La regolamentazione del monopolio naturale Giuseppe De Feo e Alfredo Del Monte Giugno 2012 Versione preliminare non citare senza il permesso degli autori Contents 1 La regolamentazione del monopolio naturale 2 2 La regolamentazione del tasso di rendimento 3 2.1 Valutazione dei costi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6 2.2 Valutazione del capitale RB . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 2.3 Valutazione del costo del capitale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8 2.4 Regolamentazione del tasso di rendimento ed effetto Averch-Johnson . . . . . . 11 3 L’approccio di Loeb-Magat 14 4 La regolamentazione tramite price cap 17 5 La regolamentazione nel caso di informazione asimmetrica con selezione avversa: un caso semplificato 23 6 La regolamentazione asimmetrica con selezione avversa: un modello generale 29 7 Regolamentazione asimmetrica con selezione avversa e azzardo morale 1 30 1 La regolamentazione del monopolio naturale Numerosi sono i metodi attraverso i quali si è cercato di intervenire in settori regolamentati. 1. Impresa pubblica L’impresa è posseduta dallo stato e vengono date delle linee guida per quanto riguarda i prezzi ed i costi. Questo tipo di regolamentazione ha caratterizzato la gran parte dei settori pubblici servizi in Europa fino alla fine degli anni ‘70, primi anni ‘80. 2. Regolamentazione del tasso di rendimento Questo modello è stato largamente usato negli Stati Uniti nei settori dei pubblici servizi ove il monopolista era un’impresa privata. L’obiettivo del regolamentatore era quello di imporre un tetto al prezzo dei servizi offerti in modo tale che l’impresa potesse ottenere un adeguato tasso di rendimento sul capitale investito 3. Concessione all’asta La concessione viene messa all’asta. In questo caso si enfatizza la concorrenza per divenire monopolisti più che la concorrenza ex-post. 4. Regolamentazione basata sui meccanismi di incentivazioni Questa definizione comprende ogni forma di regolamentazione in cui la struttura di prezzo è totalmente o parzialmente slegata dalla struttura dei costi di monopolista. Joskow e Schmalensee(1986)1 hanno schematizzato i i differenti tipi di regolamentazione in termini di un contratto generale di regolamentazione del seguente tipo pt = (1 − b)c?t + bct con 0 ≤ b ≤ 1, dove • pt = prezzo regolamentato al tempo t • c?t = stima dell’unità di costo efficiente • ct = costo unitario del monopolista 1 Joskow, P. - R. Schmalensee (1986 ) “Incentive Regulation for Electric Utilities”, Yale Journal of Regulation N.4, pp 1-49 2 • b = coefficiente che esprime la porzione di costi del monopolista che il regolamentatore scarica sul consumatore. A seconda del valore di b si parlerà di contratto a regolamentazione a prezzo fisso o contratto di regolamentazione cost-plus. Allorché b = 0 il prezzo del servizio ha un tetto posto dal regolamentatore, ed è questo il caso della regolamentazione basata sui meccanismi di incentivazione. Il monopolista può trattenere i profitti che fa se mantiene costi unitari al di sotto del tetto. Questo contratto tende ad indurre il monopolista ad essere efficiente. Se il regolamentatore è troppo generoso nel fissare c? il monopolista potrà avere elevati profitti. Per evitare tale problema il regolamentatore può essere tentato a porre b > 0. In ogni caso fino a che b < 1 vi è un incentivo a ridurre i costi. Allorché b = 1 si eliminano gli extraprofitti ma il monopolista può trasferire sui consumatori ogni variazione di costi accettata dal regolamentatore. Sia la regolamentazione tramite impresa pubblica sia quella basato sul tetto al tasso di rendimento rientrano in questo tipo di contratto. Nel caso in cui il regolamentatore sia lento ad adeguare i prezzi ai costi vi è un incentivo ad abbassare i costi in quanto l’impresa guadagnerà extraprofitti fino a quando i prezzi non si saranno adeguati. Il ritardo temporale introduce quindi un elemento di incentivazione nella regolamentazione. Il dilemma che viene posto al regolamentatore è quello fra contratti cost-plus che evitano extra-profitti e possono essere efficienti dal punto di vista allocativo ma non danno incentivi ad abbassare i costi ,e di contratti a prezzo fisso che possono essere x-efficienti ma permettono profitti che possono essere considerati eccessivi dal regolamentare e dal pubblico. Nella Figura 1 si mostra l’evoluzione della regolamentazione delle telecomunicazioni nei singoli Stati Uniti nel settore delle telecomunicazioni. Fino alla metà degli anni ’80 tutti gli sati utilizzavano la regolamentazione del tasso di rendimento che è stata man mano sostituita da diversi meccanismi di incentivazione culminati poi nella generale adozione di meccanismi di price caps o tetto ai prezzi. 2 La regolamentazione del tasso di rendimento Una delle prime forme di regolamentazione ha riguardato il tasso di rendimento del monopolista. Il criterio alla base di tale schema è che i prezzi devono riflettere il costo del servizio cosı̀ che il monopolista non guadagni più di un ragionevole tasso di rendimento s sul capitale. 3 Table 1: Ordinamento dell’efficienza dei vari schemi in relazione alla regolamentazione di BT (Littlechild 1983) Nessun Tasso di Tassa profitti Tetto ai price cap vincolo rendimento decrescente profitti Protezione contro il monopolio 5 3 2 4 1 Efficienza ed innovazione 1 4 4 3 1 Burden di regolamentazione 1 5 4 3 2 Promozione alla competitività 1 5 4 2 2 Guadagni della vendita per il governo 1 4 5 3 1 Figure 1: Evoluzione della regolamentazione del monopolio naturale negli USA. Fonte: Sappington (2002), “Price Regulation” in Handbook of Telecommunictions. 4 Assumiamo che p sia un prezzo regolamentato e vi siano due input, capitale K e lavoro L Y = F (L, K) I prezzi dei fattori produttivi sono dati, con W che è il salario ed r, il costo del capitale. Il costo totale è dato da C = W L + rK. Il regolamentatore sceglierà il prezzo o i prezzi in modo tale che gli extraprofitti del monopolista siano eguali a zero. I profitti relativi al capitale utilizzato devono essere tali da permettere un tasso di rendimento che non superi s. Il problema di massimizzazione dei profitti del monopolista sarà dunque il seguente: maxΠ = pf (L, K) − W L − rK con il vincolo che pf (L, K) − W L ≤s K In pratica il processo di regolamentazione parte dalla seguente equazione n X pi qi = costi + sRB (1) i=1 dove • pi =prezzo del servizio i • qi =quantità prodotta del servizio i • n =numero servizi • s =tasso di rendimento “equo” • RB =una misura del valore degli investimenti dell’impresa regolamentata L’impresa sottopone una dettagliata situazione contabile che insieme ad altre informazioni permette di determinare i valori della equazione (1). Gli elementi da valutare sono tre: costi, s, RB ed li analizzeremo singolarmente nel resto della sezione. È utile anticipare come molte critiche siano tate rivolte a questo tipo di regolamentazione in quanto genera incentivi molto deboli all’efficienza produttiva delle imprese in quando queste ultime non ottengono alcun beneficio dall’introduzione di guadagni di efficienza. 