SETE di PAROLA
XXVII Settimana del Tempo Ordinario
dal 5 all’ 11 ottobre 2014
VANGELO del GIORNO
COMMENTO
PREGHIERA
IMPEGNO
Domenica 5 ottobre 2014
Liturgia della Parola
Is 5,1-7; Sal 79; Fil 4,6-9; Mt 21,33-43
LA PAROLA DEL SIGNORE
In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani
del popolo: «Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo, che
possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con
una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una
torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò
lontano. Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai
contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo
bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri
servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo.
Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio
figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su,
uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori
dalla vigna e lo uccisero. Quando verrà dunque il padrone della vigna, che
cosa farà a quei contadini?». Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire
miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli
consegneranno i frutti a suo tempo». E Gesù disse loro: «Non avete mai letto
nelle Scritture:“La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la
pietra d’angolo;questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri
occhi”?Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo
che ne produca i frutti».
… È MEDITATA
Dopo il sorpasso delle prostitute e dei
pubblicani, i sacerdoti e gli anziani
devono mandar giù un altro boccone
amaro. Con questa nuova parabola la seconda di un trittico che Matteo ha
abilmente composto - Gesù svela la
chiave di lettura della storia della
salvezza,
cavalcando
le
onde
dell'allegoria della vigna del grande
Isaia, che troviamo nella prima lettura
di oggi. La vigna è il popolo di Israele,
il padrone è Dio, i contadini sono i
capi del popolo, i servi i profeti e il
Figlio è Gesù. Il racconto della
parabola narra l'intreccio della nostra
infedeltà con la passione ostinata di
Dio. Gesù anticipa ciò che sta per
accadere: come i profeti e il cugino
asceta Giovanni, anche Lui verrà
rifiutato. Gli ascoltatori vengono
raggiunti nelle loro chiusure e
presunzioni:
sanno
rispondere
correttamente alla domanda del
Rabbì di Nazareth, ma non ne
traggono le conseguenze, non si
lasciano aprire gli occhi. Sono
convinti che Gesù parli con loro. In
realtà, il Maestro, parla di loro. E'
bellissimo questo padrone attento e
appassionato per la sua vigna. La
pianta con cura, le fa una siepe
attorno che possa custodirla come il
suo abbraccio, scava un frantoio
perché è certo che porterà frutto
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È bella questa immagine di un Dio
appassionato, che fa per me ciò che
nessuno farà mai; un Dio contadino
che, come fa ogni contadino, dedica
alla vigna più cuore e più cure che
ad ogni altro campo. Dio ha per me
una passione che nessuna delusione
spegne, che non è mai a corto di
meraviglie, che ricomincia dopo ogni
mio rifiuto ad assediare il cuore. Per
prima cosa, prima di qualsiasi
azione, io voglio sostare dentro
questa esperienza: sentire di essere
vigna amata, lasciarmi amare da
Dio. Non sono altro che una vite
piccolina, ma a me, proprio a me Dio
non
vuole
rinunciare.
abbondante e costruisce una torre
perché
dall'alto
la
si
possa
sorvegliare. Ma questa tenerezza
contrasta con la furia omicida dei
vignaioli che fanno piazza pulita dei
servi e nemmeno si arrestano davanti
al figlio. Questo contrasto è l'eterno
intreccio tra l'amore di Dio e il nostro
rifiuto. Quanti messaggeri Dio manda
nella nostra vita e quante chiusure,
mediocrità e falsità ancora segnano il
nostro
rapporto
con
Lui.
Quando ci apriremo per davvero alla
sua visita? Quando smetteremo di
pretendere che Dio ci ascolti, senza
aver nemmeno provato a sentire se
Lui ha qualcosa da dirci? Quando
concederemo a Lui il primato sulla
nostra vita?
… È PREGATA
O Dio, fonte di ogni bene, che esaudisci le preghiere del tuo popolo al di là di
ogni desiderio e di ogni merito, effondi su di noi la tua misericordia: perdona ciò
che la coscienza teme e aggiungi ciò che la preghiera non osa sperare.
… MI IMPEGNA
Questa parabola ci provoca? Sentiamo che ci interpella personalmente e come
comunità?
Le attese del Signore e i tentativi che fa per ottenere i “frutti”, cadono a vuoto e
restano delusi oppure trovano in noi i vignaioli fedeli che “glieli consegnano a
suo tempo”, puntualmente?
