Quaderni del Museo Civico Lanuvino/4
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Comitato scientifico
Umberto Leoni – Sindaco di Lanuvio
Presidente
Bruna Amendolea – Responsabile Ufficio Musei Provincia di Roma
Giuseppina Ghini – Direttore Archeologo presso la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio
Maria Letizia Lazzarini – Ordinario di Epigrafia Greca, Università “La Sapienza” di Roma
Anna Maria Reggiani – Soprintendente Regionale dell’Abruzzo
Marina Sapelli Ragni – Soprintendente per i Beni Archeologici del Lazio
Fausto Zevi – Ordinario di Archeologia e Storia dell’Arte Greca e Romana, Università “La Sapienza” di Roma
Luca Attenni – Direttore del Museo Civico Lanuvino
Segretario
Simona Carosi
Il santuario ed il culto di Ercole a Lanuvio
Presentazione di
Umberto Leoni
La pubblicazione del volume è stata resa possibile grazie al finanziamento della legge regionale 42/97
Copyright © MMXI
ARACNE editrice S.r.l.
www.aracneeditrice.it
[email protected]
via Raffaele Garofalo, 133/A–B
00173 Roma
(06) 93781065
isbn 978–88–548–4067–6
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: giugno 2011
Prefazione
La pubblicazione del terzo e del quarto volume dei Quaderni del
Museo Civico di Lanuvio prosegue ed arricchisce il lavoro di ricognizione e di ricerca scientifica su questa importante realtà della nostra
Provincia.
Ciò che trovo particolarmente interessante è che non si tratta di
un’opera una tantum, se pure di alto livello, ma di uno studio continuo e sistematico aperto a scoperte e a contributi sempre nuovi e in
grado di spaziare in diversi ambiti tematici e disciplinari. Un’opera
che, nel dare conto del valore archeologico dei monumenti, è altresì
attenta al loro contesto storico ed ambientale, rappresentando con
ciò un prezioso contributo per la conoscenza della storia della città
di Lanuvio.
L’esito di questa approfondita ricerca risulta, infatti, particolarmente rilevante dal punto di vista della ricostruzione di una identità,
fisica e ambientale prima di tutto, ma anche concettuale e culturale.
Ne è un esempio perfetto il Santuario di Ercole, di cui oggi rimangono ben poche tracce, riconducibili alla sostruzione della terrazza
su cui sorgeva il tempio, ma sufficienti per proiettare la vicenda di
questo luogo entro scenari storici e artistici che ne amplificano e
diversificano gli orizzonti.
La ricognizione attenta, puntuale condotta sulla scorta di studi
approfonditi e nello stesso tempo aggiornati consente, dunque, di
delineare una sorta di mappa cognitiva del luogo di appartenenza.
Una mappa che ci permette di percepire e di vivere il territorio con
una diversa consapevolezza e una più matura responsabilità.
Cecilia D’Elia
Assessore alla cultura
della Provincia di Roma
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Indice
9Presentazione
11 Lanuvio: “Municipium antiquissimum et honestissimum”
Bruna Amendolea
13 Premessa
15Introduzione
Lanuvium e la sua storia
1. Topografia – 2. Lanuvium e la sua storia – 3 Mito greco e mito troiano
4. Gli altri culti di Lanuvio
39 Capitolo I
Il santuario di Ercole
1.1. Identificazione ed ubicazione – 1.2. Storia degli scavi e delle scoperte –
1.2.1. Dagli interventi più antichi allo spurgo della cisterna nel 1907 – 1.2.2.
Lo scavo del 1932 – 1.2.3. Gli interventi del Secondo dopoguerra – 1.3. Topografia e strutture – 1.4. Materiali – 1.4.1. Lastre, cippi ed oggetti marmorei
con iscrizioni – 1.4.2. Bronzi – 1.4.3. Ceramiche – 1.4.4. Terrecotte architettoniche – 1.4.5. Varie
7
101 Capitolo II
Il culto
2.1. Eracle–Ercole – 2.2. Il Culto di Ercole nel Lazio e nell’Italia centrale
119Conclusioni
125Appendice
145Bibliografia
151Tavole
175 Fonti per le immagini
Presentazione
Il tempio di Ercole è un monumento importante per i cittadini di
Lanuvio, poiché ancora oggi la toponomastica lo ricorda e ne rende
riconoscibile la memoria.
Le ricerche più recenti, condotte dal Museo Civico di Lanuvio in
collaborazione con l’Università “La Sapienza” di Roma, stanno portando, da un lato, sotto la direzione scientifica del prof. F. Zevi, ad
interessanti novità nel più noto santuario della città, quello di Giunone Sospita, dall’altro a riscoprire, come nel caso di questo studio,
contesti mai finora pubblicati in modo sistematico e completo.
Il presente volume “Il santuario ed il culto di Ercole a Lanuvio” si
presenta quindi come un prezioso lavoro, che ha il merito di riconsegnare il monumento e la sua storia alla città e di fornire un nuovo
strumento per altri studiosi che vorranno offrire la propria competenza alla ricerca ed alla conoscenza.
Ancora una volta, la collana Quaderni del Museo Civico Lanuvino ha il pregio di pubblicare un sito archeologico inedito, che aveva restituito materiali interessanti dalla fine dell’Ottocento sino agli
anni Sessanta del secolo scorso.
Il presente studio spazia dalla ricostruzione storica, alla documentazione d’archivio, alla presentazione dei materiali, una parte
dei quali è ospitata proprio nel Museo Civico di Lanuvio, un’altra
nel Museo Nazionale Romano.
Molto c’è sempre da fare nella restituzione del nostro passato, ma
questo è un piccolo ed importante passo verso la conoscenza, che è
essa stessa la base della conservazione e dello spirito di appartenenza.
il sindaco
Umberto Leoni
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Lanuvio: “Municipium antiquissimum
et honestissimum”
Con il quarto volume dei Quaderni del Museo Civico Lanuvino
su uno tra i più significativi luoghi della città — Il Santuario ed il culto
di Ercole — il Museo, nel segno della sua tradizione di museo civico,
assolve ad una delle funzioni, a mio avviso tra le più importanti, del
museo locale: contribuire, attraverso la promozione di studi e ricerche, alla conoscenza della storia della città.
Una ricerca dunque che «vuole proporsi come punto di partenza
per ulteriori lavori che potranno in futuro andare ad arricchire il patrimonio di conoscenze su Lanuvio». Ed è proprio con queste finalità che l’autrice, Simona Carosi, «affronta le problematiche relative
alle strutture e ai materiali riferibili al santuario» di Ercole , inserendole in un approfondito esame del contesto topografico e della storia della città completata da un breve cenno alle sue mitiche origini.
Dopo una descrizione dell’unica struttura oggi visibile del santuario
di Ercole, la sostruzione della terrazza su cui sorgeva il tempio (il
suggestum ), inizia una disamina di tutti gli aspetti utili ad una maggiore e migliore conoscenza del sito quali l’indispensabile storia degli scavi e delle scoperte, integrata da un’ appendice documentaria,
il riesame della struttura e di tutti i materiali rinvenuti — anche di
quelli dispersi — tra i quali spicca l’altorilievo con satiro e menadi,
oggi conservato nel museo civico di Albano, rara testimonianza di
una versione del mito di Ercole nel Lazio legata alle vicende storico
politiche della città di Lanuvio; un pezzo di particolare valore storico così “vicino” alla storia della città che dovrebbe essere custodito
nel suo museo civico, luogo ufficialmente deputato alla conservazione della memoria storica di una comunità.
11
12
Il santuario ed il culto di Ercole a Lanuvio
Un ulteriore, dunque, utile contributo alla conoscenza della città
e del suo vasto territorio, l’ager Lanuvinus, a testimonianza del rapporto privilegiato che la città, non a caso chiamata da Cicerone Municipium antiquissimum et honestissimum (Pro Murena, 40,86; 41,90),
ebbe, tra alterne vicende, e non senza problemi, con Roma, divenendo dalla fine del II sec.a.C. e per tutta l’età imperiale luogo prescelto
anche «per l’edificazione di numerosi impianti residenziali di illustri
famiglie romane, tra i quali va annoverata la villa degli Antonini».
È importante infine sottolineare che anche questo lavoro è frutto
di un’attenta e lungimirante politica culturale dell’Amministrazione
cittadina, entusiasticamente sostenuta dalla competente direzione
scientifica del museo e, soprattutto, dal costante, “affettuoso” interesse dell’intera Comunità , testimoniando così concretamente che
la tanto auspicata collaborazione finalizzata al raggiungimento di
un obiettivo comune è realmente possibile.
Bruna Amendolea
Provincia di Roma
Premessa
Questo lavoro prese avvio alcuni anni fa, quando mi venne assegnato per la tesi di Specializzazione dal prof. Colonna, per l’insegnamento di Etruscologia ed Archeologia Italica dell’Università “La
Sapienza” di Roma.
L’intento era quello di andare a riconsiderare il contesto lanuvino
legato al culto di Ercole, che troppo a lungo era stato dimenticato e
che aveva restituito il pregevole altorilievo con satiro e menadi, oggi
conservato presso il Museo Civico di Albano Laziale.
Non pochi i problemi che si sono affacciati già all’esordio della ricerca, quali la dispersione di molti materiali menzionati nelle prime
relazioni di scavo e, in generale, la difficoltà di mettere insieme una
documentazione prodotta in più di un secolo. Il risultato è lungi dal
considerarsi completo e risolutivo di quei problemi, ma vuole proporsi come un punto di partenza per ulteriori lavori che potranno in
futuro andare ad arricchire il patrimonio di conoscenze su Lanuvio.
