1 N°. RIC .11204/2001 REPUBBLICA ITALIANA N. 4402/05 REG

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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello nrg. 11204/2001, proposto dal dott. Oronzo
D’Angela, rappresentato e difeso dall’avv. Franco Dell’Anna ed
elettivamente domiciliato presso il Prof. Ottavio De Tommaso in
Roma, Viale dei Campioni n. 16,
CONTRO
il dott. Gaetano Logrieco, rappresentato e difeso dall’avv.
Giovanni Pellegrino ed elettivamente domiciliato presso il suo
studio in Roma, Via Giustiniani 18;
e nei confronti della
Azienda USL BR/1, in persona del legale rappresentante pro
tempore, non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. della Puglia - Lecce, sez. II, n.
5429/2001 depositata in data 20 settembre 2001.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Vista la costituzione in giudizio della parte appellata;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla pubblica udienza del 14 dicembre 2004, relatore il
FDG
N. 4402/05 REG.DEC.
N. 11204 REG.RIC.
ANNO 2001
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N°. RIC .11204/2001
consigliere Michele Corradino;
Udito l’avvocato G. Pellegrino come da verbale d’udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
Con la sentenza appellata il TAR della Puglia – Lecce ha accolto
il ricorso (iscritto al nr. 659/2000 R.G.) con cui l’odierno
appellato aveva gravato la deliberazione 30.12.99 n. 4042 con il
quale il D.G. della AUSL BR/1 aveva confermato il proprio
precedente provvedimento dell’11/8/99 n. 2377 (gravato dal dott.
Logrieco con ricorso iscritto al nr. 2790/1999 R.G. innanzi al
medesimo TAR Puglia, che ha accolto l’istanza di sospensione),
approvato i verbali della Commissione esperti 17-24/4/99 e
10/6/99 n. 1-2-3 e nominato il dr. Oronzo D’Angela quale
Dirigente medico II livello della divisione di Chirurgia generale
presso il presidio ospedaliero di Francavilla Fontana, nonché ogni
altro atto presupposto, connesso e consequenziale.
La sentenza è stata appellata dal dott. Oronzo D’Angela che
contrasta le argomentazioni del giudice di primo grado.
Il dott. Gaetano Logrieco si è costituito per resistere all’appello.
L’Azienda USL BR1 non si è costituita in giudizio.
Con ordinanza n. 5540 del 16 Dicembre 2003 la Sezione ha
accolto l’istanza cautelare avanzata dall’odierno appellante
sospendendo l’efficacia della sentenza impugnata..
Alla pubblica udienza del 14 dicembre 2004, il ricorso veniva
trattenuto per la decisione.
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N°. RIC .11204/2001
DIRITTO
Preliminare all’esame dei motivi di appello si pone la questione
della giurisdizione. Il Collegio ritiene che la controversia esuli
dalla giurisdizione del giudice amministrativo.
1. In primo luogo, deve essere scrutinata la possibilità per il
Giudice di secondo grado di rilevare ex officio ed in grado
d’appello la questione di giurisdizione.
Il quesito merita una soluzione affermativa.
Invero, le disposizioni racchiuse negli articoli 30 comma 1 L. 6
dicembre 1971 n. 1034 e 37 c.p.c., nello stabilire che il difetto di
giurisdizione può essere rilevato d'ufficio, oltre che in ogni stato,
anche <<in ogni grado>> del giudizio, attribuiscono al giudice
d'appello un potere esercitabile d'ufficio a prescindere dalla
sussistenza di un motivo di gravame; nel caso, poi, in cui il
giudice di primo grado non abbia statuito sulla giurisdizione, ma
solo sul merito, non vi è alcun giudicato sulla giurisdizione,
sicchè ove il giudice d'appello esamini d'ufficio la questione,
neppure si pone il problema del limite del giudicato alla
rilevabilità d'ufficio delle eccezioni (Cons. Stato, sez. VI,
10/04/2002, n. 1939). Detta affermazione risponde, peraltro, al
più ampio principio secondo cui il giudice ha il potere di
verificare, anche d'ufficio, la ricorrenza delle condizioni
necessarie alla propria attribuzione giurisdizionale (cfr. Cons.
Stato, sez. VI, 20/07/1993, n. 543; Cons. Giust. Amm. Sic.,
21/04/1983, n. 46).
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2. La questione di giurisdizione deve essere risolta in base al
criterio di riparto introdotto dall'art. 68 del Decreto legislativo n.
29/1993 e successive modifiche (art. 33 del Decreto legislativo n.
546/1993, art. 29 del Decreto legislativo n. 80/1998, art. 18 del
Decreto legislativo n. 387/1998 e da ultimo art. 63 - Controversie
relative ai rapporti di lavoro - del Decreto legislativo 30 marzo
2001 n. 165 - Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche).
La norma dispone che <<sono devolute al giudice ordinario, in
funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai
rapporti
di
lavoro
alle
dipendenze
delle
pubbliche
amministrazioni, incluse le controversie concernenti l'assunzione
al lavoro, il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali e
la responsabilità dirigenziale, nonché quelle concernenti le
indennità di fine rapporto, comunque denominate e corrisposte,
ancorché vengano in questione atti amministrativi presupposti>>.
Il quarto comma dello stesso articolo dispone, invece, che
<<restano devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo
le controversie in materia di procedure concorsuali per
l'assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni,
nonché, in sede di giurisdizione esclusiva, le controversie relative
ai rapporti di lavoro del personale in regime pubblico, di cui
all'art. 3, ivi comprese quelle attinenti ai diritti patrimoniali
connessi>>.
