Direzione e coordinamento: Settore Urbanistica Ufficio PGT Progettisti: Arch. Massimo Giuliani Arch. Luigi Moriggi Arch. Luca Bertagnon Ing. Emilio Cremona Data: PIANO DELLE REGOLE Relazione elaborato modificato a seguito delle controdeduzioni Giugno 2013 C.12 INDICE GENERALE PARTE PRIMA – ANALISI ED INTERPRETAZIONE DEL SISTEMA URBANO ............................................................................................................ 3 1. OBIETTIVI E CONTENUTI DEL PIANO DELLE REGOLE ................................................... 3 1.1. Criteri di carattere generale .............................................................................................................. 3 1.2. Struttura e contenuti del Piano delle Regole..................................................................................... 5 2. EVOLUZIONE E SVILUPPI DEL SISTEMA URBANO ............................................................ 8 2.1. Le origini della città.......................................................................................................................... 8 2.2. Busto Arsizio nel periodo medievale .............................................................................................. 11 2.3. Busto Arsizio dal 1200 al 1700 ...................................................................................................... 12 2.4. Busto Arsizio nel Settecento........................................................................................................... 18 2.5. Busto Arsizio nell’Ottocento .......................................................................................................... 21 2.6. Busto Arsizio nel periodo moderno ................................................................................................ 24 2.7. Busto Arsizio nel periodo più recente ............................................................................................ 34 2.8. Lo sviluppo urbano attraverso la cartografia .................................................................................. 37 3. IL QUADRO CONOSCITIVO DEL TERRITORIO COMUNALE ......................................... 46 3.1. Premessa ......................................................................................................................................... 46 3.2. Gli approfondimenti relativi ai centri storici .................................................................................. 46 3.2.1. La creazione della banca dati dei centri storici ....................................................................... 47 3.2.2. Le analisi urbanistiche ed edilizie e la cartografia tematica.................................................... 53 3.2.3. Le perimetrazioni dei nuclei di antica formazione .................................................................. 55 3.3. Il repertorio dei beni vincolati e degli edifici di interesse storico, architettonico ed ambientale .... 57 3.3.1. Obiettivi e finalità per la salvaguardia e valorizzazione ......................................................... 57 3.3.2. Gli edifici vincolati ................................................................................................................. 58 3.3.3. Metodologia e impostazione del repertorio ............................................................................ 63 3.4. Le cascine e i nuclei rurali .............................................................................................................. 64 3.4.1. Obiettivi e finalità per la salvaguardia del patrimonio rurale.................................................. 64 3.4.2. Consistenza, localizzazione e tipologia delle cascine ............................................................. 65 3.4.3. Alcuni approfondimenti .......................................................................................................... 67 3.4.4. Metodologia e impostazione del repertorio ............................................................................ 72 3.5. Gli ambiti della città consolidata .................................................................................................... 73 PARTE SECONDA – IL PROGETTO DEL PIANO DELLE REGOLE ............. 81 4. IL SISTEMA INSEDIATIVO: OBIETTIVI E ARTICOLAZIONE ......................................... 81 4.1. Criteri per la classificazione del territorio comunale: il metodo proposto ...................................... 81 4.2. Strategie di intervento per il sistema insediativo ............................................................................ 82 4.2.1. Obiettivi di sostenibilità per il Sistema Insediativo ................................................................ 82 4.2.2. Tutela degli edifici e dei tessuti storici ................................................................................... 84 4.2.3. Recupero e riqualificazione dei tessuti urbani consolidati ...................................................... 86 4.2.4. Promozione del mix funzionale, dell’identità e della sicurezza urbana .................................. 86 4.2.5. Contestualizzazione, compatibilità morfologica e tipologica delle proposte di trasformazione .................................................................................................................................. 87 4.2.6. Qualità e progetto ................................................................................................................... 88 5. ASSETTI DELLA CITTA’ CONSOLIDATA ............................................................................. 90 5.1. Impostazione e articolazione dell’impianto normativo................................................................... 90 5.2. Assetto della città storica ................................................................................................................ 91 5.3. Cascine e nuclei rurali .................................................................................................................... 94 1 5.4. Ambiti di riorganizzazione della città esistente .............................................................................. 96 5.5. Assetto della città consolidata ........................................................................................................ 98 5.6. Assetto della città produttiva di matrice storica............................................................................ 101 5.7. Assetto delle aree agricole e di valore paesistico-ambientale ed ecologico.................................. 104 6. VINCOLI E TUTELE .................................................................................................................. 109 ALLEGATO 1 – Proposta di Perimetrazione dei Centri Storici 2 PARTE PRIMA – ANALISI ED INTERPRETAZIONE DEL SISTEMA URBANO 1. OBIETTIVI E CONTENUTI DEL PIANO DELLE REGOLE 1.1. Criteri di carattere generale Il Piano delle Regole è finalizzato ad assicurare il controllo della qualità urbana e territoriale, attraverso la definizione degli aspetti regolamentativi e degli elementi di qualità della città e del territorio e, insieme al Piano dei servizi, interagire anche con il Documento di Piano, soprattutto per definire le azioni legate alle strategie e obiettivi prefigurati nel Documento di Piano. Nello stesso tempo, le azioni contenute nel Piano delle Regole, trovano fondamento e si configurano come sviluppi delle finalità del Documento di Piano, in ordine alle politiche funzionali (residenza, attività economiche primarie, secondarie, terziarie e distribuzione commerciale), alla qualità del territorio e tutela dell’ambiente nell’ambito del tessuto urbano consolidato. In quest’ottica, le indicazioni contenute nel Piano delle Regole hanno carattere vincolante e producono effetti diretti sul regime giuridico dei suoli (Legge Regionale n° 12/2005, art. 10, comma 5). Più in particolare, il Piano delle Regole: 1. definisce, all’interno dell’intero territorio comunale, gli ambiti del tessuto urbano consolidato, quale insieme delle parti di territorio su cui è già avvenuta l’edificazione o la trasformazione dei suoli, comprendendo in essi le aree libere intercluse o di completamento; 2. indica gli immobili assoggettati a tutela in base alla normativa statale e regionale; 3. individua le aree e gli edifici a rischio di compromissione o degrado e a rischio di incidente rilevante; 4. individua le aree a pericolosità e vulnerabilità geologica, idrogeologica e sismica, secondo quanto previsto dall’art. 57, comma 1, lettera b) della legge regionale, nonché le norme e le prescrizioni a cui le medesime aree sono assoggettate, recependo e verificando la coerenza con gli indirizzi e le prescrizioni del PTCP e del piano di bacino per queste componenti; 5. individua le aree destinate all’esercizio dell’attività agricola, sulla base dei criteri e delle modalità dettate dal Piano Territoriale Provinciale di Coordinamento (PTCP); 6. individua le aree di valore paesaggistico-ambientale ed ecologiche, ritenute meritevoli di valorizzazione locale, dettando ulteriori regole di salvaguardia e valorizzazione in attuazione dei criteri di adeguamento e degli obiettivi stabiliti dal PTR, PTPR e PTCP; 7. individua le aree non soggette ad interventi di trasformazione urbanistica (esterne sia alle consolidate che alle aree destinate all’agricoltura), che per 3 ragioni oggettive e/o per scelte di piano sono sottratte a qualunque scelta di utilizzazione (aree a rischio geologico ed idraulico, ecc.). Da questa lettura appare anzitutto evidente come il Piano delle Regole riguarda l’intero territorio comunale, sia nelle sue componenti di territorio urbanizzato, dove tutto ciò che costituisce “urbano” si è assestato e necessita pertanto di interventi conservativi, integrativi o sostitutivi, sia nelle sue componenti di territorio non urbanizzato e non urbanizzabile, perché destinate all’agricoltura o perché non suscettibili di trasformazione urbanistica, in quanto dotati di rilievo ambientale, da salvaguardare e tutelare nel loro stato di fatto. Il Piano delle Regole, secondo quanto disciplinato dal secondo comma dell’articolo 10, entra, poi, nel merito delle indicazioni riguardanti il tessuto urbano consolidato. In particolare, entro gli ambiti del tessuto urbano identifica i parametri da rispettare negli interventi di nuova edificazione o sostituzione: caratteristiche tipologiche, allineamenti, orientamenti e percorsi; consistenza volumetrica o superfici lorde di pavimento esistenti e previste; rapporti di copertura esistenti e previsti; altezze massime e minime; modi insediativi che consentano continuità di elementi di verde e del reticolo idrografico superficiale; destinazioni d’uso principali e secondarie; modalità di intervento; interventi di integrazione paesaggistica, per ambiti compresi in zone soggette a vincolo paesaggistico ai sensi del D.Lgs. n° 42/2004; requisiti qualitativi degli interventi previsti, ivi compresi quelli di efficienza energetica. Entro gli ambiti del tessuto urbano consolidato, il Piano delle Regole individua i nuclei di antica formazione ed identifica i beni ambientali e storico-artistico-monumentali oggetto di tutela ai sensi del Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n° 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) o per i quali si intende formulare proposta motivata di vincolo. Il Piano delle Regole definisce altresì, con riferimento a quanto stabilito dall’articolo 8, comma 1, lettera b), le caratteristiche fisico-morfologiche che connotano l’esistente, da rispettare in caso di eventuali interventi, nonché le modalità di intervento, anche mediante pianificazione attuativa o permesso di costruire convenzionato, nel rispetto dell’impianto urbano esistente, ed i criteri di valorizzazione degli immobili vincolati. In particolare, il Piano delle regole detta la disciplina d’uso, di valorizzazione e di salvaguardia; individua e regolamenta gli edifici e i complessi non più destinati all’originaria funzione agricola; recepisce eventuali indicazioni di Piani di settore locali e/o sovraordinati. Inoltre in relazione alle aree di valore paesaggistico-ambientale ed ecologiche, il Piano delle Regole recepisce le prescrizioni paesaggistiche cogenti e immediatamente prevalenti con la possibilità, altresì, di introdurre ulteriori previsioni conformative di maggiore definizione e dettare regole di salvaguardia e valorizzazione che risultino utili ad assicurare l’ottimale salvaguardia dei valori individuati. Infine, per “aree non soggette a trasformazione urbanistica”, il Piano delle Regole individua tutte quelle parti del territorio comunale, esterne al tessuto urbano consolidato e alle aree destinate all’agricoltura, che, in ragione delle loro caratteristiche di naturalità 4 e di rilievo ambientale e paesaggistico, sono oggetto di particolari norme di tutela e di salvaguardia in base alle quali sia in esse esclusa ogni utilizzazione che comporti uno scostamento urbanisticamente significativo rispetto allo stato di fatto. In tali aree il Piano delle Regole deve privilegiare l’individuazione degli edifici esistenti, dettandone la disciplina d’uso e di intervento. Il Piano delle Regole concorre al perseguimento degli obiettivi declinati nel Documento di Piano per un coerente disegno di pianificazione sotto l’aspetto insediativo, tipologico e morfologico e per un miglioramento della qualità urbana, ambientale e paesaggistica del territorio urbanizzato. In coordinamento con il Piano dei Servizi, recepisce le previsioni e i criteri definiti per le aree destinate a servizi e attrezzature pubbliche e di uso pubblico, i corridoi, le connessioni ecologiche e il sistema del verde, con lo scopo di assicurare l’integrazione tra le diverse componenti del tessuto edificato e di questo con il territorio periurbano e rurale. Il Piano delle Regole definisce sia i criteri per il mantenimento e la valorizzazione dell’esistente, che le modalità insediative per gli interventi edilizi di nuova costruzione, mentre nella classificazione del territorio comunale, individua anche gli elementi fisici esistenti legati alla rete infrastrutturale, alla rete di mobilità, alla rete del verde e al reticolo idrico minore. Il Piano delle Regole si configura in estrema sintesi, quale dimensione regolativa della città esistente e delle zone agricole, individuate dal Documento di Piano, ma disciplinate puntualmente dal Piano delle Regole. Lasciando correttamente allo strumento del Regolamento Edilizio Comunale ed altri regolamenti di settore, gli aspetti di regolamentazione costruttiva, procedurale ed edilizia, con particolare riferimento al risparmio energetico e all’architettura sostenibile. 1.2. Struttura e contenuti del Piano delle Regole La struttura del documento segue lo schema previsti dall’art.10 della citata legge regionale e dei Criteri attuativi della L.R. n° 12/05 per il governo del territorio, “Modalità per la pianificazione comunale”, ed è costituito da un insieme di elaborati cartografici riferiti all’intero territorio comunale che contengono l’individuazione dei vincoli all’edificazione e l’individuazione degli elementi urbani della città esistente, così come ogni parte del territorio individuata negli elaborati cartografici trova riscontro nelle norme che contengono tutte le indicazioni e prescrizioni specifiche (destinazioni d’uso, parametri edilizi, urbanistici e ambientali, modalità di intervento, …)1. La relazione illustrativa del Piano delle Regole si compone dei seguenti capitoli: 1. Introduzione 2. Obiettivi e contenuti del Piano delle Regole, con riferimenti normativi, criteri generali e le relazioni con gli altri strumenti di pianificazione; 3. Quadro conoscitivo del territorio di Busto Arsizio. Affronta le seguenti tematiche: a. lettura e interpretazione dello sviluppo urbano; 1 Per la componente geologica, idrogeologica e sismica, si rimanda alla specifica relazione ed ai relativi elaborati grafici, compresa la definizione delle classi di fattibilità degli interventi. 5 b. analisi urbanistiche del territorio; c. indagine sul tessuto edilizio di interesse storico ed architettonico attraverso l’elaborazione di carte tematiche e di schede analitiche; d. l’individuazione degli ambiti della città storica e della città consolidata, delle aree agricole e di valore paesistico-ambientale ed ecologico. 4. Strategie di intervento e progetto, che comporta, in coerenza con la normativa, la regolamentazione degli interventi nella città storica e nella città consolidata. Il Piano delle Regole “…… definisce, all’interno dell’intero territorio comunale, gli ambiti del tessuto urbano consolidato, quali insieme delle parti di territorio su cui è già avvenuta l’edificazione o la trasformazione dei suoli, comprendendo in essi le aree libere intercluse o di completamento. Entro gli ambiti del tessuto urbano consolidato, il piano delle regole individua i nuclei di antica formazione ed identifica i beni ambientali e storico-artisticomonumentali oggetto di tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n° 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n° 137) o per i quali si intende formulare proposta motivata di vincoli. Il piano delle regole definisce altresì, con riferimento a quanto stabilito dell’articolo 8, comma 1, lettera b), le caratteristiche fisicomorfologiche che connotano l’esistente, da rispettare in caso di eventuali interventi integrativi o sostitutivi, nonché le modalità di intervento, anche mediante pianificazione attuativa o permesso di costruire convenzionato, nel rispetto dell’impianto urbano esistente, ed i criteri di valorizzazione degli immobili vincolati. Per gli ambiti del tessuto urbano consolidato, inoltre, identifica i parametri da rispettare negli interventi di nuova edificazione o sostituzione”. Il Piano delle Regole “…… indica gli immobili assoggettati a tutela in base alla normativa statale e regionale”, nonché gli immobili tutelati dalle norme di Piano, nonché cataloga le diverse destinazioni d’uso presenti sul territorio, in relazione alle definizioni e alle classificazioni. Il Piano delle Regole “…..individua le aree di valore paesaggistico-ambientale ed ecologiche; (….) per le aree di valore paesaggistico-ambientale ed ecologiche detta ulteriori regole di salvaguardia e di valorizzazione in attuazione dei criteri di adeguamento e degli obiettivi stabiliti dal piano territoriale regionale, dal piano territoriale paesistico regionale e dal piano territoriale di coordinamento provinciale”. Il Piano delle Regole “…..individua le aree e gli edifici a rischio di compromissione o degrado e a rischio di incidente rilevante”. Infine, il Piano delle Regole definisce puntualmente la situazione dei vincoli di livello locale e sovracomunale presenti su aree ed edifici del territorio. Sono redatti secondo quanto disposto dall’art. 10 della LR n° 12/2005 e secondo i punti 4.1., 4.2., 4.3., 4.4. e 4.5. delle Modalità per la pianificazione comunale secondo la Regione Lombardia. Elaborato C1.1/n Azzonamento (scala 1:5.000) Elaborato C2.1/n Azzonamento (scala 1:2.000) Elaborato C3.1 Nuclei di antica formazione. Destinazioni d’uso. Busto Elaborato C3.2 Nuclei di antica formazione. Destinazioni d’uso. Sacconago Elaborato C3.3 Nuclei di antica formazione. Destinazioni d’uso. Borsano 6 Elaborato C4.1 Elaborato C4.2 Elaborato C4.3 Elaborato C5.1 Elaborato C5.2 Elaborato C5.3 Elaborato C6.1 Elaborato C6.2 Elaborato C6.3 Elaborato C7. Elaborato C8. Elaborato C9. Elaborato C10. Elaborato C11. Elaborato C12. Elaborato C13. Nuclei di antica formazione. Stato di conservazione degli edifici. Busto Nuclei di antica formazione. Stato di conservazione degli edifici. Sacconago Nuclei di antica formazione. Stato di conservazione degli edifici. Borsano Nuclei di antica formazione. Tipologia degli spazi non edificati. Busto Nuclei di antica formazione. Tipologia degli spazi non edificati. Sacconago Nuclei di antica formazione. Tipologia degli spazi non edificati. Borsano Nuclei di antica formazione. Modalità di intervento. Busto Nuclei di antica formazione. Modalità di intervento. Sacconago Nuclei di antica formazione. Modalità di intervento. Borsano Analisi del tessuto produttivo di matrice storica Tessuto produttivo di matrice storica. Modalità di intervento Beni costitutivi del paesaggio. Piano paesaggistico comunale Carta della sensibilità paesaggistica Repertorio dei beni vincolati e di valore storico-architettonico e ambientale Relazione Norme. 7 2. EVOLUZIONE E SVILUPPI DEL SISTEMA URBANO La stesura di questo capitolo è il risultato di un lavoro di approfondimento documentale finalizzato ad evidenziare gli aspetti salienti dell’evoluzione della struttura urbana di Busto Arsizio verificatasi nel corso de secoli. Si tratta di una sintesi mirata dei documenti, dei testi e delle cartografie, finalizzata a creare un sufficiente quadro informativo necessario per affrontare coerentemente la parte progettuale del piano. Sono stati consultati e costituiscono riferimenti per l’elaborazione del presente capitolo, i seguenti testi: - Aa.Vv., Cotton & C. Storica industriale di Busto A., Univa Varese, 2002 - Azimonti C., Cinquant’anni di vita sociale, Busto Arsizio, 1956 - Bertolli F., Bossi P., Langè S., Magini G., Spada A., Busto Arsizio. Architetture pubbliche, Busto Arsizio, 1997, 2004 - Bondioli P., Storia di Busto Arsizio, ristampa a cura del comune di Busto Arsizio, 1987 - Brambilla A., Magni C. Un borgo assai commerciante e popolato, Busto Arsizio, 1995 - Ciotti S., Le trasformazioni della struttura urbana di Busto Arsizio: cronologia degli strumenti urbanistici, Tesi di laurea, Anno Accademico 1975-76 - Ferrario G.F., Cascine di Busto Arsizio. Storia e Architettura, Città di Busto Arsizio, 2007 - Ferrario S. (a cura), Busto Arsizio. Spunti di storia e cultura, Milano, 1964 - Pini V., De Pra Cavalleri L., Pietro Gilardoni e il palazzo municipale di Busto Arsizio, Comune di Busto Arsizio, 1984 - Prandina E., Il centro di Busto Arsizio. Com’è e come potrebbe essere - Rimoldi G., Borsano. Il millennio di una comunità, Busto Arsizio, 1993 - Rogora R., Sommario di storia bustese, Azzate, 1981 - Sbicegò M., Busto città amata, Ed. Macchione, Varese, 1996 - Spada A., Conoscere la città di Busto Arsizio, Busto Arsizio, 2010 - Vaccarisi F., Ipotesi di trasformazione dell’area compresa tra il centro storico e la stazione nord di Busto Arsizio, Tesi di Laurea, Anno Accademico 2005-2006. 2.1. Le origini della città E’ difficile determinare la data dei primi insediamenti umani nel territorio bustese; per altro essi dovrebbero essere molto esigui data la particolare povertà della zona rispetto alle altre circonvicine, caratterizzate da suolo più fertile. Secondo lo storico Pio Bondioli2, le origini dell’abitato dovrebbero risalire agli anni dal 268 al 404 d.C., cioè nel periodo posteriore alla conquista e alla assimilazione romana della Gallia Cisalpina, in cui la vicina Milano da municipium già importante, diventò capitale dell’Impero d’Occidente3. 2 Pio Bondioli, “La storia di Busto Arsizio”, Volume I 1932 e Volume II 1954. L’ipotesi di un’origine romana della città viene condivisa, oltre che dal Bondioli, anche da L.Ferrario, L.Maino e A.Crespi Castoldi. Non manca però chi, come B.Grampa, propende per una origine medievale tenendo conto anche del fatto che nella zona i reperti all’epoca romana sono scarsissimi, mentre ben più copiose sono le scoperte archeologiche effettuate nelle zone circostanti, soprattutto a Legnano. 3 8 La collocazione dell’insediamento non è casuale, perché si trovava su un percorso Milano-lago Maggiore (detto “strada di Milano”, alternativa all’attuale Sempione), che prima della realizzazione del naviglio, utilizzava per un tratto la navigazione fluviale sul Ticino, da Castelnovate (che veniva raggiunta attraverso Samarate) a Sesto Calende. Un corso d’acqua tuttora esistente, il Tenore, dopo aver ricevuto le acque del Rile, suo affluente di destra, scendeva lungo le attuali via Bellini e via Montebello. Busto Arsizio avrebbe conservato, secondo il Bondioli, nel suo nucleo centrale più antico, la traccia evidente di una castramentatio romana (Figura 01). I Romani, infatti sia per segnare i luoghi degli accampamenti militari, che per fondare colonie e città o suddividere terre, seguivano regole fisse: la strada che andava da est ad ovest era detta decumanus maximus, quella nord-sud, secondo l’asse terrestre, cardo maximus. A Busto Arsizio, il decumanus maximus, lungo circa 700 metri, corrisponderebbe alle attuali via Milano, via S.Antonio, via Matteotti, mentre il cardo maximus, lungo circa 500 metri, segue il tracciato di via Montebello e via Bambaia. L’ umbilicus, o punto di incontro elle due strade principali, sarebbe presso il tempio di Santa Maria di Piazza, ove sin oltre il 1500 si ebbe la sede delle maggiori istituzioni civili e religiose. Altri decumani e cardines minores sarebbero sopravvissuti alle trasformazioni edilizie di diversi secoli, particolarmente sul decumanus della pars sinistra, cioè le parallele di vicolo Albrisi, vicolo San Carlo, vicolo Purificazione, vicolo Crocifisso e via C.Tosi. Alla scomparsa porta e ponte dei re magi doveva corrispondere la porta principale di sinistra; all’incrocio di via Matteotti con via Turati e va Ariberto la porta decumana. Sarebbero pure riconoscibili i limiti della Bustus romana sulla linea delle fortificazioni medievali, della fossa che circondò il Borgo fin oltre il XVI secolo. La porta praetoria doveva trovarsi all’incrocio di via S.Gregorio e via Cardinal Tosi con via Milano, mentre la principalia dextera al punto di incontro di via Roma con via Bambaia. Nonostante si siano succedute nei secoli demolizioni e ricostruzioni, i tre isolati circostanti piazza Santa Maria, compresi tra via Solferino e via Cavour, sono ancora oggi una preziosa testimonianza della storia antica della città: i tracciati viari dagli andamenti curvilinei delimitano il nucleo originale tondeggiante dell’epoca ligure e celtica, mentre la cortina edilizia continua (che è stata interrotta solo all’angolo Solferino-Santa Croce) è costituita da edifici ristrutturati nel ‘700-‘800, ma che conservano al loro interno le strutture medioevali. Un’attenta ricerca archeologica e accurati interventi di restauro potrebbero riportare alla luce documenti importanti per la storia del territorio: in particolare la torretta che si eleva sul corpo est della casa Custodi-Paracchi potrebbe spiegare l’antico appellativo della chiesa di Santa Maria detta “delle sette torri”, forse un riferimento alle abitazioni fortificate dei longobardi (simili a quelle del “canton lombardo” di Gorla Maggiore). Ma altri importanti documenti storici, degni di salvaguardia e di valorizzazione, si possono leggere sul territorio, ad esempio: il vicolo Mangano e via Cardinal Tosi (aperta dove una volta esisteva un vicolo Rauli) sono tracce della strada tardo-romana che, da Cairate e Borsano, raccordava la Comun-Novaria con la strata de Corbeta; gli slarghi che si trovano all’angolo nord-est di piazza Santa Maria, alla fine di via 9 S.Bonsignori e a metà di via G.Matteotti, ospitavano i pozzi che nel medioevo alimentavano un’intera contrada; i vicoli, che attraverso i cortili intercomunicanti collegavano via Montebello, con via G.Matteotti e con piazza Vittorio Emanuele II, o via G.Mazzini con via Sant’Ambrogio e G.Lualdi. Figura 01. – Pianta della città romana (Fonte: P.Bondioli – Storia di Busto) Analoghe considerazioni si possono fare per il nucleo antico di Sacconago: la forma di piazza C.Noè documenta la struttura viaria nell’alto medioevo; la strada proveniente da Borsano si biforcava e si dirigeva verso nord-ovest a Gallarate, verso nord-est a Busto Arsizio, mentre la struttura tipica del centro antico, ancora oggi leggibile, è quella delle lunghe cortine edilizie ininterrotte e dei grandi cortili interni. La struttura di Borsano, dove probabilmente fu avvertibile la colonizzazione romana, è interessante perché reticolare a maglie rettangolari, a differenza della forma radiale delle reti viarie di Busto Arsizio e Sacconago. 10 2.2. Busto Arsizio nel periodo medievale “Busto, intorno al 1000 era borgo: un povero borgo di campagna, senza storia, senza case ma con sole capanne costruite alla meglio per accogliervi gli agricoltori che traevano dalla brughiera circostante pochi, pochissimi frutti. Quindi niente nomi illustri, niente torri romane, niente castello ma capanne”4. Alla caduta dell’Impero romano nelle terre di Busto si insediarono i barbari che divisero i campi dedicandosi a una coltivazione intensiva del territorio. L’evoluzione di Busto, iniziata con l’invasione degli Ostrogoti, fu particolarmente evidente con i Longobardi che divisero le terre in Ducati, Centene, Decanie e Fare o Famiglie. E’ammissibile che Busto sia sorta, come luogo abitato, in quell’epoca, essendo costituita da una Fara Longobarda stabilitasi nel territorio di Busto per coltivarlo. Il primitivo nucleo rurale longobardo risalirebbe al VI e VII secolo, anche se è impossibile determinare lo schema e la planimetria, anche perché dovette trattarsi all’inizio di semplici capanne. Anche per la storia urbanistica di Busto, l’Anno Mille ha un suo valore in quanto, mentre prima dell’XI secolo l’elemento “città” e “centro rurale” non offre elementi di indagine e classificazione, con l’Anno Mille si riscontra nella chiarezza degli schemi e nella evidenza planimetrica la tipica urbanistica medievale. I Longobardi, popolazione numerosa e socialmente più strutturata, che rapidamente adottò la struttura amministrativa, la lingua e le tecnologie dei Romani, si collocarono, come era loro consuetudine, all’esterno del primitivo nucleo, ampliandolo ad est con la formazione di un quartiere intorno alla cappella di San Giovanni Battista, il loro santo protettore, e ad ovest con la costruzione del castello, dove era una cappella dedicata all’altro santo venerato dai Longobardi, il guerriero arcangelo Michele: per tutti i secoli successivi queste saranno le due chiese principali del borgo e, fino a cent’anni fa, le sole due parrocchiali della città. E’ a questo periodo che il Bondioli ritenne si debba far risalire l’aggiunta di Arsicium al primitivo nome romano di Bustum. E’ abbastanza agevole fare la ricostruzione della planimetria dell’abitato in questa epoca basandosi sull’analisi del nucleo centrale per secoli rimasto immutato: esaminando una pianta dell’abitato nel XVIII secolo si può risalire alla pianta medievale. Si rileva subito il sistema radiocentrico dell’abitato, sistema che secondo Piccinato5 rispondeva alla necessità del feudalesimo, perché il nucleo urbano risultava così subordinato all’edificio dell’autorità dominante che sorgeva al centro. Altra caratteristica è costituita dall’andamento irregolare delle strade. Tale tortuosità, accanto alla ridotta sezione, oltre che favorire eventuali sbarramenti di difesa, portava a una sensibile protezione dai venti provenienti da settentrione. Tale preoccupazione guidava pure nella costruzione delle case che erano basse e generalmente ad un solo piano. Due piazze, come si può osservare nella Figura 02, costituivano i punti focali della struttura insediativa della città: la prima, dalla quale partivano radiocentricamente le 4 5 E. Grampa, “Pagine di storia e vita bustese” (1927). M. Morini, “Atlante di storia dell’urbanistica” (1963). 11 strade verso le quattro porte, era sede del mercato e assumeva un ruolo “centrale” nella vita commerciale e civica del borgo; la seconda, piazza del Sagrato (attuale piazza San Giovanni), era invece leggermente più periferica e costituiva un luogo di richiamo e di incontro per la popolazione essendo sede dalla chiesa principale. Figura 02. – Pianta del borgo di Busto nel XVIII I limiti del nucleo abitato furono evidenziati dalla linea del terrapieno, appoggiato sul bordo interno del fossato, che circondò il borgo dalla fine del IX secolo fino oltre il XVI secolo. Il terrapieno che cingeva l’abitato lungo una linea approssimativamente pentagonale, era formato semplicemente con la terra ricavata dallo scavo della fossa esterna. Uniche vere e proprie mura erano i pilastri e le spalle che sostenevano le quattro porte ferrate che consentivano l’uscita verso i campi e che portavano i seguenti nomi: Basilica, situata allo sbocco di via Milano in piazza Garibaldi, Sanovico, in località “Ponte dei Re Magi”, Pessina, nei pressi dell’attuale chiesa San Michele, dove sorgeva il castello e Sciornago, allo sbocco dell’attuale via Lualdi. La linea perimetrale di questa opera difensiva è tuttora riconoscibile ed è costituita dalle odierne via Zappellini a nord, piazza S.Michele e piazza Manzoni ad ovest, via Mazzini a sud e piazza Garibaldi e via Fratelli d’Italia ad est. Al di là della cinta si estendevano i campi coltivati e la brughiera disseminata di cascinali che servivano unicamente da riparo ai contadini, mai da abitazione. 