Studio biblico sul Purgatorio - Parrocchia S. Nicola di Bari

IL
PURGATORIO
Introduzione
Prima di cominciare a
investigare il tema di
questo
argomento
imploriamo
la
Misericordia di Dio che conceda i lumi necessari per fare
tutto in umiltà e per arrivare alla conoscenza della verità
tutta intera.
Accostandoci al mistero del Purgatorio dobbiamo porci la
seguente domanda: fra la Giustizia e la Misericordia quale
di questi due attributi di Dio è il più grande? Senza
tentennamenti possiamo rispondere la Misericordia.
"Mentre usciva per mettersi in viaggio, un tale gli corse
incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli
domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere la
vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono?
Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i
comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio,
non rubare, non dire falsa testimonianza, non frodare,
onora il padre e la madre». Egli allora gli disse: «Maestro,
tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza».
Allora Gesù, fissatolo, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti
manca: va' , vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai
un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi». Ma egli,
rattristatosi per quelle parole, se ne andò afflitto, poiché
aveva molti beni. Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse
ai suoi discepoli: «Quanto difficilmente coloro che hanno
ricchezze entreranno nel regno di Dio!». I discepoli
rimasero stupefatti a queste sue parole; ma Gesù riprese:
«Figlioli, com' è difficile entrare nel regno di Dio! È più
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facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che
un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più sbigottiti,
dicevano tra loro: «E chi mai si può salvare?». Ma Gesù,
guardandoli, disse: «Impossibile presso gli uomini, ma non
presso Dio! Perché tutto è possibile presso Dio». " Mc 10,
17-27.
La testimonianza del giovane accostatosi a Gesù è chiara.
Questi osserva la legge delle tavole. E’ un uomo
apparentemente giusto, che osserva con meticolosità quello
che Dio richiede, ma davanti alla richiesta di Gesù di fare un
salto di qualità nel rapporto con il Padre questo si ritira
sconfortato. I discepoli sono altrettanto sbigottiti al punto
da chiedersi l’un l’ altro "chi mai si può salvare?". Se un
uomo giusto, che osserva la Legge da sempre non può
salvare se stesso chi potrà farlo. Ma subito accorre Gesù;
all’insorgere dei dubbi pone immediatamente delle certezze.
A questa domanda che potrebbe portare allo scoraggiamento
e quindi ad un completo allontanamento pone subito un
rimedio. "Impossibile presso gli uomini, ma non presso Dio!
Perché tutto è possibile presso Dio". Questa ultima frase
pronunciata da Gesù ai discepoli e quella che ci deve guidare
nel cercare di sondare il mistero del Purgatorio. Per parlare
pienamente del Purgatorio occorre fare alcune precisazioni
su che cosa è il peccato e cosa provoca nelle anime. In
questo ci viene in aiuto il Catechismo della Chiesa Cattolica
ai punti 1459 e 1460.
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" Molti peccati recano offesa al
prossimo.
Bisogna
fare
il
possibile per riparare (ad
esempio restituire cose rubate,
ristabilire la reputazione di chi
è stato calunniato, risanare le
ferite). La semplice giustizia lo
esige. Ma, in più, il peccato
ferisce
e
indebolisce
il
peccatore stesso, come anche
le sue relazioni con Dio e con il
prossimo. L’assoluzione toglie
il peccato, ma non porta
rimedio a tutti i disordini che il
peccato
ha
causato
[Cf
Concilio di Trento: Denz. -Schînm., 1712]. Risollevato dal
peccato, il peccatore deve ancora recuperare la piena salute
spirituale. Deve dunque fare qualcosa di più per riparare le
proprie colpe: deve «soddisfare» in maniera adeguata o
«espiare» i suoi peccati. Questa soddisfazione si chiama
anche «penitenza».
La penitenza che il confessore impone deve tener conto della
situazione personale del penitente e cercare il suo bene
spirituale. Essa deve corrispondere, per quanto possibile,
alla gravità e alla natura dei peccati commessi. Può
consistere nella preghiera, in un’offerta, nelle opere di
misericordia, nel servizio del prossimo, in privazioni
volontarie, in sacrifici, e soprattutto nella paziente
accettazione della croce che dobbiamo portare. Tali
penitenze ci aiutano a configurarci a Cristo che, solo, ha
espiato per i nostri peccati [Cf Rm 3,25; 1Gv 2,1-2] una volta
per tutte. Esse ci permettono di diventare i coeredi di Cristo
risorto,
dal
momento
che
«partecipiamo
alle
sue
sofferenze» (Rm 8,17): [Cf Concilio di Trento: Denz.