La norma si applica a partire dal 30 giugno 1998, data che segna
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la devoluzione delle controversie di lavoro dei dipendenti della
Pubblica
Amministrazione
al
Giudice
ordinario
(come
espressamente stabilito dall'art. 45, comma 17, del D.Lgs. 31
marzo 1998, n. 80 - ora art. 69, comma 7, del D.Lgs. 30 marzo
2001, n. 165). Il discrimine temporale, come precisato dalla
giurisprudenza, si riferisce al verificarsi del fatto storico posto a
base della domanda giudiziale (cfr. Cons. Stato, sez. VI,
20/09/2002, n. 4781; cfr. altresì: <<A norma dell'art. 45 comma
17, D.Lgs. 31 marzo 1998 n. 8, in materia di pubblico impiego, la
giurisdizione si determina facendo riferimento al dato storico
costituito dall'avverarsi dei fatti materiali e delle circostanze in
relazione alla cui giuridica rilevanza sia insorta la controversia>>
Cons. Stato, sez. VI, 10/04/2003, n. 1914).
Nel caso in esame i fatti di causa sono successivi: invero,
l'incarico è stato conferito con la deliberazione n. 2377 dell’ 11
agosto 1999.
3. Venendo ai dati normativi concernenti la dirigenza in ambito
sanitario va osservato che ai sensi dell'art. 15, primo comma, del
d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, nel testo non ancora sostituito
dal d.lgs. 29 giugno 1999, n. 229, la dirigenza sanitaria era, in
effetti,
<<articolata
in
due
livelli>>.
Il terzo comma dello stesso articolo, nel testo risultante dall'art.
16, comma primo, lettera b) del d. lgs. 7 dicembre 1993, n. 517,
stabiliva: <<Il secondo livello dirigenziale del ruolo sanitario è
conferito quale incarico a coloro che siano in possesso
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dell'idoneità nazionale all'esercizio delle funzioni di direzione di
cui all'articolo 17. L'attribuzione dell'incarico viene effettuata,
previo avviso da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana, dal direttore generale sulla base del parere di
una apposita commissione di esperti>>. La commissione
nominata dal direttore generale <<.... predispone l'elenco degli
idonei
previo
colloquio
e
valutazione
del
curriculum
professionale degli interessati>>. Per effetto delle modificazioni
apportate dall'art. 2, comma 1 - quinquies, del d. l. 18 novembre
1996, n. 583, convertito, con modificazioni, in legge 17 gennaio
1997, n. 4, venne soppressa, nel sopra citato terzo comma, la
menzione dell'incarico dirigenziale di secondo livello, sicché le
descritte modalità di attribuzione risultarono correlate puramente
e semplicemente al conferimento di incarichi dirigenziali, a
prescindere
dal
livello.
Peraltro,
contestualmente
a
tali
modificazioni, il comma 1-bis del testé citato art. 2 aveva
stabilito che, al fine di realizzare la semplificazione normativa
della disciplina sull'accesso al secondo livello dirigenziale del
ruolo sanitario fossero emanati, su proposta del Ministro della
sanità ed ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto
1988, n. 400, previo parere delle competenti commissioni della
Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, sentita la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le
Province autonome di Trento e di Bolzano, uno o più regolamenti
intesi a determinare i requisiti ed i criteri per l'accesso al suddetto
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N°. RIC .11204/2001
livello dirigenziale. Nell'esercizio di tale potestà regolamentare il
Governo provvide ad emanare il d.P.R. 10 dicembre 1997, n.
484, che, all'art. 5, dopo avere indicati i requisiti per l'accesso al
secondo livello dirigenziale, ne ha rimesso l'accertamento alla
Commissione di cui al citato terzo comma dell'art. 15 del d. lgs.
n. 502 del 1992, come sopra modificato.
Questa disciplina è stata modificata sotto alcuni aspetti dal
decreto legislativo 19 giugno 1999 n. 229 che, pur sostituendo
l'articolo 15 del decreto legislativo 502/92 e le successive
modifiche, non incide tuttavia sulla giurisdizione (cfr. Cass. S.U.
11 giugno 2001 n. 7859). In particolare,
l'art. 13 del D. Lgs. n. 229/1999 ha disposto la collocazione della
dirigenza sanitaria in un unico ruolo, distinto per profili
professionali, ed in un unico livello, articolato in relazione alle
diverse responsabilità professionali e gestionali e, dopo aver
stabilito che <<alla dirigenza sanitaria si accede mediante
concorso pubblico per titoli ed esami, disciplinato ai sensi del
decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n.
483>>, ha anche precisato che <<gli incarichi di direzione di
struttura complessa sono attribuiti a coloro che siano in possesso
dei requisiti di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10
dicembre 1997, n. 484, e secondo le modalità dallo stesso
stabilite, salvo quanto previsto dall'art. 15-ter, comma 2>>;
norma, quest’ultima, secondo cui <<l'attribuzione dell'incarico di
struttura complessa è effettuato dal direttore generale [...] sulla
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base di una rosa di candidati idonei selezionata da un'apposita
commissione>>
4. La questione della giurisdizione, peraltro, risulta - nel dibattito
giurisprudenziale e dottrinale - legata alla tematica riguardante la
natura giuridica degli atti di conferimento (e revoca) dell’incarico
dirigenziale, sebbene, condivisibilmente, la Corte costituzionale
(ord. 9 dicembre 2002, n. 525: v. infra) ha statuito che <<in ogni
caso, qualsiasi problema sulla natura dell'atto di conferimento o
di revoca degli incarichi dirigenziali non incide sulla attribuzione
della giurisdizione effettuata dal legislatore (art. 18 del d.l. n. 387
del 1998)>>.
