6 Ottimizzare il paziente*

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1 • General Philosophy
Ottimizzare il paziente*
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JAMES C. RUCINSKI
Quando la fisiologia è completamente alterata ogni tentativo di ripristinare l’anatomia
diventa inutile.
La preparazione del paziente per sottoporlo ad intervento chirurgico può essere fondamentale quanto l’intervento stesso.
Sono le 4:00 di mattina ed avete diagnosticato al paziente un “addome acuto”,
probabilmente da perforazione di un viscere. È ovvio che il paziente debba essere
sottoposto ad una laparotomia d’urgenza: restano da decidere gli sforzi da compiere ed il tempo da investire nella sua ottimizzazione prima dell’intervento.
L’ottimizzazione è un’arma a doppio taglio: perdere tempo nel tentativo di
stabilizzare pazienti esangui è un esercizio velleitario, perché moriranno. E precipitarsi in sala operatoria con un paziente ipovolemico con occlusione intestinale è il
modo più sicuro per provocare un disastro.
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Gli argomenti che verranno discussi sono:
Perché ottimizzare?
Quali sono gli obiettivi dell’ottimizzazione?
Quali pazienti devono essere ottimizzati?
Come ottimizzare?
Perché è necessaria l’ottimizzazione preoperatoria?
Semplicemente perché un paziente ipovolemico non tollera né l’anestesia
né l’intervento chirurgico. L’induzione dell’anestesia generale ed il rilassamento
muscolare provocano una vasodilatazione sistemica che riduce i meccanismi
fisiologici di compenso dello shock. Aprendo l’addome si determina una
improvvisa caduta della pressione intraperitoneale che porta ad un accumulo
ematico nel sistema venoso che, a sua volta, riduce il ritorno venoso e l’output
cardiaco.
L’esecuzione di una laparotomia d’urgenza in un paziente non stabilizzato
può determinare un arresto cardiaco ancor prima dell’inizio dell’intervento.
Inoltre, durante l’intervento, non è possibile prevedere la quantità di liquidi da
reintegrare: volete iniziare con un paziente ipovolemico creando così un circolo
vizioso?
* Al termine del capitolo troverete un commento dei curatori.
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Quali sono gli obiettivi dell’ottimizzazione?
È necessario ottimizzare i pazienti in attesa di una laparotomia d’urgenza
per due motivi: l’ipovolemia e la sepsi. Entrambe causano una ipoperfusione tissutale e vengono inizialmente trattate aumentando la volemia. Lo scopo principale dell’ottimizzazione preoperatoria è quello di migliorare l’ossigenazione cellulare. Esiste un rapporto diretto tra ipossia e disfunzione cellulare, sindrome da
risposta infiammatoria sistemica (SIRS), insufficienza d’organo ed esito negativo
(●❯ Cap. 48).
Nei pazienti chirurgici critici, a differenza di quelli medici, l’ottimizzazione
richiede VOLUME e ancora volume – molti liquidi. Tuttavia, questo non vale per
i pazienti con sanguinamento in atto; in questo caso l’ottimizzazione implica il
controllo immediato dell’emorragia; finché questo non viene raggiunto, dovrete
limitare la somministrazione dei liquidi e mantenere il paziente moderatamente
ipoteso.
Quali pazienti devono essere ottimizzati?
I pazienti chirurgici spesso hanno un aspetto malato. Di solito l’aspetto del
paziente può fornire una prima importante impressione prima ancora di rilevare la
presenza di tachicardia, tachipnea, ipotensione, confusione mentale o scarsa perfusione periferica. Sono necessari semplici esami di laboratorio. L’emoconcentrazione
con il conseguente aumento anomalo dell’emoglobina e dell’ematocrito, indica
una grave disidratazione o una perdita di liquidi nel “terzo spazio”. L’esame delle
urine con un elevato valore di peso specifico (>1,039) fornisce informazioni analoghe.
Uno squilibrio elettrolitico associato ad una azotemia prerenale (con un rapporto BUN/creatinina >20:1) indica anch’esso una ipovolemia. L’emogasanalisi
fornisce importanti informazioni sulla funzione respiratoria e la perfusione tissutale. Occorre notare che nei pazienti che devono essere operati in urgenza l’acidosi metabolica ha quasi sempre il significato di una acidosi lattica – associata
ad una insufficiente ossigenazione dei tessuti e a un metabolismo anaerobico cellulare.
