Meteorologia e Micrometeorologia
per l’inquinamento atmosferico
2011
Parte 3
Descrizione Statistica della
Turbolenza
dott. Roberto Sozzi
dott. Andrea Bolignano
Il Moto Laminare ed il Moto Turbolento
Il moto dei fluidi viscosi newtoniani può essere:
1.
2.
Laminare
Turbolento
Moto Laminare
1.
2.
3.
4.
E’ caratteristico dei fluidi ad alta viscosità che si muovono su superfici a bassissima
rugosità e con velocità estremamente bassa;
È un moto ordinato in cui strati adiacenti di fluido scorrono gli uni sugli altri con
piccolo rimescolamento e con un trasferimento reciproco di proprietà esclusivamente a scala molecolare (viscosità cinematica ν);
I vari campi associati al fluido (velocità, temperatura, concentrazione, ecc.) sono
altamente regolari e variabili solo gradualmente nello spazio e nel tempo ;
Se il fluido scorre sopra una superficie piana, per la no-slip condition la velocità
sarà nulla alla superficie e crescerà con la distanza da essa fino a raggiungere un
valore di equilibrio.
Lo strato di spessore h in cui la velocità
del fluido passa dal valore nullo (alla
superficie) al valore all’equilibrio prende il
nome di Strato Limite (Boundary
Layer)
U
z
h
Moto Turbolento
Le osservazioni sperimentali dei fluidi di interesse geofisico (mare, atmosfera) ed
ingegneristico (fluidi in condotti) evidenziano un regime di movimento ben lontano
da quello laminare.
Tale regime di moto risulta estremamente irregolare e apparentemente privo di
logica.
In generale, in esso possiamo individuare un comportamento sostanzialmente
regolare cui si sovrappongono disturbi di dimensione e durata variabile.
I disturbi a scala maggiore tendono a frantumarsi in disturbi a scala sempre più
piccola, suggerendo una sorta di cascata dimensionale.
Moto
laminare
Moto
Turbolento
Leonardo da Vinci
1509
Il tipo di moto di un fluido (laminare o turbolento) non è una proprietà
intrinseca ad un dato fluido a viscosità ν. Infatti, dato un fluido (es. aria), il
suo moto può essere o laminare o turbolento a seconda delle condizioni di
moto.
Quando si ha una transizione:
Moto laminare ⇒ Moto turbolento?
Esperimento di Reynolds
Apparato sperimentale
⇒ Prendo un fluido (es un liquido) con viscosità cinematica ν e lo faccio scorrere su una superficie piana poco rugosa
⇒ Sono in grado di regolare la velocità U del fluido al di sopra del Boundary
Layer
⇒ Sono in grado di registrare l’altezza h del Bondary Layer.
Conduzione dell’esperimento
⇒ Faccio varie prove aumentando gradualmente la velocità U e registrando
l’altezza h
⇒ Per ogni prova calcolo il Numero di Reynolds:
Re = Uh/ν
Risultati
⇒ A bassi valori di Re (inferiori a circa 103), cioè a bassi valori di U, il moto del fluido
permane regolare (cioè laminare) ovunque;
⇒ All’aumentare di U (quindi di Re) il moto resta laminare (regolare) finché Re non
supera un valore critico, variabile a seconda di molti fattori come la rugosità della
frontiera rigida, la geometria della stessa, ecc., ma comunque dell'ordine di 10 3.
A questo punto si iniziano a vedere i primi cambiamenti nel moto del fluido. Infatti, il
moto laminare del fluido, costituito originariamente da un lento scorrimento
regolare di lamine piane di fluido le une sulle altre, progressivamente presenta
instabilità bidimensionali, che si possono manifestare con ondeggiamenti
verticali che evolvono con l'aumentare di Re fino a diventare tridimensionali. A
questo punto, il moto del fluido, ancora sostanzialmente ordinato, comincia ad
evidenziare disturbi intensi e localizzati di tipo tridimensionale che si
presentano in modo apparentemente casuale nello spazio e nel tempo.
⇒
Con l'aumentare di Re, questi disturbi tridimensionali casuali aumentano di
numero, di frequenza e d’intensità, si mischiano tra loro, si rompono, fino a
coinvolgere tutto il fluido presente nel Boundary Layer.
⇒
A questo punto il moto del fluido è ben lontano dal suo stato originale:
infatti si individua ancora un moto di traslazione che ricorda un
movimento laminare cui però si vanno a sovrapporre perturbazioni
(normalmente indicati col termine eddy, cioè vortici turbolenti) più o meno
intense a seconda del valore di Re e della distanza dalla frontiera rigida,
perturbazioni apparentemente senza senso e quindi descrivibili come
perturbazioni completamente casuali.
