Secondo principio

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Il Secondo Principio della Termodinamica 1) L’asimmetria tra calore e lavoro: il caso delle trasformazioni ideali La prima legge della termodinamica non pone alcun limite alla conversione del lavoro in calore e viceversa. Domanda: • In un processo termodinamico è possibile avere come unico risultato la conversione del lavoro in calore (cioè è possibile cedere all’ambiente in modalità calore tutta l’energia interna precedentemente assorbita in modalità lavoro riportando il sistema e l’ambiente allo stato iniziale)? • In un processo termodinamico è possibile avere come unico risultato la conversione del calore il lavoro (cioè è possibile cedere all’ambiente in modalità lavoro tutta l’energia interna precedentemente assorbita in modalità calore riportando il sistema e l’ambiente allo stato iniziale)? Conversione Calore → Lavoro Sistema = gas ideale in contatto termico con un serbatoio a T costante. Processo: espansione isoterma ideale (quasistatica e senza attriti). L’energia interna non varia (poiché non varia la temperatura). Tutta l’energia assorbita in modalità calore è convertita in lavoro. Lo stato del sistema è però cambiato: nello stato finale il gas ha un volume maggiore. La trasformazione del lavoro in calore non può proseguire all’infinito. Consideriamo allora una trasformazione ciclica (in modo che lo stato iniziale sia uguale a quello finale). Mettiamoci inoltre in una situazione ideale: per trasformazioni ideali intendiamo trasformazioni quasistatiche e in assenza di attriti. Il Ciclo di Carnot Nel 1824 il fisico francese Sadi Carnot descrisse un ciclo di lavoro, il ciclo di Carnot, che diverrà di notevole importanza sia dal punto di vista pratico che teorico. Carnot dimostrò che una macchina termica che funzionasse con questo ciclo ideale fra due serbatoi di calore, sarebbe la macchina più efficace possibile. Analizziamo il Ciclo di Carnot: Passando da A a B il gas effettua una espansione isoterma: assorbe il calore Qc e fornisce il lavoro LAB sempre restando alla temperatura Tc: ΔU = 0, Qc = LAB. • Passando da B a C il gas subisce un’espansione adiabatica e si raffredda fino alla temperatura Tf: ΔU = – LBC • Passando da C a D il gas subisce una compressione isoterma: cede il calore Qf e assorbe il lavoro Lf sempre restando alla temperatura Tf: ΔU = 0, Qf= LCD;. • Passando da D ad A il gas subisce una compressione adiabatica e si riscalda di nuovo fino alla temperatura Tc: ΔU =Lda. Ora essendo (per il ciclo) la variazione totale di energia interna pari a 0, deve essere LBC=LDA; invece LAB> LCD, ossia Qc> Qf, ovvero 𝐿!" − 𝐿!" = 𝑄! − 𝑄! = 𝐿, che è il lavoro netto ottenuto all’esterno in seguito a questa trasformazione ciclica. Nel ciclo, l’energia presa dalla sorgente “calda” sotto forma di calore viene in parte utilizzata sotto forma di lavoro e in parte ceduta alla sorgente “fredda”. Questa constatazione può essere espressa definendo il rendimento η del ciclo di Carnot come il rapporto tra il lavoro netto effettuato verso l’esterno e il calore assorbito 𝑄!
