Diritto Amministrativo 1

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SITUAZIONI GIURIDICHE SOGGETTIVE E LE LORO VICENDE
1. Qualità giuridiche, status, capacità e situazioni giuridiche.
Una delle funzioni essenziali dell’ordinamento giuridico è quella di risolvere conflitti di
interessi intersoggettivi.
aspirazioni dei soggetti verso i beni ritenuti idonei a soddisfare i bisogni.
La limitatezza dei beni rende molto probabile l’insorgere dei conflitti fra soggetti,
che il diritto si incarica di ricomporre.
Poiché tali conflitti sorgono fra soggetti diversi dell’ordinamento, esso, nel
compiere il bilanciamento degli interessi, deve preliminarmente riconoscere i
soggetti come tali.
La soluzione del conflitto comporta la qualificazione giuridica dei comportamenti
dei soggetti coinvolti, ai cui interesso l’ordinamento ha accordato la prevalenza o
la soccombenza  questi comportamenti sono qualificati nei confronti
dell’ordinamento e delle sue norme in relazione alla particolare posizione del
soggetto che li pone in essere.
Situazione giuridica
soggettiva
concreta situazione di cui è titolare un soggetto dall’ordinamento
con riferimento al bene che costituisce oggetto dell’interesse.
Le situazioni sono svariate: diritto soggettivo, interesse legittimo, potere, obbligo e dovere.
Il loro riconoscimento viene effettuato dalle norme dell’ordinamento stesso e, nella
prospettiva di una pluralità di ordinamenti, vi potrebbero essere situazioni giuridiche
riconosciute da uno di essi e non da quello generale (ex: situazioni tutelate all’interno
dell’ordinamento sportivo attraverso la giustizia sportiva, senza possibilità di adire alla
giustizia generale).
Ogni soggetto del diritto costituisce sul piano dell’ordinamento giuridico un centro di
riferimento di una serie di situazioni e rapporti giuridici. I modi di essere giuridicamente
definiti di una persona, di una cosa, di un rapporto giuridico, di cui l’ordinamento giuridico
faccia altrettanti presupposti per l’applicabilità di disposizioni generali o particolari alla
persona, alla cosa, al rapporto si definiscono qualità giuridiche (ex: qualità di coniugato
con prole, presupposto per l’applicazione della disciplina in tema di assegni di famiglia).
La totalità delle stesse e i rapporti imputabili ai soggetti ne definiscono la soggettività e
formano la sua sfera giuridica, la quale è riconducibile a unità attraverso il riferimento al suo
titolare.
Status
Qualità attinenti alla persona che globalmente derivano dalla sua appartenenza
necessaria o volontaria a un gruppo e rappresentano il presupposto per
l’applicazione al soggetto di una serie di norme, che vanno a costituire nei
confronti di tutti i soggetti che posseggono lo status una situazione giuridica
uniforme e omogenea.
La riferibilità effettiva di situazioni giuridiche ad un soggetto presuppone la idoneità di
questo ad esserne titolare  Tale idoneità è la capacità giuridica riconosciuta
dall’ordinamento ai propri soggetti; soltanto in presenza di essa vengono dunque conferite
dall’ordinamento stesso le situazioni giuridiche.
L’amministrazione ha una capacità giuridica in ordine ai poteri di diritto comune meno
estesa di quella delle persone fisiche, non comprendendo ad esempio la idoneità ad
essere titolari di situazioni strettamente collegate alla natura propria dell’individuo (ex:
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situazioni di carattere familiare). Inoltre, numerose disposizioni di legge escludono la
possibilità per alcuni enti di compiere talune attività di diritto comune, o di contrattare
con soggetti diversi da quelli espressamente indicati dalla legge.
L’ente pubblico ha la capacità giuridica e quindi può impiegare gli strumenti del diritto
privato, salva diversa disposizione di legge.
Capacità
d’agire
Idoneità a gestire le vicende delle situazioni giuridiche di cui il
soggetto è titolare. Si acquista con la maggiore età.
Si discute se la capacità d’agire possa essere riferita direttamente all’ente, ovvero sia esclusiva
della persona fisica preposta all’organo che fa agire l’ente.
Capacità giuridica e capacità d’agire non sorgono contemporaneamente in quanto, per le
persone fisiche, la capacità di d’agire si acquista con il raggiungimento della maggiore età, e,
comunque, possono non sussistere contestualmente in capo allo stesso soggetto.
Nel diritto amministrativo, tuttavia, con riferimento alle persone fisiche, la capacità di agire è
di norma strettamente connessa con la capacità giuridica
si dispone della seconda in quanto si abbia l’idoneità a gestire le vicende delle situazioni
giuridiche, escludendosi la possibilità che le situazioni siano esercitate da soggetti
diversi dai titolari (ex: diritto di elettorato attivo, che spetta solo ai maggiorenni che
possono esercitarlo).
La capacità di agire, differisce poi dalla legittimazione ad agire, la quale si riferisce invece
a situazioni specifiche e concrete (attive o passive), effettivamente sussistenti, e ai singoli
rapporti (ex: il soggetto ha la capacità di agire in relazione al potere di intervento nei
procedimenti amministrativi ai sensi della legge 241/90, ma ha la legittimazione ad agire
soltanto se in concreto sia pendente un procedimento che coinvolga i suoi interessi).
Legittimazione
ad agire
Specifica posizione del soggetto rispetto agli interessi. È la
specificazione in direzioni determinate della capacità di agire, astratta
e generale.
2. Potere, diritto soggettivo, dovere e obbligo
La dottrina non ha raggiunto unanimità di opinioni per individuare le situazioni giuridiche
soggettiva. La teoria delle situazioni giuridiche è essenziale in un ordinamento in cui la tutela
del cittadino è modellata su di esse e sul tipo di gestione che il loro titolare decide di attuare.
La situazione è legata al tipo di tutela che l’ordinamento a essa appresta e rappresenta
la sintesi tra interesse di fatto e tutela alla luce del diritto.
È necessario distinguere tra:
 situazioni che sussistono nell’ambito di concreti rapporti giuridici
 situazioni che si collocano all’esterno di essi.
Potere
Potenzialità astratta di tenere un certo comportamento ed espressione
della capacità del soggetto, da esso inseparabile.
È impossibile un trasferimento di potere da un titolare a un altro.
In quanto preesistente rispetto all’esercizio, il potere:
 è collocato al di fuori dell’orbita di un rapporto concreto
 consente di produrre modificazioni (vicende giuridiche) delle situazioni racchiuse in
quel rapporto.
(Ex: tra i poteri rientrano il potere di disposizione di un bene e quello di agire in giudizio.)
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Nel diritto amministrativo bisogna evidenziare due particolarità:
 molte amministrazioni, oltre i poteri amministrativi, godono di poteri normativi
 esistono poteri esercitabili dai soggetti privati nel momento in cui si rapportano con
una pubblica amministrazione
 importanti sono i poteri che il soggetto pubblico è in grado di esercitare prescindendo
dalla volontà del privato e producendo unilateralmente una vicenda giuridica relativa
alla sfera giuridica dello stesso.
Le vicende giuridiche sono normalmente rappresentate dalla costituzione,
estinzione o modificazione di situazioni giuridiche.
Il potere è attribuito dall’ordinamento generale a seguito di un giudizio di prevalenza
dell’interesse affidato alla cura dell’amministrazione nei confronti degli interessi dei privati.
Sono così resi disponibili per l’amministrazione che,
esercitandone il potere, ne condiziona il soddisfacimento.
Quando la legge attribuisce al titolare la possibilità di realizzare il proprio interesse
indipendentemente dalla soddisfazione dell’interesse pubblico curato dall’amministrazione,
si profila la situazione giuridica di vantaggio costituita dal diritto soggettivo.
Diritto
soggettivo
Situazione giuridica di immunità dal potere che spetta al soggetto cui
sia accordata dall’ordinamento protezione piena e incondizionata.
Viene tutelato in via assoluta.
L’interesse risulta sottratto alla disponibilità di qualunque soggetto diverso dal titolare, nel
senso che la sua soddisfazione non dipende dell’esercizio di un potere altrui.
Potere e diritto sono termini inconciliabili: ove sussista potere non esiste diritto soggettivo e
ove il privato sia titolare di un diritto non può affermarsi l’esistenza di un potere
amministrativo.
Gli interessi considerati prevalenti si qualificano pubblici perché affidati dalla legge alla
cura di soggetti pubblici e costituiscono la ragione dell’attribuzione del potere. Poiché
l’esercizio del potere amministrativo comporta una incisione della sfera dei privati, esso deve
essere tipico e predeterminato dalla legge (principio di legalità  garanzia delle situazioni
dei privati stessi). La legge, fonte dell’ordinamento generale, deve individuare tutti gli
elementi del potere, in particolare:
 il soggetto al quale esso è attribuito,
 l’oggetto,
 il contenuto,
 la forma con cui dovrà essere esercitato
 l’interesse da perseguire.
Norme di relazione: norme che, attribuendo poteri, riconoscono interessi pubblici
“vincenti” su quelli privati e sono caratterizzate dal fatto di risolvere conflitti intersoggettivi
di interessi. Il potere è da esse circoscritto entro limiti e l’incidenza di un’attività pubblicistica
sull’interesse del privato al di fuori dei limiti costituisce violazione della situazione soggettiva.
Esprimono un giudizio relazionale fr interessi e tutelano in modo esclusivo quello del
privato entro il limite oltre quello in cui viene protetto l’interesse della p.a. Il
riconoscimento di un diritto soggettivo presuppone che l’ordinamento valuti come
prevalente l’interesse del titolare del diritto stesso, accordandovi protezione mediante
norme di relazione stesse.
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Dovere
Vincolo giuridico a tenere un dato comportamento positivo (fare) o
negativo (non fare)  anche l’amministrazione è soggetta ai doveri
propri di tutti i soggetti dell’ordinamento e in particolare ha i doveri di
buona fede, correttezza, rispetto diritti altrui.
La necessità di tenere un comportamento correlata al diritto altrui si versa nella situazione di
Obbligo  vincolo del comportamento del soggetto in vista di uno specifico interesse di chi
è il titolare della situazione di vantaggio (ex: diritto di credito, connesso all’obbligazione del
debitore)..
L’amministrazione può essere soggetta ad obblighi, ad esempio nel caso di un rapporto
contrattuale, o in caso di commissione di illecito, o in forza di una legge o di un atto
amministrativo.
3. L’interesse legittimo
L’ordinamento generale riconosce prevalenza agli interessi che possono entrare in conflitto
tra di loro attribuendo di volta in volta:
diritti soggettivi
(quando prevale l’interesse del soggetto
privato),
poteri amministrativi
(quando prevalga l’interesse pubblico), che
consentono di produrre vicende giuridiche
in ordine a situazioni dei terzi.
Nei confronti dell’esercizio del potere, il privato si trova in uno stato di soggezione.
Il soggetto che partecipa a un concorso per
l’assunzione presso un ente pubblico ha un
interesse  il posto di lavoro presso l’ente
pubblico. Ai fini del perseguimento dell’interesse
pubblico, l’ordinamento giuridico attribuisce
all’ente un potere di selezione, giudicando
prevalente tale interesse rispetto all’aspirazione
dei candidati. Di fronte a tale potere, il privato
non è titolare di un diritto soggettivo.
Ai fini del perseguimento dell’interesse pubblico
alla costruzione di opere di pubblica utilità,
l’ordinamento attribuisce a una p.a. il potere di
espropriare i beni immobili dei privati.
L’ordinamento individua mediante una norma di
relazione tutti gli elementi essenziali del potere,
esprimendo la prevalenza delle esigenze
pubbliche sull’interesse del privato, costituito
dalla conservazione della proprietà del bene.