La parte introduttiva ripercorre in linee generali la topografia e la
storia della città; il primo capitolo affronta le problematiche relative
alle strutture e dei materiali riferibili al santuario: si è voluto concedere un certo spazio alla storia delle scoperte, al fine di poter disporre
di una base di partenza per ricerche future, già in parte avviate con
alcuni saggi effettuati nell’autunno del 2008. Come meglio illustrato
nel capitolo relativo, di molti dei materiali provenienti dalla cisterna
pubblicati dal Vaglieri in Notizie degli Scavi di Antichità del 1907 si è
persa completamente traccia; si è pensato comunque, per desiderio di
completezza, riproporne i dati salienti prodotti a quel tempo (descrizione ed ove possibile, riproduzione grafica).
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Il santuario ed il culto di Ercole a Lanuvio
Delle immagini presentate, alcune provengono dalle vecchie pubblicazioni, altre sono state gentilmente concesse dalla Soprintendenza Archeologica di Roma e dai Musei Civici di Albano e di Lanuvio,
altre sono state prodotte dalla sottoscritta. Dopo la panoramica sui
materiali, un capitolo è dedicato al culto di Ercole, in generale ed in
Italia centrale e nel Lazio. Segue un’appendice che ripropone tutta la
documentazione d’archivio sul santuario di Ercole.
Il presente volume non avrebbe visto la luce senza l’appoggio costante di alcune persone che hanno creduto nella sua, pur modesta,
utilità: desidero ringraziare primariamente il Direttore del Museo
Civico lanuvino, il Dott. Luca Attenni, che mi ha incoraggiato e
spronato, il Comitato Scientifico dei Quaderni, ed in particolare la
Dott.ssa G. Ghini; il prof. G. Colonna, che ha seguito il nascere e
l’evolversi del lavoro; il Dott. P. Chiarucci, che mi ha consigliato ed
indirizzato con l’affetto di sempre. Un ringraziamento particolare va
alla Dott.ssa Paris, alla Dott.ssa Friggeri ed alla Dott.ssa Mulas, che
hanno agevolato le mie ricerche presso il Museo Nazionale Romano,
così come alla sig.ra Donninelli che ha seguito le pratiche relative;
al Dott. A. Attanasio, che ha consentito la pubblicazione dei documenti conservati presso l’Archivio Centrale dello Stato; alla Dott.ssa
Stefania Modugno, al personale del Museo Civico di Albano, a cui
sono legata da anni. Un ringraziamento speciale va a Francesco Mattei che con estrema dedizione si è occupato del disegno ricostruttivo
dell’altorilievo con menadi e satiro.
Ai tanti amici e colleghi che ho tediato con la ricerca di consigli e
di ascolto, va la mia affettuosa riconoscenza.
Introduzione
Lanuvium
1. Topografia (tav. I)
L’ubicazione precisa di Lanuvium ci è data da Strabone, che cita
per la sua collocazione la via Appia e la città di Anzio (Strab.V, 3,
12), mentre Appiano (Bell. Civ. II, 20) menziona la distanza da Roma,
che è di 150 stadi. Prove archeologiche di questa indicazione ci provengono dalla scoperta di un cippo miliare, che indica il XIX miglio
dell’Appia1, laddove un diverticolo si stacca per condurre a Lanuvio.
La città si sviluppa su una collina a m. 327 s.l.m., al XVIII miglio antico, sulla destra della Via Appia. Il nome Civita Lavinia (solo il 15 ottobre
1915 si restituì l’originario nome di Lanuvio) è un volgare corrotto da
Lanuvina (Civitas), derivato da Lanuvium, che è il vero nome antico. Il
nome deriverebbe, secondo un’etimologia popolare, dalla lana di capra
di cui era vestita la dea Iuno Sospita2, ma altre sono le ipotesi dotate di
qualche fondamento3. L’antica città era sparsa tra le tre colline di Monte
Giove, Civita/S. Lorenzo e Monte due Torri, delle quali rimase più popolata la centrale, poiché conteneva l’acropoli e il tempio di Giunone,
divinità principale della città4. L’assetto urbanistico della città, sviluppa1. A. Galieti, Il XVIII cippo miliare sulla Via Appia, in BollAssArchRom, Roma 1911, p.
197 e ss.
2. Tomassetti 1910, p. 334–337.
3.Il nome Lanuvium deriverebbe dall’etimo *lanum ( da confrontare con il latino planum
che significa “piano, pianura”), lo stesso riscontrabile nel toponimo Mediolanum (da Medio e –lanum <*lanon (o lan(i)o) che starebbe per “in mezzo alla pianura”: Piana Agostinetti, A. Morandi
2004, Celti d’Italia: Epigrafia e lingua 2, Popoli e Civiltà dell’Italia Antica, vol. XII, pp. 615–617.
4.Ripercorrendo una veloce storia degli studi sulla topografia di Lanuvio, appare
ancora suggestiva alla lettura l’analisi dei topografi–viaggiatori a partire dal Settecento,
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Il santuario ed il culto di Ercole a Lanuvio
tosi proprio a partire dal Colle S. Lorenzo, era caratterizzato da una serie di terrazzamenti digradanti, occupati nel tempo, da edilizia privata,
pubblica e da aree sacre. Sostenuti da possenti sostruzioni, erano collegati tra loro, nel senso longitudinale della dorsale lanuvina, da un asse,
definito nord–sud. Tale asse è riconoscibile come tratto urbano della via
Lanuvio–Anzio (la cd. via Astura), la quale si originava dall’Appia Antica
nei pressi del XIX miglio ed ai piedi del Colle S. Lorenzo si biforcava: un
tratto costeggiava il lato orientale e meridionale della città ed un tratto
attraversava il Colle; entrambi si ricongiungevano fuori dalla porta urbica meridionale (nei pressi del Santuario della Madonna delle Grazie),
ai quali si deve anche un primo inquadramento storico–mitico della città: Volpi 1732, p. 2
ss.; Nibby 1819, p. 185–199; Nibby 1837, pp. 168–189; dell’Angelini e del Fea è una pianta
topografica della città: G. Angelini–A. Fea, I monumenti più insigni del Lazio distribuiti in
vie I, Via Appia, 1828, tav. 33; Tomassetti 1910, pp. 277–298; numerosi e fondamentali i
contributi del Galieti, per il santuario di Ercole (Galieti 1911; Galieti 1932; Galieti 1953),
come per altri contesti lanuvini (per il santuario ed il culto di Giunone Sospita: Galieti
1916; A. Galieti, Il tempio italico rinvenuto nell’acropoli di Lanuvio, in BullCom LVI, 1928, p.
75-118, p. 199-244; per i confini dell’ager: Galieti 1933, p. 139 ss.; per la prima notizia della
Tomba del guerriero: A. Galieti, Contributo alla conoscenza dell’armatura dei Prisci Latini,
in Atti del III Congresso Internazionale di Studi Romani, Roma 1934, p. 281 ss, rist. in
Archeologia e Società II, 1976, pp. 45-50; per la storia medievale di Lanuvio: A. Galieti: La
rinascita medievale di Lanuvio ed i monaci benedettini, in Archivio della Società Romana di Storia Patria, XLII, 1919, rist. anast., p. 8 ss). Divenuto Ispettore alle Antichità Lanuvine nel
1912, Alberto Galieti potenziò l’opera di salvaguardia e studio dei suoi due predecessori
(il pittore Arthur John Strutt e Vincenzo Seratrice), promovendo anche la nascita di un
“Museo lanuvino” per la raccoltà delle antichità che si andavano portando in luce: Attenni 1996-1997, p. 97-98. Più recentemente per una lettura storica del territorio, Lilli 2001,
pp. 23–31; sulla viabilità, ed in particolare sulla via cd. Astura: De Rossi 1981, pp. 89–103;
Chiarucci 1983, p. 95 e p. 210 ss; P. Garofalo, La via Lanuvio–Anzio nel sistema stradale dei
Colli Albani, in Daidalos 8, 2007, pp. 119–133; Attenni 2008, pp. 19–22, con riconsiderazioni delle ipotesi del Chiarucci; Aglietti–Attenni 2010, pp. 40–43; per la topografia urbana:
Colburn 1914, pp. 363–380; Chiarucci 1983, p. 87 ss.; Attenni 2003, p. 31 ss.; Attenni 2008,
p. 16 ss.; per un percorso storico della città, da ultimo L.Attenni, Lanuvio dal mito alla
storia, in Forma Urbis XV, pp. 4–9; per i risultati delle ultime indagini, comprese quelle
relative al santuario di Giunone Sospita: Santi 2010, Zevi 2010; per la storia delle ricerche
archeologiche: Attenni 2000, pp. 97–100; sulle origini della città: Attenni 1996–1997, pp.
33–40; Per le attestazioni del nome della città in autori latini e la confusione, generatasi
nel tempo tra Lanuvium/Lavinium, cfr Chiarucci 1983, p. 19; Per una rassegna sulle origini di Lanuvio, cfr Pasqualini 1998, pp. 663–679, in part. nota n. 48, p. 670.
Introduzione
17
per raggiungere la città di Antium5: in vari settori della città sono ancora
conservati tratti della via6. Recentemente la viabilità interna della città
è stata presa in esame anche considerando nuovi dati provenienti da indagini archeologiche: la via Lanuvio–Anzio è stata confermata come
asse viario fondamentale; altra via era quella denominata Ardeate–Lanuvina, la quale, a partire dal foro della città (odierna piazza C. Fontana) doveva giungere, attraversando l’ager e correndo più a nord della
via Lanuvio–Anzio, fino ad Ardea. A questa viabilità principale, sarebbe
correlato un sistema “secondario” di strade, sorto in età tardo–repubblicana ma proseguito nei secoli successivi, da riferire a dimore private o a
collegamenti con l’acropoli7.