5 Infatti questi sono sempre passati ai consumatori sotto forma di prezzi più bassi al fine di mantenere invariato il tasso di rendimento. Tuttavia è importante sottolineare come questo tipo di regolamentazione sia strutturalmente imperfetto in quanto, sebben l’obiettivo sia fissare il tasso di rendimento, nella realtà si fissano i prezzi che restano fermi anche se nel frattempo i costi sono variati. Poiché i prezzi sono aggiornati sempre con un certo ritardo rispetto ai cambiamenti intervenuti sul fronte dei costi è sempre molto difficile mantenere invariato il tasso di rendimento. Di conseguenza, durante il periodo in cui non avvengono cambiamenti dei prezzi l’impresa può ottenere tassi di rendimento maggiori se introduce guadagni di effcienza, ma può al contrario, sperimentare anche riduzioni del tasso di rendimento quando i costi aumentano. Questo incentivo all’efficienza economica è spesso definito come il risultato del ritardo nella regolamentazione. Cioè se le autorità di regolamentazione fossero cosı̀ efficienti da riuscire ad aggiornare i prezzi in maniera continua al cambiare dei costi di produzione, il tasso di rendimento sarebbe sempre pari a s, non ci sarebbe nessun ritardo nella regolamentazione, e quindi nessun incentivo all’efficienza. Paradossalmente, l’inefficienza delle autorità nell’aggiornare i prezzi aumenta l’incentivo all’efficienza economica delle imprese. Tuttavia i ritardi della regolamentazione possono anche causare problemi. I consumatori ci perdono quando vi sono ritardi nell’implementare riduzioni di prezzo in seguito a riduzioni di costi, ma le imprese sono danneggiate quando un aumento dei prezzi degli input riduce il loro tasso di rendimento. Infatti, le imprese attive nel settore elettrico hanno continuamente avuto tassi di rendimento pi`bassi di quelli permessi erla gran parte degli anni ’80 in quando le autorità sono state costantemente in ritardo nel recepire l’incremento del prezzo del petrolio e degli altri input energetici. 2.1 Valutazione dei costi Le spese comprendono costi del lavoro, materie prime, ammortamenti, che sono circa l’80-85% dei costi totali di un’ impresa di telecomunicazione cosı̀ come l’esempio indicato 6 Costo del lavoro 3.500 Acquisti beni e servizi 3.700 Ammortamenti 4.300 Imposte 800 TOT 12.300 (82% del fatturato) Fatturato 15.000 La parte residua rispetto ai costi cosı̀ calcolati rappresenta il rendimento dell’investimento. In generale l’autorità di regolamentazione non perde molto tempo nell’analizzare tali spese. In alcuni casi vengono messe in discussione le spese di pubblicità o i compensi dei manager. Nel caso l’impresa acquisti fattori produttivi da una collegata verrà valutata la congruità di tali prezzi. 2.2 Valutazione del capitale RB Un metodo di valutazione del capitale è quello basato sui costi storici al netto dell’ammortamento CSA. L’uso dei costi storici, largamente utilizzato dalle Autorità di regolamentazione di molti paesi è soggetto a molte critiche. Il costo storico non dà segnali economici utili dal momento che in periodi di inflazione il costo di rimpiazzo tende ad essere molto più elevato del costo storico. Tale criterio permette di assicurare che le imprese ricevano l’ammontare da esse inizialmente speso ma non garantisce che le imprese siano in grado di finanziare l’acquisto dei beni capitali utilizzati nell’attività produttiva . Da un punto di vista economico sembra più corretto utilizzare il metodo basato sul costo di rimpiazzo. Nel lungo periodo il valore di un’attività per l’azionista è il costo di rimpiazzo giacchè è ciò che l’azionista dovrebbe pagare se fosse privato di tale attività. Un’impresa regolamentata deve essere affidabile nel lungo periodo e quindi i prezzi devono permettere di rimpiazzare le attività che diventano obsolete. Se l’impresa non è in grado di rimpiazzare le attività tenderà a perdere di valore. Vi è da notare che prezzi basati sui costi di rimpiazzo sono quelli che forniscono indicazioni corrette ai concorrenti. Prezzi basati sui costi storici potrebbero essere troppo bassi per indurre l’entrata di nuove imprese. Per quanto riguarda i costi di rimpiazzo appare opportuno considerare non quelli relativi alla vecchia tecnologia ai prezzi di oggi, ma alla nuova tecnologia. 7 Un altro metodo di valutazione di RB, è quello basato sul valore di mercato della società più il valore del debito V =S+D Il problema è che il valore di mercato della società dipende dai valori dei prezzi che in passato la commissione ha determinato. D’altronde tale valore è anche influenzato dalle attese sui futuri prezzi che sono determinati proprio sulla base del valore prescelto dal RAB. Appare quindi criticabile l’utilizzazione di tale metodo per calcolare il valore dell’investimento al quale applicare il tasso di rendimento prescelto, per la circolarità che si genera. 2.3 Valutazione del costo del capitale La scelta di s è altrettanto complessa. Il regolamentatore dovrebbe garantire all’azionista un rendimento sull’investimento che tenga conto del rischio che esso deve sopportare. D’altronde non tutto il capitale investito è capitale di rischio. Parte del capitale è fornito da obbligazioni e altro. Abbiamo quindi che il valore della società è distribuito fra azioni e obbligazioni V =A+B s dovrebbe quindi essere una media ponderata fra i rendimenti delle due fonti di investimento cioè: s= A B k+ r V V ove r è il costo del capitale obbligazionario e k il costo del capitale azionario. Il valore di r è abbastanza facile da stimare in quanto si tratta di titoli a reddito fisso. Più complessa è la stima di k (il tasso di rendimento che un investitore può ottenere sulla migliore alternativa che presenta lo stesso tasso di rischio dell’attività svolta dal monopolista). A questo scopo si può utilizzare il metodo basato sul valore attuale dei dividendi futuri (PGM). Definiamo: • P =prezzo delle azioni • D1 =dividendo atteso al tempo 1 • D2 =dividendo atteso al tempo 2 8 • Di =dividendo atteso al tempo i • k =costo del capitale proprio k è il valore del tasso di sconto soluzione della seguente equazione P = Di D1 (1 + g)i−1 D1 D1 D2 D1 (1 + g) ... + ... + + ... = + ... (2) + + 1 + k (1 + k)2 (1 + k) (1 + k)2 (1 + k)i (1 + k)i Assumendo che g cresca ad un tasso costante, ove g è inferiore a k, l’equazione (2) si semplifica e può essere facilmente risolta per k che diviene k= D1 +g P (3) Molti regolatori, ad esempio nel Regno Unito, hanno preferito non utilizzare questo modello in quanto il calcolo di g è troppo soggettivo. Un secondo metodo è basato sul Capital Asset Pricing Model (CAPM) Il Capital Asset Pricing Model è un modello che, sotto particolari ipotesi (presenza di mercati di capitali perfetti, aspettative uniformi da parte degli investitori, esistenza di portafogli ben diversificati) valuta gli effetti che i fattori di rischio e rendimento hanno sul valore di mercato di un particolare investimento o insieme di investimenti. L’assunzione base da cui si parte è che, in presenza di mercati di capitali efficienti, sia sempre possibile confrontare il rischio e il rendimento di un particolare investimento con quelli medi di tutto il mercato. Sia • rj = tasso di rendimento atteso sull’investimento • rc = tasso di rendimento del titolo certo • rm = tasso di rendimento atteso sul portafoglio composto da tutte le attività rischiose esistenti sul mercato la formula base del CAPM è rj = rc + β (rm − rc ) dove β è la covarianza ponderata fra il tasso di rendimento dell’attività in esame e il tasso per il portafoglio di mercato. 9 Se β = 1 (perfetta correlazione con il mercato) il tasso di rendimento dell’attività è eguale a quello del portafoglio di mercato, Se β = 0 il tasso di rendimento del titolo è quello certo. Una volta ottenuta la stima di β è possibile calcolare in ogni momento il probabile valore futuro di rj ; infatti le grandezze rm e rc sono prevedibili sul mercato attraverso una proiezione temporale dei valori passati; in tal caso al valore di β si sostituisce il suo valore stimato e si ottiene cosı̀ ∗ rˆj = rc∗ + b (rm − rc∗ ) (4) dove • b = valore stimato di β ∗ = valore previsto di r • rm m • rc∗ = valore previsto di rc La procedura descritta può essere sintetizzata in 3 fasi: 1. stima del coefficiente β attraverso un’analisi di regressione basata sui valori osservati (nel passato) di rj , rc e rm ; 2. proiezione dei valori di rc e rm nel futuro, attraverso una qualunque tecnica di forecasting; 3. stima di rˆj in base ai valori previsti di rc e rm e al valore stimato di β. Il valore di rˆj cosı̀ calcolato rispecchia infatti il rendimento richiesto dal mercato per l’investimento rischioso ed è pari al rendimento del titolo certo più premio di rischio che è funzione della differenza di rischio sistematico (non eliminabile) tra il rendimento dell’investimento e quello medio di mercato. Come già accennato, tuttavia, tale metodo si basa sulla ipotesi di mercati di capitali perfetti; quando tale ipotesi non si verifica, bisogna tenere conto dell’esistenza di costi aggiuntivi e/o di transazione dovuti alla possibilità di fallimento, al costo necessario a procedere alla diversificazione, ecc. In tali casi il tasso di rendimento richiesto (o costo del capitale) stimato con il CAPM va corretto verso l’alto; quanto più imperfetti i mercati di capitale, tanto maggiore dovrà essere tale correzione. 10 Una volta stimati i costi, s ed RB l’autorità di regolamentazione procederà a fissare il vettore dei prezzi in modo tale che sia soddisfatta la (1). Tali prezzi non sono scelti in modo efficiente ma solo rispettando il vincolo del tasso di rendimento e saranno quindi generalmente diversi dai prezzi Ramsey. 2.4 Regolamentazione del tasso di rendimento ed effetto Averch-Johnson Una delle inefficienze, allorché si utilizza il metodo di regolamentazione del tasso di rendimento, è stata evidenziata da Averch e Johnson (1962). Quello che i due autori dimostrano è che, in presenza di regolamentazione del tasso di rendimento, le imprese sceglieranno di usare una quantità eccessiva di capitale rispetto all’utilizzo degli altri fattori produttivi. Giacché il profitto che all’impresa è permesso realizzare dipende direttamente dall’ammontare di capitale, essa tenderà a sostituire agli altri fattori produttivi il capitale, ed il prodotto sarà realizzato a costi troppo elevati. Vediamo come si dimostra tale proposizione. Il problema per l’impresa regolamentata è massimizzare i profitti sotto il vincolo di un tasso di rendimento, cioè: max Π = py(K, L) − wL − rK (5) py (K, L) − wL ≤s K (6) Con il vincolo dove • Π = profitti operativi • y = funzione di produzione • p = prezzo del bene prodotto • K = quantità di capitale • L = quantità di lavoro • w = salario per unità di misura del lavoro • r = costo del capitale 11 • s = tasso di rendimento ammesso Una volta stabilito il tasso di rendimento massimo ammesso s, sarà possibile determinare il prezzo regolamentato p. Per semplicità poniamo p = 1. La fuzione Lagrangiana da massimizzare diventa quindi: L = y(L, K) − wL − rK + λ(sK − y(L, K) + wL) (7) Il sistema di equazioni composto dalle condizioni del primo ordine e dal vincolo è il seguente: ∂y ∂L (1 − λ) − w (1 − λ) ∂y ∂K (1 − λ) − r + λs = =0 0 sK − y(L, K) + wL = 0 (8) da cui è possibile ottenere i valori ottimali dei fattori produttivi. Si dimostra per il teorema dell’inviluppo che ∂π ∂s 1 ∂π λ = >0 K ∂s λK = Il valore di λ è positivo in quanto al crescere di s si allenta il vincolo di bilancio e i profitti possono crescere. Inoltre dalla seconda equazione del sistema (8) si ottiene: r− λ= s− ∂y ∂K ∂y ∂K (9) Il caso interessante è quello in cui s è maggiore di r. Si assume cioè che il regolamentatore permette che l’impresa ottenga un tasso di rendimento maggiore del costo del capitale. Se fosse vero l’opposto e cioè s < r l’impresa, nel lungo termine, chiuderebbe. Se s ed r fossero uguali l’impresa regolamentata sarebbe indifferente nella scelta fra K ed L in quanto i profitti sarebbero pari a 0 per tutte le scelte. Quindi Averch e Johnson considerano che il caso interessante è quello per cui s > r ed s minore della produttività marginale del capitale. Abbiamo quindi che 0 < λ < 1. Il significato economico di λ è che esso misura l’aumento di profitto che si ha allorché aumenta marginalmente il tasso di profitto ammesso. 12 Dalle due condizioni del primo ordine ∂y (1 − λ) = w (1 − λ) ∂L ∂y (1 − λ) = r − λs ∂K si ottiene che il rapporto tra le produttività marginali di capitale e lavoro è: ∂y ∂K ∂y ∂L r − λs = = w (1 − λ) r − λs 1−λ · 1 . w Aggiungendo e sottraendo λr al numeratore possiamo riscrivere il rapporto tra le produttività marginali nel modo seguente: r − λs 1 r − λs + λr − λr 1 r (1 − λ) λ (s − r) 1 λ 1 = = = r− (s − r) . 