W20 MATERIE UMANISTICHE il sapere in una settimana STORIA DELL’ARTE ANTICA, GRECA E ROMANA DALL’ARTE TE ORICA PREISTORICA ALL’ARTEE DELL’IMPERO PERO ROMANO E SIMONE EDIZIONI Gruppo Editoriale Simone I E S ARAR I UD RM T S FO IN ER P TUTTI I DIRITTI RISERVATI Vietata la riproduzione anche parziale Tutti i diritti di sfruttamento economico dell’opera appartengono alla Esselibri S.p.A. (art. 64 D.Lgs. 10-2-2005, n. 30) Il catalogo aggiornato è consultabile sul sito Internet: www.simone.it ove è anche possibile scaricare alcune pagine saggio dei testi pubblicati Testo a cura di Marina Guidetti Finito di stampare nel mese di luglio 2009 dall’Officina Grafica Iride - Via Prov.le Arzano-Casandrino, VII Trav., 24 - Arzano (NA) per conto della Esselibri S.p.A. - Via F. Russo, 33/D - 80123 - (Na) Grafica di copertina a cura di Giuseppe Ragno PREMESSA Solitamente si fa coincidere l’inizio della storia dell’uomo con la nascita della scrittura; in realtà si potrebbe, piuttosto, affermare che la storia ha inizio con la pittura e le arti visive. Le prime forme di scrittura che si sono ritrovate erano infatti dei graffiti, cioè immagini che rappresentavano uomini, animali e oggetti del mondo preistorico. Primo mezzo di comunicazione umana indiretta può quindi essere considerata la pittura, la cui caratteristica essenziale è di essere immediata. Si vedrà dagli esempi riportati come l’origine della scrittura sia, appunto, da ricercare in una forma sintetica e codificata di arte visiva. I graffiti ritrovati nelle caverne avevano, fra l’altro, la funzione di mettere in guardia contro i pericoli rappresentati da belve o fenomeni naturali — incendi, fulmini ecc. — che l’uomo non sapeva fronteggiare. Le immagini offrivano una visione immediata degli oggetti. Le arti visive hanno quindi, fin dalle origini, una precisa funzione sociale, essendo anche le custodi della memoria collettiva dei popoli, e la conoscenza degli usi e costumi delle varie civiltà che si sono succedute nella storia ci è stata consentita proprio grazie alle opere che sono giunte fino a noi. L’espressione artistica, intesa come descrizione della realtà, è stato il primo embrione di ciò che saranno in tempi moderni i mass media, ma in quanto trasmissione di conoscenze in forma emotiva ha avuto la capacità di raggiungere direttamente il “cuore” dei fruitori, e nell’affermare questa sua funzione entrerà spesso in collisione con le altre forme di comunicazione. Il libro è una sintetica carrellata della storia dell’arte dalle prime espressioni conosciute del periodo paleolitico, con le sculture eseguite col bulino o i graffiti delle caverne, fino all’arte romana del periodo imperiale, con le grandi costruzioni dei fori, delle terme, dei teatri, passando attraverso le raffinate espressioni dell’arte egizia, mesopotamica, minoica, della grande epoca culturale ellenica che ha determinato tutta la storia successiva, e della particolare, a tratti ancora misteriosa, arte etrusca. Vengono trattati tutti i generi praticati e dei quali è in ogni caso rimasta traccia: la scul- tura, comprendendo i rilievi; la pittura, il mosaico, la decorazione in genere; la ceramica e le cosiddette arti minori. Particolare importanza è riservata all’architettura, che più di ogni altra arte nasceva pure per assolvere funzioni pratiche, con i grandi e piccoli edifici per scopi religiosi, le necropoli, i palazzi del potere, le fortezze, le abitazioni, i luoghi di raccolta, fondamentali spazi dove si svolgeva la vita sociale e che per questo erano assai di frequente ornati con ogni sorta di altri generi artistici, diventando delle vere e proprie gallerie espositive. Le manifestazioni artistiche vengono descritte inquadrandole nei rispettivi periodi storici, con cenni sulle principali vicende, sugli usi e sul modo di pensare delle diverse popolazioni che li hanno vissuti. CAPITOLO PRIMO LE ORIGINI Sommario: 1. L’arte preistorica. - 2. Le grandi civiltà e l’origine della scrittura. 1. L’ARTE PREISTORICA La Preistoria è il periodo che va dalla comparsa dell’uomo sulla Terra all’invenzione della scrittura. In questo lunghissimo arco di tempo, durato forse due milioni di anni, l’attività espressiva dell’uomo preistorico è legata alla realtà della vita quotidiana ed è inserita nell’esperienza pratica. I periodi dell’arte preistorica coincidono con quelli delle varie attività umane: — Paleolitico (dal 40.000 al 10.000 a.C.): l’uomo vive di caccia, è nomade e si rifugia nelle grotte; — Mesolitico (media Età della pietra, dal 10.000 al 3.500 a.C.): l’uomo coltiva la terra, alleva il bestiame e vive in villaggi; — Neolitico (ultima Età della pietra, col sorgere delle grandi civiltà mediorientali, dal 