Dopo la costruzione della via Appia, si formò il sub–Lanuvium,
che corrisponderebbe all’odierna zona di S. Gennaro.
L’ager Lanuvinus era grande e si estendeva sulle ultime ondulazioni meridionali del gruppo laziale (tra cui, oltre i già citati Monte due
Torri e Monte Giove, vanno menzionati Monte del Leone, Monte
degli Impiccati, Monte Secco, Monte Canino, Monte Cagnoletto,
Monte Cagnolo) e su una vasta porzione della pianura che, a sud di
esse, si allarga verso Satricum ed Antium8.
I confini di tale ager furono individuati, verso l’ager Romanus, a
nord/nord–ovest, nei pressi di Monte Giove9, seguendo una linea
5. Aglietti–Attenni 2010, pp. 40–41.
6. Chiarucci 1995, pp. 259–260. Il Chiarucci definisce Via Principalis Mediana l’asse
nord–sud e Via Circumlanuvina il tratto della via Lanuvio–Anzio che costeggia il fianco
orientale e meridionale della città.
7. Aglietti–Attenni 2010, p. 43.
8. Galieti 1933, p. 139 ss.
9. Alcuni topografi riconoscono in Monte Giove la città di Corioli, famosa per l’intitolazione che Caio Marcio ebbe di Coriolano, per averla conquistata. La leggenda di
Coriolano sarebbe sorta dopo il 300 a.C., per glorificare le famiglie plebee dei Marcii, dei
Veturii e dei Volumni, ma sull’esatta ubicazione della città di Corioli, scomparsa totalmente già al tempo di Plinio, non vi è accordo. Secondo Nibby fu città latina e non volsca,
a differenza di quanto affermano Dionigi e Livio e, secondo il Galieti, probabilmente
da collocarsi tra Ardea e Aricia, se è vero che le due città si contesero, nel 446 a.C. un
territorio che già era stato dei Coriolani. Il nome odierno della collina può derivare da
un tempio dedicato a Giove, sorto in età romana, in associazione al più antico culto di
Giunone: Nibby 1837, p.513; Galieti 1916, p.12, n.1, esclude la supposizione di Nibby e di
quanti lo seguirono, circa l’ubicazione di Corioli su Monte Giove.
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Il santuario ed il culto di Ercole a Lanuvio
che da Monte Giove stesso arrivava alla Via Appia ed alle pendici
meridionali del lago di Nemi, per proseguire lungo la strada della
Macchia della Cavalleria fino alle Fornaci della Fajola; ad est, verso
il veliterno, i Fossi della Pilara, di S. Gennaro e di Spaccasassi; a sud,
il Fosso di Carroccetto, che lo separava dal territorio di Satricum; a
ovest, le tenute di Vallelata e Campoleone, fino al Fosso di Fontana
di Papa, che lo separava dai territorio di Aricia e Ardea10.
Uno studio del De Rossi, prendendo in esame le vie di comunicazione del basso Lazio, si è rivelato importante nel definire il ruolo e
la posizione della città di Lanuvio nel territorio11, ed in particolare,
nel sottolineare l’importanza del collegamento tra Lanuvio e la zona
gravitante intorno ad Anzio, certamente attiva nel I sec. a.C., come
testimoniano le fonti, ma che per motivi storici e topografici si può
far risalire ad un’epoca notevolmente più antica12. In tal senso giova
sottolineare che è certa l’ininterrotta attività di luogo di approdo
e di smistamento svolta da Anzio13, sin dal sec. VIII a.C. e da qui il
rapporto economici e culturali con Lanuvio14.
Lanuvio, posizionato a ridosso del sistema dei Colli Albani, si
trovava, in effetti, in posizione intermedia tra le direttrici delle
più antiche rotte del Lazio centro–meridionale, date dalla fascia
costiera da un lato e dalla valle del Sacco dall’altro. L’asse Lanuvio–Anzio faceva parte di una serie di itinerari con andamento
sud–nord, che, insieme a quelli paralleli alla costa, erano alla base
dell’articolato tessuto viario già protostorico della regione a sudovest di Roma. La stessa via, nei secoli V e IV a.C. venne usata,
per il suo notevole valore strategico, durante le lotte tra Roma
ed i Volsci, incentrate qui, secondo la tradizione, nella figura di
Coriolano. In particolare vanno citate le operazioni belliche agli
10. Galieti, 1933, p. 147, fig. 2.
11.De Rossi 1981, pp. 89–103.
12.La via Lanuvio–Astura, la cd. via Astura, è ritenuta la principale arteria di collegamento con Anzio, per cui le si addice il titolo di Antiatina: Attenni 2003; di diverso
parere il Galieti, che considera Antiatina un’altra via, posta più a Nord: Galieti 1933.
13.G.Colonna, Preistoria e protostoria di Roma e del Lazio, in Popoli e Civiltà dell’Italia
Antica, II, Roma 1974, p. 277.
14. Attenni 2008, p. 19. Cfr anche P. Garofalo, La via Lanuvio–Anzio nel sistema stradale
dei Colli Albani, in Daidalos, 8, 2007, pp. 119–133, con bibliografia precedente.
Introduzione
19
inizi del V secolo a.C., che interessarono Satricum, Longula, Polusca e Corioli, centri, questi ultimi, ubicabili nel triangolo con i
vertici in Satricum, Ardea e Lanuvio15.
Il percorso dovette essere utilizzato anche nei decenni successivi, in occasione di operazioni belliche tra Roma ed Anzio, sino alla
disfatta di quest’ultima nel 338 a.C. Nei due secoli successivi la funzionalità della strada dovette sempre più essere incrementata, come
testimoniato poi anche dalla costruzione del Ponte di Loreto, da
porsi nel II sec. a.C. È in questo periodo che la via vide il frequente
transito di mercanti provenienti dalla Sicilia e diretti, per il tramite
dell’emporio portuale di Anzio, a Lanuvio.
La conoscenza della strada da parte degli eruditi era nota fin dal
XVII secolo dall’Holstenio16, dal Kircher17 e dal Volpi18. Ma soprattutto dal XIX secolo l’esame della via diviene tappa obbligata di studiosi e topografi in particolare19.
La via che, si è visto, si staccava dall’Appia presso il XIX miglio,
costeggiava l’area del tempio di Ercole20 e, non lontano, è conservata per un tratto addossata alle “grandiose mura latine”21.
15. Polusca è stata collocata nei pressi di Casale della Mandria: cfr Nibby 1837, p. 402
e Tomassetti 1910, p. 302; Corioli è collocata sul Monte Giove, da Nibby 1837, p. 512, ma
non da Galieti, 1933, p. 143, n. 15 (v. nota n. 9); per i rinvenimenti sul Monte Giove, P.G.
Gierow, The Iran age culture opzatium, II, 1964, p. 369. Giova ricordare che nel Casale della
Mandria vi sono oggi blocchi di tufo e frammenti marmorei provenienti dai campi circostanti. Nell’area di detta tenuta è stato rinvenuto molti anni fa un frammento di rilievo
marmoreo (cm 104 x 68 x 0,7), di stile arcaistico, raffigurante Ercole, visto di profilo, col
capo ricoperto dalla pelle di leone, oggi conservato al Museo Nazionale Romano, inv.
121557. Già Livio e Dionigi d’Alicarnasso suggerivano la ubicazione/relazione delle città, con Polusca tra Longula e Corioli (Liv II, 33, 4, 5; II, 39, 3).
16. J.H. Westphal, Die römische Kampagne, Berlin 1832, p. 39.
17. A. Kircher, Nova et Parallela Latii tunc veteris, tunc novi descriptio, Amsterdam 1671,
p. 52 ss.
18.Volpi, 1732, p. 13.
19.Nibby 1819, p. 185 ed Idem, Appunti cons. nella Bibl. dell’Accademia Britannica
in Roma; R. Lanciani Mss 86, 1, ff. 10 ss; 113, ff. 82 ss; Colburn 1914, p. 375 ss; Galieti
1933, p. 158 ss. Tomassetti 1910, p. 293.
20.Nibby 1819, p. 185 e ss.; L. Canina,Gli edifizi di Roma antica VI, Roma 1856, tav.
LXVI; Galieti 1911, p. 32.
21.La tecnica usata per queste mura, datate tra fine V ed inizio del IV sec. a.C., è
l’opera quadrata, con, in più punti, filari disposti secondo la quarta maniera dell’opera
20
Il santuario ed il culto di Ercole a Lanuvio
2. Lanuvio e la sua storia
Già al Nibby si deve un racconto completo sulle vicende storiche
della città, però condite qua e là da inserzioni mitico–fantastiche22.
Secondo gli storici Lanuvio avrebbe origini antichissime: Appiano
ne fa fondatore Diomede, figlio di Tideo, re di Argo, il quale avrebbe
introdotto il culto argivo della dea Giunone23. Inoltre, il rinvenimento avvenuto nel 1969 di frammenti di intonaco con iscrizione dipinta
appartenenti probabilmente al ginnasio dell’antica Tauromenion (v.
infra p. 26), ha permesso di conoscere un’altra saga, quella di Lanoios,
fuggiasco da Troia e fondatore della città che da lui avrebbe preso il
nome, raccontata da Fabio Pittore. Tale vicenda spingerebbe verso
un orizzonte cronologico di XII sec. a.C., quello relativo agli anni
successivi alla guerra di Troia. In realtà, i dati archeologici più antichi rinvenuti nella città risalgono al XIV sec. a.C. e sono riferibili ad
uno o più villaggi posti sul Colle S. Lorenzo, in posizione elevata24.