-Schînm. , 1690]
Ma questa soddisfazione, che compiamo per i nostri peccati,
non è talmente nostra da non esistere per mezzo di Gesù
Cristo: noi, infatti, che non possiamo nulla da noi stessi, col
suo aiuto possiamo tutto in lui che ci dà la forza [Cf Fil 4,13].
Quindi l’uomo non ha di che gloriarsi; ma ogni nostro vanto
è riposto in Cristo in cui. .. offriamo soddisfazione, facendo
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«opere degne della conversione» (Lc 3,8), che da lui
traggono il loro valore, da lui sono offerte al Padre e grazie a
lui sono accettate dal Padre [Concilio di Trento: Denz.
-Schînm., 1691]."
Avendo dato una breve definizione del peccato possiamo
affermare che il Purgatorio è il luogo dove le anime dei
defunti sono accolte dalla divina Misericordia allo scopo di
purificarsi e rendersi atte ad entrare nel Santo Paradiso.
Sant’Agostino nelle Confessioni scrive: "Cos’è dunque il
tempo? Se nessuno m’interroga, lo so; se volessi spiegarlo a
chi m’interroga, non lo so". Quindi nel trattare questo
difficile argomento dovremo utilizzare vocaboli come
"luogo", "destinazione", "definitivo", "temporaneo" "fuoco"
ecc., termini che richiamano alla mente le immagini
suggerite dall' antropomorfismo. In realtà, questi termini
sono vocaboli non corrispondenti all’effettivo stato o
condizione in cui si trovano i morti, ma noi viventi, non
sapendo in cosa consista un' esistenza diversa da quella
vissuta sulla terra, siamo costretti ad usare termini a noi
consueti e comprensibili. Ugualmente, impossibilitati a
concepire una vita senza tempo e spazio, nel quantificare i
periodi di purificazione delle anime nel Purgatorio,
utilizziamo termini come giorni, mesi, anni secoli, (le stesse
indulgenze fanno riferimento alla nostra concezione
temporale).
Per parlare del Purgatorio partiamo dalle Sacre Scritture.
Passando ai testi Sacri che si riferiscono al purgatorio, non
dobbiamo credere che la Chiesa ad un certo momento li
abbia rilevati e ne abbia in seguito tratta la conclusione che
c' è il purgatorio, e in conseguenza di ciò abbia preso ad
insegnare che bisogna pregare per le anime dei defunti. No,
la Chiesa possedeva fin da principio completa la sua fede e la
sua struttura almeno nella sostanza. La dottrina del
purgatorio non fu appresa dai testi delle Scritture, ma questi
testi furono scritti da uomini che, nella Chiesa ebraica o
nella Chiesa cattolica, già conoscevano questa dottrina. Che i
morti vengono giudicati secondo le loro opere; che è terribile
cosa essere giudicati da Dio quando si è in peccato; che alle
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anime occorre la misericordia divina per entrare in paradiso;
che noi fratelli nella famiglia di Dio, dobbiamo pregarlo di
usar loro quella stessa misericordia: questi sono i fatti
essenziali, noti agli Ebrei prima del tempo di Cristo, e
familiari agli scrittori del Nuovo Testamento. Giuda
Maccabeo trovò nascosti sotto le tuniche dei suoi uomini
caduti in battaglia monili consacrati agli idoli che essi
avevano sottratti ad un tempio pagano: "Fatta poi una
colletta, mandò a Gerusalemme dodicimila dramme d'
argento, perché fosse offerto il sacrificio per i peccati di quei
defunti"; il che induce gli scrittori ispirati a dire che "santo...
e salutare è il pensiero di pregare per i morti affinché siano
sciolti dai loro peccati" (2 Macc 12,43 e 46).
