Meteorologia e Micrometeorologia per l’inquinamento atmosferico 2011 Parte 3 Descrizione Statistica della Turbolenza dott. Roberto Sozzi dott. Andrea Bolignano Il Moto Laminare ed il Moto Turbolento Il moto dei fluidi viscosi newtoniani può essere: 1. 2. Laminare Turbolento Moto Laminare 1. 2. 3. 4. E’ caratteristico dei fluidi ad alta viscosità che si muovono su superfici a bassissima rugosità e con velocità estremamente bassa; È un moto ordinato in cui strati adiacenti di fluido scorrono gli uni sugli altri con piccolo rimescolamento e con un trasferimento reciproco di proprietà esclusivamente a scala molecolare (viscosità cinematica ν); I vari campi associati al fluido (velocità, temperatura, concentrazione, ecc.) sono altamente regolari e variabili solo gradualmente nello spazio e nel tempo ; Se il fluido scorre sopra una superficie piana, per la no-slip condition la velocità sarà nulla alla superficie e crescerà con la distanza da essa fino a raggiungere un valore di equilibrio. Lo strato di spessore h in cui la velocità del fluido passa dal valore nullo (alla superficie) al valore all’equilibrio prende il nome di Strato Limite (Boundary Layer) U z h Moto Turbolento Le osservazioni sperimentali dei fluidi di interesse geofisico (mare, atmosfera) ed ingegneristico (fluidi in condotti) evidenziano un regime di movimento ben lontano da quello laminare. Tale regime di moto risulta estremamente irregolare e apparentemente privo di logica. In generale, in esso possiamo individuare un comportamento sostanzialmente regolare cui si sovrappongono disturbi di dimensione e durata variabile. I disturbi a scala maggiore tendono a frantumarsi in disturbi a scala sempre più piccola, suggerendo una sorta di cascata dimensionale. Moto laminare Moto Turbolento Leonardo da Vinci 1509 Il tipo di moto di un fluido (laminare o turbolento) non è una proprietà intrinseca ad un dato fluido a viscosità ν. Infatti, dato un fluido (es. aria), il suo moto può essere o laminare o turbolento a seconda delle condizioni di moto. Quando si ha una transizione: Moto laminare ⇒ Moto turbolento? Esperimento di Reynolds Apparato sperimentale ⇒ Prendo un fluido (es un liquido) con viscosità cinematica ν e lo faccio scorrere su una superficie piana poco rugosa ⇒ Sono in grado di regolare la velocità U del fluido al di sopra del Boundary Layer ⇒ Sono in grado di registrare l’altezza h del Bondary Layer. Conduzione dell’esperimento ⇒ Faccio varie prove aumentando gradualmente la velocità U e registrando l’altezza h ⇒ Per ogni prova calcolo il Numero di Reynolds: Re = Uh/ν Risultati ⇒ A bassi valori di Re (inferiori a circa 103), cioè a bassi valori di U, il moto del fluido permane regolare (cioè laminare) ovunque; ⇒ All’aumentare di U (quindi di Re) il moto resta laminare (regolare) finché Re non supera un valore critico, variabile a seconda di molti fattori come la rugosità della frontiera rigida, la geometria della stessa, ecc., ma comunque dell'ordine di 10 3. A questo punto si iniziano a vedere i primi cambiamenti nel moto del fluido. Infatti, il moto laminare del fluido, costituito originariamente da un lento scorrimento regolare di lamine piane di fluido le une sulle altre, progressivamente presenta instabilità bidimensionali, che si possono manifestare con ondeggiamenti verticali che evolvono con l'aumentare di Re fino a diventare tridimensionali. A questo punto, il moto del fluido, ancora sostanzialmente ordinato, comincia ad evidenziare disturbi intensi e localizzati di tipo tridimensionale che si presentano in modo apparentemente casuale nello spazio e nel tempo. ⇒ Con l'aumentare di Re, questi disturbi tridimensionali casuali aumentano di numero, di frequenza e d’intensità, si mischiano tra loro, si rompono, fino a coinvolgere tutto il fluido presente nel