Lezione 1 - I blog di Unica

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Induzione elettromagnetica
La scoperta di Oersted (1820) che correnti elettriche sono in
grado di generare campi magnetici fu sbalorditiva; altrettanto
sorprendente fu scoprire che è vero anche il viceversa, ovvero
che i campi magnetici sono in grado di generare campi elettrici
e quindi correnti elettriche. Il legame tra campo magnetico e
campo elettrico da questo generato è descritto dalla legge di
Faraday sull’induzione elettromagnetica (1831)
Michael Faraday
(Southwark, UK,
1791 – 1867)
L’induzione magnetica è alla base di moltissime applicazioni che
sono parte della nostra esistenza quotidiana: dalla chitarra
elettrica agli elettrogeneratori che alimentano di corrente
elettrica le città e le linee di trasmissione; dalle piastre da cucina
ai grandi forni ad induzione delle fonderie.
Aspetti fenomenologici dell’induzione
1) Consideriamo una spira isolata, con un
amperometro inserito in grado di misurare
corrente; non c’è generatore né ovviamente
corrente nella spira;
2) Avviciniamo un magnete in modo che le linee
di campo del magnete entrino nella spira:
l’amperometro segnerà una corrente nel circuito
3) Manteniamo il magnete immobile vicino alla
spira: la corrente cessa
4) Allontaniamo il magnete dalla spira:
comparirà una corrente di verso opposto.
Cosa succede ??
Si genera corrente solo se spira e magnete sono in moto relativo, ovvero se uno dei
due si muove rispetto all’altro; se sono fermi non succede nulla
Un moto più veloce produce corrente più intensa
Se avviciniamo alla spira prima il polo nord e poi il polo sud la corrente nella spira si
inverte
La corrente che compare nella spira è detta corrente indotta, la d.d.p. è detta forza
elettromotrice indotta, e il fenomeno induzione elettromagnetica
Aspetti fenomenologici dell’induzione
Consideriamo due spire vicine ma non in
contatto; il circuito di destra è inizialmente
aperto, e nei due circuiti non scorre corrente
chiudiamo il circuito di destra: nel momento
dell’accensione si produce una corrente indotta
nel circuito di sinistra, ma solo fin quando la
corrente a destra non raggiunge il regime
stazionario:
dopo un istante la corrente nel circuito di destra
va a regime, e a sinistra non scorre corrente
Apriamo l’interruttore S: di nuovo, per un
istante, registreremo corrente nella spira di
sinistra, ma in verso opposto
Dopo un istante si torna allo stato iniziale, col
circuito di destra aperto e quello di sinistra privo
di corrente
Interpretazione: una variazione
di corrente nella spira di destra
induce una f.e.m. e dunque una
corrente nella spira di sinistra;
se la corrente è costante nel
tempo non si produce alcuna
corrente indotta.
Qualcosa di variabile nel tempo produce la corrente indotta; cos’è che
varia ? E’ stato Faraday a scoprirlo
Flusso del campo magnetico
Faraday capì che nei due casi illustrati ciò che varia è l’intensità del campo magnetico
attraverso la spira in cui si induce la corrente, ovvero varia il numero di linee di forza
che attraversano l’area della spira.
Attenzione: non è l’intensità del campo (ovvero il numero assoluto di linee forza) che
conta, ma il fatto che questo stia variando nel tempo; quanto più rapida è questa
variazione, tanto più forte la corrente indotta
Come quantifichiamo il campo magnetico che attraversa la spira? Al solito, le linee di
un campo che attraversano una superficie sono quantificate dal FLUSSO:
 
 B   B  dA
A
flusso del campo magnetico
attraverso la superficie A è:
Nel caso più semplice di una spira piana di area A, e di un campo uniforme su tutti i
punti della superficie, e perpendicolare alla superficie:
 B  BA
L’unità di misura del flusso magnetico è il Weber (Wb):
Wb  T m2
Legge di Faraday
La forza elettromotrice indotta in una spira conduttrice è uguale alla derivata
temporale del flusso magnetico attraverso l’area della spira, cambiata di
segno.
 B
E 
t
Il segno (–) indica che la corrente
indotta si oppone all’aumento di
flusso.
Se invece di una singola spira si ha una bobina con N spire, le f.e.m. indotte su ciascuna
spira si sommano come N batterie collegate in serie; per cui la f.e.m. totale indotta
nella bobina è
 B
E  N
t
Vi sono diversi modi per far variare il flusso attraverso la spira:
 Utilizzando un campo B variabile nel tempo
 Variando l’area o deformando la spira
 Se B è non uniforme variando la posizione della spira rispetto al campo
 Ruotando la spira, in modo che cambi l’angolo tra B e dA
Legge di Lenz
Nel 1834 Heinrich Friedrich Lenz enunciò un principio per descrivere il verso della
corrente indotta in una spira: la corrente indotta nella spira ha verso tale che il campo
magnetico generato dalla corrente si oppone alla variazione di campo magnetico che
genera la corrente
Avvicinandosi o allontanandosi dalla spira, il campo prodotto dal cilindro nel piano
della spira ha una variazione DB diretta come mostrato in Figura; la corrente indotta i
circola con verso tale che il corrispondente campo indotto Bi è sempre opposto a DB
Problema 30.1
Consideriamo un lungo solenoide composto da n=220 spire/cm, percorso da corrente
i0=1.5 A, di diametro D=3.2 cm; nel centro del solenoide è inserita una bobina di
sezione circolare con N=130 spire, e diametro d=2.1 cm; la corrente nel solenoide
viene diminuita con progressione costante (varia linearmente con t) fino a diventare
nulla dopo un tempo Dt=25 ms; calcolare la f.e.m. indotta nella bobina interna mentre
la corrente del solenoide varia, ed il verso della corrente indotta nella bobina
x̂
Il lungo solenoide può essere considerato ideale, per cui il
campo interno è uniforme e vale:
B  0i n xˆ
La corrente del solenoide viene ridotta linearmente nel tempo,
per cui varia secondo la legge:
La corrente deve annullarsi
dopo un tempo Dt per cui:
i(t )  i0  ct
i0
t  i
i0

