna chiederci se sia
giustificabile il fondare una conclusione con delle conseguenze di grossa portata per il rispetto dovuto
all'embrione preimpiantatorio, cioè che sperimenti con embrioni sono da legittimare fino a 14 giorni
dopo la fecondazione, su una supposizione per cui manca un'evidenza scientifica. La domanda
fondamentale è se la possibilità della divisione dell'embrione escluda veramente il suo essere
individuale e quindi il suo essere persona. C'è anche un'altra interpretazione possibile, cioè che l'uomo
sia in grado di procreare in modo asessuale fino alla formazione della stria primitiva. Quando io,
dissodando il giardino, taglio un verme in due, entrambe le parti seguono la propria strada
apparentemente indisturbate. Sembra un pensiero poco attraente che anche nell'uomo possa succedere
qualcosa del genere, ma chi potrebbe provare il contrario?
Che la procreazione asessuale sia possibile anche nell'uomo, sarebbe dimostrato – così affermano
Ashley e O'Rourke nella terza edizione del loro manuale Health Care Ethics – dagli scienziati che
saranno una volta in grado di clonare uomini adulti, senz'altro considerati come persone, mediante il
trapianto nucleare.30 Un ulteriore argomento che escluderebbe che l'embrione nelle prime fasi di
sviluppo sia un individuo, è la possibilità della ricombinazione degli embrioni. In esperimenti con
animali è stata dimostrata la possibilità di combinare due31 o al massimo tre32 embrioni (blastomeri) di
un genotipo differente in un unico embrione che contiene cellule geneticamente diverse che
provengono dagli embrioni originari. La scoperta, alla fine degli anni sessanta, dell'esistenza di esseri
umani che possiedono sia cellule con due cromosomi X che cellule con un cromosoma X e un
cromosoma Y, è vista come un'indicazione che la ricombinazione avviene anche in embrioni
umani.33 Da un punto di vista scientifico questo fenomeno può però essere spiegato anche da
una colonizzazione di cellule provenienti da un gemello dizigotico o dalla madre nel corpo
dell'individuo coinvolto durante lo sviluppo intrauterino. Tuttavia, anche se tali individui fossero
veramente il risultato di una ricombinazione di due embrioni, questo fenomeno non rappresenterebbe
una prova che l'embrione nelle prime fasi non sia un individuo. A buon diritto si potrebbe anche
obiettare che, nel caso della ricombinazione di due embrioni, il corpo dell'uno sia assorbito dall'altro
che riesce a mantenere la sua individualità, e perciò che il primo embrione termina di esistere come
individuo e muore da un punto di vista metafisico.
Molti vedono una prova dell'individualità dell'embrione precoce nel fatto che la composizione del
materiale genetico dei cromosomi è stato stabilito nel momento della fecondazione. Altri obiettano che
il programma dello sviluppo che i cromosomi contengono, non è immediatamente attivo dopo il
concepimento. All'inizio l'energia nell'embrione viene fornita dai mitocondri provenienti della madre.
Lo sviluppo nelle primissime fasi non viene, dunque, guidato dal DNA proprio dello zigote, ma dal
DNA dei mitocondri che provengono dalla madre, dall'RNA-messaggero e da proteine che erano
presenti nello spermatozoo e nell'ovulo.34 Anche questo di per sé non è un motivo valido per dubitare
dell'individualità dell'embrione. Il programma dello sviluppo nei cromosomi, pur diventando attivo
immediatamente o solo dopo alcuni giorni, è stato fissato dal concepimento e guiderà e regolerà lo
sviluppo successivo dell'embrione, se non intervengono fattori disturbanti. I risultati della ricerca più
recente indicano però che il DNA dell'embrione inizia a guidare il suo sviluppo praticamente allo stadio
di zigote in cui un primo gene responsabile per la differenziazione gonadica è già attivo.35 Il criterio
141
dell'individualità dell'embrione è spesso assimilato a quello in cui l'embrione diventerebbe una persona,
cosa di cui parleremo nel prosieguo. Questo implica che l'embrione non può essere considerato come
una persona finché non è un individuo, una presunzione di per sé ovviamente giusta. Così Ford ha
combinato la formazione della stria primitiva con il momento dell'animazione.36
L'essere persona: l'embrione diventa un individuo umano quando diventa una persona
La domanda se l'embrione sia una persona o no, sembra un interrogativo chiaro e semplice. Se è una
persona, merita il rispetto come tale. Se fosse soltanto un pre-embrione o una persona
potenziale, avrebbe meno diritti. Tuttavia, il momento in cui l'embrione diventa una persona, è molto
discusso. Esso dipende in primo luogo dalla visione dell'uomo che si prende come punto di partenza.
Inoltre, perfino avendo un'unica visione dell'uomo, ci possono essere ancora idee diverse circa il
momento a partire dal quale l'embrione umano debba essere considerato persona.
Il criterio dell'animazione
Fino al passato recente, nel mondo cattolico la discussione sul momento in cui l'embrione umano
diventa una persona, era connessa al momento dell'animazione. D'altronde, anche la visione cristiana
tradizionale dell'uomo, avendo difeso sia l'animazione diretta che quella indiretta o ritardata, non ha
dato una risposta definitiva alla domanda su quando l'embrione diventi una persona.
La teoria dell'animazione diretta, che implica che l'embrione venga animato da un'anima umana sin dal
concepimento, ha la sua origine negli scritti di Ippocrate. Secondo Ippocrate l'embrione nasce dallo
sperma del padre, che si coagula nell'utero. Il sangue lì presente, non secreto durante la gravidanza
come durante la mestruazione, è usato dall'embrione per nutrirsi.37 L'embrione è un individuo umano
vivente fin dall'inizio e ha, dunque, un'anima umana.
La teoria opposta è quella dell'animazione indiretta o ritardata, esposta da Aristotele. Nel suo pensiero
il corpo dell'embrione sorge dal sangue mestruale, trattenuto nell'utero durante la gravidanza. Questo
sangue, inteso come la causa materiale dell'embrione, sarebbe coagulato dallo sperma che agisce come
causa efficiente e formale, come latte sotto l'influsso del succo di fico o del caglio di formaggio.38 Così
il sangue sarebbe trasformato nel corpo embrionale. Mediante lo sperma il sangue mestruale riceve
un'anima vegetativa: “Così la parte fisica, il corpo, proviene dalla donna e l'anima dall'uomo...”.39 In
questo modo, alla fine della prima settimana, il sangue diventa un essere vivente, paragonabile ad una
pianta. L'anima vegetativa è sostituita, dopo qualche tempo, da un'anima sensitiva, e ciò è evidenziato
dalla formazione degli organi sensoriali. Quest'anima è a sua volta sostituita da un'anima razionale, che
proviene dall'esterno e deve avere un'origine divina.40 L'anima razionale non può essere presente sin
dall'inizio poiché la sua attività esige un certo grado di sviluppo degli organi, specialmente di quelli
sensoriali: “L'anima è, perciò, il primo atto (perfezione) di un corpo che ha la vita in potenza. Il corpo è
quello quando possiede degli organi...Se vogliamo menzionare qualcosa di comune a ogni anima,
questo è che l'anima è il primo atto dei corpi naturali che possiedono degli organi”.41
In base all'osservazione di embrioni abortiti, Aristotele concluse che l'embrione maschile veniva
animato da un principio razionale di vita al quarantesimo giorno e quello femminile
all'ottantesimo.42 La scelta per la teoria dell'animazione indiretta o per quella diretta viene chiaramente
determinata dalla differenza nella visione dello sviluppo embriologico. Al contrario di Ippocrate,
Aristotele, pensando che il corpo dell'embrione sorgesse dal sangue mestruale, non poteva assumere
che l'embrione fosse animato a partire dal concepimento. La sua convinzione che solo un corpo
organico potesse essere animato, rendeva infatti impensabile che un pezzo amorfo di sangue contenesse
un'anima umana come principio di vita. A questo proposito Tommaso d'Aquino segue Aristotele,
benché non senza modificazioni e aggiunte alle tesi di Aristotele.43 Fino al secolo scorso c'erano ancora
dei tomisti che sostenevano la teoria dell'animazione ritardata in base alla requisito di ciò che
142
chiamavano una disposizione sufficiente della materia per essere animata da un'anima razionale, come
si afferma nel numero 15 delle 24 tesi tomiste pubblicate dalla Sacra Congregazione degli Studi il 27
luglio 1914: “Al contrario, di per sé sussiste l'anima umana, che, quando può essere infusa in un
soggetto sufficientemente disposto, è creata da Dio, e, per sua natura, è incorruttibile ed
immortale”.44 Nel 1827, Karl-Ernst Von Baer scoprì l'ovulo nei mammiferi e nell'uomo e anche il
meccanismo della fecondazione, per cui fu provato definitivamente che il corpo umano non inizia come
coagulo di sangue, ma come un ovulo fecondato. Questo era, secondo la maggior parte dei teologi, il
motivo per ritenere che l'animazione avvenisse nel momento del concepimento e non più tardi.45
Per difendere l'aborto provocato, tuttavia, teologi moralisti ed eticisti ripresero la teoria dell'animazione
ritardata a partire dagli anni sessanta.46 E dato che oggi i ricercatori hanno a che fare con l'ovulo
fecondato, con l'embrione a causa della fecondazione in vitro, la teoria dell'animazione ritardata serve
anche a giustificare esperimenti sugli embrioni.
Per avvalorare tale teoria, da una parte ci si fondava sull'argomento aristotelico, secondo cui per
l'animazione è richiesto un certo sviluppo del sistema sensoriale: “Il minimo che dobbiamo supporre
prima di ammettere la presenza di un'anima umana è la disponibilità di questi organi: i sensi, il sistema
nervoso, il cervello e particolarmente la corteccia. Siccome questi organi non sono ancora maturi
durante le primissime fasi della gravidanza, penso che sia certo che non esista una persona umana se
non dopo parecchie settimane”.47
D'altra parte teologi ed eticisti si richiamavano spesso – e si richiamano tuttora – ad alcune scoperte
scientifiche nel campo dell'embriologia nel secolo scorso: la perdita spontanea di ovuli fecondati in
misura considerevole, la formazione di gemelli monozigotici e la possibilità di ricombinare due o tre
embrioni in un unico individuo. Abbiamo già parlato degli ultimi due fenomeni, non ancora del primo.
In base ad osservazioni sperimentali, Needham postulava, negli anni venti e trenta, che probabilmente
si perde spontaneamente fino al 50% degli ovuli fecondati. Ciò rende improbabile per molti il fatto che
l'ovulo fecondato sia già animato.48 Questo, infatti, significherebbe che la metà delle persone umane,
con un'anima creata direttamente da Dio, si perde nelle prime settimane o nei primi mesi della
gravidanza. Questa obiezione non è, d'altronde, nuova, ma risale ad Agostino49 e ad
Anselmo.50 Secondo loro, era impensabile che un concepito ai primissimi stadi di sviluppo fosse già
animato, poiché ciò avrebbe significato che questi individui avevano la possibilità di essere riconciliati
con Dio mediante il battesimo. L'argomento come tale, però, non contrasta necessariamente con
l'animazione diretta. L'alta mortalità nei bambini, che fino al secolo XIX era ancora intorno al 50%,
non è neanch'esso un argomento per mettere in dubbio il loro essere persona.51
Dal momento in cui l'embrione è animato, diventa una persona e raggiunge, perciò, il grado più alto
dell'essere individuo. La divisione dell'embrione in gemelli, possibile fino alla formazione della stria
primitiva al quattordicesimo o al quindicesimo giorno, proverebbe secondo il Rapporto Warnock, come
abbiamo visto, che l'embrione nelle prime fasi non sia un individuo e dunque neanche una persona. Il
filosofo moralista Ford conclude, perciò, che l'animazione possa verificarsi solo dopo la formazione
della stria primitiva.52 Abbiamo constatato, però, che la possibilità della gemellazione o di
ricombinazione con altri embrioni, non esclude che l'embrione precoce sia un individuo umano.
Il criterio della manifestazione di attività specificamente umane
Nella bioetica secolare odierna, la discussione sullo status dell'embrione viene determinata soprattutto
dall'antropologia dell'identity theory. Questa teoria di origine australiana, accettata da molti eticisti nel
mondo anglosassone e seppure inconsapevolmente anche da molti medici, è caratterizzata da un forte
dualismo che separa la natura biologica dell'uomo e le funzioni specifiche che lo rendono persona. Lo
specifico umano è rappresentato dalla coscienza psicologica, dalla facoltà razionale e dalla capacità di
comunicazione sociale. È chiaro che, secondo questa visione, l'embrione non potrà mai essere una
persona prima che si abbia un certo sviluppo del sistema nervoso.
143
Tauer pensa che, quando il sistema nervoso si sia sviluppato al punto da registrare alcune esperienze
dell'ambiente, l'embrione abbia maturato una personalità psichica, che avvicina l'embrione all'essere
persona in senso stretto. Queste esperienze possono essere inconsapevoli, ma – come sappiamo dalla
psicoanalisi – già portare alla formazione di memorie che influiscono successivamente sulla coscienza.
In base a ciò, Tauer pensa che ci siano ragioni sufficienti per attribuire all'embrione dalla settima
settimana non solo un valore morale, ma anche l'inizio dell'essere persona in un senso moralmente
significativo.53
Altri, come McMahan, ritengono invece che l'embrione diventi un essere umano in un momento
successivo: “Io credo che la visione più credibile è che noi siamo menti incarnate (embodied minds) io
ho cominciato ad esistere quando il cervello in questo corpo – il mio corpo – ha acquisito per la prima
volta la capacità di avere consapevolezza”.54 Questo implica che l'essere umano inizia la sua esistenza
tra la 28a e la 30a settimana. Engelhardt, invece, per poter parlare di persona, esige la presenza attuale
dell'autocoscienza, un'attività razionale manifesta e la manifesta capacità di comunicazione sociale.
Dato che tali funzioni sono presenti probabilmente solo molto tempo dopo la nascita, i non nati e i
neonati – inclusi gli handicappati mentali che non hanno mai avuto una capacità razionale – non
sarebbero persone umane a tutti gli effetti con il relativo status morale. Prima di essere persone
sarebbero soltanto esseri umani nel senso biologico.55 Questo mostra tanto più l'urgenza di un'attenta
riflessione antropologica sulla natura biologica umana dell'embrione precoce.
Questa visione ha diverse conseguenze pratiche anche per altri campi dell'etica medica. Se fosse
applicata strettamente, il paziente in stato vegetativo permanente non potrebbe essere considerato più
una persona. E qualcuno ha suggerito che potrebbe dunque essere considerato come donatore di
organi.56 Un'obiezione fondamentale contro la identity theory è che essa difficilmente riesce a spiegare
la persona umana come un'unità. L'essere umano viene considerato in antitesi alla persona umana,
come la natura biologica e quella spirituale, cioè la capacità razionale.
La finalità intrinseca: l'embrione, anche nel caso in cui non fosse ancora un individuo umano, deve
essere rispettato come tale per la sua capacità intrinseca di diventarlo
Supposto che l'embrione precoce non sia un individuo umano, non sarebbe ovvio concludere che la sua
soppressione mediante l'aborto procurato e il suo impiego nella ricerca o nelle pratiche di
clonazione terapeutica, siano leciti, proprio per il fatto che non implicano l'uccisione di un individuo
umano? Secondo McMahan: “...Questo non costituirebbe l'uccisione di uno di noi, ma soltanto il
prevenire la sua esistenza”.57 Come argomento a favore della liceità dell'aborto provocato o di
esperimenti con embrioni si indica il fatto che la tradizione cristiana ha preferito la teoria
dell'animazione ritardata fino al XIX secolo.58 Questo fa sorgere la domanda circa il motivo per cui i
teologi cristiani, pur accettando detta teoria, hanno rifiutato l'aborto all'unanimità – fino alla seconda
metà di questo secolo – anche prima del momento supposto dell'animazione.
A questo proposito il celebre testo di Tertulliano è indicativo: “Dato che l'uccisione è sempre proibita, è
illecita anche la distruzione del feto durante il periodo in cui il sangue si trasforma in un essere umano.
Il prevenire la nascita è lo stesso di una uccisione precoce; e non fa differenza se qualcuno uccida la
vita già nata, o interrompa la vita già avviata alla nascita e in via di sviluppo: è già uomo colui che lo
sarà; come il frutto è già nel seme”.59
Con la trasformazione del sangue, Tertulliano allude al concepimento così come inteso da Aristotele,
secondo il quale il sangue che si trova nell'utero, durante la gravidanza non viene espulso come nei
periodi normali di mestruazione, ma rimane lì e si trasforma nel corpo dell'embrione sotto l'influsso
della forza attiva del seme maschile. Nel momento in cui questo processo è ancora in corso, secondo lo
stesso Tertulliano, c'è qualcosa nell'utero che deve essere rispettata come un individuo umano, almeno
perché lo diventerà. Come argomento a rinforzo di questa tesi viene aggiunto che ogni frutto è già
virtualmente presente nel seme.
144
L'argomento fondamentale in questo testo è che il processo dello sviluppo dell'embrione si svolge in
modo finalizzato. C'è nel concepito, e soprattutto nel seme, la finalità intrinseca di diventare un
individuo umano. Da ciò scaturisce la necessità del rispetto. Nel suo commento al Vangelo di Luca
Ambrogio dice: “Per frenare la tua leggerezza, tu riconosci le mani del Tuo Autore che forma un uomo
nell'utero. Lui sta lavorando, e tu violi con la tua libidine il segreto del sacro utero?”.60Qui non si tratta
dell'aborto. Ambrogio sembra affermare che passioni sessuali sfrenate portino alla sterilità. In ogni caso
ci insegna che la formazione dell'embrione nel piano dell'agire creativo di Dio è un processo
finalizzato. Lo stesso pensiero si trova in Agostino: “E tuttavia in tutti gli uomini che nascono malati
Dio, formando il corpo, dandogli la vita e nutrendolo, realizza ciò che è buono...”.61 Egli non pensa a
un intervento diretto da parte di Dio nello sviluppo biologico dell'embrione, ma a una causalità
trascendentale che racchiude le cause biologiche dirette.62 La stessa finalità legata alla dottrina della
creazione si evidenzia nel modo in cui Tommaso d'Aquino descrive l'origine dell'uomo.63 Il prevenire
la procreazione è visto, dai teologi cristiani, come il rifiuto di realizzare un fine del matrimonio,
stabilito nell'ordine della creazione. È in base a questo pensiero che i Padri della Chiesa e i teologi
medievali mettono sullo stesso piano l'uso dei mezzi di sterilizzazione (contraccettivi), l'uccisione del
feto, sia quello animato sia quello non ancora animato, e l'infanticidio: “Si tradiscono però, quando
giungono al punto da esporre i propri figli, nati contro la loro volontà. Detestano di allevare e tenere
presso di sé i figli che temevano di generare. Quando, dunque, la tenebrosa iniquità incrudelisce contro
i propri figli, generati contro il proprio volere, viene portata alla luce da una chiara iniquità e la segreta
turpitudine viene messa a nudo da una manifesta crudeltà. Talvolta, questa voluttuosa crudeltà o se
vuoi questa crudele voluttà si spinge fino al punto di procurarsi sostanze contraccettive e, in caso di
insuccesso, fino ad uccidere in qualche modo nell'utero i feti concepiti e ad espellerli, volendo che il
proprio figlio perisca prima di vivere oppure, nel caso che già vivesse nell'utero, che egli sia ucciso
prima di nascere. Non c'è dubbio: se sono tutti e due di tale pasta, essi non sono sposi; e se si
comportarono così fin dal principio, non si unirono in matrimonio ma nella lussuria. Se poi non sono
tutti e due a comportarsi così, io oserei dire che o lei è in un certo senso la prostituta del marito o lui è
l'adultero della moglie”.64 Benché secondo questi teologi l'aborto prima dell'animazione non possa
essere ritenuto un omicidio, nondimeno parlano di un intervento illecito, perché viola la finalità
intrinseca dell'embrione di raggiungere il momento dell'animazione. Al massimo in certe occasioni
l'aborto di un feto considerato come inanimato, viene valutato in modo meno severo 65 o, nel caso di
minaccia per la vita della madre, lo si ammette esplicitamente.66 Il ritorno della teoria dell'animazione
ritardata fra i teologi cristiani nel volgere dei secoli non giustifica tuttavia in nessun modo la
conclusione secondo la quale, in base alla Tradizione cristiana, sia legittimo l'aborto o la soppressione
degli embrioni a scopo di ricerca. Questa Tradizione attribuiva pure all'embrione inanimato uno status
morale e una dignità relativa in merito alla sua finalità intrinseca. Secondo la biologia odierna ciò lo si
trova nel programma di sviluppo che avviene sotto la guida dei cromosomi la cui composizione è stata
stabilita a partire dal concepimento. Se si volesse usare un elemento della Tradizione, perché si
tralasciano gli altri elementi della stessa Tradizione, pure compatibili con i dati dell'embriologia
odierna?
Valutazione
Quale criterio intrinseco e quale antropologia di base prendiamo come punto di partenza nella
considerazione dell'embrione nella prima settimana dopo il concepimento? Da quanto detto, risulta che
l'embrione preimpiantatorio è: un essere con una propria vita, separata da quella della madre, un essere
umano dal punto di vista biologico, un individuo e un essere con una finalità intrinseca.
Tuttavia, possiamo anche concludere che l'embrione preimpiantatorio sia un individuo umano o una
persona umana? Nella sua valutazione dello stato dell'embrione umano nell'Enciclica Evangelium
Vitae Giovanni Paolo II, evitando di dichiarare espressamente che il momento dell'animazione coincida
145
con il concepimento, fa riferimento alle conclusioni delle scienza biologica moderna mediante una
domanda retorica: “Anche se la presenza di un'anima spirituale non può essere rilevata
dall'osservazione di nessun dato sperimentale, sono le stesse conclusioni della scienza sull'embrione
umano a fornire una indicazione preziosa per discernere razionalmente una presenza personale fin da
questo primo comparire di una vita umana: come un individuo umano non sarebbe una persona
umana? (Donum Vitae, I, 1;Evangelium Vitae, n. 60)”.67 Prendendo come punto di partenza la
conoscenza embriologica attuale e soprattutto la genetica moderna, come si potrà non identificare
l'embrione precoce con l'individuo umano o con la persona umana in modo razionale?
L'Identificazione dell'Embrione Precoce con l'Individuo Umano o la Persona Umana
Una spiegazione solo materialista, come quella tipica della identity theory sulle funzioni specifiche
della mente umana, è insufficiente. Il processo del pensiero, sviluppandosi in idee astratte, pur se
dipendente da informazioni sensoriali, è in ultima analisi una funzione immateriale. Lo stesso si può
dire della libertà: i processi materiali, come i processi chimici, sviluppandosi secondo un modello
predeterminato, non spiegano la libertà. Senza una dimensione spirituale la libertà umana sarebbe
inesistente. Sia la capacità razionale che la libertà presuppongono nell'uomo un principio spirituale di
vita. Per essere un individuo umano o una persona umana, l'embrione deve avere sia una dimensione
spirituale che una dimensione fisica. Tuttavia, la presenza di una dimensione spirituale non si può
dimostrare attraverso il metodo di ricerca della scienze positive. In modo empirico la dimensione
spirituale si rivela soltanto nella capacità attualizzata di esercitare funzioni che hanno in ultima analisi
la loro origine nello spirito umano. Nell'embrione preimpiantatorio dopo il concepimento mancano
segni manifesti di una dimensione spirituale. Il processo del pensare e quello del volere sono funzioni
in cui sia la dimensione spirituale che quella corporea dell'uomo hanno un loro proprio ruolo, ma in
modo integrato. Il contenuto della coscienza razionale sono i simboli che derivano dall'esperienza
sensoriale dell'ambiente e del proprio corpo. Il fatto che questo contenuto manchi nell'embrione
precoce, a causa del fatto che gli organi sensoriali non si sono ancora sufficientemente sviluppati, di per
sé non esclude la possibilità che la capacità di pensare e quella di volere siano già presenti in potenza,
potenza che sarà gradualmente attualizzata in proporzione allo sviluppo dei sensi. Anzi, tenteremo di
mostrare che è difficilmente pensabile che la dimensione spirituale non sia presente sin dal momento in
cui l'embrione si manifesta come essere umano in senso biologico, cioè dal concepimento. Ritornando
all'embrione della prima settimana, dobbiamo chiederci: possiamo identificare un essere di cui
costatiamo solo la natura biologica umana, come un individuo umano o una persona umana o no?
Secondo il passo della Evangelium Vitae citato in precedenza, le conoscenze embriologiche e genetiche
attuali possono fornire “un'indicazione preziosa per discernere razionalmente una presenza personale
fin da questo primo comparire di una vita umana (n. 60)”. Come possono essere utili queste scienze
nello scoprire nell'embrione umano una presenza personale sin dal concepimento?
In ogni caso le conoscenze embriologiche attuali contraddicono la nozione classica contraria
all'animazione (e perciò all'umanizzazione) diretta, nozione secondo cui l'embrione umano
comincerebbe il suo sviluppo come coagulo di sangue, cioè come un essere non vivente, dunque non
animato. L'embriologia attuale conferma la concezione secondo la quale l'embrione umano è, sin dal
concepimento, un essere vivente, biologicamente umano. A questo si aggiunge il fatto che, dal
concepimento, lo sviluppo embrionale si svolge in modo autonomo, coordinato, continuo e
graduale.68 Non avvengono delle cesure nel processo successivo di sviluppo, come potrebbe essere se
intervenisse nel corso dello sviluppo embrionale un altro meccanismo della coordinazione o
dell'integrazione della vita dell'embrione, da interpretare come un momento in cui l'embrione diventi
veramente un individuo umano, ricevendo una dimensione spirituale. La genetica ha scoperto il
meccanismo di questo sviluppo embrionale: a partire dal concepimento esso è guidato dal genoma, il
concepimento rappresenta il risultato della fusione dei cromosomi dell'ovulo con quelli della
146
spermatozoo. Sapendo che il genoma è il fondamento più importante dell'identità biologica dell'essere
umano, potremmo chiederci quali indicazioni possa fornire la genetica, oltre a quelle dell'embriologia,
per ritenere l'embrione umano una persona umana sin dalla fecondazione. Per rispondere a questa
domanda bisogna sapere in che cosa consiste l'identità ontologica della persona umana. L'identità
ontologica dell'uomo, in base alla definizione classica della persona secondo Boezio, naturae rationalis
individua substantia,69 ripresa da Tommaso d'Aquino,70 implica in certo senso una doppia identità: cioè
un'identità generica, la natura razionale, ed un'identità numerica, in quanto la natura generica non esiste
da sé, ma in relazione ad una sostanza individuale.71 Leggendo sul giornale che a causa di un incidente
ferroviario sono morte dieci persone, vengo a conoscenza del carattere generale, l'identità generica
delle vittime, cioè che sono esseri umani. Di fatto, però, sono individui che, avendo una propria identità
numerica, attualizzano questa identità generica in modo diverso. L'identità numerica, in fondo,
significa che questo individuo concreto è una persona umana, indipendentemente dallo stadio del suo
sviluppo, dalla sua perfezione fisica, dal suo successo o dai suoi difetti. La persona è l'essere
individuale più perfetto: il carattere individuale appartiene dunque essenzialmente alla persona. Questo
significa che l'identità numerica è una dimensione intrinseca della persona umana. La domanda è: che
ruolo svolge il genoma, presente dal concepimento, nella definizione dell'identità generica e di quella
numerica dell'individuo umano? Il genoma è il fondamento biologico più profondo del corpo. Visto che
l'essere umano è un'unità sostanziale di spirito e corpo, il genoma ha un ruolo intrinseco riguardo alla
identità generica. Dato che anche l'identità numerica è un aspetto intrinseco della persona umana, una
domanda altrettanto affascinante è quale sia il ruolo del genoma riguardante l'identità numerica. Un
aspetto dell'identità numerica è che la capacità intellettuale può differire notevolmente fra i vari
individui della specie umana. Che cosa spiega questa differenza? Bisogna supporre che i vari individui
umani non abbiano la stessa dimensione spirituale? Premesso che lo spirito umano (l'anima) è la forma
sostanziale (o meglio sussistente) dell'individuo umano,72 uno spirito umano differente fra i membri
della specie umana avrebbe come conseguenza che questi non abbiano la stessa identità generica. In
ogni caso, la capacità di pensare mediante concetti astratti è quella di agire liberamente, non sono, in
sé, diverse fra gli individui umani. La differenza della capacità intellettuale si spiega con le differenze
delle reti neuronali nel cervello, per cui la capacità di elaborare dati sensoriali può variare
notevolmente. La differenza sta, in ultima analisi, non nelle capacità di pensare mediante concetti
astratti di per sé, ma nella disposizione della dimensione materiale dell'individuo umano. La
dimensione materiale è dunque determinante per l'identità numerica.73 Ora sappiamo che le reti
neuronali sono virtualmente presenti nel genoma (anche se altri fattori ambientali hanno anch'essi,
probabilmente, il loro ruolo nello sviluppo anatomico e funzionale del cervello). Il DNA contiene la
base biologica di tutti i tratti che caratterizzano l'essere umano dal concepimento fino alla morte. Visto
che l'identità numerica come dimensione di base materiale e come dimensione intrinseca costituisce –
insieme con l'identità generica dell'uomo come essere formato da spirito e corpo – l'identità ontologica
dell'essere umano, è difficilmente pensabile che il principio formale, la dimensione spirituale, non sia
ancora presente al momento del concepimento, mentre c'è ovviamente la dimensione
materiale.74 Questo ragionamento fornisce anche una risposta alla identità theory che parla di persona
umana solo in presenza di una manifesta coscienza razionale. Nell'emergenza dell'identità numerica, lo
sviluppo della coscienza razionale ha un suo ruolo particolare, benché non isolato. In questo, la
dimensione spirituale e quella materiale hanno un ruolo intrinseco, dato che la capacità intellettuale si
realizza mediante una funzione integrata della capacità di pensare mediante concetti astratti da un lato,
e della capacità delle reti neuronali del cervello di elaborare dati sensoriali dall'altro. Per questo, è
difficilmente pensabile che la dimensione spirituale non sia presente in uno stadio tanto fondamentale
per lo sviluppo dell'identità numerica dell'individuo umano. Si capisce che nella prima settimana dopo
il concepimento l'embrione non possiede ancora queste reti neuronali, visto che il sistema nervoso
inizia il suo sviluppo dal 21o giorno. Tuttavia, tutte le strutture neuronali sono già presenti virtualmente
147
nel DNA dal concepimento, compreso il loro contributo in senso biologico all'identità numerica
dell'individuo umano.
Un'obiezione di Lanza e Donceel contro questo argomento è che ciò implica una coincidenza di una
causalità formale e una causalità efficiente della dimensione spirituale: la dimensione spirituale, se
presente dal concepimento, sarebbe sia la causa formale sia quella efficiente del corpo umano.75 La
causa formale non può essere la causa efficiente della generazione della cosa di cui è la forma
sostanziale. A questo proposito è utile distinguere fra generazione e crescita.76 Lo sviluppo successivo
dopo il momento dell'inizio dell'esistenza è diverso dalla generazione: è la crescita. La crescita è un
processo dell'essere vivente già generato. La dimensione spirituale, una volta formatosi il corpo umano,
è il principio movente, cioè la causa efficiente, della vita. Essa è la radice di tutti i processi della vita,
compreso quello della crescita dell'embrione. Abbiamo visto che, fra l'altro, Lanza e Donceel pensano
che un certo sviluppo delle strutture neuronali e del cervello sia necessario per raggiungere una
disposizione dell'embrione tale che la dimensione spirituale possa informarlo della sua essenza.
Tuttavia, il cervello primitivo, pur mostrando a livello macroscopico e forse anche a quello
microscopico una certa somiglianza con il cervello adulto e avendo qualche attività funzionale, dovrà
ancora subire molti cambiamenti macroscopici, microscopici e biochimici per rendere possibili i
processi elettrochimici complessi richiesti per il processo del pensiero. Anche dopo la settima
settimana, momento a partire dal quale, secondo Tauer, l'embrione, avendo fatto esperienze
dell'ambiente che possono influire sulla coscienza successiva, acquisisce una personalità psichica, il
cervello non ha ancora completato il suo sviluppo. Il fatto che le esperienze in quello stadio siano
ancora inconsapevoli, non esclude una dimensione spirituale attuale. Anche l'essere umano che ha
sicuramente una dimensione spirituale, data la manifesta coscienza razionale, può avere delle
esperienze inconsapevoli che influiscono sul sviluppo della sua identità o il cui significato ai fini della
costituzione dell'identità affiora soltanto in un secondo momento. Alla luce delle conoscenze
scientifiche attuali è quanto meno azzardato, dunque, ritenere che un certo livello di sviluppo del
cervello o delle strutture neuronali sia necessario per poter affermare che l'essere umano abbia una
dimensione spirituale.
Conclusione
Nella valutazione dei vari e diversi criteri usati per valutare lo status dell'embrione umano risulta
essenziale che questo abbia uno statuto biologicamente umano dal concepimento. L'embrione è un
essere vivente il cui sviluppo, guidato dal genoma presente e attivo dal concepimento, si realizza in
modo autonomo, coordinato, continuo e graduale. Un'umanizzazione indiretta è difficilmente
compatibile con il fatto che l'identità generica dell'essere umano è costituita intrinsecamente sia dalla
dimensione spirituale che da quella materiale, soprattutto visto che il fondamento biologico della
dimensione fisica, il DNA, è presente, appunto, dal concepimento. Inoltre il DNA è la base biologica
dell'identità numerica, un elemento anch'esso intrinseco dell'individuo umano. Il fatto che l'identità
numerica costituisca insieme a quella generica l'identità ontologica dell'individuo umano, è a sua volta
difficilmente compatibile con la tesi dell'umanizzazione indiretta o graduale. Benché sia impossibile
dimostrare empiricamente una presenza personale dal concepimento, la riflessione filosofica sullo stato
bio-antropologico dell'embrione umano indica una incongruenza dell'umanizzazione indiretta o
graduale con la visione dell'individuo umano come un'unità sostanziale di spirito e corpo.
148
1
Così afferma il premio Nobel americano, Varmus, secondo il quale non si può dare una risposta alla
domanda sul momento in cui inizi ad esistere l'essere umano. Egli condivide l'idea di coloro che
considerano l'embrione come essere umano dal momento in cui si sviluppano i neuroni, una
circolazione sanguigna quindi, può sopravvivere, fuori dall'utero: “La piena individualità si può
affermare solo dopo la nascita”, vedi l'intervista, Varnus H., Ich sehe eine moralische Pflicht zum
Embryoverbrauch, Frankfurter Algemeine Zeitung (25 agosto 2001), p. 43.
2
Kamer T., Vergaderjaar 2000-2001, 5: 4-6; questa valutazione sullo status dell'embrione è molto
diffusa anche nel mondo protestante, vedi: Honecker M., Divergenzen in der evangelischen Ethik beim
Untergang mit Embryonen, Zeitschrift für medizinische Ethik 2003, 49(2): 23-136, particolarmente p.
127.
3
Avortement et respect de la vie humaine, Paris: Editions du Seuil, 1972: 93-104; pp. 174-184; pp. 194204.
4
Böckle F., Um den Beginn des Lebens, Arzt und Christ 1968, 14: 70; Sporken P., Voorlopige
diagnose. Inleiding tot een medische ethiek, Utrecht: Ambo, 1969: 68-69 (Sporken usa anche altri
argomenti per indicare l'annidamento come il momento iniziale della vita umana: la possibilità della
divisione degli embrioni come origine dei gemelli; e la grande perdita di embrioni prima
dell'annidamento, argomenti sui quali torneremo. Nel suo libro: Id., Ethiek en Gezondheidszorg, Baarn:
Ambo, 1977: 118 attenua questa idea, ritenendo l'annidamento un primo passo, seppure fondamentale,
nel processo graduale di ominizzazione dell'embrione accanto alla fase della differenziazione dei
neuroni del cervello.
5
Böckle, Um den Beginn des..., p. 70; Sporken, Voorlopige diagnose. Inleiding..., pp. 94-97; Id., Ethiek
en Gezondheidszorg..., pp. 154-158.
6
Marktl H., Von Caesar lernen heißt forschen lernen, Frankfurter Allgemeine Zeitung 2001, p. 52.
7
Il rabbino olandese Evers è convinto che l'embrione umano fuori dell'utero non meriti di essere
protetto, in base a detta traduzione particolare del testo della Gen 9,6 analizzando il testo si legge
soltanto: “Chi sparge il sangue dell'uomo nell'uomo, il suo sangue sarà sparso. L'obbligo di proteggere
la vita è subordinato alla permanenza nel grembo materno”, vedi: Evers R., Evers A.P., Bijbel positief
over klonen van embryo's, Trouw 2004, p. 14; gli autori vedono l'embrione prima di 40 giorni dal
concepimento come vita inanimata. Gli embrioni in vitro, non potendo continuare a vivere senza
assistenza artificiale, non sarebbero esseri viventi umani. Per l'uso sperimentale di embrioni in vitro
non è importante però l'essere inanimato – anche gli embrioni nell'utero non sono ancora animati – ma
è importante la traduzione della Gen 9,6 in cui gli autori vedono una legge che attribuisce il diritto alla
protezione soltanto all'embrione che si trovi all'interno dell'utero.
8
Ripreso dalla Bibbia di Gerusalemme, Bologna: Edizioni Dehoniane, 1996.
9
“Therapeutisch kloneren nog problematischer dan reproductief kloneren: een bijdrage vanuit
katholiek-bijbels perpectief”, Pro Vita Humanae 2005, 12(2): 47-53.
10
Connery, Abortion: the development of the Roman Catholic perspective, Chicago: Loyola University
Press, 1977: 13.
11
Gen 6, 3; 9, 6; Es 8, 13.14; 9, 10; 13, 2; Nm 8, 17; 17, 15; 31, 11.26; Lv 24, 20; 2 Sam 23, 3; Ger 32,
20; 9, 15; Mi 7, 2; Sal68, 18; 78, 60; 118, 8; Qo 2, 24. Per questo ho consultato J. Liesen, professore di
Esegesi al Seminario Maggiore di Rolduc e membro della Commissione Teologica Internazionale, che
fonda la sua risposta su Eben-Shoshan A., Qonqordantsia chadasha, Gerusalemme: Kiryat-Sefer, 1986.
12
“Embryo en christelijke mensvisie: wanneer wordt het embryo een menselijke persoon?”, Pro Vita
Humana 1994, 1(3): 107-116.
13
Tauer C.A., Personhood and Human Embryos and Fetuses, The Journal of Medicine and Philosophy
1985, 10: 264.
14
Ibid., pp. 263-264.
149
15
Questa conclusione è fondata sui 7 criteri intrinseci e relazionali, avanzati da Warren, per indicare lo
stato morale di qualsiasi essere: 1) l'essere vivente non deve essere ucciso senza buoni motivi; 2) un
essere senziente non deve essere trattato crudelmente; 3) gli agenti morali hanno diritti pieni ed uguali
alla vita e alla libertà; 4) gli esseri umani capaci di sentire, ma non di agire moralmente hanno gli stessi
diritti morali che hanno quelli che agiscono moralmente; 5) le entità ecologicamente importanti (viventi
o non viventi) hanno uno status morale più forte di quello che avrebbero se fossero indipendenti
dall'ecosistema; 6) gli animali che sono parte di una comunità umana hanno un status morale più forte
di quello che avrebbero da soli; 7) nel quadro dei primi sei criteri gli agenti morali devono rispettare il
riconoscimento dello status morale da parte di altri (transitivity of respect), vedi: Warren M.A., Moral
status: obligations to persons and other living things, Oxford: Oxford University Press, 1997: 148-177.
16
Meyer M.J., Nelson L.J. , Respecting what we destroy. Reflections on human embryo research, The
Hastings Center Report 2001, 31(1): 16-23.
17
Connery, Abortion: the development of the..., pp. 22-23.
18
Ulpiano, Digesta, 25, 4, 1, 1.
19
Waldstein W., Ulpian and the legal position of the unborn child in Roman Law, comunicazione.
20
Willke J., Willke B., Abortion: Questions and Answers, Cincinnati: Hayes Publishing Company,
1988: 5-6.
21
The Warnock Report, n. 11.5 e n. 11.22, in Warnock M., A Question of Life. The Warnock Report on
Human Fertilization and Embryology, Oxford: Basil Blackwell, 1985: 59; p. 66.
22
Ford N.M., When did I begin?, Cambridge: Cambridge University Press, 1988; Shannon T.A., Wolter
A.B., Reflections on the moral status of the pre-embryo, Theological Studies 1990, 51: 612-614.
23
Häring B., Medical Ethics, Middlegreen: St. Paul Publications, 1991: 73.
24
Alcuni sono dell'opinione che il termine pre-embrione non suggerisca questo, poiché secondo
l'embriologia classica si potrebbe parlare di embrione solo dopo l'impianto nella mucosa dell'utero.
Prima di questo momento si dovrebbe parlare della blastogenesi e in seguito della genesi dell'embrione;
vedi: De Wert G.M.W.R., Geraedts J.P.M., IVF, pre-embryo-research en ethiek, Metamedica 1988, 67:
106-133, specialmente la nota a piè di pagina 1; tuttavia, il termine pre-embrione non è mai stato usato
nell'embriologia classica, ma è stato introdotto di recente.
25
O'Rahilly R., Müller F., Developmental stages in human embryos, Washington: Carnegie Institute of
Washington, 1987: 13-26, particolarmente la figura 5.2. alla p. 26; Gilbert S.F., Developmental
biology, Sunderland (Massachusetts): Sinauer Associates, 2000: 362-363; Carlson B.M., Human
embryology and developmental biology, Philadelphia: Mosby, 2004: 53.
26
Corner G.W., The observed embryology of human single-ovum twins and other multiple births, Am J
Obstet Gynecol 1955, 70: 933-951, particolarmente p. 934 (grazie al prof. Gonzalo Herranz che mi ha
indicato la mancanza di evidenza per detta teoria durante il Congresso).
27
Ibid., p. 943.
28
Ibid., pp. 946-947.
29
O'Rahilly, Müller, Developmental stages in human..., p. 26, figura 5.2; Carlson, Human embryology
and developmental..., p. 53.
30
Ashley B.M., O'Rourke K.D., Health Care Ethics. A Theological Analysis, St. Louis: The Catholic
Health Association of the United States, 1989: 212.
31
Mintz B., Genetic mosaicism in adult mice of quadriparental lineage, Science 1965, 148: 1232- 1233.
32
Markert C.L., Petters R.M., Manufactured hexaparental mice show that adults are derived from three
embryonic cells, Science 1978, 202: 56-58.
33
Hellegers A., Fetal development, Theological Studies 1970, 31: 5; De La Chapelle A., Schröder
J., Early fusion of two human embryos?, Annals of Human Genetics 1974, 38: 63-75; Mayr W.R.,
Pausch V., Schnedl W., Human chimaera detectable only by investigation of her progeny, Nature 1979,
277: 210-211.
34
Shannon, Wolter, Reflections on the moral status of..., p. 608.
150
35
Pergament E., Fiddler M., Cho N. et Al., Sexual differentation and pre-implantation growth, Human
Reproduction 1994, 9: 1730-1732; Fiddler M., Abdel-Rahman B., Rappolee D.A. et Al., Expression of
SRY transscripts in pre-implantation human embryos, American Journal of Medical Genetics 1995, 55:
80-84.
36
Ford, When did I begin?..., pp. 170-177.
37
Ippocrate, Du foetus de sept mois, Paris: E. Littré, VII, 1851: 492.
38
Aristotele, The generation of animals, Cambridge-London: Harvard University Press- William
Heinemann, 1979: I, XIX-XX, 727a., 729a., pp. 95-111.
39
Ibid., II, IV, 738 b., pp. 184-185.
40
Ibid., II, III, 736 b., pp. 170-171.
41
Id., De Anima, II, I, 412a., 27-412b. 1, 4-6, in Siwek P., Aristotelis de anima, vol. II, Roma: Pontificia
Universitatà Gregoriana, 1954: 92-93.
42
Aristotele, De animalibus historiae, VII, III, in Id., Opera omnia, vol. III, Parigi 1927: 137-138.
43
San Tommaso discute su questo argomento in diverse sue opere: S. Tommaso d'Aquino, Scriptum
super libros sententiarum Petri Lombardi, 2, d. 18, q. 2, a. 3; Id., De potentia, q. 3, ad 9, in
Id., Quaestiones disputatae, vol. II; Id.,Summa contra gentiles, 2, 87-89; Id., Summa Theologiae, 1, q.
76, a. 3, ad 3, and 1, q. 118, a. 2, ad 2; Id., De spiritualibus creaturis, a. 3, ad 12, in Id., Quaestiones
disputatae; Id., De anima, a. 11, in Id., Quaestiones disputatae, vol. II.
44
Sacra Studiorum Congregatio, “Theses quaedam, in doctrina Sancti Thomae Aquinatis contentae, et a
philosophiae magistris propositae, adprobantur”, XV, AAS 6 (1914) 385: “Contra, per se subsistit
anima humana, quae, cum subiecto sufficienter disposito potest infundi, a Deo creatur, et sua natura
incorruptibilis est atque immortalis”; DH n. 3615; Hering H.-M., De tempore animationis foetus
humani, Angelicum 1951, 28: 18-29; Lanza A., La questione del momento in cui l'anima razionale
infusa nel corpo, Roma: Istituto Grafico Tiberino, 1939.
45
Gury J.P., Compendium theologiae moralis, vol. I, 1866: 431; Genicot E., Salsmans I., Institutiones
theologiae moralis, vol. I, Leuven-Brussel, 1931: 375; Prmmer D.M., Manuale theologiae moralis, vol.
II, Barcelona: Herder, 1945: 138.
46
Donceel J.F., Immediate animation and delayed hominization, Theological Studies 1370, 31: pp. 76105.
47
Ibid., p. 101.
48
Rahner K., The problem of genetic manipulation, in Theological Investigations, vol. IX, London:
Darton, Longman, Todd, 1981: 226, nota a piè di pagina 2; Donceel, Immediate animation and..., pp.
99-100; Diamond J.J., Abortion, animation, and biological hominization, Theological Studies 1975, 36:
312-313.
49
Vedi nota n. 64.
50
S. Anselmo, De conceptu virginali, 7 (PL 158, 440): “Quod autem mox ab ipsa conceptione
rationalem animam habeat, nullus humanus suscipit sensus. Sequitur enim ut quoties susceptum semen
humanum, etiam ab ipso momento susceptionis perit antequam perveniat ad humanam figuram; toties
damnetur in illo anima humana; quoniam non reconciliatur per Christum: quod est nimis absurdum”.
51
Ford N.M., When did I begin?, Cambridge: Cambridge University Press, 1988: 180-181.
52
Ibid., pp. 170-177.
53
Tauer, Personhood and Human Embryo..., pp. 253-266.
54
McMahan J., Cloning, killing, and identity, Journal of Medical Ethics 1999, 25(2): 77-86, quotazione
ripresa da p. 83.
55
Engelhardt H.T., Viability and the use of the fetus, in Bondeson W.B., Id. (a cura di), Abortion and
the status of the fetus, Dordrecht: D. Reidel, 1983: 184-191; Engelhardt H.T., The Foundations of
Bioethics, New York-Oxford: Oxford University Press, 1996: 135-140.
56
Truog R.D., Fletcher J.C., Brain Death and the Anencephalic Newborn, Bioethics 1990, 4: 199-215.
57
McMahan, Cloning, killing, and identity..., p. 83.
151
58
Dunstan G.R., The human embryo in the western moral tradition, in Id., Seller M.J. (a cura di), The
status of the human embryo. Perspectives from moral tradition, London: King Edward's Hospital Fund
for London, 1990: 55.
59
Tertulliano, Apologeticus adversus gentes pro christianis, c. IX (PL 1, 319-320): “Nobis vero,
homicidio semel interdicto, etiam conceptum utero, dum adhuc sanguis in hominem delibatur,
dissolvere non licet. Homicidii festinatio est prohibere nasci; nec refert natam quis eripiat animam, an
nascentem disturbet: homo est, et qui est futurus; etiam fructus omnis jam in semine est”.
60
S. Ambrogio, Expositio Evangelii secundum Lucam, l. I, 44 (PL 15, 1632): “Ad cohibendam
petulantiam tuam, manus quasdam tui auctoris in utero hominem formantis advertis. Ille operatur, et tu
sacri uteri secretum incestas libidine? ” Un'indicazione di questo pensiero si trova già nei primi testi
cristiani, per esempio nella Lettera di Barnaba (tra il I e il II secolo) XX, 2, in cui l'autore dice che
coloro che seguono la via delle tenebre sono, fra l'altro, “uccisori dei figli, distruttori del plasma creato
da Dio” (PG 1,1230; qui citato da: Quacquarelli A., I Padri Apostolici, Roma: Città Nuova Editrice,
1986: 213). Cf Didaché, vol. V, 2: sulla via della morte camminano fra l'altro uccisori di figli,
distruttori della creatura di Dio (Ibid., I Padri Apostolici..., p. 33).
61
S. Agostino, Sermo CLVI, c. II (PL 38, 851): “Et tamen in omnibus qui nascuntur infirmis Deus quod
bonum est operatur, formando corpus, vivificando corpus, alimenta praebendo”; cf. Id., Contra
Julianum Pelagianum, l. V, 34 (PL 44, 804): “Ut autem concipiatur fetus atque nascatur, divini est
operis, non humani”.
62
Id., De anima et ejus origine, l. I, c. XVI (PL 44, 488-489).
63
S. Tommaso d'Aquino, Scriptum super libros sententiarum Petri Lombardi, 2, d. 18, q. 2, a. 3; Id., De
potentia, q. 3, ad 9; Id., Summa contra gentiles, 2, 87-89; Id., Summa Theologiae, 1, q. 76, a. 3, ad 3, en
1, q. 118, a. 2, ad 2; Id., De spiritualibus creaturis, a. 3, ad 12; Id., De anima, a. 11.