Ogni gesto di bontà, ogni compimento del proprio dovere, ogni testimonianza,
ogni servizio, ogni preghiera perché su tutta la terra cresca il popolo nuovo che
fa “fruttificare il Regno”: sono tutti frutti, uno più bello e più gustoso dell’altro,
di cui quotidianamente possiamo riempire il nostro cesto per il Signore.
Alla sera proverò a verificare quanti e quali frutti ho potuto offrirgli per la gioia
sua e mia.
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Lunedì 6 ottobre 2014
Liturgia della Parola
Gal 1,6-12; Sal 110; Lc 10,25-37
LA PAROLA DEL SIGNORE
… È ASCOLTATA
In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e
chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli
disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Costui rispose:
«Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con
tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso».
Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai». Ma quello, volendo
giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo
scendeva da Gerusalemme a Gèrico e cadde nelle mani dei briganti, che gli
portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo
mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e,
quando lo vide, passò oltre. Anche un levìta, giunto in quel luogo, vide e
passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto,
vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi
olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si
prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede
all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo
pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui
che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto
compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».
… È MEDITATA
Chi è il mio prossimo? Non è una
domanda ingenua quella rivolta a
Gesù, ma una delle tipiche domande
che i discepoli rivolgevano ai rabbini.
Prossimo è chi ti sta vicino, il tuo
connazionale, quello della tua tribù e
della tua razza. Quindi lo devi amare
e rispettare, gli altri, pazienza. Gesù,
invece, ribalta la prospettiva, e ribalta
anche lo sprovveduto dottore della
legge! È il samaritano il protagonista
della parabola, lo straniero, il
clandestino che, nel momento del
bisogno, è l'unico che si ferma. Non
come i devoti e i preti che tirano
diritto, con tutte le loro sane e
sacrosante ragioni. Ma tirano diritto. È
l'odiato e disprezzato samaritano da
imitare, nel suo prendersi cura, farsi
carico, pagare di persona. Così è
l'amore, amici: lontano dalla teoria e
ben saldo nella pratica, declinato
nelle mille sfumature che la vita ci
propone. E Gesù provoca il discepolo,
e noi: "non chiederti chi ti è prossimo,
ma a chi sei disposto di farti
prossimo?". Proprio le persone più
antipatiche, più difficili, più meschine,
quelli che consideriamo l'avversario e
il nemico sono il nostro prossimo di
cui farci carico. Lasciamo pure che
questa parola ci imbarazzi, ci giudichi,
ci scomodi: abbiamo tutta la vita per
convertirci!
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Dio sempre vuole la misericordia e
non la condanna verso tutti. Vuole la
misericordia del cuore, perché Lui è
misericordioso e sa capire bene le
nostre miserie, le nostre difficoltà e
anche i nostri peccati. Dà a tutti noi
questo cuore misericordioso! Il
Samaritano fa proprio questo: imita
proprio la misericordia di Dio, la
misericordia verso chi ha bisogno.
… È PREGATA
Signore Gesù, donami la Grazia di non passare mai “oltre” quando incontro
lungo la strada una persona colpita dalla sventura. Ti dico “donami la Grazia”
perché solo chi vive la virtù è capace di vedere quello che conviene a quella
virtù. Così, chi è caritatevole capisce ciò che conviene alla carità, come chi è
puro capisce ciò che conviene alla purezza. Chi non vive finisce per non capire.
Allora, dammi di essere caritatevole. Amen.
… MI IMPEGNA
« Se uno dicesse: “Io amo Dio” e odiasse il suo fratello, è un mentitore. Chi
infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede ».
Vi è un collegamento inscindibile tra amore di Dio e amore del prossimo.
Entrambi si richiamano così strettamente che l'affermazione dell'amore di Dio
diventa una menzogna, se l'uomo si chiude al prossimo o addirittura lo odia.
L'amore per il prossimo è una strada per incontrare anche Dio e il chiudere gli
occhi di fronte al prossimo rende ciechi anche di fronte a Dio.
Il programma del cristiano — il programma del buon Samaritano, il
programma di Gesù — è « un cuore che vede ». Questo cuore vede dove c'è
bisogno di amore e agisce in modo conseguente.