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Fino a questo punto si è applicato il I principio Q + L = ΔU e si è data la definizione di rendimento. L’applicazione del primo principio della termodinamica non permette però di spiegare il motivo per cui il rendimento del Ciclo di Carnot sia minore di 1 (η<1), pur coinvolgendo trasformazioni tutte ideali. πœ‚ < 1 anche con trasformazioni ideali. Nel ciclo di Carnot la conversione del calore in lavoro non è integrale. In conclusione: • Π€ POSSIBILE convertire integralmente lavoro in calore senza alterare lo stato termodinamico del sistema. • Sembra IMPOSSIBILE convertire integralmente calore in lavoro senza alterare lo stato termodinamico del sistema. Questa apparente impossibilità è elevata a principio e costituisce una prima possibile formulazione del secondo principio della termodinamica. Enunciati di Kelvin e Clausius del II principio della termodinamica Una macchina termica operante fra due sorgenti di calore è un congegno che assorbe da una sorgente calda una quantità di calore Qc e cede alla sorgente fredda una quantità di calore Qf (< Qc) realizzando un lavoro L = Qc – Qf. La richiesta che una macchina termica operi tra due sorgenti di calore a temperatura diversa potrebbe apparire non necessaria se si considera, ad esempio, che, fornendo del calore mediante una sola sorgente a un gas contenuto in un cilindro, si provoca l’espansione del gas medesimo con compimento di lavoro sull’ambiente esterno. Si noti, però, che in questo caso si compie lavoro “una sola volta” durante l’espansione del gas che, ovviamente, deve essere limitata nello spazio. Per ottenere ancora del lavoro con questa macchina, dovremmo essere in grado di riportarla alle condizioni iniziali raffreddando il gas caldo mediante una seconda sorgente di calore, con temperatura più bassa di quella che ha prodotto l’espansione. Quanto appena detto si dimostra generalizzabile a tutti i sistemi termodinamici teoricamente immaginabili. Possiamo allora affermare che: qualunque sia il congegno che si immagina (compatibilmente con i principi teorici della fisica), per trasformare ciclicamente calore in lavoro non si può mai prescindere dalla necessità che esso operi utilizzando almeno due sorgenti di calore a temperature diverse. L’“enunciato di Kelvin” eleva al rango di principio il risultato ottenuto col ciclo di Carnot: II principio della termodinamica – Enunciato di Kelvin: “E’ impossibile che una macchina operante in un ciclo produca come unico effetto quello di sottrarre energia in modalità calore a un termostato e trasferirne all’ambiente una quantità equivalente in modalità lavoro”. Esso esprime, quindi, che non si può realizzare una trasformazione ciclica (che riporti cioè il sistema al suo stato iniziale) tale che l’energia assorbita dal sistema in modalità calore possa essere sottratta totalmente al sistema in modalità lavoro. Il II principio è solitamente presentato anche introducendo una seconda formulazione (enunciato di Clausius). II principio della termodinamica – Enunciato di Clausius: “Π€ impossibile che una macchina frigorigena operante in un ciclo produca come unico effetto quello di trasferire calore da un corpo più freddo ad un corpo più caldo”. Π€ cioè impossibile realizzare un frigorifero che non utilizzi lavoro dall’esterno. Vi è equivalenza logica dei due enunciati, infatti se si nega l’uno, si nega anche l’altro. Fig. A Sistema composto dall'ipotetica macchina ad una sola sorgente a temperatura uniforme e da un frigorifero reale. Il sistema è equivalente ad un frigorifero che viola l'enunciato di Clausius (i segni dei calori e del lavoro sono tralasciati perché intuitivi). Fig. B. Dimostrazione grafica del fatto che la negazione dell'enunciato di Clausius implica la negazione dell'enunciato di Kelvin L’irreversibilità come fatto di natura e ri-­β€formulazione della II legge: il caso delle trasformazioni reali La prima legge della termodinamica risulta insufficiente non solo per spiegare il rendimento minore di 1 di una macchina ideale, ma anche per dare una spiegazione di qualcosa di cui si fa esperienza quotidianamente: • il rimbalzo di una pallina sempre più basso, • l’espansione di un gas in un recipiente, • un corpo che si riscalda se posto a contatto termico con un corpo più caldo. In natura non si sono mai osservati i fenomeni inversi avvenire spontaneamente (ovvero senza una interazione con l’ambiente che fornisca altra energia al sistema), nonostante il primo principio non li vieti: una pallina che spontaneamente inizia a rimbalzare con rimbalzi sempre più alti, la compressione spontanea di un gas in un recipiente a parti fisse, il raffreddamento spontaneo di un corpo a contatto con uno più caldo. In queste frasi ci sono due aspetti fondamentali che saranno oggetto di attenzione: -­β€ in natura i sistemi tendono spontaneamente ad evolvere verso stati di equilibrio (punto di partenza del percorso); -­β€ i processi spontanei di evoluzione di un sistema verso uno stato d’equilibrio sono irreversibili. Una trasformazione termodinamica è descrivibile come un processo che porta un sistema da uno stato d’equilibrio ad un nuovo stato d’equilibrio. Tale processo avviene generalmente in modo spontaneo e, quando questo avviene, è UN PROCESSO IRREVERSIBILE. L’irreversibilità in termodinamica non significa che il sistema, dopo che ha subito una trasformazione spontanea (irreversibile, appunto), non può essere riportato alle sue condizioni iniziali, ma che non esiste nessuna trasformazione che abbia COME UNICO RISULTATO il far tornare il sistema alle sue condizioni iniziali. Una volta avvenuta una trasformazione spontanea (irreversibile) il ripristino delle condizioni iniziali lascia, per così dire, una traccia nell’universo. 