Pare opportuno, pertanto, operare una ricostruzione del dibattito,
giurisprudenziale e dottrinale, per poi esaminare la vicenda per
cui è causa.
5. Nella dottrina, è sicuramente prevalente la tesi che concepisce
il conferimento dell'incarico dirigenziale quale esercizio di potere
amministrativo autoritativo. Si ritiene generalmente che la tesi sia
stata corroborata dalle disposizioni della L. n. 145/2002 (con il
supporto delle opinioni espresse nella relazione al disegno di
legge, nei lavori preparatori e dal Ministro della funzione
pubblica nella circolare recante "Modalità applicative della legge
sul riordino della dirigenza" in data 31 luglio 2002) e assume a
fondamento il rilievo che l'atto di conferimento dell'incarico
dirigenziale,
di
qualsiasi
livello,
si
colloca
nell'ambito
dell'ordinamento e dell'organizzazione amministrativa, esulando
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N°. RIC .11204/2001
interamente da quelli del contratto e del rapporto di lavoro, così
rendendo omogenea, sotto questo profilo, la posizione dei
dirigenti contrattualizzati e dei dirigenti a regime di diritto
pubblico di cui all'art. 3. Si sottolinea che la riserva, ai sensi
dell'art. 2, c. 2, alle fonti pubblicistiche dei “modi di
conferimento degli uffici di maggiore rilevanza", costituisce
previsione in grado di coprire anche l'area dell'atto applicativo di
scelta della persona
ritenuta
maggiormente
idonea
alla
realizzazione degli obiettivi di interesse pubblico.
Così definita la natura giuridica degli atti di conferimento (in
gran parte riconducibili alla categoria degli atti cd. di alta
amministrazione), risulterebbe indubbiamente assicurato agli
interessati il massimo livello delle garanzie poiché la tutela
giurisdizionale
degli
interessi
legittimi,
assicurata
incondizionatamente dall'art. 113 Cost., dilata notevolmente il
numero dei soggetti che possono accedervi e consente la più
ampia verifica di legittimità dell'esercizio del potere, quanto al
rispetto dei rigorosi oneri formali e dei requisiti sostanziali della
correttezza dell'azione amministrativa. E' sufficiente, al riguardo,
il richiamo dei principi enunciati in tema di atti di alta
amministrazione preordinati alla provvista di personale ai
massimi livelli, precisati nel senso che i parametri di legittimità ai
quali deve essere ragguagliata l’azione amministrativa sono
direttamente identificabili negli artt. 97 e 113 Cost., oltre che
nella disciplina di rango ordinario contenuta nella legge n.
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N°. RIC .11204/2001
241/1990, il che implica, da un lato, l'esigenza sostanziale che i
soggetti
prescelti
siano
effettivamente
di
qualificazione
professionale adeguata al grado, alla complessità e alla
delicatezza delle funzioni inerenti all'ufficio e, dall'altro,
l'esigenza formale che dagli atti del procedimento emergano i
criteri seguiti dall'amministrazione ai fini della scelta, si da
consentire la puntuale verifica in sede giurisdizionale, anche nel
caso degli impiegati dei massimi livelli burocratici (cfr. Cons.
Stato, sez. IV, 11/03/1999, n. 260).
Sul tema della giurisdizione, peraltro, si registra una netta
divaricazione tra le opinioni di coloro che pure concordano sulla
natura
provvedimentale
del
conferimento
dell'incarico
dirigenziale: invero, ad avviso di alcuni, la natura autoritativa da
riconoscere al conferimento degli incarichi dirigenziali deve
necessariamente portare a concludere che il legislatore ha
introdotto nell'ordinamento un'ipotesi di giurisdizione esclusiva
del giudice ordinario. L'espressa devoluzione delle controversie
al giudice ordinario non può significare altro se non che a questo
giudice é stata demandata la tutela anche degli interessi legittimi
dei dirigenti (invero, secondo la pronuncia delle Sezioni Unite
della Corte di Cassazione n. 41/2000, nell'ampia categoria dei
“diritti” di cui all'art. 2907 c.c. rientrerebbero anche i c.d.
interessi legittimi di diritto privato). Gli interessi legittimi,
caratterizzati dalla natura peculiare di situazione di vantaggio che
si contrappone ad altra situazione attiva - il potere amministrativo
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- riceverebbero nel processo ordinario una tutela certo
differenziata, ma equivalente nella sostanza a quella conseguibile
nel processo amministrativo: in particolare, anche il giudice
ordinario potrebbe demolire l’assetto di interessi determinato
dalla Pubblica Amministrazione dettando con la decisione i
criteri per la riedizione del potere (merita, in tal senso, di essere
ricordato che anche una parte della giurisprudenza ha concordato
sulla natura esclusiva della giurisdizione ordinaria in punto di
incarichi dirigenziali: cfr. Cons. di Stato, sez. V, del 15 marzo
2001, n. 1519; Cass, sez. un. 15 dicembre 2000, n. 1267; Tar
Friuli-Venezia Giulia, 10 maggio 1999, n. 601; Tar Abruzzo
L'Aquila, sent. 31 luglio 2001; Cass., sez. un., ord. 25 ottobre
2001-27 febbraio 2002; di giurisdizione per materia parla la
Corte Appello Aquila, sentenza 8 gennaio 2002).