Il privato pretende qualcosa
dall’amminsitrazione, sicchè la soddisfazione
della propria aspirazione passa attraverso il
comportamento attivo dell’amministrazione
Il soggetto privato si oppone all’esercizio di un
potere che potrbbe cagionare una vicenda
giuridica svantaggiosa, quindi egli vedrà
soddisfatta la propria pretesa in quanto
l’amministrazione non eserciti il potere.
Interesse oppositivo
interesse pretensivo
Accanto alla disciplina che attribuisce il potere, vi è quella che regolamenta l’esercizio in
concreto dello stesso (norme di azione). Il momento dell’esercizio non è lasciato
all’arbitrio dell’amministrazione, ma è retto da una serie di disposizioni molto puntuali.
Nel momento in cui si riconosce un diritto
soggettivo, l’individuazione delle modalità di
perseguimento dell’interesse privato è rimessa
alla scelta del suo titolare, il quale può trarre
tutte le utilità dal bene della vita senza che vi
siano limiti.
Non si esaurisce la rilevanza dell’interesse
vincente con il riconoscimento del potere stesso,
in quanto il perseguimento di tale interesse è
sottratto all’assoluta libertà del titolare: il potere
deve essere esercitato in vista dell’interesse
pubblico coerentemente al principio di
funzionalizzazione che informa tutta l’attività
amministrativa.
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La pretesa alla legittimità dell’azione amministrativa è l’interesse legittimo.
L’interesse legittimo è menzionato dalla Costituzione in tre norme:
 Art. 24, ove è accostato al diritto soggettivo, garantendone la tutela giurisdizionale;
 Art.103, nell’ambito del quale è contemplato come oggetto principale dalla giurisdizione
amministrativa;
 Art.113, ove si precisa che la sua tutela è sempre ammessa contro gli atti della pubblica
amministrazione.
Nel nostro diritto l’interesse legittimo è accostato al diritto soggettivo  si denota dalla
presenza di un medesimo interesse al bene, ma la differenza la si ritrova nel diverso tipo di
garanzia e di protezione accordato all’ordinamento. Diverse tesi:
a) Si pone l’accento sul modo occasionale o strumentale della protezione, in quanto essa è
assicurata solo nei limiti in cui l’autorizzazione è legittima, per cui il cittadino non può
esigere la soddisfazione dell’interesse al bene.
b) Si sottolinea che la situazione di cui il cittadino è titolare è di vantaggio sostanziale,
protetta non solo in modo strumentale come conseguenza della legittimità dell’operato
dell’amministrazione, in quanto pone in primo piano il conseguimento del bene che ha di
mira colui che si rapporta con il potere  la soddisfazione del bene resta strumentale.
Entrambe le tesi sono insufficienti per una compiuta comprensione della figura.
Se si guarda la situazione nel momento in cui ancora non si conosce l’esito dell’esercizio del
potere, il soggetto titolare dell’interesse legittimo non può che aspirare a un bene a
soddisfazione non assicurata (la quale è mediata o dipende dall’intervento della
amministrazione). L’unica garanzia che l’ordinamento offre attiene al fatto che tale
intervento è configurato come un potere, le cui modalità di esercizio sono soggette al
sindacato del giudice amministrativo.
Prospettiva non esauriente: bisogna considerare anche il momento successivo
all’inizio dell’esercizio del potere  quando la soddisfazione delle aspirazioni del
soggetto sarebbe faovrita dall’azione illegittima dell’amministrazione, la protezione non
è accordata perché l’azione legittima è incompatibile con essa.


Interesse
legittimo
Situazione soggettiva di vantaggio a progressivo rafforzamento, la cui
unitarietà permane in ragione dell’attinenza a un bene medesimo.
Nella prima fase  garantisce la mediazione dell’amministrazione in forza di poteri
tipici, il cui esercizio è sindacabile dal giudice.
Nella seconda fase  rileva il profilo della legittimità dell’azione, limite di
soddisfazione dell’aspirazione del soggetto è la tutela costituita dall’annullamento
dell’atto.
Tra i poteri riconosciuti al titolare dell’interesse legittimo si possono ricordare:
 poteri di reazione: il loro esercizio si concretizza nei ricorsi amministrativi e nei ricorsi
giurisdizionali, volti ad ottenere l’annullamento dell’atto amministrativo.
 poteri di partecipare al procedimento amministrativo: i documenti e le osservazioni che
rappresentano il punto di vista del cittadino devono essere presi in considerazione
dall’amministrazione procedente. Il titolare può così stimolare l’azione amministrativa,
instaurando un dialogo che si conclude con l’emanazione del provvedimento. Tali poteri
sono riconosciuti anche a chi non è titolare di interessi legittimi.
 accedere ai documenti della pubblica amministrazione: l’art. 22 L.241/90 ammette tale
possibilità per i portatori di interessi giuridicamente rilevanti.
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Interessi procedimentali attengono a fatti procedimentali. [La dottrina ha obiettato
che si tratterebbe in realtà di facoltà che attengono all’interesse legittimo). Questi hanno un
campo d’azione assai più ampio di quello dell’interesse legittimo: la legittimazione a
partecipare al procedimento spetta a una cerchia di interessati molto estesa.
L’interesse legittimo, in ogni caso, sorge quando la soddisfazione del suo interesse dipende
dall’esercizio di un potere (e non quando un soggetto venga in qualche modo implicato
dall’esercizio di un potere).
Non si può ritenere che l’interesse procedimentale si trasformi in interesse legittimo e
consenta al suo titolare di ricorrere in giudizio. La possibilità della trasformazione della
partecipazione procedimentale in legittimazione processuale è stata sostenuta in
dottrina, ma tale criterio non sembra corretto perché l’interesse legittimo è tale quando
rappresenta la situazione di un soggetto nei confronti di un potere, gli effetti del cui
esercizio lo interessino direttamente.
L’interesse procedimentale risulta spesso sfornito di tutela effettiva, non potendosi ricorrere
al giudice per la sua violazione, a differenza di quanto invece accade nell’ipotesi di titolarità di
interesse legittimo.
4. Interessi diffusi e interessi collettivi
L’interesse legittimo è un interesse differenziato rispetto ad altri e qualificato da norme.
Rispetto alla pluralità degli interessi che
fanno capo ai consociati.
Preso in considerazione da una norma che
lo protegge, anche in modo non diretto.
Il problema della differenziazione e qualificazione degli interessi emerge con riferimento agli
interessi diffusi e agli interessi collettivi (c.d. interessi superindividuali 1) e riflette la
modificazione del tipo di relazione che si instaura tra amministrazione e consociati e che
spesso trascende i limiti di un rapporto strettamente individuale.
 Gli interessi diffusi si caratterizzano sotto un duplice profilo:
 dal punto di vista soggettivo appartengono ad una pluralità di soggetti;
 dal punto di vista oggettivo attengono a beni non suscettibili di fruizione
differenziata.
Il carattere peculiare di essi è costituito dalla non frazionabilità del loro oggetto.
 Gli interessi collettivi fanno capo ad un gruppo organizzato, aventi il carattere della
personalità e della differenziazione, il quale è necessario per qualificarli come legittimi e
per aprire la via alla tutela davanti al giudice amministrativo.
Il problema della legittimazione ad agire è comunque superato per quanto attiene alle
associazioni in materia ambientale e di tutela del consumatore: le prime, individuate dal
ministero dell’ambiente, possono impugnare atti amministrativi; le seconde sono legittimate
ad agire a tutela degli interessi collettivi solo se iscritte in un apposito elenco delle
associazioni dei consumatori e degli utenti rappresentative a livello nazionale, istituito
presso il ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato.
Nel modello di Stato liberale, il monopolio degli interessi generali spettava allo Stato e a tali
interessi si contrapponeva l’interesse egoistico e particolare del singolo. Oggi le esigenze
collettive sono elaborate e rappresentate anche dai soggetti privati. Tipici esempi di interessi
superindividuali sono l’interesse ambientale, alla salute, dei consumatori, ecc. essi pongono
immediatamente un problema di difesa in giudizio, la quale, per essere accordata, richiede che
essi possano essere qualificati come interessi legittimi o come diritti soggettivi ex art.24 Cost.
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L’art.9 della legge 241/90 consente ai portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o
comitati di intervenire nel procedimento amministrativo. La legge parla di interessi diffusi,
ma il riferimento alle associazioni e comitati sembra richiamare gli interessi collettivi.
5. Il problema dell’esistenza di altre situazioni giuridiche soggettive
Il principio di relatività delle situazioni giuridiche soggettive: lo stesso rapporto di un
soggetto con un bene può presentarsi “a seconda dei casi e dei momenti e perfino a seconda
del genere di protezione che il soggetto faccia valere… ora come un diritto soggettivo, ora
come un interesse protetto solo in modo riflesso”. Di conseguenza – facendo riferimento alla
situazione del proprietario di un bene che sia soggetto all’esercizio del potere di
espropriazione – il diritto di proprietà si configura come diritto fino al punto in cui non venga
in considerazione un potere dell’amministrazione di disporre dell’interesse del privato.
Non si può parlare di degradazione o affievolimento del diritto, fenomeno che, secondo un
orientamento largamente seguito in dottrina e in giurisprudenza, si riferirebbe alla vicenda di
un diritto il quale, venendo a configgere con un potere, si trasformerebbe in interesse
legittimo.
Teoria nata per il tentativo di dar risposta, sul piano sostanziale, a una situazione
processuale, ossia la spettanza della giurisdizione al giudice amministrativo.
L’interesse legittimo non nasce dalla trasformazione di un diritto, ma è situazione distinta e
non omogenea, pur potendo riferirsi al medesimo interesse finale su cui si innesta un
diritto, non fosse altro perché interesse legittimo e diritto soggettivo hanno a oggetto
immediato beni diversi e manca, quindi, il presupposto per la trasformazione dell’uno
nell’altro.
Secondo parte della giurisprudenza, esisterebbero dei diritti “non degradabili”, cioè non
assoggettabili ad un potere amministrativo, dove l’interesse del privato risulterebbe vincente.
Non convince: di fronte a un potere conferito dalla legge, il giudice non può accordare
la preferenza al diritto condannando l’amministrazione e sostanzialmente disapplicando
la legge, ma deve sollevare la questione di legittimità costituzionale della legge per
contrasto con la disposizione costituzionale che configura come intangibile il diritto. La
prospettiva di una Costituzione che irrigidisce il sistema prevedendo diritti individuali
non degradabili e sottratti a ogni potere non risponde alla realtà del diritto positivo.
Non sussistono situazioni intermedie tra diritto soggettivo e interesse legittimo: inconsistente
è la figura del diritto affievolito  un diritto sorge da un provvedimento, per ex una
concessione, e sarebbe destinato a esser eliminato in seguito alla revoca dell’atto.
La dottrina parla anche di diritto in attesa di espansione  situazione in cui l’esercizio
di un diritto dipende dal comportamento dell’amministrazione, che consentirebbe
l’espansione dello stesso.
Facoltà
Aspettativa
Possibilità di tenere un certo comportamento materiale: essa costituisce
una delle forme di estrinsecazione del diritto e non produce modificazioni
giuridiche.
situazione in cui versa un soggetto nelle more del completamento della
fattispecie costitutiva di una situazione di vantaggio (diritto, potere). Essa
non è un diritto. In alcuni casi l’ordinamento protegge la possibilità del
soggetto privato di conseguire un diritto (chance): più in particolare, la
legge accorda talora la tutela risarcitoria nelle ipotesi di lesione di questa
possibilità ad opera di una pubblica amministrazione.