2.3. Busto Arsizio dal 1200 al 1700 La costituzione di Busto a Borgo secondo la testimonianza di un documento, dovette avvenire attorno al 1240. Una pergamena del 1243 contiene la vendita di un podere 12 situato in cantone de Baxilica. Il cantonus era una divisione del borgo composta da tutti gli abitanti che dovevano curare la manutenzione delle loro vie, sorvegliare gli incendi, compiere cioè opera di assistenza comunale. Alla formazione del comune, il borgo viene diviso in quattro quartieri: Basilica, Piscina, Sciornago ed un ultimo di cui è ignoto il primitivo nome e che nel 1524, essendo stato risparmiato dalla peste, venne detto Vico Sano. Il quartiere di Basilica era il centro del borgo, dove affluivano tutti coloro che giungevano dalla campagna, nei giorni di festa, a commerciare i loro prodotti. Il quartiere di Piscina, volto ad occidente e trovandosi di fronte alla brughiera e, quindi esposto ad attacchi; per questo era stato costruito il castello. Il nome era dovuto alla presenza di una vasca che, posta nel mezzo di una piazza, serviva da scolo delle acque e da abbeveratoio per le bestie che ritornavano dai campi. Sciornago, posto a ponente, ha origini e nome confusi. Il nome è forse dovuto al fatto che numerosi erano gli edifici di proprietà di signori particolarmente ricchi. Sanvico, rivolto a nord, nonostante il nome era il più malsano e antigienico per la presenza di edifici troppo fitti. Tale per secoli rimase l’aspetto dell’abitato come dimostra il panorama del canonico Crespi Castoldi, cronista del seicento. Delle strade che facevano capo al borgo abbiamo documentata notizia nel “codice della decima”6: una di queste – proveniente da Fagnano Olona, e quindi da Cairate e da Castelseprio, capoluogo del comitato (ma anche da Appiano Gentile e Como) – passava tangenzialmente al primitivo nucleo, ad est, e si dirigeva verso Borsano, Corbetta, Abbiategrasso, Pavia; una breve traccia di questa è forse rimasta nell’attuale vicolo Mangano e nei vicoli Rauli, oggi via Cardinale Tosi; a seguito dell’ampliamento dell’abitato la strada venne spostata ad est di San Giovanni, con un tracciato oggi coincidente con le vie don Giovanni Minzoni e Stefano Bonsignori: è la prima fase di un processo che si ripeterà nei secoli successivi e che ci fornisce il modello di accrescimento del borgo. Un’altra strada proveniente da Cassano incrocia la strada per Milano-Gallarate al trivio Incirasca e passa, lungo le attuali vie Mentana e Montebello, anch’essa tangenzialmente all’abitato, ma ad ovest, proseguendo poi per Sacconago e quindi per Arconate, Castano Primo, Turbigo, Novara. La strada di Milano passa a nord-est, più vicina dell’attuale tracciato del Sempione, ma pur sempre lontana dall’abitato: simmetricamente, a sud-ovest, corre la via di Corbetta, ancora oggi esistente, importante collegamento Pavia-Sesto Calende alternativo alla strada che percorreva il ciglio della valle del Ticino. Al sistema delle strade è legata anche l’origine delle frazioni. A Sacconago un piccolo nucleo abitato compatto, ma di forma irregolare, si crea intorno alla “piazza grande” (piazza Carlo Noè), all’incrocio tra le citate strade Busto-Novara e “di Corbetta”; dalla piazza si dirige a Lonate Pozzolo e al Ticino un’altra strada, abbastanza importante, come dimostrato dalla presenza, al bivio con la precedente, della chiesa di san Donato (demolita nel 1954) e, più avanti, della Madonna “in campagna”. La dedicazione ai Santi Pietro e Paolo della parrocchiale collocata con un fianco sulla “piazza grande” e con la facciata sulla “piazza della chiesa”, riporta l’insediamento ai 6 Codice pergamenaceo conservato nella Biblioteca Capitolare di San Giovanni: esso contiene l’elenco di tutti i beni del borgo soggetti alla decima. Risale al 1399. 13 primi secoli dell’era cristiana, ma la terminazione del nome in –ago potrebbe anticiparlo all’epoca celtica. Diversa la storia della frazione di Borsano, appartenuta per secoli al contado della Burgaria ed alla pieve di Dairago ed ancora oggi separata dall’abitato di Busto. Anche Borsano sorge all’incrocio della via “di Corbetta” con un altro dei collegamenti Milano-Ticino (attraverso Legnano, Borsano, Bienate, Magnago, Vanzaghello, Sant’Antonino Ticino), ma le sue dimensioni sono tali che, quando nel ‘700 verrà edificata la villa dei conti Rasini, questa sarà più grande dell’intero abitato. Mentre è spiegabile la posizione della chiesa campestre di Santa Maria dei Restagni (demolita nel 1959) lungo la strada per Villa Cortese, è alquanto singolare per la collocazione della parrocchiale, decisamente fuori dall’abitato. La dedicazione, come a Sacconago, ai Santi Pietro e Paolo, la terminazione del nome in –ano ed anche qualche ritrovamento archeologico, indicano per il paese un’origine risalente all’epoca romana. Elemento che contraddistinse a lungo Busto, furono le torri che ebbero oltre al carattere difensivo e nobiliare, anche quello di pubblica utilità e che sarebbero state, secondo le testimonianze degli storici bustesi, in numero di sette dislocate, per la maggior parte, lungo il terrapieno. Tra gli edifici pubblici di primaria importanza, sono da considerare le chiese che sorsero in buon numero anche in epoca medievale. Tra le più antiche è quella di San Michele, di cui si ha notizia nel 13437, allorchè fu ampliata per un incremento demografico. Secondo P.Bondioli essa sorgeva al di sopra di una cappella risalente all’epoca longobarda. Dello stesso periodo sarebbe pure la chiesa di San Giovanni, la principale del borgo. La notorietà di Busto fu però in ogni periodo legata più che alle opere difensive o agli edifici pubblici, al commercio e all’industriosità dei suoi abitanti. Già dal XIV secolo il borgo poteva contare su una organizzazione industriale varia ed estesa che aveva rapporti, quasi quotidiani, con ricchi commercianti al di fuori di Busto, che operavano in modo da provvedere non solo a rifornire di materie prime (cotoni sodi e altro) gli artigiani del tessile con telaio a mano, ma a collocarne il manufatto. Il canonico Crespi Castoldi erroneamente fissa la data di nascita dell’industria tessile bustese intorno al 1560: sfuggiva infatti alla sua indagine, che l’arte del tessere, in Busto, risaliva a tre secoli prima e che, prima del cotone, borghigiani avevano appreso, dalle religiose del convento delle Umiliate, l’arte del lavorare i drappi di lana; che, infine, nel 1400 i mercanti bustesi installatisi a Milano, vendevano non solo i fustagni e le bombacine, ma anche i drappi di lana. Accanto all’arte tessile, fiorente fu pure la lavorazione dei metalli, in particolare del filo di ferro, e del cuoio. Esaminando l’aspetto insediativo delle industrie destinate a fornire un assetto al tessuto urbano, si possono individuare due periodi: il primo relativo alla zona delle officine metallurgiche ed il secondo, quello della filatura e della tessitura, che si distribuiva in tutte le case creando microrganismi abitativo-lavorativi con occupazione a carattere stagionale, complementare a quello dei campi. Ma fino al XVIII secolo, epoca della 7 A. Guido Belloni, “Genesi - Ordinamento e sviluppo del Comune di Busto Arsizio dalle origini al XV secolo”, (1963). 14 nascita della grande industria, l’attività che tenne occupata la maggior parte della popolazione fu l’agricoltura. Altra attività in cui sempre si distinse l’intraprendenza della popolazione, è il commercio che rivestì in una zona come quella di Busto, povera di materie prime, un’importanza notevolissima. All’inizio del XV secolo il borgo di Busto potenziò il suo ruolo economico divenendo sede di fiere e mercati importanti, favoriti dalla vicinanza della via Sempione, che allora toccava tangenzialmente il nucleo abitato. Intorno al borgo si va sempre più allargando l’area disboscata, sia perché molti nuovi terreni vengono messi a coltura, sia perché l’attività della lavorazione del ferro richiede una grande quantità di legna, al punto che, nel ‘500, con l’esaurirsi delle riserve boschive, si estinguerà anche l’attività siderurgica, sostituita dalla lavorazione delle fibre tessili. Il paesaggio agrario varia però anche per altri motivi, come l’introduzione del gelso ad opera degli Umiliati e successivamente delle piante provenienti dall’America: mais, patate, pomodori, fagioli e, soprattutto, robinia, che per il suo carattere infestante sostituirà completamente le essenze originali. Secondo il Crespi Castoldi, la città di Busto all’inizio del XVII secolo aveva ancora l’aspetto di un modesto borgo; ecco infatti come la presenta “.. Le case, tutte ad un solo piano e spesso di legno, in numero di 277, erano chiuse nel rettangolo del terrapieno e del fossato e gli edifici, tranne quelli dedicati al culto, non erano affatto sontuosi”8. Il borgo conservava all’interno la suddivisione in quartieri che si era determinata fin dal XIII secolo. L’avvenimento che, fra tutti, condizionò più da vicino la vita bustocca nel 600 è costituito dalla grave pestilenza scoppiata intorno al 1630: tale evento influì su ogni aspetto della vita del borgo da quello economico, urbanistico e sociale. Il Maino9 riferisce che mentre nel 1630 Busto contava circa 8.000 residenti, alla fine dell’epidemia la popolazione ammontava a soli 1.500 residenti. Per poter ospitare i numerosissimi appestati, fu deciso di aprire un lazzaretto con capanne e baracche fuori porta basilica, vicino al “terraggio”: il luogo fu chiamato Santo Gregorio (dal nome della vicina chiesa eretta perché servisse agli appestati) o Campo Santo e in epoca successiva fu destinato ad ospitare il cimitero. La ripresa fu lenta e faticosa. Una certa ripresa si verificò a partire dalla seconda metà del ‘600, prima in modo impercettibile, poi sempre più evidente. Dal ‘200 al ‘700 si alternano periodi di sviluppo e di stasi dell’edificazione, ma anche nei momenti più oscuri della sua storia, il borgo si arricchisce delle presenze monumentali più significative: all’inizio del ‘500 la breve stagione del cosiddetto “Rinascimento bustese” è testimoniata dall’opera letteraria dell’umanista Gian Alberto Bossi10, dai corali minati presenti nella Biblioteca Capitolare e soprattutto nello splendido santuario di Santa Maria “di piazza”; a metà del ‘600 la magnificenza barocca dell’architetto Francesco Maria Ricchino si esprime nelle chiese di San Giovanni Battista e di San Michele Arcangelo, uno degli elementi più scenografici della città. Dello stesso periodo e l’ampliamento di piazza San Giovanni, fino ad allora occupata da un isolato di edifici medievali, con la demolizione di un edificio situato di fronte alla chiesa. 8 A. Crespi Castoldi, “La storia di Busto e le relazioni”. L. Maino, “La colonna di San Gregorio”. 10 Busto Arsizio, 1450-1512. 9 15 Chiesa di san Michele Arcangelo, Museo di Arte Sacra Piazza San Michele Basilica di San Giovanni Battista Piazza San Giovanni Chiesa di santa Croce, distrutta Via Santa Croce Santuario di Santa Maria Assunta Piazza Santa Maria Negli stessi anni e fino ai primi due decenni del secolo successivo, vengono anche costruite o ricostruite o ristrutturate tutte le chiese minori: nel centro Sant’Antonio Abate, Santa Croce (oggi distrutta), Santa Maria Maddalena (la chiesa delle monache oggi scomparsa) e l’edicola di San Carlo Borromeo; alle quattro estremità nord-ovest, nord-est, sud-est, sud-ovest la Madonna “in prato”, Sant’Anna, con il caratteristico viale alberato di accesso (spogliato degli ippocastani intorno al 1920), San Gregorio Magno e San Rocco; fuori dall’abitato, la Madonna in Veroncora, San Bernardino alla cascina dei Poveri, Santa Eurosia alla cascina Brughetto, oggi scomparsa; a Sacconago la parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo, dal punto di vista figurativo l’episodio più significativo del paese e Madonna “in campagna”; a Borsano Sant’Antonio di Padova; di poco posteriore la chiesa-battistero di San Filippo Neri. 16 In nessun altro momento l’attività edilizia religiosa è così intensa, capillare e diffusa; l’ambizioso programma di cristianizzazione propugnato da San Carlo Borromeo viene così realizzato dai suoi successori. Edicola di San Carlo Borromeo Via Giacomo Matteotti Chiesa di madonna “in prato” Piazza Alessandro Manzoni Chiesa di San Gregorio Magno Piazzetta San Gregorio Chiesa di Sant’Anna Via Fratelli d’Italia 17 Chiesa di Madonna “in campagna” Sacconago, via Madonna in Campagna Chiesa di Sant’Antonio di Padova Borsano, via Cardinale Simone Chiesa di San Bernardino Via Cascina dei Poveri Chiesa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo Sacconago, piazza della Chiesa 2.4. Busto Arsizio nel Settecento Il passaggio dall’amministrazione spagnola a quella austriaca determinò decisivi sviluppi dell’economia e, di conseguenza, un importante rinnovamento del tessuto edilizio, che caratterizzò l’ambiente urbano dell’intero borgo. Sotto la dominazione austriaca anche l’attività economica bustocca riprese: furono riordinati e meglio distribuiti i carichi fiscali attraverso la stesura del catasto; studi e provvedimenti a favore dell’industria e dell’agricoltura favorirono la ripresa delle coltivazioni e del lavoro artigianale, specialmente nel campo tessile. Da un documento conservato nell’Archivio di San Giovanni Battista, si può ricavare il numero dei residenti a Busto Arsizio nel 1790-96: 5.333 all’interno del borgo e 961 nelle cascine, per un totale di 6.294 residenti. Ed è proprio tra la fine del XVIII secolo e l’inizio del XIX secolo, che si delinea il passaggio dalla fase artigianale a quella paleo-industriale. 18 Un periodo particolarmente felice per il borgo è il Settecento, quando negli edifici religiosi si assiste all’esplosione di forme, di luci e di colori del barocchetto di Biagio Bellotti11, mentre una nuova borghesia, arricchita dalle attività imprenditoriali, ma anche sufficientemente colta e raffinata, promuove il rinnovamento del tessuto edilizio urbano con la ristrutturazione o la ricostruzione di intere contrade, che assumono un aspetto omogeneo e denotano un livello di vita di civiltà ed eleganza. Del periodo sopravvivono alcuni edifici, caratterizzati soprattutto dalla presenza di eleganti e raffinati ferri battuti, in via Montebello e la casa Custodi-Paracchi, nell’antica contrada Piscina (in particolare in via XXII Marzo, vicolo Clerici 2, via Giacomo Matteotti, 13 e, al numero 18, la casa Canavesi-Bossi, l’adiacente Casa Tosi in via San Michele), alcune residenze nell’isolato tra le piazze Santa Maria e San Giovanni, in via Santa Croce 1,2 e 4, in via Cavour 4, nella contrada Sciornago (via Felice Cavallotti 1 e 3, via Giuseppe Lualdi 13), qualche cortile a Sacconago ed un prezioso frammento in via Biagio Bellotti. Casa Canavesi-Bossi via Giacomo Matteotti Casa Tosi via San Michele 11 Casa Custodi-Paracchi via Montello Palazzo Marliani-Cicogna,Biblitoeca Comunale, Civiche Raccolte d’Arte Piazza Vittorio Emanuele II Busto Arsizio, 1714-1789. 19 Palazzo Rasini Borsano, via Cardinale Simone da Borsano Vengono anche ristrutturate e ampliate le residenze nobiliari, il palazzo MarlianiCicogna ed il palazzo Rasini a Borsano, vere e proprie icone del potere e della ricchezza del feudatario. Gli edifici residenziali e commerciali che, in gran parte ancora medioevali, vennero ristrutturati, impreziositi con scale e ballatoi di beola (anziché di legno), con pavimenti in cotto, soffitti a cassettoni, ferri battuti che frequentemente riportano gli stemmi di famiglia, cortili porticati con colonnine tuscaniche in pietra ed archi semiellittici. Coerentemente con l’indole dei loro abitanti, i prospetti verso strada sono piuttosto disadorni, ma attraverso le aperture si può scorgere la ricchezza dello stile “barocchetto” degli interni. Attualmente, scomparsi gli edifici dell’intera via G.Lualdi, rimangono a testimonianza di questo momento della vita del borgo, episodi isolati nelle via San Michele, Giacomo Matteotti, Carlo Turati e Stefano Bonsignori, il tratto iniziale di via Montebello, i lati sud di via Felice Cavallotti ed est di piazza Santa Maria, alcuni cortili delle via Santa Croce, Sant’Antonio, Cavour e, a Sacconago, delle vie Biagio Bellotti, Enrico Tazzoli, San Carlo. Nello stesso periodo, nonostante l’edificazione sia ancora praticamente tutta contenuta nell’ovale delimitato una volta dalle fortificazioni, comincia una specie di colonizzazione del territorio circostante, con la costruzione, nell’arco di mezzo secolo, di una cinquantina di cascine. Sono ancora parzialmente conservate la Cassinetta e la Burattana, completamente alterata la Vignone, semidistrutta la Favana; queste punteggiano la campagna e si affiancano alle più antiche cascine dei Poveri e di Brughetto, molto più vaste e strutturate quasi come piccoli borghi autonomi. 20 Cascina Brughetto viale Giovanni Boccaccio Cascina Vignone via Favana Cassinetta via Comalone 2.5. Busto Arsizio nell’Ottocento L’Ottocento non vede la realizzazione di nuovi edifici religiosi, ma solo la ricostruzione della piccola edicola di Santa Maria Nascente; è invece piuttosto vivace l’edilizia civile con la costruzione nel 1860-62 dell’Asilo Infantile Sant’Anna, di Giovanni Olgiati12 e di alcuni pregevoli edifici residenziali come le case Rauli e Bossi e con la realizzazione dell’intera via Roma, un ambito urbano omogeneo nel suo stile tardo neo-classico; sono notevoli gli edifici ai numeri 4 e 8 e al numero 12-14, dove nel 1875 l’architetto Carlo Maciachini13 ristrutturò due fabbricati esistenti per ricavare la prestigiosa sede dell’Orfanotrofio femminile. Ma gli interventi più consistenti sono quelli promossi dalle amministrazioni pubbliche: il Governo austriaco realizza le Carceri, gli Uffici giudiziari ed il Presidio militare, mentre la locale Congregazione di Carità fa costruire l’edificio dell’Ospedale, l’attuale palazzo Municipale. 12 13 Milano, 1814 – Busto Arsizio, 1891 Induno Olona, 1818 – Varese, 1899 21 Carceri via Monsignor Paolo Borroni Edicola di Santa Maria Nascente via Daniele Crespi Casa Bossi Via Giuseppe Lualdi Santuario del Sacro Cuore di Gesù Piazza Padre Gentile Mora Casa Rauli Piazza Santa Maria Uffici Finanziari Austriaci Via Cavour 22 Presidio Militare Austriaco Via Roma Palazzo Municipale Via Fratelli d’Italia Già ai primi dell’800, numerosi opifici risultavano insediati nel territorio di Busto e la città era ancora fondamentalmente racchiusa entro il confine pentagonale dell’antico terrapieno. Ma ai primi sintomi dell’evoluzione industriale moderna, i limiti dell’antico aggregato di Busto che aveva sempre contenuto le industrie tradizionali, non risultarono capaci a contenere le molte e varie esigenze di aree per i complessi industriali che si andavano formando. Di conseguenza vennero spianate nel 1861 le antiche porte e i bastioni medievali, la cui funzione era ormai decaduta e che altro non erano che ruderi ostacolanti la viabilità. L’unica a sopravvivere per il momento fu la porta di Sanvico. Sempre in questo periodo, per migliorare la viabilità, fu sistemata la strada detta Riale (odierna via Bambaia) che era un semplice sentiero; furono aperte nuove vie (come via Pozzi), mentre altre venivano sistemate a selciato; il prato fuori porta Milano fu trasformato in piazza e intitolato a G. Garibaldi. I fattori localizzativi cominciarono ad essere determinati dalla presenza dei grandi assi di comunicazione: la strada del Sempione non fu soltanto un fattore di decollo economico per i centri da essa serviti, ma anche un elemento di connessione fra Busto, Gallarate e Legnano. Elemento di importante annotazione fu costituito dall’avvento delle ferrovie: fu completato il tronco ferroviario Milano-Gallarate, che andava ad affiancare la strada del Sempione. Nel 1883 cominciò la costruzione della linea ferroviaria Novara-Sempione-Seregno, che apriva le comunicazioni con il Piemonte: nel 1885 fu deciso di far transitare da Busto la tramvia Milano-Gallarate. Occorre osservare tuttavia che a differenza di quanto accade in altre città, le nuove infrastrutture ferroviarie non produssero profonde trasformazioni dell’assetto urbanistico e dello schema funzionale della città, ma adeguarono piuttosto il loro tracciato alla localizzazione degli insediamenti industriali esistenti. La stessa presenza di due linee ferroviarie che si incrociavano non determinò alcuna direttrice preferenziale di sviluppo, ma rese paragonabile una vasta gamma di punti del territorio, contribuendo ad innescare un modello di crescita “a macchia d’olio”. Fu in questo periodo che assunsero una caratterizzazione residenziale alcune parti di città, come ad esempio la zona di via XX Settembre, dove vennero costruite numerose ville e palazzine. 23 Lo sviluppo del borgo al di fuori della cinta difensiva comincia nella seconda metà dell’Ottocento lungo la strà Balon (corso XX Settembre) e lungo la “strada Garottola” (via Goffredo Mameli), in direzione Milano, favorita dalla realizzazione della ferrovia Milano-Gallarate (1861), quasi contemporanea all’elevazione di Busto Arsizio al rango di città (1864). Si tratta per lo più dei primi piccoli edifici industriali, dalle caratteristiche coperture a shed di legno su pilastri di ghisa, e di case operaie pluripiano con lunghi ballatoi, costruite per i numerosi dipendenti – immigrati anche dalle regioni vicine – che l’industria cotoniera, pur tra le ricorrenti crisi, richiedeva costantemente. Esemplare il caso dell’imprenditore Roberto Tosi, che nei dintorni del suo stabilimento fece edificare la sua villa, case per i dirigenti, per gli impiegati, per i capisquadra, per gli operai, un dormitorio per le operaie e garantì inoltre l’assistenza religiosa promuovendo la costruzione del santuario del Sacro Cuore di Gesù. Come anticipato in precedenza, è pressochè inesistente l’architettura religiosa (a differenza di quanto avvenuto nei due secoli precedenti), mentre diviene protagonista del secolo XIX l’architettura civile: secondo la razionalità tipica del positivismo, i prospetti vengono allineati, le facciate sono rigorosamente simmetriche, gli edifici hanno per lo più una funzione utilitaristica e lo stile architettonico non può che essere il neo-classico (tardivo di almeno mezzo secolo), che caratterizzerà l’ambiente urbano del secolo. Un probabile prototipo di questa architettura fu il palazzo dell’Ospedale, opera dell’architetto Pietro Gilardoni, con il pian terreno rivestito del caratteristico bugnato liscio, i contrafforti agli angoli, i sottofinestra, le mensole sottodavanzale o sottogronda a doppia voluta, il frontone triangolare, le inferriate a losanghe, motivi che verranno ripetuti da un lato nelle prestigiose sedi dell’amministrazione austriaca e degli enti assistenziali ed educativi – promossi soprattutto dal prevosto Tettamanti: oratori, orfanotrofi, il nucleo iniziale del ricovero “La provvidenza”, recentemente demolito – dall’altro nelle residenza delle famiglie emergenti del borgo: imprenditori, professionisti, amministratori pubblici. Nasce – e si diffonderà nel secolo successivo - la tipologia delle case con torretta, ricordo delle antiche case-torre di epoca longobarda, poi diventate “colombere”, poi elementi di richiamo per conferire un’immagine di autorevolezza alla famiglia residente o, semplicemente, terrazze panoramiche che si elevano sulla coltre dei tetti circostanti (in piazza Santa Maria, via Roma, via Giuseppe Lualdi, recentemente demolita). L’atmosfera dell’epoca è chiaramente leggibile, oltre che nei singoli edifici, nel segmento occidentale di via Roma, di nitido disegno urbano e di straordinaria coerenza stilistica. Unica eccezione all’architettura laicista del secolo è la chiesa dei Santi Pietro e Paolo a Borsano, demolita nel 1943, questa si autenticamente neo-classica, collocata però ai margini del paese e del tutto estranea all’ambiente urbano adiacente, ancora costituito da case contadine medievali. 2.6. Busto Arsizio nel periodo moderno Nel 1907/1908 Busto vide la crisi dell’industria tessile e meccanica. Proprio durante gli anni della crisi economica dei primi del ‘900 venne redatto il primo piano regolatore di Busto Arsizio (circa 25.000 abitanti). Il piano era incentrato su tre 24 interventi in ordine alla sistemazione della rete di trasporto: spostamento ad est della Ferrovie dello Stato, apertura della circonvallazione ovest e inquinamento dell’asta delle Ferrovie Nord Milano, ormai raggiunta dall’urbanizzazione. Di fatto, il piano non modificò il modello di sviluppo a macchia d’olio. Negli anni successivi infatti l’edificazione saturò completamente, con elevati indici di fabbricabilità, le aree di espansione collocate a ridosso degli insediamenti di epoca paleo-industriale, creando “zone miste” intensamente popolate dove convivevano abitazioni, capannoni e magazzini destinati alle attività artigianali e produttive. Sorgeva in quegli anni l’istituto bustese delle case popolari, che realizzò circa 800 vani; nel 1924 si concludeva lo spostamento della linea delle Ferrovie dello Stato. All’inizio del secolo scorso il maggiore impegno della città era diretto soprattutto alla dotazione di tutte le necessarie infrastrutture pubbliche; negli anni tra le due guerre , a seguito del grande sviluppo economico e demografico, si operarono interventi soprattutto nell’ambito residenziale – per la prima volta non solo su edifici singoli, ma anche sulla struttura urbana – che incisero sull’immagine primitiva del borgo, che verrà definitivamente trasformandosi in una città. Nel centro storico si allargò e si ricostruì quasi completamente via Montebello e si aprirono – sventrando il minuto tessuto antico delle case medievali – via Bramante e via Cardinal Tosi; all’esterno si trasformarono aree industriali, con edifici produttivi ormai non più redditizi, in prestigiose zone residenziali (lungo viale della Gloria, che aveva preso il posto del tracciato ferroviario, in via I Maggio, via IV Novembre, lungo il corso XX Settembre e fino alle aree circostanti la nuova stazione), si tracciarono molte nuove strade previste dal piano regolatore del 1911 e si costruirono molti complessi di case popolari (di iniziativa pubblica tra via A.Costa e M. D’Azeglio, di iniziativa privata in viale Lombardia, corso Italia, via T.Speri,…). Si crearono così ambienti fortemente caratterizzati e immediatamente riconoscibili e riconducibili a quegli anni; ciò a motivo dell’inconfondibile stile degli edifici realizzati con volumi non molto diversi dai precedenti, con il mantenimento delle cortine edilizie continue, ancora con gli elementi architettonici derivati dalla tradizione classica (colonne, archi, lesene, timpani, …), ma reinterpretati alla luce delle nuove esigenze espressive e dei nuovi condizionamenti economici e tecnologici, sempre con compostezza di concezione e limpidezza di forme. Progettisti di queste architetture sono gli ingegneri Ettore Allemandi, Italo Azimonti, Giovanni Chiaratti, Cesare Lana, Leopoldo Mosca, Eugenio Prandina, Leonida Tosi, Pietro Tosi, Luigi Viterbo, il professore Franco Poggi, gli architetti Alessandro Minali e Silvio Gambini, il quale, dopo le esperienze liberty e decò, effettuava in quegli anni sperimentazioni razionaliste-futuriste (case in via Montebello 19 e di via C.Pisacane 12, entrambe del 1934). In questo periodo è possibile riconoscere tre tipologie di città che presentano edifici di valore storico e architettonico: la città che produce la città del liberty la città pubblica. La città che produce 25 Tra la fine dell’800 e gli anni ’20 del ‘900, mentre dal paesaggio agrario scompare la vite, distrutta dalla peronospora, l’accelerazione dell’industrializzazione trasforma la città in un immenso opificio e introduce nel paesaggio urbano i nuovi simboli dello sviluppo industriale, gli stabilimenti e le ciminiere. Finita l’epoca del contadino-tessitore dotato di telaio a mano installato nella propria abitazione, le prime ‘tessiture meccaniche’ erano ospitate in piccoli edifici dalle tipologie quasi residenziali; dagli ultimi due decenni dell’ ‘800 e fino a metà ‘900 sorsero, in varie fasi – e con grande attenzione agli aspetti formali dell’architettura, data la loro valenza di immagine – gli enormi stabilimenti capaci di accogliere migliaia di lavoratori, con i caratteristici capannoni a shed e con le altissime ciminiere, che disegnarono il nuovo panorama della città; a stretto contatto, le prestigiose palazzine per gli uffici amministrativi e direzionali e, spesso, per le residenze del titolare. Gli imprenditori, anche se di formazione intellettuale modesta, comprendono l’importanza dell’immagine e richiedono per le loro aziende un notevole impegno formale, ispirato soprattutto a stilemi medievali. Gli edifici industriali si collocarono, per ragioni logistiche, lungo i tracciati delle ferrovie, della tramvia e della strada per Milano e furono così numerosi, sia i grandi cotonifici che le più piccole attività del cosiddetto “indotto”, che costituirono una cintura di intensa operosità stretta intorno al centro storico, rimasto prevalentemente residenziale. A nord vennero edificate le aree tra le vie Luigi Galvani e Mentana e tra via Andrea Zappellini e via Gavinana; tra gli edifici più interessanti rimangono parte dell’imponente complesso del cotonificio Carlo Ottolini, poi Bustese e l’ex ditta Carlo Pozzi; ad ovest sopravvivono alcuni stabilimenti, di non particolare pregio architettonico, tra le vie Palestro e Varese; a sud gli insediamenti industriali si estesero dalla via Giuseppe Mazzini, percorsa dalla tramvia, alla ferrovia Nord; un intero isolato è occupato dall’ex-cotonificio Venzaghi, che conserva ancora l’aspetto di una fortezza racchiusa nelle enormi murature d’ambito senza aperture, una vera e propria “cittadella del lavoro”; sono stati invece demoliti alcuni grandi complessi industriali: da tempo le ditte Luigi Pozzi e Carlo Garavaglia, recentemente le ditte Luigi Colombo e Fratelli Lualdi. Lungo la vecchia sede della ferrovia (attuale viale “della Gloria”) e lungo corso XX Settembre (e nelle aree retrostanti) si allinearono, per tutta la loro lunghezza, alcune delle maggiori industrie della città; rimangono, come preziosa testimonianza gli stabilimenti, oggi tutti dismessi e modificati nella loro struttura e con destinazioni d’uso diverse: calzaturificio Borri, Dell’Acqua Lissoni & Castiglioni, molini Marzoli Massari, la ditta Pio Garavaglia, Giovanni Gallazzi, la tintoria Giovanni Garavaglia, i cotonifici Bustese, qualche frammento del cotonificio Giovanni Milani & Nipoti, Crespi Manifattura di Ferno e Crespi Giuseppe Antonio. 26 Calzaturificio Borri Viale Duca d’Aosta Cotonificio Crespi Giuseppe Antonio Via Dante Alighieri Cotonificio Crespi – Manifattura di Ferno Via Fratelli Cairoli Cotonificio dell’Acqua Lissoni Castiglioni Viale Duca d’Aosta Ditta Airoldi e Pozzi Via Dante Alighieri Cotonificio Giovanni Milani & Nipoti Corso XX Settembre 27 Molini Marzoli Massari Viale Luigi Cadorna Tintoria Garavglia Via Massimo d’Azeglio La città del liberty Nei primi tre decenni del secolo scorso l’espansione della città, soprattutto lungo la ferrovia e la tramvia e lungo le strade che si irradiavano dall’antica “porta Milano”, fu caratterizzata da un’edilizia estremamente omogenea da un punto di vista stilistico. Oltre alle grandi ville degli imprenditori, sorte a corona del centro storico, interi isolati – esempio forse unico in Italia – vennero occupati da edifici frammisti residenziali e produttivi, costruiti in uno stile che si potrebbe definire tra lo storicista e il tardo-liberty, non esasperato come in altri esempio italiani od europei, ma discreto, come era il carattere dei residenti, ma che rappresentano in maniera scenografica il potere economico di una nuova nobiltà del lavoro. Questa particolare edificazione, di ottimo livello qualitativo e in gran parte ancora esistente, interessò molte vie all’interno del centro storico, l’intera piazza Giuseppe Garibaldi, purtroppo quasi interamente ricostruita negli anni ’60, le vie Alessandro Volta, Carlo Travelli, Burigozzi, Andrea Zappellini, Carlo Cattaneo, Cesare Correnti, Luciano Manara, Alberto da Giussano, Ugo Foscolo, Dante Alighieri, Magenta, Silvio Pellico, Federico Confalonieri, Palestro, Goito, Gaetano Donizetti, Quintino Sella e, più all’esterno, le vie che costeggiavano la ferrovia – quella che sarebbe diventata il viale “della Gloria”- via Goffredo Mameli, via XX Settembre, viale Lombardia e tutte le traverse interne di collegamento. Si possono citare le ville Ottolini-Tosi, Ottolini-Tovaglieri, Comerio, Avanzini, leoneDella Bella, Ferrario, Nicora-Colombo, Pozzi, Roberto Tosi, Calcaterra e Gagliardi a Sacconago le case Frangi, Castiglioni, Luigi Colombo. Villa Ottolini Tosi Via Alessandro Volta Villa Ottolini-Tovaglieri Via San Michele 28 Villa Comerio Via Silvio Pellico Villa Leone-Della Bella Corso XX Settembre Villa Nicora-Colombo Via Goffredo Mameli Villa Pozzi Via Palestro Villa Avanzini Via Antonio Carova Villa Ferrario Via Palestro Casa Frangi Piazza Volontari della Libertà Villa Roberto Tosi Corso XX Settembre 29 Villa Calcaterra Sacconago, via Magenta Villa Gagliardi Sacconago, piazza Leone XIII Casa Luigi Colombo Via Luciano Manar Casa Castiglioni Piazza Giuseppe Garibaldi Secondo una mentalità tipica degli imprenditori bustocchi, le residenze tutte di rilevante livello qualitativo, vengono costruite lungo le strade, ma immediatamente adiacenti ai capannoni industriali che sorgono alle loro spalle: interi isolati tra le vie Goffredo Mameli, XX Settembre, Guglielmo Marconi, Benvenuto Cellini, Antonio Canova, Amilcare Ponchielli e in misura minore Palestro e Goito, vengono edificati con questa modalità e conservano tuttora la commistione d’uso residenziale e produttivo. Cresce anche la richiesta di strutture collettive per la socializzazione, il teatro Sociale è l’espressione di un desiderio di maggiore qualificazione della borghesia emergente. In quegli stessi anni il Comune, con un significativo sforzo economico, se si pensa alle limitate risorse allora disponibili rispetto alle esigenze di una popolazione in continua crescita, riesce a dotare il borgo di tutte le attrezzature necessarie per farne una città: oltre alle infrastrutture tecnologiche, quali strade, acquedotto, fognatura, illuminazione elettrica, rete del gas, rete telefonica, nell’arco di pochissimi anni vengono realizzati un nuovo grandioso Cimitero Monumentale, il Macello Civico, il nuovo Ospedale con l’annessa chiesa di San Giuseppe e ben quattro scuole: A.Manzoni, G.Carducci, N.Tommaseo e E.De Amicis. 