Gli ospiti naturali del SIV (simian immunodeficiency virus): come mostrare la porta all’AIDS. Nelle ultime migliaia di anni, ceppi specie-specifici di SIV (simian immunodeficiency virus, ovvero il virus dell’immunodeficienza delle scimmie) ha colpito in maniera endemica più di 40 specie di Primati africani che potremmo definire “ospiti naturali del SIV”. Le multiple trasmissioni del SIV avvenute tra uomo e scimmia hanno dato luogo all’attuale epidemia di HIV. Al contrario di ciò che avviene nella specie umana in cui gli effetti dell’HIV sono tristemente noti, l’infezione da parte del SIV dei suoi cosiddetti ospiti naturali non provoca alcuna patologia, nonostante gli alti livelli di replicazione virale. La comprensione di come gli ospiti naturali del SIV non sviluppino l’AIDS conclamata è considerata di primaria importanza nell’attuale ricerca, con notevoli ripercussioni sulla prevenzione e sulla terapia dell’HIV. Come modello sperimentale (e come ospiti naturali del SIV, quindi) sono state finora utilizzate soprattutto scimmie non antropomorfe come il Cercocebo moro e i Cercopitechi gialloverdi; entrambe le suddette specie condividono molto somiglianze, per cui posson essere considerato come un unico modello. Gli aspetti chiave comuni all’infezione dell’ospite naturale da parte del SIV e all’infezione umana da HIV sono: 1) alti livelli di viremia; 2) breve sopravvivenza in vivo delle cellule infettate in maniera produttiva; 3) perdita significativa di cellule T CD4+ (uno dei bersagli principali del virus, ndr) mucosali durante la fase acuta dell’infezione: 4) marcata attivazione dell’immunità innata e adattativa in fase acuta; 5) l’incapacità da parte delle cellule infettate e dal sistema immunitario umorale di controllare la replicazione virale. Quest’ultima osservazione è di particolare importanza perché dimostra che la resistenza nei confronti dell’AIDS da parte degli ospiti naturali del SIV non dipende dalla risposta immunitaria che sopprime la replicazione del virus. Questo pone in evidenza come pensare di indurre artificialmente con un vaccino una immunità protettiva contro l’HIV sia difficile, considerato che tale immunità non è stata resa possibile neppure da secoli di pressione immunologica da parte dei lentivirus (famiglia a cui SIV e HIV appartengono, ndr) sul sistema immunitario dei primati. Le principali caratteristiche dell’infezione da SIV sull’ospite naturale sono: 1) mantenimento di elevati livelli di cellule T CD4+ sane a livello periferico; 2) conservazione dell’immunità mucosale; 3) normale architettura linfonodale; 4) conservata rigenerazione delle cellule T CD4+; 5) risparmio delle cellule T CD4+ della memoria centrolinfonodali dall’infezione virale; 6) mancanza di attivazione immunitaria cronica. Un’altra affascinante caratteristica dell’infezione naturale da SIV è la rara trasmissione verticale, da madre a figlio. Similmente a ciò che accade nell’infezione da HIV, l’infezione primaria da SIV negli ospiti naturali è associata ad un picco della replicazione virale che avviene nei 10-15 giorni successivi all’inoculazione del virus, seguita da un rapido declino della viremia che coincide con l’insorgere della risposta immune cellulare contro SIV. Al contrario di quanto si verifica nelle infezioni patogene in cui le cellule T CD4+ delle mucose diminuiscono progressivamente durante la fase cronica, gli ospiti naturali di SIV stabilizzano o addirittura ripristinano i loro livelli di cellule T CD4+ mucosali. Gli ospiti naturali inizialmente montano una forte risposta immunitaria (sia innata che adattativa) contro il virus, che è caratterizzata dalla produzione di interferoni di tipo 1 da parte della cellule dendritiche, dalla aumentata proliferazione delle cellule T e dalla produzione di citochine proinfiammatorie; tuttavia la risposta immune innata si risolve nel giro di 4-8 settimane nonostante la persistente replicazione