Boundary Layer. ⇒ A questo punto il moto del fluido è ben lontano dal suo stato originale: infatti si individua ancora un moto di traslazione che ricorda un movimento laminare cui però si vanno a sovrapporre perturbazioni (normalmente indicati col termine eddy, cioè vortici turbolenti) più o meno intense a seconda del valore di Re e della distanza dalla frontiera rigida, perturbazioni apparentemente senza senso e quindi descrivibili come perturbazioni completamente casuali. ⇒ Entro il Boundary Layer si viene ad instaurare quindi un tipo di moto sostanzialmente disordinato e caotico a cui si dà il nome di moto turbolento e che, a tutti gli effetti, può sembrare del tutto casuale anche se è innegabile che sia il risultato di un fenomeno genuinamente deterministico. Considerazione A Per un generico fluido si nota sperimentalmente che la transizione Moto Laminare ⇒ Moto Turbolento avviene in maniera pressoché improvvisa quando Re superare un valore di soglia. Nell’aria del PBL: - Valore tipico della velocità U (alla sommità del PBL): U = 5 ms -1 Valore tipico del Boundary Layer Diurno: h = 1000 m Valore tipico del Boundary Layer Notturno: h = 100 m Viscosità cinematica: ν = 1.46 10-5 m2s-1 Quindi avremo: Re (diurno) = 3.42 108 Re (notturno) = 3.42 107 Quindi l’aria del PBL si troverà perennemente in condizioni turbolente. Considerazione B Se ripetiamo l’esperimento di Reynolds in condizioni virtualmente identiche, l’evidenza sperimentale indica che i risultati che si ottengono (Campi di velocità nel tempo): - non coincidono istante per istante; - mentre di fatto coincidono i valori medi, le varianze, le covarianza e gli altri momenti statistici che otteniamo se consideriamo i risultati istantanei come se fossero variabili stocastiche. Spiegazione possibile: - In realtà le condizioni sperimentali virtualmente identiche non lo sono nella realtà, perché ad ogni realizzazione dell’esperimento sicuramente variano (anche in modo infinitesimo) le condizioni iniziali. - Quindi il moto dei fluidi turbolenti è ipersensibile alle condizioni sperimentali. - Questa ipersensibilità, però, è evidente istante per istante, ma statisticamente le varie realizzazioni diverse dell’esperimento sono identiche. In conclusione, dal punto di vista sperimentale il moto dell’aria nel PBL: - È sicuramente deterministico - Ma con spiccate caratteristiche caotiche - Che apparentemente si presenta come un processo stocastico sovrapposto ad un andamento regolare nello spazio e nel tempo. La descrizione teorica del moto di un fluido (quindi anche dell’aria del PBL) è data senza ombra di dubbio dalla Fluidodinamica e quindi dalle equazioni di conservazione viste nella Parte 2. Anche queste equazioni sono ipersensibili alle condizioni iniziali ed al contorno come si è visto per gli esperimenti. In particolare: - Anch’esse presentano una transizione regime laminare ⇒ regime turbolento per particolari valori di Re. x (t) - x (t) x (t) x (t) - A fronte di condizioni iniziali di pochissimo diverse, esse producono output profondamente diversi. 20 10 0 -1 0 -2 0 20 10 0 -1 0 -2 0 40 Risultati di due diverse realizzazioni del modello semplificato di Lorenz (convettività dell’atmosfera) le cui condizioni iniziali differiscono di 10-6. 