Dagli inizi dell’Età del Ferro a Lanuvium (IX sec.) come in tutto il Latium si addensano rinvenimenti che sono stati messi in relazione con
villaggi della nascente Civiltà Laziale25. In età tardo–arcaica, Lanuvio, come componente della Lega Latina, avrà combattuto contro
Roma e gli Etruschi dell’interno guidati da Porsenna, nella battaglia
di Aricia (504 a.C.) e, poco dopo, ancora contro la Roma di Spurio
Cassio, nella battaglia del lago Regillo (496 a.C:).
Dopo la battaglia del Lago Regillo, Roma stipulò con tutte le città latine il Foedus Cassianum, un trattato di alleanza che conservava
l’autonomia di ciascuna di esse.
Testimonianza archeologica di questa fase storica è la “Tomba del
guerriero di Lanuvio”. Rinvenuta nel 1934, consisteva in un’ampia
poligonale. È stato notato come i blocchi non siano disposti in modo regolare, ma seguano l’ondulazione del piano stradale e la fattura rozza denoti la brevità dei tempi di
esecuzione, probabilmente da attribuire a maestranze locali: Attenni 2008, pp. 21–22.
22.Nibby 1819, per Lanuvio, pp. 185–200.
23.App., Bell. Civ. II, 20.
24. Attenni 2003, p. 17–18, nota n. 1, con riferimento a una ciotola con ansa ad apici
revoluti, in Chiarucci 1983, p. 27 e p. 28, tav. V.
25.Chiarucci 1983, p. 5; da ultimo V. Nizzo, Dall’ “anello di Enea” a Lanoios: note di
protostoria Lanuvina, in Forma Urbis XV, pp. 14–22, con bibl. prec.
Introduzione
21
fossa scavata nel tufo, che conservava, all’interno di un sarcofago dal
coperchio a tetto displuviato, i resti di un uomo adulto, connotato
come guerriero da alcuni materiali significativi del corredo: un elmo
da parata, una corazza anatomica, un cinturone, una machaira, una
punta di lancia e due puntali in ferro, la testa di un oggetto in ferro,
forse un’ascia; altri oggetti sottolineavano l’aspetto ginnico–atletico:
unguentari in alabastro, una borsa per la sabbia, lo strigile in ferro,
un disco di bronzo dalla decorazione incisa. La tomba, costituisce un
unicum nel panorama delle tombe laziali dello stesso periodo, anche
per l’elevata qualità dei materiali che contiene ed ha fatto richiamare alla mente il momento storico della battaglia del Lago Regillo, al
seguito della quale fu introdotto a Roma il culto dei Dioscuri, o Castori, che tutelavano sia l’ambito militare che quello atletico, in consonanza con le caratteristiche emerse nel personaggio lanuvino26.
Già dal V sec. a.C. la città, posta al confine tra il territorio dei Volsci e quello dei Latini, godeva dell’autonomia da Roma e del carattere dell’extraterritorialità: da Livio infatti si apprende che “Volscius
(l’ex tribuno M. Volscius Fictor) damnatus Lanuvium in exilium abiit”27.
Inoltre si sa che verso il 428 a.C. i Lanuvini unirono le proprie forze
militari con quelle dei Romani, contro i Volsci: infatti Lanuvio divenne base militare per il console T. Quinzio contro i Volsci, indizio che
allora la città era alleata dei Romani28.
Dopo la disastrosa discesa dei Galli a Roma, cambia qualcosa: i
Volsci nel 389 a.C. erano avanzati nella loro offensiva contro Roma
fino al territorio di Lanuvio, che ancora però non aveva rotto i rapporti con Roma29, mentre nel 383 a.C. una coalizione di città latine,
26.A. Galieti, Contributo alla conoscenza dell’armatura dei Prisci Latini, Atti III Congresso Internazionale Studi Romani, Roma II, p. 281 ss (= Archeologia e Società II, 1976,
pp. 45–50) 1934; G.Colonna, Un aspetto oscuro del Lazio antico. Le tombe del VI–V sec. a.C.,
in ParPass XXIII, 1977, pp. 131–165; G. Colonna, I Latini e gli altri popoli del Lazio in Italia
Omnium Terrarum Alumna, Milano 1988, p. 493; F. Zevi, in Roma 1990, pp. 264–269; F.
Zevi, La tomba del guerriero di Lanuvio, in Spectacles sportifs et scéniques dans le monde étrusco–italique. Coll. de l’École Française de Rome, 172. Actes de la Table Ronde (Rome 3–4
mai 1991) École Française de Rome, Palais Farnèse, 1993, pp. 409–442.
27.LIV. III, 29.
28.LIV. IV, 15 e 27.
29.LIV. VI, 2.
22
Il santuario ed il culto di Ercole a Lanuvio
tra le quali era annoverata anche Lanuvio, con le colonie dei Circeiesi e dei Veliterni, scese in guerra contro Roma30. A questo punto,
Livio esprime lo stupore riguardo a Lanuvio, che fino ad allora era
stata fedelissima e dunque, tenuta in gran conto da Roma stessa.
Successivamente, tra 341 e 340 a.C., le milizie lanuvine si distinsero nelle ostilità tra Romani e Sanniti, aiutando le altre città latine,
scese in guerra per reclamare i propri diritti civili31.
Con lo scioglimento della Lega Latina nel 338 a.C, a seguito della
vittoria di Roma, Lanuvio è introdotta nello stato romano giovandosi della civitas optimo iure, al pari di altre città latine come Aricia,
Tusculum, Nomentum e Pedum.
È stato spesso sottolineato che le vengono lasciati dei privilegi
e l’antico santuario di Iuno Sospita sarà da questo momento in poi
sotto la giurisdizione sia dei Romani (che manderanno ogni anno il
console in carica a sacrificare) che dei Lanuvini32. Ancora, qualche
anno dopo (332 a.C.) il suo territorio viene ascritto alla tribù Maecia.
A tal proposito giova ricordare che di solito i censori, incaricati di immettere i novi cives all’interno dello stato romano, procedevano semplicemente estendendo verso la campagna romana i territori delle
vecchie tribù rustiche: così l’annessione di Tusculum aveva provocato
l’estensione della Papiria, quella di Aricia l’estensione della Horatia e
non vi era stata dunque la creazione di nuove tribù per queste città.
Diverso il caso di Lanuvio: la città ed il territorio vennero ascritti alla tribù Maecia, una delle due (l’altra era la Scaptia) create nel
332 a.C. Si è pensato che uno dei motivi fosse puramente geografico: la posizione di Aricia con la Horatia non avrebbe permesso una
connessione di Lanuvium ad una delle antiche tribù senza soluzione di
continuità; ma è possibile che vi fosse anche a qualcos’altro: di solito
la creazione di una nuova tribù era riservata ai cittadini originari di
Roma, destinatari di terre confiscate; certamente la confisca vi fu per
un territorio sotto la dominazione volsca, il cui nome passò alla tribù
stessa (Ad Maecium), ma è probabile che anche il territorio di Lanuvium
avesse subito una confisca che andò a beneficio di cittadini romani. La
30.LIV. VI, 21.
31.LIV. IV, 27 e VIII, 12.
32.LIV. VIII, 2–3, e XII.
Introduzione
23
tribù Maecia dunque dovette comprendere sia i novi cives lanuvini che
vecchi cittadini romani che si installarono sui territori confiscati33.
Il caso di Lanuvium e della nuova tribù Maecia è stato chiamato
a modello di una organizzazione politico–amministrativa romana calata nella realtà che si andava ad incontrare nel momento
dell’inserimento di nuovi cittadini: la tribù Maecia dovette favorire l’integrazione politica dei Lanuvini e, nello stesso tempo, i
cittadini romani dei territori confiscati si potevano giovare dell’amministrazione locale ancora pienamente efficiente. Il caso di
Lanuvium può rappresentare un esempio, nello stesso tempo, di
volontà di fusione e centralizzazione di nuovi e vecchi cittadini nel nuovo sistema della tribù e, nello stesso tempo, di decentramento, in quanto dovettero permanere la distanza e l’alterità
tra il territorio, assegnato ai cittadini romani e il nucleo urbano,
in mano ai lanuvini, novi cives34. A tal riguardo va ricordato che
una testimonianza archeologica proveniente proprio dal Tempio
di Ercole dà credito all’ipotesi che esistesse una reale giustizia
“decentrata” in mano agli aediles locali: l’iscrizione sull’oinochoe
bronzea donata aere moltatico, ossia con i proventi di una ammenda, inflitta dagli stessi aediles (1.4.2 1).
A Lanuvio fu concesso dunque di reggersi ancora con i suoi vecchi ordinamenti: un dictator, gli aediles, un questor ed un praetor, anche se la città sarà sempre, d’ora in poi, una città incorporata nello
stato romano, ma come municipium: come ricorda Livio, gli abitanti
di Lanuvium sono ormai municipes Lanuvini, ossia cives Romani, ma
distinti dal populus Romanus propriamente detto35.
Fino alla seconda guerra punica, non si parla più di Lanuvio, quando,
mentre Annibale andava contro Roma per la via Latina, il proconsole
Quinto Fulvio, dovendo passare per l’Appia, spedì ordine ai municipi
che si trovavano su questa via (tra cui anche Lanuvio), che preparassero
i viveri per il suo esercito ed ogni città ritirasse dentro la guarnigione36.
Da Appiano si rileva, nel I libro delle Guerre Civili, che Lanuvio era una
delle città che serviva per l’approvvigionamento di grano al popolo ro33. Humbert 1978, pp. 177–178.