Un diverso orientamento dottrinale ha, diversamente, sostenuto la
tesi della riconducibilità degli atti di conferimento degli incarichi
al genus degli atti di cd. bassa (o micro) organizzazione rientranti
nell'ambito dei normali poteri del datore di lavoro privato. Si
sottolinea, in particolare, che l'esistenza di un potere di scelta, in
capo alla P.A. datrice di lavoro, non è indice dell'esistenza di un
potere di tipo giuspubblicistico, giacché detta discrezionalità in
nulla si distingue da quella del privato datore di lavoro. In
quest'ottica, l'attribuzione al G.O. della giurisdizione in materia
sarebbe la logica conseguenza della privatizzazione del rapporto
sostanziale. Ne consegue che il sistema disegnato dagli artt. 2, 4 e
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N°. RIC .11204/2001
5 della L.a.c. del 1865 verrebbe ad essere confermato dalla
devoluzione al G.O. di questo genere di controversie.
Infine, una più articolata corrente di pensiero dottrinale ha
sostenuto che l'atto di conferimento dell'incarico ha natura di atto
amministrativo, conclusivo di una fase procedimentale (quella
della procedura selettiva) al quale accede il contratto, secondo
uno schema simile a quello dell'evidenza pubblica. Secondo
questa ricostruzione, la giurisdizione amministrativa permarrebbe
in relazione al provvedimento di conferimento dell'incarico,
mentre al G.O., nell'esercizio della ordinaria giurisdizione sui
diritti soggettivi, spetterebbero le controversie relative alla
formazione, interpretazione ed esecuzione del contratto. Di
conseguenza, la cognizione dell'atto di revoca dell'incarico
dovrebbe spettare al G.A. se ed in quanto l'atto di revoca inteso
come atto di autotutela nel quale viene verificata la legittimità o
l'opportunità dell'atto di conferimento dell'incarico e al G.O. nei
casi in cui esso costituisce l'atto di risoluzione del contratto per
inadempimento del dirigente. Non manca tuttavia chi sostiene,
invece, che la giurisdizione sull'atto di revoca spetterebbe
comunque al G.O. trattandosi di atto incidente non sull'atto ma
sul contratto.
Peraltro,
come
si
osservava
in
precedenza,
la
natura
provvedimentale dell’atto di conferimento dell’incarico è stata
affermata dalla Legge n. 145/2002 che – tra l’altro - ha
confermato la giurisdizione ordinaria nelle controversie in esame,
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N°. RIC .11204/2001
smentendo in un sol colpo le tesi protese a salvare un residuo di
giurisdizione
amministrativa.
L’intervento
legislativo
ha,
peraltro, spostato verso il provvedimento amministrativo il
baricentro dell’istituto dirigenziale. Invero, il provvedimento
determina oggetto e durata dell’incarico, nonché gli obiettivi da
perseguire; al contratto accessivo residua solo il compito di
definire il trattamento economico da corrispondere.
6. Una parte della giurisprudenza amministrativa di primo grado
ha sostenuto la spettanza della potestas iudicandi circa le
controversie aventi ad oggetto i provvedimenti di conferimento
dell’incarico in capo alla giurisdizione amministrativa.
In particolare tale tesi è stata sostenuta partendo dalla (asserita)
equiparazione
tra
le
procedure
selettive
finalizzate
all'individuazione del soggetto al quale conferire l'incarico e le
procedure concorsuali rimesse alla giurisdizione del G.A.(cfr.:
TAR Friuli Venezia Giulia, 10 maggio 1999, n. 601, secondo cui
la procedure selettiva per la scelta da parte di una Azienda USL
del dirigente sanitario di secondo livello, quantunque non sia un
concorso in senso proprio, deve ad esso essere assimilato ai fini
della individuazione della giurisdizione, mentre la giurisdizione
del G.O. deve riconoscersi solo quando il rapporto di lavoro con
il dirigente sia già costituito ed insorgano controversie in materia
di incarichi dirigenziali o revoca di essi; TAR Abruzzo - Pescara,
sentenza 18 novembre 2000, n. 731: <<Nel caso di specie trattasi
di una selezione con giudizio di idoneità per la nomina di
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dirigenti responsabili di strutture complesse che si risolverebbe in
un
conferimento
di
incarico
dirigenziale
senza
alcuna
graduatoria, tipica di ogni concorso, attraverso un contratto di
diritto privato. La predetta selezione, però, non è ristretta ai soli
sanitari in servizio presso l’AUSL, ma è estesa a tutti i medici in
possesso della richiesta anzianità di servizio pressi i vari istituti
indicati dalla normativa, quindi essa è aperta e pubblica, ed
assume i connotati di una procedura per l’immissione in servizio
di un sanitario, in posto qualificato, presso l’Azienda USL, che il
legislatore ha inteso disciplinare in modo particolare e distintivo
dalle ordinarie forme concorsuali, onde concedere, attraverso una
diversa valutazione, limitata alla idoneità, un più ampio margine
di discrezionalità nella scelta, sempre nel preminente interesse
dell’organizzazione sanitaria>> Il giudice concludeva per la
riaffermazione della giurisdizione del G.A.; TAR Abruzzo Pescara, sentenza 26 febbraio 2000, n. 132: <<[..] deve
ulteriormente chiarirsi che la procedura selettiva in parola deve
ritenersi allo stato ancora devoluta alla giurisdizione di questo
Tribunale […] Tale selezione, cioè, se pur indetta per il
conferimento di un "incarico dirigenziale" non può essere
ricompresa tra quelle indicate dal predetto primo comma dell’art.