64
S. Agostino, De nuptiis et concupiscentia, l. I, c. XV (PL 44, 423-424): produntur autem quando eo
usque progrediuntur, ut exponant filios, qui nascunutur invitis. Oderunt enim nutrire vel habere, quos
gignere metuebant. Itaque cum in suos saevit, quos nolens genuit tenebrosa iniquitas, clara iniquitate in
lucem promitur, et occulta turpitudo manifesta crudelitate convincitur. Aliquando eo usque pervenit
haec libidinosa crudelitas, vel libido crudelis, ut etiam sterilitatis velenam procuret; et si nihil valuerit,
conceptos fetus aliquo modo intra viscera exstinguat ac fundat, volendo suam prolem prius interire
quam vivere; aut si in utero jam vivebat, occidi antequam nasci. Prorsus si ambo tales sunt, conjuges
non sunt: et si ab initio tales fuerunt, non sibi per connubium, sed per struprum potius convenerunt. Si
autem non ambo sunt tales, audeo dicere, aut illa est quodammodo meretrix mariti, aut ille adulter
uxoris; Petrus Lombardus, Sententiae, l. IV, d. 31, c. 3-4; S. Tommaso d'Aquino, Scriptum super libros
sententiarum Petri Lombardi, IV, d. 31, expositio textus.
65
Connery J., Abortion: the Development of the Roman Catholic Perspective, Chicago: Loyola
University Press, 1977: 142-148.
66
Grisez G., Abortion: the Myths, the Realities, and the Arguments, New York: Corpus Books, 1970:
165-184.
67
Congregazione per la Dottrina della Fede, Donum Vitae, I, 1, AAS 1988, 80, pp. 78-79.
68
Serra A., Colombo R., Identità e statuto dell'embrione umano: il contributo della biologia, in
Aa.Vv., Identità e statuto dell'embrione umano, Città del Vaticano: Libreria Editrice Vaticana, 1998:
143-146.
69
Boezio: Contra Eutychen et Nestorium, III, in Id., Opusculi Teologici, Catania: Università di Catania,
1960: 52: “Quocirca si persona in solis substantiis est atque in his rationabilibus substantiaque omnis
natura est nec in universalibus sed in individuis constat, reperta personae est definitio: naturae
rationabilis individua substantia”.
70
S. Tommaso d'Aquino, Summa Theologiae, 1, q. 29, a. 1; Id., De Potentia, q. 9, a. 2;
Id., Sententiarum, d. 25, q. 1, a. 1; cf. Lobato A., La persona, Roma: Pontificia Università S. Tommaso,
1973: 231.
152
71
Fetz R.T., Personbegriff and Identitätstheorie, Freiburger Zeitschrift für Philosophie und Theologie
1988, 35: 69-106.
72
Questa tesi aristotelica-tomista è stata ripresa dalla dottrina della Chiesa Cattolica durante il Concilio
di Vienna nel 1312 (DS n. 902) e il Concilio Lateranense V dal 1512 fino al 1517 (Ibid., n. 1440) e
nell'Enciclica Veritatis Splendor (n. 48ss.).
73
Riguardo a tutto questo, Tommaso d'Aquino ha delle idee affascinanti e ispiratrici. La forma
sussistente è secondo Tommaso d'Aquino la stessa per tutte le persone umane. Infatti, esseri con una
forma differente appartengono a specie differenti. Tuttavia, benché sia vero che tutti gli uomini hanno
la stessa forma, come spiegare le differenze fra di loro? Questa domanda è affascinante soprattutto
riguardo all'evidente differenza, fra gli esseri umani, nella capacità di capire le cose, capacità che è
direttamente collegata alla forma spirituale dell'uomo. La risposta di Tommaso è che la differenza della
forma fra gli uomini non può essere che accidentale: “C'è una doppia varietà formale. C'è la varietà
della forma in sé riguardo ai suoi contenuti essenziali; e tale diversità porta a una varietà di specie.
Tuttavia, c'è anche una varietà della forma non in sé, ma in modo accidentale, che risulta dalla varietà
della materia, nel senso che una materia meglio disposta parteciperà nella forma in modo più degno; e
tale varietà non causa una distinzione fra specie e questa è la varietà delle anime” (S. Tommaso
d'Aquino, Scriptum super libros sententiarum, II, d. 32, q. 2, a. 3, ad 1). Questo dà la base per la
spiegazione di Tommaso delle differenze fra gli individui all'interno di una specie, cioè
della distinzione numerica degli individui: “...La differenza della forma che non proviene che dalla
disposizione diversa della materia, non fa una diversità secondo la specie, ma solo secondo il numero;
infatti ci sono forme diverse di individui diversi, diversificate secondo la materia” (Id., Summa
Theologiae, 1, q. 85, a. 8, ad 3: “...Differentiae formae quae non provenit nisi ex diversa dispositione
materiae, non facit diversitatem secundum speciem, sed solum secundum numerum; sunt enim
diversorum individuorum diversae formae, secundum materiam diversificatae”). Così si spiega perché
un uomo può capire la stessa cosa meglio di un altro, pur avendo la stessa forma spirituale: la capacità
intellettuale dipende anche dalla disposizione delle facoltà più basse di cui l'intelletto ha bisogno per la
sua attività, cioè l'immaginazione, la facoltà cogitativa e la memoria sensitiva (Ibid., 1, q. 85, a. 7 in c.).
74
Molti, sentendo la parola identità, pensano spontaneamente ai documenti di identità o agli archivi
della polizia (police-records). Questo significato di identità concerne dati come il colore della cute, dei
capelli o degli occhi, l'altezza e il peso, la corporatura e eventualmente alcune caratteristiche psichiche.
La sociologia usa la distinzione fra l'identità naturale e quella convenzionale. Con l'identità naturale
s'intende la capacità della persona di dire io, di vedere tutte le cose in rapporto a se stessa e di introdursi
in una conversazione con altre persone. L'identità convenzionale o la role-identity(identità di ruolo) è il
risultato dell'integrazione sociale dell'individuo umano che lo fa essere un membro di una comunità. A
questi concetti di identità se ne potrebbe aggiungere un terzo, cioè quello dell'identità dell'io
autonomo, derivato dalla concezione kantiana di una persona autonoma: riguarda l'identità della
persona che riesce a sottomettersi liberamente alle leggi e alle convenzioni generali di una società
(vedi: Fetz, Personbegriff and Identitätstheorie..., pp. 69-106). Tutti i vari tipi finora elencati di identità
a cui pensiamo spontaneamente o che la sociologia usa, non si applicano all'embrione preimpiantatorio.
Per questa ragione l'embrione precoce, non riuscendo a fare appello a un sentimento di solidarietà tra
individui o alla società con altri esseri umani in genere, si trova in una posizione in un certo senso
svantaggiata. Il fondamento della solidarietà è infatti che si riconosce nel prossimo qualcosa di se
stesso. Tuttavia, questi tipi di identità non possono essere considerati come totalmente indipendenti da
ciò che l'embrione è: non concernono infatti il livello più profondo dell'identità della persona umana.
Le caratteristiche fisiche e psichiche degli archivi della polizia, l'identità naturale e sociale secondo la
descrizione della sociologia e anche quella dell'io autonomo, che deve crescere in tutti noi, possono
cambiare e di fatti lo fanno durante la vita. Questi tipi di identità sono accidentali. Bisogna trovare
l'identità ontologica della persona che è il soggetto di tutti questi cambiamenti. Il concetto di identità
delle scienze sociali e il concetto ontologico di Boezio si completano a vicenda. L'individuo umano è
153
capace di sviluppare forse varie identità sociali, ma solo grazie alla sua identità generica e numerica
che forniscono anche i limiti delle possibilità di sviluppare un'identità sociale. Limitandosi all'identità
sociale e dimenticando quella ontologica, si corre il rischio di attribuire l'essere persona solo a quelli
che sono capaci di raggiungere un'identità sociale secondo un certo standard.
75
Lanza, La questione del momento in cui l'anima razionale..., pp. 230-231; Donceel, Immediate
animation and delayed...,p. 101.
76
Chollet A., Animation, in Dictionnaire de Théologie Catholique, vol. I, Paris, 1923: 1314.
154
MARIO PANGALLO
IL PENSIERO DI SAN TOMMASO RIGUARDO ALL’EMBRIONE UMANO
La Vita Umana nella Filosofia Classica e Cristiana Prima di S. Tommaso
La finalità di questo intervento è illustrare la posizione di San Tommaso riguardo all'embrione umano,
rilevando gli aspetti teoreticamente più importanti per definire l'identità dell'embrione, il suo statuto
ontologico oltre che biologico. Per introdurci adeguatamente nella questione, mi sembra opportuno
accennare al percorso storico precedente S. Tommaso, cioè al pensiero della cosiddetta antichità
classica e cristiana intorno al concetto di vita umana, a cui l'Aquinate e i pensatori medievali hanno
attinto. È facile constatare, a tale proposito, che il discorso filosofico sulla vita umana in generale, e
sulla vita umana nascente, nell'antichità greca ed ellenistica, non può fare a meno del discorso
sull'anima(psiche). È noto, infatti, che per gli antichi la psiche è il principio vitale di ogni corpo
vivente: essere vivo significa essere un corpo animato. Il problema dell'anima, cioè della vita, è il
problema fondamentale dei cosiddetti filosofi grecinaturalisti. E se inizialmente l'anima sembra essere
soltanto una realtà fisica sottile e penetrante, man mano che la riflessione intorno ad essa si sviluppa,
soprattutto grazie ai pitagorici, l'anima assume la configurazione di realtà spirituale; secondo Platone,
essa ha nell'uomo un qualcosa di divino, di coessenziale con il mondo delle Idee, è in certo modo
sintesi di finito ed infinito, nel senso che comunica al corpo umano finito un'energia di essere e di agire
aperta a ciò che trascende il finito stesso. La terminologia platonica, e, molto più tardi, quella
neoplatonica, riguarda l'anima umana, coinvolge anche la nozione di logos e l'uomo viene visto
come microcosmo, il vivente in cui si manifesta e si capisce l'antico detto anassagoreo tutto in
tutto, capace di afferrare l'anima del mondo intero, cioè il logos immanente nella natura, quale fonte di
vita e di ordine. Platone sostiene che l'anima umana è sostanza per sé stante, è principio di movimento,
è razionale, è spirituale, è immortale, cioè separabile dal corpo. Queste note costitutive principali
dell'anima umana secondo Platone, vengono accolte da Aristotele, ma con decisive modifiche, che si
capiscono proprio a partire dalla considerazione della vita umana nascente, della vita embrionale,
poiché, per Aristotele, il discorso sulla vita è sì il discorso sull'anima, ma anche il discorso sulla
generazione e sulla corruzione delle forme viventi. Per Aristotele l'anima è sostanza in quanto forma o
atto primo di un corpo naturale che ha la vita in potenza ed è dotato di organi (De Anima, I, 1, 412 a 1921; 28-30; 412b 11-12). La concezione aristotelica dell'anima come forma e principio di
organizzazione del corpo è, a buon diritto, avvicinata alla nozione di codice genetico o di programma
genetico inscritto nei cromosomi. Tale accostamento è in parte sensato in parte improprio: comunque è
chiaro che per lo Stagirita l'anima è intimamente unita al corpo nella generazione: quello che noi
chiamiamo embrione umano è già fin dall'inizio, cioè fin dall'avvenuta fecondazione dell'ovulo
femminile da parte del seme maschile, sintesi di anima e corpo. Anzi, il corpo stesso è tale,
è corpo, cioè materia seconda, materia organizzata, in quanto è informato dall'anima. L'anima in quanto
forma è causa per cui il corpo possiede le proprietà che lo caratterizzano, è cioè il vivere, il percepire, il
pensare. In quanto principio del vivere Aristotele denomina l'animanutritiva (o, più in
generale, vegetativa); in quanto principio del percepire, parla di anima sensitiva; in quanto forma delle
attività del pensiero, propriamente umane, parla dell'anima razionale o intellettiva. L'anima inferiore è
condizione dell'esserci di quella superiore, e questa contiene in potenza quella, essendo così in grado di
svolgere le funzioni di quella; il che è illustrato da Aristotele con l'esempio geometrico, che vedremo in
seguito essere ripreso da S. Tommaso, del pentagono in cui è inscritto il quadrilatero, in cui a sua volta
è inscritto il triangolo (Ibid., II, 3, 414 b 29-32). La dottrina della consecuzione o successione delle
anime nell'embrione umano permette ad Aristotele di saldare l'aspetto filosofico della considerazione
dell'anima con l'aspetto empirico-scientifico con cui si guarda alla vita umana. La teleologia insita nella
forma inferiore, che guida lo sviluppo embrionale verso funzioni superiori, è garanzia dell'unità del
155
vivente nelle diverse fasi di sviluppo dell'embrione, contro la tricotomia platonica; l'anima è
essenzialmente entelécheia del corpo, principio che ha in sé il fine (télos) per cui il corpo esiste, si
sviluppa, agisce. In tal modo la dottrina platonica dell'anima come principio del movimento (cioè di
qualsiasi mutamento e trasformazione) del corpo è assimilata da Aristotele nell'ambito della sua
interpretazione ilemorfica del fenomeno della generazione e corruzione dei viventi, senza possibili
fraintendimenti dualistici o estrinsecisti, cui aveva dato luogo la tradizione orfico-pitagorica. Il rapporto
di successione che collega le anime tra loro nella vita umana nascente, significa alla fine che l'anima
vera e propria e unica dell'uomo è l'anima intellettiva, e, più precisamente, l'intelletto attivo o
produttivo (nous poietikòs). Infatti soltanto l'intelletto attivo è atto per essenza, sempre capace di
operare; esso, scrive Aristotele, è separato (choristòs; cf. De Anima, III, 4, 429 b 5) e sopraggiunge in
noi dal di fuori e quindi ha qualcosa di divino in sé, ed è immortale. Scrive Aristotele: “Si esprimono
bene coloro i quali affermano che l'anima è il luogo delle forme, solo che tale non è l'intera anima, ma
quella intellettiva, ed essa non è in atto, ma in potenza le forme...Il senso non è in grado di percepire
dopo l'azione di un sensibile troppo intenso; ad esempio non può udire il suono dopo aver percepito
suoni troppo forti, né può vedere o odorare dopo aver percepito colori o odori troppo intensi. Invece
l'intelletto, quando ha pensato qualcosa di molto intelligibile, non è meno, ma anzi più capace di
pensare gli intelligibili inferiori, giacché la facoltà sensitiva non è indipendente dal corpo, mentre
l'intelletto è separato. Quando poi l'intelletto è divenuto ciascuno dei suoi oggetti...anche allora è in
certo modo in potenza, ma non come lo era prima di avere appreso; ed allora può pensare se stesso”.1
Alla fine del brano, come si vede, Aristotele sottolinea che il momento più alto della vita intellettiva o
spirituale dell'uomo è l'autocoscienza.
Più avanti Aristotele ritorna sui due aspetti della vita intellettiva, passivo ed attivo, affermando: “E c'è
intelletto analogo alla materia perché diviene tutte le cose, ed un altro che corrisponde alla causa
efficiente perché le produce tutte, come una disposizione del tipo della luce, poiché in certo modo
anche la luce rende i colori che sono in potenza colori in atto. E questo intelletto è separabile,
impassibile e non mescolato, essendo atto per essenza, poiché sempre ciò che fa è superiore a ciò che
subisce, ed il principio è superiore alla materia”.2
Mi sembra chiaro, pertanto, che l'umanità dell'uomo si identifica, propriamente, con la presenza di un
principio vitale per sé incorporeo, unito sostanzialmente al corpo, che è l'anima razionale, capace di
svolgere i compiti dell'anima sensitiva e vegetativa. In questo senso si può dire che l'intelletto è la
forma delle forme (eìdos eidòn; Ibid., III, 8, 432 a 2 ).
S. Tommaso interpreta Aristotele in favore dell'unità e unicità della forma sostanziale, entrando in
contrasto con i numerosi sostenitori della pluralità delle anime nell'uomo nel XIII secolo. L'anima è
sostanza, ma non è sostanza completa: senza il corpo dotato di organi non si possono svolgere le
funzioni di cui essa è principio o potenza attiva. In questo senso per Aristotele l'anima, vegetativa e
sensitiva, è unita agli organi, senza i quali non può operare, ma la sua essenza è diversa rispetto a quella
degli organi, perché l'organo e la capacità per cui l'organo è nel corpo sono diverse (cf.De Anima, II,
12, 424 a 25-30).
Da ciò risulta chiaro perché, come si è detto sopra, gli eccessi dei sensibili distruggono i sensori, ma
non sopprimono l'anima (se non per accidens ed in taluni casi). Mediante la dottrina del rapporto di
anteriorità e posteriorità Aristotele, pur differenziando chiaramente le tre anime nell'uomo, sottolinea
senza equivoci che esse formano un'unità, un'unica anima che è causa formale, motrice e finale del
corpo e quindi condizione primaria del finalismo del vivente. Inoltre, come si può riscontrare leggendo
soprattutto i primi 3 capitoli del II libro Sull'Anima, Aristotele, trattando il rapporto di successione che
connette le tre anime e le diverse facoltà, pone un ordine gerarchico di funzioni vitali e psichiche che
via via si esprimono nello sviluppo umano, al cui vertice ovviamente c'è la funzione razionale: questa
è ultima rispetto alle altre, e perciò rappresenta il fine a cui le altre sono orientate ed il loro
compimento. Poiché, come ho accennato, Aristotele vuole saldare armoniosamente l'aspetto ontologico
con l'aspetto biologico, gli sembrava coerente sostenere, con alcuni scienziati dell'epoca, che il
156
compimento del principio vitale umano, cioè l'anima spirituale, fosse ultimo non soltanto in senso
teleologico ma anche in senso cronologico, venendo ad informare il corpo umano solo dopo un certo
sviluppo della sua vita embrionale, vale a dire più o meno dopo circa 40 giorni di vita per il feto
maschile e dopo circa 80-90 giorni di vita per il feto femminile.
A differenza delle scuole empedoclea e democritea, e di altri autori, per cui nella formazione
dell'embrione concorrono sia il maschio che la femmina, per Aristotele, e per molti altri filosofi antichi,
il principio attivo della generazione è soltanto il padre, datore del seme; la madre contribuisce alla
generazione in quanto fornisce la materia, (katamenia, lat. menstrua), ed è dunque completamente
passiva. Più tardi Galeno tenterà di mettere assieme le due linee di pensiero attribuendo una certa
attività nella generazione anche alla madre, mediante un proprio seme, sebbene con un ruolo
subordinato rispetto al seme maschile. Concludendo, in armonia con le tesi filosofiche sopra descritte,
Aristotele, nell'ambito scientifico, si schiera in favore dell'epigenesi, ossia della teoria che sostiene la
graduale apparizione delle differenziazioni fra gli organi nello sviluppo embrionale, contro il
preformismo. Scrive per esempio nella Riproduzione degli animali: “Non si diventa simultaneamente
animale e uomo, né animale e cavallo, e così per tutti gli animali. Il compimento si produce per
ultimo...In un primo tempo sembra che tutti i viventi vivano la vita delle piante. Ma in seguito è chiaro
che si deve parlare anche dell'anima percettiva e di quella intellettiva. Essi devono possedere tutte
queste anime prima in potenza che in atto”.3 È interessante, leggendo lo stesso testo, notare perché
secondo Aristotele, più anime non possono preesistere fin dalla fecondazione: “Ora che tutte
preesistono è chiaro che non può essere per le seguenti ragioni: è evidentemente impossibile che
esistano senza corpo tutti i principi la cui attività è corporea, come, p. es., il camminare senza piedi.
Conseguentemente è anche impossibile che provengano da fuori perché essi, non essendo dotati di unesistenza separata, non possono né giungere da sé, né giungere in un corpo...Resta dunque che solo
l'intelligenza giunge dall'esterno e solo essa è divina, perché l'attività corporea non ha nulla in comune
con la sua attività”.4
Mi sembra di poter dire, alla luce di quest'ultima affermazione, che in Aristotele la successione delle tre
anime nell'embrione non comporta che l'anima intellettiva sia il risultato dell'evoluzione delle due
anime precedenti: essa rappresenta un salto qualitativo, a causa dell'immaterialità dell'intelletto, che ha
origini divine. Per questo S. Tommaso non vedrà nella fisiologia ed antropologia aristotelica
un'opposizione al creazionismo cristiano, secondo cui l'anima spirituale è creata direttamente da Dio ed
infusa nell'embrione umano adeguatamente predisposto. Quando avviene questa infusio animae
rationalis? E come e quando si ha quella perfecta dispositio corporis presupposta dall'atto creativo?
Prima di esaminare e valutare la risposta di S. Tommaso, accenno alle principali posizioni precedenti il
Dottore Angelico, che troviamo nella Patristica e nella Scolastica.
Nella Patristica si possono distinguere quattro linee di pensiero a riguardo delle modalità
dell'animazione: 1) la tesi delle preesistenza delle anime che ha in Origene il suo maggiore
rappresentante; 2) la tesi del traducianismo, per cui l'anima umana è trasmessa materialmente dai
genitori, che ha il suo maggiore rappresentante in Tertulliano; 3) la tesi del generazionismo, che
concepisce il traduce come forma spirituale trasmessa dai genitori e quindi, in ordine al problema
dell'animazione, è assimilabile al traducianismo; 4) la tesi del creazionismo, per la quale l'anima umana
spirituale è creata direttamente da Dio ed infusa nel corpo del concepito. La tesi creazionista prevale
chiaramente nell'epoca patristica; l'origenismo è condannato, e anche il traducianismo e il
generazionismo verranno alla fine rifiutati dalla Chiesa, nonostante le oscillazioni di S. Agostino, che,
alla fine, confessa la propria incapacità a risolvere adeguatamente il problema (cf. De natura et origine
animae, I, 15, 25). È noto che il problema delle modalità dell'animazione era collegato con la questione
teologica delle modalità di trasmissione del peccato originale nel concepito. Circa il momento
dell'infusione dell'anima intellettiva nella Patristica già si delineano le due opposte tesi che ritroviamo
in seguito nell'epoca medioevale: la tesi dell'animazione ritardata, che segue più o meno Aristotele e
che ho già esposto sopra; la tesi dell'animazione immediata o simultanea, per cui l'anima intellettiva è
157
già presente nel concepito, fin dall'istante della fecondazione. S. Agostino, respingendo sia la
tricotomia platonica sia la distinzione aristotelica delle tre anime (e quindi la teoria della loro
successione nell'embrione umano), sosteneva che esiste nell'uomo un'unica anima, semplice e
immortale, principio che dà all'organismo non solo la vita vegetativa e sensitiva, ma la stessa
sussistenza personale: l'anima umana è presente nel corpo ancora informe, benché non sia ancora
capace di operare in senso specificamente umano. Nella Patristica orientale, i Padri Cappadoci si
pronunciano per l'animazione immediata: S. Basilio è favorevole all'animazione simultanea soprattutto
per una preoccupazione etica; il concepito è uomo fin dalla fecondazione e sopprimerlo equivale ad
omicidio, prescindendo dalla distinzione tra feto formato e feto informe. S. Gregorio Nisseno,
paragonando l'embrione al seme di grano in cui esiste già l'essenza del grano, sostiene nel De hominis
opificio (cap. 29), che l'anima razionale è presente fin dal principio nel concepito, ne guida lo sviluppo
ed è principio della stessa differenziazione degli organi; come lo sviluppo del seme anche lo sviluppo
dell'embrione umano non è dovuto ad una facoltà o forza formativa estranea all'anima razionale, ma
insita in essa e infusa grazie ad essa nel sostrato corporeo del concepito. Non mancano voci in favore
dell'animazione ritardata nella Patristica greca, come p. es. quella di Teodoreto di Ciro, che
nell'opera Terapia dei morbi pagani difendeva l'animazione ritardata con argomenti scritturistici oltre
che filosofici. Decisamente in favore dell'animazione immediata si pronuncia S. Massimo il Confessore
nell'opera Ambigua: è assurdo pensare a uno stadio in cui l'embrione generato da uomini sia pianta o
animale. Bisogna notare che dal punto di vista metafisico la questione dell'animazione dell'embrione si
collega nella filosofia cristiana, sebbene questo non appaia subito chiaramente, con la questione della
personalità dell'embrione. Considerando infatti la celebre definizione di persona umana diffusa dopo
Boezio, essere persona significa sussistere in una natura razionale; pertanto nel momento in cui un
corpo è animato dall'anima razionale sussiste in una natura razionale ed è dunque persona umana.
Occorre ancora notare che la questione nella filosofia cristiana è pure condizionata dalla questione
cristologica: il Verbo si è incarnato nel momento stesso del concepimento del corpo di Gesù, che fin
dall'inizio deve considerarsi perfettamente uomo. La tesi dell'animazione ritardata doveva dunque
ammettere per Cristo un'eccezione, mentre per i sostenitori dell'animazione immediata il Mistero
dell'Incarnazione del Verbo non creava alcun problema filosofico.
Per una serie di ragioni di cui in questa sede non mi sembra necessario trattare, nell'Alto Medioevo e
nella Scolastica dei secoli XI–XIII la tesi dell'animazione ritardata divenne prevalente. Ad essa
possiamo ascrivere, con sfumature diverse, autori come S. Anselmo, Guglielmo di Champeaux, Ugo di
S. Vittore, Guglielmo di Conches (per il quale l'anima razionale è creata da Dio dopo la quinta
settimana di vita dell'embrione), Pietro Lombardo (cf. 2 Sent., dist. 18, 8; Ibid., 3 Sent., dist. 2,2),
Guglielmo d'Auvergne, Giovanni de la Rochelle, S. Bonaventura (per il quale l'anima razionale è
composta di forma e di una materia incorruttibile), S. Alberto Magno. La questione nel XIII secolo si
intrecciava con la questione dell'unità o pluralità delle forme sostanziali nell'uomo, ma non mediante
una connessione diretta: infatti i sostenitori dell'animazione ritardata appartenevano tanto alla schiera
dei sostenitori dell'unità della forma sostanziale (linea aristotelica) quanto alla schiera dei sostenitori
della pluralità delle forme sostanziali nell'uomo (linea neoplatonica). Tra i pochi testi che sostengono
l'animazione immediata si può segnalare il De motu cordis di Alfredo di Sareshel, autore degli inizi del
XIII secolo: poiché l'embrione vive, esso è vivificato dall'anima razionale, che è propriamente e
specificamente umana, altrimenti l'embrione non vivrebbe di vita umana, non sarebbe embrione umano,
il che è inconcepibile. La posizione di Alfredo è però piuttosto confusa e il suo influsso limitato. In
molti autori medievali si fa strada nella trattazione della vita embrionale l'idea, ripresa da Aristotele,
che esista una vis formativa insita nell'embrione umano e ad esso comunicata dal seme paterno, grazie
alla quale esso si sviluppa in modo umano pur non essendo ancora informato dall'anima specificamente
umana (cioè dall'anima intellettiva). Tale idea, come vedremo, sarà pienamente accolta da S. Tommaso
d'Aquino.
158
La Posizione di S. Tommaso riguardo all'Embrione Umano
S. Tommaso aderisce alla dottrina aristotelica della successione delle anime nell'embrione umano e
sostiene che l'anima razionale è infusa dopo circa 40 giorni dalla fecondazione. Secondo il Dottore
Angelico, il seme maschile deriva dal superfluo dell'alimento (e non dalla sostanza del generante) e
possiede una virtus formativa, che si aggiunge allo spirito vitale (spiritus vitae) dello sperma e, aiutata
da una triplice forma di calore (calore elementare, calore dell'anima e calore del cielo) guida lo
sviluppo embrionale umano.5
La dottrina della successione delle anime si accorda con il principio platonico dionisiano della
contiguità dei gradi di perfezione, per cui il punto supremo del grado ontologico inferiore tocca il punto
infimo del grado immediatamente superiore ed è ad esso teleologicamente orientato.6 Prima di entrare
nell'analisi dei principali testi dell'embriologia tomista, è opportuno riprodurre per grandi linee il
contesto generale psicologico-metafisico entro il quale tali testi sono collocati. Anche per S. Tommaso,
come per Aristotele, l'anima umana svolge una triplice funzione, vegetativa, sensitiva e intellettiva,
cosicché le funzioni sensitiva e vegetativa sono contenute in quella intellettiva come il triangolo e il
quadrilatero sono contenuti nel pentagono.7 La successione delle anime nell'embrione umano non va
però intesa come progressiva attuazione di una forma inferiore, come se l'anima vegetativa contenesse
in potenza l'anima sensitiva e questa l'anima razionale: si tratta invece di sostituzione della forma
inferiore quando sopraggiunge la forma superiore.8 L'anima razionale è l'unica forma sostanziale del
corpo umano (tesi notoriamente avversata nel XIII secolo dagli agostinisti e da molti esponenti della
scuola francescana, e condannata a Parigi nel 1277), atto primo del corpo umano debitamente
organizzato e predisposto a riceverla. L'unione tra il corpo umano e l'anima intellettiva è immediata e in
forza di tale unione l'embrione umano può dirsi persona.9 La natura dell'anima intellettiva è spirituale e
immortale, creata direttamente e immediatamente da Dio, ed infusa quando il corpo è perfettamente
disposto.10 Si deve inoltre collocare l'embriologia di S. Tommaso nel quadro di una fisica e di una
metafisica per cui forma dat esse materiae, principio che, a mio parere, ha in S. Tommaso due
importanti significati: 1) la forma dà l'essere formale, ossia è l'elemento costitutivo di ogni essenza
reale, in quanto atto della materia per quel che riguarda le sostanze corporee: in tal senso si può anche
dire forma causat esse materiae; 2) la forma è principium essendi, nel senso di soggetto che rende la
sostanza in potenza all'atto di essere e l'abilita a ricevere l'essere; in questo secondo senso, la forma può
dirsi complementum substantiae, in quanto unifica nell'atto sostanziale la realtà dinamica dell'atto
d'essere sia a livello categoriale che trascendentale.11 L'anima razionale, dunque, comunica l'atto
d'essere al corpo umano e così ne fa un essere spirituale e immortale simile a Dio, uscito, per così dire,
direttamente e immediatamente dalla virtù creatrice divina.12 Fatte queste premesse, passiamo ad
analizzare i principali testi tomisti riguardo all'embrione umano. Fin dal Commento alle Sentenze di
Pietro Lombardo (il Magister, anch'egli, come già detto, favorevole all'animazione ritardata), S.
Tommaso, baccalaureus sententiarius, afferma che il concepito perviene a ricevere l'anima razionale
solo dopo un certo sviluppo corporeo. Nel Commento al Libro II delle Sentenze, dist. 18, q. 2, a. 3, ci si
chiede se l'anima sensitiva sia ex traduce. S. Tommaso, dopo aver esposto e criticato le tesi di Platone,
Temistio ed Avicenna, ritiene più ragionevole la posizione di Aristotele: “Ma la posizione di Aristotele
è molto più ragionevole. Infatti niente comincia o viene fatto o è generato se non secondo il modo in
cui ha l'essere. E perciò concediamo che l'anima sensitiva e quella vegetativa sono ex traduce. Ora, la
modalità di tale trasmissione è la seguente, poiché ogni agente univoco e prossimo induce la sua specie
nel paziente, e il cibo – in quanto è paziente e alterato – si trasforma in nutrimento del corpo (poiché
nutre in quanto è in potenza carne come dice Aristotele), è necessario che alla fine (il cibo) riceva la
specie e la virtù del nutrimento. Prima dunque dell'ultima assimilazione quando è reso in atto parte
determinata, come carne o osso, c'è in esso la virtù della specie in maniera indeterminata a questo o a
quello. Infatti la determinazione a questo o a quello è secondo la virtù propria della parte determinata.
Perciò, poiché il seme è il residuo dell'ultimo cibo vicinissimo all'ultima conversione, c'è in esso in
159
potenza l'intero, e non in atto una qualche parte. Prima, invero, che (il seme) sia rilasciato mediante
l'azione della virtù vegetativa separato dal rimanente del suo genere, c'è in esso tale potenza indistinta
come la forma dell'intero non è nella parte se non in potenza. Quando, invece, il seme viene separato, è
reso in atto avente potenza o forma...Ora, mentre la potenza presente nel mestruo femminile è una
potenza passiva cioè come sono casa in potenza i legni e le pietre, questa potenza presente nel seme
maschile è una potenza attiva ossia come è casa in potenza la forma della casa nella mente dell'artefice.
Di conseguenza Aristotele...paragona la potenza presente nel seme maschile all'arte, e Avicenna e
Averroè la chiamano virtù formativa. Tale virtù formativa, quanto al modo di operare, è media fra
l'intelletto e le altre forze dell'anima. Infatti le altre forze si avvalgono, nelle loro operazioni, di
determinati organi; l'intelletto, invece, di nessuno; la suddetta virtù formativa da parte sua si avvale,
nella sua operazione, di un qualcosa di corporeo che ancora non ha una specie determinata. Invero il
soggetto e l'organo di siffatta virtù formativa è lo spirito vitale incluso nel seme – sicché, per il fatto
che ri-contiene siffatto spirito, il seme risulta spumoso; ed è questa la causa della sua bianchezza...C'è
da dire anche che a tale spirito corporeo risulta congiunto un triplice calore ossia il calore elementare,
che è come lo strumento che libera e impiega e aziona tale spirito; il calore dell'anima, il quale è
vivificante; il calore del cielo, per la virtù del quale tale spirito muove alla specie determinata. E con la
virtù di tale triplice calore la virtù formativa converte la materia preparata dalla donna nella sostanza
delle membra, secondo il modo in cui si dà la trasmutazione del corpo nell'accrescimento come dice
Aristotele. E man mano che si produce verso la perfezione degli organi, l'anima comincia sempre più a
essere in atto nel seme mentre prima era in potenza, sicché il concepito dapprima partecipa alle opere
della vita nutritiva e allora è detto vivere della vita della pianta; e così via, finché perviene alla
completa somiglianza del generante”.13
È chiaro che la completa somiglianza del generante si ottiene solo quando il concepito è informato
dall'anima intellettiva.
Il testo in cui S. Tommaso tratta con una certa ampiezza lo stato ontologico e biologico dell'embrione
umano è contenuto nelle Quaestiones disputatae de Potentia, q. III (de creatione quae est primus
effectus divinae potentiae), nell'articolo 9 (utrum anima rationalis educatur in esse per creationem, vel
per seminis traductionem).
Nel Corpus articuli S. Tommaso, prima di esporre il proprio pensiero, riporta alcune opinioni
dell'antichità classica e cristiana. La prima tesi è quella del traducianismo, subito dopo quella della
preesistenza delle anime rispetto ai corpi e, infine, viene menzionata la tesi dell'animazione immediata.
“In merito a questa questione nell'antichità diversi autori sostennero diverse posizioni. Alcuni infatti
affermavano che l'anima del figlio si riproduce dall'anima del genitore come il corpo si riproduce dal
corpo. Altri invece affermavano che tutte le anime vengono create una per una, ma sostenevano che da
principio esse erano state create tutte insieme fuori dai corpi e che in seguito si univano ai corpi
generati o con un loro proprio movimento della volontà, secondo alcuni, o su ordine e per l'azione di
Dio, secondo altri. Altri invece affermavano che le anime vengono infuse nei corpi nel momento stesso
in cui vengono create. Per un certo tempo sono state sostenute tutte queste opinioni e restò in dubbio
quale di esse fosse più vera, come si vede nel caso di Agostino. In seguito tuttavia le prime due sono
state condannate con il giudizio della Chiesa e la terza è stata approvata”.14
Fatte queste premesse, S. Tommaso risponde al quesito dell'articolo affermando che l'anima razionale
non può essere trasmessa con il seme: “A ben vedere poi risulta che è stata condannata con ragione
quella opinione – che è quella adesso in discussione – che sosteneva che l'anima razionale si riproduce
con il seme. E questo lo si può vedere ora con tre argomenti”.
Il primo argomento parte dall'essere sussistente dell'anima razionale. Poiché l'anima razionale, a
differenza dell'anima vegetativa e sensitiva, possiede un essere sussistente, viene all'essere in modo
differente rispetto alle altre forme: mentre infatti le altre forme sono generate da una materia
suscettibile di ricevere forme contrarie, l'anima razionale, essendo per sé immateriale, non può essere
generata a partire da un sostrato materiale, ma viene all'essere dal nulla, e quindi grazie ad un atto
160
creativo divino, dato che essere fatto dal nulla significa appunto essere creato. Chi invece sostenesse il
contrario, dovrebbe ammettere che l'anima che razionale non è immateriale e quindi non è sussistente e
non è immortale.15 Il secondo argomento è simile al primo: poiché l'anima razionale è una forma
interamente spirituale, in nessun modo può essere riprodotta tramite la generazione del corpo né tramite
una qualche capacità insita nel seme.16 Nel terzo argomento S. Tommaso, ricordando con Aristotele
che l'anima razionale è capace di operazioni separate dal corpo in virtù del proprio essere sussistente,
afferma che non può essere edotta dalla potenza della materia.17
Dopo aver risposto al quesito dell'articolo, S. Tommaso passa a rispondere alle obiezioni. Tra queste, ci
interessa particolarmente la IX obiezione: “L'embrione, prima che sia compiuto con l'anima razionale,
presenta una certa attività dell'anima, perché cresce, si nutre e ha sensazioni. Ma l'attività dell'anima
non c'è se non c'è vita. Dunque è vivo. Il principio della vita del corpo d'altra parte è l'anima. Dunque
ha l'anima. Ma non si può dire che gli si aggiunga poi un'altra anima, perché in tal caso ci sarebbero
due anime in un corpo solo. Dunque la stessa anima che si era riprodotta da principio nel seme è
l'anima razionale”.18
Rispondendo a questa obiezione, il Dottore Angelico delinea la sua embriologia, respingendo
chiaramente non solo la tesi per cui l'anima razionale è trasmessa con il seme ma anche la tesi
dell'animazione immediata.
Anche in questo caso, prima di rispondere, S. Tommaso espone alcune opinioni contrarie. La prima
opinione è attribuita a Gregorio di Nissa: “Alcuni stabilirono un parallelo nel processo generativo
umano tra lo sviluppo dell'anima razionale e lo sviluppo del corpo dell'uomo. Costoro affermano che
come il corpo umano è presente virtualmente nel seme, senza possedere in atto la compiutezza del
corpo umano, che consiste nella differenziazione degli organi, ma giunge a tale compiutezza a poco a
poco grazie alla capacità del seme, così all'inizio della generazione vi è nel seme l'anima, che ha per un
qualche virtualità tutta la compiutezza che poi appare nell'uomo completo, senza averla tuttavia in atto,
dato che non appaiono le attività dell'anima, ma la acquisisce a poco a poco con il passare del tempo in
modo tale che in un primo momento appaiono in lei le attività dell'anima vegetativa, in seguito quelle
dell'anima sensitiva e infine quelle dell'anima razionale. A questa opinione si avvicina Gregorio di
Nissa nel libro che egli scrisse sull'uomo.19 Della risposta di S. Tommaso a questa opinione, ci interessa
la prima parte, in cui l'Angelico, seguendo Aristotele, sostiene che non è possibile affermare che
l'anima razionale sia presente fin dal principio nel seme, in quanto l'embrione è ancora privo di attività
compiute, a causa dell'insufficienza degli organi: “È detto infatti nel II libro Dell'anima che la potenza
della vita che è in un corpo fisico organico, di cui l'anima è l'atto, non è ciò che è senza l'anima, come
sono il seme e il frutto. Da ciò si può capire che il seme è in potenza rispetto all'anima in maniera tale
da essere privo di anima. Dato che il seme non è ancora assimilato nelle membra con l'ultima
assimilazione, ma è il residuo dell'ultima digestione, come è detto nel XV libro Sugli animali, non era
ancora nel corpo di colui che genera un esistente compiuto con l'anima. Per cui non può essere che
all'inizio della sua divisione ci sia in esso l'anima. Posto che con esso si divida l'anima, questo non si
può dire tuttavia dell'anima razionale, che, non essendo atto di una qualche parte del corpo, non può
dividersi se si divide il corpo”.20
Una seconda opinione ritiene che la successione delle anime nell'embrione umano avvenga in modo
tale che, alla fine dello sviluppo embrionale, si avrebbero tre anime diverse per essenza: teoria, quindi,
molti vicina a quelle che sostengono la pluralità delle forme sostanziali nell'uomo. Risponde S.
Tommaso: “È impossibile che di un'unica ed identica cosa ci siano più forme sostanziali. Infatti, poiché
la forma sostanziale fa essere non solo da un certo punto di vista, ma in assoluto, e pone una
determinata cosa nel genere della sostanza, se la prima forma fa ciò, la seconda che vi si aggiunge,
trovando il sostrato già costituito nell'essere sostanziale, vi si aggiunge in modo accidentale. Quindi ne
conseguirebbe che l'anima sensitiva e l'anima razionale nell'uomo sono unite al corpo in modo
accidentale. E non si può dire che l'anima vegetativa che in una pianta è forma sostanziale nell'uomo
161
non sia forma sostanziale, ma disposizione alla forma, perché ciò che appartiene al genere
della sostanza non può essere accidente di niente, come è detto nel I libro della Fisica”.21
Una terza opinione sostiene che l'anima razionale dell'uomo deriva in parte dall'esterno, quanto alla
natura intellettivo-spirituale, in parte dall'interno, quanto alla natura vegetativa e sensitiva. S. Tommaso
riconduce questa opinione a quella per cui la forma sostanziale viene condotta in atto in momenti
successivi, ipotesi assolutamente da escludere per il Dottore Angelico perché, come si è già detto, per
lui (e per lo stesso Aristotele) è inammissibile pensare che una forma spirituale sussistente possa, in
parte o in toto, derivare da un'altra forma precedente edotta da un sostrato materiale: nessun processo
evolutivo può produrre un'entità spirituale.22 Segue la confutazione di altre due opinioni, per cui
l'embrione umano non avrebbe l'anima fintanto che esso non sia completamente sviluppato grazie
all'infusione dell'anima razionale. S. Tommaso risponde che nel seme fin dall'inizio della separazione
non c'è l'anima, ma una capacità dell'anima (virtus animae). Questa capacità poi agisce dando
disposizione alla materia in vista della recezione dell'anima; quindi si formano l'anima vegetativa e
l'anima sensitiva, come dimostra il fatto che l'embrione umano a un certo stadio di sviluppo manifesta
di avere funzioni vitali organizzate e, successivamente, anche una sua sensibilità. L'Aquinate osserva
che le attività vitali dell'embrione umano, quali la nutrizione e la crescita, non possono dipendere
dall'anima della madre, né tanto meno la sensibilità: si tratta, infatti di operazioni immanenti, (termine
tecnico della fisica aristotelico-tomista), caratteristiche del vivente, che, proprio perché immanenti, non
possono dipendere da un principio esterno all'embrione.23 Per meglio chiarire la questione, S.
Tommaso introduce una spiegazione della differenza che c'è tra la generazione di un embrione umano
(e di un embrione animale) e la generazione degli elementi, quali l'acqua o l'aria. Secondo S. Tommaso
la generazione degli elementi è semplice, mentre nella generazione di un embrione animale appaiono
diverse forme sostanziali, per cui il processo generativo contiene in se stesso più generazioni e
corruzioni, e non si può ammettere che un'unica e identica forma sostanziale venga portata in atto
gradualmente, come aveva già dimostrato sopra.24 Si arriva dunque alla conclusione della risposta alla
IX obiezione, che riassume bene la principale tesi embriologica di S. Tommaso: “Così dunque grazie a
una capacità formatrice che è nel seme fin dal principio, tolta la forma dello sperma, viene introdotta
un'altra forma e, tolta questa, ne viene introdotta un'altra ancora. Così dapprima viene introdotta
l'anima vegetativa, poi, tolta questa, viene introdotta l'anima insieme sensitiva e vegetativa, tolta la
quale è introdotta, non grazie a questa capacità ma dal Creatore, l'anima che è insieme razionale,
sensitiva e vegetativa. In base a questa spiegazione la risposta è quindi che l'embrione, prima di avere
l'anima razionale, è vivo ed ha un'anima, tolta la quale, viene introdotta l'anima razionale. E quindi non
si ha la conseguenza che ci sono due anime nello stesso corpo, né che l'anima è trasmessa con il
seme”.25
Il testo è una sintesi della dottrina tomistica dell'animazione ritardata, che il Dottore Angelico
ripropone più o meno in questa forma in altre sue opere, con diversità di sfumature di nessuna rilevanza
teoretica. Vediamo quali sono gli altri principali testi tomisti in proposito.26
Nella Summa Theologiae, I, q. 118, trattando della generazione umana quanto all'anima (de traductione
hominis ex homine quantum ad animam), S. Tommaso dedica al nostro tema i primi due articoli. Nel
primo articolo ci si chiede se l'anima sensitiva si trasmette all'embrione umano mediante il seme
maschile.
S. Tommaso risponde che l'anima dell'embrione generato è causata dall'anima (sensitiva) del generante
nel senso che deriva dall'azione della forza vitale inclusa nel seme del generante. Nelle risposte alle
obiezioni troviamo la descrizione dell'attività del seme maschile dopo il coito, di cui si è già detto in
precedenza: si può notare, in aggiunta, che S. Tommaso crede di poter ricostruire i processi di
formazione dell'anima vegetativa e sensitiva dell'embrione attraverso l'esame delle trasmutazioni subite
dalla materia dell'embrione in forza dell'azione dello sperma nell'utero femminile.27
Nel secondo articolo ci si chiede se l'anima intellettiva sia causata dal seme. Sappiamo già che la
risposta del Dottore Angelico è negativa: “Trattandosi di una sostanza immateriale, essa non può venir
162
causata per generazione, ma solo per creazione da parte di Dio”.28 Al termine della risposta alla II
obiezione si trova enunciata la tesi dell'animazione ritardata dell'embrione umano: “Dobbiamo perciò
dire che, al sopraggiungere d'una forma più perfetta, si opera la corruzione della forma precedente,
poiché la generazione di un essere implica sempre la corruzione di un altro essere, tanto nell'uomo che
negli animali: e questo avviene in maniera che la forma seguente abbia tutte le perfezioni della
precedente, e qualche cosa in più. Così attraverso varie generazioni e corruzioni, si giunge all'ultima
forma sostanziale, tanto nell'uomo quanto negli altri animali. E ciò si vede anche sensibilmente negli
animali generati dalla putredine. Quindi bisogna affermare che l'anima intellettiva è creata da Dio al
termine della generazione umana, con la scomparsa delle forme preesistenti, e che essa è insieme
sensitiva e nutritiva”.29
Nella Summa contra Gentiles S. Tommaso dedica i capitoli 86 e 87 del II libro all'origine dell'anima
umana, proponendo le stesse tesi sopra esaminate, e cioè che l'anima umana non si trasmette con il
seme (S.C.G., II, cap. 86) e che l'anima umana è prodotta da Dio per creazione (S.C.G., II, cap. 87);
quindi, nel cap. 88 espone gli argomenti di coloro che affermano che l'anima umana è prodotta dal
seme e nel cap. 89 li confuta uno per uno. La tesi dell'animazione ritardata è sostenuta da S. Tommaso
indirettamente quando, nel cap. 86, afferma: “L'anima nutritiva e sensitiva cominciano la loro esistenza
mediante la trasmissione del seme, non così l'anima intellettiva” (che quindi sopraggiunge in un
momento successivo).30
Ancor più esplicitamente si esprime l'Angelico nel cap. 89: “Il fatto che il concepito è prima animale
che uomo non dimostra che l'anima razionale viene trasmessa col seme. Infatti l'anima sensitiva per cui
il feto era animale non rimane, ma le subentra un'anima che è insieme sensitiva e intellettiva, per cui
(l'embrione) diviene insieme animale e uomo”.31
Per il resto, i capitoli della Summa Contra Gentiles sopra menzionati presentano le stesse dottrine viste
nel De Potentia, con qualche argomento diversamente impostato.
Nel Compendium Theologiae, cap. 93, S. Tommaso parla dell'anima razionale come ultima et
perfectissima formadell'embrione umano creata da Dio, supremum agens; scrive l'Aquinate: “È
evidente che l'anima razionale è l'ultima e più perfetta forma che la materia dei corpi generabili e
corruttibili può acquisire. Pertanto le cause agenti naturali provocano convenientemente nei corpi
inferiori le disposizioni e le forme precedenti; mentre la causa agente suprema, cioè Dio, causa la forma
ultima, che è l'anima razionale”.32
Il contesto è sempre quello della difesa della creazione dell'anima spirituale da parte di Dio contro il
traducianismo (de productione animae rationalis, quod non sit ex traductione).
La medesima posizione si trova nelle Quaestiones quodlibetales (q. 5, a. 1), dove si ribadisce che la
dottrina della creazione dell'anima intellettiva è dimostrabile a partire dall'essere sussistente dell'anima
umana spirituale, che non può essere prodotta per actionem compositorum ma è ab extrinseco per
creationem.33
Nel Commento alla Lettera di San Paolo ai Romani, S. Tommaso riprende l'idea che nel seme esiste
una capacità di disporre il corpo a ricevere l'anima, senza però contenere in alcun modo
l'anima.34 Credo sia inutile dilungarsi nella citazione e nell'analisi di altri testi tomisti che ripropongono
le stesse concezioni circa la vita embrionale umana e lo sviluppo del feto e non si discostano dalla tesi
dell'animazione ritardata. Un posto speciale occupano, all'interno del nostro problema, i testi
cristologici di S. Tommaso, quando trattano dell'Incarnazione del Verbo e del concepimento di Cristo.