30 Macello Civico Via Gugliemo Pepe Teatro Sociale Piazza Plebiscito Ospedale Piazzale Professor Giuseppe Solaro Cimitero Monumentale Via Lonate Pozzolo Chiesa San Giuseppe Viale Stelvio 31 Scuole G. Carducci Via Giosuè Carducci Scuole A.Manzoni Piazza Alessandro Manzoni Scuole E. de Amicis Piazza Trento e Trieste Scuole N. Tommaseo Via Raffaello Sanzio Artefice della trasformazione del borgo in città è una nutrita schiera di professionisti, bustesi di nascita o di adozione, tra i quali emergono gli ingegneri Ercole Seves di Lonate Pozzolo, Guglielmo Guazzoni, Leopoldo Candiani di Busto Arsizio, Luigi Carlo Cornelli di Cuggiono, Gaspare Tosi di Busto Arsizio, responsabile dell’ufficio tecnico comunale, Amedeo Fontana di Fagnano Olona, che influì più di ogni altro sul paesaggio urbano in quanto progettò pressoché tutte le ciminiere della città, Carlo Wlassics di Pavia, che fu anche tecnico comunale, e gli architetti Achille Sfondrini, Paolo Cesa Bianchi, Camillo Crespi Balbi di Marnate e Silvio Gambini. Molti progetti firmati dal gallaratese Guglielmo Guazzoni erano in realtà del suo collaboratore – in seguito resosi autonomo – Silvio Gambini, di Teramo, il vero protagonista dell’architettura bustese per quasi tutta la prima metà del secolo scorso. La città pubblica 32 Negli anni tra le due guerre comincia il decollo demografico ed edilizio della città, che ingloba nel proprio territorio amministrativo i vicini comuni di Sacconago e Borsano (1927). La ferrovia da fattore incentivante diventa ostacolo all’espansione; perciò dopo un ventennio di dibattiti e di lavori, viene spostata più ad est (1924), sul suo sedime viene realizzato il grande viale Armando Diaz-Duca d’Aosta-Luigi Cadorna e l’intera città assume una nuova fisionomia ed un nuovo respiro; la stessa nuova stazione ferroviaria colpisce le la sua monumentalità. Non sono altrettanto felici gli interventi che vengono operati nel centro storico negli anni ’30, con l’apertura delle nuove vie Bramante e cardinale Tosi e con la ricostruzione dell’antica contrada di Savico: viene alterata una struttura che si era consolidata e conservata per secoli, con perdita di importanti brani dell’edificazione tipica dell’antico borgo, solo in parte compensata dall’unitarietà ed omogeneità stilistica. Infatti tutti e tre gli interventi vengono realizzati nell’ibrido stile tipico dell’epoca (tra il neo-classico, il razionalista ed il futurista), che può essere chiamato Novecento. Fuori dal centro storico vengono realizzate nuove opere pubbliche: il mercato coperto (1935) e la piscina comunale (1938) dell’ingegnere Carlo Bonini; la centrale del latte (1928), l’ampliamento del protiro del cimitero (1928) e del municipio (1929), la Colonia Elioterapica (1929) e le scuole Pontida (1933) del professore Franco Poggi; le scuole elementari Filippo Corridoni (oggi Ezio Crespi) e Giovanni Berta (oggi Giovanni Bertacchi), entrambe del 1939. L’incremento demografico richiede anche nuove strutture per l’assistenza religiosa: la parrocchia di San Michele Arcangelo si dota del prestigioso edificio dell’oratorio femminile, mentre nei nuovi quartieri che sorgono al di là dei due tracciati ferroviari nascono le chiese, che di lì a poco diventeranno parrocchiali, dei Santi Apostoli di Pietro e Paolo e di Sant’Edoardo. A Sacconago e Borsano, affiancate alle antiche, vengono costruite due nuove parrocchiali, che mantengono l’originaria dedicazione, ancora ai Santi Apostoli Pietro e Paolo, e che sono l’evidente dimostrazione delle difficoltà in cui si dibatteva l’architettura di quegli anni ’30 e ’40, contesa tra la conservazione delle tradizioni classiche e l’esigenza di un aggiornamento in direzione moderna. Colonia Elioterapica Via Lega Lombarda Oratorio femminile San Michele Piazza Alessandro Manzoni 33 Chiesa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo Piazzale don Paolo Cairoli Chiesa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo Borsano, piazza don Antonio Gallarini Chiesa di Sant’Edoardo Viale Vittorio Alfieri Chiesa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo nuova Sacconago, piazza Giovanni XXIII 2.7. Busto Arsizio nel periodo più recente Dopo il 1945 la popolazione di Busto cominciò a crescere superando i 50.000 abitanti. L’Amministrazione Comunale realizzò 190 alloggi, organizzati in piccoli insediamenti posti all’estrema periferia della città. Il territorio comunale mirava a facilitare le comunicazioni stradali e ferroviarie, prevedendo l’abbassamento in trincea delle FNM, delimitava una zona industriale ad ovest ed una zona residenziale a nord, fra l’Ospedale e la linea FS, oltre a due nuclei minori a sud, verso Borsano e lungo la strada per Castellanza. Nella zona sud, a confine con Castellanza e Legnano, il piano prevedeva un centro di servizi comprensoriali (mostra internazionale del cotone). Ancora più problematici gli interventi negli ultimi cinquant’anni, troppo spesso condizionati dalle esigenze del mercato immobiliare e caratterizzati da scarsa attenzione ai valori ambientali e storico-artistici; l’edificazione abnorme degli anni ’60-’70 seguita dall’abbandono di interi isolati hanno causato la distruzione di molta parte del borgo antico, mentre l’espansione in tutte le direzioni ha praticamente esaurito il territorio, resa difficoltosa la dotazione di infrastrutture, cancellato aree agricole e boschive; questo nonostante siano stati adottati numerosi strumenti di pianificazione urbanistici (piani regolatori generali del 1911, del ’34, del ’48, del ’65, del ’75, del ’90 e piani particolareggiati, di zona, di settore, …) che avrebbero dovuto garantire un risultato di ordinato sviluppo e di “disegno” (cioè di progetto) urbano. Negli anni ’50 e ’60 la città subisce uno sviluppo deciso e incontrollato, favorito dai Piani Regolatori sovradimensionati e dall’eccezionale pressione demografica. 34 Il nuovo piano, approvato nel 1965, prevedeva la costruzione di due quartieri residenziali indipendenti, uno in rione Beata Giuliana, l’altro in rione Sant’Anna. Nonostante le consistenti previsioni di piano,l’incremento della popolazione si manteneva su indici contenuti: proliferavano invece miriadi di case isolate su tutto il territorio, compromettendo una utilizzazione delle aree di maggiori dimensioni. Nelle direzioni tra nord-ovest e sud-est, l’edificazione si sviluppa soprattutto lungo le strade intercomunali, si salda ai vicini abitati di Olgiate Olona e Castellanza, e si protende verso Gallarate, Cassano Magnago e Legnano; in direzione ovest migliaia di residenze unifamiliari sorgono disordinatamente lungo le strade campestri; si generano problemi viabilistici e di dotazione di urbanizzazioni; le attrezzature di interesse pubblico (scuole, attività commerciali9 sorgono casualmente, in aree di risulta. Gli unici punti di aggregazione sono gli edifici religiosi; i quartieri prendono il nome delle chiese, che diventeranno parrocchiali. La chiesa di Santa Maria Regina (1962-64, progetto di Carlo Baroli, Anna Sarian, Antonio Garavaglia) ha una copertura a forma di grande tenda che copre uno spazio unitario a sottolineare l’aspetto corale e comunitario dell’azione liturgica; all’interno una bella statua della Madonna con bambino del ‘700. La chiesa del Santissimo Redentore (1962, Antonio Garavaglia) era un prefabbricato inizialmente provvisorio, poi diventato definitivo con la costruzione della navata sinistra, del pronao e del campanile (1976). Nel territorio della parrocchia si trova l’edicola della Madonna di Caravaggio, del ‘600: due tele di Carlo Farioli (1992) raffigurano i beati bustesi Bernardino e Giuliana. Più vicina al centro è la recente chiesa di San Carlo Borromeo, con struttura di semplice capanna (1996-2000, Luciano Cagnoni). L’abitato di Sacconago si confonde definitivamente con quello del capoluogo e la nuova zona industriale, che a cominciare dagli ultimi anni ’70, si sta sviluppando a sud-ovest della città, ha quasi completamente saturato l’unica area di una certa consistenza che era rimasta in edificata nel territorio comunale. Borsano, invece cresce soprattutto in direzione sud e mantiene un certo distacco dal centro della città; il quartiere destinato ai profughi Giuliani e Dalmati, dall’aspetto molto corretto ed ordinato (al suo interno un monumento a San Biagio), ha intaccato solo di poco l’area agricola ancora oggi esistente intorno alle cascine Brughetto e Burattana. Ma esistono anche due episodi particolarmente qualificati, entrambi dovuti all’INA – Casa. Nel quartiere Beata Giuliana (dal 1952), con schema viario semplicemente ortogonale, si trovano la scuola ex - elementare, ora professionale (1958, Enrico Castiglioni e Dante Brigatti), un notevole esempio di razionalismo flessibile, in cui le regole vengono liberamente interpretate e la chiesa di San Luigi (1956-58, campanile del 1996, Leopoldo Mosca) con mosaici di Torildo Conconi (Beata Giuliana e San Luigi con San Carlo, 1984) e un crocifisso settecentesco, che è l’unico elemento d’arredo superstite del monastero delle Umiliate di Santa Maria Maddalena, per secoli l’istituzione religiosa più importante della città, una volta esistente in una vasta area compresa tra piazza Santa Maria e via Roma. Il quartiere Sant’Anna (1957-60, capo del gruppo di progettazione ancora Enrico Castiglioni) si articola con forme curvilinee intorno a due “campi” di forma ellittica, il 35 minore destinato ad accogliere le attrezzature religiose (purtroppo diversamente realizzate) ed il maggiore con le strutture del commercio e della vita di relazione. Davanti alla chiesa di Sant’Anna (1974-76, Vito Latis) una statua di Giovanni XXIII di bronzo (1979), all’interno affreschi riportati su tela (Madonna in trono con il Bambino della fine del ‘400, Padre eterno ed evangelisti Giovanni, Mrco e Luca del ‘700) e una via Crucis su tavole di Aldo Alberti (1963). Nella scuola materna Maria di Nazareth (1963, Enrico Castiglioni e Cesare Gallazzi) si trovano un crocifisso ligneo del ‘400 e l’affresco riportato su tela della Madonna con Bambino, santi e donatori, attribuito ad Ambrogio da Fossano detto il Bergognone (fino ‘400 – inizio ‘500). Anche in questo periodo non mancano episodi isolati di straordinaria architettura, dovuti soprattutto alla spiccata personalità di Enrico Castiglioni: oltre a numerosi edifici residenziali, le strutture religiose per la parrocchia di San Giovanni (Biblioteca Capitolare, casa Prepositurale, Sedes Sapientiae e oratorio san Luigi Gonzaga), la scuola in rione Beata Giuliana, il complesso Mostra del tessile e ITIS-IPSIA, il nuovo quartiere di Sant’Anna con la scuola materna Maria di Nazareth. Per il loro attivismo e la loro imprenditorialità i Bustocchi sono da sempre portati a rivolgere l’attenzione soprattutto verso il futuro e a trascurare i beni culturali materiali presenti sul territorio; conservano tuttavia l’orgoglio delle proprie origini e della propria storia. L’interesse per le memorie del passato è documentato dai monumenti che ricordano gli episodi più vari14, mentre l’interesse per la storia e per l’arte locale è documentato dai musei recentemente istituiti: Arte sacra di San Michele, Civiche Raccolte d’Arte, Palabandera. Infine un maggiore interesse per la memoria storica del territorio, ha portato in anni recenti al recupero, se non degli ambienti urbani, di molti tra gli edifici più significativi, che sono stati restaurati o ristrutturati soprattutto ad opera di enti religiosi e pubblici (chiese, Museo del Tessile, molini Marzoli, palazzo Marliani-Cicogna…). Biblioteca Capitolare, casa Prepositurale Via Don Giovanni Minzoni Sede Sapientae Via Antonio Pozzi Oratorio San Luigi Gonzaga Via Gerolamo Miani I quartieri di edilizia pubblica 14 Gli eventi militari, diversi corpi militari presso la nuova chiesa di Santa Croce alla casina Brughetto, ma anche l’imprenditore Enrico Dell’Acqua, i caduti del Lavoro, i Donatori del Sangue, nonché monumenti significativi per la storia della comunità: il Centenario del conferimento del titolo di Città, il Liberty, la Municipalità di Sacconago e l’Operosità Bustese. 36 Mostra del tessile, ITIS-IPSIA Castellanza, viale Luigi Borri, via Isnardo Azimonti Palabandera Via Andrea Costa Cotonificio Bustese, Museo del Tessile Via Alessandro Volta 2.8. Lo sviluppo urbano attraverso la cartografia A conclusione di questa fase di lettura dello sviluppo insediativo della città di Busto Arsizio seguono una serie di cartografie che raffigurano la crescita del sistema urbano: - con una prima cartografia che propone una lettura del sistema urbano, in relazione allo sviluppo avvenuto a partire dal 1888 fino alla soglia del nuovo secolo (Figura 03); - con una seconda serie di cartografie relative ai centri storici di Busto, Sacconago e Borsano che evidenziano lo sviluppo avvenuto a partire dalla nascita della struttura urbana (Figura 04, Figura 05 e Figura 06); - con una seconda serie di cartografie riferite alle diverse soglie storiche disponibili. Integra e completa questo paragrafo, il paragrafo 3.2.3 della relazione del Documento di Piano che ricostruisce lo sviluppo urbano della città di Busto Arsizio attraverso una lettura delle proposte progettuali contenute nei piani urbanistici generali, elaborati dall’inizio del ‘900, fino alla fine del secolo scorso. 37 Figura 03. – Sviluppo urbano a Busto Arsizio (Fonte: Documento di Piano – Relazione illustrativa) 38 Figura 04. – Sviluppo urbano di Busto Arsizio centro (Fonte: A. Spada - Conoscere la città di Busto Arsizio) Figura 05. – Sviluppo urbano di Sacconago (Fonte: A. Spada - Conoscere la città di Busto Arsizio) 39 Figura 06. – Sviluppo urbano a Borsano (Fonte: A. Spada - Conoscere la città di Busto Arsizio) Soglia storica 1700/1888 Busto appare con l’aspetto dei nuclei del basso varesotto: una forma molto compatta, vagamente rettangolare, disposta secondo un asse preferenziale est-ovest. Da est penetra in città via Milano, che si spinge fino in piazza San Giovanni, giunta in Santa Maria, in modo curioso, si apre a forchetta e corre, biforcata, decisamente verso ovest. 40 Il nucleo appare molto fitto, decisamente edificato con una serie di spazi verdi (a orto o giardino) verso la corona esterna, a fare da filtro alla campagna lombarda. Il tessuto, sebbene tagliato da una sufficiente rete di vicoli, dà l’impressione di un centro chiuso in difesa, attorno al quale, in aperta campagna, si localizzano cascine sparse ed al quale fanno riferimento i nuclei autonomi e distanti di Sacconago e Borsano. Nel semicerchio di nord una sorta di circonvallazione ben delineata, determina il margine tra edificato e spazio libero. Già nel Settecento Busto era nota anche all’estero e traeva grande risorsa economica dalla fabbricazione e dalla commercializzazione dei “pannilana”. Tali prodotti venivano manufatti in botteghe e laboratori che erano mescolati tra le case, senza che fosse organizzato un qualche quartiere “specializzato”: sorge la prima considerazione relativa all’intima connessione tra “abitare” e “produrre”, tra gli spazi residenziali e quelli legati al secondario. Busto è in grado di coniugare una disposizione urbana che mescola, ottimizzandole nei limiti delle varie epoche, le scarse risorse socio-economiche che il sito offre. La successiva base documentaria assunta è quella del Cessato Catasto del Regno Lombardo Veneto. In questa “levata”, la base disegnata è molto precisa, definisce non solo nella forma, ma anche nelle dimensioni esatte i singoli fabbricati e gli allegati descrivono, minutamente, le funzioni presenti. Graficamente, viene confermato il rettangolo teresiano e l’ossatura della viabilità. Sono trascorsi più di cent’anni ma l’evoluzione materiale è stata ben poca cosa. Si deve notare che la “grande viabilità” regionale dimentica totalmente il centro di Busto: Legnano e Gallarate sono collegate direttamente tra di loro, con una grande asta che attraversa Castellanza e lascia a distanza il centro di Busto. Dal punto di vista edilizio si nota un certo addensamento dei singoli lotti e si deve segnalare un primo tentativo di sviluppo nel settore settentrionale dove compare l’ospedale “civile”, al quale nel campo assistenziale si affianca l’ospedale “civile pel ricovero dei cronici”. SOGLIA 1888 41 Soglia storica 1930 Ma la cartografia degli anni ’20 del XIX è decisamente poco indicativa di quello che succederà solo pochi decenni dopo. Infatti, è a partire dal 1857 (anno di attivazione del cotonificio Candiani) che in Busto si avvia una vera e propria “rivoluzione”. Dalla cartografia del 1888, si rileva come, accanto al quadrilatero centrale ancora ben delineato, si riscontrino elementi di rilevanza notevole: la strada ferrata (a 1 binario) è riportata15 e segue il percorso “Legnano, viale Borri, viale della Gloria, località 5 Ponti”, prima di immettersi su quello che, oggi, è il tracciato storico; i collegamenti viabilistici nord/sud continuano a passare tangenzialmente al nucleo centrale; sono mantenuti e ben sviluppati i collegamenti est-ovest; vengono potenziati quelli verso sud (Sacconago e Borsano), attraverso i quali c’è l’innesto sul collegamento storico Legnano/Magenta; la circonvallazione, presente nel settore nord, si va estendendo ed allungando nel comparto sud-ovest. La carta del 1934 riporta le ferrovie dello Stato e delle Nord. L’edificato si va sempre più addensando entro un quadrangolo più ampio definito, in questo caso, dall’ospedale e dalle linee ferroviarie. La rete stradale è ormai perfettamente delineata nelle sue direttrici sia principali che secondarie; risulta letteralmente “fagocitata” l’ex sede ferroviaria che diviene una grande asta della mobilità (viale Borri e viale della Gloria) che da Castellanza risale, passa in tangenza al nucleo centrale e, finalmente, porta ai 5 Ponti e da qui risale verso nord. Il nucleo centrale risulta assediato e si nota la congiunzione funzionale tra Busto e Sacconago. Questo secondo centro si espande verso ovest e le “tessiture Riunite” si guadagnano addirittura una citazione diretta nella redazione della cartografia militare. Nel settore nord viene cartografata la costruzione delle “Officine Meccaniche”, mentre il quartiere di San Michele è sovrastato dai fabbricati del Bustese. I lati degli assi viabilistici vengono saturati con una edificazione a nastro. I rilevamenti cartografici di questo periodo sono in grado di visualizzare perfettamente la corona delle industrie e delle fabbriche, di grandi e piccole dimensioni, che si collocano alla periferia dei siti storici. Ma nel loro posizionamento gli imprenditori tengono in evidenza, almeno due fattori: la presenza di sistemi di comunicazione la presenza di residenze per l’alloggio della manodopera. Si noti bene: le industrie si pongono a ridosso del centro e dei centri, considerando anche Sacconago quale sito storico, senza volerne sostituire il tessuto preesistente. Il problema del trasporto rapido è presto affrontato e risolto con l’ottimizzazione di quanto in essere e, dunque, i maggiori stabilimenti si avvalgono del sistema “ferro” che si va sviluppando. La lungimiranza degli imprenditori si dimostra anche nella politica della casa con interventi mirati che tendono alla creazione di alloggi di tipo popolare; questi, però, vengono inseriti nel tessuto storico e gli interventi programmati, necessari per accogliere la nuova forza lavoro, sono collocati nelle immediate vicinanze degli insediamenti storici. 15 Si evidenzia che nelle cartografie precedenti tale infrastruttura non era riportata. 42 SOGLIA 1911 SOGLIA 1934 Soglia storica 1960/1975 Che il fenomeno non sia di breve durata è verificabile analizzando la cartografia del 1963: ormai Busto ha inglobato Sacconago e tutta la parte sud della linea FNM si è saturata. Parimenti i terreni tra il centro storico e la linea ferroviaria dello stato si sono ormai riempiti e Busto propone un primo sbordamento verso il “Sempione” che, fino ad allora, era visto solo quale collegamento viario tra Gallarate e Legnano. La stessa Borsano riproduce, in piccolo, il fenomeno “Busto” con l’inserimento di quattro grossi insediamenti produttivi nel settore di settentrione. Nel complesso si legge il completamento dell’anello industriale attorno alla città, unitamente ad una improvvisa polverizzazione della residenza: essa riempie ogni spazio, senza un disegno chiaro, all’interno di un territorio che va da nord a sud (Sacconago), passando per ovest. Attorno al nucleo centrale di Busto, la profondità dell’anello occupato da fabbriche e stabilimenti di ogni dimensione, risulta essere di un chilometro. Busto ha raggiunto il culmine del proprio sviluppo produttivo e sta per subire un consistente ridimensionamento alla proprie vocazioni ormai centenarie. La levata cartografica degli anni ’70 del XX secolo diviene testimonianza dell’avvenuta scelta urbanistica di decentramento e di mancato potenziamento del tessuto preesistente: tra i “5 Ponti” e la Caserma dei Vigili del Fuoco cominciano ad apparire nuovi insediamenti industriali; si avvia lo sfruttamento delle aree tra le FNM ed il polo espositivo della “Mostra del Tessile”, viale Borri viene interessato allo sviluppo dopo aver saturata la fascia Busto/Sacconago. Borsano mantiene ancora la propria identità territoriale e la zona produttiva, ancora una volta, ripropone il modello del centro: le industrie iniziano la formazione di un nuovo, piccolo “anello” che inizia a nord, transita per ovest e si chiude a sud. 43 La campagna è ancora libera nel settore occidentale ed ampi spazi, non urbanizzati e non infrastrutturali, sono lasciati verso Magnago, mentre ad est, al contrario, il congiungimento con Castellanza e Legnano deve essere considerato, ormai, avvenuto. I movimenti demografici degli anni ’50 e ’60 spingono al gigantismo una città che, fino al periodo pre-bellico, contava unicamente sulle proprie forze e sulla propria dinamica demografica naturale. I piani regolatori, nel frattempo predisposti, liberalizzano lo sfruttamento residenziale sulla scorta di griglie e di scacchiere di espansione, ma non sono in grado di “disegnare” né nuovi siti, né ampliamento organici dei vecchi nuclei di Busto, Sacconago e Borsano. Sembra che ogni possibilità di sviluppo sia affidata alla “sostituzione” edilizia degli ormai vecchi stabilimenti con edifici per residenza ed uffici. A poco a poco, Busto diviene una città “moderna” e perde ogni identità specifica, somigliando sempre più ad una qualsiasi città dell’Italia settentrionale. Le infrastrutture sono sempre quelle tracciate nel primo quarto di secolo e nulla di veramente nuovo viene ad accompagnare concretamente l’espansione di questo periodo. SOGLIA 1960 SOGLIA 1974 Soglia storica 1995/2009 E gli ultimi voli regionali ci restituiscono una Busto divenuta, sotto molti aspetti, davvero “grande”. Il settore produttivo delimitato dal Sempione e dalle ferrovie dello Stato viene saturato (solo la presenza della superstrada per Malpensa impedisce il collegamento fisico con Gallarate), il collegamento delle zone centrali verso Legnano è garantito dagli insediamenti lungo viale Borri; ma tali costruzioni si confondono con quelle di Castellanza nella creazione di un continuum edificato. Appare anche un grande polo produttivo che viene destinato alla delocalizzazione delle industrie bustocche: nel quadrante ovest viene attivato il “Piano per gli Insediamenti 44 Produttivi”, opportunità per rispondere alle esigenze evidenziate da una produzione sempre più specializzata ed affamata di spazi e di servizi. Se sulla carta, il “PIP” potrebbe essere una alternativa a questa situazione, la stessa carta evidenzia l’isolamento dell’area per mancanza di collegamenti viari verso nord (Gallarate) e verso est (Legnano), per la totale assenza di legami ferroviari con la rete nazionale – pur avendo a non grande distanza il fascio delle Ferrovie Nord Milano -, per la sua grande distanza dalla rete autostradale esistente – che si è sviluppata (e congestionata) ad est, nella parte diametralmente opposta alla proposta di nuovo insediamento. Unico collegamento di qualche importanza si ha con la strada provinciale n° 148 ma, questa, conduce a Magnago da una lato ed alla parte ovest di Legnano, dall’altro. In tutti i casi, situazioni ben lontane dalle efficienza necessaria ad una moderna città e ad un valido apparato produttivo. SOGLIA 1994 SOGLIA 2009 45 3. IL QUADRO CONOSCITIVO DEL TERRITORIO COMUNALE 3.1. Premessa Lo scopo della fase relativa al quadro conoscitivo è quello di costruire una base di conoscenza diretta del territorio comunale. Localizzare e perimetrare questi diversi ambienti è operazione non immediata bensì frutto di diverse scelte, che al pari di altre più evidenti, hanno una chiara impronta progettuale. Per questo tracciare una linea di demarcazione tra quella che è la città storica e la città consolidata è risultato di diverse analisi e considerazioni. Per arrivare alla definizione di un apparato normativo in grado di rispondere alle caratteristiche e alle esigenze di Busto Arsizio sono stati effettuati una serie di approfondimenti analitici ed interpretativi sui tre principali macrosistemi oggetto del Piano delle Regole: città storica, città consolidata e territori agricoli. Per quanto riguarda la città storica, le analisi si sono rivolte all’approfondimento delle tematiche relative all’individuazione puntuale delle destinazioni funzionali e dello stato conservativo. Per la città consolidata è stata svolta un’analisi urbanistica che ha già portato all’elaborazione di una serie di cartografie tematiche inserite nel Documento di Piano relative ai tessuti urbani, all’evoluzione storica e agli elementi di interesse storico, architettonico ambientale e paesaggistico. Sono stati analizzati anche gli edifici e i nuclei rurali di interesse storico collocati nelle aree agricole, unitamente ad evidenziare gli elementi di valori naturali, ambientali, paesaggistici e produttivi del territorio agricolo. Lo svolgimento di queste analisi ha permesso di realizzare un apparato normativo basato sulla lettura per tessuti, coerentemente con la concezione della nuova legge regionale. 3.2. Gli approfondimenti relativi ai centri storici Come illustrato nel capitolo precedente, Busto Arsizio è stata al centro di importanti vicende storiche per la sua posizione e ruolo strategico e questo fa sì che anche il suo patrimonio edilizio abbia spessore storico e sia caratterizzato dalla presenza di diverse emergenze architettoniche. Queste preesistenze architettoniche sono degne di tutela e ciò trova riscontro nel fatto che esse siano già sottoposte a vincolo dal vigente PRG in quanto beni di interesse storico artistico. Se per questi beni vale la regola della tutela e del mantenimento dei caratteri originali, per il restante tessuto storico è occorsa un'analisi che classificasse gli edifici secondo l'effettiva rilevanza storico architettonica, perchè solo in questo modo è possibile stabilire dei corretti gradi di intervento. La città storica, presente nei nuclei edificati di Busto Arsizio centro, Sacconago e Borsano, è facilmente riconoscibile all’interno del tessuto urbano della città, grazie alla rete viaria che ancora in massima parte ricalca l’impianto romano e medievale degli antichi borghi. L’evoluzione storica e demografica della città non hanno mai richiesto un’espansione oltre l’antico tracciato della città storica, fino al XVII secolo, fattore che ha determinato una progressiva sostituzione dell’edificato originario a favore di 46 tipologie e stili più moderni. Questo processo è andato così ad intaccare il valore storico-monumentale delle città storiche, che però oggigiorno presentano ancora significative tracce del passato più remoto, come testimoniato dal numero e dall’importanza di beni di interesse storico ed artistico vincolati. La prevalenza nell’edificato della città storica di uno stile ed un’epoca comuni ha permesso di costituire comunque un’area sotto molti versi omogenea e riconoscibile, non solo dalla conformazione dell’impianto viario, ma anche dall’aspetto morfotipologico. Attraverso il rilievo puntuale dei centri storici di Busto Arsizio, Sacconago e Borsano si è cercato di analizzare tutti quegli elementi morfologico-funzionali capaci di restituire un’immagine del territorio funzionale alla creazione di categorie di intervento idonee alla conservazione, valorizzazione ed omogeneizzazione dei caratteri qualitativi migliori. Procediamo qui ad esporre alcune considerazioni circa i risultati di questa attività di indagine, in relazione ai seguenti tematismi: analisi edilizie ed urbanistiche attraverso apposite attività di rilievo per la predisposizione di un data-base informativo e di cartografie tematiche beni vincolati e di interesse storico e architettonico edifici e nuclei rurali di interesse storico e architettonico perimetrazione della città storica, attraverso un’attività di confronto e di verifica alle diverse soglie storiche. 3.2.1. La creazione della banca dati dei centri storici Nei mesi di maggio e giugno 2010, è stata svolta un’attività su campo di rilievo urbanistico ed edilizio, che ha seguito le seguenti fasi di lavoro: lettura ed analisi delle informazioni disponibili presso il Comune di Busto Arsizio ed altri enti territoriali, oltre che esame della documentazione analitica prodotta per la fase conoscitiva della redazione del Piano Regolatore vigente (1999) e degli studi sul centro storico; elaborazione di un data-base georeferenziato, composta da tabelle alfanumeriche, e di una cartografia costituita da più “layer”, ciascuno di essi corrispondente ad un diverso strato informativo, in grado di rappresentare la situazione esistente del territorio, secondo determinati tematismi, oltre alla situazione derivante da strumenti urbanistici generali ed attuativi vigenti. Il rilievo edilizio ed urbanistico su campo per le aree definite come città storica, necessario per procedere alla successiva fase di elaborazione del Piano di Governo del Territorio, ha permesso di predisporre una documentazione di analisi relativa ai nuclei di interesse storico, con la possibilità di rappresentare i dati disponibili secondo diverse forme e modalità: data-base alfanumerico contenente le informazioni relative alle caratteristiche edilizie ed urbanistiche del patrimonio edilizio esistente; cartografia tematica georeferenziata. 47 Contenuti tematici del quadro conoscitivo Tutti gli elaborati testuali e cartografici, costituenti il Piano di Governo del Territorio dovranno essere prodotti su supporto digitale e le copie cartacee prodotte da questo. A tale proposito si ricorda quanto stabilito all’art. 22 del Codice dell’Amministrazione Digitale16: “Gli atti formati con strumenti informatici, i dati e i documenti informatici delle pubbliche amministrazioni costituiscono informazione primaria ed originale da cui è possibile effettuare, su diversi tipi di supporto, riproduzioni e copie per usi consentiti dalla legge”. Per la costruzione del quadro conoscitivo a supporto dell’elaborazione del PGT (e dei successivi atti che lo modificano), sono state utilizzate: le basi informative tematiche di riferimento per la pianificazione comunale alla scala 1:10.000, individuate dalla Regione, in collaborazione con le Province nell’ambito del SIT integrato; le basi informative tematiche presenti a livello comunale, provinciale o presso altro ente, se a scala di maggior dettaglio (es. 1:2.000), rispetto a quelle regionali o qualora non disponibili a livello regionale. Architettura della banca dati L’organizzazione di un Sistema Informativo Territoriale presuppone un complesso processo di elaborazione della cartografia esistente e di reperimento e georeferenziazione17 di informazioni riguardanti il territorio oggetto di analisi. In relazione all’avanzata fase di costruzione della struttura del SIT da parte dell’Amministrazione Comunale, si è proceduto utilizzando il DB topografico fornito dall’Ufficio Tecnico (Figura 07), integrando e completando il quadro delle informazioni disponibili derivanti dall’esame degli strati analitici mediante interpretazione delle foto aeree, delle informazioni contenute nel PRG vigente e da sopralluoghi e verifiche sul territorio. Figura 07 – Estratto del DB fotografico sovrapposto al PRG vigente e alla foto aerea. 16 Decreto legislativo del 7 marzo 2005, n° 82. Per georeferenziazione si intende la localizzazione geografica in un determinato sistema territoriale di riferimento di informazioni contenute in database statistici. 17 48 Le analisi per la stesura del PGT del Comune di Busto Arsizio sono ripartite principalmente in sei macro-strati informativi: Database topografico, fornito dall’Amministrazione Comunale, basato sulle specifiche della Regione Lombardia; analisi del PRG vigente (variante generale del 1992/93), fornito dall’A.C. vettorializzato e georeferenziato; vincoli e previsioni di scala sovracomunale, contengono tutte le previsioni e le informazioni territoriali presenti nei vari strumenti di programmazione di livello provinciale e regionale; vincoli e previsioni di scala comunale contenuti all’interno di strumenti urbanistici generali, settoriali ed attuativi; previsioni e informazioni derivate dai vari studi di settore e dai documenti di indirizzo redatti negli ultimi anni dall’Amministrazione Comunale e/o da altri enti esterni riguardanti il territorio comunale; documentazioni fotografiche ed ortofoto georeferenziate. Impostazione e contenuti delle banche dati a supporto del PGT Le banche dati costruite per la stesura del PGT discendono da elaborazioni delle informazioni cartografiche derivate dal database comunale e rappresentano l’elemento informativo fondamentale del SIT realizzato. Figura 08 – Esempio di scheda di rilievo del patrimonio edilizio in funzione delle aree e degli edifici dei centri storici 49 Riferimento per l'impostazione iniziale delle attività di rilievo sono state le informazioni contenute nel PRG vigente, che hanno permesso di definire l’area minima di indagine quella corrispondente ai singoli lotti individuati dalla tavola di azzonamento, con la successiva impostazione di una scheda tipo di rilievo urbanistico ed edilizio dove sono state riportate le informazioni per ogni area. Per ogni unità minima di indagine si sono individuate le caratteristiche relative alla tipologia edilizia, la funzione insediata e lo stato di conservazione degli edifici, la presenza di pertinenze e accessori e l’esistenza e classificazione di spazi aperti. In seguito le informazioni rilevate sono state riportate su supporto digitale mediante un’operazione di data-entry nelle tabelle alfanumeriche, collegate univocamente ai dati geografici. La rappresentazione della cartografia tematica è stata elaborata in riferimento agli strati informativi per l’analisi dei centri storici, ottenendo così per i centri storici, una data base informativo, da cui è possibile estrarre una serie di cartografie tematiche riferite ad ogni singolo tematismo. Di seguito sono riportate le voci secondo le quali è stato eseguito il rilievo. tipologia edilizia VI PS CL CC PL EM IU ER AA PC funzione insediata RE AR CO RI TE AS PR PU SP Buono Medio Sufficiente Pessimo interventi ammessi RES RIS RTT RTS residenza accessorie all’edificio principale commerciali ricettive e pubblici esercizi terziarie in genere artigianali e artigianali di servizio produttive in genere pubbliche private di uso pubblico stato di conservazione B M S P villa padronale con giardino palazzo storico casa in linea casa a corte edificio isolato su 2 o 3 piani edifici di epoca moderna isolato o in linea edifici di epoca moderna di impianto unitario Edificio religioso edificio secondario e/o accessorio tipo specifico per attività economiche restauro conservativo risanamento conservativo ristrutturazione ristrutturazione sostitutiva vincoli VF vincolo di facciata 50 VC RF vincolo di cortina obbligo di riqualificazione dei fronti Figura 09 – Rilievo del patrimonio edilizio (funzione insediata) degli edifici dei centri storici Il rilievo urbanistico Il rilievo edilizio ed urbanistico, organizzato secondo le modalità sopraesposte (Figura 08) ha previsto la verifica della tipologia edilizia (viene indicata la tipologia dell’immobile secondo una descrizione che si riferisce ad alcune categorie edilizie individuate, villa monofamiliare, villa plurifamiliare, ….), della destinazione funzionale (viene indicata la destinazione d’uso prevalente, cioè occupante la maggior superficie lorda di pavimento, ed è stata definita in modo da soddisfare sia esigenze di completezza delle informazioni rappresentate in cartografia, sia esigenze di modalità di rappresentazione delle stesse informazioni) (Figura 09) e dello stato di conservazione (viene rilevato se l’edificio presenta elementi di degrado o dismissione o se al momento del rilievo è soggetto ad attività edilizia oppure se si tratta di edifici demoliti) di ogni singolo edificio attraverso la stesura di una tabella informativa composta da voci specifiche (Figura 10). Il database è stato successivamente arricchito da una documentazione fotografica relativa a edifici, singoli o accorpati, cortili, spazi aperti, elementi altri che, costituendo non solo un supporto alla realizzazione e alla predisposizione del piano, sono anche un valido strumento ricognitivo utile alla rappresentazione e conoscenza dei fenomeni urbani e territoriali. 