ISTITUTO SUPERIORE “A.FOSSATI – M. DA PASSANO”- LA SPEZIA ESAMI DI STATO 2014 Alunna: Lucia Assirati Classe V, sez. Mercurio LA RICERCA DELLA FELICITA' SITO WEB : http://lafelicita.weebly.com/ Materie coinvolte -Inglese: il diritto alla felicità Pag. 2 -Diritto: il diritto alla felicità nella Costituzione Italiana Pag. 3 -Italiano: Ermetismo, Eugenio Montale, “Felicità raggiunta, si cammina” Pag. 4-5-6 -Storia: il Boom economico degli anni '60 Pag. 6-7 -Economia: il Welfare state Pag. 8-9 1 “It was at that moment that I began to think of Thomas Jefferson, and the Declaration of Independence, when we speak of the right to life, liberty and pursuit of happiness, and I remember thinking, as he knew he must use the word search. Because happiness is something we can only pursue and maybe we will never reach, no matter what we do, how did you know?" Chris Gardner “The pursuit of Happiness” was thought to be an unalienable right by the writers of the US Declaration of Independence. However, in 1776, the definition of happiness had evoked a different meaning than it does today. When the framers of this historic document wrote about “Life, Liberty, and the pursuit of Happiness,” what exactly did they mean by “happiness”?The term happiness comes from the Old Norse term happ meaning “luck” or “chance.” It’s also related to the Old English word hæpic meaning “equal.” While early senses of happiness dating from the 1500s are still very much in use, such as “good luck,” “success,” and “contentment,” Francis Hutcheson, an Irish reverend and philosopher, brought a new, more political interpretation of happiness to English speakers with his 1725 treatise an Inquiry into the Original of Our Ideas of Beauty and Virtue. His political philosophy: “that Action is best which accomplishes the greatest Happiness for the greatest Numbers; and that worst, which in like manner occasions Misery.” The popularity of Hutcheson’s philosophies helped tie the concepts of civic responsibility and happiness to one another in the minds of the great political thinkers of the 18th century, including the writers of the Declaration of Independence. US Supreme Court Justice Anthony Kennedy explained this often forgotten sense of happiness in his 2005 lecture at the National Conference on Citizenship. Kennedy notes that while in modern times there is a “hedonistic component” to the definition of happiness, for the framers of the Declaration of Independence “happiness meant that feeling of self-worth and dignity you acquire by contributing to your community and to its civic life.” In the context of the Declaration of Independence, happiness was about an individual’s contribution to society rather than pursuits of self-gratification. While this sense has largely fallen out of use today, it’s important to keep these connotations of happiness mind when studying political documents from the 18th century. 2 “La vera felicità costa poco; se è cara, non è di buona qualità” François-René de Chateaubriand La ricerca della felicità è un tema molto ampio, sul quale l'uomo ha riflettuto in ogni periodo storico: l’ha analizzata in ambito politico-sociale, familiare-lavorativo, filosofico, religioso e culturale. Propedeutica alla trattazione è sicuramente l' analisi del concetto di felicità, che nel suo essere estremamente soggettivo come interpretazione, propone letture molto varie. Si può parlare di una ricerca volta a raggiungere una felicità di tipo individualistico. che persegue l' affermazione personale per esempio nel campo lavorativo, dove mira a migliorare progressivamente la posizione dell’individuo oltre che per questioni meramente economiche anche per ragioni di immagine e quindi, collegata a valori materiali che nella società contemporanea trovano ampia condivisione. Di altro tipo è la felicità per così dire "altruistica" , è quella dell'uomo che cerca una propria affermazione o meglio una sistemazione, che gli permetta di contribuire al miglioramento dei nuclei della società, dal più piccolo, qual è la famiglia, al più grande che è l' intero sistema Stato. Questa è la felicità difesa dal terzo articolo della COSTITUZIONE ITALIANA: " E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli che, [...] impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese." Dobbiamo pensare a quell'uomo che, affermando