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6. Le situazioni giuridiche protette dall’ordinamento giuridico
Le situazioni giuridiche protette dall’ordinamento comunitario consistono essenzialmente in
poteri: sono tali, infatti, le libertà che trascendono i limiti di concreti rapporti giuridici,
preesistendo alla loro costituzione.
 Libera circolazione delle persone: implica l’abolizione delle discriminazioni tra i
lavoratori degli Stati membri fondate sulla nazionalità, ma una deroga è ammessa per
motivi di ordine pubblico, sicurezza pubblica e sanità pubblica.
 Libertà di stabilimento, la quale comporta l’accesso alle attività non salariate e al loro
esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese alle medesime condizioni fissate
dall’ordinamento del paese di stabilimento per i propri cittadini.
 Libera prestazione dei servizi. Il servizio è definito come ogni prestazione fornita
dietro remunerazione da un cittadino di uno Stato membro stabilito in uno Stato membro a
favore di una persona stabilita in uno Stato diverso (ma appartenente all’Unione). Sono
previste riserve per motivi di ordine pubblico, sicurezza pubblica e sanità pubblica e
l’esclusione delle attività che partecipino, anche in via occasionale, all’esercizio di pubblici
poteri.



Giurisprudenza Corte di Giustizia: la legislazione nazionale prevede, quale requisito
per poter svolgere una particolare attività, la titolarità di un’autorizzazione
governativa non contemplata dalla disciplina comunitaria. Secondo la Corte,
subordinare, in uno Stato membro, l’esecuzione di prestazioni di servizi da parte di
un’impresa stabilita in un altro Stato membro al possesso delle autorizzazioni di
stabilimento nel primo Stato toglierebbe ogni efficacia all’art.59 del Trattato.
Libertà di concorrenza è garantita dal controllo sui poteri amministrativi il cui esercizio
potrebbe determinare effetti protezionistici, discriminatori e limitativi della concorsualità
tra le imprese. La libertà di concorrenza può infatti essere lesa a seguito della presenza di
poteri amministrativi che condizionino oltre una certa misura l’attività delle imprese.
Corte di Giustizia: il principio della libertà di commercio è soggetto ad alcuni
limiti giustificati dagli scopi d’interesse generale perseguiti dall’Unione, purché
non si comprometta la sostanza di quei diritti; le misure amministrative non
devono creare discriminazioni né eccedere le restrizioni inevitabili giustificate dal
perseguimento dello scopo d’interesse generale della tutela dell’ambiente.
Un’importante deroga è prevista per le “imprese incaricate della gestione di servizi di
interesse economico o generale o aventi carattere di monopolio fiscale”, le quali sono
sottoposte alle norme del trattato e “in particolare alle regole della concorrenza, nei
limiti in cui l’applicazione di tali norme non osti all’adempimento, in linea di diritto e
di fatto, della specifica missione loro affidata”.
Il problema del rispetto del principio della concorrenza è delicato in tema di servizi
pubblici, allorché questi vengano affidati ex lege in regime di concessione a un
soggetto predeterminato, ovvero nei casi in cui il rapporto abbia durata eccessiva, tale
comunque da escludere la possibilità per altri imprenditori di “entrare nel mercato”,
anche in ragione dell’esistenza di una situazione di monopolio.
Libertà di circolazione dei beni  vi sono misure amministrative che comportino
indebite restrizioni delle importazioni e delle esportazioni che configgono con la disciplina
comunitaria.
Il diritto comunitario, nonché quello nazionale, imponendo alcuni obblighi di servizio
pubblico ai gestori nelle ipotesi in cui occorra soddisfare determinati criteri di continuità,
regolarità e capacità cui il privato non si atterrebbe ove seguisse soltanto il proprio
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interesse economico, consente di individuare i correlativi diritti dei cittadini alle prestazioni
che ne costituiscono oggetto.
7. Le modalità di produzione degli effetti giuridici
L’ordinamento determina direttamente o consente le vicende giuridiche relative a rapporti
giuridici e situazioni giuridiche soggettive secondo modalità differenti.
Il discorso attiene in particolare ai diritti soggettivi: la capacità e i poteri sono strettamente
legati alla soggettività e sono acquistati a titolo originario, pur se l’esistenza o esercizio di un
potere può essere subordinato al ricorrere di una particolare condizione.
I poteri sono intrasmissibili, quindi non esiste la vicenda della traslazione di un potere
amministrativo da un soggetto pubblico a un privato mediante un provvedimento, il
privato può esercitare:
 un potere amministrativo che rimane nella titolarità dell’amministrazione
 un potere proprio, anche se il provvedimento costituisce il presupposto
necessario per tale esercizio
Le vicende possono essere prodotte dall’ordinamento al verificarsi di alcuni fatti o al
compimento di alcuni atti che hanno la funzione di semplici presupposti per la produzione
dell’effetto; la “causa” di quella vicenda giuridica è però da rintracciarsi direttamente
nell’ordinamento.
Questa modalità di dinamica giuridica può essere riassunta richiamando lo schema
norma-fatto-effetto
la norma disciplina direttamente il fatto e vi collega la produzione di effetti.
La legge si riferisce a tutti i rapporti che abbiano certe caratteristiche e determina l’effetto
senza necessità di ulteriori interventi e svolgimenti. Quando la legge determina la produzione
dell’effetto in relazione ad un singolo rapporto, si è in presenza di una leggeprovvedimento che non presenta il carattere della generalità (ex: espropriazione di un
fondo mediante legge), ma che in ogni caso non richiede ulteriori interventi per la produzione
dell’effetto. In questo caso l’amministrazione può essere “coinvolta” perché:
 pone in essere un fatto (ex: comportamento illecito)
 emana un mero atto al quale l’ordinamento collega la produzione di effetti.
Esempi di meri atti sono le iscrizioni ad alcuni albi o gli accertamenti dei presupposti al fine
dell’attribuzione di indennizzi.
La seconda modalità di dinamica giuridica si ha con l’ordinamento che attribuisce, definendo
una serie di condizioni, a un soggetto il potere di produrre vicende giuridiche e riconosce
l’efficacia dell’atto (il negozio) posto in essere da questi:
norma-potere-effetto
L’effetto non risale immediatamente alla legge, ma vi è l’intermediazione di un soggetto che
pone in essere un atto, espressione di una scelta, mediante il quale si regolamenta il fatto e si
produce la vicenda giuridica.
L’amministrazione pone in essere atti espressione di autonomia che producono effetti
giuridici a seguito dell’esercizio di un potere conferito in via generale ed astratto dalla legge.
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l’ordinamento rimette alla scelta del soggetto pubblico la produzione e la
regolamentazione dell’effetto  viene attribuito un potere che è appunto la possibilità di
produrre effetti riconosciuti dall’ordinamento, mediante provvedimenti amministrativi.
Può trattarsi:
 della costituzione di diritti (concessioni) o di obblighi (ordini),
 della modificazione di preesistenti situazioni soggettive (ex: le autorizzazioni),
 della estinzione di situazioni giuridiche (espropriazione).
L’esercizio di alcuni poteri amministrativi produce invece effetti preclusivi.
La Corte costituzionale, con sentenza 13/1962, ha riconosciuto il principio del giusto
procedimento, il quale richiede che per la realizzazione dell’effetto sia previamente
attribuito all’amministrazione un potere il cui esercizio produce la vicenda giuridica.
8. I poteri autorizzatori
La legge definisce i principali poteri amministrativi, sottolineando che i loro elementi sono
trasfusi nei provvedimenti finali che ne costituiscono l’esercizio.
I principali poteri amministrativi sono costituiti da:
 poteri concessori, poteri ablatori, poteri sanzionatori, poteri di ordinanza, poteri di
programmazione e di pianificazione, poteri di imposizione di vincoli e poteri di controllo.
 poteri autorizzatori  hanno l’effetto di rimuovere i limiti posti dalla legge all’esercizio
di una preesistente situazione di vantaggio; sotto il profilo funzionale, il suo svolgimento
comporta la previa verifica della compatibilità di tale esercizio con un interesse pubblico.
L’uso del potere produce l’effetto giuridico di modificare una situazione soggettiva
preesistente, consentendone l’esplicazione (se potere) o l’esercizio (se diritto) in una
direzione in precedenza preclusa, ma non di costituire nuovi diritti.
L’autorizzazione esprime il proprio consenso preventivo all’attività progettata dal
richiedente. La circostanza che l’iniziativa sia sempre del soggetto autorizzato spiega
perché questi possa cessare l’attività intrapresa senza che l’amministrazione debba
attivarsi per sostituirsi a esso per garantire il risultato finale.
L’autorizzazione spesso instaura una relazione tra soggetto pubblico e soggetto
privato caratterizzata dalla presenza di poteri di controllo e di vigilanza in capo
all’amministrazione, preordinati alla verifica del rispetto delle condizioni e dei limiti
imposti all’esercizio dell’attività consentita mediante atto autorizzatorio.
Parte della dottrina riconosce all’autorizzazione carattere costitutivo di una nuova
situazione giuridica. In giurisprudenza è stato a volte riconosciuto all’autorizzazione
carattere costitutivo di una nuova situazione giuridica, soluzione che rende più incerta
la distinzione con il potere concessorio. Tale situazione può essere speigata ricorrendo
al concetto della relatività delle situazioni giuridiche, il diritto si configura come
interesse legittimo solo nei limiti in cui si rapporta al potere, mentre in maniera
indipendente da esso è diritto in senso proprio e liberamente esercitabile.
L’introduzione di un regime autorizzatorio è caratterizzata dal riconoscimento di una
sfera soggettiva al vantaggio al quale si accompagna la previsione di limitazioni che
l’amministrazione rimuove in via puntuale e concreta esercitando il relativo potere.
L’apposizione del limite è operata contestualmente alla previsione del potere della p.a.
di consentire l’esercizio della situazione stessa.
12
Abilitazioni
omologazione
Nullaosta
Atti il cui rilascio è subordinato all’accertamento dell’idoneità tecnica di
soggetti a svolgere una certa attività (ex: iscrizione a un albo previa il
superamento di un esame). Le abilitazioni sono da ricondurre allo
schema norma-fatto-effetto senza però riconoscere un potere
provvedimentale.
rilasciata dall’autorità a seguito dell’accertamento della sussistenza di una
cosa, di norma destinata ad essere prodotta in serie, di tutte le
caratteristiche fissate dall’ordinamento a fini di tutela preventiva
(prodotti pericolosi) o per esigenze di uniformità dei modelli
atto endoprocedimentale necessario emanato da un’amministrazione
diversa da quella procedente, con cui si dichiara che, in relazione ad un
particolare interesse, non sussistono ostacoli all’adozione del
provvedimento finale. Il diniego del nullaosta costituisce fatto impeditivo
della conclusione del procedimento
(Art.14) Oggi la disciplina consente di superare il dissenso manifestato dall’amministrazione
chiamata a esprimere la compatibilità del provvedimento finale con l’interesse di cui è
portatrice mediante rilascio di nullaosta. La differente rilevanza di un interesse pubblico
rispetto a quello primario curato dall’amministrazione precedente corrisponde ai diversi
strumenti di cui dispone il soggetto pubblico al quale il primo fa capo: ove si tratti di mero
interesse secondario l’amministrazione può rappresentarlo nel procedimento, sena
possibilità di porre veti al soggetto precedente.
Dispensa
Esenzione
Approvazione
Condizionata
Licenza
provvedimento con cui l’ordinamento, pur vietando o imponendo in
generale un certo comportamento, prevede però che l’amministrazione
possa consentire in alcuni casi una deroga all’osservanza del relativo
divieto o obbligo (ex: dispensa dall’ordine militare).
deroga a un divieto generale sulla base allo schema norma-fatto-effetto
provvedimento permissivo, avente a oggetto un atto rilasciato, a seguito di
una valutazione di opportunità e convenienza dell’atto stesso. Essa opera
come condizione di efficacia dell’atto ed è a esso successiva.
