MECCANICA QAUNTISTICA Appunti di Teoria Massimiliano Carfagna Dipartimento di Fisica 1 INDICE PRESUPPOSTI DELLA MECCANICA QUANTISTICA ...............3 I. Descrizione di un sistema continuo: la corda vibrante.............................................. 3 2 Capitolo I: Presupposti della Meccanica Quantistica CAPITOLO I. PRESUPPOSTI DELLA MECCANICA QUANTISTICA I. Descrizione di un sistema continuo: la corda vibrante Supponiamo di avere una corda lunga L ancorata a due punti fissi detti A e B . Se questo sistema fisico, inizialmente all’equilibrio, viene successivamente sollecitato, la sua struttura interna modifica la sua disposizione, istante per istante. Per descrivere matematicamente questo sistema possiamo seguire due tipi di approcci differenti: 1. consideriamo ogni singolo atomo componente la fune, e descriviamo l’interazione che esso subisce ed esercita dopo la sollecitazione (interpretazione discreta); 2. consideriamo la corda nella sua totalità, pensandola come un sistema continuo. Appare evidente che la prima interpretazione potrebbe sembrare apparentemente più laboriosa, seppur concettualmente più intuitiva, per questo partiamo da essa per sviluppare, mediante un’operazione di passaggio al limite, l’interpretazione continua. Nello stato di equilibrio ogni atomo è distante dal suo vicino per un tratto che chiameremo passo reticolare a ; indicheremo con η i invece, la distanza che intercorre tra l’atomo i-esimo ed il suo precedente. Come si può notare anche dal disegno, la distanza dall’origine dell’atomo i-esimo è data, in generale dalla: xi = ia + η i (t ) Nella quale ia è la distanza dell’atomo nello stato di equilibrio, mentre la funzione 1. η i (t ) è la funzione che dipende dalla sollecitazione. Derivando rispetto al tempo la (1.) si ottiene che: x& i = η&i (t ) 2. A questo punto, per descrivere il sistema fisico, utilizziamo la meccanica hamiltoniana, ovverosia, scriviamo, sottoforma di funzione hamiltoniana H , l’energia totale posseduta dalla corda: A.A 2004/05 – Massimiliano Carfagna Corso di laurea in Fisica ed Astrofisica 3 Capitolo I: Presupposti della Meccanica Quantistica ∑ N H= i =1 ⎡m &2 ⎤ ⎢ 2 η i (t )⎥ + V (η1 ,K,η i , K,η N ) ⎣ ⎦ 3. Nella precedente relazione, però, il potenziale è incognito, nel senso che è meglio non fare alcun tipo di ipotesi sul potenziale stesso, ma utilizzare uno sviluppo in serie di Taylor centrato nella posizione di equilibrio dei ogni atomo, cosicché risulti che, se l’atomo è in equilibrio, allora η i = 0 . Si ha pertanto: V (η i ) = V (η i = 0) + ∑ N i =1 ∂V (η i ) k + ∂η i η =0 2 i ∑ N (η i +1 − η i )2 + o(η i3 ) 4. i =1 Possiamo notare due caratteristiche di questo sviluppo: 1. il secondo termine dello sviluppo è nullo in quanto risulta chiaro che, il potenziale, all’equilibrio risulta essere minimo, ciò comporta che la derivata prima del potenziale, calcolata nel punto di equilibrio, è nulla per tutti gli