Consideriamo il testo principale della Summa Theologiae, III, q. 33, a. 2: S. Tommaso pone il problema
“se il corpo di Cristo abbia ricevuto l'anima nel primo istante del suo concepimento” (utrum corpus
Christi fuerit animatum in primo instanti conceptionis). Nell'articolo precedente, il primo (Summa
Theologiae, III, q. 33, a. 1), l'Aquinate aveva affermato che il Corpo di Cristo era stato formato
perfettamente fin dal primo istante del concepimento: “Nel primo istante in cui la materia si unì nel
luogo della generazione, il corpo di Cristo fu perfettamente formato e assunto dal Verbo”.35 Le ragioni
di questo sono due: 1) colui che ha formato il corpo di Cristo nel seno della Vergine Maria fu lo spirito
163
Santo, la cui potenza è infinita e quindi capace di formare in un istante ciò che le cause naturali
formano in modo graduale e progressivo; 2) colui che avrebbe dovuto assumere quel corpo era la
Persona del Figlio; e dunque non era conveniente che assumesse un corpo non perfettamente formato.36
Con queste premesse è chiaro che nell'articolo seguente S. Tommaso non poteva più sostenere
l'animazione ritardata nel caso del corpo di Cristo; doveva ammettere una perfecta dispositio
corporis dell'embrione in primo instanti conceptionise quindi l'animazione immediata e l'immediata
assunzione di quel corpo umano da parte del Verbo nell'istante stesso del concepimento. Scrive dunque
S. Tommaso: “Perché si possa attribuire il concepimento allo stesso Figlio di Dio, come professiamo
nel Simbolo con le parole: il quale fu concepito di Spirito Santo, è necessario affermare che lo stesso
corpo fu assunto dal Verbo di Dio nel medesimo istante in cui veniva concepito. Ma sopra abbiamo
dimostrato che il Verbo di Dio assume il corpo mediante l'anima, e l'anima mediante lo spirito, cioè
l'intelligenza. Quindi era necessario che il corpo di Cristo fosse informato dall'anima razionale nel
primo istante del suo concepimento”.37
Nell'articolo 3 della medesima questione il Dottore Angelico sostiene con decisione l'istantaneità
dell'assunzione della natura umana da parte del Verbo, con un ragionamento squisitamente teologico:
“Se il corpo di Cristo fosse stato concepito prima di essere assunto dal Verbo, avrebbe avuto per un
certo tempo un'altra ipostasi diversa da quella del Verbo di Dio. Ciò è contro il concetto
dell'incarnazione, secondo il quale affermiamo che il Verbo di Dio si è unito alla natura umana e a tutte
le sue parti nell'unità dell'ipostasi. E sarebbe stato disdicevole che il Verbo di Dio avesse distrutto, con
la sua unione, l'ipostasi preesistente della natura umana, o di qualcuna delle sue parti. È quindi contro
la fede affermare che il corpo di Cristo fu prima concepito, e poi assunto dal Verbo di Dio”.38
Tuttavia per S. Tommaso il caso del corpo di Cristo rimane un'eccezione; nello stesso contesto
cristologico, infatti, egli ribadisce che l'animazione immediata dell'embrione umano fin dal primo
istante del concepimento vale solo per il concepimento di Cristo e non per gli altri uomini.
Pertanto all'obiezione di chi si appellava all'autorità di Aristotele (nella generazione dell'uomo uno
prima è vivente poi animale e infine uomo; quindi Cristo non poté ricevere l'anima nel primo istante
del concepimento), S. Tommaso risponde: “Ciò che dice Aristotele ha luogo nella generazione degli
altri uomini, perché il loro corpo si forma e si dispone a ricevere l'anima per gradi: in un primo
momento, finché la sua disposizione è imperfetta; poi, raggiunta la perfetta disposizione, riceve l'anima
perfetta. Ma il corpo di Cristo, grazie all'infinita potenza della causa agente, si trovò perfettamente
predisposto all'istante. Dunque nel primo istante ricevette la forma perfetta, cioè l'anima
razionale”.39 Si può osservare che, ammettendo l'animazione immediata nel caso unico del
concepimento di Cristo, ipso facto S. Tommaso concede almeno la non assurdità metafisica della tesi
dell'animazione simultanea, il che consente, a mio avviso, di ricondurre la questione nell'ambito delle
dottrine fisiche, certamente collegate con i principi metafisici, ma soprattutto condizionate dalle
conoscenze scientifiche dell'epoca. Mi sembra che l'analisi dei principali testi di embriologia nell'opera
di S. Tommaso, particolarmente di quelli dove è sostenuta la tesi dell'animazione ritardata, consenta di
esprimere una sintesi al riguardo. Emerge chiaramente dall'analisi dei testi che S. Tommaso segue la
dottrina dell'animazione ritardata non solo per l'autorità di Aristotele e per la larga diffusione che tale
dottrina aveva avuto nel XIII secolo, ma soprattutto per ragioni di ordine fisico-metafisico.
Tra questi ragioni, le principali sono le seguenti: è necessaria una perfecta dispositio corporis perché
l'anima razionale possa essere infusa nell'embrione. Infatti l'anima intellettiva può divenire forma
sostanziale del corpo solo quando questo ha acquisito quegli organi che lo rendano adatto strumento
dell'intelligenza umana nelle sue operazioni specifiche. In altre parole, l'anima razionale è creata ed
infusa da Dio solo quando l'embrione umano ha ricevuto un'adeguata organizzazione.
La generazione degli animali, a differenza di altri processi naturali, si realizza grazie al succedersi di
forme diverse: nell'uomo questo succedersi di forme diverse culmina con l'infusione dell'anima
razionale, che sostituisce la forma precedente (l'anima sensitiva) e ne assume le funzioni. In tal senso la
164
forma sostanziale propriamente umana inizia ad essere nella materia solo nell'ultimo istante del
processo di alterazione della materia stessa; va dunque esclusa unainchoatio formae substantialis.
L'anima razionale non può essere contenuta potenzialmente nell'embrione umano nel primo istante del
concepimento e poi attuarsi a sviluppo embrionale compiuto; infatti la forma sostanziale non ammette
nel suo essere uno sviluppo dalla potenza all'atto, cioè il moto, perché il moto è proprio della qualità.
Il seme maschile non è della sostanza del generante ma deriva dal superfluo dell'alimento, come già
detto; l'ovulo femminile è considerato solo materia informe; dunque, nel primo istante del
concepimento non c'è ancora un individuo umano con una sua propria identità, perché l'embrione non
ha immediatamente una sua anima, neppure vegetativa, ma la possiede solo dopo vari processi di
trasformazione del subietto.
Precisato questo, ci si chiede se queste ragioni siano decisive per aderire alla posizione di S. Tommaso,
o non sia più ragionevole aderire all'animazione immediata; in questo secondo caso, si può anche
considerare se l'animazione immediata contraddica i principi fondamentali della metafisica tomista o
non sia piuttosto con essi compatibile.
Riflessione Teoretica sulla Posizione di S. Tommaso
Proporre una riflessione teoretica sulla embriologia di S. Tommaso non è precisamente l'obiettivo
specifico del presente contributo. Mi limiterò pertanto agli aspetti essenziali della mia elaborazione del
problema dell'animazione dell'embrione umano, favorevole all'animazione immediata, pur in una
convinta adesione alla metafisica aristotelico-tomista.
Riguardo all'embrione umano in primo instanti conceptionis la genetica è giunta ad una conclusione
completamente sconosciuta all'epoca di S. Tommaso: l'embrione umano fin dall'inizio della sua
esistenza è un essere vitale umano, geneticamente terzo rispetto al padre e alla madre. Abbiamo visto
che S. Tommaso ammetteva che l'embrione umano fosse vitale fin dall'inizio, ma, non conoscendo le
leggi della genetica, non riteneva di dover ammettere subito un'anima vegetativa, perché non riteneva
l'embrione fin dall'inizio un essere umano con una propria identità distinta da quella dei genitori.
Inoltre, poiché per S. Tommaso l'infusione dell'anima razionale avviene solo quando la causalità
dispositiva materiale diventa adeguata rispetto alla forma spirituale, la questione si riduce a stabilire se
il sostrato materiale può essere adeguatamente disposto fin dal concepimento oppure dopo un certo
tempo dalla fecondazione.
A mio avviso si può affermare che un'adeguata dispositio corporis è ontologicamente compiuta fin dal
concepimento. Infatti il corpo è già fin dalla prima fase della fecondazione determinato, nelle sue
grandi linee di sviluppo, dal suo patrimonio genetico, pur con il concorso di altri fattori: dunque non
vedo perché l'atto d'essere non debba venirgli subito partecipato con l'infusione della forma sostanziale
che è anima razionale e, nel contempo, anima sensitiva e vegetativa, secondo il principio per cui una
forma contiene e può assolvere le funzioni delle forme inferiori, come dice lo stesso S. Tommaso. Non
si vede la necessità di ammettere una sorta di metamorfosi dell'embrione, che prima sarebbe pianta, poi
animale e infine uomo; ciò comprometterebbe l'unità- identità dell'atto d'essere del concepito, come già
aveva osservato Paolo Zacchia, archiatra di Innocenzo X, nel II volume delle sue Questioni medicolegali (pubblicato postumo nel 1661), sebbene con argomenti piuttosto confusi, non bene organizzati
dal punto di vista filosofico.
Rispondendo ai principali argomenti in favore dell'animazione ritardata, riassunti sopra nel § 2, occorre
premettere un'importante distinzione tra actus essendi, quale atto della forma sostanziale,
ed exsistentia, intesa come fatticità, come fatto di stare concretamente nel mondo, distinzione che mi
sembra radicata negli stessi testi dell'Aquinate contro l'estrinsecismo dell'ontologia di Avicenna. Sul
piano dell'esistenza, ovvero dell'attuazione concreta dell'ente nelle sue determinazioni, c'è senza dubbio
una strutturazione per strati. Ma sul piano dell'essere, ritengo che anima vegetativa, sensitiva e
razionale siano comunicate all'embrione umano in un solo atto che lo pone in essere. Simultaneità
165
dunque sul piano ontologico, differenziazione sul piano esistenziale. A causa dell'inadeguate
conoscenze scientifiche del tempo, S. Tommaso non ha distinto i piani nella questione dell'animazione,
perché ciò non gli sembrava necessario: ma che la nozione di actus essendi tomistico sia cosa diversa
dalla nozione di esse existentiae di una certa corrente della Scolastica di matrice formalistica, e dal
concetto di esistenza dell'Esistenzialismo del XX secolo, mi sembra ormai dimostrato.40
Mentre S. Tommaso afferma il succedersi di forme diverse nell'embrione, io credo che si debba
affermare il succedersi di manifestazioni ed esplicazioni progressive delle diverse funzioni di cui è
capace l'anima razionale: dapprima la funzione vegetativa, poi quella sensitiva, infine quella
intellettiva.
Questo non significa né affermare una inchoatio formae né il divenire della forma sostanziale: infatti
quanto al proprio atto d'essere l'anima razionale è già tutta interamente in atto fin dall'inizio del
concepimento; quanto alle manifestazioni delle sue potenze attive, si richiede invece progressione: lo
stesso S. Tommaso ha sostenuto la distinzione reale dell'essenza dell'anima dalle sue facoltà operative e
quindi dalle sue stesse operazioni. L'embrione umano è dunque persona fin dal concepimento, sebbene
non abbia ancora manifestato esistenzialmente tutto ciò che implica l'essere personale, e non è detto
che riesca a manifestarlo. Infatti potrebbe accadere che l'embrione muoia nelle fasi iniziali del suo
sviluppo o diventi un feto mostruoso, p. es. gravemente cerebroleso. Tali mostri umani non sono dal
punto di vista ontologico sottospecie di uomini, subumani; lo sono soltanto dal punto di vista empirico,
perché è precluso per loro, per cause accidentali, uno sviluppo esistenziale concreto adeguato.
Invece i tomisti sostenitori dell'animazione ritardata considerano i feti umani mostruosi appartenenti
alle specie umanareductive.41
Ma chi nega la dignità di persona ai mostri umani dovrebbe allora ritenere che non sono più
pienamente persone i malati terminali affetti da patologie come il morbo di Alzheimer, la cui vita è
ridotta allo stato vegetativo, con alcune parti dell'organo-strumento specifico della conoscenza umana
razionale, il cervello, gravemente danneggiate.
I sostenitori dell'animazione ritardata ricorrono anche all'obiezione dei gemelli monozigoti. Questa è
l'obiezione: se l'embrione umano possedesse l'anima spirituale fin dal concepimento la sua suddivisione
nelle prime due settimane di vita non sarebbe possibile: perché dovrebbe essere individuo umano e
l'individuo umano è indivisibile; perché dovrebbe dividersi anche la forma spirituale che non è mai
divisibile nec per se nec per accidens. Rispondo: è certamente vero che nel caso dei gemelli
monozigoti non si suddivide l'anima spirituale né l'individuo umano in quanto tale. Si suddivide,
nonper se ma per accidens, il sostrato materiale, dando luogo così a una nuova realtà embrionale che,
nell'istante stesso della suddivisione, viene ad essere informata da un'altra anima spirituale creata
immediatamente da Dio. I gemelli monozigoti mantengono così una grande somiglianza quanto al
sostrato materiale ma possiedono ciascuno in atto primo una propria identità umana, numerica e
personale, unica ed irripetibile.
Da quanto detto emerge che la tesi dell'animazione immediata non presuppone necessariamente il
preformismo, come, nella I metà del XX secolo, forse alcuni tomisti favorevoli all'animazione
simultanea hanno potuto far credere, loro malgrado.42
Infatti la tesi dell'animazione immediata non comporta che tutte le differenziazioni organiche siano già
precontenute nell'embrione fin dal primo istante del concepimento; comporta piuttosto che esista
nell'embrione umano, fin dal primo istante del concepimento, una causalità dispositiva del sostrato
materiale capace di guidare il graduale apparire delle differenziazioni nella linea della specie umana;
che tale processo possa interrompersi o possa essere alterato, degenerando in forme di vita umana
mostruose, dipende da cause accidentali, che possono essere genetiche o provenienti da agenti
estrinseci (per es. una terapia farmacologica). Mi sembra, pertanto, che la tesi dell'animazione
immediata possa bene accordarsi anche con l'epigenesi. Concludendo, la tesi dell'animazione
immediata, pur non concordando con l'embriologia di S. Tommaso, non è in contraddizione con i
principi fondamentali della metafisica tomista.
166
Considerazioni Etiche Conclusive
I sostenitori dell'animazione ritardata non possono ammettere che l'embrione è persona fin dal
concepimento e pertanto, se sono coerenti, non possono ammettere l'esistenza di diritti del concepito
nelle prime due settimane di vita. Coerentemente, devono valutare l'aborto compiuto prima
dell'infusione dell'anima razionale come una violenza gravemente illecita, che però non è classificabile
come un delitto contro la persona umana, ma come un attentato grave all'ordine stabilito dalla natura e,
tutt'al più, come un delitto contro la famiglia, assimilabile alle pratiche anticoncezionali non naturali. Il
vero e proprio omicidio si avrebbe solo quando l'aborto è provocato dopo l'infusione dell'anima
razionale nell'embrione.43
Gli antichi sostenitori dell'animazione ritardata riconoscono tuttavia che, dal punto di vista morale e
giuridico, anche l'aborto provocato nelle fasi iniziali della vita dell'embrione può essere equiparato
all'aborto eseguito nelle fasi successive, per un principio prudenziale pratico: trattandosi pur sempre di
vita umana, non si può applicare il probabilismo e nemmeno il probabiliorismo, ma si deve applicare il
tuziorismo mitigato: cioè, nel dubbio, non si deve sopprimere l'embrione nemmeno se l'ipotesi più
probabile fosse in favore della sua non-personalità.44
Ciò spiega perché la maggior parte dei moralisti e dei canonisti della I metà del XX secolo, anche se
tomisti, non hanno accolto pienamente la tesi dell'animazione ritardata.
Ma alcuni recenti sostenitori dell'animazione ritardata, o autori che comunque negano i diritti del
concepito nelle prime due settimane di vita, si spingono ad ammettere la liceità, o almeno, la non
gravità, dell'aborto nelle prime fasi della vita dell'embrione; taluni chiamano l'embrione in queste prime
fasi pre- embrione.
Ometto di citare nomi e studi, perché non è l'aspetto polemico che qui interessa; mi preme piuttosto
sottolineare che la tesi dell'animazione ritardata provoca inevitabilmente una tensione tra teoresi e
prassi nell'ambito della visione cristiana; il che non rappresenta un argomento decisivo, ma è pur
sempre per lo meno un sostanzioso indizio in contrario. La tesi dell'animazione immediata, invece, non
ritiene importante ai fini della valutazione etica il momento in cui l'aborto viene provocato: il concepito
ha diritto alla vita e la sua soppressione è un delitto contro la persona umana.
L'abolizione della distinzione tra feto animato e feto inanimato, sancita dal Beato Pio IX nella
Costituzione Apostolicae Sedis del 1869, per i sostenitori dell'animazione ritardata ha un valore
eminentemente pratico, perché comporta una stessa valutazione morale e una stessa sanzione per la
soppressione dell'embrione in qualsiasi momento della sua vita; per i sostenitori dell'animazione
immediata, invece, l'abolizione della distinzione tra feto animato e feto inanimato è soprattutto la logica
conseguenza di una posizione teoretica favorevole alla personalità dell'embrione fin dal primo istante
del concepimento.45
Tuttora la Chiesa Cattolica prudentemente non si pronuncia in modo definitivo su una questione per sé
squisitamente filosofica. Mi sembra però che la direzione presa dal Magistero sia quella della tesi
dell'animazione immediata. Infatti nella Istruzione della Congregazione per la Dottrina della
Fede Donum Vitae, del 1987, viene ripresa e sviluppata un'importante affermazione
della Dichiarazione sull'aborto procurato del 1974, della medesima Congregazione: “Dal momento in
cui l'ovulo è fecondato, si inaugura una nuova vita che non è quella del padre o della madre, ma di un
nuovo essere umano...Fin dalla fecondazione è iniziata l'avventura di una vita umana...Questa dottrina
rimane valida e viene peraltro confermata, se ve ne fosse bisogno, dalle recenti acquisizioni della
biologia umana, la quale riconosce che nello zigote derivante dalla fecondazione si è già costituita
l'identità biologica di un nuovo individuo umano. Certamente nessun dato sperimentale può essere per
sé sufficiente e a far riconoscere un'anima spirituale; tuttavia le conclusioni della scienza sull'embrione
umano forniscono un'indicazione preziosa per discernere razionalmente una presenza personale fin da
questo primo comparire di una vita umana: come un individuo umano non sarebbe una persona umana?
Il Magistero non si è espressamente impegnato su un'affermazione d'indole filosofica, ma ribadisce in
167
maniera costante la condanna morale di qualsiasi aborto procurato. Questo insegnamento non è mutato
ed è immutabile.
Pertanto il frutto della generazione umana dal primo momento della sua esistenza, e cioè a partire dal
costituirsi dello zigote, esige il rispetto incondizionato che è moralmente dovuto all'essere umano nella
sua totalità corporale e spirituale. L'essere umano va rispettato e trattato come una persona fin dal suo
concepimento e, pertanto, da quello stesso momento gli si devono riconoscere i diritti della persona, tra
i quali anzitutto il diritto inviolabile di ogni essere umano innocente alla vita”.46
Non soltanto l'aborto ma anche tutti gli interventi di manipolazione ai danni dell'embrione umano,
compreso il congelamento, che si verificano nelle diverse tecniche di fecondazione artificiale, sono
gravemente contrarie alla dignità dell'uomo.
168
1
Aristotele, De Anima, III, 4, 429 b 1-10.
Ibid., III, 5, 430 a 15-20.
3
Ibid., II (B), 3, 736 b, 1-4; 12-16.
4
Ibid., II (B), 3, 736 b, 21-29.
5
Ad Tertium Dicendum Dicendum quod illa vis activa quae est in semine, ex anima generantis derivata,
est quasi quaedam motio ipsius animae generantis: nec est anima, aut pars animae, nisi in virtute; sicut
in serra vel securi non est forma lecti, sed motio quaedam ad talem formam. Et ideo non oportet quod
ista vis activa habeat aliquod organum in actu; sed fundatur in ipso spiritu incluso in semine, quod est
spumosum, ut attestaur eius albedo. In quo etiam spiritu est quidam calor ex virtute caelestium
corporum, quorum etiam virtute agentia inferiora agunt ad speciem, ut supra [q. 115, a. 3, ad 2] dictum
est. Et quia in huiusmodi spiritu concurrit virtus animae cum virtute caelesti, dicitur quod homo generat
hominem, et sol (Aristotele, 2 Physic., c. 2, lect. 4). Calidum autem elementare se habet
instrumentaliter ad virtutem animae, sicut etiam ad virtutem nutritivam, ut dicitur in 2 De Anima (c. 4,
lect. 8, 9; S. Tommaso d'Aquino, Summa Theologiae, I, q. 118, a. 1, ad 3). Sulla convinzione di S.
Tommaso che il seme sia il residuo dell'ultima digestione, cf. Id., De Potentia, q. 3, a. 9, ad 9 (b), dove
l'Angelico fa riferimento alla Riproduzione degli animali di Aristotele (I, 18, 725 a 11-13; 724 b 23726 a 28).
6
Cf. S. Tommaso d'Aquino, De Veritate, q. 16, a. 1; Id., De substantiis separatis, 8.
7
“Similiter dicendum esset quod vegetativum et sensitivum sunt in intellectivo, ut trigonum et
tetragonum in pentagono ...Unde anima intellectiva, quamvis sit ab exteriori agente, habet tamen
virtutes quas habent anima vegetativa et sensitiva, quae sunt ab interioribus agentibus” (Id., De Unitate
Intellectus contra Averroistas, Città di Castello: De Maria, 1886: 469). Manifestum est autem quod
primum quo corpus vivit, est anima. Et cum vita manifestetur secundum diversas operationes in
diversis gradibus viventium, id quo primo operamur unumquodque horum operum vitae, est anima:
anima enim est primum quo nutrimur, et sentimus, et movemur secundum locum; et similiter quo
primo intelligimus. Hoc ergo principium quo primo intelligimus, sive dicatur intellectus sive anima
intellectiva, est forma corporis. – Et haec est demonstratio Aristotelis in De Anima; Id., Summa
Theologiae, I, q. 76, a. 1.
8
Id., De Potentia, q. 3, a. 9, ad 9 (c).
9
“Et ideo sicut corpus habet esse per animam, sicut per formam, ita et unitur animae immediate, in
quantum est forma corporis”; S. Tommaso d'Aquino, In Lib. Anima, II, lect. I, Torino: Pirotta, 1925:
234; Id., Summa Theologiae, I, q. 76.
10
“In generatione aliorum hominum locum habet quod dicit Philosophus propter hoc quod successive
corpus formatur et disponitur ad animam: unde primo, tamquam imperfecte dispositum, recepit animam
imperfectam et postmodum, quando perfecte est dispositum, recipit animam perfectam” (Ibid., III, q.
33, a. 2, ad 3). Tra i tanti testi tomisti in cui si sostiene e si dimostra la spiritualità e immortalità
dell'anima umana, cf. Ibid.,., I, q. 75, aa. 5-6.
11
A tal proposito, mi permetto di rinviare per un approfondimento al mio: Pangallo M., Il principio di
causalità nella metafisica di S. Tommaso, Citta del Vaticano: LEV, 1991: 53-64.
12
“Ad Quintum Dicendum quod anima illud esse in quo ipsa subsistit, communicat materiae corporali,
ex qua et anima intellectiva fit unum, ita quod illud esse quod est totius compositi, est etiam ipsius
animae. Quod non accidit in aliis formis, quae non sunt subsistentes. Et propter hoc anima humana
remanet in suo esse, destructo corpore: non autem aliae formae” (Ibid., I, q. 76, a. 1, ad 5).
13
“Sed positio Aristotelis multo rationabilior est: quia nihi incipit vel fit vel generatur nisi secundum
modum quo esse habet: et ideo concedimus animam sensibilem et vegetabilem ex traduce esse. Modus
autem traductionis talis est; cum enim omne agens univocum et proximum inducat speciem suam in
patiente, et cibus, secundum quod est patiens et alteratum, in nutrimentum corporis cedat (quia nutrit
secundum quod est potentia caro, ut in 1 Gener., text. 39 et in De Anima a text. 45 usque ad 50 dicitur),
2
169
oportet quod in fine speciem et virtutem nutrimenti recipiat. Ante ergo ultimam assimilationem, quando
efficitur actu pars determinata, ut caro vel os, est in eo virtus speciei indeterminate ad hoc vel illud:
quia determinata ad hoc vel illud est secundum propriam virtutem determinatae partis: et ideo cum
semen sit residuum ultimi cibi propinquissimi ad ultimam conversionem, est in eo potentia totum et
non actu aliqua pars: ante vero quam resolvatur per actum virtutis generativae separatum a reliquo sui
generis, est in eo potentia illa indistinta sicut forma totius non est in parte nisi in potentia: quando
autem separatur, efficitur actu habens talem potentiam vel formam...Haec autem potentia non est
passiva in semine maris sicut dicimus ligna et lapides esse in potentia domus (sic enim est potentia in
mestruo mulieris), sed est potentia activa, sicut dicimus formam domus in mente artificis esse potentia
domum; unde arti comparat eam Philosophus in 17 de Animalibus (De generat. animal, 2, 20); et hanc
potentiam Avicenna et Commentator in 7 Metaphysic. vocant virtutem formativam: quae quidam virtus
quantum ad modum operandi media est inter intellectum et alias vires animae. Aliae enim vires utuntur
in suis operationibus determinatis organis: intellectus autem nullo: haec autem utitur aliquo corporali in
sua operatione quod nondum habet determinatam speciem. Subiectum autem et organum huius virtutis
est spiritus vitalis inclusus in semine; unde ad continendum huiusmodi spiritum semen est spumosum,
et haec est causa albendinis eius...Illi autem corporali spiritui coniungitur triplex calor: scilicet calor
elementaris, qui est sicut instrumentum resolvens et consumens et huiusmodi operans; et calor animae,
qui est vivificans; et calor caeli cuius virtute movet ad speciem determinatam: et virtute huius triplicis
caloris, virtus formativa convertit materiam a muliere praeparatam in substantiam membrorum per
modum quo est transmutatio corporis in augmento ut 15 (De generat. animal. 2, 1 et 3) de Animalibus
dicitur; et secundum quod proceditur in perfectione organorum, secundum hoc anima incipit magis ac
magis actu esse in semine, quae prius erat in potentia: ita quod conceptum primo participat opera vitae
nutritivae, et tunc dicitur vivere vita plantae; et sic deinceps, donec perveniat ad completam
similitudinem generatis”.
14
Respondeo. Dicendum quod, circa hanc quaestionem antiquitus diversa dicebantur a
diversis. Quidam namque dicebant, animam filii ex parentis anima propagari, sicut et corpus propagatur
ex corpore. Alii vero dicebant, omnes animas seorsum creari; sed ponebant a principio eas extra
corpora fuisse creatas simul, et post modum corporibus seminatis coniungebantur, vel proprio motu
voluntatis, secundum quosdam, vel Deo mandante et faciente, secundum alios. Alii vero dicebant,
animas simul cum creantur, corporibus infundi. Quae quidem opiniones, quamvis aliquo tempore
sustinerentur, et quae earum esset verior in dubium verteretur, ut patet ex Augustino (in X super
Genes. ad litter., cap. XXI et XXII), et in libris quos scribit de origine animae; tamen primae duae
postmodum iudicio Ecclesiae sunt damnatae, et tertia approbata.
15
Diligenter autem consideranti apparet rationabiliter illam opinionem esse damnatam quae ponebat
animam rationalem cum semine propagari, de qua nunc est quaestio. Et hoc tribus rationibus potest
videri ad praesens: Prima est, quia rationalis anima in hoc a ceteris formis differt, quod aliis formis non
competit esse in quo ipsae subsistant, sed quo eis res formatae subsistant; anima vero rationalis sic
habet esse ut in eo subsistens; et hoc declarat diversus modus agendi. Cum enim agere non possit nisi
quod est, unumquodue hoc modo se habet ad operandum vel agendum, quomodo se habet ad esse;
unde, cum in operatione aliarum formarum necesse sit comunicare corpus, non autem in operatione
rationalis animae, quae est intelligere et velle; necesse est ipsi rationali animae esse attribui quasi rei
subsistenti, non autem aliis formis. Et ex hoc est quod inter formas, sola rationalis anima a corpore
separatur. Ex hoc ergo patet quod anima rationalis exit in esse, non sicut formae aliae, quibus proprie
non convenit fieri, sed dicuntur fieri facto quodam. Sed res quae fit, proprie et per se fit. Quod autem
fit, fit vel ex materia vel ex nihilio. Quod vero ex materria fit, necesse est fieri ex materia contrarietati
subiecta. Generationes enim ex contraris sunt, secundum Philosophum (lib. I De generatione
animalium, capit. XVIII): unde cun anima vel omnino materiam non habeat, vel ad minus non habeat
materiam contrarietati subiectam, non potest fieri ex aliquo. Unde restat quod exeat in esse per
170
creationem, quasi ex nihilo facta. Ponere autem quod per generationem corporis fiat, est ponere ipsam
non esse subsistentem, et per consequens cum corpore corrumpi.
16
Secunda ratio est, quia impossibile est actionem corporeae virtutis ad hoc elevari quod virtutem
penitus spiritualem et incorpoream causare possit; nihil enim agit ultra suam speciem; immo agens
oportet esse praestantius patiente, secundum Augustinum (XII super Genesim ad litteram, capit. XVI).
Generatio autem hominis fit per virtutem generativam, quae organum habet corporale; virtus etiam
quae est in semine, non agit nisi mediante calore, ut dicitur in XVI de Animalibus(lib. II de Gen.
animal., cap. III); unde, cum anima rationalis sit forma penitus spiritualis, non dependens a corpore nec
communicans corpori in operatione, nullo modo per generationem corporis potest propagari, nec
produci in esse per aliquam virtutem quae sit in semine.
17
Tertia ratio est, quia, omnis forma quae exit in esse per generationem, vel per virtutem naturae,
educitur de potentia materiae, ut probatur in VII Metaph. Anima vero rationalis non potest educi de
potentia materiae. Formae enim quarum operationes non sunt cum corpore, non possunt de materia
corporali educi. Unde relinquitur quod anima rationalis non propagetur per virtutem generantis; et haec
est ratio Aristotelis.
18
Praeterea, embrio antequam anima rationali perficiatur, habet aliquam operationem animae; quia
augetur et nutritur et sentit. Sed operatio animae non est sine vita. Ergo vivit. Vitae vero corporis
principium est anima. Ergo habet animam. Sed non potest dici quod adveniat ei alia anima; quia tunc in
uno corpore essent duae animae. Ergo ipsa anima quae prius erat in semine propagata, est anima
rationalis.
19
Quidam namque assimilaverunt in generatione humana progressum animae rationalis progressui
corporis umani, dicentes, quod sicut corpus humanum in semine est virtualiter, non tamen habens actu
humani corporis perfectionem, quae distinctione organorum consistit, sed paulatim per virtutem
seminis ad perfectionem huiusmodi pervenitur; ita in principio generationis est ibi anima, virtute
quadam habens omnem perfectionem quae postea apparet in homine completo, non tamen eam habens
actu, cum non apparent animae actiones, sed processu temporis paulatim eam acquirit; ita quod primo
appareant in ea actiones animae vegetabilis, et postmodum animae sensibilis, et tandem animae
rationalis. Et hanc opinionem tangit Gregorius Nyssenus in lib. quem fecit de homine.
20
Dicitur enim in II De Anima, quod potentia vitae est in corpore physico organico, cuius actus est
anima, non est abiiciens animam, sicut semen et fructus; ex quo datur intelligi, quod semen est ista in
potentia ad animam quod anima caret.Secundo, quia cum semen nondum sit ultima assimilatione
membris assimilatum (sic enim eius resolutio esset corruptio quaedam) sed sit superfluitas ultimatae
digestionis, ut dicitur XV de Animalibus, nondum fuit in corpore generantis existens anima perfectum;
unde non potest esse quod in principio suae decisionis sit in eo anima. Tertio, quia dato quod cum eo
decideretur anima, non tamen potest hod dici de anima rationali; quae cum non sit actus alicuius partis
corporis, non potest deciso corpore decidi. I principali testi aristotelici cui S. Tommaso si riferisce
sono: Sull'Anima, II, 1, 412 b 25;La Riproduzione degli Animali, I, 18, 725 a 11-13; 724 b 23-726 a 28;
I, 19, 726 a 28-b1.
21
Et iterum impossibile est unius et eiusdem rei esse plures formas substantiales nam cum forma
substantialis faciat esse non solum secundum quid, sed simpliciter, et constituat hoc aliquid in genere
substantiae, si prima forma hoc facit, secunda adveniens, inveniens subiectum iam in esse substantiali
constitutum, accidentaliter ei adveniet; et sic sequeretur quod anima sensibilis et rationalis in homine
corpori accidentaliter uniantur. Nec potest dici quod anima vegetabilis quae in planta est forma
substantialis, in homine non sit forma substantialis, sed dispositio ad formam: quia quod est de genere
substantiae nullius accidens esse potest, ut dicitur in I Physic.
22
Sed hoc nullo modo potest stare: quia vel hoc ita intelligitur quod natura intellectualis sit alia anima a
vegetabilis et sensibili, et sic redit in idem cum secunda opinione: vel intelligitur ita quod ex istis tribus
naturis constituatur substantia animae in qua natura intellectualis erit ut formae, et natura sensibilis et
vegetabilis erit ut materiale. Ex quo sequitur quod cum natura sensibilis et vegetabilis sint corruptibiles,
171
utpote de materia eductae, substantia animae humanae non possit esse perpetua. Sequitur idem etiam
inconveniens quod inductum est contra primam, scilicet quod forma substantialis successive educatur
in actum.
23
Alii vero dicunt, quod embrio non habet animam, quousque perficiatur anima rationali: operationes
autem vitae quae in eo apparent sunt ex anima matris. Sed hoc non potest esse: nam in hoc viventia a
non viventibus differunt, quia viventia movent se ipsa secundum operationes vitae, quod de non
viventibus dici non potest; unde non potest esse quod nutriri et augeri, quae sunt propriae operationes
viventis, sint in embrione a principio exstrinseco, scilicet ab anima matris. Etpraetera virtus nutritiva
matris assimilaret cibum corpori matris, et non corpori embrionis; cum nutritiva deserviat individuo
sicut generativa speciei. Et iterum sentire non posset esse in embrione ex anima matris...Et ideo aliter
est dicendum, quod in semine a principio suae decisionis non est anima, sed virtus animae; quae
fundatur in spiritu qui in semine continetur quod de natura sui spumosum est, et consequens corporalis
spiritus contentivum. Ista autem virtus agit disponendo materiam et formando ad susceptionem animae.
24
In generatione autem animalis apparent diversae formae substantiales, cum primo appareat sperma, et
postea sanguis, et sic deinceps quousque sit forma hominis vel animalis. Et sic oportet quod
huiusmondi generatio non sit simplex, sed continens in se plures generationes et corruptiones. Non
enim potest esse quod una et eadem forma substantialis gradatim educatur in actum, ut ostensum est.
25
Sic ergo per virtutem formativam quae a principio est in semine, abiecta forma spermatis, inducitur
alia forma; qua abiecta, iterum inducatur alia: et sic primo inducatur anima vegetabilis; deinde ea
abiecta, inducatur anima sensibilis et vegetabilis simul; qua abiecta inducator non per virtutem
praedictam sed a creante, anima quae simul est rationalis sensibilis et vegetabilis. Et sic dicendum est
secundum hanc opinionem quod embrio antequam habeat anima rationalem, vivit et habet animam, qua
abiecta, inducitur anima rationalis. Et sic non sequitur duas animas esse in eodem corpore, nec animam
rationalem traduci cum semine.
26
Lascio da parte la questione della cronologia degli scritti dell'Aquinate, visto che non c'è
un'evoluzione significativa del suo pensiero per quanto riguarda l'embrione umano, e mi attengo alla
sostanza teoretica dei vari testi.
27
Ad Quartum Dicendum quod in animalibus perfectis, quae generantur ex coitu, virtus activa est in
semine maris, secundum Philosophum in libro 2 De generat. animal. (cc. 3, 4); materia autem foetus
est illud quod ministratur a femina. In qua quidem materia statim a principio est anima vegetabilis, non
quidem secundum actum secundum, sed secundum actum primum, sicut anima sensitiva est in
dormientibus. Cum autem incipit attrahere alimentum, tunc iam actu operatur. Huiusmodi igitur
materia transmutatur a virtute quae est in semine maris, quousque perducatur in actum animae
sensitivae: non ita quod ipsamet vis quae erat in semine, fiat anima sensitiva; quia sic idem esset
generans et generatum; et hoc magis esset simile nutritioni et augmento, quam generationi, ut
Philosophus dicit (1 De Gen., et Cor., c. 5, lect. 14). Postquam autem per virtutem principii activi quod
erat in semine, producta est anima sensitiva in generato quantum ad aliquam partem eius principalem,
tunc iam illa anima sensitiva prolis incipit operari ad complementum proprii corporis, per modum
nutritionis et augmenti. – Virtus autem activa quae erat in semine, esse desinit, dissoluto semine, et
evanescente spiritu qui inerat. Nec hoc est inconveniens: quia vis ista non est principale agens, sed
instrumentale: molto autem instrumenti cessat, effectu iam producto in esse (S. Tommaso
d'Aquino, Summa Theologiae., I, q. 118, a. 1, ad 4).
28
Similiter etiam anima intellectiva, cum habeat operationem sine corpore, est subsistens, ut supra
habitum est: et ita sibi debetur esse et fieri. Et cum sit immaterialis substantia, non potest causari per
generationem, sed solum per creationem a Deo (Ibid., I, q. 118, a. 2).
29
Et ideo dicendum est quod, cum generatio unius semper sit corruptio alterius, necesse est dicere quod
tam in homine quam in animalibus aliis, quando perfectior forma advenit, fit corruptio prioris: ita
tamen quod sequens forma habet quidquid habebat prima, et adhuc amplius. Et sic per multas
generationes et corruptiones pervenitur ad ultimam formam substantialem, tam in homine quam in aliis
172
animalibus. Et hoc ad sensum apparet in animalibus ex putrefatctione generantis. Sic igitur dicendum
est quod anima intellectiva creatur a Deo in fine generationis humanae, quae simul est et sensitiva et
nutritiva, corruptiis formis praeexistentibus (Ibid., I, q. 118, a. 2 ad 2).
30
Igitur anima nutritiva et sensitiva esse incipiunt per seminis traductionem, non autem intellectiva (S.
Tommaso d'Aquino, Summa Contra Gentiles, II, c. 86).
31
“Conceptum prius esse animal quam hominem, non ostendit rationalem animam cum semine
propagari, Nam anima sensitiva per quam animal erat, non manet, sed ei succedit anima quae est simul
sensitiva et intellectiva, ex qua est animal et homo simul” (Ibid., II, c. 89).
32
Manifestum est autem quod anima rationalis est ultima et perfectissima forma quam potest consequi
materia generabilium et corruptibilium. Convenienter igitur naturalia agentia in inferiora causant
praecedentes dispositiones et formas; supremum vero agens, scilicet Deus, causat ultimam formam,
quae est anima rationalis (Id., Compendium Theologiae, c. 93).
33
Anima autem vegetabilis et sensibilis non sunt formae subsistentes, alias remanerent post corpora;
unde oportet quod fiant a generante per actionem compositorum, sicut et ceterae formae materiales.
Sola autem anima intellectiva, quae habet esse subsistens, cum maneat post corpus, est ab extrinseco
per creationem. Si autem sensibile et vegetabile et intellectivum in homine in diversis substantiis
animae radicantur, tunc et vegetabilis et sensibilis hominis in generante erit (S. Tommaso
d'Aquino, Quaestiones Quodlibetales, q. 5, a. 1).
34
“Licet in semine non sit anima, est tamen in semine virtus dispositiva corporis ad animae
receptionem, quae cum corpori infunditur, etiam ei suo modo conformatur, eo quod omne receptum est
in recipiente per modum recipientis (Id., In Epist. Pauli ad Romanos Expositio, cap. V, lect. III).
35
“Et ideo in primo instanti quo materia adunata pervenit ad locum generationis, fuit perfecte formatum
corpus Christi et assumptum” (Id., Summa Theologiae, III, q. 33, a. 1).
36
Sed ipsa formatio corporis, in qua principaliter ratio conceptionis consistit, fuit in instanti, duplici
ratione. Primo quidem, propter virtutem agentis infinitam, scilicet Spiritus Sancti, per quem corpus
Christi est formatum, ut supra (q. 32, a. 1) dictum est. Tanto enim aliquod agens citius potest materiam
disponere, quanto fuerit maioris virtutis. Unde agens infinitae virtutis potest in instanti materiam
disponere ad debitam formam. Secondo, ex parte personae Filii, cuius corpus formabatur. Non enim
erat congruum ut corpus humanum assumeret nisi formatum. Si autem ante formationem perfectam
aliquod tempus conceptionis praecessisset, non posset tota conceptio attribui filio Dei, quae non
attribuitur ei nisi ratione assumptionis (Ibid.).
37
Ad hoc quod conceptio ipsi Filio Dei attribuatur, ut in Symbolo (Apostolorum) confitemur, dicentes:
“Qui conceptus est de Spiritu Sancto”; necesse est dicere quod ipsum corpus, dum conciperetur, esset a
Verbo Dei assumptum. Ostensum est autem supra (q. 6, aa. 1, 2) quod Verbum Dei assumpsit corpus
mediante anima, et animam mediante spiritu, idest intellectu. Unde oportuit quod in primo instanti
conceptionis corpus Christi esset animatum anima rationali (S. Tommaso d'Aquino, Summa
Theologiae., III, q. 33, a. 2).
38
Si autem caro Christi fuisset concepta antequam susciperetur a Verbo, habuisset aliquando aliquam
hypostasim praeter hypostasim Verbi Dei. Quod est contra rationem incarnationis, secundum quam
ponimus Verbum Dei esse unitum humanae naturae, et omnibus partibus eius, in unitate hypostasis: nec
fuit conveniens quod hypostasim praexistentem humanae naturae, vel alicuius partis eius, Verbum Dei
sua assumptione destrueret. Et ideo contra fidem est dicere quod caro Christi prius fuerit concepta, et
postmodum assumpta a Verbo Dei (Ibid., III, q. 33, a. 3).
39
In generatione aliorum hominum locum habet quod dicit Philosophus, propter hoc quod successive
corpus formatur et disponitur ad animam: unde primo, tanquam imperfecte dispositum, recipit animam
imperfectam; et postmodum, quando perfecte est dispositum, recipit animam pefectam. Sed corpus
Christi, propter infinitam virtutem agentis, fuit perfecte dispositum in instanti. Unde statim in primo
instanti recepit formam perfectam, idest animam rationalem (Id., Summa Theologiae, III, q. 33, a. 2, ad
3).
173
40
Mi riferisco in particolare agli studi studi ormai ben noti di Etienne Gilson e Cornelio Fabro, i quali,
sebbene da prospettive ermeneutiche differenti, convergono nel sottolineare la originalità della nozione
metafisica di esse ut actus in S. Tommaso, irriducibile alla nozione di existentia. La stessa distinzione
reale tra essentia ed esse nell'ente finito non può interpretarsi semplicemente come distinzione
tra essentia ed existentia. Cf. Fabro C., Partecipazione e causalità, Torino: SEI, 1961; Id., Dall'essere
all'esistente, Brescia: Morcelliana, 1957; Id., Esegesi tomistica, Roma: PUL, 1969.
41
Significativa in tal senso è l'affermazione dell'insigne moralista Lanza, sostenitore della tesi
dell'animazione ritardata nel suo saggio storico-sistematico: Lanza A., La questione del momento in cui
l'anima razionale è infusa nel corpo, Roma 1939: “È certo che il mostro umano, per quanto malformato
e lontano dalla perfezione dell'individuo normale, appartienereductive alla specie umana” (p. 279).
Questa opinione riflette una convinzione allora diffusa tra i sostenitori dell'animazione ritardata, anche
dopo lo studio del Lanza. Per un'esposizione sintetica delle ragioni in favore dell'animazione ritardata
cf. Hering H., De tempore animationis foetus umani, Angelicum 1951, 28: 18-29; Hudeczek M.,De
tempore animationis foetus umani secundum Embryologiam modernam, Angelicum, 1952, 29: 162181.
42
Cf. Gredt J., Elementa philosophiae aristotelico-thomisticae, vol. I, Friburgo: Herder, 1937: 347-351,
nn. 439-452; Ibid., n. 536, pp. 421-422. Scriveva il Gredt: “Adnotatio circa Aristotelis veterumque
scholasticorum doctrinam de generatione. Veteres, cum cellulas germinales ignorarent, semina neque
organisata neque viventia putabant” (Ibid., n. 452, 4: 350-351); “Attamen cum recentibus optime
dicitur: statim ab initio, coniunctis cellulis germinalibus, haberi organisationem specialem et
dispositiones proximas ad animae intellectivae infusionem” (Ibid., n. 536, 2: 422). La suddetta
formulazione è accusata di preformismo da Hudeczek: “Et si respondetur, quod materia haec sit semper
a principio disposita ad animam humanam suscipiendam quia ex ea nonnisi homo generari potest, caute
hoc accipiendum...Quodsi aliqui – (e qui cita espressamente Gredt) – hoc est similia affirmant,
dicendum est eorum scientiam, in certo sensu preformisticam, novo progressu Biologiae iam superatam
esse” (Ibid., p. 177).
43
Scrive il Lanza: “Considerando le cose dal punto di vista astratto...diversa deve essere la valutazione,
sia morale che giuridica del delitto di aborto prima e dopo l'infusione dell'anima razionale: dopo
l'animazione si tratta di una vera violazione del diritto che ha la persona alla vita; prima, invece,
mancando l'anima razionale, non si può parlare di una simile violazione; ma si tratta di una
violenza, sempre illecita, inflitta all'ordine stabilito dalla natura, che dal punto di vista morale, potrebbe
essere ricondotta sullo stesso piano delle pratiche anticoncezionali e potrebbe essere considerata come
un delitto contro la famiglia” (Lanza, La questione del momento in cui..., p. 297).
44
Lo stesso Lanza, infatti, precisa: “Ciò non vieta, però, che allo stato attuale del dibattito, anche noi, da
un punto di vistaconcreto, riteniamo obbligatorie le norme dettate al proposito dalla legislazione
ecclesiastica ed ispirate a quei saggi criteri di prudenza pratica che hanno sempre guidata la disciplina
della Chiesa” (Ibid.).
45
Già il Pontefice Sisto V con la Costituzione Ad effraenatam del 1588, pur ritenendo in teoria la
distinzione tra feto animato e inanimato, comminava le stesse pene previste per l'omicidio volontario
anche a coloro che avessero procurato l'aborto, in qualunque momento della gestazione. Il rigore della
Costituzione di Sisto V sarà mitigato nel 1591 da Gregorio XIV. Sui riflessi della Apostolicae Sedis di
Pio IX nel dibattito teologico-morale di fine Ottocento circa la craniotomia e circa l'aborto nelle prime
fasi di vita dell'embrione, mi permetto di rinviare al mio: Pangallo M., La craniotomia nella Summula
Theologiae Moralis del Card. Giuseppe D'Annibale, Divinitas 1986, 2: 167-174.
46
Congregazione per la Dottrina della Fede, Donum Vitae (22 febbraio 1987), parte I, n. 1.
174
P. IDE
L'EMBRIONE UMANO È PERSONA?
STATUS QUESTIONIS E DETERMINAZIONE
Il mio breve intervento ha come obiettivo quello di chiarire il seguente punto: l'embrione umano è
persona? 1 Con il termine embrione intendo un essere umano dopo il concepimento o, in altre parole,
dopo la fecondazione. Infatti lo zigote viene definito anche embrione unicellulare. In seguito, preciserò
cosa intendo col termine persona. Nel rispondere alla domanda posta, farò riferimento esclusivamente
ai dati scientifici e filosofici. Lascerò quindi da parte l'approccio più specificamente teologico, anche in
considerazione del fatto che la stessa Chiesa Cattolica ci invita a farlo: “Come un individuo umano non
sarebbe una persona umana? Il Magistero non si è espressamente impegnato su un'affermazione
d'indole filosofica”.2
Infine, allo scopo di essere il più chiaro possibile, presenterò l'argomento nella forma rigorosa
della quaestio disputata.
Status Questionis
La risposta negativa
Ad un primo approccio, sembrerebbe che la risposta alla domanda iniziale debba essere negativa. In
quest'ottica lo zigote dovrebbe passare attraverso un certo numero di stadi prima di poter essere
considerato pienamente o realmente un essere umano.3 Secondo il principio dell'umanizzazione,
l'embrione diventerebbe un essere umano a tutti gli effetti: quando i due patrimoni genetici, quello del
padre e quello della madre, si ricombinano per formare il nuovo genoma dell'embrione, o dopo 21-22
ore dalla fecondazione; 4 dopo l'impianto; 5 al quattordicesimo giorno,6 quando non vi è più totipotenza
e appare la stria primitiva; 7 quando l'unità dell'organismo umano diventa irreversibile e testimoniata da
un'organizzazione specifica che determina l'impossibilità della formazione di gemelli omozigoti tra il
14o e il 18o giorno; 8 quando si cominciano a delineare gli organi principali (ottava settimana); 9 quando
è possibile registrare una qualche attività elettro-encefalica; 10 quando il cervello sviluppa alcune
funzione come la sensazione, la memoria, o una qualche capacità di apprendimento (ventesima
settimana); 11 “ad uno stadio di maturazione tale che sia possibile una vita autonoma”; 12 cioè al sesto o
settimo mese,13 quando sorge l'autocoscienza, ossia in un momento successivo alla nascita e non
meglio identificabile;14 in base al criterio del riconoscimento da parte dei genitori, che risulta ancora
più indefinito in quanto, richiedendo la consapevolezza dell'esistenza dello zigote, si realizza
necessariamente dopo la sua creazione.15 Infine, c'è chi afferma l'esistenza di una continuità tra gameti
e zigote facendo risalire così l'individualità umana ai gameti.16
Ora, la logica ci insegna che il punto cruciale di una dimostrazione sta nel termine medio e non nella
conclusione. Dato che a volte per lo stesso argomento si propongono due date diverse, distribuirò
queste dimostrazioni in funzione non del calendario di accesso all'umanizzazione – la cui multiforme
distribuzione rivela una qualche incertezza – ma degli argomenti.
Ne prenderò in considerazione sei, i primi cinque dei quali sono i più comuni. Svilupperò poi il sesto
poiché è ancora presente in qualche forma tra i cattolici e ciò mi permetterà di entrare in relazione con i
filosofi tomisti.
La possibilità dei gemelli omozigoti
Una persona è un individuo ossia, etimologicamente, un essere indivisibile. Ora, un embrione è
divisibile almeno fino al quindicesimo giorno quando può svilupparsi un gemello omozigote: vale a
dire, originantesi dalla stessa cellula iniziale. Pertanto un embrione non può essere una persona umana.