⇒
Entro il Boundary Layer si viene ad instaurare quindi un tipo di moto
sostanzialmente disordinato e caotico a cui si dà il nome di moto turbolento
e che, a tutti gli effetti, può sembrare del tutto casuale anche se è
innegabile che sia il risultato di un fenomeno genuinamente deterministico.
Considerazione A
Per un generico fluido si nota sperimentalmente che la transizione
Moto Laminare ⇒ Moto Turbolento
avviene in maniera pressoché improvvisa quando Re superare un valore di
soglia.
Nell’aria del PBL:
-
Valore tipico della velocità U (alla sommità del PBL): U = 5 ms -1
Valore tipico del Boundary Layer Diurno: h = 1000 m
Valore tipico del Boundary Layer Notturno: h = 100 m
Viscosità cinematica: ν = 1.46 10-5 m2s-1
Quindi avremo:
Re (diurno) = 3.42 108
Re (notturno) = 3.42 107
Quindi l’aria del PBL si troverà perennemente in condizioni turbolente.
Considerazione B
Se ripetiamo l’esperimento di Reynolds in condizioni virtualmente identiche,
l’evidenza sperimentale indica che i risultati che si ottengono (Campi di velocità
nel tempo):
- non coincidono istante per istante;
- mentre di fatto coincidono i valori medi, le varianze, le covarianza e gli altri
momenti statistici che otteniamo se consideriamo i risultati istantanei come se
fossero variabili stocastiche.
Spiegazione possibile:
- In realtà le condizioni sperimentali virtualmente identiche non lo sono nella
realtà, perché ad ogni realizzazione dell’esperimento sicuramente variano
(anche in modo infinitesimo) le condizioni iniziali.
- Quindi il moto dei fluidi turbolenti è ipersensibile alle condizioni sperimentali.
- Questa ipersensibilità, però, è evidente istante per istante, ma statisticamente
le varie realizzazioni diverse dell’esperimento sono identiche.
In conclusione, dal punto di vista sperimentale il moto dell’aria nel PBL:
- È sicuramente deterministico
- Ma con spiccate caratteristiche caotiche
- Che apparentemente si presenta come un processo stocastico sovrapposto ad
un
andamento regolare nello spazio e nel tempo.
La descrizione teorica del moto di un fluido (quindi anche dell’aria del PBL) è data
senza ombra di dubbio dalla Fluidodinamica e quindi dalle equazioni di conservazione
viste nella Parte 2.
Anche queste equazioni sono ipersensibili alle condizioni iniziali ed al contorno come
si è visto per gli esperimenti. In particolare:
- Anch’esse presentano una transizione regime laminare ⇒ regime turbolento per
particolari valori di Re.
x (t) - x (t)
x (t)
x (t)
- A fronte di condizioni iniziali di pochissimo diverse, esse producono output
profondamente diversi.
20
10
0
-1 0
-2 0
20
10
0
-1 0
-2 0
40
Risultati di due diverse realizzazioni
del modello semplificato di Lorenz
(convettività dell’atmosfera) le cui
condizioni iniziali differiscono di 10-6.
20
Differenze istantanee delle due
realizzazioni
0
-2 0
-4 0
0
20
40
t (s)
60
80
100
Proprietà generali della turbolenza
-
l'irregolarità: che caratterizza il campo delle principali variabili che ne
descrivono il moto. Queste irregolarità hanno le caratteristiche proprie di un
fenomeno stocastico e suggeriscono che un metodo di indagine possibile
potrebbe essere proprio quello statistico.
-
la diffusività: le irregolarità caratteristiche di un moto turbolento determinano un rapido rimescolamento di porzioni di fluido con caratteristiche
chimiche e fisiche differenti e quindi un incremento del tasso di trasferimento
di massa, quantità di moto e calore.
a)
b)
- l'alto numero di Reynolds: la turbolenza nel moto di un fluido si instaura solo ad
elevati valori di Re. Come spiegato da Monin e Yaglom, il numeratore della
relazione Re = Uh/ν rappresenta le forzanti inerziali, cioè quelle forzanti del moto
che dipendono dal gradiente di velocità, mentre il denominatore risulta
proporzionale alle forzanti viscose. Mentre le forzanti inerziali agiscono nel senso
di destabilizzare il moto del fluido, la forzante viscosa ha un effetto regolarizzante.