virale. La risoluzione di tale risposta distingue l’infezione da parte di SIV dell’ospite naturale dall’infezione patogena da HIV/SIV, dove la risposta mediata dagli interferoni di tipo 1 persiste durante tutta la fase cronica. La fase cronica dell’infezione da SIV nell’ospite naturale è caratterizzata anche da bassi livelli di attivazione della risposta immune adattativa, dalla conservata rigenerazione delle cellule T e da una normale struttura e funzionalità linfonodale. La presenza di un’attivazione immunitaria cronica associata ad una difettosa rigenerazione delle cellule T è chiaramente associata ad una progressione di malattia nelle infezioni patogene da HIV/SIV. Infatti, l’attivazione immunitaria residua nei pazienti in cui la replicazione di HIV è stata efficacemente soppressa è il fattore predittivo più importante di una inefficace ricostituzione del sistema immunitario. Così, la rapida risoluzione della risposta immunitaria nelle infezioni da SIV nell’ospite naturale può rappresentare l’evento cruciale che impedisce lo sviluppo dell’AIDS in questi animali. Il meccanismo sottostante la risoluzione della risposta immune nella fase post-acuta dell’infezione da SIV nell’ospite naturale è stato estesamente indagato. Le ipotesi avanzate sono essenzialmente 4: 1. gli ospiti naturali inibiscono ATTIVAMENTE la propria risposta immune contro SIV 2. nell’ospite naturale le cellule T CD4+ divengono resistenti all’attivazione dopo la deregolazione del loro recettore specifico di superficie (TCR) da parte della proteine Nef, prodotta da SIV stesso (quest’ipotesi è supportata dalla scoperta che la proteina Nef prodotta da HIV e dai ceppi patogeni di SIV ha perduto la capacità di deregolare il recettore delle cellule T infettate) 3. la conservazione dell’immunità mucosale che si verifica negli ospiti naturali previene la traslocazione a livello sistemico degli antigeni microbici che, solitamente, sostengono la risposta immune cronica e la progressione di malattia nelle infezione patogene da HIV/SIV 4. negli ospiti naturali i bassi livelli di replicazione virale nei linfonodi e negli altri tessuti linfoidi impedisce il mantenimento di una risposta immune cronica Sebbene il contributo relativo di ciascuno dei suddetti fattori alla riduzione della risposta immune cronica sia sconosciuto, i dati sperimentali confermano come il “silenzio immunologico” sia una caratteristica tipica delle infezioni non patogene d SIV ed è probabilmente un fattore chiave della loro natura benigna. L’osservazione, negli ultimi anni, che l’infezione del Cercocebo moro da parte del SIV è caratterizzata “in vivo” da un tipico pattern di cellule infettate – nello specifico, risparmio delle cellule T della memoria centrolinfonodali, con cellule T della memoria effettrici come principale bersaglio dell’infezione – ha condotto allo sviluppo di un modello di patogenesi dell’AIDS che avanza l’ipotesi di come il sottogruppo di cellule infettate sia più importante del numero totale delle cellule colpite o della viremia nel determinare l’immunodeficienza. La restrizione del bersaglio virale ad uno specifico gruppo di cellule T e la risoluzione della risposta immunitaria contro il virus sembrano proteggere gli ospiti naturali del SIV dalla progressione della malattia ed è probabile che questi due fenomeni si favoriscano a vicenda instaurando un circolo virtuoso che risulta cruciale nello scongiurare l’immunodeficienza che consegue all’infezione da HIV negli umani. Da un lato, lo scarso numero di cellule T infettate può limitare l’attivazione immunitaria diminuendo la replicazione virale e, di conseguenza, lo stimolo antigenico nei tessuti in cui la risposta immune innata e adattativa hanno origine; dall’altro lato, la scarsa attivazione cronica della risposta immunitaria può promuovere la conservazione delle cellule T riducendone l’infezione (che viene facilitata dall’attivazione cellulare) e