Continuando a guardare le S. Scritture del Antico
Testamento, cosa ci dicono le sue prime pagine quando ci
parlano dell' uso degli Ebrei di far sacrifici e di piangere il
trapasso dei defunti? Alla morte di Aronne (Nm 20,29) e a
quella di Mosè (Dt 34,8), gli Israeliti piangono per trenta
giorni la loro morte. Non si può escludere che il pianto e le
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suppliche fossero rivolte a Dio
perché usasse clemenza nel giudizio
verso i due grandi personaggi.
Anche in Rut 2,20 leggiamo: "...
Noemi disse alla nuora (Rut): Sia
benedetto dal Signore, che non ha
rinunciato alla sua bontà verso i vivi
e verso i morti".
In Salmi 129,3 leggiamo: "Se guardi
alle colpe, o Signore, o Signore chi
potrà reggere?".
Dalle S. Scritture rileviamo ancora
che i discepoli di Nostro Signore
erano familiari con le idee del
peccato e del giudizio e sentendole
da
Gesù
le
intendevano
precisamente come noi le intendiamo. Sentivano così che
avrebbe reso ad ognuno secondo il suo operato (Mt 16,27);
che alcuni peccati sono puniti con molte staffilate ed altri
con poche (Lc 12,47 e 48); che alcuni hanno molti peccati di
cui devono essere perdonati, altri pochi (Lc 7,47); che di
ogni parola vana dovremo rendere conto il giorno del
Giudizio (Mt 12,36); e che alcuni peccati non saranno
perdonati né in questo mondo né nell' altro (Mt 12,32). Tutto
ciò li induceva a pregare di più per i loro morti, perché
mentre faceva crescere in loro il senso della santità di Dio
davanti alla quale i defunti vengono giudicati, aumentava
anche la loro speranza in un misericordioso perdono. Gesù
esponeva loro le austere verità della morte, del giudizio e
dell' inferno e diceva che il paradiso va conquistato in questa
vita: "Non è forse di dodici ore la giornata?" (Gv 12,35).
"Camminate mentre avete la luce" (Gv 12,35). "Poi viene la
notte quando nessuno può operare" (Gv 9,4). "Questa notte
stessa ti si chiederà l' anima tua" (Lc 12,20). "Morì anche il
ricco e fu sepolto nell' inferno" (Lc 16,22) "ove sarà pianto e
stridor di denti" (Mt 8,12).
Gli Apostoli scrissero alcune cose che per noi sono
misteriose, ma che per i loro primi lettori dovevano essere
chiare. S. Pietro dice che Cristo predicò agli spiriti che erano
in prigione e che avevano atteso la pazienza di Dio al tempo
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di Noè. Per questo motivo veniva predicato il Vangelo ai
morti, che se essi dovevano essere giudicati secondo gli
uomini nella carne, potessero anche vivere secondo Dio nello
spirito (1 Pt 3,19-20).
Da sant’Agostino(n.354 e m. 430) apprendiamo in una
risposta data ad un fratello cristiano di nome Paolino che
aveva chiesto delucidazioni sull’argomento relativo alle
preghiere per i defunti :
" Per quello che mi hai domandato potrebbe bastare questa
mia risposta, per quanto breve, Ma prestami ancora un po’ di
attenzione su alcuni problemi che ne derivano e a cui mi par
giusto di dare una risposta. Nei libri dei Maccabei si legge
che venne offerto un sacrificio per i defunti Ma anche se in
nessun luogo delle antiche Scritture si leggesse qualcosa di
simile, non poca cosa sarebbe l’autorità della Chiesa
universale che si manifesta in questa usanza quando, tra le
preghiere che dal sacerdote vengono innalzate al Signore
nostro Dio davanti al suo altare, c’è un posto preminente la
preghiera per i defunti."
Ancora leggiamo dallo stesso documento di sant’Agostino :
"Ma se anche non fosse riuscita a inumare quel caro corpo
dove il suo spirito religioso si era riproposto, in nessun modo
deve smettere le necessarie suppliche per raccomandarlo al
Signore. Perché dovunque la carne del defunto sia sepolta o
non sepolta, è per lo spirito che va ricercata la pace. È esso
che, andandosene, si è portato via la capacità di sentire, che
è quello che a uno interessa sia per quanto riguarda il bene
che il male. Lo spirito non si aspetta di essere aiutato da
quella carne a cui esso dava la vita: vita che le tolse quando
se ne andò e che le ridarà quando vi rientrerà; perché non la
carne allo spirito, ma è lo spirito che appresta alla carne
persino il merito per la stessa risurrezione, se cioè si tornerà
a vivere per la pena oppure per la gloria."