Vi possono essere altri fattori che determinano una acidosi metabolica come
l’insufficienza renale, la chetoacidosi diabetica o un avvelenamento da tossici, ma
sono cause piuttosto improbabili.
L’eccesso di base (EB) è un parametro utile. Un deficit di base >6 (EB
minore di -6) è il marker di una grave acidosi metabolica e di una prognosi
infausta e pone l’indicazione ad una rianimazione aggressiva. I pazienti che presentano una qualsiasi di queste anomalie fisiologiche necessitano di essere ottimizzati. Ovviamente, i vostri sforzi devono essere proporzionali alla gravità dei
sintomi.
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(cerchiare la risposta appropriata)
Capacità di parlare intubato
5-sembra capace di parlare
3-agibilità dubbia a parlare
1-generalmente non responsivo
Capacità di parlare non intubato
5-orintata e risposte logiche
4-disorientata e discorsi
3-parole inappropriate
2-suoni incomprensibili
1-nessuna risposta
Punti
Scala dei punti età
Punti età
Età
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CHE
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A + B + C)
Apache-II totale
CHE
Punti età
Punti APS
Punteggio Apache-II (somma di
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RANGE POCO ANOMALO
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Punti salute cronica (CHE)
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Se una delle 5 categorie CHE ha risposta affermativa assegnare
+ 5 punti per i pazienti non operati o post-operati d'urgenza
Fegato
Cirrosi con PHT o encefalopatia
Apparato
Angina di classe IV o a risposo
cardiovascolare
o con minime attività di auto-cura
Polmoni
Ipossiernia cronica o ipercapnea
o policiternico con PHT<40 mmHg
Reni
Dialisi peritoneale cronica o emodialisi
Sistema
Ospite immuno-compromesso
immunitario
Somma dei 12 punti delle variabili individuali =
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,
RANGE MOLTO ANOMALO
Fig. 6.1. APACHE II (Acute Physiological And Chronic Health Evaluation)
Risposta motoria:
6-a comandi verbali
5-co-localizzata col dolore
4-con strappi al dolore
3-decorticato
2-decerebrato
1-nessuna risposta
Occhi aperti:
4-spontaneamente
3-a richiesta orale
2-dopo stimoli dolorosi
1-nessuna risposta
Scala del coma di Glasgow
12. Punteggio coma di Glasgow (GCS)
Punteggio totale di fisiologia acuta
(APS)
sierico (venoso-mmol/l)
10. Ematocrito (%)
11. Conteggio globuli bianchi
8. Potassio sierico
9. Creatinina sierica
(mg/dl)
6. pH arterioso
7. Sodio sierico
registrare
registrare solo
1. Temperatura rettale (°C)
2. Pressione arteriosa media
3. Tasso cardiaco
(risposta ventricolare)
4. Tasso respiratorio
(non-ventilato o ventilato)
5. Ossigenazione:
VARIABILE FISIOLOGICA
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Mortalità prevista (%)
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Punteggio Apache-II
Fig. 6.2. Morbilità e mortalità in chirurgia addominale d’urgenza
Come misurare la gravità della patologia
Un chirurgo esperto può, con una semplice occhiata, stimare la gravità del
proprio paziente, valutando “il bagliore negli occhi e l’intensità della forza nella
stretta di mano…”. Ma termini come “molto malato”, “malato critico” o “moribondo” possono assumere significati diversi a seconda dei soggetti. Vi raccomandiamo perciò di abituarvi ad usare un sistema di punteggio universale che
misuri obiettivamente la malattia. Uno di questi sistemi, validato nella maggior
parte delle urgenze chirurgiche, è l’APACHE II (Acute Physiological And
Chronic Health Evaluation) (●❯ Fig. 6.1) che misura le conseguenze fisiologiche
della patologia acuta considerando, allo stesso tempo, lo stato pre-morboso e
l’età del paziente. I punteggi sono semplici da ottenere con l’utilizzo di basilari
variabili cliniche e di laboratorio subito disponibili e sono correlabili alla predittività di morbilità e mortalità (●❯ Fig. 6.2). Un punteggio di 10 o inferiore indica una patologia relativamente lieve, un punteggio superiore a 20 una patologia
grave. Invece di dire al vostro capo che il paziente sta davvero male dite che il
suo APACHE II è 29. In questo modo sarà chiaro per tutti che il paziente è moribondo.