(Benedetto XVI)
Martedì 7 ottobre 2014
Beata Vergine Maria del Rosario
- Il Rosario è, nato
dall'amore dei cristiani per Maria in epoca medioevale, forse al
tempo delle crociate in Terrasanta. L'oggetto che serve alla recita di
questa preghiera, cioè la corona, è di origine molto antica. Gli
anacoreti orientali usavano pietruzze per contare il numero delle
preghiere vocali. Nei conventi medioevali i fratelli laici, dispensati
dalla recita del salterio per la scarsa familiarità col latino,
integravano le loro pratiche di pietà con la recita dei "Paternostri",
per il cui conteggio S. Beda il Venerabile aveva suggerito l'adozione di una collana di
grani infilati a uno spago. Poi, narra una leggenda, la Madonna stessa, apparendo a S.
Domenico, gli indicò nella recita del Rosario un'arma efficace per debellare l'eresia
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albigese. Nacque così la devozione alla corona del rosario, che ha il significato di una
ghirlanda di rose offerta alla Madonna. La celebrazione della festività odierna, istituita
da S. Pio V per commemorare la vittoria riportata nel 1571 a Lepanto contro la flotta
turca (inizialmente si diceva "S. Maria della Vittoria"), il giorno 7 ottobre, che in
quell'anno cadeva di domenica, venne estesa nel 1716 alla Chiesa universale, e fissata
definitivamente al 7 ottobre da S. Pio X nel 1913.
Liturgia della Parola
Gal 1,13-24; Sal 138; Lc 10,38-42
LA PAROLA DEL SIGNORE
… È ASCOLTATA
In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una
donna, di nome Marta, lo ospitò. Ella aveva una sorella, di nome Maria, la
quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era
distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: «Signore, non
t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque
che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti
per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte
migliore, che non le sarà tolta».
… È MEDITATA
Noi vogliamo fare chissà cosa per
il Signore: non capiamo che è Lui
che deve agire. Siamo presi dalle
cose da fare: non capiamo che è
Lui che deve agire. Il Signore ci
chiede la disponibilità perché Lui
possa agire. Il Signore vuole la
priorità: noi dobbiamo presentarci
a Lui in semplicità. Maria ha
afferrato l’essenziale: ciò che
conta è stare con Gesù. Le altre
cose vengono dopo. Il fare spesso
non deriva dalla generosità ma
dall’egocentrismo
poiché
pensiamo di dover fare tutto noi e
non siamo disponibili a fare agire il
Signore. Il cristianesimo, la santa
fede rivelata, spesso noi lo
rendiamo stressante perché lo
interpretiamo per quello che non è
e cioè una religione del fare. La
stessa Santa Messa, il momento
culmine, in cui il cristiano
dovrebbe trovare il conforto
dell’aiuto del Signore, la pace
nella confidenza in Lui, il distacco
dalle cose passeggere, la forza
per la missione, noi la rendiamo
stressante cercando sempre di
trovare idee e significati che
motivino la nostra partecipazione
e rendano “interessanti” i Sacri
Misteri. Quale goffaggine! Ebbene
il Signore vuole la priorità: è Lui a
parlare, noi dobbiamo ascoltare.
Come ha fatto Maria di Nazaret.
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Il Rosario pur caratterizzato dalla
sua fisionomia mariana, è preghiera
dal cuore cristologico. Nella sobrietà
dei suoi elementi, concentra in sé la
profondità dell'intero messaggio
evangelico, di cui è quasi un
compendio. In esso riecheggia la
preghiera di Maria, il suo
perenne Magnificat per
l'opera
dell'Incarnazione redentrice iniziata
nel suo grembo verginale. Con esso il
popolo cristiano si mette alla scuola
di Maria, per lasciarsi introdurre
alla contemplazione della bellezza
del volto di Cristo e all'esperienza
della profondità del suo amore.
Mediante il Rosario il credente
attinge abbondanza di grazia, quasi
ricevendola dalle mani stesse della
Madre del Redentore.
Giovanni
Paolo
II
… È PREGATA
Signore Gesù, aiutami a svolgere con serenità i mille compiti di ogni giorno e
concedimi prima ancora di trovare il tempo necessario per restare ai tuoi piedi
in obbediente e amoroso ascolto di Te. Amen.