68; detta selezione, infatti, non viene svolta esclusivamente tra i
sanitari in servizio presso l’Azienda USL che ha bandito la
selezione, ma – in conformità delle legge e come chiaramente si
legge nell’avviso per il conferimento dell’incarico in questione –
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N°. RIC .11204/2001
tra i tutti i sanitari in possesso di quel particolare requisito
consistente nell’avere una specifica anzianità di servizio presso
pubbliche amministrazioni, istituti di ricovero e cura a carattere
scientifico, istituti o cliniche universitarie e istituti zooprofilattici
sperimentali. In altri termini, la selezione ed il conferimento
dell’incarico in parola […] non incide su un rapporto di lavoro in
atto, ma serve ad individuare il soggetto non ancora
necessariamente legato con un rapporto di lavoro con la pubblica
amministrazione che ha indetto la selezione, con cui stipulare un
nuovo
contratto
di
lavoro
di
durata
quinquennale;
conseguentemente, le relative controversie, come quella ora
all’esame, non risultano devolute alla giurisdizione del giudice
ordinario […] Inoltre, poiché per la scelta del soggetto con cui
stipulare un nuovo contratto di lavoro viene espletata una
procedura selettiva di tipo paraconcorsuale, che, anche se non si
conclude con una vera e propria graduatoria, si svolge pur sempre
seguendo un iter procedimentale analiticamente disciplinato dalla
legge, sembra che in ordine al rispetto di tale norme siano
individuabili esclusivamente posizioni di interesse legittimo, la
cui tutela rientra nella generale giurisdizione di legittimità di
questo Tribunale>>; in tal senso T.A.R. Friuli Venezia Giulia, 10
maggio 1999, n. 601; 17 gennaio 2000, n. 2, e Tribunale di
Novara, ord. 28 gennaio 2000, n. 208; T.A.R. Veneto, sez. III,
20/12/2002 n. 6675, secondo cui va ricompresa nella
giurisdizione del giudice amministrativo, inerendo ad una
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procedura concorsuale per l'assunzione, la controversia che
concerne il conferimento di un incarico di dirigente medico
responsabile di una struttura complessa (contra: T.A.R. Veneto,
sez. II, 07/07/2003, n. 3607); TAR Friuli Venezia Giulia Trieste, sentenza 31 luglio 2000, n. 578 secondo cui rientra nella
giurisdizione del giudice amministrativo una controversia
riguardante una procedura concorsuale indetta con avviso
pubblico da una Azienda USL tendente all’attribuzione di un
incarico in base all’art. 15, comma 3 del decreto legislativo 30
dicembre 1992, n. 502; Pret. Caserta, 24/05/1999, secondo cui la
regola dettata dal comma 1 dell'art. 68 d.lg. n. 29/1993 non è
sufficiente a ritenere che il giudice del lavoro sia competente
anche sulle controversie relative alle procedure concorsuali per il
conferimento degli incarichi di funzioni dirigenziali quando,
invece, la situazione giuridica soggettiva coinvolta nell'esercizio
del potere di conferimento dell'incarico ha la consistenza di
interesse legittimo e quanto previsto al comma 4 dell'art. 68 d.lg.
n. 29/1993 è facilmente applicabile mutatis mutandis al
conferimento degli incarichi dirigenziali.
7. Tale suggestiva ricostruzione è stata, tuttavia, smentita da
questa Sezione (Consiglio di Stato, sez. V, del 15 marzo 2001, n.
1519) che ha negato in radice l’assimilazione della procedura
selettiva per l'individuazione del soggetto al quale conferire
l'incarico dirigenziale alla procedura concorsuale, non essendo
caratterizzata da una valutazione comparativa dei singoli
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N°. RIC .11204/2001
candidati, dall'attribuzione di un punteggio, dalla predisposizione
di una graduatoria di merito.
La giurisdizione ordinaria in ordine alle controversie de quibus è
stata, pertanto, affermata dalla prevalente giurisprudenza
ordinaria ed amministrativa (Cass. civ., sez. un., 15/05/2003, n.
7623; Cons. Stato, sez. VI, 18/12/2002, n. 7019; Cons. Stato, sez.
V, 18/09/2002, n. 4746; Cons. Stato, sez. VI, 24/05/2002, n.
2849; Cfr. altresì: <<La disciplina sulla dirigenza sanitaria,
sebbene sia regolata da norme speciali, conferma il cd. principio
della privatizzazione del pubblico impiego: gli atti che
riguardano il funzionamento degli apparati, infatti, sono
considerati espressione di capacità di diritto privato. Parimenti, i
poteri di gestione del personale rispondono ad uno schema
normativamente unificato, che non è quello del potere pubblico,
ma quello dei poteri privati. Di conseguenza, secondo quanto
stabilito dall'art. 63, c. 1 D.Lgs. n. 165 del 2001, anche in questo
settore, sussiste la giurisdizione del giudice ordinario in ordine
alle controversie concernenti il conferimento e la revoca degli
incarichi dirigenziali>> Cass. civ. (Ord.), sez. un., 27/06/2003, n.
10288; <<In base alla disposizione dell'art. 45, comma 17, del
d.lg. n. 80 del 1998 (poi sostituito dall'art. 69, comma 7, del d.lg.
n. 165 del 2001), spetta al giudice ordinario la giurisdizione
relativa alla controversia promossa per il conferimento - per un
periodo del rapporto di lavoro successivo al 30 giugno 1998 dell'incarico dirigenziale di responsabile di un'unità operativa di
18
N°. RIC .11204/2001
un'azienda del S.s.n., posto che, da un lato, l'art. 18 del d.lg. n.
387 del 1998 (poi sostituito dall'art. 63, comma 1, del citato d.lg.
n. 165 del 2001), nel modificare l'art. 68 del d.lg. n. 29 del 1993
(come sostituito dall'art. 29 del predetto d.lg. n. 80 del 1998), ha
stabilito - con una previsione per la quale la Corte cost. ha
escluso profili di illegittimità in relazione agli art. 77 e 113 cost.
