2 SITUAZIONI GIURIDICHE SOGGETTIVE E LE LORO VICENDE 1. Qualità giuridiche, status, capacità e situazioni giuridiche. Una delle funzioni essenziali dell’ordinamento giuridico è quella di risolvere conflitti di interessi intersoggettivi. aspirazioni dei soggetti verso i beni ritenuti idonei a soddisfare i bisogni. La limitatezza dei beni rende molto probabile l’insorgere dei conflitti fra soggetti, che il diritto si incarica di ricomporre. Poiché tali conflitti sorgono fra soggetti diversi dell’ordinamento, esso, nel compiere il bilanciamento degli interessi, deve preliminarmente riconoscere i soggetti come tali. La soluzione del conflitto comporta la qualificazione giuridica dei comportamenti dei soggetti coinvolti, ai cui interesso l’ordinamento ha accordato la prevalenza o la soccombenza questi comportamenti sono qualificati nei confronti dell’ordinamento e delle sue norme in relazione alla particolare posizione del soggetto che li pone in essere. Situazione giuridica soggettiva concreta situazione di cui è titolare un soggetto dall’ordinamento con riferimento al bene che costituisce oggetto dell’interesse. Le situazioni sono svariate: diritto soggettivo, interesse legittimo, potere, obbligo e dovere. Il loro riconoscimento viene effettuato dalle norme dell’ordinamento stesso e, nella prospettiva di una pluralità di ordinamenti, vi potrebbero essere situazioni giuridiche riconosciute da uno di essi e non da quello generale (ex: situazioni tutelate all’interno dell’ordinamento sportivo attraverso la giustizia sportiva, senza possibilità di adire alla giustizia generale). Ogni soggetto del diritto costituisce sul piano dell’ordinamento giuridico un centro di riferimento di una serie di situazioni e rapporti giuridici. I modi di essere giuridicamente definiti di una persona, di una cosa, di un rapporto giuridico, di cui l’ordinamento giuridico faccia altrettanti presupposti per l’applicabilità di disposizioni generali o particolari alla persona, alla cosa, al rapporto si definiscono qualità giuridiche (ex: qualità di coniugato con prole, presupposto per l’applicazione della disciplina in tema di assegni di famiglia). La totalità delle stesse e i rapporti imputabili ai soggetti ne definiscono la soggettività e formano la sua sfera giuridica, la quale è riconducibile a unità attraverso il riferimento al suo titolare. Status Qualità attinenti alla persona che globalmente derivano dalla sua appartenenza necessaria o volontaria a un gruppo e rappresentano il presupposto per l’applicazione al soggetto di una serie di norme, che vanno a costituire nei confronti di tutti i soggetti che posseggono lo status una situazione giuridica uniforme e omogenea. La riferibilità effettiva di situazioni giuridiche ad un soggetto presuppone la idoneità di questo ad esserne titolare Tale idoneità è la capacità giuridica riconosciuta dall’ordinamento ai propri soggetti; soltanto in presenza di essa vengono dunque conferite dall’ordinamento stesso le situazioni giuridiche. L’amministrazione ha una capacità giuridica in ordine ai poteri di diritto comune meno estesa di quella delle persone fisiche, non comprendendo ad esempio la idoneità ad essere titolari di situazioni strettamente collegate alla natura propria dell’individuo (ex: 3 situazioni di carattere familiare). Inoltre, numerose disposizioni di legge escludono la possibilità per alcuni enti di compiere talune attività di diritto comune, o di contrattare con soggetti diversi da quelli espressamente indicati dalla legge. L’ente pubblico ha la capacità giuridica e quindi può impiegare gli strumenti del diritto privato, salva diversa disposizione di legge. Capacità d’agire Idoneità a gestire le vicende delle situazioni giuridiche di cui il soggetto è titolare. Si acquista con la maggiore età. Si discute se la capacità d’agire possa essere riferita direttamente all’ente, ovvero sia esclusiva della persona fisica preposta all’organo che fa agire l’ente. Capacità giuridica e capacità d’agire non sorgono contemporaneamente in quanto, per le persone fisiche, la capacità di d’agire si acquista con il raggiungimento della maggiore età, e, comunque, possono non sussistere contestualmente in capo allo stesso soggetto. Nel diritto amministrativo, tuttavia, con riferimento alle persone fisiche, la capacità di agire è di norma strettamente connessa con la capacità giuridica si dispone della seconda in quanto si abbia l’idoneità a gestire le vicende delle situazioni giuridiche, escludendosi la possibilità che le situazioni siano esercitate da soggetti diversi dai titolari (ex: diritto di elettorato attivo, che spetta solo ai maggiorenni che possono esercitarlo). La capacità di agire, differisce poi dalla legittimazione ad agire, la quale si riferisce invece a situazioni specifiche e concrete (attive o passive), effettivamente sussistenti, e ai singoli rapporti (ex: il soggetto ha la capacità di agire in relazione al potere di intervento nei procedimenti amministrativi ai sensi della legge 241/90, ma ha la legittimazione ad agire soltanto se in concreto sia pendente un procedimento che coinvolga i suoi interessi). Legittimazione ad agire Specifica posizione del soggetto rispetto agli interessi. È la specificazione in direzioni determinate della capacità di agire, astratta e generale. 2. Potere, diritto soggettivo, dovere e obbligo La dottrina non ha raggiunto unanimità di opinioni per individuare le situazioni giuridiche soggettiva. La teoria delle situazioni giuridiche è essenziale in un ordinamento in cui la tutela del cittadino è modellata su di esse e sul tipo di gestione che il loro titolare decide di attuare. La situazione è legata al tipo di tutela che l’ordinamento a essa appresta e rappresenta la sintesi tra interesse di fatto e tutela alla luce del diritto. È necessario distinguere tra: situazioni che sussistono nell’ambito di concreti rapporti giuridici situazioni che si collocano all’esterno di essi. Potere Potenzialità astratta di tenere un certo comportamento ed espressione della capacità del soggetto, da esso inseparabile. È impossibile un trasferimento di potere da un titolare a un altro. In quanto preesistente rispetto all’esercizio, il potere: è collocato al di fuori dell’orbita di un rapporto concreto consente di produrre modificazioni (vicende giuridiche) delle situazioni racchiuse in quel rapporto. (Ex: tra i poteri rientrano il potere di disposizione di un bene e quello di agire in giudizio.) 4 Nel diritto amministrativo bisogna evidenziare due particolarità: molte amministrazioni, oltre i poteri amministrativi, godono di poteri normativi esistono poteri esercitabili dai soggetti privati nel momento in cui si rapportano con una pubblica amministrazione importanti sono i poteri che il soggetto pubblico è in grado di esercitare prescindendo dalla volontà del privato e producendo unilateralmente una vicenda giuridica relativa alla sfera giuridica dello stesso. Le vicende giuridiche sono normalmente rappresentate dalla costituzione, estinzione o modificazione di situazioni giuridiche. Il potere è attribuito dall’ordinamento generale a seguito di un giudizio di prevalenza dell’interesse affidato alla cura dell’amministrazione nei confronti degli interessi dei privati. Sono così resi disponibili per l’amministrazione che, esercitandone il potere, ne condiziona il soddisfacimento. Quando la legge attribuisce al titolare la possibilità di realizzare il proprio interesse indipendentemente dalla soddisfazione dell’interesse pubblico curato dall’amministrazione, si profila la situazione giuridica di vantaggio costituita dal diritto soggettivo. Diritto soggettivo Situazione giuridica di immunità dal potere che spetta al soggetto cui sia accordata dall’ordinamento protezione piena e incondizionata. Viene tutelato in via assoluta. L’interesse risulta sottratto alla disponibilità di qualunque soggetto diverso dal titolare, nel senso che la sua soddisfazione non dipende dell’esercizio di un potere altrui. Potere e diritto sono termini inconciliabili: ove sussista potere non esiste diritto soggettivo e ove il privato sia titolare di un diritto non può affermarsi l’esistenza di un potere amministrativo. Gli interessi considerati prevalenti si qualificano pubblici perché affidati dalla legge alla cura di soggetti pubblici e costituiscono la ragione dell’attribuzione del potere. Poiché l’esercizio del potere amministrativo comporta una incisione della sfera dei privati, esso deve essere tipico e predeterminato dalla legge (principio di legalità garanzia delle situazioni dei privati stessi). La legge, fonte dell’ordinamento generale, deve individuare tutti gli elementi del potere, in particolare: il soggetto al quale esso è attribuito, l’oggetto, il contenuto, la forma con cui dovrà essere esercitato l’interesse da perseguire. Norme di relazione: norme che, attribuendo poteri, riconoscono interessi pubblici “vincenti” su quelli privati e sono caratterizzate dal fatto di risolvere conflitti intersoggettivi di interessi. Il potere è da esse circoscritto entro limiti e l’incidenza di un’attività pubblicistica sull’interesse del privato al di fuori dei limiti costituisce violazione della situazione soggettiva. Esprimono un giudizio relazionale fr interessi e tutelano in modo esclusivo quello del privato entro il limite oltre quello in cui viene protetto l’interesse della p.a. Il riconoscimento di un diritto soggettivo presuppone che l’ordinamento valuti come prevalente l’interesse del titolare del diritto stesso, accordandovi protezione mediante norme di relazione stesse. 5 Dovere Vincolo giuridico a tenere un dato comportamento positivo (fare) o negativo (non fare) anche l’amministrazione è soggetta ai doveri propri di tutti i soggetti dell’ordinamento e in particolare ha i doveri di buona fede, correttezza, rispetto diritti altrui. La necessità di tenere un comportamento correlata al diritto altrui si versa nella situazione di Obbligo vincolo del comportamento del soggetto in vista di uno specifico interesse di chi è il titolare della situazione di vantaggio (ex: diritto di credito, connesso all’obbligazione del debitore).. L’amministrazione può essere soggetta ad obblighi, ad esempio nel caso di un rapporto contrattuale, o in caso di commissione di illecito, o in forza di una legge o di un atto amministrativo. 3. L’interesse legittimo L’ordinamento generale riconosce prevalenza agli interessi che possono entrare in conflitto tra di loro attribuendo di volta in volta: diritti soggettivi (quando prevale l’interesse del soggetto privato), poteri amministrativi (quando prevalga l’interesse pubblico), che consentono di produrre vicende giuridiche in ordine a situazioni dei terzi. Nei confronti dell’esercizio del potere, il privato si trova in uno stato di soggezione. Il soggetto che partecipa a un concorso per l’assunzione presso un ente pubblico ha un interesse il posto di lavoro presso l’ente pubblico. Ai fini del perseguimento dell’interesse pubblico, l’ordinamento giuridico attribuisce all’ente un potere di selezione, giudicando prevalente tale interesse rispetto all’aspirazione dei candidati. Di fronte a tale potere, il privato non è titolare di un diritto soggettivo. Ai fini del perseguimento dell’interesse pubblico alla costruzione di opere di pubblica utilità, l’ordinamento attribuisce a una p.a. il potere di espropriare i beni immobili dei privati. L’ordinamento individua mediante una norma di relazione tutti gli elementi essenziali del potere, esprimendo la prevalenza delle esigenze pubbliche sull’interesse del privato, costituito dalla conservazione della proprietà del bene. Il privato pretende qualcosa dall’amminsitrazione, sicchè la soddisfazione della propria aspirazione passa attraverso il comportamento attivo dell’amministrazione Il soggetto privato si oppone all’esercizio di un potere che potrbbe cagionare una vicenda giuridica svantaggiosa, quindi egli vedrà soddisfatta la propria pretesa in quanto l’amministrazione non eserciti il potere. Interesse oppositivo interesse pretensivo Accanto alla disciplina che attribuisce il potere, vi è quella che regolamenta l’esercizio in concreto dello stesso (norme di azione). Il momento dell’esercizio non è lasciato all’arbitrio dell’amministrazione, ma è retto da una serie di disposizioni molto puntuali. Nel momento in cui si riconosce un diritto soggettivo, l’individuazione delle modalità di perseguimento dell’interesse privato è rimessa alla scelta del suo titolare, il quale può trarre tutte le utilità dal bene della vita senza che vi siano limiti. Non si esaurisce la rilevanza dell’interesse vincente con il riconoscimento del potere stesso, in quanto il perseguimento di tale interesse è sottratto all’assoluta libertà del titolare: il potere deve essere esercitato in vista dell’interesse pubblico coerentemente al principio di funzionalizzazione che informa tutta l’attività amministrativa. 