34. Humbert 1978, p. 179.
35. Humbert 1978, pp. 192–193.
36.LIV. XXVI, 6.
24
Il santuario ed il culto di Ercole a Lanuvio
mano e che Mario se ne impadronì di sorpresa: occupazione che la rese
quasi deserta, motivo per cuiCesare vi dedusse una colonia.
Nel I sec. a.C. Lanuvio vive un particolare periodo di fulgore tale
da giustificare ai tempi di Cicerone, la definizione di “municipium
antiquissimum et honestissimum” 37 nel ricordare le origini di L. Licinio
Murena, console romano38. Non va tralasciato infatti che già dalla
fine del II sec. a.C. e per tutta l’età imperiale, il territorio dell’ager Lanuvinus fu prescelto per l’edificazione di numerosi impianti residenziali di illustri famiglie romane, tra i quali va annoverata la villa degli
Antonini39. All’interno dell’area urbana, degne di nota sono state le
scoperte di un balineum40 e di un teatro di II sec. a.C., interessato da
rifacimenti in età augustea41.
3. Mito greco e mito troiano
Due in particolare sono i filoni mitici ai quali gli studiosi si sono
richiamati per l’origine della città: uno greco–argivo, l’altro, troiano.
Il positivismo storico–filologico della fine dell’Ottocento considerò
tali agganci completamente leggendari, ma la ricerca archeologica,
in particolare degli ultimi decenni, ha potuto restituire ad essi una
certa credibilità, riconoscendovi un fondo di verità.
Coloro ai quali, in primis, va il merito di aver avviato questi studi,
sono A. Alföldi42 e M. Pallottino43, i quali sono riusciti a dare interessanti indicazioni su avvenimenti e fatti, posti agli albori della formazione dei popoli e delle città del Lazio antico: in particolare, il primo
analizzando l’aspetto socio–religioso dei Latini, gli Etruschi a Roma
37.Cic. Pro Murena, 40, 86; 41, 90.
38. Chiarucci 1983, pp. 29–34.
39.Per un panorama sulle ricerche archeologiche sulle ville di età romana, Attenni
2003, p. 12 ss. e pp. 45–52.
40. Chiarucci 1983, pp. 122–123. Per le probabili fondazioni del balineum e resti della
via Ardeate–Lanuvina, Attenni 2003, p. 57 e da ultimo Attenni 2008, pp. 31–34.
41. Chiarucci 1983, p. 123 ss. Attenni 2003, pp. 40–43.
42.A. Alföldi, Early Rome and the Latins, Michigan 1965, in part. cap. VI “Leggende
Troiane e dominazione etrusca”, p. 278 e ss.
43. M. Pallottino, Le Origini di Roma, in ArchClass XII, 1960, pp. 1–36.
Introduzione
25
e l’ascesa di Roma nei confronti delle città latine; il secondo dando
un quadro preminentemente archeologico–cronologico delle prime
testimonianze necropolari di Roma e del Lazio.
Più recentemente, altri archeologi, come F. Zevi, G. Colonna e L.
Attenni sono ritornati, con alcuni contributi, a considerare le origini
mitiche della città, integrando le vecchie conoscenze di storici lanuvini, con nuovi rinvenimenti archeologici.44
A partire dal Volpi45, molti storici erano concordi ad attribuire la
fondazione di Lanuvium a Diomede figlio di Tideo, signore di Argo,
secondo la versione tradizionale di Appiano46; D. Musti ritiene che
il suo culto si sia diffuso nella penisola già precedentemente al VII
a.C., soprattutto in area adriatica, a seguito di presenze miceneee
poi corinzie e greco–periferiche; dall’odierna Puglia, la leggenda di
Diomede si sarebbe irradiata e poi diffusa soprattutto nel corso del
IV–III sec. a.C.47 L. Attenni48discutendo sulle origini mitiche di Lanuvio, ha confermato che, se il culto di Diomede sarà stato diffuso
nella nostra penisola già in un’epoca precedente al VII secolo a.C.,
la leggenda di lui come fondatore di città sulla via Appia ed anche
sulla via Latina (Lanuvium, Lavinium, la stessa Roma), è da mettere
in relazione con gli interessi di Roma verso la Daunia, in un periodo posteriore al 314 a.C., quando viene fondata la colonia latina di
Luceria: Roma in tal modo, voleva isolare culturalmente i Sanniti,
a lei ostili e legare a sé in una sola volta la Daunia, la Campania ed
il Lazio49.
Più recentemente la Pasqualini ha ipotizzato che la recezione della saga di Diomede sia avvenuta a Lanuvio in un periodo più preciso, quale è quello successivo all’incendio gallico di Roma, quando
alcune città latine, tra cui anche Lanuvio, in lotta contro Roma, si
allineano su posizioni filosiracusane, accogliendo come ecista una
44.Per rapporti Lazio-Sicilia: Zevi 1989, pp.247-290; Colonna 1992, pp.101-126; Attenni 1996-1997; Zevi 1999, pp. 315-343; Attenni 2003, p. 6-12; Zevi 2005, pp. 59-67.
45.Volpi 1732, pp. 2–3.
46.App., Bell. Civ., II, 20.
47. Musti 1988, pp. 173–195.
48. Attenni 1996–97, pp. 33–40.
49. Attenni 2003, p. 115, note n.44 e n. 47.
26
Il santuario ed il culto di Ercole a Lanuvio
figura gradita a Dioniso II, tiranno di Siracusa50. Non va tralasciato
inoltre che la figura di Diomede a Lanuvio poteva trovare una certa
eco per il fatto che il culto della Iuno Sospita richiamava quello della
Era argiva, protettrice dell’eroe, come confermato anche da un passo di Cicerone (De Nat.Deor. I, 29, 82), in cui si parla della loro, anche
inconsapevole assimilazione51. L’altra tradizione mitica sulle origini
di Lanuvium è quella connessa con l’arrivo di Enea nel Lazio, assieme
ai suoi compagni troiani. Ne abbiamo testimonianza nel testo dell’iscrizione dipinta su frammenti d’intonaco, da Tauromenion, che, parlando di Fabio Pittore, il primo annalista romano, lo ricorda come
colui che “narrò”, l’arrivo di Eracle in Italia ed il viaggio di Lanoios,
alleato di Enea e di Ascanio52. Tale scoperta epigrafica fu studiata dal
Manganaro53, poi ripresa da Coarelli54, e tuttora è fondamentale, sia
per le considerazioni sulle origini lanuvine, sia per un’altra versione,
o approfondimento, della leggenda troiana nel Lazio. In questo caso,
Lanoios, compagno d Enea, si pone come un eroe fondatore, eponimo di Lanuvio. Ma è stato giustamente sottolineato che la leggenda
di Lanoios è importante anche per un altro motivo: essa appare come
un tentativo di fondere due filoni mitografici diversi, ossia quello relativo all’origine troiana e quello relativo alla consanguineità sicula55.
Filone quest’ultimo, spesso menzionato nel caso di fondazioni di città del Lazio da parte dei Siculi (è Dionigi di Alicarnasso a fornirci
la lista delle città del Lazio fondate dai Siculi56, tra le quali però non
compare Lanuvium) senza ritornare sul discorso dell’affinità linguistica del gruppo protolatino col siculo57, questione sulla quale Zevi
si dice propenso piuttosto a ritenere che “sia stata proprio la presunta
50. Pasqualini 1998, p. 674.
51.Sanchirico 2010, p.13.
52. Zevi 1999, p. 315 ss.
53. G. Manganaro, Una biblioteca storica nel Ginnasio di Tauromenion e il P. Oxy 1241,
in ParPass, CLVIII, CLIX, 1974, pp. 389–409.
54. Coarelli 1975, pp. 35–37
55.Zevi 1999, L’autore collega le due testimonianze della troianità di Lanuvio e la
singheneia con Centuripae, ossia col mondo siculo: p. 321.
56.Dion.Hal. I, 16. Secondo Dionigi D’Alicarnasso, i Siculi, appartenenti al gruppo
protolatino del Lazio, dopo la guerra di Troia, sarebbero gli stessi che, scacciati parzialmente dagli Aborigeni, andarono a popolare la Sicilia orientale: Dion.Hal. I,7.
57. G. Devoto, Siculo e protolatino, in StEtr XXVII, 1959, pp. 11–150.
Introduzione
27
origine romana dei Siculi a determinare un’attenzione particolare alle somiglianze tra latino e siculo”58. Una scoperta archeologica avvenuta
pochi anni prima di quella di Tauromenion, nel 1962, un documento
che è una espressa dichiarazione di “syngheneia” tra Lanuvium e Centuripae, nonchè un’attestazione che Lanuvio fosse una colonia della
città sicula, dà fede a tale mitica comune origine59: il documento epigrafico, redatto in dialetto dorico su una lastra calcarea e datato al II
sec. a.C., menziona l’invio da parte di Centuripae, a Roma e Lanuvio
di propri ambasciatori, Philiarcos, Lampon e Xoarcos, per ottenere dal
senato lanuvino il riconoscimento ufficiale dei vincoli che legavano
le città e si connota come un riconoscimento ufficiale di quei vincoli
di parentela, amicizia ed ospitalità che in antico già avevano legato
Lanuvio e la città sicula. È stato ipotizzato che il richiamo alla troianità di Lanuvio si sia formato nell’ambito di quelle correnti mitologiche che nacquero autonomamente in Roma stessa intorno al IV
secolo a.C. e di lì, con sfumature locali, si propagarono nel Lazio
latino, come già affermato da Castagnoli60, mentre, secondo altri,
il gemellaggio, nonché la recezione della saga di Lanoios a Lanuvio,
potrebbero risalire al III sec. a.C., durante il periodo della I Guerra
Punica, quando Centuripae si arrese a Roma e Lanuvio potè accogliere il bagaglio mitologico siculo61.
