6 Con l’adesione del Presidente della Repubblica ° Congresso Associazione Italiana della Tiroide Società federata alla Federazione Italiana di Endocrinologia, Diabetologia, Andrologia,Metabolismo e Obesità (FIEDAMO) XXX Giornate Italiane della Tiroide Foggia, 29 - 30 novembre - 1 dicembre 2012 Aula Magna Università degli Studi di Foggia Programma e Abstract Con il contributo non condizionato di MAIN SPONSOR LIFE FROM INSIDE 6° CONGRESSO ASSOCIAZIONE ITALIANA DELLA TIROIDE AIT Società federata alla FEDERAZIONE ITALIANA di Endocrinologia, Diabetologia, Andrologia, Metabolismo e Obesità (FIEDAMO) XXX Giornate Italiane della Tiroide Foggia 29 novembre – 1 dicembre 2012 Aula Magna Facoltà di Economia Università degli Studi di Foggia ASSOCIAZIONE ITALIANA DELLA TIROIDE Consiglio Direttivo Presidente F. Monaco Presidente Eletto G. Fenzi Consiglieri L. Bartalena A. Belfiore B. Biondi M.G. Castagna R. Elisei A. Frasoldati L. Fugazzola S. Mariotti E. Martino E. Papini A. Pontecorvi Segretario-Tesoriere P. Vitti Segreteria Scientifica C. Di Cosmo - R. Rocchi - M. Tonacchera Coordinatore Commissione Scientifica L. Chiovato 6° CONGRESSO AIT FOGGIA Presidente del Congresso M. Cignarelli Comitato Organizzatore Locale M. Cignarelli – A. Ambrosi – M.R. Campo Segreteria Organizzativa: Interprogram Organizer SaS Via Calefati 89 – 70122 Bari Tel. 080/5212853 – fax 080/5212868 – mob. 327/2319610 e-mail: [email protected] ; www.interprogram.org Segreteria AIT Eventi in Fiore SAS di Francesca Fiorentini & C. Via della Faggiola 18 - 56126 Pisa Tel. 0039-346/7202625 – Fax 0039-050-996811 e-mail: [email protected] Provider E.C.M. G.E.C.O. Eventi n. 1252 Via S. Martino, 77 56125 Pisa Tel. 050 2201353 Fax 050 2209734 www.gecoeventi.it [email protected] INFORMAZIONI GENERALI Sede del Congresso: Aula Magna Università degli Studi di Foggia Facoltà di Economia Via Caggese - ex Ippodromo Cena sociale: 30 novembre 2012, ore 20.30 Grand Hotel Vigna Nocelli S.S. 17 Km. 329 – Foggia Lucera 71036 Lucera (FG) Tel. 0881 / 548109 - 0881 / 1881698 E’ previsto il trasferimento A/R con pullmann dall’Hotel Cicolella Viale XXIV Maggio 60 – Foggia Collegamenti aeroportuali SERVIZIO TRANSFER METAURO BUS (pubblico): AEROPORTO DI BARI – STAZIONE CENTRALE DI FOGGIA Orari validi tutti i giorni tranne la domenica. Tempo di percorrenza h. 1,45 BARI AEROPORTO partenza 09.30 12.30 15.30 18.30 23.00 STAZIONE CENTRALE partenza FOGGIA 04.00 06.15 11.00 14.30 18.15 arrivo a Foggia 11.00 14.00 17.00 20.00 00.30 arrivo a Bari 05.30 07.45 12.30 16.00 19.45 Costo del biglietto a corsa € 9,00 a persona da pagare a bordo. Il biglietto può essere effettuato anche on line ad un costo di € 10,00 collegandosi al sito www.metaurobus.it, link: Pugliairbus. Parcheggio autobus: Ø aeroporto di Bari: all’uscita passeggeri a destra “Autobus Metauro” Ø Stazione centrale di Foggia: all’uscita dalla stazione sulla destra “Autobus Metauro” Segreteria in sede congressuale Il desk della segreteria sarà a disposizione nei seguenti orari: Giovedì 29 novembre: dalle ore 13.00 alle ore 20.00 Venerdì 30 novembre: dalle ore 8.00 alle ore 20.00 Sabato 1 dicembre: dalle ore 7,30 alle ore 14.30 All’atto della registrazione sarà consegnato il Kit congressuale unitamente al badge che dovrà essere indossato per tutta la durata del congresso. L’attestato di partecipazione potrà essere ritirato presso il desk della segreteria alla fine del congresso, da ogni partecipante regolarmente iscritto. QUOTE DI ISCRIZIONE (IVA inclusa): - SOCI AIT - NON SOCI AIT - SPECIALIZZANDI SOCI AIT - SPECIALIZZANDI NON SOCI AIT La quota di iscrizione comprende: - Partecipazione ai lavori scientifici - Kit congressuale - Attestato di partecipazione - Cocktail di benvenuto del 29 novembre - 4 Coffee break - Lunch del 30 novembre - Cena del 30 novembre € 500,00 € 530,00 € 380,00 € 380,00 La quota accompagnatori (IVA inclusa) € 121,00 e comprende: - Cocktail di benvenuto del 29 novembre - 4 Coffee break - Lunch del 30 novembre - Cena del 30 novembre Modalità di pagamento Forma di pagamento prevista in sede congressuale: contanti Richieste speciali Si prega di rivolgersi al desk della Segreteria Organizzativa per eventuali richieste speciali. Assicurazione La partecipazione/iscrizione al congresso non implica alcuna responsabilità da parte della Segreteria Organizzativa, Segreteria Scientifica, Comitato Scientifico, Presidenti del Congresso, Università degli Studi di Foggia, Facoltà di Economia, per qualsivoglia incidente, danni personali o materiali o furti subiti dal partecipante durante tutto il periodo congressuale. Gli stessi declinano ogni responsabilità per eventuali cambiamenti nel programma dovuti a circostanze esterne e si riservano il diritto di apportare ogni eventuale modifica si rendesse necessaria al programma per ragioni tecnico-scientifiche. Si consiglia ai partecipanti di stipulare in modo autonomo eventuali assicurazioni personali. INFORMAZIONI SCIENTIFICHE Comunicazioni Orali – Sabato, 1 dicembre, ore 11.00 Il tempo a disposizione per le presentazioni orali è di 8 minuti + 2 di discussione. Nel rispetto di ogni singolo relatore e del programma scientifico dell’intero evento, preghiamo di rispettare il tempo previsto per ciascuna presentazione. Poster I poster dovranno avere le seguenti dimenzioni: 100 cm di altezza x 70 cm di larghezza e dovranno essere affissi dai singoli autori sugli appositi pannelli secondo la numerazione prevista il pomeriggio del 29 novembre entro le ore 18.00. Il suo numero assegnato al poster è visibile sul programma finale consegnato dalla Segreteria al momento della registrazione. Ogni autore dovrà essere presente davanti al proprio poster che si terrà durante la colazione di lavoro venerdì 30 novembre dalle ore 13.30 alle ore 15.00. La rimozione dei posters, a cura dei singoli autori, dovrà avvenire entro la fine del congresso. Ricordiamo che se non rimossi, i poster saranno buttati. Il materiale per l’affissione sarà fornito dalla Segreteria Organizzativa, che prega di utilizzare carta di spessore adeguato all’affissione. ECM Rif. ECM 1252 – 44727 - Crediti ECM assegnati 9,5 L’iscrizione al congresso è riservata a 200 medici delle seguenti discipline: Endocrinologia, medicina interna, chirurgia generale, chirurgia toracica, medicina legale, medicina nucleare, patologia clinica (laboratorio di analisi chimico-cliniche e microbiologia) igiene, epidemiologia e sanità pubblica, radiodiagnostica, igiene degli alimenti e della nutrizione, Medicina generale (medici di famiglia), pediatria, pediatria di libera scelta, continuità assistenziale, oncologia, malattie metaboliche e diabetologia, anatomia patologica, ginecologia e ostetricia. Il rilascio della certificazione dei crediti è subordinato alla corrispondenza tra la professione del discente e le discipline a cui il congresso è rivolto, alla partecipazione all’intero programma formativo regolamentata con firma in entrata/uscita giornaliera, nonchè alla compilazione del questionario e della scheda di valutazione dell’evento. Per il conseguimento dei 9,5 crediti ECM è stato limitato il numero massimo delle iscrizioni a 200 discenti. Le iscrizioni che perverranno oltre tale limite daranno diritto alla partecipazione al congresso senza acquisizione dei crediti ECM. PROGRAMMA SCIENTIFICO Giovedì 29 Novembre 2012 13.00 Apertura lavori 14.00 Saluto delle Autorità S. Attolini, M. Di Biase, T. Moretti, D. Procaccini, N. Vendola 14.30 Introduzione al Congresso R. Castello, M.Cignarelli, D. Cucinotta, R. Giorgino, A. Lenzi, G. Lombardi, F. Monaco, P. Vitti, G. Volpe (Rettore Università Foggia) 15.00 Ricordo di Aldo Pinchera F. Monaco 15.30 SIMPOSIO CLINICO: DIABETE MELLITO, TIREOPATIE E SINDROMI POLIGHIANDOLARI AUTOIMMUNI Moderatori: R. Giorgino, Bari G. Fenzi, Napoli Le sindromi polighiandolari autoimmuni: recenti acquisizioni C. Betterle, Padova L’omeostasi glicemica nelle disfunzioni tiroidee R.C. Bonadonna, Verona La terapia insulinica nelle sindromi polighiandolari autoimmuni F. Giorgino, Bari 17.30 Coffee Break 17.45 SIMPOSIO CLINICO: LA TIROIDE NASCOSTA Moderatori: P. Garofalo, Salerno E. Martino, Pisa Negli esami di routine di laboratorio L. Persani, Milano Nell’ambulatorio del cardiologo S. Mariotti, Cagliari Giovedì 29 Novembre 2012 18.45 MEETING CON LE ASSOCIAZIONI DEI PAZIENTI: GLI ESPERTI RISPONDONO Moderatori: D. Van Doorne, Roma M. Cignarelli, Foggia Quesiti sulle problematiche inerenti il rischio di malattia tiroidea nei pazienti con familiarità positiva M. Rotondi, Pavia Quesiti sulle problematiche inerenti la corretta aderenza alle raccomandazioni per la terapia sostitutiva con ormoni tiroidei C. Giuliani, Chieti - Membro della Commissione rapporti Pazienti dell’AIT Il fumo nelle tireopatie autoimmuni e loro complicanze. M.L. Tanda, Varese 19.45 Cocktail di benvenuto Venerdì 30 Novembre 2012 08.15 SIMPOSIO CLINICO AIT – AIMN: RACCOMANDAZIONI DOPO LA TERAPIA RADIOMETABOLICA CON 131I Moderatori: P. Vitti, Pisa S. Modoni, Foggia Linee guida ATA C. Ceccarelli, Pisa La legislazione europea sulla radioprotezione M. Cappagli, La Spezia Proposta di un protocollo italiano uniforme sulla radioprotezione E. Brianzoni, Macerata 9.30 SIMPOSIO AIT-ETA: TIROIDE E GRAVIDANZA Moderatori: F. Monaco, Chieti L. Bartalena, Varese ETA state of the art on screening of thyroid diseases in pregnancy. F. Vermiglio, Messina Thyroid function during pregnancy and newborn outcome J. Lazarus, Cardiff, UK Treatment of thyroid disfunction in pregnancy L. Chiovato, Pavia 11.00 Coffee Break 11.15 INCONTRO CON L’ESPERTO: LA TERAPIA SOSTITUTIVA DELL’IPOPARATIROIDISMO POST-CHIRURGICO Moderatori: S. Benvenga, Messina P. Beck Peccoz, Milano A. Ambrosi, Foggia Relatore: F. Cetani, Pisa Venerdì 30 Novembre 2012 12.00 SIMPOSIO CLINICO: ONCOLOGIA TIROIDEA Moderatori: A. Belfiore, Catanzaro M. Gasperi, Campobasso Modelli in vivo di carcinogenesi tiroidea F. Frasca, Catania Carcinoma tiroideo differenziato avanzato ed anaplastico: nuove terapie a bersaglio molecolare M. Landriscina, Foggia 13.00 INCONTRO CON L’ESPERTO: NUOVE FORME DI RESISTENZA AGLI ORMONI TIROIDEI. I DIFETTI DEI TRASPORTATORI DI MEMBRANA Moderatori: A. Pontecorvi, Roma D. Salvatore, Napoli Relatore: 13.30 C. Di Cosmo, Pisa Pranzo e Visione Poster P-01 INTERVENTO EDUCATIVO SU IODOPROFILASSI E CONTROLLO DEL RISCHIO CARDIOVASCOLARE IN UN CAMPIONE SCOLASTICO D. Agrimi^, F. Diacono*, I. Alemanno*, P. Angarone°, M. Caroli°°, D. Rotondi**, A. Olivieri** ^Endocrinologia ASL BR, *Endocrinologia ASL TA/LE, °Sociologa,TA, °°SIANDip.Prevenzione ASL BR,**Osservatorio Nazionale per il Monitoraggio della Iodoprofilassi in Italia, Istituto Superiore di Sanità- Roma P-02 INDAGINE CAMPIONE SUI CONSUMI ALIMENTARI NELL’ETÀ EVOLUTIVA E CORRELAZIONI CON LA IODOPROFILASSI IN CITTÀ MEDIO-PICCOLA DELLA PROVINCIA DI BRINDISI D. Agrimi^, F. Diacono*, I. Alemanno*, P. Angarone°, M. Caroli°°, A. Olivieri** ^Endocrinologia ASL BR, *Endocrinologia ASL TA/LE, °Sociologa, TA, °°SIANDip. Prevenzione ASL BR, **OSNAMI-ISS, Roma Venerdì 30 Novembre 2012 P-03 INDAGINE CONOSCITIVA SULLE APPLICAZIONI DELLA IODOPROFILASSI NELLA INDUSTRIA AGROALIMENTARE IN UN CAMPIONE DI ESPOSITORI D. Agrimi^, F. Diacono*, I. Alemanno*, G. Nardone°, A. Olivieri** ^Endocrinologia ASL BR, *Endocrinologia ASL TA/LE, °Economia-Estimo Rurale Università Studi Foggia,**Osservatorio Nazionale per il Monitoraggio della Iodoprofilassi in Italia, Istituto Superiore di Sanità- Roma P-04 IPOTIROIDISMO CONGENITO DA DEFICIT DI NIS E CARCINOMA TIROIDEO: UNA NUOVA MUTAZIONE. B. Bagattini, P. Agretti, G. De Marco, C. Di Cosmo, L. Montanelli, A. Pinchera, P. Vitti, M. Tonacchera U.O. Endocrinologia I, Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana, Pisa P-05 EFFETTO DELL’INIBITORE DI BRAF, RAF265, IN LINEE CELLULARI DI CARCINOMA TIROIDEO S. Barollo1, L. Bertazza1, R. Pezzani1, B. Rubin1, C. Betterle1, C. Mian1 1Unità Operativa di Endocrinologia; Dipartimento di Medicina, Università di Padova P-06 INCIDENZA DI IPERPARATIROIDISMO PRIMARIO (IPP) NEL CARCINOMA TIROIDEO (CT),NELLA PATOLOGIA TIROIDEA BENIGNA (PTB) E NEL CARCINOMA DELLA MAMMELLA (CM) PRIMA DI OGNI TRATTAMENTO V. Belardi, I. Muller, P. Vitti, C. Giani Dipartimento di Endocrinologia e Metabolismo, Università degli studi di Pisa P-07 INCIDENZA DEI TUMORI DELLA TIROIDE IN ABRUZZO: ANALISI DEI DATI DELLE SCHEDE DI DIMISSIONE OSPEDALIERA I. Bucci, C. Tinari, **V. Scurti, ** C. Fanizza, **A. D’Ettorre, *A. Muraglia, G. Di Dalmazi, C. Giuliani, G. Napolitano, F. Monaco Endocrinologia, DMSI, Università di Chieti-Pescara, *Agenzia Sanitaria Regione Abruzzo, **Farmacoepidemiologia, Consorzio Mario Negri Sud, S. Maria Imbaro (Ch) Venerdì 30 Novembre 2012 P-08 AUMENTATA ESPRESSIONE DEL B-CELL-ACTIVATION-FACTOR (BAFF) E BAFF-R NELLA TIROIDE E NEL TESSUTO ADIPOSO RETROBULBARE (OAT) DI SOGGETTI AFFETTI DA MALATTIE AUTOIMMUNI DELLA TIROIDE ED ORBITOPATIA ASSOCIATA I. Campi1, G. Vannucchi1, D. Covelli1, S. Rossi2, D. Tosi2, L. Vicentini3, N. Currò4, L. Pignataro5, C. Guastella5, P. Beck-Peccoz1, M. Salvi1 Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità, UO Endocrinologia1, Chirurgia Endocrinologica3, Oftalmologia4, Otorinolarigoiatria5, Fondazione IRCCS Cà Granda, Anatomia patologica, Ospedale S. Paolo, Milano2 Università di Milano P-09 QUALITA’ DELLA VITA DOPO TRATTAMENTO DEL GOZZO MULTINODULARE CON RADIOIODIO PIU’ ADIUVANTE SOMMINISTRAZIONE DI RH-TSH. V. Caorsi1, E. Monti1, M. Caputo2, G. Pera1, E. Pomposelli1, M. Bagnasco1, F. Minuto1, M. Giusti1 1Dipartimento di medicina interna, Università di Genova, Genova 2IRCCS-AOU San Martino-IST, Genova P-10 CONFRONTO TRA IL MICROCARCINOMA PAPILLARE TIROIDEO DI TIPO FAMILIARE E SPORADICO M. Capezzone1, G. Busonero1, R. Forleo1, P. Toti2, A. Di Santo2, A.F. Carli3, G. Caruso4, F. Pacini1 1Dipartimento di Medicina Interna Scienza Endocrino-Metaboliche e Biochimica, Sezione di Endocrinologia e Malattie Metaboliche, Università di Siena. 2Dip. Patologia Umana ed Oncologia, Università di Siena, 3Unità di Chirurgia Endocrina, Università di Siena. 4U.O.C. di Otorinolaringoiatria, Università di Siena P-11 CARCINOMA PAPILLARE IN ADENOMA TOSSICO M. Cappagli, *P. Magistrelli, A. Montepagani, P. Lazzeri, ^M. Moroni, ^N. Gorji, #T. Stefanini, A. Ciarmiello M. Nucleare, *Chirurgia, ^A. Patologica, #Radiologia, Osp. S.Andrea, La Spezia Venerdì 30 Novembre 2012 P-12 EFFETTO DELLA SOMMINISTRAZIONE SERALE VERSUS SOMMINISTRAZIONE AL MATTINO DELLA LEVO-TIROXINA SUL PROFILO ORMONALE TIROIDEO DI PAZIENTI TIREOPRIVI: STUDIO PROSPETTICO, RANDOMMIZZATO, CONTROLLATO CON CROSSOVER M.G. Castagna, A. Theodoropoulou, F. Maino, F. Sestini, C. Fioravanti, L. Pasqui, S. Memmo, V. Belardini, F. Pacini. Dip.to di Medicina Interna, Scienze Endocrino-Metaboliche e Biochimica, Sezione di Endocrinologia e Malattie Metaboliche, Università di Siena P-13 UN CASO DI ORTICARIA CRONICA IDIOPATICA (OCI) ASSOCIATA A MORBO DI BASEDOW (MB): TIPIZZAZIONE HLA R. Certo1, A. D’Angelo2, G. Vita3, P. Quattrocchi2, S. Benvenga1, F. Trimarchi1, S. Gangemi2, R. M. Ruggeri1 1UOC di Endocrinologia, 2Sez. di Allergologia ed Immunologia clinica, Dip.to di Medicina Clinica e Sperimentale, 3Dip.to di Patologia Sperimentale e Microbiologia, Università di Messina P-14 DUE CASI DI IPOTIROIDISMO SEVERO DA TIROIDITE AUTOIMMUNE GIOVANILE G. Cesaretti, F. Vierucci, M. Gori, G. Saggese U.O. Pediatria, AOUPisana P-15 DATI PRELIMINARI SU SEQUENZIAMENTO DELL’ESOMA RIVELANO DIVERSI PATTERN DI MUTAZIONE IN CARCINOMI MIDOLLARI DELLA TIROIDE POSITIVI E NEGATIVI PER LE MUTAZIONI DI RET R. Ciampi, C. Romei, A. Tacito, A. Vivaldi, B. Cosci, R. Elisei Dipartimento di Endocrinologia e Metabolismo, Università di Pisa Venerdì 30 Novembre 2012 P-16 TIROIDITE AUTOIMMUNE E ATEROSCLEROSI SUBCLINICA: STUDIO IN UNA COORTE DI DONNE NORMOPESO EUTIROIDEE A. Ciampolillo1, M. Barbaro1, S. Di Molfetta1, M. Ciccone2, A.P. Zito2, F. Giorgino1 1Sezione di Medicina Interna, Endocrinologia, Andrologia e Malattie Metaboliche, 2Sezione di Malattie dell’Apparato Cardiovascolare , Dipartimento dell’Emergenza e dei Trapianti di Organi, Università degli Studi di Bari Aldo Moro P-17 PREVALENZA ED RUOLO DELL’OBESITA’ NEL CARCINOMA DIFFERENZIATO DELLA TIROIDE C. Ciuoli, M.G. Castagna, L. Brusco, A. Theodoropoulou, F. Maino, V. Belardini, S. Memmo, F. Pacini. Dipartimento di Medicina Interna, Scienze Endocrino-Metaboliche e Biochimiche, Università di Siena P-18 ESPRESSIONE DI GATA-4, MARCATORE DI STAMINALITA’ ENDODERMICO, NEL CARCINOMA PAPILLARE DELLA TIROIDE C. Colato, S. Pedron, M. Chilosi, M. Ferdeghini Dipartimento di Patologia e Diagnostica, Università di Verona P-19 ESPRESSIONE DEL RECETTORE c-KIT/CD117 NEL CARCINOMA PAPILLARE DELLA TIROIDE: VALUTAZIONE IMMUNOISTOCHIMICA. C. Colato1, I. Marchetti2, G. Di Coscio2, P. Brazzarola1, M. Chilosi1, M. Ferdeghini1 1. Dipartimento di Patologia e Diagnostica, Università di Verona 2. Sezione di Citopatologia, Università di Pisa Venerdì 30 Novembre 2012 P-20 IPOTIROIDISMO PRIMITIVO AUTOIMMUNE TARDIVO IN PAZIENTE CON MANCATA LATTAZIONE E DEFICIT DI GH E PROLATTINA IN PRESENZA DI ANTICORPI DIRETTI CONTRO LE CELLULE SECERNENTI GH E PROLATTINA C. Colella, A. Dello Iacovo, E. Lucci, E. Pane, A. Barbieri, T. Turino, A. Bizzarro1, A. Bellastella, A. De Bellis Cattedra di Endocrinologia - Dipartimento di Scienze Cardio-Toraciche e Respiratorie- Seconda Università degli Studi di Napoli, 1 Cattedra di Allergologia e Immunologia Clinica - Dipartimento Medico Chirurgico di Internistica clinica e sperimentale “F. Magrassi- A. Lanzara”- Seconda Università degli Studi di Napoli P-21 SECREZIONE DI CHEMOCHINE INDOTTA DA CITOCHINE PROINFIAMMATORIE IN COLTURE PRIMARIE DI TIREOCITI UMANI. F. Coperchini1, R. Sideri1, G. Groppelli1, L. de Martinis1, P. Pignatti2, C. Testoni2, F. Magri1, S. Mariotti3, M. Rotondi1, L. Chiovato1 1U.O. Med. Int. e Endocr, IRCCS Fond. S. Maugeri, Catt. di Endocr e Mal del Ric (Pavia) - 2U. O. Allergia e Immunologia, IRCCS Fond. S. Maugeri (Pavia) 3Dip Sci Med, M. Aresu, Univ. Cagliari P-22 INIBIZIONE DI CXCL8 INDOTTA DA INTERFERONI DI TIPO I E DI TIPO II IN COLTURE PRIMARIE DI TIREOCITI UMANI F. Coperchini1, R. Sideri1, G. Groppelli1, L. de Martinis1, E. Turla1, S. Lacerenza1, P. Pignatti2, F. Magri1, M. Rotondi1, L. Chiovato1 1U.O. Med. Int. e Endocr, IRCCS Fond. S. Maugeri, Catt. di Endocr e Mal del Ric (Pavia) - 2U. O. Allergia e Immunologia, IRCCS Fond. S. Maugeri (Pavia) P-23 IMPATTO DELLA GRAVIDANZA SULLA PROGNOSI DEL CARCINOMA DIFFERENZIATO DELLA TIROIDE: ASPETTI CLINICI E MOLECOLARI S. Corvisieri 1, I. Messuti 1, F. Bardesono 1, R. Pellerito 2, B. Puligheddu 1, M. Volante 1, F. Orlandi 1 Dipartimento Oncologia 1, Università di Torino, AO Mauriziano, Torino 2" Venerdì 30 Novembre 2012 P-24 DANNO EPATICO IN CORSO DI TERAPIA CORTICOSTEROIDEA AD ALTE DOSI: CASE REPORT D. Covelli, G. Vannucchi, I. Campi, N. Currò, P. Beck-Peccoz, M. Salvi U.O.Endocrinologia e Diabetologia, Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità, U.O.Oftalmologia, Fondazione Cà Granda IRCCS Ospedale Policlinico, Milano P-25 CARCINOMA PAPILLIFERO INVASIVO INFILTRANTE. TIROIDECTOMIA E LINFADENECTOMIA RADICALE ASSOCIATE A RESEZIONE ANASTOMOSI TRACHEALE. CASE REPORT. A. Cuttitta, D. De Martino, G. Scaramuzzi IRCCS “Casa Sollievo della Sofferenza” – S. Giovanni Rotondo, UOC Chirurgia II P-26 IPOTIROIDISMO IN CORSO DI IPERSTIMOLAZIONE OVARICA CONTROLLATA S. Del Ghianda, E. Loconte, M. Ruggiero, E. Benelli, P.G. Artini, V. Cela, T. Simoncini, F. Latrofa, P. Vitti, M. Tonacchera Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università di Pisa P-27 LA FUNZIONE TIROIDEA IN DONNE SOTTOPOSTE A IPERSTIMOLAZIONE OVARICA CONTROLLATA S. Del Ghianda, E. Benelli, M. Ruggiero, P. Artini, T. Simoncini, E. Loconte, P. Vitti, M. Tonacchera Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università di Pisa P-28 TIREOPATIE SECONDARIE ALL’USO DI FARMACI BIOLOGICI IN PAZIENTI AFFETTI DA TUMORI NEUROENDOCRINI M. Del Prete1, V. Marotta1, V. Ramundo1, F. Marciello1, A.C. Carratù1, R. Esposito1, C. De Luca Di Roseto1, A. Colao1, A. Faggiano2 1Dipartimento di Endocrinologia e Oncologia Molecolare e Clinica, AOU Federico II, Napoli, 2Endocrinologia, National Cancer Institute, Fondazione “G. Pascale”, Napoli Venerdì 30 Novembre 2012 P-29 METASTASI OVARICA DA CARCINOMA PAPILLIFERO DELLA