6 La pretesa alla legittimità dell’azione amministrativa è l’interesse legittimo. L’interesse legittimo è menzionato dalla Costituzione in tre norme: Art. 24, ove è accostato al diritto soggettivo, garantendone la tutela giurisdizionale; Art.103, nell’ambito del quale è contemplato come oggetto principale dalla giurisdizione amministrativa; Art.113, ove si precisa che la sua tutela è sempre ammessa contro gli atti della pubblica amministrazione. Nel nostro diritto l’interesse legittimo è accostato al diritto soggettivo si denota dalla presenza di un medesimo interesse al bene, ma la differenza la si ritrova nel diverso tipo di garanzia e di protezione accordato all’ordinamento. Diverse tesi: a) Si pone l’accento sul modo occasionale o strumentale della protezione, in quanto essa è assicurata solo nei limiti in cui l’autorizzazione è legittima, per cui il cittadino non può esigere la soddisfazione dell’interesse al bene. b) Si sottolinea che la situazione di cui il cittadino è titolare è di vantaggio sostanziale, protetta non solo in modo strumentale come conseguenza della legittimità dell’operato dell’amministrazione, in quanto pone in primo piano il conseguimento del bene che ha di mira colui che si rapporta con il potere la soddisfazione del bene resta strumentale. Entrambe le tesi sono insufficienti per una compiuta comprensione della figura. Se si guarda la situazione nel momento in cui ancora non si conosce l’esito dell’esercizio del potere, il soggetto titolare dell’interesse legittimo non può che aspirare a un bene a soddisfazione non assicurata (la quale è mediata o dipende dall’intervento della amministrazione). L’unica garanzia che l’ordinamento offre attiene al fatto che tale intervento è configurato come un potere, le cui modalità di esercizio sono soggette al sindacato del giudice amministrativo. Prospettiva non esauriente: bisogna considerare anche il momento successivo all’inizio dell’esercizio del potere quando la soddisfazione delle aspirazioni del soggetto sarebbe faovrita dall’azione illegittima dell’amministrazione, la protezione non è accordata perché l’azione legittima è incompatibile con essa. Interesse legittimo Situazione soggettiva di vantaggio a progressivo rafforzamento, la cui unitarietà permane in ragione dell’attinenza a un bene medesimo. Nella prima fase garantisce la mediazione dell’amministrazione in forza di poteri tipici, il cui esercizio è sindacabile dal giudice. Nella seconda fase rileva il profilo della legittimità dell’azione, limite di soddisfazione dell’aspirazione del soggetto è la tutela costituita dall’annullamento dell’atto. Tra i poteri riconosciuti al titolare dell’interesse legittimo si possono ricordare: poteri di reazione: il loro esercizio si concretizza nei ricorsi amministrativi e nei ricorsi giurisdizionali, volti ad ottenere l’annullamento dell’atto amministrativo. poteri di partecipare al procedimento amministrativo: i documenti e le osservazioni che rappresentano il punto di vista del cittadino devono essere presi in considerazione dall’amministrazione procedente. Il titolare può così stimolare l’azione amministrativa, instaurando un dialogo che si conclude con l’emanazione del provvedimento. Tali poteri sono riconosciuti anche a chi non è titolare di interessi legittimi. accedere ai documenti della pubblica amministrazione: l’art. 22 L.241/90 ammette tale possibilità per i portatori di interessi giuridicamente rilevanti. 7 Interessi procedimentali attengono a fatti procedimentali. [La dottrina ha obiettato che si tratterebbe in realtà di facoltà che attengono all’interesse legittimo). Questi hanno un campo d’azione assai più ampio di quello dell’interesse legittimo: la legittimazione a partecipare al procedimento spetta a una cerchia di interessati molto estesa. L’interesse legittimo, in ogni caso, sorge quando la soddisfazione del suo interesse dipende dall’esercizio di un potere (e non quando un soggetto venga in qualche modo implicato dall’esercizio di un potere). Non si può ritenere che l’interesse procedimentale si trasformi in interesse legittimo e consenta al suo titolare di ricorrere in giudizio. La possibilità della trasformazione della partecipazione procedimentale in legittimazione processuale è stata sostenuta in dottrina, ma tale criterio non sembra corretto perché l’interesse legittimo è tale quando rappresenta la situazione di un soggetto nei confronti di un potere, gli effetti del cui esercizio lo interessino direttamente. L’interesse procedimentale risulta spesso sfornito di tutela effettiva, non potendosi ricorrere al giudice per la sua violazione, a differenza di quanto invece accade nell’ipotesi di titolarità di interesse legittimo. 4. Interessi diffusi e interessi collettivi L’interesse legittimo è un interesse differenziato rispetto ad altri e qualificato da norme. Rispetto alla pluralità degli interessi che fanno capo ai consociati. Preso in considerazione da una norma che lo protegge, anche in modo non diretto. Il problema della differenziazione e qualificazione degli interessi emerge con riferimento agli interessi diffusi e agli interessi collettivi (c.d. interessi superindividuali 1) e riflette la modificazione del tipo di relazione che si instaura tra amministrazione e consociati e che spesso trascende i limiti di un rapporto strettamente individuale. Gli interessi diffusi si caratterizzano sotto un duplice profilo: dal punto di vista soggettivo appartengono ad una pluralità di soggetti; dal punto di vista oggettivo attengono a beni non suscettibili di fruizione differenziata. Il carattere peculiare di essi è costituito dalla non frazionabilità del loro oggetto. Gli interessi collettivi fanno capo ad un gruppo organizzato, aventi il carattere della personalità e della differenziazione, il quale è necessario per qualificarli come legittimi e per aprire la via alla tutela davanti al giudice amministrativo. Il problema della legittimazione ad agire è comunque superato per quanto attiene alle associazioni in materia ambientale e di tutela del consumatore: le prime, individuate dal ministero dell’ambiente, possono impugnare atti amministrativi; le seconde sono legittimate ad agire a tutela degli interessi collettivi solo se iscritte in un apposito elenco delle associazioni dei consumatori e degli utenti rappresentative a livello nazionale, istituito presso il ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato. Nel modello di Stato liberale, il monopolio degli interessi generali spettava allo Stato e a tali interessi si contrapponeva l’interesse egoistico e particolare del singolo. Oggi le esigenze collettive sono elaborate e rappresentate anche dai soggetti privati. Tipici esempi di interessi superindividuali sono l’interesse ambientale, alla salute, dei consumatori, ecc. essi pongono immediatamente un problema di difesa in giudizio, la quale, per essere accordata, richiede che essi possano essere qualificati come interessi legittimi o come diritti soggettivi ex art.24 Cost. 1 8 L’art.9 della legge 241/90 consente ai portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati di intervenire nel procedimento amministrativo. La legge parla di interessi diffusi, ma il riferimento alle associazioni e comitati sembra richiamare gli interessi collettivi. 5. Il problema dell’esistenza di altre situazioni giuridiche soggettive Il principio di relatività delle situazioni giuridiche soggettive: lo stesso rapporto di un soggetto con un bene può presentarsi “a seconda dei casi e dei momenti e perfino a seconda del genere di protezione che il soggetto faccia valere… ora come un diritto soggettivo, ora come un interesse protetto solo in modo riflesso”. Di conseguenza – facendo riferimento alla situazione del proprietario di un bene che sia soggetto all’esercizio del potere di espropriazione – il diritto di proprietà si configura come diritto fino al punto in cui non venga in considerazione un potere dell’amministrazione di disporre dell’interesse del privato. Non si può parlare di degradazione o affievolimento del diritto, fenomeno che, secondo un orientamento largamente seguito in dottrina e in giurisprudenza, si riferirebbe alla vicenda di un diritto il quale, venendo a configgere con un potere, si trasformerebbe in interesse legittimo. Teoria nata per il tentativo di dar risposta, sul piano sostanziale, a una situazione processuale, ossia la spettanza della giurisdizione al giudice amministrativo. L’interesse legittimo non nasce dalla trasformazione di un diritto, ma è situazione distinta e non omogenea, pur potendo riferirsi al medesimo interesse finale su cui si innesta un diritto, non fosse altro perché interesse legittimo e diritto soggettivo hanno a oggetto immediato beni diversi e manca, quindi, il presupposto per la trasformazione dell’uno nell’altro. Secondo parte della giurisprudenza, esisterebbero dei diritti “non degradabili”, cioè non assoggettabili ad un potere amministrativo, dove l’interesse del privato risulterebbe vincente. Non convince: di fronte a un potere conferito dalla legge, il giudice non può accordare la preferenza al diritto condannando l’amministrazione e sostanzialmente disapplicando la legge, ma deve sollevare la questione di legittimità costituzionale della legge per contrasto con la disposizione costituzionale che configura come intangibile il diritto. La prospettiva di una Costituzione che irrigidisce il sistema prevedendo diritti individuali non degradabili e sottratti a ogni potere non risponde alla realtà del diritto positivo. Non sussistono situazioni intermedie tra diritto soggettivo e interesse legittimo: inconsistente è la figura del diritto affievolito un diritto sorge da un provvedimento, per ex una concessione, e sarebbe destinato a esser eliminato in seguito alla revoca dell’atto. La dottrina parla anche di diritto in attesa di espansione situazione in cui l’esercizio di un diritto dipende dal comportamento dell’amministrazione, che consentirebbe l’espansione dello stesso. Facoltà Aspettativa Possibilità di tenere un certo comportamento materiale: essa costituisce una delle forme di estrinsecazione del diritto e non produce modificazioni giuridiche. situazione in cui versa un soggetto nelle more del completamento della fattispecie costitutiva di una situazione di vantaggio (diritto, potere). Essa non è un diritto. In alcuni casi l’ordinamento protegge la possibilità del soggetto privato di conseguire un diritto (chance): più in particolare, la legge accorda talora la tutela risarcitoria nelle ipotesi di lesione di questa possibilità ad opera di una pubblica amministrazione. 