20 Differenze istantanee delle due realizzazioni 0 -2 0 -4 0 0 20 40 t (s) 60 80 100 Proprietà generali della turbolenza - l'irregolarità: che caratterizza il campo delle principali variabili che ne descrivono il moto. Queste irregolarità hanno le caratteristiche proprie di un fenomeno stocastico e suggeriscono che un metodo di indagine possibile potrebbe essere proprio quello statistico. - la diffusività: le irregolarità caratteristiche di un moto turbolento determinano un rapido rimescolamento di porzioni di fluido con caratteristiche chimiche e fisiche differenti e quindi un incremento del tasso di trasferimento di massa, quantità di moto e calore. a) b) - l'alto numero di Reynolds: la turbolenza nel moto di un fluido si instaura solo ad elevati valori di Re. Come spiegato da Monin e Yaglom, il numeratore della relazione Re = Uh/ν rappresenta le forzanti inerziali, cioè quelle forzanti del moto che dipendono dal gradiente di velocità, mentre il denominatore risulta proporzionale alle forzanti viscose. Mentre le forzanti inerziali agiscono nel senso di destabilizzare il moto del fluido, la forzante viscosa ha un effetto regolarizzante. Alti valori di Re stanno a significare che l'azione destabilizzante delle forzanti inerziali prevale sull'effetto regolarizzante dei termini viscosi. - la sua tridimensionalità: è noto come nel moto dei principali fluidi geofisici siano spesso evidenti perturbazioni bidimensionali non turbolenti (onde di gravità, onde orografiche, ecc.). Tuttavia, l'impronta della turbolenza è data solo dalla presenza di strutture irregolari tridimensionali che ne costituiscono l'elemento distintivo. Tridimensionalità - è un fenomeno dissipativo: i flussi turbolenti sono sempre dissipativi dato che gli sforzi viscosi compiono lavoro di deformazione che aumenta l'energia interna del fluido a spese dell'energia cinetica posseduta dal fluido stesso. Quindi, perché permanga, la turbolenza richiede una continua somministrazione di energia esterna per compensare le perdite dovute all'azione degli sforzi viscosi. Se cessa tale apporto energetico, la turbolenza decade rapidamente. Come si è visto, la sorgente di energia esterna privilegiata per mantenere la turbolenza nel PBL è il sole che riscalda l’interfaccia aria-suolo, il quale, a sua volta, restituisce energia all’aria immediatamente sovrastante. Durante la notte l’apporto solare viene meno e la turbolenza decade. - è un fenomeno continuo: la turbolenza non è un fenomeno di tipo microscopico, ma macroscopico ed è quindi governato dalle leggi della Meccanica dei Fluidi. Come si è visto, è effettivamente possibile presentare un apparato teorico che descrive il moto turbolento di un fluido basato sulle leggi della Meccanica dei Fluidi, tuttavia la presenza di non linearità in tali leggi, concentrate prevalentemente nella descrizione delle forzanti inerziali, da un lato spiega l'apparente casualità del moto turbolento (la sua caoticità) e dall'altro evidenzia come un tale costrutto teorico non sia in grado di produrre un modello praticamente utilizzabile. Pertanto il trattare la turbolenza come un fenomeno più o meno stocastico, più che una necessità teorica, è il risultato della disperazione nel trattare nella pratica moti di questo genere. Sic rebus stantibus ….. …. introduciamo, a fini puramente descrittivi, l’ipotesi secondo cui: il moto di un fluido turbolento (nel nostro caso l’aria nel PBL), pur essendo un fenomeno sicuramente deterministico (ma caotico), può essere descritto come un fenomeno completamente statistico (fenomeno stocastico). Quindi, ogni variabile meteorologica entro il PBL, in un punto P(x,y,z) nello spazio evolverà nel tempo come un processo stocastico. Questa ipotesi non è irrilevante, anche dal punto di vista filosofico. Se mi mettessi in un punto ed ipotizzassi di rilevare l’andamento temporale di una variabile x(t) con 4 strumenti diversi che non interferiscono tra loro pur essendo localizzati nella medesima posizione, a priori potrei ottenere 4 andamenti temporali diversi istante per istante, ma con caratteristiche statistiche comuni. Basi per una descrizione stocastica Se consideriamo una variabile (es. temperatura potenziale) in un punto P(x,y,z) al tempo t, essendo una variabile stocastica: - Non possiamo dire quale sia il suo reale valore (non è una variabile deterministica) - Possiamo