Utilizzata nell’ambito dei procedimenti di controllo che comporta
annullamento con indicazione dei correttivi necessari per conseguire
l’approvazione.
Provvedimento che permette lo svolgimento di un’attività previa
valutazione della sua corrispondenza a interessi pubblici, ossia della sua
convenienza in settori non rientranti nella signoria dell’amministrazione,
ma sui quali essa soprintende a fini di coordinamento.
La l.241/90 utilizza la nozione di atti di consenso per indicare tali atti nel loro complesso,
prevedendo che gli stessi possano essere sostituiti dai meccanismi della denuncia di inizio
attività (art. 19), ovvero risultino assoggettati alla disciplina del silenzio assenso (art.20).
La tendenza alla sostituzione degli atti di consenso con il meccanismo del silenzio assenso o
della denuncia di inizio attività è comunque evidente nella legislazione recente, il cui
obiettivo è anche quello di “alleggerire” il condizionamento pubblicistico relativo alle
iniziative dei privati.
Uno dei principi e criteri direttivi fissati dalla legge 229/2003 è “l’eliminazione degli
interventi amministrativi autorizzatori e delle misure condizionamento della libertà
13
contrattuale, ove non vi contrastino gli interessi pubblici alla difesa nazionale, all’ordine e
alla sicurezza pubblica, all’amministrazione della giustizia, alla regolazione dei mercati e alla
tutela della concorrenza, alla salvaguardia del patrimonio culturale e dell’ambiente,
all’ordinato assetto del territorio, alla tutela dell’igiene e della salute pubblica”.
In tema di liberalizzazione si richiama il d.lgs.59/2010 che, pur non riguardando la
generalità dei regimi autorizza tori, incide su un ampio spettro degli interessi. Esso riguarda
qualsiasi attività economica, di carattere imprenditoriale o professionale, svolta senza vincolo
di subordinazione, diretta allo scambio di beni o alla fornitura di altra prestazione anche a
carattere intellettuale. Tale disciplina non si applica ai servizi correlati a poteri pubblici, ad
alcuni servizi sociali, ai servizi forniti da notai, servizi finanziari, trasporto e ai servizi privi di
rilevanza economica. Nei limiti del decreto, l’accesso e l’esercizio delle attività di servizi
costituiscono espressione della libertà d’iniziativa economica e non possono essere sottoposti
a limitazioni non giustificate o discriminatorie.
Nel settore delle attività commerciali, fatte salve le disposizioni istitutive e relative a
ordini, collegi e albi professionali, essi possono essere istituti o mantenuti solo se
giustificati da motivi d’interesse generale2, nel rispetto dei principi di non discriminazione,
proporzionalità o le disposizioni introdotte dal decreto.
Il decreto rafforza la rilevanza della l.241/1990: esso detta delle regole:
- Il termine per la conclusione del procedimento che decorre dal momento in cui il
prestatore ha presentato tutta la documentazione necessaria ai fini dell’accesso
all’attività e al suo esercizio.
- Se il numero di titoli autorizza tori disponibili per una determinata attività di servizi
sia limitato per ragioni correlate alla scarsità delle risorse naturali o delle capacità
tecniche disponibili, le autorità competenti applicano una procedura di selezione tra i
candidati potenziali e assicurano la predeterminazione e la pubblicazione, nelle forme
previste dai propri ordinamenti, dei criteri e delle modalità atti ad assicurare
l’imparzialità.
Di liberalizzazioni si è occupato il legislatore nel quadro delle nuove manovre assunte per
la crescita e lo sviluppo dell’economica del Paese, sul presupposto che maggior concorrenza
possa giovare a mercato, utenti, consumatori e all’economia complessivamente. I principi
cardine sono:
a. L’iniziativa e l’attività economica privata sono libere ed è permesso tutto ciò che non è
espressamente vietato dalla legge, con conseguente applicazione degli istituti della Scia e
dell’autocertificazione con controlli successivi (d.l.138/2011); allo scadere del termine le
disposizioni incompatibili sono soppresse;
b. Abrogazione immediata di molte restrizioni e la definizione di un regime minimo per le
autorizzazioni (d.l.201/2011).
c. Affermazione dell’abrogazione di tutte le norme limitative (d.l.1/2012) e il vincolo a
operare interpretazioni restrittive delle disposizioni limitative.
Occorrerà attendere l’emanazione dei regolamenti, cui tra l’altro spetterà il compito
di individuare limiti, programmi e controlli ragionevoli e proporzionale rispetto alle
finalità pubbliche dichiarate.
d. Nelle aree liberalizzate saranno ampliati gli spazi di utilizzo: la Scia e l’autocertificazione;
ove sia stabilita la necessità di alcuni requisiti per l’esercizio di attività economiche, la
Alcuni esempi: ragioni di pubblico interesse tra cui l’ordine pubblico, la sicurezza pubblica,
l’incolumità pubblica, la sanità pubblica, la sicurezza stradale, la tutela dei lavoratori, ecc.
2
14
loro comunicazione all’amministrazione competente deve poter essere data sempre
tramite autocertificazione e l’attività può subito iniziare, salvo il successivo controllo
amministrativo, da svolgere in tempo definito.
9. I poteri concessori
L’esercizio dei poteri concessori, a fronte dei quali il destinatario si presenta come titolare
di interessi legittimi pretesivi, produce l’effetto di attribuire al destinatario medesimo status
e situazioni giuridiche che esulavano dalla sua sfera giuridica in quanto precedentemente egli
non ne era titolare. Al concessionario è spesso attribuita una posizione di privilegio rispetto
agli altri soggetti.
L’ordinamento non attribuisce al privato la titolarità di alcune situazioni giuridiche, ma
conferisce all’amministrazione il potere di costituirle o trasferirle in capo al privato
stesso. La circostanza che si tratti di poteri accrescitivi e che attengano a beni limitati
comporta che il relativo procedimento presenta una scelta fra più soggetti.
Esistono molteplici esempi di concessioni:
 la concessione di uso di beni,
 la concessione di esercizio di servizi pubblici,
 la concessione della cittadinanza,
 la concessione del sistema di riscossione,
 la concessione di costruzione e gestione di opere pubbliche.
In ordine alle concessioni di beni e di servizi pubblici, accanto al provvedimento con il quale
si esercita il potere concessorio amministrativo, si può individuare una convezione bilaterale
di diritto privato (detta concessione-contratto) finalizzata a dar assetto ai rapporti
patrimoniali tra concessionario e concedente. I due atti sono strettamente legati, nel senso
che l’annullamento della concessione travolge il contratto, e quindi la permanenza del
rapporto contrattuale è condizionata dalla vigenza del provvedimento concessorio.
La concessione può essere:
 traslativa quando il diritto preesiste in capo all’amministrazione (ex: concessione di
servizi pubblici) sicché esso è “trasmesso” al privato,
 costitutiva quando il diritto attribuito è totalmente nuovo e l’amministrazione non poteva
averne la titolarità (sarebbe tale la concessione di cittadinanza o di onorificenze).
(Art.19 l.241/1990) si prevede la sostituzione con segnalazione di inizio attività delle
concessioni non costitutive. In realtà, posto che nelle concessioni traslative vi è in palio una
posizione di privilegio, risulta impossibile applicare la norma che presuppone l’assenza di
contingente complessivo, sicché pare preferibile ritenere che la legge intenda riferirsi a quegli
atti che non sono concessori.
ECCEZIONE


Non è trasmissibile (o suscettibile di essere costituito mediante atto) il potere,
quindi non è corretto affermare che l’amministrazione trasferisce un potere al
privato: il soggetto pubblico può soltanto consentirne l’esercizio al concessionario.
Concessione di opere pubbliche la legislazione, sulla scorta dell’influenza comunitaria,
mira ad equipararle all’appalto, o almeno a limitare la discrezionalità di cui gode
l’amministrazione chiamata a rilasciarle, al fine di evitare che l’amministrazione possa
svincolarsi dalle regole poste a tutela della concorrenza. Non a caso la legislazione definisce
tali concessioni come “contratti”.
In passato era prevista la concessione di servizi pubblici che ricorreva quando
l’ordinamento intendeva garantire alla collettività alcune prestazioni ed attività e
15

consentiva all’amministrazione di affidarne lo svolgimento a soggetti privati mediante un
provvedimento concessorio. Attualmente questo tipo di concessione è stato eliminato in
relazione ai servizi pubblici locali a carattere industriale. A volte tale problema assume
importanza essenziale nell’economia del rapporto la convenzione bilaterale stipulata tra
amministrazione e concessionario  in essa si esaurirebbero tutte le scelte relative
all’esercizio del servizio e l’esercizio del potere concessorio non si concretizzerebbe in un
provvedimento autonomo.
Concessione di beni: la disposizione di essi deve avvenire mediante atti di natura
pubblicistica: ciò non esclude che si possa ricorrere in luogo di un provvedimento
unilaterale un accordo bilaterale. La riconduzione delle concessioni nell’ambito degli
accordi è l’opzione che meglio consente di far convivere il carattere pubblico del potere,
presenza di una contrattazione ed esigenza di non frazionare e duplicare la fattispecie. Non
è da accogliersi la tesi della qualificazione del potere esercitato dall’amministrazione come
meramente privatistico.
I caratteri essenziali della concessione traslativa possono riassumersi nell’attribuzione
di una posizione di vantaggio/privilegio a un soggetto terzo sulla base di un accordo
e nella sostituzione del concessionario nello svolgimento di un compito della
amministrazione, assumendosene il rischio. Il concessionario deve gestire un servizio,
costruire e gestire un’opera pubblica o usare un bene in vista del conseguimento di
utilità pubbliche sotto il controllo dell’amministrazione sostitutiva gestendo in
proprio attività e rischio.
La dottrina tradizionale aveva individuato l’ammissione come atto che attribuisce al
singolo il diritto alla prestazione e al godimento del servizio stesso. Tale atto instaurerebbe
un rapporto di natura amministrativa tra ente e utente.
Secondo altri, l’ammissione sarebbe l’atto che consente al singolo di far parte i una certa
organizzazione o categoria professionale al fine di renderlo partecipe di determinati
diritti, servizi o vantaggi. Tale atto attribuirebbe uno status.
Sempre più spesso i servizi pubblici non sono svolti in forma amministrativa, quindi la loro
fruizione consegue alla stipulazione di un contratto di diritto comune.
Nei provvedimenti concessori rientrano le sovvenzioni, che attribuiscono al destinatario
vantaggi economici. La categoria è disciplinata dall’art.12 della legge 241/90, che si riferisce a
“sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari”, nonché, appunto, all’attribuzione di
vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati. In generale:
 le sovvenzioni riguardano lo svolgimento di attività imprenditoriali,
 i contributi attengono ad attività colturali o sportive,
 i sussidi sono attribuzioni rientranti nella beneficenza generale.
Il vantaggio può essere diretto (erogazione di somme) o indiretto (sgravi da alcuni oneri) e
non sussiste l’obbligo in capo al beneficiario di pagare alcun corrispettivo.
L’art.12 L.241/90 prevede che, nelle forme prescritte dai rispettivi ordinamenti, vengano
predeterminati e pubblicati “criteri e modalità cui le amministrazioni devono attenersi” il cui
rispetto dovrà emergere dalla motivazione del provvedimento. Non può operare il
meccanismo del silenzio assenso, in quanto il comma 2 stabilisce che l’effettiva osservanza
dei criteri e delle modalità predeterminati dall’amministrazione deve risultare dai singoli
provvedimenti.
Non ha natura concessoria la concessione edilizia.