9 6. Le situazioni giuridiche protette dall’ordinamento giuridico Le situazioni giuridiche protette dall’ordinamento comunitario consistono essenzialmente in poteri: sono tali, infatti, le libertà che trascendono i limiti di concreti rapporti giuridici, preesistendo alla loro costituzione. Libera circolazione delle persone: implica l’abolizione delle discriminazioni tra i lavoratori degli Stati membri fondate sulla nazionalità, ma una deroga è ammessa per motivi di ordine pubblico, sicurezza pubblica e sanità pubblica. Libertà di stabilimento, la quale comporta l’accesso alle attività non salariate e al loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese alle medesime condizioni fissate dall’ordinamento del paese di stabilimento per i propri cittadini. Libera prestazione dei servizi. Il servizio è definito come ogni prestazione fornita dietro remunerazione da un cittadino di uno Stato membro stabilito in uno Stato membro a favore di una persona stabilita in uno Stato diverso (ma appartenente all’Unione). Sono previste riserve per motivi di ordine pubblico, sicurezza pubblica e sanità pubblica e l’esclusione delle attività che partecipino, anche in via occasionale, all’esercizio di pubblici poteri. Giurisprudenza Corte di Giustizia: la legislazione nazionale prevede, quale requisito per poter svolgere una particolare attività, la titolarità di un’autorizzazione governativa non contemplata dalla disciplina comunitaria. Secondo la Corte, subordinare, in uno Stato membro, l’esecuzione di prestazioni di servizi da parte di un’impresa stabilita in un altro Stato membro al possesso delle autorizzazioni di stabilimento nel primo Stato toglierebbe ogni efficacia all’art.59 del Trattato. Libertà di concorrenza è garantita dal controllo sui poteri amministrativi il cui esercizio potrebbe determinare effetti protezionistici, discriminatori e limitativi della concorsualità tra le imprese. La libertà di concorrenza può infatti essere lesa a seguito della presenza di poteri amministrativi che condizionino oltre una certa misura l’attività delle imprese. Corte di Giustizia: il principio della libertà di commercio è soggetto ad alcuni limiti giustificati dagli scopi d’interesse generale perseguiti dall’Unione, purché non si comprometta la sostanza di quei diritti; le misure amministrative non devono creare discriminazioni né eccedere le restrizioni inevitabili giustificate dal perseguimento dello scopo d’interesse generale della tutela dell’ambiente. Un’importante deroga è prevista per le “imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico o generale o aventi carattere di monopolio fiscale”, le quali sono sottoposte alle norme del trattato e “in particolare alle regole della concorrenza, nei limiti in cui l’applicazione di tali norme non osti all’adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata”. Il problema del rispetto del principio della concorrenza è delicato in tema di servizi pubblici, allorché questi vengano affidati ex lege in regime di concessione a un soggetto predeterminato, ovvero nei casi in cui il rapporto abbia durata eccessiva, tale comunque da escludere la possibilità per altri imprenditori di “entrare nel mercato”, anche in ragione dell’esistenza di una situazione di monopolio. Libertà di circolazione dei beni vi sono misure amministrative che comportino indebite restrizioni delle importazioni e delle esportazioni che configgono con la disciplina comunitaria. Il diritto comunitario, nonché quello nazionale, imponendo alcuni obblighi di servizio pubblico ai gestori nelle ipotesi in cui occorra soddisfare determinati criteri di continuità, regolarità e capacità cui il privato non si atterrebbe ove seguisse soltanto il proprio 10 interesse economico, consente di individuare i correlativi diritti dei cittadini alle prestazioni che ne costituiscono oggetto. 7. Le modalità di produzione degli effetti giuridici L’ordinamento determina direttamente o consente le vicende giuridiche relative a rapporti giuridici e situazioni giuridiche soggettive secondo modalità differenti. Il discorso attiene in particolare ai diritti soggettivi: la capacità e i poteri sono strettamente legati alla soggettività e sono acquistati a titolo originario, pur se l’esistenza o esercizio di un potere può essere subordinato al ricorrere di una particolare condizione. I poteri sono intrasmissibili, quindi non esiste la vicenda della traslazione di un potere amministrativo da un soggetto pubblico a un privato mediante un provvedimento, il privato può esercitare: un potere amministrativo che rimane nella titolarità dell’amministrazione un potere proprio, anche se il provvedimento costituisce il presupposto necessario per tale esercizio Le vicende possono essere prodotte dall’ordinamento al verificarsi di alcuni fatti o al compimento di alcuni atti che hanno la funzione di semplici presupposti per la produzione dell’effetto; la “causa” di quella vicenda giuridica è però da rintracciarsi direttamente nell’ordinamento. Questa modalità di dinamica giuridica può essere riassunta richiamando lo schema norma-fatto-effetto la norma disciplina direttamente il fatto e vi collega la produzione di effetti. La legge si riferisce a tutti i rapporti che abbiano certe caratteristiche e determina l’effetto senza necessità di ulteriori interventi e svolgimenti. Quando la legge determina la produzione dell’effetto in relazione ad un singolo rapporto, si è in presenza di una leggeprovvedimento che non presenta il carattere della generalità (ex: espropriazione di un fondo mediante legge), ma che in ogni caso non richiede ulteriori interventi per la produzione dell’effetto. In questo caso l’amministrazione può essere “coinvolta” perché: pone in essere un fatto (ex: comportamento illecito) emana un mero atto al quale l’ordinamento collega la produzione di effetti. Esempi di meri atti sono le iscrizioni ad alcuni albi o gli accertamenti dei presupposti al fine dell’attribuzione di indennizzi. La seconda modalità di dinamica giuridica si ha con l’ordinamento che attribuisce, definendo una serie di condizioni, a un soggetto il potere di produrre vicende giuridiche e riconosce l’efficacia dell’atto (il negozio) posto in essere da questi: norma-potere-effetto L’effetto non risale immediatamente alla legge, ma vi è l’intermediazione di un soggetto che pone in essere un atto, espressione di una scelta, mediante il quale si regolamenta il fatto e si produce la vicenda giuridica. L’amministrazione pone in essere atti espressione di autonomia che producono effetti giuridici a seguito dell’esercizio di un potere conferito in via generale ed astratto dalla legge. 11 l’ordinamento rimette alla scelta del soggetto pubblico la produzione e la regolamentazione dell’effetto viene attribuito un potere che è appunto la possibilità di produrre effetti riconosciuti dall’ordinamento, mediante provvedimenti amministrativi. Può trattarsi: della costituzione di diritti (concessioni) o di obblighi (ordini), della modificazione di preesistenti situazioni soggettive (ex: le autorizzazioni), della estinzione di situazioni giuridiche (espropriazione). L’esercizio di alcuni poteri amministrativi produce invece effetti preclusivi. La Corte costituzionale, con sentenza 13/1962, ha riconosciuto il principio del giusto procedimento, il quale richiede che per la realizzazione dell’effetto sia previamente attribuito all’amministrazione un potere il cui esercizio produce la vicenda giuridica. 8. I poteri autorizzatori La legge definisce i principali poteri amministrativi, sottolineando che i loro elementi sono trasfusi nei provvedimenti finali che ne costituiscono l’esercizio. I principali poteri amministrativi sono costituiti da: poteri concessori, poteri ablatori, poteri sanzionatori, poteri di ordinanza, poteri di programmazione e di pianificazione, poteri di imposizione di vincoli e poteri di controllo. poteri autorizzatori hanno l’effetto di rimuovere i limiti posti dalla legge all’esercizio di una preesistente situazione di vantaggio; sotto il profilo funzionale, il suo svolgimento comporta la previa verifica della compatibilità di tale esercizio con un interesse pubblico. L’uso del potere produce l’effetto giuridico di modificare una situazione soggettiva preesistente, consentendone l’esplicazione (se potere) o l’esercizio (se diritto) in una direzione in precedenza preclusa, ma non di costituire nuovi diritti. L’autorizzazione esprime il proprio consenso preventivo all’attività progettata dal richiedente. La circostanza che l’iniziativa sia sempre del soggetto autorizzato spiega perché questi possa cessare l’attività intrapresa senza che l’amministrazione debba attivarsi per sostituirsi a esso per garantire il risultato finale. L’autorizzazione spesso instaura una relazione tra soggetto pubblico e soggetto privato caratterizzata dalla presenza di poteri di controllo e di vigilanza in capo all’amministrazione, preordinati alla verifica del rispetto delle condizioni e dei limiti imposti all’esercizio dell’attività consentita mediante atto autorizzatorio. Parte della dottrina riconosce all’autorizzazione carattere costitutivo di una nuova situazione giuridica. In giurisprudenza è stato a volte riconosciuto all’autorizzazione carattere costitutivo di una nuova situazione giuridica, soluzione che rende più incerta la distinzione con il potere concessorio. Tale situazione può essere speigata ricorrendo al concetto della relatività delle situazioni giuridiche, il diritto si configura come interesse legittimo solo nei limiti in cui si rapporta al potere, mentre in maniera indipendente da esso è diritto in senso proprio e liberamente esercitabile. L’introduzione di un regime autorizzatorio è caratterizzata dal riconoscimento di una sfera soggettiva al vantaggio al quale si accompagna la previsione di limitazioni che l’amministrazione rimuove in via puntuale e concreta esercitando il relativo potere. L’apposizione del limite è operata contestualmente alla previsione del potere della p.a. di consentire l’esercizio della situazione stessa. 12 Abilitazioni omologazione Nullaosta Atti il cui rilascio è subordinato all’accertamento dell’idoneità tecnica di soggetti a svolgere una certa attività (ex: iscrizione a un albo previa il superamento di un esame). Le abilitazioni sono da ricondurre allo schema norma-fatto-effetto senza però riconoscere un potere provvedimentale. rilasciata dall’autorità a seguito dell’accertamento della sussistenza di una cosa, di norma destinata ad essere prodotta in serie, di tutte le caratteristiche fissate dall’ordinamento a fini di tutela preventiva (prodotti pericolosi) o per esigenze di uniformità dei modelli atto endoprocedimentale necessario emanato da un’amministrazione diversa da quella procedente, con cui si dichiara che, in relazione ad un particolare interesse, non sussistono ostacoli all’adozione del provvedimento finale. Il diniego del nullaosta costituisce fatto impeditivo della conclusione del procedimento (Art.14) Oggi la disciplina consente di superare il dissenso manifestato dall’amministrazione chiamata a esprimere la compatibilità del provvedimento finale con l’interesse di cui è portatrice mediante rilascio di nullaosta. La differente rilevanza di un interesse pubblico rispetto a quello primario curato dall’amministrazione precedente corrisponde ai diversi strumenti di cui dispone il soggetto pubblico al quale il primo fa capo: ove si tratti di mero interesse secondario l’amministrazione può rappresentarlo nel procedimento, sena possibilità di porre veti al soggetto precedente. Dispensa Esenzione Approvazione Condizionata Licenza provvedimento con cui l’ordinamento, pur vietando o imponendo in generale un certo comportamento, prevede però che l’amministrazione possa consentire in alcuni casi una deroga all’osservanza del relativo divieto o obbligo (ex: dispensa dall’ordine militare). deroga a un divieto generale sulla base allo schema norma-fatto-effetto provvedimento permissivo, avente a oggetto un atto rilasciato, a seguito di una valutazione di opportunità e convenienza