1−λ w (1 − λ) w (1 − λ) 1 − λ w 1−λ w (10) Definendo α = λ(s−r) 1−λ > 0, abbiamo che ∂y ∂K ∂y ∂L = r−α w (11) Se α=0 il rapporto fra le produttività marginali sarà eguale al rapporto fra i prezzi e quindi le condizioni di efficienza sono rispettate. In realtà α>0 per cui l’impresa agisce come se il costo del capitale fosse più basso di quello che attualmente è e quindi avremo che si utilizzerà più capitale. Questo risultato può essere analizzato anche graficamente nella Figura 2.4. La figura mostra l’isoquanto della produzione per la quantità scelta dall’impresa regolamentata Q = Q? nello spazio {L, K}. L’efficienza economica è ottenuta quando l’impresa produce la quantità scelta Q? al costo minimo. Questo risultato è ottenuto quando la combinazione scelta è quella che eguaglia il rapporto tra le produttività marginali di K e L con il rapporto tra i prezzi di mercato dei fattori produttivi r e w. La pendenza dell’isoquanto della produzione è pari proprio al rapporto tra le produttività marginali ∂y/∂K ∂y/∂L , mentre la pendenza delle linee M M e N N è pari proprio al rapporto tra i prezzi di mercato dei fattori produttivi r/w. La combinazione di fattori produttivi efficiente dal punto di vista economico è L0 K 0 per il quale l’isoquanto della produzione è tangente al vincolo di bilancio basato sui prezzi di mercato N N nel punto E. L’equazione (11) implica che questo risultato è ottenuto solo se α = 0. Tuttavia se α > 0 l’impresa si comporta come se il prezzo del capitale fosse inferiore a r, ovvero pari a r − α. Infatti l’impresa regolamentata sceglierà di operare con un combinazione di lavoro 13 Figure 2: Effetto Averch-Johnson: quando il tasso di rendimento atteso è maggiore del costo del capitale si ha un incentivo ad utilizzare più capitale e meno lavoro di quanto sia economicamente efficiente. e capitale pari a L? K ? che eguaglia la pendenza della retta P P (che è r−α w ) alla pendenza dell’isoquanto nel punto F . Quindi l’impresa utilizzerà troppo capitale e troppo poco lavoro rispetto alla combinazione che minimizza i costi di produzione. Il costo in eccesso può essere misurato in unità di lavoro dalla distanza M N sull’asse verticale. Cioè il costo di produzione di Q? quando si utilizza la combinazione L? K ? è pari a 0M unità di lavoro, mentre il costo minimo di produrre Q? è invece pari a 0N unità di lavoro. 3 L’approccio di Loeb-Magat Abbiamo visto come la mancanza di adeguate informazioni renda quasi impossibile per il regolamentatore determinare una struttura di prezzi che sia vicina a quella ideale dei prezzi Ramsey. Inoltre metodi di regolamentazione come quello basato sul controllo del tasso di rendimento comportano elevate inefficienze. Il problema è che l’impresa regolamentata ed il regolamentatore hanno funzioni obiettivo differenti e che la prima possiede informazioni 14 superiori sui costi e nella domanda rispetto al regolamentatore. Come abbiamo visto il regolamentatore baserà i prezzi sui costi risultanti dai dati di contabilità dell’impresa regolamentata. L’impresa potrà quindi avere un incentivo a indicare o di avere costi più elevati di quelli in cui è attualmente incorsa per ottenere profitti più elevati. Si pone quindi il problema di individuare dei meccanismi per indurre l’impresa regolamentata a porre dei prezzi il più vicino possibile a quelli ottimali. Nella letteratura sono stati indicati due tipi di meccanismi d’incentivazione quello bayesiano e quello non baysiano.2 Il meccanismo bayesiano è basato sul modello principale-agente relativo a un agente informato (l’impresa regolamentata) che deve realizzare un obiettivo per conto di un principale, il regolamentatore, che non possiede le informazioni necessarie. Tali meccanismi sono baysiani nel senso che il regolamentatore parte con delle probabilità a priori su quelli che sono i parametri rilevanti. Uno dei risultati principali ottenuti da questa letteratura è che nel caso di informazione asimmetrica la regolamentazione ottimale richiede che i prezzi siano diversi rispetto ai costi marginali, anche se vi sono rendimenti di scala costanti. L’applicazione pratica di tali meccanismi trova limiti nell’elevato numero di informazioni di cui deve essere in possesso il regolamentatore e nel fatto che i meccanismi incentivanti che vengono proposti sono abbastanza complessi. L’approccio alternativo alla regolamentazione delle tariffe, non bayesiano, di fatto delega la gran parte delle decisioni all’impresa regolamentata. Esso assume che l’impresa è pienamente informata mentre il regolamentatore ha informazioni abbastanza generiche relativamente al mercato. In generale si assume che il regolamentatore non abbia informazioni a priori sulla funzione di domanda e di costo (nemmeno in senso probabilistico). Uno dei primi e più semplici schemi di incentivazione appartenenti a questa letteratura è quello di Loeb-Magat (1979). Tale soluzione assume che il monopolista conosca costi e domanda perfettamente, mentre il regolamentatore conosce solo la domanda. Il regolamentatore non sceglie il prezzo ma propone all’impresa il seguente meccanismo. 1. L’agenzia dà un sussidio all’impresa pari al surplus del consumatore al prezzo prescelto. In tal modo la funzione obiettivo dell’impresa (profitto + surplus del consumatore) è 2 Per una rassegna della letteratura si veda “Design Incentive Regulation for the Telecommunications In- dustry“, D. Sappington, D.L.Weisman, MIT Press, 1996, e B.M.Mitchell, I.Vogelsang ”Telecommunications Competition” MIT Press, 1997, e con particolare riferimento al modello principale–agente “A Theory on Incentives in Procurement and Regulation”, J.J.Laffont, J.Tirole, MIT Press, 1993. 15 eguale a quella del regolamentatore; 2. Il monopolista è libero di scegliere il prezzo; 3. Il monopolista incassa l’intero ricavo. In presenza di un sussidio con le caratteristiche prima descritte, il monopolista sceglierà il prezzo che eguaglia il costo marginale. Pur non conoscendo il costo marginale del monopolista, il regolamentatore con tale tipo di sussidio incentiva il monopolista a “rivelare” il vero costo. Figure 3: Lo schema di regolamentazione di Loeb-Magat. Utilizziamo la Figura 3 per rappresentare lo schema di regolamentazione proposto da LoebMagat. La funzione di costo del monopolista sia del tipo C = K+cQ e quindi il costo marginale MC è costante ed eguale a c. La funzione di domanda del monopolista sia AR. Assumiamo che il monopolista scelga il prezzo di monopolio P0 . A tale prezzo, conoscendo la domanda, il regolamentatore offre un sussidio pari a P0 EB. I profitti del monopolista saranno, con il sussidio proposto, cDEB − K ove K è il costo fisso. L’impresa ricava la somma OQ0 EP0 dai consumatori e P0 EB dall’agenzia di regolamentazione. L’impresa però può aumentare i profitti abbassando i prezzi. Se il monopolista sceglie un prezzo P ? , eguale al costo marginale, i suoi profitti saranno pari a P ? AB − K > P0 DEB − K. I profitti aumenteranno di un ammontare