3500 al 1700 a.C.); — Età del bronzo (dal 1700 al 750 a.C.): l’uomo elabora la tecnica della fusione del bronzo, segnando una svolta decisiva nella produzione di manufatti e armi; — Età del ferro (dal 750 a.C. in poi). Con l’Età del bronzo si conclude la Preistoria, poiché in questo periodo sorgono le grandi civiltà dell’Egitto e della Mesopotamia di cui abbiamo testimonianze scritte. Tuttavia l’età preistorica non termina ovunque nello stesso momento: in Sardegna, infatti, persiste fino a tutto il IV secolo a.C. (civiltà nuragica), mentre in Grecia si può considerare conclusa già agli inizi dell’XI secolo a.C. 6 Capitolo Primo A) Paleolitico e Mesolitico I primi manufatti artistici, di disegno, pittura e scultura, comparvero poco più di trentamila anni fa, nel Paleolitico medio, assieme alle prime manifestazioni di spiritualità e al culto dei morti. L’invenzione del bulino consentì la lavorazione di materiali più delicati della pietra, come l’avorio (Fig. 1), il legno e l’osso, adatti a costruire sia armi più raffinate sia nuovi oggetti, come fibbie o fermagli forati da un lato e adorni di graffiti, frequentemente ornati da incisioni e colorati con ocra. Soggetto preferito nelle prime sculture era la figura umana, specialmente femminile, simbolo di fecondità, in forme che sembrano prefigurare l’espressività delle donne dipinte Fig. 1 – Statuetta di Hohlenda artisti come Pistein-Stadel (Germania) in casso o Modigliaavorio intagliato rappresentante ni, dal viso asimun uomo con testa di leone metrico, il collo lungo, i fianchi accentuati ecc. Tipiche della prima fasepaleolitica statuine di steatite, di appena quindici centimetri d’altezza, che raffiguravano corpi femminili caratterizzati da un’esagerata accentuazione delle forme anatomiche (Fig. 2). Nella pittura, solitamente più realistica, l’interpretazione delle figure avveniva mediante una visione di rapido sguardo, con priorità assoluta al movi- Fig. 2 – Figura femminile in steatite Le origini 7 mento (Fig. 3). L’immagine di un animale era generalmente riprodotta di profilo, quella umana invece frontalmente. Le rappresentazioni di animali erano più frequenti di quelle umane, essendo il pittore del paleolitico essenzialmente un cacciatore che tendeva a fissare l’immagine della preda così come la aveva colta durante la battuta. Tecnicamente eseguiva semplici tratti con le dita bagnate nel colore ricavato da terre o da carbone, e solo successivamente si usarono pennelli fatti di legno, di penne e di setole animali. Fig. 3 – Pittura rupestre di Lascaux (Francia) rappresentante un bisonte in movimento Le figurazioni paleolitiche, secondo G.C. Argan, che pure ci rivelano la visione del mondo dell’uomo primitivo, avevano soprattutto un carattere magico o una finalità pratica: nel riprodurre soggetti animali il cacciatore cercava di cautelarsi da eventuali insuccessi: «Facendo accadere in immagine l’evento auspicato, lo sottraeva in qualche modo all’incertezza del caso: la sua speranza si trasformava in un progetto d’azione». Tale pittura, quindi, era «una pittura non di rappresentazione ma di azione; non raffigurava qualcosa di accaduto [...] ma qualcosa che si voleva che accadesse e che si anticipava col pensiero» (G.C. Argan, Storia dell’arte italiana, Sansoni, Firenze 1985). 8 Capitolo Primo B) Neolitico Nel Neolitico alla pittura e alla scultura si aggiunsero la ceramica e l’architettura, con tipiche costruzioni come il trilìte e il dolmen, il primo composto da due massi verticali e da un architrave orizzontale in pietra, il secondo era un monumento sovente ricoperto di terra, contenente diverse tombe, formato da un numero variabile di blocchi di pietra sostenuti da due supporti (Fig. 4). Diversamente dal periodo precedente, e in coincidenza con l’apparizione del numero, le raffigurazioni tesero a diventare astratte, non più suggerite dall’esperienza. Un numero come il tre non considera cavalli, o uccelli o segni, ma il ripetersi di tre entità di qualsiasi natura, quindi è astraente di per sé. Fig. 4 – Dolmen di Bisceglie Nelle composizioni i motivi diventavano commutabili e sostituibili, purché rimanesse inalterato il numero e con il numero lo spazio, cioè l’intervallo fra il pieno e il vuoto. Le figure cioè venivano disposte, analogamente alle note nell’armonia musicale, ad intervalli regolari, conferendo ritmo alla rappresentazione e dando risalto al movimento. Le origini 9 Questi cambiamenti furono dovuti anche alle mutate condizioni sociali dell’uomo del neolitico, divenuto stabile e dedito principalmente all’agricoltura e alla pastorizia, con una visione meno dinamica della realtà e un bisogno di ordine. Uno stesso animale veniva «riprodotto