Andando ad analizzare la documentazione archeologica si deve
ammettere che la presenza di tradizioni e contatti con il mito greco
o troiano è certo più antico.
A Lavinium infatti, in relazione con il santuario delle Tredici Are,
un tumulo orientalizzante, in seguito identificato con l’Heroon di
Enea62, conobbe già nella prima metà del VI sec. a.C. interventi cultuali con offerte (oinochoe di bucchero, anfora commerciale etrusca) e
forse modifiche strutturali; verso la fine del IV sec. tutta l’area fu oggetto di una ristrutturazione, che comportò la costruzione dell’He-
58. Zevi 1999, p. 325, in part. nota n. 27.
59.G.Manganaro, Un Senatus Consultum in greco dei lanuvini e il ricorso della “cognatio” con i Centuripini, in RendAcc di Napoli 1963, pp. 23 e ss.
60. F. Castagnoli, Roma arcaica e i recenti scavi di Lavinio, in ParPass. XXXII, 1977, p. 354.
61.Sanchirico 2010, pp. 12–13, con bibl. precedente.
62.Dion. Hal.,I, 64, 4–5.
28
Il santuario ed il culto di Ercole a Lanuvio
roon di Enea stesso63. In relazione a questo discorso, giova ricordare alcuni esempi paradigmatici che l’archeologia fornisce per l’area
etrusca vicina a Roma: dai santuari di Portonaccio e di Campetti/
pendici nord a Veio, provengono alcune repliche del tipo di statuetta
con Enea che porta sulle spalle il vecchio padre Anchise: da M. Torelli sono state riferite alla fase di rivitalizzazione del culto da parte di
coloni romani, che intendevano così proporre il loro insediamento
in area etrusca come un perpetrare l’antica vicenda mitica delle origini, mentre, anche in studi recenti, è stata ribadita una cronologia
certamente più alta, riferibile al V sec. a.C.64 A conferma della presenza di un vero e proprio culto di Enea nell’Italia centrale nel V
sec., proprio a Veio, è la scoperta di un cospicuo frammento di
statua fittile policroma raffigurante probabilmente il gruppo di
Enea che porta su una spalla il vecchio Anchise che sostiene a sua
volta, con entrambe le mani, i sacra della città, nella fuga da Troia
in fiamme. Il gruppo statuario, stilisticamente vicino alle opere
di coroplastica uscite dall’officina veiente del Maestro dell’Apollo
e databile entro i primi due–tre decenni del V sec. a.C., proviene
da un’area di scavo65,situata in loc. Campetti/pendici sud, le cui
emergenze in passato erano state ritenute riferibili ad una vasta
villa suburbana, mentre oggi vengono attribuite ad un complesso “termale–terapeutico” con forti valenze cultuali: iscrizioni di
età imperiale attestano la presenza di Ercole associato alle Fonti,
63. M. Guaitoli, in Roma 1990, p. 183.
64.Si tratta in tutto di sette esemplari, di cui tre provenienti da Portonaccio ( n. inv.
Del Museo di Villa Giulia, 40272, 39820, 39595, cfr G. A.Colini, Scavi nella città e nella necropoli di Veii, pp. 21 e 23 (rel. dattiloscritta conservata nell’Archivio della Soprintendenza
archeologica dell’Etruria meridionale) e G.Q. Giglioli, Osservazioni e monumenti relativi
alla leggenda delle origini di Roma, in BullCom LXIX, 1941, p. 8, fig.1 e tav. IIb). A. Comella–G. Stefani, I materiali votivi del santuario di Campetti a Veio. Scavi 1947 e 1969, 1990, p.
213. L.Vagnetti ( Il deposito votivo di Campetti a Veio, Firenze 1971, N I, tav. XLVIII, pp. 88 e
181) datava il gruppo di Enea ed Anchise all’inizio del V sec. a.C., mentre la Comella, in
accordo con Torelli, (M.Torelli, recens. a L. Vagnetti, Il deposito votivo di Campetti a Veio,
Firenze 1971, in DialArch VII 1973, pp. 399–401), lo mette in relazione con la presenza
dei coloni romani nella città. Più recentemente ed ampliamente sulla questione Colonna
2009, p. 63, in part. nota n. 70.
65.Sotto la direzione scientifica di A. Carandini.
Introduzione
29
Diana ed Igea forse in associazione con Esculapio66. Enea a Veio
doveva essere stato rappresentato nelle vesti di fondatore, come
lascia pensare il fatto del trasporto nella città dei sacra Troiana,
in una versione tutta “locale” e popolare del culto, come peraltro
confermato dalle repliche della statuetta di piccole dimensioni67.
Più recente e di chiara impronta anti–romana è la decorazione
pittorica delle pareti degli ambienti centrali della Tomba François di
Vulci che mostra, in una sequenza di avvenimenti mitologici greci
e narrazioni storiche etrusche, l’opposizione tra Etruschi vulcenti,
visti come Greci ed una coalizione antivulcente (con Roma), vista
come Troiani, destinati a soccombere ai primi68.
È stato spesso detto che i miti troiani, sottolineati dal ritrovamento dell’iscrizione di Tauromenion, potrebbero essere giunti nelle città
laziali, tramite le città costiere del Lazio, come Lavinium, città molto aperta ai contatti con la cultura greca, oppure Ardea, anche se
rimane da non sottovalutare la possibilità dell’arrivo di tali influssi
tramite una via interna69.
Gli avvenimenti storici ci parlano, a fine VI sec. a.C. (504) della
battaglia di Aricia, in cui Latini e Cumani si scontrarono con Roma
e gli Etruschi di Porsenna, mentre le terrecotte del tempio di Iuno
Sospita, attribuite ad una bottega itinerante campana come alcune
dall’Aphrodision di Ardea, permettono di trovare corrispondenze archeologiche delle narrazioni mitiche70.
L’analisi del gruppo statuario di Veio ha permesso di tornare sul
significato del richiamo all’origine troiana per i Romani ed i Latini,
66. Colonna 2009, pp. 53–59.
67. Cfr. nota n. 64. Ad Enea è stata attribuita anche la raffigurazione di testa con elmo
ionico, di una grossa applique su un’ansa di bucchero appartenente ad un kyathos di particolare foggia, proveniente dal santuario di Portonaccio, facendo innalzare la cronologia
del culto dell’eroe a Veio alla metà del VI sec.: Colonna 2009, pp. 67–68.
68. M. Cristofani, in Roma 1990, pp. 18–19.
69. Attenni 2003, p. 7.
70. Attenni 2003, pp. 9–10. Va ricordato che la città di Ardea è stata considerata l’approdo ideale di Lanoios, nel suo rapporto con l’area più interna di Aricia e Lanuvium,
come Lavinium lo sarà stato per Alba: per la questione dell’identificazione del santuario
della Banditella ad Ardea con l’Aphrodisium e per i rapporti con l’altro santuario laviniate
di Afrodite, cfr Colonna 1995 e Zevi 1989.
30
Il santuario ed il culto di Ercole a Lanuvio
ampliamente trattata da Ellanico71, lasciando ipotizzare la possibilità
che la vicenda non sia “invenzione greca”, ma romano–latina: già almeno in epoca tardo–repubblicana il dirsi “Troiani” poteva significare,
per questi popoli, dichiarare la propria alterità verso il mondo greco,
nonostante le forti connessioni culturali esistenti con la Grecia stessa.
Intendendo “mondo greco” in rapporto/opposizione con gli Etruschi, la questione appare più chiara: gli Etruschi vantavano, attraverso
la saga dei Pelasgi, una antica ascendenza greca, quindi l’opzione troiana dei Romani (e di Lavinati) proposta da Ellanico potrebbe essere
letta come una presa di posizione anti–etrusca/anti–pelasgica. Non è
un caso che Veio, del tutto immune da legami con la saga pelasgica
e culturalmente molto vicina ai Latini, abbracciasse il filone mitico
dell’origine troiana. Tra i Romani la saga di Enea rimarrà legata soltanto ad una certa parte del patriziato, quella rappresentata dalle familiae Troiane che F. Zevi ha ricordato in vari contributi72, mentre a Veio,
soprattutto nel V sec., quando si riaccese l’antico conflitto con Roma,
sarà rivendicata polemicamente tutta per sè73.
Gli usi che nel tempo farà Roma di tali tradizioni mitiche, in particolare di quella troiana, saranno diversi: da una parte, verranno usate
per cementare culture diverse all’interno di un grande impero, dall’altra, per diversificarsi dai Greci e dagli Etruschi, dandosi una patente
71. Per il tutto il discorso cfr. A. Momigliano, Dionys.Hal., Ant., I,72,2 (Interpretazioni
minime V), in AnnScPisa X, 1980, pp. 1223–1225 (=Roma Arcaica, Firenze 1989, p. 323 s.);
C. Ampolo, Enea ed Ulisse nel Lazio da Ellanico (FGrHIST 4 F 84) a Festo (432 L) in ParPass
XLVII, 1992, pp. 321–342.