mantenendone intatta la nicchia biologica, che solitamente viene sovvertita nelle infezioni patogene da SIV. In definitiva, la scarsa attivazione immunologica e il ridotto grado di infezione delle cellule T sono il risultato evolutivo di un mutuo co-adattamento tra i lentivirus dei Primati e i loro ospiti naturali che si è andato sviluppando nelle migliaia di anni in cui questi virus hanno infettato le scimmie africane. Una particolare caratteristica dell’infezione da SIV nell’ospite naturale è la rarità della trasmissione verticale da madre a figlio. Negli umani infetti da HIV-1, la trasmissione verticale può verificarsi in utero, durante il travaglio e il parto o come una conseguenza dell’allattamento al seno, con un tasso di trasmissione pari al 35-40% in assenza di un trattamento antivirale o altre misure preventive. In netto contrasto, la trasmissione verticale di SIV negli ospiti naturali è inferiore al 7%. La causa di ciò rimane ancora sconosciuta: studi preliminari evidenziano che i bassi livelli di cellule bersaglio possono essere coinvolti sia nel ridotto tasso di trasmissione sia nella ridotta viremia che i cuccioli degli ospiti naturali del SIV presentano. Probabilmente esiste una convergenza nel meccanismo immunologico che impedisce la progressione di malattia nell’adulto e quello che riduce il tasso di trasmissione verticale alla prole. La pressione evolutiva che ha selezionato la benignità attuale dell’infezione da SIV nell’ospite naturale è sicuramente passata attraverso un periodo in cui la malattia aveva un decorso simile a quello dell’HIV nell’uomo, con un’aspettativa di vita di 15-20 anni. Similmente, le prime epidemie di SIV saranno state caratterizzate da alti tassi di trasmissione verticale madre-figlio. In quest’ottica, le caratteristiche genetiche degli ospiti naturali di SIV che sottendono due meccanismi di resistenza all’AIDS (cioè scarsa risposta immune contro il virus e restrizione delle cellule bersaglio) possono riflettere almeno parzialmente una strategia di selezione evolutiva per proteggere dalla trasmissione verticale. E’ chiaro che gli studi atti a delucidare il meccanismo con cui le scimmie non antropomorfe africane e i loro lentivirus si siano evoluti sviluppando una coesistenza pacifica continuano a fornire ulteriori spunti di riflessione sulla patogenesi dell’HIV/AIDS. La rilevanza degli studi sull’infezione di SIV nell’ospite naturale è stata enfatizzata dalla recente scoperta di rari pazienti affetti da HIV che hanno una risposta all’infezione simile a quelle degli ospiti naturali. Queste scoperte potrebbero avere ripercussioni sulla prevenzione e il trattamento dell’infezione da HIV nell’uomo. Il chiarire i meccanismi responsabili della risoluzione dell’attivazione immunitaria negli ospiti naturali condurrà probabilmente allo sviluppo di nuovi agenti in grado di trattare l’attivazione immunologica cronica che si osserva nell’infezione di HIV e che rappresenta un fattore determinante nella progressione della malattia. Nello specifico, questi studi potrebbero consentire di identificare i meccanismi molecolari dell’immunoregolazione che sono attivi negli ospiti naturali di SIV e che potrebbero rappresentare il bersaglio per ridurre o eliminare la risposta immunologica residua nell’uomo, che è responsabile delle comorbidità che affliggono a lungo termine il paziente in terapia antiretrovirale. Allo stesso modo, una maggiore comprensione dei fattori che consentono il blocco della trasmissione verticale negli ospiti naturali potrebbe influire sull’attuale trattamento delle donne in gravidanza ed affette da HIV, riducendo il tasso di infezioni perinatali. In conclusione, gli ospiti naturali del SIV sono la porta attraverso cui l’HIV ha raggiunto l’uomo; non è escluso, quindi, che possano rappresentare gli strumenti per chiudere definitivamente la porta in faccia all’AIDS, proprio come fecero loro tanto tempo fa.