in serie», con segni essenziali, auspicando una moltiplicazione del proprio bestiame. C) Età del bronzo Nell’Età del bronzo nacque l’urbanistica, con la costruzione di interi villaggi di palafitte collegate da un sofisticato sistema di ponti. A questo periodo risalgono i nuraghi della Sardegna, case fortificate per difendere i campi e i villaggi dalle incursioni dei pirati. Ciò che distingue soprattutto il periodo, da cui il nome, è comunque la capacità di lavorare i metalli (il bronzo, ma anche il rame e l’oro) per ricavarne armi o oggetti d’uso quotidiano, come ruote per carri o ninnoli. La ceramica fu perfezionata, con vasi arricchiti da manici e le prime anfore. Sono questi i secoli del grande sviluppo delle civiltà mediorientali e quello commerciale del bacino mediterraneo orientale. Attraverso culture e civiltà diverse, l’Età del bronzo giunge sino alle prime manifestazioni dell’arte greca arcaica. 2. LE GRANDI CIVILTÀ E L’ORIGINE DELLA SCRITTURA Nell’ultima fase del Neolitico e della prima Età del bronzo si andarono formando, in Egitto, in Asia minore e nel bacino mediterraneo-orientale, le grandi civiltà degli Egizi, dei Sumeri, degli Assiri e dei Cretesi. Furono queste popolazioni le prime a dare vita a veri e propri ordinamenti sociali, politici e religiosi. Sorsero le città, e con esse si andarono sviluppando nuove attività quali il commercio e l’artigianato, che ben presto divennero importanti settori di un’economia precedentemente fondata sulla caccia e l’agricoltura. Di grande rilievo in questo periodo fu l’invenzione della scrittura, da parte dei Sumeri intorno al 3500 a.C. Questa scrittura cuneiforme apparsa per la prima volta nella Babilonia meridionale, il sud dell’attuale Iraq, è stato chiamata così perché i segni grafici avevano la forma di «cunei» aventi valore di parole o di numeri (Fig. 5). Derivò probabilmente da un sistema per registrare le operazioni economiche utilizzando oggetti simbolici d’argilla, racchiusi in piccole capsule cave totalmente chiuse, dette bul- 10 Capitolo Primo lae, che recavano all’esterno intaccature corrispondenti agli oggetti contenuti all’interno. Successivamente fu usata anche per raccontare eventi storici, religiosi e per composizioni letterarie, consentendo la nascita di scuole e di accademie. Fig. 5 – Scrittura cuneiforme Verso la fine del XV secolo a.C., i caratteri cuneiformi si diffusero anche in Egitto, e ben presto tale sistema divenne la scrittura della corrispondenza internazionale. L’avvento della scrittura comportò un mutamento radicale nella cultura del tempo, predisponendo ad un nuovo atteggiamento della mente e degli organi percettivi: nell’oralità la percezione era uditiva, con la scrittura diventava visiva. Le origini 11 La scrittura La scrittura si è evoluta attraverso tre fasi. Nella prima, dei pittogrammi, si scriveva adoperando stilizzazioni di immagini (ad esempio, un cerchio con i raggi per indicare il sole). Vennero poi creati gli ideogrammi, utilizzando simboli per rappresentare un’idea, come negli odierni cartelli stradali. Soltanto nell’ultima fase, quella dei fonogrammi, i segni rappresentano suoni. La scrittura — dalla cui nascita solitamente si fa derivare l’inizio della storia — ebbe, quindi, uno stretto rapporto con le immagini. La natura artistica del segno, tipica di molte civiltà orientali, è testimoniata anche dai successivi sviluppi dell’arte islamica, in cui i segni linguistici assumeranno un valore totalmente autonomo, sostituendo completamente le immagini figurative. Intorno al 3000 a.C., anche gli Egizi diedero vita ad un proprio sistema di scrittura, che i Greci chiamarono geroglifica (cioè scrittura sacra incisa), con segni fonetici. Per scrivere adoperavano penne, ricavate da gambi di giunchi, e inchiostro ottenuto mescolando fuliggine fine con acqua e colla. L’utilizzo di questi mezzi e l’invenzione della carta ricavata dai papiri costituì una vera rivoluzione. Un fondamentale passo successivo fu poi l’invenzione, da parte dei Fenici, dell’alfabeto, il sistema che consente di esprimere con pochi semplici segni praticamente tutti i suoni di una lingua, e che, adottato dai greci e dai romani, è giunto fino a noi. CAPITOLO SECONDO L’ARTE EGIZIA Sommario: 1. La civiltà Egiziana. - 2. L’arte dei primi periodi. - 3. L’arte del Medio Regno. - 4. L’arte del Nuovo Regno. - 5. L’arte della Bassa Epoca. 