Non si può, cioè, parlare di persona umana finché non si supera il limite temporale o di sviluppo oltre il
quale non è più possibile la gemellazione. “Se considerassimo persona l'uovo fecondato”, ha scritto
Xavier Thévenot, “come si potrebbe rendere conto, dal punto di vista filosofico e teologico, del fatto
175
che, nel caso della gemellazione (che può verificarsi fino al 14o giorno dal concepimento) una persona
possa diventare due persone? Come si può considerare persona una realtà la cui individualità non è
ancora certa?”.17
La presenza di cellule totipotenti
Un individuo vivente completo è un organismo differenziato costituito di diversi organi ordinati ad una
o più funzioni. Fino allo stadio di otto cellule,18 l'embrione è costituito di cellule totipotenti: cioè,
cellule in grado di diventare qualsiasi organo. Quindi, all'inizio, non siamo in presenza di un individuo
pienamente costituito, e ancor meno di una persona umana.
La necessità di una coscienza
Una persona è un individuo in grado di soffrire, entrare in relazione, ragionare, essere libero,
etc.19 L'esercizio di queste capacità presuppone l'esistenza del cervello. Tuttavia il sistema nervoso
centrale si forma soltanto tra la sesta e l'ottava settimana dalla fusione dei gameti. Pertanto, poiché
l'embrione non è dotato di cervello, non può considerarsi persona.20
Si può precisare il concetto sulla base della posizione di Paul Ricoeur espressa nella sua opera
principale: “Soi-meme comme une autre”. L'ermeneutica del sé è considerata in una dialettica di seità e
ipseità che si risolve nel concetto di identità narrativa. In altre parole, il sé ha accesso alla propria
ipseità attraverso la narrazione. Infatti, la costituzione del sé, afferrando la sua permanenza, si declina
in due modi: l'identità come seità (o identità-idem) alla quale corrisponde una permanenza del
substrato, e l'identità come ipseità (o identità-ipse) alla quale corrisponde una permanenza narrativa. La
prima permanenza introduce alcune aporie irrisolvibili.21 Perciò la sola risposta alla domanda
è sì facendo riferimento ad un altro tipo di permanenza che si introduce con la parola attraverso la quale
il soggetto entra nell'auto-possesso e nella comprensione del sè.22 È ovvio che un embrione abbia una
identità-idem e non una identità-ipse. Il suo sé non può essere narrato. Di conseguenza, l'embrione non
può essere umano sin dal principio.
La necessità del riconoscimento da parte di altri
L'Io sorge solo attraverso un Tu che lo riconosce, in questo caso i genitori. Questo riconoscimento di
fronte ad una nuova vita, non ha nulla di spontaneo: esso implica il desiderio di un figlio e un progetto
genitoriale. Pertanto, un embrione diventa persona soltanto a certe condizioni determinate dai genitori.
“Un embrione diventa persona a due condizioni”, spiega il professor René Frydman: “Deve avere la
capacità fisiologica di svilupparsi e deve essere accettato. Esso appartiene esclusivamente al desiderio
delle persone che lo hanno realizzato nel pensiero e nei fatti. Una donna decide in coscienza se lo vuole
portare in grembo. Non si può trovare un destino agli embrioni contro la volontà dei genitori...Ciò che
conta sono la democrazia e la dignità”.23
La frequenza degli aborti spontanei
Il numero degli aborti spontanei che si verificano durante i primi giorni dell'ontogenesi è molto
alto.24 Ciò che è naturale si verifica più spesso di ciò che non lo è. L'estrema regolarità delle leggi
fisiche non è forse un criterio della loro naturalità? Di conseguenza, sarebbe contro natura per uno
zigote essere una persona umana. Sulla base del fatto che metà degli ovuli fecondati non si impiantano,
il teologo Karl Rahner si chiede, “come si può pensare che il 50% degli esseri umani...non superino
mai a priori questo primo stadio dell'esistenza?”.25
La necessità di un corpo organizzato
Presenterò in dettagli questo argomento per il fatto che è piuttosto comune tra i filosofi tomisti, a
partire almeno dagli anni ‘70.26 L'aporia può essere formulata sulla base della definizione aristotelica di
principio vitale. L'anima è l'atto primo di un corpo organizzato. Ora, uno zigote e un embrione, nei loro
primi stadi, non presentano una sufficiente organizzazione da poter effettuare un'operazione che prepari
la vita intellettiva. Pertanto un embrione non è adatto a ricevere un'anima umana.27
Benedicte Mathonat elabora meglio l'argomentazione. Il punto di partenza è ancora una volta la
definizione aristotelica di anima: “Il corpo, il soggetto dell'anima...è organizzato”. Essere organizzato
equivale ad essere un principio di operazione: “L'organizzazione in questione è...quella che manifesta il
176
potere di operare del corpo”. “Il corpo, il soggetto dell'anima, deve essere quindi capace di espletare le
operazioni proprie della vita umana”. L'operazione tipica della vita umana è l'operazione intellettuale.
Ma “la conoscenza dell'intelletto umano si basa esclusivamente sui sensi”. Pertanto, “l'anima umana ha,
come suo soggetto specifico, un corpo sensibile”. Ma il sistema nervoso è il principio organico della
sensibilità.28 Quindi, per essere informato da un'anima umana, un embrione deve essere dotato di
sistema nervoso, ed è evidente che questo manchi all'embrione nelle primissime fasi dello sviluppo.29
Si obietterà, tuttavia, che lungi dal cercare un modo per aggirare l'insegnamento magisteriale, Aline
Lizotte 30 dichiara espressamente di non voler presentare una tesi coerente con il Magistero,
specialmente con la Donum Vitae. L'Istruzione afferma la presenza creatrice di Dio dal momento del
concepimento. La tesi dell'infusione mediata invece non rifiuta proprio questa ipotesi?
La risposta a tale obiezione rappresenta un altro contributo originale dell'articolo. Ispirata da Aristorele,
Aline Lizotte distingue due modi della presenza dell'anima nell'embrione: secondo la causalità formale
e secondo la causalità finale. L'anima è presente nel corpo secondo la prima modalità (formale) quando
è unita ad esso come un atto alla potenza che riceve, così come la forma è unita alla materia, che gli è
propria, in vista di costituire un essere che è sostanzialmente uno, con un'unità intrinseca che rifiuta
qualsiasi dualismo. L'anima è presente nel corpo nella seconda modalità (finale) quando orienta tutto il
divenire come un fine attrattivo e attualizzante. Ora la finalità, in senso autenticamente aristotelico, è
sicuramente un termine, un risultato e anche l'effetto per eccellenza, ma è anche molto più di questo:
infatti, prima di essere un effetto, il fine è una causa. Ma una causa agisce solo attraverso la sua realtà;
la causa prende dunque la sua efficienza dalla sua effettività. Dunque essa è dotata di un certo realismo
che, per una mancata comprensione, è stato piuttosto sfibrato da diverse concezioni attuali. In altre
parole, la presenza nella modalità finale è una presenza reale; si potrebbe dire che il fine è
intenzionalmente presente, se non si oppone l'intenzionale al reale.
La Risposta Positiva
Tuttavia, alcuni fatti rimettono in discussione la tesi della personalizzazione ritardata.
La precocità della vita intrauterina
La fisiologia e la psicologia moderne prendono sempre più in considerazione la vita del bambino anche
nel periodo intrauterino.31 Dalle origini dell'Io, sembra che il feto sia già in grado di percepire, di avere
sensazioni, di immaginare, di memorizzare, come ha chiarito un relatore di questo Convegno, il prof.
Bellieni.32 Un numero sempre crescente di dati porta anche a ritenere che nel periodo che si avvicina al
concepimento si verifichino dei traumi psichici.33 Il dr. Benoit Bayle, psichiatra presso l'Ospedale
Henri Ey di Chartres, ritiene che alcuni fenomeni della vita embrionale compromettano seriamente lo
sviluppo del futuro bambino o la personalità dell'adulto. Coloro che parlano di esperienza soggettiva
indicano, anche a parole, l'esistenza di un soggetto che vive l'esperienza. Questo è il motivo per cui il
dr. Bayle parla dipsicogenoma e scena concezionale.34
Il trauma dell'aborto
Non si può negare, oggigiorno, il trauma correlato all'interruzione volontaria (e anche spontanea) della
gravidanza. In un recente e pregevole studio sull'aborto, il sociologo Luc Boltanski ricorda proprio
questo e, allo stesso tempo, illustra le numerose strategie messe in atto dalla società per chiudersi gli
occhi di fronte all'umanità dell'embrione per eliminarlo senza rimorsi.35
L'offesa dell'esclusione
L'uomo è molto sensibile a qualsiasi forma di esclusione, ed è buona cosa, specialmente verso le
persone più vulnerabili. Ora, nessuno è più vulnerabile e più innocente di un nuovo essere umano nel
grembo di sua madre.36 “L'unico modo di essere rispettosi della vita è rispettare il più piccolo degli
esseri viventi”.37 Si potrebbe dire, quindi, che la buona salute di una società si misura dalla sua capacità
di accogliere questi esseri così fragili che sono gli embrioni umani. Inoltre, esiste una sorprendente
analogia tra le attuali ragioni che giustificano – agli occhi dei politici e della gente – l'uso degli
177
embrioni in nome della presunta assenza in essi della natura umana, e gli argomenti usati cinque secoli
fa rispetto alla natura degli Indiani dell'America Latina. Entrambi sono esseri vulnerabili che, a causa
della nostra brama di potere, corrono il rischio di estinzione. Il Re Carlo V e la sua corte furono
impressionati dall'apprendere il modo inumano con cui venivano trattati gli Indios. Ma, per farla breve,
poiché aveva bisogno di denaro per le sue imprese belliche, non riformò pienamente le leggi “Indie”.
Allo stesso modo, molti personaggi del mondo medico e politico pensano che l'embrione rappresenti il
primo stadio della persona umana, ma ciononostante nascondono dietro i potenziali benefici per i
malati, il bisogno di mantenere laboratori farmaceutici nei loro paesi.38
Risposta
Siamo gravemente carenti di una filosofia della natura adatta non solo alle novità della visione
cosmologica legata alle numerose scoperte scientifiche del secolo passato, ma anche ai bisogni di
regolamentazione etica rispetto alla tecnologia.
Vorrei proporre quattro argomentazioni che saranno presentate in maniera progressiva e
apparentemente esclusiva. In realtà, credo che siano complementari e spero che i limiti di una saranno
compensati dai limiti dell'altra. Le presenterò con una breve introduzione, soprattutto epistemologica.
Condizioni preliminari
Il rigoroso ragionamento filosofico che sto per affrontare implica due condizioni preliminari. La prima
è di ordine scientifico. Darò per presupposti i numerosi sviluppi che sono stati esposti dai professori
Colombo, Sica e Bellieni, con la loro riconosciuta autorevolezza, riguardo la fecondazione (quindi la
formazione dello zigote o embrione unicellulare) e i primi stadi della vita embrionale. La seconda
condizione preliminare è di natura epistemologica.39 Essa ha a che fare con il legame tra filosofia e
scienza. In parole povere, siamo di fronte a due posizioni parziali e, quindi, non esaustive.
Secondo la prima posizione, quella della continuità, c'è un passaggio senza interruzione dai fatti
scientifici alla filosofia per quanto riguarda la questione di cui ci stiamo occupando, cioè l'identità
dell'embrione. Ma tale posizione, che è sostanzialmente scientista, conduce alle peggiori conseguenze.
Essa fa da substrato alla maggior parte delle posizioni sull'animazione ritardata e nega ogni differenza
tra i punti di vista.40
Sulla scia di Emile Boutroux, Maurice Blondel critica duramente lo scientismo. Le scienze hanno in
comune, nel loro metodo, il calcolo e l'esperienza, la sperimentazione e l'argomentazione, l'empirismo
e la formalizzazione, ma come spiegare la riuscita di questo connubio? La scienza usa questa felice
armonia: di più, la vive quotidianamente, ma non ne rende conto.41 Questa unione testimonia lo spirito:
“Non sono le scienze che fanno il mondo e l'uomo. È l'uomo che fa la scienza, che la domina sempre,
così come domina, senza di essa o con essa, ma meglio con, questo universo in cui sembra immerso,
ma che sempre supera infinitamente con il solo sorgere del pensiero o con un semplice atto della sua
libertà. Non è il mondo che ci interroga e ci domina, nè è esso a produrre scienza; siamo noi che
coltiviamo la scienza e che, attraverso il mondo, ci interroghiamo su un altro mistero, diverso da quello
di cui si occupano gli scienziati”.42 Pertanto lo spirito è “questo potere senza confini in questa infermità
senza rimedio” che sono le scienze.43
La seconda posizione, che è esattamente all'opposto, ritiene che le due diverse discipline siano in un
rapporto di discontinuità. Una posizione epistemologica di questo tipo è alla base, ad esempio, del
ragionamento di alcuni filosofi tomisti.44 Per riassumere brevemente, la filosofia sta alle scienze come
le affermazioni universali basate sul senso comune stanno alle affermazioni più particolari basate su
ipotesi, su categorie paradigmatiche. Il grado di certezza è in funzione dell'universalità e della
fondazione su fatti molto comuni.45 Ma una siffatta posizione conduce ad un dualismo che rende
stagnanti i campi del sapere e che è confutato dalla pratica.
Non possiamo dunque fare a meno di una riflessione epistemologica e di compiere un tentativo di
articolare i due campi del sapere rispettando la loro autonomia e la loro interazione e, oseremmo dire,
178
la loro gerarchia.46 Su questo argomento può essere utile fare di nuovo riferimento a Maurice Blondel –
e precisamente alla distinzione tra due tipi di pensiero, noetico e pneumatico.47 È evidente, scrive
Georges Cottier, “che il filosofo della natura che studia, dal suo punto di vista, l'origine e la genesi
degli esseri viventi, deve disporre di informazioni di prima mano sui risultati e gli sviluppi della ricerca
scientifica. Questa è una condizione necessaria per la validità del suo studio. Si dovrà dimostrare
pronto a eventuali revisioni poiché la filosofia della natura, come la scienza, si misura sulla base di fatti
debitamente accertati”. E, confermando che la scienza arricchisce la filosofia dall'interno e non
collateralmente per il gran numero di fatti che adduce, aggiunge: “Questo non significa rinunciare
precipitosamente, senza un confronto serio con i dati scientifici, ad alcune intuizioni di natura filosofica
che fanno parte del patrimonio di conoscenza ereditato da Aristotele e da San Tommaso in
particolare”.48
La Persona come Individuo
Presentazione
Parlare di una persona equivale a parlare di un essere individuale della specie umana, un'individualità si
caratterizza per i due seguenti caratteri: unicità (divisum ab alio) e indivisibilità (indivisum in se).
L'embriologia e la genetica ci indicano che dal momento del concepimento l'embrione costituisce: 1)
un essere con una natura specifica, in questo caso una natura umana, diverso da qualsiasi altro animale
e specie vivente, per esempio, da quella dei pongidi (scimpanzè, gorilla, orangutan); e 2) un essere
individuale, unico e distinto da qualsiasi altro,49individuale e originale nel suo genoma e nella sua
espressione fenotipica. Ciò è ancor più vero per l'embrione che, nel suo sviluppo, manifesta da una
parte la sua indivisibilità (quando viene meno la possibilità della formazione di un gemello) e,
dall'altra, ne guadagna in originalità (instaurando relazioni uniche con l'ambiente che plasma la sua
morfologia e riecheggia nel genoma; e ancor più appropriandosi ad un certo momento, attraverso la sua
libertà, del dato biologico all'interno di una storia).50
Pertanto bisogna affermare con certezza che lo zigote umano è un individuo. E tale individualità deve
essere ritenuta umana in quanto le caratteristiche genetiche sono specifiche prima ancora di essere
individuali. Infine, bisogna affermare che questa individualità è personale.
L'argomentazione si basa implicitamente sulla totalità e la continuità. In nome della totalità: “Poiché la
persona umana è un tutto – corpo, spirito e anima”, come scrive un'infermiera, “sembrerebbe logico
pensare che questa vita umana in sviluppo possegga già questa indivisibile totalità...Un embrione non è
forse anch'esso apparentemente diverso da un neonato allo stesso modo in cui un neonato è diverso da
un quarantenne? Egli è già e sarà sempre la stessa persona, geneticamente definita fino alla propria
morte biologica”.51 In nome della continuità: “Oggi, se l'embrione è sacro”, afferma il ginecologo
Jacques Milliez, “lo è dalla formazione dello zigote. C'è infatti una continuità assoluta dei fenomeni a
partire dalla fecondazione che non solleva più dubbi tra gli scienziati”.52
Limiti
È sufficiente dimostrare che uno zigote è un individuo umano per concludere che è una persona
umana? L'affermazione secondo cui dalla fecondazione fino alla morte, senza interruzioni, l'embrione è
pienamente dotato di individualità, allo scopo di dimostrare la sua natura spirituale, solleva alcune
perplessità.53
Infatti questa argomentazione è supportata da un presupposto filosofico che potrebbe definirsi
parmenidiano. Essa sottolinea la continuità, l'identità. Tralascia l'emergere di nuovi elementi che sono
usati dai sostenitori della personalizzazione ritardata: l'impianto uterino e la relazione con la madre,
l'indivisibilità, la placca neurale, gli organi, specialmente il cervello, la coscienza, il progetto
genitoriale, il riconoscimento da parte degli altri. In nome di cosa si sottovalutano o addirittura si
negano queste novità? Inoltre, tale continuità vale per il genoma, ma perché si valorizza di più il
genoma rispetto alle determinazioni fenotipiche ed epigenetiche? Ancora, questi nuovi elementi sono
179
solo potenzialmente presenti. In questo modo ci si presenta la difficoltà di definire l'embrione
come persona potenziale. Infine, la continuità in questione emerge soltanto dall'osservazione. La
considerevole rottura della generazione o della corruzione sfuggono al punto di vista semplicemente
empirico: ciò è vero per quel che riguarda la morte. Ma si può dire lo stesso per il sorgere della vita. Di
conseguenza, l'assenza della rilevazione di una interruzione nello sviluppo non significa affatto che non
ci sia un divenire sostanziale, in questo caso, l'irruzione di un'anima intellettiva. In fondo, ritroviamo
ancora il dilemma che contrapponeva Parmenide di Elea ed Eraclito di Efeso, almeno nel modo in cui
fu elaborato da Aristotele.54 Bisogna cercare, in ogni caso, la soluzione. La concezione dell'alterità e
della storia del criterio di continuità non solleva il problema dell'identità-idem, per usare le parole di
Ricoeur?
Peraltro, riprendiamo la definizione tradizionale della persona, proposta da Boezio e che ha influenzato
profondamente l'occidente. Anche se elaborata in ambito cristologico, la sua prospettiva è
rigorosamente razionale: “La persona – dice Boezio – è sostanza individuale di natura
razionale”.55 Tale approccio sottolinea direttamente l'individualità, ma solo indirettamente la
razionalità, a partire dalla continuità. Pertanto non si potrà dire dello zigote che sia persona.
Infine, ci si potrebbe chiedere se l'argomento non sia troppo remoto. Si basa, infatti, sulla nozione di
individualità, che è metafisica, quando invece la domanda si riferisce all'ambito specifico della filosofia
della natura e della bio- filosofia. Un ragionamento è decisivo se fornisce una ragione prossima.56
I neo-aristotelici ed i neotomisti favorevoli ad un personalizzazione mediata, pur affermando molto
fermamente l'individualità umana dell'embrione e la sua continuità dal concepimento, ci obbliga ad
affinare l'approccio all'essere umano. In dialogo con essi, avanzerà ora la mia argomentazione.
La persona come corpo organizzato e animato da uno spirito
Basandosi su e postulando la definizione aristotelica dell'anima come principio vitale, i due paragrafi
seguenti, appariranno a molti ricercatori e a non scienziati come una ingenua riesumazione di una
problematica di un'altra epoca, come il dibattito polemico suscitato dal vitalismo e che i progressi delle
scienze biologiche, in particolare della genetica e della biologia molecolare, sembravano avere
definitivamente messo a tacere. Tuttavia, non credo che tale approccio sia privo di utilità anche se
necessita di un importante aggiornamento e di una paziente captatio benevolentiae. Innanzitutto, tale
argomento è ancora usato dai tomisti (e dagli aristotelici), sostenitori della posizione mediata.57 Poi,
permette di rispondere all'ultima obiezione (la proporzione dell'argomentazione). Inoltre, il paradosso
della vita,58 le aporie del riduzionismo biologico,59 la significativa molteplicità dei modelli esplicativi
della vita,60 la complessità ontologica61 di un mondo a mosaico62 dimostrano indirettamente che il tema
in questione non può essere frettolosamente liquidato come obsoleto, o non all'altezza degli approcci
moderni. Infine, a livello puramente filosofico, la sola prospettiva cosmologica continua a non essere
sufficiente. Perciò l'integreremo con altri due approcci: uno più metafisico e l'altro più fenomenologico.
Enunciato
Come sappiamo, Aristotele distingueva tra esseri viventi ed esseri inanimati, riconoscendo ai primi un
principio vitale: l'anima. In una definizione classica, Aristotele definì l'anima come atto primo di un
corpo organizzato.63 Tale definizione afferma due cose in particolare: da una parte, che la psuchè è un
atto, una forma; dall'altra, che essa esercita la sua azione su un soggetto disposto a riceverla, ossia un
corpo sufficientemente differenziato e funzionale come principio di operazioni proprie di un essere
vivente, in altre parole, un corpo organizzato o organismo. Naturalmente, la cellula fecondata ha una
organizzazione strutturale reale, con diversi livelli di integrazione dal nucleotide alla cellula nella sua
totalità, passando attraverso il gene e l'intero genoma. Di conseguenza, l'embrione unicellulare è il
soggetto di un'anima umana spirituale. Sviluppiamo questa argomentazione.
Cos'è un corpo organizzato?
Per spiegare il significato del termine organo, ritengo opportuno fare riferimento alla spiegazione
dettagliata che dà Tommasso del termine organizzato commentando la definizione di Aristotele
dell'anima nella sua Peri psuchès: 64 “In seguito Aristotele giunge a questa parte della definizione che
180
riguarda l'argomento dell'anima. Egli dice che l'anima è l'atto di un corpo fisico che ha la vita in
potenza, dice ancora che ciò qualifica ogni corpo organizzato. Chiama corpo organizzato, il corpo che
ha una diversità di organi. Questa diversità di organi è necessaria al corpo, soggetto della vita, a causa
della diversità delle operazioni dell'anima (diversitas autem organorum necessaria est in corpore
suscipiente vitam propter diversas operationes animae). Infatti, l'anima, essendo la forma più perfetta
tra le forme degli esseri corporali, è principio di operazioni diverse; essa richiede dunque una diversità
di organi per la sua perfettibilità. D'altra parte, le forme delle cose inanimate, a causa della loro
imperfezione, sono principi di poche operazioni, per cui non esigono questa diversità di organi in
conformità alla loro perfezione”.65
Pertanto un organo è definito come principio materiale di un'operazione; in questo caso, il principio
operativo di un essere vivente. L'organo spesso evoca in prima istanza una struttura. Tuttavia il termine
ha un significato che non è soltanto statico, ma anche dinamico. Nell'etimologia greca, organon,
significa strumento. Secondo Aristotele, un organo è uno strumento fisico mosso dalla causa principale
che è l'anima in vista della sua finalità, l'operazione vitale, che la biologia moderna chiama funzione. E
se un corpo vivente è necessariamente un corpo organizzato, la ragione è la seguente: essere
organizzato, è essere dotato di parecchi organi; ora, a differenza di un essere inerte, il vivente deve
effettuare un gran numero di operazioni, a cominciare dalle operazioni fondamentali della vita, come
l'assimilazione; ma, come ho già detto, l'organo è lo strumento materiale, principio dell'operazione;
ecco perché un corpo animato è un corpo organizzato.
Inoltre, si possono distinguere tre gradi di vita: vegetativa, sensitiva ed intellettiva.66 I principi che
precedono permettono di specificare la natura del corpo organizzato necessario a seconda del tipo di
vivente. Un corpo vivente sarà informato da un'anima vegetativa (in altre parole, sarà un vegetale)
solamente se è atto alle operazioni vegetative, dunque se è dotato degli organi che esercitano questi atti,
cioè, per Aristotele, la nutrizione, la crescita e la generazione. Parimenti, un corpo animato potrà essere
attualizzato soltanto da un'anima sensitiva (tipica dell'animale) se possiede il grado di organizzazione
sufficiente ad effettuare le operazioni proprie della vita animale, cioè, almeno, la sensazione e la
sensazione prima e fondamentale che è il toccare. Infine, l'anima spirituale che effettua delle operazioni
che non dipendono dalla materia, che non possiede organo proprio; d'altra parte, essa richiede una
perfezione della vita sensibile e dei suoi organi sufficiente a preparare adeguatamente gli atti
dell'intelligenza e della volontà: ecco perché è impossibile pensare senza la presenza di un cervello,
anche se questo non è l'organo del pensiero.
Come si può vedere, il realismo dell'ilemorfismo aristotelico esige ben più dell'individuazione per
parlare di un essere vivente. Questa individualità del corpo vivente è una condizione necessaria, ma
non sufficiente per parlare di un essere animato. L'anima è il principio dell'essere, ma anche dell'azione.
Il corpo che gli è unito, secondo il suo modo proprio di causa materiale, è anche informato dall'anima e
strumento da essa diretto, dunque preparato a tal fine: in altre parole, è organizzato.
Lo zigote è un corpo organizzato?
A questo punto la domanda posta è più chiara: la cellula fecondata presenta la perfezione organica, cioè
l'organizzazione, che gli permette di essere principio (materiale) dell'azione di un'anima spirituale? No,
rispondono i discepoli di San Tommaso favorevoli all'animazione mediata (e, con essi, un buon numero
di sostenitori di altre tendenze filosofiche o implicitamente aristoteliche). Infatti, queste operazioni non
possono spiegarsi senza la presenza di organi specifici, in particolare il sistema nervoso centrale e
soprattutto il cervello. Questo è il motivo per cui, privo di questi organi, lo zigote non ha ancora una
sufficiente disposizione per essere informato da un'anima umana.
Personalmente, credo che si debba rispondere in modo affermativo in considerazione delle conoscenze
acquisite dalle scienze biologiche e interpretate filosoficamente. Ciò per due ragioni: una strutturale
(che ha a che fare con l'essere), l'altra funzionale (riguardante l'agire).
Parlando di organizzazione, si parla di complessità differenziata o, in altre parole, di sistema. Ora,
come si è visto, lo zigote, come ogni cellula, presenta una struttura di una complessità e di una
181
disposizione eccezionali, sfidando ogni tentativo attuale di elaborazione di un modello. Questa
strutturazione specializzata vale tanto per il genoma presente nel nucleo quanto per il citoplasma, la cui
struttura è stata rivelata67 dalla tomografia con criomicroscopia elettronica (ad alta risoluzione
spaziale). Tale organizzazione complessa, lungi dall'essere un caos disordinato, è ben strutturata. Ciò
non soddisfa forse l'esigenza di organizzazione del soggetto dell'anima umana? Inoltre, la nostra
conoscenza morfologica della cellula presa separatamente ci mostra un'organizzazione che è ancor più
completa e complessa rispetto a quello che gli antichi conoscevano del corpo umano nella sua totalità;
tuttavia, non negavano che questo corpo potesse essere la materia dell'anima razionale.
Ancora, Tommaso D'Aquino vedeva in questa complessità armoniosa la specificità del corpo umano e
il motivo per cui esso rappresenta il soggetto proporzionato dell'anima spirituale: “Era necessario che il
corpo al quale è legata l'anima intellettiva, fosse un corpo misto e, tra tutti i corpi misti, quello con la
composizione più equilibrata (æqualitatem complexionis)”.68 Perciò, l'argomentazione vale anche oggi
e lo zigote è in grado di ricevere questa anima spirituale. Si ricorda, infine, che Aristotele afferma che
l'embrione è solo un assemblamento di carne indifferenziata.69 Infatti, “l'iniziale combinazione di una
femmina e un maschio è chiamata embrione”.70 Al punto che si può definire larva: “In un certo senso,
sembra che quasi tutti gli esseri generino un prodotto che inizia con l'essere una larva: l'embrione nella
sua forma più imperfetta è infatti qualcosa di simile ad una larva, e tra tutti i vivipari e gli ovipari le cui
uova appaiono complete, l'embrione risulta inizialmente indistinto e in seguito si
sviluppa”.71 Basandosi sull'esperienza dell'emergenza del primo movimento, così come
sull'osservazione degli embrioni abortiti, Aristotele, seguito da Tommaso, pensava che “il
concepimento (cioè, la presenza di un'anima umana) si realizzasse al 40o giorno per gli embrioni
maschili e al 90o per quelli femminili, con notevoli variazioni tra gli individui.72 Nonostante il fatto che
la conoscenza che si aveva all'epoca della strutturazione organica di un embrione al 40o o 90o fosse
molto reale,73 era anche estremamente rudimentale e approssimativa, pur tuttavia ciò era sufficiente per
lo stagirita.
Chi oserebbe negare che un animale unicellulare (protozoo o protofita) è un essere vivente secondo la
classificazione aristotelica e che esso compie le tre operazioni della nutrizione, crescita e riproduzione?
Eppure, un protozoo o un protofita, hanno organi visibili o differenziabili in modo evidente? Perciò un
corpo organizzato non si identifica con un corpo che abbia organi visibili, isolati e identificabili. Ciò
non vuol dire che la definizione di Aristotele sia errata: un corpo organico continua ad essere il
soggetto necessario per vivere; un organo continua ad essere il principio di operazione vitale, come
diremo. D'altro canto, non si può più legare l'aggettivo organico e il termine organo solo alla realtà
morfologicamente identificabile, come faceva Aristotele. E ciò che è vero dell'operazione vegetativa, è
anche vero dell'azione sensitiva: la vita animale inizia ed esiste ancora prima che gli occhi riescano a
percepirla. Essa non si riferisce più a un organismo nel senso di entità differenziata. Ma in questo modo
abbiamo già anticipato il secondo punto.
Un organo è definito dalla propria struttura, ma ancor più dalla propria funzione, dalla propria finalità:
cioè dall'essere principio d'azione. Le operazioni caratteristiche della struttura dell'uovo fecondato sono
tipiche dell'uomo? Lo zigote umano può essere il principio delle operazioni specifiche di un essere
vivente razionale?
Si potrebbe argomentare che la struttura (morfologia) sta al funzionamento (fisiologia) come l'atto
primo sta all'atto secondo. Si è come si agisce, secondo l'assioma scolastico già ricordato. In realtà, un
argomento del genere è troppo universale per portare ad una conclusione: è un argomento mutuato
dalla metafisica è non adeguato alla nostra questione che riguarda invece la filosofia della natura. Non
è tuttavia da scartare: se Aristotele e Tommaso pensavano che la struttura poco differenziata di un
embrione di quaranta giorni fosse un principio d'azione sufficiente ad essere soggetto dell'anima
umana, cosa direbbero oggi considerando le strutture straordinariamente complesse della cellula?
Infatti, le operazioni dello zigote sono di una complessità commisurata alla propria struttura. Al più
182
complesso genoma del mondo vivente, che è il DNA umano, corrisponde l'attività più sofisticata del
cosiddetto universo biologico.
Innanzitutto, le scienze biologiche ci insegnano che lo zigote è ampiamente attivo sin dall'inizio,
espletando funzioni metaboliche tipiche di tutti gli esseri viventi. Perciò è, come minimo, soggetto
di un'anima vegetativa.
Inoltre, purtroppo fino ad oggi non abbiamo studi riguardanti le operazioni sensitive dello zigote
(umano o animale). La sola osservazione, ad esempio, di una sensazione tattile elementare ci
obbligherebbe a concludere, in via definitiva, che questo essere vivente è informato almeno da
un'anima sensitiva o, per riprendere la formulazione più esatta del Contra Gentiles, che esso vive una
vita animale. Tuttavia, rimane il fatto che lo zigote possiede tutto ciò che possiede un protozoo
eucariote e nulla del protofita.74 Oggi – e questo fatto va sottolineato – i protozoi danno prova di
sensibilità, in questo caso, di conoscenza tattile e, secondo alcuni, di mobilità.
Infine, è necessario compiere il passo decisivo e dire che anche senza neuroni e cervello, l'unione
dell'ovulo e dello spermatozoo umani è adeguata a ricevere un principio spirituale? Come si può
asserire che l'embrione compie atti di intelligenza e volontà? Ma ciò non è richiesto né da Tommaso né
dai suoi seguaci che sostengono l'animazione mediata (altrimenti, neanche un bambino alla nascita
sarebbe un essere umano!). Si potrebbe rispondere che le operazioni sensitive sono atti della
combinazione corpo-anima, mentre invece le operazioni dello spirito esigono di essere libere da ogni
causalità materiale, da ogni corporeità. Di conseguenza, è possibile asserire la presenza di un'anima
spirituale concomitante. Ma è possibile dire ancora di più e va detto, dell'anima umana, che sebbene sia
spirituale, essa resta come atto del corpo. L'unità della persona esige che il corpo umano sia disposto ad
essere informato da un'anima spirituale. Pertanto deve differire da un corpo puramente animale che
riduce all'atto un'anima semplicemente sensibile. Infatti, l'organizzazione dello zigote è il principio
delle operazioni sensibili che preparano gli atti spirituali. In realtà, il genoma dell'ovulo fecondato, a
partire dalla fusione dei gameti, ha in sè tutte le informazioni: cioè, il piano dell'organizzazione per la
costruzione dell'organismo, in particolare la corteccia prefrontale che, attraverso la mediazione dei
sensi interni, prepara le operazioni dello spirito. Inoltre, questa informazione, lungi dall'essere
immagazzinata passivamente, si dispiega, fin dalla fecondazione, in un'attività immediata ed
instancabile. Come scrisse François Jacob trent'anni fa: “Ogni ovulo quindi contiene, nei cromosomi
ricevuti dai genitori, tutto il suo futuro, le tappe del suo sviluppo, la forma e le proprietà dell'essere che
emergerà da esso. L'organismo, pertanto, diviene la realizzazione di un programma prescritto
ereditariamente. All'intenzione di una Psychè si è sostituita la traduzione di un messaggio”.75 Non a
caso il grande libro del Nobel per la Medicina descrive la storia della biologia come un viaggio
meraviglioso all'interno di strutture sempre più microscopiche dell'essere vivente. Questa è senza
dubbio una conseguenza del metodo riduzionista, ma può anche essere interpretata come un tributo alla
determinazione miniaturizzata del vivente e, più precisamente, la gerarchia differenziata dei gradi di
determinazione presenti nell'essere animato.
Tutto ciò porta ad affermare chiaramente che dalla fecondazione un embrione è già persona. Non una
persona potenziale, come dice il Comité Consultatif d'Ethique, ma una persona con un potenziale. Tale
affermazione si basa sul carattere pienamente umano del corpo. Lo zigote umano è il corpo organizzato
adatto a ricevere un'anima spirituale e immortale come suo atto primo.
Obiezione
A questa dimostrazione, è stata avanzata la seguente obiezione: l'argomento in questione si basa
sull'attività iniziale dello zigote. Alcune specie animali possiedono un genoma con una complessità e
un'attività quasi paragonabili a quello umano. Di conseguenza, lo zigote umano non presenta dall'inizio
alcuna specificità rispetto ad un ovulo fecondato di altri animali. Allora perché sarebbe informato da
un'anima spirituale? “La straordinaria attività di cui l'embrione è capace sin dai suoi primi stadi – scrive
Georges Cottier – non costituisce ancora una prova della presenza dell'anima spirituale. Infatti, una
simile potenza attiva si trova anche in embrioni di altre specie animali”.76 Si può aggiungere una
183
ulteriore difficoltà: la nostra argomentazione si basa, ancora di più, sulla complessa organizzazione del
genoma. Lo zigote umano condivide questa complessità strutturale in particolare con lo scimpanzè dato
che il 98, 4% dei geni sono in comune tra la specie umana e quella di questi pongidi. Ciò può essere
affermato in un altro modo: tutto, nel corpo umano compiuto, significa la sua umanità. Già Aristotele lo
aveva dimostrato con grande acume di osservazione. Dalla finezza delle venature della sua pelle fino
alla statura verticale passando attraverso la voce articolata e la scioltezza della bocca; al contrario,
niente, nello zigote e nel suo genoma, può manifestare questa differenza.77 Nondimeno, nessuna di
queste differenze si rileva nello zigote o nel suo genoma.
Risposta
Questi argomenti impressionano molto in quanto sono dati per immagini e sembrano condurre al
seguente paragone: l'uomo differisce dall'animale solo per poco più dell'1%. “L'errore maggiore, che
spesso si commette – ribatte il biologo Jean-Didier Vincent – consiste nel dire che siamo paragonabili
al 99% agli scimpanzé”.78
Innanzitutto, la quantità non è così trascurabile. Il genoma umano è costituito di tre miliardi di basi di
nucleotidi. Secondo le ultime stime, la differenza è dell'1. 2%, per cui ci sono meno di 40 milioni di
nucleotidi di differenza tra l'uomo e lo scimpanzè.
Secondo, la quantità non ci dice tutto. Bisogna considerare anche l'ordine. L'analisi diretta delle
porzioni di genoma mostra che ci sono mutazioni selettive tra i geni (essendo i nucleotidi rimpiazzati
da altri)79 inserimento o scomparsa di brevi sequenze di DNA,80 duplicazioni di frammenti di gene,81 e
ricostituzione di intere porzioni di cromosomi.82 Messi insieme, tutti questi elementi aumentano la
distanza genetica tra l'uomo e lo scimpanzè ad un 5%. Pertanto, Svante Paabo, Direttore del
Dipartimento di Genetica presso il Max- Planck Institute dell'Antropologia dell'Evoluzione a Leipzig,
afferma: “Questo piccolo 1. 2% (di differenza tra la sequenza del DNA dell'uomo e quella dello
scimpanzè) può significare molto, soprattutto se le diverse ridisposizioni, duplicazioni e delezioni
osservate sono aggiunte ai 40 milioni di mutazioni selettive”.83
Allo stesso modo, se i geni si riassemblano molto, i cariotipi si diversificano: quello dell'uomo ha 46
cromosomi, quello dello scimpanzè 48, e quello di alcuni tipi di scimmie arriva fino a 70. Le differenze
nell'architettura dei cromosomi porta ad una differenza nell'espressione dei geni e quindi anche dei geni
regolatori da cui dipendono molti altri geni.
Inoltre, la prossimità e la somiglianza genetica sono sorprendenti solo se vengono interpretati
ingenuamente in modo lineare e analitico. Attualmente la genetica è orientata verso un'interpretazione
del genoma non lineare, ma piuttosto combinatoria o addirittura sistemica.84 “L'effetto combinante dei
geni spiega come piccole differenze genetiche possano avere considerevoli conseguenze sugli esseri”,
nota il genetista Axel Kahn.85
Il problema sollevato dalla continuità tra genoma umano e genoma animale è molto intrigante anche, in
particolare, per gli esperti in neurogenesi. Essi, infatti, vanno contro un paradosso problematico.86 Per
dirla in maniera semplice, da un verme ad un topo il numero di geni aumenta da 6 a 8 volte. D'altra
parte, dal topo all'uomo il numero rimane approssimativamente costante, cioè circa 30 mila geni. Fatto
ancor più strano: a giudicare dalle osservazioni disponibili, questi sembrano relativamente simili.
Tuttavia è evidente che questi due organismi hanno cervelli profondamente diversi:87 da un topo ad un
uomo, la superficie e le pieghe della corteccia (o la parte frontale del cervello) hanno avuto una crescita
considerevole da una percentuale molto bassa fino a quasi il 30%.88 Quindi, a parte la questione
filosofica riguardante il momento dell'animazione dello zigote, questa non-linearità fa sorgere un'aporia
che richiede di essere risolta ad un livello rigorosamente scientifico. In questo ambito, due soluzioni
sembrano essere proposte ad oggi: la prima è di tipo combinatorio: sembra che esista una grande
riserva nei 30 mila geni; la seconda, che prende in considerazione il tempo, è di tipo sequenziale: i geni
non sono espressi una sola volta, ma più volte durante lo sviluppo.
Sebbene spettacolare nei suoi risultati, la differenza può essere molto economica nei mezzi: quella del
ruolo critico giocato da certi geni nella separazione tra le specie. Per esempio, un gene codifica
184
l'enzima CMAH. La funzione di questo enzima è quella di favorire l'aggiunta di un particolare
zucchero, l'acido sialico, alla superficie delle cellule. Nell'uomo, a differenza dei primati, questo gene
ha subito una mutazione. Di conseguenza, l'enzima CMAH non può essere codificato. Uno studio
coordinato da Ajit Varki dell'Università della California, a San Diego, ha dimostrato che l'inattivazione
di questo gene si è verificata senza dubbio poco prima della spettacolare crescita del cervello negli
ominidi, due milioni di anni fa. Tale concordanza di tempi, rende possibile ipotizzare che la mutazione
del gene del CMAH abbia avuto un ruolo specifico nell'aumento del volume del cervello.89 Comunque
sia, tale ipotesi dimostra che una piccola causa (genetica) è in grado di generare grandi effetti
(fenotipici).90
Infine, vale la pena di ribadire la necessità epistemologica di una corretta distinzione tra discorso
scientifico e filosofico: inferire, dalla sottile distanza genetica tra l'uomo e lo scimpanzè (fatto
scientifico) la non-specificità dell'uomo (affermazione filosofica) è un sofisma. Questa è la conclusione
cui giunge un articolo su questo argomento: “Bisogna...diffidare di conclusioni pseudo- filosofiche che,
secondo alcuni autori, deriverebbero dal lavoro dei biologi. Dedurre da questi che l'uomo è un nulla, un
accidente non è “una conseguenza derivante dai fatti scientifici. Allo stesso modo, il carattere unico
dell'essere umano non è messo in questione dalla piccola distanza genetica che lo separa dalla scimmia.
Il valore attribuito ai fatti scientifici non deriva dalla scienza”.91
Limiti
L'argomentazione precedente, per quanto pertinente, ha alcuni limiti. Oltre alla difficoltà relativa
all'attuale mancanza di osservazione di operazioni propriamente sensitive dello zigote (l'organo nel
suo agere), rimane la difficoltà della disposizione del soggetto (l'organo nel suo esse). L'obiezione
relativa alla grande somiglianza tra i genomi del pongide e dell'uomo, sebbene non conclusiva, mostra
la difficoltà di discernere nell'organizzazione individuata ed attiva dell'embrione unicellulare, il corpo
preparato a ricevere l'atto dell'anima spirituale. Infatti, resta aperta la distanza tra la potenzialità iniziale
e l'atto finale, a seconda della tesi sostenuta, i sostenitori dell'animazione immediata e quelli
dell'animazione mediata metteranno sempre in risalto i primi l'organizzazione che è già presente e gli
altri l'attualizzazione ancora mancante. Questa aporia nasce forse da un'accentuazione troppo
unilaterale della psuché come forma.
La Persona come Corpo Organizzato da uno Spirito
Presentazione
Finora, abbiamo considerato l'anima come causa formale: cioè, come atto del corpo umano. Ora, il
principio dell'essere vivente esercita anche una funzione efficiente,92 e ciò nel prolungamento della
forma, come spiega in termini più generali Michel Bastit: “La causa efficiente è distinta dalla causa
formale in quanto determina quando può agire o quando agisce, ma si confonde con questa nel senso
che l'efficienza è solo l'estensione esterna della causalità della causa formale già attiva nella causa
efficiente”.93 Si può affrontare la questione dell'animazione dello zigote non più in funzione delle
disposizioni del soggetto, ma del motore dello sviluppo dell'embrione. In altre parole, finora tutte le
argomentazioni si sono basate sull'essere dello zigote, ma non hanno preso in considerazione il suo
divenire e la causa. Credo che la concezione dell'ordine dinamico confermi in modo decisivo
l'argomentazione dell'anima come forma del corpo.
Sulla base di questa nuova prospettiva, il dibattito tra immediatisti e mediatisti può essere formulato in
un altro modo: il processo che porta dallo zigote all'essere umano formato, con gli organi visibili, è, per
i primi, un divenire accidentale, precisamente ciò che Aristotele chiama un movimento quantitativo di
crescita, e, per i secondi, un divenire sostanziale, esattamente ciò che Aristotele chiama generazione di
una nuova forma sostanziale, in questo caso una forma umana, accompagnata dalla corruzione di una
forma che è sostanziale e sensitiva (o anche un doppio processo di generazione-corruzione in Aristotele
e Tommaso). Ogni divenire richiede una causa. Nel caso del divenire sostanziale dell'essere vivente,
185
tale causa deve essere un agente univoco. Cosa potrebbe essere? Detto in maniera più semplice, ogni
divenire richiede una causa proporzionata. Ora, l'antropogenesi è un divenire. Quale sarà allora la causa
motrice che attualizza il soggetto?
L'imbarazzo è grande per Tommaso d'Aquino che segue molto fedelmente Aristotele. Vale la pena
seguire la sempre rigorosa formulazione che fornisce l'Aquinate chiedendosi se il seme può essere la
causa dell'anima animale: “Qualsiasi essere generante, genererà un essere simile a se stesso. Pertanto
l'essere generato deve essere in atto nella causa che lo genera. L'anima sensitiva non è in atto nel seme,
nè in tutto, nè in parte: poiché non c'è nessuna parte dell'anima sensitiva se non in una certa parte del
corpo. Nel seme non c'è nessuna particella (particula) del corpo poiché nessuna particella del corpo
viene dal seme o dalla sua virtù. Di conseguenza, l'anima sensitiva non è causata dal seme”.94 Una
semplice lettura dell'obiezione dimostra come per la conoscenza dell'epoca, il seme non può contenere
una particella del corpo. Sarà necessario tornare su questa necessità di una epigenesi totale, assoluta,
senza alcuna pre- formazione.
Rifiutando di accettare qualsiasi creazione dell'anima sensitiva,95 e non essendo in grado di basarsi su
una capacità organicamente presente nel seme, Tommaso deve quindi ricorrere ad una vis activa,
un'energia o potenza attiva che solo parzialmente sarà nel seme.96 Tale causalità è triplice: la causalità
contenuta nel seme, il suo potere formativo risiede nel carattere spumoso dello sperma,97 “così come
dimostra il suo biancore” (albedo). Tommaso parla anche di uno “spirito” (intellectus o spiritus)
presente nel seme,98 ma il termine non deve trarre in inganno. Averroè spiega che se il Filosofo usa il
termine spirito per designare la virtù presente nel seme, ciò va inteso in senso figurativo: ciò che è
proprio dello spirito, è operare attraverso un organo; e il seme è privo proprio di organi.99 Ma questa
causalità interna opera, di fatto, per delega: “La virtù attiva che è nel seme, derivata dalla stessa anima
del generante, è una sorta di moto (motio) della stessa anima del generante”. Più precisamente, il seme
è un agente strumentale mosso da un agente principale che è l'anima del generante, in questo caso, del
padre. Il potere formativo dell'anima, “poiché si basa, come il suo soggetto, sullo spirito che il seme è
adatto a sostenere, poiché è qualcosa di spumoso, esso comporta la formazione del corpo in quanto
agisce attraverso il potere dell'anima del padre, al quale è attribuita la generazione come suo agente
principale, e attraverso il potere dell'anima del concepito, quando l'anima è in lui”.100 Infine, Tommaso
aggiunge una terza causa, seguendo Aristotele: il sole. Infatti, vediamo che attraverso il suo calore il
seme è in grado di generare. Tutto il calore deriva dai corpi celesti come sua causa prima. Di qui il
famoso detto di Aristotele: “Ciò che crea l'uomo è l'uomo più il sole”.101
Pertanto, sono tre le cause che concorrono alla formazione dell'anima sensitiva e sono coniugate
secondo la gerarchia duale causa strumentale – causa principale, causa univoca – causa equivoca: a)
l'agente strumentale, ossia il seme; b) l'agente principale, che è l'anima generativa del padre che agisce
come causa univoca; c) l'agente equivoco, il sole.102
Perciò si comprende come, essendo la vis formativa solo strumentale, essa debba prendere le sue
energie da una causa molto più potente: l'anima del genitore e i corpi celesti. Ma ciò che il seme
guadagna in potere, lo perde in prossimità ed in immanenza. La filosofia può rimanere ad una tale
visione se viene illuminata dalle nuove conoscenze sull'inizio degli esseri animati derivanti dalle
scienze biologiche?
Finora, la misteriosa vis formativa di S. Tommaso è stata identificata con le sorprendenti capacità
presenti nello zigote e dimostrate dalla biologia. Questa è in parte nei cromosomi, ma, così come si sta
capendo sempre meglio, è anche negli istoni, nel citoplasma e quindi in tutto lo zigote nella sua
progressiva interazione con l'ambiente. Mentre Aristotele e, in seguito, S. Tommaso avevano bisogno
della “vertu dell'atto generativo umano”, per usare le parole di Maritain, le scienze biologiche
hanno reso immanente il processo dello sviluppo. La filosofia dell'essere vivente non può ignorare
questo importante contributo che non può essere dedotto dalle nozioni comuni ed è assolutamente
certo, indipendentemente da ciò che può provenire da una conoscenza distinta: ogni essere animato è
una cellula o composto di cellule. Ogni cellula contiene un genoma portatore del programma di
186
costruzione di tutto l'organismo e della coordinazione degli agenti ad esso preposti. Quindi sappiamo
che, per quanto piccolo, lo zigote contiene in sé, nel suo nucleo, tutto ciò che diventerà. Bisogna tenere
in considerazione la novità costituita da questa conoscenza, probabilmente l'informazione più decisiva
che derivi dalle scienze biologiche e certamente la più insperata per l'epoca antica e il medioevo. In
termini filosofici, le scienze biologiche hanno reso l'ontogenesi dell'essere vivente totalmente
immanente. Aristotele aveva intuito che l'originalità dell'essere vivente consisteva nel suo moto
autonomo; ma questo era inteso proprio dell'essere non compiuto (secondo lo Stagirita, la crescita era
una delle tre operazioni tipiche dell'essere vivente), almeno del suo essere, già in possesso di organi
funzionali visibili. Ma l'embriologia e la genetica hanno fatto tornare all'origine questa autonomia e,
quindi, la capacità immanente di auto-organizzazione, comprendendo il moto autonomo nell'interezza
del divenire. Pertanto, non risulta più necessario ricorrere a queste “stampelle”, a questi principi
transitivi, esteriori che sono l'atto generativo e il cielo. La vis informativa è stata identificata: è il
genoma. Ogni spiegazione fornita da Aristotele e Tommaso che non tiene conto della spontaneità
propria dello zigote e dell'attività immanente deve essere ora rigettata.
