DOCUMENTI E CONTRIBUTI SULLE FORMAZIONI DEL PARTITO

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DOCUMENTI E CONTRIBUTI SULLE FORMAZIONI
DEL PARTITO D ’AZIONE
La ricerca condotta da Leo Valiani per la sua relazione sul partito
d’azione nella Resistenza (relazione presentata al Convegno sui partiti
politici nella Resistenza organizzato dall’Istituto lo scorso novembre e
che sarà pubblicata nel volume degli atti del Convegno) ha portato alla
acquisizione di nuovo materiale documentario. Qui di seguito si pubbli­
cano alcuni di questi contributi, particolarmente utili per ricostruire il
profilo dell’attività militare delle formazioni GL in Piemonte, Friuli Venezia Giulia ed Emilia - Romagna e per inserirlo nel quadro comples­
sivo della presenza azionista in quelle regioni.
1. Relazione del comando GL del Piemonte sulle formazioni dipen­
denti. 15 dicembre 1944
Il documento, redatto probabilmente da Carlo Ronza e Giorgio Agosti e desti­
nato agli anglo-americani, è conservato in copia nelle carte Damiani.
Origini lontane. « Giustizia e Libertà » è stato un vasto movimento clan­
destino di lotta contro il fascismo; sorto nel 1929 esso cercava di supe­
rare la posizione tradizionalmente classista del socialismo italiano e metteva
in primo piano la pregiudiziale libertà. Esso comprese che il fascismo non
era un fenomeno interno italiano, ma che rappresentava una minaccia per
tutte le democrazie europee; e su questo piano di solidarietà europea esso
impostò risolutamente la lotta sin dallo scoppio della guerra civile spagnola.
Il suo massimo esponente, Carlo Rosselli (fatto poi assassinare in Francia
da Mussolini), guidò in Ispagna nell’autunno 1936 la prima delle forma­
zioni accorse a combattere contro Franco: fu questa la « Colonna di Giu­
stizia e Libertà », in cui si arruolò il fiore dell’emigrazione italiana e che
scrisse pagine di grande valore sul fronte di Huesca e di Saragozza.
Origini prossime. Dopo lo sfacelo dell’esercito regio nel settembre 1943
ed il tradimento dei generali della 4a Armata (la più efficiente e la meglio
equipaggiata dell’esercito italiano), alcuni elementi attivisti, appartenenti quasi
tutti al partito d’azione — partito che faceva sue le posizioni fondamentali
del movimento « Giustizia e Libertà » — iniziarono l’organizzazione di nu­
clei di partigiani per la lotta contro i tedeschi ed i fascisti. Questi nuclei,
che sorsero specialmente nelle vallate del cuneese, del Pellice e di Susa,
avevano già al loro attivo nell’ottobre e nel novembre 1943 numerosi atti
di sabotaggio e di aggressione contro le forze nazifasciste. Essi vennero in
un primo tempo chiamati Bande del partito d’azione, appunto perchè pro­
mossi da questo partito; ma non ebbero mai il carattere di partito in senso
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Documenti e contributi sulle formazioni del p d ’a
stretto e furori sempre aperti a chiunque fosse disposto ad impugnare le
armi per la liberazione del paese e la riconquista delle libertà democratiche.
Al principio del 1944 queste bande furono unificate nelle « formazioni di
Giustizia e Libertà », sorte nel frattempo anche in altre parti dell’Italia
occupata.
Carattere m ilitare e fisionom ia politica delle fo rm azioni GL. Lo sviluppo
delle formazioni GL fu assai rapido; mentre i nuclei iniziali si rafforzavano
con l’afflusso di nuovi elementi, altri reparti più o meno organizzati en­
travano a far parte delle formazioni GL, che per la serietà della disciplina
e il magnifico comportamento nelle prime azioni di rastrellamento (500 fra
morti e feriti inflitti, per es., ai tedeschi dalle formazioni del Cuneese nel
rastrellamento del maggio 1944 condotto con le forze di oltre una divisione)
si erano procacciate fama di notevole efficienza militare. Così molti « mi­
litari puri » (ufficiali e sottufficiali del disciolto esercito, carabinieri, ecc.),
trovatisi a contatto con altre formazioni politiche e comprendendo l’utilità
dell’inquadramento in una grande organizzazione unitaria, optarono sponta­
neamente per « Giustizia e Libertà » accettandone i presupposti politici. Pa­
rallelamente al « politicizzarsi » di « militari puri » (per il che si deve inten­
dere non la propaganda di un partito, ma il tentativo di rieducare il po­
polo italiano diseducato da vent’anni di fascismo, e di creare dei combat­
tenti consapevoli degli scopi della loro lotta e del valore del loro sacrifi­
cio), si verificava il fenomeno inverso del progressivo « militarizzarsi » degli
attivisti politici che avevano costituito i quadri delle prime bande e che
vennero man mano formandosi una più robusta preparazione tecnica. Così
i reparti, sempre meglio amalgamati, seppero resistere — nella più parte
dei casi — allo sbandamento anche nelle situazioni più critiche; e, dove un
rastrellamento più duro li metteva temporaneamente in crisi, non tardarono a
ricostituirsi. Oggi il partigiano GL si distingue in genere per la disciplina
(resa possibile anche dal democratico affiatamento esistente fra comandanti
e gregari), per la fedeltà alla sua formazione (non si conoscono, si può
dire, episodi di diserzione, mentre sono numerosi ipartigiani che, cattu­
rati e arruolati a forza nelle milizie nazifasciste, hanno nuovamente rag­
giunto, con le armi, il loro reparto), per la serietà dei rapporti con la
popolazione civile, per l’efficienza militare e per la notevole capacità di re­
cupero dopo gli inevitabili insuccessi. Queste qualità sono evidenti soprat­
tutto nelle formazioni di più antica costituzione (valli del cuneese e del pinerolese); in quelle più di recente assorbite esse sono in genere inferiori.
Ma in molte zone, soprattutto in quelle che hanno dovuto soffrire dell’in­
disciplina di bande partigiane più o meno irregolari, c’è verso le formazioni
GL una spinta incoercibile e non si giudica opportuno rifiutare queste spon­
tanee adesioni, anche quando il loro apporto militare sia inizialmente scarso.
Organico delle form azioni. La
visione, denominazione usata per
maggiore unità organica è la cosidetta d i­
uniformità e che più che al numero degli
effettivi ha riferimento alla vastità della zona che questi controllano: essa
designa un complesso di reparti che si aggirano attorno al migliaio di uo­
mini (non meno di settecento e non più di millecinquecento). Al princi­
pio di ottobre le GL piemontesi contavano dieci divisioni, designate con nu­
meri romani, delle quali sei avevano carattere e qualifica di alpine. Succes­
sivamente le esigenze della nuova fase invernale della guerra hanno portato
al trasferimento di molto reparti nelle zone di pianura o di collina e a una
diversa dislocazione di forze, di cui diremo più avanti. La divisione si di-
Documenti e contributi sulle formazioni del pd’a
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•vide in brigate, la brigata in colonne, la colonna in squadre. A fianco di
ogni comandante militare (comandante di divisione, di brigata) si trova un
commissario politico, nominato direttamente dal CLN del Piem onte senza
pregiudiziali di partito: tale commissario ha essenzialmente le funzioni di
delegato civile accanto al comandante militare e la sua opera si è dim o­
strata utilissima, sia per il mantenimento dei buoni rapporti con le popola­
zioni, sia per la repressione del banditismo e la costituzione di nuovi
•organi di autogoverno locale (giunte comunali) al posto delle esautorate ed
inefficienti autorità fasciste.
D islocazione delle forze. È particolarmente difficile, in quest’epoca del­
l ’anno in cui varie formazioni si sono spostate dalle loro sedi prim itive in
altre più consone ai nuovi metodi di lotta, indicare con esattezza la forza
e la dislocazione delle singole divisioni. Esse si possono tuttavia ricostruire
— con qualche approssimazione, ma senza alcuna gonfiatura — nel se­
guente specchietto:
I div. apiina - Valli Stura, Grana, G esso, Roja, Vermenagna e Bisalta
II div. apiina - Valli Macra e Varaita
I I I div. - Pianura del cuneese
IV div. alpina - Val di Susa
V div. alpina - Valli Pellice, Germanasca e pianura del
pinerolese
VI
div. alpina - Valli Orco e Soana
V II div. alpina - Aostano
V i l i div. - Alessandrino
IX div. - Monferrato
X div. - Astigiano e zona di Alba e Canale (in formazione)
uomini 1200
»
800
»
800
»
700
»
»
»
»
»
»
1200
1000
700
1500
1100
500
Q ueste cifre comprendono soltanto i partigiani in forza e ffe ttiv a presso
il reparto e non tengono conto degli ausiliari, che in parte vivono nella le­
galità, ma che hanno nascosto l ’arma e non attendono che l ’ordine di ri­
prenderla. L ’attuale tendenza del Comando GL è di limitare gli effettivi
combattenti, in relazione alle difficoltà di vettovagliam ento e di arma­
mento; questa limitazione — che si attua con la creazione di milizie terri­
toriali accanto ai reparti mobili di arditi e di sabotatori — si traduce in
una selezione degli elem enti migliori ed in un potenziamento del loro ren­
dim ento bellico.
L ’efficienza di reparti numericamente eguali può essere diversissima in
relazione all’addestramento degli uomini e soprattutto al loro armamento.
I reparti alpini di più vecchia formazione e che hanno condotto vita sempre
m olto dura (sia per i rallestramenti continui che per le condizioni climati­
che che si riallacciano inoltre alle simpatiche tradizioni dei reggimenti al­
pini, dei reparti cioè più solidi dell’esercito italiano) sono indubbiamente
Î migliori. Loro nuclei inviati in pianura per operazioni di sabotaggio e di­
sturbo, agili e bene addestrati, si sono dimostrati m olto più efficienti che
non formazioni di pianura più numerose. L ’armamento è assai vario; è
generalmente buono nelle formazioni più antiche, che se lo sono costituite
conquistandolo pezzo per pezzo al nemico e beneficiando di lanci; più scarso
e inadeguato nelle formazioni più recenti di pianura. Così, mentre la V di­
visione (la più favorita in fatto di lanci) dispone oggi di oltre cinquecento
armi automatiche, la IX non ne conta che meno di un centinaio.
La I div. alpina ha attualmente una sua brigata, la « Paolo Braccini »
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Documenti e contributi sulle formazioni del pd’a
di Val Stura, che combatte in Val Vesubia, in linea con americani e fran­
cesi. Tale brigata è sconfinata in Val Tinea dopo aver contrastato per ben
sette giorni il passo ad una divisione nemica che tentava di raggiungere il
colle della Maddalena, dopo lo sbarco alleato in Provenza.
La II div. alpina ha molti nuclei bene armati e addestrati che agiscono
in pianura: intorno ad essi si è costituita la III div. di pianura. La II div.
si accinge a trasferire numerosi reparti nella zona delle Langhe, dove la
guerra partigiana langue in seguito al durissimo rastrellamento del novembre.
La V div. alpina — che si tiene in stretto collegamento con una missione
dell’OSS americano e che opera anzi agli ordini diretti di un ufficiale di
questa — è oggi la più agile e la più efficiente. Dalle sue basi originarie
del pinerolese essa ha distaccato reparti che operano attualmente in tutta
la pianura attorno a Torino, ed esercitano un’ininterrotta azione di sabotaggio
sulle principali linee di comunicazione, e di attacco a reparti tedeschi. Essa
si è pure aggregata i nuclei periferici della IV div. alpina per meglio rea­
lizzare questo suo programma di guerriglia mobilissima attorno alla città.
Il comandante della VI div. alpina si è recentemente recato presso il
magg. Hamilton in Francia e ne ha ottenuto aiuto in armi e munizioni.
Le squadre di azione di tale divisione si sono spinte sino a Novara, dove
fecero saltare una caserma, ed hanno infetto duri colpi ai nazifascisti nella
zona canavesana (in un combattimento di poche ore a Canischio: ottantasette
morti e centosessantaquattro feriti).
La VII div. alpina ha espresso da sè la brigata autonoma « Cattaneo »
la cui intensissima attività di grande e piccolo sabotaggio e disturbo nella
zona del biellese è culminata con l’uccisione di un generale di divisione te­
desco e nell’assalto a una munita autocolonna.
La IX div. svolge anch’essa attività sabotatrice su importanti strade e
ferrovie; tale azione è coordinata strettamente con quella della V div. e
non è improbabile una fusione delle due divisioni, in vista dell’attivizzazione
della guerriglia alle porte di Torino.
L’V III div. ha già superato brillantemente un ciclo di rallestramenti.
Essa si è assicurato il controllo di molti valichi verso la Liguria ed è in
stretto collegamento con le formazioni GL operanti in tale regione.
