Savoia, reali anche negli affari Case, finanza e gioielli di famiglia Case in Svizzera, azioni, fondi comuni, finanza e non solo. La famiglia Savoia "rivendica" anche gioielli e monete della Corona. Dunque reali anche negli affari. Di Vittorio Emanuele è noto soprattutto il lavoro di intermediario. Ma a Ginevra i Savoia hanno un vero e proprio quartier generale: con interessi che vanno dalla Giordania alla Spagna, alla Bulgaria. Fino al Medio Oriente. Sul lago Lemano si affacciano le principali proprietà immobiliari. Proprietà immobiliari che vanno dalla villa sulla collina di Vesenaz e, poco distante, gli uffici del Segretariato dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, autentica testa di ponte all'estero dei monarchici. Con esse vanno poi considerate anche la villa di Cavallo sull'omonima isola al largo della Corsica e lo chalet di Gstaad. E non è tutto. Tra le ex proprietà (che potrebbero essere rivendicate) ci sono i gioielli della Corona, custoditi dalla Banca d'Italia, e la collezione numismatica di Vittorio Emanuele III: 120 mila monete antiche, dalle fenicie a quelle italiane del 900: valore stimato in centinaia di milioni di euro. Alle radici di tale patrimonio ci sono un avo lungimirante (Umberto I, assassinato a Monza, che aveva stipulato un'assicurazione sulla vita presso i Lloyd's: oltre 50 milioni di euro attuali affidati alla Hambros Bank) e, si mormora, centinaia di milioni di euro investiti in vari tempi negli Usa. Ma, tra i programmi di Vittorio Emanuele – nelle sue molteplici attività finanziarie e di mediazione - ci sono finanche un viadotto tra Gaza e Gerico e un programma sanitario per la Giordania. Hedge fund e finanza Poi la Borsa e gli investimenti. "Da anni – dichiarava tempo fa, sul settimanale il Mondo, Emanuele Filiberto - i nostri investimenti di famiglia sono in buona parte fatti attraverso hedge fund o fondi d'investimento classici. Questo ci permette una buona diversificazione del rischio e una contenuta volatilità". L'ultimo erede di Casa Savoia, che in rue du Rhône a Ginevra, dove lavora negli uffici di Banque Syz, si fa chiamare Emanuele di Savoia, è infatti un apprezzato consulente finanziario. Si è “formato” alla scuola di un asso della finanza quale era Edmond Safra, il patron della Republic National Bank poi scomparso a Montecarlo qualche anno fa in circostanze misteriose. Lui dice: “Ho cominciato a occuparmi di finanza, dopo gli studi universitari di scienze politiche, proprio alla Republic National Bank di Edmond Safra. Mi hanno dato l'opportunità di fare training nei vari servizi della banca. Poi ho scelto di specializzarmi negli hedge fund”. Quel Caveau di Bankitalia Gioielli della Corona o gioie di famiglia? Comunque custoditi in Bankitalia a Roma. "C'è un contenzioso aperto tra Stato italiano e Casa Savoia", spiegano in via Nazionale che li tiene sotto chiave in attesa che la legge accerti gli aventi diritto. Arrivarono in Banca d'Italia il 5 giugno del 1946. Dopo il voto Monarchia Repubblica, Umberto II li affidò al ministro della Real Casa, Falcone Lucifero, con l'incarico di consegnarli all'allora governatore Luigi Einaudi. Registrati come deposito volontario, poi trasformato in deposito chiuso, la Banca li prese in consegna con la formula "a disposizione di chi di diritto". E ne affidò la perizia al gioielliere romano Ventrella (2.900 brillanti di varia caratura e qualcosa come 2 mila perle). Di una seconda, ed ultima, perizia nel 1976 s'incaricò invece Bulgari. Quanto valgano non è chiaro: il valore reale non sarebbe strepitoso (qualche milione di lire il controvalore). Perché il taglio vecchio delle pietre ne sminuirebbe il valore. Ma resta il valore affettivo, e storico. Giuseppe Morbilli, l'avvocato che segue Casa Savoia, ha detto in varie occasioni "che si tratta di gioielli di famiglia (di epoca pre Unitaria), ma che ciò che piu' preme oggi agli eredi Savoia e' che quei gioielli tornino a vivere: che vengano esposti". Gli arredi del Quirinale Al Quirinale sono custoditi arredi, specchiere, pezzi di mobilio, porcellane, oggetti d'arte e una ricca quadreria, in buona parte vestigia dei Savoia. Reggia papale prima e reale poi, al Quirinale vissero poco il primo re d'Italia e pure Umberto I con Margherita (che preferirono Monza). Ma il Palazzo, ceduto al demanio nel 1926, fu invece stabile dimora di Vittorio Emanuele III, di Maria Jose' e dell'esperto d'arte Umberto I, fino all'esilio. Dei preziosi arredi, più che i Savoia, il Piemonte in più riprese ha chiesto la restituzione, trattandosi in parte di pezzi traslocati dal Casato da Torino a Roma. Quando Vittorio Emanuele III andò in esilio, il patrimonio reale passò allo Stato. Il valore di castelli e tenute, nel dibattito alla Costituente, venne stimato intorno ai 500 milioni di lire di allora. Patrocinate dall'avvocato Carlo d'Amelio, le donne di Casa Savoia ottennero poi la restituzione dei 4/5 dell'eredità di Vittorio Emanuele III, come il castello di Racconigi (Cuneo) che rivendettero allo Stato o la tenuta di Capocotta. Resta dunque l’altro quinto di eredità degli eredi maschi.