(v. sent. n. 275 del 2001, ord. n. 140 e 165 del 2001) - la
estensione della giurisdizione del giudice ordinario alle
controversie concernenti "il conferimento e la revoca degli
incarichi dirigenziali e la responsabilità dirigenziale" e che,
d'altra parte, la disciplina della dirigenza sanitaria, seppure
regolamentata da disposizioni speciali in materia (art. 26 e 27 bis
del citato d.lg. n. 80 del 1998, come successivamente modificato
e
integrato),
non
contiene
alcuna
deroga
al
principio
fondamentale della privatizzazione, secondo il quale gli atti che
riguardano il funzionamento degli apparati sono espressione della
capacità di diritto privato e, correlativamente, i poteri di gestione
del personale rispondono ad uno schema normativamente
unificato, che non è quello del potere pubblico ma quello dei
poteri privati>> Cass. civ. (Ord.), sez. un., 25/07/2002, n.10995;
Corte di Cassazione, SS.UU. Civili, ordinanza 27 febbraio 2002,
n. 2954; Corte di Cassazione, SS.UU. Civili, sentenza 11 giugno
2001, n. 7859; TAR Toscana, Sez. II - sentenza 25 maggio 2004
n. 1601; T.A.R. Liguria, sez. II, 17/02/2003, n. 180; T.A.R.
Calabria Catanzaro, sez. II, 07/02/2002, n. 163. Per la
19
N°. RIC .11204/2001
giurisprudenza ordinaria di
30/10/2003;
Trib.
Bologna,
merito cfr.:
23/04/2001;
App. L'Aquila,
Trib.
Napoli,
10/12/1999; Trib. Milano, 04/10/1999).
8. Invero, la riserva di giurisdizione in capo al G.A. ai sensi del
comma IV dell’art. 63 concerne i concorsi, ossia le procedure in
cui i criteri di accertamento, valutazione e comparazione delle
qualità dei candidati sono stabilite dalla legge. I candidati sono
sottoposti a una o più prove di esame in base alle quali l'organo
incaricato dell'assunzione deve formulare un giudizio tecnico di
carattere comparativo e redigere una graduatoria finale. Nel caso
in esame non può ravvisarsi una procedura concorsuale, ai sensi
dell'art. 63, quarto comma del decreto legislativo n. 165/2001, in
quanto la commissione non è stata chiamata ad operare una
valutazione comparativa tra gli aspiranti e a redigere una
graduatoria, ma esclusivamente a esprimere un giudizio di
idoneità dei medesimi a ricoprire l'incarico dirigenziale applicato.
La scelta tra questi ultimi della persona cui conferire l'incarico
dirigenziale
é
rimessa
all'Ente
senza
che
la
legge
indichi i criteri da seguire. Deve quindi ritenersi che la scelta
avvenga nell'esercizio delle capacità e dei poteri del datore di
lavoro, poteri che devono ormai considerarsi di natura privata e
che sono sindacabili da parte del giudice ordinario sotto il profilo
del rispetto delle regole di correttezza e di buona fede (cfr. Cass.
S.U. 22 marzo 2001 n. 128 e Cass., sez. un., 27 febbraio 2002, n.
2954).
20
N°. RIC .11204/2001
9. La tematica della giurisdizione in punto di conferimento e
revoca di incarichi dirigenziali ha formato oggetto, altresì, di
scrutinio di costituzionalità. La Corte costituzionale, infatti, è
stata chiamata ad affrontare la questione di legittimità del riparto
di giurisdizione in materia di controversie concernenti i
provvedimenti di incarico e di revoca delle funzioni dirigenziali.
Il dubbio è stato sollevato dal Tribunale di Genova che, con
ordinanza 22 settembre 2000, n. 753, ha investito della questione
la Corte. Il giudice a quo muove dall'assunto della natura
provvedimentale degli atti di conferimento e di revoca degli
incarichi: tale natura si desumerebbe dalla procedura prevista per
il conferimento di incarichi di uffici dirigenziali generali ed
equiparati e dalla funzione dell'atto di conferimento di garantire il
perseguimento dell'interesse pubblico. Su tali argomentazioni il
Tribunale di Genova ha ritenuto la devoluzione all’A.G.O. di tale
materia in contrasto con i principi della legge delega n. 57/1997,
che intendeva devolvere all’A.G.O. solo le controversie in
materia di rapporto di lavoro alle dipendenze di amministrazioni
pubbliche incidenti su diritti soggettivi, prevedendo appunto in
relazione agli atti amministrativi presupposti solo il potere di
disapplicazione.
La Corte costituzionale, con sentenza 23 luglio 2001, n. 275, ha
dichiarato l'infondatezza della questione di costituzionalità,
rilevando, innanzitutto, che la scelta del legislatore di disciplinare
tutti i rapporti dei dipendenti della amministrazione pubblica
21
N°. RIC .11204/2001
(compresi i dirigenti, senza più distinzione tra dirigenti generali e
non) secondo il regime di diritto privato ha come sua logica
conseguenza, sul piano della giurisdizione, l'attribuzione al G.O.
della tutela delle posizioni soggettive dei dipendenti pubblici,
qualificabili, pur tenendo conto della specialità del rapporto e
delle esigenze di perseguimento degli interessi generali, come
rientranti nell'ampia categoria dei diritti di cui all'art. 2907 c.c.;
tale ricostruzione, pertanto, esclude il paventato eccesso di
delega. Inoltre la Corte ha precisato che comunque rientra nella
discrezionalità del legislatore il conferimento ad un giudice, sia
ordinario sia amministrativo, del potere di conoscere ed
eventualmente annullare un atto della pubblica amministrazione,
e che la cognizione del giudice ordinario comprende tutti i vizi di
legittimità, senza distinzione alcuna.