pari al triangolo DEA. Questa è la soluzione che massimizza i profitti del monopolista. La proposta di Loeb-Magat è quella di utilizzare un meccanismo di asta ove l’oggetto della stessa è il diritto di offrire il servizio in esclusiva sul mercato. Il massimo valore che un’impresa 16 sarà disposta ad offrire per ottenere l’esclusiva del servizio è P*AB-K. Nel caso le imprese che concorrono all’asta hanno costi diversi, il monopolista con il costo più basso vincerà l’asta e incasserà un profitto uguale alla differenza fra il costo della seconda impresa ed il proprio. In tal modo viene azzerata la rendita del monopolista. Il sussidio che l’impresa riceverà è pari a P*AB; una parte del sussidio, pari a K, non verrà recuperata dal regolamentatore con i ricavi della vendita all’asta. Il problema è che il finanziamento di tale sussidio da parte dell’agenzia di regolamentazione comporterà delle distorsioni nell’economia. Inoltre, affinché tale schema funzioni, è necessario che vi siano molti partecipanti ben informati e che le attività dell’impresa siano facilmente trasferibili. E questa non è una condizione facilmente ottenibile nelle industrie regolamentate. Il meccanismo basato su un sussidio pari al surplus del consumatore elimina le perdite della società derivanti dall’esistenza del monopolista ma lascia intatti i problemi relativi alla distorsione indotta dalla tassazione, necessaria a finanziare il sussidio, ed i problemi di natura distributiva. 4 La regolamentazione tramite price cap Un meccanismo di incentivazione diverso, sempre appartenente alla categoria non baysiana, è quello del price cap. Il price cap può essere visto come un meccanismo tipo fixed price. La regolamentazione tramite price cap è stata applicata per la prima volta nel Regno Unito dopo la privatizzazione della BT. Il price cap pone un tetto esplicito ai prezzi dei servizi offerti in mercati monopolistici o dove la concorrenza non funziona. Nel caso di inflazione, esso pone dei limiti al tasso di crescita dei prezzi in termini reali. Una volta che è stato fissato un price cap, un’impresa ha un forte incentivo a minimizzare i costi e quindi ad aumentare l’efficienza produttiva. Il potere di tale incentivo è tanto maggiore quanto più lungo è il periodo in cui non è sottoposto a revisioni. Da questo punto di vista la regolamentazione tramite price cap tiene esplicitamente conto dei vantaggi dei ritardi della regolamentazione mentre questo incentivo, nel caso del ROR, era solo frutto di limitazioni pratiche. Il price cap può essere applicato ai prezzi di differenti servizi di un’impresa multiprodotto. In termini molto semplici l’Autorità di regolamentazione permette all’impresa dominante di aumentare i prezzi al tasso di inflazione, meno un ammontare pari alla crescita della produttività attesa. Se il tasso di crescita della produttività attesa è il 2,5% e l’inflazione è il 3%, 17 l’impresa può aumentare i prezzi dello 0,5%. Ovviamente l’impresa è libera di fissare un prezzo inferiore se ciò è profittevole. In generale l’Autorità di regolamentazione impone un tetto alla media ponderata della crescita dei prezzi, cosı̀ che essa non superi il valore di RP I − X, dove RP I è il tasso di inflazione e X è un fattore di aggiustamento che tiene conto fra l’altro del progresso tecnico. I prezzi utilizzati nel calcolo del tasso di crescita medio sono in genere calcolati sulla quota di reddito generata da un determinato servizio nell’anno precedente (valore del reddito generato da quel servizio diviso il volume di affari del settore). Poiché i prezzi utilizzati sono noti quando si calcola la crescita possibile del prezzo medio, il regolamentatore può influenzare il valore di tali prezzi in futuro attraverso la fissazione dei prezzi nel periodo corrente. Il price cap RP I − X che è utilizzato in Gran Bretagna per la regolamentazione di British Telecom, impone che i prezzi posti dalla BT debbano rispettare il seguente vincolo n X (pi − pi,0 ) pi,0 qi,0 i=1 pi,0 p 0 q0 < RP I1 −X −1 RP I0 (12) dove: • i = uno degli n servizi venduti dall’impresa regolamentata; • 0, 1 = tempo 0 o 1; • qi,0 = quantità prodotta del servizio i al tempo 0; • pi,0 = prezzo del servizio i al tempo 0; • p0 q0 = valore della somma dei ricavi dei vari servizi al tempo 0;espresso come prodotto dei vettori p0 e q0 ; • RP I1 e RP I0 = indice generale dei prezzi al tempo 1 e al tempo 0, per cui RP I1 RP I0 −1 esprime il tasso di inflazione; • X = fattore di aggiustamento che tiene conto del progresso tecnico. Esempio Sia p1,0 = 5, p2,0 = 4, 5, q1,0 = 10 e q2,0 = 20. Inoltre sia 3% il tasso di inflazione e 0, 5 il valore di X che tiene conto del progresso tecnico. 18 Assumiamo che il monopolista decida di ridurre il prezzo del bene 1 da 5 a 4,98, il prezzo del bene 2 dovrà essere tale che il vincolo espresso dalla (12) sia soddisfatto. Affinché ciò avvenga p2,0 dovrà essere eguale o inferiore a 2,16. Nel caso di assenza d’inflazione RP I1 = RP I0 , la somma ponderata dei tassi di crescita dei prezzi non può essere maggiore di X, e se X è un numero positivo i prezzi in media devono diminuire. L’espressione diventa p 1 q0 ≤ −X p 0 q0 (13) ove p1 q0 è la somma delle quantità al tempo 0 valutate ai prezzi del tempo 1. p0 q0 è il ricavo totale al tempo 0. La prima parte della disuguaglianza è un indice di Laspeyres dei prezzi dell’impresa regolamentata ( i prezzi sono le quantità relative al punto 0) Si dimostra che il price cap nella forma ora presentata induce una struttura efficiente di prezzi Ramsey. Il meccanismo del price cap ora proposto implica che il regolamentatore non interviene sui singoli prezzi p1,1 , p2,1 , pn,1 ma impone all’impresa di scegliere i prezzi ogni periodo con il vincolo che nel periodo corrente questi devono generare profitti negativi dati i costi e le quantità prodotte nel periodo precedente p1 q0 − C(q0 ) ≤ 0 (14) Questa espressione può essere riscritta come p 1 q0 C (q0 ) p0 q0 − π0 π0 ≤ = =1− p 0 q0 p 0 q0 p0 q0 p 0 q0 (15) Ricordiamo che p0 , q0 , p1 sono vettori; π0 sono i profitti e C(q0 ) i costi dell’impresa al tempo 0. L’espressione a sinistra è un indice di Laspeyres dei prezzi dell’impresa regolamentata e l’espressione sulla destra indica che tale indice diminuisce per un fattore dato dal profitto del periodo precedente diviso per i ricavi del periodo precedente. Vogelsang-Finsinger (1979) hanno dimostrato che il regolamentatore utilizzando in ciascun periodo un meccanismo di price cap del tipo ora indicato, ove i pesi sono le quote dei ricavi di ogni servizio sul ricavo totale calcolate nel precedente periodo, può indurre l’impresa ad avere nel tempo una struttura di prezzi efficienti, prezzi Ramsey, anche se le informazioni 