Alti valori di Re stanno a significare che l'azione destabilizzante delle forzanti
inerziali prevale sull'effetto regolarizzante dei termini viscosi.
- la sua tridimensionalità: è noto come nel moto dei principali fluidi geofisici siano
spesso evidenti perturbazioni bidimensionali non turbolenti (onde di gravità, onde
orografiche, ecc.). Tuttavia, l'impronta della turbolenza è data solo dalla presenza
di
strutture irregolari tridimensionali che ne costituiscono l'elemento
distintivo.
Tridimensionalità
- è un fenomeno dissipativo: i flussi turbolenti sono sempre dissipativi dato che
gli sforzi viscosi compiono lavoro di deformazione che aumenta l'energia interna
del fluido a spese dell'energia cinetica posseduta dal fluido stesso. Quindi,
perché permanga, la turbolenza richiede una continua somministrazione di
energia esterna per compensare le perdite dovute all'azione degli sforzi viscosi.
Se cessa tale apporto energetico, la turbolenza decade rapidamente. Come si è
visto, la sorgente di energia esterna privilegiata per mantenere la turbolenza nel
PBL è il sole che riscalda l’interfaccia aria-suolo, il quale, a sua volta, restituisce
energia all’aria immediatamente sovrastante. Durante la notte l’apporto solare
viene meno e la turbolenza decade.
- è un fenomeno continuo: la turbolenza non è un fenomeno di tipo microscopico, ma macroscopico ed è quindi governato dalle leggi della Meccanica dei
Fluidi. Come si è visto, è effettivamente possibile presentare un apparato teorico
che descrive il moto turbolento di un fluido basato sulle leggi della Meccanica dei
Fluidi, tuttavia la presenza di non linearità in tali leggi, concentrate prevalentemente nella descrizione delle forzanti inerziali, da un lato spiega l'apparente
casualità del moto turbolento (la sua caoticità) e dall'altro evidenzia come un
tale costrutto teorico non sia in grado di produrre un modello praticamente
utilizzabile. Pertanto il trattare la turbolenza come un fenomeno più o
meno
stocastico, più che una necessità teorica, è il risultato della
disperazione nel trattare nella pratica moti di questo genere.
Sic rebus stantibus …..
…. introduciamo, a fini puramente descrittivi, l’ipotesi secondo cui:
il moto di un fluido turbolento (nel nostro caso l’aria nel PBL), pur essendo un
fenomeno sicuramente deterministico (ma caotico), può essere descritto come
un fenomeno completamente statistico (fenomeno stocastico).
Quindi, ogni variabile meteorologica entro il PBL, in un punto P(x,y,z) nello spazio
evolverà nel tempo come un processo stocastico.
Questa ipotesi non è irrilevante, anche dal
punto di vista filosofico. Se mi mettessi in un
punto ed ipotizzassi di rilevare l’andamento
temporale di una variabile x(t) con 4
strumenti diversi che non interferiscono tra
loro pur essendo localizzati nella medesima
posizione, a priori potrei ottenere 4
andamenti temporali diversi istante per
istante, ma con caratteristiche statistiche
comuni.
Basi per una descrizione stocastica
Se consideriamo una variabile (es. temperatura potenziale) in un punto P(x,y,z) al
tempo t, essendo una variabile stocastica:
- Non possiamo dire quale sia il suo reale valore (non è una variabile deterministica)
- Possiamo solo definire la funzione di densità di probabilità p(T)
Per definirla (anche se in maniera ben poco rigorosa) si consideri la variabile stocastica T. La probabilità che una sua realizzazione θ stia nell’intervallo TA + ∆T e TA è
pari a:
P{T + ∆T > θ ≥ T }
A
A
Se poi ∆T tende a zero, si ha la definizione di funzione di densità di probabilità
P{T A + ∆T > θ ≥ T A }
F ( T A + ∆T ) − F ( T A )
p ( T ) = lim
= lim
F u n z i o n e d i d e n s i t à d i p r o b a b i l i t à ( K -1 )
A
∆T →0
∆T
∆T →0
:
∆T
0 .6
E’ immediato constatare come la PDF
non sia adimensionale, ma abbia la
dimensione dell’inverso della dimensione propria della variabile stocastica considerata.