solo definire la funzione di densità di probabilità p(T) Per definirla (anche se in maniera ben poco rigorosa) si consideri la variabile stocastica T. La probabilità che una sua realizzazione θ stia nell’intervallo TA + ∆T e TA è pari a: P{T + ∆T > θ ≥ T } A A Se poi ∆T tende a zero, si ha la definizione di funzione di densità di probabilità P{T A + ∆T > θ ≥ T A } F ( T A + ∆T ) − F ( T A ) p ( T ) = lim = lim F u n z i o n e d i d e n s i t à d i p r o b a b i l i t à ( K -1 ) A ∆T →0 ∆T ∆T →0 : ∆T 0 .6 E’ immediato constatare come la PDF non sia adimensionale, ma abbia la dimensione dell’inverso della dimensione propria della variabile stocastica considerata. 0 .4 0 .2 0 297 298 299 300 T e m p e r a tu r a p o te n z ia le ( K ) 301 302 Quindi: Per ogni punto dello spazio del Dominio di Interesse Per ogni istante del periodo di interesse Densità di Probabilità (one-point single variable) Per ogni singola variabile che descrive lo stato del PBL Comunque non si descrive l’intero universo statistico che caratterizza il PBL Consideriamo due variabili in P(x,y,z) e al tempo t (es. componente la componente trasversale v e verticale w del vento), la densità di probabilità congiunta p (v,w) può essere così definita P[ v < V ≤ v + ∆v AND w < W ≤ w + ∆w] pVW ( v, w) = ∆lim v →0 ∆v ⋅ ∆w ∆w→0 Quindi: Per ogni punto dello spazio del Dominio di Interesse Per ogni istante del periodo di interesse Per ogni combinazione di n variabili che descrivono lo stato del PBL (n=1,…) Densità di Probabilità Congiunte (one-point single variable) A questo punto sì che conociamo l’intero universo statistico che caratterizza il PBL Una completa descrizione statistica dei fenomeni stocastici (il cui insieme spaziale costituisce l’insieme dei campi stocastici meteorologici del PBL) richiede la definizione di una miriade di funzioni di densità di probabilità congiunta o meno, il tutto complicato dalla presenza della variabile tempo. Se consideriamo il PBL, ci accorgiamo che la variazione temporale dei fenomeni è abbastanza lenta e quindi possiamo introdurre un’ulteriore ipotesi di lavoro: Se consideriamo intervalli temporali abbastanza limitati (tipicamente dell’ordine dell’ora) ragionevolmente le variabili meteorologiche non variano le proprie caratteristiche statistiche nel tempo e quindi possono essere considerate variabili stocastiche stazionarie. Momenti Una descrizione alternativa a quella basata sulle funzioni di densità di probabilità è quella basata sui momenti. Se consideriamo una variabile stocastica X, il momento del primo ordine (media d’insieme) è definito come µ X = x = E[u ] = +∞ ∫ x ⋅ p( x ) ⋅ dx −∞ E rappresenta il valore caratteristico della variabile X, il valore che ci attenderemmo di misurare (in effetti prende anche il nome di valore atteso). In generale, si definisce momento centrato di ordine n la quantità seguente: +∞ bn = ∫(x − µ ) n X [ ] ⋅ p ( x ) ⋅ dx = E ( x') = ( x') n n −∞ Se n = 2, si ha la varianza della variabile X, definita come: σ X2 = +∞ ∫(x−µX ) 2 ⋅ p ( x ) ⋅ dx −∞ Che rappresenta una sorta di variabilità caratteristica di X. Dalla varianza è immediato ottenere la deviazione standard che altro non è che la radice quadrata della varianza. Ovviamente potremmo definire (e calcolare) gli infiniti momenti di ciascuna delle variabili meteorologiche che descrivono il PBL. Tuttavia, rivestono un’importanza estrema anche i momenti tra variabili. Data una coppia di variabili, anch’essi sono infiniti e tra di essi il più noto e denso di significato fisico è il momento secondo (la covarianza) che, per due variabili, è definito come: C xy = E [ ( x − µ X ) ⋅ ( y − µ Y ) ] = +∞ +∞ ∫ ∫ ( x − µ X ) ⋅ ( y − µY ) ⋅ p( x, y ) ⋅ dxdy −∞ − ∞ Per un noto Teorema della Statistica, una descrizione completa di un sistema stocastico può