… MI IMPEGNA
Ciò che conta è stare con Gesù. Mi interrogo sulla consistenza della mia
preghiera. Una proposta, allora: perché non far diventare Betania la nostra
giornata? Dedicare ogni giorno un momento, anche piccolo, in cui
interrompere il flusso di parole che rivolgiamo a Dio per metterci in ascolto
di ciò che lui, una volta tanto vuole dirci. Siamo la consolazione di Dio,
amici, siamo la consolazione di Dio, ascoltiamo il Figlio dell'uomo che ci
onora di essere suoi famigliari...
Mercoledì 8 ottobre 2014
Liturgia della Parola
Gal 2,1-2.7-14; Sal 116; Lc 11,1-4
LA PAROLA DEL SIGNORE
… È ASCOLTATA
Un giorno Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei
suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni
ha insegnato ai suoi discepoli». Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:
Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno; dacci ogni giorno il
nostro pane quotidiano, e perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti
perdoniamo a ogni nostro debitore, e non abbandonarci alla tentazione».
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… È MEDITATA
Dai racconti evangelici emerge con
estrema chiarezza che la preghiera è
una dimensione essenziale nella vita
di Gesù. Più volte si narra di Gesù
che si ritira in preghiera in luoghi
appartati, e spesso di notte. Era per i
discepoli una esperienza del tutto
singolare.
Essi con
attenzione
osservavano il loro maestro pregare.
Luca racconta che al termine di uno di
questi momenti di preghiera di Gesù
un discepolo gli chiede: "Signore,
insegnaci a pregare". È una domanda
bella che dobbiamo fare anche
nostra. Abbiamo, infatti, bisogno di
apprendere a pregare, e a pregare
come pregava Gesù, con la stessa
fiducia e la stessa confidenza che egli
aveva verso il Padre. Gesù si
rivolgeva al Padre, appunto, come
Figlio, qual egli era. E così vuole che
facciano anche i suoi discepoli. La
prima parola che egli mette sulle loro
labbra è "abba", il tenero appellativo
con cui i bambini si rivolgevano al
padre. Subito chiarisce che si tratta di
un Padre che è comune a tutti noi, un
Padre "nostro", appunto. Nella
preghiera la prima attitudine richiesta
è riconoscersi figli, bambini che si
affidano totalmente al Padre comune.
Seguono, quindi, le parole di lode a
Dio perché il suo nome sia lodato e il
suo regno venga presto tra gli uomini;
e poi Gesù ci fa' chiedere il pane per
la vita quotidiana ed anche il perdono
vicendevole: pane e perdono, due
dimensioni essenziali per la nostra
vita.
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La preghiera è la chiave che
consente a Dio di entrare nel nostro
cuore e riempirlo dei suoi doni.
… È PREGATA
Insegnaci a pregare, Signore, che ne sappiamo noi mendicanti, di preghiera?
Come possiamo imitare la tua preghiera intensa, quella preghiera che ha
preceduto e accompagnato ogni tua scelta, ogni tuo gesto, ogni tuo miracolo?
No, sono fragili le nostre preghiere, non sanno chiedere, non sanno ringraziare,
non sanno aspettare. Spesso, troppo spesso, sono solo fiumi di parole,
invocazioni messe in fila quasi per sfinire te e noi... Insegnaci a pregare,
Signore, per accedere a Dio, in nome tuo, per orientare la nostra vita, per sapere
cosa fare, quando è tenebra; per resistere, quando è notte; per gioire, quando il
sole della tua presenza è alto nel cielo della nostra vita! Insegnaci a pregare,
Signore, perché abbiamo un solo Maestro che ci possa consolare e sei tu. Te solo
riconosciamo, te solo invochiamo, senza correre dietro ad altri, senza illuderci
che qualcuno, oltre a te, ci possa portare verso Dio. Insegnaci a pregare,
Maestro, come fece Giovanni Battista con i suoi, per essere riconosciuti, per
esserti discepoli. E Gesù risponde. Quando pregate, dite così: Padre...
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… MI IMPEGNA
Quando pronunciate la vostra preghiera, cercate di fare in modo che esca dal
cuore. Nel suo vero senso, la preghiera non è altro che un sospiro del cuore
verso Dio; quando manca questo slancio, non si può parlare di preghiera.
Giovedì 9 ottobre 2014
Liturgia della Parola
Gal 3,1-5; Sal Lc 1,69-75; Lc 11,5-13
LA PAROLA DEL SIGNORE
… È ASCOLTATA
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se uno di voi ha un amico e a
mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, perché è giunto da
me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”, e se quello
dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i
miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, vi dico che,
anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua
invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono. Ebbene, io vi dico:
chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché
chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. Quale
padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del
pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che
siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro
del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».