51 Figura 10 – Estratto del database alfanumerico derivante dal rilievo urbanistico effettuato per il centro storico Figura 11. - Interrogazione dal database territoriale costituito secondo le modalità sopra esposte: identificazione delle caratteristiche collegate alla banca dati sugli spazi aperti visualizzato sulla cartografia. La restituzione dei dati è stata effettuata avvalendosi di strumenti informatici GIS, per la costruzione della cartografia tematica, utilizzando gli strati informativi per le analisi 52 finalizzate alla realizzazione del quadro conoscitivo e del quadro progettuale del Piano di Governo del Territorio. 3.2.2. Le analisi urbanistiche ed edilizie e la cartografia tematica La conoscenza del territorio di Busto Arsizio nasce da un’attenta analisi, che ne valuta i diversi aspetti e offre un quadro organico di interpretazione dello stato di fatto e delle dinamiche, insediative e non, in atto. Il primo passo verso la comprensione della realtà insediativa di Busto Arsizio, la condizione indispensabile per poter immaginare una progettualità attenta alla realtà locale, è stata una osservazione accurata del territorio comunale. Questo ha messo in gioco diversi sguardi: uno sguardo attento alle cose più piccole, capace di cogliere i caratteri qualitativi e l’identità della città diffusa, nei ritmi insediativi che si ripetono, nelle interruzioni inaspettate; uno sguardo che al contrario sappia allontanarsi e cogliere dinamiche a scala più ampia, che riesca ad osservare le parti mantenendo la coscienza del tutto; uno sguardo che si rivolge ai pieni urbani, a quello che è costruito, ma anche ai paesaggi naturali più interessanti che riempiono e completano l’idea di quello che è l’ambiente insediativo complessivo; uno sguardo infine che sappia cogliere i vuoti, le mancanze, le criticità, gli spazi su cui meno cade lo sguardo, ma che offrono maggiori possibilità interpretative. Scale diverse, oggetti dell’osservazione diversa, tutti però rendono conto di una realtà dinamica, il cui stato attuale è l’esito di stratificazioni molto antiche, ma anche molto recenti. Occorre però fissare un momento da cui l’analisi parte e che offre uno scatto fotografico della realtà di Busto Arsizio. Le carte perciò derivano da questa ipotesi conoscitiva e come tali costruiscono un quadro dato ad un momento “x”, la banca dati da cui esse derivano invece misura la propria funzionalità, partendo dalla possibilità di aggiornare continuamente le informazioni. Per arrivare ad elaborati cartografici è necessario fare sì che le informazioni raccolte in fase di indagine e rilievo urbanistico vengano rielaborate in modo da creare una banca dati digitale efficace. Accanto ai dati provenienti dalla raccolta e dalla verifica degli strati informativi già esistenti, infatti, è stato necessario fare un rilievo di tutti i manufatti edilizi presenti sul territorio comunale, raccogliendo le informazioni che potessero avere una rilevanza urbanistica. Nel database perciò ad ogni edificio sono state associate le seguenti informazioni: o destinazioni d’uso degli edifici: funzione ospitata dall’edificio, con la distinzione degli usi al piano terra, gli usi nei restanti piani, ove esistenti, e la definizione di un unico uso ritenuto prevalente. Questa analisi ha permesso di distinguere tra gli edifici principali e quelli di uso accessorio, che sono stati ugualmente rilevati in modo puntuale, ma che ovviamente hanno minore rilevanza urbanistica. Risulta inoltre verificata quella che si può definire come la dimensione del non utilizzato e del sottoutilizzato, essendo stata rilevata non soltanto nei casi più evidenti, ma anche all’interno del tessuto minuto di città storica e consolidata. Ciò ha una notevole importanza ai fini della costruzione di una chiave di lettura che possa poi guidare le linee progettuali e che parta dalla consapevolezza dell’esistenza di tale risorsa. 53 Questo tematismo risulta trattato negli elaborati cartografici C3.1/3 per il centro di Busto Arsizio, C3.2/3 per il centro storico di Sacconago e C3.3/3 per quello di Borsano. Il rilievo è stato effettuato sul campo, identificando la destinazione prevalente di ogni edificio e suddividendo le unità edilizie in porzioni più piccole, nel caso di diverse destinazioni d’uso prevalenti. Le categorie utilizzate sono le seguenti: residenza residenza con altra attività al piano terra commerciale ricettiva e pubblico esercizio terziario in genere artigianale e artigianale di servizio produttiva in genere pubblica privata di uso pubblico accessoria all’edificio principale edifici demoliti. Dall’esame delle tavole emerge che nel centro storico di Busto Arsizio vi è una netta prevalenza di edifici in cui coesistono più funzioni e, in particolare, al piano terra si registra la presenza di attività commerciali, pubblici esercizi, terziario e servizi di carattere generale, mentre negli altri due centri storici vi è una prevalenza di edifici a destinazione residenziale. In tutti i centri storici vi è la presenza di edifici pubblici e privati di uso pubblico, in prevalenza costituiti da edifici di carattere religioso. Minima è la presenza di edifici destinati ad attività produttive e artigianali nel centro storico di Busto Arsizio e di Borsano, mentre vi è una maggior presenza all’interno del centro storico di Sacconago; o stato di conservazione degli edifici: lo stato conservativo in cui si trovano i manufatti edilizi. L’attenzione è stata rivolta soprattutto agli edifici ad uso residenziale, potendosi meglio rilevare la condizione rispetto agli edifici accessori, quali box e piccole pertinenze ad uso accessorio. Questo tematismo è stato rielaborato negli ambiti delle città storiche (C4.1/3 per il centro storico di Busto Arsizio, C4.2/3 per Sacconago e C4.3/3 per Borsano), ed è di fondamentale importanza perché restituisce lo “stato di salute” del centro storico e dei nuclei storici periferici, e la sua analisi si ripercuote necessariamente sulle ipotesi progettuali. Il rilievo è stato effettuato sul campo, identificando lo stato di conservazione di ogni edificio, suddividendo le unità edilizie in parti più piccole, nel caso di un diverso stato di manutenzione. Si è utilizzata la base dell’aerofotogrammetrico per stabilire con maggior precisione i punti in cui era necessario dividere l’edificato a causa di un diverso stato di manutenzione, considerando normalmente lo stato della facciata come principale fattore di valutazione. Le categorie utilizzate sono le seguenti: buono medio sufficiente pessimo. 54 Dalla lettura delle tavole emerge uno stato conservativo buono e medio prevalente negli edifici del centro storico di Busto Arsizio, con alcune ampie zone di degrado nella parte ad ovest e ad est di via Montebello, con la presenza di un limitato numero di edifici in condizioni tali da richiedere interventi di recupero, adeguamento ed ammodernamento di parte o dell’intera struttura. Mentre nei nuclei storici di Borsano e di Sacconago vi è una maggiore presenza di edifici che versano in condizioni scadenti, nei quali il livello di manutenzione è tale da richiedere importanti interventi di recupero, adeguamento ed ammodernamento dell’intera struttura; o tipologia degli spazi aperti, che rappresenta le diverse modalità di utilizzo degli spazi non edificati, pubblici e privati. Da questo tematismo è stata ricavata, per quanto riguarda la città storica, l’elaborato cartografico C5.1/3 per Busto Arsizio, C5.2/3 per Sacconago e C5.3/3 per Borsano. Il rilievo è stato effettuato sul campo, identificando l’uso degli spazi aperti pubblici e privati localizzati nei nuclei storici. Nel caso di spazi non rilevabili direttamente, in quanto non accessibili, per la loro classificazione sono state consultate e interpretate le foto aeree. Le categorie utilizzate sono le seguenti: spazi pubblici attrezzati verde pubblico parcheggi a raso verde privato. Sono stati analizzati e classificati gli edifici e gli spazi aperti dei centri storici, al fine di individuare le caratteristiche degli spazi aperti, con particolare attenzione agli spazi pubblici, ai percorsi pedonali ed alle vie a pedonalità protetta, nonché alla presenza degli spazi verdi, pubblici e privati. Si evidenziano diverse aree verdi pubbliche e private nel centro storico di Busto Arsizio e la presenza di una serie importante di spazi pubblici attrezzati all’interno del centro storico, ma anche nelle immediate vicinanze, luoghi prioritari di relazione e di socializzazione, che sono comunque dal punto di vista funzionale e dell’utilizzo, parte del centro storico stesso. Nel centro storico di Sacconago si evidenzia la presenza di importanti aree verdi, sia pubbliche che private, che interessano la maggior parte del centro storico a nord di via Don Tazzoli, piazza C.Noè e via XI Febbraio, mentre gli spazi pubblici attrezzati si concentrano in posizione baricentrica attorno a piazza C.Noè e piazza Della Chiesa. Nel centro storico di Borsano si registra una presenza più contenuta di aree verdi, mentre l’unico spazio pubblico attrezzato è costituito da piazza Toselli. 3.2.3. Le perimetrazioni dei nuclei di antica formazione Il Piano di Governo del Territorio costruisce ogni strato informativo a partire dalle informazioni elaborate dai livelli superiori di pianificazione. In particolare, per quanto riguarda i nuclei storici, il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale fornisce strati informativi fondamentali per l'individuazione dei nuclei storici, ma risulta necessario rendere tali contenuti adeguati e coerenti per la scala di analisi comunale. Occorre perciò saper rivedere i perimetri tracciati dal PTCP e considerare anche quelle 55 informazioni del PTCP sul patrimonio storico che non si traducono in un perimetro in quanto trattasi di strati informativi di tipo puntuale. Il Piano di Governo del Territorio deve infine recepire il Piano Regolatore Generale vigente e valutare la necessità di modificare i perimetri che esso stabilisce sulla scorta delle informazioni di carattere sovracomunale prima elencate e sulla base dei rilievi effettuati. Da una sovrapposizione delle informazioni così raccolte, si costruiscono ipotesi progettuali valutando quale sia quella in grado di includere tutto ciò che effettivamente ha un valore storico. Questa operazione è resa possibile anche dalla ricostruzione dell'urbanizzato a diverse soglie storiche: utilizzando la cartografia storica dell'Istituto Geografico Militare è possibile ricostruire come si è evoluto l'urbanizzato e identificare quali edifici abbiano effettivamente un interesse storico perchè presenti in una soglia non recente. Si può anche capire quali principi insediativi abbiano guidato la crescita della città, quali siano gli assi viari che hanno effettivamente giocato un ruolo strategico. Tutto ciò concorre a costruire quella base di conoscenza necessaria a individuare la città storica. L’Allegato 01, che descrive il margine della città storica, è composto da una cartografia che rappresenta i diversi perimetri riferiti a due differenti fonti: la cartografia IGM prima levata 1888 e l’individuazione del centro storico come dedotta dalla tavola di azzonamento del PRG vigente. Per quanto riguarda la cartografia IGM 1888 è stata compiuta un’operazione di verifica della fonte informativa riportando la perimetrazione sulla base cartografica utilizzata per la redazione del PGT. Stessa operazione è stata effettuata per ciò che riguarda la perimetrazione delle zone A del PRG vigente. Sono quindi stati predisposti gli elaborati definitivi che riportano in un’unica base cartografica le diverse perimetrazioni, al fine di effettuare un confronto ed evidenziarne le discordanze oppure le incoerenze (ad esempio, isolati e/o edifici in parte esterni ed in parte interni al perimetro, strade e piazze in parte interne ed in parte esterne, …). Pertanto, in funzione di queste analisi ricognitive, è stata definita la proposta progettuale relativa ad un nuovo perimetro della città storica di Busto Arsizio: la cartografia dell’Allegato 01 individua la proposta di perimetrazione dei nuclei antichi, che ha tenuto nella dovuta considerazione sia la forma e la dimensione dei centri storici dal 1888 in avanti, sia le caratteristiche morfologiche e tipologiche del tessuto edificato in considerazione dell’evoluzione avuta dal 1888 fino ad oggi, sia la definizione degli isolati sottoposti a specifica normativa di tutela e salvaguardia dal PRG vigente. La perimetrazione ha riguardato i seguenti contesti di interesse storico: il centro storico di Busto Arsizio il centro storico di Sacconago il centro storico di Borsano. Rispetto alle due fonti informative utilizzate, la proposta di perimetrazione del PGT si caratterizza per una maggior rispondenza al tessuto storico preesistente al 1888: nel caso del centro storico di Busto Arsizio, il perimetro segue il tracciato di via Mazzini, piazza San Gregorio a sud, piazza Trento e Trieste e piazza Garibaldi ad est, via Zappellini, piazza Colombo, via Volta e piazza San Michele a nord, 56 piazza Manzoni e piazza San Michele ad ovest. Rispetto alla prima levata IGM 1888 esclude alcuni edifici collocati a nord di piazza Colombo, mentre rispetto alla zona A del vigente PRG amplia il perimetro nella parte est, mentre esclude la parte di edifici a nord di via Zappellini e di piazza San Michele; nel caso del centro storico di Sacconago, il perimetro segue il tracciato di via Verdi e via Sciesa a sud, via San Luigi e nuova strada di piano ad est, via Gonzaga e via Sirtori a nord e via Lamarmora, piazza San Donato e via Settembrini ad ovest. Rispetto alla prima levata IGM 1888, il perimetro proposto comprende tutto ciò che era presente a quella data, inserendo, per ragioni di continuità morfologica e tipologica, un isolato nella parte nord-ovest, delimitato da via Sirtori a nord, via Bellotti ad est, via Bassi a sud e via Lamarmora ad ovest, un isolato lungo il lato ovest, delimitato da via Don Tazzoli a nord, via Gallarati ad est, via F.lli Bronzetti a sud e via Settembrini ad ovest, e l’isolato a nord di piazza San Donato. Rispetto alla zona A del vigente PRG, il piano propone una significativa riduzione lungo il lato est, lungo il lato sud e, soprattutto, per la parte di isolati ad ovest e sud di piazza San Donato, lungo il lato ovest; nel caso del centro storico di Borsano, il perimetro segue il tracciato di via Della Ricordanza a sud, piazza Don Gallarini, via San Pietro (in parte) e via San Tommaso D’Acquino ad est, via Lodi a nord per proseguire in adiacenza agli edifici esistenti a nord di via Novara, via Magenta, via XXIV Maggio (primo tratto), per proseguire all’interno dell’isolato delimitato da via XXIV Maggio, fino ad incrociare via Della Ricordanza a sud. Rispetto alla prima levata IGM 1888, il perimetro proposto comprende tutto ciò che era presente a quella data, ad esclusione del lato est di via San Pietro, inserendo, per ragioni di continuità morfologica e tipologica isolati ed edifici lungo il lato ovest. Rispetto alla zona A del PRG vigente, invece apporta una significativa riduzione, escludendo un isolato nella parte est, delimitato da via Lodi a nord, via Burattana ad est e via Cardinal Simone a sud, ma soprattutto, riducendo in modo significativo l’estensione del perimetro nella parte nord ed ovest, in cui sono presenti edifici singoli, complessi edilizi ed isolati che non costituiscono preesistenza storica ed architettonica meritevole di assegnazione di apposita normativa vincolante. 3.3. Il repertorio dei beni vincolati e degli edifici di interesse storico, architettonico ed ambientale 3.3.1. Obiettivi e finalità per la salvaguardia e valorizzazione I nuclei storici nel territorio di Busto Arsizio, unitamente al tessuto consolidato, presentano valori storico-architettonici e ambientali di elevata qualità, che costituiscono valore testimoniale e documentario da rilevare, censire e, conseguentemente, salvaguardare. Nella città storica non è difficile trovare edifici che sono depositari della memoria storica di lungo termine, delle emergenze architettoniche ben riconoscibili nello skyline della città. Nonostante siano questi i punti focali che maggiormente necessitano di attenzione e che puntualmente sono infatti tutelati quali beni di interesse storicoarchitettonico, la città storica è tale per la grana fine del tessuto edificato, per l'impianto 57 secondo il quale si dispongono edifici importanti non tanto di per sé, ma proprio per l'effetto d'insieme che costituiscono. L'attuazione degli interventi previsti dal PGT sul patrimonio edilizio esistente vincolato e di valore storico, architettonico, ambientale, dovranno raggiungere i seguenti principali obiettivi: ricostituzione e mantenimento del paesaggio urbano storico e identificazione degli originari caratteri dei centri in relazione con il loro contesto; tutela conservativa dei singoli beni, volta al mantenimento e al ripristino della loro originaria struttura e consistenza, dell'integrità e della significatività; promozione di riutilizzi e recuperi, indirizzati anche alla conservazione degli organismi, dei luoghi e dei contesti che li hanno prodotti originariamente; valorizzazione di siti e luoghi che rappresentano un valore diffuso e capillare sul territorio, in grado di attribuire identità storica e culturale ai luoghi; tutela dell'integrità del reticolo viario e dell'impianto urbano e al mantenimento delle tipologie edilizie storiche, evidenziando i caratteri di unitarietà e tipicità dei luoghi attraverso la valorizzazione dei segni storici e la conservazione degli elementi architettonici di dettaglio (materiali, componenti edilizie, colori, ecc.). 3.3.2. Gli edifici vincolati Sono sottoposti a vincolo, ai sensi del D.Lgs. n° 42/2004, i seguenti edifici: - il Palazzo Marliani Cicogna. L’edificio acquistato dai conti Marliani, nuovi feudatari del borgo, nel 1624 era la cascina della famiglia Rasini, risalente al secolo precedente, che oggi corrisponde al corpo di nord-est. A seguito degli ampliamenti succedutisi fino alla fine del ‘700, il palazzo assume la conformazione a C, intorno ad un cortile delimitato dalla recinzione curvilinea e disposto su un asse di un certo effetto scenografico, che andava dal monumentale portale, all’androne, al parco che i conti avevano creato, ai vigneti che si estendevano più a nord. L’aspetto complessivo è caratterizzato da misura e contenutezza: gli unici decori di una certa ricchezza sono i soffitti dipinti (alcuni sono rifacimenti neoclassici dell’800) ed i ferri battuti. Importanti lavori di ristrutturazione e di ampliamento vennero eseguiti per consentire l’insediamento degli uffici comunali e giudiziari (1851-52) e della Corte d’Assise (progetto Cesare Lana, 1924-25). Palazzo Marliani Cicogna Chiesa di Santa Maria in Piazza 58 - - 18 la Chiesa di Santa Maria in Piazza. Fu costruita, a partire dal 1517, per iniziativa della Scuola dei Poveri18 in quella che era allora l’unica piazza del borgo, sopra una precedente piccola chiesa, probabilmente del secolo XIII e XIV, che a sua volta aveva sostituito una cappella risalente all’epoca della cristianizzazione. L’architetto è Antonio da Lonate che realizzò i volumi geometricamente perfetti dei due prismi sovrapposti (l’inferiore quadrato ripartito in tre campi da lesene e illuminato da “occhi”, il superiore ottagonale), l’armonioso interno coperto dalla grande cupola a doppia parete, l’ordine di lesene corinzie, la classica ornamentazione di cotto e di pietra, le nicchie del tamburo. Ma fu l’intervento di Tomaso Rodari (dal 1520 circa), con la realizzazione dei portali, della aerea loggetta del tiburio, dei gugliotti (di derivazione gotica, ma disegnati in un perfetto stile rinascimentale), della copertura a doppia curvatura (inizialmente in tegole, poi in piombo, poi in rame), che conferì alla chiesa quell’originalità e quell’eccezionale eleganza che ne fanno uno dei migliori esempi di architettura del rinascimento. Nel 1884 si demolì la fitta edificazione che si era addensata tra il santuario e la vicina chiesa di Sant’Antonio Abate, isolando in tal modo il campanile. la Basilica di S.Giovanni. La primitiva cappella dedicata ai Longobardi al loro santo protettore fu una prima volta ricostruita alla fine del XIII o all’inizio del XIV secolo nella forma basilicale romanica con tre navate e tre absidi semicircolari; a questa si aggiunsero il campanile (1400-18), opera di grande impegno tecnico ed economico, alto, massiccio, con otto campi sovrapposti su ogni faccia, cella campanaria con bifore, cuspide conica, completamente realizzato in mattoni a vista, secondo una tradizione costruttiva secolare in Lombardia. E’ l’edificio più monumentale e complesso tra quelli progettati da Francesco Maria Ricchino, il quale svolse brillantemente il problema della limitata larghezza dell’area disponibile – compressa tra le case parrocchiali a nord ed il campanile a sud – che avrebbe comportato un eccessivo sviluppo in lunghezza dell’edificio; introducendo un secondo transetto a metà della navata, trasformò l’impianto longitudinale della chiesa, in una doppia croce greca, adeguandolo così alla tesi quasi ossessiva della pianta centrale, che il Ricchino aveva sempre applicato nei suoi progetti e che a Busto aveva un precedente nel Santuario di Santa Maria e avrebbe avuto un seguito in San Gregorio, Sant’Anna, San Rocco, santi Pietro e Paolo a Sacconago, nella trasformazione bellottiana della Madonna “in prato”….. La facciata monumentale, scenografica, contrastante con la spoglia semplicità dei fianchi, ha un ordine inferiore di lesene binate ioniche, un breve protiro con frontone arcuato, porte di rame e di bronzo, statue e bassorilievi. Fu completata nel 1699-1701 da Domenico Valmagini con un ordine superiore composito, con il finestrone ovale ed il frontone spezzato a doppia curvatura che rivelano la mutata sensibilità formale alle soglie del XVIII, con le figure di San Pietro, San Paolo e di quattro profeti e la figura centrale del Battista. Sul fianco destro il “mortorio”, un tempietto dall’architettura complessa e “colta”, di autore ignoto, costruito tra il 1689 e il 1692, ricorda ai passanti il mistero della morte. Consorzio di laici che assistevano poveri e ammalati. 59 Basilica di San Giovanni - - la Chiesa di S.Anna (tempio civico): come in altri esempi bustesi, anche in questo caso, l’origine è un’immagine devozionale (una Deposizione), al bivio tra due strade di campagna, intorno alla quale si costruisce, tra il 1710 e il 1714, con dedicazione alla Beata Vergine delle Grazie, la più “colta”, la più aggiornata dal punto di vista architettonico tra le chiese extraurbane del borgo. L’esterno è falsamente rustico, perché il mattone a vista è utilizzato al massimo delle sue capacità espressive, soprattutto nel campanile, dalle forme complesse e assolutamente originali. La pianta è quella ottagonale (un quadrato con gli angoli smussati) che adotterà il Bellotti nella ristrutturazione della Madonna “in prato”, l’ordine architettonico corinzio, la cupola a pianta circolare e sezione semiellittica su pennacchi trapezoidali, le statue di stucco rappresentano i santi Pietro e Paolo, l’ambiente è elegante e raffinato. la Casa Ceccuzzi, edificio di epoca barocca. Casa Ceccuzzi - Chiesa di Santa Anna (Tempio Civico) Campanile e Chiesa di San Michele il campanile e la Chiesa di San Michele (secolo XI). Una primitiva piccola cappella esisteva all’interno nel castello, eretto dai Longobardi e distrutto alla fine del ‘200; di questa rimane la parte inferiore del campanile, costruita con pietre e ciottoli, che viene fatta risalire al IX o X secolo; la parte superiore ha lesene angolari di mattoni, quattro campi rientranti in ciottoli con archetti e finestre a tutto sesto; si conclude con le quattro bifore con colonnina di pietra e capitello a stampella; successivamente la torre viene sopraelevata del segmento corrispondente all’orologio e poi (1559) della cella campanaria. La prima ricostruzione della chiesa in forma basilicale, a navata unica con tre absidi semicircolari e tetto a capriate, è della fine del ‘200 o dell’inizio del ‘300, la seconda, con orientamento rovesciato rispetto a quello originale (1652-79) è 60 - dovuta a Francesco Maria Ricchino, che realizzò, sul modello della cosiddetta “chiesa controriformista”, una grande aula con cinque cappelle per lato coperta con volte a botte, il vasto presbiterio preceduto dal “coro senatorio”, la profonda abside semicircolare all’interno e poligonale all’esterno. La facciata, scenografico fondale della contrada, tripartita da lesene binate ioniche inferiori e composite superiori, con un protiro appena sporgente delimitato da semicolonne e con quattro nicchie che contengono le statue dei santi Gerolamo, Agostino, Gregorio e Ambrogio, fu completata solo nel 1795 da Francesco Bernardino Ferrari, che tuttavia diede semplicemente esecuzione al disegno originario richiniano. Importante il contributo dato da Biagio Bellotti con i progetti per l’altare maggiore (1752), una “macchina” scenica riccamente ornata e per il “mortorio” (171-64), una originale costruzione ad arco che collega la chiesa con le case dei curati consentendo nel contempo l’attraversamento del cimitero allora esistente, con due frontoni a doppia curvatura che reggono statue e con le sei straordinarie inferriate di ferro battuto, forse le più belle di tutta la città. Nel 1884 viene costruito il battistero, nel 1931 si sostituisce la volta di incannucciato con una di mattoni, nel 1937-39 il presbiterio e l’abside vengono demoliti e ricostruiti, su progetto dell’architetto Giovanni Maggi, con l’aggiunta del transetto, della cupola, della nuova sagrestia, della penitenzieria e della discussa grotta della Madonna di Lourdes nella facciata posteriore; senza tener conto delle valenze formali dell’edificio preesistente, si realizzano dei volumi banalmente geometrici, che non hanno né la rigorosa misura dell’architettura richiniana, né la pura bellezza di un razionale funzionalismo. l’ex-casa Bossi, edificio neoclassico. Già nel medioevo la contrada di Sciornago (attuale via G.Lualdi) era caratterizzata dalla presenza delle residenze più signorili del borgo. L’edificio attuale, di proprietà comunale, risulta dalla ristrutturazione, avvenuta nel 1950-52, forse da parte dell’ingegner Francesco Antonio Provasoli per il committente Carlo Cesare Bossi, di una casa a corte che aveva un corpo lungo la strada, che è stato abbattuto, un altro interno, che è l’attuale corpo principale dove era la residenza della famiglia, ed un altro ancora più interno, adattato a scuderia e superiormente ad alloggi per il personale di servizio. Lo stile è una forma di neoclassico tardivo, che, per essere adottato anche in altri edifici della città, può essere considerato la forma distintiva dell’architettura ottocentesca bustese. Monumentale la recinzione di ferro, suddivisa in campi da grandi colonne doriche che reggono vasi di pietra contenenti foglie stilizzate in ferro battuto. Nel prospetto principale i due corpi laterali, delimitati da lesene e con il caratteristico bugnato liscio al piano terreno, sporgono di qualche centimetro, le porte e le finestre hanno cornici lineari, solo quella centrale al piano superiore ha un frontone triangolare, ma la particolarità consiste nei pannelli in bassorilievo che riproducono tre scene agresti e quattro ritratti appartenenti alla famiglia. 61 ex Casa Bossi - - - la Chiesa e il campanile medievale di Sacconago la Chiesa e il campanile medievale di Sacconago. La dedicazione porterebbe a far risalire l’edificio iniziale ai primi secoli della Cristianizzazione. Della chiesa medievale rimangono il muro perimetrale di nord, parte dell’arco di ingresso al presbiterio e la fondazione dell’abside semicircolare; di un ampliamento cinquecentesco rimangono la cappella della Madonna con volta a botte, il presbiterio e l’antica sagrestia, entrambe con le caratteristiche volte ad ombrello. L’intera superficie di questa parte antica è coperta di affreschi (XV-XVII secolo). E’ dell’inizio del ‘600 il campanile, stilisticamente anacronistico perché edificato sul modello della quattrocentesca torre di San Giovanni; era costituito da cinque campi di mattoni a vista con archetti ciechi più la cella campanaria, ma negli ultimi anni del ‘700 quest’ultima venne chiusa, diventò il segmento dell’orologio e una nuova cella fu costruita al di sopra. La ricostruzione della chiesa avvenne nel 1708-24; da allora nessun intervento né alterò, se non in maniera marginale, la struttura, le caratteristiche formali e ambientali di grande armonia ed eleganza: l’aula, su cui si aprono quattro cappelle, è uno spazio quadrato con volta a crociera preceduto e seguito da due brevi campate rettangolari con volta a botte, l’abside è poligonale; la facciata ha un ricco apparato decorativo con due ordini sovrapposti di lesene corinzie, frontone mistilineo, tutti realizzati in intonaco, e nicchie con le statue dei santi Francesco, Giuseppe, Paolo e Pietro; i fianchi e l’abside sono invece in mattoni a vista. la cascina dei Poveri e la chiesa annessa. E’ stata per secoli una componente fondamentale della vita della città. Il nucleo iniziale era costituito da un solo alloggio risalente al medioevo; divenuta proprietà della Scuola dei Poveri, venne ampliata, soprattutto nel ‘600-‘700, con la costruzione di nuovi corpi di fabbrica fino a raggiungere le dimensioni – insolite per una cascina del pianalto arido e improduttivo – di un piccolo borgo autosufficiente, dotato di porte ubriche, torri cella con la campana civica, forno, chiesa, cimitero, nel secolo scorso, anche di una scuola, quando la popolazione sembra avesse superato le 400 unità. Una struttura a cortile di queste dimensioni è del tutto inusuale nella zona: tre lati erano destinati alle abitazioni19; lungo il quarto lato si trovano i rustici, costruiti a metà ‘800 in sostituzione di altri più antichi, costruzione in mattoni in vista non solo utilitaristica, ma quasi monumentale, di grande impegno progettuale, dovuta all’ingegnere Giuseppe Brivio; i due androni assiali e contrapposti erano gli accessi da Gallarate, a nord-ovest, e da Busto Arsizio, a sud-est. il Villino Colombo, in via Q.Sella. 19 Composte normalmente da un solo locale a piano terra (soggiorno, cucina, laboratorio, ..) e da una camera da letto al piano superiore, raggiungibile con scale esterne e ballatoi di legno. 62 Cascina dei Poveri - ex Carceri le ex-carceri in via Monsignor P.Borroni – angolo via A.Zappellini. Il primitivo progetto, steso dall’ingegner Giuseppe Brivio prevedeva una tipologia “panottica”, cioè con le celle disposte a cerchio intorno ad un corridoio di distribuzione e alla scala; quello realizzato nel 1851-54 è invece più semplice, con volumi parallelepipedi anziché cilindrici. Nonostante le limitate dimensioni, l’edificio – pianta a T e tre piani di sviluppo in altezza – è imponente; la facciata è nobile e realizzata come un’architettura militare, con un efficace contrasto tra il paramento murario di mattoni in vista e la pietra di Moltrasio delle robuste fasce marcapiano, delle spesse cornici alle finestre, degli spigoli bugnati e del massiccio portale; le celle, cinque per piano sono ampie, ben aerate e illuminate, asciutte. 