16
Corte Cost. n.5/1980: è stato negato il carattere costitutivo della concessione edilizia,
affermando l’inerenza del diritto di edificare alla proprietà e la conseguente illegittimità della
disciplina dell’indennità di espropriazione. La disciplina posta dalla l.10/1977 prevede la
sottoposizione a concessione dell’attività di trasformazione urbanistico-edilizia pareva
separare dello ius aedificandi dal contenuto del diritto di proprietà.
tale sentenza, pur riguardando la determinazione dell’indennità di espropriazione, ha
rigettato l’impostazione secondo cui la concessione edilizia avrebbe effetti costitutivi del ius
aedificandi e ha aperto la via alla sua qualificazione come autorizzazione. Il T.U. in materia
edilizia ha eliminato la concessione sostituendola con il permesso di costruire.
10. I poteri oblatori
I poteri ablatori incidono negativamente sulla sfera giuridica del destinatario. Essi hanno
segno opposto rispetto a quelli concessori, nel senso che impongono obblighi, ovvero
sottraggono situazioni favorevoli in precedenza pertinenti al privato, attribuendole di norma,
ma non necessariamente, all’amministrazione (ablatori reali). Il destinatario si presenta
come titolare di interessi legittimi oppositivi.
L’effetto ablatorio può incidere su:
 diritti reali,
 diritti personali
 obblighi a rilevanza patrimoniale.
Tra i provvedimenti ablatori reali vengono in evidenza:
 l’espropriazione: provvedimento che ha l’effetto di costituire un diritto di proprietà o
altro diritto reale in capo ad un soggetto (detto espropriante: non necessariamente si tratta
dell’amministrazione che emana il provvedimento), previa estinzione del diritto in capo ad
altro soggetto (espropriato) al fine di consentire la realizzazione di un’opera pubblica o per
altri motivi di pubblico interesse e dietro versamento di indennizzo ai sensi dell’art. 42
comma 3 Cost. La disciplina dell’espropriazione per pubblica utilità è contenuta nel testo
unico di cui al d.P.R. 327/2001 e succ. mod.
Secondo la Corte Costituzionale l’indennizzo non deve necessariamente corrispondere
al valore di mercato del bene, ma deve costituire un “serio ristoro”, ma non è escluso
che si tenga conto della funzione sociale della proprietà.

le occupazioni: la legge prevede la possibilità di procedere all’occupazione
temporanea di alcuni beni, disciplinata dall’art. 49 T.U., che può essere disposta
quando ciò sia “necessario per la corretta esecuzione dei lavori”, prevedendo la
relativa indennità.
 Occupazione d’urgenza: ipotesi più rilevante in passato che riguardava il
possesso delle cose destinate all’espropriazione, purché fosse pagato un
indennizzo e l’opera da realizzare fosse dichiarata indifferibile e urgente. Nel
caso in cui l’immobile venisse irreversibilmente trasformato, anche se
l’amministrazione non riusciva a concludere nei termini il procedimento
espropriativo, si produceva comunque l’acquisto della proprietà di esso a
favore dell’amministrazione, che però era tenuta a risarcire il danno, e al
privato era preclusa la possibilità di ottenere la restituzione del bene.
Oggi occupazione anticipata: l’amministrazione deve restituire il bene
espropriato a seguito di occupazione acquisitiva, anche se l’area ha subito
modificazione irreversibile. È esclusa una tutela meramente risarcitoria.
17


le requisizioni: provvedimenti mediante i quali l’amministrazione dispone della
proprietà o utilizza un bene di un privato per soddisfare un interesse pubblico.




Occupazione usurpativa, caratterizzata dalla realizzazione dell’opera in
mancanza di dichiarazione di pubblica utilità (l’art.43 T.U. sulle
espropriazioni per pubblica utilità prevede che l’autorità che utilizza senza
titolo un bene per scopi di interesse pubblico “modificato in assenza del
valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica
utilità, può disporre che esso vada acquisito al suo patrimonio indisponibile e
che al proprietario vadano risarciti i danni”).
requisizioni in proprietà: riguardano soltanto le cose mobili e possono essere
disposte, generalmente per esigenze militari, dietro la corresponsione di
un’indennità. La requisizione in proprietà ha effetti irreversibili.
requisizione in uso è un provvedimento che ha come presupposto l’urgente
necessità: essa riguarda sia mobili sia immobili e comporta la possibilità di poter
utilizzare il bene (che rimane in proprietà del titolare) per il tempo necessario e
pagando un’indennità.
I caratteri dell’urgenza, della temporaneità e dell’indennità differenziano la
requisizione in uso sia dall’espropriazione sia dalle ordinanze di necessità e
urgenza, che non aprono la via all’indennizzo.
Ai sensi dell’art.7 della Legge 2248/1865, “allorché per grave necessità pubblica
l’autorità amministrativa debba senza indugio disporre della proprietà privata,
essa procederà con decreto motivato, senza però pregiudizio di diritti delle parti”:
tale norma è in generale ritenuta come disposizione applicabile ogni qualvolta
altra prescrizione conferisca all’amministrazione il potere di disporre della
proprietà del privato, imponendo di agire appunto mediante decreto motivato.
la confisca: provvedimento ablatorio a carattere non già espropriativo, bensì
sanzionatorio ed è la misura conseguente alla commissione di un illecito
amministrativo (ex: confisca di un immobile realizzato abusivamente).
il sequestro: provvedimento ablatorio di natura cautelare: esso mira in genere a
salvaguardare la collettività dai rischi derivanti dalla pericolosità del bene.
Alcuni provvedimenti ablatori incidono non solo sui diritti reali, ma sulla complessa sfera
giuridica del privato, privandolo di un diritto o di una facoltà.
Gli ordini hanno l’effetto di imporre un comportamento al destinatario. Si distinguono in:
 Comandi: ordini di fare: ex l’ordine di demolire il manufatto abusivo)
 Divieti: ordini di non fare: ad esempio il divieto di circolazione stradale),
 Generali: rivolti a tutti
 Particolari: rivolti a persone in particolare.
Alcuni ordini si inseriscono in una relazione interorganica, dunque sono rivolti ai dipendenti,
non ai privati. A volte l’ordine mira a conformare l’attività dei privati.
Dagli ordini si distinguono:
 le direttive, che rispetto agli ordini presentano una minore vincolatività.
 le diffide che consistono nel formale avvertimento a osservare un obbligo che trova
il proprio fondamento in altro provvedimento o nella legge.
Esistono poi poteri ablatori caratterizzati dal fatto che impongono obblighi a rilevanza
patrimoniale che hanno come effetto la costituzione autoritativa di rapporti obbligatori (ex:
provvedimenti sui prezzi e a tutti i casi di prestazioni imposte). L’acquisto del diritto a favore
18
dell’amministrazione avviene come conseguenza dell’adempimento dell’obbligo di dare da
parte del privato.
11. I poteri sanzionatori
Sanzione  conseguenza sfavorevole di un illecito applicata coattivamente dallo Stato o da
altro ente pubblico, cioè la misura retributiva (inflazione di un male ritenuto maggiore
rispetto al beneficio che dalla violazione possa derivare) nei confronti del trasgressore.
Illecito  violazione di un precetto compiuta da un soggetto.
Si crea un rapporto diretto fra sanzione e responsabile, nel senso che la sanzione incide sul
soggetto in modo immediato e ha funzione afflittiva. Essa colpisce un comportamento
antigiuridico di un soggetto, di cui è diretta e immediata conseguenza.
La sanzione potrà essere applicata anche ad altri soggetti in determinati rapporto con il
trasgressore, mai però solo a questi a esclusione del trasgressore.
Partendo dal presupposto che la sanzione:
 ha carattere eminentemente afflittivo
 è la conseguenza di un comportamento antigiuridico del soggetto
si deduce che non è sanzione:
 la misura, di carattere preventivo e cautelare, che non presuppone l’accertamento
della violazione della legge, a meno che non sia fondata sull’accertato pericolo della
violazione stessa da parte del soggetto.
 la dichiarazione di nullità o la rimozione dell’atto invalido, perché la reazione
dell’ordinamento opera qui soltanto nei confronti dell’atto, mentre il soggetto rimane
estraneo alla diretta considerazione normativa.
 la reintegrazione, in qualsiasi forma, dello stato di cose antecedente alla
trasgressione, da cui esula qualsiasi finalità afflittiva.
Nella vigente legislazione non è definito il concetto di sanzione amministrativa. Esse non
hanno un contenuto loro peculiare, ma si possono individuare soltanto in modo residuale,
quali misure afflittive non consistenti in sanzioni penali o in sanzioni civili. Esse possono
coinvolgere solo beni che la Costituzione non assoggetta a una riserva di giurisdizione.
misura afflittiva non consistente in una pena criminale o in una
sanzione civile, irrogata nell’esercizio di potestà amministrative come
Sanzione
amministrativa conseguenza di un comportamento assunto da un soggetto in
violazione di una norma o di un provvedimento amministrativo o
irrogata al responsabile cui l’illecito sia imputato.
I principi generali della sanzione amministrativa vanno ricercati nella legislazione ordinaria,
costituita dalla Legge 689/1981, nella quale sono contenuti principi di tipo garantistico
modellati su quelli penalistici. Essi operano:
 sul piano delle fonti (principio di legalità)  è ricalcato sull’art.25 comma 2 Cost.,
ma comprende anche la possibilità che le leggi regionali prevedano una sanzione
amministrativa, come si evince dal testo di legge.
 sul piano della successione delle leggi nel tempo (principio di irretroattività) 
non è, però, consentita alcuna eccezione alla regola del tempus regit actum, ma nel
2000 si è introdotto il principio del favor rei.
 sul piano della interpretazione (principio del divieto di analogia).
19
La sanzione amministrativa è il risultato dell’esercizio di un potere amministrativo. I principi
di tipicità e di nominatività dei poteri e dei provvedimenti trovano corrispondenza nella
tassatività delle misure sanzionatorie. Il procedimento:
 prende avvio dall’accertamento e contestazione della violazione
 prevede la possibilità per l’interessato di difendersi
 si conclude con l’irrogazione della sanzione.
L’efficacia dei provvedimenti sanzionatori è subordinata alla loro comunicazione al
destinatario.
La tassatività delle sanzioni è espressamente affermata dall’art.1 della Legge 689/1981. La
recente Legge Cost.3/2001 di riforma del titolo V della parte II della Costituzione non elenca
le sanzioni tra le materie riservate allo Stato o alla potestà legislativa concorrente.




Sanzioni ripristinatorie: colpiscono la res e mirano a reintegrare l’interesse
pubblico leso,
sanzioni afflittive – le sole sanzioni in senso proprio – si rivolgono direttamente
all’autore dell’illecito. Queste ultime si distinguono ulteriormente in:
 sanzioni pecuniarie
 sanzioni interdittive
(che incidono sull’attività del soggetto colpito).
Le sanzioni disciplinari si riferiscono ai soggetti che si trovano in un peculiare
rapporto con l’amministrazione.
Con riferimento alle sanzioni disciplinari cui sono assoggettabili i dipendenti delle
pubbliche amministrazioni, va ricordato che il D.Lgs 165/2001 prevede una
regolamentazione specifica in tema di responsabilità disciplinare, stabilendo che ai
dipendenti presso le pubbliche amministrazioni si applicano l’art. 2106 c.c. e l’art.7
commi 1,5 e 8 della Legge 300/70 e devolvendo al giudice ordinario tutte le
controversie attinenti il rapporto di lavoro, comprese quelle in materia di sanzioni
disciplinari. L’art. 55 D.Lgs 165/2001 prevede che le tipologie delle infrazioni e delle
relative sanzioni siano definite dai contratti collettivi.
