Che cosa è la semiotica dello Che cosa è la semiotica dello

Che cosa è la semiotica dello
spettacolo
p
((digitale)?
g
)
• La risposta più semplice è che la semiotica
è scienza dei segni, dei sistemi di segni,
g
e delle p
pratiche
della significazione
significanti.
• L'emergenza di semiotica come studio di segni, della
significazione e dei sistemi significanti deve essere
considerata all'interno del più ampio contesto
dell'interesse verso il linguaggio
g gg tipico
p del ppensiero
contemporaneo. Il linguaggio è stato fatto oggetto di
riflessione filosofica per millenni, ma solo
recentemente
t
t è venuto
t a costituire,
tit i per cosii dire,
di un
paradigma fondamentale, una sorta di “chiave”
interpretativa dei processi mentali, delle prassi
artistiche e sociali e, più radicalmente, dell’esistenza
umana in generale.
• Il compito specifico di una semiotica dello
spettacolo dovrebbe essere quello di individuare
gli strumenti con cui lo spettacolo seleziona e
organizza i suoi vari stimoli al fine di indurre
gli spettatori a quel processo interpretativo che
prende il nome d’esperienza
p
p
estetica,, e non di
seguire l’approccio linguistico, che non prende in
esame la critica della comunicazione durante le
varie forme dello spettacolo.
• Ogni spettacolo è un medio
interdisciplinare e sintetico, erede delle arti
g qquindi un
e discorsi antecedenti,, ed esige
approccio interdisciplinare, tanto più che la
semiotica dello spettacolo è sempre stata
incline ad una tendenza di accoppiarsi, con
altre
lt discipline
di i li edd approcci.
i
Marco De Marinis
• Marco De Marinis, scrisse nel 1975 un articolo intitolato
Problemi e aspetti di un approccio semiologico al teatro,
teatro
dove ha concluso che l’applicazione al teatro di
metodologie linguistiche non aveva ancora prodotto i
risultati
i lt ti previsti.
i ti Secondo
S
d lui,
l i questo
t insuccesso
i
è dovuto
d
t
ad una sopravvalutazione del testo scritto e alla parallela
tendenza che considera marginali
g
o atipiche
p
le dimensioni
concrete dello spettacolo. De Marinis ammetteva che un
valido approccio allo spettacolo deve considerare lo
spettacolo come una “complessa
complessa interrelazione spaziospazio
temporale di modelli eterogenei difficilmente riducibili
(o irriducibili) a super modelli omogenei.”
• Allora, possiamo concludere che ogni spettacolo è pluricodico,
pluridimensionale e plurimaterico.
plurimaterico Le manifestazioni che ne
marcano l’inizio e la fine possono essere svariate: tra queste,
l’entrata e l’uscita del pubblico, il sipario, luce, la chiamata alla
ribalta degli attori, la loro comparsa e la loro sparizione. Ogni
spettacolo crea un nuovo sistema testuale, basato su vari codici,
specifici e non specifici, sviluppatisi all
all’interno
interno del teatro o
presi d’altrove e investiti ex novo di significati teatrali, che
mutano continuamente e sviluppano alcune delle quali saranno
pertinenti
i
i edd altre
l no, dato
d che
h egli
li lavora
l
induttivamente
i d i
verso
la comprensione di codici e deduttivamente da codici
ppreventivamente riconosciuti.
• Ogni spettacolo sviluppa la propria segmentazione nei
termini dei suoi
s oi codici e sottocodici particolari: il
significato si crea al interno dello spettacolo, non per
mezzo di sistemi esterni.
esterni Infatti,
Infatti De Marinis ha ripreso
da Eco l’idea dell’ostensione come fondamentale
pprocesso di produzione
p
segnica
g
in teatro. Se,, come
hanno osservato tanti semiotici, tutto a teatro è segno,
la semplice collocazione in scena di un oggetto
costituisce un processo di ostensione.