essere ottenuta: - conoscendo la miriade di funzioni di densità di probabilità, congiunte o meno, - o equivalente conoscendo gli infiniti momenti delle variabili stocastiche considerate Preso alla lettera, anche questo approccio è destinato al fallimento. Tuttavia: - Ipotizziamo di sostituire alla definizione teorica dei momenti la loro stima campionaria (cioè dedotta dalle misure) - Ed ipotizzando, poi, che solo alcuni dei possibili momenti siano veramente importanti nella descrizione della turbolenza atmosferica allora la possibilità di descrivere la turbolenza del PBL impiegando un modello stocastico risulta decisamente più realistica. A questo punto, cerchiamo di applicare questo modello stocastico allo studio del PBL. Qui di seguito riproponiamo il problema, specializzandolo al PBL e concentrando l’attenzione sul significato fisico dei vari momenti, mentre nella Parte 4 vedremo le ripercussioni di queste ipotesi di lavoro sul modello fluidodinamico che descrive il PBL. Se si misurano le tre componenti del vento e la temperatura con sensori a risposta rapida si vede che: Le variabili presentano un andamento abbastanza regolare cui si sovrappongono irregolarità elevate che paiono “rumore” con caratteristiche di un segnale casuale. Segnale = andamento medio regolare + fluttuazioni irregolari (turbolente) Caratteristica esteriore rilevante della turbolenza nel PBL ed in tutti i fluidi turbolenti di interesse geofisico. La quantificazione della Turbolenza deve essere necessariamente dedotta dall’analisi delle fluttuazioni (irregolarità) contenute nel segnale. V e l _ x (m /s ) 2 .0 1 .0 0 .0 -1 .0 - 2 .0 -3 .0 0 100 200 300 400 500 T ie m p o (s ) 600 700 800 900 V e l _ y (m /s ) 3 .0 2 .0 1 .0 0 .0 - 1 .0 -2 .0 0 V e l. v e rtic a l (m /s ) 1 .0 0 .5 0 .0 - 0 .5 -1 .0 0 100 200 300 400 500 T ie m p o (s ) 600 700 800 900 100 200 300 400 500 T ie m p o (s ) 600 700 800 900 16 Si può osservare che: V e lo c id a d d e l v ie n to (m /s ) 14 12 10 8 6 4 2 0 0 360 720 1080 1440 1800 2160 tie m p o (s ) 2520 2880 3240 3600 • le fluttuazioni sono apparentemente aleatorie, • è possibile definire in questo caso un valore tipico (4.8 m/s) • le fluttuazioni stanno in un intervallo limitato variabile nel tempo (turbolenza ⇒ fluttuazioni ⇒ dev.std. 1.7 m/s) • esiste una grande varietà di scale sovrapposte: - Tempo tra picchi piccoli : circa 1 minuto - Tempo tra picchi più elevati: circa 5 minuti - Altre variazioni: circa 10 minuti - La variazione più piccola: 10 secondi Ogni scala temporale è associata a vortici di dimensione differente. Ipotesi di Reynolds Ogni segnale meteorologico può essere visto come la sovrapposizione di un andamento medio regolare e di fluttuazioni turbolente apparentemente casuali aventi media nulla. A(t ) = A + A' ( t ) Un esempio è la componente u del vento: u (t ) = u + u ' ( t ) Per poter applicare questa ipotesi è necessario: ⇒ definire in modo corretto il tempo di mediazione (non inferiore a 15 minuti e non superiore a 1 ora). ⇒ che si misuri con un sensore a risposta rapida. Per come sono realizzate le attuali stazioni meteorologiche, non è possibile acquisire un segnale continuo ma un insieme di valori Ai ad ogni istante ti che si considera. Normalmente gli istanti di campionamento sono equispaziati. Siano note in un periodo temporale P le misure elementari Ai i=1,2,..,N agli istanti temporali ti tali che: ti+1-ti=∆t, P=N⋅∆t Da queste misure elementari (viste come realizzazioni della variabile stocastica A), è possibile definire: • il valore medio • i momenti di ordine superiore che, spesso, si riducono alla sola varianza, e che sono uno degli indicatori della turbolenza del PBL Se si considerano due variabili Ai e Bi, i=1,2,..,N è di notevole importanza la covarianza tra loro Indicatori statistici di turbolenza