c
 i(t )  i0 1  ;

Dt
Dt
 Dt  t
Problema 30.1
n=220 spire/cm; i0=1.5 A; N=130 spire; d=2.1 cm; Dt=25 ms
Essendo B perpendicolare all’area A della
bobina, il flusso di B attraverso l’area è:
Dalla legge di Faraday:
 B  BA; A 
 d2
4
 3.46 cm 2
 B
B
i
i0
E  N
  NA
 0nNA  0nNA
t
t
t
Dt
4
4
2
Tm
2
.
2

10
130

3
.
46

10
m
1.5 A
2
E  4 107

7
.
5

10
V
3
A
m
25 10 s
CmT
N s Vs
Tm2
N  AmT 
T 
 2
V
s
Cm m
s
Problema 30.1
x̂

B
t

Bin

B
B è diretto verso l’asse x positivo, ma la
corrente del solenoide decresce col tempo,
dunque dB/dt è diretto in senso opposto; per la
legge di Lenz, la corrente nella bobina deve
scorrere in verso tale da generare un campo
indotto Bin che si opponga alla variazione del
campo esterno; dunque Bin è concorde con B ed
opposto a dB/dt.
Si noti un altro modo per leggere la legge di
Lenz: poiché la corrente del solenoide
diminuisce nel tempo, la corrente indotta nella
bobina fluisce nello stesso verso in modo da
compensarne la riduzione
Problema 30.2
In figura vediamo una spira di resistenza R
connessa ad una batteria; la spira è formata da un
semicerchio di raggio r e 3 tratti rettilinei; il
semicerchio è immerso in un campo magnetico
variabile nel tempo B uscente dal piano
Ebat  2V ; R  2; r  0.2m;


B  4t 2  2t  3 T
a) Calcolare la f.e.m. indotta ed il verso della relativa
corrente indotta nella spira all’istante t=10 s
Il flusso magnetico attraverso il semicerchio è:  B  BA;
Se indichiamo con z l’asse perpendicolare
al foglio in verso uscente, si ha
La forza elettromotrice indotta
dalla variazione del flusso
(omettiamo il segno -):
Per t=10 s:
A
 r2
2
 0.063 m2
B(t )
T
ˆ
 8t  2 z
t
s
 B
B(t )
T
2
Ei 
A
 0.063 m 8t  2
t
t
s
Ei  0.063 m2  82
T
 5.16V
s
Problema 30.2
B è uscente dalla pagina e la sua variazione dB/dt positiva e dunque uscente
anch’essa; il campo indotto deve essere opposto e dunque entrante nella pagina,
dunque iin circola in senso orario
i
b) Calcolare la corrente totale nella spira
all’istante t=10 s
Ebat  2V ;
ibat
Ei  5.16V
Ein  Ebat
Ein  Ebat  Ri  i 
R
iin
Ei
i
3.16V
 1.58 A
2
Problema 30.3
La spira rettangolare in figura di lati W ed H
giace in un campo magnetico non uniforme e
variabile nel tempo, perpendicolare alla pagina
con verso entrante
W  3 m; H  2 m;
B  4 x2t 2 T
x
Calcolare la f.e.m. indotta ed il verso della
corrente indotta nella spira all’istante t=0.1 s
 
W
H
4 2 3  2
2
2
 B   B  dA   B dA  4t  dx x  dy   t W H  Tm
0
0
3

A
A
2
 B  8
Tm

8


  t W 3H 
  t W 3 H V
t
3
 s
3

Per t=0.1 s:
8

Ei   0.1 27  2 V  14.4V
3

Poiché B è entrante nella pagina e la sua variazione positiva, anche DB è entrante nella
pagina; dunque il campo indotto deve essere uscente dalla pagina; per la regola della
mano destra, la corrente indotta deve circolare in senso antiorario
La chitarra elettrica
La Fender Stratocaster (Leo Fender, 1954)
ha 3 gruppi di 6 microfoni elettrici (uno
per corda) che catturano le vibrazioni
delle corde, rispettivamente per
frequenze alte, medie, e basse.
Ciascun microfono è costituito da una bobina
connessa all’amplificatore, arrotolata attorno ad un
piccolo magnete.
La funzione del magnete è polarizzare il segmento di
corda al di sopra del magnete.
Far vibrare la corda equivale a far oscillare avanti e
indietro una barra magnetica puntata verso la
bobina: nella bobina si genera una variazione di
flusso magnetico e dunque una corrente indotta il
cui verso oscilla con la stessa frequenza della corda
che vibra. La frequenza viene quindi trasmessa
all’amplificatore e poi alle casse che la traducono in
onda sonora.
corda
Induzione e trasferimento di energia
 Se avviciniamo la barra magnetica alla spira sentiamo una forza repulsiva che tende
a repellere la barra e la spira: dobbiamo applicare una forza e dunque spendere una
certa energia per avvicinare spira e barra magnetica
Se allontaniamo la barra magnetica dalla spira sentiamo una forza attrattiva che
tende ad avvicinare la barra e la spira: dobbiamo applicare una forza e dunque
spendere una certa energia per allontanarle
A cosa è dovuta questa spesa energetica,
e dunque questa necessità di esercitare
forza dall’esterno per avvicinare o
allontanare spira e barra?
la spira (a meno che sia superconduttiva)
ha sempre una sua resistenza, dunque
far circolare la corrente indotta richiede