e vedendo i propri diritti e libertà garantiti dalla società a cui appartiene, prova felicità non solo per sé, ma anche in quanto parte indispensabile della società. Egli è felice, perché può produrre bene per sé e per gli altri. Analogamente si può pensare alla felicità di chi combatte per dare a tutti una scelta in situazioni che immoralmente favoriscono le ‘felicità egoiste’ : è colui il quale combatte in generale le ingiustizie sociali. In campo economico la parola felicità è stata frequentemente usata e strumentalizzata ,associandola a concetti quali potenza, ricchezza. I tecnici dell’economia e discutibili atteggiamenti politici l' hanno associata al PIL, perché definito indice di ricchezza o benessere nazionale. L’ associazione è completamente sbagliata, perché il PIL indica quanto uno Stato riesce a produrre e, uno Stato che produce tanto, non è necessariamente uno Stato che riesce a vendere tanto e a produrre beni fondamentali, a realizzare lavoro e condizioni che migliorino la vita dei propri cittadini. Proprio nella speranza di riuscire a trovare una felicità ,uscendo da una condizione di crisi sociale ed economica, nel 2000 è nato il movimento per la ‘decrescita felice’, movimento filosofico- economico, secondo il quale uno degli strumenti per combattere la decrescita economica, politica e culturale di un Paese, è proprio la decrescita stessa: occorre raggiungere un "fondo", che faccia crollare anche quegli enti che hanno causato la crisi in modo tale da ripartire da quelle attività, valori e sistemi economici che difendono la felicità dello Stato e dei propri cittadini. In definitiva la ricerca della felicità è una tensione, un progetto, non un assoluto. E’ una tensione che varia a seconda delle situazioni economiche, sociali, politiche e culturali di un sistema e di chi lo compone, e che può trovare conflitti interni dipendenti dagli interessi dei singoli e delle collettività. 3 "Essere sempre infelici, ma non troppo, è condizione sine qua non di piccole e intermittenti felicità" Eugenio Montale L’ Ermetismo non può definirsi un movimento letterario vero e proprio, ma piuttosto un “atteggiamento” di un gruppo di artisti che condivisero alcune idee e ne svilupparono altre in maniera autonoma ed indipendente. La caratteristica principale è lo stile che fu oscuro, volutamente difficile, appunto ERMETICO. Sarebbe sbagliato però definire "ermetica" qualunque poesia dal significato complesso o dal linguaggio aulico perché l'ermetismo non fu soltanto questo. La poesia è ermetica per i molti significati che un testo porta dentro di se', per il carattere ambiguo della sintassi e del lessico che riesce ad essere percepito e compreso solo dal poeta e a volte nemmeno da lui... Tanto per farci capire l'indecifrabilità della realtà e delle nostre stesse percezioni. I poeti ermetici non hanno più certezze in cui credere, perciò cercano nuove forme che possano rispecchiare il loro stato d'animo, e le trovano nelle parole essenziali, scabre, secche, in un linguaggio oscuro che ben esprime la loro angoscia, la tristezza, il necessario ripiegamento verso l'interiorità. Esprimono questi sentimenti attraverso l'uso di figure retoriche. La similitudine viene sostituita con l’analogia, cioè l'accostamento di due immagini, situazioni, oggetti che sono tra loro lontani. La poesia deve essere pura e libera da qualsiasi finalità (didattica, didascalica, celebrativa). Essa non deve descrivere o rappresentare, bensì evocare. Deve essere l'espressione del proprio io più segreto e profondo. Per gli ermetici non è tanto importante che il messaggio venga immediatamente compreso, quanto è importante, invece, il valore di esperienza dell’atto poetico, che sarà comunicativo (e avrà quindi valore proprio) solo in quanto capace di suscitare un’analoga esperienza nel lettore. Eugenio Montale nasce a Genova nel 1896 da una famiglia di commercianti. La sua passione fu il canto, ma interrompe gli studi alla morte del suo maestro. Pubblica le sue prime poesie nella rivista “Primo tempo” e negli stessi anni (1922-25) compone il suo libro di esordio Ossi di Seppia. Inizia ad aver fortuna dopo la pubblicazione del saggio critico intitolato “Omaggio” a Italo Svevo. Dopo la guerra comincia a collaborare con il Corriere della sera diventandone poi, nel 1948, redattore. Quindi, una volta