Alla fine dello stesso documento leggiamo : "Epilogo: Per
aiutare i defunti nulla c’è di meglio che le Messe, le
preghiere e le elemosine. Senza trascurare anche le
onoranze funebri. In conclusione non pensiamo di poter
essere di aiuto ai morti che ci stanno a cuore, se non
suffragandoli devotamente con i sacrifici delle Messe, delle
preghiere e delle elemosine, anche se non giovano a tutti
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coloro per i quali si fanno, ma solo a
quelli che durante la vita si son meritati
che gli giovassero."
Ancora, per suffragare la tesi che la
Chiesa abbia conosciuto la dottrina del
purgatorio sin dall’inizio, citiamo il
documento di sant’Agostino "Le Otto
questioni
di
Dulcizio":
"PRIMA
QUESTIONE:
I
battezzati
peccatori
saranno liberati dalla geenna?
La tua prima domanda è questa: È
possibile a coloro che hanno peccato dopo
il battesimo essere liberati una buona volta dall' inferno? Tu
dici che su questo argomento le opinioni sono diverse. Alcuni
rispondono che i tormenti dei peccati sono senza fine, come
il premio dei giusti. Essi vogliono infatti affermare che il
castigo è eterno quanto il premio. Ma contro costoro c' è la
parola evangelica che dice: "Non uscirai di là, finché tu non
abbia pagato fino all' ultimo spicciolo ". Ne deriva quindi
che, saldato il debito, possa uscire. Questa, noi crediamo, è
anche la sentenza dell' Apostolo che dice: " Egli si salverà
però come attraverso il fuoco ". La questione se il purgatorio
fosse esistente o meno era già attuale ai tempi di Agostino,
ma egli non aveva alcun dubbio al riguardo. Ancora leggiamo
dallo stesso documento : Ho detto ancora qualcosa di simile
a Lorenzo ed è questo : Il tempo frapposto tra la morte dell'
uomo e la risurrezione finale trattiene le anime in dimore
misteriose, a seconda che ciascuna abbia meritato quiete o
afflizione, in rapporto a quel che ha ottenuto in sorte finché
viveva nella carne. Non si deve nemmeno negare che le
anime dei defunti ricevono sollievo dalla pietà dei propri cari
che sono in vita, quando viene offerto per loro il sacrificio
del Mediatore o si fanno elemosine nella Chiesa. ".
In un altro passo di uno dei suoi numerosi documenti
sant’Agostino afferma : "Una lacrima per i defunti evapora,
un fiore sulla tomba appassisce, una preghiera, invece,
arriva fino al cuore dell' Altissimo."
Le affermazioni di sant’Agostino permettono di introdurre
nell’argomento che stiamo trattando se sia più o meno
conveniente pregare per le anime dei defunti.
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Il Catechismo della Chiesa Cattolica dice ai numeri 1370-72
"La santa messa è da considerarsi il miglior suffragio per le
anime del purgatorio.
Già san Tommaso aveva indicato nella messa il miglior
mezzo per liberare le anime sofferenti, tre secoli prima che il
Concilio dì Trento si pronunciasse esplicitamente "Le anime
del purgatorio sono sollevate dai suffragi dei fedeli, ma
soprattutto dal prezioso sacrificio dell' altare".
Far celebrare la santa messa per i cristiani, vivi o defunti, in
particolare quelli per cui si prega in modo speciale perché
vengono così sollevati dai tormenti, farà abbreviare le loro
pene; inoltre, ad ogni celebrazione eucaristica più anime
escono dal purgatorio.
Con la santa messa, dunque, il sacerdote e i fedeli chiedono
e ottengono da Dio la grazia per le anime del purgatorio, ma
non solo: il beneficio speciale spetta sì all' anima per cui la
messa è celebrata, ma del suo frutto generale è l' intera
Chiesa a goderne.