Le sanzioni disciplinari incidono volte sul patrimonio, altre sull’attività; il loro
carattere comune è nella violazione di prescrizioni relative a uno status.
Sanzioni accessorie: come l’art. 20 L.689/81 che prevede alcune misure
interdittive consistenti nella privazione o nella sospensione di facoltà o diritti
derivanti da provvedimenti della p.a.
La violazione del precetto dà luogo all’illecito amministrativo, per il quale la legge
n.689/81 prevede una riserva di legge. L’integrazione dell’illecito costituisce il presupposto
per l’adozione della sanzione: la sua descrizione è sottratta in via di principio alle fonti
secondarie per ragioni di garanzia nei confronti dei privati. Esiste una stretta
interdipendenza tra illecito e sanzione e anche il legislatore si occupa di illecito nella
disciplina della sanzione.
Per quanto attiene l’elemento psicologico, ai fini della sussistenza dell’illecito di richiede il
dolo o la colpa (la giurisprudenza, introducendo una sorta di inversione dell’onere della
prova, afferma che spetta al trasgressore la dimostrazione dell’assenza della colpa).
Infine, l’ordinamento ha previsto alcune ipotesi di sanzioni pecuniarie inflitte a persone
giuridiche, riconosciute quindi direttamente responsabili.
20
12. I poteri di ordinanza, programmazione e pianificazione, i poteri di
imposizione dei vincoli, i poteri di controllo
Il potere di ordinanza, esercitabile nelle situazioni di necessità e urgenza, è caratterizzato
dal fatto che la legge non predetermina in modo compiuto il contenuto della statuizione in cui
il potere può concretarsi, e consente all’amministrazione stessa di esercitare un potere tipico
in presenza di situazioni diverse da quelle previste in via ordinaria o seguendo procedimenti
differenti. Il potere di ordinanza, il cui esercizio dà luogo alla emanazione delle ordinanze di
necessità e urgenza, non rispetta il principio della tipicità dei poteri amministrativi che, in
applicazione del principio di legalità, impone la previa individuazione degli elementi
essenziali dei poteri a garanzia dei destinatari degli stessi. D’altronde le ordinanze di
necessità ed urgenza sono previste proprio per far fronte a situazioni che non possono essere
risolte rispettando il normale ordine delle competenze e i normali poteri.
La Corte cost. ha fissato alcuni limiti nel rispetto dei quali la legge è compatibile con la Cost.:
 Rispetto delle riserve di legge fissate dalla Cost. e dei principi dell’ordinamento
 Necessità di un’adeguata motivazione e di efficace pubblicazione
 Efficacia limitata nel tempo
Tra gli esempi più rilevanti vi sono le ordinanze:
 contingibili e urgenti del sindaco (art.54 T.U. enti locali),
 dell’autorità di pubblica sicurezza
 che possono essere adottate nelle situazioni di emergenze sanitarie o di igiene
pubblica.
Le ordinanze vanno distinte dai provvedimenti d’urgenza, atti tipici e nominati suscettibili di
essere emanati sul presupposto dell’urgenza, ma che hanno contenuto predeterminato dal
legislatore.
Ordinanza che il Ministro dell’ambiente e del territorio può emanare per ingiungere a
coloro che siano risultati responsabili di illecito ambientale il ripristino ambientale
a titolo di risarcimento in forma specifica. Il contenuto del dovere di ripristino
conseguente a illecito è determinato dall’amministrazione e non dal giudice.
Vanno infine ricordati i poteri di pianificazione e i poteri di programmazione.
La programmazione (che comprende anche la pianificazione) indica il complesso di atti
mediante i quali l’amministrazione previa valutazione di una situazione nella sua globalità,
individua le misura coordinate per intervenire in un dato settore.
Di solito i piani hanno natura normativa o di atti a contenuto generale. La legge caratterizza i
procedimenti di programmazione e pianificazione sotto il profilo procedimentale.
Notevole pluralità di piani previsti dalla legge per la tutela degli interessi pubblici, come
pianificazioni urbanistiche:
 in senso proprio  mirano a contemperare i vari interessi pubblici e privati relativi
all’uso del territorio
 territoriali  attinenti a interessi differenziati, aventi carattere intrinseco rispetto a
certi immobili e prevalgono rispetto ad altri interessi.
Questa pluralità genera il problema dell’individuazione di criteri per la soluzione di eventuali
contrasti. Il piano serve a ordinare nel tempo e nello spazio lo svolgimento di attività e
concerne l’uso del territorio. Se un unico territorio è predisposto a ospitare più piani possono
nascere problematiche, le quali possono essere risolte ricorrendo a criteri di:
 gerarchia di piani
 criterio della competenza
 gerarchia degli interessi.
21
Al fine di conservare alcuni beni immobili che presentano peculiari caratteristiche
ambientali, urbanistiche e così via, la legge attribuisce all’amministrazione il potere di
sottoporre gli stessi a vincolo amministrativo.
Il vincolo è imposto mediante piano. A seguito di tale vincolo, a volte
accompagnato dall’individuazione di una serie di interventi pubblicistici finalizzati
al mantenimento di peculiari caratteristiche degli immobili, si produce una
riduzione delle facoltà spettanti ai proprietari (ex: imposizione obblighi di fare o di
non fare). Il vincolo può essere assoluto (impedisce di utilizzare il bene) o
relativo.
Taluni vincoli comportano un’incisione a titolo particolare sui caratteri
fondamentali del bene (ex: vincoli urbanistici a tempo indeterminato di in
edificabilità assoluta o preordinati all’espropriazione che devono essere
indennizzati).
Un potere analogo ricorre anche nei rapporti dell’amministrazione con i privati: si
hanno esempi di atti che vengono rilasciati a seguito dell’esito positivo di un
controllo sull’attività da essi svolta  il controllo presuppone l’instaurazione di
una peculiare relazione tra privato e amministrazione che può sorgere a seguito di
un atto autorizzatorio o di segnalazione di inizio attività del privato.
13. I poteri strumentali e i poteri dichiarativi. Le dichiarazioni sostitutive
L’amministrazione, in occasione dell’esercizio del potere, pone in essere atti strumentali ad
altri poteri (pareri, proposte, atti di controllo, accertamenti, detti anche atti dichiarativi).
L’effetto giuridico prodotto dall’esercizio di un poter può consistere non già in una
modificazione, costituzione o estinzione di situazioni giuridiche, ma nell’effetto
dichiarativo che non modifica la situazione giuridica preesistente, ma dà luogo a
semplici svolgimenti interni di situazioni giuridiche preesistenti.
Vi sono casi in cui tale effetto inerisce allo svolgimento di un procedimento (ex:
accertamento della sussistenza di un presupposto la cui esistenza è necessaria per poter
provvedere). Da essa discendono alcuni effetti giuridici che non si producono nell’ambito
dei rapporti con i terzi. Così l’ordinamento generale prevede direttamente un peculiare
regime per la proprietà pubblica, indipendentemente dall’atto di accertamento compiuto
dall’amministrazione. In forza dell’emanazione dell’atto amministrativo di accertamento
specificativo diventa operativa una serie di attribuzioni amministrative in ordine alla
gestione di beni.
Si rinviene un effetto costitutivo interno all’ordinamento della p.a.
L’efficacia dichiarativa incide su di una situazione giuridica preesistente rafforzandola,
specificandone il contenuto o affievolendola, impedendo così la realizzazione della situazione
in una certa direzione.
Taluni atti dichiarativi hanno invece la funzione di attribuire certezza legale a un dato (fatto,
atto, stato, qualità o rapporto), precludendo ai consociati che il dato sia diverso da come è
raffigurato nell’atto, a meno di non porre in essere peculiari forme di verificazione previste
dall’ordinamento. Questi atti, detti di certazione, producono certezze che valgono erga
omnes. Essi sono tipici e nominati ed è da ritenere che siano espressione di un potere
certificativo. Le conoscenze acquisite dall’amministrazione sono spesso conservate e ordinate
in appositi registri, albi, liste, elenchi, casellari ecc.
Anche altri atti di accertamento, rendendo possibile la conoscenza del fatto registrato, hanno
un effetto di certezza: essa è però notiziale, in quanto è superabile con la prova contraria.
22







Certificati: atti con cui appunto si riproduce una certezza, sono documenti tipici
(ossia previsto espressamente dalla legge) “rilasciati da un’amministrazione avente
funzione di ricognizione, riproduzione e partecipazione a terzi di stati, qualità
personali e fatti contenuti in albi, elenchi o registri pubblici o comunque accertati da
soggetti titolari di funzioni pubbliche” (art. 1 d.P.R. 445/2000 testo unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione
amministrativa, modificato dal d.P.R. 137/2003). Il certificato ha normalmente i
caratteri dell’atto pubblico, essendo rilasciato da un pubblico ufficiale autorizzato a
darvi pubblica fede, e fa piena prova, fino a querela di falso, tanto in sede
amministrativa quanto in sede giurisdizionale, di ciò che in esso è dichiarato e della
provenienza
Certificazioni: regolate dal medesimo T.U., dichiarazioni di scienza esternate
mediante certificato: tra certificazione e certificato c’è dunque lo stesso rapporto che
corre tra contenuto e contenente.
La registrazione non è un certificato, perché in essa è prevalente la funzione di
acquisire conoscenze rispetto a quella di esternare, propria del certificato.
Attestati: atti amministrativi tipici, ma insuscettibili di creare la medesima certezza
legale creata dalle certazioni e che, a differenza dei certificati, non mettono in
circolazione una certezza creata da un atto di certazione.
Attestazioni atipiche (attestati di frequenza a corsi, attività di svolgimento di
studio e ricerca) che sul piano dell’ordinamento generale creano una presunzione.
Atti di notorietà: atti formati, su richiesta di un soggetto, da un pubblico ufficiale
(es. notaio, sindaco), in base alle dichiarazioni simultanee rese in sua presenza e
sotto giuramento da alcuni testimoni (non meno di due: art. 30 L.241/90): da questi
atti risulta che la notizia di determinati fatti è diventata di pubblico dominio.
Allo scopo di alleggerire il carico di lavoro dei pubblici uffici e contestualmente
consentire ai privati di poter provare all’amministrazione determinati fatti, stati e
qualità a prescindere dall’esibizione dei relativi certificati
dichiarazione sostitutiva, che è un atto del privato capace di sostituire una
certificazione pubblica, e rispetto alla quale è alternativa. Si distinguono dai
certificati in quanto:
 non provengono da un ente pubblico;
 sono destinate a confluire soltanto in un singolo rapporto tra cittadino e
amministrazione (i certificati, invece, valgono in generale e a tutti gli effetti,
anche nei rapporti tra cittadini);
 hanno la stessa validità temporale degli atti che sostituiscono;
 non consistono in una trascrizione del contenuto di un pubblico registro.
La mancata accettazione della dichiarazione sostitutiva costituisce violazione
dei doveri d’ufficio (art. 74 t.u.). La legge attribuisce alla p.a. il compito di
controllare la veridicità delle dichiarazioni sostitutive, il quale avviene mediante
raffronto tra il contenuto delle stesse e quello degli atti di certazione.
o La dichiarazione sostitutiva di certificazione è il documento,
sottoscritto dall’interessato (anche non in presenza del funzionario
amministrativo addetto) in sostituzione dei certificati (ex: data e luogo di
nascita, residenza, cittadinanza, stato civile e di famiglia, nascita del figlio,
posizione reddituale, titolo di studio, qualifica professionale); in luogo della
dichiarazione il cittadino può produrre il certificato o la copia autentica
ovvero, esibire un documento che li attesti.