TIROIDE S. Della Casa1, C. Policola1, B. Altieri1, G.P. Sorice1, C. Cipolla1, G. Fadda2, A. Pontecorvi1 1UOC di Endocrinologia e Malattia del Ricambio e 2Istituto di Anatomia Patologia, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma P-30 LA DESIODASI D3 È UN NUOVO MARKER DEL CANCRO DEL COLON UMANO M. Dentice, R. Ambrosio, A. Sibilio, M.A. De Stefano, C. Bonelli, F. L. Trivisano, F. Alfano, M.G. Langella, G. Fenzi e D. Salvatore Dipartimento di Endocrinologia ed Oncologia Molecolare e Clinica. Università di Napoli “Federico II” P-31 L’ORMONE TIROIDEO MEDIA L’ATTENUAZIONE DI SHH MEDIANTE IL SEGNALE CAMP/PKA NELLE CELLULE DI BASALIOMA M. Dentice, A. Sibilio, R. Ambrosio, C. Bonelli, V. Torre, F. Alfano, C. Catalini, G. Fenzi, D. Salvatore Dipartimento di Endocrinologia ed Oncologia Molecolare e Clinica. Università di Napoli “Federico II” P-32 CONTEMPORANEA PRESENZA DI CARCINOMA MIDOLLARE E PAPILLIFERO DELLA TIROIDE: CASE REPORT. A. Elefante, E. Palermo, S. Pistone, B.A.Ierardi, F. Lo Pomo. U.O.C. Endocrinologia, Malattie Metaboliche e Nutrizione Clinica. Azienda Ospedaliera Regionale S. Carlo, Potenza P-33 ALTERAZIONI DELLA FUNZIONE TIROIDEA IN 28 PAZIENTI AFFETTI DA β-THALASSEMIA A. Farese, M.R. Campo, G. Cardinale, A. Conserva, M. Cignarelli. Cattedra di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo, Azienda OspedalieroUniversitaria Ospedali Riuniti Foggia Venerdì 30 Novembre 2012 P-34 STUDIO SU 261 CASI DEL POTENZIALE AGGRESSIVO DEL MICROCARCINOMA SECONDO LE CARATTERISTICHE FENOTIPICHE CLINICO-ISTOLOGICHE §A. Farese, §M.R. Campo, §A. Conserva, §G. Cardinale, §O. Lamacchia, *A. Fersini, *N. Tartaglia, #A. Ciampolillo, &A. Maiorano, #F. Giorgino, §M. Cignarelli §Unità di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo; *Unità di Chirurgia Universitaria, Università di Foggia; &Dpt. di Anatomia Patologica; #Dpt. di Medicina Interna, Endocrinologia, Andrologia e Malattie Metaboliche, Università di Bari P-35 IPOTIROIDISMO IN GIOVANI ADULTI GUARITI DA UN TUMORE DELL’ETA’ EVOLUTIVA F. Felicetti1, N. Fortunati1, F. Lazzarato2, D. Di Cuonzo2, P. Chiabotto3, A. Corrias3, E. Brignardello1 1 Unità di Transizione per Neoplasie Curate in Età Pediatrica - AO Città della Salute e della Scienza, 2 Epidemiologia dei Tumori – CPO Piemonte & Università degli Studi di Torino, 3 Endocrinologia Pediatrica - AO Città della Salute e della Scienza, Torino P-36 ASSOCIAZIONE SIGNIFICATIVA FRA TIREOPATIE AUTOIMMUNI E SINDROME DELL’OVAIO POLICISTICO S. Garelli1, J. Turra1, S. Masiero1, D. Faggian2, M. Plebani2, S. Chen3, J. Furmaniak3, B. Rees Smith3, M.E. Girelli1, D. Armanini1, C. Betterle1 1U.O. Endocrinologia, Dipartimento di Medicina, Università di Padova 2Dipartimento di Scienze Medico-Diagnostiche e Terapie Speciali, Università di Padova - 3FIRS Laboratories, Cardiff UK P-37 EFFICACIA DELL’ALCOLIZZAZIONE NEL TRATTAMENTO DEI NODI CISTICI TIROIDEI: RISULTATI A LUNGO TERMINE IN UNA CASISTICA MULTICENTRICA F. Garino*, F. Ragazzoni*, E. Gamarra*, A. Mormile*, M. Deandrea*, E. Sgotto, R. Garberoglio, P.P. Limone*, M. Zingrillo *S.C. Endocrinologia e Malattie del Metabolismo A.O. Umberto I Ordine Mauriziano di Torino" Venerdì 30 Novembre 2012 P-38 GLI ANALOGHI DEL GLP-1 NON STIMOLANO LA PROLIFERAZIONE DELLE CELLULE DI CARCINOMA TIROIDEO MIDOLLARE F. Geraci, M.L. Nicolosi, F. Gianì, F. Frasca Dipartimento di biomedicina clinica e molecolare, U.O. Endocrinologia, Ospedale Garibaldi Nesima, Catania P-39 DUE CASI DI IPERCHERATOSI CUTANEA IN PAZIENTI (PT) CON CARCINOMA PAPILLARE DELLA TIROIDE BRAF POSITIVO TRATTATI CON VUMERAFENIB (PLX4032) 1C. Giani, 1E. Molinaro, 1A. Biagini, 1L. Pieruzzi, 2M.G. Delle Donne, 3A. Marsili, 4S. Mazzeo, 1P. Vitti, 1R. Elisei 1Dipartimento di Endocrinologia; 2Dipartimento Cardio-Toracico; 3Dipartimento di Reumatologia; 4Dipartimento ad Attività Integrata Radiodiagnostica, Radiologia Vascolare e Interventistica, Medicina Nucleare; Università di Pisa P-40 ANORMALE CAPTAZIONE DEL RADIOIODIO IN UNA CISTI DERMOIDE DELL’ADDOME IN PAZIENTE CON CARCINOMA DIFFERENZIATO DELLA TIROIDE (CDT). S. Giovinazzo1, A. Campennì2, C. Vigneri2, S. Baldari2, R.M. Ruggeri1 1Dipartimento di Medicina clinica e sperimentale, UOC Endocrinologia & 2Dipartimento di Scienze Radiologiche, Sezione di Medicina Nucleare, Università di Messina P-41 STORIA NATURALE DEI NODULI TIROIDEI DI PICCOLE DIMENSIONI S. Giuliano, R. Oliverio, C. Mannarino, R. Papadopoli, I. Belvedere, E. Viterbo, A. Belfiore Unità di Endocrinologia, Dipartimento di Scienze della Salute, Università Magna Graecia di Catanzaro Venerdì 30 Novembre 2012 P-42 SCREENING DELL’INCIDENZA DI PATOLOGIA TIROIDEA E CONSUMO DI SALE IODATO NEGLI STUDENTI DEL PRIMO ANNO DELLA SCUOLE MEDIE INFERIORI DI ALCUNE AREE DELLA REGIONE CAMPANIA P. Lanzetta¹, L. De Franciscis¹, B. Biondi² coordinatori scientifici ASL Salerno Regione Campania¹, Fac. Medicina e Chirurgia Univ. Federico II Napoli² P-43 FATTORI PREDITTIVI DI MALIGNITÀ IN UNA CASISTICA DI NODULI TIROIDEI CON DIAGNOSI CITOLOGICA INDETERMINATA S. Lattarulo, A. Ciampolillo, S. Longo , M. Polizzi, F. Giorgino, A. Pezzolla Dipartimento Dell’Emergenza e dei Trapianti Di Organo, Università ‘Aldo Moro’ Bari P-44 ANTIGENE CARBOIDRATICO 19.9 (CA 19.9): NUOVO FATTORE PROGNOSTICO NEGATIVO DEL CARCINOMA MIDOLLARE DELLA TIROIDE (MTC) L. Lorusso, C. Romei, V. Bottici, L. Agate, E. Molinaro, V. Cappagli, D. Viola, F. Luchetti, L. Grasso, P. Vitti, R. Elisei Dipartimento di Endocrinologia, Università di Pisa P-45 ANDAMENTO CLINICO, FOLLOW-UP E PROGNOSI DEL MICROCARCINOMA DIFFERENZIATO TIROIDEO G.A. Lupoli, A. Panico, F. Fonderico, R. Lupoli, A. Tortora, L. Barba, L. Coviello, G. Neri, G. Lupoli Dip.to di Endocrinologia ed Oncologia Molecolare e Clinica, Università degli Studi “Federico II” – Napoli P-46 PROPOSTA DI UN NUOVO SEMPLICE SCHEMA DI PREPARAZIONE ALL’ABLAZIONE CON 131I IN PAZIENTI TIROIDECTOMIZZATI PER CARCINOMA DIFFERENZIATO TIROIDEO G.A. Lupoli, M.R. Poggiano, A. Martinelli, M. Cacciapuoti, L. Barba, L. Coviello, N. Verde, F. Papa, G. Lupoli Dip.to di Endocrinologia ed Oncologia Molecolare e Clinica, Univ. “Federico II” - Na Venerdì 30 Novembre 2012 P-47 IPOTIROIDISMO SUBCLINICO E INSUFFICIENZA LUTEINICA: RILEVANZA DEGLI INDICATORI DI FERTILITA’ A. Mancini, S. Raimondo, M. Persano, C. Di Segni, A. Saporosi, E. Giacchi, A. Pontecorvi Dipartimento di Medicina Interna e Centro Studi per la Regolazione Naturale della Fertilità, Università Cattolica del S.Cuore, Roma P-48 AUMENTATO STRESS OSSIDATIVO NEI PAZIENTI CON BRONCOPATIA CRONICA OSTRUTTIVA E BASSI LIVELLI DI T3 A. Mancini, S. Raimondo, C. Di Segni, M. Persano, A. Silvestrini, E. Meucci, G. Corbo, S. Valente, A. Pontecorvi Dipartmento di Medicina Interna e Istituto di Biochimica e Biochimica Clinica, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma P-49 RUOLO DELLA PET/TC CON 68GA-DOTATATE IN PAZIENTI AFFETTI DA CARCINOMA MIDOLLARE DELLA TIROIDE CON MALATTIA PERSISTENTE O RECIDIVANTE DOPO L'INTERVENTO CHIRURGICO. F. Marciello1, M. Del Prete1, V. Marotta1, V. Ramundo1, AC. Carratù1, C. De Luca di Roseto1, R. Esposito1, L. Aloj2, A. Colao1, S. Lastoria2, A. Faggiano1,3 1Dip.to di Endocrinologia ed Oncologia Molecolare e Clinica, Università degli Studi di Napoli “Federico II” - 2Dip.to di Medicina Nucleare, e 3Endocrinologia, Istituto Nazionale Tumori “Fondazione G. Pascale”, Napoli P-50 L’OUTCOME DEL MICROCARCINOMA MIDOLLARE DELLA TIROIDE G. Marconcini, C. Romei, V. Bottici, L. Valerio, V. Cappagli, A. Vivaldi, R. Ciampi, F. Luchetti, P. Vitti, R. Elisei Dipartimento di Endocrinologia, Università di Pisa P-51 ZEBRAFISH, UN NUOVO MODELLO PER STUDIARE L’AZIONE DELLA T3 F. Marelli1, L. Persani1,2 1IRCCS Istituto Auxologico Italiano-Milano, 2Università degli Studi di Milano Venerdì 30 Novembre 2012 P-52 RUOLO DELLA PET-FDG NEL PREDIRE LA RISPOSTA MORFOLOGICA IN PAZIENTI CON CARCINOMA DIFFERENZIATO DELLA TIROIDE AGGRESSIVO NON IODO-RESPONSIVO IN TERAPIA CON SORAFENIB V. Marotta1, M. Del Prete1, F. Marciello1, V. Ramundo1,R. Esposito1, A.C. Carratù1, C. De Luca1, R. Fonti2, L. Camera2, M. Salvatore2, M. Vitale3, A. Colao1, A. Faggiano1,4 1Dipartimento di Endocrinologia ed Oncologia Molecolare e Clinica, Federico II, Università di Napoli 2Dipartimento di Scienze Biomorfologiche e Funzionali, Federico II, Università di Napoli 3Dipartimento di Medicina e Chirurgia, Università di Salerno, Baronissi 4Endocrinologia, Istituto Nazionale dei Tumori, “Fondazione G. Pascale”, Napoli P-53 PROFILO DI TOSSICITA’ DELLA TERAPIA CON INIBITORE TIROSINOCHINASICO SORAFENIB IN PAZIENTI CON CARCINOMA DIFFERENZIATO TIROIDEO IODO-REFRATTARIO IN PROGRESSIONE V. Marotta1, M. Del Prete1, F. Marciello1, V. Ramundo1, R. Esposito1, A.C. Carratù1, C. De Luca1, R. Fonti2, L. Camera2, M. Salvatore2, M. Vitale3, A. Colao1, A. Faggiano1,4 1Dipartimento di Endocrinologia ed Oncologia Molecolare e Clinica, Federico II, Università di Napoli 2Dipartimento di Scienze Biomorfologiche e Funzionali, Federico II, Università di Napoli 3 Dipartimento di Medicina e Chirurgia, Università di Salerno, Baronissi 4Endocrinologia, Istituto Nazionale dei Tumori, “Fondazione G. Pascale”, Napoli P-54 ECOGRAFIA INTERVENTISTICA E CHIRURGIA RADIOGUIDATA NEL REPERIMENTO DI LINFONODI METASTATICI DA CARCINOMA TIROIDEO A. Martino1, E. Fiore3, C. Lombardi 2, P. Miletto 2, M. Rossi1 1 Unità Operativa Complessa di Diagnostica per Immagini - Ospedale S Ottone Frangipane Ariano Irpino 2 Dipartimento Immagini - AORN S.G. Moscati Avellino 3 Unità Operativa Endocrinologia I –Azienda Ospedaliera Pisana Venerdì 30 Novembre 2012 P-55 VALORE PREDITTIVO DELLA TIREOGLOBULINA ULTRASENSIBILE AL MOMENTO DELL’ABLAZIONE CON RADIOIODIO ESEGUITA IN EUTIROIDISMO A. Matrone, C. Gambale, L. Agate, E. Molinaro, V. Bottici, A. Biagini, P. Passannanti, D. Viola, P. Vitti, R. Elisei Dipartimento di Endocrinologia e Metabolismo – Università degli Studi di Pisa P-56 CONSUMO DI SALE IODATO E PREVALENZA DEL NODULO TIROIDEO IN ABRUZZO S. Melanzi*, G. Di Dalmazi*, M. Carpentieri*, C. Antonangelo#, e il gruppo endocrinologico abruzzese (GEA) *Endocrinologia, Universita` di Chieti; #UOC Endocrinologia, Osp. S. Salvatore, L’Aquila; Ambulatorio