3.3.3. Metodologia e impostazione del repertorio Punto di partenza del lavoro svolto è stato l’Allegato “A” al vigente PRG, che riporta un elenco di oltre 120 edifici di interesse storico, artistico e ambientale, suddivisi per quartiere, appositamente normati, per ciò che riguarda le modalità di intervento, dall’art. 35 delle norme del PRG. Sulla base di questo primo elenco è stata svolta un’approfondita attività finalizzata alla creazione di un vero e proprio repertorio, che si è così svolta: verifica dei beni inseriti all’interno dell’elenco individuato dal vigente PRG; ampliamento dell’elenco degli edifici da evidenziare, attraverso un lavoro che ha usufruito di più fonti informative; ricerca iconografica e bibliografica di materiale esistente; sopralluoghi e rilievi fotografici svolti sul territorio; infine, elaborazione di una scheda repertorio per ciascun bene individuato. A seguito di quest’attività di approfondimento, l’elenco dei beni è cresciuto in misura significativa, fino a raggiungere un totale di 137 edifici, e le schede di classificazione interessano edifici collocati all’interno e all’esterno dei tre centri storici: al fine di rappresentare in modo esaustivo questo lavoro, è stato predisposto l’elaborato C.11 – Repertorio dei beni vincolati e di valore storico-architettonico e ambientale, composto da schede dei singoli beni e da una cartografia dell’intero territorio comunale in scala 1:5.000 che rappresenta la loro localizzazione. Per ogni approfondimento si rimanda all’elaborato citato in precedenza. 63 3.4. Le cascine e i nuclei rurali 3.4.1. Obiettivi e finalità per la salvaguardia del patrimonio rurale Si è già detto dell’origine agricola del territorio di Busto Arsizio. La trama storica è perciò quella scandita dalla tessitura dei campi e delle strade interpoderali. Lungo questi percorsi, a presidio del territorio, si collocano gli edifici e i nuclei di interesse storico, i nuclei sparsi rurali, presenti nel territorio comunale di Busto Arsizio; a questi si aggiungono i nuclei rurali con origine agricola, ma che sono ormai compresi all’interno del tessuto urbano consolidato e che il piano ritiene utile evidenziare come elemento testimoniale e legato alla memoria storica. Il valore di molti di queste cascine e nuclei rurali è dimostrato anche dal fatto che essi siano indicati dal Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale, ma soprattutto si tratta di edifici individuati da una recente pubblicazione che ha fatto una ricognizione puntuale ed approfondita delle preesistenze di origine rurale20. L’attuazione degli interventi riguardanti gli insediamenti rurali di interesse storico, dovranno comunque tendere alla: valorizzazione e recupero del paesaggio agrario storico nelle sue strutture insediative e produttive e nei rapporti con il contesto (l'unità aziendale, la rete irrigua, le alberature, le strade agrarie, ecc.); recupero del paesaggio storico, dell'impianto e del tessuto edificato, attraverso interventi edilizi (organizzazione dei nuovi volumi, forme, materiali, ecc.) che permettano lo sviluppo dell'attività agricola, nel rispetto dei fondamentali caratteri storici e ambientali dell'insediamento e del paesaggio circostante. Si tratta innanzitutto di un valore di tipo architettonico, per l'effettivo pregio di alcuni manufatti edilizi; in secondo luogo di valore storico-documentale, perchè questi edifici e luoghi testimoniano di una realtà economica e sociale che oggi non è quasi più presente nei suoi caratteri originali, ma che qui possiamo ancora rinvenire a tratti. Il problema maggiore relativo ai nuclei sparsi è come negli altri casi quello legato alla incidenza delle alterazioni da un lato, e dall'abbandono e sottoutilizzo dall'altro. Nel primo caso si tratta dell'inadeguatezza delle vecchie strutture rurali ad ospitare oggi le funzioni agricole. Si costruiscono infatti delle nuove strutture poco coerenti con il contesto, sia per il tipo di struttura, sia per i materiali costruttivi scelti, sia infine per la giustapposizione dei nuovi edifici fatta senza seguire alcuna regola compositiva. Altrettanto grave è il problema del sottoutilizzo di questi complessi rurali, a partire dagli annessi agricoli. Oltre a questo vi è anche il naturale sottoutilizzo degli spazi destinati alla residenza. Da questi due fenomeni consegue il progressivo degrado degli edifici e lo svuotarsi di queste strutture. Non è perciò strano trovare dei complessi rurali di indubbio interesse in stato di totale abbandono e degrado. Contribuisce a questo fenomeno anche il fatto che alcune di queste strutture siano servite solo da strade carrarecce ai margini dei campi coltivati. I cascinali abbandonati sono infatti a Busto Arsizio spesso quelli meno accessibili o, al contrario, quelli troppo prossimi alle grandi 20 Gian Franco Ferrario, Cascine di Busto Arsizio. Storia e architettura, Città di Busto Arsizio, 2006. 64 infrastrutture. In questo secondo caso è evidente che l'espandersi del costruito avvenga a discapito dei campi coltivati e quindi vengano erosi gli appezzamenti a servizio dei complessi rurali. L'unica soluzione alternativa all'abbandono in questi casi è la riconversione degli edifici a scopi esclusivamente residenziali. 3.4.2. Consistenza, localizzazione e tipologia delle cascine A Busto Arsizio le cascine si sono localizzate inizialmente a ridosso del nucleo antico, lungo il suo perimetro, appena fuori il borgo; rare quelle in aperta campagna che comunque erano localizzate in prossimità delle vie principali di comunicazione. Successivamente, tra il XVIII e il XIX secolo, gran parte della brughiera venne riscattata per la coltura, così si formarono nuove cascine che collocarono principalmente nella zona a nord-ovest. Salvo per alcune cascine la cui presenza è documentata già prima del Settecento (cascina dei Poveri, cascina Borghetto e cascina Burattana), per tutte le altre presenze all’interno del territorio comunale di Busto Arsizio, Sacconago e Borsano, si ritrovano riscontri a partire dai “Catasti Storici”: il Catasto Teresiano e il Cessato Catasto austriaco. Tra le cascine più importanti presenti alla metà del ‘700 si possono segnalare quelle dei Poveri, Selvascia e Malavita nel comune di Comune di Busto Arsizio; cascina Borghetto e Speranza a Sacconago; cascina Burattana e del Sole a Borsano. Per quanto riguarda il tipo di proprietà di questi edifici si può notare che non esistevano le grandi proprietà, ma lotti medio-piccoli i cui proprietari spesso erano anche i conduttori del fondo. Le cascine più importanti presenti nelle tavole del Cessato Catasto, databili intorno al 1857 con aggiornamento al 1890 circa, e appartenenti al Comune di Busto Arsizio erano: cascina dei Poveri, Pozzi, Bordiga, Brusona, dei Gorla, Selvascia, Rondanina, Palazietta, Malavita, Rossi, Cassinetta, Bosone, Cattabrega, Favana, dei Tre Padroni, Pignone, Cabianca (ovest), Ferrari, Maestrona, Bonsignori, Grande, Bonsciora, Malpensa, Novella, Magnaghi, Cabianca (est). Nel Comune di Sacconago: cascina Casarzò, Borsa, Speranza, Borghetto. Nel Comune di Borsano: cascina del Sole e Burattana. Tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento a Busto Arsizio vennero edificate centinaia di case cosiddette rurali, tutte localizzate all’esterno del nucleo edificato, che in quel tempo si stava espandendo molto velocemente a causa dell’industrializzazione. Questi edifici si localizzavano soprattutto lungo le vie di collegamento più importanti. Successivamente, abbandonata l’originaria destinazione d’uso, si trasformarono in residenza. Busto Arsizio appartiene alla fascia dell’alta pianura, a ridosso delle colline e, in quanto inserita in questo contesto dove la proprietà agraria era molto frazionata, la tipologia più ricorrente era costituita da edifici monofamiliare strutturati in modo semplice con una parte destinata alla residenza ed una parte destinata a stalla e fienile. Questi edifici erano per lo più isolati posizionati in aperta campagna e distanti qualche chilometro dal borgo. Altri erano localizzati ai margini del perimetro urbanizzato al centro del proprio fondo e quasi sempre di proprietà del nobile o proprietario locale. In altri casi formavano un piccolo nucleo rurale (le casine) spesso costruito attorno ad una antica presenza (chiesa, complesso religioso, …). 65 Figura 12. – Modelli planimetrici ottocenteschi di alcune cascine storiche (Fonte: Gian Franco Ferrario, Cascine di Busto Arsizio. Storia e architettura, Nomos edizioni, 2006) Nel territorio comunale di Busto Arsizio si possono riscontrare essenzialmente due tipologie di edifici rurali: semplice e complessa. Alle strutture semplici, costituite per lo più da un’unica costruzione che raggruppava le due funzioni: quella residenziale e quella dei servizi, si contrapponevano veri e propri complessi strategicamente posizionati nel centro del vastissimo fondo, in cui trovavano localizzazione non solo gli edifici rurali dei contadini, ma anche la residenza del proprietario o fittavolo del fondo e dei salariati stagionali. La struttura dell’edificio è quasi sempre a corpo semplice su due piani, con dimensioni che variano: in profondità da 4 a 5 metri, ed in lunghezza da 10 a 12 metri. La parte abitativa era costituita da un unico locale, posto al piano terreno, con funzioni di cucina e tinello, e da uno o più locali al primo piano, utilizzati come camere da letto. Una scala volte interna, a volte esterna all’edificio, portava al ballatoio del primo piano. I rustici erano strutture attigue all’abitazione: la stalla ed il locale degli attrezzi si trovavano a piano terra, mentre sopra la stalla c’era il fienile. Il cortile prospiciente l’edificio diventava, specie nelle stagioni meno fredde, uno spazio abitativo all’aperto molto importante anche come luogo di aggregazione social fra le varie famiglie. Una variante della tipologia precedente, sicuramente più completa dal punto di vista funzionale, è quella a doppio corpo, con la presenza cioè di un portico al piano terra e di una parte a loggiato al primo piano: una soluzione che serviva a proteggere lo spazio aperto attiguo al fabbricato. 66 Figura 13. – Alcuni esempi di tipologia di cascine storiche presenti a Busto Arsizio (Fonte: Gian Franco Ferrario, Cascine di Busto Arsizio. Storia e architettura, Nomos edizioni, 2006) 3.4.3. Alcuni approfondimenti Qualche notizia aggiuntiva, completata da immagini e cartografie, viene riportata per alcune delle cascine più significative oggi presenti sul territorio di Busto Arsizio. Cascina dei Poveri – via Cascina dei Poveri Collocata a nord-ovest del territorio comunale, a poche centinaia di metri dalla strada del Sempione, la Cascina dei Poveri è presente da oltre seicento anni, ma è attualmente in uno stato di grande abbandono. All’inizio la cascina era certamente più piccola di quella che è “sopravvissuta” sino agli anni 1970: era nominata cascina Verghera di Zunino ed apparteneva al territorio di Gallarate. La notorietà della cascina è dovuta al fatto che nel 1427 vi nacque la Beata Giuliana (fondatrice con la Beata Caterina del monastero di S.Maria del Monte Sopra Varese). Un tempo la cascina si trovava nel fitto della Selva Lunga, una foresta che si estendeva tra l’Olona e l’Arno sino alle colline di Crenna e la campagna attorno alla cascina era coperta da boschi di alberi di alto fusto e conifere che, col passare dei secoli, si trasformò in brughiera. Tra il 1536 e il 1538 la Scuola dei Poveri (un’associazione laica che si occupava dell’assistenza dei poveri) divenne proprietaria della cascina e provvide alla sua radicale modifica. In seguito, grazie ad un lascito dei notaio Francesco Crespi Roberti, la Scuola dei Poveri potè contare su un discreto patrimonio, parte del quale fu investito per 67 ampliare la cascina stessa e per costruire l’Oratorio. I lavori iniziarono nel 1644 e si conclusero dopo quattro anni. Nel 1684 si costruì la sagrestia ed il cimitero, mentre per il campanile si dovettero attendere altri cinquant’anni. In un documento della seconda metà del XVIII secolo si riporta che la cascina era composta da 39 locali e che vi abitavano 9 famiglie per un totale di 62 persone, di cui 9 minori di 14 anni e 35 donne. Nella seconda metà del XIX secolo vennero completamente rifatti i rustici in mattoni a vista, con un progetto dell’ingegnere Giuseppe Brivio. Agli inizi del ‘900 la cascina ospitava ben 400 persone poi ridotte a 150 nel 1944. Nel 1920 viene ampliato l’Oratorio. Nel 1970 la cascina viene abbandonata. Nel 2000 il Comune di Busto Arsizio, proprietario di una parte della cascina, ha restaurato l’Oratorio dedicato a S.Bernardino. Nella sua massima espansione la cascina dei Poveri era formata da una corte completamente chiusa da edifici su tutti i quattro lati. Posizionata lungo l’asse nord/estsud/ovest occupava un’area di circa 3.000 mq. Il suo sviluppo perimetrale esterno misurava 250 metri e la corte interna (a forma di trapezio) era nei punti mediani di 40x25 metri. Tre dei suoi lati erano occupati da abitazioni, magazzini ed altri locali collegati alla residenza, il quarto era formato dai rustici con stalle al piano terra e fienili al primo piano. Esaminando i particolari costruttivi della cascina si può notare la sua semplicità costruttiva simile alle altre cascine storiche di Busto A. con la scala esterna e i caratteristici ballatoi in legno. Il forno non era all’interno della corte, ma era ricavato in un locale sporgente dall’edificio. I servizi igienici erano esterni in un angolo della corte. Corte che in questo modo non svolgeva funzioni di aia, ma di semplice spazio aggregativo per le diverse funzioni degli edifici. Da notare i due androni assiali perfettamente perpendicolari alla posizione della cascina, che servivano d’ingresso alla struttura sia per chi veniva dalla città, sia per chi veniva dai campi. Certamente l’elemento di rilievo è l’Oratorio di S.Bernardino, che un tempo poteva vantare anche diverse opere d’arte. 68 Cascina Borghetto (o Brughetto) – viale Boccaccio Della cascina Borghetto, che in alcune mappe appare col nome Brughetto (da Brugu, una pianta presente nella brughiera), non si hanno notizie riguardanti l’origine. Di certo si sa che sulla facciata d’ingresso è stato trovato uno stemma della famiglia Rauli, antica famiglia presente a Busto A. sin dal XII-XIII secolo. Dopo i Rauli, la proprietà passò nel 1740 a certo Ranelli Giberto e poi alla famiglia Travelli. Cascina di rilevante importanza, oltre che rappresentare un’antica presenza, è stata per lungo tempo un importante centro agricolo autosufficiente, tanto che nel 1722 venne eretto un Oratorio dedicato a S.Eurosia (demolito poi nel 1952). Interessante anche sotto l’aspetto tipologico a “corte chiusa”, disponeva di due simmetriche coppie di scale esterne (poste ai lati degli ingressi alla corte) che portavano al ballatoio in legno del primo piano. Semplice e razionale nella sua impostazione costruttiva ha svolto la sua funzione originale fino agli anni 1960-’70. Passata di proprietà comunale è stata rilevata 69 dall’ALER che dal 1977 ha attivato una serie di interventi di ristrutturazione che hanno portato ad uno smantellamento quasi totale delle presenze antiche. E’ rimasto un unico blocco che comprende l’androne d’ingresso alla corte. Cascina Burattana – viale Boccaccio La cascina Burattana agli inizi del XVIII faceva parte del Comune di Borsano. La sua origine è incerta, ma un affresco (ora staccato), collocato su una parete dell’edificio a nord verso il cortile, portava la data del XVII secolo. Situata all’epoca a metà tra i Comuni di Sacconago e di Borsano verso est e distante solo poche centinaia di metri dalla cascina Borghetto, era attorniata da campi coltivati a vite e disponeva di un orto di oltre 1.000 mq. Ai lati della stradina che la collegava al centro di Borsano esistevano numerose piante di gelsi. Agli inizi del ‘700 aveva già una dimensione consistente a forma di “C”, con la parte aperta verso sud-ovest. Gli edifici abitativi erano i corpi a nord e a est, mentre la stalla ed il fienile occupavano quasi interamente quella verso sud. La proprietà era di certo Turati Cristoforo a cui subentrarono, nel XIX secolo, i fratelli Bonomi, mentre gli ultimi proprietari furono un’importante famiglia di Gorla. Inserita in un ambiente ancora naturale ed attorniato da campi coltivati, mantiene intatta la sua struttura setteottocentesca, ad eccezione di alcune aggiunte realizzate successivamente. E’ tra le poche cascine rimaste pressoché intatte sia dal punto di vista tipologico, che per la presenza di materiali originali. Attualmente è di proprietà del Comune di Busto Arsizio. 70 Cascina Malavita (poi Ama la Vita) – Via Corelli Della cascina malavita non si hanno particolari notizie storiche. Certamente era tra le cascine ottocentesche più importanti, anche se la sua definizione indica chiaramente le precarie condizioni di vita in cui dovevano trovarsi i suoi abitanti. Collocata all’estremo nord-ovest del territorio comunale, lungo la vecchia strada chiamata Garlasca che da Arnate portava a Busto Arsizio (l’attuale via Rossini), nel 1776 era abitata da due famiglie: quella di Pisano Antonio e da Cassano Carlo: in tutto risiedevano dieci persone, di cui 6 donne e 2 bambini. Nel 1857 la sua tipologia era già ben definita ed era costituita da un edificio a “C” che formava una corte da 20 x 20 metri. La proprietà era intestava a certo Tosi Giovanni fu Carlo e disponeva di un orto di discrete dimensioni. Costante è stata in seguito la sua evoluzione costruttiva: chiusura della corte con il quarto lato e formazione di una nuova corte (verso ovest) con l’aggiunta di rustici e stalle. Nel secolo scorso la sua definizione è stata cambiata in “Ama la vita” quasi certamente per superare la cattiva fama che la cascina aveva avuto nei tempi precedenti. Abbandonata nella seconda metà del ‘900, è stata recentemente in parte demolita e attualmente i blocchi rimasti, parte dei quali risalenti alla prima metà del 1800, sono in uno stato di completo abbandono. 71 3.4.4. Metodologia e impostazione del repertorio Partendo dal quadro informativo disponibile, la nostra attività si è indirizzata a: mettere a punto un elenco ampio ed esteso di edifici con origine legata all’attività agricola, oggi ancora presenti sul territorio; effettuare sopralluoghi e rilievi fotografi al fine di raccogliere materiale per l’elaborazione di una scheda da inserire all’interno del repertorio. Tale materiale costituisce integrazione e completamento alle informazioni già disponibili ed in nostro possesso21. 21 Gian Franco Ferrario, Cascine di Busto Arsizio. Storia e architettura, Città di Busto Arsizio, 2006. 72 Il rilievo urbanistico censisce tutti i nuclei rurali e ne stabilisce tra le altre cose lo stato di conservazione. questo è l'aspetto più interessante dal momento che da un punto di vista delle funzioni ospitate si possa notare uno schema abbastanza ricorrente, e lo stesso lo si può dire per le tipologie edilizie presenti. Un elemento critico in parte già menzionato è quello relativo alle strutture costruite in un secondo tempo, prive di valore storico. Le superfetazioni, le strutture più o meno provvisorie a servizio delle funzioni agricole, i depositi, si aggiungono in modo disordinato, alterando l'impianto originario che deve, al contrario, essere mantenuto se si vogliono conservare i valori originari. Le costruzioni più recenti di fatto alterano completamente la fisionomia del nucleo, rendendo difficile riconoscervi valori storicoarchitettonici. Anche per questo lavoro, il punto di partenza è stato l’Allegato “A” al vigente PRG, che riporta un breve elenco di cascine, appositamente normate, per ciò che riguarda le modalità di intervento, dall’art. 35 delle norme del PRG. Sulla base di questo primo elenco è stata svolta un’approfondita attività finalizzata alla creazione di un vero e proprio repertorio, che si è così svolta: verifica dei beni inseriti all’interno dell’elenco individuato dal vigente PRG; ampliamento dell’elenco degli edifici rurali, attraverso un lavoro che ha usufruito di più fonti informative e quella principale costituita dal libro di Gian Franco Ferrario, “Cascine di Busto Arsizio. Storia e architettura”; ricerca iconografica e bibliografica di materiale esistente; sopralluoghi e rilievi fotografici svolti sul territorio; infine, elaborazione di una scheda repertorio per ciascun bene individuato. A seguito di quest’attività, l’elenco delle cascine e dei nuclei rurali è cresciuto fino a raggiungere il numero di 51 edifici, collocati in alcuni casi all’interno del tessuto consolidato e, nella maggior parte dei casi, in ambito agricolo: all’interno dell’elaborato C.11 – Repertorio dei beni vincolati e di valore storico-architettonico e ambientale, è stato predisposto un apposito capitolo contenente le schede delle singole cascine, mentre la localizzazione all’interno del territorio comunale è rappresentata in una cartografia in scala 1:5.000. Per ogni ulteriore approfondimento si rimanda all’elaborato citato in precedenza. 3.5. Gli ambiti della città consolidata L’analisi condotta ai fini della costruzione del quadro conoscitivo della città esistente è stata completata attraverso una lettura e un’interpretazione della forma della città, con la finalità di costruire la base per la nuova classificazione superando la lettura funzionale, legata alla zonizzazione del piano tradizionale. Tale analisi viene restituita attraverso la redazione di elaborati cartografici che propongono una lettura del sistema insediativo attraverso l’individuazione morfo-tipologica e funzionale dei tessuti che lo compongono distinguendo tra quelli appartenenti alla città storica (tessuto storico consolidato, tessuto dei nuclei storici rurali e ville con parco), quelli della città per aggiunta (tessuto costituito da edifici isolati su lotto a medio-bassa densità fino ad un massimo di 3 piani fuori terra e a medio-alta densità con edifici di almeno 4 piani, tessuto misto, tessuto per attività direzionali e commerciali, tessuto per attività produttive di grandi e medio- 73 piccole dimensioni, tessuto rurale) e infine i tessuti della città per addizione (tessuto ad impianto unitario a medio-alta densità con edifici di almeno 4 piani fuori terra e a medio-bassa densità con edifici fino ad un massimo di 3 piani ). Tale analisi riveste una funzione fondamentale in relazione alla definizione dei principi e delle regole di gestione dei futuri interventi sulla città esistente, che costituiranno i contenuti specifici del Piano delle Regole. E’ stata quindi svolta un’attenta analisi finalizzata a cogliere le differenze tra i diversi ambienti insediativi di Busto Arsizio da un lato, e dall’altro evidenziare le note comuni, i caratteri che ripetutamente si possono trovare creando delle regole nei modi insediativi. Per individuare le diverse parti di città sono stati utilizzati più livelli di analisi che si sono nel corso della lettura incrociati e sovrapposti: un approccio di tipo morfologico22, un approccio spaziale e percettivo23, un’analisi del trattamento dello spazio pubblico. Lo stato di fatto dell’edificato riporta la destinazione d’uso dei singoli edifici e delle aree pubbliche. Le destinazioni principali sono: residenziale, commerciale, industriale, terziario, agricolo, box e accessori, attrezzature di interesse comune, scuole, attrezzature religiose. Di fronte a questo dato abbastanza scontato occorre dire come le analisi evidenzino anche casi ricorrenti di mix di funzioni, quali per esempio residenza con commercio e attività artigianali, oppure con box al piano terra. Altro elemento interessante da sottolineare sono gli edifici dismessi o non completamente utilizzati, prevalentemente capannoni, accessori e strutture una volta artigianali, o comunque destinati allo svolgimento di attività economiche: queste tessere sono inserite nel tessuto insediativo creando incongruenze che costituiscono una potenziale risorsa, ma allo stato attuale una notevole criticità. Il sistema della residenza e dei servizi è rappresentato da un lato dai luoghi dell’abitare, vale a dire gli edifici, gli spazi scoperti e la viabilità di servizio dei quartieri e, dall’altro, dai luoghi di incontro collettivo, che attraggono flussi di persone, comprendendo con tale termine sia gli edifici, che gli spazi scoperti. I servizi, anche se non adeguatamente messi in rete, presentano un buon livello qualitativo, che andrà comunque adeguato in relazione allo sviluppo urbanistico recente, grazie anche alla presenza di un numero significativo di servizi che svolgono una funzione di carattere sovracomunale, che conferisce alla città un buon grado di autonomia anche al livello dei servizi di livello superiore nei settori dell’istruzione, della sanità e dell’assistenza, della pubblica amministrazione e dei servizi alle imprese. 22 Consente di riconoscere figure e conformazioni dell’abitato legate alla sua evoluzione storica e al modificarsi della cultura abitativa e delle abitudini costruttive. Sono riconoscibili i tracciati storici che hanno strutturato le espansioni del centro originario, le tipologie che hanno caratterizzato le diverse fasi delle espansioni, la densità dell’edificato, le altezze delle costruzioni, la conformazione dei lotti, la natura dei nuovi tracciati e delle nuove strade di distribuzione, la presenza e la localizzazione di aree verdi o libere, il trattamento dell’attacco al suolo degli edifici. 23 Quest’analisi ha insistito principalmente sulla natura degli spazi pubblici e sul rapporto fra spazio pubblico e spazio privato, sugli elementi di confine, di soglia fra questi due spazi, sulla percezione dello spazio nelle diverse parti di città, sullo skyline dell’edificato. 74 L’articolazione proposta per il sistema della residenza e dei servizi si basa su considerazioni di carattere storico-morfologico e sul riconoscimento dell’identità specifica dei luoghi dell’abitare. Sono riconoscibili 7 sistemi principali: i nuclei storici i nuclei rurali la città consolidata la città di espansione i luoghi centrali a scala urbana i luoghi centrali a scala territoriale i bordi urbani. Il sistema dei nuclei storici comprende il centro storico di Busto Arsizio e delle frazioni di Sacconago e Borsano. Assieme al nucleo antico del capoluogo e delle frazioni, vi sono parti di città più eterogenee e dai limiti vaghi che comunque per la loro intrinseca natura tipologica, per i materiali di cui sono costituite e per la particolare ubicazione, risultano contesti omogenei, dal punto di vista delle problematiche che essi pongono, delle logiche di intervento che essi sottendono e, infine, del ruolo che tali parti potranno assumere nel contesto generale delle proposte delineate con il PGT. La città storica è costituita da quelle porzioni di edificato costruite fino agli anni ’50 secondo il modello tradizionale della casa costruita sul margine stradale. Si presenta come una città compatta, con un’alta densità, caratterizzata da edifici a corte di due, tre e quattro piani fuori terra, palazzi storici, corti rurali, condomini pluripiano che si sono sostituiti in alcuni tratti al tessuto storico preesistente, le case unifamiliari rappresentano invece un elemento incongruo. Gli edifici delimitano e definiscono il filo stradale, gli arretramenti costituiscono un’eccezione, non vi è mediazione fra spazio pubblico e spazio privato, gli unici spazi semi pubblici sono le corti interne. Le strade si connotano come strade corridoio, delimitate da cortine edificate omogenee che guidano e limitano la visione dell’osservatore, le uniche finestre sono i portoni entro i quali sono visibili scorci di cortili. Piazze, slarghi, parcheggi e giardini delimitati da cortine edificate, permettono una visione più ampia, ma comunque limitata, riconducibile all’immagine di una “grande” stanza a cielo aperto. I piani terreni sono caratterizzati dalla presenza di negozi e pubblici esercizi lungo le vie principali, di residenza e spazi artigianali lungo le vie secondarie. Le aree verdi sono prevalentemente pubbliche e concentrate, mentre sono limitati gli spazi verdi interstiziali e privati. Lo spazio pubblico è ben definito, le strade sono tutte asfaltate, la presenza di marciapiedi è sostanzialmente omogenea, vi sono tratti di strade e marciapiedi pavimentati, filari di alberi, aiuole e parcheggi regolamentati. Busto Arsizio, nel suo complesso è dotata di un luogo, Piazza San Giovanni e Piazza Santa Maria, riconosciuto e riconoscibile come centro della città: nelle due piazze confluiscono diversi assi che attraversano anche il centro storico, e cioè via Bramante/via Montebello e via Tosi/via Tettamanti/via Mons. Borroni in direzione nord-sud e corso Europa/via Cavallotti/via Cavour/via Milano e via Matteotti/via Solferino/via Carducci in direzione est-ovest. Per quanto riguarda la delimitazione dell’area storica centrale, è riconoscibile un quadrilatero delimitato a nord da piazza San 75 Michele/via Volta/piazza Colombo/via Zappellini, ad est dal tracciato di viale Duca D’Aosta, a sud da piazza Trento e Trieste/via Mazzini/piazzale De Gasperi e ad ovest da piazzale De Gasperi/piazza Manzoni/piazza San Michele. Il centro storico di Sacconago si sviluppa attorno a piazza Noè, luogo baricentrico all’interno del tessuto edilizio della frazione, ed è delimitato a nord da via Gonzaga/via Sirtori/via Bassi, ad est da via S.Luigi/via Leoncavallo, a sud da via Verdi/via Sciesa e ad ovest da via Lamarmora/piazza San Donato/via Settembrini. Il centro storico di Borsano si sviluppa attorno a piazza Toselli, ed è delimitato a nord da via Lodi, ad est da via D’Acquino, a sud da via Ricordanza/piazza Gallarini e ad ovest da via Magenta/via XXIV Maggio. Il tessuto urbano bustocco è anche caratterizzato dalla presenza di un numero consistente di cascine e nuclei rurali sparsi, oppure inseriti all’interno del tessuto urbano, sorti prevalentemente in adiacenza delle direttrici stradali storiche di interesse sovracomunale: o la presenza più significativa di edifici e di nuclei rurali, si registra nella parte ovest del territorio comunale, compresa tra via Amendola e via Sella/viale Repubblica, dove prevale ancora una presenza significativa di aree a destinazione agricola; o nella parte ovest della frazione di Sacconago, nella parte di territorio compresa tra la zona industriale e la linea ferroviaria FNM si colloca un discreto numero di edifici e di nuclei rurali, anche di origine storica; o nella parte di territorio agricolo compreso tra il nucleo di Sacconago e quello di Borsano vi sono diversi edifici e nuclei di carattere rurale; o nella parte sud-est del territorio comunale, nella frazione di Borsano, sono presenti diversi nuclei rurali lungo via Cardinal Ferrari, via Cascina Mazzafame e viale Toscana; o sempre nella frazione di Borsano, ad ovest di via Toscana vi sono alcune presenze di edifici e nuclei rurali. Si tratta di nuclei di ridotte dimensioni che presentano edifici a destinazione ed utilizzo diverso, attività agricola, residenza, piccoli edifici artigianali, magazzini e depositi, rustici ed edifici dismessi sono le tipologie più ricorrenti presenti nei nuclei sparsi. Dall’indagine svolta risultano ancora presenti un numero considerevole di edifici rurali (nonostante le numerose demolizioni), alcuni inglobati totalmente nel tessuto urbanizzato, altri completamente modificati da rendere quasi irriconoscibile la loro tipologie originaria. Tuttavia molte presenze destano ancora interesse, sia sotto il profilo tipologico e ambientale e per alcuni aspetti anche architettonico. In totale si tratta di 50 cascine, distribuite all’interno di tutti i quartieri, con una maggior presenza nella parte ovest, quartieri di Madonna Regina e Beata Giuliana. Di queste ben 20 sono anteriori al 1722 e le restanti sono tutte anteriori al 1857. Per quanto riguarda l’attuale destinazione d’uso, poco più del 40% hanno destinazione residenziale, 4 sono, in tutto o in parte utilizzate per l’attività agricola, e la restante parte è inutilizzata, oppure è utilizzata parzialmente. Questo patrimonio forma una tipologia ben delineata che si potrebbe definire una “tipologia rurale bustocca”, per certi versi unica nel suo genere, che si distingue dal 76 panorama provinciale delle cascine. Infatti, le cascine presenti nel territorio di Busto Arsizio si distinguono per semplicità, rigorosità geometrica e uniformità strutturale e che hanno avuto uno sviluppo dagli inizi del 1700 sino agli anni ’30-’40 del 1900. In seguito la cascina ha lasciato il posto ad edifici residenziali più strettamente legati all’industria, che hanno comunque ripreso, in massima parte, i canoni costruttivi degli stessi edifici rurali. Fra le presenze che meritano una certa considerazione, soprattutto per essere in qualche modo ancora legate ad un “ambito rurale”, citiamo le cascine: Burattana, Favana, dei Poveri, Vignone, Ama la Vita, Cascinetta, Grande, Bonsignori, Rossetti, Rocca. Tra quelle di minor consistenza strutturale, ma comunque di un certo interesse si segnalano le cascine: del Sole, Formaggiana, Fogna, Bonsciora, Colombo, Rota, Tudignola, Codina, Locate, Travedona, dei Pastori, Bordiga, Prandoni, Piazza e Corivelli. La città consolidata è costituita per lo più dal centro di Busto Arsizio e comprende le parti di città totalmente o parzialmente edificate che si sono sviluppate a corona del centro storico del capoluogo e delle frazioni di Sacconago e Borsano. Si tratta di parti di territorio dove i processi di trasformazione urbanistica sono sostanzialmente completati dando forma ad insediamenti strutturati sia di tipo residenziale, che produttivo, ma anche, ed in misura significativa rispetto alla dimensione ed alla presenza, di carattere misto ed integrato. La città consolidata racchiude a corona i preesistenti nuclei storici e si struttura attorno agli assi che da essa di diramano. Coincide per alcuni versi con la città delle espansioni del dopoguerra, ma racchiude al suo interno anche brani di città più antica ed alcuni quartieri di recente costruzione. Presenta caratteristiche morfologiche e tipologiche articolate e complesse, è costituita da un tessuto misto, dalla giustapposizione di edifici tipo logicamente molto diversi: edifici storici a corte lungo gli assi principali, palazzine e piccoli condomini, edifici industriali e artigianali interstiziali, ma anche di medie dimensioni, non di rado ville unifamiliari o plurifamiliari, case laboratorio o case