Rapporti con le altre formazioni partigiane. Accanto alle formazioni GL
operano in Piemonte sul teatro della guerra partigiana le brigate d’assalto
Garibaldi, promosse dal partito comunista, le brigate Matteotti, promosse
dal partito socialista, e le cosiddette formazioni autonome, che inquadrano
elementi politicamente indifferenziati e orientati verso i partiti di destra (li­
berali e democristiani). Il comandante regionale delle formazioni GL, quello
delle brigate Garibaldi, quello delle Matteotti e quello delle Autonome, si
riuniscono nel Comando militare regionale piemontese (CMRP), dove vengonodiscusse le direttive generali della guerra partigiana nella regione, risolte le
questioni organizzative e disciplinari, e preparati i piani operativi in vista
dell’insurrezione. Il CMRP è l’organo militare del Comitato di liberazione
nazionale del Piemonte, al quale — come organo politico supremo della
lotta antitedesca e antifascista — tutte le formazioni partigiane sopraelencate si riconoscono subordinate. Nonostante inevitabili attriti — dovuti spes­
so a difficoltà di collegamento e di coordinamento — le diverse formazioni
partigiane collaborano fra di loro, sia al centro, sia alla periferia, dove sono
costituiti dei comandi di zona (alle dirette dipendenze del CMRP) per la
disciplina dei rapporti e per l’unità operativa. Alle dipendenze dei comandi
di zona funzionano dei tribunali partigiani, i quali giudicano i partigiani
Documenti e contributi sulle formazioni del p d ’a
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resisi colpevoli di reati militari e comuni, nonché le spie ed i collaboratori.
Se si vuol qualche caratteristica delle diverse organizzazioni partigiane, si
può dire che le formazioni autonome sono più inclini alla occupazione terri­
toriale e alla difesa rigida delle zone liberate (vedi es. di Alba e di D om o­
dossola), mentre le formazioni GL sono state le prime ad intuire e ad ap­
plicare i nuovi criteri della guerriglia di movimento; e che le formazioni
garibaldine e M atteotti lasciano maggiore libertà di movim ento ai loro re­
parti (il che porta talora a spiacevoli attriti con le popolazioni), mentre le
formazioni GL controllano rigorosamente l ’operato dei loro elem enti e ne
esigono la più stretta disciplina e il più scrupoloso rispetto della proprietà.
Sempre più numerose si fanno le domande di elem enti già appartenenti ad
altre organizzazioni partigiane per passare alle formazioni GL (specie in
seguito a rastrellamenti, che scompaginano i vecchi organici); queste doman­
de sono peraltro vagliate con cura e raramente accolte, in quanto le forma­
zioni GL perseguono il criterio qualitativo più che quello quantitativo. A l­
tro elem ento che merita di esser posto in evidenza è la sistematica intran­
sigenza di cui i comandi GL hanno dato prova di fronte ai tentativi di ap­
proccio dei nazifascisti: le formazioni GL hanno sempre respinto ogni pro­
posta di delimitazione di zone « liberate » di fronte a zone « occupate »,
hanno rifiutato qualsiasi armistizio e continuano a riservarsi la più assoluta
libertà di aggressione contro il nemico, fino al giorno della liberazione
definitiva.
Accanto all’attività puramente militare le formazioni GL svolgono anche
una proficua azione di propaganda, a mezzo di giornali (ricordiamo II par­
tigiano alpino, I l pioniere, Q uelli della M ontagna, G iustizia e Libertà), di ma­
nifesti, di volantini; ed assumono funzioni di disciplina annonaria e di po­
lizia, che le rendono particolarmente bene accette alle popolazioni.
R apporti con gli alleati. Numerosi team s paracadutati sono discesi presso
le formazioni GL e ne hanno sempre ricevuto appoggio ed assistenza cordia­
lissima. Contatti diretti con le truppe alleate operanti in Francia sono stati
stabiliti (come si è detto) da reparti della I div. cuneese, della V nella Val
Pellice, della V I n ell’alto canavese. N elle formazioni GL hanno pure militato
— specie nei primi mesi dopo il settembre 1943 — m olti prigionieri in­
glesi e americani; la maggior parte di essi sono stati aiutati a raggiungere
la Svizzera e moltissimi hanno rilasciato attestazioni di riconoscenza ai co­
mandi dei reparti.
N ecessità e problem i per la stagione invernale. La particolare configura­
zione geografica del Piemonte e il reclutamento valligiano delle truppe al­
pine (cioè dei migliori reparti d ell’esercito italiano) hanno fatto sì che nei
primi mesi (inverno ’43-’44) le formazioni partigiane si costituissero soprat­
tutto nelle valli alpine, dove più facile era la difesa e maggiore la solida­
rietà delle popolazioni. Con lo sbarco alleato in Provenza e coll’attestarsi
delle truppe tedesche (innegabilmente superiori come armamento e disciplina
ai reparti di polizia fascista) lungo il crinale alpino, la situazione è radi­
calmente mutata. La presenza dei tedeschi (per lo più Alpenjàger) sui var­
chi, i rafforzati blocchi fascisti nei fondi valle, la sistematica spoliazione
delle popolazioni, già naturalmente povere, la crisi dei trasporti non con­
sentono più di utilizzare le yalli alpine come basi sicure. Una difesa ri­
gida delle valli stesse (che qualche volta si è tentata con successo) è oggi
sconsigliata, non solo dai rigori della stagione, ma soprattutto dalla scar­
sità di munizionamento e dai diversi criteri strategici invalsi. La guerra par-
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Documenti e contributi sulle formazioni del pd'a
tigiana « di posizione » ha avuto la sua importanza nel quadro generale, in
quanto ha reso im possibile il consolidarsi delle posizioni repubblicane, dan­
d o ricetto ai renitenti alle leve fasciste, ai perseguitati politici delle città,
agli operai in sciopero. Oggi la più dura occupazione tedesca e il rallen­
tarsi delle operazioni militari sul fronte italiano im pongono il ritorno alla
guerra « di movim ento ». Il comando GL se ne è reso tem pestivamente
conto e fin dalla fine d ell’estate ha provveduto a dislocare in pianura pic­
coli reparti. Attualm ente le forze di GL si possono grosso m odo raggrup­
pare in tre categorie: 1) Reparti territoriali, con funzione di polizia locale
costituiti dai partigiani più anziani e meno mobili: ad essi è affidata la tu ­
tela d ell’ordine pubblico in collaborazione delle giunte municipali clande­
stine, e la difesa dei magazzini e delle basi di riposo dei reparti mobili;
2) Reparti m obili, costituiti da piccole squadre di non più di dieci uom ini,
dotati di armamento automatico e destinati a com piti di sabotaggio e di
arditismo; si spostano rapidamente a grande distanza con automezzi e, dopo
un ciclo operativo di qualche settimana, ritornano alla base per un periodo
di riposo. G li uomini sono vestiti in borghese e muniti di documenti falsi
che consenton loro di sfuggire facilmente al controllo dei posti di blocco
costituiti in gran numero lungo le principali arterie di comunicazione; 3)
Servizi di interdenza, che provvedono a rifornire i reparti combattenti di
quanto è necessario.
Q uesto piano operativo è in fase più o m eno avanzata di attuazione pres­
so le diverse divisioni, in relazione soprattutto a un duplice ordine di difdicoltà: 1) D ifficoltà di finanziamento (che si traducono in difficoltà di
vettovagliam ento e di equipaggiamento); 2) D ifficoltà di armamento e di mu­
nizionamento.
1) D iffico ltà di finanziam ento. Il partigiano che vive in pianura, lontano
dalla base alpina dove aveva il campo (e forse la famiglia) costa mol­
to di più; vivendo nascosto in cascine, presso contadini che non conosce,
egli deve pagare senza lesinare. D eve procurarsi informazioni e complicità
e questo importa altre spese. D eve infine rinnovare più spesso l ’equipag­
giamento, sia per rendersi irriconoscibile, sia per riparare le perdite di un
trasferimento im provviso. Sulla base del costo attuale della vita, si può
calcolare che un partigiano operante in pianura non costa meno di tremila
lire al mese; mentre ancora sei mesi fa un partigiano d’una formazione al­
pina poteva vivere con m ille lire al mese. Ora, come è troppo noto, i fondi
d i cui disponeva il CLN del Piem onte sono da tem po esauriti e le possi­
bilità di attingere alle risorse locali sono sempre più lim itate, sia per ef­
fetto della crescente depauperazione di tutte le attività commerciali, agri­
cole e industriali, sia perchè le poche ditte che ancora guadagnano son
quelle che lavorano per i tedeschi. La mancanza di fondi costringe sempre
più spesso il partigiano a prelevarne armata mano presso enti e banche.
Si stabilisce così un circolo vizioso: la popolazione si sente ingiustamente
taglieggiata e non vuol sovvenzionare il movim ento partigiano; i partigiani
non hanno di che vivere e devon gravare sulla popolazione. Il comando
delle formazioni GL ha finora condannato e represso l ’autofinanziamento da
parte dei reparti periferici; ma i suoi ordini non hanno seria possibilità di
esecuzione se non sono accompagnati da congrue rimesse di fondi. Il ri­
medio di ridurre il numero degli effettivi e di mandare gli uom ini in con­
gedo o in licenza non è un rimedio attuabile; prima di tutto perchè avreb­
b e un effetto generale demoralizzante su tutti i reparti e aumenterebbe la
tracotanza dei nazifascisti oggi già rianimata dall’inaspettata tregua inver­
nale; in secondo luogo perchè urterebbe contro insormontabili difficoltà
Documenti e contributi sulle formazioni del p d ’a
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tecniche. Le ricorrenti amnistie del fascismo sono lustri a cui nessuno crede:
il partigiano che viene dimesso dal suo reparto non ha praticamente alcuna
possibilità di integrarsi nuovamente nella vita civile. L’alternativa è tra la
deportazione in Germania, l ’arruolamento in una delle tante formazioni mi­
litari fasciste e tedesche e la miseria. In queste condizioni uno sfoltim ento
malaccorto delle formazioni non porterebbe ad altro che all’automatica co­
stituzione di bande di veri e propri banditi, costretti a saccheggiare per
vivere; e aggraverebbe quindi ancora più le già grandi sofferenze delle po­
polazioni, senza alcun corrispettivo.
Ora sembra veramente im possibile ad ogni partigiano, dal comandante
all’ultim o gregario, che non si possa ottenere dagli alleati un maggior aiuto
finanziario. N el bilancio generale della guerra, il costo di un giorno di
fuoco sul fronte tedesco sarebbe certo di gran lunga superiore al finanzia­
mento dei partigiani piem ontesi per tutto l ’inverno. Bisogna esser ben con­
vinti di una cosa: che la generale aspirazione ad una maggior disciplina
oggi e ad un pronto ristabilimento d ell’ordine domani non è realizzabile se
non si m ettono i partigiani in condizione di bastare ai propri bisogni. E
i bisogni del soldato italiano, tradizionalmente sobrio, sono davvero modesti!
Un m ilione risparmiato oggi potrà significare domani una somma cento volte
maggiore per l ’eliminazione del brigantaggio e l ’occupazione militare del ter­
ritorio.
2) D ifficoltà d'arm am ento e m unizionam ento. D opo mesi di guerra non
c ’è partigiano che si rispetti il quale non sia riuscito a procurarsi almeno
un moschetto; ma, se l ’arma personale si può strappare al fascista e al te­
desco con l ’astuzia e con la violenza, lo stesso non può dirsi per le mu­
nizioni. Inoltre, per la guerriglia di movimento, occorrono armi migliori: e
cioè armi automatiche, pistole col silenziatore, materiale di sabotaggio, ecc. I
lanci fino adesso sono stati inadeguati al bisogno; e quando sono avvenuti,
sono stati troppe volte intem pestivi. La situazione muta di continuo e nes­
sun reparto partigiano può garantire di essere in grado di raccogliere oggi
un lancio promesso tre mesi fa. Ogni lancio dovrebbe quindi seguire al p iù
presto alla richiesta. Si vuol però aggiungere che è vanto delle formazioni
GL non aver m ai lasciato cadere un lancio in mano al nemico.
C onclusioni. Il comando piem ontese delle formazioni GL si rende conto
con perfetta obbiettività delle particolari esigenze a cui deve rispondere
l’azione militare del comando alleato, della secondaria importanza che il
fronte italiano (e quello alpino in ispecie) ha nel quadro generale delle ope­
razioni, delle diffidenze che possono esser state suscitate da certi atteg­
giamenti delle formazioni partigiane in altre parti d ’Europa e d ’Italia. Ma
vuol richiamare l’attenzione del comando alleato su questo assioma fondamentale: al punto a cui si è giunti non è possibile disinteressarsi del mo­
vim ento partigiano. Mancanza di aiuti non significherebbe già graduale estin­
guersi e dissolversi del m ovimento, ma significherebbe rafforzamento degli
elem enti di disordine, crisi di comandi, paralizzazione di ogni attività di sa­
botaggio e di molestia al nemico, crearsi di uno stato d ’animo di ostilità
verso gli alleati a tutto favore della propaganda tedesca (che è oggi su que­
sto terreno più scaltrita che qualche mese fa), avviamento all’anarchia pro­
prio ora quando la fine non lontana della guerra rende auspicabile un gra­
duale passaggio alle nuove forme di vita democratica. Insomma, il gioco
degli estremisti, i quali non mancherebbero di approfittarne.
Il comando GL non chiede agli alleati denaro, armi e munizioni; ma
offre prima di tutto loro la possibilità di un controllo. Chiede che presso
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Documenti e contributi sulle formazioni del pd’a
ogni formazione GL (o almeno presso le più numerose ed efficienti) venga
inviata una m issione alleata, la quale possa rendersi conto della volontà
combattiva degli uomini, delPefficienza dei reparti, e delle loro possibilità
belliche. D ove questo è avvenuto (per es. presso la V divisione) i risultati
sono stati ottimi: l ’intesa è stata completa e il rendim ento dell’attività partigiana nella zona è stato presto aumentato.
Le formazioni GL nate da una decisa volontà di riscossa degli elem enti
più consapevoli d ell’antifascismo piem ontese e temprate da quindici mesi di
lotta ininterrotta e dal sacrificio del loro primo comandante Tancredi Ga­
limberti, caduto a Cuneo sotto il piom bo fascista il 3 dicembre 1944, sono
oggi il movim ento partigiano che — per lo spirito di democrazia ordinata
e progressiva che lo anima — ha maggiori possibilità di intesa con gli al­
leati e persegue gli scopi di guerra più affini ai loro.