dell’atto stesso. Essa opera come condizione di efficacia dell’atto ed è a esso successiva. Utilizzata nell’ambito dei procedimenti di controllo che comporta annullamento con indicazione dei correttivi necessari per conseguire l’approvazione. Provvedimento che permette lo svolgimento di un’attività previa valutazione della sua corrispondenza a interessi pubblici, ossia della sua convenienza in settori non rientranti nella signoria dell’amministrazione, ma sui quali essa soprintende a fini di coordinamento. La l.241/90 utilizza la nozione di atti di consenso per indicare tali atti nel loro complesso, prevedendo che gli stessi possano essere sostituiti dai meccanismi della denuncia di inizio attività (art. 19), ovvero risultino assoggettati alla disciplina del silenzio assenso (art.20). La tendenza alla sostituzione degli atti di consenso con il meccanismo del silenzio assenso o della denuncia di inizio attività è comunque evidente nella legislazione recente, il cui obiettivo è anche quello di “alleggerire” il condizionamento pubblicistico relativo alle iniziative dei privati. Uno dei principi e criteri direttivi fissati dalla legge 229/2003 è “l’eliminazione degli interventi amministrativi autorizzatori e delle misure condizionamento della libertà 13 contrattuale, ove non vi contrastino gli interessi pubblici alla difesa nazionale, all’ordine e alla sicurezza pubblica, all’amministrazione della giustizia, alla regolazione dei mercati e alla tutela della concorrenza, alla salvaguardia del patrimonio culturale e dell’ambiente, all’ordinato assetto del territorio, alla tutela dell’igiene e della salute pubblica”. In tema di liberalizzazione si richiama il d.lgs.59/2010 che, pur non riguardando la generalità dei regimi autorizza tori, incide su un ampio spettro degli interessi. Esso riguarda qualsiasi attività economica, di carattere imprenditoriale o professionale, svolta senza vincolo di subordinazione, diretta allo scambio di beni o alla fornitura di altra prestazione anche a carattere intellettuale. Tale disciplina non si applica ai servizi correlati a poteri pubblici, ad alcuni servizi sociali, ai servizi forniti da notai, servizi finanziari, trasporto e ai servizi privi di rilevanza economica. Nei limiti del decreto, l’accesso e l’esercizio delle attività di servizi costituiscono espressione della libertà d’iniziativa economica e non possono essere sottoposti a limitazioni non giustificate o discriminatorie. Nel settore delle attività commerciali, fatte salve le disposizioni istitutive e relative a ordini, collegi e albi professionali, essi possono essere istituti o mantenuti solo se giustificati da motivi d’interesse generale2, nel rispetto dei principi di non discriminazione, proporzionalità o le disposizioni introdotte dal decreto. Il decreto rafforza la rilevanza della l.241/1990: esso detta delle regole: - Il termine per la conclusione del procedimento che decorre dal momento in cui il prestatore ha presentato tutta la documentazione necessaria ai fini dell’accesso all’attività e al suo esercizio. - Se il numero di titoli autorizza tori disponibili per una determinata attività di servizi sia limitato per ragioni correlate alla scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche disponibili, le autorità competenti applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali e assicurano la predeterminazione e la pubblicazione, nelle forme previste dai propri ordinamenti, dei criteri e delle modalità atti ad assicurare l’imparzialità. Di liberalizzazioni si è occupato il legislatore nel quadro delle nuove manovre assunte per la crescita e lo sviluppo dell’economica del Paese, sul presupposto che maggior concorrenza possa giovare a mercato, utenti, consumatori e all’economia complessivamente. I principi cardine sono: a. L’iniziativa e l’attività economica privata sono libere ed è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge, con conseguente applicazione degli istituti della Scia e dell’autocertificazione con controlli successivi (d.l.138/2011); allo scadere del termine le disposizioni incompatibili sono soppresse; b. Abrogazione immediata di molte restrizioni e la definizione di un regime minimo per le autorizzazioni (d.l.201/2011). c. Affermazione dell’abrogazione di tutte le norme limitative (d.l.1/2012) e il vincolo a operare interpretazioni restrittive delle disposizioni limitative. Occorrerà attendere l’emanazione dei regolamenti, cui tra l’altro spetterà il compito di individuare limiti, programmi e controlli ragionevoli e proporzionale rispetto alle finalità pubbliche dichiarate. d. Nelle aree liberalizzate saranno ampliati gli spazi di utilizzo: la Scia e l’autocertificazione; ove sia stabilita la necessità di alcuni requisiti per l’esercizio di attività economiche, la Alcuni esempi: ragioni di pubblico interesse tra cui l’ordine pubblico, la sicurezza pubblica, l’incolumità pubblica, la sanità pubblica, la sicurezza stradale, la tutela dei lavoratori, ecc. 2 14 loro comunicazione all’amministrazione competente deve poter essere data sempre tramite autocertificazione e l’attività può subito iniziare, salvo il successivo controllo amministrativo, da svolgere in tempo definito. 9. I poteri concessori L’esercizio dei poteri concessori, a fronte dei quali il destinatario si presenta come titolare di interessi legittimi pretesivi, produce l’effetto di attribuire al destinatario medesimo status e situazioni giuridiche che esulavano dalla sua sfera giuridica in quanto precedentemente egli non ne era titolare. Al concessionario è spesso attribuita una posizione di privilegio rispetto agli altri soggetti. L’ordinamento non attribuisce al privato la titolarità di alcune situazioni giuridiche, ma conferisce all’amministrazione il potere di costituirle o trasferirle in capo al privato stesso. La circostanza che si tratti di poteri accrescitivi e che attengano a beni limitati comporta che il relativo procedimento presenta una scelta fra più soggetti. Esistono molteplici esempi di concessioni: la concessione di uso di beni, la concessione di esercizio di servizi pubblici, la concessione della cittadinanza, la concessione del sistema di riscossione, la concessione di costruzione e gestione di opere pubbliche. In ordine alle concessioni di beni e di servizi pubblici, accanto al provvedimento con il quale si esercita il potere concessorio amministrativo, si può individuare una convezione bilaterale di diritto privato (detta concessione-contratto) finalizzata a dar assetto ai rapporti patrimoniali tra concessionario e concedente. I due atti sono strettamente legati, nel senso che l’annullamento della concessione travolge il contratto, e quindi la permanenza del rapporto contrattuale è condizionata dalla vigenza del provvedimento concessorio. La concessione può essere: traslativa quando il diritto preesiste in capo all’amministrazione (ex: concessione di servizi pubblici) sicché esso è “trasmesso” al privato, costitutiva quando il diritto attribuito è totalmente nuovo e l’amministrazione non poteva averne la titolarità (sarebbe tale la concessione di cittadinanza o di onorificenze). (Art.19 l.241/1990) si prevede la sostituzione con segnalazione di inizio attività delle concessioni non costitutive. In realtà, posto che nelle concessioni traslative vi è in palio una posizione di privilegio, risulta impossibile applicare la norma che presuppone l’assenza di contingente complessivo, sicché pare preferibile ritenere che la legge intenda riferirsi a quegli atti che non sono concessori. ECCEZIONE Non è trasmissibile (o suscettibile di essere costituito mediante atto) il potere, quindi non è corretto affermare che l’amministrazione trasferisce un potere al privato: il soggetto pubblico può soltanto consentirne l’esercizio al concessionario. Concessione di opere pubbliche la legislazione, sulla scorta dell’influenza comunitaria, mira ad equipararle all’appalto, o almeno a limitare la discrezionalità di cui gode l’amministrazione chiamata a rilasciarle, al fine di evitare che l’amministrazione possa svincolarsi dalle regole poste a tutela della concorrenza. Non a caso la legislazione definisce tali concessioni come “contratti”. In passato era prevista la concessione di servizi pubblici che ricorreva quando l’ordinamento intendeva garantire alla collettività alcune prestazioni ed attività e 15 consentiva all’amministrazione di affidarne lo svolgimento a soggetti privati mediante un provvedimento concessorio. Attualmente questo tipo di concessione è stato eliminato in relazione ai servizi pubblici locali a carattere industriale. A volte tale problema assume importanza essenziale nell’economia del rapporto la convenzione bilaterale stipulata tra amministrazione e concessionario in essa si esaurirebbero tutte le scelte relative all’esercizio del servizio e l’esercizio del potere concessorio non si concretizzerebbe in un provvedimento autonomo. Concessione di beni: la disposizione di essi deve avvenire mediante atti di natura pubblicistica: ciò non esclude che si possa ricorrere in luogo di un provvedimento unilaterale un accordo bilaterale. La riconduzione delle concessioni nell’ambito degli accordi è l’opzione che meglio consente di far convivere il carattere pubblico del potere, presenza di una contrattazione ed esigenza di non frazionare e duplicare la fattispecie. Non è da accogliersi la tesi della qualificazione del potere esercitato dall’amministrazione come meramente privatistico. I caratteri essenziali della concessione traslativa possono riassumersi nell’attribuzione di una posizione di vantaggio/privilegio a un soggetto terzo sulla base di un accordo e nella sostituzione del concessionario nello svolgimento di un compito della amministrazione, assumendosene il rischio. Il concessionario deve gestire un servizio, costruire e gestire un’opera pubblica o usare un bene in vista del conseguimento di utilità pubbliche sotto il controllo dell’amministrazione sostitutiva gestendo in proprio attività e rischio. La dottrina tradizionale aveva individuato l’ammissione come atto che attribuisce al singolo il diritto alla prestazione e al godimento del servizio stesso. Tale atto instaurerebbe un rapporto di natura amministrativa tra ente e utente. Secondo altri, l’ammissione sarebbe l’atto che consente al singolo di far parte i una certa organizzazione o categoria professionale al fine di renderlo partecipe di determinati diritti, servizi o vantaggi. Tale atto attribuirebbe uno status. Sempre più spesso i servizi pubblici non sono svolti in forma amministrativa, quindi la loro fruizione consegue alla stipulazione di un contratto di diritto comune. Nei provvedimenti concessori rientrano le sovvenzioni, che attribuiscono al destinatario vantaggi economici. La categoria è disciplinata dall’art.12 della legge 241/90, che si riferisce a “sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari”, nonché, appunto, all’attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati. In generale: le sovvenzioni riguardano lo svolgimento di attività imprenditoriali, i contributi attengono ad attività colturali o sportive, i sussidi sono attribuzioni rientranti nella beneficenza generale. Il vantaggio può essere diretto (erogazione di somme) o indiretto (sgravi da alcuni oneri) e non sussiste l’obbligo in capo al beneficiario di pagare alcun corrispettivo. L’art.12 L.241/90 prevede che, nelle forme prescritte dai rispettivi ordinamenti, vengano predeterminati e pubblicati “criteri e modalità cui le amministrazioni devono attenersi” il cui rispetto dovrà emergere dalla motivazione del provvedimento. Non può operare il meccanismo del silenzio assenso, in quanto il comma 2 stabilisce che l’effettiva osservanza dei criteri e delle modalità predeterminati dall’amministrazione deve risultare dai singoli provvedimenti. Non ha natura concessoria la concessione edilizia. 