Endocrinologia, UOC Med. Interna, Osp. G. Mazzini, Teramo; Serv Ambulatoriale Endocrinologia, Osp S. Spirito , Pescara; UOC Medicina, Osp. F. Renzetti, Lanciano (CH). P-57 IODOPROFILASSI CON SALE IODATO IN GRAVIDANZA E SVILUPPO NEUROINTELLETTIVO: RISULTATI DI UNO STUDIO PILOTA PROSPETTICO M. Moleti1, G. Ilardo2, M. Boncoddo2, A.C. Longo2, B. Di Bella1, S. Presti1, G. Sturniolo1, G. Tortorella2, F. Trimarchi1, F. Vermiglio1 1Dip. Clinico-Sperimentale di Medicina e Farmacologia, Sezione di Endocrinologia; 2Dip. Neuropsichiatria Infantile. Università di Messina P-58 IPOTIROIDISMO CONGENITO CAUSATO DA UNA NUOVA MUTAZIONE OMOZIGOTE DEL GENE DELLA TIREOPEROSSIDASI. A. Molinaro, F. Niccolai, P. Agretti, G. De Marco, E. Ferrarini, A. Dimida, P. Vitti, B. Bagattini, L. Montanelli, M. Tonacchera Dipartimento di Endocrinologia, Università di Pisa Venerdì 30 Novembre 2012 P-59 MIXEDEMA PRETIBIALE AD ESORDIO TARDIVO IN PAZIENTE CON IPERTIRODISMO REFRATTARIO AL TRATTAMENTO A. Montepagani, P. Lazzeri, *M. Guadagni, ^P. Dessanti, ^N. Gorgji, A. Ciarmiello, M. Cappagli Medicina Nucleare, *Dermatologia, ^Anatomia Patologica, Ospedale S.Andrea, La Spezia P-60 PERFORMANCE DIAGNOSTICA DELLO STRAIN INDEX ELASTOGRAFICO NELLA DIAGNOSI DIFFERENZIALE DEI NODULI TIROIDEI L. Montesion, R. Carrara, S. Chytiris, V. Capelli, R. Fonte, M. Rotondi, F. Magri, L. Chiovato U.O. di Medicina Interna e Endocrinologia, IRCCS Fondazione S. Maugeri,. Pavia, Cattedra di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo, Università di Pavia P-61 FRAMMENTO N TERMINALE DEL PEPTIDE NATRIURETICO B (NTproBNP) NEL CARCINOMA TIROIDEO DIFFERENZIATO (DTC) E. Monti, V. Caorsi, G. Pera, L. Mortara, F. Minuto, M. Giusti Dipartimento di medicina interna. Università di Genova, Genova P-62 L’INIBIZIONE DI IDO1 (INDOLEAMMINA 2,3-DIOSSIGENASI 1) RIDUCE LA PROLIFERAZIONE DELLE CELLULE FTC133 S. Moretti, E. Menicali, P. Voce, F. Fallarino, N. Avenia, E. Puxeddu Dipartimento di Medicina Interna, Centro di Ricerca di Proteomica e Genomica della Tiroide (CRiProGeT), Università degli Studi di Perugia, Perugia, Italia Venerdì 30 Novembre 2012 P-63 ESPRESSIONE DI DIVERSE ISOFORME DELLA TIREOPEROSSIDASI NELLA TIROIDE, NEL CARCINOMA MAMMARIO (CM) ED IN ALTRI TESSUTI. I. Muller1,3, C. Giani1, E. Fiore1, V. Belardi1, V. Rosellini1, N. Funel2, D. Campani2, E. Giustarini1, F. Grennan-Jones3, L. Zhang3, M. Lewis3, A. Bakhsh3, M. Roncella4, M. Ghilli4, A. Pinchera1, P. Vitti1, C. Dayan3, M. Ludgate3 Dipartimento di Endocrinologia (1), Patologia (2) e Senologia (4), Università di Pisa (3) Institute of Molecular & Experimental Medicine, School of Medicine, Cardiff University P-64 DISFUNZIONE SESSUALE E PATOLOGIA TIROIDEA NELLA DONNA 1D. Pasquali, 1G. Accardo, 1A. Renzullo, 1D. Esposito, 1F. Barbato, 1G. Bellastella, 2 M.I. Maiorino, 1K. Esposito 1Dip di Scienze Cardio-Toraciche e Respiratorie, Sezione di Endocrinologia, Seconda Università di Napoli, Napoli 2Dip di Gerontologia, Geriatria e Malattie del Metabolismo, U.O.C. Di Malattie del Metabolismo, Seconda Università di Napoli, Napoli P-65 RUOLO DEL “THYROID IMAGING REPORTING AND DATA SYSTEM” NELLA STRATIFICAZIONE DEL RISCHIO DI CANCRO NEI NODULI TIROIDEI VALUTATI CON ESAME ECOGRAFICO P. Patruno, A. Natalicchio, M.P. Barbaro, A. Ciampolillo, F. Giorgino. Endocrinologia, D.E.T.O., Università degli Studi di Bari Aldo Moro P-66 DISFUNZIONI TIROIDEE IN DONNE GRAVIDE OSPEDALIZZATE PER COMPLICANZE MATERNO - FETALI C. Peirce 1, S. Ippolito 1, D. Arpaia 1, F. Improta 2, T. Palmieri 2, M.V. Locci 2, B. Biondi 1 1 Dipartimento di Endocrinologia ed Oncologia Molecolare e Clinica 2 Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Urologia e Scienze della riproduzione umana Università di Napoli “Federico II” , Napoli Venerdì 30 Novembre 2012 P-67 DIFFERENZE DI GENERE NEL CANCRO DELLA TIROIDE M.R. Pelizzo, I. Merante Boschin, C. Dobrinija, M. Zane, F. Torresan, L. Liistro, L. Pomba, F. Schiavi, G. Opocher Azienda Ospedaliera Policlinico Universitario di Padova, Patologia Speciale Chirurgica e Propedeutica Clinica P-68 EFFICACIA TERAPEUTICA DI LENVATINIB (E7080) SU METASTASI OSSEE DA CARCINOMA TIROIDEO REFRATTARIO AL RADIOIODIO (CTRR) L. Pieruzzi1, E. Molinaro1, A. Biagini1, C. Giani1, S. Mazzeo2, B. Pontillo Contillo2, M.G. Delle Donne3, L. Conte3, P. Vitti1, R. Elisei1. 1Dipartimento di Endocrinologia; 2Dipartimento ad Attività integrata Radiodiagnostica, 3Dipartimento Cardio-Toracico; Università di Pisa P-69 ANALISI DELLO STATO MUTAZIONALE DELL’ONCOGENE BRAF IN TUMORI FAMILIARI EPITELIALI NON-MIDOLLARI DELLA TIROIDE *M. Landriscina, °M.I. Natalicchio, *A. Piscazzi, *E. Costantino, §M. Campo, §A. Farese, §A. Fabiano,&E. Maiorano, &M. Liuzzi, #A. Ciampolillo, #F. Giorgino, §M.Cignarelli *Unità di Oncologia Medica ed §Unità di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo, Università degli Studi di Foggia; °Laboratorio di Biologia Molecolare, Azienda Ospedali Riuniti, Foggia. &Dipartimento di Anatomia Patologica # Sezione di Medicina Interna, Endocrinologia, Andrologia e Malattie Metaboliche, Università degli Studi di Bari Aldo Moro P-70 CORRELAZIONE CITO-ISTOLOGICA NEI NODI THY3 E THY4: ANALISI DI 378 CASI L. Pomba, L. Liistro, S. Simioni, S. Nordio, M. Variolo, G. Carrozzo, A. Ramin, F. Torresan, M.R. Pelizzo Azienda Ospedaliera Policlinico Universitario di Padova, Patologia Speciale Chirurgica e Propedeutica Clinica Venerdì 30 Novembre 2012 P-71 IMPATTO DELL’IPEROMOCISTEINEMIA SUL RISCHIO CARDIOVASCOLARE ED ANESTESIOLOGICO NEI PAZIENTI CON TIREOPATIA: ESPERIENZA DI UN SINGOLO CENTRO P. Princi1, R.S. Auriemma2, R. Corona2, I. Mariano2, B. Zappacosta3, C. Cavicchioni1, M. Gasperi2 1. Chirurgia Oncologica, Dipartimento di Oncologia, Fondazione Giovanni Paolo II, Campobasso; 2. Cattedra di Endocrinologia, Università del Molise, Campobasso; 3 Dipartimento Laboratori e Servizi, Fondazione Giovanni Paolo II, Campobasso." P-72 THYROID VOLUME CORRELATES WITH THE DEGREE OF GRAVES’ ORBITOPATHY M.A. Profilo, E. Sisti, C. Marcocci, P. Vitti, A. Pinchera, R. Rocchi, F. Latrofa, F. Menconi, M.A. Altea, M. Leo, T. Rago, M. Marinò Dipartimento di Endocrinologia, Università di Pisa P-73 EFFETTI DEL TRATTAMENTO CON SELENIOMETIONINA IN PAZIENTI CON TIROIDITE DI HASHIMOTO IN EUTIROIDISMO 1A. Renzullo, 1G. Accardo, 1D. Esposito, 1F. Barbato, 2C. Ambrosio, 2 M.G. Caprio, 2G. Vallone, 1D. Pasquali 1 Dip di Scienze Cardio-Toraciche e Respiratorie, Sezione di Endocrinologia, Seconda Università di Napoli, Napoli. 2 Dip di Scienze Biomorfologiche e Funzionali, Università Federico II, Napoli P-74 VALUTAZIONE DEGLI EFFETTI DEL NVP-BEZ 235 SU VITALITÀ, APOPTOSI E SECREZIONE DI VEGF IN CULTURE PRIMARIE E LINEE CELLULARI DI CARCINOMA MIDOLLARE DELLA TIROIDE M. Rossi, D. Molè, C. Filieri, R. Rossi, F. Tagliati, E.C. degli Uberti, M.C. Zatelli Sezione di Endocrinologia, Dipartimento di Scienze Mediche, Università degli Studi di Ferrara Venerdì 30 Novembre 2012 P-75 IL TUMORE IALINIZZANTE TRABECOLARE DELLA TIROIDE: DESCRIZIONE DI UN CASO CLINICO DI DIFFICILE DIAGNOSI PREOPERATORIA R. Rossi, M. Rossi, M.C. Zatelli, E. Bianchini*, G. Trasforini, E.C. degli Uberti Sezione di Endocrinologia, Dipartimento di Scienze Mediche, Università degli Studi di Ferrara * Anatomia, istologia e citologia patologica. Azienda ospedaliero-Universitaria di Ferrara P-76 I LIVELLI SIERICI DI INTERLEUCHINA 22 (IL-22) SONO AUMENTATI NELLA TIROIDITE DI HASHIMOTO RISPETTO ALLE TIREOPATIE NON AUTOIMMUNI E AI CONTROLLI SANI R.M. Ruggeri1, P. Minciullo2, S. Giovinazzo1, R. Certo1, A. Saitta2, S. Gangemi2, F. Trimarchi1, S. Benvenga1 1UOC di Endocrinologia & 2Sezione di Allergologia ed Immunologia clinica, Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università di Messina P-77 POLIMORFISMO DEL GENE TP53 NELLA TIROIDITE DI HASHIMOTO (TH) R.M. Ruggeri1, T.M. Vicchio1, S. Giovinazzo1, R. Certo1, F. Trimarchi1, M. Trovato2, S. Benvenga1 1Dipartimento di Medicina clinica e sperimentale, UOC Endocrinologia & 2Dipartimento di Patologia Umana, Università di Messina P-78 IL NODULO TIROIDEO NELLA REGIONE ABRUZZO A. Sagazio*, M. Olivieri*, C. Tinari*, P. Romagni^ e il gruppo endocrinologico abruzzese (GEA) *Endocrinologia, Università di Chieti; ^Ambulatorio Endocrinologia, UOC Med. Interna, Osp. G. Mazzini, Teramo; UOC Endocrinologia, Osp. S. Salvatore, L’Aquila; Servizio Ambulatoriale Endocrinologia, Osp S. Spirito , Pescara; UOC Medicina, Osp. F. Renzetti, Lanciano (CH) Venerdì 30 Novembre 2012 P-79 IDENTIFICAZIONE DI CELLULE TIROIDEE MALIGNE CIRCOLANTI. POTENZIALE UTILIZZO NEL FOLLOW-UP DEL PAZIENTE CON CARCINOMA DELLA TIROIDE. E. Saggiorato, A. Moretti, E. Aroasio, S. De Francia, M. Pautasso, M. Volante, F. Orlandi Dipartimento di Oncologia, Università degli Studi di Torino P-80 ATTUALE SIGNIFICATO DELL’ES. SCINTIGRAFICO NELLA DIAGNOSTICA DEI NODULI “CALDI” TIROIDEI B. Santaniello°, S. Fiordoro°, M. Borgiani°°, M. Giannoni°° °Catt. di Medicina Nucleare, DIMI, e °°Catt. di Radiologia I, DIMI, Univ.di Genova P-81 GESTIONE CLINICA DELL’IPOPARATIROIDISMO CHIRURGICO IN GRAVIDANZA: UN CASO CLINICO F. Saponaro, F. Cetani, C. Marcocci Sez. Dipartimentale di Endocrinologia e Metabolismo dell’Osso, Università di Pisa P-82 UTILITA’ DEI POTENZIALI TARDIVI E DELLA VARIABILTA’ DELLA FREQUENZA CARDIACA NELLO STUDIO DELLE COMPLICANZE ARITMICHE DELL’IPERTIROIDISMO SUB-CLINICO. M.D. Scarfoglio°, R. Parlangeli°, D. Bianchi,* D. Meringolo* U.O. Complessa di Cardiologica° e U.O. Semplice Dipartimentale di Endocrinologia* Ospedale Bentivoglio Ausl Bologna P-83 DISTURBI EMOZIONALI NEL POSTPARTUM INIZIALE: CORRELAZIONE TRA SCALE E CON TSH, FT3, FT4, ANTICORPI ANTITIROIDE. S. Settineri 1, M. Le Donne 2, G. Vita3, S. Benvenga 4,5 1Dip. di Scienze Umane e Sociali; 2Dip di Sc. Pediat., Ginec., Microb. e Biomed.; 3Dip di Sc. Biomed. ed Immagini; 4Dip. di Medicina Clinica e Sperim., Univ. di Messina; 5Programma Interdip. di Endocrinol. Molecolare Clinica & Salute Endocrina della Donna, AOU Messina Venerdì 30 Novembre 2012 P-84 RECIDIVA LOCALE DI CARCINOMIA PARATIROIDEO: CASE REPORTS S. Simioni, L. Liistro, L. Pomba, M. Variolo, N. Sorgato, G. Pennelli, M.R.Pelizzo