2. Appunti sull’attività politico-militare
Friuli e Venezia Giulia. [1968]
del
partito
d’azione
in
Memoria redatta dall’Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione
nel Friuli e Venezia Giulia all’inizio del 1968. Le lettere di Alberto Cosattini e di
Ercole Miani, che diamo in nota, costituiscono un utile apporto di rettifiche e
integrazioni alla Memoria.
Il pd’a a U dine nasce dopo una serie di approcci cospirativi fra elem enti
di un gruppo antifascista locale com posto da uomini di varie tendenze, av­
venuti sin dal 1941, per la ricerca di contatti e adesioni in vista di una
possibile attività contro il fascismo e la guerra. A questo « preludio » cospi­
rativo partecipa, fra i primi, Fermo Solari che prende contatti con anti­
fascisti di altre città d ’Italia (a Bergamo, a M ilano, a Roma, Firenze, B olo­
gna, Padova, Vicenza, Venezia, Treviso, Genova, Trieste, Belluno) come
Barnaba, la moglie di Ernesto Rossi, La Malfa, Lombardi, Parri, Comandini, Calamandrei, Codignola, Jacchia, Masia, Bobbio, M eneghetti, D al Pra,
Gavagnin, Opocher, Miani, Paladin, Pincherle, ecc.
F ine 1941 - inizio 1943. Attorno a Solari si raccolgono alcuni antifa­
scisti udinesi come G iannotti, Spedini, Lo Curto, che daranno poi vita al
pd’a. T entativi di Solari con elem enti dell’esercito (gen. Cadorna, col. A l­
bano, col. Scarpa, ecc.) per sondare le prospettive di un pronunciamento dei
capi militari antifascisti in senso antitedesco, rivelatesi presto illusorie. Invio
di lettere anonime ai capi delle truppe combattenti con incitamenti antina­
zisti. E ’ una delle prime concrete iniziative del gruppo pd’a di U dine, nato
praticamente nel n ovem bre 1942 con Solari, i citati Lo Curto, Spedini e
G iannotti, cui si aggiungono Ortiga, Carlisi, Sirica, Pirondini, G iorgietti
(nella maggior parte di professione im piegati e professionisti).
Siamo ancora nella fase di orientamento e di proselitismo: antifascismo
risoluto ma ancora generico quanto a progetti immediati; ricerca di rapporti
con altri gruppi (Solari si incontra con i comunisti locali Beltrame, Bor­
ghese, Cossio, Cuttini, Feruglio, ecc.; con i socialisti Giovanni Cosattini ex
deputato, Felice Feruglio, Pignat; con esponenti del mondo cattolico come
Candolini, Schiratti, don M oretti); verifica dei temi più sentiti, come l ’av­
versione alla guerra e alla dittatura. G li oculati controlli polizieschi e la
stessa diffusa impreparazione politica, ostacolano l ’affermarsi di una arti­
colata organizzazione antifascista con programmi precisi.
Documenti e contributi sulle formazioni del p d ’a
71
Il p d ’a riesce però a raccogliere, malgrado la frammentarietà e l ’indivi­
dualismo della sua azione, un gruppo di aderenti che, dalla decina della fine
del 1942, si raddoppiano alla metà del 1943, richiamando inoltre la sim­
patia di altre persone.
La partecipazione di Solari alla costituzione del pd’a a M ilano con Albasini - Scrosati, Damiani, La Malfa, Lombardi, Parri, ecc. e il rapporto, per
quanto saltuario, di carattere propagandistico, dialettico e organizzativo che
viene così a crearsi fra centro e periferia, avvantaggia il partito locale che
riesce anche, unico forse fatta eccezione del pei, a diffondere una stampa
clandestina ed a darsi u n ’ossatura embrionale prima dell’8 settembre.
Si raccolgono, prima e dopo il 25 luglio, adesioni fra gli ufficiali di
complemento come Alberto Cosattini (figlio d ell’on. Giovanni e fratello di
Luigi, giovane docente
di diritto all’Università di Trieste che sarà fra i
primi organizzatori di « GL »), i fratelli Italo e Luciano Romanelli, N ino
D el Bianco, Bepi Calore, Gastone V alente, ecc., mentre si formano nuclei
del pd’a anche in altri grossi comuni della provincia (Cividale, Codroipo,
Pordenone, Spilimbergo, Tolmezzo, ecc.) con la partecipazione di insegnanti,
professionisti, impiegati, ufficiali di cpl. Si noti la connotazione sociale del
pd’a friulano: prevalente il ceto medio.
La maggioranza degli aderenti e simpatizzanti, non ha precedenti espe­
rienze politiche. Proviene dall’antifascismo « morale » o dall’antifascismo « di
guerra » (reduci di Albania e Russia).
Fra il 25 luglio e l ’8 settembre, il pd’a è fra i promotori di un Comi­
tato antifascista (pd’a, pei, psi, de) che discute, piuttosto confusamente, delle
prospettive future, della restaurazione democratica, dell’epurazione, ecc. senza
porsi con concretezza il problema di un’azione partigiana e della raccolta
di armi che è invece presente nei comunisti e nello stesso pd’a, anche se
in modo velleitario o generico. Manca ancora un’impostazione ideologica pre­
cisa ma nel pd’a già si afferma una volontà di rinnovamento generale dello
Stato, del rovesciamento della monarchia, di ampie riforme sociali. N el Co­
mitato antifascista udinese si delineano però alcuni obiettivi immediati: uscire
dalla guerra, difendere la neutralità italiana dal nazismo, ricostituire uno
Stato libero e democratico. Ma i postulati generali mancano di concretezza
politica.
8 settem b re 1943. Fallimento dell’azione antifascista presso le autorità
civili e militari, mentre la proposta del pd’a (Lo Curto) per una azione di
forza con l ’arresto del Comando militare (gen. Zanini) e l’insediamento di un
Com itato di emergenza con tutti i poteri civili e militari, è superata dal
turbinio catastrofico degli eventi. Il rovinoso crollo armistiziale trova però
p d ’a e pei già orientati per un’azione armata.
A ffluiscono al pd’a numerosi altri giovani ufficiali come V alente, Traccanelli, A. Moro, Luciano e Guido Comessatti, L. Manzin, G . Bronzin,
ecc. Solari e Comessatti organizzano sulle Prealpi G iulie, fra il 13 e il 15
settembre, una formazione « GL » (30-40 uomini) di cui fanno parte anche
R. D el D in, A. Giuriolo, Calore, i fratelli Comessatti, A . Cosattini, Valen­
te, ecc. I « GL » si accordano per un’unione operativa con il battaglione dei
com unisti guidato da Calligaris e Lizzerò e si scontrano con i tedeschi in
rastrellamento. È nata la Resistenza in Friuli.
Costituzione a Udine del CLN provinciale. Discussioni sulla linea politico­
militare e contrasto fra la tesi della « guerra totale » dovunque, con fusione
di tutti i gruppi partigiani esistenti o « in fieri », del pei, e la tendenza pd’apsi di distinzione fra le formazioni armate e per una tattica partigiana non
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Documenti e contributi sulle formazioni del p d ’a
coinvolgente i grossi centri e le popolazioni. Si affermerà in Friuli la tesi plu­
ralistica qui sostenuta dal pd’a (« Osoppo » non comunista e « Garibaldi »
comunista) ed appoggiata dalla de e dagli altri, per cui anche la formazione
« G L » di Solari-Comessatti, già unitasi al pei si distacca da questo, dopo
aver sondato inutilm ente, d ’accordo coi com unisti, la possibilità di un Co­
mando unico militare provinciale, interpellando il gen. M asini (poi coman­
dante delle « Fiamme verdi » nel bresciano) e il col. Scarpa (che passerà le
linee unendosi al CIL). « GL » in montagna segue le direttive « pluralistiche » del pd’a di U dine che porteranno alla confluenza dei gruppi « azio­
nisti » nelle brigate « Osoppo » (pd’a, de, indipendenti), formatesi fra il
febbraio e l ’aprile del 1944 in Carnia, previo accordo fra tutti i partiti del
CLN udinese.
La iniziale tendenza partigiana unitaria del p d ’a viene posposta all’esi­
genza della diversificazione politica, non per anticomunismo preconcetto (co­
me nella de) quanto per convinzione del ruolo autonomo del partito e ti­
more di un assorbimento totale n ell’organizzazione comunista ma anche di
un insuccesso nel « fare da soli », data la ancora scarsa popolarità del par­
tito nuovo e l ’influenza dei com unisti e cattolici. « In montagna — scrive
il Lo Curto — si doveva fondamentalmente combattere il nemico comune
e non smarrirsi in premature e incostruttive posizioni politiche », difficil­
mente comprensibili e assimilabili « dalla gente semplice. In quel periodo...
il partito mirava a compiere interamente li suo dovere e a darsi — nel
capoluogo e nei paesi — una ossatura, una organizzazione, un sempre mag­
gior consenso fra la gente ».
Ma il problema resta aperto e avrà degli strascichi quando il condizio­
namento sulle « Osoppo » in senso progressista, si rivelerà difficile e sem­
pre più crescente il condizionamento de.
1944
A zio n e politica del p d ’a d i U dine. In seno al CLN provinciale il p d ’a
sostiene un CLN che sia investito di funzioni potenziali di governo al di
sopra di partiti e formazioni partigiane, con piena autonomia decisionale,
« senza la preventiva approvazione dei partiti », e con la stabilità dei suoi
rappresentanti. Il CLN deve far sentire sulle formazioni militari la « sua le­
gittim a autorità disciplinatrice » e deve mettersi in condizione di assolvere
« funzione effettiva di governo per una zona o per l ’intera provincia » (odg
d ell’8 maggio 1944).
In realtà « Garibaldi » e « O soppo » contesteranno in vari modi una
eccessiva interferenza del CLN nelle formazioni, specie sui problemi militari,
organizzativi ed anche politici. M olte delle decisioni politiche del pei sono
discusse e attuate in seno ai comandi garibaldini (oltre che dalla federazione
udinese). C’è una tendenza pei a limitare o svalutare l ’influenza del CLN
(che è saltuariamente efficace) e una tendenza de a potenziare la sua penetrazione e influenza sulle « Osoppo » (specie tramite il clero) in prospettiva
anticomunista (in parte spiegabile con un certo settarismo garibaldino e una
politica di m onopolio che spesso consegue il risultato opposto).
Il pd’a polemizza col pei sulla funzione del CLN e sui rapporti CLN« Garibaldi », sostenendo la necessità del più ampio riconoscimento da parte
di tutti i partiti (de compresa) della funzione di governo del CLN, perchè
« se si vuole che esista un governo, esso deve essere uguale per tutti »
(partiti, formazioni, cittadini). Pertanto i partigiani devono subordinarsi al
CLN. In caso contrario, il CLN di U dine non può assumersi « alcuna re­
Documenti e contributi sulle formazioni del pd'a
73
sponsabilità politica circa l ’operato della ’’Garibaldi” », anche perchè questa
dichiara di riconoscere solo gli ordini del Comando centrale garibaldino di
Milano. Il pd ’a auspica la piena collaborazione politica e militare nell’inte­
resse della nazione (lettera del pd’a di Udine al p d ’a Alta Italia, al CVL,
alle direzioni udinesi della de, psi, pii, pei, presumibilmente del giugno
1944).
Finirà col prevalere una posizione intermedia pd’a-dc con il CLN organo
superare di governo politico, teoricamente dominante su partiti e formazioni
(pd’a ed anche de) ma senza ingerenze e responsabilità dirette per quanto
riguardava l ’operato delle singole formazioni alle quali il CLN poteva dare
solo il suo « alto appoggio politico », ma non assumersi l ’onore di « qual­
siasi appoggio diretto ad organizzazioni che non ha mezzo e diritto di con­
trollare » (de — sua proposta del 14 maggio 1944).
In sostanza, « Osoppo » e « Garibaldi » manterranno un notevole mar­
gine di azione autonoma nei confronti del CLN anche sul piano politico.
Saranno i singoli partiti presenti nelle formazioni ad esercitare la loro in­
fluenza in un senso o n ell’altro. Ciò indebolirà il prestigio e la funzione
del CLN. Il potere decisionale si trasferirà spesso nei comandi partigiani
tranne che per quanto riguarda il CLN carnico poi trasformatosi in Giunta
di governo della zona libera, dove pd’a, de, pei troveranno, pur fra intense
contestazioni e discussioni, una piattaforma comune, sostenendo la priorità
del potere civile su quello militare e consentendo ai militari il solo voto
consultivo. Ciò anche per corrisondere alle attese della popolazione della zona
libera, diffidente verso le improvvisazioni e le azioni discrezionali e incon­
trollate e disposta ad appoggiare un « governo », purché si rivelasse auto­
nomo e serio dopo le fallimentari esperienze politico-amministrative prefa­
sciste e fasciste, rivelatesi disastrose per i problemi della montagna.