16 Corte Cost. n.5/1980: è stato negato il carattere costitutivo della concessione edilizia, affermando l’inerenza del diritto di edificare alla proprietà e la conseguente illegittimità della disciplina dell’indennità di espropriazione. La disciplina posta dalla l.10/1977 prevede la sottoposizione a concessione dell’attività di trasformazione urbanistico-edilizia pareva separare dello ius aedificandi dal contenuto del diritto di proprietà. tale sentenza, pur riguardando la determinazione dell’indennità di espropriazione, ha rigettato l’impostazione secondo cui la concessione edilizia avrebbe effetti costitutivi del ius aedificandi e ha aperto la via alla sua qualificazione come autorizzazione. Il T.U. in materia edilizia ha eliminato la concessione sostituendola con il permesso di costruire. 10. I poteri oblatori I poteri ablatori incidono negativamente sulla sfera giuridica del destinatario. Essi hanno segno opposto rispetto a quelli concessori, nel senso che impongono obblighi, ovvero sottraggono situazioni favorevoli in precedenza pertinenti al privato, attribuendole di norma, ma non necessariamente, all’amministrazione (ablatori reali). Il destinatario si presenta come titolare di interessi legittimi oppositivi. L’effetto ablatorio può incidere su: diritti reali, diritti personali obblighi a rilevanza patrimoniale. Tra i provvedimenti ablatori reali vengono in evidenza: l’espropriazione: provvedimento che ha l’effetto di costituire un diritto di proprietà o altro diritto reale in capo ad un soggetto (detto espropriante: non necessariamente si tratta dell’amministrazione che emana il provvedimento), previa estinzione del diritto in capo ad altro soggetto (espropriato) al fine di consentire la realizzazione di un’opera pubblica o per altri motivi di pubblico interesse e dietro versamento di indennizzo ai sensi dell’art. 42 comma 3 Cost. La disciplina dell’espropriazione per pubblica utilità è contenuta nel testo unico di cui al d.P.R. 327/2001 e succ. mod. Secondo la Corte Costituzionale l’indennizzo non deve necessariamente corrispondere al valore di mercato del bene, ma deve costituire un “serio ristoro”, ma non è escluso che si tenga conto della funzione sociale della proprietà. le occupazioni: la legge prevede la possibilità di procedere all’occupazione temporanea di alcuni beni, disciplinata dall’art. 49 T.U., che può essere disposta quando ciò sia “necessario per la corretta esecuzione dei lavori”, prevedendo la relativa indennità. Occupazione d’urgenza: ipotesi più rilevante in passato che riguardava il possesso delle cose destinate all’espropriazione, purché fosse pagato un indennizzo e l’opera da realizzare fosse dichiarata indifferibile e urgente. Nel caso in cui l’immobile venisse irreversibilmente trasformato, anche se l’amministrazione non riusciva a concludere nei termini il procedimento espropriativo, si produceva comunque l’acquisto della proprietà di esso a favore dell’amministrazione, che però era tenuta a risarcire il danno, e al privato era preclusa la possibilità di ottenere la restituzione del bene. Oggi occupazione anticipata: l’amministrazione deve restituire il bene espropriato a seguito di occupazione acquisitiva, anche se l’area ha subito modificazione irreversibile. È esclusa una tutela meramente risarcitoria. 17 le requisizioni: provvedimenti mediante i quali l’amministrazione dispone della proprietà o utilizza un bene di un privato per soddisfare un interesse pubblico. Occupazione usurpativa, caratterizzata dalla realizzazione dell’opera in mancanza di dichiarazione di pubblica utilità (l’art.43 T.U. sulle espropriazioni per pubblica utilità prevede che l’autorità che utilizza senza titolo un bene per scopi di interesse pubblico “modificato in assenza del valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità, può disporre che esso vada acquisito al suo patrimonio indisponibile e che al proprietario vadano risarciti i danni”). requisizioni in proprietà: riguardano soltanto le cose mobili e possono essere disposte, generalmente per esigenze militari, dietro la corresponsione di un’indennità. La requisizione in proprietà ha effetti irreversibili. requisizione in uso è un provvedimento che ha come presupposto l’urgente necessità: essa riguarda sia mobili sia immobili e comporta la possibilità di poter utilizzare il bene (che rimane in proprietà del titolare) per il tempo necessario e pagando un’indennità. I caratteri dell’urgenza, della temporaneità e dell’indennità differenziano la requisizione in uso sia dall’espropriazione sia dalle ordinanze di necessità e urgenza, che non aprono la via all’indennizzo. Ai sensi dell’art.7 della Legge 2248/1865, “allorché per grave necessità pubblica l’autorità amministrativa debba senza indugio disporre della proprietà privata, essa procederà con decreto motivato, senza però pregiudizio di diritti delle parti”: tale norma è in generale ritenuta come disposizione applicabile ogni qualvolta altra prescrizione conferisca all’amministrazione il potere di disporre della proprietà del privato, imponendo di agire appunto mediante decreto motivato. la confisca: provvedimento ablatorio a carattere non già espropriativo, bensì sanzionatorio ed è la misura conseguente alla commissione di un illecito amministrativo (ex: confisca di un immobile realizzato abusivamente). il sequestro: provvedimento ablatorio di natura cautelare: esso mira in genere a salvaguardare la collettività dai rischi derivanti dalla pericolosità del bene. Alcuni provvedimenti ablatori incidono non solo sui diritti reali, ma sulla complessa sfera giuridica del privato, privandolo di un diritto o di una facoltà. Gli ordini hanno l’effetto di imporre un comportamento al destinatario. Si distinguono in: Comandi: ordini di fare: ex l’ordine di demolire il manufatto abusivo) Divieti: ordini di non fare: ad esempio il divieto di circolazione stradale), Generali: rivolti a tutti Particolari: rivolti a persone in particolare. Alcuni ordini si inseriscono in una relazione interorganica, dunque sono rivolti ai dipendenti, non ai privati. A volte l’ordine mira a conformare l’attività dei privati. Dagli ordini si distinguono: le direttive, che rispetto agli ordini presentano una minore vincolatività. le diffide che consistono nel formale avvertimento a osservare un obbligo che trova il proprio fondamento in altro provvedimento o nella legge. Esistono poi poteri ablatori caratterizzati dal fatto che impongono obblighi a rilevanza patrimoniale che hanno come effetto la costituzione autoritativa di rapporti obbligatori (ex: provvedimenti sui prezzi e a tutti i casi di prestazioni imposte). L’acquisto del diritto a favore 18 dell’amministrazione avviene come conseguenza dell’adempimento dell’obbligo di dare da parte del privato. 11. I poteri sanzionatori Sanzione conseguenza sfavorevole di un illecito applicata coattivamente dallo Stato o da altro ente pubblico, cioè la misura retributiva (inflazione di un male ritenuto maggiore rispetto al beneficio che dalla violazione possa derivare) nei confronti del trasgressore. Illecito violazione di un precetto compiuta da un soggetto. Si crea un rapporto diretto fra sanzione e responsabile, nel senso che la sanzione incide sul soggetto in modo immediato e ha funzione afflittiva. Essa colpisce un comportamento antigiuridico di un soggetto, di cui è diretta e immediata conseguenza. La sanzione potrà essere applicata anche ad altri soggetti in determinati rapporto con il trasgressore, mai però solo a questi a esclusione del trasgressore. Partendo dal presupposto che la sanzione: ha carattere eminentemente afflittivo è la conseguenza di un comportamento antigiuridico del soggetto si deduce che non è sanzione: la misura, di carattere preventivo e cautelare, che non presuppone l’accertamento della violazione della legge, a meno che non sia fondata sull’accertato pericolo della violazione stessa da parte del soggetto. la dichiarazione di nullità o la rimozione dell’atto invalido, perché la reazione dell’ordinamento opera qui soltanto nei confronti dell’atto, mentre il soggetto rimane estraneo alla diretta considerazione normativa. la reintegrazione, in qualsiasi forma, dello stato di cose antecedente alla trasgressione, da cui esula qualsiasi finalità afflittiva. Nella vigente legislazione non è definito il concetto di sanzione amministrativa. Esse non hanno un contenuto loro peculiare, ma si possono individuare soltanto in modo residuale, quali misure afflittive non consistenti in sanzioni penali o in sanzioni civili. Esse possono coinvolgere solo beni che la Costituzione non assoggetta a una riserva di giurisdizione. misura afflittiva non consistente in una pena criminale o in una sanzione civile, irrogata nell’esercizio di potestà amministrative come Sanzione amministrativa conseguenza di un comportamento assunto da un soggetto in violazione di una norma o di un provvedimento amministrativo o irrogata al responsabile cui l’illecito sia imputato. I principi generali della sanzione amministrativa vanno ricercati nella legislazione ordinaria, costituita dalla Legge 689/1981, nella quale sono contenuti principi di tipo garantistico modellati su quelli penalistici. Essi operano: sul piano delle fonti (principio di legalità) è ricalcato sull’art.25 comma 2 Cost., ma comprende anche la possibilità che le leggi regionali prevedano una sanzione amministrativa, come si evince dal testo di legge. sul piano della successione delle leggi nel tempo (principio di irretroattività) non è, però, consentita alcuna eccezione alla regola del tempus regit actum, ma nel 2000 si è introdotto il principio del favor rei. sul piano della interpretazione (principio del divieto di analogia). 19 La sanzione amministrativa è il risultato dell’esercizio di un potere amministrativo. I principi di tipicità e di nominatività dei poteri e dei provvedimenti trovano corrispondenza nella tassatività delle misure sanzionatorie. Il procedimento: prende avvio dall’accertamento e contestazione della violazione prevede la possibilità per l’interessato di difendersi si conclude con l’irrogazione della sanzione. L’efficacia dei provvedimenti sanzionatori è subordinata alla loro comunicazione al destinatario. La tassatività delle sanzioni è espressamente affermata dall’art.1 della Legge 689/1981. La recente Legge Cost.3/2001 di riforma del titolo V della parte II della Costituzione non elenca le sanzioni tra le materie riservate allo Stato o alla potestà legislativa concorrente. Sanzioni ripristinatorie: colpiscono la res e mirano a reintegrare l’interesse pubblico leso, sanzioni afflittive – le sole sanzioni in senso proprio – si rivolgono direttamente all’autore dell’illecito. Queste ultime si distinguono ulteriormente in: sanzioni pecuniarie sanzioni interdittive (che incidono sull’attività del soggetto colpito). Le sanzioni disciplinari si riferiscono ai soggetti che si trovano in un peculiare rapporto con l’amministrazione. Con riferimento alle sanzioni disciplinari cui sono assoggettabili i dipendenti delle pubbliche amministrazioni, va ricordato che il D.Lgs 165/2001 prevede una regolamentazione specifica in tema di responsabilità disciplinare, stabilendo che ai dipendenti presso le pubbliche amministrazioni si applicano l’art. 2106 c.c. e l’art.7 commi 1,5 e 8 della Legge 300/70 e devolvendo al giudice ordinario tutte le controversie attinenti il rapporto di lavoro, comprese quelle in materia di sanzioni disciplinari. L’art. 55 D.Lgs 165/2001 prevede che le tipologie delle infrazioni e delle relative sanzioni siano definite dai contratti collettivi. Le sanzioni disciplinari incidono volte sul patrimonio, altre sull’attività; il loro carattere comune è nella violazione di prescrizioni relative a uno status. Sanzioni accessorie: come l’art. 20 L.689/81 che prevede alcune misure interdittive consistenti nella privazione o nella sospensione di facoltà o diritti derivanti da provvedimenti della p.a. La violazione del precetto dà luogo all’illecito amministrativo, per il quale la legge n.689/81 prevede una riserva di legge. L’integrazione dell’illecito costituisce il presupposto per l’adozione della sanzione: la sua descrizione è sottratta in via di principio alle fonti secondarie per ragioni di garanzia nei confronti dei privati. Esiste una stretta interdipendenza tra illecito e sanzione e anche il legislatore si occupa di illecito nella disciplina della sanzione. Per quanto attiene l’elemento psicologico, ai fini della sussistenza dell’illecito di richiede il dolo o la colpa (la giurisprudenza, introducendo una sorta di inversione dell’onere della prova, afferma che spetta al trasgressore la dimostrazione dell’assenza della colpa). Infine, l’ordinamento ha previsto alcune ipotesi di sanzioni pecuniarie inflitte a persone giuridiche, riconosciute quindi direttamente responsabili. 