• La rappresentazione scenica, continua De Marinis,
comporta sempre almeno due livelli di comunicazione,
comunicazione
uno infrascenico (tra i personaggi) e uno extrascenico
(tra scena e il pubblico). Invece in cinema, Christian
Metz parla del fatto cinematografico (un complesso
socio-culturale; multi-dimensionale, che include eventi
pre-filmici come infrastruttura economica,
pre-filmici,
economica studio
system, tecnologia) e del fato filmico (tutto quello che
succede nel film, il testo significante). Anche quelli
spettacoli che privilegiano lo stimolo fisico, mettendo in
secondo piano il testo e la narrazione, di fatto
programmano i loro stimoli,
stimoli e dunque li semantizzano e
li codificano, secondo De Marinis.
Erika Fischer Lihte
• Questa idea si è particolarmente sviluppata dopo il
1980 quando Erika Fischer Lihte pubblico in 3
1980,
volumi Semiotic des Theatres che sinora
rappresenta l’esempio
l esempio più organico dd’approccio
approccio
teorico semiotico. Il codice teatrale viene discusso
a 3 livelli: come sistema ((tutti i ppossibili segni
g
teatrali); come norma (i sistemi di segni di un
particolare genere o tipo storico) e come discorso
(i sistemi di segni di un particolare spettacolo).
Aristotele
• Aristotele concepisce il segno come una relazione tra
parole e fatti mentali.
mentali Nel suo trattato Dell
Dell’interpretazione
interpretazione
definisce le parole come “suoni significanti” (phone
semantike) e sostiene che le parole dette sono ‘simboli o
segnii degli
d li affetti
ff tti o delle
d ll impressioni
i
i i dell’anima’,
d ll’ i ’ mentre
t
le parole scritte sono i segni delle parole dette.’ Aristotele
considera le singole
g lingue
g essenzialmente come
nomenclature, cioè insiemi di nomi attraverso i quali chi
parla identifica diverse persone, luoghi, animali, qualità, e
cosi via
via.
• Durante il medioevo esisteva la tendenza e
ll’interesse
interesse per il processo di simbolizzazione
simbolizzazione. Per
esempio, Sesto Empirico distinse tre aspetti del
segno il significante
segno,
significante, il significato e il referente.
referente Il
medioevo e rinascimento erano i periodi protosemiotici in cui l’idea del “mondo come libro” era
prevalente, implicando che tutti i fenomeni sociali
e naturali potessero essere considerati come ‘testi’
da leggere.
• Quando il linguaggio parla di se stesso, come nel caso
della linguistica,
linguistica abbiamo a che fare con un
metalinguaggio. Questo termine e stato per la prima volta
introdotto dai logici della Scuola di Vienna, tra cui Rudolf
C
Carnap
(1891 1970) che
(1891-1970),
h di
distingue
ti
tra
t il linguaggio
li
i che
h
usiamo per parlare e quelo che usiamo per parlare del
linguaggio.
g gg La linguistica,
g
, in questo
q
senso,, è un discorso
ad un livello più alto, perché il suo soggetto di studio è il
linguaggio stesso. Il termine metalinguistica è stato usato
per indicare la relazione complessiva del sistema
linguistico con altri sistemi di segni all’ interno di una
cultura. La semiotica, quindi, può essere considerata una
metalinguistica.
I fondatori della semiotica
• I due pensatori all’origine della semiotica
contemporanea sono il filosofo pragmatico
Charles Sanders Peirce ((1839-1914)) e il
linguista Ferdinand de Saussure (18571913) Più o meno negli stessi anni,
1913).
anni ma
senza conoscenze uno del altro, de Saussure
f d lla scienza
fonda
i
della
d ll semiologia
i l i e Peirce
P i la
l
scienza della semiotica.