negozio, grandi condomini ad occupare interi isolati. La zona ovest della città è esempio evidente di questo tessuto urbano che si è sviluppato e consolidato secondo un modello di funzioni miste, dove le attività artigianali e di piccola produzione, convivono con la residenza. Lungo gli assi storici la strada si presenta ancora come una tipica strada corridoio, anche se le aperture e gli arretramenti sono più frequenti che nella città storica e i piani terra sono meno ricchi di negozi e destinati prevalentemente a residenza, spazi produttivi e artigianali. Nelle vie retrostanti la densità dell’edificato è minore, la giustapposizione di tipologie, gli arretramenti, l’alternarsi di abitazioni, fabbriche, muri e recinzioni trasparenti, lo skyline variabile, imprimono una particolare complessità ed articolazione del sistema urbano. Il trattamento degli spazi pubblici risulta più disomogeneo, per alcuni versi più povero e meno definito rispetto al centro storico; alcune strade minori non hanno marciapiedi, gli spazi pubblici sono comunque presenti in misura significativa e questa parte di città è organizzata attorno al reticolo di strade più che ad un sistema di spazi pubblici, mentre il verde pubblico è presente e al contempo aumenta l’importanza e la presenza visiva e qualitativa dello spazio verde privato. La città di espansione, a contatto con quella consolidata, è caratterizzata da un tessuto edilizio meno denso e più frammentato e comprende ambiti di trasformazione inseriti in 77 contesti territoriali particolari, al margine tra l’edificato e il sistema degli spazi aperti. La città delle espansioni si è sviluppata prevalentemente attraverso due diversi modelli insediativi: la costruzione di edifici pluripiano, arretrati rispetto al filo stradale, con spazi aperti tra un corpo edilizio e l’altro, senza formare una cortina edilizia continua e la costruzione di case unifamiliari organizzate attorno a fitti reticoli di strade ortogonali di distribuzione ai lotti. L’edificazione a medio/alta densità e a bassa densità hanno portato alla saldatura dei nuclei di Busto e di Sacconago ed hanno occupato il territorio in modo indifferenziato ed omogeneo, fino a raggiungere il limite del tessuto edificato che oggi la città di Busto presenta. La fase di maggior sviluppo di questa città è compresa fra gli anni ’60 e gli anni ’90. Occorre evidenziare come nella parte ovest del territorio comunale, esiste una visibile frattura nella continuità del tessuto urbano, costituita da aree libere, in parte di proprietà pubblica e per la maggior parte di proprietà privata, che deriva dalla previsione del tracciato della Tangenziale Ovest, contenuta nel vigente PRG, ma mai realizzata. È evidente che questa previsione costituisce un elemento di riflessione e di approfondimento, sia in relazione al sistema infrastrutturale, sia in relazione alla possibilità di ricucitura urbana tra parti diverse di città. E’ possibile, all’interno della città a medio/alta densità, chiamata “città delle palazzine” e della città a bassa densità, chiamata “città delle villette”, distinguere fra due modalità costruttive, due livelli di omogeneità e definizione degli isolati. Il primo di questi due modelli, è caratterizzato principalmente dalla disomogeneità dell’edificazione. E’ composta da edifici plurifamiliari di oltre tre piani fuori terra, edifici anche di grandi dimensioni con giardini e spazi verdi condominiali e da edifici uni e bifamiliari, a uno o due piani, piccole palazzine organizzate su lotti di dimensioni e forma variabili a seconda dei contesti. Le recinzioni, i giardini privati e la ridotta presenza di spazi pubblici, sono gli elementi distintivi di queste parti di città. E’ una città cresciuta lentamente per addizioni minimali, spesso per lotti giustapposti, o per piccoli interventi di lottizzazione, con periodi di completamento relativamente lunghi. Gli arretramenti non sono sempre omogenei, si ritrovano accanto ad edifici costruiti sul filo stradale, ville nascoste da profondi giardini e muri verdi, accanto alla villetta minima anni settanta costruita su un lotto poco più grande della casa, ville bifamiliari su due piani più mansarda costruite invece in periodi più recenti, cui si aggiungono palazzine in linea ed isolate costruite sia nei decenni precedenti, che nel periodo più recente. La strada trasmette una immagine di maggior apertura rispetto alla città consolidata, gli edifici sono mediamente più bassi, anche se lo skyline rimane irregolare, e arretrati rispetto al filo stradale; un certo effetto cortina è dato però dal verde privato, integrato, in alcuni casi, dalla presenza di alberature stradali. La vista ha maggiori possibilità di spaziare, sono molteplici le vie di fuga dello sguardo, gli scorci verso il territorio agricolo e verso isolati e lotti non ancora edificati. Il trattamento dello spazio pubblico sembra non rispondere ad una logica precisa, non è rintracciabile un criterio gerarchico nel trattamento della sede stradale, i marciapiedi in alcuni casi non ci sono e lasciano spazio a fasce incolte fra asfalto e recinzioni, il retro dei lotti sono spesso ancora serviti da strade sterrate. Il secondo modello, la “città delle palazzine omogenee” e la “città delle villette omogenee”, è formata da complessi edilizi a media/alta densità e bassa densità di 78 recente costruzione che per le loro caratteristiche di omogeneità si distinguono come isole con un loro disegno preciso in un contesto talvolta indefinito o disorganico. Queste parti di città si organizzano in lottizzazioni di media o grande estensione con edifici di tre/quattro e più piani, nel caso di lotti a medio/alta densità, oppure con edifici di uno o due piani, nel caso di lotti a bassa densità, connotati da una forte omogeneità, non solo tipologica, ma spesso anche architettonica. Molti di questi complessi sono infatti l’esito di progettazioni unitarie, sia attraverso lottizzazioni che attraverso piani di zona, ed è quindi riscontrabile un principio organizzatore del progetto. Le altezze degli edifici, gli arretramenti rispetto al filo stradale, la forma e la dimensione dei lotti, il trattamento delle recinzioni e degli spazi pubblici sono i principali elementi di unitarietà. La distribuzione spesso si organizza attorno a strade a fondo cieco trattate come uno spazio semi pubblico all’interno dell’isolato. Le strade ai confini degli isolati sono mediamente ampie e permettono una visione più aperta, incrementata da un maggiore arretramento degli edifici e dallo skyline tendenzialmente regolare. Gli spazi aperti privati sono più rigidamente organizzati, passi carrai, accessi pedonali, volumi di servizio, fanno parte della progettazione unitaria del complesso. Per quanto riguarda il trattamento degli spazi pubblici è chiaramente riconoscibile una gerarchia nel livello di definizione, le vie principali sono dotate di marciapiedi, alberature e talvolta arredo urbano, le vie secondarie sono più indefinite, spesso mancano i marciapiedi, e sono concepite come elementi puramente funzionali di distribuzione e parcheggio. I luoghi centrali di livello urbano sono quelli legati alle attività quotidiane e di tipo urbano, localizzati all’interno o al margine del tessuto consolidato e nei tre nuclei di cui si compone la città. Si tratta di parti di città caratterizzate dalla presenza di attrezzature, servizi ed attrezzature commerciali, compresi i percorsi principali e gli spazi aperti (piazze e giardini) interni ai nuclei che costituiscono i luoghi privilegiati per le relazioni sociali e di scambio. La città dei servizi è caratterizzata dalla presenza di importanti recinti monofunzionali, presenti sia nelle nuove aree di espansione a bassa densità, che nelle aree più prossime al centro. Tali recinti, spesso estesi a tal punto da coprire interi isolati, costituiscono elementi autonomi dal contesto, attraverso una separazione dallo spazio pubblico della strada netto e presidiato. Lo spazio pubblico stesso è ricavato all’interno del recinto. La piazza, il sagrato della chiesa, il giardino, i percorsi non sono più in senso stretto dei materiali costitutivi dello spazio pubblico; non sono fruibili da parte di tutti i cittadini, ne sono accessibili in tutte le ore del giorno. Recentemente anche servizi che per propria natura da sempre definiscono e contribuiscono a costruire lo spazio pubblico della città, come le chiese, gli edifici pubblici, le scuole, si strutturano all’interno di ampi recinti. La stessa logica di partizione del suolo che ha connotato le espansioni residenziali del dopoguerra, la suddivisione in lotti e la collocazione al loro interno degli edifici, si ripete quindi anche nelle nuove costruzioni di servizi, aumentando il livello di omogeneizzazione morfologica, confermando un modello evolutivo della città per ripetizioni di recinti ed edifici isolati. Si definiscono, luoghi centrali di livello territoriale gli edifici o insiemi di edifici che offrono servizi e attrezzature di uso pubblico a scala sovralocale e, che di conseguenza, costituiscono importanti luoghi di riferimento nel sistema delle relazioni di livello urbano e, allo stesso tempo, poli attrattori di utenti che provengono dall’esterno e che 79 usufruiscono del sistema urbano bustocco. Sono elementi che per la dimensione e la localizzazione, costituiscono poli attrattori e luoghi di riferimento all’interno del sistema urbano e sono presenti in misura importante all’interno del territorio comunale: scuole superiori pubbliche e private, l’ospedale e le funzioni assistenziali, il Tribunale e diversi altri edifici istituzionali ed amministrativi, il recinto di Malpensa Fiere e le aree dei centri di interscambio modale, solo per citare quelle più significative. Infine, nell’immagine della città il margine, il bordo urbano. Oggi la perdita del confine, di un suo significato univoco, è connessa con la crescita senza limiti della città, in particolare con la formazione di ampie estensioni di aree urbanizzate a medo/alta densità e a bassa densità con il consolidamento degli insediamenti lungo le direttrici principali o ancora con l’esplosione di forme di conurbazione sul modello patchwork. Questo comporta che i confini urbani non sono più così direttamente riconoscibili: essi divengono invece linee o ambiti di margine, posti tra una successione di ambienti che spesso rendono ardua la stessa distinzione tra diverse comunità locali. Nelle frange urbane l’esito del processo insediativo è stato quello di aver dato vita a nuove forme insediative caratterizzate da fenomeni di conurbazione dilatata e frammentata, ad alto consumo di suolo, in cui spazi aperti a destinazione differente si alternano a spazi edificati composti da residenze, prevalentemente, e anche servizi, impianti produttivi e aree commerciali ed espositive, spazi del tempo libero ed altre attrezzature di interesse collettivo. Ciò ha comportato la perdita di identità dell’ambito di bordo urbano tra spazi aperti e spazi costruiti, assumendo piuttosto una rappresentazione frammentata e molteplice dal punto di vista funzionale. La città margine è costituita da quel territorio, scarsamente urbanizzato, che si estende dai margini dell’edificato verso le zone agricole. Può essere sommariamente distinto in tre ambiti: il margine urbano, le aree agricole interstiziali e il territorio agricolo vero e proprio. I tratti del margine urbano sono solo in alcuni casi chiari e definiti, più spesso individuare un confine fra “città” e “campagna”, risulta non possibile. Gli elementi che distinguono questo territorio di confine sembrano appartenere solo in parte al mondo agricolo; sono ancora ben visibili le strade vicinali, il sistema di aree boscate, siepi e filari alberati, l’alternarsi delle coltivazioni, ma nuovi elementi si giustappongono e si sovrappongono. Distributori di benzina, magazzini e depositi a cielo aperto, recinzioni provvisorie, orti urbani, tralicci dell’alta tensione, campi incolti, la quinta visiva delle nuove lottizzazioni, trasformano questo territorio in un paesaggio ibrido, in equilibrio precario, talvolta in attesa. Le aree agricole interstiziali sono definite in negativo dall’edificazione che le circonda. Sono spesso adiacenti alle aree di più recente espansione industriale e rappresentano l’ultimo ostacolo alla fusione tra il nuclei di Sacconago e il nucleo di Borsano e con i paesi confinanti, soprattutto lungo il fronte est e nord del territorio comunale. Sono anch’essi ambienti compromessi, sia visivamente che nelle loro potenzialità intrinseche, scomposti e spesso incolti. Il territorio agricolo vero e proprio presenta ancora, specie negli ambiti tutelati del Parco Alto Milanese, intatti alcuni elementi di pregio ambientale; numerose aree boscate, il sistema delle cascine e una varietà di coltivazioni. 80 PARTE SECONDA – IL PROGETTO DEL PIANO DELLE REGOLE 4. IL SISTEMA INSEDIATIVO: OBIETTIVI E ARTICOLAZIONE 4.1. Criteri per la classificazione del territorio comunale: il metodo proposto La proposta progettuale del Piano delle Regole si è sviluppato a partire da due presupposti. Da una parte, le basi conoscitive elaborate in sede di ricerche, studi ed approfondimenti24, in sede di redazione dei precedenti strumenti urbanistici, degli elaborati relativi ai centri storici ed agli edifici di valore ambientale e paesaggistico, svolgendo un approfondimento sulle previsioni dei diversi piani urbanistici, cui, parallelamente, si è affiancato un lavoro di sovrapposizione delle soglie storiche. Dall’altra parte, l’approccio sistemico tipico del progetto di piano, da cui discende una suddivisione del territorio articolata grazie al livello di sufficiente indeterminazione spaziale che al termine stesso di sistema è associato. Prima condizione di appartenenza al sistema non è, infatti, il riconoscimento del limite cartografico, bensì la rispondenza alle caratteristiche di volta in volta individuate nel processo di pianificazione. In termini più generali, il Piano delle Regole si fonda sull’esigenza di rileggere siti e contesti, di decostruirli e interpretarli attribuendo ai loro messaggi e linguaggi, spesso dimenticati, l’importanza di strumenti in forza dei quali ristabilire legami complessi tra gli abitanti e i luoghi, gli spazi ed i luoghi della città contemporanea. Pertanto, da un’articolazione tipo-morfologico operata sulla base di una ricerca dei fattori conformativi dell’edilizia e dell’ambiente urbano25, con il Piano delle Regole si passa ad una ripartizione progressiva della struttura territoriale per sottosistemi denominati Ambiti, a loro volta, suddivisi in Componenti, a loro volta articolate in Elementi. Tutto ciò presuppone una impostazione metodologica che pone l’attenzione non tanto sul singolo manufatto, quanto, piuttosto, sulla struttura urbana, cercando di evidenziare i caratteri fisici visibili del territorio costruito e della città. Ne consegue l’individuazione di parti di città (a un tempo spazi aperti ed edifici), i Tessuti, i cui caratteri di omogeneità, sotto il profilo della stratificazione storica della morfologia e delle tipologie urbanistiche insediate, sintesi di funzioni, forma urbana, tipologie edilizie, sono prevalenti sulle differenze comunque presenti e in cui gli elementi edilizi e urbani che le compongono appaiono riconducibili ad alcuni tipi tra loro differenti, ma costantemente ripetuti ed articolati. Questo schema di lettura ed interpretazione del tessuto urbano consolidato, in tessuti omogenei dal punto di vista tipologico e morfologico, è finalizzato a sottolineare specifiche differenze, da cui discendono modalità di intervento differenziate (in termini di salvaguardie, limitazioni, sostituzioni, …), comunque finalizzate alla definizione di regole che garantiscano il controllo delle trasformazioni urbanistiche diffuse, funzionali e morfologiche. La disposizione planimetrica sul suolo urbanizzato, le dimensioni ed i caratteri architettonici degli edifici, permettono infatti di ricostruire la storia degli interventi e 24 25 Come ampiamente raccontato nei capitoli precedenti. Per riconoscervi la ricchezza delle tipologie edilizie presenti e la qualità ambientale del costruito. 81 degli specifici differenti operatori: quello pubblico, o comunque privato con utilizzi pubblici, con gli insediamenti unitari di complessi edilizi di uso pubblico e di edilizia economica e popolare, quello privato, con l’ ”intervento puntuale”: i piani di lottizzazione, le operazioni di “recupero”, i permessi di costruire e le modalità di intervento più semplici. La definizione di questa articolazione per sottosistemi supera sia la semplice zonizzazione funzionale, sia le analisi tipologiche legate alle caratteristiche distributive e architettoniche del singolo edificio, per esprimere invece una tipologia edilizia e morfologica in grado di offrire una interpretazione sintetica e relazionale della struttura propria dello spazio urbano. Ciò in termini, ad esempio, di rapporti tra suolo costruito e suolo libero, rapporti tra altezza degli edifici e larghezza delle strade, allineamenti prevalenti, presenza di verde pubblico e privato, di percorsi pubblici. In questo modo, il governo delle trasformazioni diffuse è garantito e supportato dall’utilizzo di norme che si applicano non al singolo lotto, ma ad ambiti omogenei, delimitati da elementi fisici riconoscibili, con una selezione dei luoghi e l’individuazione dei termini di trasformazione-ristrutturazione, connotando e differenziando le varie parti della città. All’interno del Piano delle Regole, pertanto il territorio è inteso come sistema complesso, come luogo e prodotto della stratificazione della vita di una comunità e dell’ecosistema in cui essa è inserita, letto nelle sue valenze tridimensionali, secondo forme di organizzazione spaziale basate su logiche relazionali di tipo sistemico, che considera il territorio nella sua totalità e complessità, come parte in relazione con un sistema che deve contribuire a governare. 4.2. Strategie di intervento per il sistema insediativo 4.2.1. Obiettivi di sostenibilità per il Sistema Insediativo Il Piano delle Regole affonda le proprie radici, da una parte, nella riflessione disciplinare degli ultimi decenni, dall’altra parte nelle riflessioni intorno allo sviluppo di un piano in grado di suscitare attenzione verso gli elementi del territorio, indagati contemporaneamente come testimonianza e come risorsa. Più in generale, gli obiettivi del Piano delle Regole, fanno riferimento ai seguenti elementi individuati dal sistema conoscitivo del Documento di Piano: struttura e forma urbana; rapporti tra forma della città e forma del territorio (morfologia territoriale, idrografia superficiale, paesaggio agrario) da salvaguardare, valorizzare o riqualificare; aree di ridefinizione o recupero paesaggistico; aree interstiziali e aree libere da completare; tipologie insediative (isolate, a schiera, a corte, ..); spazi a verde o liberi da edificazione; spazi pubblici e gerarchia di strade, piazze, viali; riguardano la disciplina degli interventi di nuova costruzione, ristrutturazione e sostituzione attraverso parametri di tipo quantitativo, morfologico, funzionale, prestazionale. 82 Più specificamente, il Piano delle Regole proposto: riconosce la valenza storica degli insediamenti (IGM prima levatura e successive soglie storiche); definisce la forma insediativa alle varie soglie storiche; individua le tipologie insediative (isolate, a schiera, a corte, …); individua gli spazi a verde o liberi da edificazione e i criteri di loro utilizzo e progettazione ai fini della salvaguardia e valorizzazione paesaggistica degli insediamenti storici; riconosce gli spazi pubblici e la gerarchia di strade, piazze, viali, …; individua i beni storici e monumentali vincolati, ma anche i beni di valore storico, architettonico, documentale e ambientale; individua le cascine e i nuclei rurali di origine storica, anche esistenti; analizza lo stato di conservazione e la destinazione d’uso degli edifici; definisce le modalità di interventi per isolato o per singoli edifici e definire, per gli spazi inedificati, le scelte e le modalità di utilizzo; definisce, per gli interventi innovativi, integrativi e sostitutivi (nuove costruzioni, ampliamenti, ristrutturazioni con demolizione e ricostruzione, …), da realizzare all’interno dei centri di antica formazione, il nuovo assetto planivolumetrico, indicando i parametri funzionali e dimensionali. Gli indirizzi individuati dal Piano delle Regole per gli interventi all’interno del Sistema Insediativo sono i seguenti: dare efficacia agli interventi di riqualificazione e rigenerazione urbana. Si tratta di interventi diffusi sia nell’urbanizzato consolidato (la parte storica e quella consolidata, relativamente al recupero, alla riqualificazione ed alla trasformazione del patrimonio edilizio esistente, compresi gli interventi di ampliamento), sia in quello più recente, al fine di addivenire, al miglioramento della qualità e delle prestazioni del patrimonio abitativo (in termini di prestazioni, di risparmio energetico, di sostenibilità complessiva), al rimodellamento e alla qualificazione dello spazio pubblico esistente, ma anche alla realizzazione di nuovi spazi pubblici; massimizzare gli effetti degli interventi sull’ambiente, finalizzati al miglioramento delle condizioni di vivibilità dell’impianto urbano (riduzione dei fattori inquinanti, mitigazione dell’inquinamento da traffico, ecc.), alla realizzazione di un nuovo sistema del verde pubblico e privato, alla costruzione di una “rete ecologica” che colleghi tra loro aree con valore ambientale esistenti e di progetto e queste con gli ambiti di valore ambientale presenti nel territorio; sostenere una nuova strategia di sviluppo economico del territorio, dei servizi, con la disponibilità di nuove aree da trasformare, ovvero con immobili da recuperare allo scopo; a ciò servirà la programmazione di interventi mirati sul patrimonio storico e ambientale esistente, ma anche la previsione di infrastrutture che rendano il territorio di Busto Arsizio più efficiente ed accessibile; puntare sulla politica di rigenerazione del tessuto urbano consolidato, attraverso un insieme coordinato di azioni e di interventi finalizzati a favorire la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente e la conseguente diminuzione delle emissioni sul territorio, attraverso l’utilizzo di aree pubbliche e private. 83 A partire da questi presupposti, il lavoro di analisi sul Sistema Insediativo si è esplicitato ulteriormente secondo tre obiettivi di indirizzo a riguardo della città esistente: la conservazione morfologica e ambientale; la conservazione della destinazione funzionale integrata; la semplificazione normativa. In applicazione delle disposizioni contenute all’art. 10.c.3 lettere h) e l) della L.R. n°12/2005, in forza delle quali il Piano delle Regole deve individuare i requisiti qualitativi degli interventi, nonché i requisiti di efficienza energetica dei fabbricati, il piano enuncia quale primario obiettivo qualitativo l’assunzione dei principi di contenuto energetico e sostenibilità ambientale nella progettazione e nell’esecuzione degli interventi. L’obiettivo a cui tende il Piano delle Regole, ed a cui i progettisti dovranno uniformarsi, è, quindi, di migliorare le condizioni abitative attraverso la costruzione di edifici energeticamente efficienti e rispettosi dell’ambiente e del contesto entro il quale si inseriscono, utilizzando al meglio tecniche costruttive che garantiscano un corretto inserimento ambientale degli elementi tecnologici e degli impianti. Saranno quindi ritenuti elementi qualitativi dell’intervento l’applicazione dei principi di bioarchitettura e tecnologie che si riferiscano all’utilizzo di fonti rinnovabili e a sistemi passivi di alimentazione energetica degli edifici, nel rispetto delle normative vigenti in materia di contenimento energetico. 4.2.2. Tutela degli edifici e dei tessuti storici La tutela del paesaggio urbano si articola in due linee d’azione complementari che riguardano, una la salvaguardia dei monumenti e dei complessi architettonici di alto valore artistico e documentale, l’altra la salvaguardia diffusa dei tessuti urbani storici, cioè delle trame di edifici, strade e cortili che costituiscono l’antica struttura della città. Entrambe le forme di salvaguardia sono accompagnate, in genere, da misure che consentano un uso compatibile, incoraggino il mantenimento delle funzioni originarie ivi presenti e, ove questo non sia possibile, promuovano l’insediamento di nuove funzioni adeguate e qualificanti. Il legame tra la salvaguardia e il riutilizzo dei monumenti e dei tessuti urbani è evidente: non può sussistere la tutela se non accompagnata da valide opzioni di riuso. Il riuso rappresenta, infatti, la finalità concreta e la fonte di remunerazione economica cui tendono, in via naturale, gli sforzi di conservazione e di ripristino degli edifici e dei tessuti. Per considerare le complesse relazioni tra tutela e riuso adeguato e remunerativo dei beni storici, nella più recente pratica pianificatoria si tende a superare il concetto tradizionale di salvaguardia, intesa come insieme di norme tese ad impedire interventi edilizi inappropriati o potenzialmente dannosi dell’autenticità storica, tipologica o artistica dei manufatti edilizi. Nei piani urbanistici recenti la salvaguardia viene associata alla promozione, attraverso norme urbanistiche che, da un lato inibiscono interventi inopportuni o dannosi sugli edifici e sui tessuti urbani di interesse storico– documentale mediante dettagliate indicazioni sulle soluzioni tipologiche e progettuali da adottare, dall’altro incentivano il recupero mediante la previsione di nuove funzioni 84 urbane che, in linea con la tradizione locale, consentano la piena valorizzazione dei beni oggetto di tutela e offrano una giusta remunerazione agli operatori immobiliari. In linea con questo modello, il piano di Busto Arsizio intende tutelare gli edifici e i tessuti urbani di interesse storico-documentale e, nel contempo, promuoverne il recupero mediante un’opportuna scelta delle funzioni insediabili. Si ritiene, infatti, che questa sia la via più efficace per garantire la conservazione, la riqualificazione e la rivitalizzazione delle parti di interesse storico della città e la sopravvivenza di funzioni tipiche e qualificanti, che contribuiscono a mantenere l’autenticità del tessuto storico. Per quanto attiene al regime di tutela, il piano suddivide il centro abitato in tessuti urbani con diversa connotazione storica, tipologica, paesaggistica e funzionale. Per ogni tessuto il piano fornisce una normativa specifica che mira a tutelare gli edifici, a garantire un loro uso compatibile e qualificante, a salvaguardare – ove possibile - la sussistenza delle funzioni originarie. Gli edifici a carattere monumentale sono sottoposti ad ulteriori norme di salvaguardia, graduate in relazione al loro valore storico–artistico e alle loro specificità.26 In questa cornice si inseriscono forme di promozione che orientano gli interventi al perseguimento di obiettivi ottimali di recupero edilizio, che possono essere: a) di carattere funzionale: mantenere o ripristinare le funzioni abitative e le attività economiche tradizionali presenti nel centro storico nell’ambito di una corretta remunerazione economica degli interventi edilizi; destinare all’edilizia convenzionata o sociale una parte degli alloggi degli edifici restaurati o ristrutturati; realizzare o favorire la realizzazione di interventi di edilizia residenziale privata e pubblica nei centri storici; realizzare residenze speciali, anche di carattere socio – assistenziale, in complessi rurali o in altri fabbricati che si prestano a queste forme di utilizzo; b) di carattere costruttivo: orientare il recupero degli edifici storici al restauro conservativo o al ripristino filologico delle architetture, delle tipologie edilizie e dei materiali tradizionali; prevedere la conservazione o l’ integrazione di opere e di finiture superficiali degli edifici antichi mediante adeguate tecniche di restauro; perseguire il contenimento dei consumi energetici oltre i limiti di legge, realizzare impianti per l’utilizzo a livello domestico di fonti rinnovabili di energia, provvedere al restauro e alla manutenzione di un’opera pubblica o di un ambiente urbano esistente nei centri storici (ad esempio, una cappella, un vicolo, un cortile ecc.). Il piano delle regole specifica tali obiettivi e, se del caso, li associa ad incentivi economici a favore dei soggetti attuatori degli interventi. Gli incentivi possono essere quantificati anche in termini di capacità edificatoria aggiuntiva in applicazione del principio di incentivazione urbanistica sancito dalla L.R. n° 12/2005. Saranno apposite convenzioni a statuire, nel rispetto della legislazione sui contratti pubblici e della normative di settore, gli obblighi finanziari, realizzativi e gli incentivi connessi a questo tipo di interventi. 26 La normativa di tutela è strutturata secondo gli schemi tipici della pianificazione urbanistica. Ha natura regolativa. Definisce, cioè, i limiti progettuali e realizzativi degli interventi edilizi, oltre i quali gli stessi possono produrre effetti negativi, pregiudicare, cancellare o contraffare la veridicità storica dei manufatti edilizi e dei loro contesti. 85 4.2.3. Recupero e riqualificazione dei tessuti urbani consolidati Il processo di formazione della città è strettamente legato alla stratificazione, il patrimonio edilizio e le diverse testimonianze che la città ha preservato del suo passato, sono il risultato di una continua evoluzione degli edifici in relazione alle mutazioni delle esigenze funzionali, dei sistemi urbani e dell’estetica formale. La riqualificazione del tessuto urbano esistente, l’utilizzo ottimale delle risorse territoriali, la conseguente minimizzazione di consumo di suolo libero, costituiscono obiettivi primari di carattere qualitativo del PGT da perseguire con determinazione e massima attenzione possibile. Nell’individuazione degli obiettivi quantitativi del Piano, risulta nevralgico consentire la possibilità di interessare al meglio, parti di città o di territorio urbano caratterizzate da abbandono o degrado urbanistico, da sottoutilizzo insediativo o da aree dismesse. Queste situazioni devono essere considerate non come esternalità negative, ma come importanti occasioni e risorse territoriali da valorizzare, verificandone potenzialità latenti o residue. La logica di utilizzo ottimale delle risorse territoriali deve andare di pari passo con la ridefinizione dell’assetto viabilistico e del sistema della mobilità, nonché con la distribuzione dei servizi pubblici e di interesse pubblico, il loro potenziamento ed il loro miglior utilizzo a favore della collettività locale e sovralocale. La rigenerazione dei tessuti urbani passa attraverso interventi strategici di trasformazione, con la necessità di qualificarli architettonicamente e funzionalmente. In particolare il patrimonio edilizio legato alla prima industrializzazione, ha subito nel corso degli anni continue modificazioni in relazione ai mutamenti delle tecniche produttive e al progressivo riuso per attività non industriali. Le aree residuali di tale tessuto produttivo sono quindi il risultato di una continua stratificazione che ne conferisce un valore testimoniale del dinamismo socio-economico di Busto. Il patrimonio edilizio di matrice produttiva, oggi spesso dismesso e frazionato per ospitare piccole attività artigianali, rappresenta un’opportunità di ridefinizione delle funzioni tramite la rifunzionalizzazione a favore di nuove tipologie di destinazioni compatibili con il sistema ambientale. In particolare le strutture, grazie alla caratteristica tipologia modulare risultano fortemente flessibili in relazione alle diverse esigenze. La riconversione di tali organismi edilizi, oltre a preservare la stratificazione della storia locale, fornisce l’opportunità di reinventare nuovi spazi e nuove funzioni. Tale opportunità diventa strategica anche in relazione ai nuovi format che il Piano promuove e la reinterpretazione delle tipologie diventa così un’azione di tutela della memoria storica locale. 4.2.4. Promozione del mix funzionale, dell’identità e della sicurezza urbana Come già anticipato, anche e soprattutto in occasione degli importanti episodi di trasformazione e rigenerazione urbana, appare fondamentale la scelta di perseguire il mix e la ricchezza funzionale, l’identità ed il senso di appartenenza, la sicurezza. Il recupero di un’identità locale passa attraverso un’azione di promozione delle risorse esistenti e potenziali di una collettività e caratterizzanti gli ambiti urbani, dal punto di vista insediativo, paesistico e ambientale, storico ed architettonico, economico e sociale. 86 Da perseguire, per garantire una migliore qualità della vita urbana in tutti i quartieri di Busto Arsizio, il potenziamento del livello di fruibilità e vivibilità degli spazi aperti, in particolare quelli pubblici, con l’obiettivo dichiarato di una città più aperta e più sicura non solo per gli abitanti residenti, ma anche per i city-users (lavoratori, studenti, ecc.) e, più in generale, per il territorio dell’area Malpensa, all’interno del quale Busto Arsizio costituisce polo di riferimento. Si può influire sulla percezione di sicurezza e sulla sicurezza effettiva, rafforzando l’identificazione con i luoghi ed il senso di appartenenza in modo tale che gli abitanti rispettino, controllino e difendano i luoghi che sentono propri. Si ottiene sicurezza attraverso la vitalità dei luoghi, poiché la frequentazione degli spazi pubblici produce sorveglianza naturale e continua: il Piano si propone di assegnare ad ogni quartiere progettualità ed interventi in grado di garantire adeguate dotazioni di spazi e servizi pubblici, ma soprattutto rinnovo e rigenerazione del tessuto urbano. Tra tutti gli interventi trasformativi spiccano per dimensione, strategicità e rilevanza, il progetto di trasformazione e riqualificazione urbanistica ed ambientale delle aree lungo l’asse urbano di collegamento tra centro storico di Busto Arsizio e Borsano (Ambito di collegamento Busto-Borsano – Ambito 2), delle aree attorno alla stazione delle Ferrovie Nord Milano (Ambito della stazione FNM - Ambito 3) e, seppure in misura minore, delle aree attorno alla linea ferroviaria RFI (Ambito delle stazioni FS – Ambito 5). 