trasferitosi a Milano, riuscì a coltivare il suo interesse per la musica diventando critico musicale per il Corriere d'informazione. Nel 1967 viene nominato senatore a vita. 1975 gli viene conferito il premio Nobel per poi morire sei anni dopo. Il “ Male di vivere” di Montale, che ha origine dal suo chiuso senso di angoscia e pessimismo sulla condizione umana, assume un valore universale. A differenza di Leopardi però, che vedeva una natura negativa che non si interessava della vita umana, Montale vede una natura non negativa ma pur sempre 4 indifferente e ragione sulla condizione di disagio umana in modo distaccato, freddo; con Montale quindi non si parla di sofferenza in quanto lui assomiglia ai personaggi di Svevo, che in fin dei conti stanno bene anche se sono al di fuori della realtà, della vita sociale e di conseguenza dei disadattati. Eppure il poeta non si estranea completamente alla vita socio-politica ma ne resta pur sempre fuori. La poesia di Montale si basa su immagini simboliche che evocano un certo sentimento o stato d'animo (CORRELATIVO OGGETTIVO); si tratta di una sorta di allegoria medievale ma con un procedimento più intuitivo. La raccolta “Ossi di Seppia” comprende testi elaborati tra il 1920 e il 1925, in parte già apparsi in rivista. La poesia degli Ossi è una poesia antieloquente e in negativo: non ha nessuna verità o certezza da rivelare, ma si limita a registrare la profonda angoscia del poeta, la sua “disarmonia” con il mondo, il suo “male di vivere”, appunto, che trova espressione in celebri metafore, quali camminare lungo un muro ”che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia”, essere imprigionati in una rete, essere legati da una catena; talvolta si intravede una possibilità di salvezza. Gli Ossi di seppia che danno il titolo alla raccolta, e cioè le conchiglie di certi molluschi, presenze inaridite e ridotte al minimo, appaiono emblematici di questa poetica dello “scabro ed essenziale”. I motivi che attraversano la raccolta sono : il paesaggio, l'amore, l'evasione e la fuga. FELICITA' RAGGIUNTA, SI CAMMINA Felicità raggiunta, si cammina per te sul fil di lama. Agli occhi sei barlume che vacilla, al piede, teso ghiaccio che s'incrina; e dunque non ti tocchi chi più t'ama. Se giungi sulle anime invase di tristezza e le schiari, il tuo mattino e' dolce e turbatore come i nidi delle cimase. Ma nulla paga il pianto del bambino a cui fugge il pallone tra le case COMMENTO Montale ci tratteggia con straordinaria perizia ma anche con disarmante semplicità, il volto della felicità: essa è un attimo talmente breve, sfuggente, labile e delicato che può dissolversi improvvisamente nel nulla come se non fosse mai esistito. L’ansia dell’essere felice pervade la poesia in ogni sua parola, e soprattutto nell’inaspettata immagine finale, che ci risveglia dai nostri sogni più profondi per riportarci alla vita reale : “il pianto del bambino/ a cui sfugge il pallone tra le case”. La nostra vita serve a raggiungere la felicità che a volte c'è e non c'è; è molto fragile e si spezza con niente. L'uomo è felice quando desidera le cose e non quando le possiede perché la realtà annulla la felicità; questa non ha limite, il piacere deriva dalla fantasia non dalle cose che si appartengono. La felicità si basa sul passato e non sul futuro, non sul presente. Per esempio la nostalgia e la felicità. Se si perde la felicità non la si può più recuperare, questa si può "drogare" con l'immaginazione per superare le paure, l'odio o l'angoscia. 5 PARAFRASI Felicità raggiunta, si rischia continuamente di perderti. Agli occhi sei una piccola luce interna che può spegnersi da un momento all’altro, al piede, fragile come una sottile lastra di ghiaccio e dovunque non ti tocchi chi più ti ama. Se giungi sulle anime di tristezza e le illumini, il tuo mattino è dolce e capace di commuovere come i nidi delle grondaie. Ma nulla può ricompensare il dolore a cui fugge il pallone fra le case. SCHEMA METRICO due strofe di 5 versi per lo più endecasillabi( gli altri sono un settenario, un endecasillabo, e un verso composto da un endecasillabo più un quinario "Se hai un sogno tu lo devi proteggere." Chris Gardner Nell'Italia del “boom” e del “miracolo economico”, fra la fine degli anni cinquanta e gli anni sessanta, una gran massa di italiani, che aveva in precedenza