Come ottimizzare? (●❯ Fig. 6.3)
A parte le Unità di Terapia Intensiva (UTI) altamente tecnologiche che possono essere più o meno presenti, l’ottimizzazione dei pazienti chirurgici è semplice. Può essere eseguita ovunque e richiede infrastrutture minime. Tutto ciò di cui
avete bisogno è una migliore ossigenazione, ad es. una maggiore ossigenazione del
sangue arterioso e della perfusione tissutale. Non avete bisogno di una UTI a 5 stelle, tuttavia dovete restare accanto al paziente! Scrivere ordini e poi andare a letto
6 • Ottimizzare il paziente
Fig. 6.3. “Si faccia ottimizzare…”
(fino all’esecuzione dell’intervento) servirà soltanto ad allungare i tempi di ottimizzazione e a ritardare l’intervento. Perciò rimanete con il paziente, monitoratene i progressi e siate pronti a decidere quando basta.
Ossigenazione
L’ipossia non soltanto fa fermare il motore, ma distrugge anche la macchina
I pazienti da ottimizzare dovrebbero almeno essere trattati con ossigenoterapia con mascherina facciale. Controllate il paziente e la pulso-ossimetria o l’emogasanalisi; una grave ipoventilazione o una scarsa ossigenazione possono
richiedere l’intubazione endo-tracheale e la ventilazione meccanica. Non temporeggiate, il paziente ha bisogno in ogni caso di essere intubato perciò, perché non
farlo subito? Ricordatevi, il dolore e la distensione associati all’urgenza addominale impediscono la ventilazione e la somministrazione di analgesici può ulteriormente pregiudicarla. Se non è già stato inserito un sondino naso-gastrico (SNG) è
arrivato il momento di farlo. Il vantaggio di inserire un sondino NG prima dell’intubazione è quello di decomprimere lo stomaco disteso e prevenire l’aspirazione durante l’intervento. Lo svantaggio è che la presenza di un sondino nello spazio crico-faringeo può determinare un rigurgito durante l’induzione dell’anestesia
in rapida sequenza.
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Ripristino del volume
La causa principale di shock è una diminuzione del volume circolante.
Reintegrate i liquidi con il mezzo migliore che avete sotto mano. (Alfred Blalock,
1899-1964)
Dopo che il paziente è stato ben ossigenato, dovete controllare che l’ossigeno
arrivi dove ce n’è bisogno, ripristinando il volume ematico. Questo avviene con
infusione endovenosa di cristalloidi, come la normale soluzione fisiologica o il
Ringer lattato.
Lasciate perdere i colloidi più costosi come il plasma fresco congelato, l’albumina o le soluzioni contenenti macromolecole organiche sintetiche come
l’Hemastarch o il dextran a basso peso molecolare; i loro vantaggi teorici non si
sono mai trasformati in migliori risultati. La stabilizzazione con soluzione salina
ipertonica può, in teoria, offrire dei vantaggi ma è ancora argomento di studio (è
sperimentale da quando abbiamo terminato i nostri studi di medicina! Commento
degli editori). Il sangue e gli emoderivati devono essere somministrati solo in caso
di necessità (vedi più sotto).
Quanti cristalloidi si devono infondere? Una buona regola pratica da tenere a
mente è che il paziente chirurgico ipovolemico necessita di più volume di quanto
pensiate e di ancora più volume di quanto pensino gli infermieri. Supponiamo che
al vostro paziente sia già stato inserito un grosso catetere venoso – collegatelo alla
soluzione, aprite la valvola e lasciate scorrere! Dopo un litro attaccate dell’altra soluzione; quanto basta? A questo punto dovete valutare l’efficacia di quello che state
facendo.
Valutazione dell’efficacia del trattamento
L’unico obiettivo del trattamento non-chirurgico dei pazienti chirurgici in
urgenza è la ripresa di una adeguata ossigenazione tissutale! Questo endpoint viene
valutato con un esame fisico, con il controllo dell’output urinario con un monitoraggio selettivo invasivo e con esami di laboratorio. Mediante la rianimazione con
liquidi, si spera di migliorare l’ossigenazione tissutale ottenendo la normalizzazione dei segni vitali ed il miglioramento della circolazione periferica visibile.
Si può ottenere una parziale o completa risoluzione dell’ipotensione, della
confusione mentale, della tachipnea e della tachicardia. Una ipotensione posturale è
indice di un significativo deficit del volume circolatorio. Ricordate che la tipica reazione ad un cambiamento di posizione, da supina ad eretta, è un aumento della
pressione sistolica – un aumento della pressione arteriosa differenziale misurata al
polso. Di conseguenza, se vi è una riduzione della pressione al polso, con il paziente seduto, significa che questi è affetto da ipotensione.