23
o
Il t.u. prevede che il cittadino possa rendere al funzionario competente
dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà, ossia atti con cui il
privato comprova, nel proprio interesse e a titolo definitivo, tutti gli stati,
fatti e qualità personali non compresi in pubblici registri, albi ed elenchi
(quindi non suscettibili di attestazione con dichiarazione sostitutiva di
certificazione), nonché stati, fatti e qualità personali relativi ad altri soggetti
di cui egli abbia diretta conoscenza. (art.19 T.U.) la dichiarazione può
riguardare anche il fatto che la copia di un atto o di un documento conservato
o rilasciato dall’amministrazione, la copia di una pubblicazione o la copia di
titoli di studio o di servizio sono conformi all’originale e può essere apposta
in calce alla copia stessa.
I certificati rilasciati dalle amministrazioni attestanti stati e fatti personali non soggetti a
modificazione hanno validità illimitata; le restanti certificazioni hanno validità di sei mesi
dalla data del rilascio. Gli stati, i fatti e le qualità personali contenuti in documenti di identità
o di riconoscimento non più in corso di validità possono essere comprovati mediante
esibizione e dichiarazione che i dati non hanno subito variazioni (art. 45 d.p.r. 445/2000).
L’art. 49 t.u. non consente che i certificati medici, sanitari, veterinari, di origine, di
conformità CE, di marchi o brevetti siano sostituiti “da altro documento”.
Le dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà da produrre a organi dell’amministrazione o
ai gestori o esercenti di pubblici servizi sono sottoscritte dall’interessato in presenza del
dipendente addetto  è sufficiente la sottoscrizione.
L’inesistenza della sottoscrizione è vizio non sanabile di nullità di dichiarazione. Consiglio di
Stato n.2477/2006: pure l’omessa allegazione della copia del documento rende nullo l’atto
per difetto di forma essenziale. Le istanze e la copia fotostatica possono anche essere inviate
per via telematica. Se l’istanza o la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà è presentata a
soggetti diversi da quelli indicati o è impiegata per riscuotere da parte di terzi benefici
economici, la sottoscrizione deve essere autenticata da un notaio, cancelliere, segretario
comunale, dipendente addetto a ricevere la documentazione o altro incaricato del sindaco.
Due riflessioni sono sorte in seguito alla legge Bassanini:
a) Le dichiarazioni sostitutive di certificati hanno carattere definitivo, creano certezze
giuridiche al pari degli atti certificativi che sostituiscono e hanno validità temporale
equiparata a essi. La certezza giuridica creata da queste non potrà farsi risalire
all’autenticazione, ma all’equiparazione operata dal legislatore. Le dichiarazioni
sostitutive e i certificati hanno, poi, i medesimi effetti. La certificazione amministrativa,
però, ha efficacia probatoria più ampia della dichiarazione.
b) La differenza fra dichiarazioni sostitutive di certificazione e dichiarazioni sostitutive
dell’atto di notorietà si riscontra nell’essere le prime sempre tipiche e le seconde nella
possibilità di essere anche atipiche.
L’art. 71 t.u. specifica che il controllo sulle dichiarazioni sostitutive (di certificazione e di
atto di notorietà) debba avvenire, anche a campione, e in tutti i casi in cui sorgano fondati
dubbi sulla loro veridicità. Esso è effettuato secondo due modalità:
 consultando direttamente gli archivi dell’amministrazione certificante,
 richiedendo alla medesima conferma scritta della corrispondenza di quanto
dichiarato con le risultanze dei registri.
In caso di irregolarità od omissioni rilevabili d’ufficio, non costituenti falsità, il funzionario
competente a ricevere la documentazione dà notizia all’interessato, il quale è tenuto alla
regolarizzazione e al completamento della dichiarazione. La mancata risposta alle richieste di
24
controllo entro trenta giorni costituisce violazione dei doveri d’ufficio. In caso di non
veridicità del contenuto delle dichiarazioni la legge prevede che il dichiarante decada dai
benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione
non veritiera. La disposizione lascia intendere che la verifica può essere svolta anche
successivamente al rilascio del provvedimento.
Le dichiarazioni sostitutive possono essere anche utilizzate nei rapporti tra privati che vi
consentano (art. 2 d.p.r. 445/2000): l’amministrazione competente per il rilascio della
relativa certificazione, previa definizione di appositi accordi, è tenuta a fornire, su richiesta
del privato corredata dal consenso del dichiarante, conferma scritta della corrispondenza di
quanto dichiarato con le risultanze dei dati custoditi.
Un ruolo diverso dei privati con riferimento alla produzione della certezza può essere
individuato in ordine alle certificazioni private: esse attengono alla conformità di
prodotti o di metodi di produzione a norme e standard tecnici.
In alcuni casi si tratta di certificazioni prodotte da imprese non controllate da soggetti
pubblici, ma accreditate da organismi privati, in altre i certificatori devono esser
accreditati o autorizzati da organismi pubblici o da privati accreditati.
Le certificazioni costituiscono strumenti volontari, volti a favorire la concorrenza tra gli
operatori e migliorare l’informazione sul mercato. A volte l’ordinamento favorisce i
titolari di certificazioni, prevedendo per essi un regime amministrativo semplificato: si
ritiene che le certificazioni vincolino l’amministrazione, in quanto essa non potrebbe
disattenderle.
14.I poteri relativi ad atti amministrativi generali
L’amministrazione può determinare effetti giuridici in relazione a tutti i rapporti che abbiano
le medesime caratteristiche. Gli atti amministrativi sono detti generali, in quanto sono
in grado di produrre effetti nei confronti di una generalità di soggetti, titolari di quei rapporti
con medesime caratteristiche. Ex: bandi di concorso, alla chiamata alle armi, ecc)
Tali atti sono ricollegabili allo schema norma-potere-effetto: la legge non produce
direttamente l’effetto in quanto attribuisce il relativo potere all’amministrazione. Essi,
però, non sono caratterizzati dall’astrattezza, in quanto la produzione dell’effetto non
necessita di un ulteriore esercizio di poteri da parte di altro o stesso soggetto pubblico.
La riconduzione di un atto nella categoria degli atti amministrativi generale riveste una certa
importanza giacché essi (assieme agli atti normativi, di pianificazione e di programmazione):
 sono sottratti alla disciplina della partecipazione procedimentale e del diritto di
accesso;
 non necessitano di motivazione.
Poiché gli atti amministrativi generali costituiscono esercizio di un potere amministrativo, si
giustifica la loro derogabilità per il caso singolo da parte dell’amministrazione, fatto dalvo
l’obbligo di motivare. La deroga è l’esercizio del medesimo potere che si è concretizzato
nell’atto generale.
Differenze rispetto all’atto amministrativo normativo:
 è espressione di un potere diverso da quello amministrativo, pur provenendo dalla
stessa fonte
 non ammette deroghe mediante atto amministrativo puntuale e concreto.
Una particolare categoria di atti amministrativi generali è costituita dalle autorizzazioni
generali, conosciute dalla normativa sulla liberalizzazione dei servizi, dal D.Lgs 196/2003 in
materia di autorizzazione rilasciate dal Garante per la protezione dei dati personali per intere
25
categorie di titolari o di trattamenti e dalla disciplina ambientale.
15. Il decorso del tempo e la rinuncia
Il decorso del tempo produce la nascita o la modificazione di una serie di diritti ed è alla
base degli istituti della prescrizione e della decadenza.
 Il potere, in quanto attributo della soggettività, non è trasmissibile e non è neppure
prescrittibile a seguito del decorso del tempo.
 Il diritto soggettivo è invece soggetto a prescrizione, ove non esercitato per un certo periodo
di tempo (ex: diritto di percepire lo stipendio si prescrive in cinque anni).
Il tempo, unitamente all’esercizio di un diritto, è alla base dell’istituto dell’usucapione dei
diritti reali, ma per quanto attiene il diritto amministrativo occorre ricordare che non è
ammesso l’acquisto per usucapione di diritti su beni demaniali.




Tra gli atti che producono vicende estintive di diritti si annovera la rinuncia, negozio avente
effetto abdicativi cui può seguire un effetto traslativo (accrescimento della sfera altrui) o
estintivo.
Il potere, intrasmissibile e imprescrittibile, non può essere oggetto di rinuncia.
I diritti soggettivi sono rinunciabili (ex: indennizzo in caso di espropriazione).
Non sono rinunziabili le situazioni che ineriscono a interessi diversi da quelli del loro
titolare (ex: è irrinunciabile l’ufficio di tutore) ed i diritti di libertà.
Gli interessi legittimi sono irrinunciabili perché seguono il potere e il suo esercizio.
In tema di crediti dei dipendenti aventi causa nel rapporto di lavoro, l’amministrazione non
può rinunciare alla prescrizione ed alla relativa eccezione.
16.L’esercizio del potere: norme d’azione, discrezionalità, merito
Allorché sia attribuito un potere, l’ordinamento sceglie di rimettere alla successiva scelta
autonoma dell’amministrazione la produzione di vicende giuridiche in ordine a situazioni
soggettive dei privati. L’amministrazione deve in concreto agire in vista del perseguimento
dell’interesse che costituisce la ragione dell’attribuzione del potere. Spesso l’amministrazione
fissa in anticipo alcuni criteri cui si atterrà nell’esercizio concreto del potere, ma
soventemente le modalità di azione sono individuate in via generale e astratta mediante
norme giuridiche.
Le norme che disciplinano l’azione amministrativa non hanno i caratteri delle norme di
relazione (le norme che risolvono conflitti intersoggettivi sul piano dell’ordinamento
generale), ma si definiscono norme d’azione perché hanno a oggetto l’azione
dell’amministrazione e non l’individuazione di assetti intersoggettivi.
Tali norme possono provenire:
 dalla legge,
 dalla stessa amministrazione che ha il potere normativo.
La predeterminazione delle modalità d’azione riduce gli spazi di scelta dell’amministrazione:
l’azione risulta vincolata. Il potere resta tale anche se vincolato ed esistono provvedimenti
vincolati: l’effetto giuridico non deriva direttamente dalla legge, ma dall’esercizio del potere,
anche se non sussiste possibilità di scelta in ordine al contenuto del provvedimento. Al fine di
ottenere tutela, quindi, occorre l’annullamento del provvedimento che ne è la fonte
costitutiva.
[Art.21octies: non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul
procedimento o sulla forma degli atti quando è palese che il suo contenuto dispositivo
non poteva esser diverso da quello adottato in concreto.]
26
Discrezionalità
amministrativa pura
DIVERSA
Spazio di scelta che residua quando la normativa di azione
non predetermina in modo completo tutti i comportamenti
della amministrazione.
Possibilità di scelta che spetta all’amministrazione quando è
Discrezionalità
chiamata a qualificare fatti suscettibili di varia valutazione e
amministrativa tecnica si riduce a un’attività di giudizio a contenuto specifico.
Molto spesso, infatti, tra i presupposti fissati dalla legge per l’esercizio del potere
amministrativo vi sono fatti che non possono essere giudicati semplicemente come esistenti o
inesistenti e che non sono suscettibili di un mero accertamento che non lasci spazio a
valutazioni (ex: pregio artistico di un bene, valutato anche sulla base di parametri tecnici).
La scelta discrezionale “pura” può attenere a vari profili dell’azione amministrativa, quali:
 il contenuto del provvedimento,
 la stessa decisione relativa al “se” ed al “quando” rilasciarlo
 più profili congiunti
e deve esser effettuata alla stregua dell’interesse pubblico che informa l’azione
amministrativa, recando il minor pregiudizio agli altri interessi coinvolti.
La discrezionalità pura non deve esser rapportata all’atto o al posto (posto che il potere è il
prius rispetto al suo esercizio): essa attiene al farsi dell’atto amministrativo, cioè alla
funzione. Quando pura e tecnica coesistono, abbiamo la discrezionalità mista.