una energia termica da spendere nel
DB
Bi
circuito: una corrispondente quantità di
energia meccanica deve dunque essere
fornita dall’esterno
Calcolare questa energia nel caso mostrato in figura
è complicato; consideriamo un caso più semplice
Induzione e trasferimento di energia
Consideriamo un campo B uniforme entrante nella
pagina all’interno della regione tratteggiata, ed una
spira rettangolare immersa nel campo, di resistenza
R; estraiamo la spira dal campo muovendola con
velocità v costante; durante l’estrazione, il flusso
magnetico attraverso la spira varia nel tempo; se x è
la porzione di lato orizzontale della spira immersa
nel campo, si ha:
 
 B   B  dA   B dA  BLx
A
A
Chiaramente se v è costante: x  x0  vt
 B
BLv
 Ei  
 BLv; i 
t
R
A seguito della corrente indotta, nella regione della spira immersa
nel campo si genera la forza di Lorentz (per il caso di filo rettilineo):
Sui lati 2 e 3 della spira le forze sono uguali ed
opposte in verso, conta solo la forza sul lato 1:

 
FB  i L  B

L2 B 2v
F1  i LB xˆ  
xˆ
R
Induzione e trasferimento di energia
 B
BLv
Ei  
 BLv; i 
t
R

L2 B 2v
F1  i LB xˆ  
xˆ
R
E’ necessario dunque applicare una forza F uguale in
modulo ed opposta in verso ad F1 per estrarre la spira
dalla regione del campo magnetico (si noti che F1 è
costante, essendo v costante)
Il lavoro meccanico necessario ad estrarre
dL  F dx
un tratto dx della spira dal campo è:
L2 B 2v 2
La corrispondente potenza meccanica: P  F v 
R
2 2 2
L
La potenza dissipata in energia termica: P  i R  B v
R
2
Come volevasi dimostrare, la potenza dissipata in energia termica dalla corrente
indotta è uguale alla potenza meccanica che si deve spendere per estrarre la spira dal
campo magnetico
Correnti di Focault o parassite
Immaginiamo di ripetere lo stesso esperimento ma
estraendo dal campo magnetico una lastra conduttiva
invece della spira: si genera lo stesso fenomeno, ovvero
correnti indotte si generano nel conduttore, di verso tale da
opporsi all’estrazione della lastra.
A differenza della spira, in cui le cariche mobili hanno ‘la
strada segnata’, nel caso della lastra le correnti sono libere di
muoversi senza restrizioni; in pratica queste correnti, dette
di Focault o anche parassite, generano dei vortici, o mulinelli
di corrente (“eddy currents”) all’interno della piastra.
Nella figura in basso consideriamo una bacchetta conduttiva
che oscilla attorno ad un perno, e oscillando attraversa una
regione di campo magnetico: ogni volta che la bacchetta
attraversa il campo, la variazione di flusso genera mulinelli di
Focault nella bacchetta che dissipano una certa quantità di
energia; dopo alcune oscillazioni sempre meno ampie, la
bacchetta si fermerà in posizione verticale, poiché avrà
esaurito la sua energia cinetica iniziale, interamente
dissipata in energia termica dovuta alle correnti parassite
Risonanza magnetica nucleare (RMN)
Nella RMN un paziente giace in un apparato in
cui sono presenti due campi: un intenso
campo statico Bstat ed un debole campo B(t)
variabile nel tempo in modo sinusoidale. Al
dito del paziente è applicato un pulsossimetro,
apparecchio che misura la pressione di
ossigeno nel sangue, connesso al rilevatore
esterno mediante un cavo conduttore.
E’ accaduto che il cavo, toccando il braccio del paziente, creasse un loop conduttivo col
braccio: la variazione di flusso nel loop dovuta a B(t) ha così generato una corrente
indotta capace di ustionare il paziente nei punti di contatto braccio-filo e dito-filo.
Consideriamo che il rivestimento del filo è sufficiente ad isolarlo ed a prevenire corto
circuiti in caso di normali correnti di basso voltaggio; inoltre abbiamo detto che B(t) è
debole: il punto cruciale è che la f.e.m. indotta non dipende dal valore del campo in
un dato istante, ma dalla sua variazione nel tempo: se la frequenza di oscillazione di
B(t) è molto elevata (come nel caso della RMN), la sua derivata, e quindi la derivata del
flusso, può essere grandissima, anche se il valore di B è piccolo !!
Nelle apparecchiature medicali, in presenza di campi magnetici varabili nel tempo, è
quindi imperativo accertarsi che i fili elettrici non tocchino in alcun modo il corpo del
paziente, onde evitare possibili ustioni dovute all’induzione magnetica di Faraday.
Campo elettrico indotto
Consideriamo un campo magnetico uniforme B(t)
variabile nel tempo, all’interno di un volume cilindrico di
raggio R, perpendicolare alla pagine in verso entrante.
Poniamo un anello conduttore di raggio r all’interno del
campo, concentrico al cilindro: la variazione di flusso
produce una f.e.m. e dunque una corrente i nell’anello.
Se B(t) aumenta nel tempo dB(t)/dt è orientato in verso
entrante come B(t), dunque i scorre in senso antiorario,
come prescritto da Lenz.
Ma se nell’anello esiste una f.e.m. che produce la corrente, ciò vuol dire che deve
esistere un campo elettrico indotto E prodotto da dB(t)/dt. Questo porta alla
seguente riformulazione della legge di Faraday:
Un campo magnetico variabile nel tempo genera un campo elettrico
Il campo elettrico prodotto da dB(t)/dt è tanto reale quanto quello prodotto
dalle cariche elettriche. Come il campo prodotto da cariche, esso esiste a
prescindere dalla presenza di altre cariche su cui esercita una forza. Ovvero,
anche in assenza dell’anello di rame, il campo elettrico indotto è presente nello
spazio ed in grado di accelerare le cariche elettriche e generare una corrente.
Campo elettrico indotto
Eliminiamo l’anello di rame e disegniamo idealmente un
cerchio di raggio r, concentrico al cilindro: in ogni punto
del cerchio esiste un campo E indotto in grado di generare
una corrente lungo la circonferenza di verso antiorario.
Essendo B uniforme, il flusso e dunque la f.e.m. hanno
simmetria radiale, poiché per un qualunque cerchio di
raggio r:
B
B
E (r ) 
A
 r2
t
t
Dunque anche E deve avere simmetria radiale e la sua
direzione tangenziale alla circonferenza. Le linee di
flusso di E sono cerchi concentrici che si addensano
allontanandosi dal centro, poiché il flusso magnetico (e
dunque l’intensità di E) cresce con l’area. Il verso di E è
dettato da Lenz, concordemente al verso della corrente.
NB: le linee di flusso del campo elettrico generato da
cariche elettriche hanno un inizio (dalla carica positiva)
ed una fine (nella carica negativa); al contrario, le linee
del campo generato da dB(t)/dt devono essere linee
chiuse, ovvero non possono né iniziare né finire in alcun
punto dello spazio
Riformulazione della legge di Faraday
Consideriamo una carica q0 che si muove lungo la
circonferenza di raggio r, spinta dalla f.e.m. indotta. Il
lavoro del campo elettrico speso per muovere q0 di
un giro completo lungo la circonferenza è, per
definizione:




L  q0E   F  ds  q0  E  ds
 
 E   E  ds
Ovvero la f.e.m. di un circuito chiuso è uguale alla
circuitazione del campo elettrico lungo il circuito
Possiamo quindi riscrivere la legge di Faraday come:
 
 B
 E  ds   t
Dunque, la variazione nel tempo del flusso magnetico genera un campo elettrico
avente circuitazione non nulla rispetto ad un qualsiasi cammino chiuso interno al
campo magnetico variabile
Nel caso di simmetria
radiale:
1 B
L  q0E  q0 E 2r   E  E 2r   E 
r
2 t
Riformulazione della legge di Faraday
 
 B
 E  ds   t
Si noti che E esiste anche al di fuori della regione
di campo magnetico: ad esempio, la circuitazione
di E lungo una circonferenza di raggio r > R è
chiaramente non-nulla, per cui anche il campo
elettrico in ciascun punto deve esserlo
Consideriamo la circuitazione attorno ai 4 cammini chiusi disegnati in rosso in figura,
tutti aventi la stessa area.
 I cammini 1 e 2, interamente interni al campo magnetico, benché abbiano una
diversa distribuzione dei valori di E lungo il cammino, devono avere uguale f.e.m.
poiché dB/dt è uniforme in tutti i punti e la loro area è la stessa.
 La f.e.m. del cammino 3 è inferiore a quella di 1, 2, poiché, essendo parzialmente
fuori dal campo magnetico, il corrispondente flusso magnetico sarà minore.
 La f.e.m. del cammino 4 è nulla, essendo interamente al di fuori del campo
magnetico, benché il campo non sia affatto nullo in quella regione.
Problema 30.4
Consideriamo un campo magnetico uniforme B(t)
variabile nel tempo, all’interno di un volume cilindrico di
raggio R = 8.5 cm, perpendicolare alla pagine in verso
entrante. Sia dB(t)/dt = 0.13 T/s.
a) Calcolare il campo elettrico nel punto r = 5.2 cm
Utilizziamo la legge di Faraday per il
campo elettrico prodotto dal flusso:
 
 B
 E  ds   t
Sfruttando la simmetria radiale, la circuitazione di E
lungo il cerchio di raggio r è:
 