1. LA CIVILTÀ EGIZIANA La civiltà egiziana si sviluppò nella Valle del Nilo verso la fine del Neolitico, riunendo in un unico Stato le popolazioni che si erano insediate intorno al fiume. Malgrado la grande varietà e ricchezza, la produzione artistica egizia conservò sempre un carattere unitario, dovuto principalmente all’influenza esercitata dalla tradizione politica e religiosa che convergeva nella figura del faraone, ritenuto, oltre che un capo politico, una divinità. Notevole rilevanza ebbero il culto dei morti e la credenza della prosecuzione della vita oltre la morte, rappresentate soprattutto dalla costruzione delle piramidi, ornate di dipinti e in cui, accanto alle salme, venivano deposti vasellame, suppellettili, oggetti ornamentali di osso e avorio, statuine di terracotta e altri oggetti che erano serviti in vita. Grande importanza aveva presso gli egizi anche il culto degli animali, come il gatto, il bue, lo scarabeo, il coccodrillo, l’avvoltoio, il serpente. Le costruzioni funerarie e i dipinti che ne ornavano le pareti si ispiravano a figure di animali ritenuti sacri. Lo stesso faraone veniva frequentemente rappresentato in sembianze di animale, e comparvero le prime immagini di esseri metà uomo e metà bestia, di cui un noto esempio sono le sfingi. La storia dell’antico Egitto è solitamente divisa nei seguenti periodi: Predinastico (5000-3000 a.C.); Antico Regno (2778-2220), con capitale a Menfi; Medio Regno (2040-1688), con capitale a Tebe; Nuovo Regno (15801085 a.C.) e Bassa Epoca (1085-332 a.C.) corrispondente all’ultima dinastia egizia, quella dei Tolomei. L’arte Egizia 13 2. L’ARTE DEI PRIMI PERIODI Lungo tutta la sua storia la produzione artistica, pur con alcune interruzioni coincidenti con le fasi di passaggio tra le dinastie, si mantenne costante in ogni regione. Una delle opere più importanti del primo periodo è la stele del Re-Serpente, oggi conservata al Louvre. A) L’architettura funeraria Nel periodo dell’Antico Regno si andarono delineando nuovi tipi di sepoltura, nettamente differenziati a seconda che dovessero ospitare il faraone o uno dei suoi sudditi. Vennero quindi concepite, oltre alle famose piramidi, le mastabe, destinate alle classi agiate. Mastaba in arabo significa «banco»: il nome, quindi, deriva dalla forma, che ricorda quella delle panche di mattoni che si trovavano lungo i muri delle case. Le mastabe erano costruzioni rettangolari, oblunghe, disposte una accanto all’altra nelle necropoli, aperte verso Oriente, costituite da una sovrastruttura, con uno o più vani e un ingresso, e da una infrastruttura alla quale si accedeva attraverso un pozzo, dove era deposto il cadavere col suo corredo. La parte superiore della mastaba veniva utilizzata per le offerte al Ka, cioè ai cosiddetti «doppi» dell’estinto raffigurati mediante statue, usanza derivata dalla prescrizione di conservare la più grande quantità possibile di immagini del defunto. Anche le pareti difatti erano ornate da rilievi policromi che ne illustravano episodi della vita, con immagini tracciate secondo la tipica maniera pittorica (volto e gambe di profilo, busto di fronte), che creava un particolare contrasto con la fissità e la rigorosa frontalità delle statue. Famose a tal proposito le mastabe della necropoli di Menfi, quelle di Mereruka, di Ti e di Plahhotep a Saqqara, risalenti alla V e VI dinastia. Oltre ai grandi complessi funerari si andò sviluppando nel periodo un’architettura civile, di cui però si hanno poche notizie, riservata a edifici privati, solitamente realizzati con mattoni crudi, legno o canne, e decorati con fasce colorate. 14 Capitolo Secondo Fig. 1 – Piramidi di Cheope, Chefren e Micerino Le piramidi Il primo artefice delle piramidi, che come si è detto erano destinate alla sepoltura del faraone, fu probabilmente Imhotep, architetto di Gioser e fondatore della III dinastia. Questi edifici si trovano esclusivamente nell’area del Basso Egitto, nei dintorni dell’antica capitale. La struttura della piramide derivava probabilmente da un’evoluzione, per moltiplicazione e sovrapposizione, della forma della mastaba. Per la sua costruzione venne utilizzata per la prima volta la pietra, in luogo del mattone crudo e fra le sue caratteristiche, oltre alla forma geometrica simboleggiante un’aspirazione verso l’alto, vi è la strutturazione delle pareti che presentano quasi sempre la stessa inclinazione. Fra le piramidi più famose vanno segnalate quelle della necropoli di El Giza, presso Menfi (Fig. 1), conosciute coi nomi greci di Cheope, la più grande con una superficie di 43.000 metri quadrati e un’altezza di 146 metri circa, di Chefren e di Micerino. Rispetto alle mastabe le piramidi hanno fornito un minor numero di ritratti e di oggetti, perché questi si trovavano negli edifici circostanti andati distrutti. Ogni piramide infatti possedeva, oltre ad annessi al tumulo e alla cripta, un tempio per il culto del defunto ai piedi della costruzione, con numerose statue. Sempre nella necropoli di El Giza si