sperimentato i disastri della guerra e la povertà degli anni dell’immediato dopoguerra, scoprì per la prima volta il benessere e con esso l’abitudine a nuovi consumi. Nelle case fecero il loro ingresso frigoriferi e lavatrici, radio a transisor e televisori; la società italiana, anche attraverso le nuove abitudini di consumo, sembrò incamminarsi verso una definitiva “modernizzazione”. Gli Stati Uniti ‘America, che sin dall’inizio del secolo si erano caratterizzati per la presenza di un mercato di massa per i prodotti di largo consumo, furono modello e principale termine di paragone: nel consumismo si individuava la radice stessa del successo del paese più ricco e industrializzato del mondo. Non mancavano però autorevoli critiche alla società dei consumi da parte di intellettuali, filosofi e sociologi, che godettero di un’ ampio seguito fra gli studenti che alla fine degli anni sessanta diedero vita ai primi movimenti di contestazione giovanile. La pubblicità, rinnovata nelle tecniche, nelle professioni e nei mezzi, sembrò esercitare un potere enorme e un’inedita capacità di condizionare gusti e comportamenti di individui e famiglie. Nel dibattito mai sopito fra sociologi, economisti ed intellettuali “criti” hanno fatto più recentemente sentire la propria voce gli antropologi, che propongono nuove interpretazioni sul mondo delle cose e sul desiderio di appropriarsene. Gli anni sessanta furono un periodo molto importante anche per le scienze e le scoperte. Nel 1967 venne eseguito il primo trapianto di cuore a opera di Barnard, medico sudafricano, che dopo accurate ricerche riuscì ad operare un uomo e a farlo rimanere in 6 vita altri 19 mesi con un organo vitale non suo. Nel 1969 due astronauti americani, Neil Armstrong e Edwin Aldrin, arrivarono a mettere piede su suolo lunare. Questa nuova ed incentivata ricerca spaziale favorì la meteorologia e facilitò l’invenzione di materiali sempre più leggeri, come i fogli di alluminio e il teflon. Nel 1969 il DDT viene bandito negli Stati Uniti, in seguito ai tumori dovuti ai suoi dannosi effetti collaterali. Ci furono ricerche sulla genetica delle piante e sulla fertilità del suolo portando alla rivoluzione verde in molti Paesi del Terzo Mondo. Lo sviluppo dei circuiti integrati negli anni sessanta offrì nuove possibilità alla miniaturizzazione, stimolando la nascita dell’industria elettronica negli Stati Uniti e la diffusione di apparecchiature elettroniche in Occidente. Alla fine di questi anni, gli studenti universitari si ribellarono contro l’insegnamento tradizionale e il controllo dello Stato sulla scuola che era considerato repressivo. I ragazzi del ’68 si resero conto che, per inserirsi nella società e lavorare, dovevano spesso rinunciare ai principi d' uguaglianza e di libertà politica in cui credevano. Così questi movimenti si diffusero un po’ ovunque: in Germania, in Francia, in Cecoslovacchia. Alla fine in Italia si ebbe libero accesso agli studi universitari e per gli operai l’approvazione dello Statuto del Lavoratori. Nella musica e nello spettacolo ci furono delle rivoluzioni. Il registratore, inventato nel 1942 ma divulgato alcuni anni dopo, rende possibile riprodurre tutti i tipi di suono. Viene usato in modo creativo nella musica pop, come per gli album dei Beatles, il famoso quartetto inglese composto da George Harrison, John Lennon, Paul McCartney e Ringo Starr. Immergendosi nella moda del beat, (musicalmente espresso dal recupero di elementi del blues, del ritmo afroamericano, dall'accentuazione del sound e dall'uso di chitarre amplificate), in ideale collegamento con il movimento letterario della beat-generation degli anni ’50, i Beatles dimostrano infatti di sapersi rinnovare recuperando la musica colta, accogliendo le suggestioni della musica indiana e servendosi abilmente delle risorse offerte dallo studio di registrazione. Gli anni ’60 furono un periodo molto importante della storia mondiale, in cui ci fu un’apertura al dialogo tra le forze politiche dei paesi e le rappresentanze private e sindacali per riorganizzare tutta la società. 