Con la rianimazione con liquidi si può avere un miglioramento delle marezzature cutanee e della temperatura palpabile delle dita delle mani e dei piedi.
Il riempimento capillare è un esame clinico che valuta la circolazione periferica nel letto ungueale. Quando si preme il letto ungueale questo diventa bianco ed
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in meno di 2 secondi dovrebbe riprendere il normale colore rosa. La rianimazione
con liquidi ha come scopo anche quello di correggere questa leggera anomalia della circolazione periferica.
Output urinario
Ventilare, trasfondere e urinare: tutto qui! (Matt Oliver)
Nei pazienti da ottimizzare è fondamentale l’utilizzo di un catetere vescicale
di Foley che permette l’accurata, anche se indiretta, valutazione della perfusione tissutale e dell’efficacia della stabilizzazione “rianimatoria” con liquidi mediante l’output urinario.
Il vostro obiettivo è quello di ottenere almeno 1/2-1 ml di urina per Kg di peso
del paziente all’ora. Questo è il segno migliore di una adeguata perfusione tessutale associata ad una riuscita rianimazione con liquidi.
Monitoraggio invasivo
Il catetere venoso centrale ed il catetere di Swan-Ganz in arteria polmonare
sono strumenti che permettono di eseguire velocemente e ripetutamente esami
particolari. Il lato negativo è che sono invasivi, costosi, spesso imprecisi ed associati a complicanze potenzialmente letali. Con il monitoraggio emodinamico invasivo
si ottengono delle misurazioni che, assieme all’output urinario, ci consentono di
capire se la rianimazione con liquidi sta avendo successo.
Catetere venoso centrale
Il catetere venoso centrale misura la pressione venosa centrale (PVC) determinata dal ritorno venoso (ad es. volume ematico) e dalla funzione del ventricolo destro.
Una PVC bassa indica sempre una ipovolemia, mentre una PVC alta può indicare un
eccessivo aumento del volume ematico o una insufficienza cardiaca. L’obiettivo è
quello di ottenere un adeguato output urinario con livelli normali di PVC (fino a 12
cmH2O). Quando i livelli normali di PVC aumentano e l’output urinario non è ancora adeguato, siamo in presenza di una insufficienza renale o cardiaca o di una errata
misurazione. Falsi aumenti della PVC sono causati da una pressione intra-toracica o
intra-addominale particolarmente alta che viene direttamente trasmessa alle grandi
vene toraciche. Il messaggio è chiaro: finché l’output urinario non è adeguato e la
PVC è bassa, continuate a somministrare liquidi. Ma ricordatevi: il paziente potrebbe avere bisogno di liquidi anche con una PVC alta o normale.
E, un altro suggerimento: una singola lettura della PVC ha meno significato
del suo andamento; quando una PVC normale o bassa ha un incremento repentino, dovete rallentare l’infusione di liquidi.
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Catetere di Swan-Ganz in arteria polmonare
Il catetere di Swan-Ganz permette di misurare la pressione polmonare capillare intravasale che riflette lo stato volumetrico e la funzionalità cardiaca sinistra.
Come per il catetere per la misurazione della PVC, il catetere di Swan-Ganz viene
associato alla misurazione dell’output urinario. L’obiettivo è quello di ottenere una
pressione intra-vasale settoriale normale (intorno ai 14 mmHg) insieme ad un
adeguato output urinario. Come nel caso della PVC, una pressione intra-vasale
settoriale bassa indica sempre ipovolemia, mentre una pressione alta può indicare
eccessivo aumento del volume o anche disfunzione del cuore sinistro. Inserendo
uno Swan-Ganz, si può calcolare ed ottenere dati sulla funzionalità cardiaca (output e indice cardiaco), sulla risposta adrenergica al danno o alla patologia (resistenza vascolare periferica) o sulla perfusione tissutale (consumo e apporto di ossigeno). Un normale indice cardiaco è un buon endpoint di conferma della rianimazione mentre se è presente una pre-esistente disfunzione renale è un buon endpoint indipendente. Quando la pressione intra-vasale settoriale è normale o elevata e la diuresi e l’indice cardiaco sono ancora ridotti, allora può essere indicato
un intervento con farmaci inotropi. Sappiamo che agli intensivisti e ai giovani
medici piace introdurre cateteri centrali, soprattutto cateteri di Swan-Ganz. È
divertente e clinicamente allettante essere invasivi ed essere in grado di valutare
dati sofisticati. Tuttavia, il monitoraggio invasivo è tutto meno che una panacea.