trova, ad esempio, il Tempio della Sfinge, dal quale si poteva accedere al sepolcro del faraone. Il complesso monumentale era completato da un terzo elemento: il tempio a valle, dove si celebravano i riti della sepoltura, collegato alla piramide da un lungo camminamento coperto. Noto è il complesso di sepolcri reali della V dinastia, ritrovato presso Abusir. A fianco alle piramidi di El Giza si trova anche una colossale Sfinge, con testa umana e corpo di leone, lunga 70 metri e alta 20. Fu scolpita direttamente in una collina calcarea e completata con grossi blocchi di pietra. Annessa all’omonima piramide, sembra che fosse stata concepita come immagine del re Chefren. L’arte Egizia 15 B) La scultura Notevole rilevanza rivestono le opere scultoree. Oltre alle raffigurazioni dei faraoni — di cui la più importante è il gruppo che raffigura Micerino e la sua sposa — sono stati ritrovati «ritratti» di sacerdoti, funzionari e scribi. L’artista egizio si serviva di diversi materiali: granito, basalto, calcare bianco o dipinto, alabastro, pietra e legno pregiato, ma durante l’Antico Regno venne preferito il calcare, dipinto in policromia. Nel produrre l’immagine del faraone o di una divinità, lo scultore seguiva sostanzialmente due principi estetici: l’essenzialità e la regolarità. La sua attenzione non era tanto rivolta all’espressività del volto o alla raffigurazione della vitalità dei personaggi, quanto ai rapporti di ordine e simmetria che dovevano stabilirsi fra le parti della struttura. La materia, solitamente un blocco di pietra, veniva squadrata per ricavarne una figura priva di ornamenti e dall’aspetto solido. L’immagine, attraverso la sua immobilità e freddezza, doveva suggerire un’idea di solidità e di solennità eterne. Nello scolpire l’immagine del faraone o di un altro membro della famiglia l’artista dell’Antico Regno doveva attenersi scrupolosamente alle regole dettate dalla tradizione. Se invece il modello era un suddito poteva godere di una maggiore libertà espressiva: ne sono esempi le statue con occhi in calcare bianco, pupille di cristallo di rocca e ciglia in rame, che emanano una intensa e viva espressività. Molto noti, entrambi conservati al Louvre, sono lo Scriba seduto (Fig. 2) e la Testa Salt, detta Testa Rossa, nella quale con notevole realismo un occhio è raffigurato Fig. 2 – Scriba seduto più piccolo dell’altro. 16 Capitolo Secondo C) La pittura Durante l’Antico Regno cominciò ad assumere rilevanza anche la pittura. Interessanti sono le pitture murali della tomba di Nefermaat e di Atet, note col nome di «oche di Meydum», e i due bassorilievi dipinti di Dahsur, oggi conservati nel Museo Egizio del Cairo e al Louvre. Vennero anche introdotte delle innovazioni, come l’uso dei colori verde e blu; tuttavia, l’arte continuò a risentire dell’influenza della tradizione religiosa. Disegno e pittura furono utilizzati come una sorta di scrittura decorativa (Fig. 3), un linguaggio magico regolato da una grammatica rigorosa, che aveva come unico scopo quello di evocare un rito. Nel tracciare le immagini, il pittore dell’Antico Regno utilizzava una sorta di scrittura ingrandita, di geroglifici dell’uomo e della donna, che rimanevano statici e dai volti inespressivi. Anche il colore aveva un valore simbolico: il verde, tipico del papiro, rappresentava la giovinezza; il nero la terra dell’Egitto; il rossiccio, proprio della sabbia del deserto, la sterilità; il bianco la luminosità; il giallo dell’oro l’eternità. Fig. 3 – Geroglifici egizi L’arte Egizia 17 Le caratteristiche della pittura Una delle caratteristiche peculiari della pittura egizia, comune ai vari Regni che si sono succeduti, era la disposizione fronte-profilo della figura umana. Anche la scelta di tale disposizione, così come la stilizzazione dei corpi, era ispirata ad un preciso schema tradizionale. Questi principi venivano rispettati però unicamente nella raffigurazione di soggetti appartenenti al popolo egiziano, mentre in quella di genti straniere, di prigionieri o di schiavi, era sostanzialmente libera e i corpi di sovente rappresentati anche in posizione frontale. Un esempio molto noto sono le pareti dipinte della tomba di Kaiemankh a El Giza, risalente alla VI Dinastia, dove sono raffigurate scene di contadini e di pescatori al lavoro. La rappresentazione di queste figure risulta immediatamente più sciolta. I volti intensamente espressivi e il movimento ritmico dei personaggi conferiscono all’intera raffigurazione una energica vitalità. Altra caratteristica dell’antica pittura egizia, comune alle varie epoche, è l’uso della linea, con la funzione di distinguere le singole parti della struttura e le figure dal fondo, per evitare la sovrapposizione di immagini. La distinzione fra i vari ruoli sociali veniva invece solitamente rappresentata attraverso un uso gerarchico delle proporzioni: la figura del faraone, ad esempio, veniva sempre raffigurata fortemente ingrandita rispetto agli altri personaggi. 