Si può affermare, inoltre, che oggi è stato spiegato il processo della causalità univoca esercitata dal
vivente: il meccanismo efficiente e materiale – che per Aristotele risulta dall'osservazione che simile
produce simile – è stato chiarito dalla genetica. L'azione parentale non ha bisogno di continuare nel
seme attraverso un meccanismo che priva lo zigote della sua efficacia.103 Fino a che non è stata rivelata
la presenza del genoma e la sua trasmissione attraverso i gameti (ossia finché non è stato possibile
l'utilizzo di strumenti tecnici), l'ipotesi di un'azione continua dell'atto generativo, sebbene transitiva e a
distanza, ha dimostrato di essere coerente. La conoscenza acquisita dalla biologia ha reso tale attività
obsoleta: l'azione efficiente dei genitori si ferma quando si verifica la fecondazione. Allo stesso modo,
lo zigote non è più uno strumento mosso dall'agente principale, che è l'anima del genitore. “Il fatto più
importante”, scrive Elio Sgreccia in relazione allo zigote e alla formazione di un nuovo essere umano,
“è che questo nuovo programma non è inerte, né è realizzato con l'aiuto degli organi fisiologici materni
che usano il programma allo stesso modo in cui un architetto usa il progetto come modello passivo; ciò
ha a che fare con un progetto nuovo che si costruisce da solo e di cui è l'artefice principale. Sebbene il
sistema informativo di origine materna che ha portato l'ovulo alla maturazione rimanga attivo per un
certo periodo di tempo, dal primo momento della fecondazione, i sistemi di controllo dello zigote
entrano in azione e prendono completamente il controllo già ben prima dell'impianto”.104 Per dirla in
termini simbolici: dando – lasciando – ai gameti il segreto della vita, i genitori offrono tutto l'essenziale
al nuovo essere e gli concedono, in piena fiducia, la più grande autonomia possibile. Abbandonando
ogni partecipazione diretta ed essenziale nella biogenesi, i genitori offrono al neoconcepito, da parte
della madre, una calda e intima accoglienza che protegge e nutre e, da parte del padre, in modo più
mediato, una protezione esterna, ma reale che è sempre una forma di amore.
Per ritornare ad uno stile più ontologico, nella dibattuta questione De anima, Tommaso riprende la
definizione aristotelica dell'anima: l'anima è actus corporis organici physici e aggiunge quia anima
facit ipsum esse corpus organicum:105“L'anima è l'atto di un corpo fisico organizzato poiché l'anima
rende il corpo organizzato”. In questo modo, l'anima non è solo il termine, ma anche il principio
dell'organizzazione. In altre parole, l'anima come causa formale ha come proprio soggetto il corpo
organizzato; ma come causa efficiente ha, come materia, il corpo da organizzare.
Limiti
Tale risposta non è sufficiente. Abbiamo visto che il concetto classico di strumento non tiene
sufficientemente in considerazione la specificità dell'azione del genoma. Inoltre alcuni, non senza
apprensione, vedranno risorgere in questo approccio il fantasma del vitalismo di Hans Driesch – e
temeranno una logica circolare.106 Il DNA cromosomiale ha un ruolo essenziale nello sviluppo
dell'essere umano sin dal concepimento. Ma, ancora una volta, è necessario contestualizzare il suo
ruolo: esso rappresenta lo strumento privilegiato dello sviluppo, ma non è lo sviluppo. È il supporto
materiale per l'informazione; non è l'informazione genetica (sistematizzata nel famoso codice che è
187
stato quindi falsamente identificato con il DNA) e ancora meno l'informazione che è l'anima, principio
dell'essere e dell'operare. Ancora, l'argomentazione suddetta, identifica implicitamente il genoma e lo
zigote e lo isola astrattamente dal citoplasma. La cellula fecondata costituisce un tutto, una totalità
vivente. Solo per dare un esempio molto recente, un gruppo di lavoro anglo-americano avrebbe appena
dimostrato che lo spermatozoo, lungi dal donare all'ovocita solo i suoi cromosomi, trasferirebbe anche
alcune parti di DNA messaggero, sei delle quali sono già state identificate.107
Infine, il genoma e il fenotipo (questa stessa nozione ha assunto molteplici significati secondo il grado
di organizzazione considerato: cellulare, tissutale, organico, individuale) possono essere considerati in
una relazione di potenzialità rispetto all'attualizzazione. Ma essi costituiscono anche due livelli di
organizzazione e quindi di attuazione. Ora, questa differenza non è mai pensata come tale.
L'osservazione di questo fatto inimmaginabile non richede forse una riflessione specifica o, addirittura,
non manifesta un limite intrinseco all'applicazione della coppia atto-potenza nella comprensione della
struttura dell'essere vivente e quindi non invita forse a un nuovo studio? Un ultimo approccio, che non
è alternativo, ma complementare a quelli precedenti, permetterà, auspicabilmente, di eliminare queste
aporie.
La Persona come Centro Organizzatore
Presentazione
Facciamo un passo indietro e consideriamo non solo la relazione tra il genoma e il fenotipo, ma anche
la relazione dello zigote nella sua totalità con l'embrione multicellulare che diventerà, fino a
trasformarsi in corpo completo adulto. Per i sostenitori dell'informazione mediata, solo un corpo dotato
di macroscopici organi funzionali è adatto a ricevere una forma spirituale. Qui sorge un duplice
problema, qui esegetico e dottrinale.
Innanzitutto il problema esegetico, qui si sollevano due questioni: Aristotele richiede che il corpo
vivente animato sia organico, cioè organizzato. Per i filosofi greci, questa definizione richiede la
presenza di organi, organi macroscopici che siano empiricamente identificabili e isolabili
individualmente. Questa duplice identificazione è stata adottata dai Greci in poi fino al Medioevo e al
Rinascimento. Ma le acquisizioni delle varie scienze biologiche obbligano ad una revisione profonda
almeno da due punti di vista: da un lato, la struttura organica come attività fisiologica inizia ben prima
che gli occhi possano percepirla. Abbiamo trattato sopra questo punto. D'altro canto, le attività
funzionali dell'essere vivente non sono relazionate soltanto agli organi, ma anche a sistemi ubiquitari
(sistema immunitario, nervoso, ormonale, vascolare). Pertanto, è ambiguo continuare a spiegare il
termine organico come “dotato di organi” almeno se si interpreta in modo strettamente rigoroso la
parola organo come principio di azione isolato e macroscopico. Inoltre, è stato dimostrato che il
termine organico può essere inteso in un altro senso che non è più passivo, ma attivo: organizzatore. Il
corpo sarebbe quindi sia già organizzato sia ancora da organizzare. Pertanto, l'anima non è più
presente alla fine del processo (come causa formale), ma anche, necessariamente, all'inizio (come causa
efficiente delle operazioni, ma anche della crescita).
Ora il problema dottrinale. Per considerare la relazione esistente tra lo zigote e l'embrione, si può fare
riferimento innanzitutto alle risorse della metafisica tradizionale. Sulla base dell'informazione fattuale
derivante dal senso comune o dalla scienza, i sostenitori dell'animazione immediata e dell'animazione
ritardata le interpreteranno a modo loro dando risalto ad un aspetto o ad un altro: a) in termini di causa
intrinseca, gli immediatisti metteranno in maggiore evidenza l'attualità, mentre gli immediatisti la
potenzialità; b) in termini di causa efficiente, i primi faranno riferimento alla nozione di divenire
immanente e causa principale, i secondi al divenire transitivo (fare) e alla capacità di formare organi.
Senza negare la validità delle categorie precedenti e la loro pertinenza nel chiarire la questione
dell'identità dello zigote, ci potremmo chiedere se possa essere utile ricorrere alla
fenomenologia.108 Non mi riferisco alla fenomenologia post-metafisica, ma a quella strettamente legata
188
alla metafisica.109 Per dirla in breve, in modo anche caricaturale, la fenomenologia in questo senso
costituisce un approccio ai fenomeni fisici (a fortiori del soggetto riflessivo), considerati nella loro
immanenza, dati a se stessi, per esplorare le loro risorse e vedere come superino addirittura loro stessi,
portando ad una fondazione intrinseca finita che non è affatto ridotta a una causa meccanica o ad
un'apertura in cui la trascendenza è eliminata.110 Si tratta – o piuttosto si tratterebbe, dato che un tale
sviluppo è ancora ampiamente inesplorato – non di una “metafisica alla seconda potenza”, come dice
Blondel, ma di una “fenomenologia alla seconda potenza”.
Nel quadro di questa fenomenologia alla seconda potenza (e, qui, della filosofia della natura), farei
riferimento alla distinzione tra essenza ed emergenza come elaborata da Hans Urs Von Balthasar,111 il
quale lungi dal lasciarla in una prospettiva solamente fenomenica, l'impregna di metafisica.112 E
proporrei le ipotesi seguenti: il genoma è al fenotipo e lo zigote è all'organismo formato ciò che
l'essenza è all'apparenza.113 Sviluppiamo questi due punti.
Il genoma costituisce l'essenza, nel significato fenomenologico del termine, dell'essere vivente. Infatti,
l'organizzazione fenotipica, morfologica esprime ciò che è nascosto, ma attualmente presente. Ora, la
differenza non statica tra l'essenza e l'apparenza, ma dinamica tra l'essenza segreta, o misteriosa, e la
figura (Gestalt),114 svelata nella manifestazione, appartiene all'essenza di uno stesso e unico evento
dello sviluppo.115 Inoltre, le obiezioni hanno giustamente messo in evidenza il ruolo attivo del genoma:
questo è un agente che, come un architetto, dirige le trasformazioni materiali e organizza le molecole
presenti nel citoplasma in una totalità strutturata e funzionale. Infine, il genoma rappresenta un centro
attivo. Come nota il Centro di Bioetica dell'Università di Milano rispetto allo zigote:
“Il centro biologico o la struttura coordinante (il corsivo è mio) di questa nuova unità è il nuovo
genoma (corsivo nel testo) di cui è dotato l'embrione unicellulare”.116 Si noterà che il testo parla
di centro e non di centro coordinato, ma coordinante, evidenziando quindi il ruolo efficiente. Inoltre,
negli eucarioti la macromolecola di DNA è situata in un punto chiamato nucleo. Inizialmente (1530),
questo termine indicava la parte dura di un frutto, più tardi la parte compatta nel centro di un elemento
naturale o artificiale e in seguito il termine è stato progressivamente introdotto in tutta l'area delle
scienze naturali (astronomia, geologia, medicina, biologia, elettricità, fisica, meteorologia), delle
scienze umane (psicoanalisi, linguistica), e anche delle tecnologie (nel quindicesimo secolo l'asse
centrale di una scala; nel diciassettesimo, la parte piena di uno stampo).117 Infine, in senso
figurativo, nucleo designa “un piccolo gruppo di persone” “che hanno fatto sorgere un gruppo più
ampio” (1794) o che svolge “un'attività in un ambiente ostile” (1844). Per analogia,
questo nucleusindica il centro, il luogo segreto e la fonte attiva che attesta la presenza ubiquitaria di
questa logica figurativa in cui si svela l'essenza di un essere attraverso la mediazione del suo apparire.
Ciò che è vero nella relazione tra genotipo e fenotipo è anche vero nella relazione tra zigote ed
embrione nell'ontogenesi. Lo zigote si presenta come centro attivo da cui deriva tutto con ordine ed
efficacia. La distinzione interno- esterno cessa di essere semplicemente simbolica o spaziale e diventa
ontologica. Anche Angelo Serra è giunto a tale conclusione: “Il neoconcepito...è un individuo
pienamente umano che, in modo autonomo, attimo dopo attimo e senza discontinuità,costruisce la sua
stessa forma sviluppando, attraverso un'attività intrinseca, un piano progettato e programmato dal suo
stesso genoma”.118
Da un tale punto di vista, la totalità è sigillata (nell'atto primo, non nella potenzialità) in questo
frammento unico, che è il cuore, il centro. Questo costituisce allo stesso tempo l'essenza nascosta, la
fonte di ogni manifestazione e la causa di ogni dinamismo. Ma è l'anima che muove il corpo. Di
conseguenza, una prospettiva fenomenologica conclude a favore della presenza, sia motrice che
manifestativa, dell'anima intellettiva nel cuore dello zigote.119
Conferme
Questa ipotesi trova eloquente conferma nei dati scientifici, soprattutto embriologici. Infatti, il punto di
partenza di questa disciplina è il problema seguente: “Ognuno di noi ha iniziato la propria vita come
cellula, l'ovulo”, scrive Nicole Le Douarin. “In questo caso, per la specie umana, un piccolo corpuscolo
189
di materia vivente di 100 mm di diametro”. “Questo pensiero suscita, quando ci si sofferma, incredulità
e domande” – i Greci avrebbero detto, ammirazione e stupore. Da ciò deriva la questione fondamentale
dell'embriologia: “Come può essere che da questa sola cellula isolata vengano fuori le parti del corpo
di un adulto, costituite da diversi miliardi di cellule armoniosamente ordinate per formare organi
diversi e complessi come il cervello, le membra, gli occhi o il volto?”.120 Come si può affermare meglio
che lo zigote è la cellula fondatrice, il cuore da cui proviene tutto l'essere vivente? La biologia dello
sviluppo ha progressivamente dimostrato che le cellule hanno preso vita non secondo una crescita
continua, ma a partire da centri organizzatori, sorgenti di induzione, sorgendo in modo discreto e in un
unico atto. Il primo di questi fu scoperto dal biologo Hans Spemann121 (che continuò gli esperimenti
sulla regolazione fatti da Hans Driesch). Ma studi sperimentali hanno stabilito che l'organizzatore di
Spemann è preceduto a monte da un centro ancor più primordiale, quello scoperto dall'embriologo
olandese Pieter D. Nieuwkoop e che ora porta il suo nome.122 Inoltre, “è stato ora stabilito che il centro
di Nieuwkoop si costituisce al momento della fecondazione”.123
Questa ipotesi non è così lontana dalla visione di Aristotele come potrebbe sembrare. Infatti, per lo
Stagirita, il cuore è il principio dell'essere vivente. È primo cronologicamente: “Il cuore è la prima
parte a differenziarsi ed esiste in atto”124 e ontologicamente.125 Mentre il principio primo (come il
seme) contiene tutto l'essere vivente solo in potenza “nell'embrione, dove in un certo modo tutti gli
organi si trovano in potenza”,126 questo principio è attualizzato e, per questo motivo, individualizzato in
questo primissimo organo che è il cuore; inoltre, “esso contiene il principio della crescita”.127 Pertanto,
per Aristotele il cuore è l'equivalente di ciò che più tardi per gli embriologi sarà il principio di
organizzazione. Anche Rodolphe Kempf giunge a tale conclusione in un articolo in cui paragona
Spemann ad Aristotele su questo punto, affermando che si è autorizzati a vedere nel centro
organizzatore l'analogia contemporanea del cuore nella teoria aristorelica. Egli spiega: “Il filosofo vede
le sue idee più importanti confermate dalla scienza contemporanea: la morfogenesi animale usa un
centro poiché un animale è fondamentalmente un individuo centralizzato”.128 Questo centro
organizzatore è la causa strumentale, mossa dall'anima spirituale, della costruzione e manifestazione
della totalità.
Pertanto, bisogna affermare (e distinguere) una duplice stratificazione fenomenica. Secondo la prima,
la realtà visibile (qui il corpo vivente organizzato, ma già la struttura dello zigote), esprime, rivela una
realtà invisivile (in questo caso, lo spirito che anima). Questa prospettiva più classica129 non è quella
sviluppata qui, anche se è implicitamente presente. La seconda stratificazione è interna ai corpi: la
stessa struttura somatica verifica questa logica dimostrativa e, ancora una volta, a livelli diversi: il
nucleo si esprime nell'organizzazione della cellula; la cellula iniziale e iniziatrice, lo zigote, è il centro e
la fonte di tutta l'architettura del corpo. Infine, quando l'organismo si è già aperto, sviluppato, si dota di
alcuni centri parziali di organizzazione (Nieuwkoop's, etc.). La realtà sembra dunque obbedire ad una
logica di costruzione fenomenica e ciò secondo un processo di imbottigliamento in bambole russe, che i
frattali cercano di sistematizzare. Comunque sia, un essere vivente si costituisce a partire da una realtà
nodale o nucleare o cordiale130 che presenta la quadruplice caratteristica: geografica, di essere centrale;
storica, di essere originale; dinamica, di essere fontale; e fenomenologico-ontologica, di essere
l'essenza misteriosa che si esprime, senza mai esaurirsi, nella totalità organica.131Ora, abbiamo appena
visto che la fenomenologia metafisica rende significativa la distinzione interno- esterno/essenza-figura.
Essa, dunque, valorizza la capacità morfologica dell'embrione e considera la membrana molto più che
una frontiera esterna: è la manifestazione esteriore che un essere vivente si dà a partire dalla sua
intimità.132
190
Alcune Risposte
Gemelli omozigoti
L'argomento dei gemelli omozigoti confonde l'individualità con l'indivisibilità: un individuo è
caratterizzato dalla sua individualità (in atto), non dalla sua indivisibilità (in potenza). Inoltre, la
formazione di gemelli omozigoti è presentata come la divisione in due parti di un embrione. La
maggior parte delle volte, invece, si tratta della separazione di un blastomero da tutti gli altri. Pertanto
non è un embrione che si divide in due, ma un embrione che nasce dall'altro. Se dovessimo riferirci ad
un'immagine, potremmo fare riferimento alla ricca simbologia biblica della nascita di Eva da una parte
del corpo di Adamo (la costola, metafora del cuore, è una parte significativa della totalità). Vincent
Bourguet ha proposto la seguente precisazione: “Invece di dire che uno diventa due, bisognerebbe dire
che lo zigote originario rimane dopo la separazione in uno dei due gemelli”.133
Due cose, poi, inducono in errore. La prima è lo stesso termine gemello. Esso implica la perfetta
uguaglianza o convertibilità tra i due embrioni, mentre si tratta piuttosto di un processo di filiazione
(asessuale, ma non partenogenetico). Questo termine, che nasce dal riassemblamento morfologico, è
stato erroneamente riferito all'origine. La seconda cosa consiste nel breve periodo di tempo che
intercorre tra la formazione del primo e del secondo gemello, che tende ad essere trascurato in
relazione a tutto l'arco della vita. Tale differenza risulta essere notevole se considerata a livello non
cronologico, ma ontologico: uno degli esseri non è l'origine, bensì all'origine – corporea – dell'altro.
Ciò è messo in evidenza da un indizio: se sono necessari alcuni giorni per passare da 1 a 64 cellule,
immaginiamo per un adulto.
Infine, Philippe Caspar ha dimostrato, a mio parere in modo definitivo, una delle principali origini
storiche della confusione concettuale tra individualità e indivisibilità: la metafisica della monade di
Leibniz. Per fare solo un esempio, esiste un sorprendente legame, non solo concettuale ma anche
verbale, tra la teoria di Leibniz e quella di Jean-François Malherbe e di Edouard Boné:
“Per individuo intendo un essere che distrugge la sua stessa scissione e la cui fusione con un altro
essere è impossibile”.134 Infatti, Leibniz ha bloccato i concetti di individuo monadico e di indivisibilità:
secondo il principio degli indiscernibili, non possono esistere due individui assolutamente identici. Ora,
due gemelli omozigoti sono geneticamente identici perciò non possono esistere: “una sostanza non può
essere divisa in due, né da due può derivarne una”.135
Cellule totipotenti
La totipotenzialità può essere interpretata in due modi opposti: come una indeterminazione
indifferenziata, come da obiezione, oppure come una riserva al servizio del bene dell'embrione. È
questa seconda linea interpretativa che si rivela vera, come ha dimostrato il famoso embriologo
Pedersen: il processo di sviluppo richiede che l'embrione, ai primissimi stadi, sia in grado di accettare
modifiche del programma e di imporle alle cellule che sono già differenziate nell'interesse della totalità
che si sta formando.136 Inoltre, la recente scoperta della presenza di cellule pluripotenti nell'adulto
(chiamate cellule staminali) è a favore della seconda ipotesi. Esse servono a riparare gli organi malati.
Per esempio, un gruppo svedese ha dimostrato che cellule staminali del sistema nervoso erano in grado
di formare un cuore normale.137
Alla luce di questa obiezione, che ricorre quasi quanto quella dei gemelli omozigoti, mi domando se
non dovremmo interrogarci sul concetto di potenzialità e attualità alla luce delle nuove nozioni
introdotte dalle scienze biologiche. In un'espressione, all'atto come potere sulla potenza o potere sotto
di essa. Quindi, l'indeterminazione delle cellule totipotenti costituisce una potenzialità su cui l'anima
può esercitare il proprio dominio, il proprio atto: l'atto non è una imperfezione in attesa di
determinazione, ma una perfezione, una fonte di determinazione.138
L'embrione come essere di relazioni e parole
L'argomento deriva dal sofisma del pesce rosso: togli l'acqua dal contenitore e il pesce morirà; se
rimetti l'acqua non necessariamente il pesce tornerà a vivere. Così il cervello è la condizione del
191
pensiero, non la sua causa. Come ha notato anche il grande biologo Pierre-Paul Grassé, “si è preteso
che l'embrione non fosse uomo finché non avesse acquisito il sistema nervoso. Non è nulla. Tale
acquisizione, che si realizza ad uno stadio precoce della vita embrionale, non cambia la natura
dell'essere che è già dotato di tutte le potenzialità della sua specie. Essa non aggiunge nulla
all'embrione, neanche la coscienza, che apparirà solo dopo la nascita”.139
Fondamentalmente, coloro che obiettano si basano sul carattere non-significante della vita umana; essi
postulano che l'unica fonte di significato sia lo spirito.140 Un tale concetto risale alla separazione tra
natura e spirito, caratteristica dell'eredità galileiana-cartesiana.
Inoltre, l'obiezione riduce eccessivamente la comunicazione tra madre e zigote allo scambio di
nutrimento e informazioni. L'ambiente e il contenitore non sono estrinseci al contenuto, in questo caso
l'essere vivente, se non in una riduzione geometrica da luogo a spazio. La madre dà allo zigote più del
nutrimento e dell'informazione: la calda amorevole protezione del suo corpo, il luogo protettivo,
segreto nascosto, la comunicazione delle sue intime emozioni, a partire dalla sua gioiosa accettazione
della maternità, etc. Lungi dall'essere solo fisico e fisiologico, questo avvolgimento riveste una
funzione sensibile ed anche realmente spirituale dato che riguarda sia il corpo che i tre gradi della
vita.141
Senza entrare nella valutazione dettagliata dell'approccio all'ipseità proposto da Ricoeur, ci potremmo
chiedere se, volendo esorcizzare i rischi dell'ontologizzazione o anche della biologizzazione
dell'identità-idem, egli non cada nell'errore simmetrico – svalutando troppo la continuità corporea,
l'origine spirituale di ogni essere umano e non vedendo quanto presuppone la narrazione e quanto si
adegui a questi fatti primordiali. Errore basato sulla dicotomia post-cartesiana della natura e della
libertà e da una disperata assenza di riflessione metafisica.142
Il riconoscimento da parte di altri
Per l'umanizzazione del nuovo essere è essenziale che questo sia riconosciuto dai suoi genitori,
soprattutto dalla madre. Quando ad un bambino non si parla o non gli si danno segni d'amore, si
produce una deprivazione affettiva che può portare alla morte.143 L'obiezione, quindi, indica una verità
che non sarà mai sottolineata abbastanza e che può essere riassunta in una formula drastica: solo alcuni
bambini sono adottivi; tutti i bambini invece devono essere adottati da un atto di riconoscimento
genitoriale.144
Tale riconoscimento, tuttavia, presuppone i sensi, non li costituisce. Non è per il fatto di essere
accettato dai genitori che l'embrione è un uomo, ma per il fatto che l'embrione è uomo che nei genitori
nasce la questione della sua accettazione. È ciò che il fondatore della maternologia ha affermato in
diverso modo: “Il bambino non proviene dal pensiero, a meno che non si abbandoni alla carne, se si fa
carne. Ogni manipolazione mentale o genetica si ritorce contro la carne; ogni apertura dello spirito alla
carne lo conduce fino alla sorgente dove nasce la vita. E la vita ritorna alla carne. La vita non esce dal
laboratorio, sarebbe solo vita, non un essere vivente. La vita ritorna alla carne anche se è divenuta
spirito – e lo spirito si ritempra nella sua sostanza che non è il pensiero, ma la sensazione a partire da
cui può pensare, la sua immersione nel sogno che rende possibile la carne, l'unione delle carni”.145
Infine, l'obiezione afferma in pratica ciò che nega in teoria. Nessun biologo coerente costruirebbe la
propria obiezione o la deciderebbe attraverso un atto verbale. Nella sua pratica biologica, René
Frydman sa che i gameti umani e gli zigoti che si presentano all'occhio del suo microscopio
obbediscono a leggi specifiche e che se lui le trasgredisse, non osserverebbe nulla e, al di là di ogni
valutazione etica, non otterrebbe alcuna fecondazione in vitro.
Il numero degli aborti spontanei
L'argomento è fallace dal punto di vista scientifico. Il numero degli aborti spontanei è stato
sopravalutato per lungo tempo (come molti altri autori, Patrick Verspieren parla di metà, senza citare le
sue fonti). Di 198 concepimenti diagnosticati attraverso test basati sull'HCG, A.J. Wilcox e il suo
gruppo ne individuano 155 come gravidanze clinicamente identificabili e 136 come portate a
termine.146 Inoltre, oggi sappiamo che gli aborti spontanei non sono random, eventi arbitrari. Molti
192
aborti precoci sono legati ad anomalie non viabili. Perciò, un embrione abortito naturalmente è un
organismo non sufficientemente adatto o anche resistente all'animazione. Una poliploidia, ad esempio,
è incompatibile con l'identità umana. “Si sa – afferma Anne MacLaren – che nella nostra specie
(umana) è molto alta l'incidenza di anormalità cromosomiche”, molto più rispetto ad altre specie
animali conosciute, “e non sappiamo perchè”.147
L'errore è anche filosofico. Ammettiamo che gli aborti spontanei siano frequenti, o anche che le cause
possano non essere patologiche. Tuttavia, la loro frequenza li rende naturali? Questa è una proprietà o
un accidente, non l'essenza della naturalità di un processo. Un processo è considerato naturale perché
orientato verso un completamento: l'acquisizione di una determinazione, ciò che Aristotele
chiamerebbe una forma.148 L'aborto spontaneo è per definizione la scomparsa di un essere, quindi la
privazione di una determinazione. Inoltre, esso rappresenta un fallimento. Il fallimento si verifica per
accidente: per definizione, esso è al di fuori dell'ordine intenzionale. Ma la natura è principio di
movimento per sè, non per accidente.149 Di conseguenza, a rigore non si può affermare che un aborto
spontaneo sia naturale.150 Certamente, l'uso attuale del termine naturale si è gradualmente identificato
con spontaneo, nel qual caso risulterebbe ridondante, pleonastico per descrivere un aborto spontaneo
come naturale. Ma nel suo senso pieno, rigoroso, naturale indica una logica intima presente negli
esseri fisici, e la nota polisemia di questo epiteto rischia di condurre ad un pericoloso cambiamento di
significato. Inoltre, questo fatto presumibilmente naturale ancor meno può essere usato come base per
una sua imitazione.
La necessità di un corpo organizzato
Nel corpo del testo si è ampiamente risposto a questo argomento, perciò non ci ritorneremo. Vorrei solo
aggiungere un'osservazione di carattere psicologico: il blocco tra organizzazione e presenza di organi
identificabili non rappresenta un'ulteriore offesa all'intelligenza da parte di un monismo metodologico,
cioè, di una polarizzazione esclusiva su un tipo di approccio a ciò che è reale? Infatti, uno zigote può
essere considerato da un punto di vista genotipico o fenotipico rispetto alla sua morfologia
macroscopica finale (non ho detto completa) o rispetto alla sua morfologia microscopica iniziale (non
ho detto abbozzata). È significativo che Aline Lizotte non adotti, o approcci, il punto di vista genetico e
che nemmeno a titolo di obiezione affronti la questione dello status dell'organizzazione del genoma (sul
duplice piano strutturale e operativo).151
Vince Bourguet – come Philippe Caspar – ha giustamente criticato proprio il privilegio indebito
attribuito ai criteri morfologici ed anatomici. Sebbene egli non fosse in grado di distinguere l'aspetto
morfologico (essere) e fisiologico (agire) presente nei termini organizzazione e organo e l'importanza
che Aristotele dà al secondo, in nome della sua definizione di natura come principio interno di
operazione, Vincent Bourguet ha giustamente evidenziato la confusione tra umano e adulto: “Un
individuo può appartenere alla specie umana senza avere alcuna proprietà morfologica dell'adulto”. “È
il caso dello zigote. Esso non è un essere umano potenziale, è un essere umano attuale con la
potenzialità di essere adulto”. Rovesciando l'interpretazione classica, l'autore pensa che bisogna
lasciarsi informare dal caso del vivente umano su ciò che è l'individualità piuttosto che applicare a
questo la nostra concezione più generale dell'individualità: “Lo studio dell'uomo ci insegna che egli
esiste inizialmente in forma di una cellula, poi di più cellule chiuse da una membrana, questo ci sembra
essere l'insegnamento della biologia sull'uomo. Un essere umano passa attraverso ordini differenti
di realtà, dall'elementare al complesso e alla coscienza ed è questa traiettoria ascendente attraverso cui
passa l'uomo che definisce la sua individualità”.152
Per guarire l'intelligenza da questo unilateralismo o, in ogni caso, per favorire un dialogo tra le due
prospettive, non è necessario recuperare la capacità di stupirsi di fronte alla prodigiosa organizzazione
dell'embrione? Il filosofo Malebranche, nel suo coltivare assiduamente la scienza ha provato questo
quando ha osservato la formazione di un pulcino nell'uovo: “Sì, Ari, l'uovo è opera di una intelligenza
infinita”.153 “Il processo di sviluppo embrionale”, dice Wolpert, “è uno dei problemi più eccitanti della
biologia moderna”.154 Inoltre, gli avanzamenti nelle scienze biologiche negli ultimi 150 anni ci hanno
193
impedito di dissociare la nostra prospettiva strutturale e fisiologica dell'essere vivente dal suo approccio
storico (che non ha nulla di storicistico). La storia ci insegna l'importanza decisiva dell'inizio. Allo
stesso modo, le scienze del vivente ci portano a stupirci davanti a questi inizi che non solo sono molto
ricchi di promesse, ma anche di contenuti attuali: “L'unità dell'origine di tutte le cellule di un metazoo
hanno più importanza della loro attuale molteplicità”, ha affermato Georges Canguilhem. “L'origine del
metazoo è l'uovo; quella cellula unica iniziale che si è divisa, non alcune cellule preesistenti che si
sarebbero raggruppate”.155 Il fatto che l'essere vivente non sia costituisca per agglomerazione, ma per
crescita interna, non evidenzia la ricchezza insondabile dell'origine?
Conclusione
In ogni epoca, l'uomo è stato impressionato dallo straordinario sviluppo che si verifica dalla
fecondazione alla nascita. Oggi, tuttavia, le scienze non ci permettono di vedere questo sviluppo solo
come un passaggio dalla potenza all'atto. Già dall'inizio è un essere straordinariamente organizzato e
attivo, in altre parole, un essere in atto. Non è una persona potenziale, ma una persona con un
potenziale. Alcuni anni fa, un Presidente della Repubblica francese
affermò che il ventesimo secolo era il secolo della biologia.156 Ci auguriamo che il ventunesimo secolo
sia il secolo di una filosofia della biologia in grado di renderne conto in modo soddisfacente.
Come Cristiano, aggiungerò una parola: dalla creazione del mondo, l'unica vera e assoluta novità –
parlo di novità nell'essere, non nell'operare – è l'essere umano. Dopo che Dio, attraverso la sua Parola
creatrice, fece l'universo dal nulla, ma ancora di più dal suo amore, Egli non è intervenuto direttamente,
immediatamente per creare un nuovo essere prima della formazione del primo uomo. Ed Egli agisce,
muove, se posso dirlo, attraverso ogni embrione che inserisce nella trama dell'universo e dell'umanità.
Questo per dimostrare la sua importanza e il suo valore.
194
1. Per i dettagli sugli argomenti e i riferimenti mi permetto di rinviare a: Ide P., Le zygote est-il une
personne humaine?, Paris: Téqui, 2004.
2. Congregazione per la Dottrina della Fede, Donum Vitae, I, 1, AAS 1988, 80: 79. Come noto,
questo passaggio fondamentale è citato da Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Evangelium
Vitae (25 marzo 1995), n. 60.
3. Jones H.W., Ethics of in Vitro Fertilization: 1984, in Vitro Fertilization and Embryo Transfer,
Annals of the New York Academy of Sciences 1985, 442: 577-582. In questo articolo l'autore
presenta l'argomento principale.
4. La teoria della cosiddetta cariogamia si trova in Dawson K., Fertilization and Moral Status: a
Scientific Perspective, in Singer P. (ed.), Embryo Experimentation, Cambridge, 1990: 43-52.
5. Ethical Advisory Board (DHEW), HEW Support of research involving human in vitro
fertilization and embryo-transfer, Washington: US Government Printing Office, 1979. Per il
DHEW, l'impianto uterino è completo al 14ogiorno.
6. Il famoso Rapporto Warnock (Warnock Committee, Report of Inquiry into Human Fertilization
and Embryology, London: Her Majesty's Stationery Office, 1984) giustifica l'uso dell'embrione
umano a scopo di ricerca fino a questa data, ma senza fare riferimento ad alcun argomento
preciso. Tuttavia, l'argomento della linea primitiva è trattato da un membro del Comitato
Warnock, la dottoressa Anne McLaren, di cui si parlerà in seguito.
7. L'argomento basato sulla formazione della linea primitiva si trova nella Commissione Waller in
Australia: nel corso di questa formazione, si afferma, la differenziazione dell'embrione diventa
evidente (Committee to Consider the Social, Ethical and Legal Issues arising from in
vitro fertilization, Waller L., Report of the embryos produced by in vitro fertilization,
Melbourne, 1984). “Il sorgere della stria primitiva è il segno che si è formato ed ha iniziato a
vivere un embrione in senso proprio, un individuo umano. Prima di questo stadio, parlare della
presenza di un essere umano ontologicamente reale, non avrebbe senso” (Ford N.M., When did I
Begin? Conception of the Human Individual in History, Philosophy and Science, Cambridge:
Cambridge University Press, 1988: 168)
8. Questa è l'opinione difesa dal sacerdote domenicano Pastrana G., Personhood and the beginning
of human life, The Thomist 1977, 41: 247-294.
9. A partire da questo stadio, non si parla più di embrione, ma di feto. Tuttavia, come spiegherò,
non faccio uso di questa distinzione, così come non distinguo tra embrione e pre- embrione per
motivi analoghi.
10. Goldenring J.M., The brain-life theory: towards a consistent biological definition of humanness,
Journal of Medical Ethics 1985, 11: 198-204. “La vita umana può essere vista come uno spettro
continuo dall'inizio della vita cerebrale in utero (8 settimane di gestazione) fino alla morte
cerebrale. In ogni circostanza, possono essere presenti tessuti e sistemi di organi, ma senza la
presenza di un cervello umano funzionale, essi non possono costituire un essere umano, almeno
nel senso medico dell'espressione”.
11. Korein J., Ontogenesis of the Fetal Nervous System: the Onset of Brain Life, Transplantation
Proceedings 1990, 3: 82.
12. Comité Consultatif National d'Ethique Français pour les Sciences de la Vie et de la Santé
(CCNE), Avis sur les prélèvements de tissus d'embryons ou de fœtus humains morts à des fins
thérapeutiques, diagnostiques et scientifiques (22 maggio 1984), in CCNE, Avis de recherches
sur l'embryon, Arles: Actes Sud/Inserm, 1987: 11-31; p. 13. Precedentemente, secondo la
formula divenuta celebre, “l'embrione o il feto deve essere riconosciuto comepersona umana in
potenza” (Ibid., p. 15, corsivo mio).
13. Secondo l'esegesi di Bourguet V., L'être en gestation. Réflexions éthiques sur l'embryon humain,
Paris: Presses de la Renaissance, 1999: 167. Sulla critica di tale concetto, cf. pp. 167-195.
195
14. Questa, per esempio, è la posizione di Engelhardt che richiede la presenza di attività razionale
che implica l'autocoscienza e la capacità di comunicare (Bondeson W.B., Engelhardt
H.T., Viability and the Use of the Fetus, Abortion and the Status of the Fetus, Philosophy and
Medicine 1983, 13: 184-191).
15. Cf. il quarto argomento a seguire.
16. Cf. Mori M., Aborto e morale, Milano: Il Saggiatore, 1996.
17. Thévenot X., Le statut de l'embryon, Projet. Vers la procréatique, 1985, 195: 45-56.
18. Mi riferisco alla presentazione fatta in questo stesso volume dalla prof. Sica G., Lo sviluppo
dell'embrione preimpiantatorio. Per essere più precisi, bisogna fare una distinzione tra la
totipotenza dei blastomeri considerati separatamente – secondo le osservazioni, essa scompare
dopo lo stadio di 8 cellule – e la potenzialità della blastocisti, quindi dell'embrione considerato
nella sua totalità – che, d'altro canto, rimane per 15 giorni (da cui l'apparizione tardiva di
gemelli).
19. Come si può vedere, tale argomento può assumere varie forme, a seconda del criterio utilizzato.
Questo è il motivo per cui alcuni, come Peter Singer, mettono in evidenza la capacità di soffrire
(cf. Singer P., La libération animale, Parigi: Grasset, 1993: 37) traendone conclusioni etiche
(Id., Pratical Ethics, Cambridge: Cambridge University Press, 1993; Id., Questions d'éthique
pratique, Paris: Bayard, 1997).
20. “Da un punto di vista ontologico, l'embrione prima dei 5 mesi è il corpo di un essere in cui è
assente la coscienza, la ragione, l'intelligenza, la memoria, la capacità di entrare in relazione con
se stesso, con gli altri e col mondo, tra queste vie vi è un'innegabile relazione. Per quanto
riguarda l'umanità, entrambi derivano più dal nulla che dall'essere, essi fluttuano ciecamente
nella vita, ma non ancora, o non più, nell'umano” (Onfray M., Féeries anatomiques.Généalogie
du corps faustien, Paris: Grasset, 2004).
21. Ricoeur P., Soi-même comme un autre, Paris: Seuil, 1990, cinquième étude: L'identité
personnelle et l'identité narrative.
22. Ibid., sixième étude: Le soi et l'identité narrative.
23. “L'embrione non è un fuorilegge”, L'Express (19 novembre 1992). Cf. la stessa proposta di
Frydman R., Dieu, la médecine et l'embryon, Paris: Odile Jacob, 1997: 79-107.
24. Fagot-Largeault, e Delaisi De Parseval, parlano di “due ovuli fecondati su tre” che “muoiono nel
corso delle prime 6 settimane” (Fagot-Largeault A., Delaisi De Parseval G., Qu'est-ce qu'un
embryon? Panorama des positions philosophiques actuelles, Esprit, 1989, p. 95).
25. Raner K., À propos du problème de la manipulation génétique. Ecrits théologiques, tom.
XII, Problèmes moraux et sciences humaines, Paris: DDB-Mame, 1970: 80.
26. Esattamente dopo il noto articolo di Donceel F., Immediate Animation and Delayed
Hominization, Theological Studies 1970, 31: 76-110.
27. Questa è la posizione costante di Lizotte: “Sembra difficile affermare che nell'embrione nei
primi giorni, quando è ancora solo un blastomero o una morula, sia presente un'anima umana la
cui funzione principale sia intellettiva e volitiva. L'embrione non sembra avere, anzi ne sembra
lontano, l'organizzazione di materia sufficiente per agire come supporto strumentale e organico
per queste operazioni della vita intellettiva. – C'è bisogno di un cervello per pensare!” (Lizotte
A., Réflexions philosophiques sur l'âme et la personne de l'embryon, Anthropotes 1987, III(2):
155-195; p. 156) “perciò lo zigote non ha la potenzialità per operazioni sensibili poiché non ha
ancora un'organizzazione neuronale, e questa privazione rappresenta un ostacolo importante che
rende impossibile l'operazione” (Ibid., p. 186). “La materia non è solo forma potenziale, in atto
primo (entéléchéia), essa è operazione potenziale (énergéia). Se l'anima deve essere l'atto primo
di questa triplice causalità (formale, efficiente e finale), allora non solo la sua presenza è
necessaria per vivificare la materia: la materia deve anche essere in grado di compiere le
operazioni per le quali è stata animata. Come insegna Aristotele, le facoltà o i poteri attraverso
196
cui l'anima opera non può esistere prima del corpo, strumento di questo operare. Quanto
all'intelligenza, essa non compie i suoi atti attraverso un organo. Tuttavia, rimane il fatto che
essa ha bisogno dell'attività dei sensi per agire e, come aggiungerebbe Tommaso, i sensi devono
aver raggiunto la loro massima perfezione per servire l'anima razionale. Se l'anima è la causa
formale, essa deve essere l'atto primo di un corpo con vita potenziale; un corpo con
un'organizzazione sufficiente da essere immediatamente capace di operazione” (Ibid., pp. 179180). Corsivo nel seguito. L'autore cita Tommaso d'Aquino, Q. D. De Anima, q. un., a. 8 e In
Aristotelis Librum De Anima Commentarium, L. II, l. 2, n. 240; cf. Kreits., Introduction à Saint
Thomas d'Aquin. Bref résumé de la foi chrétienne. Compendium theologiae, Paris: Nouvelles
Editions Latines, 1985: XVI.
28. Mathonat B., Le début de la vie humaine chez Saint Thomas, Cahiers de la Faculté Libre de
Philosophie Comparée 2000, 59: 79-114; pp. 104-107. Questo argomento è in accordo con
quanto sviluppato da Shea, dove, nella vita embrionale, l'attività cerebrale rende possibile il
passaggio dal livello cellulare, che è frammentato, al livello olistico o unificato. Infatti, il
cervello realizza l'unificazione dei vari organi e tessuti in un unico individuo umano (Shea
M.C., Embryonic Life and Human Life, Journal of Medical Ethics 1985, 11: 205-209). Ora, un
essere umano è necessariamente unificato. Pertanto bisogna aspettare che emerga l'attività
cerebrale per essere davanti ad un vero embrione umano.
29. L'autore, prudentemente e solo in una nota, specifica un lasso di tempo in cui l'anima umana
sarebbe infusa: “Tra la terza e la quarta settimana, cioè tra il 21o e il 28o giorno” (Ibid., nota 67:
107). Non vengono forniti argomenti precisi. In ogni caso, sia nelle tesi di Benedicte Mathonat
sia in quelle di Aline Lizotte, gli unici fatti scientifici menzionati appartengono all'ambito
dell'embriologia, quindi alla morfologia visibile degli organi.
30. Mathonat, Le début de la vie..., pp. 110-112.
31. Sul solo piano somatico, per lungo tempo il neonato è stato “affare degli ostetrici, delle levatrici
e delle madri. Il pediatra interveniva solo più tardi”, ha affermato il fondatore della neonatologia,
Relier (Relier J.P., L'aimer avant qu'il naisse. Le lien mère-enfant avant la naissance, Paris:
Robert Laffont, 1993: 19).
32. Bellieni C.V., L'alba dell'io. Dolore, desideri, sogno, memoria del feto, Firenze: Società Editrice
Fiorentina, 2004. Lo stesso titolo fa riferimento ad un classico della percezione fetale e
neonatale: Herbinet E., Busnel M.C. (a cura di),L'aube des sens, Paris: Stock, 1981.
33. Astelli-Hidalgo N., Sauver ce qui était perdu et le fruit de tes entrailles. La guérison des
blessures reçues dans le sein maternel, Paris-Fribourg: Saint-Paul, 1993. Cf. i chiarimenti di
Hennaux J.-M., La guérison des souvenirs et des blessures reçues dans le sein maternel,
Nouvelle revue théologique 1997, 119(1): 65-84.
34. Bayle B., Introduction à l'étude de la scène conceptionnelle contemporaine, Université de
Marne- la-Vallée, 1997; Id., Embryon sur le divan. Psychopathologie de la conception humaine,
Médecine et psychothérapie, Paris: Masson, 2003; Id., L'enfant à naître. Conception, grossesse
et gestation psychique, Vie de l'enfant, Paris: Érès, 2005.
35. Boltanski L., La condition fœtale. Une sociologie de l'engendrement et de l'avortement, Paris:
Gallimard, 2004.
36. Colombo R., La vulnerabilità nella ricerca biomedica. Il caso dell'embrione umano, in Vial
Correa J., Sgreccia E. (a cura di), Etica della ricerca biomedica per una visione cristiana, Città
del Vaticano: Libreria Editrice Vaticana, 2004: 217-244.
37. Hennaux J.-M., Le droit de l'homme à la vie de la conception à la naissance, Bruxelles: IET,
1993: 28.
38. Devo questa vivida analogia a Benoit Laplaize che vorrei, qui, ringraziare.
39. Cf. per ulteriori dettagli, Ide, Le zygote est-il une...
197
40. Cf. su questo argomento gli utili chiarimenti di Ricoeur nel dialogo, mancato, con Changeux
(Ricoeur P., Ce qui nous fait penser. La nature et la règle, vol. I, Une recontre nécessaire, Paris:
Odile Jacob, 1998).
41. Cf. Blondel M., L'action, vol. II, L'action humaine et les conditions de son aboutissement, Paris:
P.U.F., 1963: 104-123; Id., L'Action. Essai d'une critique de la vie et d'une science de la
pratique, Paris: Alcan, 1893: 51-86.
42. Ibid., p. 122.
43. Ibid., p. 451.
44. Cf. per esempio De Koninck C., Les sciences expérimentales sont-elles distinctes de la
philosophie de la nature?, Culture 1941, II(4). Sviluppato da Boyance M., Le savant et le
philosophe. Notes sur la connaissance commune.Actualité de la philosophie, Paris: Nouvelles
Editions Latines, 1989: 61-80.
45. Aristotele, Physiques, L. I, ch. 1, 184 a 16-b 14, Paris: Les Belles Lettres, 1990: 2930. Ricordiamo che secondo Heidegger, il cap. 1 del Libro I della Fisica, rappresenta
“l'introduzione classica alla filosofia; ancora oggi essa rende superflue intere biblioteche di
opere filosofiche. Chiunque abbia compreso questo capitolo, rischia di fare il primo passo sulla
strada del pensiero” (Heidegger M., Le principe de raison, Paris: Gallimard, 1962: 153). Cf. il
commento al Prologo fatto da S. Tommaso d'Aquino, Physiques d'Aristote, L. I, l. 1, nn. 6-11,
Torino: Marietti, 1965: 4 a 6. Cf. il rimarchevole articolo di sintesi: Id., Summa Theologiae, Ia,
q. 85, a. 3.
46. Ide, Le zygote est-il une..., pp. 80-95.
47. Blondel M., La pensée, vol. II, Les responsabilités de la pensée et la possibilité de son
achèvement, Paris: Alcan, 1934.
48. Cottier G., L'embryon humain et l'âme spirituelle, Nova et Vetera 2001, LXXVI(4): 35-51; pp.
48-49.
49. Bernier R., L'ontogenèse de l'individu: ses aspects scientifiques et philosophiques, Archives de
philosophie 1991, 51(1): 33; p. 38; Huarte J., L'individualité de l'embryon humain, Bioéthique
1991, II(5): 248. Diversi studi di biochimica hanno dimostrato che il numero di differenze tra
proteine appartenenti a due individui della stessa specie di vertebrati, in questo caso della specie
umana, arriva a 6,700. La diversità genetica è dunque identica. Di conseguenza, ogni cellula
staminale nel corso della meiosi può produrre 26,700 gameti diversi, oppure 102,017: cioè, 1
seguito da 2,017 zeri! Ora, sulla Terra vivono 6 miliardi (6 x 109) di esseri umani, e si stima che,
prima dell'apparizione dell'homo sapiens, ce ne fossero 80 miliardi. Inoltre, gli astrofisici
calcolano intorno a 1080 il numero delle particelle stabili che compongono l'universo esistente.
Conseguentemente, la probabilità che esistano due individui umani geneticamente identici è
talmente bassa che è praticamente impossibile, ma non c'è neanche sufficiente materia nel cosmo
per fabbricare il numero totale di cellule sessuali differenti possibili.
50. Ide P., La nature humaine, fondement de la morale, handicap, clonage...La dignité humaine en
question, Paris: Éd. de l'Emmanuel, 2004: 79-155, qui pp. 142-153.
51. Bourgois É., La bioéthique pour tous, Paris: Le Sarment, 2001: 191.
52. Milliez J., Le quotidien du médecin, 1999: 29.
53. Perciò alla domanda interro-negativa – chiusa, pertanto, a priori – posta dall'Istruzione Donum
Vitae e ricordata all'inizio di questo intervento, “come un individuo umano non sarebbe una
persona umana?”. La risposta è certamente affermativa, ma grazie alla mediazione che non
appartiene ad un testo che non si ritiene filosofico.
54. Del resto, non sono gli unici presupposti del dibattito che risale ad un ambito tematico
presocratico. Ci si può chiedere così, se la valorizzazione di tale o tal'altra data – penso ai sette
giorni del pre-embrione, ai quattordici giorni del Rapporto Warnock, alle dodici settimane della
198
legge francese – non riveli un privilegio accordato all'armonia numerica, dunque ad un certo
pitagorismo.