Riassumendo: posizione ufficiale per una preminenza decisionale autono­
ma del CLN che si vorrebbe ristretto ai soli partiti pur non negando l ’ap­
porto degli organismi di « massa » (FdG, operai e contadini, ecc.); per una
pluralità delle formazioni (« Osoppo », in cui confluiscono i « GL », e « Ga­
ribaldi »); per una distinzione di metodi di guerra (umanitarismo, giustizia
istituzionalizzata nella misura del possibile, azione militare senza attendismi
ma non indiscriminata salvaguardando le popolazioni); per un condiziona­
m ento ideologico in senso democratico-repubblicano avanzato dalle « Osoppo »;
per una collaborazione italo-slava nel senso suggerito dalle direttive del
CLNAI fra il marzo e l ’agosto del 1944; per una preparazione politica dei
volontari e la valorizzazione dei commissari o delegati politici (corsi di edu­
cazione storico-politica, partecipazione dei commissari al potere decisionale
e loro controllo sui comandi nello spirito delle direttive del CLN).
A zio n e politico-m ilitare. Spesso il contributo militare si intreccia e si
salda con l’azione politica. Il pd’a, come lo dimostra la prima formazione
« GL » di Solari-Cosattini-Comessatti nelle Prealpi G iulie nel settembre-ot­
tobre 1943 è, assieme al pei, il partito che dimostra subito « idee chiare »
in fatto di resistenza antinazista (il riconoscimento è di mons. A ldo M o­
retti, il cattolico politicamente più influente nelle « Osoppo »): combattere
possibilm ente in stretta alleanza militare con il pei. Poi « GL » confluisce
nelle pluripartitiche « Osoppo » per gli intervenuti accordi con gli altri par­
titi del CLN udinese e per i motivi di cui si è detto e di cui parlano sia
Lo Curto (che dopo la partenza di Solari e di A . Cosattini per Padova e
per Milano, per assumervi altri incarichi in seno al pd’a Alta Italia e nel
CVL, è il dirigente di maggior prestigio a Udine), che N ino D el Bianco che
74
Documenti e contributi sulle formazioni del p d ’a
rappresenta per un lungo periodo il pd’a nel CLN provinciale e poi nella
Giunta di governo della zona libera di Carnia (agosto-ottobre 1944).
Tuttavia il Lo Curto afferma che non ci fu una definitiva rinuncia del
p d ’a « a creare proprie formazioni di partito » n ell’ambito delle « Osoppo »
ma che i due tentativi in questo senso fallirono: il primo, nel giugno 1944,
per iniziativa di Carlo Comessatti presso il Comando brigata « Osoppo-Friuli »
(BOF); il secondo, nel dicembre 1944, per iniziativa dello stesso Lo Curto
(creare in Friuli « omogenei nuclei di GL » data la positiva azione di pro­
selitism o in città e in vari paesi, con commissario politico designato dal par­
tito e comandante militare Manlio Cencig, vicecomandante delle « Osoppo »,
indipendente e simpatizzante — allora — per il pd’a). Tentativo rimasto
inattuato perchè il Lo Curto dovette allontanarsi, braccato dai nazifascisti.
In sostanza, le origini composite delle « O soppo » (politici, militari, in­
dipendenti, volontari genericamente antinazisti, ecc.), la crescente penetra­
zione del clero e l’ascesa organizzativa de, l ’affermarsi nei comandi di al­
cune personalità indipendenti (come il Grassi e lo stesso Cencig) che si
imposero su m olti reparti, resero difficile il condizionamento del pd’a, i
cui margini di manovra si ridussero m olto, specie dopo la crisi del Coman­
do BOF (giugno 1944), causata da un severo rapporto critico del Comessatti
su ll’attività del comando per deficienze politico-militari, paternalismo, « apar­
ti tismo », ecc. e da un tentativo di accordo per un comando unico con la
« Garibaldi », concertato fra il Comessatti ed altri « osovani » del pd’a e il
pei, scavalcando la de e sottovalutando l ’orientamento della base partigiana,
affezionata ai capi deposti e accusati. Crisi che, dopo sconcertanti colpi di
scena, si concluse con l ’allontanamento del Comessatti e di altri del p d ’a
dalla « Osoppo », con la perdita di prestigio e influenza del pd’a, a vantag­
gio della de e degli « indipendenti » (da non confondersi coi militari di
professione, che nelle « Osoppo » erano parecchi ma di modesto peso po­
litico).
Il fallimento del progetto del pd’a di tono e ispirazione « giacobini »,
costrinse il partito ad accordarsi con la de per la ridistribuzione dei co­
mandi e degli incarichi in seno alle « Osoppo » (corrispondenza Lo Curtodon M oretti). Il Lo Curto conferma la scarsa eco suscitata dal « sinistrismo »
di alcuni elem enti del pd’a, rivelatosi im produttivo sia in montagna che in
pianura perchè fonte di equivoci e diffidenze. L’insuccesso della missione
Comessatti « mise in remora lo scopo e produsse una grave lacerazione nella
formazione che doveva sanarsi a qualunque costo ».
Il superamento della crisi del Comando BOF del giugno 1944, accentua
la distinzione fra « Osoppo » e « Garibaldi », liquida le prospettive di un
comando unico fra le due formazioni (che offriva vantaggi e svantaggi),
accentua le reciproche diffidenze che nel settore Est (Prealpi G iulie), sfoceranno nella scissione del Comando unificato Garibaldi-Osoppo e nel tri­
ste episodio d ell’eccidio di un Comando Osoppo per opera garibaldina (Porzus, febbraio 1945, dove viene trucidato anche uno dei più valorosi e pre­
stigiosi capi del pd’a, Gastone V alente). Episodio che ha però concause na­
zionali, ideologiche, internazionali (questione slava) che incidono meno nelle
altre zone.
Il pd’a conserva nelle « Osoppo » alcune posizioni militari e politiche
{comandanti e commissari) non trascurabili, ma inferiori alle aspettative e
prospettive iniziali. D i particolare rilievo, anche sul piano militare, l ’operato
e l ’influenza del pd’a nel Friuli occidentale (Val Cellina), 5 a brigata O sop­
po, con Giampietro Boria, G iuseppe Torresin, Renzo Biondo, A ntonino A n­
tonini, ecc. Rimarchevole il contributo di commissari e comandanti pd’a
Documenti e contributi sulle formazioni del p d ’a
75
In Carnia come Romano Marchetti, Livio Zoffo, A ntonio M oro, ecc. N elle
« Osoppo » il pd’a, che perde quota col passare del tempo a vantaggio della
de e degli stessi indipendenti (oscillanti fra de e pd’a o proclamantisi socia­
listi senza agganci col partito ufficiale che nelle « Osoppo » non esiste co­
me presenza omogenea e che è organizzativamente debolissim o o inesistente
nel Friuli, malgrado il prestigio e il personale contributo d ell’on. Giovanni
C osattini), rappresenta comunque l ’ala sinistra di tutto il composito schiera­
mento « osovano ».
Il Solari sostiene che c’era nelle « Osoppo » un contrasto fra attendisti
e iniziativisti e che i primi subivano l ’influenza frenante del clero, analoga­
mente a quanto affermarono (deposizioni al processo per i fatti di Porzus
alla Corte d ’Assise di Lucca) gli esponenti delle « Garibaldi ». Inoltre c’era
la tendenza « specie nelle sfere ecclesiastiche » a drammatizzare il pericolo
slavo sia sotto il profilo nazionale che ideologico-religioso. Insomma due
concezioni diverse di lotta che vedevano i « giellisti » fautori della seconda
(guerra continua ed unitaria), il che è in parte vero. Ma resta un giudizio
astratto se non collegato ai particolari contesti politico-militari in cui si
svolse la lotta nelle varie zone friulane, agli sviluppi della situazione inter­
nazionale e interna, alla « svolta » annessionista-integralista slovena del set­
tembre-ottobre 1944, alle stesse rovinose repressioni nazifasciste d ell’autunno
1944, alle insidiose manovre scissioniste tentate dal nemico, alla scarsa in­
cisività dell’intervento politico del CLN udinese in certi mom enti (e di quello
del CLNAI e del CVL) alle suggestioni marxiste delle manovre jugoslave, ecc.
Tuttavia è in parte vero che il pluralismo politico delle « Osoppo » si
attestò su posizioni di equilibrio moderato-riformistico e democratico-generico,
che il p d ’a tentò ripetutamente di ravvivare, rappresentandovi l ’ala più
avanzata. E va qui ricordata l ’azione individualistica di un Livio Zoffo (a
volte proclamantesi « comunista » ma rimasto sempre nelle « Osoppo » fino
alla morte per mani cosacche) che, di sua iniziativa, abbattè un vecchio
bosco, lottizzandolo e ripartendolo fra la poverissima popolazione di un
com une carnico, unico esempio forse di distribuzione di terre con m etodo
rivoluzionario nella Resistenza italiana.
Merito del pd’a (e in parte anche della de) è quello di aver impostato
un programma di educazione politico-storica dei volontari (corsi, lezioni, di­
battiti) e di aver sostenuto un’attribuzione di poteri decisionali ai commissari
politici, in contrasto con la tesi delle funzioni consultive, di controllo gene­
rico, di tonificazione morale, della de e degli indipendenti (quest’ultim i quasi
sempre per insofferenza gerarchica e ragioni di prestigio, tanto che contesta­
rono vivacemente anche l’interferenza del clero, specie quella di mons.
M oretti).
Sul problema nazionale giuliano, il pd’a friulano sostenne la posizione
d el CLNAI, criticando anche certe impostazioni difensive del CLN triestino.
Ma con 1’aggravarsi della questione (autunno-inverno ’44-’45) furono proprio
uomini del pd’a ad assumere posizioni ferme, irrigidendosi nazionalmente co­
m e gli altri, tanto che la saggistica slovena accusa il pd’a di aver, ad un
certo punto, impresso alle « Osoppo » un tono « nazionalistico » e « reazio­
nario ». La differenza fra il pd’a e gli altri partiti non comunisti, sta nel suo
dissenso verso l ’antislavismo em otivo o aprioristico di alcuni ambienti « osovani » (specie nella zona Est e fra il clero e la de) e nella sua più moderna
— anche se talora confusa o astratta — dialettica politico-ideologica, rispetto
al moderatismo legalitario cattolico ed al tradizionalismo locale di popolazioni
lungam ente soggette alla influenza di sacerdoti e della curia.
76
Documenti e contributi sulle formazioni del p d ’a
C onclusioni provvisorie. Il pd’a friulano, pur fra incertezze, sfasamenti,
momenti di crisi, che vanno inquadrati nel contesto complesso e drammatico
delle vicende friulane e giuliane, svolse un ruolo importante nella lotta po­
litica e partigiana del Friuli (tre furono i partiti che vi fecero spicco: il pei,
il pd’a, la de). Scelse la strada d ell’unità con le altre forze politiche e apar­
titiche delle « O soppo » (che furono — si badi bene — formazioni p o litich e
malgrado le frequenti autoqualificazioni patriottico-apolitiche), dopo il fal­
lim ento del comando unico coi com unisti, evitando con ciò una frattura forse
esiziale nella Resistenza friulana (anche se, col senno di poi, questa scelta
può ritenersi un errore e una causa d ell’involuzione postbellica su cui pe­
sarono gravemente l ’aperta rottura italo-slava, la « guerra fredda », lo scontro
frontale cattolico-comunista, le influenze internazionali, ecc.). M antenne n ello
schieramento « osovano » un’« apertura a sinistra » nei lim iti del possibile e
influì sulla sua caratterizzazione repubblicana (in tutto il Friuli, il referen­
dum del 1946 fu una disfatta per i monarchici); mediò alcuni fra i più ac­
cesi contrasti fra il pei e gli altri partiti del CLN, schierandosi tuttavia con
i secondi su alcune grosse questioni (Venezia G iulia, preminente decisionalità
del CLN rispetto alle organizzazioni di massa, ecc.); cooperò all’im postazione
democratica della Giunta di governo della zona libera di Carnia, rivendican­
done la rappresentatività politica e civile anche di fronte alle forze partigiane; difese l ’italianità delle zone contese.
Il p d ’a a T rieste e nella V en ezia G iulia nel 1943-’44
fisio n o m ia ideologica. Confluiscono nel partito: 1) un forte nucleo dei
repubblicani già m ilitanti nel m ovim ento mazziniano irredentista-interventista,
rimasti saldamente antifascisti nel ventennio (una frangia nazionalista aderì
al fascismo in tem pi diversi: 1920-’22-’26), o cresciuti nelle file giovanili
del partito durante le accese lotte politiche e sociali del primo dopoguerra
(quando il pri a Trieste era su posizioni sindacaliste, operaie, di fronte po­
polare e in polemica con alcune delle stesse federazioni italiane m oderate).
In questo gruppo che chiameremo « mazziniano », della vecchia e giovane
guardia del pri postbellico, sono presenti quasi tutti i « cospiratori » di G L
« Italia Libera », « La Giovane Italia », operanti durante il ventennio: U m ­
berto Felluga, Gabriele Foschiatti, Ercole e M ichele Miani, Luigi Fogar,
Giuseppe Colmani, Adriano Zurk, Mario Maovaz, Um berto Greatti, Luigi
Drioli (che opera ad Isola d ’Istria), Angelo Adam (che agisce a Fium e),
Piero G entili, V ittorio M icol, Carlo G lessi Ferluga, V ittorio Furlani, G io ­
vanni Paladin, Poldini, Marcello V idali, G iuseppe Porro, ecc.
2) A questo gruppo si uniscono intellettuali di sinistra democratica co­
me l ’avv. Emanuele Flora, la cui ispirazione etico-politica è mazziniana.