3. L’ARTE DEL MEDIO REGNO Verso la fine della VI Dinastia l’Antico Regno decadde e l’Egitto entrò nel periodo denominato Medio Regno, contraddistinto da ricorrenti disordini. Dell’XI Dinastia, verso il 2100 a.C., il principe tebano Mentuhotep III ristabilì l’ordine unificando le terre dell’Alto e del Basso Egitto, ma i conflitti sociali che avevano segnato il periodo precedente avevano comunque lasciato un solco profondo nella cultura. Essendosi persa la fiducia in un sistema ideologico e cosmologico stabile e organizzato, la produzione artistica fu caratterizzata dal declino di quel senso dell’assoluto e dell’eterno che erano stati tipici dell’arte dell’Antico Regno. Ciò è particolarmente visibile nelle opere scultoree dedicate ai faraoni, che perdono gran parte della loro imponenza e diventano più simili agli esseri umani. Ne sono esempi i ritratti di Sesostri I al Museo del Cairo, Sesostri III, Amenemhat III e la Sfinge di granito rosa al Museo del Louvre. Le poche statue-ritratto del tempo, come quelle di Ankh-Reku al British Museum e di Nakhti al Louvre, sono caratterizzate da una vena di malinconia sconosciuta nell’epoca precedente. Durante il Medio Regno iniziò a prevalere la tecnica del rilievo applicata alla decorazione di stele, che finirono col sostituire le statue nelle 18 Capitolo Secondo tombe. Precedentemente, il fondo delle pareti delle mastabe veniva scalpellato per lasciare in rilievo le figure. Anziché scalpellare tutto il fondo, gli artisti del Medio Regno iniziarono invece ad utilizzare il «rilievo inciso», detto anche «rilievo tipografico», consistente nello scolpire le figure direttamente sulla superficie, praticando delle profonde incisioni nel fondo, ottenendo due contorni: uno evidenziato dalla luce che illuminava i rilievi, l’altro disegnato dall’ombra prodotta dal dislivello fra la superficie scolpita e quella liscia della pietra. Fra i più importanti bassorilievi del periodo vanno ricordati quelli che adornano il sarcofago della regina Kawit e la stele di Gehuti-Hetep al Museo del Cairo, la stele di Meru al Museo Egizio di Torino, e la stele di Nakht al Louvre. Durante il Medio Regno furono anche prodotti numerosi «bozzetti» o «modellini», realizzati in legno, di soggetti popolari. Queste statuine venivano deposte nelle tombe in grande quantità, a seconda del numero di servi, schiavi o soldati posseduti in vita dal defunto. Tra le pitture sono interessanti quelle murali di Benï Hassan e della tomba di Knumhotep. 4. L’ARTE DEL NUOVO REGNO A) L’architettura Al Medio Regno, crollato in seguito all’invasione degli Hyksos, un popolo proveniente dalla zona siro-palestinese, fece seguito intorno al 1580 a.C. il Nuovo Regno con capitale a Tebe. In questa fase gli artisti dedicarono maggior attenzione alla costruzione e alla decorazione dei templi, anziché delle tombe. Nelle città vennero eretti colossali edifici, paragonabili nelle dimensioni soltanto alle piramidi dell’Antico Regno, alle quali, a partire dalla XVIII Dinastia, i faraoni rinunciarono, preferendo stabilire i sepolcri negli anfratti delle montagne. Famose a tal proposito sono le tombe della Valle dei Re, ossia la necropoli di Tebe. I templi adibiti al culto del defunto vennero costruiti sempre più lontano, senza comunicazione con le tombe. Di essi talvolta rimane soltanto un pilastro o qualche statua, come nel caso delle due sculture dedicate ad Amenofi III, denominate dai greci Colossi di Memnone, alte circa venti metri. Dell’architettura civile di questo periodo sono state ritrovate scarse testimonianze che lasciano pensare a dei piccoli edifici, costruiti con mattoni crudi. L’arte Egizia 19 Fig. 4 – Tempio di Karnak I grandi templi Il tempio più famoso è quello dedicato alla regina Hatshepsut, costruito sul fianco della montagna e noto col nome arabo di Deir el-Bahari, ossia «Convento del Nord», nel quale sono stati ritrovati numerose statue e bassorilievi. Notevole è anche il tempio di Ramesse II, oggi chiamato Ramesseum. Quelli meglio conservati sono i templi edificati a Luxor e a El Karnak (Fig. 4), entrambi dedicati ad Ammone; di quest’ultimo è assai nota la «sala ipostila» (che in greco vuol dire «sala sostenuta da colonne»), ritenuta la più grande del mondo, che misura circa 100 metri di larghezza e 51 di profondità. Il soffitto, in pietra, è sostenuto da 134 colonne del diametro di 3,58 metri e alte 21 metri. Famose per la loro bellezza