55. Boezio, De duabus naturis, PL 64, 1343. Cf. la traduzione più recente: Boezio, Contre Eutychès
et Nestorius, III, 1, in Tisserand A., Traités théologiques, Paris: GF Flammarion, 1999: 75;
Nedoncelle M., Les variations de Boèce sur la personne, intersubjectivité et ontologie. Le défi
personnaliste, Paris: Nauwelaerts, 1974: 235-271 (cf. soprattutto lo schema sintetico da p. 267 a
p. 270); S. Tommaso d'Aquino, Summa Theologiae, Ia, q. 29, a. 1. È noto, per esempio, che
Richard de Saint-Victor ha criticato la definizione di Boezio scegliendo un'altra definizione di
persona (De Saint-Victor R., De Trinitate, L. IV, 21-23, Paris: Le Cerf, 1959: 278-285). Sia
detto per inciso che alla luce della definizione di Boezio, non capisco come Mathonat possa
negare che lo zigote sia una persona e affermare che sia un individuo di natura
razionale (Mathonat B., Le zygote, de la puissance à l'acte. Clarification de termes, Cahiers de
la Faculté Libre de Philosophie Comparée 2002, 62: 65-97, nota 51: 85). Cf. l'approccio molto
simile del manuale di Cuvillier: una persona è la “forma che prende la vita psichica nell'uomo
normale che presuppone: individualità; coscienza; una funzione di sintesi che stabilisce unità e
continuità nella vita mentale” (Culliver A., Nouveau vocabulaire philosophique, Paris: Armand
Collin, 1956), e dal dizionario classico di Lalande: una persona è “un essere individuale in
quanto possiede le caratteristiche che gli permettono di partecipare alla società intellettuale e
morale delle menti: autocoscienza, ragione” (Lalande A., Vocabulaire technique et critique de la
philosophie, Paris: PUF, 1962).
56. Boezio, Organon, vol. IV, Seconds Analytiques, Paris: Vrin.
57. Ai nomi menzionati si potrebbe aggiungere: Hubert B., Le statut de l'embryon humain: une
relecture d'Aristote, Nova et Vetera 2001, LXXIX(1): 53-81. In modo più sfumato: Cottier
G., L'embryon humain et l'âme spirituelle, art. cit. in senso opposto, ma sempre basato sulla
definizione aristotelica: Serani Merlo A., L'embryon humain, sa vie et son âme.Une perspective
biophilosophique Nova et Vetera 2004, LXXIX (1): 89-103; Antoniotti L.-M., La vérité de la
personne humaine. Animation différée ou animation immédiate, Revue Thomiste 2003, CIII:
547-576.
58. Kaplan F., Le paradoxe de la vie. La biologie entre Dieu et Darwin, Paris: La Découverte, 1995,
soprattutto i capitoli 1 e 7.
59. Cf. su questo argomento, gli interessanti sviluppi di Duchesneau F., Philosophie de la biologie,
Paris: Puf, 1997. Il Riduzionismo è problematico in tutte le questioni che sono al centro della
biologia e della biofilosofia: le specie (cap. 1), la teleologia (cap. 2), i due approcci alla genetica,
quello di Mendel e quello molecolare (cap. 3), le due strutture, sintattica e semantica, delle teorie
biologiche (cap. 4), e la teoria sintetica dell'evoluzione (cap. 5).
60. Fox Keller E., Expliquer la vie. Modèles, métaphores et machines en biologie du développement,
Paris: Gallimard, 2004.
61. “La disomogeneità delle scienze non è soltanto una sfortunata conseguenza dei limiti delle
nostre capacità di calcolo o delle nostre facoltà cognitive, ma riflette esattamente la complessità
ontologica del mondo” (Dupré J., The Disorder of Things: Metaphysical Foundations of the
Disunity of Science, Cambridge: Harvard University Press, 1993: 7).
62. Cartwright N., The Dappled World: a Study of the Boundaries of Science, Cambridge:
Cambridge University Press, 1999: 1.
63. In particolare, “l'anima è l'atto primo (entelechia) di un corpo naturale con vita potenziale” e
specifica, “cioè, un corpo organizzato” (S. Tommaso d'Aquino, De l'âme, L. II, ch. 1, 412 a 2628, Paris: Vrin, 21972: 68). Per un approccio pedagogico, cf. Ide P., Le corps à cœur. Essai sur
le corps, Versailles: Saint-Paul, 1996, parte II, cap. 5.
64. Non approfondirò in questa sede il criticismo contrario al concetto classico di organo. Il punto di
vista molto più unitario dell'organismo non suggerisce di rimpiazzarlo con quello del sistema?
199
Inoltre, questo tipo di prospettiva ovviamente supporta ancora di più la tesi dell'animazione
immediata. Infatti, il genoma e l'embrione unicellulare rappresentano sistemi altamente
sofisticati e funzionali.
65. Id., In Aristotelis Librum De Anima Commentarium, L. 2, l. 1, n. 230, Torino: Marietti, 51959:
61 (cf. la traduzione leggermente diversa di Vernier L.-M., Commentaire du traité De l'âme
d'Aristote, Paris: Vrin, 1999: 131). Commento a Aristotele di: De l'âme..., L. II, ch. 1, 412 a 2830. Il proseguo del commentario sullo stesso passaggio non è privo di interesse poiché illustra i
principi che emergono nel n. 230 commentando la lettera ellittica di Aristotele (b1-b3, Ibid.: 68):
“Tuttavia, tra tutte le anime, quelle delle piante sono le più imperfette; questo perché nelle piante
la diversità degli organi è più rudimentale rispetto agli animali. Dunque, per mostrare che ogni
corpo che riceve la vita è un corpo organizzato, egli prende come riferimento le piante in cui vi è
una minore diversità di organi. Usa queste parole: le parti delle piante stesse sono organi
differenti. Ma “le parti delle piante sono di una semplicità estrema” (Aristotele, Parties des
animaux, L. II, ch. 10, 655 b 32s), sarebbe a dire che sono molto simili. La diversità che si
osserva nelle parti degli animali non c'è nelle piante. Il piede di un animale, per esempio, è
costituito da diverse parti, come la carne, i nervi, le ossa e altre cose. Ma le parti organiche della
pianta non hanno tutta questa diversità. “Aristotele afferma che le parti delle piante sono
organiche mostrando che le diverse parti sono ordinate all'espletamento di varie operazioni. Così
il foglietto protegge il pericarpo, la parte in cui nasce il frutto, ma a sua volta il pericarpo
protegge il frutto. Le radici sono per la pianta ciò che la bocca è per gli animali poiché entrambe
catturano il cibo, le radici nelle piante e la bocca negli animali” (Ibid., nn.231-232). Su questa
differenza tra piante e animali, cf. l'interessante convergenza con ciò che afferma Hegel nella
sua Filosofia della Natura nella Encyclopédie des Sciences philosophiques (specialmente nei §§
343-345).
66. Aristotele distingue cinque tipi di facoltà (S. Tommaso d'Aquino, De l'âme..., L. II, ch. 3, 414 a
31-32), di cui il primo (nutritivo) si riferisce alla vita vegetativa, i tre successivi (appetitivo,
sensitivo e locomotivo) alla vita sensibile, e il quinto (dianoetico) alla vita intellettiva.
67. Medalia O., Macromolecular Architecture in Eukaryotic Cells Visualized by Cryoelectron
Tomography, Science 2002, 298: 1209; Plitzko J., In Vivo Veritas: Electron Cryotomography of
Cells, Trends of Biotechnology 2002, 20(8): 40.
68. S. Tommaso d'Aquino, Summa Theologiae, Ia, q. 76, a. 5. Allo stesso modo: maggiore è la
diversità, maggiore è la perfezione dell'anima (Id., De Spiritualibus creaturis, q. un., a. 4);
Ide, Le corps à cœur... pp. 134-138.
69. Aristotele, Histoire des animaux, L. VII, ch. 3, 583 b 10, Paris: Vrin, 1957, vol. II, Pierre Louis,
nella sua traduzione, parla di una massa di carne indistinta.
70. Aristotele, De la génération des animaux, L. I, ch. 20, 728 b 34, Paris: Les Belles Lettres, 1961:
38; Ibid. cap. 18, 724 b 18.
71. Ibid., L. III, ch. 9, 758 a 32-36.
72. Aristotele, Histoire des animaux..., L. VII, ch. 3, 583 a 35-b 28.
73. Aristotele dice che un embrione maschio abortito al quarantesimo giorno “ha le dimensioni di
una formica gigante”, ma “le membra sono abbastanza visibili così come tutti gli organi, inclusi
il pene e gli occhi che, come negli altri animali, sono considerevolmente grandi” (Ibid., 583 b
17-19).
74. Per esempio, è eterotrofico e privo di scheletro. Secondo Gorenflot e Guern, esistono sei
differenze (cf. tavola in: Gorenflot R., Guern M., Organisation et biologie des Thallophytes,
Paris: Éd. Doin, 1989: 2). Se ne può aggiungere una settima: la crescita indifferenziata nei
vegetali in contrasto con un dato periodo di crescita, dall'inizio dell'esistenza, nell'animale. Cf.
anche Geneves L., Biologie végétale. Thallophytes et microorganismes, Paris: Dunod, 1990: 1-2.
200
75. Jacob F., La logique du vivant. Une histoire de l'hérédité, Paris: Gallimard, 1970: 10. La
relazione tra cromosomi e futuro dell'individuo (compreso l'interno del corpo) necessita ancora
di maggiore conoscenza in senso non deterministico.
76. Cottier, L'embryon humain et l'âme..., p. 49.
77. Cf. per esempio, gli interessanti sviluppi di Souchard B., Aristote, de la physique à la
métaphysique. Réceptivité et causalité, Dijon: Éd. Universitaires de Dijon, 2003: 62-73. In
questo passaggio l'autore mostra che l'approccio più metafisico, come quello che porta alla
distinzione tra potenzialità e attualità, sono radicati nella struttura psico-somatica dell'uomo.
78. Ferry L., Vincent J.-D., Qu'est-ce que l'homme? Sur les fondamentaux de la biologie et de la
philosophie, Paris: Odile Jacob, 2000: 183.
79. Pennisi E., Comparative Biology Joins the Moleculer Age, Science 2002, 298: 719.
80. Britten R., Divergence between samples of chimpazee and human DNA sequences in 5%,
couting indels, Proc. Natl. Acad. Sci. USA 2002, 99: 13633.
81. Eichler E.E., Recent duplication, domain accretion and the dynamic mutation of the human
genome Trends in Genetics 2001, 17: 661.
82. Navarro A., Barton N.H., Chromosomel Speciaton and Molecular Divergence. Accelerated
Evolution in Rearranged Chromosomes, Science 2003, 300: 321.
83. Intervista a Paabo S., La Recherche 2004, 377: 73-76; p. 74.
84. Fox Keller E., Génome, postgénome. Quel avenir pour la biologie?, La Recherche 2004, 376:
30-37; pp. 31-33; cf. anche Rossier J., La complexité après le séquençage, Pour la science 2003,
314: 92-96.
85. Comunicazione alla Conferenza Mondiale delle Nazioni Unite: Kahn A., Génome, biologie et
racisme, Durban (settembre 2001), riassunta in Le Monde (5 settembre 2001).
86. Il numero relativo di geni rappresenta uno dei due paradossi osservati da Changeux, il secondo
paradosso è la variabilità (Changeaux J.-P, Un modèle neurocognitif d'acquisition des
connaissances, in Id., (a cura di), La vérité dans les sciences, Paris: Odile Jacob, 2003: 61-79).
87. Prochiantz A., Le développement et l'évolution du système nerveux, in Michaud Y. (a cura
di), Qu'est-ce que la vie?, Paris: Odile Jacob, 2000: 302-310.
88. Fuster J., The Prefrontal Cortex, New York: Raven Press, 1997.
89. Chou H.-H., Hayakawa T., Diaz S. et Al., Inactivation of CMP-N acetylneuraminic acid
hydroxylase occured prior to brain expansion during human evolution, Proc. Natl. Acad. Sci
USA 2002, 99: 11736.
90. Questo suggerisce, in un altro contesto, l'effetto farfalla sviluppato dalla teoria frattale.
91. Schalchli L., Morange M., Ces gènes qui font l'homme, La Recherche Hors-Série 2003, 12: 3033; p. 33.
92. L'anima è la causa e il principio del corpo vivente (Tricot, De l'âme..., L. II, ch. 4, 415 b 7).
93. Bastit M., Les quatre causes de l'être selon la philosophie première d'Aristote, Louvain-LaNeuve: Peeters, 2002: 308. Cf. gli articoli più degni di nota, il 7o, 8o e 9o, sulla forma, l'efficienza
e il fine. Sulla stessa linea di pensiero cf.: Romeyer Dherbey G., Les choses mêmes. La pensée
du réel chez Aristote, Lausanne: L'Âge d'Homme, 1983: 208-217.
94. S. Tommaso d'Aquino, Summa Theologiae, Ia, q. 118, a. 1, q. 3.
95. Id., Q. D. De Potentia, q. 3, a. 9.
96. Le citazioni successive senza riferimenti sono tratte dalle risposte della Summa Theologiae, Ia,
q. 118, a. 1, ad 3um.
97. “Nello sperma c'è sempre ciò che rende sempre fruttiferi i semi cioè, quello che viene chiamato
calore. Ora, questo calore non deriva né dal fuoco né da una sostanza simile, ma dal gas presente
nello sperma e nella schiuma, e dalla natura intrinseca di questo gas che è analoga all'elemento
astrale” (Aristotele, De la génération des animaux, L. II, ch. 3, 736 b 35-737 a 1).
201
98. Inoltre l'Aquinate paragona il seme all'arte che, come virtù dell'intelletto pratico, è in relazione
allo spirito (S. Tommaso d'Aquino, In Aristotelis Libros Metaphysicorum Commentarium, L.
VII, l. 6, n. 1398 et l. 8, n. 1456).
99. Id., Q. D. De Pot., q. 3, a. 9, ad 28um.
100. Id., Somme contre les Gentils, L. II, ch. 89, I, § 7, Paris: GF Flammarion, 1999: 371.
101. Aristotele, Physique, L. 2, ch. 2, 194 b 13.
102. Infine, nel caso dell'anima spirituale, bisogna aggiungere una quarta causa diversa dalle tre
precedenti: quando la materia è sufficientemente preparata, viene infusa la parte divina (per
usare le parole di Aristotele), cioè lo Spirito. Ora, la materia non è in grado di condizionare il
principio spirituale che la trascende. Poiché esso può essere soltanto infuso, creato, Tommaso
afferma che sarà necessario l'intervento della Causa prima che è Dio.
103. Meccanismo che richiama la spiegazione aristorelica del movimento del proietto...
104. Sgreccia E., Manuel de bioéthique. Les fondements de l'éthique biomédicale, Montréal: Wilson
& Lafleur Itée, 1999: 458-459.
105. S. Tommaso d'Aquino, Q. D. De Anima, q. un., a. 1, ad 15um.
106. Si ricorda, tuttavia, che Jacques Maritain (nella prefazione di Driesch H., La philosophie de
l'organisme, Paris: Marcel Rivière, 1921) ha cercato di chiarire le cose distinguendo il concetto
elaborato da Driesch, di entelechia (o fattore vitale El) dal concetto aristotelico di anima.
107. Queste sono le conclusioni raggiunte da Ostermeier C., Miller D., Huntriss J.D. et
Al., Reproductive biology: delivering spermatozoan RNA to the oocyte, Nature 2004, 429(6988):
154; Le Monde 14 maggio 2004, p. 26.
108. Se il contesto filosofico non fosse così diverso, si potrebbe trarre un aiuto dalla distinzione
hegeliana tra in sé e per sé che il filosofo tedesco applica all'embrione. Per esempio: “Se
l'embrione (embryo) è uomo in sé, non lo è tuttaviaper sé. L'uomo è per sé solo come ragione
praticata che si è fatto ciò che è in sé” (Hyppolyte J., Phénoménologie de l'Esprit, Paris: AubierMontaigne, 1966: 55).
109. È ovviamente fuori questione lo sviluppo in questa sede di questo punto. Mi riferisco al lavoro
di Tourpe (Tourpe E.,Donation et consentement. Une introduction méthodologique à la
métaphysique, Bruxelles: Lessius, 2000, seconda parte: “L'objection phénoméniste à la
métaphysique”: pp. 115-172) e Gabellieri E., Saint Thomas: une ontologie sans
phénoménologie, Revue Thomiste 1995, XCV(1): 150-192, ma anche ad altri fenomenologi
cattolici che attribuiscono un ruolo più o meno importante alla metafisica (Jean-Yves Lacoste,
Jean-Louis Chrétien, etc.). I primi due seguono sia la tradizione di Tommaso sia quella di
Blondel e Balthasar.
110. Maurice Blondel cerca di unire le due dimensioni: fenomenica e ontologica. Da una parte, “una
definizione reale (dell'essere) implica non solo un persorso descrittivo, ma genetico ed
esplicativo di tutto ciò che è...Una semantica dell'essere, dunque, non potrebbe essere posta
all'inizio; si tratta di fare inizialmente una catalogazione delle relatà che chiamiamo esseri”
(Blondel M., L'être et les êtres, Paris: Alcan, 1935). Allo stesso tempo, bisogna sollevarsi
“contro una fenomenologia che pretenderebbe di bastare alla scienza dell'essere e sostituire
l'integrazione dei fenomeni alla realtà profonda degli esseri” (Ibid., pp. 374-375).
111. Il teologo svizzero ha sviluppato tale distinzione da una prospettiva rigorosamente filosofica
nell'opera maggiore: Von Balthasar H.U., La Théologique, vol. I, La vérité du monde, Namur:
Culture et Vérité, 1994.
112. “L'approccio di Balthasar – scrive André-Marie Ponnou-Delaffon – riconcilia fenomenologia e
metafisica”. Se “a una vera fenomenologia...è negato l'accesso all'in sé dell'essere senza la
mediazione del suo apparire”, non può più “abbandonare l'in sé dell'essere per essere ridotta alla
sua apparenza” (Barbarin P., Théologie et sainteté. Introduction à Hans-Urs Von Balthasar,
Paris: Le Cerf, 1999: 127). Mi sia concesso di fare riferimento all'analisi di questa dimensione
202
propriamente metafisica che ho proposto in Ide P., Être et mystère. La philosophie de Hans Urs
Von Balthasar, Namur: Culture et vérité, 1995, soprattutto il cap. 1 (per l'analisi) e il cap. 4 (per
la difesa della sua originalità che non può essere ridotta alle categorie della metafisica classica,
per esempio, sostanza-accidente). Sarebbe ancor più erroneo credere che fenomenologia si
identifichi con descrittiva.
113. Eliminiamo subito un'obiezione: può sembrare strano, o anche fuori luogo, introdurre una tale
distinzione metafisica nell'ambito biologico. Balthasar non ha mai nascosto di doverla a Goethe
che ha concepito questa intuizione sulla base dell'osservazione delle piante (Goethe W., La
métamorphose des plantes, Paris: Éd. Triades, 1975; cf. Ide, Être et mystère..., Annexe: La
méthode morphologique de Wolfgang Goethe, in La Métamorphose des Plantes, pp. 177-180).Su
questo tema (un'interpretazione della natura basata sul binomio interiorità-apparenza)
la Naturphilosophie(Friedrich Schelling, Franz Von Baader, Hans André) contiene una ricca
prospettiva che è ancora inesplorata dalla filosofia della natura.
114. Un approccio di questo tipo, inoltre, non è poi così strano, nella riflessione di Aristotele, come
si potrebbe pensare, soprattutto quando riflette sul limite e la forma propri del vivente: “Per tutti
gli esseri la cui costituzione è naturale, esiste un limite e una proporzione per quanto riguarda la
grandezza e la crescita” (Aristotele, De l'âme, L. II, ch. 4, 416 a 16-17; Id., De la génération des
animaux, L. II, ch. 6, 745 a 5).
115. L'affermazione di Serra e Colombo è simile: “L'individualità appartiene alla forma dinamica,
diacronica (fenotipo) di un organismo e non al suo genoma conservativo (genotipo, contenuto
genetico informazionale delle sue cellule)”. Gli autori continuano dicendo, “l'individualità di
ciascun organismo si fonda sulla singolarità del suo ciclo vitale e non sull'unicità del suo
genoma” (Serra, Colombo, Identità e statuto dell'embrione umano..., p. 119).
116. Centro di Bioetica, Università Cattolica del Sacro Cuore, Identità e statuto dell'embrione
umano, Medicina e Morale 1989, supplemento, 4: 665-666.
117. Riguardo a questi diversi significati, cf. Dictionnaire historique de la langue française, Paris:
Le Robert, 1998, II: 2403.
118. Serra A., Il neoconcepito alla luce degli attuali sviluppi della genetica umana, Medicina e
Morale 1974, 3: 333-366. Il corsivo è mio.
119. È significativo che in un articolo di questo volume dedicato soprattutto alla teoria di S.
Tommaso sull'embrione umano (Il pensiero di San Tommaso riguardo all'embrione umano),
Mario Pangallo usi sia il vocabolario della fenomenologia, sia quello dell'ontologia classica:
“Credo si debba affermare il succedersi di manifestazioni ed esplicazioni progressive delle
diverse funzioni di cui è capace l'anima razionale”; e più oltre: “L'embrione umano è dunque
persona fin dal concepimento, sebbene non abbia ancora manifestato esistenzialmente tutto cio
che implica l'essere personale”. Inoltre, la suggestiva distinzione ispirata da Cornelo Fabrio, che
egli propone tra actus essendis eexistentia, non deriva essa stessa da una fenomenologia
imbevuta di metafisica?
120. Le Douarin, Des chimères, des clones..., p. 15.
121. Cf. l'articolo principe che gli è valso il Nobel 11 anni più tardi: Spemann H., Über die
Determination der ersten Organanlagen des Amphibienembryonem, Wilhelms Roux' Archiv für
Entwicklungmechanik der Organismen 1918, 43: 448-555.
122. The Formation of the Mesoderm in Urodelean Amphibians. Induction by the
Endoderm, Wilhelms Roux' Archiv für Entwicklungmechanik der Organismen 1969, 162: 341373.
123. Le Douarin, Des chimères, des clones..., p. 159. Riguardo a questo argomento, cf. gli sviluppi
dettagliati nella parte II, capp. 1 e 2.
124. Aristotele, De la génération des animaux, L. II, ch. 4, 740 a 3-4; Id., Les parties des animaux,
L. III, ch. 4, 666 a 20.
203
125. Id., De la jeunesse et de la vieillesse, III, 469 a 5-6; Id., De la génération des animaux, L. II, ch.
6, 743 b 25. Quindi il paragone di Des parties des animaux, L. III, ch. 7, 670 a 23-26. Per i
dettagli, cf. Byl S., Note sur la place du cœur et la valorisation de la mesotes dans la biologie
d'Aristote, L'Antiquité classique 1968, 37: 467-476.
126. Id., De la génération des animaux, L. II, ch. 4, 740 a 1-2.
127. Ibid., L. II, ch. 1, 735 a 15-17.
128. Kempf R., Le principe du vivant dans l'embryon d'Aristote et le centre organisateur du
développement dans l'embryologie expérimentale, Nova et Vetera 2003, LXXVIII(3): 79-100, p.
95.
129. Mi sia permesso il riferimento a due lavori personali, uno di carattere più filosofico: Ide Le
corps à cœur..., L. II, ch. 6, e l'altro teologico: Id., Don et théologie du corps dans les catéchèses
de Jean- Paul II sur l'amour dans le plan divin, in Jean-Paul II face à la question de l'homme,
Atti del 6o Colloquio Internazionale della Fondazione Guilé, Zurigo: Guilé Foundation Press,
2004: 159-209.
130. Sul cuore in questo senso radicale, ma applicato all'uomo, cf. i brillanti sviluppi proposti da
Siewerth G., L'homme et son corps, Paris: Plon, 1957, soprattutto il decisivo e ricco passaggio di
cui alle pp. 123-124.
131. Secondo Mathonat, il rapporto che ho stabilito tra genoma e organizzazione macroscopica è
dell'ordine dell'azione immanente, dell'agire. Al contrario, secondo la sua opinione, tale
relazione è dell'ordine dell'attività transitiva (il fare, l'arte). Infatti, questa consiste nella
traformazione della materia in vista di una finalità e questo è il modo in cui opera il genoma:
“L'attività del genoma dello zigote realizza l'organizzazione macroscopica del corpo umano”
(Mathonat,Le zygote, de la puissance..., p. 81). Ora, l'autore del movimento ha la capacità di
produrre la forma; questa deve essere ancora introdotta nella materia. Perciò, all'inizio la forma
non è attualmente presente. In altre parole, nell'ordine del fare, il principio e il termine
dell'azione differiscono come la potenza e l'atto. Per riprendere l'immagine classica, la
costruzione di una casa o anche la capacità di costruirla non è la casa costruita. Il genoma è
l'architetto e il fenotipo è la casa costruita. Pertanto, il genotipo sta al fenotipo come l'architetto
alla sua opera. Di conseguenza, la differenza tra genoma e organizzazione non è quella dell'atto
primo e dell'atto secondo, ma quella della potenza e dell'atto: “Ciò che è inizialmente in atto, al
livello del genotipo, è la capacità di produrre organi, nient'altro” (Ibid., p. 83): cioè, non
l'esistenza attuale degli organi. Bisogna apprezzare lo sforzo di pensare, a partire da categorie
filosofiche, la distinzione tra genotipo e fenotipo. Detto questo, tale critica solleva almeno due
obiezioni. 1) Incontestabilmente, il genoma (e lo stesso zigote) riveste un ruolo efficiente nella
costruzione dell'embrione, ma la relazione non è forse transitività e, quindi, esteriorità? Infatti, il
nucleo è interno allo zigote ed è la sorgente interna a partire dalla quale tutto il vivente cresce e
scolpisce una forma (in senso figurato). Ora, la crescita è un divenire immanente. Inoltre, da un
altro punto di vista, senz'altro non descrittivo, che presenta un valore ontologico, la costruzione
dell'embrione si basa su una fonte, un'essenza. 2) La metafora della costruzione deve essere
sviluppata. Se la casa, come causa finale, esiste solo potenzialmente nei materiali, nello spirito
dell'architetto esiste in atto come causa esemplare (cioè come causa formale separata) e questo
deve essere anche in atto per potere costruire la casa. Quale sarà una causa efficiente
sufficientemente perfetta da essere in grado di organizzare la materia modellando l'essere
vivente compiuto? L'anima intellettiva è la causa principale e il genoma sarà il suo strumento
privilegiato.
132. Tale concezione non è priva di una profonda relazione con la teoria sviluppata da Anzieu D., Le
Moi-peau, Paris: Dunod, 1985; Id., Une peau pour les pensées, Montréal: Guenoud, 1988;
Id., La fonction contenante de la peau, du moi et de la pensée, Paris: Dunod, 1993; Id., Le
penser, du Moi-peau au Moi pensant, Paris: Dunod, 1994. Bisogna notare che, nonostante sia
204
psicoanalista, Anzieu stabilisce una relazione fondazionale tra lo psicologico e il biologico:
“Ogni attività psichica è supportata da una funzione biologica. L'Io-pelle trova supporto nelle
diverse funzioni della pelle” (Id., Le Moi-peau..., p. 39).
133. Bourguet, L'être en gestation..., p. 115.
134. Engendrés par la science, Paris: Le Cerf, 1985: 138. Corsivo nel testo. Incontro molto più
affascinante di quello della nota 49 che segue nel testo, Malherbe e Boné citano i due detti
scolastici sui due aspetti dell'unità sopra menzionati, che mostrano fino a che punto la
concezione dell'individualità di Leibniz abbia intossicato e deformato la concezione scolastica
dell'unum. Riguardo alla posizione dell'opera di Malherbe J.-F., Bone É., Engendrés par la
science; Chapelle A., Favraux P., Bioéthique et foi chrétienne. À propos d'un livre récent,
Nouvelle Revue Théologique 1986, 108: 249-267, cf. anche il resoconto di Etienne J., Revue
Théologique de Louvain 1986, 17: 453-456.
135. Discours de métaphysique et correspondance avec Arnauld, Paris: Vrin, 1970: 44.
136. Pedersen A., Potency, Lineage and Allocation in Pre-Implantation Mouse Embryo; Rossant J.,
Pedersen A. (a cura di),Experimental Approach to Mammalian Embryonic Development,
Cambridge: Cambridge University Press, 1986: 3-33.
137. Clarke D.L., Johansson C.B., Frizen J., Generalized Potential of Adult Neural Stem
Cells, Science 2000, 28: 1660-1663. È vero che la capacità di differenziazione è maggiore in
vivo piuttosto che in vitro?
138. Questa ipotesi, pure essendo differente da quella di una fenomenologia della natura, si inscrive
nel suo prolungamento: cerca di comprendere la differenza che esiste tra i diversi livelli di
attualità che sono presenti nel vivente.
139. Grassé P.P., L'homme en accusation. De la biologie à la politique, Paris: Albin Michel, 1980:
288.
140. È il caso, ad esempio, del bioeticista australiano Singer: “Abbiamo rifiutato il principio
tradizionale della sacralità della vita umana poiché tale principio dà un enorme significato a
qualcosa –la specie biologica– che in realtà non ha più alcun significato morale intrinseco”
(Singer P., Kuhse H., Should the Baby Live? Problem of Handicapped Infants, Oxford:
University Press, 1985: 129). L'autore ritiene l'infanticidio del neonato handicappato legittimo e
assolutamente logico.
141. In merito a questa relazione primaria spirituale e d'amore tra la madre e il bambino, cf. la
considerevole opera di Siewerth G., Aux sources de l'amour. Métaphysique de l'enfance, Parole
et silence, 2001. L'autore tratta molto poco la vita intrauterina (p. 45ss.), ma sarebbe utile
estendere le sue riflessioni sulla vita subito dopo la nascita anche al periodo che la precede.
142. Questo è abbozzato infine dal decimo studio del Soi-même comme un autre, ma si ferma alla
soglia dell'atto, senza mai affrontare il problema dell'essere. Infine, nel contributo molto poco
argomentato di Michel Onfray, notiamo un lapsus divertente: disertato significa lasciato. Ciò
significa dunque che tutte le capacità negate dall'autore esistevano prima di cinque mesi?
Bisogna notare che più che provocatorio, lo sviluppo della prova è caratterizzato
fondamentalmente da un risentimento contro il cristianesimo, mentre la prefazione è
caratterizzata da toni sorprendentemente pacati. Onfray si riferisce qui con grande sensibilità al
cancro da cui è affetta la sua compagna. Qui, parla il suo cuore; lì, c'è l'intellettuale offeso e
offensivo.
143. Questo è quello che è stato stabilito da John Bowlby, fondatore della teoria dell'attaccamento
(cf. l'eccellente sintesi di Pierrehumbert P., Le premier lien. Théorie de l'attachement, Paris:
Odile Jacob, 2003).
144. È ciò che giustamente mette in luce il costruttivismo psicologico e sociale (cf. Ide, La nature
humaine..., pp. 89-92).
205
145. Delassus J.-M., Papillaud K., Clone ou enfant?, Paris: Dunod, 2003: 163-164. Nello stesso
numero del Nouvel Observateur che riporta l'intervento di Rene Frydman, Tony Anatrella
risponde al ricercatore attraverso un intervistatore: “Far dipendere l'esistenza dell'embrione solo
da un punto di vista soggettivo, esterno (il progetto parentale) apre la via a ogni tipo di
arbitrarietà. In un caso, mostrando l'ecografia, si afferma che lì c'è qualcuno, nell'altro, non esiste
mancando un progetto su di lui. Ma la nozione di progetto è così chiara? Mi è stata chiesta una
consulenza da una ragazza di 20 anni incinta di poche settimane e in conflitto con sua madre che
avrebbe voluto farla abortire. La figlia le aveva risposto in questo modo: se mi obblighi ad
abortire, uccidi anche me” (Le Nouvel Observateur 1997, 1711(21-27): 14-15, p. 15).
146. Wilcox A.J., Weinberg C.R., O'Connor J.F., Incidence of Early Loss of Pregnancy, New
England Journal of Medicine 1988, 319: 189-194. Cf. oltre per altre referenze.
147. McLaren A., Genetics of the Embryo; Bertazzoni V., Fasella P., Vilepsch A., Human Embryos
and Research, Campus Verlag, 1990: 42-53; p. 43; Braunstein G.D., Karow W.G., Gentry W.D.
et Al., Subclinical Spontaneous Abortion, Obstetrics and Gynecology 1977, 50(1): 41-44;
Edmonds D.K., Lindsay K.S., Miller J.F. et Al., Early Embryonic Mortality in Women, Fertility
and Sterility 1982, 38(4): 447-453.
148. Sul termine naturale, mi permetto di fare riferimento agli sviluppi dell'articolo già citato:
Aristotele, La nature humaine, fondement de la morale..., pp. 108-142.
149. Tutta questa argomentazione è basata sulla concezione aristotelica della natura (Id., Physique,
L. II, ch. 1, 192 b 21-23). La nostra critica della naturalità dell'aborto è vicina alla critica che il
filosofo avanza contro l'argomento presumibilmente antifinalistico adottato per l'esistenza di un
mostro. Infatti, il mostro rappresenta un accidente, un fallimento, un difetto nell'ordine non della
causa efficiente, ma di quella finale. Infatti, se non esiste un motore, non può esistere il difetto.
Se non ci fosse stata la biosintesi delle proteine, la anormalità genotipica non si sarebbe potuta
esprimere. Di conseguenza, il difetto manca lo scopo e quindi riguarda la finalità. Dunque, non
contraddicendo l'esistenza della finalità, come spesso si crede, un mostro, al contrario, la
conferma (Ibid., L. II, ch. 8, 199 a 33-b 13; cf. l'illuminante commento di S. Tommaso
d'Aquino, In octo libros Physicorum Aristotelis expositio..., L. II, l. 14, 263-266: 129-130).
150. Si può fondare ancor meno un'azione su questa constatazione. Sappiamo che questa
argomentazione è usata talvolta per giustificare l'induzione dell'aborto precoce. Questo non vuol
dire cadere negli stessi errori dell'etica naturalista, etica che non ha niente a che vedere con
quella che la Chiesa chiama morale naturale?
151. Lungo la stessa linea di pensiero, la necessità di organi differenziati e visibili è presentata come
cosa ovvia da Mathonat. Il principio è quello in base al quale il corpo deve “essere organizzato,
cioè dotato di strumenti di operazione”. Ora, “ciò che necessariamente ne consegue” è quanto
segue: “L'organizzazione che caratterizza il soggetto dell'anima umana deve essere quella di una
differenziazione organica che renda possibili in particolare la possibilità delle operazioni
sensibili; quindi di un corpo dotato almeno di sistema nervoso” (Mathonat, Le zygote de la
puissance..., p. 71) E altrove: “Con il genoma, tutto è possibile, ma niente è ancora realizzato in
quanto all'organizzazione necessaria per l'esistenza di disposizioni organiche, necessarie ai
principi operativi dell'essere umano...Un'organizzazione macroscopica è necessaria per le
capacità sensibili di esistere dell'essere umano” (Ibid.,pp. 84-85). In tal modo queste
dichiarazioni non definiscono il significato di organo macroscopico, ordine corporeo
preciso, etc. Inoltre, che ne è di questa teoria nel caso di un protozoo o di un metazoo costituito
da un numero molto piccolo di cellule? Questi organismi non hanno organi macroscopici; e
tuttavia sono animali che compiono operazioni sensibili. Perciò sarebbe il caso di riesaminare il
termine organizzato nella definizione aristotelica dell'anima. Infine, un sostenitore della teoria
aristotelica dell'animazione mediata non può non essere interessato, di fatto o di diritto, al
momento in cui si realizza l'animazione spirituale. Il fatto che non si possa determinare l'attimo
206
esatto, come sostengono gli immediatisti, non esime dal chiedersi quale sia il momento
approssimativo in cui viene infusa l'anima. Ora, in nome del principio richiamato di proporzione
tra gli organi visibili e funzionali e la presenza dell'anima intellettiva, la creazione di
quest'ultima deve essere ritardata considerevolmente. Lo spirito non può svolgere i suoi atti
elementari senza la presenza di un cervello che sia già ben sviluppato e organizzato. Le cellule
neuronali non smettono di moltiplicarsi se non alla fine della sedicesima settimana, ma tutto
deve ancora essere fatto: l'architettura futura, la figura, è appena abbozzata. Da questo punto di
vista, la posizione di Jacques Maritain, che ritarda l'animazione al settimo mese, è coerente. Ma
il mediatista aristotelico lo segue? Mathonat fa della “organizzazione macroscopica specifica del
corpo umano” (Ibid., p. 86) il soggetto adeguato dell'anima umana. Ma un'organizzazione di
questo tipo è lontana dall'essere precoce, soprattutto se si tiene in considerazione il fenomeno
della neotenia.
152. Bourguet, L'être en gestation..., pp. 84-86. Corsivo nel testo. Cf. anche pp. 137-142.
153. Malebranche N., Entretiens sur la métaphysique et la religion, in Œuvres, éd. Geneviève RodisLewis, vol. II, 1992: 880.
154. Wolpert L., The Triumph of the Embryo, Oxford: Oxford University Press, 1991.
155. Canguilhem G., La connaissance de la vie, Paris: Vrin, 1971, citato da Saulnier C., Biologie et
philosophie. Essai sur l'individualité biologique, Montpellier: Presses de l'Université de
Montpellier, 1955: 119.
156. Commenti riportati da Mayr E., Qu'est-ce que la biologie?, Paris: Fayard, 1998: 7.
207
A. GIL LOPES
L’EMBRIONE PREIMPIANTATORIO TRA BIOLOGIA E FILOSOFIA: L’INDIVIDUO
In relazione all'embrione preimpianto, alla luce delle attuali conoscenze scientifiche ed al fine di
formulare domande appropriate è necessario analizzare le diverse possibilità che consentono la
generazione di un embrione umano.
Innanzitutto, come accade naturalmente, bisogna tener presente che l'embrione è generato dal processo
di fecondazione, che fa seguito all'atto sessuale, tale processo consente la formazione di un nuovo ed
unico zigote attraverso l'unione dei gameti maschili e femminili. Quest'embrione è da considerarsi
quindi il risultato di una relazione interpersonale, idealmente basata sull'amore responsabile che unisce
marito e moglie.
Alcuni decenni fa, per quanto riguarda la riproduzione animale, sono state sviluppate delle metodiche
d'inseminazione artificiale, che successivamente sono state utilizzate anche alla specie umana, come
tecnica nella riproduzione medica assistita. Lo sviluppo di questa tecnologia ha reso possibile la
generazione di un embrione umano senza l'ausilio dell'atto sessuale ma con il solo contributo dei
gameti.
Negli ultimi decenni sono state introdotte altre tecniche di laboratorio con lo scopo di promuovere la
fecondazione in provetta, cioè extra-corporea. Gli zigoti e gli embrioni preimpianto ottenuti in questo
modo possono essere conservati a basse temperature per lunghi periodi di tempo, prima di essere
adeguatamente trasferiti nell'utero umano, consentendo solo in tal modo il loro sviluppo.
Per dar origine a un nuovo embrione, l'attuale progresso scientifico e tecnologico richiede il necessario
contributo genetico sia del padre che della madre. Attualmente, tali metodi sono comunemente usati
nella procreazione umana. La legislazione, per questo specifico scopo, in diverse nazioni consente la
produzione di un gran numero di embrioni preimpiantati, originando così un gran numero di embrioni
congelati senza alcuna possibilità di sviluppo. In Brasile, per esempio, tali embrioni solo dopo 3 anni di
conservazione, acquisito il consenso dei genitori, sono legalmente utilizzati per la ricerca scientifica.
Da alcuni anni sono stati sviluppati dei metodi di clonazione che hanno reso possibile l'ottenimento di
un zigote senza la partecipazione di entrambi i gameti.
A questo punto ci si auspica che nell'arco di pochi anni, sarà possibile stimolare una cellula somatica
tramite adeguati fattori biochimici, con lo scopo di attivare tutti gli eventi coinvolti nei processi che
possono originare un embrione, attraverso la corretta successione di espressione e soppressione dei
diversi geni coinvolti nell'embriogenesi. D'altra parte, si spera che tali processi di differenzazione e
trans-differenzazione saranno chiariti e quindi sarà possibile che colture di cellule specifiche possano
essere ottenute da cellule somatiche adulte.
A questo punto vorrei sottolineare che l'attuale interesse della maggior parte degli studi nei confronti
del preimpianto dell'embrione è rivolto essenzialmente a tre fattori: studi condotti con il proposito di
stabilire metodiche appropriate per selezionare in vitro embrioni generati tramite riproduzioni
artificiali, usualmente note come riproduzione medica assistita; studi basati sull'uso del preimpianto
con lo scopo di ottenere cellule staminali per uso scientifico o terapeutico; studi correlati alla
clonazione umana, per uso scientifico o terapeutico delle cellule staminali.
Questo significa che in tale contesto gli embrioni preimpianto non sopravviveranno, rappresentando,
perciò, un'immagine della cultura della morte.
A questo punto, è necessario considerare che dal punto di vista biologico, la vita non comincia ad ogni
concepimento, perché il fenomeno vitale è mantenuto tramite la riproduzione e non è estinto e neanche
ristabilito, ma va avanti di generazione in generazione. Essa è soltanto la vita di un nuovo essere che
comincia. Inoltre, ogni genoma contiene tutte le informazioni, che non solo conferiscono tutte le
caratteristiche delle corrispondenti specie, ma determinano anche l'unicità dell'essere. Comunque,
208
anche se i cloni ottenuti in laboratorio, senza la compartecipazione dei gameti maschile e femminile,
cioè senza nè padre nè madre, essi sono da considerarsi degli esseri umani ed hanno la stessa umanità
di quella che hanno i genitori. Dal genoma umano, possono essere generati solo essere umani.
L'embrione umano è uno nel senso di unico, concreto, completo, particolare, sostanziale, individuale e
totale.
Nonostante l'assenza di alcuni elementi naturali nella formazione dello zigote, essi, in realtà, si trovano
potenzialmente presenti. Già dal primo momento lo zigote è considerato un essere umano. In altre
parole, lo zigote possiede un'essenza che non si cambierà, mantenendosi come realmente è, cioè, un
essere umano con la sua identità, la quale non subisce le trasformazioni che avvengono negli eventi che
le conferiscono le caratteristiche di ogni tappa del suo sviluppo.
Lo zigote presenta tre caratteristiche fondamentali: la capacità di percepire gli stimoli ambientali
tramite diversi sensori (recettori); la capacità di far integrare tra loro questi diversi segnali o messaggi
biologici; la capacità di produrre risposte appropriate al fine di adattarsi all'ambiente.
Infatti, sin dal primo momento, lo zigote ha un vero dialogo con l'ambiente biologico. Ciò rende
possibile l'articolazione tra le caratteristiche genetiche e fenotipiche. Lo zigote ha non solo una sua
individualità e identità, ma interagisce con l'ambiente, essendo capace di adeguarsi e di correggersi. In
altre parole, lo zigote è capace di riconoscere il self dal non self e di stabilire un vero dialogo
biochimico e fisico con l'ambiente.
Un'immagine precisa dell'interezza e dell'unicità della vita dell'embrione preimpiantato, può essere
vista tramite l'analogia con uno spartito musicale, un'orchestra ed una musica.
Infatti, quando si forma uno zigote, nel genoma è presente non solo la partitura completa, ma anche
tutti gli strumenti biochimici che saranno sintetizzati sequenzialmente e introdotti al fine di effettuare la
moltiplicazione e differenziazione cellulare, l'organizzazione strutturale e lo sviluppo temporale di un
essere umano completamente nuovo ed unico. Non sono solo definite intrinsecamente le caratteristiche
umane, ma anche il lasso di tempo che denota il ciclo vitale sia delle cellule individuali che dell'intero
organismo. Come accade a tutte le specie viventi, ogni fase della vita umana è determinata
regolarmente e uniformemente, anche se la durata totale della vita umana abbia un limite naturale.
Così come i primi suoni sono parte inalienabile di una musica che, una volta iniziata raggiungerà la sua
interezza solo all'ultima nota, quando si forma un nuovo zigote, ha inizio una cascata di processi
biologici che promuoverà in successione tutti gli eventi della vita che finiranno solo con la morte di
questo nuovo essere vivente.
Ai primi suoni del Salve Regina, del Vieni Creatore e della Nona sinfonia o di qualsiasi composizione
musicale, noi riconosciamo la loro identità, anche se raggiungono la loro pienezza solo nella nota finale
dell'ultima battuta. Occorre davvero una continuità senza interruzione che non solo fornisce la sua
identità ma anche la sua unicità e pienezza. In qualsiasi fase dello sviluppo, a partire con la formazione
dello zigote, noi abbiamo di fronte lo stesso ed unico nuovo essere.
209
IGNACIO CARRASCO DE PAULA
L'EMBRIONE PREIMPIANTATORIO TRA NATURA E PERSONA
L'argomentazione etica in relazione all'embrione nella fase pre-impianto in generale, ed in concreto la
discussione sulla possibilità di un suo utilizzo come soggetto di ricerche sperimentali oppure come
eventuale donatore di tessuti e/ o di cellule, è strettamente dipendente dal problema ontologico, cioè
dalla identificazione della vera natura o identità dell'embrione. Infatti, tra questione etica (come ci si
debba comportare nei confronti di un soggetto) e questione ontologica (chi o che cosa sia tale soggetto)
esiste un saldo rapporto dal momento che il rispetto dovuto ad un ente deve essere commisurato al suo
valore o preziosità. Per valore qui intendiamo non il prezzo eventualmente stabilito dalle regole di
mercato, ma il pregio oggettivo che scaturisce dalla perfezione dell'essere. In questo senso riteniamo
che i viventi meritino giustamente un rispetto maggiore delle cose inanimate e, soprattutto, che gli
esseri razionali siano meritevoli di un riguardo di gran lunga superiore a quello dovuto agli esseri
irrazionali. Abbiamo addirittura coniato una parola particolare – dignità – per indicare lo specifico
valore o preziosità dell'uomo. Per questo motivo, sciogliere il nodo della questione ontologica dovrebbe
costituire un passo decisivo per dare una risposta definitiva alla questione etica nei riguardi
dell'embrione umano. Infatti, se si tiene conto che persona significat id quod est perfectissimum in tota
natura,1 e si riesce a dimostrare che l'embrione preimpiantatorio è veramente persona – dimostrazione
che ritengo plausibile –, allora s'imporrebbe in modo apodittico il dovere di rispettare
incondizionatamente la sua vita e la sua integrità. Tutto questo giustifica l'enorme interesse tra gli
studiosi per il problema dell'identità dell'embrione. Tuttavia, la questione morale non dipende solo
dall'ontologia. Per esempio, l'Istruzione Donum Vitae, un Documento del Magistero della Chiesa
Cattolica importante tra l'altro perché ha applicato esplicitamente la norma personalista all'embrione
umano fin dal concepimento, cioè il dovere di trattarlo con i riguardi dovuti a una persona, non tenta
nemmeno di fondare tale conclusione etica sull'identità personale dell'embrione,2 ma piuttosto su altri
tre argomenti; 3 argomento biologico: i dati forniti dall'embriologia e dalla genetica autorizzano la tesi
che siamo in presenza di un essere umano individuale nelle prime fasi dello
sviluppo; 4 argomento biografico: è evidente che distruggere un embrione significa impedire la nascita
di un essere umano; argomento etico: un principio generale della morale stabilisce che non è mai lecito
agire con coscienza dubbiosa, pertanto persistendo il dubbio se l'embrione sia vera persona o meno,
bisogna rispettarlo come tale, altrimenti si accetta il rischio di commettere un omicidio.5
Natura Umana e Persona
Dopo aver presentato questa doverosa premessa, vorrei precisare che le riflessioni che andrò a proporre
non si collocano nell'ambito della domanda sull'identità ontologica dell'embrione, ma piuttosto in
quello relativo alla domanda sul rispetto dovuto all'embrione. All'origine di queste riflessioni sta una
esperienza vissuta più volte, l'anno scorso, nei dibattiti che in Italia hanno preceduto il referendum sulla
legge che regola le procedure di procreazione medicalmente assistita. Infatti, in tali circostante è
accaduto che, quando la discussione verteva sugli aspetti fondativi, quasi sempre a priori si ritenevano
scontati due postulati che in realtà scontati non sono.
Primo postulato: chi si dichiara favorevole all'applicazione della norma personalista all'embrione
avrebbe l'obbligo di dimostrare inequivocabilmente che l'embrione sia persona.
Secondo postulato: dimostrare che l'embrione sia persona sarebbe necessario persino per dirimere se
possieda o meno una vera natura umana, poiché si ritiene che l'embrione o è persona o non è umano.6
Proprio in questa prospettiva mi permetto di attirare l'attenzione sulle tesi che intendo ora sostenere,
tesi che si collocano sul polo opposto ai due postulati appena citati; cioè: prima tesi: la norma
personalista è pertinente all'embrione umano anche indipendentemente del problema metafisico che
riguarda la sua identità personale; seconda tesi: non si può escludere – almeno in linea teoretica –
210
l'esistenza di enti appartenenti alla specie umana, cioè in possesso di una vera natura umana seppure
imperfetta, che non abbiano ancora raggiunto lo statuto di persona.
Queste due tesi hanno una valenza epistemologica diversa. Mentre la prima obbedisce alla logica
dell'intelletto pratico, dell'etica, la seconda cade in pieno sotto le regole logiche dell'intelletto
speculativo costituendosi pertanto in un argomento rigorosamente metafisico che potremmo riassumere
nel seguente modo: persona è il modo di essere proprio della natura umana; la natura umana può
essere persona sia in actu che in potentia; finché non passa dalla potenza all'atto, raggiungendo così la
perfezione dell'essere personale, tale natura sarà umana ma imperfetta; tuttavia si deve parlare di vera
natura umana poiché non può diventare attuale quello che non è stato posseduto in modo potenziale. In
questo senso, p.e., potrebbe essere interpretata la nota affermazione di Tertulliano: “È già un uomo
colui che lo sarà” (Apologeticum, IX, 8).