3) Il gruppo dei giovani (della generazione cresciuta fra le due guerre)
che sono fra i promotori del p d ’a a Trieste n ell’estate del 1943, in gran
parte studenti incontratisi proprio n ell’ambiente universitario o iniziati alla
cospirazione da intellettuali di sinistra come Bruno Pincherle. Costoro, nel
1943, si riuniscono, presente anche C. Foschiatti, con Chino Alzetta (già
del gruppo antifascista di Pincherle ed Ermanno Bartellini), Isidoro Maras,
Furio Lauri, Alberto Berti, A ttilio Coen, Enrico Giannini, Silvano Braida,
Edvino Stuparich, Arturo Paschi, Fulvio Ziliotto. A questi si possono ag­
giungere Alfredo Polesi, Piero Slocovich ed altri.
D i questi, alcuni — dopo l ’8 settembre — combattono altrove, com e
Lauri (medaglia d’oro), Enrico Giannini e Coen (del CIL), Paschi (del CVL
Documenti e contributi sulle formazioni del pd'a
77
m ilanese), Ziliotto (che cadrà in Lombardia), Polesi (caduto a M ilano), men­
tre Pincherle dirigerà a Roma l ’Italia Libera clandestina.
4) Le « reclute » del movimento « gielle » che nel 1943-44 aderiscono ai
gruppi cospirativo-militari organizzati da Ercole M iani, fra cui ricorderemo
alcuni come Ottorino Pesenti (caduto), Antonio Salotto (caduto), Luciano
M anli (caduto), Giovanni e Costantino Picot, G iulio D ella Gala (caduto),
M atteo D enittis (caduto), G.M. Gaspardis, Antonio M esserotti (caduto),
Romano Rea (caduto), Sauro Colmani (caduto), Gilberto T ognolli (caduto),
A ngelo U livelli (caduto), Guido Paladin, Parrini, Livio Miani, Domenico
Giacom ini, Ezio Prelli, ecc.
5) A l pd’a aderisce sentimentalmente anche lo scrittore Giani Stuparich,
medaglia d ’oro della guerra del ’15, che collabora alla compilazione dei ma­
nifesti clandestini del partito.
Il programma del pd’a triestino si rifà, per i temi di fondo della società
italiana, a quello del partito Alta Italia. Per merito del Foschiatti e per la
stessa tradizione autonomista del repubblicanesimo giuliano, accentua le m o­
tivazioni « federaliste »-cattaneane. Esse trovano nel Paladin un fautore en­
tusiasta (egli è autore di un progetto di articolazione amministrativa della
Venezia Giulia in « cantoni » italiani, slavi, m isti, nel quadro di uno Stato
italiano « regionalista »), dopo un convegno clandestino con elem enti so­
cialisti, p d ’a e de friulani, presente anche il comunista Luigi Frausin, nel
giugno del 1944. Foschiatti propone esplicitamente nei suoi « o rientam enti »
il controllo della Federazione europea sui rapporti fra Stato italiano e m ino­
ranze conviventi in una Venezia Giulia autonoma, con larghe franchigie do­
ganali ed unita all’Italia in forma federativa.
Il Miani in un rapporto sulla situazione istriana del ’43, che denuncia
l ’estremismo nazionalista di una parte del partigianesimo slavo, culminata
negli eccidi di settembre-ottobre ’43, prospetta una regione « federata » al­
l ’Italia, dal Tagliamento a Fiume, anticipando per certi versi i progetti della
futura regione Friuli-Venezia Giulia che traggono origine dai punti program­
matici politico-territoriali del pd’a triestino, il quale li fa oggetto di propa­
ganda insistente nella stampa clandestina. Su questo punto il pd’a influenza
anche le posizioni ufficiali del CLN, dove esistono « resistenze » di tipo
unitario tradizionale o moderatamente autonomista (de, pii), a causa delle
preoccupazioni destate dall’annessionismo slavo e per esigenze tattiche di
« copertura » e di « gradualità » di fronte alle rivendicazioni straniere. Preoc­
cupazioni che non sono estranee anche a qualche « azionista » mazziniano co­
me Umberto Felluga, quando la pressione jugoslava si fa più pesante (set­
tem bre ’44).
Malgrado il convulso decorso delle vicende politiche locali, che provoca
oscillazioni e suggerisce delle cautele tattiche a questa impostazione program­
matica del pd’a, essa è fortemente sentita da m olti repubblicano-azionisti,
per tradizione e convinzione rinvigorita adesso da una giustificazione « at­
tuale ». Si vuole cioè contrapporre ai progetti annessionisti slavi, all’equi­
voco triestinismo filo-nazista che risuscita i « fantasmi » della belle époque
asburgica, al municipalismo collaborazionista e opportunista dei gruppi con­
servatori (Coceani e Co.), alle temute prospettive di una diplomazia chirur­
gica, con gravi mutilazioni territoriali, caldeggiate in sede internazionale, una
soluzione democratica antagonista. Soluzione che possa « assorbire » le rea­
zioni della comunità slava offesa e mediare i rapporti fra nazione italiana
e quella parte notevole della classe operaia giuliana (di netta maggioranza
etnica italiana), le cui delusioni sfociano in rancore antitaliano e in orienta­
m enti separatisti sia filo-slavi che « indipendentisti ».
78
Documenti e contributi sulle formazioni del p d ’a
In questa visione dei problemi triestini e giuliani del p d ’a, e in questa
prospettiva etico-politico-sociale di soddisfacimento e conciliazione delle esi­
genze dei vari gruppi etnici e proletari, offesi dal centralismo burocratico
fascista, ma anche di rinascita del porto triestino, si collocano altri pro­
getti, di affine ispirazione economico-politica anche se diversamente articolati
e fonti di polem iche nate al mom ento, a causa del clima di tensione allora
esistente. Tale è, ad esem pio, la proposta formulata dall’« azionista » Ema­
nuele Flora sul porto di Trieste, per la sua trasformazione in corpus sepa­
ratum a favore di tutti gli Stati adriatico-danubiani interessati, ferma re­
stando l ’appartenenza della città allo Stato italiano (telegramma del Flora al
conte Sforza del gennaio 1944, che suscitò contrasti in seno al partito).
Tale è il progetto di Ercole M iani per l ’erezione di Trieste in « porto
franco » {Il porto d i T rieste nel recente passato e n ell’avvenire, opuscolo
clandestino del gennaio 1945).
La stampa clandestina del p d ’a triestino [Il R isorgim ento, G iu stizia e
L ibertà e m anifesti vari), propone con insistenza questi m otivi. Anche il
« patto » sottoscritto dai quattro partiti del CLN il 9 dicembre 1944 (de, pii,
psi, p d ’a), dopo l ’uscita dei comunisti dal Comitato e la rottura del Comitato
di coordinamento CLN-OF a seguito delle esplicite rivendicazioni jugoslave
del confine all’Isonzo (e ben oltre fino a Torre), « patto » che risente di
un irrigidimento difensivo sulla questione territoriale per cui viene consi­
derato « sacro e inviolabile il principio d ell’unità d ’Italia raggiunto in queste
terre., nella precedente guerra di liberazione... » e l ’appartenenza della V e­
nezia Giulia all’Italia « come un problema in linea di massima risolto... »,
riflette la posizione del p d ’a. Il testo fu infatti proposto dal p d ’a ed accet­
tato dagli altri, compresa la de che si mostrò in questo conciliante e remis­
siva, anche là, dove il « patto » formula la soluzione autonomista del pro­
blema giuliano e la trasformazione di Trieste in porto franco con la parte­
cipazione diretta delle aziende nazionali ed estere.
In sostanza Tautonomismo triestino di ispirazione democratico-risorgimen­
tale, attualizzata dalle esperienze del primo dopoguerra e del « ventennio »,
il « regionalismo » del partito che anticipa il m ovim ento per la costituzione
d ell’« Ente regione », il « zonafranchismo » riaffiorato con alterna fortuna ne­
gli anni ’50, derivano principalmente, nelle loro motivazioni politico-econo­
miche concrete, dall’azione del pd’a che imprime una « spinta » alla creazione
di un movim ento d ’opinione e di iniziative, interrotta dopo il 1945 dal con­
flitto diplomatico-territoriale Italia-Jugoslavia.
Il problema sociale e dei rapporti di classe a Trieste è affrontato dal
pd’a nel 1943-’44, in termini di larga unità popolare antifascista proiettata
nel CLN stesso, di alleanza col pei (fino all’autunno del ’44), di critica ra­
dicale delle tradizioni e posizioni capitalistiche triestine, alto-borghesi ed an­
che piccolo-borghesi, nazional-conservatrici o retorico-provincialesche, fusesi
col fascismo imperialista e antislavo o strumentalizzate da esso.
V i è nella stampa clandestina del partito, uno sforzo di analisi critica
delle responsabilità della classe dirigente capitalista locale (specie da parte
del Foschiatti e del M iani nel suo opuscolo sul P orto d i T rieste), nonché
di puntualizzzaione delle sue responsabilità politiche, dall’irredentismo municipalista alla disgregazione nazional-liberale del primo dopoguerra, all’al­
leanza col fascismo. Analisi che — date le circostanze e la collaborazione
subalterna coi nazisti dei principali gruppi plutocratici assieme a caudatari
nazionalisti medio-borghesi, ex volontari irredenti o ex gerarchi in vari
modi legati ai conservatori — sfocia nella polemica accusatoria antiborghese,
in cui l’invettiva prende sovente il posto dello studio critico ed in cui
Documenti e contributi sulle formazioni del p d ’a
79
emerge un radicalismo socialistico con forti accentuazioni classiste. Radica­
lism o che riecheggia tanto il « sovversivismo » com battentistico repubblicano
triestino del primo dopoguerra, quanto lo sdegno del sentim ento unitario
offeso e minacciato dalle manovre dei conservatori collaborazionisti, ritenuti
ormai strumenti del tradizionale nemico germanico.
Il sinistrismo classista del pd’a è proprio di alcuni ex combattenti repub­
blicani della « vecchia guardia » e risponde anche all’esigenza di salvare
l ’italianità nel quadro di una nazione progressista, capace di riconquistarsi
le simpatie delle masse operaie giuliane deluse o disorientate, sostenendo il
confronto con il comuniSmo jugoslavo di cui il pd’a addita le forti compo­
nenti nazionaliste.
Benché nel partito le preoccupazioni nazionali spingano una parte degli
attivisti e dirigenti verso posizioni più sfumate, o megbo, finiscano col de­
viare la loro attenzione da un impegno sociale e rinnovatore così qualifi­
cante (tanto che l ’opuscolo clandestino di Emilio Lussu, La ricostruzione
dello S ta to era stato subito diffuso nel ’43 fra gli aderenti al partito), tut­
tavia il « sinistrismo » del pd’a triestino, pur fermamente congiunto ad un
patriottism o che non teme confronti, riaffiorerà m olto spesso anche dopo la
rottura coi comunisti e la loro uscita dal CLN.
Così nel 1945 dirigenti del pd’a come il M iani —- che aveva sempre
collaborato in armonia di intenti col comunista Frausin, massimo esponente
del pei, fino alla sua cattura e morte nel settembre del ’44 — insisteranno
per un’alleanza insurrezionale col proletariato e coi comunisti (come risulta
dalla stessa pubblicistica filo-comunista d ell’immediato dopoguerra), convin­
ti che fosse la più valida arma di difesa della stessa italianità. D esiste­
ranno solo di fronte alle inaccettabili proposte « fusioniste » del Fronte slo­
veno che ormai controllava sia il settore operaio che l ’organizzazione del par­
tito e puntava alla sopraffazione dell’antifascismo dissenziente.
Il 1944 è anche l ’anno degli accordi ad alto livello fra CLNAI e O F,
ormai troppo noti per trattarli in questa sede.
Il pd ’a triestino, presente con Giuliano Gaeta nella delegazione del CLN
che partecipa alle trattative di Milano del luglio-agosto 1944, appoggia la ri­
soluzione conclusiva del progetto di accordo italo-slavo (rinvio al dopo­
guerra delle questioni di frontiera, creazione di un Comitato italo-slavo di
coordinamento, ecc.). L’accordo però fallisce per la rinnovata intransigenza
slovena anche se — stando a recenti rivelazioni dello storico sloveno M ethod
Mikuz — gli slavi lo avrebbero poi formalmente « denunciato », il 25 set­
tembre 1944, a causa del nazionalismo italiano presente nel CLNAI e nella
Resistenza italiana.
Riassumendo, noi vediamo che la posizione del pd’a dall’ottobre ’43 al­
l ’aprile del 1945, rivela — per quanto attiene la questione nazionale giu­
liana — orientamenti non sempre univoci, che vanno dalla progettazione di
una Venezia Giulia « federata » all’Italia, e perciò in contrasto con ogni
« spartizione » radicale (pur riconoscendo la necessità di correzioni etniche
di frontiera a favore della Jugoslavia), all’affermazione del pregiudiziale rin­
vio al dopoguerra di ogni controversia in armonia con i dettati del CLN AI,
fino alla rivendicazione del diritto di autodecisione per tutti (che peraltro
affiora altre volte nel corso della lotta per la stessa ispirazione mazziniana
e risorgimentale del repubblicanesimo giuliano). Sono oscillazioni strettamente legate agli sviluppi drammatici della situazione locale ma che rispec­
chiano fondamentalmente le ispirazioni ideologiche di fondo del repubbli­
canesimo giuliano, dell’interventismo e volontarismo democratico, del mazzinianesimo irredentista.
80
Documenti e contributi sulle formazioni del p d ’a
N el CLN triestino il p d ’a rappresentò l ’ala più avanzata (data anche la
modesta consistenza socialista) e va a suo merito l ’aver influenzato il Co­
mitato sempre in senso democratico, bloccando le deviazioni di « destra »
e respingendo nettam ente le insidiose manovre del collaborazionismo « pa­
triottico » della vecchia classe dirigente, capeggiato dal Coceani e dal Pagnini e le tardive, quanto ambigue e comprom ettenti, proposte di alleanza
dello squalificato fascismo locale, in funzione antislava e di autocon­
servazione.