Semiologia
• Si può, dunque, concepire una scienza che studia
la vita dei segni nel quadro della vita sociale; essa
potrebbe formare parte della psicologia sociale, e
di conseguenza
conseguenza, della psicologia generale; noi la
chiameremo semiologia (dal greco semeion,
‘segno’).
g ) Essa potrebbe
p
dirci in che cosa
consistono i segni, quali leggi li regolano. Poiché
essa non esiste ancora, non possiamo dire che cosa
sarà; tuttavia ha diritto ad esistere e il suo posto è
determinato in partenza. (Saussure, 1922, 1967,
26).
26)
• Il linguaggio per de Saussure è solo uno dei
tanti sistemi semiologici, ma riveste un
privilegiato
g
non solo pperché è il ppiù
ruolo p
complesso e universale tra tutti i sistemi
d’espressione
d
espressione ma anche perché è il più
peculiare. La linguistica, di conseguenza,
f i
fornisce
“il modello
d ll generale
l d’ogni
d’
i
semiologia”.
• Le indagini filosofiche di Peirce, nel
frattempo, lo conducono nella direzione di
quella che egli
q
g denomina “semiotica”,, a
causa di uno specifico interesse verso i
simboli che egli considera come “il
il tessuto
e l’ordito” del pensiero e della ricerca
scientifica.
i tifi
Semiotica vs. semiologia
• Sebbene alcuni teorici come Julia Kristeva
abbiano istituito una differenziazione tra le due,
due
affermando che la “semiotica” studia il
significante mentre la “semiologia”
semiologia studia il
significato, i due termini sono stati spesso usati in
modo interscambiabile. Negli
g ultimi anni,, pero
p
semiotica è diventata la dicitura preferita perché
secondo i suoi sostenitori, possiede una
connotazione meno statica e tassonomica rispetto
alla ‘semiologia’.
• Il contributo di Pierce è stato fondamentale
per la semiotica dello spettacolo.
per aver definito il segno
g come
Innanzitutto p
‘qualcosa che rappresenta qualcosa per
qualcuno in qualche rispetto o capacita.
capacita ”
• La produzione del significato, per Peirce, significa
il processo della
d ll semiosi
i i di tre entità:
i à il segno, il
suo oggetto e il suo interpretante. L’oggetto è ciò
di cuii il segno sta all posto, mentre l’interpretante
l’i
è
“l’effetto mentale generato dalla relazione tra il
segno e l’oggetto”.
l’
”
• Ma poiché la conversione del segno nel interpretante,
nel sistema di Peirce,
Peirce avviene
a iene non nella mente,
mente ma
all’interno del sistema dei segni, egli riesce ad anticipare
una visione post
post-strutturalista
strutturalista della semiosi infinita,
infinita cioè
del processo per cui i segni si riferiscono continuamente
solo ad altri segni,
g , cosi che il significato
g
viene sempre
p
rinviato. Questo differimento va a costituire un’infinita
serie di segni che non dipende più direttamente da alcun
oggetto o referente.
Icona
• Peirce ha definito icona come un segno
d t
determinato
i t dal
d l suo oggetto
tt dinamico
di
i in
i
virtù della sua stessa natura interna. Il segno
i
iconico
i rappresenta l’oggetto
l’
per via
i di
similitudine o analogia; la relazione tra
segno e interpretante
i
è essenzialmente
i l
di
rassomiglianza, come nel caso dei ritratti,
dei diagrammi, delle statue e, a livello
auditivo, delle parole onomatopeiche.
L’indice
• L’indice, invece, è quel segno determinato dal suo
soggetto dinamico
di
i in
i virtù
i ù dell’essere
d ll’
in
i relazione
l i
con esso. Un segno indexicale comporta un
l
legame
causale,
l esistenziale,
i
i l tra segno e
interpretante, come nel caso di una banderuola, o
di un barometro,
b
oppure del
d l fumo
f
che
h indica
i di
l’esistenza di un fuoco.
Simbolo
• Un segno simbolico, infine, si basa su un
rapporto interamente convenzionale tra il
g e l’interpretante;
p
; questo
q
è il caso della
segno
maggioranza delle parole che compongono
le “lingue
lingue naturali”
naturali . Pertanto,
Pertanto i segni
linguistici sono simboli, in quanto
rappresentano
t
oggetti
tti solo
l per convenzione
i
linguistica.