Nei pazienti che devono essere operati in urgenza, la valutazione della pressione
intra-vasale settoriale è molto imprecisa, tendente a letture falsamente elevate, così
come avviene con la PVC.
Il catetere di Swan-Ganz è costoso, può determinare delle complicanze e,
soprattutto, è raramente utile nel trattamento dei pazienti. Pensate a questo: quando è stata l’ultima volta che il vostro anestesista ha effettivamente ed efficacemente impiegato, durante un intervento, lo Swan-Ganz che avevate inserito pre-operatoriamente?
Esami di laboratorio
È facile interpretare i risultati degli esami di laboratorio. Il vostro scopo è
quello di risolvere l’emoconcentrazione, l’acidosi metabolica e di normalizzare i
livelli elettrolitici, del BUN e di creatinina. Come abbiamo già detto, controllate
l’eccesso di basi – se continua ad essere negativo significa che il deficit di ossigeno
a livello tissutale non si è ancora risolto.
Sangue ed emoderivati
Gli emoderivati, come le emazie concentrate, il plasma fresco congelato, il
crioprecipitato o il concentrato piastrinico, sono indicati selettivamente per ripristinare il trasporto di ossigeno nei pazienti con sanguinamento in atto o con anemia cronica, e per correggere, se presenti, anomalie della coagulazione. Tuttavia,
6 • Ottimizzare il paziente
non dimenticate che il sangue proveniente dalla Banca del Sangue è un’arma a doppio taglio. Oltre alle solite e ben note complicanze trasfusionali, il sangue è immunosoppressivo e può determinare un rischio maggiore di infezione post-operatoria.
Inoltre, più sangue trasfondete, maggiore sarà il rischio di disfunzione d’organo
post-operatoria e di mortalità.
Non dimenticate che la reidratazione con cristalloidi può rivelare una anemia
cronica poiché l’ematocrito diminuisce con l’espansione volumetrica.
Suggerimenti per l’ottimizzazione volumetrica
–
Istituite una terapia endovenosa con liquidi e, se sono presenti segni di
disfunzione intestinale (nausea, vomito o distensione addominale), allora ordinate di lasciar digiuno il paziente (nihil per os, NPO) e, nei casi più gravi, inserite un sondino naso-gastrico. L’infusione dei cristalloidi e.v. può iniziare con 100200 ml all’ora con l’aggiunta di boli di 250-500 ml a intervalli di 15-30 minuti.
Tuttavia, vi consigliamo di restare accanto al paziente e di aprire completamente
la valvola dell’unità di trasfusione anche se gli infermieri preferiscono usare la
pompa da infusione.
Stabilite procedure per monitorare l’efficacia del trattamento quali esami fisici seriali, l’inserimento del catetere di Foley e, nei casi più gravi, di un catetere venoso centrale. Lo Swan-Ganz? Per favore, siate molto selettivi con questo marchingegno.
Se il problema principale di base è una emorragia, prescrivete una trasfusione di emazie concentrate – tipizzate e sottoposte ad agglutinazione crociata, se ve
ne è stato il tempo, o tipo-specifiche, se non ve ne è stato.
Dosate la quantità dei liquidi a seconda dei risultati del monitoraggio.
Aumentate o diminuite l’infusione dei liquidi e aggiungete infusioni a bolo a seconda delle necessità.
Dopo aver ripristinato il volume di liquido intravascolare, occupatevi di possibili segni residui di disfunzione fisiologica, usando farmaci inotropi per migliorare l’output cardiaco e, se possibile, un farmaco che riduca il post-carico per
migliorare l’ossigenazione del miocardio e facilitare il lavoro cardiaco. Non c’è da
vergognarsi di controllare il dosaggio e le indicazioni mentre si procede alla somministrazione dei liquidi.
Trasportate voi stessi il paziente in sala operatoria. Non aspettate il portantino – dopotutto non è perennemente in ritardo?
Se il problema è il persistere dell’emorragia, allora lasciate perdere questa
lista ed andate direttamente in sala operatoria. La rianimazione migliore nei
pazienti con emorragia in atto è il controllo chirurgico della causa. Inoltre, una
eccessiva rianimazione e le trasfusioni pre-operatorie, aumentano la perdita
ematica.