20 12. I poteri di ordinanza, programmazione e pianificazione, i poteri di imposizione dei vincoli, i poteri di controllo Il potere di ordinanza, esercitabile nelle situazioni di necessità e urgenza, è caratterizzato dal fatto che la legge non predetermina in modo compiuto il contenuto della statuizione in cui il potere può concretarsi, e consente all’amministrazione stessa di esercitare un potere tipico in presenza di situazioni diverse da quelle previste in via ordinaria o seguendo procedimenti differenti. Il potere di ordinanza, il cui esercizio dà luogo alla emanazione delle ordinanze di necessità e urgenza, non rispetta il principio della tipicità dei poteri amministrativi che, in applicazione del principio di legalità, impone la previa individuazione degli elementi essenziali dei poteri a garanzia dei destinatari degli stessi. D’altronde le ordinanze di necessità ed urgenza sono previste proprio per far fronte a situazioni che non possono essere risolte rispettando il normale ordine delle competenze e i normali poteri. La Corte cost. ha fissato alcuni limiti nel rispetto dei quali la legge è compatibile con la Cost.: Rispetto delle riserve di legge fissate dalla Cost. e dei principi dell’ordinamento Necessità di un’adeguata motivazione e di efficace pubblicazione Efficacia limitata nel tempo Tra gli esempi più rilevanti vi sono le ordinanze: contingibili e urgenti del sindaco (art.54 T.U. enti locali), dell’autorità di pubblica sicurezza che possono essere adottate nelle situazioni di emergenze sanitarie o di igiene pubblica. Le ordinanze vanno distinte dai provvedimenti d’urgenza, atti tipici e nominati suscettibili di essere emanati sul presupposto dell’urgenza, ma che hanno contenuto predeterminato dal legislatore. Ordinanza che il Ministro dell’ambiente e del territorio può emanare per ingiungere a coloro che siano risultati responsabili di illecito ambientale il ripristino ambientale a titolo di risarcimento in forma specifica. Il contenuto del dovere di ripristino conseguente a illecito è determinato dall’amministrazione e non dal giudice. Vanno infine ricordati i poteri di pianificazione e i poteri di programmazione. La programmazione (che comprende anche la pianificazione) indica il complesso di atti mediante i quali l’amministrazione previa valutazione di una situazione nella sua globalità, individua le misura coordinate per intervenire in un dato settore. Di solito i piani hanno natura normativa o di atti a contenuto generale. La legge caratterizza i procedimenti di programmazione e pianificazione sotto il profilo procedimentale. Notevole pluralità di piani previsti dalla legge per la tutela degli interessi pubblici, come pianificazioni urbanistiche: in senso proprio mirano a contemperare i vari interessi pubblici e privati relativi all’uso del territorio territoriali attinenti a interessi differenziati, aventi carattere intrinseco rispetto a certi immobili e prevalgono rispetto ad altri interessi. Questa pluralità genera il problema dell’individuazione di criteri per la soluzione di eventuali contrasti. Il piano serve a ordinare nel tempo e nello spazio lo svolgimento di attività e concerne l’uso del territorio. Se un unico territorio è predisposto a ospitare più piani possono nascere problematiche, le quali possono essere risolte ricorrendo a criteri di: gerarchia di piani criterio della competenza gerarchia degli interessi. 21 Al fine di conservare alcuni beni immobili che presentano peculiari caratteristiche ambientali, urbanistiche e così via, la legge attribuisce all’amministrazione il potere di sottoporre gli stessi a vincolo amministrativo. Il vincolo è imposto mediante piano. A seguito di tale vincolo, a volte accompagnato dall’individuazione di una serie di interventi pubblicistici finalizzati al mantenimento di peculiari caratteristiche degli immobili, si produce una riduzione delle facoltà spettanti ai proprietari (ex: imposizione obblighi di fare o di non fare). Il vincolo può essere assoluto (impedisce di utilizzare il bene) o relativo. Taluni vincoli comportano un’incisione a titolo particolare sui caratteri fondamentali del bene (ex: vincoli urbanistici a tempo indeterminato di in edificabilità assoluta o preordinati all’espropriazione che devono essere indennizzati). Un potere analogo ricorre anche nei rapporti dell’amministrazione con i privati: si hanno esempi di atti che vengono rilasciati a seguito dell’esito positivo di un controllo sull’attività da essi svolta il controllo presuppone l’instaurazione di una peculiare relazione tra privato e amministrazione che può sorgere a seguito di un atto autorizzatorio o di segnalazione di inizio attività del privato. 13. I poteri strumentali e i poteri dichiarativi. Le dichiarazioni sostitutive L’amministrazione, in occasione dell’esercizio del potere, pone in essere atti strumentali ad altri poteri (pareri, proposte, atti di controllo, accertamenti, detti anche atti dichiarativi). L’effetto giuridico prodotto dall’esercizio di un poter può consistere non già in una modificazione, costituzione o estinzione di situazioni giuridiche, ma nell’effetto dichiarativo che non modifica la situazione giuridica preesistente, ma dà luogo a semplici svolgimenti interni di situazioni giuridiche preesistenti. Vi sono casi in cui tale effetto inerisce allo svolgimento di un procedimento (ex: accertamento della sussistenza di un presupposto la cui esistenza è necessaria per poter provvedere). Da essa discendono alcuni effetti giuridici che non si producono nell’ambito dei rapporti con i terzi. Così l’ordinamento generale prevede direttamente un peculiare regime per la proprietà pubblica, indipendentemente dall’atto di accertamento compiuto dall’amministrazione. In forza dell’emanazione dell’atto amministrativo di accertamento specificativo diventa operativa una serie di attribuzioni amministrative in ordine alla gestione di beni. Si rinviene un effetto costitutivo interno all’ordinamento della p.a. L’efficacia dichiarativa incide su di una situazione giuridica preesistente rafforzandola, specificandone il contenuto o affievolendola, impedendo così la realizzazione della situazione in una certa direzione. Taluni atti dichiarativi hanno invece la funzione di attribuire certezza legale a un dato (fatto, atto, stato, qualità o rapporto), precludendo ai consociati che il dato sia diverso da come è raffigurato nell’atto, a meno di non porre in essere peculiari forme di verificazione previste dall’ordinamento. Questi atti, detti di certazione, producono certezze che valgono erga omnes. Essi sono tipici e nominati ed è da ritenere che siano espressione di un potere certificativo. Le conoscenze acquisite dall’amministrazione sono spesso conservate e ordinate in appositi registri, albi, liste, elenchi, casellari ecc. Anche altri atti di accertamento, rendendo possibile la conoscenza del fatto registrato, hanno un effetto di certezza: essa è però notiziale, in quanto è superabile con la prova contraria. 22 Certificati: atti con cui appunto si riproduce una certezza, sono documenti tipici (ossia previsto espressamente dalla legge) “rilasciati da un’amministrazione avente funzione di ricognizione, riproduzione e partecipazione a terzi di stati, qualità personali e fatti contenuti in albi, elenchi o registri pubblici o comunque accertati da soggetti titolari di funzioni pubbliche” (art. 1 d.P.R. 445/2000 testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, modificato dal d.P.R. 137/2003). Il certificato ha normalmente i caratteri dell’atto pubblico, essendo rilasciato da un pubblico ufficiale autorizzato a darvi pubblica fede, e fa piena prova, fino a querela di falso, tanto in sede amministrativa quanto in sede giurisdizionale, di ciò che in esso è dichiarato e della provenienza Certificazioni: regolate dal medesimo T.U., dichiarazioni di scienza esternate mediante certificato: tra certificazione e certificato c’è dunque lo stesso rapporto che corre tra contenuto e contenente. La registrazione non è un certificato, perché in essa è prevalente la funzione di acquisire conoscenze rispetto a quella di esternare, propria del certificato. Attestati: atti amministrativi tipici, ma insuscettibili di creare la medesima certezza legale creata dalle certazioni e che, a differenza dei certificati, non mettono in circolazione una certezza creata da un atto di certazione. Attestazioni atipiche (attestati di frequenza a corsi, attività di svolgimento di studio e ricerca) che sul piano dell’ordinamento generale creano una presunzione. Atti di notorietà: atti formati, su richiesta di un soggetto, da un pubblico ufficiale (es. notaio, sindaco), in base alle dichiarazioni simultanee rese in sua presenza e sotto giuramento da alcuni testimoni (non meno di due: art. 30 L.241/90): da questi atti risulta che la notizia di determinati fatti è diventata di pubblico dominio. Allo scopo di alleggerire il carico di lavoro dei pubblici uffici e contestualmente consentire ai privati di poter provare all’amministrazione determinati fatti, stati e qualità a prescindere dall’esibizione dei relativi certificati dichiarazione sostitutiva, che è un atto del privato capace di sostituire una certificazione pubblica, e rispetto alla quale è alternativa. Si distinguono dai certificati in quanto: non provengono da un ente pubblico; sono destinate a confluire soltanto in un singolo rapporto tra cittadino e amministrazione (i certificati, invece, valgono in generale e a tutti gli effetti, anche nei rapporti tra cittadini); hanno la stessa validità temporale degli atti che sostituiscono; non consistono in una trascrizione del contenuto di un pubblico registro. La mancata accettazione della dichiarazione sostitutiva costituisce violazione dei doveri d’ufficio (art. 74 t.u.). La legge attribuisce alla p.a. il compito di controllare la veridicità delle dichiarazioni sostitutive, il quale avviene mediante raffronto tra il contenuto delle stesse e quello degli atti di certazione. o La dichiarazione sostitutiva di certificazione è il documento, sottoscritto dall’interessato (anche non in presenza del funzionario amministrativo addetto) in sostituzione dei certificati (ex: data e luogo di nascita, residenza, cittadinanza, stato civile e di famiglia, nascita del figlio, posizione reddituale, titolo di studio, qualifica professionale); in luogo della dichiarazione il cittadino può produrre il certificato o la copia autentica ovvero, esibire un documento che li attesti. 