Università degli Studi di Padova, Patologia Speciale Chirurgica Policlinico Universitario di Padova P-85 ANALISI DEL CONTENUTO DI IODIO IN ORTAGGI PROVENIENTI DA AREE COSTIERE DERIVATE DALLA BONIFICA LAGO SALATO DI SALPI. P. Stacchini*, A. Pastorelli*, A. Olivieri*,M.R. Campo§, S. Fariello§, L. Monaco§, M. Cignarelli§ *Dipartimento Sanità Pubblica Veterinaria e Sicurezza Alimentare, ** Dipartimento Biologia Cellulare e Neuroscienze Istituto Superiore di Sanità Roma, §Cattedra di Endocrinologia, Università degli Studi Foggia P-86 CORRELAZIONE TRA ALTERAZIONI GENETICHE E CARATTERISTICHE CLINICHE NEL CARCINOMA ANAPLASTICO DELLA TIROIDE A. Tacito, E. Sabini, C. Romei, E. Molinaro, L. Agate, C. Giani, C. Ugolini, F. Basolo, P. Vitti, R. Elisei Dipartimento di Endocrinologia e Dipartimento di Chirurgia, Università di Pisa P-87 METASTASI SURRENALICA DA CARCINOMA DIFFERENZIATO TIROIDEO F. Torresan, G. Gemo, C. Pagetta, I.M. Boschin, M. Zane, A. Ramin, S. Nordio, G. Carrozzo, M.R. Pelizzo Dipartimento di scienze chirurgiche oncologiche e gastroenterologiche, Università degli studi di Padova Venerdì 30 Novembre 2012 P-88 ECTOPIA TIROIDEA: DESCRIZIONE DI UN CASO. V. Triggiani, V.A. Giagulli, G. De Pergola, B. Licchelli, E. Tafaro, E. Guastamacchia Endocrinologia e Malattie Metaboliche, Dipartimento DIM, Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” P-89 DOSAGGIO DELLA PROCALCITONINA SIERICA IN PAZIENTI CON NODULO TIROIDEO: STUDIO PROSPETTICO. P. Trimboli 1, L. Ceriani 2, F.A. Verburg 3, R. Maglio 4, M. Imperiali 5, S. Valabrega 4, L. Giovanella 2,5 1 Section of Endocrinology and Diabetology, Ospedale Israelitico, Rome (Italy) - 2 Dept of Nuclear Medicine and Thyroid Centre, Oncology Institute of Southern Switzerland, Bellinzona (CH) - 3 Dept of Nuclear Medicine, RWTH Aachen University, Aachen (D) - 4 Dept of Surgical Science, Sapienza University, Ospedale S. Andrea, Rome (Italy) - 5 Dept of Laboratory Medicine, Ente Ospedaliero Cantonale, Lugano (CH) P-90 IL DOSAGGIO DI CALCITONINA SU LIQUIDO DI LAVAGGIO DI AGOASPIRATO IDENTIFICA IL CARCINOMA MIDOLLARE TIROIDEO CON UNA SENSIBILITÀ SUPERIORE RISPETTO ALLA CITOLOGIA. P. Trimboli 1, M. Bongiovanni 2, L. Guidobaldi 3, C. Ventura 1, O. Laurenti 1, F. Romanelli 4, G. Fattorini 1,4, R. Madaio 5, A. Crescenzi 3, S. Valabrega 6, L. Giovanella 7 1 Serv. di Endocrinologia, Ospedale Israelitico di Roma; 2 Serv. di Citopatologia, Ist. Cantonale di Patologia, Locarno (CH); 3 Serv. di Citologia e Istologia, Ospedale Israelitico di Roma; 4 Dip. di Medicina Sperimentale, Sapienza Università di Roma; 5 Serv. di Oncologia Clinica, Ospedale Israelitico di Roma; 6 Dip. di Scienze Mediche e Chirurgiche, Ospedale S. Andrea, Sapienza Università di Roma; 7 Dip. di Medicina Nucleare e Centro della Tiroide, Ist. Oncologico Svizzera Italiana, Bellinzona (CH) P-91 COMA MIXEDEMATOSO: QUANDO IL TSH NON BASTA ! R. Vacca, A. Oppo, M. Figorilli*, V. Oppo*, E. Ruiu*, R. Puddu*, F. Marrosu*, M. Marrosu*, S. Mariotti Endocrinologia, Dip. di Scienze Mediche ed Internistiche, *Neurologia, Dip. di Sanità Pubblica, Medicina Clinica e Molecolare, Università e A.O.U. di Cagliari Venerdì 30 Novembre 2012 P-92 PRO E CONTRO DELLA LINFOADENECTOMIA PROFILATTICA DEL COMPARTIMENTO CENTRALE NEI PAZIENTI CON CARCINOMA DIFFERENZIATO DELLA TIROIDE L. Valerio1, D. Viola1, G. Materazzi2, P. Miccoli2, F. Basolo2, E. Sensi2, P. Faviana2, E. Molinaro1, L. Agate1, P. Vitti1, R. Elisei1 1Dip.to di Endocrinologia e Metabolismo, 2Dip.to di Chirurgia, Università di Pisa P-93 LA RISPOSTA ALLA TERAPIA STEROIDEA E.V. AD ALTE DOSI NEI PAZIENTI CON ORBITOPATIA BASEDOWIANA E’ PRESENTE GIA’ DOPO 6 SETTIMANE G. Vannucchi1, I. Campi, D. Covelli1, N. Currò2, V. Cirello1, D. Dazzi3, P. Beck-Peccoz1, M. Salvi1 1 Unità di Endocrinologia Fondazione Cà Granda IRCCS Milano 2 Clinica Oculistica Fondazione Cà Granda IRCCS Milano P-94 REINTERVENTI SULLA TIROIDE M. Variolo, C. Bernardi, S. Simioni, F. Torresan, S. Nordio, M.R. Pelizzo Reparto di Patologia Speciale Chirurgica, Policlinico Universitario di Padova P-95 TERAPIA MEDICA DELL’IPERTIROIDISMO AUTOIMMUNE IN ETÀ PEDIATRICA: EFFICACIA DELLA STRATEGIA “BLOCK-ANDREPLACE” M.C. Vigone, E. Peroni, A. Passoni, M. Di Frenna, S. Caiulo, G. Weber U.O. Pediatria e Neonatologia, Università Vita-Salute San Raffaele, Istituto Scientifico San Raffaele, Milano P-96 IL DEFICIT DI LATTASI: UNA NUOVA CAUSA OCCULTA DEL MALASSORBIMENTO DI TIROXINA (T4). 1C. Virili, 1I. Gatto, 1M.G. Santaguida, 1M. Cellini, 1S.C. Del Duca, 1N. Brusca, 1L. Bianchi, 2L. Gargano, 1, 2M. Centanni 1Dip. Scienze e Biotecnologie Medico-chirurgiche, Sapienza Università di Roma, Latina, 2UOC Endocrinologia, AUSL Latina Venerdì 30 Novembre 2012 P-97 UN CASO DI MORBO DI BASEDOW (MB) INNESCATO DA IMMUNOTERAPIA CON L’ANTIGENE TUMORE-ASSOCIATO NY-ESO-1 R. Vita 1, F. Guarneri 2, R. Chee 3, R. Agah 4, S. Benvenga 1, 5 1 Endocrinologia, Dip.to di Medicina Clinica e Sperimentale, Università di Messina; 2 Dermatologia, Medicina Sociale del Territorio, Università di Messina; 3 Department of Developmental Biology, Stanford University, Stanford, CA, USA; 4 Internal Medicine, Stanford University, Palo Alto, CA, USA; 5 Programma Interdipartimentale di Endocrinologia Molecolare e Clinica e Salute Endocrina della Donna, Univ. di Messina P-98 STUDIO PROSPETTICO SUL RUOLO DEGLI EVENTI STRESSANTI (ES) NELLO SCATENAMENTO DEGLI EPISODI DI IPERTIROIDISMO DA MORBO DI BASEDOW (MB) R. Vita 1, F. Trimarchi 1, S. Benvenga 1, 2 1 Endocrinologia, Dip. di Medicina Clinica e Sperimentale, Università di Messina; 2 Progr. Interdip. di Endocrinologia Molecolare e Clinica e Salute Endocrina della Donna, Università di Messina P-99 PREVALENZA DELLA TIROIDITE CRONICA AUTOIMMUNE IN PAZIENTI AFFETTE DA SINDROME DELL’OVAIO POLICISTICO M. Vitale1, A. Ticino2, P. Storelli2, S. Evangelista2, F. D’Itri2, G. Grani1, M. Bianchini1, M. D’Alessandri1, M.G. Porpora2, A. Fumarola1, R. Ostuni2, G. Carbotta1 1. Dip.to di Medicina Sperimentale, Sapienza Università di Roma - 2. Dip.to di Scienze Ginecologico-Ostetriche e Scienze Urologiche, Sapienza Università di Roma P-100 CARATTERISTICHE MOLECOLARI DEL CARCINOMA PAPILLARE DELLA TIROIDE NEL PAZIENTE ACROMEGALICO: DATI PRELIMINARI S. Watutantrige Fernando1, F. Ceccato1, S. Barollo1, G. Occhi1, G. Pennelli2, C. Betterle1, M-L Jaffrain-Rea3, F. Grimaldi4, D. Nacamulli1, C. Scaroni1, C. Mian1 1: UO di Endocrinologia, Dip. di Medicina, Padova; 2: Unità di Anatomia Patologica, Dip. di Medicina, Padova; 3: Dip. di Scienze Neurologiche , Istituto Neuromed, IRCCS, Pozzilli; 4: Azienda Ospedaliero-Universitaria Santa Maria della Misericordia, Udine Venerdì 30 Novembre 2012 P-101 CIRCULATING CELL-FREE DNA, SLC5A8 AND SLC26A4 HYPERMETHYLATION, BRAFV600E: A NON-INVASIVE TOOL PANEL FOR DETECTION OF THYROID TUMORS M. Zane, M. Agostini, E. Casal Ide, F. Torresan, I. Boschin Merante, S. Barollo, C. Mian, M.R. Pelizzo Università degli Studi di Padova, Dip. Scienze Chirurgiche, Oncologiche e Gastroenterologiche (DiSCOG), Patologia Speciale Chirurgica P-102 ASSOCIAZIONE TRA MUTAZIONE R429Q DEL GENE DEL RECETTORE β (TR-β gene) DEGLI ORMONI TIROIDEI E SINDROME DA RESISTENZA ALL’AZIONE DEGLI ORMONI TIROIDEI (RTH). FORMA FAMILIARE CON FOLLOW-UP PER 22 ANNI M. Zingrillo1, M. Kiouranaki2, A. Melfitano1 1 Attività libero professionale Foggia; 2 Università di Foggia P-103 CARCINOMA PAPILLARE DELLA TIROIDE ASSOCIATO A TIROIDITE CRONICA AUTOIMMUNE IN 47 CASI CONSECUTIVI: CARATTERISTICHE CLINICHE, PROBLEMATICHE DIAGNOSTICHE, TRATTAMENTO E FOLLOW-UP A MEDIO TERMINE M. Zingrillo1, V. Nirchio2, F. Tricarico2, G. La Torre3, M. Ulivieri4, A. Melfitano1 1. Attività libero professionale Foggia; 2. Azienda Ospedaliera Foggia; 3. Centro di Riferimento Oncologico Basilicato, Rionero in Vulture (Pz); 4. Presidio Ospedaliero di Cerignola (Fg) P-104 DOSAGGIO DELLA TIREOGLOBULINA SU CITOASPIRATO LINFONODALE NELLA DIAGNOSI DEI TUMORI DIFFERENZIATI DELLA TIROIDE S. Lupo, M. Bondanelli, G. Trasforini, P. Franceschetti, A. Guerra, R. Rossi, M.R. Ambrosio, E.C. degli Uberti Sezione di Endocrinologia, Dipartimento di Scienze Mediche, Università degli Studi di Ferrara 14.00 Riunione gruppi di studio AIT Venerdì 30 Novembre 2012 15.00 TAVOLA ROTONDA AIT-SIEC Moderatori: G. Torre, Genova M.R. Pelizzo, Padova Le complicanze peri e post operatorie: ruolo del volume operatorio/annuo del chirurgo, considerazioni medico legali e istituzione di un albo dei chirurghi della tiroide A. Ambrosi, Foggia R. Bellantone, Roma V. Fineschi, Foggia 16.00 TAVOLA ROTONDA AIT-SIEDP: TRATTAMENTO DELL’IPERTIROIDISMO INFANTILE Moderatori: M. Cappa, Roma M. Centanni, Roma L’ipertiroidismo in età pediatrica G. Weber, Milano Il trattamento farmacologico in età pediatrica A. Cassio, Bologna Il trattamento radiometabolico e chirurgico nel paziente pediatrico G. Cesaretti, Pisa 17.00 Coffee Break 17.15 TAVOLA ROTONDA: UP TO DATE SULLA IODOPROFILASSI Moderatori: P. Beck Peccoz, Milano P. Vitti, Pisa La iodoprofilassi in Italia: la normativa e le azioni del ministero S. Borrello, Roma L’osservatorio Nazionale per il monitoraggio della iodoprofilassi in Italia: i dati aggiornati A. Olivieri, Roma Alimenti ed apporto di iodio nella popolazione italiana P. Stacchini, Roma Venerdì 30 Novembre 2012 17.45 Iodoprofilassi oggi: le vie alternative al sale da cucina Moderatori: D. Agrimi, Brindisi A. Olivieri, Roma Introduzione: M. Tonacchera, Pisa Il sale nella filiera alimentare M. Bonoli, Bologna Iodio e vegetali: la patata iodata L. Cerretani, Bologna Impatto nutrizionale dei prodotti lattiero-caseari arricchiti con iodio nell’uomo M. Frigeri, Pisa 18.45 Discussione 19.15 Assemblea generale AIT 20.30 Cena Sociale Sabato 1 Dicembre 2012 08.00 INCONTRO CON L’ESPERTO: LA NUOVA CLASSIFICAZIONE DELLA CITOLOGIA TIROIDEA Moderatori: E. Papini, Albano Laziale F. Basolo, Pisa Relatore: 09.00 F. Nardi, Roma INCONTRO CON L’ESPERTO: CARCINOMA MIDOLLARE DELLA TIROIDE: NOVITA’ IN TEMA DI DIAGNOSTICA DINAMICA Moderatori: R. Elisei, Pisa L. Fugazzola, Milano Relatore: M. Tortolano, San Giovanni Rotondo 10.00 Coffee Break 10.15 LETTURA MAGISTRALE A risk adapted approach to selection of follow-up testing in differentiated thyroid cancer Moderatori: F. Trimarchi, Messina G. Fenzi, Napoli Relatore: 11.00 M. Tuttle, New York City, USA COMUNICAZIONI ORALI IN SESSIONI PARALLELE AULA A - Moderatori: G. Napolitano, Chieti A. Frasoldati, Reggio Emilia M. Zingrillo, Foggia AULA B - Moderatori: R.M. Ruggeri, Messina F. Orlandi, Torino E. Guastamacchia, Bari AULA C - Moderatori: R. Guglielmi, Albano Laziale C. Giani, Pisa U. Crocetti, San Giovanni Rotondo Sabato 1 Dicembre 2012 AULA A O-01A SIGNIFICATO PROGNOSTICO DELLA TIREOGLOBULINA ALL’ABLAZIONE NEL CARCINOMA DIFFERENZIATO DELLA TIROIDE SU UNA CASISTICA PIEMONTESE DI OLTRE 1000 PAZIENTI F. Bardesono 1, F. Arecco 1, I. Messuti 1, A. Moretti 1, V. Berti 3, B. Puligheddu 1, R. E. Pellerito 2, F. Orlandi 1. 