L’universo di Aristotele era unico in quanto pensato come il solo universo esistente; chiuso, poiché immaginato come una sfera limitata dal cielo delle stelle fisse oltre al quale non c’era nulla, neanche il vuoto. Essendo chiuso, l’universo era anche finito, in quanto l’infinito appariva soltanto un’idea e non una realtà attuale. TALE UNIVERSO ERA FATTO DI SFERE CONCENTRICHE Si avevano così, oltre alla sfera delle stelle fisse, i cieli di Saturno, Giove, Marte, Mercurio, Venere, Sole, Luna. Al di sotto di quest’ultima stava la zona dei quattro elementi con la terra immobile ed al centro di tutto. Il mondo aristotelico-tolemaico era inoltre pensato come qualitativamente differenziato: la Terra imperfetta mentre il “mondo sopralunare”, formato da un elemento divino, l’ETERE, incorruttibile e perenne. La visione astronomica di Aristotele venne accettata anche dalla teologia cristiana poiché presuppone la Terra al centro dell’universo come sede privilegiata della storia del mondo e l’uomo come fine della creazione. Secondo Copernico al centro dell’universo, sostituito alla Terra, sta, immobile, il Sole; attorno al Sole ruotano i pianeti e la Terra prende posto tra questi girando su se stessa ed originando, così, il moto apparente, attorno ad essa, del Sole, dei pianeti e delle stelle. La Luna ruota attorno alla Terra; infine, lontane dal Sole stanno, fisse, le stelle. Questa nuova visione, però, rimaneva simile alla vecchia immagine dell’universo; infatti egli concepiva ancora l’universo SFERICO, UNICO e CHIUSO dal cielo delle stelle fisse. Inoltre, accettava il principio della perfezione dei moti circolari uniformi delle sfere cristalline, pensate ancora come entità reali ed incorruttibili. Questi ebbe il merito di negare l’esistenza delle sfere solide e reali dell’astronomia antica, sostituendo il concetto fisico di orbe con quello matematico di orbita. Egli fu l’ideatore del SISTEMA TICONICO, ovvero un sistema cosmologico «misto»; sosteneva che i pianeti giravano attorno al sole, mentre il sole girava, a sua volta, attorno alla Terra che rimaneva al centro dell’universo. Questo modello astronomico ebbe migliore accoglienza di quello copernicano perché, pur conservandone molti vantaggi matematici, era sostanzialmente «conservatore», almeno per quanto riguarda la posizione della Terra, e quindi sembra escludere ogni conflitto con le Sacre Scritture. Sole che gira attorno alla Terra Terra, immobile, al centro dell’universo Al centro dell’universo pensava esserci il Sole, immagine di DIO, dal quale deriverebbero ogni luce, ogni calore ed ogni vita. Il numero dei pianeti e la loro disposizione obbedirebbero ad una precisa legge di armonia geometrica; i cinque pianeti costituiscono infatti un poliedro regolare e si muoverebbero secondo sfere inscritte o circoscritte al poliedro delineato dalla loro posizione reciproca. Nei suoi scritti astronomici ed ottici, al posto delle intelligenze motrici pose forze puramente fisiche; ritenne il mondo necessariamente partecipe della quantità, e la materia legata ad un ordine geometrico. Rimase però sempre fedele al principio che l’oggettività del mondo è una proporzione matematica implicita in tutte le cose. Era questo lo stesso principio che lo spinse a formulare le leggi sui movimenti dei pianeti. Grazie alle osservazioni di Brahe riuscì a correggere, usando le proprie leggi, la dottrina di Copernico. Bruno giunge ad una nuova visione dell’universo che, si badi bene, non deriva da osservazioni astronomiche o calcoli matematici, in cui il filosofo fu poco versato e tecnicamente poco competente, bensì da un’intuizione di fondo del suo pensiero - quella circa l’infinità dell’universo - alimentata dal copernicanesimo. L’idea che l’astronomo polacco fa balenare dinanzi alla fervida immaginazione di Bruno è la seguente: se la Terra è un pianeta e gira attorno al sole, le stelle che si vedono nelle notti serene non potrebbero essere tutte immobili soli circondate da altrettanti pianeti? Questa convinzione viene trasportata dal piano astronomico a quello metafisico; infatti nella sua mente filosofia e astronomia formavano un tutt'uno, da cui scaturisce la medesima conclusione dell’infinità dell’universo, che viene dedotta dal principio teologico secondo cui il mondo (avendo la sua causa in un Essere infinito) deve per forza essere infinito. Le tesi cosmologiche rivoluzionarie di Bruno, che poi caratterizzeranno quelle della scienza moderna, sono: • L’abbattimento delle «mura esterne» dell’universo; • La pluralità dei mondi e la loro possibile abitabilità; • Identità di struttura tra cielo e terra; • Geometrizzazione dello spazio cosmico; • L’infinità dell’universo. Questa prima tesi implica la