19 in suo possesso consistono solo nel conto Profitti e Perdite dell’ultimo anno e non ha alcuna informazione sulla curva di domanda. Figure 4: Il meccanismo di Vogelsang-Finsinger per un’impresa monoprodotto. Nel Grafico 4 viene illustrato il meccanismo proposto da Vogelsang-Finsinger (1979) caso del singolo prodotto anche se ciò fa perdere all’analisi l’aspetto interessante di lasciare i singoli prezzi non regolamentati, avendo messo solo un tetto all’indice del livello dei prezzi dell’impresa regolamentata. Il regolamentatore osserva p0 , q0 , c0 nell’anno 0 e impone che al tempo 1 p1 = c0 . L’impresa produrrà al tempo 1 q1 , ad un costo pari a c1 . Al tempo 2 l’impresa non potrà porre un prezzo maggiore di c1 , e avremo quindi p2 = c1 . Vi sarà quindi nel tempo una tendenza dell’impresa a porre un prezzo eguale al costo medio AC, che, ricordiamo, nel caso di un un’impresa monoprodotto è un prezzo Ramsey. Avremo quindi c0 p1 = p0 p0 20 da cui π0 p1− p0 c1 q1 − p1 q1 = p0 p 1 q1 p0 q0 (16) e p1 π0 =1− p0 p0 q0 Questa espressione coincide con la (15) allorché si ha un solo servizio. Importante notare è che il termine − pπ0 q00 , nel periodo 1, svolge lo stesso ruolo di X. La relazione indica che il prezzo al tempo 1 deve diminuire ad un tasso pari al rapporto profitti/fatturato al tempo 0. Si dimostra che nel caso in cui il price cap RP I − X utilizzi pesi calcolati con le quantità correnti non vengono più ottenute le proprietà dei prezzi Ramsey (Brodley-Price, 1989). Una critica fatta da Sappington al meccanismo proposto da Vogelsang-Finsinger è che si assume che l’impresa regolamentata massimizzi i profitti di breve periodo invece di comportarsi in modo strategico massimizzando il flusso dei profitti futuri nel lungo periodo. L’impresa regolamentata ,infatti,può essere sorpresa dalla prima applicazione di tale meccanismo, ma nel secondo periodo anticipando la regolamentazione ha un incentivo a sprecare risorse cosı̀ da ottenere un price cap più alto. Questo è un’arma a doppio taglio in quanto risorse sprecate implicano meno profitti anche se esse possono essere usate per aumentare l’utilità dei manager dell’impresa e ciò che di fatto l’impresa può fare è spostare nel tempo il raggiungimento dei prezzi Ramsey. Nel modello Vogelsang-Finsinger la scelta di X è endogena ed è sostanzialmente basata sui tassi di profitto ottenuti dall’impresa negli anni precedenti. Questa scelta induce prezzi Ramsey, cioè prezzi efficienti ma d’altro canto può comportare uno spreco di risorse (e quindi essere X-inefficiente) .Ciò accade se l’impresa regolamentata, prevedendo che se fa profitti in eccesso al normale il regolamentatore tenderà ad abbassare i prezzi (più alto è π0 /p0 q0 maggiore è la riduzione dei prezzi nel periodo successivo) ,non dichiarerà elevati profitti e i guadagni di X-efficiency derivanti dal contratto tipo prezzo fisso3 La critica di Sappington al meccanismo V-F è illustrata nel grafico 4. L’impresa inizia con un prezzo non regolamentato p1 e quantità q1 . I costi che si evincono dai prospetti contabili siano pari a c. Il regolamentatore impone nel secondo periodo un prezzo 3 Questo contratto è cosı̀ chiamato in quanto è l’impresa regolamentata quella che ha diritto ai profitti che realizza ottenendo risultati migliori rispetto al tetto. 21 Figure 5: La critica di Sappington al meccanismo proposto di Finsinger-Vogelsang. p2 = c e la quantità prodotta sarà qc . Il profitto nel primo periodo sarà (p1 − c) q1 e sarà nullo nel secondo periodo in quanto nel secondo periodo p2 = c. Chiamiamo tale profitto π1 . In alternativa nel primo periodo l’impresa può dar vita a sprechi di risorse per un ammontare unitario pari a w. I suoi costi risulteranno pari a c + w. Nel secondo periodo allora l’impresa potrà ottenere dal regolamentatore un prezzo pari a p2 = c + w. Essa riporterà nel frattempo i suoi costi a c. In questo modo il flusso dei profitti attesi guadagnati dall’impresa sarà: π2 = (p1 − c − w) q1 + wq2 1+r ove r è il tasso di sconto. Ovviamente l’impresa avrà convenienza a comportarsi in modo strategico, effettuando sprechi nel primo periodo, se π2 > π1 cioè se (p1 − c) q1 < (p1 − c) q1 − wq1 + 22 wq2 1+r (17) da cui si ricava la condizione affinché il monopolista abbia un comportamento strategico q2 −1>r q1 Nel caso in cui X è fissato esogenamente e quindi il price cap è determinato dal regolamentatore non si hanno i problemi di cui sopra ed il meccanismo del price cap è un meccanismo Xefficiente. In tal caso un primo problema riguarda la scelta di X. L’autorità non sempre ha le informazioni adeguate. Come si è detto se l’autorità fissa un valore basso di X l’impresa ottiene i profitti residui che possono essere alti ed apparire eccessivi al consumatore. Un possibile metodo attraverso il quale l’autorità può aumentare le informazioni per fissare il valore di X è quello basato sulla yardstick competition (concorrenza con pietra di paragone). Il confronto con imprese regolamentate simili è un’interessante opportunità per realizzare un price cap che non provochi distorsioni di efficienza allocativa. Un tipo di contratto di questo tipo è stato suggerito da Shleifer (1985). Ogni gruppo di imprese regolamentate regionali simili ha un price cap determinato dal costo unitario medio della altre imprese nel gruppo. Questo contratto permette di soddisfare i vincoli di partecipazione e di compatibilità dell’impresa regolamentata. Quando l’impresa differisce dalle altre per alcune caratteristiche il regolamentatore può ottenere lo stesso risultato attivo penalizzando le imprese in base agli effetti di tali caratteristiche sui costi unitari. La yardstick competition può essere applicata allorché le imprese sono geograficamente separate. L’idea è di legare il price cap dell’impresa A al costo unitario dell’impresa B, in modo da dare ad A l’incentivo ad essere efficiente e a ridurre i costi. Ciò a sua volta abbassa il prezzo di B. La yardstick competition è utilizzato nelle telecomunicazioni. 