La Questione Morale
Sarebbe di estremo interesse soffermarsi sulla dimensioni metafisiche di quanto abbiamo appena
esposto. Tuttavia, dato che per questa tavola rotonda mi è stato chiesto di prestare attenzione
soprattutto agli aspetti etici, mi propongo ora di esaminare su quali basi teoretiche studiosi di grande
autorevolezza, anzi rappresentativi della migliore tradizione morale cattolica, come S. Tommaso
d'Aquino e Sant'Alfonso Maria de' Liguori, da una parte concedono che l'embrione nelle prime fasi
dello sviluppo non possa essere considerato persona, dall'altra in pratica sostengono un'atteggiamento
simile al principio personalista cioè che dal momento della fecondazione l'embrione meriti un rispetto
incondizionato come quello dovuto alla persona umana. A questo proposito ritengo indispensabile
esaminare non solo gli argomenti addotti a favore di questa tesi ma anche i concetti che ne
costituiscono l'impianto teoretico e che consentono loro di attuare una prassi equivalente alla norma
personalista.7
Sant'Alfonso Maria de' Liguori, Delitto contro la Vita
La posizione adottata da Sant'Alfonso rappresenta il parere comune della tradizione morale cattolica
fino all'inizio del secolo ventesimo. La morale post- tridentina, più che illustrare il dovere positivo di
accoglienza e di rispetto per la vita nascente, preferiva sottolineare la gravità dell'infrazione di tale
dovere. Ora è fuori dubbio che per il Liguori ogni attentato contro la vita del neoconcepito è sempre
materia grave; tuttavia solo nel feto già informato da un'anima spirituale – pertanto persona – si
potrebbe parlare di omicidio; altrimenti si tratterebbe di un delitto contro la generazione, cioè un
peccato che si colloca nella fattispecie della contraccezione.8 Per Sant'Alfonso la questione ontologica
gioca, pertanto, un ruolo del tutto secondario, fino al punto che neppure invoca il principio del dubbio
peraltro usato spesso in altri passi della sua Theologia moralis; per lui è sufficiente l'evidenza
incontrovertibile che, p. e., l'aborto comporta l'interruzione della crescita di una vita umana, il che a
rigor di logica costituisce un fatto gravissimo, sebbene perpetrato nelle prime settimane della
gravidanza non possa essere considerato un vero omicidio. Di conseguenza, nella prospettiva di
Sant'Alfonso, l'embrione umano preimpiantatorio in nessun caso potrebbe essere usato a scopo di
ricerca o come eventuale donatore di materiale biologico. Solo si potrebbe prendere in considerazione
la possibilità di usare le spoglie di un embrione una volta accertata la morte, e questo a determinate
condizioni, come p. e. che si eviti lo scandalo e venga esclusa qualsiasi relazione causale tra la morte e
l'eventuale utilizzo del cadavere. Ma qui entriamo in una problematica del tutto marginale al nostro
argomento.
San Tommaso d'Aquino
La posizione di Tommaso d'Aquino è ben nota; egli è stato, inoltre, citato più volte nei dibattiti italiani
intorno alla legge sulla procreazione medicalmente assistita. In continuità con Aristotele,9 e
condividendo con lui i concetti metafisici di materia e di forma e l'errata biologia del tempo, sosteneva
211
che l'embrione entrava in possesso di un'anima razionale solo qualche settimana dopo la fecondazione.
Ora, senza anima spirituale non c'è persona, senza spirito non ci può essere un soggetto sostanziale
individuale di natura razionale. Sotto questa luce, possiamo dedurre: o che Tommaso fosse un
“liberal” ante litteram, che riteneva l'embrione nelle prime fasi del suo sviluppo privo di dignità,
oppure che egli pensasse che non fosse indispensabile riconoscere la presenza di un'anima spirituale
nell'embrione per essere obbligati a rispettarlo in modo incondizionato. Detto in un altro modo: 1) alla
domanda ontologica: nei primi quindici giorni, l'embrione umano è persona? Tommaso avrebbe
sicuramente risposto: non lo è, e nemmeno nei 15 giorni seguenti o almeno – secondo l'autorità di
Aristotele – non risulta; 10 2) alla domanda etica: possiamo quindi manipolarlo, strumentalizzarlo o
eliminarlo per motivi proporzionati? Altrettanto sicuramente avrebbe risposto: assolutamente no, non ci
sono motivi proporzionati che possano giustificare una cosa del genere, non è eticamente permessa
l'uccisione deliberata di un essere umano innocente, neanche prima che abbia ricevuto l'anima
spirituale. Per valutare il peso reale di queste affermazioni, è doveroso sottolineare che San Tommaso
non si è mai posto esplicitamente queste due domande e nemmeno si è interessato in modo diretto al
problema dello statuto dell'embrione. La maggior parte dei testi che possono avere un qualche
significato in proposito si pongono in particolare contesto teologico: quello cristologico (Gesù
è perfectus homo dal momento del concepimento) o quello escatologico (se i bambini non nati
godranno o meno del beneficio della risurrezione). Per quanto riguarda le conclusioni sul piano etico,
basta l'evidente continuità corporale fra embrione e uomo adulto – tutti siamo stati embrioni – per
dedurre che l'embrione partecipa veramente della natura che rende umano ogni uomo che ha raggiunto
la piena maturità del suo essere. L'embrione umano, infatti, prima di ricevere l'anima spirituale è pur
sempre umano, cioè è un vivente che appartiene alla specie umana, possiede una vita che è veramente
umana sebbene imperfetta e destinata a cedere il passo ad un vita umana in senso pieno come è la vita
personale.11 È chiaro che questo concetto di natura umana imperfetta versus natura umana perfetta crea
parecchia difficoltà alla mentalità moderna, soprattutto perché tale mentalità ha messo in soffitta la
nozione metafisica di natura e tende a leggere ogni rapporto tra perfetto e imperfetto in chiave
esclusivamente dialettica ed evoluzionista. Per San Tommaso invece le cose stavano in un altro modo,
in primo luogo perché lo stesso concetto di vita ammetteva gradazioni,12 e in secondo luogo perché il
rapporto fra perfetto e imperfetto era visto dalla prospettiva del concetto chiave di
partecipazione13secondo il quale omne imperfectum est quaedam participatio perfecti.14 La
partecipazione non appartiene al linguaggio metaforico o simbolico, ma indica un modo di essere reale,
una condizione o identità effettivamente posseduta, sebbene non in modo pieno, ma incompleto o
parziale. Pertanto, comprendere l'embrione come qualcuno che partecipa dal momento del
concepimento dell'essere personale dell'uomo autorizza a sostenere che tale soggetto debba essere
rispettato come persona, cioè in modo incondizionato.
212
1. S. Tommaso d'Aquino, Summa Theologia, 1, 29, 3.
2. Una tesi peraltro che si ritiene molto probabile. Vedi: Congregazione per la Dottrina della
Fede, Donum Vitae, I, 1.
3. Naturalmente, l'Istruzione presenta soprattutto argomenti ex auctoritattibus theologicis, in particolare
della Sacra Scrittura e della Tradizione.
4. Il Documento parla delle “recenti acquisizioni della biologia umana la quale riconosce che nello
zigote derivante dalla fecondazione si è già costituita l'identità biologica di un nuovo individuo umano”
(Donum Vitae, I, 1).
5. Principio proposto dalla Dichiarazione sull'aborto procurato, del 18.11.1974 n. 13: “Anche se ci
fosse un dubbio concernente il fatto che il frutto del concepimento sia già una persona umana, è
oggettivamente un grave peccato osare di assumere il rischio di un omicidio”.
6. Forse su questo secondo postulato ha influito un'interpretazione errata di una domanda chiaramente
retorica avanzata dalla Donum Vitae (I, 1): “Come un individuo umano non sarebbe una persona
umana?”.
7. La domanda non è applicabile alla posizione del Magistero, perché la sua dottrina vale per quello che
effettivamente insegna (p. e. l'embrione va rispettato in modo incondizionato) non per le ragioni che
vengono fornite a sostegno di tale insegnamento: queste possono cambiare e persino essere assenti.
8. S. Alfonso Maria de' Liguori, Theologia moralis, l. 3, t. 4, c. 1, d. 4, n. 394.
9. Aristotele, De Generatione animalium, II, (B) 1, 731 b – 6, 745 b.
10. La presenza dell'anima spirituale, secondo l'errata biologia del tempo, richiederebbe un corpo
con omnia membra distincta anche se ancora molto piccolo: “In quantitate...sicut magna formica” (S.
Tommaso d'Aquino, In III Sent. 3 5 2 ad 3). È bene ricordare che queste interpretazioni sono stata
superate dalle attuali conoscenze biologiche.
11. “Embrio antequam habeat animam rationalem non est ens perfectum, sed in via ad perfectionem”
(Id., De Potentia 3 9 ad 10).
12. “In generatione animalis et hominis in quibus est forma perfectissima, sunt plurimae formae et
generationes intermediae, et per consequens corruptiones, quia generatio unius est corruptio alterius.
Anima igitur vegetabilis, quae primo inest, cum embryo vivit vita plantae, corrumpitur, et succedit
anima perfectior, quae est nutritiva et sensitiva simul, et tunc embryo vivit vita animalis; hac autem
corrupta, succedit anima rationalis ab extrinseco immissa” (Id., Summa Contra Gentiles, 2, 89, 11).
13. Il concetto di partecipazione va considerato in questa sede, nel senso qualitativo di partialiter esse e
non in senso quantitativo di partem capere. Cf. Fabro C., La nozione metafisica di partecipazione,
Torino, 1969.
14. S. Tommaso d'Aquino, I, 93, 2 ad 1.
213
ROBERT SPAEMANN
QUANDO L'UOMO INIZIA A ESSERE PERSONA?
La parola persona non è un termine sortale servendosi del quale determinati individui possono essere
inseriti in una classe naturale di oggetti e identificati come esemplari di questa specie. Per sapere se
qualcuno è un qualcuno, cioè una persona, e non invece un qualcosa, ovvero una cosa, dobbiamo averlo
già identificato come un essere vivente di una certa specie, per esempio come un uomo. Quello di
persona non è però neppure un concetto generico, come per esempio quello di "mammifero", un
concetto sotto il quale possono essere sussunti più concetti specifici. Il termine persona è piuttosto,
come scrive Tommaso d'Aquino, un nomen dignitatis. Chiamare qualcuno una persona significa
riconoscergli uno status: lo status di un fine in sé. La nozione di fine in sé ci è familiare grazie
all'imperativo categorico di Kant: "Agisci in modo da trattare l'umanità, sia nella tua persona sia in
quella di ogni altro, sempre anche come fine e mai semplicemente come mezzo".1 Non potremmo
esistere senza usare continuamente gli uni degli altri come mezzo per i nostri fini. Ma in linea di
principio questa strumentalizzazione deve essere reciproca. Non possiamo ridurre le persone allo status
di semplici mezzi per i nostri fini. Di qui viene, per esempio, il divieto della schiavitù. La ragione di
questo divieto sta nel fatto che l'uomo, in quanto è un essere dotato di ragione e quindi libero, è in
grado di proporsi lui stesso dei fini e di rinunciare ai propri fini quando si convinca che è giusto farlo.
Per questo però ha il diritto che gli siano fatte subire soltanto quelle conseguenze dell'agire altrui di cui
gli può essere data una giustificazione. Le persone in quanto esseri liberi sono soggetti che hanno il
diritto di chiedere ad altri una giustificazione dei loro comportamenti. Ho detto che l'idea di persona
come fine in sé ci è familiare grazie a Immanuel Kant. In realtà essa è, naturalmente, più antica.
Tommaso d'Aquino scrive in modo lapidario: Homo est naturaliter liber et propter seipsum existens.2
Gli esseri liberi si caratterizzano per il fatto di avere un rapporto diverso da quello di altri esseri viventi
con la propria essenza, con la propria natura, con la propria determinazione qualitativa. Non sono
semplicemente esemplari, elementi rappresentativi della specie alla quale vengono assegnati da un
osservatore esterno, ma hanno un rapporto soggettivo con la propria natura, con la propria
determinazione qualitativa. Si potrebbe dire che non sono la propria natura, ma hanno la propria natura.
Non sono neppure, come riteneva Sartre, pura soggettività priva di essenza che si dà poi un certo modo
di essere. Hanno già un modo di essere, ma non si identificano semplicemente con quello. Il loro essere
è il possesso di una natura. Per questa ragione la mente umana ha sempre immaginato storie di
metamorfosi, come si vede in Ovidio ma pure nelle favole popolari. La cosa interessante di questi
racconti è che in essi gli uomini si trasformano in altri esseri rimanendo però se stessi. Come abbiamo
detto: a differenza di tutte le altre cose e di tutti gli altri esseri viventi, le persone hanno un rapporto con
ciò che sono. Chi sono non s'identifica con ciò che sono. In un celebre saggio, Harry Frankfurt ha
attirato l'attenzione sul fatto che gli esseri umani non soltanto desiderano ciò che desiderano, ma
possono pure desiderare di avere desideri diversi.3 Può essere questo il caso per esempio di un
tossicodipendente. Gli esseri umani possono essere scontenti del proprio aspetto e del proprio carattere.
Frankfurt parla di secondary volitions. Le persone possono averesecondary volitions. Per questo le
persone possono fare promesse, cioè possono vincolare il proprio volere futuro concedendo ad altri il
diritto di pretendere che vorranno una certa cosa. E per questo alle persone si può perdonare. Non si
deve chiudere la questione pensando che una persona sia precisamente quel qualcuno che ha agito in un
certo modo e che tale resterà per sempre. Possiamo e dobbiamo concedere agli altri la possibilità di
allontanare da sé le proprie azioni.
Il nostro concetto di persona, a differenza di quello dell'antichità, è profondamente influenzato dalla
teologia cristiana. Nella dottrina trinitaria concepiamo Dio come una natura che ha la caratteristica di
essere posseduta in tre modi. E in Cristo concepiamo una persona che possiede due essenze, sebbene in
214
modo tale che questa unica persona è definita dal possesso della natura divina ed è questa persona
divina che adotta una seconda natura umana. Dottrina trinitaria e cristologia hanno preparato la
comprensione strutturale dell'essenza della personalità.
Se riflettiamo su quanto detto fin qui, potrebbe sembrare che si debba concludere che il riconoscimento
degli esseri umani come persone debba dipendere dalla presenza effettiva in essi delle caratteristiche
per mezzo delle quali la personalità è definita. Sembrerebbe ragionevole pensare che si possano
considerare persone soltanto gli esseri che possiedono una qualche forma di autocoscienza, cioè un
rapporto cosciente con sé e con la propria vita. Proposte che vanno in questa direzione sono state in
effetti ripetutamente avanzate nei dibattiti degli ultimi decenni. Si è negato cioè che gli embrioni, i
bambini, gli handicappati psichici gravi e gli individui colpiti da demenza senile possano essere
considerati persone e si è chiesto che la nozione di dignità dell'uomo presente nelle costituzioni degli
Stati europei e dell'ONU venga sostituita con la nozione di dignità della persona. Questo modo di
pensare non è privo di radici nella tradizione europea. Mentre il grande rivoluzionario Immanuel Kant
si oppone senza mezzi termini a questa concezione, essa trova invece un certo sostegno in Tommaso
d'Aquino, il quale riteneva che tutti gli uomini tranne Gesù Cristo nelle prime fasi della loro esistenza
embrionale abbiano inizialmente un'anima animale, che con un atto creativo Dio sostituisce poi con
un'anima umana, ovvero con un'anima personale. Per motivi scientifici, oggi non c'è praticamente più
nessuno che sostenga questa idea. È diventata sempre più dominante, invece, la concezione di persona
di John Locke. Locke vuole limitare strettamente il proprio ontological commitment ai contenuti
dell'esperienza interna ed esterna, escludendo quindi sia i risultati di una trascendenza ontologica sia
quelli di una riflessione trascendentale. La personalità per lui non è perciò un modo
di esserericonoscibile grazie a determinati stati di coscienza, ma non è altro che uno stato di coscienza
di tale genere. È lo stato di una soggettività che si percepisce come identica attraverso il flusso del
tempo. Poiché per l'empirismo vi sono soltanto stati di cui abbiamo esperienza interna ed esterna, ma
non vi è un sostrato di tali stati, in questa prospettiva non vi sono neppure persone prive di coscienza o
persone che dormono. David Hume ha poi fatto un passo ulteriore arrivando a negare del tutto
l'esistenza della personalità. Egli ritiene infatti che non vi sia in realtà alcuna esperienza che si estende
nel tempo. Esiste il ricordo, ma ogni ricordo si dà come esperienza presente qui e ora. Il ricordo non è
la presenza del passato, ma la presenza di un'immagine attuale di ciò che noi adesso riteniamo essere il
passato. Per questo il ricordo può anche ingannare. Vi sono quindi sempre soltanto esperienze attuali
istantanee, ma non un'identità estesa nel tempo alla quale il pronome ‘io’ si riferisca. Sulla linea di
Locke si colloca oggi per esempio Derek Parfit con il libro Reasons and Persons. Per Parfit non vi è
continuità della persona attraverso il sonno. Chi dorme non è una persona e chi si sveglia non è la
stessa persona che si era addormentata qualche tempo prima. Ogni volta che qualcuno si addormenta
termina l'esistenza di una persona. Colui che si sveglia eredita da colui che si è addormentato certi
contenuti della memoria a causa dell'identità fisiologica dell'organismo umano e del suo cervello. È
interessante notare che in questo modo Parfit è in grado di dare una giustificazione di altro tipo ai
doveri verso se stessi che altrimenti avevano soltanto una giustificazione di tipo religioso. Il dovere di
provvedere alla mia salute in questa prospettiva è un dovere nei confronti di un essere diverso da me,
ovvero nei confronti di qualcuno che è in un certo senso un mio discendente. Qui la personalità viene
dunque chiaramente distinta dall'umanità. Esistono gli uomini, che sono esseri viventi, e vi sono stati
personali di molti di questi uomini, ma non di tutti. L'essere della persona non inizia dunque con la sua
esistenza come organismo umano vivente ma soltanto con il progressivo destarsi di certi stati di
coscienza. Quanto questa concezione si sia diffusa senza che neppure ce ne si accorgesse, lo si può
vedere dal fatto che nientedimeno che il Presidente della Conferenza Episcopale Tedesca, intervenendo
qualche anno fa nella discussione a proposito della cosiddetta morte cerebrale, affermò che poteva darsi
che la morte cerebrale non fosse la morte dell'uomo ma che si trattava comunque della morte della
persona.
215
Desidero argomentare contro questa concezione e sostenere la tesi che l'essere persona non è una
caratteristica dell'uomo, ma è il suo essere, e perciò non inizia in un momento successivo a quello in
cui inizia a esistere una nuova vita umana non identica all'organismo dei genitori.
Le persone non sono una specie naturale che possiamo identificare con una descrizione. Nessuno ci può
prescrivere quando dobbiamo e quando non dobbiamo usare la parola persona. Non si tratta qui
innanzitutto di una questione teoretica, ma di una questione pratica, di una questione etica. Chiamare
qualcuno qualcuno e non qualcosa è un atto di riconoscimento che nessuno può essere costretto a
compiere. Tuttavia questa decisione non è arbitraria. L'atto di riconoscimento di qualcuno
come qualcuno e non come qualcosa che è connesso con il nostro uso della parola personaha una sua
logica immanente. Una limitazione ingiustificata della cerchia di coloro che ricevono tale
riconoscimento cambia la natura di questo atto anche nei confronti di coloro che vengono riconosciuti
come persone. E fissare in modo ingiustificato, al principio della vita, un momento nel quale tale
riconoscimento abbia inizio porta inevitabilmente a stabilire in modo altrettanto ingiustificato un
termine nell'ultimo stadio della vita.
Una persona è qualcuno e non qualcosa. Non c'è un passaggio continuativo da qualcosa a qualcuno.
Non sarebbe corretto dire: ‘Qualcuno è qualcosa con questa o quella caratteristica’. Qualcuno non è
qualcosa. Per questo, per dire che cosa significa la parola qualcuno, dobbiamo esprimerci in modo
tautologico: chiamiamo qualcuno qualcuno che ha questa e quella caratteristica. Ma anche questo non è
corretto. Noi consideriamo infatti come qualcuno certi esseri e in particolare gli esseri umani anche
quando non possiedono di fatto queste caratteristiche. La nostra posizione è forse espressa nel modo
migliore da una frase di David Wiggins: ‘‘A person is any animal the physical make-up of whose
species constitutes the species' typical members thinking intelligent beings, with reason and reflection,
and typically enables them to consider themselves as themselves, the same thinking things, in different
times and places’‘.4 L'unico punto in questa definizione su cui avrei qualcosa da ridire è
l'espressione thinking things. Nessuno di noi chiama cosa un essere pensante. Che la presenza effettiva
delle caratteristiche tipiche delle persone non sia la condizione della personalità, lo possiamo capire
facilmente riflettendo sull'uso dei pronomi io e tu. Chiunque tra noi dice: “Io sono nato il tal giorno”, o:
“Io sono stato concepito nella tale città”, sebbene l'essere che nacque o fu concepito in quel momento
non fosse in grado di dire io. Il pronome personale io non si riferisce a un io-l'io è un'invenzione dei
filosofi “ ma a un essere vivente che in un qualche momento successivo ha cominciato a dire io. E
l'identità di questo essere vivente è indipendente da ciò di cui egli conserva effettivamente un ricordo.
Qualcuno può essere ringraziato o rimproverato per azioni che lui stesso ha dimenticato. E
naturalmente una madre dice a suo figlio: “Quando ero incinta di te...”; oppure: “Quando ti ho
partorito...”. E non: “Quando portavo in me un organismo dal quale sei poi venuto tu”. Tutti i tentativi
di slegare la personalità dalla vitalità, dall'esistenza di un organismo umano sono in contrasto con ciò
che consideriamo intuitivamente evidente. Sono inconciliabili con l'uso della lingua da parte di ogni
uomo normale.
Questa normalità è peraltro la condizione perché gli esseri umani possano sviluppare le caratteristiche
proprie delle persone. Una madre non ha l'impressione di condizionare una cosa con le sue parole fino
al momento in cui questo qualcosa comincia a sua volta a parlare. Per questo un bambino non impara a
parlare da un computer. Nel rapporto con il neonato la madre regredisce anzi essa stessa a un livello
infantile e il rapporto tra lei e il bambino è quello che c'è tra due esseri umani. Dice tu al bambino, lo
tratta come una piccola persona ed è soltanto perché il bambino viene trattato già come una persona
che diventa ciò che egli era fin da principio e quale fin da principio era stato considerato. Chi divide
l'essere persona dell'uomo dal suo essere un organismo vivente recide il vincolo dell'interpersonalità
all'interno della quale soltanto le persone diventano ciò che sono. Le persone infatti esistono soltanto al
plurale (l'uso della parola personain riferimento a Dio ha senso soltanto nel contesto della dottrina
trinitaria).
216
Un altro argomento contro l'idea di legare l'essere persona alla presenza effettiva di determinate
caratteristiche si basa sull'osservazione che ponendo tale condizione si trasforma l'atto di
riconoscimento delle persone in un atto di cooptazione. Si consegnano coloro che arrivano dopo
all'arbitrio di coloro che già si riconoscono fra loro. Infatti sono costoro che definiscono le
caratteristiche in base alle quali qualcuno viene cooptato nella comunità delle persone. Fino a che punto
si tratti qui di una decisione arbitraria, lo vediamo dall'estrema varietà delle opinioni degli scienziati a
proposito del momento in cui devono essere riconosciuti i diritti della persona. Secondo alcuni la tutela
della vita deve cominciare nel terzo mese di gravidanza, secondo altri deve cominciare al momento
della nascita, altri ancora ritengono che si debba aspettare la sesta settimana dopo la nascita, mentre
Peter Singer, coerentemente, non concede un diritto alla vita ai bambini al di sotto dei due anni. Se
abbandoniamo l'unico criterio dell'appartenenza alla specie Homo sapiens e della discendenza da
membri di questa specie, stabilire a quali uomini spettino diritti personali e a quali non spettino diventa
una pura questione di potere. La dignità della persona comporta che essa prenda il posto che le compete
nella comunità universale delle persone non come qualcuno che di questa diventa membro per
cooptazione ma come qualcuno che è tale per nascita.
Ogni uomo appartiene a tale comunità per il fatto di appartenere alla famiglia degli uomini, cioè per il
fatto di avere un rapporto di parentela con degli esseri umani. La biologia evoluzionistica, per esempio
con i lavori di Ernst Mayr, ha abbandonato l'idea di definire la specie come una classe alla quale gli
esemplari appartengono in virtù di una qualche somiglianza, come accade nel caso della classificazione
di cose inanimate. Il concetto di classe viene sostituito dal concetto di popolazione. A una popolazione
un animale appartiene in forza di una relazione genealogica, cioè in forza dell'origine comune e
dell'interazione sessuale. I rapporti di parentela tra esseri umani non sono però mai una mera realtà
biologica. Sono sempre al tempo stesso rapporti personali. Padre e madre, figlio e figlia, fratello e
sorella, nonno e nonna, cugino e cugina, zio e zia, cognato e cognata sono posti determinati in una
struttura interpersonale. E chiunque occupi uno di questi posti lo occupa fin dal principio della sua
esistenza biologica e lo conserva per tutto il tempo della sua vita e anzi anche al di là di quello. Vi è qui
una differenza rispetto a quasi tutti gli animali. Un embrione è figlio dei suoi genitori fin dal primo
momento della sua esistenza. In quanto membro di una famiglia umana egli è però membro di una
comunità di persone, ma in quanto membro di una comunità di persone è egli stesso una persona del
tutto a prescindere dal darsi o no di certe caratteristiche. Si racconta che Peter Singer assista in modo
ammirevole la madre malata di Alzheimer. Quando gli fu chiesto in un'intervista come il suo
comportamento nei confronti della madre si potesse conciliare con la sua convinzione che il morbo di
Alzheimer cancella la personalità, pare che egli abbia risposto che si trattava per l'appunto di sua
madre. Cioè: la madre resta madre e il figlio resta figlio. Questo è però un rapporto personale, del tutto
a prescindere dal fatto che entrambe le persone coinvolte ne siano o no consapevoli soggettivamente, e
perciò la madre resta una persona finché vive, così come il figlio è figlio dal momento in cui è vivo. Se
la parentela biologica non fosse al tempo stesso qualcosa di personale, come si potrebbe spiegare il
fatto che i bambini nati al di fuori del matrimonio o adottati, al più tardi durante la pubertà, manifestano
il desiderio di conoscere il proprio padre carnale o i propri genitori carnali? Considerano il rapporto con
un parente che non conoscono come parte della propria identità personale.
Qualcosa di analogo è vero del resto nel caso del rapporto sessuale tra uomo e donna. Anch'esso non è
mai qualcosa di meramente biologico. Quando lo si riduce a questo si tratta di una depravazione.
Quello che vi è di intelligente nella perversità del marchese de Sade è il fatto che essa è voluta proprio
in quanto depravazione e umiliazione. Allo stesso modo è però anche vero il contrario: la realtà
personale nell'uomo ha sempre anche un aspetto biologico. Non per niente la vita eterna viene
presentata come cena vitae aeternae, come un mangiare e bere in compagnia. E la verginità della
madre di Gesù secondo la fede della Chiesa non è un fatto puramente spirituale, ma la realtà spirituale
trova la sua espressione nel fatto che Gesù è stato concepito senza l'intervento di un uomo.
217
La domanda sull'inizio temporale della personalità umana, in realtà, è una domanda a cui non si può
rispondere. La personalità è infatti qualcosa di sovratemporale. Grazie a essa l'uomo è partecipe
del mundus intelligibilis. Essa significa che l'uomo è un essere capace di conoscere la verità. Ma la
verità è al di sopra del tempo. Che noi oggi siamo riuniti qui a Roma è sempre stato vero e resterà vero
in eterno. Poiché la personalità è partecipazione alla sovratemporalità, è vano ogni tentativo di indicare
un momento del tempo in cui essa inizi. Come non possiamo constatare l'istante della morte, ma
soltanto dire retrospettivamente: “Adesso quest'uomo non è più in vita”, così, quando abbiamo a che
fare con un essere umano, possiamo soltanto dire: “Questa è una persona”. Questo era peraltro anche il
modo di vedere di Immanuel Kant, il quale scrive che, “siccome il prodotto è una persona, ed è
impossibile farsi un concetto della produzione di un essere dotato di libertà per mezzo di un'operazione
fisica, è un'idea assolutamente giusta e anche necessaria, dal punto di vista pratico, il considerare la
procreazione come un atto per mezzo del quale abbiamo messa una persona al mondo”.5 Si potrebbe
dire che l'identificazione del divenire persona con il momento della generazione consegue
dall'impossibilità di fissare in un qualunque modo un inizio della persona nel tempo. Chiunque
proponga di identificarla con un momento successivo in definitiva pretende di sapere di più di quello
che può sapere.
Questo vale anche per San Tommaso d'Aquino, il quale accettava questa identificazione soltanto nel
caso di Gesù Cristo. Per tutti gli altri uomini egli riteneva che l'anima razionale e perciò personale
venisse creata immediatamente da Dio soltanto nel quarantesimo giorno dal concepimento,
sostituendosi all'anima sensitiva (animale) che era stata presente fino a quel momento. Dietro questa
ipotesi sta il thyrathen di Aristotele, cioè la dottrina aristotelica secondo cui l'intelletto non viene
generato insieme all'anima quale parte di questa ma entra nell'uomo dal di fuori.6 Questa dottrina
poggiava sull'idea che l'intelletto non sia definibile richiamandosi a una funzione biologica ma debba
invece essere inteso come partecipazione alla realtà sovratemporale. Contrariamente ad Aristotele,
Tommaso sostenne che l'intelletto è parte dell'anima, ma soltanto nel senso che l'anima per lui si
definisce in base alla sua intellettualità. E proprio per questo essa non può avere origine per via di
riproduzione, ma soltanto grazie a un atto creativo immediato, senza che i genitori fungano da cause
seconde. Questa dottrina non è più sostenibile dal momento in cui sappiamo che lo sviluppo dell'uomo,
guidato dal suo programma genetico, procede senza alcuna soluzione di continuità e che i caratteri
ereditari danno anche all'intellettualità del singolo uomo la forma che le è propria. Con questo diventa
però poco plausibile anche la supposizione che la genesi dell'anima personale non sia dovuta in alcun
modo alla riproduzione, giacché questa idea sta e cade con la tesi dell'animazione successiva. Se infatti
l'anima razionale prende possesso dell'uomo soltanto in un momento successivo, allora i genitori
generano come tutti gli organismi viventi un organismo di natura animale. Se però questo stadio
animale non si dà, che cosa generano allora i genitori? Un organismo inanimato? Non si potrebbe
parlare in questo caso di generazione. Se fin dal principio l'essere umano vive grazie all'animazione da
parte di un'anima razionale, non può essere che questa animazione non abbia nulla a che vedere con la
procreazione da parte dei genitori. In questo senso, dobbiamo comprendere bene quello che Giovanni
Paolo II afferma nell'Enciclica Evangelium Vitae quando dice che la creazione dell'anima umana da
parte di Dio è per così dire inscritta nell'atto della generazione umana.7 Non si tratta qui di
un'affermazione estemporanea, ma di un invito rivolto all'antropologia teologica a ripensare a fondo il
nesso tra l'atto generativo e il thyrathen della creazione dell'anima razionale.
Da ultimo desidero accennare soltanto brevemente alla domanda sull'inizio della vita umana, che
dobbiamo identificare con l'inizio della personalità umana. A questa domanda non si può rispondere
senza il contributo della scienza biologica. In questa sede sia permesso al filosofo di fare soltanto tre
osservazioni.
Non ha senso parlare di vita umana intendendo con ciò qualcosa di diverso dalla vita di esseri
umani. Vivere viventibus est esse, scrive Aristotele 8 e con lui San Tommaso. Non esiste una vita
umana anonima. Quando inizia la vita embrionale, o abbiamo a che fare con la vita della madre o si
218
tratta della vita di un nuovo essere umano. La scienza è però concorde sul fatto che la vita di una nuova
struttura di DNA non è la vita della madre. Quindi tale vita è l'esistenza di un nuovo essere umano
diverso dalla madre.
Non ha senso far cominciare la vita “ e quindi la personalità “ di questo nuovo essere umano soltanto
dal momento in cui si sia raggiunto un certo grado di indipendenza dalla vita della madre, per esempio
dal momento dell'annidamento, perché, si dice, soltanto da quel momento in poi è possibile uno
sviluppo autonomo. Questo è vero, ma ciò che si sviluppa autonomamente esiste già prima di aver
trovato il posto a lui conveniente nel ventre materno. D'altra parte questo essere non si
sviluppa autonomamente nemmeno dopo quel momento, ma ha invece bisogno continuamente di ciò
che gli viene dall'organismo della madre. Ma di questo ha bisogno anche dopo la nascita.
Se autonomia significa indipendenza dall'aiuto altrui, allora il bambino raggiunge tale autonomia
soltanto molti anni dopo la nascita. Anzi, un'indipendenza completa non la raggiungiamo mai.
L'esistenza umana dipende sempre da un certo grado di solidarietà. Quello che è chiesto a Caino è che
egli sappia dov'è suo fratello. “Sono forse il custode di mio fratello?”. È la risposta dell'assassino.
Come stanno le cose nel caso dei gemelli monozigotici? Ho detto che la vita umana è sempre la vita di
un essere umano. Ma non dovremmo dire che fintanto che nello sviluppo della vita embrionale non sia
deciso se si tratta di un essere umano o di due o di tre non si tratta ancora di una vita personale? Non mi
sembra che questa risposta sia necessaria. Innanzitutto, anche i gemelli monozigotici come gli altri
esseri umani, in seguito, quando saranno arrivati all'uso della ragione, diranno che sono stati concepiti
nel tale momento o nelle tali circostanze. Indicheranno come loro la vita umana nascente che era la
loro. E se a questo proposito invece di dire io diranno noi, è pure vero che il pronome noi non è meno
personale del pronome io. Noi significa sempre una pluralità di persone e non una vita anonima e priva
di soggetto. E se noi cristiani intendiamo la personalità come un venire interpellati da parte di Dio,
allora questo significa che Dio ha da sempre visto nella vita che aveva così avuto origine le due o tre
persone del cui comune inizio qui si tratta.
È pure possibile la concezione dell'embriologo Blechschmidt, il quale ritiene che lo zigote che in
seguito si divide sia unapersona, dalla quale poi, come Eva dalla costola di Adamo, si stacca una
seconda persona. Entriamo qui in un ambito in cui si fanno ipotesi di carattere puramente speculativo.
Ed è legittimo farle. Anche l'ipotesi di una divisione successiva di una vita anonima in due persone è di
carattere puramente speculativo. Ma è un'ipotesi che si trova in conflitto con certe evidenze ontologiche
fondamentali. È sufficiente che vi siano ipotesi alternative che sono compatibili con tali evidenze. Chi
in questo ambito voglia prescrivere un'astinenza di stampo radicalmente empiristico, dovrebbe essere
coerente. È stato coerente David Hume il quale confessò di non sapere che cosa farsene dell'idea di
persona e dichiarò di non essere uno di quegli uomini "che hanno la fortuna di avere un io".
1. Kant I., Fondazione della metafisica dei costumi, in Scritti morali, Torino: UTET, 1970: 88.
2. S. Tommaso d'Aquino, Summa Theologiae, IIa IIae, q. 64, a. 2, ad 3.
3. Frankfurt H., Freedom of the Will and the Concept of a Person, The Journal of Philosophy
1971, 68: 5-20.
4. Wiggins D., Sameness and Substance, Cambridge: Harvard University Press, 1980: 188.
5. Kant I., La metafisica dei costumi, Roma-Bari: Laterza, 1989: 99-100.
6. Aristotele, De generatione animalium, II, 3, 736b 27-28.
7. Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Evangelium Vitae, n. 43.
8. Aristotele, De anima, II, 4, 415b 13.
219
JEAN-MARIE LE MÉNÉ
PERCHÉ IL DOVERE DELLA TUTELA GIURIDICA DELL’EMBRIONE
La collocazione di questo intervento nel programma (nella parte conclusiva), l'ambito specialistico cui
fa riferimento (la giurisprudenza) e il carattere imperativo della sua formulazione (il dovere)
contribuiscono a conferire un tono particolare alla mia presentazione.
Nel momento in cui il giurista viene consultato, deve fornire una risposta rapida alla domanda. Non si
vuole sapere se l'embrione preimpiantatorio debba essere protetto o meno. Questo si dà per scontato.
Quello che si vuol sapere dal giurista è come si giustifichi tale obbligo di tutela.
La risposta sarà semplice: se esiste un'ingiustizia, è necessario innanzitutto fermarla; poi bisognerà
rimuovere le sue cause profonde.
Fermare il Genocidio degli Embrioni Preimpiantatori
Il giurista considera che l'embrione preimpiantatorio1 sia l'oggetto di un atto colpevole e di una
condanna talmente generale e radicale che si può parlare, senza eccessi, di genocidio. La possibilità di
crearlo per poi distruggerlo determina la sua definizione come embrione preimpiantatorio. Prima
ancora di essere, l'embrione è utile e utilizzato. Rifiutato per ciò che è, desiderato per ciò che ha. Una
disponibilità così totale di un essere non ha precedenti nella storia.
Oggi, il Genocidio del 75% degli Embrioni nella fase del Preimpianto
Una requisitoria unilaterale a partire dalla fecondazione extracorporea
Nei diversi atti normativi, nazionali e internazionali,2 ci si sforza di dimostrare che l'embrione
preimpiantatorio non può appartenere alla specie umana. Quando in un testo si fa riferimento
all'embrione nei suoi primi stadi di sviluppo, lo si fa riempiendolo di accuse. Prima di tutto egli è
colpevole di non essere un individuo. Come proteggere un essere che ha l'audacia di poter diventare più
di uno, nella misura in cui l'embrione, in questo stadio così precoce, si può ancora moltiplicare o
dividere?
Poi, è colpevole di non assomigliare a noi, gli adulti. L'argomento morfologico come criterio
dell'umanità – curioso in un procedimento giuridico – porta a cercare la prima traccia rivelatrice di una
forma umana riconoscibile: è la famosa stria primitiva del quattordicesimo giorno che sostanzia
l'illusione utilitarista del pre-embrione.
L'embrione preimpiantatorio è ancora colpevole di non possedere le proprietà biologiche che
caratterizzano invece l'essere umano già nato: manca di qualità immunologiche, di sensitività agli
agenti teratogeni, di differenziazione sessuale.
Infine, è accusato di nomadismo, di non avere un sito di residenza, una dimora fissa prima
dell'annidamento in utero e questo ne farebbe un essere senza relazioni e, quindi, senza un posto nella
società.
Ma, soprattutto, egli è colpevole di non sapere ciò che è destinato a diventare, colpevole di un futuro
incerto, di un avvenire indefinito. In natura, si verifica l'aborto spontaneo di un certo numero di ovuli
fecondati, allora perché si vuole impedire agli scienziati semplicemente di anticipare questa selezione
naturale? In alcuni casi lo sviluppo embrionale non può forse evolvere in tumore? “Come si può
considerare allora l'embrione appena formato come una persona umana?” ha scritto M. Etienne
Beaulieu, ex-Presidente dell'Accademia delle Science Francese.3
Tutte queste obiezioni rivolte contro l'embrione preimpiantatorio hanno un elemento in comune.
L'embrione è colpevole di essere ciò che è, cioè di essere apparentemente elusivo, instabile e
misterioso, fino al punto di generare incomprensione, reazioni irrazionali e negazioni della sua umanità.
220
Colpevolezza nel 75% dei casi
L'embrione preimpiantatorio 4 è soggetto, in pratica, al duplice vincolo del desiderio e della qualità che
rappresentano un quadro di valutazione piuttosto povero.
In primo luogo, gli embrioni preimpiantatori sono sia desiderati – qualcuno direbbe che vengono al
mondo nell'ambito di un progetto parentale – sia indesiderati, se non sono o non sono più inseriti in
questo progetto parentale. In secondo luogo, gli embrioni possono essere sani oppure malati.
L'incrocio di queste alternative di base può sfociare soltanto in quattro scenari: embrioni desiderati e
sani, embrioni desiderati e malati, embrioni non desiderati e sani, embrioni non desiderati e malati.
Embrioni desiderati
Embrioni non desiderati
Embrioni sani
Giudizio sospeso
Colpevoli
Embrioni malati
Colpevoli
Colpevoli
A priori, solo l'embrione desiderato e sano merita di essere protetto poiché è l'unico innocente.
L'embrione desiderato, ma malato è colpevole di non essere sano e sarà quindi eliminato. Pova di ciò è
che la maggior parte dei Paesi industrializzati ha messo a punto metodi di diagnosi preimpianto per
individuare embrioni malati allo scopo di far nascere soltanto bambini sani. Va da sé che se questi
embrioni non fossero colpevoli, la società non li eliminerebbe, ma ne avrebbe cura e porterebbe avanti
ricerche con lo scopo di guarirli.
Senza dubbio, l'embrione non desiderato e malato è due volte colpevole. Riceve quindi una doppia
condanna a morte sia per il fatto che non è voluto dai suoi genitori, sia perché, da parte sua, manca di
sufficiente qualità.
Per quanto riguarda l'embrione non desiderato, ma sano, anch'egli è colpevole. Colpevole di opporsi
alla solidarietà tra le generazioni. Colpevole di privare la comunità del dono delle sue preziose cellule
staminali (ES). Di certo, il diritto alla vita dell'embrione è tenuto in minor considerazione rispetto al
diritto degli adulti malati di essere curati con cellule staminali provenienti da un embrione sano, ma
non desiderato. “In queste condizioni “ si potrebbe sentir dire “ rifiutare di usare l'embrione equivale a
negare l'assistenza medica”, o anche: “Il diritto alla vita dell'embrione, che priverebbe il paziente del
beneficio della terapia cellulare, costituirebbe un crimine contro l'umanità”.
Facendo i conti, ben il 75% degli embrioni preimpianto è realmente colpevole, nel senso giuridico del
termine, nella misura in cui gli si può comminare la pena di morte. In effetti i tre quarti di questi
embrioni contribuiscono sia a rendere malata la società, quando essi stessi sono malati, sia a non
guarirla, quando non si concedono di buon grado alla scienza.
Riguardo agli embrioni desiderati e sani, che rappresentano il rimanente 25%, neanche essi sono
definitivamentre fuori pericolo. Il rispetto che gli si riconosce, non è una tutela uniforme dalla
fecondazione alla nascita, ma una protezione graduale, progressiva e specifica per ogni momento del
loro sviluppo. Bisogna tener presente che il fatto di essere desiderato, per un embrione, è revocabile ad
nutum, in qualsiasi momento, e che la sua apparente buona salute può peggiorare.5 Si può dire che
l'embrione desiderato e sano si trova in una situazione di rinvio.
Domani, il Genocidio del 100% degli Embrioni Clonati
Sembra che gli osservatori, quelli cristiani in particolare, non si rendano conto della reale gravità della
colpevolezza dell'embrione preimpiantatorio, diventata ormai una nozione ampiamente diffusa. Ciò ha
portato all'oscuramento del principio di indisponibilità dell'essere umano: l'embrione può essere
selezionato, congelato, messo da parte, sottoposto a sperimentazione, donato, distrutto, etc. Questa
nozione è l'anticamera dell'autorizzazione della clonazione umana.
221
La clonazione umana, conseguenza della possibilità di disporre dell'embrione
Nel 1998, alcuni gruppi americani isolarono e misero in coltura, per la prima volta, alcune cellule
staminali embrionali umane. Da allora, si sono rapidamente aperte nuove prospettive “ le
cosiddette terapie cellulari ” a partire dalla creazione di linee cellulari derivate dalle cellule staminali
embrionali. Di fatto, il carattere terapeutico di queste ricerche è dubbio, soprattutto da quando, nel
1991, un gruppo francese dimostrò la presenza nel sangue degli adulti di cellule
staminali mesenchimali pluripotenti.6 Da questo momento in poi, è apparsa dunque un'alternativa etica
alla terapia cellulare con cellule staminali embrionali che richiede la soppressione della vita degli
embrioni umani.
Ma bisogna notare che in vari rapporti al Parlamento su argomenti di bioetica,7 dopo aver
raccomandato l'uso degli embrioni soprannumerari, gli esperti hanno espresso da subito qualche
riserva riguardo al problema dell'immunocompatibilità che potrebbe derivare dall'iniezione di cellule
staminali embrionali nell'organismo adulto. Hanno dunque sistematicamente raccomandato di muoversi
verso la soluzione del “trasferimento nucleare”, ossia dell'autorizzazione della clonazione umana.
Il legame ideologico tra l'uso dell'embrione preimpiantatorio e la pratica della clonazione è evidente.
Eccone una prova. I vari rapporti hanno tutti fatto riferimento alla possibilità di un rigetto, da parte del
sistema immunitario, delle cellule staminali embrionali estratte dagli embrioni soprannumerari, quando
invece la difficoltà non risiede qui. Per l'esattezza, queste cellule embrionali non vengono rifiutate
dall'organismo ricevente. Esse si sviluppano nell'organismo. La questione che sorge è relativa,
piuttosto, al controllo e alla gestione di questo sviluppo che tende a procedere in maniera disordinata
(tumori). In altre parole, l'argomento presentato per giustificare il passaggio dall'uso degli embrioni
soprannumerari alla pratica della clonazione umana, non è fondato scientificamente. Ma è efficace: la
clonazione è una conseguenza tecnica inevitabile della disponibilità dell'embrione umano.
La clonazione umana, giustificazione della disponibilità dell'embrione
La trasgressione rappresentata dall'utilizzo dell'embrione umano non solo conduce logicamente alla
clonazione, ma quest'ultima si giustifica anche a posteriori a partire dalla trasgressione iniziale.
La clonazione umana è considerata da alcuni come una strumentazione riguardante gli artefatti cellulari
prodotti senza la fecondazione, e non gli embrioni umani. Il biologo Henri Atlan,8 per esempio, non
vede perché debba essere necessario, da un punto di vista etico, considerare un clone come un
embrione umano per il solo fatto che il clone possa svilupparsi in embrione. Spiega perciò: “È una
questione di potenzialità dell'embrione, che è una potenzialità della potenzialità! Da questo punto di
vista se si considera un embrione come una persona, o una persona potenziale, sin dalla fecondazione,
sarebbe molto più coerente contrastare l'uso degli embrioni soprannumerari “ che sono embrioni veri
prodotti in vitro attraverso la fecondazione “ piuttosto che contrastare l'uso di cellule prodotte
attraverso il trasferimento del nucleo somatico negli ovociti”.
Si raggiunge, in questa posizione, il massimo della perversione del ragionamento. L'embrione non è
degno di rispetto quando si tratta di difendere il suo utilizzo, ma una volta ottenuto lo scopo, l'embrione
ridiventa degno di rispetto per giustificare il passaggio alla clonazione umana considerata, alla fine,
come una trasgressione minore. L'argomento, ancora una volta, è efficace. In Francia, quando il
Ministro della Sanità, Jean François Mattei, fece votare la legge sulla bioetica del 4 agosto 2004, che
comprendeva sia l'autorizzazione all'uso degli embrioni soprannumerari a scopi di ricerca sia il divieto
di clonazione umana, i suoi avversari non persero l'occasione per mostrare l'incoerenza e la fragilità di
questa posizione. Perché proibire la clonazione umana se l'embrione umano non ha alcun valore, se non
per guadagnare del tempo? Effettivamente avendo ceduto il principio del rispetto dell'embrione
preimpiantatorio, l'autorizzazione pratica della clonazione umana resta semplicemente una questione di
calendario politico.
222
Non ci sono dubbi: si sta cambiando paradigma. Nella spirale della trasgressione, la disponibilità
dell'embrione non indica il superamento di un ulteriore limite, ma un cambiamento nella natura stessa
della trasgressione.
Se l'aborto rappresenta ancora una deroga al divieto di uccidere, la sopravvivenza dell'embrione
soprannumerario (e dell'embrione clonato) rappresenta già una deroga all'obbligo di uccidere.
Questo potere, totale e totalitario, esercitato sull'essere umano, si nutre degli effetti di un processo
sleale e permanente in cui non ci sono più né giudici né difensori. Perché, scriveva lo psicanalista
Monette Vacquin,9 ”che cosa può il diritto se il delirio oggi è nella scienza?”.
Per Mettere Fine all'Iniquo Processo contro l'Embrione Preimpiantatorio
Il fallimento dei giudici
Non esiste il vuoto giuridico assoluto che ci si immagina talvolta quando si sente recriminare contro la
mancanza del riconoscimento dello status dell'embrione. Esistono infatti delle norme di diritto,
soprattutto di natura penale, che comprendono il riconoscimento dell'essere umano fin dal
concepimento, senza, tuttavia, che da ciò derivino sempre tutte le coseguenze naturali.
Si pensi ad esempio al Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici (19 dicembre 1966), entrati in
vigore il 23 marzo del 1976 in cui si stabilisce che non possono essere condannate a morte le donne
incinte. Questo testo rappresenta un riconoscimento esplicito dell'autonomia della vita del feto e quindi
anche dell'embrione preimpiantatorio.
Paradossalmente, le leggi che legalizzano l'aborto (almeno quella francese) spesso riconoscono, in un
primo articolo, l'umanità dell'embrione o del feto “a partire dall'inizio della sua esistenza” prima di
aprire, in un secondo articolo, diverse brecce in questo principio. Sono queste le prove migliori
dell'umanità dell'embrione o del feto. Poiché, affinché una legge autorizzi ad uccidere, bisogna che
parta dal postulato che la materia è quella dell'omicidio. Sopprimere un essere che non sarebbe umano
non costituirebbe omicidio e non ci sarebbe, dunque, bisogno di una legge.
In alcuni Paesi (tra cui, dal 2001, la Francia), la legge punisce l'omicidio involontario del nascituro. In
queste disposizioni, si afferma anche che la vita umana deve essere rispettata già dai suoi primissimi
stadi “ anche prima dell'impianto.