0 .4
0 .2
0
297
298
299
300
T e m p e r a tu r a p o te n z ia le ( K )
301
302
Quindi:
Per ogni punto dello spazio del
Dominio di Interesse
Per ogni istante del periodo di
interesse
Densità di Probabilità
(one-point single variable)
Per ogni singola variabile che
descrive lo stato del PBL
Comunque non si descrive l’intero universo statistico
che caratterizza il PBL
Consideriamo due variabili in P(x,y,z) e al tempo t (es. componente la componente
trasversale v e verticale w del vento), la densità di probabilità congiunta p (v,w) può
essere così definita
 P[ v < V ≤ v + ∆v AND w < W ≤ w + ∆w] 
pVW ( v, w) = ∆lim

v →0 
∆v ⋅ ∆w

∆w→0 
Quindi:
Per ogni punto dello spazio del
Dominio di Interesse
Per ogni istante del periodo di
interesse
Per ogni combinazione di n
variabili che descrivono lo stato
del PBL (n=1,…)
Densità di Probabilità
Congiunte
(one-point single variable)
A questo punto sì che conociamo l’intero universo
statistico che caratterizza il PBL
Una completa descrizione statistica dei fenomeni stocastici (il cui insieme spaziale
costituisce l’insieme dei campi stocastici meteorologici del PBL) richiede la definizione
di una miriade di funzioni di densità di probabilità congiunta o meno, il tutto
complicato dalla presenza della variabile tempo.
Se consideriamo il PBL, ci accorgiamo che la variazione temporale dei fenomeni è
abbastanza lenta e quindi possiamo introdurre un’ulteriore ipotesi di lavoro:
Se consideriamo intervalli temporali abbastanza limitati (tipicamente dell’ordine
dell’ora) ragionevolmente le variabili meteorologiche non variano le proprie
caratteristiche statistiche nel tempo e quindi possono essere considerate variabili
stocastiche stazionarie.
Momenti
Una descrizione alternativa a quella basata sulle funzioni di densità di probabilità è
quella basata sui momenti. Se consideriamo una variabile stocastica X, il momento
del primo ordine (media d’insieme) è definito come
µ X = x = E[u ] =
+∞
∫ x ⋅ p( x ) ⋅ dx
−∞
E rappresenta il valore caratteristico della variabile X, il valore che ci attenderemmo
di misurare (in effetti prende anche il nome di valore atteso).
In generale, si definisce momento centrato di ordine n la quantità seguente:
+∞
bn =
∫(x − µ )
n
X
[ ]
⋅ p ( x ) ⋅ dx = E ( x') = ( x')
n
n
−∞
Se n = 2, si ha la varianza della variabile X, definita come:
σ X2 =
+∞
∫(x−µX )
2
⋅ p ( x ) ⋅ dx
−∞
Che rappresenta una sorta di variabilità caratteristica di X. Dalla varianza è immediato ottenere la deviazione standard che altro non è che la radice quadrata della
varianza.
Ovviamente potremmo definire (e calcolare) gli infiniti momenti di ciascuna delle
variabili meteorologiche che descrivono il PBL.
Tuttavia, rivestono un’importanza estrema anche i momenti tra variabili. Data una
coppia di variabili, anch’essi sono infiniti e tra di essi il più noto e denso di significato
fisico è il momento secondo (la covarianza) che, per due variabili, è definito come:
C xy = E [ ( x − µ X ) ⋅ ( y − µ Y ) ] =
+∞ +∞
∫ ∫ ( x − µ X ) ⋅ ( y − µY ) ⋅ p( x, y ) ⋅ dxdy
−∞ − ∞
Per un noto Teorema della Statistica, una descrizione completa di un sistema
stocastico può essere ottenuta:
- conoscendo la miriade di funzioni di densità di probabilità, congiunte o meno,
- o equivalente conoscendo gli infiniti momenti delle variabili stocastiche considerate
Preso alla lettera, anche questo approccio è destinato al fallimento. Tuttavia:
- Ipotizziamo di sostituire alla definizione teorica dei momenti la loro stima
campionaria (cioè dedotta dalle misure)
- Ed ipotizzando, poi, che solo alcuni dei possibili momenti siano veramente
importanti nella descrizione della turbolenza atmosferica
allora la possibilità di descrivere la turbolenza del PBL impiegando un modello
stocastico risulta decisamente più realistica.
A questo punto, cerchiamo di applicare questo modello stocastico
allo studio del PBL.
Qui di seguito riproponiamo il problema, specializzandolo al PBL e
concentrando l’attenzione sul significato fisico dei vari momenti,
mentre nella Parte 4 vedremo le ripercussioni di queste ipotesi di
lavoro sul modello fluidodinamico che descrive il PBL.