5 La regolamentazione nel caso di informazione asimmetrica con selezione avversa: un caso semplificato Nel caso di informazione asimmetrica l’ostacolo alla regolamentazione riguarda la mancata conoscenza da parte del regolamentatore di molti parametri che caratterizzano l’impresa regolata. Il caso più semplice è quello in cui il regolamentatore conosce la curva di domanda del mercato q = D(p) e sa che la funzione di costi dell’impresa è del tipo Ci = F + ci qi e che vi sono due possibili tipi di impresa una con costo marginale alto ch , ed una con costo marginale 23 basso cl 4 . Il regolamentatore non conosce se l’impresa regolamentata appartenga al tipo a basso o alto costo ma ha una sua congettura a priori sulla distribuzione di probabilità dei due tipi di imprese; ρ e (1 − ρ) sono rispettivamente tali probabilità per il tipo con costi alti e con costi bassi. La funzione obiettivo del regolamentatore è W = θ [CS (p) − T ] + (1 − θ) Πm (p, T, c) (18) dove θ è il peso attribuito al surplus del consumatore e (1 − θ) al surplus del produttore; CS è il surplus del consumatore; Πm = T + p(q)q − Ci q è il profitto dell’impresa regolamentata e T è una somma fissa che viene trasferita dai consumatori attraverso il regolatore all’impresa regolamentata. Avendo ipotizzato che il trasferimento viene fatto dai consumatori e non è un trasferimento pubblico non si considera il costo opportunità dei fondi pubblici. Sia Π∗ il profitto di riserva dell’impresa regolamentata cioè quel profitto che l’impresa deve ottenere altrimenti cessa l’attività e non produrrà niente. Il regolamentatore non conosce il costo dell’impresa. Se lo conoscesse farebbe un prezzo eguale al costo marginale M C e la quantità prodotta sarebbe q = D(M C). Giacché il regolamentatore conosce la curva di domanda, a seconda del costo che viene dichiarato dall’impresa il regolamentare proporrà una tipologia di contratti {pi , Ti } che comportano la fissazione di un prezzo pi , ed un trasferimento Ti da parte del consumatore all’impresa. Questi contratti dovranno essere costruiti in modo tale che l’impresa regolata sia incentivata a dire la verità. Chiameremo quindi {ph , Th } il contratto inteso per il monopolista con costi alti e con {pl , Tl }, quello inteso per il monopolista con costi bassi. La funzione da massimizzare sarà il valore atteso della funzione obiettivo che tiene conto dei due tipi di impresa: W = ρ {θ [S (ph ) − Th ] + (1 − θ) Πm (ph , Th , ch )}+(1 − ρ) {θ [S (pl ) − Tl ] + (1 − θ) Πm (ph , Th , ch )} (19) Il regolamentatore massimizzerà la propria funzione obiettivo sotto i vincoli che 4 In questo paragrafo viene data una esposizione semplificata del modello proposto da Besanko-Sappington (1987) 24 1. l’impresa regolamentata abbia interesse a produrre il servizio (vincolo di partecipazione) Πm (ph , Th , ch ) ≥ Π∗ (20) Πm (pl , Tl , cl ) ≥ Π∗ (21) 2. l’impresa dichiari il suo effettivo livello di costo; quindi il profitto allorché dichiara la verità deve essere maggiore di quanto mente (vincolo di incentivo) Πm (ph , Th , ch ) ≥ Πm (pl , Tl , ch ) (22) Πm (pl , Tl , cl ) ≥ Πm (ph , Th , cl ) (23) Questi vincoli ci assicurano che allorché l’impresa ha un costo ci essa avrà interesse ad accettare il contratto associato al costo ci , piuttosto che mentire e preferire il contratto associato ad un costo cj ; ove i = h, l. Per avere un’intuizione della soluzione ottima consideriamo prima un caso molto semplice in cui: • i costi fissi siano nulli, cioè F = 0 • il profitto di riserva sia nullo, cioè Π∗ = 0 • i pesi attribuiti dal regolatore a surplus del consumatore e profitti siano uguali e quindi il welfare diventa la somma non pesata delle due componenti. In questo caso il problema del regolatore diventa: max W = ρ [(CS(ph ) − Th + Π(ch , ph , Th )] + (1 − ρ) [(CS(pl ) − Tl + Π(cl , pl , Tl )] {pi ,Ti } (24) tale che Πm (ph , Th , ch ) ≥ 0 (25) Πm (pl , Tl , cl ) ≥ 0 (26) Πm (ph , Th , ch ) ≥ Πm (pl , Tl , ch ) (27) Πm (pl , Tl , cl ) ≥ Πm (ph , Th , cl ) (28) dove: 25 • Π(cl , pl , Tl ) = (pl − cl ) ql + Tl • Π(ch , ph , Th ) = (ph − ch ) qh + Th • Π(cl , ph , Th ) = (ph − cl ) qh + Th = Π(ch , ph , Th ) + (ch − cl ) qh Il primo risultato che si può facilmente verificare è che se il vincolo di partecipazione del tipo con costi alti (25) e il vincolo di incentivo per il tipo con costi bassi (28) sono rispettati, allora il vincolo di partecipazione del tipo con costi bassi è sempre verificato. Infatti, poiché Π(cl , ph , Th ) = Π(ch , ph , Th ) + (ch − cl ) qh Π(ch , ph , Th ) ≥ 0 (ch − cl ) qh > 0 Ne segue che il vincolo (28) è ridondante. Inoltre è intuitivo pensare che se l’impresa con costi bassi cercherà di farsi passare per un’impresa con costi alti cosı̀ da ottenere prezzi più alti, non dovrebbe esserci alcun incentivo per l’impresa con costi alti a farsi passare per un’impresa con costi bassi. Quindi anche il vincolo (27) dovrebbe essere ridondante.5 . Ora caratterizzeremo la soluzione ottimale con l’aiuto della figura 5. Ipotizziamo che il regolatore stabilisca i prezzi pari ai costi marginali cosı̀ che pl = cl e ph = ch . In tal caso il monopolista con costi alti ottiene un profitto non negativo con il contratto {ph = ch , Th = 0 che quindi rispetta il suo vincolo di partecipazione (25). Ora controllando per (28), il vincolo di incentivo dell’impresa con costi bassi, quest’ultima otterrebbe un profitto pari a C1 C2 AB se prendesse il contratto pensato per il tipo con costi alti. Quindi è necessario che egli abbia un profitto almeno uguale affinché il vincolo (28) sia rispettato. Quindi un contratto {pl = cl , Tl = C1 C2 AB} sarebbe accettato dal tipo con costi bassi e preferito al contratto {ph = ch , Th = 0}. Inoltre è facile verificare che anche gli altri due vincoli sono rispettati. Di conseguenza tale menu di contratti permette di massimizzare il surplus totale stabilendo dei prezzi pari ai costi marginali. Inoltre l’impresa con costi bassi ottiene un rendita dovuta all’asimmetria informativa che è pari al trasferimento da parte dei consumatori. Se l’informazione fosse stata completa in regolatore avrebbe potuto fissare i prezzi efficienti 5 La strategia per trovare la soluzione del problema del regolatore è generalmente quella di considerare solo i due vincoli (25) e (28) e verificare a posteriori il vincolo (27). 26 direttamente senza concedere alcun trasferimento. Tuttavia, al fine di incentivare il corretto rilascio delle informazioni, la concessione del trasferimento è necessaria, generando una rendita per il monopolista inesistente in assenza di asimmetria informativa. Di conseguenza questa soluzione porterebbe in teoria all’efficienza allocativa in quanto in ogni stato del mondo la quantità prodotta è quella ottimale. Tuttavia il problema è legato al trasferimento da effettuare al monopolista che gode di una rendita informativa alcuni consumatori potrebbero non voler pagare il trasferimento e la domanda diminuirebbe.6 Figure 6: Scelta dei contratti in presenza di selezione avversa. Il caso di semplificato senza costi fissi e con il welfare definito come somma non pesata del surplus dei consumatori e dei profitti delle imprese. Se però il regolatore non pesa in modo uguale surplus del consumatore e profitti e dà un maggior peso ai consumatori, allora la soluzione identificata porterebbe ad una rendita 6 Questo argomento ricalca quello analizzato a proposito dell’effetto sull’efficienza delle tariffe non lineari. 