… È MEDITATA
Gesù conosce i dubbi che i discepoli
hanno sull'efficacia della preghiera. E
vuole chiarirli subito, tanto essa è
importante per i credenti. Narra due
parabole. La prima è quella dell'amico
importuno. Gesù sembra voler
spingere i discepoli ad essere
anch'essi "importuni" con il Padre
nella
preghiera.
È
necessario
perseverare
nel
domandare:
"chiedete e vi sarà dato", dice ai
discepoli, appunto come accade nella
parabola. La preghiera insistente
costringe Dio "ad alzarsi" e ad
esaudire la nostra richiesta. E Dio,
continua Gesù con la seconda
parabola, non solo risponderà, ma
darà sempre cose buone ai figli. Egli
ascolta sempre coloro che si
rivolgono a lui con fiducia. Davvero la
preghiera ha una forza incredibile,
riesce anche a "piegare" Dio verso di
noi. Il problema è che spesso non
siamo perseveranti nella preghiera,
soprattutto nella preghiera comune, e
non poche volte la nostra fiducia è
davvero limitata. Lasciamoci toccare il
cuore da questa pagina evangelica e
scopriremo la forza e l'efficacia della
preghiera.
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Non è necessario dire tante parole
nella preghiera. Dì sovente: "Signore,
abbi pietà di noi come tu vuoi e come
tu sai". Quando la tua anima è in
angustie, dì: "Aiutami". E Dio ti farà
misericordia perché sa quello che ti
conviene.
… È PREGATA
Signore Gesù insegnami a saper insistere nel chiedere al Padre il dono del tuo
Santo Spirito. Rendimi perseverante nella preghiera ben sapendo che “chi
chiede ottiene, chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto”. Amen.
… MI IMPEGNA
La qualità della nostra preghiera è in diretta relazione col rapporto di fedefiducia che abbiamo col Padre. E' il grande abbandono in Lui che ci ottiene lo
Spirito Santo con tutte le sue energie per una vita vera e serena.
La nostra preghiera è autentica se è perseverante. Dio non lo si "gettona"! Il
cuore impara a contattarlo per qualunque necessità nella consapevolezza che
Egli è l'Amore. Pregarlo ogni giorno, anzi ad ogni momento è il "respiro" che
conta e mi fa vivere!
Venerdì 10 ottobre 2014
Liturgia della Parola
Gal 3,7-14; Sal 104; Lc 11,15-26
LA PAROLA DEL SIGNORE
… È ASCOLTATA
In quel tempo, dopo che Gesù ebbe scacciato un demonio, alcuni dissero: «È
per mezzo di Beelzebùl, capo dei demòni, che egli scaccia i demòni». Altri
poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo. Egli,
conoscendo le loro intenzioni, disse: «Ogni regno diviso in se stesso va in
rovina e una casa cade sull’altra. Ora, se anche Satana è diviso in se stesso,
come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demòni per
mezzo di Beelzebùl. Ma se io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl, i vostri
figli per mezzo di chi li scacciano? Per questo saranno loro i vostri giudici. Se
invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di
Dio. Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, ciò
che possiede è al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli
strappa via le armi nelle quali confidava e ne spartisce il bottino. Chi non è
con me è contro di me, e chi non raccoglie con me disperde. Quando lo
spirito impuro esce dall’uomo, si aggira per luoghi deserti cercando sollievo e,
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non trovandone, dice: “Ritornerò nella mia casa, da cui sono uscito”. Venuto,
la trova spazzata e adorna. Allora va, prende altri sette spiriti peggiori di lui,
vi entrano e vi prendono dimora. E l’ultima condizione di quell’uomo diventa
peggiore della prima».
… È MEDITATA
PAPA FRANCESCO: Per
favore,
non facciamo affari con il demonio e
prendiamo sul serio i pericoli che
derivano dalla sua presenza nel
mondo. La presenza del demonio è
nella prima pagina della Bibbia e la
Bibbia finisce anche con la presenza
del demonio, con la vittoria di Dio sul
demonio. Ma questi, ha avvertito,
torna sempre con le sue tentazioni. E
sta a noi non essere ingenui.