La discrezionalità non è esercitata in osservanza di norme predefinite, ma sulla base di regole
che si evincono a contrario, in occasione della rilevazione della loro violazione che dà luogo al
vizio di eccesso di potere. La scelta, quindi, deve risultare logica e congrua, tenendo conto
dell’interesse pubblico perseguito, degli interessi secondari coinvolti e della misura da essi
arrecato (principio di logicità-congruità).
L’essenza della discrezionalità risiede nella ponderazione comparativa dei vari interessi
secondari in ordine all’interesse pubblico al fine di assumere la determinazione concreta.
(Art.3quater d.lgs 152/2006): l’attività della p.a. deve esser finalizzata a consentire la
miglior attuazione possibile del principio dello sviluppo sostenibile e nella scelta
comparativa degli interessi, bisogna porre in primo piano la tutela dell’ambiente e del
patrimonio culturale.
L’insieme delle soluzioni ipotizzabili come compatibili con il principio di congruità in un caso
determinato definisce il merito amministrativo , normalmente sottratto al sindacato del
giudice amministrativo e attribuito alla scelta esclusiva dell’amministrazione, la quale, tra la
pluralità di scelte così individuate, preferirà quella ritenuta più opportuna.
La scelta dell’amministrazione non è libera, ma essa non è pienamente sindacabile perché
risulta effettuata fra soluzioni tutte ragionevoli.
17. Le fonti del diritto attinenti alle situazioni giuridiche
Le fonti giuridiche sono i fatti e gli atti produttivi di norme giuridiche. Molte fonti
pongono norme di diritto amministrativo o sono atti soggettivamente amministrativi, nel
senso che sono posti in essere da autorità amministrative.
Il riconoscimento dei soggetti dell’ordinamento e la soluzione dei conflitti inttersoggettivi che
li riguardano deve avvenire da parte di una fonte dell’ordinamento giuridico generale, ossia:
 Costituzione
Legge
Atti aventi forza di legge
sulla base del principio di legalità.
27
Anche nella Costituzione possono essere individuate norme direttamente attributive di poteri
e diritti. Molte norme qualificano come diritti interessi particolarmente importanti (ex:
quello del lavoro o della salute). È stato proposto di considerare alcune di queste prescrizioni
come norme di natura programmatica e non immediatamente precettive.
L’ordinamento protegge il medesimo interesse con modalità diverse,
a seconda dei contesti in cui esso si colloca.
18. Distinzione tra norme di relazione e norme di azioni
Le norme di relazione proteggono in particolare diritto soggettivi. Alla violazione di una
norma di relazione consegue la lesione di un diritto soggettivo. Poiché il giudice che tutela i
diritti soggettivi è il giudice ordinario, la stessa situazione può essere descritta affermando
che il giudice ordinario sindaca la violazione delle norme di relazione. Sul piano sostanziale
va aggiunto che essa pone in essere un comportamento che non è espressione di potere.
L’atto amministrativo emanato in assenza di potere è nullo ed è sindacabile dal giudice
ordinario (ex: un provvedimento di esproprio emanato da un’amministrazione non
competente).
Il giudice ordinario ha giurisdizione nei casi in cui l’amministrazione abbia agito in carenza
di potere ponendo in essere un atto nullo, cioè non produttivo di effetti.
[Art.21septies: è nullo il provvedimento amministrativo che:
 manca degli elementi essenziali
 è viziato da difetto assoluto di attribuzione. ]
Carenza di potere in concreto: riguarda i casi in cui l’atto produce alcuni effetti; tali
norme non attribuiscono il potere in astratto, ma lo definiscono in concrete fattispecie in
capo a un determinato soggetto pubblico, sicché pur in presenza di una violazione di queste
norme è consentita l’esplicazione di alcuni effetti e il provvedimento è qualificato come
illecito  coesisterebbero un provvedimento illecito lesivo e il diritto soggettivo.
L’interesse legittimo è anche la pretesa all’osservanza delle norme di azione.
Sotto il profilo processuale la tutela dell’interesse legittimo è affidata al giudice
amministrativo.
L’azione amministrativa che non rispetti le norme di azione è sicuramente illegittima:
tuttavia, ove siano rispettate le norme di relazione che attribuiscono il potere, l’atto finale
non è nullo, proprio perché sussiste per esso la giuridica possibilità di produrre effetti. Gli
effetti così prodotti sono tuttavia precari  l’ordinamento non può tollerare che siano
equiparati in tutto a quelli che scaturiscono da un’azione legittima. L’atto è emanato in una
situazione in cui il potere sussiste, ma è stato esercitato in modo non corretto, pertanto la
giurisdizione del giudice amministrativo si individua in base al canone del cattivo esercizio
del potere amministrativo.
 Il giudice che accerti la violazione di norme di azione dovrà eliminare sia l’atto, sia i suoi
effetti, emanando una decisione di annullamento.
Il regime dell’atto posto in essere in violazione di norme di azione è dunque
l’annullabilità (art.21octies).
L’atto può essere annullato anche in via di autotutela dalla stessa amministrazione che ha
emanato l’atto (art.21nonies).
L’atto illegittimo può essere:
 disapplicato dal giudice ordinario,
28

annullato dall’amministrazione in sede di decisione di ricorso amministrativo, ovvero
in sede di controllo.
19.Norme comunitarie
I trattati comunitari e le fonti di provenienza comunitaria disciplinano oggi ambiti rilevanti
del diritto amministrativo e, di conseguenza, agiscono come strumenti di armonizzazione del
diritto amministrativo dei vari paesi membri.
Tra tali fonti spiccano:
 i regolamenti comunitari  atti di portata generale, obbligatori e direttamente
applicabili nei rapporti c.d. “verticali” tra pubblici poteri e cittadini,
 le direttive comunitarie  vincolanti per lo Stato membro in ordine al risultato da
raggiungere, lasciando allo stesso la scelta dei modi e dei mezzi per raggiungerlo.
In entrambi i casi organi comunitari producono nell’ordinamento italiano norme
direttamente applicabili, pur non facendo parte dello stesso.
Corte di Giustizia: i rapporti tra fonti nazionali e fonti comunitarie sarebbero
improntati al regime dell’integrazione, nel senso che esse costituiscono un sistema
integrato in cui deve essere riconosciuto il primato di quelle comunitarie.
Corte costituzionale: il regolamento comunitario deve essere applicato dal giudice interno
anche disapplicando la legge nazionale incompatibile: la norma regolamentare comunitaria
finisce per costituire parametro di legittimità dell’atto amministrativo.
Il potere-dovere di disapplicazione riguarda anche il giudice amministrativo, il quale è
chiamato sempre più spesso ad esercitarlo.
Corte Cost. 389/1989: valenza dell’istituto della disapplicazione anche in relazione
alle statuizioni contenute nelle sentenze emanate dalla Corte di Giustizia, nonché alle
direttive comunitarie che contengono norme precise e incondizionate, anche se lo Stato
non ha recepito le direttive o le abbia recepite in modo inadeguato.
Si è così individuata la categoria delle direttive immediatamente applicabili dalle nostre
amministrazioni (con efficacia solo verticale). Le altre direttive, invece, sono vincolanti
soltanto a seguito del loro recepimento e conseguente attuazione nel nostro ordinamento.
Il dovere di disapplicare la normativa italiana confliggente con quella comunitaria è stato
riconosciuto altresì in capo alla pubblica amministrazione e all’autorità antitrust.
La nostra giurisprudenza ha individuato la natura della situazione giuridica protetta dalle
disposizioni comunitarie immediatamente applicabili e il giudice competente in base alla
regola che si incentra sulla contrapposizione tra carenza di potere e cattivo uso del potere.
Il regime dell’atto amministrativo conforme a una fonte interna disapplicabile perché in
contrasto con la disciplina comunitaria sarà:
 di nullità se la norma interna è attribuita del potere;
 di mera annullabilità nelle ipotesi in cui la norma nazionale sia una semplice norma
d’azione.
20.
Fonti soggettivamente amministrative
Le fonti che sono atti soggettivamente amministrativi sono i regolamenti. Essi sono
emanati da organi amministrativi (dello Stato, della regione e degli altri enti pubblici) titolari
del potere normativo, consistente nella possibilità di emanare norme generali ed astratte.
L’attività normativa dell’amministrazione è soggetta non solo al principio di preferenza della
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legge, ma anche a quello di legalità, il quale, secondo l’accezione di conformità formale,
impone che ogni manifestazione di attività normativa trovi il proprio fondamento in una
legge generale, che indichi l’organo competente e le materie che esso può esercitare.
La categoria degli atti amministrativi generali non è facilmente differenziabile da quella
degli atti normativi, i quali:
 Sono caratterizzati dall’astrattezza, intesa come indefinita ripetibilità dei precetti
 sono sottoposti ad un particolare iter procedimentale
 per quanto riguarda i regolamenti emanati dal Presidente della Repubblica, essi sono
caratterizzati da una peculiare formula che essi debbono recare.
L’art. 87 comma 5 Cost. riconosce espressamente il potere regolamentare del governo,
attribuendo al Capo dello Stato il potere di emanare regolamenti, sicché il richiamo di detta
disposizione, nel preambolo di un atto emanato dal Presidente della Repubblica, è indice
sicuro del carattere normativo dell’atto stesso. La scelta legislativa della l.400/1988 ha
comportato un aumento degli atti ministeriali emanati al di fuori delle regole procedurali,
indotto dalla volontà dell’organo politico di sottrarsi ai maggiori condizionamenti che essi
comportano. La natura normativa dell’atto soggettivamente amministrativo è innegabile
quando esso possieda i caratteri formali e segua al procedimento che l’ordinamento fissa per
quel tipo di fonte.
Qualora ricorra lo schema norma-potere-effetto, atti amministrativi generali e atti
normativi presentano le seguenti differenze:
 solo gli atti normativi sono astratti;
 solo gli atti normativi sono espressione di un potere diverso da quello amministrativo,
nel senso che, ponendo norme di azione, essi non costituiscono esercizio di azione
dell’amministrazione, ma ne disciplinano il futuro svolgimento.
Vi sono atti, poi, che hanno natura mista, come ad esempio i piani regolatori generali.
21. Regolamenti amministrativi
Art. 17. (Regolamenti)
1. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri,
sentito il parere del Consiglio di Stato che deve pronunziarsi entro novanta giorni dalla richiesta,
possono essere emanati regolamenti per disciplinare:
a) l'esecuzione delle leggi e dei decreti legislativi;
b) l'attuazione e l'integrazione delle leggi e dei decreti legislativi recanti norme di principio,
esclusi quelli relativi a materie riservate alla competenza regionale;
c) le materie in cui manchi la disciplina da parte di leggi o di atti aventi forza di legge, sempre
che non si tratti di materie comunque riservate alla legge;
d) l'organizzazione ed il funzionamento delle amministrazioni pubbliche secondo le disposizioni
dettate dalla legge;
2. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri,
sentito il Consiglio di Stato, sono emanati i regolamenti per la disciplina delle materie, non
coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della
Repubblica, autorizzando l'esercizio della potestà regolamentare del Governo, determinano le
norme generali regolatrici della materia e dispongono l'abrogazione delle norme vigenti, con
effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari.
Ministeriali 3. Con decreto ministeriale possono essere adottati regolamenti nelle materie di
competenza del ministro o di autorità sottordinate al ministro, quando la legge espressamente
conferisca tale potere. Tali regolamenti, per materie di competenza di più ministri, possono
essere adottati con decreti interministeriali, ferma restando la necessità di apposita
autorizzazione da parte della legge. I regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono
dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo. Essi debbono essere
comunicati al Presidente del Consiglio dei ministri prima della loro emanazione.
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