2.1. Formulazione generale della II legge e rilettura degli enunciati di Kelvin e Clausius La chiave per arrivare ad una formulazione generale della II legge sta nel rileggere in termini di irreversibilità dei processi spontanei gli enunciati di Kelvin e Clausius. Esiste in natura un processo il cui unico risultato sia la conversione, durante il processo, dell’energia meccanica fornita al sistema in aumento di energia interna (aumento della temperatura), a sua volta trasferita all’ambiente in modalità calore? Il pendolo "reale"
Un esempio di tale processo, facilmente analizzabile, è il pendolo reale. Si consideri un pendolo immerso in un fluido all’interno di un contenitore termicamente isolato. Togliendo il perno si fornisce al sistema energia meccanica (si fa compiere lavoro al campo gravitazionale). Il pendolo “spontaneamente” compie oscillazioni di ampiezza sempre minore fino a fermarsi in una posizione d’equilibrio. Dove è finita l’energia meccanica? Dall’aumento di temperatura che si può registrare si può affermare che l’energia meccanica si è spontaneamente convertita in energia interna del sistema. Se, invece di avere il sistema termicamente isolato, ci fosse almeno una parete conduttrice, l’energia dissipata per attrito verrebbe ceduta all’ambiente in modalità calore. h
ΔE = mgh
Enunciato di Kelvin: può essere riletto come l’affermazione dell’irreversibilità di questo processo di dissipazione di energia meccanica per attrito: anche mettendosi in condizioni ideali, non si può avere una trasformazione che abbia come unico risultato la trasformazione di energia assorbita come calore in lavoro meccanico. Il meglio che si può fare per convertire calore in lavoro (ovvero utilizzare l’aumento di temperatura del sistema per ottenere energia meccanica (lavoro)) è utilizzare una macchina ideale di Carnot il cui rendimento è, però, minore di 1. Enunciato di Clausius: “Non è possibile realizzare una trasformazione che abbia come unico risultato il trasferimento di una certa quantità di energia sotto forma di calore da un corpo più freddo a uno più caldo.” L’enunciato può essere riletto dicendo che, una volta realizzato un passaggio di energia sotto forma di calore da un corpo più caldo ad uno più freddo, non si può tornare indietro con una trasformazione che abbia come unico risultato il passaggio della stessa energia da un corpo più freddo ad uno più caldo: si tratta, “come enunciato da Clausius”, di un processo irreversibile. I due enunciati così riletti esprimono che in natura esistono almeno due particolari tipologie di trasformazioni spontanee irreversibili: • la dissipazione di energia meccanica per attrito; • il passaggio di calore da un corpo più caldo ad un corpo più freddo. Accanto a questi casi, ce ne possono essere altri: • ad esempio, l’espansione libera di un gas. Alla luce delle considerazioni precedenti si propone il seguente enunciato per la II legge: I processi naturali hanno un “verso” spontaneo: una volta che un sistema abbia compiuto una trasformazione spontanea essa è irreversibile, ovvero è impossibile realizzare una trasformazione che abbia come unico risultato il processo esattamente inverso che riporti il sistema al suo stato iniziale. Tale enunciato esprime (eleva a principio) l’irreversibilità come fatto di natura: ogni trasformazione spontanea crea un cambiamento irreversibile, ha una direzione privilegiata, per cui è possibile distinguere il prima dal dopo, il passato dal futuro (la freccia del tempo). I due enunciati precedenti (Kelvin e Clausius) emergono come casi particolari della formulazione più generale qualora si considerino trasformazioni spontanee particolari: 1. la dissipazione di energia meccanica per attrito; 2. il passaggio di calore da un corpo a temperatura superiore ad una corpo a temperatura inferiore Se accanto a queste si considera, ad esempio, un’altra trasformazione reale : 3. l’espansione libera di una gas. diventa possibile avere un’ulteriore formulazione. In altre parole, la formulazione generale, a seconda della trasformazione spontanea che si considera, può essere declinata in diverse formulazioni particolari, tra di loro “equivalenti”: 1. è impossibile realizzare una trasformazione che abbia come unico risultato quello di “estrarre da un serbatoio ‘caldo’ una quantità E* di energia interna sotto forma di lavoro, quando il serbatoio aveva assorbito quella stessa quantità E* di energia interna sotto forma di calore” [di “convertire completamente calore in lavoro”] (l’enunciato di Lord Kelvin); 2. è impossibile realizzare una trasformazione che abbia come unico risultato il trasferimento di una certa quantità di energia sotto forma di calore da un corpo più freddo a uno più caldo (l’enunciato di Clausius); 3. è impossibile realizzare una trasformazione che abbia come unico risultato il ritorno di un gas che abbia subito un’espansione libera al volume che aveva inizialmente. 
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