Se si misurano le tre componenti del vento e la temperatura con
sensori a risposta rapida si vede che:
Le variabili presentano un andamento abbastanza regolare
cui si sovrappongono irregolarità elevate che paiono
“rumore” con caratteristiche di un segnale casuale.
Segnale = andamento medio regolare + fluttuazioni irregolari
(turbolente)
Caratteristica esteriore rilevante della turbolenza nel PBL ed in tutti i
fluidi turbolenti di interesse geofisico.
La quantificazione della Turbolenza deve essere necessariamente dedotta
dall’analisi delle fluttuazioni (irregolarità) contenute nel segnale.
V e l _ x (m /s )
2 .0
1 .0
0 .0
-1 .0
- 2 .0
-3 .0
0
100
200
300
400
500
T ie m p o (s )
600
700
800
900
V e l _ y (m /s )
3 .0
2 .0
1 .0
0 .0
- 1 .0
-2 .0
0
V e l. v e rtic a l (m /s )
1 .0
0 .5
0 .0
- 0 .5
-1 .0
0
100
200
300
400
500
T ie m p o (s )
600
700
800
900
100
200
300
400
500
T ie m p o (s )
600
700
800
900
16
Si può osservare che:
V e lo c id a d d e l v ie n to (m /s )
14
12
10
8
6
4
2
0
0
360
720
1080
1440
1800
2160
tie m p o (s )
2520
2880
3240
3600
• le fluttuazioni sono apparentemente aleatorie,
• è possibile definire in questo caso un valore tipico (4.8 m/s)
• le fluttuazioni stanno in un intervallo limitato variabile nel tempo
(turbolenza ⇒ fluttuazioni ⇒ dev.std. 1.7 m/s)
• esiste una grande varietà di scale sovrapposte:
- Tempo tra picchi piccoli : circa 1 minuto
- Tempo tra picchi più elevati: circa 5 minuti
- Altre variazioni: circa 10 minuti
- La variazione più piccola: 10 secondi
Ogni scala temporale è associata a vortici di dimensione
differente.
Ipotesi di Reynolds
Ogni segnale meteorologico può essere visto come la
sovrapposizione di un andamento medio regolare e di
fluttuazioni turbolente apparentemente casuali
aventi media nulla.
A(t ) = A + A' ( t )
Un esempio è la componente u del vento:
u (t ) = u + u ' ( t )
Per poter applicare questa ipotesi è necessario:
⇒ definire in modo corretto il tempo di mediazione (non
inferiore a 15 minuti e non superiore a 1 ora).
⇒ che si misuri con un sensore a risposta rapida.
Per come sono realizzate le attuali stazioni meteorologiche, non è
possibile acquisire un segnale continuo ma
un insieme di valori Ai ad ogni istante ti che si considera.
Normalmente gli istanti di campionamento sono equispaziati.
Siano note in un periodo temporale P le misure elementari
Ai
i=1,2,..,N
agli istanti temporali ti tali che:
ti+1-ti=∆t,
P=N⋅∆t
Da queste misure elementari (viste come realizzazioni della variabile stocastica A), è possibile definire:
• il valore medio
• i momenti di ordine superiore che, spesso, si riducono alla
sola varianza, e che sono uno degli indicatori della turbolenza del
PBL
Se si considerano due variabili
Ai e Bi, i=1,2,..,N
è di notevole importanza la covarianza tra loro
Indicatori statistici di turbolenza del PBL
⇒ standard deviation che, per la componente u del vento, è:
σu =
(
1 N
ui − u
∑
N − 1 i =1
)
2
=
1 N
( u ') 2
∑
N − 1 i =1
Il quadrato della deviazione standard è la varianza.
⇒ dalla varianza delle tre componenti del vento, è calcolabile
l’energia cinetica turbolenta (energia posseduta dall’aria a
causa della turbolenza presente) definita come:
TKE =
{
1 2
σ u + σ v2 + σ w2
2
}
L’energia cinetica turbolenta quantifica il contenuto
energetico di una particella d’aria derivante dai suoi moti
turbolenti.
Senza entrare nei dettagli, vale la pena ricordare che la sua
variazione nel tempo dipende:
• dal trasporto
• dall’azione delle forze di pressione
• dall’azione delle forze di galleggiamento
• dalla dissipazione viscosa
Nella modellistica della dispersione degli inquinanti in aria rivestirà
un ruolo molto importante proprio il termine di dissipazione viscosa
di TKE, indicato con il simbolo ε e denominato
Tasso di dissipazione viscosa
dell’energia cinetica turbolenta.