 E  ds  E(2r )
La derivata del flusso del campo magnetico
attraverso l’area racchiusa dal cerchio:
 B B

 r2
t
t
E
1 B
V
r  3.38 103
2 t
m
Tm2
V
s
Problema 30.4
R = 8.5 cm, dB(t)/dt = 0.13 T/s
r
b) Calcolare il campo elettrico nel punto r = 12.5 cm (fuori
dal cilindro)
la circuitazione di E lungo il
cerchio di raggio r è:
E
Adesso r > R, dunque il flusso
magnetico attraverso r è tutto
il flusso attraverso il cerchio di
raggio R:
1 B
r
2 t
1 B R 2
E
2 t r
R
 
 E  ds  E(2r )
 B B

 R2
t
t
1 B R 2
3 N
E
 3.7 10
2 t r
C
Intensità del campo elettrico generato dal campo
magnetico uniforme interno ad una regione cilindrica di
raggio R: all’interno del cilindro il campo cresce
linearmente; all’esterno decresce come 1/r
Induttori e induttanze
Si definisce induttore un dispositivo in grado di generare un
campo magnetico di forma specifica. E’ dunque l’analogo
magnetico del condensatore, capace di generare un campo
elettrico di forma nota nello spazio (ad es. il condensatore
piano genera un campo elettrico uniforme). Tipici induttori
sono solenoidi, toroidi, e bobine.
Dato un induttore caratterizzato da N spire, corrente i, e
flusso magnetico B, si definisce induttanza dell’induttore la
quantità:
N
L
B
i
Il prodotto NB, si definisce flusso concatenato; dunque
l’induttanza di un dispositivo è uguale al flusso concatenato
per unità di corrente.
L’unità di misura dell’induttanza è l’Henry (H), dal nome di
Joseph Henry (contemporaneo di Faraday): un Henry è uguale
a un Weber su un Ampère:
Tm2 Wb
L 

H
A
A
Induttanza del solenoide
Consideriamo un solenoide abbastanza lungo da
poterlo supporre ideale; sappiamo che il campo
magnetico interno è
B  0in

Calcoliamo il flusso attraverso
 B  BA  0inA
la sezione di area A:
Calcoliamo l’induttanza del solenoide in una regione centrale
(ovvero lontana dai bordi) di lunghezza l; il numero di spire
da considerare è quindi N= nl, e l’induttanza:
Possiamo considerare l’induttanza per unità di lunghezza:
N B
L
 0n2lA
i
L
 0 n 2 A
l
Analogia formale tra induttanza e capacità del condensatore
C  0 A / d
piano: entrambe dipendono da fattori geometrici e da una
costante universale
Analogia concettuale: la capacità è il rapporto tra carica sui piatti e potenziale da essa
generato tra i piatti; l’induttanza è il rapporto (inverso) tra corrente nel filo e flusso di
campo magnetico generato dalla corrente all’interno del solenoide
Autoinduzione
Un campo magnetico variabile nel tempo genera una forza elettromotrice ed una
corrente indotta in un qualsiasi circuito immerso nel campo. Se il campo magnetico è a
sua volta generato da una bobina o da un circuito qualsiasi, una f.e.m. indotta verrà
generata dal campo magnetico anche nella bobina generatrice del campo: in tal caso
si dice che la f.e.m. è autoindotta. Proprio come una qualsiasi f.e.m. indotta, anche la
f.e.m. autoindotta obbedisce alla legge di Faraday.
Consideriamo un induttore qualsiasi, caratterizzato da N spire, corrente i, e flusso
magnetico B; per definizione, flusso e corrente sono legate dalla relazione:
iL  N B
Se il flusso varia nel tempo a causa di una
corrente variabile nel tempo, nell’induttore
si genera una f.e.m. autoindotta data da:
 B
i
EL   N
 L
t
t
Negli induttori i fattori geometrici che determinano L sono tipicamente fissi, per cui il
flusso varia esclusivamente attraverso la variazione di corrente, mentre L resta
costante.
Dunque, in un qualsiasi induttore, ogni volta che la corrente varia nel tempo si
genera una f.e.m. autoindotta. Si noti che il valore di i(t) non influenza affatto la f.e.m.
autoindotta, conta soltanto la derivata di/dt.
Verso della corrente autoindotta
Il circuito in figura è costituito da un generatore, un
induttore L, ed una resistenza R; immaginiamo che
una punta scorrevole si muova lungo R, in modo da
variare la corrente i del circuito, nel tempo; mentre la
punta si muove, nell’induttore si genera una
variazione di flusso magnetico ed una corrente
autoindotta. Assumiamo che i scorra nelle spire
dell’induttore in verso orario, per cui il campo
magnetico nell’induttore è diretto verso il basso
i aumenta
i diminuisce