atomi; 2. il terzo termine dello sviluppo vede una costante k la quale è proporzionale alle derivate seconde del potenziale rispetto alle singole distanze η i , calcolate nei rispettivi punti di equilibrio. Ciò vuol dire che, nel nostro caso, essendo gli atomi equidistanti l’uno dall’altro, esse assumeranno tutte uno stesso valore che può essere messo in evidenza. Risulta evidente che qualsiasi sistema, a prescindere dal tipo di potenziale che esso possiede, può essere egregiamente descritto dallo sviluppo appena eseguito. L’unica ipotesi che deve essere sempre valida è quella classica dei sistemi perturbativi: gli atomi non devono allontanarsi troppo dalle posizioni di equilibrio stabile. Ciò si formalizza dicendo che η i << a , per ogni atomo considerato. Riscriviamo quindi il potenziale: k V (η i ) = V (0) + 2 ∑ (η N ( ) − η i ) + o η i3 2 i +1 5. i =1 Un’altra osservazione importante da fare è la seguente: nella formulazione eseguita gli atomi risentono solo l’interazione con il vicino, senza che l’interazione con gli altri venga minimamente rilevata. Ciò è fisicamente errato. Si dimostra, però, che seppure venissero inseriti, all’interno del potenziale, termini che descrivano l’interazione tra atomi distanti tra loro (sempre appartenenti alla corda), il termine riguardante i vicini sarebbe di gran lunga dominante. A questo punto calcoliamo le equazioni del moto di ogni singolo atomo, derivando il potenziale rispetto ad η i : mη&&i = − ∂V = − k [(η i +1 − η i ) − (η i − η i +1 )] ∂η i 6. dalla quale possiamo notare che la formalizzazione matematica rispetta la realtà dei fatti, in quanto nell’eq,ne del moto di ogni singolo atomo si tiene conto dell’interazione che esso ha con i vicini. Passiamo alla fase due: facciamo un salto verso il continuo utilizzando la modalità di passaggio al limite: affinché il sistema diventi continuo cosa deve avvenire? Semplicemente che A.A 2004/05 – Massimiliano Carfagna Corso di laurea in Fisica ed Astrofisica 4 Capitolo I: Presupposti della Meccanica Quantistica le distanze tra gli atomi tendano a zero, ovverosia: conseguenze così riassunte: a → 0 , ma ciò comporta una serie di a → 0 ; N → ∞ ; aN → L Ma questa ipotesi stravolge anche la funzione η i (t ) che adesso non sarà solo dipendente dal tempo, ma, per via del passaggio al continuo la scriveremo come a →0 η i (t ) = η ( x, t ) ; η&i (t ) = 7. η ( x, t ) , per cui avremo che: dη i a →0 ∂η ( x, t ) = η& ( x, t ) = ∂t dt 8. Cosa accadrà all’hamiltoniana del sistema? Per prima cosa riscriviamola moltiplicando e dividendo per a i suoi membri: ∑ 2 ⎡1 m & 2 ⎤ a k ( ) η t + ⎢2 a i ⎥ 2 ⎣ ⎦ ∑ 2 ⎡1 m 2 1 ⎛ η i +1 − η i ⎞ ⎤ η&i (t ) + ak ⎜ ⎟ ⎥ + o η i3 + V (0) = ⎢ 2 ⎝ a ⎠ ⎥⎦ ⎢⎣ 2 a ∑ 2 ⎡1 1 ⎛ η i +1 − η i ⎞ ⎤ 2 & ⎟ ⎥ + o η i3 + V (0) = ⎢ µη i (t ) + Y ⎜ 2 ⎝ a ⎠ ⎥⎦ ⎣⎢ 2 N H =a i =1 N =a i =1 N =a i =1 N →∞ ( ) 9. a → 0 e quindi N → ∞ si ha che: L ∑( ) ∫ ( ) • = • dx i =1 0 η1+1 − η i = lim • lim • ∂η (x, t ) η&i (t ) = ∂t a →0 2 ( ) N a ⋅ lim i =1 ⎛ η i +1 − η i ⎞ ⎜ ⎟ + o η i3 + V (0) = a ⎝ ⎠ ( ) Possiamo notare che, mandando • ∑ N a a →0 η ( x + a , t ) − η ( x, t ) a = ∂η ( x, t ) ∂x a →∞ per cui l’hamiltoniana può essere riscritta nel seguente modo: L H= ∫ 0 ⎡ 1 ⎛ ∂η ( x, t ) ⎞ 2 1 ⎛ ∂η ( x, t ) ⎞ 2 ⎤ ⎟ + Y⎜ ⎟ ⎥ dx ⎢ µ⎜ 2 ⎝ ∂x ⎠ ⎦⎥ ⎣⎢ 2 ⎝ ∂t ⎠ 10. Non ci resta che modificare le equazioni del moto, trascrivendole il veste continua A.A 2004/05 – Massimiliano Carfagna Corso di laurea in Fisica ed Astrofisica 5 Capitolo I: Presupposti della Meccanica Quantistica mη&&i = −k [(η i +1 − η i ) − (η i − η i +1 )] ∂ 2η a →0 m 2 = − k [(η ( x + a, t ) − η ( x, t )) − (η ( x, t ) − η ( x + a, t ))] = ∂t 2 a →0 ∂η ⎡ (η ( x + a, t ) − η ( x, t )) (η ( x, t ) − η ( x + a, t )) ⎤ m 2 = − ak ⎢ − ⎥⎦ = a a ∂t ⎣ a⋅ 11. m∂η ⎡ ∂η ( x + a, t ) ∂η ( x, t ) ⎤ = = − ak ⎢ − 2 a ∂t ∂x ∂x ⎥⎦ ⎣ a →0 2 1 ⎡ ∂η ( x + a, t ) ∂η ( x, t )⎤ ∂ 2η ∂ 2η lim Y Y = − = − − a →0 a ⎢ ∂x ∂x ⎥⎦ ∂t 2 ∂x 2 ⎣ µ Operando tutta quest’algebra si giunge così alla ben nota equazione delle onde, infatti possiamo scrivere che: µ ∂ 2η ∂ 2η + Y =0 ∂t 2 ∂x 2 12. Così come è stata calcolata l’hamiltoniana del sistema, appare evidente che, seguendo un ragionamento del tutto analogo, possiamo risalire alla lagrangiana, la quale risulterà identica ma con il segno differente, ovverosia: L L= ∫ 0 ⎡ 1 ⎛ ∂η ( x, t ) ⎞ 2 1 ⎛ ∂η ( x, t ) ⎞ 2 ⎤ ⎟ − Y⎜ ⎟ ⎥ dx ⎢ µ⎜ 2 ⎝ ∂x ⎠ ⎦⎥ ⎣⎢ 2 ⎝ ∂t ⎠ 13. Una volta ricavata la lagrangiana del sistema, possiamo ricavare il cosiddetto integrale d’azione o più semplicemente l’azione, per cui, integrando tra l’istante iniziale e quello finale della perturbazione, si ottiene che: tf tf ∫ δ= L ⋅ dt = L ⎡ 1 ⎛ ∂η ( x, t ) ⎞ 2 1 ⎛ ∂η ( x, t ) ⎞ 2 ⎤ dt ⎢ µ ⎜ ⎟ − Y⎜ ⎟ ⎥ dx 2 ⎝ ∂x ⎠ ⎦⎥ ⎣⎢ 2 ⎝ ∂t ⎠ ∫ ∫ 0 ti ti 14. Le equazioni del moto, scritte nella forma continua, possono essere anche ricavate a partire dalle equazioni di Lagrange, ovverosia scrivendo che: ∑ 2 j =1 ∂ ∂x j ⎛ δL ⎜ ⎜ δη& ⎝ j ⎞ ⎟= ⎟ ⎠ ∑ 2 j =1 ∂ ∂x j δL ⎛ ∂η ⎞ ⎟ ⎟ ∂ x j ⎝ ⎠ = δ ⎜⎜ ⎧x = x δL ; ⎨ 1 δη ⎩ x2 = t 15. le quali scritte in forma esplicita diventano le seguenti: ∂ δL ∂ δL + =0 ∂x ⎛ ∂η ⎞ ∂t ⎛ ∂η ⎞ δ⎜ ⎟ δ⎜ ⎟ ⎝ ∂x ⎠ ⎝ ∂t ⎠ A.A 2004/05 – Massimiliano Carfagna Corso di laurea in Fisica ed Astrofisica 16. 6 Capitolo I: Presupposti della Meccanica Quantistica In cui il fattore ∂L ∂η è nullo perché la lagrangiana non dipende da η ma solo dalle sue derivate parziali. Andando a calcolare singolarmente i due addendi si ottiene che: 1 ∂η ( x, t ) δL ∂η ( x, t ) = −Y = −2 ⋅ Y 2 ∂x ∂x ⎛ ∂η ⎞ δ⎜ ⎟ ⎝ ∂x ⎠ 1 ∂η ( x, t ) δL ∂η ( x, t ) =µ = 2⋅ µ 2 ∂t ∂t ⎛ ∂η ⎞ δ⎜ ⎟ ⎝ ∂t ⎠ 17. Quindi, sostituendo nella relazione prima ricavata, derivando nuovamente e dividendo ambo i membri per Y si ottiene l’equazione di un onda: 1 ∂ 2η ∂ 2η =0 ; v= + v 2 ∂t 2 ∂x 2 A.A 2004/05 – Massimiliano Carfagna Corso di laurea in Fisica ed Astrofisica Y µ 18. 7