O ltre che a Trieste, il pd’a ebbe gruppi attivi anche a G orizia dove
Carlo Cantarutti e Augusto Sverzutti (il primo deportato e caduto in Ger­
mania, il secondo deportato e scomparso in Jugoslavia) furono, assieme all ’avv. Pietro Filla, di sentim enti repubblicani e liberali di sinistra (pure de­
portato e caduto in Germania), esponenti preminenti di quel CLN, gra­
vemente decimato dalle persecuzioni. Cantarutti e Filla avevano rapporti
col p d ’a e col CLN triestino e caddero in mani naziste a Trieste. A ltri maz­
ziniani goriziani parteciparono in varia guisa all’attività clandestina, come
l ’avv. Giovanni Stecchina, che fu il primo sindaco di Gorizia liberata.
A Fiume operarano, in una ingrata situazione di isolamento e di m i­
naccia della sopravvivenza nazionale, alcuni antifascisti repubblicani fra cui
la figura più spiccata fu A ngelo Adam già cospiratore nel ventennio, in
collegamento con Ernesto Rossi e con la « Concentrazione antifascista » di
Parigi, esule politico e poi condannato a lunghi anni di confino al suo
rientro in Italia. Arrestato dai nazisti, fu deportato a Dachau. Reduce dal
« lager » riprese a Fiume jugoslava la sua attività politica e sindacale non
celando i suoi sentim enti nazionali. Propagandava i principi del pd’a e fu in
collegamento col Miani n ell’estate del 1945. Collaboré anche al periodico del
partito L ’em ancipazione. Arrestato e deportato dagli slavi, assieme alla m o­
glie e alla figlia, scomparve con esse. Sempre a Fiume, manifestò la sua
simpatia al p d ’a il ten. Raoul Sperber, che n ell’aprile 1945 progettò u n ’in­
surrezione cittadina contro i tedeschi e quindi tentò di organizzare il pas­
saggio ai partigiani di un reparto di giovani alpini precettati dai tedeschi.
Denunciato da una spia, si assunse tutte le responsabilità e venne fucilato
dai tedeschi.
A ttiv ità organizzativo-m ilitare. Sin dall’ottobre 1943 il pd’a triestino, per
merito del M iani e del Foschiatti, avviò l ’organizzazione di nuclei « G L »,
destinati a formare unità cittadine di volontari per l ’insurrezione. Furono
creati depositi di armi, reclutati patrioti fra i vigili del fuoco, vigili urbani,
guardia civica, fra studenti, impiegati ed anche elem enti operai dei CRDA.
N ell’aprile del 1945 questi volontari parteciparono all’insurrezione nella divi­
sione « Giustizia e Libertà » comandata dal Miani che, assieme alla democri­
stiana « D om enico R ossetti », formava il CVL locale di indirizzo nazionale
unitario.
Scarsa fu l ’azione militare vera e propria durante i venti mesi di occupa­
zione, date le proibitive condizioni della città, sottoposta a sorveglianza du­
rissima e periodicamente « rastrellata » dalle varie polizie naziste e fasciste.
I soli comunisti costituirono dei gruppi « G A P », le cui azioni coraggiose,
anche se saltuarie, furono sovente stroncate.
La mancanza di un retroterra partigiano italiano (essendo la provincia
controllata dalle brigate slave che imponevano l ’assorbimento nelle proprie
unità di tutti i volontari); l ’interruzione dei rapporti con la brigata Gari­
baldi « Trieste », con la quale il CLN era collegato e per la quale faceva
proselitism o (una missione militare formata dal Frausin, Miani, D e ll’A ntonio,
Documenti e contributi sulle formazioni del pd'a
81
aveva concertato sistematiche relazioni con la brigata), interruzione avvenuta
nel settembre ’44 per volontà dei comandi sloveni da cui la « Trieste » di­
pendeva; l ’ossessiva sorveglianza nazista in città; la precarietà dei collegam enti col Friuli e con M ilano (Mario Maovaz fu uno dei « corrieri » più
attivi fino alla cattura e alla fucilazione e così pure i « giellisti » arch.
Virgilio Balestra e avv. Piero Slocovich) costrinsero il pd’a e lo stesso CLN
a ripiegare sulla preparazione locale. Tuttavia, gravi furono le perdite di
GL e del pd’a, per la sola attività organizzativa e propagandistica cittadina.
Alcuni dei migliori attivisti furono arrestati, torturati e uccisi nel ’44 e nel
’45, numerosi altri arrestati.
Sono omessi i particolari sui raporti fra il pd’a, il CLN triestino e
Leo Valiani, perchè noti al Valiani. Praticamente, era tramite il Valiani
che il p d ’a ed anche il CLN si collegarono con Milano nei momenti più
critici. Il pd’a fece anche un tentativo di collegarsi direttamente col governo
del Sud nel 1944, inviando oltre le linee del fronte il giellista Costantino
P icot, con documenti che egli aveva l ’ordine di non far cadere nelle mani
di nessuno, angloamericani compresi. Picot, dopo un viaggio periglioso, riu­
scì ad attraversare le linee ma, fermato dagli angloamericani, che si accor­
sero che stava distruggendo dei documenti, fu rinchiuso in campo di con­
centramento.
Anche in questo settore di attività, il p d ’a volle caratterizzare il suo
im pegno e quello del CLN in senso democratico-popolare. Le brigate cit­
tadine assunsero il nome di « Garibaldi », di « Luigi Frausin » (comunista,
ucciso nel settembre ’44), di « Zeffirino Pisoni » (comunista, deportato e
caduto in lager nazista), di « G . Foschiatti ». Il pd’a volle che tutti i pa­
trioti del CVL portassero n ell’insurrezione il bracciale rosso con lo stemma
tricolore (come le unità garibaldine).
Trieste, 25 ottobre 1968
Caro Valiani,
nel frattempo avrai certamente ricevuto la copia della lettera dell’aw . Cosattini
sul partito d’azione, dalla quale forse potrai trarre altri dati per il tuo studio sul
pd’a nella Resistenza.
Circa la consistenza numerica delle « GL » e degli iscritti al partito d’azione nella
Venezia Giulia e nel Friuli, dopo aver consultato diversi collaboratori ed amici, fra
cui Nino del Bianco e G. Fogar, sono in grado di darti i seguenti dati approssimativi:
Trieste
nucleo promotore: 40 - 50 persone
nel periodo 1943-’45 : 300 - 400 fra dirigenti e attivisti
insurrezione del 30 aprile 1945: « G L » (brigate «Frausin», « Foschiatti »„
« Pisoni » e « Garibaldi ») ca 1.500 uomini
iscritti al partito d’azione di Trieste 1945-’47: 1.200- 1.500 persone
voti riportati dal pd’a nelle elezioni del 1949 a Trieste: 10.000.
Istria
nucleo promotore: 25 persone
Capodistria, Isola, Pirano e Umago: 70 attivisti
Cittanova, Parenzo, Rovigno, Pola: 40 attivisti
Fiume: 10 attivisti
Gorizia e zona isontina: 80 attivisti.
Provincia di Udine
nucleo promotore: 50 - 60 persone
nel periodo 1943-’45:
82
Documenti e contributi sulle formazioni del pd’a
Udine
70 attivisti
»
15 -2 0
Cividale
»
100
Carnia
»
Val Cellina
50
»
Destra Tagliamento
250
iscritti al partito nel Friuli 1945-’47: ca 900 persone
elezione Assemblea costituente (2 giugno 1946) nella provincia di Udine: elettori:
ca 515.000 voti; votanti: ca 460.000 voti; pd’a: ca 12.000 voti.
Sempre a tua disposizione per informazioni e dettagli, ti saluto con viva cordialità
Ercole Miani
Secondo vostra cortese richiesta, e con riferimento allo studio che Leo Valiani ha
in preparazione sulla storia del pd’a, ho esaminato gli appunti inviatimi con vostra
lettera 24 giugno n. 238/68 su « Il partito d’azione in Friuli».
Debbo dire che, essendomi assentato dal Friuli a fine febbraio 1944 in seguito
all’arresto di mio fratello Luigi Cosattini, non sono in grado di fornire particolari
precisazioni per quanto concerne il periodo successivo e fino alla Liberazione. Tutta­
via, sulla base delle informazioni che ci giungevano periodicamente a Milano, dove io
dirigevo l’Ufficio collegamenti del CVL, e di quelle che in seguito ho potuto racco­
gliere dalla viva voce dei protagonisti della resistenza friulana, ritengo che gli « ap­
punti » inviatimi riferiscano con sufficiente esattezza quella che fu la posizione del
pd’a in Friuli fino alla Liberazione.
Sono invece in grado di fornire qualche precisazione, o ulteriore informazione, per
quanto concerne il primo periodo di vita del pd’a in Friuli, dalla fine del 1942 fino alla
fine del 1943; e in ciò sono d’accordo con Fermo Solari, avendo insieme esaminato e
commentato i vostri « appunti ».
Facendo riferimento agli stessi, osservo:
A p. 1, riga 8, si fa il nome di Barnaba; ma sarà bene precisare « Adolfo Barnaba»
di Bergamo (da non confondersi con il più noto Pier Arrigo Barnaba, medaglia d’orodella guerra 1915-1918, gerarca fascista, podestà di Udine negli anni 1943-1944).
A p. 2, riga 4, va detto Italo e Renato (non Luciano) Romanelli.
Ancora a p. 2, nel capoverso che comincia con le parole « Affluiscono al pd’a », va
detto « Carlo e Luciano (non Luciano e Guido) Comessatti ».
Inoltre è necessaria qualche rettifica: Valente, è stato già nominato in precedenza,
ed effettivamente faceva già parte dell’organizzazione prima del 25 luglio 1943.
Degli altri nomi, bisogna notare che Traccanelli e Bronzin non erano nè ufficiali
nè giovanissimi (entrambi oltre la quarantina). Inoltre, tra coloro che « affluiscono »
subito dopo P8 settembre bisogna ricordare Luigi Villoresi, come giovane ufficiale, e
Guido Bracchi, come non più giovane: entrambi ebbero poi una parte ragguardevole
nel movimento, specialmente per quanto concerne i contatti tra montagna e pianura
ed i rifornimenti alle formazioni.
In conclusione la prima fase del paragrafo andrebbe corretta così: « Affluiscono al
pd’a numerosi altri elementi, tra cui vanno particolarmente ricordati, per la parte che
ebbero in seguito nel movimento, Carlo e Luciano Comessatti, Lucio Manzin, Antonino
Moro, Luigi Villoresi, tutti giovani ufficiali, nonché Giusto Bronzin, Guido Bracchi ed
Elmo Traccanelli ».
Il dr. Guido Comessatti, di cui nel testo si fa il nome, è cugino dei fratelli Comes­
satti prenominati (farmacista, attualmente esponente locale del movimento federalista
europeo), ed aveva aderito al gruppo pd’a a partire dal 25 luglio 1943.
Per quel che mi riguarda personalmente, posso precisare che io feci parte attiva
del gruppo che faceva capo a Solari fin dal novembre 1942. Trovandomi in servizio
come ufficiale di compì, presso l’8° Alpini a Udine, ebbi modo di avviare vari contatti
con sottufficiali e alpini, sia prima che dopo il 25 luglio, in previsione di una possibile
azione militare, con riferimento ai contatti con alcuni alti ufficiali, di cui Solari ci.
parlava in quell’epoca.
Documenti e contributi sulle formazioni del pd'a
83
Mi pare poi che valga la pena di riferire qualche maggiore informazione in merito
alla prima formazione « GL », della quale — negli appunti inviatimi — si fa solo un
breve cenno.
Anzitutto, tra coloro che ne fecero parte, va ricordato anche Arrigo Secco (che poi
si distinse, con Luciano Comessatti, nell’azione di cui dirò in seguito).
Va poi rilevato che tra gli aderenti al pd’a vi erano, com’è naturale, elementi più
moderati e più attendisti, altri più decisi e di idee più avanzate; e furono questi ultimi
che, soprattutto per il loro attivismo, alla fine diedero l’impronta al partito in Friuli.
Il primo incontro avviene il 13 settembre sulle colline di Savorgnano del Torre:
una quarantina di uomini, tra i quali alcuni già aderenti al pd’a; i più però sono
ufficiali e alpini appartenenti ai reparti disgregatisi dopo l’8 settembre. I militari hanno
portato con sè, o nascosto altrove, armi in buona quantità (anche alcune mitragliatrici)
e una dozzina di muli.
Nella notte seguente il gruppo si trasferisce a Subit dove si sistema nella scuola
elementare. Ivi ci raggiunge subito Solari, che funge da commissario politico, mentre
il comando viene affidato a Carlo Comessatti. Fin dai primi giorni ci si prepara a
sostenere prevedibili azioni di rastrellamento, e si organizzano, con rapide discese al
piano, i primi colpi contro il nemico.
Dopo una decina di giorni di vita autonoma, il reparto si sposta a Calla e a
Zapotoc per unirsi ai reparti garibaldini comandati da Lizzerò e Calligaris. D ’accordo
con i comunisti si costituisce un comando unificato, di cui fanno parte, per le « GL »,
Solari, Comessatti e Cosattini.
A fine settembre i reparti sostengono il primo rastrellamento nazista, appoggiato
anche da alcuni aerei. Il nemico è respinto dalle colline sopra Masarolis, e i partigiani
friulani hanno il loro primo caduto.