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Quando basta?
Le fasi di ottimizzazione sopra descritte hanno lo scopo di correggere il più
possibile il danno fisiologico, senza necessariamente ritardare l’intervento chirurgico. Non c’è una formula magica per ottenere questo equilibrio. È il processo patologico che determina la durata dell’ottimizzazione pre-operatoria. Se da un lato,
una emorragia incontrollabile richiede un immediato intervento chirurgico senza
o dopo una stabilizzazione parziale, dall’altro l’occlusione intestinale, che si sviluppa nell’arco di diversi giorni, necessita di una stabilizzazione idroelettrolitica, cardiocircolatoria e respiratoria completa prima dell’intervento. Come in tutte le cose
della vita, il giusto sta nel mezzo – il che significa in questo caso circa 3 ore.
Tentativi ostinati di far migliorare un paziente che non reagisce dopo 6 ore sono di
solito controproducenti. Che voi o il vostro capo non abbiate voglia di lasciare il
vostro bel letto caldo alle 3 di mattina, non è una scusa per proseguire a tutti i costi
una rianimazione aggressiva fino all’alba.
Ma un momento: forse il vostro paziente non ha bisogno di essere operato?
Uno degli aforismi più intelligenti in campo chirurgico è quello di Francis D.
Moore (1913-2001):
Mai operare un paziente che sta rapidamente migliorando o peggiorando.
Conclusioni
Il punto chiave dell’ottimizzazione pre-operatoria in chirurgia d’urgenza è
l’ossigenazione ematica e la stabilizzazione con soluzione di cristalloidi ev. L’unico
obiettivo della rianimazione è quello di ripristinare una adeguata perfusione tissutale per fornire ossigeno ai mitocondri che stanno soffocando. Realizzatelo in
maniera aggressiva per ridurre le complicanze intra- e post-operatorie.
La vecchia guardia (i vecchi maestri) è piuttosto brava a tenere in piedi un sistema fragile… fino a che qualcosa non lo disturba… e crolla… come con un castello
fatto di carte…
“Ogni intervento è un esperimento di fisiologia.” (Tid Kommer)
Commento editoriale
Siamo d’accordo che il ripristino del volume ematico è una fase cruciale
prima di ogni intervento urgente, ma al tempo stesso dobbiamo avvertirvi – e lo
faremo di nuovo – di non affogare il paziente in una eccessiva quantità di liquidi. La somministrazione di liquidi pre-, intra- e post-operatoria è un’arma a
doppio taglio. Equipaggiati con cateteri ev di calibro enorme e simpatici strumenti per il monitoraggio, chirurghi ed anestesisti entusiasti, frequentemente
6 • Ottimizzare il paziente
irrorano i loro pazienti con troppa acqua e sale. Tendiamo ad ignorare, con una
scrollata di spalle, l’inevitabile aumento ponderale post-operatorio dovuto ad
una rianimazione troppo aggressiva. “Bene,” diciamo, “la perfusione è buona e
l’output urinario è eccellente – il paziente eliminerà, urinando, i liquidi in eccesso quando starà bene.” Ma abbiamo torto! Prove recenti dimostrano che gli effetti deleteri di un eccesso di liquidi non è limitato a pazienti con emorragia in atto
(aumento dell’emorragia e rischio di ri-sanguinamento) ma possono presentarsi anche in qualsiasi altro paziente. La presenza di cellule aumentate di volume
ed edematose è un cattivo segno in qualsiasi apparato. L’edema contribuisce
all’insufficienza respiratoria ed alla disfunzione cardiaca. Ostacola la guarigione
dei tessuti influenzando negativamente le anastomosi intestinali e le incisioni
fasciali. Aumenta il contenuto addominale determinando ipertensione intraaddominale.
Perciò non esagerate. Infondete i liquidi necessari e, soprattutto, monitorate quello che sta facendo l’anestesista dall’altra parte dello schermo. Le vecchie
formule per calcolare quanti liquidi somministrare durante un intervento sono
esagerate ed obsolete. Si deve rimpiazzare la perdita ematica e mantenere l’output urinario a 0,5 ml/Kg all’ora – niente di più. Più liquidi infonderete inutilmente, prima e durante l’intervento, e più problemi avrete con il paziente in UTI
e in reparto.
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