• Un fenomeno linguistico è definito sincronico –
etimologicamente
i l i
“nello
“ ll stesso tempo”” – quando
d
tutti gli elementi che mette in gioco appartengono
a un unico
i e identico
id i momento della
d ll medesima
d i
lingua. Un fenomeno linguistico viene chiamato
di
diacronico
i – etimologicamente
i l i
“in
“i due
d tempi”
i” –
quando prende in considerazione elementi
appartenentii a tempii e stadi
di di sviluppo
il
diversi
di
i
all’interno della stessa lingua.
• La definizione saussiriana di segno è quella che ha
avuto maggiore risonanza all
all’interno
interno della tradizione
semiotica/semilogica; egli definì il segno come l’unione
di una forma che significa, il significante, con un’ idea
significata, il significato. L’impossibilità di tagliare un
foglio di carta senza tagliare contemporaneamente il
fronte e il retro simbolizza per Saussire la fondamentale
inseparabilità della dimensione fonetica e concettuale
del linguaggio. Il segno è il fatto centrale della lingua, e
l’opposizione originaria di significante/significato
costituisce il principio fondante della linguistica
strutturale.
strutturale
• Il significante è il segnale sensibile,
materiale,
t i l acustico
ti o visivo
i i che
h innesca
i
un
concetto mentale, cioè il significato. Ciò
che
h sii percepisce
i
del
d l segno è il significante:
i ifi
la rappresentazione mentale, assente, da
esso evocata, è il significato, è la relazione
tra i due è la significazione. Il significato
non e una “cosa” ma una rappresentazione
mentale.
• Per de Saussure la relazione tra significante e significato è
arbitraria non solo nel senso che i singoli segni non
esibiscono alcun legame intrinseco tra significato e
significante, ma anche nel senso che ogni lingua, per essere
significante,
i ifi t divide
di id arbitrariamente
bit i
t il continuum
ti
del
d l suono
e del senso. È questa non/coincidenza delle divisioni del
campo
p concettuale che rende la traduzione computerizzata
p
parola per parola cosi problematica. Ogni lingua ha un
modo peculiare e immotivato di organizzare il mondo in
concetti e categorie.
categorie Il segno
segno, allora
allora, è sociale e
istituzionale, in quanto esiste pragmaticamente solo per
un ben definito gruppo di utilizzatori per i quali i segni
rientrano in un sistema differenziale chiamato lingua.
• De Saussure distingue due tipi fondamentali di
relazione
l i
tra i segni:
i paradigmatica
di
i (egli
( li in
i realtà
là
usa la parola associativa) e sintagmatica.
L’id i à di ognii segno linguistico
L’identità
li
i i è determinata
d
i
dalla somma totale delle relazioni paradigmatiche
e sintagmatiche
i
i h che
h esso intrattiene
i
i
con gli
li altri
l i
segni linguistici, all’interno della stessa lingua.
Paradigma
• Il paradigma consiste in un insieme
virtuale o ‘verticale’ di unità che hanno in
g da relazioni
comune il fatto di essere legate
di somiglianza e contrasto, cioè di
comparabilità e che possono essere scelte
comparabilità,
per essere combinate con altre unita.
Sintagma
• Con il termine sintagma (o relazione
sintagmatica) si indica la dimensione
q
“orizzontale” del discorso,, ossia quella
particolare sequenza degli elementi che lo
rendono un intero dotato di senso.
senso Se da un
lato le operazioni paradigmatiche
comportano
t
scelta,
lt dall’altro
d ll’ lt quelle
ll
sintagmatiche si basano sulla combinazione.
Patrice Pavis
• Patrice Pavis in vari saggi che ha scritto
durante i 1980, propone diverse strategie
per analizzare il contributo del ppubblico:
p
quella di ricezione, della lettura,
dell’ermeneutica
dell
ermeneutica e del punto di vista.
vista