Essa infatti nella celebrazione comunitaria dell' Eucarestia,
mentre chiede e ottiene il ristoro delle anime dei fedeli e la
remissione dei peccati, aumenta, rinsalda e risveglia la sua
unità segno visibile, dell' invisibile "Comunione dei santi".
All' offerta di Cristo, nel sacrificio eucaristico, si uniscono,
infatti, non solo i membri che sono ancora sulla terra, ma
anche quelli che si trovano già nella Gloria del Cielo così
come quelli che stanno espiando le proprie colpe in
purgatorio.
La santa messa è offerta, dunque, anche per i defunti che
sono morti in Cristo e non sono ancora pienamente
purificati, così da poter entrare nella Luce e Pace di Cristo.
Nell' anafora, inoltre, la Chiesa prega per i santi padri, i
vescovi e tutti coloro che sono morti, convinti che la santa
messa sia la migliore offerta a Dio per le anime che soffrono
in purgatorio, poiché è l' offerta di Cristo stesso immolato
per i nostri peccati."
Inoltre dal "Trattato sul Purgatorio" di Santa CATERINA DA
GENOVA, che è una delle più inestimabili opere della mistica
cattolica. " Non credo che si possa trovare contentezza da
comparare a quella di un’anima del Purgatorio eccetto quella
dei santi del Paradiso. E ogni giorno questa contentezza
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cresce, per l’influsso di Dio in
esse
anime,
il
quale
va
crescendo,
siccome
va
consumando
l’impedimento
dell’influsso. La ruggine del
peccato è l’impedimento, e il
fuoco
va
consumando
la
ruggine; e così l’anima sempre
più si va discoprendo al divino
influsso...". Un altro brano : "
L’anima separata dal corpo che
non si trova priva di peccato e
nella nettezza come fu creata,
vedendo in sé l’impedimento, e
che non le può esser levato,
salvo
che
per
mezzo
del
Purgatorio, presto vi si getta
dentro e volentieri. E se non
trovasse questa ordinazione, atta a levarle quello impaccio,
in quell’istante, in lei si genererebbe un inferno peggiore del
purgatorio,
vedendo
di
non
poter
giungere,
per
l’impedimento al suo fine che è Dio..."
Da tutto quello che abbiamo appreso sino ad adesso risulta
chiaro che non solo è giusto pregare per le anime dei nostri
defunti ma inoltre è doveroso farlo. Lo facevano gli Apostoli
e questa sana dottrina è stata trasmessa ai primi cristiani,
essa ha viaggiato lungo i secoli ed è arrivata intatta sino a
noi oggi. Quale Dio buono è Misericordioso abbiamo, il quale
non vuole che restiamo nell’ignoranza davanti alle sue leggi.
Se noi cerchiamo i nostri morti, li troviamo presso Dio. Li
troviamo pregando.
Pregare è parlare a Dio e unirsi a Lui. La preghiera è
colloquio con Dio, un respiro del nostro essere in Dio. Ci
sono diversi modi di pregare. Si può pregare in chiesa,
insieme gli altri, servendosi delle preghiere che ci propone la
Chiesa . Si può pregare in casa, da soli, inventando la
preghiera. Si può pregare in silenzio e senza parole, in treno,
in automobile o nel proprio letto. Si tratta sempre di aprire il
proprio cuore. Il nostro cuore è piccolo: la preghiera lo
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allarga e lo rende capace
di
amare
Dio.
Noi
sappiamo che i morti che
ora
si
trovano
in
Purgatorio e in Paradiso
pregano
Dio
per
noi;
possiamo
allora
far
passare
le
nostre
preghiere tra le loro mani,
servendoci di loro come di
cari
amici
che
hanno
udienza presso Dio. Si
stima che siano finora
vissuti
75
miliardi
di
persone. Possiamo allora
chiederci: Che ne è di loro?
Noi con la preghiera li
troviamo- presso quel Dio
«che dà la vita ai morti e
chiama all' esistenza le
cose che ancora non esistono» (Rm 4,17).
"La vita, lunga o breve, è un viaggio verso il Paradiso: la
nostra Patria, là è la nostra vera casa" (Papa Giovanni Paolo
II).
«Dio eliminerà la morte per sempre; il Signore Dio
asciugherà le lacrime su ogni volto» (Is 25,8). GUARDATE
QUESTE BELLE VIDEO!
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