Certamente è vero che in quel tempo
si poteva confondere l’epilessia con la
possessione del demonio, ma è
anche vero che c’era il demonio. E
noi non abbiamo il diritto di rendere la
cosa tanto semplice, liquidandola
come se si trattasse di malati psichici
e non di indemoniati. Gesù ci offre
alcuni criteri per capire questa
presenza e reagire. Come andare per
la nostra strada cristiana quando ci
sono le tentazioni? Quando entra il
diavolo per disturbarci? Il primo dei
criteri suggeriti dal brano evangelico è
che non si può ottenere la vittoria di
Gesù sul male, sul diavolo, a metà.
«O sei con me o sei contro di me; chi
non è con me è contro di me e chi
non raccoglie con me disperde». Non
si può continuare a credere che sia
un’esagerazione: O sei con Gesù o
sei contro Gesù. E su questo punto
non ci sono sfumature. C’è una lotta,
una lotta in cui è in gioco la salvezza
eterna di tutti noi. E non ci sono
alternative, anche se a volte sentiamo
«alcune proposte pastorali» che
sembrano più accomodanti. «No! O
sei con Gesù o sei contro. Questo è
così. E questo è uno dei criteri. Ultimo
criterio è quello della vigilanza.
Dobbiamo sempre vigilare, vigilare
contro l’inganno, contro la seduzione
del maligno.:«Quando un uomo forte
e ben armato fa la guardia al suo
palazzo, ciò che possiede è sicuro. E
noi possiamo farci la domanda: io
vigilo su di me? Sul mio cuore? Sui
miei sentimenti? Sui miei pensieri?
Custodisco il tesoro della grazia?
Custodisco la presenza dello Spirito
Santo in me?. Se non si custodisce
arriva uno che è più forte, lo vince, gli
strappa via le armi nelle quali
confidava e ne spartisce il bottino.
Sono questi, dunque, i criteri per
rispondere alle sfide poste dalla
presenza del diavolo nel mondo: la
certezza che Gesù lotta contro il
diavolo; chi non è con Gesù è contro
Gesù; e la vigilanza. C’è da tener
presente che «il demonio è astuto:
mai è scacciato via per sempre,
soltanto l’ultimo giorno lo sarà.
Perché quando lo spirito impuro esce
dall’uomo, si aggira per luoghi deserti
cercando sollievo e non trovandone,
dice: ritornerò nella mia casa da cui
sono uscito. Venuto, la trova spazzata
e adorna; allora va, prende altri sette
spiriti peggiori di lui, vi entrano e
prendono
dimora;
e
l’ultima
condizione di quell’uomo diventa
peggiore della prima.
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Ecco perché è necessario vigilare. La
sua strategia è questa: tu ti sei fatto
cristiano, vai avanti nella tua fede, e
io ti lascio, ti lascio tranquillo. Ma poi,
quando ti sei abituato e non sei molto
vigile e ti senti sicuro, io torno. Il
Vangelo di oggi incomincia col
demonio scacciato e finisce col
demonio che torna. San Pietro lo
diceva: è come un leone feroce che
gira intorno a noi. E queste non sono
bugie: è la Parola del Signore.
Tutti coloro che si sono messi al
seguito del Signore nostro Gesù
Cristo
sostengono
una
lotta
spirituale. Ma per noi è facile
combattere: il Signore ha avuto
pietà di noi e ci ha dato lo Spirito
Santo, che vive nella nostra Chiesa
Silvano del Monte Athos
… È PREGATA
Signore Gesù, Tu sei venuto sulla terra per distruggere Satana, spirito del male
e introdurre l’uomo nel tuo Regno di luce infinita. Concedimi la vittoria sul
male e fa’ che, liberato dalle seduzioni del peccato, possa progredire di giorno in
giorno nella via della perfezione. Amen.
… MI IMPEGNA
Medito sui criteri proposti dal Papa nella lotta contro il Demonio: la certezza
che Gesù lotta contro il diavolo; chi non è con Gesù è contro Gesù; «la
vigilanza».
Sabato 11 ottobre 2014
Liturgia della Parola
Gal 3,22-29; Sal 104; Lc 11,27-28
LA PAROLA DEL SIGNORE
… È ASCOLTATA
In quel tempo, mentre Gesù stava parlando, una donna dalla folla alzò la voce
e gli disse: «Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!».
Ma egli disse: «Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la
osservano!».
… È MEDITATA
Gesù stava con le folle ad insegnare.