72. Zevi 1989, p. 261 ss.; Zevi 1999, pp. 340–343. Al V sec. a.C. Fausto Zevi fa risalire
l’innesto a Roma e nel Lazio della tradizione mitica di matrice siceliota, all’epoca successiva alla cacciata dei Tarquini, quando la presenza dei tiranni di Gela e Siracusa si fa
forte nel Tirreno ed a Roma stessa: non si può conoscere il momento dell’ “invenzione”
della saga di Lanoios, che, secondo lo studioso può essere forse attribuibile a Fabio Pittore o piuttosto a lui precedente (Zevi 2005, p. 64), fatto è che “si adombrano relazioni
tra Lazio e Sicilia certo più antiche del periodo della Prima Guerra Punica: basti pensare al legame tra Ardea e la sua colonizzazione del 442 a.C. con antichissime gentes
albane e “famiglie troiane” come i Cloelii Siculi, dal significativo cognomen” (Zevi 1989,
pp. 244–271) o “l’arrivo, sempre ad Ardea, dei tonsores siciliani, evento del quale ci sfugge
il completo significato”. (Varr., in Plin. N.H. VII 211).
73. Colonna 2009, pp. 71–72.
Introduzione
31
di civiltà74. È interessante sottolineare il fatto che nel darsi un’origine
mitica, le élites municipali del Lazio, all’indomani dello scioglimento
della Lega Latina nel 338 a.C. si opposero alla “troianità” di Roma e
scelsero delle origini greche: tra tutte le città latine, l’unica che non
segue questo schema, è proprio Lanuvio75, città che ebbe sempre
rapporti privilegiati con Roma: l’iscrizione trovata a Centuripae, che
attesta la “syngheneia” tra Lanuvium e Centuripae potrebbe sottolineare anche la volontà della stessa cittadina sicula di utilizzare questi
rapporti, per avvicinarsi di più a Roma76.
È stato dunque notato che la scelta comune del Lazio, di darsi
riferimenti mitici greci, sia stata fatta in polemica con Roma, quella
Roma che appariva “troiana” e aperta allo straniero77, mentre, orgogliosamente, i Latini rappresentavano un popolo greco, non disposto a cedere il proprio potere ad elementi “barbari”, come traspare
dal discorso che Dionigi di Alicarnasso mette in bocca a Mezio Fufezio, dittatore degli Albani, e quindi dei Latini, quando si approssimava lo scontro tra Orazi e Curiazi78.
La “troianità” di Lanuvio potrebbe leggersi anche nelle caratteristiche del paesaggio, che ne fanno una città posta su altura
non troppo elevata, in connessione (non diretta) con il mare e
con altri corsi d’acqua: elementi naturalistici che debbono aver
favorito il fissarsi di quella tradizione di identificazione culturale,
già presente in autori di V sec. a.C. e ben documentata per Lavinium–ager Laurens. Va ricordato, per il nostro discorso, che proprio
lo spiccato carattere troiano di questo tratto del paesaggio costiero
spiegherebbe l’accanimento di Giunone contro la città fondata da
Enea e il fatto che essa possa avere soltanto una durata effimera79.
74. Attenni 1996–97, p. 35.
75. Pasqualini, 1996–1997, p. 26.
76. Attenni 2003, p. 114, nota n. 18.
77. Pasqualini, 1996–1997, p. 27.
78.Dion Hal., III 10, 3–5: “Tullo, noi siamo degni di essere a capo anche del resto dell’Italia
perché rappresentiamo un popolo greco e il più grande di quelli che abitano questa terra…La stirpe
degli Albani si è mantenuta fino ad oggi così come era al tempo dei fondatori della città…Se noi vi
cedessimo il potere, il figlio bastardo comanderebbe sul legittimo, il barbaro sul greco, lo straniero
sull’indigeno”.
79. Musti 1988, pp. 110–113.
32
Il santuario ed il culto di Ercole a Lanuvio
Il Tomassetti, ricorrendo ad un’antica tradizione popolare, basata
però sulla confusione del nome di Lanuvio con quello di Lavinio, l’antichissima città marittima ora scomparsa (a tale confusione si collega
anche la tradizione di un anello, sulla parete a sud della cinta muraria,
che si dice fosse quello su cui Enea avrebbe attaccato la sua nave) fa
risalire ancora ad Enea l’origine della città80.
Studiosi di tempi non recentissimi sostennero inoltre un’altra
tesi, che è quella della fondazione di Lanuvium da parte di Etruschi81,
che oggi è ampliamente superata: i resti risalenti all’età del Ferro,
rinvenuti sul Colle S. Lorenzo, attestano l’ininterrotta continuità di
vita della città, nonché una vicinanza con gli altri villaggi dei Colli
Albani. I resti simili a quelli prodotti in Etruria sono stati più correttamente riferiti una presenza politico–economica del popolo d’oltre–Tevere su Roma e sul Lazio, specialmente avvertibile nella “Età
dei Tarquini”.
4. Gli altri culti di Lanuvio
Il santuario di Iuno Sospita
Giunone fu divinità molto antica nel Lazio e molto amata anche dai Romani82, che, a detta di Ovidio, le innalzarono un tempio
sul Palatino presso quello della Magna Mater (Fast. II,5) ed i consoli
venivano ogni anno a Lanuvio a propiziarsela con sacrifici. Il culto
di Giunone a Lanuvio era certamente quello più famoso, tanto che
Silio Italico chiama la città “Iunonia Sedes”.
80. G. Tomassetti, Antichità di Lanuvio (Civita Lavinia), in La Rassegna Italiana, Roma
1882, pp. 3–18.
81. C. Pascal, Studi di antichità e mitologia, Milano 1896, pp. 209–220.
82.Una disamina globale dei culti lanuvini è quella fornita, ormai qualche decennio
fa, dal Gordon (Gordon 1938); per il culto di Giunone Sospita: Galieti 1916; Chiarucci 1983, pp. 56–79; per le strutture del santuario: Colburn 1914, pp. 17–198; Bendinelli
1921,coll.293–370; F.Coarelli, Il santuario tardo repubblicano di Lanuvio, in Archeologia e
Società, 1976, n.2, pp 62–70; Chiarucci 1983, pp. 176–190; per le ultime indagini, promosse dall’Università “La Sapienza” sotto la Direzione Scientifica del Prof. F. Zevi e di settore
del dott. L. Attenni: Santi 2010, Attenni 2010, con bibl. prec.
Introduzione
33
L’iconografia della dea di Lanuvio è ben nota, oltre che per un
passo di Cicerone83 anche per monete di tarda età repubblicana84 e
per una statua marmorea in Vaticano che sembra provenire dal Palatino. Sue caratteristiche sono la spoglia di capra, scarpe con doppia
suola e la punta rivolta in alto, asta nella mano destra, scudo bilobato nella sinistra ed il serpente85.
Dopo la vittoria di Roma sui Latini, avendo i Romani reclamato la
comunanza del culto della dea, entrarono a far parte del collegio sacerdotale (presieduto da un flamen eletto dal dittatore municipale) molti
cavalieri romani e delle province. Alle esigenze di culto provvedevano
i sodales Lanuvini, costituenti l’ordo iuvenum Lanuvinorum (v. CIL XIV
4178b), che potevano dare anche degli spettacoli in onore della dea.
Per Galieti, i riti in onore della dea lanuvina avevano il loro fulcro in
un Lucus, in aperta campagna, come anche ricorda Cicerone86. Molto
probabilmente si estendeva a ponente della collina dove sorse la città di
Lanuvio87. Infatti tra l’attuale collina detta Monte Giove e quella di Lanuvio, esiste un terreno leggermente ondulato denominato “La Selva”,
dove nel 1850 venne in luce un epistilio di peperino, con una dedica a
Giunone, che pertanto doveva far parte di un’edicola sacra. Qui poi sorse una chiesetta intitolata alla Madonna della Selva, che passò sotto alla
chiesa di S.Lorenzo, fondata nel XII secolo dai Benedettini, sull’acropoli
di Lanuvio. Si è pensato ad una unità fondiaria, proveniente da un’antica
destinazione sacra fin dall’antichità, tra il terreno della Selva e quello
dell’Acropoli, dove si trovava il tempio di Giunone.
Properzio ed Eliano88 riferiscono per la Iuno Sospita di un rito particolare che prevedeva l’offerta di focacce di farro da parte di fanciulle
83.Cic, De nat.deor., I,29,83.
84.Emesse dai triumviri monetali delle gentes Procilia, Mettia, Cornuficia, Papia, Roscia
e Thoria: Chiarucci 1983, p. 27 ss.
85. Per l’iconografia della dea, ed in particolare per la trattazione della tipologia dello
scudo: G.Colonna, Gli scudi bilobati dell’Italia centrale e l’ancile dei salii, in ArchClass XLIII,
1991(Miscellanea etrusca e italica in onore di Massimo Pallottino), pp. 55–122 (= Colonna
2005, II,2, pp. 1280–1338, in part. pp. 1320–1321).
86.Cic, De Leg.,II,8,19
87.Liv. VIII,14, 2: dall’autore, che parla degli avvenimenti del 338 a.C. è dedotto che
il tempio ed il bosco fossero due cose distinte e non contigue (Galieti 1916, p. 35).
88. Prop. IV,8; Aelian., De nat. anim., XI,16.
34
Il santuario ed il culto di Ercole a Lanuvio
vergini, ad un serpente sacro che viveva in una grotta situata all’interno
del santuario, antico ricordo di un gesto che mirava alla propiziazione
della annata agricola; se il serpente avesse rifiutato l’offerta, segno di
mancanza di castità delle fanciulle, una di queste sarebbe stata sacrificata. La presenza nel rito del sacrificio umano è stato riferito all’antico probabile culto agrario della dea, che aveva lo scopo di assicurare
la fecondità della terra e l’abbondanza del raccolto. Va ricordato che
godevano nella zona di una certa rinomanza, i colubri, che ancora a
Lanuvio, vengono chiamati “Serpenti della Regina” e che a volte venivano utilizzati a scopo domestico per purgare le case dai topi. Nella
divinità, accanto all’elemento magico–agrario adombrato dalle fonti,
era presente per Galieti, anche quello funerario: sotto il battuto del
pronao del tempio, vennero ritrovati infatti resti di sacrifici consistenti
in semi di ceci ed in maggior numero, di fave, ritenute cibo funerario
per eccellenza, sia in pozzetti scavati nel tufo, sia in vasi di terracotta,
sia semplicemente interrate: rispetto a queste antiche caratteristiche,
secondarie e successive sarebbero per lui quelle riguardanti l’aspetto
pastorale89. Al contrario Chiarucci ritiene che nella divinità siano presenti le due componenti agraria e pastorale, ma quest’ultima sarebbe
la più antica, accanto alla quale, in un secondo tempo, venne introdotta quella agraria, incarnata dal serpente90.