A fine ottobre i « GL » si staccano di nuovo dai comunisti per agire in forma
autonoma. È di questo periodo la loro prima azione di sabotaggio in grande stile: una
squadra, di cui fanno parte Luciano Comessatti, Calore, Secco ed altri, fa saltare una
galleria della linea Udine - Tarvisio bloccando i trasporti militari tedeschi per alcuni
giorni.
Con l’inizio dell’inverno, come in altre zone, anche i « GL » rallentano la loro
attività e si mimetizzano nei paesi di pianura, dedicandosi al lavoro di propaganda e di
organizzazione per la lotta che riprenderà a primavera.
Alberto Cosattini
3. Relazione sull’attività delle formazioni del partito d’azione in
Emilia-Romagna, s.d .
II documento è stato probabilmente redatto da Tristano Columni nel periodo im­
mediatamente successivo all’insurrezione. Copia nelle carte di N. S. Onofri e nell’Ar­
chivio dell’ANPI di Bologna. Sui fatti ivi menzionati cfr. La Resistenza a Bologna.
Testimonianze e documenti, a cura di L uc ia n o B e r g o n z in i , Bologna, 1967-69.
Le formazioni Giustizia e Libertà in Emilia e Romagna, sia nelle città
che sui monti, furono tra le prime a sorgere subito dopo l ’8 settembre 1943.
Le loro vicende furono subito burrascose e piene di avvenimenti glo­
riosi e tragici ad un tempo; basta osservare la terribile percentuale dei
Caduti. Soprattutto nella catena di monti che si estende tra Bologna e Pia­
cenza le brigate del partito d ’azione ebbero modo di distinguersi sia per il
numero degli uomini che per il valore delle azioni. N el solo piacentino ope­
rarono due divisioni che raggiunsero, ad un dato momento, un effettivo di
ben seimila uomini. N el parmense agirono la 2 a e la 3a brigata con circa
millesettecento combattenti, nel modenese la 34a comandata da Allegretti,
proposto in questi giorni per la medaglia d ’oro, e la 14a, alla testa della
quale combattè Arturo Anderlini, fucilato il 17 febbraio 1944.
In genere in ogni provincia emiliana, subito dopo P8 settembre, si
84
Documenti e contributi sulle formazioni del pd’a
costituirono i CLN clandestini e al loro fianco i Comitati militari, nei quali
fu ovunque rappresentato il partito d ’azione. Q uesti comitati furono il primo
fulcro motore per la costituzione delle formazioni GL. N ei loro ranghi nu­
merosi entusiasti dettero fin dall’inizio la loro opera.
N el febbraio del ’44 si stabilì di costituire due formazioni armate che,
confluendo una dal bolognese (Castel d ’A iano), l ’altra dal m odenese (Ma­
rano sul Panaro), si sarebbero dovute incontrare n ell’alta V al Panaro. A i
primi di marzo Bandiera partiva infatti con centoquaranta uom ini, divenuti
poi duecento, mal vestiti e male armati, e da Casellina di Marano muoveva
verso M onte Specchio dove sarebbe dovuto avvenire il congiungimento con
le forze di A ngelo e con le altre della zona. Il 12 di marzo preponderanti
unità fasciste e tedesche attaccavano la formazione nei pressi di Rocca Ma­
latina (P ieve di Trebbio) che si battè, senza potersi sganciare in tem po,
tutto il giorno. O ltre settanta fra tedeschi e fascisti vennero uccisi e circa
centocinqanta furono i feriti mentre solamente sette dei nostri morirono.
Frattanto a Piacenza Fausto Cossu, ufficiale dei carabinieri rientrato dalla
prigionia in Germania, con pochi compagni si ritirava sulle montagne pia­
centine per attendere la buona stagione ed addestrare intanto formazioni
adatte alla guerriglia. Tra le montagne modenesi e bolognesi, sul finire del­
l ’aprile 1944, si costituirono le prime formazioni « Italia Libera » che, sorte
prima con l ’intendim ento di operare presso i centri di abitazione, si spo­
starono poi in alta montagna come formazioni organiche e unità costituite.
La loro attività si svolse in azioni di ogni genere, di cui alcune arditissi­
me. D al novembre 1944 alla liberazione la brigata combattè valorosamente
al fianco degli alleati partecipando a numerosissimi combattim enti tra cui
quello di M onte Belvedere.
N el frignanese si costituirono le brigate GL comandate da A ngelo e da
Bruno, che passarono poi alle dipendenze della divisione « Modena » quan­
do il Comando generale, nel giugno 1944, dispose che le formazioni fossero
date in forza ai comandi della provincia nella quale abitualmente esplicavano
la loro azione.
Contemporaneamente Gilberto Remondini, portatosi nella zona di Monterenzio, vi organizzava la 4 a brigata GL, di cui fu comandante e a cui
trasfuse le sue doti di entusiasmo e di coraggio, trascinandola a brillantis­
sim e operazioni contro tedeschi e fascisti.
N ella zona di Castelluccio Pietro Pandiani organizzava la sua brigata
G L che, dopo leggendarie imprese, combattè inquadrata nella 5 a Armata
duramente, fino alla liberazione di Bologna.
Altra formazione autonoma, costituitasi n ell’orbita di G L, fu la brigata
« Anderlini », suddivisa in due battaglioni che ebbero al massimo un effet­
tivo di seicento-settecento uom ini. Largo il contributo di sangue. Circa cento
i caduti. Oltre trecento gli invalidi e i feriti.
N el parmense lentam ente ma progressivamente si era venuta costituendo
una buona brigata GL che operava prevalentemente tra la Val Parma e la
Val d ’Enza. A metà estate del ’44, a seguito del rastrellamento durissimo
di quei giorni, la brigata si sciolse.
P oi, per virtù dei migliori, la brigata riprese vita e ritornò ad agire con
la massima intensità. Una settantina circa furono i caduti, oltre centocin­
quanta i feriti e gli invalidi. Alla fine della guerra si erano formate due bri­
gate di circa m illeseicento uomini complessivamente.
Con la primavera del 1944 la l a brigata GL del piacentino comandata
da Fausto, iniziò la sua attività. Condizioni favorevoli di terreno e di forze
nemiche permisero al coraggio e all’audacia dei suoi migliori, di occupare una
Documenti e contributi sulle formazioni del pd’a
85
zona sempre più vasta, aumentando così le fila dei partigiani e dei colla­
boratori. In pochi mesi essa si m oltiplicò e diventò una divisione divisa in
otto brigate con un effettivo di circa quattromila uomini.
Essa agiva dalla Valle d ell’Oscuro Passo (nella zona di Voghera) sino oltre
la Val Trebbia, occupando, oltre le due valli suddette, la Valle del Tidone e del Tidoncino fino al confine del genovesato. Con le sue continue
azioni, il tratto della strada nazionale che corre da Stradella a Piacenza era
diventato quasi impraticabile per i nazi-fascisti. Poiché parte degli uomini della
divisione agivano n ell’Oltre Po pavese, la divisione si suddivise in due parti
collegate da un Comando raggruppamento divisionale.
Le due divisioni dovettere sopportare continue puntate da parte delle
forze nazifasciste e quasi tutto il peso dei primi dieci giorni di durissimo
rastrellamento condotto da grosse formazioni tedesche che, iniziatosi il 22
novembre ’44, ebbe termine il 18 gennaio 1945. Trecento caduti, seicento
i feriti e gli invalidi.
Frattanto nelle città non si dormiva. D a esse anzi partirono i primi nu­
clei di volontari e in esse furono costituiti, fin dal primo mom ento, i centri
di coordinamento e di rifornimento di tutta l ’attività partigiana. D al set­
tembre ’43 la vita oscura e difficile della cospirazione cittadina non ebbe
mai tregua, malgrado tutte le avversità e le sciagure incontrate. N on v i è
centro dell’Emilia in cui il partito d’azione non abbia mantenuto sempre le
sue insegne sulla breccia, con una attività costante e concreta. L ’azione politica
che il partito svolse fu fatta esclusivamente in vista della rivolta m ilitare,
per dare ad essa una chiara ed efficiente posizione su piano nazionale, in
cui fossero impegnate le responsabilità di tutte le correnti antifasciste del
Paese. Attraverso i suoi delegati il partito sostenne sempre nei CLN consoli­
dati con tutte le sue forze per dare un contenuto democratico alla rivolu­
zione, la necessità della lotta militare e della preparazione organica della
insurrezione finale. La stampa largamente diffusa, i manifestini, la propa­
ganda diffusa verbalmente soprattutto negli strati popolari furono il neces­
sario completamento delle incessanti azioni belliche. N on è quindi possibile
distinguere l ’opera politica da quella militare: i combattenti del partito fu­
rono quelli di Giustizia e Libertà e viceversa.
T utti gli episodi della guerriglia clandestina condotta in ogni città del­
l ’Emilia non possono essere naturalmente illustrati in una breve relazione.
Il centro, cui fece capo tutto il m ovimento regionale, fu necessariamente
Bologna.
Q ui si ebbero subito dopo l ’armistizio varie riunioni dei maggiori espo­
nenti del partito, in casa di Armando Quadri o altrove, allo scopo di fissare
un progetto organico di azione contro i nazi-fascisti.
Un primo nucleo di volontari si riunì attorno a Massenzio Masia, valo­
roso uomo politico ed economista che aveva più volte subito la persecuzione
del fascismo, all’avv. Mario Jacchia, la cui personalità e il cui coraggio la­
sciarono poi una impronta indelebile in tutta la guerra partigiana, ad Ar­
mando Quadri, antico e nobile repubblicano, noto al popolo per la sua
integerrima onestà, a Luigi Zoboli, simpatica figura di vecchio antifascista,
a Mario Bastia, primissimo organizzatore delle Giustizia e Libertà. I primi
centri di cospirazione furono creati in casa di questo o quel compagno. La
abitazione di Gino Onofri vide fin dal principio un continuo passaggio di
uomini politici, di partigiani, di prigionieri alleati e di perseguitati di ogni
genere e divenne deposito di armi, di caratteri tipografici, di stampa.
I primi gruppi staccati si raccolsero presto in una formazione unitaria
che ebbe il nome di « Giustizia e Libertà ». Il suo primo armamento fu
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Documenti e contributi sulle formazioni del pd’a
procurato nel giorno del caos settembrino, in cui si era riusciti a recuperare
varie mitragliatrici pesanti, sedici mitra ed una quarantina di m oschetti. Già
nel dicembre del 1943 la banda era forte di un centinaio di uom ini, di­
slocati un poco in tutte le zone. Allora cominciarono le prime azioni m eto­
diche per il recupero di materiale bellico; degna di nota fu quella che portò
alla sottrazione presso la Caserma del 35° Fanteria di tre sacchi di muni­
zioni varie. V i presero parte quattro uomini guidati da Masia, armati sol­
tanto di due rivoltelle.
Per tutto il periodo invernale l ’attività della banda fu rivolta ad azioni
di sabotaggio, disarmo di militari tedeschi isolati e particolarmente all’as­
sistenza e sovvenzionamento dei ricercati politici ed ebrei. Fu allestita una
vera e propria organizzazione per la compilazione di documenti falsi, che
venivano forniti a chiunque fosse perseguitato.
Migliaia di carte di identità di tutti i paesi d ’Italia, licenze m ilitari pro­
venienti direttamente dal D istretto o dall’Ospedale P utti, fornite da Stisi,
furono date ad ebrei, a renitenti, a disertori senza alcun compenso.
Frattanto altre organizzazioni militari erano sorte anche al di fuori del
partito quando si cominciò a sentire la necessità di coordinare le varie azioni.
O gni partito nominò pertanto un delegato militare e in numerose riunioni
furono fissati concordi piani di azione. Per il partito d ’azione fu in un primo
tempo nominato l ’avv. Romolo Trauzzi.
I rappresentanti dei vari partiti incaricarono fra l ’altro, la brigata « G iu­
stizia e Libertà » del servizio informazioni politico-militare. D al mese di
febbraio ’44 funzionò detto servizio, che occupava ben cinquanta partigiani
dislocati sulle rotabili e in tutti gli organismi vitali delle pubbliche ammi­
nistrazioni. Un collegamento settimanale via Parma - M ilano trasmetteva i
plichi informativi agli alleati tramite la Svizzera e le notizie urgenti veni­
vano trasmesse al Comando della 8a Armata a mezzo di un apparecchio ra­
dio appositamente costruito. Il collegamento con le altre formazioni militari
portò subito ad una aumentata attività partigiana generale e di conseguenza
anche all’aumento numerico di essa.
II disarmo dei militari tedeschi aveva dotato le formazioni di armi in
numero tale che fu possibile elevare a centocinquanta gli appartenenti alle
stesse. Numerose pistole giunsero da Milano trasportate dalle staffette. D i
particolare rilievo, in questo periodo, l ’impianto di una tipografia clandesti­
na, di una fabbrica di chiodi antipneumatici (stelle di Stalin) che raggiunse
una grande produzione giornaliera, di una radio trasmittente, sistemata via
via in varie località.
N on è chi non veda l ’importanza e l ’intrinseca necessità di tale oscura
e complessa fatica, cui si dedicarono quotidianamente uom ini della tempra
di M assenzio Masia — Max — , ribollente di energia, sempre presente con
il consiglio e con l ’azione; con i suoi lim pidi collaboratori, Luigi Zoboli ed
Armando Quadri; e i giovanissimi ed infaticabili Mario Giurini; Mario Ba­
stia, Remondini, Bassanelli e tutti gli altri che costituirono lo stato mag­
giore della giovane brigata.