23 o Il t.u. prevede che il cittadino possa rendere al funzionario competente dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà, ossia atti con cui il privato comprova, nel proprio interesse e a titolo definitivo, tutti gli stati, fatti e qualità personali non compresi in pubblici registri, albi ed elenchi (quindi non suscettibili di attestazione con dichiarazione sostitutiva di certificazione), nonché stati, fatti e qualità personali relativi ad altri soggetti di cui egli abbia diretta conoscenza. (art.19 T.U.) la dichiarazione può riguardare anche il fatto che la copia di un atto o di un documento conservato o rilasciato dall’amministrazione, la copia di una pubblicazione o la copia di titoli di studio o di servizio sono conformi all’originale e può essere apposta in calce alla copia stessa. I certificati rilasciati dalle amministrazioni attestanti stati e fatti personali non soggetti a modificazione hanno validità illimitata; le restanti certificazioni hanno validità di sei mesi dalla data del rilascio. Gli stati, i fatti e le qualità personali contenuti in documenti di identità o di riconoscimento non più in corso di validità possono essere comprovati mediante esibizione e dichiarazione che i dati non hanno subito variazioni (art. 45 d.p.r. 445/2000). L’art. 49 t.u. non consente che i certificati medici, sanitari, veterinari, di origine, di conformità CE, di marchi o brevetti siano sostituiti “da altro documento”. Le dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà da produrre a organi dell’amministrazione o ai gestori o esercenti di pubblici servizi sono sottoscritte dall’interessato in presenza del dipendente addetto è sufficiente la sottoscrizione. L’inesistenza della sottoscrizione è vizio non sanabile di nullità di dichiarazione. Consiglio di Stato n.2477/2006: pure l’omessa allegazione della copia del documento rende nullo l’atto per difetto di forma essenziale. Le istanze e la copia fotostatica possono anche essere inviate per via telematica. Se l’istanza o la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà è presentata a soggetti diversi da quelli indicati o è impiegata per riscuotere da parte di terzi benefici economici, la sottoscrizione deve essere autenticata da un notaio, cancelliere, segretario comunale, dipendente addetto a ricevere la documentazione o altro incaricato del sindaco. Due riflessioni sono sorte in seguito alla legge Bassanini: a) Le dichiarazioni sostitutive di certificati hanno carattere definitivo, creano certezze giuridiche al pari degli atti certificativi che sostituiscono e hanno validità temporale equiparata a essi. La certezza giuridica creata da queste non potrà farsi risalire all’autenticazione, ma all’equiparazione operata dal legislatore. Le dichiarazioni sostitutive e i certificati hanno, poi, i medesimi effetti. La certificazione amministrativa, però, ha efficacia probatoria più ampia della dichiarazione. b) La differenza fra dichiarazioni sostitutive di certificazione e dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà si riscontra nell’essere le prime sempre tipiche e le seconde nella possibilità di essere anche atipiche. L’art. 71 t.u. specifica che il controllo sulle dichiarazioni sostitutive (di certificazione e di atto di notorietà) debba avvenire, anche a campione, e in tutti i casi in cui sorgano fondati dubbi sulla loro veridicità. Esso è effettuato secondo due modalità: consultando direttamente gli archivi dell’amministrazione certificante, richiedendo alla medesima conferma scritta della corrispondenza di quanto dichiarato con le risultanze dei registri. In caso di irregolarità od omissioni rilevabili d’ufficio, non costituenti falsità, il funzionario competente a ricevere la documentazione dà notizia all’interessato, il quale è tenuto alla regolarizzazione e al completamento della dichiarazione. La mancata risposta alle richieste di 24 controllo entro trenta giorni costituisce violazione dei doveri d’ufficio. In caso di non veridicità del contenuto delle dichiarazioni la legge prevede che il dichiarante decada dai benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera. La disposizione lascia intendere che la verifica può essere svolta anche successivamente al rilascio del provvedimento. Le dichiarazioni sostitutive possono essere anche utilizzate nei rapporti tra privati che vi consentano (art. 2 d.p.r. 445/2000): l’amministrazione competente per il rilascio della relativa certificazione, previa definizione di appositi accordi, è tenuta a fornire, su richiesta del privato corredata dal consenso del dichiarante, conferma scritta della corrispondenza di quanto dichiarato con le risultanze dei dati custoditi. Un ruolo diverso dei privati con riferimento alla produzione della certezza può essere individuato in ordine alle certificazioni private: esse attengono alla conformità di prodotti o di metodi di produzione a norme e standard tecnici. In alcuni casi si tratta di certificazioni prodotte da imprese non controllate da soggetti pubblici, ma accreditate da organismi privati, in altre i certificatori devono esser accreditati o autorizzati da organismi pubblici o da privati accreditati. Le certificazioni costituiscono strumenti volontari, volti a favorire la concorrenza tra gli operatori e migliorare l’informazione sul mercato. A volte l’ordinamento favorisce i titolari di certificazioni, prevedendo per essi un regime amministrativo semplificato: si ritiene che le certificazioni vincolino l’amministrazione, in quanto essa non potrebbe disattenderle. 14.I poteri relativi ad atti amministrativi generali L’amministrazione può determinare effetti giuridici in relazione a tutti i rapporti che abbiano le medesime caratteristiche. Gli atti amministrativi sono detti generali, in quanto sono in grado di produrre effetti nei confronti di una generalità di soggetti, titolari di quei rapporti con medesime caratteristiche. Ex: bandi di concorso, alla chiamata alle armi, ecc) Tali atti sono ricollegabili allo schema norma-potere-effetto: la legge non produce direttamente l’effetto in quanto attribuisce il relativo potere all’amministrazione. Essi, però, non sono caratterizzati dall’astrattezza, in quanto la produzione dell’effetto non necessita di un ulteriore esercizio di poteri da parte di altro o stesso soggetto pubblico. La riconduzione di un atto nella categoria degli atti amministrativi generale riveste una certa importanza giacché essi (assieme agli atti normativi, di pianificazione e di programmazione): sono sottratti alla disciplina della partecipazione procedimentale e del diritto di accesso; non necessitano di motivazione. Poiché gli atti amministrativi generali costituiscono esercizio di un potere amministrativo, si giustifica la loro derogabilità per il caso singolo da parte dell’amministrazione, fatto dalvo l’obbligo di motivare. La deroga è l’esercizio del medesimo potere che si è concretizzato nell’atto generale. Differenze rispetto all’atto amministrativo normativo: è espressione di un potere diverso da quello amministrativo, pur provenendo dalla stessa fonte non ammette deroghe mediante atto amministrativo puntuale e concreto. Una particolare categoria di atti amministrativi generali è costituita dalle autorizzazioni generali, conosciute dalla normativa sulla liberalizzazione dei servizi, dal D.Lgs 196/2003 in materia di autorizzazione rilasciate dal Garante per la protezione dei dati personali per intere 25 categorie di titolari o di trattamenti e dalla disciplina ambientale. 15. Il decorso del tempo e la rinuncia Il decorso del tempo produce la nascita o la modificazione di una serie di diritti ed è alla base degli istituti della prescrizione e della decadenza. Il potere, in quanto attributo della soggettività, non è trasmissibile e non è neppure prescrittibile a seguito del decorso del tempo. Il diritto soggettivo è invece soggetto a prescrizione, ove non esercitato per un certo periodo di tempo (ex: diritto di percepire lo stipendio si prescrive in cinque anni). Il tempo, unitamente all’esercizio di un diritto, è alla base dell’istituto dell’usucapione dei diritti reali, ma per quanto attiene il diritto amministrativo occorre ricordare che non è ammesso l’acquisto per usucapione di diritti su beni demaniali. Tra gli atti che producono vicende estintive di diritti si annovera la rinuncia, negozio avente effetto abdicativi cui può seguire un effetto traslativo (accrescimento della sfera altrui) o estintivo. Il potere, intrasmissibile e imprescrittibile, non può essere oggetto di rinuncia. I diritti soggettivi sono rinunciabili (ex: indennizzo in caso di espropriazione). Non sono rinunziabili le situazioni che ineriscono a interessi diversi da quelli del loro titolare (ex: è irrinunciabile l’ufficio di tutore) ed i diritti di libertà. Gli interessi legittimi sono irrinunciabili perché seguono il potere e il suo esercizio. In tema di crediti dei dipendenti aventi causa nel rapporto di lavoro, l’amministrazione non può rinunciare alla prescrizione ed alla relativa eccezione. 16.L’esercizio del potere: norme d’azione, discrezionalità, merito Allorché sia attribuito un potere, l’ordinamento sceglie di rimettere alla successiva scelta autonoma dell’amministrazione la produzione di vicende giuridiche in ordine a situazioni soggettive dei privati. L’amministrazione deve in concreto agire in vista del perseguimento dell’interesse che costituisce la ragione dell’attribuzione del potere. Spesso l’amministrazione fissa in anticipo alcuni criteri cui si atterrà nell’esercizio concreto del potere, ma soventemente le modalità di azione sono individuate in via generale e astratta mediante norme giuridiche. Le norme che disciplinano l’azione amministrativa non hanno i caratteri delle norme di relazione (le norme che risolvono conflitti intersoggettivi sul piano dell’ordinamento generale), ma si definiscono norme d’azione perché hanno a oggetto l’azione dell’amministrazione e non l’individuazione di assetti intersoggettivi. Tali norme possono provenire: dalla legge, dalla stessa amministrazione che ha il potere normativo. La predeterminazione delle modalità d’azione riduce gli spazi di scelta dell’amministrazione: l’azione risulta vincolata. Il potere resta tale anche se vincolato ed esistono provvedimenti vincolati: l’effetto giuridico non deriva direttamente dalla legge, ma dall’esercizio del potere, anche se non sussiste possibilità di scelta in ordine al contenuto del provvedimento. Al fine di ottenere tutela, quindi, occorre l’annullamento del provvedimento che ne è la fonte costitutiva. [Art.21octies: non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti quando è palese che il suo contenuto dispositivo non poteva esser diverso da quello adottato in concreto.] 26 Discrezionalità amministrativa pura DIVERSA Spazio di scelta che residua quando la normativa di azione non predetermina in modo completo tutti i comportamenti della amministrazione. Possibilità di scelta che spetta all’amministrazione quando è Discrezionalità chiamata a qualificare fatti suscettibili di varia valutazione e amministrativa tecnica si riduce a un’attività di giudizio a contenuto specifico. Molto spesso, infatti, tra i presupposti fissati dalla legge per l’esercizio del potere amministrativo vi sono fatti che non possono essere giudicati semplicemente come esistenti o inesistenti e che non sono suscettibili di un mero accertamento che non lasci spazio a valutazioni (ex: pregio artistico di un bene, valutato anche sulla base di parametri tecnici). La scelta discrezionale “pura” può attenere a vari profili dell’azione amministrativa, quali: il contenuto del provvedimento, la stessa decisione relativa al “se” ed al “quando” rilasciarlo più profili congiunti e deve esser effettuata alla stregua dell’interesse pubblico che informa l’azione amministrativa, recando il minor pregiudizio agli altri interessi coinvolti. La discrezionalità pura non deve esser rapportata all’atto o al posto (posto che il potere è il prius rispetto al suo esercizio): essa attiene al farsi dell’atto amministrativo, cioè alla funzione. Quando pura e tecnica coesistono, abbiamo la discrezionalità mista. La discrezionalità non è esercitata in osservanza di norme predefinite, ma sulla base di regole che si evincono a contrario, in occasione della rilevazione della loro violazione che dà luogo al vizio di eccesso di potere. La scelta, quindi, deve risultare logica e congrua, tenendo conto dell’interesse pubblico perseguito, degli interessi secondari coinvolti e della misura da essi arrecato (principio di logicità-congruità). L’essenza della discrezionalità risiede nella ponderazione comparativa dei vari interessi secondari in ordine all’interesse pubblico al fine di assumere la determinazione concreta. (Art.3quater d.lgs 152/2006): l’attività della p.a. deve esser finalizzata a consentire la miglior attuazione possibile del principio dello sviluppo sostenibile e nella scelta comparativa degli interessi, bisogna porre in primo piano la tutela dell’ambiente e del patrimonio culturale. L’insieme delle soluzioni ipotizzabili come compatibili con il principio di congruità in un caso determinato definisce il merito amministrativo , normalmente sottratto al sindacato del giudice amministrativo e attribuito alla scelta esclusiva dell’amministrazione, la quale, tra la pluralità di scelte così individuate, preferirà quella ritenuta più opportuna. La scelta dell’amministrazione non è libera, ma essa non è pienamente sindacabile perché risulta effettuata fra soluzioni tutte ragionevoli. 