La sua è una parola che non resta
senza effetto sulla vita, tanto che
mentre parla anche guarisce un
indemoniato.
E'
una
visione
straordinaria, perché le parole degli
uomini spesso sono vuote e non
cambiano la realtà. Forse proprio per
questo una donna esclama "Beato il
grembo che ti ha portato e il seno da
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pregare, ad allacciarsi i sandali. Che
inaudito mistero è Nazareth e la sua
quotidianità per noi che mal
sopportiamo la quotidianità sempre
uguale e ripetitiva e che invece Dio
abita e riempie di straordinarietà...!
Che Maria ci assista nel nostro voler
essere discepoli, sia lei, davvero a
guidarci a prendere sul serio Dio,
perché anche in noi egli faccia
grandi cose come in Maria.
Grandi cose tu hai fatto, Signore, in
Maria e grandi cose fai in chi si
lascia fare. Rendici docili e concreti
nell'accogliere la Parola, Dio vivente
nei secoli.
cui hai preso il latte!" Crede così di
esprimere ammirazione per Gesù, in
realtà non fa' che dare voce al modo
di pensare mondano secondo il quale
tutto nasce naturalmente secondo le
leggi di sempre. Gesù la contraddice:
la Parola del Signore non nasce dalla
sapienza del mondo, ma anzi è lei
che genera una nuova vita, risana
quella malata, ridona la pace e
permette la conversione dei cuori. Sì,
ascoltare e vivere la parola ci rende
veri figli di Dio.
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Maria accoglie la Parola che, in lei,
diventa carne, volto, voce, vede la
Parola crescere e sgambettare per
casa, insegna a Dio a parlare, a
… È PREGATA
Signore Gesù, la Madre tua è veramente beata perché ha custodito nel suo cuore
la tua Parola. Fa’ che, sul suo esempio e con la premurosa sollecitudine, possa
anch’io partecipare della beatitudine di chi ascolta e mette in pratica la tua
Parola. Amen.
… MI IMPEGNA
Oggi offrirò il mio cuore a Gesù: Gli prometterò l'ascolto pieno della Sua Parola
e il Suo ricordo costante, perché Egli possa essere generato in me fino a
trasformare in Sé tutta la mia persona. Pregherò Maria che interceda per me.
PAPA FRANCESCO
UDIENZA GENERALE
Mercoledì, 24 settembre 2014
Viaggio Apostolico in Albania
Oggi vorrei parlare del Viaggio Apostolico che ho compiuto in
Albania domenica scorsa. Lo faccio anzitutto come atto di ringraziamento a
Dio, che mi ha concesso di compiere questa Visita per dimostrare, anche
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fisicamente e in modo tangibile, la vicinanza mia e di tutta la Chiesa a questo
popolo. Desidero poi rinnovare la mia fraterna riconoscenza all’Episcopato
albanese, ai sacerdoti e ai religiosi e religiose che operano con tanto impegno.
Il mio grato pensiero va anche alle Autorità che mi hanno accolto con tanta
cortesia, come pure a quanti hanno cooperato per la realizzazione della Visita.
Questa Visita è nata dal desiderio di recarmi in un Paese che, dopo essere
stato a lungo oppresso da un regime ateo e disumano, sta vivendo
un’esperienza di pacifica convivenza tra le sue diverse componenti religiose.
Mi sembrava importante incoraggiarlo su questa strada, perché la prosegua
con tenacia e ne approfondisca tutti i risvolti a vantaggio del bene comune.
Per questo al centro del Viaggio c’è stato un incontro interreligioso dove ho
potuto constatare, con viva soddisfazione, che la pacifica e fruttuosa
convivenza tra persone e comunità appartenenti a religioni diverse è non solo
auspicabile, ma concretamente possibile e praticabile. Loro la praticano! Si
tratta di un dialogo autentico e fruttuoso che rifugge dal relativismo e tiene
conto delle identità di ciascuno. Ciò che accomuna le varie espressioni
religiose, infatti, è il cammino della vita, la buona volontà di fare del bene al
prossimo, non rinnegando o sminuendo le rispettive identità.