E certamente, anche se non ha avuto mai un'incidenza diretta in materia penale a causa della finzione
della nascita, che postula, la massima infans conceptus pro nato habetur ” il bambino concepito sarà
considerato come nato ogni volta che il suo interesse è in gioco “ è stata oggetto di una larga
applicazione giurisprudenziale. Come notava il prof. Jérôme Lejeune, “la saggezza giuridica non ha
aspettato la biologia molecolare per affermare che il bambino sia un erede, anche prima di nascere”.10
Tuttavia, insensibilmente, malgrado il diritto penale e la dottrina che non presentano equivoci sul
rispetto dell'essere umano, la pratica ininterrotta dell'aborto, e poi quella della libera disposizione
dell'embrione preimpiantatorio, hanno stravolto la giurisprudenza. È come se i giudici ragionassero in
questo modo: “Poiché l'aborto è permesso, allora l'embrione non ha valore”. Hanno quindi inventato
falsi dibattimenti giuridici intorno al concetto di persona e di essere umano per camuffare la vacuità dei
loro giudizi.
I falsi dibattiti giuridici sui concetti di persona e di essere umano
L'iniquo processo organizzato contro l'embrione preimpiantatorio riposa sull'idea che l'embrione non
avrebbe personalità giuridica. Ma è tempo di mettere fine a questa truffa giuridica che fa dire al diritto
ciò che in realtà non dice.
Infatti, la persona giuridica del diritto civile non ha niente a che fare con la persona giuridica del diritto
penale. Ascoltiamo le parole di Jerry Sainte Rose, magistrato, avvocato generale presso la Corte di
Cassazione, in Francia: “La personalità, ai sensi del diritto civile che, secondo la dottrina dominante, si
acquista alla nascita, è una costruzione astratta destinata a favorire la regolamentazione del commercio
tra gli uomini ed è stata estesa alle persone morali. La persona umana (invece), che non è definita da
223
nessuna parte, è protetta nella sua integrità e dignità dal diritto penale, sia essa titolare di diritti, vivente
o non, viabile o meno”.
E l'alto magistrato francese ha mostrato come la morte civile, che una volta consisteva nello spogliare
alcuni condannati di tutti i loro diritti, civili e politici, non ha mai significato che si potesse attentare
alla loro vita. “La personalità (giuridica), non è dunque una condizione per la protezione giuridica
dell'essere umano”. Ha ricordato, inoltre, che un tentato omicidio può essere commesso anche su un
cadavere. “Dunque, il nascituro non dovrebbe beneficiare di alcuna protezione dal diritto penale che
tutela addirittura una persona già morta?”. Inoltre, poiché la giurisprudenza francese, ha riconosciuto il
diritto ad un risarcimento del bambino generato da uno stupro, “la qualità di vittima è stata in questo
modo riconosciuta a qualcuno che non era ancora neanche stato concepito al momento in cui si è
verificato il fatto”. È ragionevole dunque rifiutarla all'embrione preimpiantatorio?
“Non possiamo non constatare che è alla persona fisica, all'essere di carne e di sangue che il diritto
penale si interessa in ciò che riguarda le violenze, anche quelle meno gravi. La posizione assunta dalla
Corte di Cassazione, che subordina il rispetto della vita allo statuto giuridico della persona “ conclude
Sainte Rose “, valuta dunque superficialmente l'autonomia del diritto repressivo”.11
Un altro colpo, con la forza della giurisprudenza, lo ha inferto il Consiglio Costituzionale francese
considerando, in una decisione del 27 luglio 1994, che l'embrione preimpiantatorio non faceva più
parte dell'umanità. Non solo non sarebbe una persona, ma non sarebbe neanche umano! Si trattava, per
il Consiglio Costituzionale, di dichiarare conformi alla Costituzione francese le prime leggi di bioetica
del 1994 che, in particolare, autorizzavano la FIVET e la DPI. Nella sua risposta alle questioni
sollevate dai parlamentari, il Consiglio ha ritenuto che il principio del rispetto di ogni essere umano fin
dall'inizio della vita non era applicabile (agli embrioni in vitro)”.12
Lasciamo al prof. Bernard Edelman il compito di commentare questo testo: “Questi
diversi preamboli, bisogna dirlo con tutta la brutalità necessaria, sono evidentemente inammissibili.
Contro la volontà del legislatore, il Consiglio Costituzionale ha creato una sotto categoria di esseri
umani, risuscitando così una forma inedita di schiavitù. In primo luogo, se il rispetto è il segno
distintivo di ogni essere umano “ così come la dignità lo è della persona “ un essere umano che non
merita più rispetto è escluso dall'umanità. È un reietto. In secondo luogo, se è un reietto, nessuno
ostacolo giuridico può contrastare la sua strumentalizzazione, a meno che non gli si riconoscano delle
garanzie come nel caso di un animale o di un biotopo. In terzo luogo, un essere umano cacciato
dall'umanità merita di essere considerato come uno schiavo. Cosa è infatti un schiavo, se non un essere
umano ridotto ad un'esistenza puramente biologica, così da essere, indifferentemente, uno strumento
vivente o pura materia soggetta alla volontà altrui?”.13
Le vere finalità del diritto
A questo punto, urge ricordare le finalità del diritto. Lungi dal positivismo giuridico che interpreta la
legge solo come somma delle regole esistenti, il diritto non è il riflesso di una politica, non detta le
regole della condotta umana, non è una risposta alle aspirazioni degli individui o alle rivendicazioni dei
gruppi di pressione. Non è schiavo dei poteri pubblici, né dell'economia. Fondamentalmente, il diritto è
al servizio del giudice che emette dei giudizi per rendere a ciascuno ciò che gli è proprio per natura. Per
riprendere l'espressione di San Tommaso: suum cuique tribuere.
“Di fronte a delle parti che sono in causa per un bene o un riconoscimento di dignità, un ufficio
pubblico o il risarcimento di un danno, il giudice ha il compito di definire la parte propria di ciascuno,
di attribuire a ciascuno ciò che gli spetta. Il legislatore e i giuristi sono coadiutori del giudice. Essi
hanno come obiettivo il giusto, vale a dire la migliore distribuzione di un valore. Ogni tentativo di
ridurre questo scopo relazionale a scopi semplici, particolari, equivale ad un fallimento. Essi si
occupano della ricerca della migliore proporzione tra persone e cose in un gruppo sociale”.14
In quanto alla legge, rivolgiamoci ancora a San Tommaso che ne dà la seguente definizione: “Lex est
quaedam rationis ordinatio ad bonum commune ab eo qui curam communitatis habet promulgata ” la
224
legge è un'ordinanza della ragione per il bene comune promulgata da chi è responsabile della
comunità”. È stato Papa Giovanni Paolo II, nel suo ultimo lavoro, a fare il miglior commento di questo
brano: “In quanto ordinanza della ragione, la legge si appoggia sulla verità dell'essere: la verità di Dio,
la verità dell'uomo, la verità della realtà creata essa stessa nel suo insieme. Questa verità è la base della
legge naturale. Il legislatore gli aggiunge l'atto di promulgazione. È ciò che è avvenuto sul Sinai per la
legge di Dio, è ciò che avviene nei Parlamenti per le varie forme di intervento legislativo”.15
Si comprende, allora, che una legge che non sia un precetto della ragione e/o che non sia stabilita per il
bene comune, sarebbe una legge ingiusta: lex injusta non est lex. Disubbidire ad una legge ingiusta può
diventare, pertanto, una prescrizione della carità.
Il Tradimento dei Difensori
La disonestà del processo contro gli embrioni preimpiantatori è dovuta infine “ e soprattutto! “ al
tradimento dei suoi difensori. Questi fingono non solo di ignorare la natura umana dell'embrione, ma in
realtà ignorano anche le finalità del diritto e della legge, secondo quanto abbiamo appena ricordato,
abbandonandosi a veri deliri semantici e giuridici.
I tentativi di ri-nominare o dequalificare l'embrione
Il primo tradimento, non potendo cambiare la natura umana dell'embrione, consiste nel voler
cambiargli il nome.
Nell'ottobre del 1999, il prof. Jean-François Mattei, genetista, futuro Ministro della salute in Francia, in
un'intervista accordata alla rivista “Science et Vie”, propose “per evitare di dover parlare di
manipolazione dell'embrione” dirinominare la struttura vivente. ”Pertanto solo quell'essere generato
attraverso la fecondazione di due cellule sessuali lanciate verso la vita attraverso l'efficace annidamento
nell'utero materno avrebbe diritto allo status inviolabile di embrione umano”.
Struttura vivente derivante da clonazione
Struttura vivente derivante da fecondazione sessuale
In vitro
?
?
Annidamento mancato nell'utero materno
?
?
Annidamento riuscito nell'utero materno
?
Embrione
Come si può notare da questa Tabella, la formulazione è “generosa” nell'esclusione. Permette infatti “
con un segno di penna “ di escludere dall'umanità: tutti gli embrioni nati per clonazione, compresi
quelli che potrebbero arrivare alla nascita, tutti gli embrioni non impiantati, compresi quelli nati da
fecondazione sessuale.
Quanto ai criteri dell'annidamento riuscito, ci riportano alla prima Tabella dove devono essere valutati
in base al desiderio dei genitori e alla qualità del loro “progetto”.
Il secondo tradimento consiste nel suggerire di rivedere la summa divisio del diritto romano che
distingue tra persone e cose. Un altro francese, il prof. Claude Sureau, ginecologo, ex presidente
dell'Accademia Nazionale di Medicina, membro del CCNE, si è fatto apostolo di questo revisionismo
giuridico. Nel giornale “La Croix” del 17 febbraio 2000, dichiarava: “Bisogna rispettare a
priori l'embrione costituito da alcune cellule, ma se dei forti argomenti scientifici vengono addotti a
favore del suo utilizzo, non si può rifiutarli”.
“Evidentemente, non c'è risposta univoca alla domanda se l'embrione sia una persona o una cosa.
L'embrione, e poi il feto, rappresenta un'entità in evoluzione. Bisogna prendere le distanze dal diritto
romano che distingue solamente le persone e le cose a creare un diritto specifico per la medicina e, in
particolare, per la medicina riproduttiva”.16
O ancora: “Per quale strana aberrazione intellettuale, per quale sorprendente sottomissione ad una
dottrina binaria falsamente ereditata dal diritto romano, i giuristi si ostinano a negare di vedere
225
l'evidenza: la realtà di un statuto specifico (giuridico, filosofico, ontologico e, naturalmente, medico),
dell'essere prenatale, né cosa, poiché può diventare un uomo, né persona, sebbene sia molto vicino, con
uno statuto che si evolve durante la gravidanza, meritando il rispetto e l'attenzione che accordiamo ai
nostri pazienti, ma di cui dobbiamo, talvolta, accettare la trasgressione”.17
Infine, lo statuto che si conferisce all'essere umano non dice di più su colui che lo propone piuttosto che
su colui che lo riceve?
L'embrione preimpiantatorio ha bisogno innanzitutto di difensori
L'embrione preimpiantatorio non necessita di un statuto, che suonerebbe come una deroga del diritto
comune. Soprattutto, egli non ha bisogno di avere un diritto specifico o delle leggi particolari. Sarebbe
anzi molto pericoloso accettare, su questo argomento, l'inizio di una discussione che potrebbe condurre
solamente all'elaborazione di un statuto infra-umano.18 L'embrione preimpiantatorio preesiste al diritto
ed alla legge. Non bisogna chiedersi se il diritto penale protegga o meno l'embrione. Dal momento in
cui, per definizione, punisce l'omicidio e l'assassinio, la legge tutela naturalmente la vita dell'essere
umano, anche quando questo si trovi allo stadio di embrione preimpiantatorio.
È per il fatto che i suoi difensori naturali l'hanno tradito, che l'embrione si ritrova ora ai margini
dell'applicazione del diritto.19 Ma gli strumenti giuridici di base per tale applicazione esistono già.
Naturalmente si può e si deve migliorarli. Ma soprattutto si tratta di applicarli. L'embrione
preimpiantatorio, dunque, non ha bisogno che di difensori. Come devono agire? In due modi: con la
ragione e la passione. Per parafrasare Pascal, si tratta al tempo stesso di incrementare la ragione e di
ridurre le passioni.
La novità radicale e la difficoltà, rispetto alla domanda di aborto che sorse negli anni 70, risiedono
nella diffusione di un'ignoranza generalizzata sull'embrione. In altre parole, 30 anni fa, si trattava
solamente di limitare le passioni perché tutti sapevano cosa fosse l'aborto. Purtroppo ne conosciamo le
conseguenze. Oggi, bisogna ricordare innanzitutto alla ragione cosa sia l'embrione preimpiantatorio,
prima di esortare al rispetto incondizionato della sua vita. Questo per dire quanto sia duro il compito.
I cristiani non possono chiamarsi fuori da un coinvolgimento personale in questa impresa. Loro
dovrebbero essere i difensori naturali dell'embrione. Ho già scritto “ e lo ribadisco “ che se non è
necessario essere cristiani per difendere la vita, è necessario difendere la vita per essere cristiani.
Pertanto, tutta la Chiesa, clero e laici, a tutti i livelli, deve esserne convinta, cosa ancora lontana dal
realizzarsi. A questo scopo, mi sembra indispensabile: creare, in ogni diocesi, un gruppo strategico
specializzato nel rispetto della vita, distinto della pastorale famigliare, composto di esperti convinti
dell'umanità e della personalità dell'embrione, e con il compito di realizzare concretamente una
resistenza attiva al genocidio programmato degli embrioni preimpiantatori, anticamera della clonazione
umana; imporre a tutti quelli che hanno nella chiesa una funzione magisteriale e/o pastorale, fino al
livello parrocchiale, il dovere di esprimersi sistematicamente prima di ogni consultazione elettorale, e
almeno una volta all'anno, per ricordare: che votare per un candidato le cui convinzioni non siano
rispettose dell'embrione, costituisce una complicità con l'omicidio e, dunque, una grave mancanza di
carità; che i politici cristiani non devono accontentarsi di non fare, ma che hanno anche il forte obbligo
di fare delle proposte positive ed innovative per proteggere l'embrione.
Reintrodurre esplicitamente, tra gli elementi del linguaggio, il nome dell'embrione umano evitando
tutte le distinzionioni semantiche abusive tra embrione ed embrione preimpiantatorio, tra clonazione
riproduttiva e clonazione terapeutica, etc. Nella formazione, nella didattica, nella spiritualità, nella
pastorale, nell'apostolato, nei movimenti caritatevoli, etc. il nome dell'embrione deve apparire come
“altro” essere umano, a pieno titolo. Meno i cristiani parlano dell'embrione umano, più l'abbandonano,
più i suoi avversari se ne impossessano, lo sfruttano e lo distruggono. Non lasciamo che distruggano
neanche il solo nome dell'embrione. Se al mondo d'oggi mancano le parole per esprimere l'uomo nella
sua pienezza, non è forse compito dei cristiani suggerirle?
226
1. Considero l'espressione embrione preimpiantatorio nel suo significato più generale, come
l'embrione che non si è ancora impiantato nell'utero materno, o perché non vi è ancora giunto, o
perché è in vitro.
2. Si veda in particolare il Rapporto Palacios della Commissione di Scienza e Tecnologia
dell'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa (Documento 5943 del settembre 1988).
3. Beaulieu E., Le défi bioéthique, Autrement 1991, p. 120.
4. Per semplificare l'esposizione, non tratterò degli embrioni preimpiantatori distrutti dalla spirale
o da alcune pillole antiannidamento, ma il ragionamento qui esposto è ugualmente applicabile.
Si tratta di embrioni non desiderati, dunque che sono distrutti senza che si sappia se sono sani o
malati.
5. Un embrione preimpiantatorio sopravvissuto alla diagnosi preimpianto può rimanere vittima
della diagnosi prenatale
6. Équipe del prof. Gérard Milhaud, Membro dell'Accademia Nazionale Francese di Medicina e
del Comitato Scientifico della “Fondazione Jérôme Lejeune”.
7. Per esempio, il Rapporto n. 3208 all'Assemblea Nazionale francese riguardante la revisione
della legge sulla bioetica, 2001.
8. Atlan H., Le clonage humain en arguments, Genève: Georg Editeur, 2005.
9. Vacquin M., Le magasin des enfants, diretto da Jacques Testart, Folio, 1994.
10. Lejeune J., L'enceinte concentrationnaire, Paris: Le Sarment Fayard, 1990.
11. Sainte Rose J., Le protection pénale de l'enfant à naître, 2004.
12. In una sentenza della Corte Amministrativa di Parigi, del 5 luglio del 2005, è stato risposto alla
“Fondazione Jérôme Lejeune” che, poiché le cellule staminali embrionali non possono essere
considerate come embrioni, la loro importazione a fini di ricerca non nuoce al rispetto dovuto
all'embrione...(come se l'importazione delle zanne di elefante non danneggiasse gli elefanti!).
13. Un altro autore, il biologo Jacques Testard, ha qualificato come pretoriana questa decisione del
Consiglio Costituzionale.
14. Villey M., Philosophie du droit, Dalloz, 1986.
15. Giovanni Paolo II, Mémoire et identité, Flammarion, 2005 (il Papa sviluppa qui in particolare il
contro-esempio del Reichstag che delega i pieni poteri a Hitler e quello dei Parlamenti che
autorizzano l'aborto).
16. Bulletin de l'Ordre des Médecins 2001.
17. La revue du praticien gynécologie et obstétrique 2004, n. 87.
18. Surea C., Son nom est personne, Albin Michel, 2005. In questo libro, l'autore argomenta
esplicitamente a favore di una legge che dia all'embrione umano lo status di un animale.
19. Per esempio, la proposta di legge n. 309 presentata al Senato francese dal prof. Lejeune nel
1990, nel già citato: Lejeune, L'enceinte concentrationnaire...
227
P. WOJCIECH GIERTYCH
GENERATO, NON CREATO
La tradizionale classificazione delle scienze non denota in nessun caso una mancanza di fiducia nella
specifica competenza di ciascun campo di indagine. Nel rispetto dei fini e dei metodi di ciascuna
scienza si percepisce una prospettiva diversa, più ampia da cui può essere considerato l'oggetto di
studio. La capacità di fare un passo indietro e porre domande più profonde è segno di saggezza, in
particolare se, nella ricerca di risposte, viene rispettata la penetrante curiosità della mente e la sua
capacità di arrivare alla verità a vari livelli di indagine. I recenti sviluppi nelle scienze biologiche e
mediche hanno prodotto un patrimonio enorme di informazioni sui primissimi stadi della vita umana.
L'embrione umano fin dai primissimi istanti della sua esistenza attraverso la fecondazione, dato
l'ambiente di sviluppo del corpo materno, anche nelle fasi precedenti all'impianto, manifesta una
capacità intrinseca di sviluppo e crescita che porta alla nascita del bambino. Le scienze biologiche
mostrano con grande precisione di dettagli questo processo naturale. Le scienze mediche sono in grado
di diagnosticare patologie potenziali e in alcuni casi d'intraprendere azioni terapeutiche anche a livello
dell'embrione precoce. Questa conoscenza sulla vita umana prenatale in così rapida espansione
rappresenta il sustrato per ulteriori indagini da parte di altre scienze. La filosofia, nel suo stupore per
l'essere umano, la natura umana, la persona e la dignità, non può fare a meno di prendere in
considerazione queste nuove conoscenze rese disponibili. La definizione classica dell'essere più
perfetto in natura, la persona umana, che la definisce come sostanza individuale di natura razionale,
trova elementi di conferma nell'unicità e diversità dell'embrione umano rispetto ai suoi genitori sin dal
primo momento della fecondazione, come sappiamo oggi grazie alla biologia contemporanea. La
filosofia con la sua riflessione razionale al di là dei dati e delle informazioni biologiche disponibili
solleva domande sulla natura umana cercando di definire chiaramente lo statuto ontologico della
persona umana. Mentre la biologia fornisce informazioni sui processi corporei umani, non può fornire
dati sull'origine dell'anima spirituale, sulla fonte della suprema dignità della persona umana. Tuttavia
l'indagine razionale successiva alle intuizioni sull'ilemorfismo di Aristotele e S. Tommaso (anche se
rifiuta le loro conclusioni sull'animazione ritardata basate sulle limitate conoscenze biologiche
dell'epoca) può arrivare alla conclusione circa la necessità dell'esistenza di un principio unificante,
l'anima, che dà inizio al primo atto dell'organismo umano vivente che ha in sé la potenzialità di
crescere dallo stadio di zigote a quello di embrione, feto, bambino e quindi adulto e che dà unità al
materiale biologico del corpo in funzione del tutto e delle sue finalità. Le conoscenze biologiche, che
osservano il dinamismo della vita umana fino all'età adulta già a partire dal momento della
fecondazione, prima ancora che si formino gli organi specifici, confermano anche la correttezza di non
considerare nessun organo particolare come fonte della vita, contrariamente all'approccio cartesiano.
Questa intuizione antropologica rappresenta quindi la base più importante per il riconoscimento etico
della dignità e dei diritti dell'embrione e per il rifiuto di procedure invasive che ledono tali diritti e
manipolano il contesto biologico ed etico in cui nasce e si sviluppa la vita umana. La filosofia, tuttavia,
non è l'unico strumento di conoscenza a nostra disposizione. La Parola rivelata di Dio, trasmessa dalla
Chiesa, è fonte di un'ulteriore e più alta conoscenza, quella teologica. Nel porre insieme la verità
rivelata dell'essere umano creato da Dio e posto in relazione filiale con Lui e quella dell'essere umano
supremo, Gesù Cristo, il Verbo di Dio fatto uomo, il ragionamento teologico getta nuova luce sul
mistero dell'uomo, la sua natura, la finalità soprannaturale e la dignità umana. Lo sguardo teologico
rivolto all'umanità e all'estrema fragilità del piccolo embrione, consapevole della grandezza dell'amore
divino, amplifica lo stupore che scaturisce dalla biologia e dalla filosofia e conferisce ulteriore
discernimento ad un approccio di fede maggiormente rispettoso del mistero vissuto.
228
La prima tentazione che appare nella Sacra Scrittura è di orgoglio spirituale: "Diventereste come Dio"
(Gn 3,5). Le tecnologie scientifiche, con il loro approccio riduzionista, trattando l'essere umano non
come dono di Dio, come una persona con la propria dignità intrinseca, ma come un oggetto che può
essere manipolato a piacimento, propongono un approccio eugenetico in cui il futuro bambino può
essere personalizzato secondo i gusti. Invece di essere generato, non creato, ricevuto da Dio, il
bambino che nascerà viene considerato frutto di una costruzione in modo da avere un'identità sessuale
prescelta, immunità da malattie, caratteristiche potenziali programmate, col presupposto che tutti i
bambini concepiti che non soddisfano le aspettative possano essere scartati o usati come fonte
disponibile di materiale biologico(e logicamente, anche quelli che a uno stadio di vita più avanzato
dovessero dimostrarsi diversi dal modello desiderato, potranno essere eliminati). Le possibilità tecniche
che le scienze biologiche stanno sviluppando, mentre offrono nuove e inimmaginabili prospettive
terapeutiche, generano facilmente anche forme di superba ed demoniaca derisione del mistero della
generazione umana con l'aspettativa che l'inventiva scientifica vada presto oltre tutto ciò che il Creatore
della natura umana ha predisposto. L'aspirazione di tale potere intellettuale e tecnico, che sarà in grado
di rimpiazzare la logica dei processi naturali derivanti da Dio con il caso, ingenuità senza radici nè
finalità, scisso dal rispetto per la personalità del più fragile degli esseri umani, appare spaventosa. Il
rispetto per la sofferenza dei genitori che non sono in grado di concepire un figlio (sia per cause a loro
non ascrivibili, sia a causa dell'uso di farmaci contraccettivi) non può giustificare l'utilizzazione di
tecniche che violano i diritti del futuro bambino. Un figlio non può essere prodotto ad ogni costo,
quando ciò implichi la distruzione di altri embrioni o la perdita di legami autenticamente genitoriali. Un
figlio non è un oggetto; è una persona che nella sua crescita e nel suo sviluppo ha bisogno di essere
accudito dai genitori con i quali conserva un legame naturale, biologico e psicologico. Il legame
biologico tra un figlio e la madre, anche allo stadio di embrione, è ampiamente descritto dalla scienza.
Man mano che la gravidanza procede, il legame biologico cresce e diventa anche legame psicologico e
spirituale. Il diritto di possedere un figlio, all'interno del matrimonio o al di fuori di esso, che richieda il
ricorso alle tecniche moderne per raggiungere questo scopo rappresenta un'ingiustificata
sovrapposizione dell'avere un figlio all'essere un genitore. L'ampiezza di questa deviazione mentale e
delle sue future applicazioni sono difficili da immaginare. Dio perdona sempre chi si pente e perdonerà
anche coloro che hanno peccato di orgoglio producendo un figlio. I bambini chiamati all'esistenza
attraverso queste tecniche, attraverso la grazia spirituale in futuro potrebbero anche perdonare coloro
che li hanno profondamente offesi. Ma la natura non perdona mai. L'introduzione di tecniche
manipolative che non rispettano la struttura intrinseca e la finalità della natura, determineranno
conseguenze nefaste oggi ancora inimmaginabili.
La fede Cattolica ci insegna a venerare Maria, la Vergine Madre di Gesù. Nel suo amore materno ella
esercita, come tutte le vere madri, un certo potere e responsabilità su suo Figlio. Decide per suo Figlio,
sul suo cibo, i vestiti, l'abitazione e l'educazione. Nel suo amore verginale, che ha custodito il suo
primato nel suo cuore materno, perseverò nel fascino amoroso e nella lealtà verso il mistero di Dio,
come è chiaro dalla sua esistenza. Come Vergine e come Madre, ella ha amato il Dio fatto uomo che fu
concepito nel suo corpo e al quale trasmise la vita. Anche se la vocazione di Maria è unica, la qualità
del suo amore serve da modello per la purificazione dei cuori di tutte le madri che devono serbare
nell'amore per i loro figli quel fascino iniziale, quella gioia e lealtà al mistero della nuova vita che ha
un proprio essere, una propria identità, una propria personalità e un proprio futuro. L'amore dei genitori
non può e non deve essere contaminato dalla tentazione di "personalizzare" un figlio secondo i propri
desideri. Esso dovrebbe essere innanzitutto accettazione di un nuovo individuo concepito nella sua
personale dignità prima che esistesse la speranza dei genitori di poter indirizzare il bambino verso un
certo futuro, accettando sempre che i sogni dei genitori non abbiano l'ultima parola. La tentazione di
manipolare il bambino anche ad uno stadio precoce di sviluppo è innanzitutto una tentazione maschile
che non tiene in considerazione come il mistero del concepimento abbia luogo all'interno del corpo, ma
anche nella psiche e nello spirito della madre. Così come l'organo sessuale maschile è esterno al corpo
229
e il concepimento di un bambino avviene al di fuori del corpo del padre, così anche la trasmissione
della vita ha luogo al di fuori della psiche e dello spirito maschile. In un certo senso, per la psiche
maschile, non è così importante se la fecondazione si realizza nel corpo della donna o in unaprovetta.
Essa avviene al di fuori della sua mente e del suo corpo. Per una madre il concepimento di un figlio che
si verifichi all'interno del suo corpo, implica l'inizio non solo di un processo fisico e biologico, ma
anche un incontro psicologico e spirituale col figlio nascosto, legato, in un certo senso, all'incontro
spirituale con la Santa Trinità che abita l'anima di tutti i Cristiani battezzati. La mentalità
contraccettiva, abortiva e manipolativa della privacy prenatale non danneggia solo il corpo della
donna; distorce la sua capacità di ricevere il bambino come dono gratuito di Dio (cantando un
gioioso Magnificat) e la sua capacità eucaristica di donare generosamente (sussurrando al suo bambino:
"Prendi e mangia. Questo è il mio corpo. Questo è il mio sangue che io ti dono!").
Lo studio delle questioni biologiche, mediche, filosofiche e giuridiche che emergono dalle più recenti
scoperte scientifiche sull'embrione umano nella fase preimpiantatoria, offre una percezione più chiara
dell'oggetto non solo fisico, ma anche morale di ogni intervento diagnostico o terapeutico (o, peggio:
sperimentale, commerciale o eugenetico) sull'embrione. In questo modo siamo in grado di effettuare
una valutazione chiara delle nuove sfide etiche che sta affrontando l'umanità con l'avanzare delle
biotecnologie. Può servire, tuttavia, ricordare in questo contesto che: "L'agire è moralmente buono
quando le scelte della libertà sono conformi al vero bene dell'uomo ed esprimono così l'ordinazione
volontaria della persona verso il suo fine ultimo, cioè Dio stesso... L'ordinazione razionale dell'atto
umano al bene nella sua verità e il perseguimento volontario di questo bene, conosciuto dalla ragione,
costituiscono la moralità" (Giovanni Paolo II, Veritatis Splendor, n. 72). Cogliere con chiarezza la
dignità e la personalità dell'embrione umano sulla base della conoscenza biologica, del ragionamento
filosofico e del discernimento teologico permette di riconoscere la verità circa l'embrione umano e
circa gli interventi su di esso. Tuttavia una comprensione esaustiva delle sfide morali che affrontano i
potenziali genitori, le donne incinte, i mariti e lo staff medico coinvolto, deve riguardare non solo l'atto
esterno, che rappresenta l'oggetto morale di qualsiasi azione che si vuole intraprendere, ma anche l'atto
interiore dell'agente, che può essere aperto alla trasformazione spirituale della grazia che permette alle
virtù della fede, speranza e carità divina di intervenire, escludendo con ciò ogni superba sostituzione di
Dio, ogni disperazione di fronte a previsioni non desiderate, o ogni possessività egoistica del
figlio ideale progettato. Il ministero pastorale che, tra tutti gli altri, ha a che fare in qualche modo con
l'ambito della vita prenatale, richiede un'iniziazione più profonda nella vita di Dio, Fonte di ogni vita.
230
P. SERGEJ FILIMONOV
SI PUÒ CONSIDERARE L'EMBRIONE COME PERSONA?
In ambito scientifico dobbiamo sempre essere pronti ad accettare che le nostre conoscenze siano
imperfette e a volte erronee. Secondo il noto fisico Albert Einstein dobbiamo essere in grado di
rinunciare a stereotipi e nozioni usuali. Ciò corrisponde all'essenza del metodo teologico apofatico che
spesso viene applicato nella tradizione della Chiesa orientale. Esistono "due metodi principali in
teologia: il metodo positivo catafatico (teologia affermativa) che per via di affermazione porta a una
certa conoscenza di Dio rivelato nella creazione, e quello negativo (teologia negativa) che per via di
negazione porta alla cognizione perfetta relativamente a ciò che è al di là dell'esistente.1 Prendendo in
esame la complessa questione della personalità dell'embrione solo con il metodo catafatico, si potrebbe
ottenere un risultato erroneo dovuto alla nostra ignoranza sulle questioni riguardanti l'anima
dell'embrione. Quando gli scienziati e i filosofi moderni cercano di affermare che l'essere umano nella
fase preembrionale non è persona, dobbiamo ricorrere attivamente all'argomento apofatico: nessuno
scienziato potrebbe provare che l'embrione non è persona dal momento della fecondazione.
Secondo il parere della maggioranza dei Santi Padri la persona è composta da anima e corpo. Essi
esistono nella persona non uniti e non separati. S. Gregorio di Nissa dice che l'anima non sta nel corpo
come in un recipiente o un sacco, ma piuttosto il corpo sta nell'anima, non è il corpo che possiede
l'anima ma è l'anima che possiede il corpo e non esiste neanche una parte consacrata della stessa in cui
non esista interamente".2 Quando parliamo del futuro di una persona ne parliamo dal punto di vista
della Provvidenza divina. Perché da centinaia e migliaia di spermatozoi e ovocellule è avvenuta la
fusione proprio di questi? Non lo sappiamo. Non possiamo negare che il Signore Onnisciente abbia
previsto anche queste migliaia di eventuali vite non realizzate che sarebbero state persone diverse. Ai
Suoi occhi sono già state persone anche se gli zigoti non si sono formati ed i bambini non sono nati. Il
motivo per cui il Signore dal non essere ha chiamato alla vita proprio questa persona, è un mistero
Divino. Si può pensare che il Signore non sapesse della futura nascita di Isacco da Abramo e Sara
quando erano giovani e appena sposati? Ma il Signore ha scelto Isacco invece di altri che non sono nati.
Potremmo dire: la formazione dello zigote è il risultato della reciproca fusione di spermatozoo ed
ovocellula secondo le leggi biologiche conosciute da noi o è il risultato del funzionamento delle energie
divine inconcepibili per la nostra percezione?
I Santi Padri sono del parere che il corpo e l'anima vengano creati contemporaneamente. Il Reverendo
Padre Anastasio il Sinaita scrive: "Come non c'era corpo prima dell'anima, così non c'era neanche
l'anima prima del corpo".3 E Giovanni Damasceno sottolinea: "Il corpo e l'anima sono stati creati
contemporaneamente e non prima l'uno e poi l'altra".4
Il tentativo di definire con metodi scientifici il momento a partire dal quale l'embrione diventa persona
mi sembra erroneo, irrealizzabile e sacrilego. Nei programmi divini è già una persona. "L'embrione
acquisisce l'anima durante il concepimento". L'anima viene creata al momento del concepimento e "in
seguito l'anima continua ad agire durante tutto il tempo in cui è viva la carne; perché con la crescita del
corpo anche l'anima dimostra la sua attività".5 In questa prospettiva possiamo dire che la persona
diventa personalità nel tempo, man mano che l'anima agisce. Sarebbe più giusto trattare il non nato
come il nato, senza cercare di definire il momento della personificazione. Quando il Signore dice
che ha tessuto la persona nel seno (Sal 138, 13-16), chi potrebbe spiegare che cosa si intenda col
concetto del tessere e in quale momento della tessitura l'embrione diventi persona? Se il Signore avesse
voluto, ce lo avrebbe rivelato. E se non lo ha fatto, vuol dire che dobbiamo trattare il non nato come
nato, indipendentemente dalla fase di sviluppo dell'embrione. L'embrione è un essere umano? Senza
dubbio. Però, l'embrione è persona? Nelle opere dei Santi Padri non troviamo l'affermazione diretta che
l'embrione sia persona. Non possiamo negare che l'embrione sia un essere umano, ma non possiamo
231
affermare che sia una persona in tutta la sua pienezza così come ce l'immaginiamo. All'embrione è
piuttosto applicabile il concetto di persona non realizzata o potenziale. Quando un giardiniere vuol
piantare fiori, prende i semi di quei fiori di cui ha bisogno. Non prende un seme di papavero se vuol far
crescere un garofano e non prende un seme di garofano se vuol piantare una rosa. Il seme di un fiore,
pur non essendo piantato nel terreno, ci fa venire in mente il fiore stesso. Il seme di un fiore ha delle
qualità, la potenzialità di un fiore non realizzato. Anche l'embrione, allo stesso modo, ha tutte le qualità
e potenzialità della persona non ancora nata.
L'immagine divina nella persona è l'immagine perfetta: secondo S. Gregorio di Nissa è anche
un'immagine inconoscibile visto che, pur riflettendo la pienezza del suo Archetipo, deve anche
possedere la Sua inconoscibilità. Perciò non possiamo definire in che consista l'immagine divina nella
persona umana anche se molti Santi Padri hanno espresso opinioni a riguardo.
"S. Gregorio di Nissa vede la caratteristica di una persona creata secondo l'immagine del Signore prima
di tutto nel fatto che "la persona è libera dalla necessità e non è subbordinata al dominio della natura,
ma può autodeterminarsi liberamente". Essendo creata secondo l'immagine del Signore la persona è
una creatura personificata. È una personalità che non deve essere definita dalla sua natura, ma può
definire la natura cercando di diventare simile al suo divino Archetipo".6
In modo apofatico non possiamo negare che l'embrione avente la natura umana non sia persona. Ma
allo stesso tempo non possiede ancora appieno la libertà di autodeterminarsi. "Le persone umane hanno
in comune la stessa natura. Nella persona la differenza della natura e della personalità non è meno
percepibile che la differenza della natura nelle tre persone divine. Prima di tutto dobbiamo renderci
conto che non conosciamo l'essere persona, l'ipostasi umana nella sua vera manifestazione libera da
tutte le sostanze estranee. Quello che di solito chiamiamo personalità indica piuttosto gli
individui...Però in un certo senso l'individuo e la personalità hanno significati opposti; l'individuo vuol
dire un certo insieme di personalità ed elementi che fanno parte della natura comune, mentre la
personalità è ciò che distingue dalla natura. Quando vogliamo definire, caratterizzare qualche
personalità, cerchiamo di trovare le caratteristiche individuali,le particolarità del carattere che
s'incontrano anche in altri individui e non possono essere del tutto personali in quanto fanno parte della
natura comune. E in fin dei conti comprendiamo che quello che per noi è più tipico della persona,
quello che la rende se stessa è indefinibile perché nella sua natura non c'è niente di ciò che si riferisce
alla personalità sempre unica, incomparabile ed eccellente.7
"S. Gregorio di Nissa insegna che l'essere persona è la liberazione dalle leggi di necessità, libertà dalla
subordinazione al dominio della natura, possibilità di autodefinirsi liberamente. La maggior parte delle
volte la persona agisce secondo i propri impulsi naturali; è determinata dal suo temperamento, dal suo
carattere, dalla sua ereditarietà, dall'ambiente cosmico o socio-psicologico ed anche dalla
propria storicità".8
"L'essere personale è l'apice della creazione perché attraverso la volontà e la carità può assimilarsi a
Dio. Creando la personalità, l'onnipotenza divina realizza un certo intervento radicale, qualcosa di
assolutamente nuovo: Dio crea esseri che come Lui possono decidere e scegliere".9
Per quanto riguarda l'embrione o il preembrione (accettando che il nuovo essere umano dallo stadio di
zigote è già persona) è difficile parlare di un essere già in grado di decidere e scegliere o dimostrare
carattere. Nell'interpretazione teologica un nuovo essere umano dai primi momenti della sua esistenza è
già persona; nel senso culturale, sociale, psicologico e storico tale essere non si è ancora manifestato
come persona. Ciò significa, accettando che l'embrione sia una persona e non possa non esserlo e
tenendo in considerazione tutti gli aspetti di cui sopra, che bisogna intendere l'embrione come
personalità dinamicamente e autonomamente sviluppantesi, persona potenziale, non realizzata ma che
sta realizzandosi, non definita ma che sta definendosi. Il criterio di realizzazione e definizione si
identificherà con la sua capacità di realizzare la scelta cosciente e libera: essere con il Signore o
respingerlo. Il noto bioeticista e teologo ortodosso protopresbiterio dr. John Breck a tal proposito
afferma: "La questione principale è legata all'individualizzazione - il processo che permette di parlare
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dell'esistenza dell'individualità sviluppante o ontologica cioè dell'individuo umano diverso da altre
persone e di conseguenza di personalità come tale. Attualmente embriologi ed eticisti, in base alle loro
conclusioni, si sono divisi in due gruppi. Secondo alcuni, la totipotenza e la bassa differenzialità di
blastomeri, ossia di cellule embrionali iniziali, con l'alta percentuale di rigetto naturale di ovociti
fecondati testimoniano chiaramente l'animazione ritardata e la caratterizzazione dell'embrione nella
fase del preimpianto comepreembrione. Per altri, invece, l'individualità genetica (esistente dal
momento della singamia) e la continuità del processo di sviluppo testimoniano in modo
convincente l'animazione immediata. Vuol dire che già dal momento della fecondazione siamo in
presenza dell'individuo umano qualificato come persona e i cui diritti vanno difesi per legge.
Questi argomenti sollevano problemi morali molto seri. Se l'animazione, ossia l'individualizzazione, ha
luogo solo dal momento in cui appare la stria primitiva durante l'impianto, i diritti
umani dell'embrione non sembrano essere indiscutibili. I sostenitori di tale opinione in maggioranza
sono d'accordo sulla necessità di tutelare il preembrione, come individuo umano potenziale, contro
manipolazioni arbitrarie. D'altra parte, pratiche come l'utilizzo del preembrione a fini di ricerca, la
fecondazione artificiale e la contraccezione vengono ritenute completamente ammissibili. Allo stesso
modo si ammette anche l'interruzione della gravidanza che risulti da violenza o incesto e difendono
l'aborto "secondo la volontà della donna". Ma se si accetta come assolutamente certo il fatto che la
differenziazione cominci dal momento della fecondazione e l'animazione avviene simultaneamente alla
singamia, tutte le conclusioni relative alla finestra di due settimane vanno riviste. In tal caso la
totipotenza risulta essere una chimera, cioè di un sogno ibrido che prende per vero ciò che si desidera,
la scienza diviene riduttiva e la fecondazione in vitro e tutti gli altri esperimenti con materiale
embrionale rappresentano azioni che calpestano i diritti della persona. Indipendentemente dal modo in
cui è stato concepito l'embrione, l'interruzione volontaria della gravidanza in qualsiasi fase, diventerà
un atto omicida moralmente inaccettabile poiché annienta la persona che si sta sviluppando.
Quale è la posizione della Chiesa ortodossa? L'antropologia ortodossa con la sua tesi più importante
sulla sacralità e santità della vita umana richiede che la vita umana sia riconosciuta come tale dal
momento del concepimento. Ma mentre l'embriologia moderna rivela un'incertezza su tale
affermazione, il rifiuto dell'aborto in qualsiasi fase della gravidanza (in base alla seconda regola di
Basilio il Grande, non c'è differenza tra il feto formato e non ancora formato) avvicina la posizione
della nostra Chiesa al giudizio cattolico sull'animazione immediata e non ritardata.
Allo stesso tempo la Chiesa ortodossa polemizza con la dottrina cattolica dell'animazione nella misura
in cui quest'ultima si basa sulla tradizione aristotelica e tomista (Libro delle Regole, L. 13). La stessa
terminologia se prendiamo ad esempio le espressioni animazione o infusione nel corpo dell'anima
immateriale dotata di ragione, principio dell'individualità immateriale o originalità viene percepita
nella mentalità ortodossa come dualistica, ereditata dall'origenismo. Per i Padri orientali (come pure per
la tradizione biblica) l'anima è la sede della personalità (Gn 1, 26-27). Nel senso stretto della parola si
dovrebbe dire io sono anima e non io ho l'anima. Quindi sembra che la radice delle antiche discussioni
sull'animazione ritardata o immediata stia in quella antropologia che anima il corpo materiale con
l'anima razionale, creata separatamente e infusa nel corpo al momento della fecondazione,
dell'impianto o in un'altra fase dello sviluppo.
Gli adepti della teoria dell'animazione ritardata si basano, in genere, su due fatti biologici: la scissione
simultanea dei gemelli monozigoti e le "perdite", cioè il rigetto spontaneo di ovociti fecondati prima
dell'impianto: "La morte prematura di embrioni causata dalle perdite naturali ci presenta una difficoltà
logica simile alla morte prematura di bambini in seguito a malattie o incidenti. Quest'ultimo caso, che
ci colpisce per la sua tragicità, si spiega con la perdita del legame affettivo con il bambino che ha
lasciato questo mondo e che viene vissuto con molta sofferenza dai genitori e da tutti quelli
affettivamente coinvolti. È ovvio che tra la madre e l'embrione tale legame non esiste. Ma ciò non
cancella il valorepersonale dell'embrione poiché dal punto di vista ortodosso tale valore sorge
non dall'infusione dell'anima, ma dal rapporto del Signore con la Sua creatura. Quindi il valore
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personale dipende non dall'anima infusa e neppure dai rapporti coscienti dell'individuo con altri
individui, ma dall'amore divino che abbraccia le creature fatte a Sua immagine dal momento del
concepimento fino al passaggio alla vita nuova. Ecco perché i malati in coma o nello stato vegetativo
persistente rimangono persone nel senso pieno della parola, concepite e confermate come tali dal
Signore stesso".10Relativamente alla divisione gemellare si possono proporre le considerazioni
seguenti.
È noto che i blastomeri individuali possiedono una certa totipotenza anche prima della gastrulazione e
dell'isolamento. Una o più cellule della morula possono essere separate dalla massa principale e, visto
che le cellule separate hanno tutta l'informazione genetica dello zigote iniziale, è possibile il loro
sviluppo in un gemello monocoriale. Tuttavia bisogna utilizare il termine totipotenza con molta
prudenza. In realtà i gemelli con lo stesso materiale genetico sono identici non nel senso letterale della
parola. Anche se ambedue si sviluppono dallo stesso genoma, in virtù della metilazione e dell'azione
del citoplasma dell'ovocita (acido ribonucleico materno) sono differenziati geneticamente, poiché (qui
seguiamo Geffreys e Suraney) i blastomeri stessi si differenziano a cominciare dal livello di due cellule
con le prime manifestazioni del genoma.
Così, nel periodo del preimpianto, le cellule possono sdoppiarsi e in casi rari possono riunirsi di nuovo.
La domanda "in questa fase c'è un'anima o ce ne sono due?" non ha più ragion d'essere se si considera
ogni unità come anima esistente e non come avente un'anima, perché intendiamo per anima la capicità,
data dal Signore, che attualizza l'esistenza individuale personale. Nel caso della riunificazione
l'esistenza personale è espressa non da due, ma da una esistenza individuale. Quindi, gemelli
monocoriali non possono essere simili, la loro identità è di carattere genetico, ma è limitata dalla
metilazione in modo che ogni unità si sviluppi in una personalità diversa e irripetibile.
Così, il fenomeno della totipotenza, ammissibile con certe riserve, non ci impedisce di vedere
nell'embrione l'esistenza umana personalizzata e individualizzata. E nonostante il fatto che la
formazione della stria primitiva indichi la fine della totipotenza e della possibilità di divisione
gemellare, la differenziazione cellulare inizia non in questo momento, ma quasi subito dopo la
fecondazione, cioè alla fase di due cellule. Sebbene il trofoblasto sia un segno visibile del sorgere della
vita, il programma iniziale che determina lo sviluppo successivo degli organi vitali, funziona già, in
attesa di manifestarsi in un dato momento del ciclo vitale (a tal proposito il professor Germin Grisset
nota: "Il fatto che la maggior parte dell'energia dello sviluppo fin dall'inizio venga utilizzata per la
formazione del trofoblasto, non vuol dire che non ci sia lo sviluppo dell'embrione. Poiché i materiali
ausiliari scartati durante la nascita precedentemente erano organi vitali dell'individuo non nato e parte
integrante della sua personalità non meno che il nostro cuore, polmoni, reni e stomaco parte integrante
di noi stessi. È naturale che, durante lo sviluppo, appaiano prima gli organi che sono più importanti per
le prime fasi della vita").
In condizioni normali, lo sviluppo della persona è una catena ininterrotta di cambiamenti: formazione
dello zigote, impianto, formazione del sistema nervoso, nascita. Ad eccezione del primissimo momento
inziale, in questo processo non esiste altro momento in cui si possa dire che "la vita umana comincia
qui e adesso".
Ragionando in questo modo, inevitabilmente ci troviamo di fronte al problema della valutazione morale
di procedure come la fecondazione in vitro e l'aborto (su indicazioni mediche o desiderio della donna).
Relativamente all'idea dellafinestra di due settimane per giustificare la fecondazione extracorporea,
l'interruzione della gravidanza indesiderata o per ottenere il permesso alla sperimentazione con
materiale embrionale, le recenti scoperte embriologiche dimostrano che talefinestra non esiste. Se è
vero che la differenziazione cellulare avviene già a livello di due cellule, allora la definizione della
forma iniziale dell'esistenza come preembrionale, nel migliore dei casi è un errore, nei peggiori casi è
una bugia cosciente. Tale differenziazione - indicata chiaramente dall'impossibilità di formazione di
chimere dopo la divisione cellulare di quarto livello, condizionata dal fenomeno di metilazione e anche
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dalla natura della divisione (a condizione di una corretta comprensione) - conferma la convinzione
della Chiesa che la vita umana inizia dalla fecondazione, dalla singamia.
Ma anche se gli embriologi riuscissero a provare indiscutibilmente che tale differenziazione non
esiste (in altre parole, che la metilazione non ha niente a che fare con la persona e il preembrione non è
nient'altro che una massa di cellule non differenziate), "ciò non influenzerebbe la convinzione
ortodossa che la vita umana inizi dal concepimento, ossia dalla fecondazione".11
Nel prossimo futuro le cosidette forme preembrionali potranno essere chiamate in un altro modo o in
maniera più precisa, potranno apparire preembrioni ed analoghi, ma questo fatto non cambia la
sostanza, al contrario dimostra imperfezione, mutabilità e relativismo delle nozioni scientifiche.
"E la cosa sta non nell'inerzia del conservatorismo, ma in quel fatto incontestabile che l'anima umana,
la forza di animazione donata dal Signore, è presente sin dall'inizio, nel momento in cui i pronuclei
della sperma e dell'ovulo si fondono formando lo zigote, base della persona nuova e irripetibile.
L'inizio della vita stabilisce tutto lo sviluppo successivo e in condizioni normali porta alla nascita del
bambino. Dunque, non è moralmente ammissibile nessun argomento a favore dell'aborto, della
fecondazione artificiale o della sperimentazione su materiale embrionale. Queste possibilità non
possono fare a meno del confronto con questà verità assoluta".12
Perciò, in conclusione, rispondendo alla domanda se l'embrione sia persona dal momento del
concepimento, dal punto di vista della teologia ortodossa si può rispondere positivamente, ma con la
riserva che il nuovo essere umano è una persona potenziale che si rivela, si realizza e si sviluppa
dinamicamente.
1
Rasskasovsky S., Il prete. Le fondamenta della dottrina religiosa ortodossa, San Pietroburgo: RHGI,
1993: 53-56.
2
PG. T. 45. Col. 217; Migne J.-P., Patrologiae cursus completus, series Graeca, Paris.
3
PG. T. 89. Col. 724; Migne, Patrologiae cursus...
4
Giovanni Damasceno, Il santo. Esposizione esatta della fede ortodossa, Mosca, 1992: 79-80.
5
Vlakhos I., Il Metropolita. Psicoterapia ortodossa. Laura di Santa Trinità e di S. Sergio, 2004: 107.
6
Lossky V., Saggio sulla teologia mistica della Chiesa orientale, Mosca, 1991: 91
7
Ibid.
8
Ibid., pp. 92-93.
9
Ibid., pp. 93-98.
10
Lossky, Saggio della teologia mistica della Chiesa..., pp. 93-98.
11
Breck J., The Protopresbyter. The Sacred Gift of Life, Moscow: Palomnik, 2004: 194-200.
12
Ibid.
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