Bi
i
i

B

dB
iin

dB
iin

Bi
 Quando i cresce dB/dt è rivolto verso il basso: la corrente autoindotta scorre in
verso antiorario, ovvero si oppone all’incremento di i
 Quando i decresce, dB/dt è rivolto verso il basso: la corrente autoindotta ha lo
stesso verso di i, ovvero si somma ad i in modo da compensarne il decremento
i
Circuito RL
Si dice circuito RL un circuito a singola maglia
contenente una resistenza R e un’induttanza L (in
figura); quando l’interruttore chiude il circuito nel
punto a, la batteria inizia a far circolare corrente;
durante il periodo transiente necessario ad
arrivare allo stato di regime stazionario, la
corrente aumenta progressivamente
attraversando l’induttanza, generando un campo
B(t) e di conseguenza una corrente autoindotta.
In assenza di L, la corrente del circuito raggiungerebbe in un
tempo rapidissimo il suo valore stazionario:
i
E
R
i
Di contro, a causa di L, si genera nel circuito una f.e.m. autoindotta : EL   L
t
e quindi una corrente autoindotta di verso opposto a quella della batteria; l’effetto
netto della contrapposizione tra f.e.m. costante della batteria e f.e.m. variabile dovuta
all’induzione è una corrente che cresce sempre più lentamente, raggiungendo il
valore stazionario nel limite asintotico. Una volta raggiunto il regime di corrente
stazionaria, la corrente autoindotta si annulla e l’induttanza si comporta come un
ordinario pezzo di filo conduttore.
Circuito RL
Applichiamo Kirchoff al circuito RL in figura:
i
E  EL  E  L  Ri
t
i
 E  Ri  L
t
(1)
Dobbiamo risolvere questa equazione differenziale di primo ordine in i(t) con la
condizione iniziale: i(0)=0, simile a quella già vista per il circuito RC; la soluzione è:

E 
i (t )  1  e L
R
Rt
 è facile dimostrare che questa

E
 espressione soddisfa la (1); inoltre: i(0)  0; i() 

R
definiamo la costante di tempo induttiva L (dalla (1) si vede che L
può esprimersi in Vs/A, per cui L/R ha dimensione di un tempo)
t


E 
 i (t ) 
1 e L
R 




L 
L
R
Ricordiamo che per il
condensatore:
 C  RC
Circuito RL
R  2K; L  4H ; E  10V
la differenza di potenziale ai capi di R è

VR (t )  R i(t )  E 1  et / L

VR è proporzionale alla corrente, dunque è nulla
inizialmente e tende esponenzialmente alla f.e.m.
della batteria.
Dopo un tempo t = L:
VR ( L )  0.63 E
la differenza di potenziale ai capi di L è
VL  L
i
 E et / L
t
per t=0, VL è uguale (ed opposta in verso) alla f.e.m.
della batteria, in modo che la corrente iniziale è nulla;
ovvero, a t=0 l’induttanza si comporta come un
circuito aperto. A regime stazionario, VL si annulla,
ovvero l’induttanza diventa un cortocircuito.
Dopo un tempo t = L:
VL ( L )  0.37 E
Circuito RL
Una volta raggiunta la condizione di regime
stazionario, spostiamo l’interruttore sul punto b,
in modo da escludere la batteria dal circuito: la
corrente non svanisce istantaneamente, poiché L
compensa la riduzione con un contributo di
corrente indotta.
i
Ri  L  0
t
La soluzione dell’eq.(2) è:
d.d.p. ai capi di R:
vR (t )  Ri (t )  E e
E t / L
i(t )  e
 i(0) et / L
R
d.d.p. ai capi di L:
t / L
di
vL (t )  L  E et / L
dt
(2)
E
i (0) 
R
L 
L
R
Ovvero, a t=0 la corrente è uguale a quella a regime i(0), e la tensione ai capi di L deve
compensare la tensione ai capi di R: entrambe diminuiscono esponenzialmente nel
tempo, con una costante di tempo induttiva uguale a quella del processo di corrente
crescente
Problema 30.5
i
i1
Il circuito in figura contiene 3 resistenze R uguali,
due induttanze L uguali, ed una batteria ideale:
i2
R  9 ;
i3
L  2 mH ; E  18V
a) Calcolare la corrente attraverso il ramo della
batteria all’istante iniziale, subito dopo la
chiusura del circuito
La corrente scorre in 3 rami paralleli, ai cui capi c’è la stessa d.d.p, uguale alla f.e.m.
della batteria; le equazioni per i 3 rami sono:
i1
i3
E  R i1  L ; E  R i2 ; E  R i3  L
t
t
Chiaramente, primo e terzo ramo sono identici per cui:
i1  i3 ; i  2i1  i2
All’istante iniziale sappiamo che l’induttanza si comporta come un circuito aperto,
dunque:
i1  i3  0
E 18V
i  i2  
 2A
R 9
Problema 30.5
i
i1
Il circuito in figura contiene 3 resistenze R uguali,
due induttanze L uguali, ed una batteria ideale:
i2
R  9 ;
i3
L  2 mH ; E  18V
b) Calcolare la corrente attraverso il ramo della
batteria nel regime stazionario, ovvero molto
tempo dopo la chiusura del circuito
i1
i3
E  R i1  L ; E  R i2 ; E  R i3  L
t
t
i1  i3 ; i  2i1  i2
A regime la corrente non varia più e l’induzione si annulla; dunque l’induttore diventa
un corto circuito: ne deriva che le correnti nei 3 rami devono essere tutte uguali:
E  R i1  R i2  R i3
 i  3i2  6 A
Problema 30.6
Consideriamo un solenoide con resistenza interna
R e induttanza L, collegato ad una batteria
R  0.37 ; L  53 mH ;
Calcolare il tempo necessario alla corrente per
raggiungere metà del suo valore di equilibrio
Il solenoide è dotato di una propria resistenza R; a regime
diventa quindi un resistore di resistenza R, per cui:
Dobbiamo determinare l’istante t per cui: i (t ) 
e
t /  L
L 
i () 