1 Dipartimento di Oncologia, Università di Torino, Presidio Sanitario Gradenigo. 2 SC Medicina Nucleare, AO Mauriziano, Torino. 3 CSI Piemonte O-02A EFFICACIA E TOLLERABILITÀ DI 3 DIFFERENTI DOSI CUMULATIVE DI METILPREDNISOLONE (MP) PER VIA ENDOVENOSA PER L’ORBITOPATIA BASEDOWIANA MEDIO-GRAVE ATTIVA L. Bartalena a nome dell’European Group on Graves’ Orbitopathy (EUGOGO) (G.E. Krassas, W. Wiersinga, C. Marcocci, M. Salvi, C. Daumerie, C. Bournaud, M. Stahl, L. Sassi, G. Veronesi, C. Azzolini, K.G. Boboridis, M.P. Mourits, M.R. Soeters, L. Baldeschi, M. Nardi, N. Currò, A. Boschi, M. Bernard, G. von Arx) Università dell’Insubria, Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Varese O-03A IN PAZIENTI CON CARCINOMA DIFFERENZIATO DELLA TIROIDE A RISCHIO INTERMEDIO L’ATTIVITA’ DI RADIOIODIO SOMMINISTRATA PER L’ABLAZIONE DEL RESIDUO NON CONDIZIONA L’OUTCOME DELLA MALATTIA V. Belardini1, M.G. Castagna1, F. Maino1, A. Theodoropoulou1, S. Memmo1, E. Brinazoni2, F. Pacini1 1Dipartimento di Medicina Interna, Scienze Endocrino-Metaboliche e Biochimica, Sezione di Endocrinologia e Malattie Metaboliche, Università di Siena, Siena. 2 Unità di Medicina Nucleare, Ospedale di Macerata, Macerata Sabato 1 Dicembre 2012 O-04A USO DELLA SPECT-CT NELLA VALUTAZIONE E LOCALIZZAZIONE DEL TESSUTO TIROIDEO RESIDUO IN PAZIENTI TRATTATI CON TIROIDECTOMIA TOTALE PER CARCINOMA DIFFERENZIATO DELLA TIROIDE A. Biagini1, E. Molinaro1, R. Zeuren2, R. Grewal2, G. Randolph3, M. Sabra2, A. Shaha2, R. Elisei1, R.M. Tuttle2 1Dipartimento di Endocrinologia Pisa; 2 Memorial Sloan-Kettering Cancer Center, New York; 3 Harvard Medical School, Otolaryngology, Boston, MA O-05A ELEVATA PREVALENZA DI ALTERAZIONI SUBCLINICHE DEI MUSCOLI EXTRAOCULARI IN PAZIENTI CON MORBO DI BASEDOW ASINTOMATICI PER OFTALMOPATIA ATTIVA F. Boi, R. Vacca, I. Zucca*, A. Cuccu*, M. Fossarello*, S. Marini**, S. Mariotti Endocrinologia, Dip. di Scienze Mediche, (*)Oftalmologia, Dip. di Scienze Chirurgiche, (**)Radiologia, Dip. di Scienze Mediche, Università di Cagliari O-06A MUTAZIONI DEL GENE IGSF1 CAUSANO UNA SINDROME X-LINKED CON IPOTIROIDISMO CENTRALE IDIOPATICO (ICI) E MACROORCHIDISMO M. Bonomi1, B. Bak2, N. Schoenmakers3, P. Duminuco1, I. Campi 4, P. BeckPeccoz4, G. Radetti5, K. Chatterjee3, M.T. Dattani6, L. Persani1, J.M. Wit7 and D.J. Bernard2 Dip. di Scienze Cliniche e di Comunità, UNIMI: 1Lab.Ric Endocrino-Metaboliche, IRCCS Istituto Auxologico Italiano, Milano; 4Fondazione Ospedale Maggiore di Milano IRCCS, Milano; 2Dept of Pharmacology & Therapeutics, McGill University, Montréal, Canada; 3Inst of Metabolic Science, Un of Cambridge,UK; 5Osp di Bolzano, Endocrinologia Pediatrica, Bolzano; 6Developmental Endocrinology Research Group, UCL, London, UK; 7Dept of Pediatrics, Leiden Un Medical Center, Leiden, The Netherland Sabato 1 Dicembre 2012 O-07A TRATTAMENTO CON 131I DEL M. DI BASEDOW: EFFICACIA A LUNGO TERMINE IN DIPENDENZA DAL PROTOCOLLO DOSIMETRICO L. Camerieri1, M.C. Bagnara2, E. Pomposelli1, M. Schiavo1, C. Reitano2, M. Caputo1, M. Bagnasco1. 1 Lab Autoimmunologia e UO Medicina Nucleare e Terapia Radiometabolica 2 UO Fisica Sanitaria IRCCS AOU San Martino –IST, Di.M.I Università di Genova O-08A ATTIVITA’ CLINICA E BIOCHIMICA DI CABOZANTINIB (XL-184) IN UNO STUDIO DI FASE 3 IN PAZIENTI CON CARCINOMA MIDOLLARE DELLA TIROIDE (MTC) V. Cappagli1, S. Mueller2, P. Schöffski3, M. Brose4, M. Shah5, L. Licitra6, B. Jarzab7, V. Medvedev8, M.C. Kreissl9, B. Niederle10, E. Cohen11, L. Wirth12, H. Ali13, D. Clary14, M. Mangeshkar14, D. Ball15, B. Nelkin15, S. Sherman16, M. Schlumberger17, R. Elisei1 1Univ. di Pisa, Dipt. di Endocrinologia, I, 2Univ. Hospital of Essen, D, 3UZ Leuven, B, 4Univ. of Pennsylvania, Philadelphia, USA, 5Ohio State Univ. Medical Center, Columbus, USA, 6Istituto Nazionale dei Tumori, Milano, I, 7Centrum Onkology, Instytut im. M. Sklodowskiej-Curie oddzial w Gliwicach, PL, 8Medical Radiology Res. Center of RAMS, Obnisk, Federazione russa, 9Univ. Hospital of Wuerzburg, D, 10Medical Univ. of Vienna, A, 11Univ. of Chicago Medical Center, USA, 12Massachusetts General Hospital, Boston, USA, 13Henry Ford Health System, Detroit, USA, 14Exelixis, South San Francisco, USA, 15John Hopkins Hospital and Health System, Baltimora, USA, 16MD Anderson Cancer Center, Houston, USA, 17Institut Gustave Roussy, Parigi, F. O-09A LIVELLI DI ESPRESSIONE GENICA DELLE ISOFORME DELLA CLUSTERINA NEL TUMORE TIROIDEO: POSSIBILE MARKER NEL TUMORE TIROIDEO INDETERMINATO? 1A. Ciampolillo, 2,3P. Fuzio, 2E. Perlino, 1S. Lattarulo, 1A. Pezzolla, 1A. Napoli, 1E. Maiorano, 1F. Giorgino. 1Dip.to dell’Emergenza e dei Trapianti di Organi, Università degli Studi di Bari Aldo Moro2 Istituto di Tecnologie Biomediche, ITB-CNR, Bari; 3Istituto di Biomembrane e Bioenergetica, IBBE-CNR, Bari Sabato 1 Dicembre 2012 O-10A REGOLAZIONE DI CLAUDINA-1/7 DURANTE IL PROCESSO DI TRANSIZIONE EPITELIO-MESENCHIMALE NEL CARCINOMA DELLA TIROIDE: RUOLO DEL FATTORE DI TRASCRIZIONE SLUG C. Colato, S. Pedron, F. Monzani, P. Brazzarola, G. Martignoni, M. Chilosi, M. Ferdeghini Dipartimento di Patologia e Diagnostica, Università di Verona AULA B O-11B ANALISI EPIDEMIOLOGICA, CLINICA E MOLECOLARE DEI TUMORI TIROIDEI INCIDENTALI IN UN’AMPIA COORTE DI PAZIENTI TRATTATI PER PATOLOGIA BENIGNA S. De Leo, M. Perrino, V. Cirello, S. Badiali, C. Colombo, P. Beck-Peccoz, L. Vicentini, L. Fugazzola Dip. Di Scienze Cliniche e di Comunità, Università di Milano, Unità di Endocrinologia ed Endocrinochirurgia, Fondazione IRCCS Ca’ Granda, Milano O-12B ANTICORPI ANTI-CELLULE IPOTALAMICHE COME MARKERS DI AUTOIMMUNITÀ IN PAZIENTI CON MALATTIE AUTOIMMUNI DELLA TIROIDE ED IPOPITUITARISMO A. Dello Iacovo, C. Colella, E. Lucci, E. Pane, G. Bellastella, A. Barbieri, T. Turino, A. Bizzarro1, A. Bellastella, A. De Bellis Catt. di Endocrinologia – Dip.to di Scienze Cardio-Toraciche e Respiratorie- Seconda Università degli Studi di Napoli, 1 Catt. di Allergologia e Immunologia Clinica – Dip.to Medico Chirurgico di Internistica clinica e sperimentale “F. Magrassi- A. Lanzara”Seconda Università degli Studi di Napoli Sabato 1 Dicembre 2012 O-13B LSD-1 E FOXO3 REGOLANO L’ESPRESSIONE EPIGENETICA DELLE DESIODASI D2 E D3 NELLA MIOGENESI. M. Dentice, M.A. De Stefano, R. Ambrosio, A. Sibilio, V. Torre, F. Alfano, A. Caputo, G. Fenzi e D. Salvatore Dipartimento di Endocrinologia ed Oncologia Molecolare e Clinica. Università di Napoli “Federico II” O-14B L’APPLICAZIONE DI IMMUNOCITOCHIMICA E ANALISI MUTAZIONALE DI N-RAS MIGLIORA L’ACCURATEZZA DIAGNOSTICA DELLA CITOLOGIA ALLESTITA IN FASE LIQUIDA IN LESIONI TIROIDEE BRAF-NEGATIVE G. Fadda, E.D. Rossi, M. Martini, P. Straccia, S. Capodimonti, *C.P. Lombardi, L.M. Larocca, °A. Pontecorvi Istituto di Anatomia Patologica * Divisione di Chirurgia Endocrina e Metabolica ° Divisione di Endocrinologia- Università Cattolica del Sacro Cuore, Policlinico “Agostino Gemelli”, Roma O-15B VALIDITÀ DIAGNOSTICA DEGLI INDICI DI ELASTICITÀ DEI NODI TIROIDEI: DATI PRELIMINARI S. Garelli, C. Betterle, C. Mian, S. Barollo, D. Nacamulli Dipartimento di Medicina, Università – Azienda Ospedaliera di Padova O-16B REGOLAZIONE DELL’ESPRESSIONE DEL GENE PER IL COTRASPORTO SODIO/IODURO (NIS) DA PARTE DEL RESVERATROLO C. Giuliani, S. Di Santo, I. Bucci, F. Monaco, G. Napolitano Unitá di Endocrinologia, Dipartimento di Medicina e Scienze dell’Invecchiamento, Universitá ""G. D'Annunzio"" Chieti-Pescara e Ce.S.I., Fondazione Universitá ""Gabriele D'Annunzio"" Chieti Sabato 1 Dicembre 2012 O-17B SIGNIFICATO CLINICO DELL’IPERTIREOTROPINEMIA IN PAZIENTI OBESI MORBIGENI ATTRAVERSO LA VALUTAZIONE DEL PROFILO LIPIDICO CIRCOLANTE COME INDICE PERIFERICO DI IPOTIROIDISMO SUBCLINICO G. Groppelli1, L. de Martinis1, P. Leporati1, I.M. Rizza1, A. Clerici1, A. La Manna1, R. Fonte 1, F. Magri1, B. Biondi2, M. Rotondi1, L. Chiovato1 1U.O. Med. Int. e Endocr, IRCCS Fond. S. Maugeri, Catt. di Endocr e Mal del Ric (Pavia); 2 Dip Endocr e Onc Clin e Molec, Università Federico II di Napoli O-18B L’ATTIVAZIONE DEL SIGNALING RAS/RAF/ERK CONTRIBUISCE ALLA RESISTENZA DELLE LINEE CELLULARI DI CARCINOMA TIROIDEO AL SUNITINIB A. Piscazzi*, E. Costantino*, F. Maddalena□, I. Natalicchio°, A.M.T. Gerardi*, R. Antonetti°, M. Cignarelli§, M. Landriscina* *Unità di Oncologia Medica ed §Unità di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo, Università degli Studi di Foggia; °Laboratorio di Biologia Molecolare, Azienda Ospedali Riuniti, Foggia; □IRCCS CROB Rionero in Vulture, Potenza O-19B IGF-IR REPRESENTS A THERAPEUTIC TARGET IN THYROID CANCER: DETERMINANTS OF IN VITRO RESPONSE TO THE IGF-IR TYROSINEKINASE INHIBITOR, NVP-AEW541 R. Malaguarnera, A. Palummo, A. Sacco, A. Morcavallo, S. Giuliano, *F. Frasca, A. Belfiore Dipartimento di Scienze della Salute, Endocrinologia, Università “Magna Graecia” di Catanzaro, 88100 Catanzaro *Dipartimento di Biomedicina Clinica e Molecolare, Endocrinologia, Università degli Studi di Catania, 95100 Catania Sabato 1 Dicembre 2012 O-20B ABLAZIONE RADIOMETABOLICA DEL RESIDUO TIROIDEO POSTCHIRURGICO DOPO STIMOLO CON TSH UMANO RICOMBINANTE (rhTSH) IN PAZIENTI CON OFTALMOPATIA DI GRAVES (OG) DI GRADO MODERATAMENTE SEVERO E SEVERO: STUDIO PROSPETTICO RANDOMIZZATO IN SINGOLO CIECO M. Moleti1, M.A. Violi1, D. Montanini2, B. Di Bella1, G. Sturniolo1, S. Presti1, A. Alibrandi3, A. Campennì4, S. Baldari4, F. Trimarchi1, F. Vermiglio1. 