sono anche le colonne del tempio di Luxor, che hanno la forma di fasci di steli di papiro cinti da un anello situato sotto il capitello. Le antiche colonne egizie hanno tutte la caratteristica di essere prive della base; nei rari casi in cui è presente è soltanto abbozzata, di modo che la colonna sembra sorgere dal suolo. I templi rappresentarono il vero centro dell’attività politica e religiosa del Regno tebano, e molti di essi vennero interamente decorati da rilievi dipinti. Oltre agli edifici menzionati precedentemente, va ricordato il gruppo dei templi a speos, o «rupestri», cioè scavati nella roccia della Nubia, regione ai confini dell’Egitto. Vi fanno parte i due templi sotterranei di Abu Simbel, dedicati a Ramesse II e alla regina Nefertari. Il primo presenta sulla facciata quattro statue del faraone seduto, scolpite nella roccia e alte circa 20 metri, sormontate da un fregio formato da ventidue scimmie di due metri d’altezza che guardano verso oriente. La prima sala del tempio contiene otto pilastri ed è interamente ornata di bassorilievi. Il tempio dedicato a Nefertari è invece più piccolo e presenta sulla facciata l’immagine della regina accanto a quelle del marito e della dea Hator. 20 Capitolo Secondo B) Le arti figurative La produzione artistica del Nuovo Regno subì una svolta decisiva con l’incoronazione di Amenofi IV, della XVIII Dinastia (ca. 1350 a.C.). Questi, aiutato dalla regina Nefertiti, tentò di attuare una riforma religiosa imponendo il monoteismo e il culto del dio Aton. Trasferì la capitale in una località oggi denominata Tell el-Amârna e cambiò il proprio nome in Ekhnaton. Notevole fu il suo influsso sulle arti figurative, rifiutando i modelli convenzionali e imponendo agli artisti di ritrarlo seguendo canoni realistici. In queste nuove raffigurazioni la sua figura non appare maestosa, come nelle opere che avevano caratterizzato i periodi precedenti, ma emaciata, quasi immateriale. Anche i ritratti della regina e dei membri della famiglia reale possiedono una semplicità e una naturalezza sorprendenti. Gli artisti, emancipatisi dai rigidi principi estetici imposti dalle precedenti tradizioni religiose, poterono esprimersi con più libertà. Da una raffigurazione sintetica ed essenziale si passò ad una maggiore grazia e raffinatezza formale: le figure divennero meno tozze, le estremità meno rigide, i colori meno pesanti. Si realizzarono effetti di trasparenza con mezzi toni e trapassi di tinte e il contorno dei corpi divenne meno rigoroso. Da questa riforma nacque la scuola artistica di Tell el-Amârna, che produsse numerosi capolavori, come i tre ritratti della regina Nefertiti (Fig. 5). I primi due, in quarzite rosa e in calcare, si trovano presso i musei del Cairo e di Berlino; il terzo, un busto policromo attualmente a Berlino, è considerato fra le più affascinanti immagini femminili nella storia dell’arte. Fra le altre opere vanno ricordate un busto in quarzite rosa dedicato a una regina o principessa, al Cairo, e le stele scolpite in bassorilievo e dipinte in policromia, di cui la più nota è quella denominata Gli innamorati nel giardino, a Berlino. Fig. 5 – Ritratto di Nefertiti (Altes Museum, Berlino) L’arte Egizia 21 5. L’ARTE DELLA BASSA EPOCA Alla morte di Ekhnaton, il Regno Egizio entrò in un periodo di decadenza. Disgregato dalle invasioni delle armate assire prima, persiane poi, cadde sotto il dominio di Alessandro Magno, che portò sul trono la dinastia dei Tolomei d’origine greca. Infine venne occupato dai Romani, che lo ridussero a provincia dell’impero. L’attività artistica durante questo periodo non si arrestò, ma venne fortemente influenzata dalla cultura degli invasori o dei confinanti. Si affermò, inoltre, la tendenza ad ispirarsi alle opere del passato, venne per esempio recuperata nei bassorilievi la tecnica del «rilievo inciso», tipica del Medio Regno. Comparve tuttavia una nuova tipologia architettonica, di cui un esempio è il tempio di El Hibe, dove le colonne del porticato vengono per la prima volta unite da mura. I maggiori contributi vennero comunque dalla scultura, con la creazione di statue in bronzo di notevoli dimensioni. Furono adottate anche le tecniche del cesello e della ageminatura (incrostazione di fili e lamine di metallo e di smalti), già note ma poco utilizzate nelle epoche precedenti. Le statue, impreziosite da lamine dorate come nel ritratto della regina Karomama, acquistarono nuova vivacità. Dopo il 666 a.C. salì al trono la dinastia dei principi di Sais ed iniziò un breve ma fiorente periodo artistico, detto appunto saitico. Pur fortemente influenzata dalla cultura greca, la produzione non mancò di originalità. L’influsso greco si