Il santuario di Giunone Sospita, nei suoi ultimi rifacimenti risalenti ad età imperiale appare strutturato su più terrazzi ma le testimonianze archeologiche, ancora ben rintracciabili nella città moderna,
ci parlano di varie fasi edilizie di questo importante luogo di culto: la
prima fase è documentata da fondazioni in blocchi di tufo pertinenti
ad una struttura rettangolare, orientata a sud–ovest, risalente ad età
alto–arcaica (fine VII–1/2 VI sec. a.C.) della quale non sono note terrecotte architettoniche; anche alcuni resti di vasellame in bucchero
sarebbero da far risalire alle più antiche frequentazioni dell’area91.
89. Galieti 1916, pp. 35–36.
90.Chiarucci 1983, p. 75 ss.; recentemente, per il legame Iuno Caprotina/Sospita e
fecondità F. Calisti, “Mefitis: dalle Madri alla Madre”. Un tema religioso italico e la sua interpretazione romana e cristiana, Roma 2007, p. 87 e ss.
91.Per le prime fasi del santuario: Colonna 1984, p. 401 e pp. 406–408 (=Colonna
2005,II,1, p. 947 e p. 954 ss., fig. 7) Per la retrodatazione della prima fase del santuario: L.
Attenni, Il santuario di Giunone Sospita. Osservazioni sulla fase arcaica e tardo–repubblicana,
Introduzione
35
La seconda fase, databile alla fine del VI secolo, è testimoniata da
terrecotte architettoniche (antefisse a nimbo traforato, lastre di rivestimento), rinvenute all’interno di una fossa votiva e oggi conservate
al British Museum e nel Museo di Villa Giulia di Roma92. Il tempio,
di cui oggi restano alcune strutture in peperino, era di tipo tuscanico a tre celle con due file di colonne sul pronao ed orientamento ad
ovest; alla fine del VI sec. inoltre, risale un frammento di bucchero
che conserva inciso un antico alfabetario93; la terza fase, databile a
fine IV–III secolo a.C è quella relativa all’ingresso di Romani nella
gestione del culto della dea ed ad una ricostruzione di tutto l’impianto religioso: il tempio medio–repubblicano, a cella e due alae laterali, utilizza molti blocchi del tempio precedente, ma con un leggera
mutazione nell’orientamento. La quarta fase si data ad età sillana o
poco prima ed è caratterizzata da resti di strutture in opera incerta.
La quinta ed ultima fase, databile all’incirca alla metà del I secolo
a.C. conserva i resti di un bel portico ad arcate, forse a due piani
ed i resti forse di un arco di ingresso monumentale all’acropoli; nei
pressi dell’arco vennero rinvenute statue marmoree (oggi al British
Museum) pertinenti ad un gruppo equestre, forse da mettere in relazione con il console L. Licinio Murena, di origine lanuvina, a cui è
stata anche attribuita l’ultima fase del santuario94.
Proprio a partire dalla tarda età repubblicana si conferì la maggiore monumentalità al tempio e alla zona ad ovest di esso, quando si
ricostruì il nuovo e più grande santuario su vari piani e terrazzamenti, con edifici in opus reticolatum che si sovrapposero ad altri in opus
incertum. I lunghi portici colonnati del santuario erano destinati non
solo a ospitare i numerosi pellegrini, ma anche forse ad accogliere la
processione che dal tempio si snodava fino alla spelonca del serpente sacro alla dea lanuvina, dove si celebrava ogni anno la cerimonia
propiziatoria per l’annata agricola95. Proprio all’estremità del lungo
portico, che funge da sostruzione ai terrazzi è stata rinvenuta una
in Lazio e Sabina 2, Atti del Convegno Roma 7–8 maggio 2003, Roma 2004, pp. 221–226.
92. Bendinelli 1921, c. 319 ss; Roma 1990, 8.5.1, p. 198, tav. XVI.
93.L. Attenni–D. Maras, Materiali arcaici dalla Collezione Dionigi di Lanuvio e il più
antico alfabetario latino, in StEtr LXX, 2004, pp. 61–78.
94. Attenni 2003, p. 70 ss.
95. Cfr. nota n.88.
36
Il santuario ed il culto di Ercole a Lanuvio
porticina, in connessione a vari cunicoli, interpretata da Chiarucci,
come “l’antro del serpente”, destinatario dei riti e sacro alla dea96.
***
Va ricordato che sull’acropoli di Lanuvio, testimonianze archeologiche accennano alla presenza di altri luoghi sacri: un tempio, forse dedicato a Giove97, sotto una proprietà privata, del quale furono rinvenuti
alcuni blocchi in peperino; un tempio a pianta circolare, già menzionato
alla fine dell’ ‘800; un luogo sacro inoltre doveva esistere presso la porta
settentrionale dell’acropoli, presso le mura, dal quale proverrebbe vario
materiale votivo, relativo ad un culto di carattere salutare98.
Luogo sacro in loc. Pantanacci
Del santuario, raggiungibile tramite una strada che si originava
al XIX miglio della via Appia e di cui restano alcuni tratti nei pressi
dell’imbocco per Lanuvio non si conosce la divinità destinataria del
culto, né il periodo di abbandono: è stata trovata soltanto la favissa
colma di materiale ceramico, mentre quella del materiale votivo, doveva trovarsi nelle vicinanze, anche se non è stata ancora scoperta.
Le ceramiche compongono un quadro cronologico che parte dalla
metà del IV alla metà del III sec. a.C. e la loro quantità ha fatto sospettare anche la presenza di una fornace nelle vicinanze. Si tratta
in gran parte di vasellame a vernice nera, che dalle prime ricerche
sembrerebbe attribuibile a fabbriche attive in Etruria e Lazio, ma il
deposito era composto anche di ceramiche a figure rosse, sovradipinte e non verniciate. Le forme individuate comprendono soprattutto coppe, skyphoi ed oinochoai, evidentemente legate al consumo
e/o all’offerta dei cibi e bevande prescritti durante i riti sacri e la
maggiore concentrazione delle produzioni si colloca tra seconda
metà del IV e inizi del III sec. a.C. Tra i pochi materiali non cerami96. Chiarucci 1983, pp. 258-260.
97.Il culto di Iuppiter sarebbe menzionato da Livio ( Liv., XXXII, 9,2) che narra che
venne colpito da un fulmine nel 198 a.C. e da una iscrizione di età romana, oggi conservata al Museo di Leeds ( CILXIV 4177).
98. Chiarucci 1983, pp. 256–257.
Introduzione
37
ci, sono attestati oggetti non significativi per dedurre la tipologia del
culto, quali teste e statuette, arti umani, pesi da telaio. Ipoteticamente, anche in considerazione del fatto che sono state rinvenute tra le
ceramiche a vernice nera lekanides e tre esemplari di lebes gamikos, si
è pensato ad un destinatario femminile del culto, legato anche, vista
la collocazione del santuario esterna all’abitato e presso una strada,
a rituali di passaggio99.
Oltre alle ceramiche sono stati rinvenuti i resti delle fondazioni
del santuario: una serie di blocchi in opera quadrata che in base alla
loro lavorazione si accorderebbero con una data alla fine del IV sec.
a.C. L’enorme quantità delle ceramiche, i resti delle strutture architettoniche non lasciano dubbi sulla importanza che il santuario rivestì nel periodo posteriore all’assoggettamento di Lanuvio a Roma: è
stato ipotizzato che, come quello di Ercole, anche questo santuario
extra–urbano sia da riferire al nuovo volto dato dai Romani alla città
e che dovessero esistere altre strutture all’interno del temenos destinato alla divinità. Posto nei pressi di un corso d’acqua e di una sorgente, il santuario in loc. Pantanacci poteva ospitare anche un culto
tributato alle ninfe100.
Nei pressi del santuario extraurbano in età imperiale è stata edificata una necropoli, all’interno della quale va isolato il sepolcro in
loc. Tre Cappelle; a pianta quadrangolare con vani rettangolari sui
tre lati, rivestiti di intonaco e stucchi, presenta, sull’intonaco della
lunetta centrale, scene figurate che si riferiscono al mito di Diana ed
Atteone, realizzate in affresco101.
Santuario in loc. Due Colonne
Dalla località extraurbana Due Colonne, nel territorio di Lanuvio,
provengono alcuni materiali votivi, conservati al Museo Nazionale
Romano (Terme): si tratta di una gamba votiva, piedi votivi ed alcune
statuette: evidentemente per un culto legato alla sfera della sanatio102.
99.V. Lecce, Lanuvium. Il deposito votivo mediorepubblicano in loc. Pantanacci, in Lazio e
Sabina 3, 2004, pp. 213–217.
100. Attenni 2003, pp. 26–29.
101.Lilli 2001, p. 74; Attenni 2003, p. 29.
102. MNR, n. inv.: 154560, 154548–50, 154554, 154555, 154556–63, 154551–3.