I principi in esame sono stati più di recente ribaditi dalla Corte
Costituzionale con ordinanza 9 dicembre 2002, n. 525; la Corte
ha
ritenuto
manifestamente
infondata
la
questione
di
costituzionalità dell'art. 18 d.lg. 29 ottobre 1998 n. 387, sollevata
con ordinanza emessa il 24 gennaio 2001 dal Tribunale
amministrativo regionale per il Molise, in riferimento agli art. 76
e 77 cost., nella parte in cui ha devoluto al giudice ordinario le
controversie concernenti l'atto di conferimento (e di revoca) degli
incarichi dirigenziali, avente, nella prospettazione del giudice
rimettente, natura di atto amministrativo incidente su posizioni di
interesse legittimo.
22
N°. RIC .11204/2001
La Corte, infatti, ha precisato che la questione rimessale dal TAR
Molise era sostanzialmente identica (sollevata anche in
riferimento ai medesimi parametri costituzionali: artt. 76 e 77
della Costituzione), a quella dichiarata non fondata con sentenza
n. 275/2001, e che la predetta sentenza n. 275/2001 aveva
sottolineato che il legislatore ha voluto, sia pure tenendo conto
della specialità del rapporto e delle esigenze di perseguimento
degli interessi generali, che le posizioni soggettive dei dipendenti
delle pubbliche amministrazioni, compresi i dirigenti di qualsiasi
livello, fossero riportate, quanto alla tutela giudiziaria, nell'ampia
categoria dei diritti di cui all'art. 2907 cod. civ..
La Corte ha aggiunto che il principio della disapplicazione e i
relativi limiti ai poteri del giudice ordinario, nei confronti di un
atto amministrativo, desunti dal giudice a quo dall'art. 5 della
legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, sul contenzioso
amministrativo,
non
costituiscono
una
regola
di
valore
costituzionale, che il legislatore ordinario sarebbe tenuto ad
osservare in ogni caso (sentenza n. 275/2001) e che resta rimesso
alla scelta discrezionale del legislatore ordinario - suscettibile di
modificazioni in relazione ad una valutazione delle esigenze della
giustizia e ad un diverso assetto dei rapporti sostanziali - il
conferimento ad un giudice, sia ordinario sia amministrativo, del
potere di conoscere ed eventualmente annullare un atto della
pubblica amministrazione o di incidere sui rapporti sottostanti,
secondo le diverse tipologie di intervento giurisdizionale previste
23
N°. RIC .11204/2001
(argomentando dall'art. 113, terzo comma, della Costituzione;
sentenza n. 275/2001; ordinanze n. 140/2001 e n. 165/2001).
Dalla ricostruzione riportata la Corte ha tratto la conclusione
secondo cui deve escludersi che la esistenza di un atto
amministrativo presupposto, nelle controversie relative ai
rapporti di impiego dei dipendenti di pubbliche amministrazioni,
possa costituire limitazione alla competenza del giudice
ordinario, quale giudice del lavoro, potendo questi conoscerlo in
via incidentale ai fini della disapplicazione (art. 68 del d.lgs. 3
febbraio 1993, n. 29, come risultante a seguito delle modifiche
introdotte dall'art. 33 del d.lgs 23 dicembre 1993, n. 546, dall'art.
29 del d.lgs 31 marzo 1998, n. 80, e dall'art. 18 del d.lgs. 29
ottobre 1998, n. 387), anche quando, nei casi previsti, questo atto
presupposto rientri nella residua sfera assegnata alla giurisdizione
amministrativa, dovendosi, altresì, escludere che possa sorgere
una pregiudizialità amministrativa (sentenza n. 275/2001).
10. Il Collegio, in piena adesione all’indirizzo giurisprudenziale
maggioritario e alle chiare indicazioni delle citate decisioni della
Corte costituzionale ritiene che l'oggetto della controversia non è
riconducibile nell'ambito di applicabilità del quarto comma
dell'art. 68 del d.lg. n. 29/1993 e successive modifiche ed
integrazioni, ma in quello del primo comma della medesima
norma. Invero, le procedure in questione, non possono essere
qualificate in termini di concorso (il concorso è invece previsto
per l'accesso al ruolo dei dirigenti ed è disciplinato dal
24
N°. RIC .11204/2001
"Regolamento recante la disciplina concorsuale per il personale
dirigenziale del Servizio sanitario nazionale" approvato con il
D.P.R. 10.12.1997, n. 483), ma neppure di una procedura ad esso
assimilabile. La commissione non dà punteggi, non opera una
valutazione comparativa dei singoli candidati, dei titoli del
curriculum professionale o dell'esito del colloquio, non stila,
quindi, graduatorie di merito, ma esprime un giudizio
complessivo sulla idoneità di ciascun candidato, individualmente
considerato, a ricoprire l'incarico dirigenziale apicale. Non
appartiene, inoltre, ad una procedura concorsuale, l'assegnazione
dell'incarico
in
base
ad
una
scelta
discrezionale
dell'amministrazione. Di selezione, infatti, non si può parlare, in
quanto manca nella procedura per l'affidamento dell'incarico una
scelta fondata sulla prevalenza, in termini di maggiore idoneità
all'esercizio delle nuove funzioni, di alcuni candidati su altri
concorrenti, scelta che è invece il proprium di una procedura
concorsuale o di tipo concorsuale. Le due procedure, ad avviso
del Collegio, sono completamente diverse e tutt'altro che
assimilabili. Appaiono, pertanto, inconsistenti le tesi di quanti
sostengono che la procedura per il conferimento dell'incarico di
dirigente sanitario di secondo livello (ora di struttura complessa)
avrebbe natura di procedura concorsuale per l'assunzione nel