esercitò soprattutto sulla scultura e comportò una più libera concezione spaziale e un ammorbidimento della plastica, tendente ad effetti naturalistici. La tecnica privilegiata era quella del «rilievo inciso». Di notevole interesse sono la statua in bronzo di Takusit, conservata nel Museo di Atene, e le numerose, caratteristiche statuine di animali sacri come il gatto, la scimmia e il falco. Pur oscillando fra modelli arcaici e greci, l’arte di questo periodo espresse una raffinata sensualità che costituisce la caratteristica peculiare della Bassa Epoca. Esempi sono le statue di Nakt-Hor-Heb (Louvre), e di Wah-ib-ra (British Museum). Per i busti e le teste — come la Testa verde (Staatliche Museen, Berlino) e il Ritratto di sacerdote (Museo di Boston) — gli scultori saitici e tolemaici utilizzarono prevalentemente rocce vulcaniche anziché il marmo, preferito dai greci. L’interpretazione del modello è talmente realistica che, oltre alle rughe che segnano il viso, sembra di intravedere sotto la superficie della pietra la struttura ossea del cranio. 22 Capitolo Secondo Durante la Bassa Epoca la pittura abbandonò le innovazioni introdotte dalla scuola di Tell el-Amârna e riportò in vita i precedenti canoni estetici. Si andarono nuovamente moltiplicando — come nella Stele di Tent Scenat (Louvre) — i simboli magici e religiosi e si tornò a dar risalto al carattere grafico della composizione. Il colore, riutilizzato in senso antinaturalistico e decorativo, restituì alle immagini l’antica piattezza e immobilità. CAPITOLO TERZO L’ARTE MESOPOTAMICA E MEDIORIENTALE Sommario: 1. L’arte Sumerica e Accadica. - 2. L’arte Babilonese. - 3. L’arte Assira e Neobabilonese. - 4. L’arte dell’antico Iran. - 5. L’arte Fenicia. 1. L’ARTE SUMERICA E ACCADICA A) La civiltà Sumerica In Mesopotamia sorsero le prime città della storia — come Uruk, Akkad, Ninive, Ur, Babele o Babilonia — ma fino agli scavi del 1843 se ne aveva notizia soltanto dalla Bibbia, essendo rimaste sepolte sotto la sabbia del deserto. La civiltà sumerica si sviluppò in una regione compresa fra i fiumi Tigri ed Eufrate, dove s’insediarono anche i Semiti e alcune popolazioni indoeuropee. L’arte mesopotamica, diversamente da quella egizia, fu quindi contraddistinta da una varietà di forme e di stili dovuta alla pluralità di etnie e di culture. Del primo periodo della civiltà mesopotamica, detto protostorico, che va dalla fine della preistoria fino al 3000-2900 a.C. — cioè fino all’epoca in cui si fa risalire l’invenzione della scrittura — restano poche tracce, costituite soprattutto da vasi e piatti in ceramica dipinta, di forme semplici e una decorazione quasi sempre astratta e stilizzata. Una delle opere più significative di questo primo periodo della storia mesopotamica è lo Stendardo di Ur (British Museum), che raffigura la vita dei membri della I Dinastia. È costituito da un pannello rivestito da lapislazzuli che compongono il fondo, su cui sono incastonate piccole figure di conchiglie o di madreperla, disposte in modo da dare la sensazione, osservandole da sinistra verso destra, che si muovano. Per tale motivo, alcuni storici vi hanno individuato il primo «disegno animato» della storia. Molto noto è il «tempio bianco», considerato il prototipo più antico dell’architettura verticale, tipica delle ziqqurat: costruzioni sacre, alte da tre a sette piani. Sono stati ritrovati nel territorio dove sorgeva l’antica città di Eridu diciotto santuari, sovrapposti. I templi degli strati più bassi furono costruiti da un popolo sconosciuto, mille anni prima dell’arrivo dei Sumeri. 24 Capitolo Terzo Fig. 1 – Stele degli avvoltoi Importanti opere, ritrovate nei pressi di Lagas, sono la Stele degli avvoltoi (Fig. 1) e il Vaso in argento di Entemena. Quest’ultimo rappresenta un esempio della perizia tecnica cui erano giunti gli artisti sumeri nella lavorazione dei metalli. Sia il Vaso di Entemena sia gli oggetti ritrovati nelle due tombe della regina Shubad, nei dintorni di Ur, sono realizzati in oro o argento, e riccamente decorati con lapislazzuli, perle, avorio e madreperla. Le statuette d’argilla, le maschere e le statue-ritratto Fig. 2 – Statuetta di argilla proveniente da Ur Nei pressi di Ur sono state trovate alcune statuette in argilla (Fig. 2) raffiguranti donne dalla testa di uccello o di serpente. Queste sculture, appartenenti al IV millennio, diversamente dai vasi, presentano una decorazione figurativa. Una delle più note è il «mostro» in roccia cristallina, conservato al Museo di Brooklyn, che raffigura un essere ibrido, con testa di leonessa ed è ritenuta una delle prime opere sumeriche, segnando la fine del periodo protostorico e l’avvento della prima dinastia