4.2.5. Contestualizzazione, compatibilità morfologica e tipologica delle proposte di trasformazione L’attenzione generalizzata al territorio libero ed agli spazi aperti, da valorizzare o da interconnettere, trascina con sé come conseguenza l’attenzione per quei possibili ambiti da destinare, per converso, alle necessarie trasformazioni e/o completamenti urbanistici. L’obiettivo può essere quello di puntare a ricucire una fisionomia per le situazioni sfrangiate o prive di una propria identità dal punto di vista urbanistico, a coprire le porosità, per ricomporre un disegno urbano e magari per definire linee d’arrivo dell’edificazione, confini edificati che contribuiscono all’unitarietà in negativo degli spazi aperti e dei vuoti, spesso privi di una loro precisa connotazione e significatività. Si cercherà di verificare sempre la coerenza, non solo qualitativa, ma anche morfologica ed ambientale degli interventi previsti, con l’organizzazione urbana, complessiva e di quartiere. Gli interventi trasformativi previsti possono e debbono divenire episodi chiave del processo di riorganizzazione urbana che interessano l’intero tessuto urbano. Gli interventi proposti dal Piano, a parte le aree di trasformazione interessate dai progetti strategici che si propongono la riorganizzazione dei sistemi urbani con la creazione di grandi centralità pubbliche e private che puntano alla riattivazione delle diverse componenti della città e alla strutturazione di una rete di qualità di valenza ecologica ed ambientale, dovranno innestare processi di riqualificazione diffusa e, in generale, costituire azioni di tipo integrativo, in ambiti dove l’intervento può essere l’opportunità per un riordino urbanistico, accompagnato, ove necessario, dai doverosi ed opportuni miglioramenti del sistema della mobilità e dei servizi. Vedere la città come “sistema ambientale” richiama la novità del pensare alla disciplina urbanistica non più legata al disporre gruppi di edifici in modo più o meno armonioso 87 sul suolo della città, ma considerare l’ambiente (sistema territoriale ambientale) come insieme di tutti quei sottosistemi che lo compongono e che sono tra loro interdipendenti. E’ fondamentale, in quest’ottica, la specifica attenzione agli spazi aperti, pubblici e privati, contesto e luogo privilegiato, destinati forse ancor più degli edifici a caratterizzare i diversi ambiti urbani ed i quartieri, con indicazioni che prevedono uno studio dettagliato, intervento per intervento, degli elementi che concorrono a definire e a caratterizzare lo spazio urbano. 4.2.6. Qualità e progetto Il tema della qualità urbana riguarda oggi più che mai il dibattito in corso. Il tema è affrontato nel Piano attraverso i contenuti e gli elementi di carattere progettuale: infatti, il progetto non garantisce la qualità, ma ne costituisce una premessa necessaria. I requisiti che possono essere trasferiti nelle norme di attuazione sono assai limitati, tuttavia si tratta di collaborare all’efficacia del progetto per fornire ulteriori garanzie. Non è la qualità architettonica che può essere oggetto del piano, perché questa sfugge a qualunque tentativo “normativo”, ma la qualità urbanistica, che è certo più definibile. Lo è in termini “prestazionali”, e cioè di rispondenza a requisiti di comfort di uso dello spazio, di psicologia dello spazio, di attenzione alla diversificazione dell’utenza (bambini, anziani, donne, ecc.) e di attenzione alla fruizione (lo spazio per il pedone, quello per le biciclette, quello per le auto), anche per quanto concerne il “disegno” degli “arredi” (illuminazione, marciapiedi, lastricati, panchine,e cc.), nonché attenzione agli aspetti sensoriali (vista, udito, olfatto e tatto) nella configurazione degli stessi. In primo luogo, ciò che nessun progetto, per straordinario che sia, può garantire: la coerenza d’insieme dei progetti nel Piano. Il “richiamo” cioè da un progetto all’altro all’interno del sistema urbano di elementi riconoscibili: un allineamento al quale corrisponde un altro allineamento in un altro progetto, la consistenza e la qualità delle aree di interesse pubblico, la garanzia di continuità di un corridoio verde, la riconoscibilità di segni che si ripetono nei diversi progetti e che li legano fra loro. Tuttavia, la chiave del problema consiste nel rendere esplicite le scelte del progetto, al punto che le motivazioni dichiarate delle scelte progettuali sono considerate prescrittive, lasciando libertà interpretativa ai progettisti che dovranno utilizzare il progetto per adattarlo alle esigenze che in quel determinato momento, ed in quel determinato luogo, potranno emergere. In sostanza, le intenzioni progettuali per la città che legano i diversi progettisti fra loro non possono venire ignorate. Ma oltre a queste, vi sono tutte le componenti “prestazionali” di cui si è detto che dovranno a loro volta essere garantite: le une e le altre costituiscono una base della qualità che qualunque progetto di architettura dovrà assicurare. La definizione di una qualità urbanistica passa dunque attraverso due componenti non rinunciabili: o la coerenza d’insieme dei diversi progetti strategici e di riqualificazione sparsi nel tessuto urbano, ma il cui “richiamo” a caratteristiche e a regole comuni costituisce il legame e la riconoscibilità; o prestazioni e requisiti base del progetto ne rappresentano gli ingredienti essenziali e non rinunciabili e la loro traduzione “normativa” dipende da fattori 88 “oggettivi” di qualità, di comfort e di efficienza, ma anche da fattori “soggettivi” che dipendono dal progettista del Piano e che, alla fin fine, rappresentano lo “stile” del Piano. La qualità architettonica, tecnologica e funzionale, riassumibile nel concetto di “qualità urbana”, deve essere perseguita agendo sulle sue principali leve: l’impianto urbanistico, il profilo architettonico, gli spazi aperti e le loro connessioni, l’arredo urbano, le visuali paesaggistiche e storiche, il sistema viabilistico ed infrastrutturale. Occorre promuovere iniziative di rinnovo urbano, capaci di rigenerare i tessuti urbani mal progettati, con l’obiettivo di realizzare nuovi luoghi urbani dove la qualità dell’abitare e del vivere sia garantita dalla qualità degli edifici e delle opere e dalla decisa attenzione all’ambiente. La qualità degli interventi dovrà poggiarsi e consolidarsi poi su una politica spinta verso l’adozione di tecniche costruttive a basso consumo energetico e finalizzate al risparmio ambientale, inserendo una serie di criteri e modalità costruttive che puntano in maniera decisa ad una architettura bio-compatibile e bio-sostenibile, per riqualificare e rinnovare il patrimonio edilizio esistente e per costruire nuovi edifici meno energivori e più attenti al consumo delle risorse. 89 5. ASSETTI DELLA CITTA’ CONSOLIDATA 5.1. Impostazione e articolazione dell’impianto normativo Le norme del Piano delle Regole sono suddivise in cinque parti: Titolo I. Disposizioni generali, definisce obiettivi, effetti e validità, elaborati costitutivi, definizioni, indici, parametri, distanze e destinazioni d’uso; Titolo II. Attuazione del Piano delle Regole, individua gli strumenti per l’attuazione degli interventi e per situazioni particolari (parcheggi, cambi di destinazione d’suo, sottotetti); Titolo III. Azzonamento del Piano, classifica il territorio e fornisce le relative prescrizioni per i nuclei di antica formazione, per gli ambiti del tessuto consolidato, per le zone agricole e ambientali, per le aree speciali, vincolate e di rispetto; Titolo IV. Piano Paesaggistico Comunale, definisce ambiti ed elementi di rilevanza ambientale e paesaggistica, individuando le relative norme; Titolo V. Norme per il commercio, definisce norme specifiche in materia rispetto alle tipologie di strutture commerciali ed alla loro localizzazione sul territorio comunale. Costituiscono integrazione alle norme, i seguenti allegati: Allegato 1. Tabella piani attuativi approvati e stipulati non realizzati, ricadenti in ambiti A1, A2 e A3 del PGT Allegato 2. Tabella piani attuativi approvati e stipulati non realizzati, ricadenti in ambiti B, C o in aree di trasformazione del PGT Allegato 3. Scheda degli ambiti di riorganizzazione della città esistente. Da segnalare l’articolo 6 che disciplina le destinazioni d’uso, definite nei diversi usi e rispetto all’utilizzo nel tessuto consolidato, in una tabella di sintesi che definisce, per ciascuna zona di classificazione del territorio, le destinazioni d’uso ammesse e quelle non ammesse. L’argomento viene poi affrontato in modo specifico all’interno del Titolo III – Azzonamento del Piano, dove per ciascuna delle zone e/o ambiti in cui è suddiviso il territorio comunale, vengono individuate la destinazione principale, la destinazione secondaria e, di conseguenza quelle non consentite. L’articolo 10 disciplina in modo innovativo la dotazione dei parcheggi privati pertinenziali che vengono determinati in relazione alla destinazione d’uso, considerando l’apporto di due elementi: gli abitanti e/o addetti e gli utenti e/o visitatori specificati per le diverse destinazioni funzionali previsti dal piano, che concorrono alla determinazione della superficie minima di parcheggi privati pertinenziali che deve essere realizzata per ogni intervento di nuova costruzione, di demolizione e ricostruzione e di cambio di destinazione d’uso, oltre a tutti gli interventi interessati da pianificazione attuativa. Sempre all’interno del medesimo articolo, è stata inserita una norma che prevede anche una dotazione minima di spazi per il deposito delle biciclette, da rispettare in ogni intervento di nuova costruzione e per le destinazioni residenziali, commerciali e terziarie/direzionali. 90 L’articolo 12 disciplina l’esclusione delle parti di territorio per l’applicazione delle norme in materia di sottotetti, in attuazione delle indicazioni previste dalla Legge Regionale n° 12/2005 e successive modifiche ed integrazioni. Infine, si evidenzia come all’interno del Titolo III – Azzonamento del Piano, per quanto riguarda le modalità di intervento è stata inserita una tabella di correlazione tra il parametro dimensionale di riferimento e lo strumento di attuazione: nei nuclei di antica formazione per una superficie lorda di pavimento fino a 500 mq è previsto il permesso di costruire o titolo equipollente, per interventi fino a 1.500 mq di Slp è previsto il permesso di costruire convenzionato/atto d’obbligo e per interventi oltre 1.500 mq di Slp è previsto il piano attuativo; negli ambiti della città consolidata per una superficie territoriale fino a 1.500 mq è previsto il titolo abilitativo semplice, per interventi fino a 3.500 mq di superficie territoriale è previsto il permesso di costruire convenzionato/Atto d’obbligo con la monetizzazione delle aree di interesse pubblico, per interventi fino a 5.000 mq è previsto il permesso di costruire convenzionato/Atto d’obbligo con la monetizzazione o la cessione all’interno del perimetro delle aree di interesse pubblico e per interventi oltre 5.000 mq è previsto il piano attuativo con la cessione delle aree di interesse pubblico all’interno del perimetro. Questa suddivisione consente di utilizzare il fabbisogno indotto dall’intervento di aree di interesse pubblico, quale strumento per dimensionare correttamente la capacità edificatoria degli interventi soggetti a pianificazione attuativa: la necessità di individuare e cedere aree pubbliche all’interno del perimetro, consentirà quindi occasione per ridurre la capacità insediativa dell’intervento. 5.2. Assetto della città storica Il Titolo IIIA (Nuclei di antica formazione) delle norme di attuazione del Piano delle Regole, disciplina gli obiettivi e le finalità degli interventi nei nuclei di antica formazione di Busto Arsizio, Sacconago e Borsano e negli edifici di valore storicoarchitettonico, culturale e testimoniale, nonché degli edifici rurali di interesse storico. A differenza della città consolidata, per l’assetto della città storica si procederà nella definizione delle norme in maniera puntuale, per categorie e non per tessuti, in modo da sottolineare ogni singola emergenza. Il tessuto storico è caratterizzato principalmente dalla presenza di una cortina continua su filo strada, formata da edifici singoli o agglomerati modo da creare delle corti, di altezza variabile fra 2-4 piani fuori terra, cui si aggiunge la presenza, in alcuni casi anche importante, di aree a verde privato e verde pubblico. Le caratteristiche urbanistiche ed architettoniche di alcuni degli edifici fanno si che vi sia in tutto il tessuto storico un certo interesse storico-ambientale, ma è anche possibile notare la presenza di alcune sostituzioni edilizie avvenute sia negli anni 50-60, sia più recentemente. La qualità degli edifici si presenta generalmente buona, conferendo al tessuto un aspetto ordinato ed omogeneo27. 27 Per un approfondimento si rimanda ai capitoli precedenti. 91 Per tali città il PGT individua specifiche politiche mirate, da un lato alla tutela, alla salvaguardia e alla valorizzazione dei caratteri di valore storico e testimoniale, dall’altro alla ridefinizione del ruolo urbano e territoriale dei tessuti che la compongono, con azioni puntuali indirizzate alla rivitalizzazione e al rilancio delle attività presenti, soprattutto in relazione al ruolo di attrattività e di promozione, che le città storiche devono avere all’interno della città contemporanea. In questa logica l’attuazione degli interventi dovrà fare i conti con i processi che hanno interessato non solo la formazione sociale locale, ma anche con l’utilizzo del patrimonio edilizio, rispetto al quale si dovranno considerare alterazioni tipologiche e superfetazioni, attuate in nome dell’adeguamento funzionale, che hanno rimodellato, anche in modo improprio. Le norme del Piano delle Regole, all’interno del Titolo IIIA – Nuclei di antica formazione, dall’articolo 14 all’articolo 22, elaborato C.13 – Norme, forniscono obiettivi e finalità di carattere generale da raggiungere con gli interventi da eseguire nei nuclei di antica formazione, classificati secondo le seguenti tipologie: Nucleo di antica formazione di Busto Arsizio – A1 Nucleo di antica formazione di Sacconago (A2) Nucleo di antica formazione di Borsano (A3) Cascine, nuclei rurali, ambiti ed edifici di interesse storico, architettonico e ambientale (A4). Per quanto riguarda gli edifici all’interno di questi nuclei, sulla base del valore architettonico e/o storico testimoniale, sono classificati secondo le seguenti classi: - edifici in classe “T1” vincolati e di pregio storico-architettonico e ambientale, per tali edifici sono consentiti interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, restauro e risanamento conservativo, consolidamento e demolizione delle superfetazioni. Ai fini dell’individuazione di coerenti e corrette modalità di intervento, sono individuate le seguenti tipologie di edifici: - edifici religiosi - ville e palazzi storici con giardino - edifici di civile abitazione - edifici o parti di edifici di archeologia industriale - edifici pubblici e di uso pubblico - cascine e nuclei rurali. Per ciascuno di questi edifici, localizzati all’interno e all’esterno dei nuclei di antica formazione, è stata predisposta una scheda, che costituisce parte integrante delle norme di attuazione28. 28 - edifici in classe “T2” edifici civili tradizionali, interessanti singolarmente per il rapporto con l’ambiente e con il tessuto urbano storico. Per tali edifici sono consentiti tutti gli interventi, compresa la nuova costruzione, limitata ad ampliamenti di edifici esistenti oppure alla sostituzione edilizia, ad esclusione della completa demolizione e ricostruzione. - edifici in classe “T3” comprende edifici di recente costruzione, privi di valore storico-ambientale, che quindi si ritengono riprogettabili e relativi edifici di Vedi paragrafo 3.3. della presente relazione. 92 servizio, per tali edifici sono consentiti tutti gli interventi, compresa la nuova costruzione limitata all’ampliamento di edifici esistenti, previa verifica dell’opportunità di demolizione e ricostruzione. Le Tavole C.06.1/3 - Nuclei di antica formazione - Modalità di intervento, una per ciascuno dei centri storici di Busto Arsizio, Sacconago e Borsano, rimandando alla normativa del Piano delle Regole l’indicazione puntuale di intervento, definisce, per ogni singolo edificio, le modalità e le forme di intervento, individuando, per gli edifici di tipo “T1”, “T2” e “T3”, le seguenti modalità di intervento: Restauro – Rs Risanamento conservativo – Rc Ristrutturazione edilizia parziale – Rp Ristrutturazione edilizia – Re Demolizione e ricostruzione – Dr. Le tavole dei centri storici individuano anche gli edifici demoliti, gli edifici inseriti all’interno di Piani di Recupero in fase di attuazione e i portici esistenti; vengono anche individuati i piani attuativi approvati e non stipulati e i piani attuativi approvati e stipulati prima dell’adozione del PGT. In tutti questi casi, valgono i contenuti degli strumenti attuativi e delle convenzioni urbanistiche approvate dal Consiglio Comunale. Integrano la parte normativa relativa ai criteri e modalità di intervento, l’articolo 21 che fornisce indicazioni e prescrizioni di carattere generale per gli interventi sugli edifici e l’articolo 22 fornisce indicazioni relative alle modalità di interventi negli spazi non edificati pubblici e privati. Tale articolo normativo costituisce approfondimento dei contenuti delle Tavole C.05.1/3 – Nuclei di antica formazione – Tipologia degli spazi non edificati. Per ciascuno dei tre centri storici, dopo aver classificato, in relazione alla morfologia ed alle caratteristiche, gli spazi aperti (verde pubblico e verde privato, spazi pubblici attrezzati e parcheggi a raso), le tavole definiscono criteri e modalità di intervento sulle aree libere e sugli spazi pubblici: per quanto riguarda il verde pubblico, viene individuato quello da conservare e tutelare, quello da valorizzare, migliorare e rinnovare; per quanto riguarda gli spazi pubblici, vengono individuati quelli da mantenere e conservare, quelli da valorizzare, attrezzare e rinnovare, quelli da riprogettare attraverso interventi di riqualificazione urbanistica e ambientale. Le tavole contengono altri tematismi fondamentali per attivare politiche di riqualificazione, riorganizzazione e rigenerazione dei centri storici relativi ai cortili da valorizzare nell’utilizzo pedonale, ai percorsi pedonali da valorizzare, ai fronti con possibilità di inserimento di destinazioni non residenziali, all’interno di assi viari che vedono la presenza di attività commerciali dove privilegiare la pedonalità e le relazioni sociali. Le norme contengono indicazioni rispetto alle destinazioni d’uso ed alle modalità di intervento. Nel primo caso, data la prevalente vocazione residenziale, all’interno dei centri storici della città, sono ammessi tutti gli usi compatibili (usi secondari) con la funzione abitativa, funzioni terziarie e direzionali (banche, finanziarie, assicurazioni e agenzie, studi professionali e centri ricerca), paracommerciali e commerciali diffuse di 93 piccola e media dimensione, oltre alle funzioni ricettive e alberghiere, con le seguenti limitazioni: in edifici con destinazione d’uso prevalentemente residenziale, le destinazioni secondarie sono previste in quota massima pari al 40% della Slp complessiva dell’edificio e limitate ai primi due piani fuori terra; in quota pari al 100% della Slp dell’edificio per quanto riguarda le destinazioni secondarie. Come ulteriore prescrizione, finalizzata a garantire la presenza di attività commerciali, terziarie e di servizi, ai piani terra degli edifici esistenti, è escluso l’insediamento di funzioni residenziali, se non preesistenti alla data di adozione del PGT. Per quanto riguarda le modalità di intervento, ricordando che tutti i nuclei di antica formazione sono considerati “Zona di Recupero” ai sensi e per gli effetti degli articoli 27 e 28 della legge n° 457/78. In ogni caso, viene comunque lasciata la facoltà all’Amministrazione Comunale di individuare, durante la fase di attuazione del Piano, altri comparti di recupero da sottoporre a pianificazione attuativa, sulla base di ulteriori studi ed analisi di approfondimento, oppure di proposte che potranno essere formulate da singoli proprietari. 5.3. Cascine e nuclei rurali All’interno degli ambiti e delle aree di interesse storico, architettonico ed ambientale – A4, il piano riconosce e classifica anche i nuclei, i complessi e gli edifici con origine legata all’attività agricola ed oggi, in parte o in toto, non più destinati all’utilizzo per l’attività agricola. Tali edifici sono riconosciuti come elementi di valore testimoniale, storico e culturale. Le finalità degli interventi consentiti sono mirati al mantenimento ed alla salvaguardia dei caratteri tipologici, architettonici e morfologici dei fabbricati edilizi, e in particolare del rapporto fra singolo edificio e spazio libero circostante, consentendo un utilizzo diverso da quello originario, ma comunque compatibile con la tipologia e con l’assetto planimetrico degli edifici esistenti. Pertanto, le modalità di intervento sono orientate a garantire la conservazione e la valorizzazione delle caratteristiche morfologiche e tipologiche degli edifici esistenti e le destinazioni d’uso consentite sono finalizzate a garantire un utilizzo, consentendo l’insediamento di una vasta gamma di funzioni, simile a quella prevista per il tessuto urbano consolidato. Per queste ragioni, le schede redatte per le cascine di valore storico ed architettonico, prevedono le seguenti modalità di intervento: per la maggior parte dei complessi rurali, sono previsti interventi di ristrutturazione edilizia degli edifici e dei relativi spazi aperti attraverso anche un’eventuale diversa articolazione distributiva, che possa prevedere trasformazioni della struttura originaria, nel rispetto dell’impianto planimetrico e della volumetria esistente, in coerenza con gli edifici esistenti per quanto attiene le caratteristiche morfo-tipologiche. Particolare attenzione alla conservazione, tutela e valorizzazione degli spazi aperti di pertinenza, che dovranno essere trattati con materiali idonei e coerenti a quelli degli edifici esistenti; 94 per le cascine riconosciute come elementi di maggior valore storico ed architettonico ad impianto unitario ancora leggibile e riconoscibile, quali cascina Brughetto, cascina Favana, cascina Cascinetta, cascina Ama la Vita, cascina del Lupo e cascina dei Pastori, sono previsti interventi di ristrutturazione edilizia parziale e di ristrutturazione edilizia, ovvero interventi finalizzati al recupero, ristrutturazione e riutilizzo del complesso rurale e dei relativi spazi aperti e, nel caso di complessi allo stato attuale non utilizzati, mediante interventi complessi da assoggettare a strumento urbanistico attuativo. Nel rispetto dell’assetto planimetrico e della volumetria esistente, nonché in coerenza con gli edifici esistenti per quanto attiene le caratteristiche morfo-tipologiche, potranno essere previsti interventi di ristrutturazione edilizia (prevedendo anche una diversa articolazione distributiva e limitate trasformazioni della struttura originaria) e di ristrutturazione edilizia parziale. Particolare attenzione dovrà essere rivolta alla conservazione, alla tutela e alla valorizzazione degli spazi aperti di pertinenza privilegiandone un utilizzo fruitivo e relazionale, nel rispetto del contesto circostante costituito da aree non edificate; per la cascina Burattana sono consentiti interventi di risanamento conservativo (ovvero interventi finalizzati al recupero dell’abitabilità con ripristino igienicosanitario, statico e funzionale, anche attraverso l’inserimento di elementi accessori e impianti richiesti dall’uso previsto, senza aumento di volume e rispettando il sistema strutturale e gli elementi tecno-morfologici caratterizzanti) e di ristrutturazione edilizia parziale (ovvero interventi edilizi conservativi finalizzati alla ristrutturazione degli edifici e degli spazi aperti, che non prevedano la possibilità di demolizione e ricostruzione dell’edificio o di sue parti e/o trasformazioni della struttura esterna che risultino modificare l’involucro e le sue caratteristiche morfo-tipologiche); per la Cascina dei Poveri, trattandosi di complesso vincolato, ai sensi del D.Lgs. n° 42/2004 sono consentiti interventi di restauro (ovvero opere atte a garantire l’integrità materiale, la funzionalità e la protezione dei valori culturali, la conservazione, il recupero e la trasmissione degli elementi artistici, storici e documentari significativi dell’edificio, dei suoi spazi pertinenziali (aperti e non) e degli edifici minori), di risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia parziale, in funzione delle caratteristiche morfologiche e tipologiche dei singoli edifici che compongono i due complessi rurali. Gli interventi, nel rispetto dei caratteri morfologici e tipologici degli edifici esistenti, dell’impianto planimetrico e della volumetria esistente, sono consentiti attraverso strumenti urbanistici attuativi. Il progetto dovrà essere rivolto alla conservazione, alla tutela e alla valorizzazione degli spazi di pertinenza, privilegiandone un utilizzo fruitivo, sociale e di relazioni, nonché alla valorizzazione e tutela della funzione ecologica e ambientale, delle aree verdi che circondano gli edifici. Per quanto riguarda le destinazioni funzionali sono ammesse come destinazione principale la residenza, come destinazioni secondarie sono previsti una serie di usi compatibili (usi secondari) con la funzione abitativa, quali le funzioni terziarie e direzionali, paracommerciali e commerciali diffuse di piccola dimensione, oltre alle funzioni ricettive e alberghiere, alle attività per il tempo libero e per la cura del corpo, con le seguenti limitazioni: 95 in edifici con destinazione d’uso prevalentemente residenziale, le destinazioni secondarie sono previste in quota massima pari al 40% della Slp complessiva dell’edificio e limitate ai primi due piani fuori terra; in quota pari al 100% della Slp dell’edificio per quanto riguarda le destinazioni secondarie. Si precisa che nel caso di edifici con destinazione principale diversa dalla residenziale, sono consentite tutte le destinazioni principali e secondarie elencate nell’articolo 18 delle norme del Piano delle Regole. 5.4. Ambiti di riorganizzazione della città esistente Il Piano delle Regole individua cinque ambiti di riorganizzazione della città esistente: due collocati all’interno del nucleo di antica formazione di Busto Arsizio, ambito Piazza Venzaghi e ambito San Michele, e tre all’interno del tessuto consolidato, adiacenti ai nuclei di antica formazione di Busto Arsizio e di Borsano, ambito ex-calzaturificio Borri, ambito via Buonarroti/via Mameli e ambito ex-SALT di Borsano. Si tratta di ambiti sottoutilizzati e che, per potenzialità, possono rappresentare il motore per il potenziamento e la riorganizzazione urbanistica, ambientale e funzionale dei sistemi centrali. L’articolo 23 delle norme del Piano delle Regole ha definito gli obiettivi specifici e le modalità di attuazione previste attraverso interventi di pianificazione attuativa di iniziativa pubblica e privata, finalizzata a creare sinergie tra i diversi obiettivi e soggetti attuatori, che tengano in considerazione la specificità dei luoghi. All’interno di questi ambiti saranno consentiti interventi da parte di singoli proprietari solo attraverso la procedura di negoziazione prevista dal Documento di Piano. L’Amministrazione Comunale potrà valutare l’opportunità di redigere specifici Piano di Inquadramento d’Ambito al fine di restituire un progetto unitario dei singoli ambiti attuabili per fasi, riconoscendo comunque il raggiungimento di obiettivi principali ad ogni singolo intervento. All’interno di tale procedura, sarà anche possibile valutare, in relazione ai limiti delle aree di concentrazione volumetrica previste dal Documento di Piano, l’attivazione di meccanismi perequativi finalizzati al trasferimento di quote volumetriche, laddove risultasse strategico per il miglioramento del sistema insediativo e la valorizzazione degli spazi pubblici. Per ciascun ambito sono individuati seguenti obiettivi di riorganizzazione e riqualificazione funzionale: Piazza Venzaghi: ambito di proprietà pubblica e privata, caratterizzato da un sistema di piazza oggi ad uso parcheggio, direttamente collegato con gli assi principali del nucleo centrale. L’intervento si propone una ricucitura funzionale ed urbanistica con il tessuto esistente e con gli edifici di valore storico ed architettonico, fondata sul ruolo strategico da assegnare agli spazi liberi con funzione di aggregazione e di relazione; l’intervento è anche occasione per potenziare l’offerta di parcheggi pubblici interrati a servizio del nucleo centrale. Al fine di rendere sostenibile ed incentivare le trasformazioni, il piano propone di mantenere l’indice territoriale di 1,5 mq/mq, uguale a quello previsto dal PRG e si introduce la possibilità di trasferire una quota minima pari al 50% della superficie lorda di pavimento, all’interno delle diverse aree di concentrazione 96 volumetrica previste dal Documento di Piano, al fine di limitare la densità edilizia del comparto. Tale trasferimento potrà essere definito nelle fasi di negoziazione. Le destinazioni funzionali previste individuano la residenza come destinazione principale, e le destinazioni terziarie/commerciali e direzionali come destinazioni secondarie. Ambito San Michele: si caratterizza per un disegno disomogeneo, con la presenza di ambiti urbanizzati da riqualificare, spazi aperti di risulta privi di disegno e funzioni, cui si aggiungono porzioni di tessuto di recente edificazione. Anche per questo ambito il piano propone una ricucitura funzionale ed urbanistica con il tessuto esistente e con gli edifici di valore storico ed architettonico, fondata sul ruolo strategico da assegnare agli spazi liberi con funzione di aggregazione e di relazione; l’intervento è anche occasione per potenziare l’offerta di parcheggi pubblici interrati a servizio del nucleo centrale. Al fine di rendere sostenibile ed incentivare le trasformazioni, il piano propone di mantenere l’indice territoriale di 1,5 mq/mq, uguale a quello previsto dal PRG, applicato sull’intero comparto che comprende anche un numero significativo di edifici, e si introduce la possibilità di trasferire una quota minima pari al 10% della superficie lorda di pavimento, all’interno delle diverse aree di concentrazione volumetrica previste dal Documento di Piano, al fine di limitare la densità edilizia del comparto. Tale trasferimento potrà essere definito nelle fasi di negoziazione. Le destinazioni funzionali previste individuano la residenza come destinazione principale, e le destinazioni terziarie/commerciali e direzionali come destinazioni secondarie. Ex-calzaturificio Borri: si tratta di un complessi industriale di valore storico, di proprietà pubblica e privata oggi dismesso. Il piano propone l’attuazione di un intervento pubblico-privato, il mantenimento di un unico perimetro, con l’applicazione di un indice territoriale massimo di 0,6 mq/mq. In coerenza con le politiche di valorizzazione delle archeologie industriali, già adottate per le zone C2, è stato inserito un meccanismo premiale per il mantenimento delle strutture esistenti non oggetto di vincolo specifico, come definito all’interno del Piano delle Regole, ovvero, la possibilità di mantenere parte o tutta la volumetria esistente in caso di riuso delle strutture esistenti. Il meccanismo premiale potrà essere applicato anche rispetto alle destinazioni d’uso insediabili, al fine di incentivare le funzioni strategiche per la città. Le destinazioni funzionali previste individuano il terziario/commerciale e direzionale come destinazioni principali, mentre quella residenziale, individuata come secondaria, potrà raggiungere una quota massima del 30% della Slp in progetto. Ambito via Buonarroti/via Mameli: ambito misto produttivo residuale, oggi dismesso, intercluso in un tessuto prevalentemente residenziale che, per la sua localizzazione baricentrica rispetto al nucleo storico e alla stazione RFI, rappresenta un’opportunità di ridisegno del contesto urbano e di definizione di una nuova centralità urbana. L’ambito rappresenta comunque il completamento di un piano attuativo già attuato e, quindi, le modalità sono definite in modo coerente con tali previsioni. Le destinazioni funzionali previste individuano la residenza come destinazione principale, e le destinazioni terziarie/commerciali e direzionali come destinazioni secondarie. Area ex-SALT Borsano: l’ambito oggi dismesso si colloca a nord del tessuto storico di Borsano. L’estensione dell’area e la sua collocazione nel sistema urbano rappresentano un’opportunità di ridisegno dell’intero nucleo centrale di 97 Borsano, con la funzione di ricucire le relazioni ed i rapporti funzionali ed insediativi, in termini di incremento di aree a verde, di spazi a servizi e di relazione a servizio della frazione. L’intervento proposto prevede il mantenimento di un unico perimetro, con un indice territoriale massimo di 0,6 mq/mq. L’indice previsto potrà subire riduzioni rispetto alle destinazioni d’uso insediate, secondo il criterio definito per le aree produttive di matrice storica (C2), ovvero ad ogni destinazione d’uso ammissibile corrisponderà un coefficiente di riduzione dell’indice massimo in relazione al valore strategico delle attività da insediarsi e rispetto alle specifiche esigenze del quartiere. Le aree a servizi, previste in una quota pari al 50% della superficie totale, dovranno svolgere un ruolo di aggregazione e di relazione, oltre ad ospitare funzioni di carattere strategico e di interesse territoriale (istruzione, cultura, esposizioni e tempo libero); tali aree dovranno essere cedute già bonificate nelle prime fasi di attuazione dell’intervento o, in alternativa, entro un arco temporale definito, come precondizione per l’attuazione degli interventi. Le destinazioni funzionali previste individuano la residenza come destinazione principale, e le destinazioni terziarie/commerciali e direzionali come destinazioni secondarie. 