17. Le fonti del diritto attinenti alle situazioni giuridiche Le fonti giuridiche sono i fatti e gli atti produttivi di norme giuridiche. Molte fonti pongono norme di diritto amministrativo o sono atti soggettivamente amministrativi, nel senso che sono posti in essere da autorità amministrative. Il riconoscimento dei soggetti dell’ordinamento e la soluzione dei conflitti inttersoggettivi che li riguardano deve avvenire da parte di una fonte dell’ordinamento giuridico generale, ossia: Costituzione Legge Atti aventi forza di legge sulla base del principio di legalità. 27 Anche nella Costituzione possono essere individuate norme direttamente attributive di poteri e diritti. Molte norme qualificano come diritti interessi particolarmente importanti (ex: quello del lavoro o della salute). È stato proposto di considerare alcune di queste prescrizioni come norme di natura programmatica e non immediatamente precettive. L’ordinamento protegge il medesimo interesse con modalità diverse, a seconda dei contesti in cui esso si colloca. 18. Distinzione tra norme di relazione e norme di azioni Le norme di relazione proteggono in particolare diritto soggettivi. Alla violazione di una norma di relazione consegue la lesione di un diritto soggettivo. Poiché il giudice che tutela i diritti soggettivi è il giudice ordinario, la stessa situazione può essere descritta affermando che il giudice ordinario sindaca la violazione delle norme di relazione. Sul piano sostanziale va aggiunto che essa pone in essere un comportamento che non è espressione di potere. L’atto amministrativo emanato in assenza di potere è nullo ed è sindacabile dal giudice ordinario (ex: un provvedimento di esproprio emanato da un’amministrazione non competente). Il giudice ordinario ha giurisdizione nei casi in cui l’amministrazione abbia agito in carenza di potere ponendo in essere un atto nullo, cioè non produttivo di effetti. [Art.21septies: è nullo il provvedimento amministrativo che: manca degli elementi essenziali è viziato da difetto assoluto di attribuzione. ] Carenza di potere in concreto: riguarda i casi in cui l’atto produce alcuni effetti; tali norme non attribuiscono il potere in astratto, ma lo definiscono in concrete fattispecie in capo a un determinato soggetto pubblico, sicché pur in presenza di una violazione di queste norme è consentita l’esplicazione di alcuni effetti e il provvedimento è qualificato come illecito coesisterebbero un provvedimento illecito lesivo e il diritto soggettivo. L’interesse legittimo è anche la pretesa all’osservanza delle norme di azione. Sotto il profilo processuale la tutela dell’interesse legittimo è affidata al giudice amministrativo. L’azione amministrativa che non rispetti le norme di azione è sicuramente illegittima: tuttavia, ove siano rispettate le norme di relazione che attribuiscono il potere, l’atto finale non è nullo, proprio perché sussiste per esso la giuridica possibilità di produrre effetti. Gli effetti così prodotti sono tuttavia precari l’ordinamento non può tollerare che siano equiparati in tutto a quelli che scaturiscono da un’azione legittima. L’atto è emanato in una situazione in cui il potere sussiste, ma è stato esercitato in modo non corretto, pertanto la giurisdizione del giudice amministrativo si individua in base al canone del cattivo esercizio del potere amministrativo. Il giudice che accerti la violazione di norme di azione dovrà eliminare sia l’atto, sia i suoi effetti, emanando una decisione di annullamento. Il regime dell’atto posto in essere in violazione di norme di azione è dunque l’annullabilità (art.21octies). L’atto può essere annullato anche in via di autotutela dalla stessa amministrazione che ha emanato l’atto (art.21nonies). L’atto illegittimo può essere: disapplicato dal giudice ordinario, 28 annullato dall’amministrazione in sede di decisione di ricorso amministrativo, ovvero in sede di controllo. 19.Norme comunitarie I trattati comunitari e le fonti di provenienza comunitaria disciplinano oggi ambiti rilevanti del diritto amministrativo e, di conseguenza, agiscono come strumenti di armonizzazione del diritto amministrativo dei vari paesi membri. Tra tali fonti spiccano: i regolamenti comunitari atti di portata generale, obbligatori e direttamente applicabili nei rapporti c.d. “verticali” tra pubblici poteri e cittadini, le direttive comunitarie vincolanti per lo Stato membro in ordine al risultato da raggiungere, lasciando allo stesso la scelta dei modi e dei mezzi per raggiungerlo. In entrambi i casi organi comunitari producono nell’ordinamento italiano norme direttamente applicabili, pur non facendo parte dello stesso. Corte di Giustizia: i rapporti tra fonti nazionali e fonti comunitarie sarebbero improntati al regime dell’integrazione, nel senso che esse costituiscono un sistema integrato in cui deve essere riconosciuto il primato di quelle comunitarie. Corte costituzionale: il regolamento comunitario deve essere applicato dal giudice interno anche disapplicando la legge nazionale incompatibile: la norma regolamentare comunitaria finisce per costituire parametro di legittimità dell’atto amministrativo. Il potere-dovere di disapplicazione riguarda anche il giudice amministrativo, il quale è chiamato sempre più spesso ad esercitarlo. Corte Cost. 389/1989: valenza dell’istituto della disapplicazione anche in relazione alle statuizioni contenute nelle sentenze emanate dalla Corte di Giustizia, nonché alle direttive comunitarie che contengono norme precise e incondizionate, anche se lo Stato non ha recepito le direttive o le abbia recepite in modo inadeguato. Si è così individuata la categoria delle direttive immediatamente applicabili dalle nostre amministrazioni (con efficacia solo verticale). Le altre direttive, invece, sono vincolanti soltanto a seguito del loro recepimento e conseguente attuazione nel nostro ordinamento. Il dovere di disapplicare la normativa italiana confliggente con quella comunitaria è stato riconosciuto altresì in capo alla pubblica amministrazione e all’autorità antitrust. La nostra giurisprudenza ha individuato la natura della situazione giuridica protetta dalle disposizioni comunitarie immediatamente applicabili e il giudice competente in base alla regola che si incentra sulla contrapposizione tra carenza di potere e cattivo uso del potere. Il regime dell’atto amministrativo conforme a una fonte interna disapplicabile perché in contrasto con la disciplina comunitaria sarà: di nullità se la norma interna è attribuita del potere; di mera annullabilità nelle ipotesi in cui la norma nazionale sia una semplice norma d’azione. 20. Fonti soggettivamente amministrative Le fonti che sono atti soggettivamente amministrativi sono i regolamenti. Essi sono emanati da organi amministrativi (dello Stato, della regione e degli altri enti pubblici) titolari del potere normativo, consistente nella possibilità di emanare norme generali ed astratte. L’attività normativa dell’amministrazione è soggetta non solo al principio di preferenza della 29 legge, ma anche a quello di legalità, il quale, secondo l’accezione di conformità formale, impone che ogni manifestazione di attività normativa trovi il proprio fondamento in una legge generale, che indichi l’organo competente e le materie che esso può esercitare. La categoria degli atti amministrativi generali non è facilmente differenziabile da quella degli atti normativi, i quali: Sono caratterizzati dall’astrattezza, intesa come indefinita ripetibilità dei precetti sono sottoposti ad un particolare iter procedimentale per quanto riguarda i regolamenti emanati dal Presidente della Repubblica, essi sono caratterizzati da una peculiare formula che essi debbono recare. L’art. 87 comma 5 Cost. riconosce espressamente il potere regolamentare del governo, attribuendo al Capo dello Stato il potere di emanare regolamenti, sicché il richiamo di detta disposizione, nel preambolo di un atto emanato dal Presidente della Repubblica, è indice sicuro del carattere normativo dell’atto stesso. La scelta legislativa della l.400/1988 ha comportato un aumento degli atti ministeriali emanati al di fuori delle regole procedurali, indotto dalla volontà dell’organo politico di sottrarsi ai maggiori condizionamenti che essi comportano. La natura normativa dell’atto soggettivamente amministrativo è innegabile quando esso possieda i caratteri formali e segua al procedimento che l’ordinamento fissa per quel tipo di fonte. Qualora ricorra lo schema norma-potere-effetto, atti amministrativi generali e atti normativi presentano le seguenti differenze: solo gli atti normativi sono astratti; solo gli atti normativi sono espressione di un potere diverso da quello amministrativo, nel senso che, ponendo norme di azione, essi non costituiscono esercizio di azione dell’amministrazione, ma ne disciplinano il futuro svolgimento. Vi sono atti, poi, che hanno natura mista, come ad esempio i piani regolatori generali. 21. Regolamenti amministrativi Art. 17. (Regolamenti) 1. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio di Stato che deve pronunziarsi entro novanta giorni dalla richiesta, possono essere emanati regolamenti per disciplinare: a) l'esecuzione delle leggi e dei decreti legislativi; b) l'attuazione e l'integrazione delle leggi e dei decreti legislativi recanti norme di principio, esclusi quelli relativi a materie riservate alla competenza regionale; c) le materie in cui manchi la disciplina da parte di leggi o di atti aventi forza di legge, sempre che non si tratti di materie comunque riservate alla legge; d) l'organizzazione ed il funzionamento delle amministrazioni pubbliche secondo le disposizioni dettate dalla legge; 2. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato, sono emanati i regolamenti per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando l'esercizio della potestà regolamentare del Governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l'abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari. Ministeriali 3. Con decreto ministeriale possono essere adottati regolamenti nelle materie di competenza del ministro o di autorità sottordinate al ministro, quando la legge espressamente conferisca tale potere. Tali regolamenti, per materie di competenza di più ministri, possono essere adottati con decreti interministeriali, ferma restando la necessità di apposita autorizzazione da parte della legge. I regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo. Essi debbono essere comunicati al Presidente del Consiglio dei ministri prima della loro emanazione. 30