servizio nazionale, poiché alla procedura sono ammessi sia
soggetti estranei al S.S.N., sia soggetti che, seppur medici del
servizio nazionale, sono comunque legati con rapporto di lavoro
25
N°. RIC .11204/2001
ad enti diversi rispetto a quello che indice la procedura, con
conseguente obbligo, in caso di nomina, di dimissioni dalla
posizione precedentemente assunta. La procedura che precede il
conferimento dell'incarico di dirigente sanitario di secondo
livello (ora di struttura complessa) non ha le caratteristiche, né la
natura giuridica, del concorso: invero, qualsiasi modalità sia
prevista per la procedura concorsuale (D.P.R. n. 487/1994) e cioè
quella del concorso per esami, quella del concorso per titoli ed
esami, quella del concorso per soli titoli, quella del corsoconcorso ovvero quella del concorso con preselezione, un dato
comune ed indefettibile a tutte le suddette procedure è che esse si
concludono con l'approvazione di una graduatoria di merito, che
costituisce un vincolo per l'ente che ha promosso la procedura
concorsuale, nel senso che l'assunzione dei candidati deve
seguire, entro il limite dei posti messi a concorso, l'ordine che i
candidati hanno assunto nella graduatoria, una volta che la stessa
sia stata definitivamente approvata, mentre nella disciplina per il
conferimento dell'incarico di dirigente medico del secondo livello
non è presente alcun elemento idoneo a ricondurla ad una
procedura
concorsuale,
ancorché
atipica,
atteso
che
la
commissione si limita (dopo le modifiche all'art. 15 del D. Lgs. n.
502/1992 introdotte dal D. Lgs. n. 517/1993 e, per quanto attiene
al conferimento di incarichi dirigenziali di struttura complessa, in
base alla disciplina di cui all’art. 15 ter dello stesso D.Lgs. n.
502/1992, introdotto dall’art. 13 del citato D. Lgs. n. 229/1999)
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N°. RIC .11204/2001
alla verifica dei requisiti di idoneità dei candidati alla copertura
dell'incarico, in esito ad un colloquio ed alla valutazione dei
curricula; la commissione non attribuisce punteggi, non forma
una graduatoria, ma si limita a predisporre un elenco di candidati
- tutti idonei perché in possesso dei requisiti di professionalità
previsti dalla legge e delle capacità manageriali richieste in
relazione all'incarico da conferire - che viene sottoposto al
Direttore
Generale
dell'Azienda.
Questi,
nell'ambito
dei
nominativi indicati dalla commissione, conferisce l'incarico sulla
base di una scelta di carattere essenzialmente fiduciario e affidata
alla sua responsabilità manageriale (art. 3 comma 1 - quater, del
D. Lgs. n. 502/1992 e successive modifiche); scelta operata dal
predetto organo senza che la legge indichi i criteri da seguire,
onde è da escludere che la scelta medesima costituisca esercizio
di attività amministrativa funzionalizzata e non anche di attività
libera,
riconducibile
alla
capacità
di
diritto
privato
dell'Amministrazione. Nè può assumere rilievo qualificante, ai
fini del riconoscimento della natura concorsuale della procedura,
la circostanza che del conferimento debba essere dato preventivo
avviso da pubblicare sulla Gazzetta Ufficiale; ciò in quanto
l'avviso dell'avvio della procedura, invero, serve soltanto ad
ampliare il campo dei soggetti nell'ambito dei quali, una volta
verificata la loro idoneità da parte della commissione, il Direttore
sanitario possa operare la propria scelta (cfr. Consiglio di Stato
sezione V, 20 ottobre 2004 n. 6855).
27
N°. RIC .11204/2001
11. Da ultimo, è appena il caso di porre in luce come non possa
dubitarsi della necessità di attingere alle sopra riferite fonti
normative la disciplina della giurisdizione, relativamente alla
presente controversia, atteso che i fatti in essa rilevanti
(l'incarico, come dianzi riferito, è stato conferito con la
deliberazione n. 2377 dell’11 agosto 1999) si collocano tutti in
epoca posteriore al 30 giugno 1998, data indicata a fini di
discrimine fra la giurisdizione del giudice amministrativo e la
giurisdizione ordinaria.
Conclusivamente deve dichiararsi il difetto di giurisdizione del
giudice amministrativo.
In considerazione delle oscillazioni giurisprudenziali richiamate e
della complessità della questione, il Collegio ritiene sussistenti
giusti motivi di compensazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione V,
pronunciando sull’appello in epigrafe, dichiara il difetto di
giurisdizione del giudice amministrativo e per l’effetto annulla
senza rinvio l’impugnata sentenza.
Compensa le spese di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità
amministrativa.
Così deciso in Roma, palazzo Spada, sede del Consiglio di Stato,
nella camera di consiglio del 14 dicembre 2004, con l'intervento
dei sigg.ri
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N°. RIC .11204/2001
Emidio Frascione
Presidente,
Rosalia Maria Pietronilla Bellavia
Consigliere,
Giuseppe Farina
Consigliere,
Marzio Branca
Consigliere,
Michele Corradino
Consigliere estensore.
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
f.to Michele Corradino
f.to Emidio Frascione
IL SEGRETARIO
f.to Antonietta Fancello
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
IL 29 AGOSTO 2005
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
p. IL DIRIGENTE
f.to Luciana Franchini
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