5.5. Assetto della città consolidata La città consolidata è innanzitutto il negativo della città storica. Sono i tessuti più recenti, dove i valori in gioco non spingono a necessità di interventi di tutela, ma è necessario creare le condizioni affinchè si possano attuare interventi di riorganizzazione e rinnovo del tessuto edilizio, soprattutto finalizzati a migliorare le prestazioni e il comfort degli edifici esistenti, preservando e valorizzando le caratteristiche morfologiche e tipologiche del tessuto esistente. Tuttavia è riduttivo ritenerla soltanto una parte residuale o meno degna di attenzione. In primo luogo perchè costituisce la maggior parte del tessuto edificato. In secondo luogo, qui si trova la città della produzione, dell’artigianato e di un commercio in parte minuto e legato alle attività di vicinato, fortemente integrate con la funzione residenziale. La città consolidata si definisce tale in quanto il suo assetto ormai è stabile e definito aldilà di ogni valore storico e come la città storica essa porta con sé elementi di valore e di criticità che occorre individuare: per questo il Piano delle regole prevede, in generale, il riammagliamento e la riqualificazione della città residenziale e dei servizi attraverso percorsi privilegiati della mobilità dolce e la riqualificazione dei bordi urbani del territorio urbanizzato, per nuovi servizi e insediamenti di completamento e riuso urbano. Il Piano Regolatore Generale vigente anche in questo caso costituisce la base da cui partire, ma dal momento che la città consolidata è una realtà maggiormente dinamica rispetto alla città storica occorre raccogliere informazioni attraverso rilievi. Lo strato informativo che si costruisce è rilevante in proporzione al grado di copertura del territorio comunale. Il progetto per la città consolidata conclude il processo di analisi e conoscenza del tessuto urbano, ed ha portato ad una classificazione del tessuto consolidato edificato, esterno alle città storiche, così articolata: ambiti prevalentemente residenziali 98 o ambiti residenziali omogenei (B1), porzioni del tessuto urbano omogenei per destinazione, mentre differiscono per densità e tipologia edilizia, in quanto hanno indici di edificabilità differenti (indice territoriale minimo di 0,30 mq/mq e massimo di 0,55 mq/mq. Il Piano si propone di preservare l’omogeneità degli ambiti, evitando trasformazioni in grado di creare interferenze funzionali o di carattere edilizio all’intero sistema consolidato. Questo obiettivo esteso anche agli interventi puntuali; o ambiti residenziali compositi (B2), porzioni del tessuto urbano che risultano omogenei per le destinazioni d’uso presenti, ma che si caratterizzano per eterogeneità di morfologia e tipologie edilizie insediate. Il Piano propone l’obiettivo di attuare interventi organizzati in forma unitaria di riorganizzazione morfo-tipologica, al fine di rendere omogeneo il sistema privilegiando le tipologie edilizie più frequenti; o ambiti residenziali complessi (B3), che risultano allo stato attuale ad alta commistione di destinazioni d’uso e di tipologie edilizie, con la compresenza di destinazioni residenziali, produttive e terziarie che determinano criticità diffuse. Gli interventi edilizi dovranno essere volti al risanamento, alla ricostruzione, al completamento ed alla migliore utilizzazione del patrimonio edilizio ed urbanistico esistente, favorendo il recupero delle aree degradate o degli edifici dismessi ed una evoluzione verso una configurazione omogenea degli isolati; o ambiti residenziali a disegno unitario (B4), si configurano come “quartieri” con una fisionomia urbanistica ed edilizia ben definita, specifica ed unitaria, risultato di una progettazione integrata tra spazi pubblici e spazi privati. Il Piano prevede la possibilità di interventi specifici di riqualificazione, in tutto o in parte, con l’obiettivo di mantenere forma, tipologia, volumetria ed altezza degli edifici privati e degli edifici e spazi pubblici; o ambiti residenziali complessi di matrice storica (B5), si tratta di porzioni del tessuto urbano che hanno subito trasformazioni radicali e sostituzioni diffuse del patrimonio edilizia, ma che preservano, in tutto o in parte, la morfologia originaria. Il Piano prevede la possibilità di interventi volti a restituire un corretto rapporto con il tessuto urbano in cui si inseriscono; o ambiti residenziali di interesse storico e ambientale (B6), collocati a ridosso dei centri storici e comprendono sia aree prevalentemente libere, non edificate e con una presenza qualificante di aree verdi, sia aree edificate che presentano un tessuto misto produttivo/artigianale e residenziale, quale risultato della stratificazione edilizia avvenuta nel corso degli anni. Il Piano, con l’obiettivo di mantenere la caratterizzazione edilizia ed urbanistica attuale, propone interventi di tutela, conservazione e mantenimento delle aree libere nel primo caso e la possibilità di interventi in grado di garantire l’utilizzo del patrimonio esistente nel secondo caso. All’interno dell’ambito è stata individuata una terza categoria di aree, non edificate, che svolgono funzioni ecologiche e ambientali di interruzione della continuità del tessuto 99 urbano: per queste aree il piano prevede la conservazione e il mantenimento;29 ambiti misti prevalentemente terziari e commerciali o zone miste terziario e residenziale (C1), quale risultato di processi di stratificazione edilizia e funzionale che hanno creato un tessuto misto fortemente integrato, con presenza di funzioni residenziali, terziarie e produttive. Le trasformazioni previste dal Piano hanno la finalità di potenziare il sistema urbano cui appartengono, attraverso interventi di ricucitura con il centro storico; o aree produttive di matrice storica (C2)30, caratterizzate dalla presenza densa di organismi edilizi che si differenziano per destinazioni, tipologie, valori storici e architettonici, quale risultato di processi di trasformazione e riutilizzo di tessuto produttivi di matrice storica. Gli interventi previsti dal Piano sono finalizzati al recupero funzionale di una parti di città che sia in grado di completare l’offerta insediativa e di servizi del limitrofo centro storico, nonché alla tutela degli elementi architettonici e tipologici di valore storico e mnemonico; ambiti produttivi o zone produttive (D1), in parte edificate ed in parte in fase di completamento, costituite dall’ambito PIP di Sacconago. Il Piano propone la conferma delle previsioni in fase di attuazione, finalizzate a garantire l’incremento della presenza di attività economiche all’interno del territorio comunale; o zone produttive-commerciali lungo l’asse del Sempione (D2) che si caratterizzano per la presenza di un tessuto a forte vocazione commerciale, terziaria ed espositiva, di livello sovra comunale. Il Piano prevede interventi di riqualificazione, rinnovo, innovazione e rifunzionalizzazione delle aree e degli edifici che si affacciano lungo la strada statale, con l’obiettivo di consolidare la presenza di attività economiche varie e adeguatamente mixate, privilegiando il riutilizzo degli edifici esistenti; o zone produttive di via Cassano Magnago (D3), che si collocano ai margini degli ambiti agricoli nella parte nord del territorio comunale. Anche per queste zone il Piano prevede la possibilità di attuare interventi di riqualificazione, rinnovo e innovazione delle aree e degli edifici che si sviluppano lungo questa arteria viabilistica; o zone per attività all’aperto e al coperto di carcasse di veicoli a motore o simile (D4). Il Piano prevede interventi mediante piano attuativo di iniziativa pubblica orientati a riordinare e razionalizzare la presenza di queste attività, individuando anche interventi di mitigazione della loro presenza. A questi si ambiti si aggiungono le aree per attrezzature di trasporto e deposito ferroviario (G1) che ospitano i terminal di interscambio modale di Sacconago (esistente e di progetto) ed HUPAC. 29 Sono anche state individuati gli ambiti B7, che rappresentano un particolare tessuto della città consolidata, all’interno di ambiti di dimensioni più ampie, con conferma di uso pubblico all’interno del PGT. 30 Per un approfondimento si rimanda al paragrafo successivo. 100 Le norme della città consolidata sono all’interno nel Titolo IIIB e, tra le altre, contengono indicazioni rispetto alle destinazioni d’uso ed alle modalità di intervento. Nel caso delle Zone B, a prevalente destinazione residenziale, sono ammessi tutti gli usi compatibili (usi secondari) con la funzione abitativa, funzioni terziarie e direzionali (banche, finanziarie, assicurazioni e agenzie, studi professionali e centri ricerca), paracommerciali e commerciali diffuse di piccola e media dimensione, oltre alle funzioni ricettive e alberghiere, con le seguenti limitazioni: in edifici con destinazione d’uso prevalentemente residenziale, le destinazioni secondarie sono previste in quota massima pari al 20% della Slp complessiva dell’edificio e limitate ai primi due piani fuori terra; in quota pari al 100% della Slp dell’edificio per quanto riguarda le destinazioni secondarie. Per quanto riguarda le modalità di intervento, sempre nel caso delle Zone B a prevalente destinazione residenziale e nelle Zone miste C1, sono previste le seguenti suddivisioni, in relazione all’estensione dell’ambito di intervento: per una superficie territoriale fino a 1.500 mq, gli interventi avvengono mediante titolo abilitativo semplice o titolo equipollente; per una superficie territoriale compresa tra 1.501 e 3.500 mq, gli interventi avvengono mediante permesso di costruire convenzionato o atto d’obbligo, con la monetizzazione della quota di aree di interesse pubblico indotta dall’intervento; per una superficie territoriale compresa tra 3.501 e 5.000 mq, gli interventi avvengono mediante permesso di costruire convenzionato o atto d’obbligo, con la monetizzazione o la cessione all’interno del perimetro di intervento della quota di aree di interesse pubblico indotta dall’intervento; per una superficie territoriale superiore a 5.000 mq, gli interventi avvengono mediante piano attuativo e la cessione all’interno del perimetro di intervento della quota di aree di interesse pubblico indotta dall’intervento. 5.6. Assetto della città produttiva di matrice storica La storia di Busto Arsizio è legata al sistema industriale a cavallo tra il XIX e XX secolo dell’area dell’Alto Milanese, un sistema dinamico basato su piccole e medie attività produttive che rappresentavano il tessuto economico della città. Lo sviluppo urbano è stato quindi caratterizzato dalla presenza di attività economiche che si sono insediate sul territorio e hanno partecipato in modo attivo al consolidamento della città odierna. Il sistema produttivo ha inciso in modo prorompente sul paesaggio urbano, le diverse attività si caratterizzavano per una morfotipologia ben riconoscibile che faceva da manifesto alla solida economia locale. A seguito delle evoluzione del sistema industriale, il patrimonio edilizio ha subito continue trasformazioni e rigenerazioni finalizzate all'ottimizzazione della produzione e la creazione di sistemi più efficienti. Il dinamismo produttivo ha quindi determinato continue modificazioni dell'involucro edilizio, che pur mantenendo l'assetto originario, si è di volta in volta modificato, assumendo un'immagine differente, risultato di micro trasformazioni e di stratificazioni di diversi interventi. 101 Nell'ultimo ventennio, con il consolidarsi della crisi industriale, gli ambiti produttivi di matrice storica sono stati per lo più dismessi: gli spazi esistenti non risultano più funzionali e spesso sovradimensionati ed inseriti in tessuti urbani che si sono consolidati come residenziali. Il patrimonio edilizio quindi viene dismesso o parcellizzato per ospitare piccole attività artigianali / terziarie, o in alternativa demolito a favore di nuovi edifici residenziali per sopperire alla sempre crescente domanda insediativa. Allo stato di fatto, la maggior parte degli edifici produttivi superstiti sono localizzati nella zona ad ovest del nucleo storico di Busto Arsizio, nella porzione di tessuto delimitata da via Silvio Pellico e via Varese. Tale ambito rappresenta una preziosa risorsa per la città sia per il valore storico che rappresenta, sia per la potenzialità di innestare un processo di riqualificazione di un ambito centrale che possa rafforzare il valore attrattivo del centro di Busto. La residua presenza di tali strutture rappresenta quindi una preziosa testimonianza della stratificazione urbana di Busto e della storia locale, elementi che se preservati sono di fatto un’opportunità per la salvaguardia delle memoria di Busto. Il Piano delle Regole introduce specifiche modalità attuative per la trasformazione dell’ambito, prevedendo misure di tutela del patrimonio di interesse storico residuo e le più idonee destinazioni d’uso al fine di rivitalizzare l’ambito urbano e integrare l’offerta di servizi del centro storico di Busto pur preservando il Landmark storico. L'obiettivo dell'intervento è quindi rivitalizzare l'ambito urbano, favorendo nuove destinazioni d'uso che possano completare l'offerta del centro storico, incentivando quelle attualmente non presenti sul territorio e che per motivi legati alla rendita non possono insediarsi nel nucleo storico. Il Piano introduce un meccanismo premiale che favorisce il recupero della volumetria esistente in relazione alle specifiche proposte progettuali legate alle destinazioni d'uso, seguendo un criterio di priorità legate alle strategie di rilancio e consolidamento del ruolo centrale di Busto nel contesto territoriale. Nella tabella sottoriportata sono elencate le destinazioni d'uso possibili rispetto agli obiettivi di rilancio del comparto. Destinazione funzionale/usi Destinazioni d’uso di valore attrattivo non presenti sul territorio Comunale Valore di riferimento strategico +++ Destinazioni rare (ad esempio gallerie d’arte e spazi espositivi, attività commerciali settoriali di ++ valore culturale e aggregativo) Pubblici esercizi + Servizi privati + Terziario avanzato = Terziario (direzionale, uffici, studi medici…) - Residenza in locazione - Residenza privata -- 102 In relazione all'opportunità delle destinazioni insediabili, sono definite le quote percentuali della volumetria da riutilizzare, che variano dal 100% al 50%. La riduzione volumetrica, in coerenza ai valori storico-artistici individuati nell'elaborato C7 e delle conseguenti modalità di intervento (elaborato C8), deve essere effettuata con la demolizione dei porzione dell'edificio pur nel rispetto della morfo-tipologia. Tale politica viene applicata esclusivamente agli edifici di matrice produttiva, le presenze residenziali mantengono la loro destinazione e volumetrie attuale e le trasformazioni sono disciplinate in modo analogo a quelle dei nuclei storici. All'interno dell'elaborato C7 sono riportate le analisi puntuali sui singoli edifici, individuando le destinazioni d'uso attuali e il valore storico. In particolare il patrimonio edilizio si suddivide in destinazioni residenziali o compatibili con la residenza e le strutture di carattere produttivo, individuando gli edifici di archeologie industriali e quelli che preservano elementi morfotipologici da valorizzare. Le modalità attuative sono riportate nell'elaborato C8 dove sono evidenziati i diversi gradi di trasformazione per gli edifici residenziali e per quelli produttivi. Le modalità previste per le strutture produttive sono specificazioni della Ristrutturazione edilizia come definita nella LR 12/2005 e s.m.i. Infatti, sebbene l'obiettivo è preservare l'organismo edilizio, la necessità di riduzione di volumetrie rispetto agli impatti che le specifiche destinazioni d'uso generano sul sistema di quartiere particolarmente denso, necessita di eventuali riduzioni della volumetria esistente e quindi la conseguente demolizione di porzioni dell'edificio. Tali interventi devono comunque essere effettuati secondo un criterio di mantenimento dell'immagine esistente, e quindi sfruttando la modularità delle strutture per eliminare le porzioni dell'edificio, adottando quindi come linea guida ed esempio l'esperienza del museo del tessile di Busto, dove l'immagine originaria dei fronti è integra pur con l'inserimento di un giardino su una porzione del sedime del complesso produttivo originario. Inoltre il Piano delle Regole introduce un sistema di tutela delle aree libere, riconosciute come valore irrinunciabile, in un contesto densamente costruito, e promuove con meccanismi premiali, la riqualificazione di queste aree per incrementare il valore ecosistemico e/o la possibile acquisizione al patrimonio comunale, con diritti volumetrici da ricollocare all'interno degli ambiti di concentrazione previsti nel Documento di Piano. Le aree hanno quindi lo scopo di fornire aree verdi e, nel caso di acquisizione, potranno ospitare in parte parcheggi e servizi per il quartiere. Immagine fotografica stato di fatto Analisi del produttivo di storica tessuto Modalità di intervento matrice 103 Volumetria Destinazione uso ammessa (% Volume esistente) Destinazioni d’uso di valore attrattivo non presenti sul territorio Comunale 100 % Destinazioni rare (gallerie d’arte e spazi espositivi, attività commerciali settoriali di valore culturale e aggregativo) 90 % Terziario avanzato 60% Residenza in locazione 60% Residenza privata 50% Regolamentano criteri e modalità di intervento nelle zone produttive di matrice storica, gli articoli dal 32 al 35. In modo particolare, l’articolo 32 definisce con due tabelle specifiche il valore di riferimento strategico per le diverse destinazioni funzionali previste e la tabella successiva, sempre per ciascuna delle destinazioni funzionali, indica la volumetria ammessa, la dotazione di aree di interesse pubblico e la quota di parcheggi pubblici, mentre gli articoli successivi forniscono criteri per le modalità di intervento sugli edifici di valore storico ed architettonico della produzione industriale (articolo 33 per i nuclei produttivi di antica formazione, articolo 34 finalizzato alla tutela degli elementi di archeologia industriale e articolo 35 finalizzato alla tutela della morfotipologia. 5.7. Assetto delle aree agricole e di valore paesistico-ambientale ed ecologico Nell’ambito della redazione del PGT è stato predisposto uno studio paesistico esteso all’intero territorio comunale, con riferimento alle componenti delle unità paesistiche evidenziate nell’analisi paesistica del PTCP, nonché agli elementi di criticità, ed agli indirizzi di tutela. In particolare sono state evidenziate le seguenti componenti del paesaggio: componente naturale (analisi del sistema fisico - geologico, geomorfologico, idrogeologico, idrografico; analisi del sistema naturale – caratteristiche naturali, uso del suolo e struttura ecologica del territorio comunale); 104 componente antropico-culturale (analisi del sistema antropico-paesaggistico, analisi delle caratteristiche indotte dall’azione umana con particolare riferimento alla struttura urbanistico-infrastrutturale ed alla presenza di elementi di pregio/edifici vincolati, aree archeologiche, paesaggi antropici, analisi vincolistica); componente percettiva (visuale, estetica), che ha messo in evidenza le grandi linee del paesaggio percepibile non rispetto a punti di vista specifici, ma riguardo all’insieme complessivo degli aspetti morfologici presenti. L’analisi del territorio è stata approntata mediante indagini sul posto e osservazioni dirette alla definizione degli aspetti paesaggistici ed ambientali, delle particolarità strutturali ed infrastrutturali dell’area. Componente antropico-culturale e naturale L’insieme dei segni naturali e antropici che denotano, caratterizzano ed evidenziano la struttura del paesaggio, ha fornito quegli elementi di forte connotazione (infrastrutturale, insediativa, culturale, storico, architettonica, di assetto, …) che costituiscono il “reticolo di equipaggiamento” del paesaggio. Partendo dalla ricognizione cartografica e da sopralluoghi sul posto per verificare l’attuale consistenza delle valenze paesistiche ambientali, è stato prodotto un elaborato grafico di riferimento che rappresenta una serie di elementi di carattere storicomonumentale, di pregio e naturale, ancora presenti sul territorio. L’insieme dei segni ha definito una chiave di lettura delle peculiarità territoriali, di tipo antropico-culturale e naturale. In particolare ha riguardato il tessuto dei nuclei storici centrali all’agglomerato urbano e periferici o isolati, gli immobili di valore storico artistico distinti per principali tipologie d’uso e la rete della viabilità di interesse storico ancora leggibile ed in uso. Numerosi sono i nuclei, più o meno conservati, nella maggior parte dei casi costituiti da aggregati elementari di dimore rurali a contatto con gli spazi del lavoro o della residenza. La rete stradale storica costituisce la struttura relazionale dei beni storico-culturali intesi non solo come elementi episodici lineari, puntuali o areali, ma come sistema di permanenze insediative strettamente interrelate. I tracciati storici della rete stradale ancora riconoscibili, la cui esistenza è documentata dalla cartografia storica consultata31, sono distinti in base all’importanza, alla modalità di utilizzo ed al traffico connesso. A questa rete stradale si aggiungono le linee ferroviarie di impianto storico che costituiscono elementi di riferimento all’interno del tessuto urbano. La struttura del paesaggio si completa con gli ambiti che storicamente hanno denotato la presenza dell’uomo sul governo del territorio, nella fattispecie i parchi e giardini storici, cui si aggiungono segni naturali che denotano la struttura del territorio articolando le diverse morfologie e gli aspetti percettivi e peculiari del paesaggio, meritevoli di specifiche attenzioni nell’ambito dei processi di trasformazione del territorio. La sensibilità paesistica dei luoghi 31 IGM – Carta d’Italia, scala 1:25.000: 1° levata 1888-90 e successivi aggiornamenti. 105 Lo studio paesistico redatto a scala comunale ha inoltre individuato la sensibilità paesistica dei luoghi in relazione alle componenti del paesaggio32: in accordo all’art. 24 del PTPR, infatti, il comune nell’ambito della redazione degli strumenti urbanistici con valenza paesistica, ha la facoltà di predeterminare la classe di sensibilità paesistica delle diverse parti del territorio comunale o di parti di esso. La valutazione della sensibilità paesistica dei luoghi è stata effettuata in base alle caratteristiche del sito, ed ai rapporti che esso intrattiene con il contesto: un forte indicatore di sensibilità paesistica è indubbiamente il grado di trasformazione recente o, inversamente, di relativa integrità del paesaggio, sia rispetto ad un’ipotetica condizione naturale, sia rispetto alle forme storiche di elaborazione antropica. Oltre a questo modo di valutazione, sono state considerate le condizioni di visibilità più o meno ampia, o meglio di co-visibilità, tra il luogo considerato e l’intorno. Infine è stato considerato il ruolo che la società attribuisce ad un luogo, in relazione ai valori simbolici che ad esso associa. Quindi il giudizio complessivo circa la sensibilità del paesaggio ha tenuto conto di tre differenti modi di valutazione articolati in chiavi di lettura a due livelli (sovralocale e locale): morfologico-strutturale vedutistico simbolico. Il modo di valutazione morfologico-strutturale considera le relazioni di un luogo con elementi significativi di un sistema che caratterizza un contesto più ampio di quello di rapporto immediato, riguarda infatti la partecipazione di un luogo a sistemi paesistici di interesse geomorfologico, naturalistico, storico-insediativo e di testimonianze della cultura formale e materiale. A Busto Arsizio è possibile distinguere due macro-sistemi, uno relativo agli ambiti antropici e uno agli ambiti naturali. Il primo comprende l’unità di paesaggio dei territori antropici, distinta al suo interno in quattro differenti declinazioni, caratterizzando il territorio costruito secondo epoca di edificazione, caratteristiche insediative e di uso: la città storica, la città dello sviluppo industriale dalla metà dell’Ottocento, fino all’inizio del Novecento, la città contemporanea a prevalente destinazione residenziale, la città contemporanea delle attività economiche e di territori di frangia. Il secondo gruppo comprende due differenti unità di paesaggio dei territori agricoliextraurbani identificate in base ai caratteri naturali, paesaggistici, morfologici e vincolistici in esse presenti: le aree legate all’attività agricola e le aree comprese all’interno del Parco Alto Milanese, le aree boscate. Il criterio vedutistico considera l’ampiezza, la qualità e la particolarità di una veduta, viene applicato dove si stabilisce tra osservatore e territorio un significativa fruizione visiva per ampiezza (panoramicità), per qualità del quadro paesistico percepito e per particolarità delle relazioni visive tra due o più luoghi. In particolare, non conta solo quanto si vede, ma cosa si vede e da dove: ed è proprio in relazione a ciò che si può verificare il rischio potenziale di alterazione delle relazioni percettive per occlusione, interrompendo relazioni visive o impedendo la percezione di parti significative di una 32 Coerentemente con la DGR n° 11045 del 08/11/2002, in attuazione delle “Linee guida per l’esame paesistico dei progetti”, previste dall’art. 30 delle Norme di Attuazione del PTPR, quale strumento di salvaguardia, tutela e valorizzazione della qualità paesistica del territorio lombardo 106 veduta, o per intrusione, includendo in un quadro visivo elementi estranei che ne abbassano la qualità paesistica. Le chiavi di lettura valutano la percepibilità dei luoghi, in funzione della loro esposizione, quota o contiguità o meno con percorsi panoramici di spiccato valore, intensa fruizione o elevata notorietà. Infine, il modo di valutazione simbolico considera il valore simbolico che l’ambito riveste per le comunità locali e sovralocali, in quanto teatro di avvenimenti storici, o in quanto oggetto di celebrazioni o di culto popolare, o semplicemente in quanto rilevante nella definizione e nella consapevolezza dell’identità locale. La classificazione che esprime i diversi livelli di sensibilità paesistica, desunti dalle considerazioni sopra espresse, è stata abbinata ad una scala di sensibilità, articolata nelle seguenti classi: sensibilità paesistica molto bassa sensibilità paesistica bassa sensibilità paesistica media sensibilità paesistica alta sensibilità paesistica molto alta. Il territorio di Busto Arsizio vede la presenza di elementi ambientali che caratterizzano il paesaggio naturale, ed hanno influenzato lo sviluppo antropico che si è andato delineando nel corso del tempo. Infatti proprio nella classe di sensibilità paesaggistica “Molto Elevata” si ritrovano tutte quelle aree che ricadono all’interno del Parco Alto Milanese ed anche le aree boscate, in quanto delineano un disegno fortemente naturale che si innesta all’interno del sistema agricolo, oltre a ritagliarsi zone, sia da un punto di vista naturale, che percettivo, di elevata sensibilità paesaggistica. Nella classe di sensibilità paesaggistica “Elevata”, sono stati inseriti sia elementi naturali che antropici di valore storico, sociale e percettivo rilevanti, come tutte le aree agricole presenti all’interno del territorio comunale, caratterizzandosi comunque come elementi del paesaggio, riflettendo la naturale vocazione agricola della Pianura Padana. In questa classe di sensibilità sono state inserite anche le zone urbane riconosciute come centri storici, sia per il loro valore architettonico che di memoria storica della popolazione residente. A questo proposito si ricorda come i centri storici di Busto Arsizio, Sacconago e Borsano sono ricchi sia di edifici, che di giardini che connotano fortemente il territorio comunale. Il tessuto urbano consolidato, composto da residenza, commercio, attività artigianali e di servizio, è inserito nella classe di sensibilità paesaggistica “Media”, mentre le aree industriali collocate nella parte ovest e nord del territorio comunale, sono state inserite nella classe inferiore, cioè sensibilità paesaggistica “Bassa”. Le infrastrutture stradali e ferroviarie di interesse sovracomunale, i terminal intermodali Hupac e di Sacconago, unitamente all’inceneritore, cioè gli elementi di maggior impatto presenti sul territorio comunale, sono inseriti nella classe di sensibilità paesaggistica “Molto Bassa”. Per comprendere correttamente il carattere paesaggistico del comune di Busto Arsizio, il Grafico 01 consente un confronto percentuale del peso delle diverse classi di sensibilità, rispetto alla superficie territoriale comunale. 107 33% 50% Molto bassa Bassa Media 9% 5% Alta Molto alta 3% Graf. 01 – Suddivisione percentuale delle diverse classi di sensibilità paesistica rispetto alla superficie comunale Dai dati del grafico sopra riportato si evince come il 42,0% del territorio comunale è classificato all’interno delle classi ad elevata e molto elevata sensibilità: circa 11,6 milioni di metri quadrati sono considerati aree di qualità ambientale, naturale e paesaggistica. Il tessuto edificato che costituisce la città consolidata rappresenta circa il 50% del totale comunale, a conferma di una buona qualità complessiva che determina anche un’ottima qualità della vita per i residenti. E’ ridotta a poco meno dell’8,0% la parte di territorio che risulta avere condizioni e caratteristiche di compromissione e di criticità, con una sensibilità paesistica bassa e molto bassa. 108 6. VINCOLI E TUTELE Il Piano delle Regole individua i vincoli e le tutele gravanti sul territorio comunale in virtù di legislazione nazionale, regionale ed alle prescrizioni derivanti da scelte del PGT. Tali vincoli sono riportati sugli elaborati cartografici del Piano delle regole denominata Tavola C1.1/n - Azzonamento. Per gli eventuali vincoli e tutele vigenti che non risultassero indicati in tali elaborati, i vincoli e le tutele sono comunque vigenti e prescrittivi siano in base e come specificato nella norma scritta, contenuta nella legislazione vigente e/o in base alla loro individuazione negli elaborati cartografici degli studi di settore, a cui si rimanda per le specifiche disposizioni e prescrizioni. I vincoli e le tutele individuati sono distinti fondamentalmente in tre categorie: vincoli relativi a beni ambientali e a beni storico-monumentali e culturali derivanti dalla legislazione nazionale, in particolare in riferimento al D.Lgs. n° 42/2004, a cui si aggiungono i vincoli imposti con modalità diretta mediante specifici decreti. Sono regolati dagli articoli delle norme del Piano delle Regole contenuti all’interno del Titolo IIIA – Nuclei di antica formazione; ulteriori vincoli e tutele di tipo ambientale derivanti da specifiche normative (Parco Alto Milanese e vincolo di carattere geologico e idrogeologico). Sono regolati dagli articoli delle norme del Piano delle Regole contenuti all’interno del Titolo IIIC – Zone agricole e ambientali, del Titolo IV – Piano Paesaggistico Comunale, cui si aggiungono le prescrizioni contenute nello studio geologico, idrogeologico e sismico, che costituiscono parte integrante delle norme del Piano delle Regole; vincoli antropici e infrastrutturali specifici per elementi appartenenti alla rete di trasporto, vincoli relativi alle reti tecnologiche urbane e/o relativi a specifici servizi urbani generali, impianti e o attrezzature di altro tipo. Sono regolati dagli articoli contenuti all’interno del Titolo IIID – Aree speciali, Vincoli e Rispetti. Per quanto riguarda i vincoli di carattere archeologico, si evidenzia che una nota della Sopraintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia33, ha segnalato che nel territorio di Busto Arsizio, sono stati effettuati i seguenti rinvenimenti: Borsano, campo detto “la Bertana” (1895): necropoli romana; Borsano, lungo la strada per il cimitero, in punti non meglio precisato (1910 e seguenti): tombe romane; Borsano, presso la chiesa (1910): frammento di altorilievo di età medievale (XIII secolo); Borsano, località Bagu (1995 e 2001): rinvenimenti di materiali fittili di età romana; Sacconago, area dello stabilimento Candiani (1906 e seguenti): necropoli romana; Sacconago (1928): rinvenimenti imprecisati di età romana; Sacconago, casa già di Michele Lualdi (via Solferino, 151?): ripostiglio di monete auree di età romana; 33 Busto Arsizio (VA) – VAS del PGT: Convocazione della Conferenza finale, in data 02 agosto 2012, protocollo 45970. 109 Vicolo Visconti, in casa di proprietà degli Eredi Travelli (1847): ripostiglio di monete auree di età romana; Località imprecisata (1831): tombe di età romana; Iscrizione di età romana (CIL V, 5575). Nel caso di interventi edilizi in queste aree, che per carenza di informazioni non sono stati puntualmente individuate sulla cartografia, è previsto l’obbligo di comunicazione preventiva per tutte le opere che comportino scavi e movimentazione di terra affinchè sia possibile valutare ogni interferenza con presenze archeologiche, con la possibilità di eseguire controlli archeologici in cantiere. La comunicazione preventiva dovrà essere effettuata alla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia, secondo le modalità previste dalla normativa vigente. 110 Allegato 1 – Proposta di Perimetrazione dei Centri Storici 111 112 113 114