27 eccessiva e quindi un costo eccessivo per i consumatori. In tal caso quindi il regolatore potrebbe preferire alternative che prevedano una rendita inferiore, anche a scapito di una qualche perdita di efficienza allocativa. Figure 7: Scelta dei contratti in presenza di selezione avversa. Il caso in cui il surplus del consumatore ha un peso maggiore dei profitti nella funzione di welfare del regolatore. Infatti e facile vedere, utilizzando la figura 5 come aumentando il prezzo permesso all’impresa con costi alti è possibile ridurre la rendita all’impresa con costi bassi. Le principali caratteristiche del menu di contratti offerto dal regolatore nel caso in cui il surplus del consumatore è pesato più dei profitti sono le seguenti. Per il monopolista con costi bassi il regolatore definisce una tariffa con pl = cl . Quindi anche in tal caso il monopolista con costi bassi produce la quantità di first best. Il traferimento Tl deve essere sufficientemente grande da assicurare che il vincolo di incentivo sia rispettato, ovvero che Πm (pl , Tl , cl ) > Πm (pl , Tl , ch ) > 0. Ma quale sarà il prifitto che l’impresa con costi bassi può avere scegliendo il contratto pensato per l’impresa 28 con costi alti? Questo dipende come nel caso precedente dal contratto {ph , Th }. Ed è possibile vedere nella figura 5 come aumentando il prezzo permesso all’impresa con costi alti è possibile ridurre la rendita all’impresa con costi bassi. In tal caso quindi il prezzo ph > ch . Tuttavia anche l’impresa con costi alti farà in questo caso profitti positivi, ma, poiché non sono necessari per incentivare una corratta scelta del contratto da parte dell’impresa con costi alti, questi profitti possono essere riassorbiti tramite un trasferimento negativo Th = c2 F Gp2 . Tuttavia, vi è una perdita di benessere sociale (inefficienza allocativa) pari all’area F GA. Il vantaggio per il regolatore di scegliere p2 > c2 è però legato alla riduzione del trasferimento da destinare all’impresa con costi bassi. in tal caso il trasferimento sarà Tl = c1EGp2 − c2 F Gp2 = c1 EF c2 . Questo trasferimento è inferiore a quello definito quando p2 = c2 che sarebbe stato pari all’area c1 BAc2 . Quindi al fine di ridurre la rendita del monopolista con costi bassi si distorce il prezzo del monopolista con costi alti. L’ammontare della distorsione, ovvere di quanto p2 è maggiore di c2 nel contratto che massimizza il benessere sociale dipende da • dalla distribuzione di probabilità sui due tipi • dal peso associato al surplus del consumatore • dalla pendenza della funzione di domanda • dalla differenza di costi 6 La regolamentazione asimmetrica con selezione avversa: un modello generale In generale il problema nel caso di selezione avversa può essere cosı̀ posto. La funzione di costo è pari a C(q, B). Il parametro B è l’informazione privata dell’impresa mentre la produzione q è osservabile. Il regolamentatore versa all’impresa un trasferimento T che dipende dalla quantità prodotta. Il regolamentatore osserva solo la quantità prodotta. L’obiettivo del regolamentatore è quello di massimizzare la somma ponderata del profitto dell’impresa. π(q) = T + p(q)q − C(T, B) e del surplus netto del consumatore S(q) − p(q)q − T 29 Giacché il trasferimento è finanziato dal regolamentatore all’impresa utilizzando le imposte ciò comporterà una distorsione. Chiamiamo λ > 0 il costo di tale distorsione per unità prelevata, avremo quindi che il surplus sociale è dato da S − P (q)q − (1 + λ)T + T − p(q)q − C(q, B) Nel caso il regolamentatore attribuisca peso diverso al surplus del consumatore e del produttore, il surplus sarà W = v[S − p(q)q − (1 + λ)T ] + [1 − v][T − p(q)q − C(q, B) e la funzione da massimizzare sarà il valore atteso, data la distribuzione di B, del surplus sociale: − Z B max W (B) f (B) dB (29) B − − Ove il parametro B è distribuito nell’intervallo B , B secondo una distribuzione cumulativa − F (B) con funzione di densità strettamente positiva f (B). Nel caso di informazione perfetta se C = Bq il prezzo sarà dato dal prezzo Ramsey. L= p−B λ 1 = p 1+λη (30) Nel caso di asimmetria informativa il contratto prescelto dall’impresa [T(B), q(B)] sarà tale che il prezzo è maggiore del prezzo Ramsey, e l’impresa regolamentata godrà di una rendita tanto maggiore quanto più efficiente è l’impresa. 7 Regolamentazione asimmetrica con selezione avversa e azzardo morale Il caso più generale è quello in cui vi è sia una situazione di azzardo morale (si veda LaffontTirole, 1993) che di selezione avversa. Il regolamentatore non conosce, se non imperfettamente, il grado di efficienza tecnica dell’impresa e non osserva il livello dello sforzo fatto dall’impresa regolamentata nel ridurre i costi. Il regolamentatore quindi osserva i costi e la quantità 30 prodotta ma non è in grado di giudicare se questi risultati dipendono dalla capacità tecnica o dallo sforzo dell’impresa. Quindi non è in grado di giudicare se un risultato modesto è frutto di un basso livello dello sforzo o di un livello tecnico insufficiente. Occorrerà quindi costruire un contratto che induca l’impresa a rivelare il suo vero tipo e ad effettuare lo sforzo massimo. Questo contratto prende la forma di trasferimenti lineari del tipo T = a + bC, ove b è la quota di costi che l’impresa si assume e a è un pagamento fisso. Il regolamentatore osserva il valore del costo e fa un trasferimento pari a T . Si dimostra che la performance dell’impresa in termini di costi è correlata positivamente con la pendenza b dello schema di incentivo e con il pagamento fisso a. La massimizzazione del benessere sociale si ottiene con una serie di contratti tali che se l’impresa è del tipo efficiente essa sceglierà un contratto ad alto potere incentivante con elevato valore della quota fissa a. L’impresa efficiente effettuerà il massimo sforzo e godrà di una rendita. L’impresa poco efficiente sceglierà un contratto a basso potere incentivante principalmente composto di un pagamento proporzionale al costo sostenuto. Si comprende intuitivamente che questo contratto è ottimale in quanto è l’assenza di sforzo da parte dell’impresa a elevata capacità tecnica che è più pregiudizievole per la comunità mentre un pagamento compensatorio che deve essere versato all’impresa con bassa capacità tecnica per aumentare lo sforzo non è sufficientemente produttivo. In presenza di una doppia asimmetria il regolamentatore dovrà scegliere tra un tipo di contratto che assicura un prezzo vicino al costo ma a basso potere incentivante ed un contratto più incentivante con il quale l’impresa produce il massimo sforzo ma le permette di ottenere una rendita ad un prezzo maggiore del costo di equilibrio. 31