1Dip.Clinico-Sperimentale di Medicina e Farmacologia, Sezione di Endocrinologia; 2Dip. Chirurgia Specialistica, Sezione di Oftalmologia; 3 Dip. Scienze Economiche, Finanziarie, Sociali, Ambientali, Statistiche e del Territorio; 4 Dip. Scienze Radiologiche, Sezione di Medicina Nucleare. Università di Messina AULA C O-21C FREQUENZA DEI POLIMORFISMI DEI GENI DEL VEGF, DEL VEGFR E DI HIF IN SOGGETTI NORMALI ED IN PAZIENTI CON GOZZO NODULARE PROVENIENTI DA UN'AREA A MODERATA CARENZA IODICA F. Niccolai1, A. Molinaro1, G. De Marco1, P. Agretti1, C. Di Cosmo1, P. Piaggi3, P. Vitti,1 G. Bocci,2 M. Tonacchera1 1 Dipartimento di Endocrinologia e Metabolismo, Università di Pisa, Italia; 2 Dipartimento di Medicina Interna – Divisione di Farmacologia, Università di Pisa, Italia; 3 Dipartimento di ingegneria informatica, Università di Pisa, Italia O-22C IL CARCINOMA DELLE PARATIROIDI: IMPATTO DELLO STATUS GENETICO HRPT2 NELLA PRATICA CLINICA M.R. Pelizzo, N. Sorgato Università degli Studi di Padova, Patologia Speciale Chirurgica, Padova Sabato 1 Dicembre 2012 O-23C RELAZIONE TRA L'USO DI SALE IODATO ED AUTOIMMUNITÀ TIROIDEA DOPO IODOPROFILASSI M.A. Provenzale, M. Frigeri, L. Puleo, L. Antonangeli, T. Rago, E. Fiore, M. Tonacchera, L. Grasso, A. Pinchera, F. Aghini Lombardi, P. Vitti Dipartimento di Endocrinologia - Università degli Studi di Pisa O-24C CAMKII MEDIA IL SEGNALE ONCOGENICO DI RET NEL CARCINOMA MIDOLLARE DELLA TIROIDE E LA SUA INIBIZIONE È INVERSAMENTE CORRELATA CON LA GRAVITÀ DELLA MALATTIA E. Russo1, M. Salzano1, V. De Falco1, M. Santoro1, C. Mian2, S.Barollo2, M. Vitale3 1Dipartimento di Biologia e Patologia Cellulare e Molecolare, Università di Napoli Federico II 2Unità Operativa di Endocrinologia, Dipartimento di Medicina-DIMED 3Dipartimento di Medicina e Chirurgia, Università di Salerno, Baronissi, Salerno O-25C L’INTERFERENZA DELL’ASSORBIMENTO DELLA L-TIROXINA (L-T4) DA PARTE DEGLI INIBITORI DI POMPA PROTONICA (PPI) PUO’ ESSERE RISOLTA DA UNA FORMULAZIONE LIQUIDA DI L-T4. G. Saraceno 1, R. Vita 1, F. Trimarchi 1, S. Benvenga 1, 2 1 Endocrinologia, Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università di Messina; 2 Programma Interdipartimentale di Endocrinologia Molecolare e Clinica e Salute Endocrina della Donna, Università di Messina O-26C MORBIDITY AND MORTALITY OF ACUTE LIVER DAMAGE DURING OR AFTER HIGH DOSE INTRAVENOUS GLUCOCORTICOID PULSE THERAPY FOR GRAVES’ OPHTHALMOPATHY E. Sisti, A. Pinchera, C. Marcocci, R. Rocchi, F. Latrofa, F. Menconi, MA. Altea, M. Leo, MA. Profilo, B. Mazzi, E. Albano, M. Marinò Unità Operativa di Endocrinologia I, Università di Pisa Sabato 1 Dicembre 2012 O-27C CALO PONDERALE E VARIAZIONE DELLA DOSE SOSTITUTIVA DI LEVO- TIROXINA (L-T4) IN SOGGETTI OBESI IPOTIROIDEI SOTTOPOSTI A CHIRURGIA BARIATRICA A. Tamberi, A. Pinchera, P. Fierabracci, S. Martinelli, P. Piaggi1, A. Basolo, I. Ricco, G. Ceccarini, G. Scartabelli, A. Marsili, A. Landi1, P. Vitti, F. Santini. U.O. Endocrinologia 1, AOUPisana. 1 Dip. di Sistemi Elettrici e Automazione, Università di Pisa O-28C PREVALENZA E TEMPO DI COMPARSA DELLE RECIDIVE DA CARCINOMA PAPILLIFERO DELLA TIROIDE: STUDIO RETROSPETTIVO SU 1020 PAZIENTI 1M. Torlontano, 2C. Durante, 2T. Montesano, 3M. Attard, 4F. Monzani, 5S. Tumino, 6G. Costante, 7D. Meringolo, 8R. Bruno, 1M. Massa, 2G. Ronga, 1U. Crocetti, 1L. D’Aloiso, 2S. Filetti. 1U.O. di Endocrinologia, IRCCS “Casa Sollievo della Sofferenza”, San Giovanni Rotondo; 2Dip. Medicina Interna e Specialità Mediche, Univ. La Sapienza, Roma; 3U.O. di Endocrinologia, Ospedali Riuniti Villa Sofia-Cervello, Palermo; Dip. di: 4Medicina Clinica e Sperimentale, Univ. Pisa; 5Scienze Mediche e Pediatriche, Univ. Catania; 6Scienze della Salute, Univ. Catanzaro; U.U.O.O. di Endocrinologia, 7Osp. Bentivoglio, Bologna e 8Osp. Tinchi-Pisticci, Matera. O-29C EFFETTI MORFOFUNZIONALI DELLA TRIIODOTIRONINA (T3) NEL FOLLICOLO ED IN CELLULE DELLA GRANULOSA DI RATTO C. Verga Falzacappa1, F. Alfei1, M.G. Santaguida1, A. Furno2, R. Canipari3, S. Misiti2, M. Centanni1 1Dip. Scienze e Biotecnologie Medicochirurgiche,2Dip.Medicina Sperimentale e 3Dip. Embriologia e Istologia, Sapienza Università di Roma, Roma e Latina Sabato 1 Dicembre 2012 O-30 EFFETTO DI DUE INIBITORI CHINASICI IN LINEE CELLULARI DI CARCINOMA TIROIDEO: STUDI IN VITRO E IN VIVO P. Voce, M. D’Agostino, S. Moretti, E. Menicali, N. Giusti, N. Avenia, E. Puxeddu Dipartimento di Medicina Interna, Centro di Ricerca di Proteomica e Genomica della Tiroide (CRiProGeT), Università degli Studi di Perugia 14.00 Premiazione poster e Conclusioni 14.15 Test e valutazioni ECM 14.45 Chiusura del congresso COMUNICAZIONI ORALI O-01A SIGNIFICATO PROGNOSTICO DELLA TIREOGLOBULINA ALL’ABLAZIONE NEL CARCINOMA DIFFERENZIATO DELLA TIROIDE SU UNA CASISTICA PIEMONTESE DI OLTRE 1000 PAZIENTI F. Bardesono 1, F. Arecco 1, I. Messuti 1, A. Moretti 1, V. Berti 3, B. Puligheddu 1, R. E. Pellerito 2, F. Orlandi 1. 1 Dipartimento di Oncologia, Università di Torino, Presidio Sanitario Gradenigo. 2 SC Medicina Nucleare, AO Mauriziano, Torino. 3 CSI Piemonte Premesse e obiettivi: nel carcinoma tiroideo differenziato (DTC) la negatività della Tireoglobulina (Tg) dopo stimolo con rh-TSH (R-Tg), associata a quella dell’esame ecografico, permette di definire il paziente in remissione clinica di malattia. Studi recenti hanno suggerito come la Tg al momento della terapia ablativa con 131I (A-Tg), eventualmente associata alla Tg durante la terapia soppressiva con L-T4 (S-Tg), possa essere correlata con la R-Tg. Questo permetterebbe di evitare, in una popolazione selezionata di pazienti, il test con rh-TSH. Scopo del nostro studio è stato quello di valutare se l’associazione di bassi livelli di A-Tg (<10 e <15 µg/l) con S-Tg indosabile (<0.6 µg/l) avesse un sufficiente valore predittivo negativo (VPN) per recidiva/persistenza di malattia, tale da poter evitare l’esecuzione del test con rh-TSH. Materiali e metodi: sono stati valutati 1082 pazienti con DTC, consecutivamente sottoposti a tiroidectomia totale e trattamento radiometabolico ablativo c/o AO Mauriziano, Torino che esegue >80% delle ablazioni in Piemonte. Sulla base delle linee guida ETA, i pazienti sono stati classificati in gruppo A (very-low risk + low risk: 494/1082) e gruppo B (high risk: 588/1082). I criteri di inclusione prevedevano la negatività degli AbTg e un follow-up di almeno 1 anno. Il test con rh-TSH, effettuato dopo 6-12 mesi dal trattamento iniziale, è stato considerato come gold-standard per definire la remissione/persistenza-recidiva di malattia. Risultati: poiché le medie dei valori di A-Tg <10 µg/l (2.4 ± 2.5 µg/l per il gruppo A e 2.4 ± 2.6 µg/l per il gruppo B) e <15 µg/l (2.9 ± 3.2 µg/l per il gruppo A e 2.9 ± 3.3µg/l per il gruppo B) in entrambi i gruppi non hanno dimostrato differenze statisticamente significative (p= 0,93), l’intera popolazione in studio è stata analizzata indipendentemente dalla classe di rischio iniziale. Il VPN di A-Tg <10 µg/l è risultato del 97% e del 96,8% per valori di A-Tg <15 µg/l. Il VPN dell’associazione di A-Tg con S-Tg <0,6 µg/l è risultato essere del 99,2% per valori di A-Tg <10 µg/l e del 99,3% per A-Tg <15 µg/l. Conclusioni: questi dati suggeriscono che pazienti con A-Tg <15 µg/l associata ad S-Tg <0,6 µg/l hanno un rischio molto basso di recidiva di malattia, anche nei pazienti ad alto rischio, tale da poter evitare l’esecuzione del test con rh-TSH con un significativo risparmio economico. O-02A EFFICACIA E TOLLERABILITÀ DI 3 DIFFERENTI DOSI CUMULATIVE DI METILPREDNISOLONE (MP) PER VIA ENDOVENOSA PER L’ORBITOPATIA BASEDOWIANA MEDIO-GRAVE ATTIVA L. Bartalena a nome dell’European Group on Graves’ Orbitopathy (EUGOGO) (G.E. Krassas, W. Wiersinga, C. Marcocci, M. Salvi, C. Daumerie, C. Bournaud, M. Stahl, L. Sassi, G. Veronesi, C. Azzolini, K.G. Boboridis, M.P. Mourits, M.R. Soeters, L. Baldeschi, M. Nardi, N. Currò, A. Boschi, M. Bernard, G. von Arx) Università dell’Insubria, Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Varese Anche se i glucocorticoidi per via endovenosa (evGC) sono il trattamento di prima scelta per l’orbitopatia basedowiana (OB) medio-grave ed attiva, non vi è consenso sulla dose cumulativa ottimale. In questo studio multicentrico randomizzato in doppio-cieco, 159 pazienti con OB medio-grave ed attiva, reclutati presso 8 centri EUGOGO di 6 paesi europei, erano assegnati a tre gruppi di trattamento: bassa dose (BD) cumulativa (circa 2.5 g di MP); media dose (MD) cumulativa (circa 5 g), alta dose (AD) cumulativa (circa 7.5 g), somministrata in 12 infusioni settimanali (6 con la dose iniziale, 6 con la dose dimezzata). L’efficacia degli evGC veniva valutata in cieco a 12 settimane, oggettivamente da un oculista (valutazione oculare complessiva secondo criteri predefiniti), soggettivamente dal paziente (questionario GO-QoL sulla qualità della vita). Gli eventi avversi venivano registrati ad ogni visita, assegnando 1 punto ad ogni evento minore e 2 punti ad ogni evento maggiore e costruendo così un Safety Score. Un miglioramento oculare complessivo era più frequente con AD (52%) che con MD (35%; p00.03) o BD (28%; p=0.01). Queste differenze erano particolarmente evidenti riguardo alla motilità oculare (soprattutto elevazione e abduzione) e al Clinical Activity Score (CAS). Il CAS diminuiva, comunque, in tutti e tre i gruppi, anche in misura molto minore con BD. La qualità della vita migliorava in maniera più evidente con AD, pur non raggiungendo la significatività. L’esoftalmo e l’apertura palpebrale miglioravano in una ridotta percentuale di pazienti in tutti i gruppi. Il Safety Score per gli eventi maggiore era più alto con la AD, anche se non in maniera significativa.Una neurite ottica compariva in alcuni pazienti dei tre gruppi. Dopo la sospensione del trattamento evGC, una recidiva dell’OB nei pazienti migliorati a 12 settimane si verificava nel 33% di pazienti AD, 21% di pazienti MD, 40% di pazienti BD. In conclusione, gli evGC ad AD danno risultati migliori nel breve termine rispetto alle dosi inferiori. Questo beneficio, almeno con lo schema utilizzato in questo studio, è spesso transitorio ed associato con una tossicità leggermente maggiore. Questi risultati possono suggerire che una dose intermedia (MD) può essere utilizzata nella maggior parte dei casi medio-gravi, riservando le alte dosi di evG ai pazienti con OB molto grave. O-03A IN PAZIENTI CON CARCINOMA DIFFERENZIATO DELLA TIROIDE A RISCHIO INTERMEDIO L’ATTIVITA’ DI RADIOIODIO SOMMINISTRATA PER L’ABLAZIONE DEL RESIDUO NON CONDIZIONA L’OUTCOME DELLA MALATTIA V. Belardini1, M.G. Castagna1, F. Maino1, A. Theodoropoulou1, S. Memmo1, E. Brinazoni2, F. Pacini1 1 Dipartimento di Medicina Interna, Scienze Endocrino-Metaboliche e Biochimica, Sezione di Endocrinologia e Malattie Metaboliche, Università di Siena, Siena. 