Tra due variabili si può definire la covarianza.
Considerando, per esempio,
la temperatura potenziale θ e la componente w del vento:
{(
)(
)}
1 N
1 N
w'θ ' = ∑ θ − θ ⋅ w − w = ∑ {θ ' w'}
N i =1
N i =1
Si può dimostrare che:
la covarianza tra una delle componenti del
vento ed una variabile scalare
(temperatura e umidità) rappresenta
(a meno di una costante)
il flusso turbolento della variabile scalare nella
direzione della componente del vento.
Flusso Turbolento di Calore Sensibile
1 N
H 0 = ρC p ∑ wθ
' '
N i =1
∂θ ∂z < 0
∂θ ∂z = 0
∂θ ∂z > 0
⇒
H0 > 0
⇒ Situazione Convettiva
⇒
H0 = 0
⇒ Situazione Adiabatica
⇒
H0 < 0
⇒ Situazione Stabile
Flusso Turbolento di Calore Latente
H E = w'q '
Covarianze tra
le componenti u e v del vento e la componente w
(a meno di una costante)
sforzo di taglio orizzontale dovuto all’attrito delle masse d’aria
sulla superficie terrestre.
In particolare lo sforzo di taglio è dato da:
τ = ρ ⋅ u*2
dove u* (friction velocity) è la velocità di scala definita come:
2
2
N
N






1
1
2
u* =  ∑ u 'i w'i  +  ∑ v'i w'i  
  N i =1
 
 N i =1
Parametri che caratterizzano la turbolenza del PBL
⇒ Forzante Convettiva: Flusso Turbolento Calore Sensibile
H 0 = ρ ⋅ C p ⋅ w'θ '
⇒ Forzante Meccanica: Friction velocity
4
2
u* = u ' w' + v' w'
⇒
Altezza di Rimescolamento zi
2
Parametri Accessori
Temperatura di Scala T*
Lunghezza di Monin-Obukhov
T* = − w'θ ' u*
T u*3
L=−
kg w'θ '
13
Velocità convettiva di scala
 g H0 
w* = 
z
 T ρC i 
p


0.8
1000
R a d ia c ió n G lo b a l
900
0.6
R a d ia c ió n N e ta
F lu jo T u r b u lto C a lo r S e n s ib le
800
700
s)/
m
(
600
( W /m 2 )
Sigma_
w
500
0.4
400
0.2
300
200
100
0.0
0
0
-1 0 0
0
5 .0
4
8
12
H o ra
16
20
24
0.2
V e l o c id a d d e l V ie n to
4 .5
4
8
12
Hora
16
20
24
8
12
Hora
16
20
24
8
12
Hora
16
20
24
Temperatura de
Escala
0.1
V e lo c id a d d e F ric c ió n
4 .0
0.0
3 .5
)K
-0.1
(°
( m /s )
3 .0
2 .5
-0.2
2 .0
1 .5
-0.3
1 .0
0 .5
-0.4
0 .0
0
0
2 .0
4
8
12
H o ra
16
20
500.0
S ig m a _ u
Longitud de MoniObukhov
400.0
S ig m a _ v
300.0
1 .5
(m /s)
4
24
)
m
(
1 .0
200.0
100.0
0.0
0 .5
-100.0
-200.0
0 .0
0
4
8
12
H o ra
16
20
24
0
4
RIASSUMENDO
Condizioni Convettive:
u* > 0
H0>0
T*<0
L<0
Condizioni Adiabatiche:
u*>0
H0 =0
T*=0
L →±∞
Condizioni Stabili:
u*>0
H0<0
T*>0
L>0
Bibliografia Essenziale
R. Sozzi, T. Georgiadis, M. Valentini (2002): Introduzione alla turbolenza
atmosferica (ed. Pitagora)
Approfondimenti:
R. Sozzi – Capitolo 3: La descrizione statistica della turbolenza
R.B. Stull (1988): An Introduction to Boundary Layer Meteorology (ed. Kluwer)
S.B. Pope (2000): Turbulent Flows (ed. Cambridge University Press)
Monin A.S., A.M. Yaglom (2007): Statistical fluid mechanics: mechanics of
turbulence Vol. 1 (ed. Dover)
Monin A.S., A.M. Yaglom (2007): Statistical fluid mechanics: mechanics of
turbulence Vol. 2 – (ed. Dover)