del PBL ⇒ standard deviation che, per la componente u del vento, è: σu = ( 1 N ui − u ∑ N − 1 i =1 ) 2 = 1 N ( u ') 2 ∑ N − 1 i =1 Il quadrato della deviazione standard è la varianza. ⇒ dalla varianza delle tre componenti del vento, è calcolabile l’energia cinetica turbolenta (energia posseduta dall’aria a causa della turbolenza presente) definita come: TKE = { 1 2 σ u + σ v2 + σ w2 2 } L’energia cinetica turbolenta quantifica il contenuto energetico di una particella d’aria derivante dai suoi moti turbolenti. Senza entrare nei dettagli, vale la pena ricordare che la sua variazione nel tempo dipende: • dal trasporto • dall’azione delle forze di pressione • dall’azione delle forze di galleggiamento • dalla dissipazione viscosa Nella modellistica della dispersione degli inquinanti in aria rivestirà un ruolo molto importante proprio il termine di dissipazione viscosa di TKE, indicato con il simbolo ε e denominato Tasso di dissipazione viscosa dell’energia cinetica turbolenta. Tra due variabili si può definire la covarianza. Considerando, per esempio, la temperatura potenziale θ e la componente w del vento: {( )( )} 1 N 1 N w'θ ' = ∑ θ − θ ⋅ w − w = ∑ {θ ' w'} N i =1 N i =1 Si può dimostrare che: la covarianza tra una delle componenti del vento ed una variabile scalare (temperatura e umidità) rappresenta (a meno di una costante) il flusso turbolento della variabile scalare nella direzione della componente del vento. Flusso Turbolento di Calore Sensibile 1 N H 0 = ρC p ∑ wθ ' ' N i =1 ∂θ ∂z < 0 ∂θ ∂z = 0 ∂θ ∂z > 0 ⇒ H0 > 0 ⇒ Situazione Convettiva ⇒ H0 = 0 ⇒ Situazione Adiabatica ⇒ H0 < 0 ⇒ Situazione Stabile Flusso Turbolento di Calore Latente H E = w'q ' Covarianze tra le componenti u e v del vento e la componente w (a meno di una costante) sforzo di taglio orizzontale dovuto all’attrito delle masse d’aria sulla superficie terrestre. In particolare lo sforzo di taglio è dato da: τ = ρ ⋅ u*2 dove u* (friction velocity) è la velocità di scala definita come: 2 2 N N 1 1 2 u* = ∑ u 'i w'i + ∑ v'i w'i N i =1 N i =1 Parametri che caratterizzano la turbolenza del PBL ⇒ Forzante Convettiva: Flusso Turbolento Calore Sensibile H 0 = ρ ⋅ C p ⋅ w'θ ' ⇒ Forzante Meccanica: Friction velocity 4 2 u* = u ' w' + v' w' ⇒ Altezza di Rimescolamento zi 2 Parametri Accessori Temperatura di Scala T* Lunghezza di Monin-Obukhov T* = − w'θ ' u* T u*3 L=− kg w'θ ' 13 Velocità convettiva di scala g H0 w* = z T ρC i p 0.8 1000 R a d ia c ió n G lo b a l 900 0.6 R a d ia c ió n N e ta F lu jo T u r b u lto C a lo r S e n s ib le 800 700 s)/ m ( 600 ( W /m 2 ) Sigma_ w 500 0.4 400 0.2 300 200 100 0.0 0 0 -1 0 0 0 5 .0 4 8 12 H o ra 16 20 24 0.2 V e l o c id a d d e l V ie n to 4 .5 4 8 12 Hora 16 20 24 8 12 Hora 16 20 24 8 12 Hora 16 20 24 Temperatura de Escala 0.1 V e lo c id a d d e F ric c ió n 4 .0 0.0 3 .5 )K -0.1 (° ( m /s ) 3 .0 2 .5 -0.2 2 .0 1 .5 -0.3 1 .0 0 .5 -0.4 0 .0 0 0 2 .0 4 8 12 H o ra 16 20 500.0 S ig m a _ u Longitud de MoniObukhov 400.0 S ig m a _ v 300.0 1 .5 (m /s) 4 24 ) m ( 1 .0 200.0 100.0 0.0 0 .5 -100.0 -200.0 0 .0 0 4 8 12 H o ra 16 20 24 0 4 RIASSUMENDO Condizioni Convettive: u* > 0 H0>0 T*<0 L<0 Condizioni Adiabatiche: u*>0 H0 =0 T*=0 L →±∞ Condizioni Stabili: u*>0 H0<0 T*>0 L>0 Bibliografia Essenziale R. Sozzi, T. Georgiadis, M. Valentini (2002): Introduzione alla turbolenza atmosferica (ed. Pitagora) Approfondimenti: R. Sozzi – Capitolo 3: La descrizione statistica della turbolenza R.B. Stull (1988): An Introduction to Boundary Layer Meteorology (ed. Kluwer) S.B. Pope (2000): Turbulent Flows (ed. Cambridge University Press) Monin A.S., A.M. Yaglom (2007): Statistical fluid mechanics: mechanics of turbulence Vol. 1 (ed. Dover) Monin A.S., A.M. Yaglom (2007): Statistical fluid mechanics: mechanics of turbulence Vol. 2 – (ed. Dover)