E
R

E
1E
1  et / L 
R
2R
1
t
    ln(0.5)  0.69  t  0.69 L
2
L
L 53mH

 0.14 s  t  0.69 L  0.1s
R 0.37
Tm2
H
A
Tm2
V 
s
H
s

Energia immagazzinata nel campo magnetico
Quando si collega l’induttanza alla batteria, durante
la fase di corrente variabile, una porzione
dell’energia erogata dal generatore è spesa per
‘caricare’ l’induttanza, ovvero generare il campo
magnetico nell’induttore; a regime, questa energia
rimane immagazzinata nel campo magnetico
dell’induttore, ed eventualmente rilasciata nel
circuito se la batteria viene eliminata.
Consideriamo l’equazione del circuito in figura,
avendo moltiplicato entrambe i membri per i:
i
E i  Ri  Li
t
2
Questa equazione esprime la conservazione dell’energia:
dq
EiE
dt
Ri 2
i
Li
t
potenza erogata nel circuito dalla batteria
potenza dissipata in energia termica sulla resistenza R
potenza immagazzinata nel campo magnetico dell’induttore
Energia immagazzinata nel campo magnetico
i
E i  Ri  Li
t
2
(1)
L’espressione generale che lega potenza e d.d.p. ai
capi di un generico componente del circuito è:
dL dq DV
P

 i DV
dt
dt
Ai capi dell’induttore: DV  L
di
dt
(2)
di
 P  Li
dt
Dunque il terzo termine dell’eq.(1) è la potenza trasferita dal generatore all’induttore.
Dalla potenza ricaviamo l’energia immagazzinata nell’induttore (assumiamo nulla la
corrente e l’energia all’istante iniziale)
P
dU
di
1
 Li  U  L  i di  Li 2
dt
dt
2
Notiamo l’analogia con l’energia accumulata nel
campo elettrico del condensatore:
1 q2
U
2C
Problema 30.7
Consideriamo una bobina con resistenza interna R
e induttanza L, collegato ad una batteria:
R  0.35 ; L  53 mH ;
La bobina viene collegata ad una f.e.m. di 12 V.
a) Calcolare l’energia immagazzinata dal campo
magnetico della bobina all’equilibrio.
La bobina, come una qualsiasi induttanza, nel regime stazionario si
comporta come un ramo chiuso di resistenza uguale alla resistenza
interna dell’induttore, per cui:
i ( ) 
E
12V

 34.3 A
R 0.35
L’energia immagazzinata è quindi:
1 2
U  L i  26.5mH (34.3 A)2  31.17 J
2
Vs
H
 HA2  VAs  VC  J
A
Problema 30.7
Consideriamo una bobina con resistenza interna R
e induttanza L, collegato ad una batteria:
R  0.35 ; L  53 mH ;
La bobina viene collegata ad una f.e.m. di 12 V.
b) Calcolare il tempo (espresso in multipli della
costante di tempo) necessario ad immagazzinare
metà dell’energia totale di equilibrio
L’energia immagazzinata
in funzione del tempo è:

 1 e


1 2
1 E 
U (t )  L i (t )  L   1  et / L
2
2 R
Dobbiamo calcolare l’istante
in cui U(t) è uguale a:
t /  L 2
2
1
1
1 E 
U   L i2  L  
2
4
4 R

2
2
1
1
t
1 

t /  L
 e
 1

  ln 1 
  1.23
2
L
2
2

Densità di energia del campo magnetico
l
A
Consideriamo un solenoide ideale di lunghezza l ed area A. Poiché il campo magnetico
nel solenoide (ideale) è uniforme, anche l’energia deve essere distribuita
uniformemente. La densità di energia del solenoide è quindi:
2
i
U
1
L
u

L i2 
Al 2 Al
l 2A
Nel solenoide l’induttanza per unità di lunghezza è:
2 2 2
2

n
i
1
1
B
0
 u  0n2i 2 

2
2 0
2 0
Notiamo l’analogia con la densità
di energia del campo elettrico:
1
u  0E2
2
L
 0 n 2 A
l
Valida in generale per qualunque
campo magnetico
ricavata dal condensatore piano
ma valida per qualsiasi valore di E
Problema 30.8
Consideriamo un lungo cavo coassiale costituito da due cilindri conduttori molto
sottili; il cilindro interno ha raggio a, quello esterno raggio b; la corrente scorre lungo il
cilindro interno in un verso e lungo quello esterno (che funge da conduttore di ritorno)
nel verso opposto.
a  1.2 mm; b  3.5 mm; l  1m; i  2.7 A
Calcolare l’energia immagazzinata nel campo magnetico in un tratto l del cavo.
Per B possiamo assumere simmetria cilindrica, e
calcolarlo in qualsiasi punto dello spazio
utilizzando la circuitazione attorno ad una
circonferenza di raggio r. Chiaramente B=0 in
qualsiasi punto interno al cilindro piccolo o
esterno al cilindro grande (le correnti nei due
cilindri sono uguali in modulo ed opposte in
verso): solo nell’intercapedine tra i due cilindri il
campo magnetico è diverso da zero. Applicando
Ampère sulla circonferenza di raggio r (linea
tratteggiata in figura) si ottiene:
2

0 i
B(r ) 
0 i 2
B(r ) 
 u (r ) 