I risultati non si fecero attendere: già in febbraio Bastia, con tre com­
pagni, aveva incendiato diecine di camions tedeschi carichi di fusti di benzina.
Con il sopraggiungere della primavera i volontari, cresciuti enormemente
d i numero, furono avviati verso le montagne del modenese che, per la loro
configurazione orografica, meglio si prestavano ad una efficace attività par­
tigiana.
N el mese di maggio, spinti dalia necessità di fornire armi ai compagni
della montagna, furono effettuate varie azioni di disarmo che fruttarono il
Documenti e contributi sulle formazioni del pd'a
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recupero di sette « mitra », trenta moschetti, bombe a mano e rivoltelle.
Il 25 maggio, in un tentativo di disarmo notturno contro quattro tede­
schi, tre venivano uccisi ed il quarto si salvava con la fuga.
N el luglio successivo ventun azioni di disarmo: fu incendiato in ferrovia
un treno merci carico di fieno e di paglia e furono fatti saltare tredici au­
tocarri tedeschi con bombe a scoppio ritardato. Gilberto Remondini, al
comando di quaranta partigiani, liberava il paese di Sassoleone, dopo un
violento combattimento nel quale uno dei nostri (non ancora identificato)
decedeva; m olti tedeschi e fascisti rimanevano sul terreno. Verso la fine
del mese vi furono altre operazioni della 4 a brigata, che attaccava diversi
convogli, uccidendo parecchi tedeschi.
D i somma importanza l ’azione per la sottrazione del radio all’Ospedale
S. Orsola, che, guidata da Mario Bastia e dal prof. D ’A jutolo, con la col­
laborazione del prof. Palmieri e di altri medici, portò al salvamento del
minerale di eccezionale valore. Questa impresa, giustamente divenuta famo­
sa, si concluse con l ’epico viaggio in macchina a Firenze, mentre già si ve­
devano per le vie della città, fra le colonne dei tedeschi in fuga, compiuto
da Mario Giurini che nel ritorno non mancò di spargere lungo la via nu­
merosi chiodi antipneumatici.
Anche l ’attività clandestina di propaganda ed il pericoloso compito dei
collegam enti, vennero alacremente intensificati; ogni notte, in varie zone
della provincia di Bologna, era curata l ’affissione di moltissim a stampa e
manifestini, venivano distrutti cavi telefonici ed elettrici in diverse località.
Proprio in questo mese fu assicurato il collegamento fra il Comando
generale di Milano e Bologna: furono impiegati in questo servizio numero­
sissimi uomini i quali con rischi enormi si recavano nella capitale lombarda
per ricevere e trasmettere materiali di ogni specie.
Contatti diretti si ebbero anche col Comando americano attraverso uomini
che sbarcarono per mezzo di sottomarini, sulla costa adriatica e attraversa­
rono poi varie volte le linee di combattimento.
Il 10 agosto corse una triste notizia: Gilberto Remondini era rimasto
ucciso nella montagna a sud di Imola. Il partito perdeva in lui uno degli
organizzatori più intrepidi.
In seguito ad ordine del CUMER, elem enti della [illeggib ile] brig. GL
furono assorbiti dalla 36a brig. Garibaldi, costituendo il distaccamento
-« Rosselli ». Mentre altri si riversarono a Bologna costituendovi il primo
nucleo della 5a brig. GL che, nel marzo 1945, per volere del CUMER di­
venne la 8a brigata « Masenzio Masia ».
La data di costituzione d ell’8a brigata si può quindi far risalire a quella
della 4a Giustizia e Libertà e i fatti delle brigate 4a e 5a debbono giusta­
m ente ritenersi compresi e completati nell’attività svolta dall’ancor vitale
e gloriosa brigata « Massenzio Masia ».
Ottim amente funzionarono il servizio di spionaggio e contro-spionaggio,
cui collaboravano anche elem enti di altre brigate e partiti. Furono segnalati
m ovim enti di truppa, piani di difesa, ed altre notizie di capitale importanza
e fortificazioni. Inoltre si seguì attentamente l ’opera di un centro di spio­
naggio antitedesco installato a Bologna che inviava agenti n ell’Italia liberata.
Alcuni compagni impiegati nelle FF.SS., Massei, Tomesani, [nom i illeggibili]
e altri avevano costituito un altro prezioso servizio di informazioni.
Frattanto, nella previsione di un prossimo grande attacco degli alleati,
che avrebbe dovuto portare alla liberazione, n ell’autunno del ’44 tutti i
partigiani venivano riuniti allo scopo di equipaggiarli bene e di dar loro
un organico addestramento.
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Documenti e contributi sulle formazioni del pd’a
N el luglio 1944 in base agli ordini del CUMER era stato organizzato'
un servizio-staffetta fra Bologna e tutte le brigate dislocate nel frignanese.
Per l ’im provviso avvicinarsi del fronte, tale collegamento acquistò grande
importanza nell’agosto ’44. Si andava allora effettuando il concentramento
di notevolissim e forze, dopo aver preso contatto con la brigata «Santa Justa».
G li uom ini adunati sulle montagne furono inquadrati così parte nella
brigata « Santa Justa » e parte nella brigata « Stella Rossa ».
In quel tempo la brigata GL di Pietro occupava Gaggio M ontano che
teneva per oltre due mesi nonostante i violenti attacchi tedeschi.
Ma il 3 ottobre 1944 un colpo terribile, il maggiore che la brigata
Giustizia e Libertà avesse ancora subito, sembrò scompaginare per un m o­
mento le fila clandestine del partito. O ltre venti compagni, per una igno­
bile delazione, furono tratti in arresto. O tto di essi furono fucilati il giorno
23 dello stesso mese: M assenzio Masia, Armando Quadri, Luigi Z oboli,
Mario Giurini, Sante Caselli, Sario Bassanelli, G atto Arturo. A ltri furono
condannati e deportati e non hanno fatto più ritorno alle loro case: Gino
Onofri, Orlando Canova, Giancarlo Canè, Anseim o Ramazzotti, G iosuè Sabbadini: il solo che ha avuto la fortuna di tornare, Sergio Forni.
Il colpo era stato assai grave, ma la ripresa fu immediata e quasi m i­
racolosa, tanto l ’organizzazione creata dagli Scomparsi era solida e la fede
tenace. T utti continuarono a lavorare: Mario Bastia tra i primi, sebbene
ricercato attivamente dalla polizia, e gli stessi familiari dei caduti tra cui,
sempre in prima fila, gli Ónofri. Risale a questi giorni la formazione del
forte gruppo G A P d ell’Università, che fu protagonista di uno degli episodi
più eroici della lotta per la liberazione.
A i primi di ottobre 1944, il nostro comando era padrone della situa­
zione; perfettamente collegato con la direzione centrale e con tutte le for­
mazioni di città e provincia poteva controllare ogni mossa dei nazifascisti
ed attendere con fiducia gli eventi.
L’8 dello stesso mese, in piena notte, veniva sorpreso e sopraffatto un
presidio della polizia ausiliaria forte di centoventi fascisti; l ’opera fruttava
tre mitragliatrici pesanti, centosessanta m oschetti, tre casse di bom be a
mano e otto di munizioni.
Lo Stato maggiore d ell’8a brigata, coi depositi di armi e viveri, si era
stabilito nei locali d ell’Università. Ogni volontario ebbe la propria arma e
fu messo a conoscenza del piano d ’attacco studiato nei m inimi particolari
che garantiva in meno di un’ora la riunione di tutta la brigata presso il
proprio comando.
T utto era coordinato e poiché si sapeva che le truppe alleate si trova­
vano a non più di venti chilometri dalla città, si attendeva di ora in ora
il segnale della sommossa.
Le radio erano in azione e tutti i collegamenti assicurati.
Ma purtroppo le truppe alleate si arenarono nella loro avanzata e la
situazione in città divenne improvvisamente estremamente grave e pericolosa.
N el tragico mattino del 20 ottobre ’44 all’Università, circondati e dopo
epica lotta sopraffatti dal numero, i migliori di noi morirono con l ’arma
in pugno: Mario Bastia, leggendaria e invitta figura di combattente dal
candido e lum inoso sorriso, A ntonino Scaravilli, Leo e Luciano Pizzigotti,
Ezio Giaccone e Stelio Ronzani.
M iracolosamente si salvarono Carlo Balduccelli, i fratelli Zanichelli,
N eri, Ghermandi, [nom e illeggib ile], Barbieri unici superstiti della cellula uni­
versitaria.
A questo punto tuttavia la nostra organizzazione subì un duro colpo.
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Tutto il materiale in armi e viveri, accantonato in dodici mesi di sacrifici
e di lotta, fu catturato dai tedeschi; m olti nascondigli vennero rivelati, i
volontari braccati di casa in casa, traditi e abbandonati da tutti. Ogni cosa
sembrò dissolversi in quei foschi giorni di ottobre.
Ma i volontari non piegarono neppure questa volta. M olti di essi per
sfuggire alla cattura, si rifugiarono sui monti, altri si nascosero in città.
Lo spirito indom ito del partigiano, alimentato dal ricordo di purissimi eroi
quali Masia, Giurini, Bastia, Gilberto, e di tutti gli altri caduti lungo il
tormentoso cammino, vinse lo sgomento e già nel novembre le forze na­
scoste si erano ricollegate e riprendevano le azioni di attacco e di disturbo,
limitando l ’attività secondo gli ordini ricevuti.
Così il 1° novembre 1944 nella zona di M ontecalvo e Paderno il gruppo
condotto dal volontario Aquila rossa riprendeva le sue ostilità incendiando
due camions tedeschi; il 20 dello stesso mese uccideva in agguato cinque
tedeschi e dava fuoco a due macchine; il 14 dicembre tre tedeschi uccisi,
il 21 ne vengono freddati altri due e feriti sette; il 7 gennaio 1945 viene
fatto saltare un importante deposito di munizioni ed infine, il 21 dello
stesso mese, attacca una colonna tedesca di muli stendendo al suolo numerosi
militari e quadrupedi. L’attività in città non ebbe tregua, sebbene quasi tutti
i capisaldi fossero circondati e ricercati dalla polizia.
N el novembre un’altra disgrazia minaccia seriamente la compattezza e la
sicurezza del comando militare: il magg. Tinti, il cap. Scarani, il ten. Maruggi, e il dott. D e Biase vengono scoperti e catturati dai nazifascisti.
Pur tuttavia anche in questo momento ogni partigiano fece miracoli. Le
armi tedesche tolteci nell’ottobre vengono riprese a poco a poco con arditi
colpi di mano ed in questa azione si distingue la squadra di Pucci, che
con rischiose ed intelligenti imboscate, recupera un elevato numero di armi,
disarmando quasi quotidianamente militari tedeschi e fascisti.
Il periodo fu veramente drammatico ed eroico: una caccia feroce era
iniziata contro i membri del partito d ’azione dalle squadre fasciste: m oltis­
simi gli arresti ai margini e nel centro d ell’organizzazione. Fra gli altri
quello di A. Ghermandi, della sig.na Ferrari Leuzzi, del colonnello Fer­
rari (suo padre) e Menozzi Riccardo che sostennero mirabilmente gli in­
terrogatori delle SS.
In gennaio si cercava e si braccava Giuseppe Barbieri, già noto nel pe­
riodo del processo del settembre ’44: arrestato in una casa in via A. Righi
da due agenti, riuscì a fuggire ma, in seguito alle ferite riportate nella
colluttazione, fu ricoverato in ospedale.
Altri capi vennero da fuori a rinsanguare le file tra cui: Giussani da
M ilano, Columni da Torino, e altri.
Da Castel San Pietro si trasferì a Bologna l ’Ospedale comunale e in
esso per mezzo del dott. Drago vi furono ricoverati diversi partigiani.
Altre decine di partigiani furono pure ricoverate dall’agosto del ’4 4
n ell’Ospedale « Marconi » e furono curati dal dott. Ciaburri.
N el mese di marzo debbono segnalarsi numerosissimi disarmi di militari
nemici ed in particolare la liberazione del magg. Tinti.
Il 21 aprile ci trova ai nostri posti di combattimento e così si chiude
n ell’alba radiosa della liberazione la lunga e complessa attività bellica delle
gloriose brigate GL.
Prima però di porre fine a questa breve relazione, torna doveroso ri­
volgere il pensiero riverente ed ammirato a tutti quelli che hanno pagato
con la vita la loro dedizione alla causa della Giustizia e della Libertà.
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Documenti e contributi sulle formazioni del pd’a
N on tutti i caduti delle brigate GL sono stati nominati in queste pa­
gine, ma il loro ricordo non è m eno vivo nei nostri cuori.
Ancora Carlo Collado, impiccato col filo spinato a Casalecchio, Mario
Felicori seviziato e fatto morire fra i torm enti, A lfonso G rillini, Giordano
Varani, G uido Baccolini, Ferruccio Terzi, Gianni Palmieri, tutti costoro non
scompariranno n ell’oblio poiché i loro nomi sono stati scritti con il sangue
su ll’albo della nuova storia d ’Italia.
Essi rimarranno fra noi e la loro ardente fede e il loro tacito incita­
mento ci rianimeranno negli istanti di dubbio e ci indicheranno la giusta
via per la rigenerazione della nostra Patria n ell’ordine, nella giustizia, nella
libertà.
Partigiani GL riconosciuti nel Sud Emilia: 1.200; caduti: 296; feri­
ti: 87; inviati in campo di concentramento: 121; in carcere: 173; me­
daglie d ’oro: 2.
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