7 "Se il denaro non dà la felicità, neppure la toglie." Roberto Gervaso Il termine “welfare” (costituito da due parole well e fare, di cui la prima significa benessere, mentre alla seconda si attribuisce il significato di essere o stare) indica il complesso delle iniziative e dei provvedimenti assunti dagli enti pubblici e dalle istituzioni private per garantire a tutti i cittadini una soglia accettabile di benessere e di progresso sociale attraverso l’erogazione di servizi essenziali quali assistenza, previdenza, pensione, istruzione, occupazione, casa. Il fondamento di tali interventi è costituito dall’idea che la libertà dal bisogno è condizione indispensabile per un effettivo godimento dei diritti civili e politici; la sua realizzazione, pertanto, non è lasciata esclusivamente all’iniziativa del singolo, ma costituisce un obiettivo di carattere collettivo da raggiungere mediante la solidarietà dei cittadini. Gli interventi di welfare non rappresentano una novità assoluta nella nostra cultura. Nei secoli scorsi la cura degli anziani, l’assistenza sanitaria, l’ospitalità ai viandanti e ai mendicanti, gli interventi a sostegno dei poveri, dei soggetti emarginati e delle persone in difficoltà erano assicurati dalle organizzazioni senza scopo di lucro variamente denominate, spesso e per la gran parte a sfondo religioso, talvolta dotate di ingenti patrimoni costituiti da lasciti di moneta, terreni e fabbricati da parte di cittadini benestanti animati dal desiderio di aiutare il prossimo. Dette organizzazioni sopperivano alla mancanza di qualsiasi forma di assistenza pubblica e delle più elementari garanzie, specialmente per la parte più disagiata della collettività. A sfondo religioso erano: -le confraternite che svolgevano attività di carattere spirituale e interventi di natura assistenziale verso i confratelli, specialmente nei casi di malattie e delle esequie, congiuntamente a opere di tipo sociale verso i poveri, gli ammalati, i carcerati, gli orfani, le giovani a rischio; - i monti di pietà, sorti alla fine del 1400 con il fine di combattere i prestiti usurari concessi da banchieri priva- ti senza scrupoli, la cui idea fondativa era di concedere alle classi povere e ai ceti meno abbienti prestiti a tassi bassissimi, contro pegno di oggetti preziosi, utilizzando denaro reso disponibile da filantropi e benefattori; -le opere pie che, nate anch’esse nel Medioevo e diffuse in tutto il Paese a sostegno, tutela e promozione della persona, si incaricavano di prestare assistenza ai poveri tanto in stato di sanità quanto di malattia, di procurare educazione, istruzione, avviamento alle professioni, arti e mestieri. Ad altre situazioni di bisogno provvedevano le società di mutuo soccorso costituite come associazioni non lucrati- ve con lo scopo di intervenire con sussidi a favore dei soci nel caso di assenza forzata dal lavoro (malattia, infortuni, disoccupazione) e, nell’eventualità del loro decesso, della moglie e dei figli orfani; le casse rurali; le casse di risparmio; le banche popolari, istituti di credito nati per scopi di natura solidaristica. Un ruolo 8 importante era svolto dalla famiglia patriarcale che, in caso di malattia, infortuni e vecchiaia, interveniva con varie forme di aiuto in favore dei suoi componenti. Lo Stato e il mercato svolgevano un ruolo molto marginale nella produzione ed erogazione dei servizi sociali, tanto che nel 1861, anno dell’unificazione dell’Italia, le circa 18.000 opere pie erogavano servizi per un’entità sensibilmente superiore a quella offerta dagli enti pubblici. Verso la fine del secolo XIX vari fenomeni, quali la depressione manifestatasi in una forte crisi agraria, la crescente industrializzazione e urbanizzazione delle città, l’emigrazione fecero emergere nuove problematiche sociali e nuove forme di povertà, accompagnate da elevati tassi di disoccupazione, nonché la domanda di maggiore sicurezza sociale e l’esigenza di migliori condizioni di vita che non potevano essere soddisfatte dalle forme di solidarismo tradizionale limitate per qualità e quantità dei servizi erogati. Di qui l’intervento dello Stato nei settori dell’assistenza sociale e previdenziale, fino ad allora appannaggio quasi esclusivo dell’iniziativa privata, con misure di legislazione sociale quali quelle che introducevano l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro degli operai dell’industria, l’attivazione su base volontaria della Cassa nazionale di previdenza per la vecchiaia e l’invalidità degli operai, provvedimenti che, con altri, ponevano le premesse per la costruzione del welfare state. 9