L’incontro con i sacerdoti, le persone consacrate, i seminaristi e i movimenti
laicali è stata l’occasione per fare grata memoria, con accenti di particolare
commozione, dei numerosi martiri della fede. Grazie alla presenza di alcuni
anziani, che hanno vissuto sulla loro carne le terribili persecuzioni, è
riecheggiata la fede di tanti eroici testimoni del passato, i quali hanno seguito
Cristo fino alle estreme conseguenze. È proprio dall’unione intima con Gesù,
dal rapporto d’amore con Lui che è scaturita per questi martiri – come per
ogni martire – la forza di affrontare gli avvenimenti dolorosi che li hanno
condotti al martirio. Anche oggi, come ieri, la forza della Chiesa non è data
tanto dalle capacità organizzative o dalle strutture, che pure sono necessarie:
la sua forza la Chiesa non la trova lì. La nostra forza è l’amore di Cristo! Una
forza che ci sostiene nei momenti di difficoltà e che ispira l’odierna azione
apostolica per offrire a tutti bontà e perdono, testimoniando così la
misericordia di Dio.
Percorrendo il viale principale di Tirana che dall’aeroporto porta alla grande
piazza centrale, ho potuto scorgere i ritratti dei quaranta sacerdoti assassinati
durante la dittatura comunista e per i quali è stata avviata la causa di
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beatificazione. Questi si sommano alle centinaia di religiosi cristiani e
musulmani assassinati, torturati, incarcerati e deportati solo perché credevano
in Dio. Sono stati anni bui, durante i quali è stata rasa al suolo la libertà
religiosa ed era proibito credere in Dio, migliaia di chiese e moschee furono
distrutte, trasformate in magazzini e cinema che propagavano l’ideologia
marxista, i libri religiosi furono bruciati e ai genitori si proibì di mettere ai figli i
nomi religiosi degli antenati. Il ricordo di questi eventi drammatici è essenziale
per il futuro di un popolo. La memoria dei martiri che hanno resistito nella
fede è garanzia per il destino dell’Albania; perché il loro sangue non è stato
versato invano, ma è un seme che porterà frutti di pace e di collaborazione
fraterna. Oggi, infatti, l’Albania è un esempio non solo di rinascita della Chiesa,
ma anche di pacifica convivenza tra le religioni. Pertanto, i martiri non sono
degli sconfitti, ma dei vincitori: nella loro eroica testimonianza risplende
l’onnipotenza di Dio che sempre consola il suo popolo, aprendo strade nuove e
orizzonti di speranza.
Questo messaggio di speranza, fondato sulla fede in Cristo e sulla memoria del
passato, l’ho affidato all’intera popolazione albanese che ho visto entusiasta e
gioiosa nei luoghi degli incontri e delle celebrazioni, come pure nelle vie di
Tirana. Ho incoraggiato tutti ad attingere energie sempre nuove dal Signore
risorto, per poter essere lievito evangelico nella società e impegnarsi, come già
avviene, in attività caritative ed educative.
Ringrazio ancora una volta il Signore perché, con questo Viaggio, mi ha dato di
incontrare un popolo coraggioso e forte, che non si è lasciato piegare dal
dolore. Ai fratelli e sorelle dell’Albania rinnovo l’invito al coraggio del bene,
per costruire il presente e il domani del loro Paese e dell’Europa. Affido i frutti
della mia visita alla Madonna del Buon Consiglio, venerata nell’omonimo
Santuario di Scutari, affinché Lei continui a guidare il cammino di questo
popolo-martire. La dura esperienza del passato lo radichi sempre più
nell’apertura verso i fratelli, specialmente i più deboli, e lo renda protagonista
di quel dinamismo della carità tanto necessario nell’odierno contesto socio
culturale. Io vorrei che tutti noi oggi facessimo un saluto a questo popolo
coraggioso, lavoratore, e che in pace cerca l’unità.
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Padre dei cieli,
che nella Santa Famiglia ci hai dato
un modello di vita,
aiutaci a fare della nostra famiglia
un'altra Nazareth
dove regnano l'amore, la pace e la gioia.
Aiutaci a stare insieme
nella gioia e nel dolore,
grazie alla preghiera in famiglia.
Insegnaci a vedere Gesù
nei membri della nostra famiglia.
Fa' che il Cuore di Gesù
renda i nostri cuori
miti e umili come il Suo.
E aiutaci a svolgere santamente
i nostri doveri familiari.
Fa' che possiamo amarci
come Tu ci ami,
e perdonarci i nostri difetti
come Tu perdoni
i nostri peccati.
Amen.
MADRE TERESA DI CALCUTTA
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