distruzione dell’idea secolare dei «confini» del mondo; Bruno grida che le fantastiche muraglie celesti non esistono, perché l’universo è aperto in ogni direzione e le stelle fisse si trovano «disperse» in uno spazio senza limite. Questa seconda tesi, strettamente connessa alla prima, implica la moltiplicazione dell’infinito dei corpi che «corrono» per il cielo; ossia il concetto di una pluralità illimitata di sistemi solari (ritenuti popolati da creature viventi, senzienti e razionali). La terza tesi, già presente negli atomisti ed in Cusano, implica il superamento del «dualismo astronomico» tolemaico (tra mondo soprannaturale e mondo sublunare) e l’unificazione del cosmo in una sola, immensa regione. La quarta tesi, strettamente intrecciata alla terza, considera lo spazio come qualcosa di unico e di omogeneo, ossia fondamentalmente simile a se stesso in tutto l’universo. In quanto tale, allora, lo spazio del mondo è acentrico poiché in esso, nota Bruno, non esiste alcun punto assoluto di riferimento essendo i riferimenti relativi tra astro ed astro. La quinta tesi, in Bruno, è in realtà la prima, essendo l’ideamadre che sta alla base di tutte le altre: egli riteneva l’universo un Senza-limiti dai caratteri divini, infinito lo spazio, infiniti i mondi, infinite le creature, infinita la vita e le sue forme, ecc. Ciò nonostante, queste tesi apparvero soltanto il frutto di una mente esaltata, anche i più grandi astronomi del tempo - Brahe, Keplero, Galilei - le accolsero freddamente e lo rifiutarono in gran parte, respingendo soprattutto l’idea della pluralità dei mondi e dell’infinità dell’universo. Il ruolo di Galilei, per la distruzione del sistema aristotelico-tolemaico, è stata la conferma, dal punto di vista matematico, delle nuove teorie. Egli attraverso l’esplorazione del cielo arriva a compiere scoperte che rafforzano la teoria copernicana e dà il colpo decisivo alla vecchia cosmologia. Grazie al CANNOCCHIALE riuscì a scoprire: Le macchie solari I satelliti di Giove Le fasi di Venere Gli anelli di Saturno I crateri lunari Il cannocchiale È il risultato della combinazione di due lenti, una piano-concava e l'altra piano-convessa entro un tubo. Le lenti sono poste una in prossimità dell'occhio (oculare), l'altra all'estremità opposta del tubo (obiettiva). L'invenzione va assegnata ad artefici olandesi, ma Galileo ne perfezionò le prestazioni aumentando la capacità di ingrandimento delle lenti e trasformandolo in un formidabile strumento per l'indagine astronomica. Galilei notò sulla superficie solare delle macchie che si formavano e sparivano, attestando l’esistenza di un processo di trasformazione in atto e dimostrando clamorosamente come anche i corpi celesti fossero soggetti a fenomeni di alterazione e mutamento. Osservando Giove Galilei notò quattro piccoli pianeti che gli ruotavano attorno. In questo modo scoprì che esistevano altri pianeti oltre a quelli già conosciuti: SOLE MERCURIO VENERE TERRA MARTE GIOVE SATURNO Nell’antichità e nel Medioevo si era sempre creduto che soltanto la Terra fosse un corpo opaco, illuminato dal Sole e privo di luce propria. Invece la scoperta galileiana delle fasi di Venere, inducendo a pensare che tale astro ricevesse luce dal Sole girandogli attorno, offriva spunto per ritenere che tale spiegazione potesse valere anche per gli altri pianeti. Secondo la cosmologia aristotelica, tutti i corpi celesti erano sferici e perfetti, ma le prime osservazioni di Saturno al telescopio costituirono una vera sorpresa. Nel luglio del 1610, osservò Saturno quando era in opposizione; il suo strumento non era abbastanza potente per distinguere gli anelli, ed essi gli apparirono come dei rigonfiamenti laterali del pianeta. Egli interpretò così questo aspetto: "....Saturno non è un astro singolo, ma è composto di tre corpi, che quasi si toccano, e non cambiano ne' si muovono l'uno rispetto all'altro, e sono disposti in fila lungo lo zodiaco, e quello centrale è tre volte più grande degli altri due....”. Lo scienziato dette così al pianeta il nome di "Saturno tricorporeo". Egli osservò, dopo, che i corpi laterali erano scomparsi; infatti, durante il moto di Saturno nella sua orbita, il piano degli anelli cambia direzione rispetto alla Terra: quando essi si presentavano di taglio, non potevano essere visti al cannocchiale. Tradizionalmente si riteneva la luna, analogamente agli altri corpi celesti ed a differenza della Terra, fosse rivestita da una superficie “liscia” e “levigata”. Invece Galilei scoprì molte macchie scure su di essa e le intese come le ombre delle montagne lunari proiettate sotto effetto della luce del Sole. Dimostrò così che la superficie lunare era “rugosa” come quella terrestre.