2 r
2 0
2(2 ) 2 r 2
Problema 30.8
0 i 2
u (r ) 
2(2 ) 2 r 2
a  1.2 mm; b  3.5 mm; l  1m; i  2.7 A
In questo caso B ed u non sono uniformi nel piano;
dunque per calcolare l’energia in una sezione finita di
cavo è necessario integrare:
b
U  l  u (r ) dA
a
In simmetria radiale, conviene assumere come dA
una corona di raggio r e spessore dr:
dA  2 rdr
0l i 2 b 1
0l i 2  b 
 U  2 l  u (r ) rdr 
dr 
ln  

a
a
4
r
4
a
b
2
Tm
3.5
U  107
 7.3 A2  ln
 7.8 107 J
A
1.2
Tm2
H
 Tm2 A  HA2  J
A
Mutua induttanza
Consideriamo due bobine vicine, rispettivamente
aventi N1 ed N2 spire; nella bobina 1, collegata ad
un generatore, scorre una corrente i1 che crea un
campo B1. Abbiamo definito induttanza, o anche
autoinduttanza, il flusso concatenato alla bobina 1
per unità di corrente:
N111 N1  
L1 

B1  dA1

i1
i1
Ovviamente, il campo B1 produce anche un flusso
concatenato con la bobina 2 (a patto che questa sia
abbastanza vicina alla 1); definiamo mutua
induttanza la quantità:
N 2 21 N 2  
M 21 

B1  dA2

i1
i1
la mutua induttanza è il un flusso magnetico 21 per unità di corrente
prodotto da B1 concatenato con le N2 spire della bobina 2
Mutua induttanza
M 21i1  N221
Mediante una punta a scorrimento lungo R,
facciamo variare nel tempo la corrente i1; si ha:
di1
d 21
M 21
 N2
dt
dt
Per la legge di Faraday, il secondo membro è la
f.e.m. indotta nella bobina 2:
d 21
di1
E2   N 2
  M 21
dt
dt
Nel caso dell’autoinduzione si ha:
d11
di1
E1   N1
  L1
dt
dt
Mutua induttanza
Togliamo la batteria dalla bobina 1 e inseriamola
nella bobina 2: il flusso generato dalla 2 sulla 1
genera una corrente indotta sulla bobina 1; la
mutua induttanza in questo caso si esprime come
M12 
N112
i2
e la f.e.m. indotta nella bobina 2:
E1   N1
d12
di
  M12 2
dt
dt
ovvero la f.e.m. indotta in una bobina è sempre
proporzionale alla variazione di corrente
nell’altra bobina.
Diamo (senza dimostrazione) il seguente risultato:
M 21  M12  M
Ovvero, anche se le bobine sono diverse, l’induzione esercitata da una bobina su
un’altra è sempre uguale all’induzione esercitata da quest’ultima sulla prima
Mutua induttanza
di2
E1   M
dt
di1
E2   M
dt
Problema 30.9
i1
ŷ
R1

B1
R2
x̂
 0 N1i1
B1 
zˆ
2 R1
Consideriamo due bobine circolari coassiali, di raggi
R1 ed R2 (con R1 >> R2) e spire N1 ed N2; calcolare il
coefficiente di mutua induzione M
N1  N2  1200; R1  15 cm; R2  1.1cm
Il campo della bobina è meno simmetrico di quello
del solenoide, e non possiamo applicare Ampère;
abbiamo però visto che nella regione attorno al
centro il campo è circa uniforme; ricordando la
formula di Biot-Savart applicata all’arco, si ha che il
campo generato dalla bobina 1 nella regione
attorno al centro è:
Supponendo che i1 scorra in verso antiorario, B1 è
ovviamente perpendicolare ed uscente dalla pagina
La bobina 2 ha un’area molto piccola attorno al centro, dunque possiamo supporre B1
costante in ogni punto del piano della bobina 2; il flusso di B1 attraverso la 2 è quindi:
 
0 N1i1
2
 21   B1  dA2  B1  R2 
 R22
2 R1
A2




i1
ŷ
R1

B1
R2
x̂
Problema 30.9
N1  N2  1200; R1  15 cm; R2  1.1cm
 Ni
 21  0 1 1  R22 
2 R1
Dal flusso concatenato con la bobina 2 calcoliamo la
mutua induttanza:
N 2 21  0 N1 N 2 R22
M

 2.3 mH
i1
2 R1
Tm2
H
A
Come l’induttanza, anche la mutua induttanza dipende soltanto da
fattori strutturali della bobina, ovvero raggio e numero di spire.
NB: se avessimo calcolato il flusso generato dalla bobina 2 sulla 1 avremmo ottenuto
esattamente lo stesso risultato M = 2.3 mH. Il calcolo di B2 e del relativo flusso
attraverso l’area della bobina 1 è molto più complesso, può essere realizzato mediante
integrazione numerica al computer.
Sommario induzione magnetica
Faraday/Lenz
Wb  T m2
 
 B   B  dA
A
potenza dissipata nella spira
2
2 2
LB v
Pi R
R
2
Autoinduzione:
 B
i
EL   N
 L
t
t
Potenza, energia, e densità di energia
immagazzinate nel campo magnetico
i
P  Li
t
 
 B
E   E  ds  
t
 B
E  N
t
2
1 2
B
U  Li u 
2
2 0
Induttanza:
N B
L
i
Wb
H
A
Per il solenoide: L  0n2lA
Mutua induttanza:
di2
di1
E1   M
E2   M
dt
dt
Corrente nel circuito RL:
Fase crescente:

E
i (t )  1  et / L
R
Fase decrescente: i (t ) 
E t / L
e
R

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