2 Unità di Medicina Nucleare, Ospedale di Macerata, Macerata. Nel carcinoma differenziato della tiroide (CDT) definito a rischio intermedio non ci sono chiare evidenze scientifiche sull’attività ottimale di 131I da somministrare per l’ablazione del residuo tiroideo post-chirurgico. Lo scopo del lavoro è stato quello di valutare retrospettivamente l’outcome di 225 pazienti con CDT a rischio intermedio, correlandolo con l’attività di 131I somministrata all’ablazione. Dopo la chirurgia, il 37.7% dei pazienti riceveva basse attività (1110-1850 MBq) e il 62.3% alte attività di 131I (≥ 3700 MBq), in ipotiroidismo (48.8%) o dopo TSH umano ricombinante (rhTSH) (51.2%). A distanza di 8-12 mesi dal trattamento iniziale, lo stato clinico non era differente tra pazienti trattati con basse o alte attività di 131I (remissione clinica nel 60.0% dei casi in entrambi i gruppi; malattia biochimica nel 18.,8% e nel 14.2%, rispettivamente; malattia metastatica nel 21,2% e nel 25.8%, rispettivamente, p=0.56). Alla fine del follow-up (6.9 ± 4.3 anni) l’outcome non era differente tra i pazienti trattati con basse o alte attività di 131I (p = 0.34). In particolare, una remissione di malattia si osservava nel 76.5% pazienti trattati con basse e nel 72.1% pazienti trattati con alte attività di 131I. Malattia persistente (biochimica o metastatica) si riscontrava nel 18.,8% dei pazienti trattati con basse e nel 26.4% dei pazienti trattati con alte attività di 131I. Il tasso di recidiva di malattia era del 2.3% nei pazienti trattati con basse e del 2.1% nei pazienti trattati con attività di 131I. La mortalità tiroide correlata si osservava nell’1.2% dei pazienti trattati con basse e nel 2.1% dei pazienti trattati con alte attività di 131I. La modalità di preparazione al trattamento ablativo (ipotiroidismo o rhTSH) non condizionava l’outcome della malattia, indipendentemente dall’attività di 131I somministrata all’ablazione. In conclusione il nostro studio fornisce la prima evidenza che nei pazienti con CDT a rischio intermedio di mortalità e/o recidiva la somministrazione di alte attività di 131I al momento della terapia ablativa non ha alcun vantaggio rispetto al trattamento con basse attività di 131I. O-04A USO DELLA SPECT-CT NELLA VALUTAZIONE E LOCALIZZAZIONE DEL TESSUTO TIROIDEO RESIDUO IN PAZIENTI TRATTATI CON TIROIDECTOMIA TOTALE PER CARCINOMA DIFFERENZIATO DELLA TIROIDE A. Biagini1, E. Molinaro1, R. Zeuren2, R. Grewal2, G. Randolph3, M. Sabra2, A. Shaha2, R. Elisei1, R.M. Tuttle2 1 Dipartimento di Endocrinologia Pisa; 2 Memorial Sloan-Kettering Cancer Center, New York; 3 Harvard Medical School, Otolaryngology, Boston, MA Background: il trattamento di scelta del carcinoma tiroideo differenziato (CTD) prevede la tiroidectomia totale (TT) seguita dalla radioablazione del tessuto tiroideo residuo con 131\I (RRA). La scintigrafia totale corporea (STC) post-RRA evidenzia quasi sempre la presenza di tessuto tiroideo residuo a livello delle logge tiroidee. L’utilizzo sempre più selettivo della RRA ha aumentato l’interesse verso una chirurgia più radicale. Rispetto alla scintigrafia planare, la SPECT-CT permette di localizzare precisamente il sito anatomico di captazione del 131I. Lo scopo dello studio è stato di definire, attraverso l’utilizzo della SPECT-CT, l’entità e la sede del residuo tiroideo post-chirurgico. Patients and Methods: 141 pazienti affetti da CTD trattati con TT da chirurghi esperti del Memorial SloanKettering Cancer Center (NY) e con successiva RRA in eutiroidismo previo stimolo con rhTSH. Le immagini SPECT-CT post-terapia sono state utilizzate per localizzare anatomicamente i siti di captazione del 131I a livello delle logge tiroidee. Results: la STC planare ha evidenziato la presenza di un residuo a livello della loggia tiroidea nel 93% dei pazienti (captazione mediana a 24 h di 0,32%); la SPECT-CT ha mostrato la presenza di residuo tiroideo nel 99% dei pazienti. E’ stata evidenziata la seguente distribuzione anatomica dei siti di captazione del 131I: regione del legamento del Berry nell’87% dei casi, poli tiroidei superiori nel 79% dei casi, regioni lobari paratracheali nel 67% dei casi, regione dell’istmo nel 54% dei casi e lobo piramidale nel 46% dei casi. Nonostante la presenza del residuo, la Tg basale al momento dell’ablazione (mediana del TSH 0,36 mUI/L) era <0,6 ng/ml nel 53% dei casi e <1 ng/ml nel 73% dei casi. Conclusioni: nella maggioranza dei pazienti trattati con TT (anche da chirurghi molto esperti) è comunque presente una quota di tessuto tiroideo residuo, come anche dimostrato dai valori, seppur bassi, di captazione sul collo e di Tg circolante. Tale residuo si localizza soprattutto nelle zone vicine a importanti strutture neurovascolari (legamento del Berry e poli superiori) e nelle zone prive di una ben definita capsula fibrosa (posteriormente all’istmo e poli superiori). O-05A ELEVATA PREVALENZA DI ALTERAZIONI SUBCLINICHE DEI MUSCOLI EXTRAOCULARI IN PAZIENTI CON MORBO DI BASEDOW ASINTOMATICI PER OFTALMOPATIA ATTIVA F. Boi, R. Vacca, I. Zucca*, A. Cuccu*, M. Fossarello*, S. Marini**, S. Mariotti Endocrinologia, Dip. di Scienze Mediche, (*)Oftalmologia, Dip. di Scienze Chirurgiche, (**)Radiologia, Dip. di Scienze Mediche, Università di Cagliari SCOPO DELLO STUDIO: valutare il potenziale coinvolgimento dei muscoli extraoculari in pazienti con morbo di Basedow (MB) senza segni o sintomi di oftalmopatia attiva. PAZIENTI E METODI: Un totale di 64 pazienti con MB, asintomatici per oftalmopatia e per diplopia, sono stati sottoposti a visita oculistica approfondita con valutazione della pressione intraoculare nello sguardo verso l’alto, test di motilità oculare e test al vetro rosso utilizzato per identificare eventuale diplopia latente. È’ stata inoltre effettuata un’ecografia orbitaria per misurare lo spessore dei muscoli extraoculari (v.n. <4mm). Infine, è stata valutata la funzione (TSH, FT3, FT4) e l’autoimmunità (AbTg, AbTPO e TRAb) tiroidea. Al momento del reclutamento, 27/64 (42%) pazienti erano ipertiroidei franchi o subclinici mentre 37/64 (58%) erano eutiroidei sotto terapia tireostatica o dopo terapia ablativa definiva. I TRAb erano positivi in 44/60 (73%) pazienti. RISULTATI: In totale, 57/64 (89%) pazienti avevano uno o più muscoli inspessiti all’ecografia e/o una o più alterazioni dei test oculari: 30/57 (52,6%) avevano sia alterazioni ecografiche che dei test oculari, 19/57 (33.4%) avevano solo i test oculari alterati, mentre 8/57 (14%) presentavano solo alterazioni ecografiche. Come atteso, l’alterazione più frequentemente riscontrata alla visita oculistica è stata l’aumento della pressione intraoculare nello sguardo verso l’alto (71%) seguita dalla diplopia slatentizzata dal test al vetro rosso (61%) e dalle alterazioni della motilità oculare (37%). I pazienti che avevano un maggior numero di test oculari alterati mostravano un maggior grado di compromissione all’ecografia dei muscoli extraorbitari. Non è stata riscontrata alcuna differenza statisticamente significativa tra la prevalenza delle alterazioni dei test oculari negli ipertiroidei (20/27, 74%) rispetto agli eutiroidei (31/37, 83%, p=0,36), né tra alterazioni ecografiche e test oculari nei pazienti con TRAb positivi (39/44, 89%) e negativi (12/16, 75%, p=0,2), mentre è stata rilevata una maggiore prevalenza di alterazioni ecografiche dei muscoli nei pazienti eutiroidei (26/37, 70%) rispetto agli ipertiroidei (12/27, 44%, p=0.04). CONCLUSIONI: I pazienti con MB asintomatici per oftalmopatia attiva mostrano un’elevata prevalenza di alterazioni subcliniche dei test oculari non correlate alla funzione tiroidea e ai TRAb; le alterazioni ecografiche dei muscoli extraoculari risultavano più frequenti negli eutiroidei. I test visivi e l’ecografia oculare, andrebbero proposti a tutti i pazienti con MB al fine di poter individuare quelli più a rischio di sviluppare oftalmopatia clinicamente rilevante. O-06A MUTAZIONI DEL GENE IGSF1 CAUSANO UNA SINDROME X-LINKED CON IPOTIROIDISMO CENTRALE IDIOPATICO (ICI) E MACROORCHIDISMO M. Bonomi1, B. Bak2, N. Schoenmakers3, P. Duminuco1, I. Campi 4, P. Beck-Peccoz4, G. Radetti5, K. Chatterjee3, M.T. Dattani6, L. Persani1, J.M. Wit7 and D.J. Bernard2 Dip. di Scienze Cliniche e di Comunità, UNIMI: 1Lab.Ric Endocrino-Metaboliche, IRCCS Istituto Auxologico Italiano, Milano; 4Fondazione Ospedale Maggiore di Milano IRCCS, Milano; 2Dept of Pharmacology & Therapeutics, McGill University, Montréal, Canada; 3 Inst of Metabolic Science, Un of Cambridge,UK; 5Osp di Bolzano, Endocrinologia Pediatrica, Bolzano; 6Developmental Endocrinology Research Group, UCL, London, UK; 7 Dept of Pediatrics, Leiden Un Medical Center, Leiden, The Netherland L’ICI è una patologia rara ed eterogenea caratterizzata da un’insufficiente stimolazione da parte del TSH di una ghiandola tiroidea altrimenti normale. In questo studio riportiamo i risultati ottenuti in 2 dei 5 maschi giunti alla nostra osservazione per ICI. Il primo caso, DBA, è stato diagnosticato alla nascita grazie allo screening neonatale basato su dosaggio combinato di TT4/TSH; il secondo caso, MM, è stato diagnosticato all’età di 10aa a seguito di indagini eseguite per ipostaturismo. Entrambi presentavano un volume testicolare superiore ai valori di riferimento per il range di età. Un test di stimolo con TRH confermava la diagnosi di ipotiroidismo centrale associato ad assente risposta della PRL. Entrambi vengono posti in terapia con L-T4. MM presentava anche un deficit parziale di GH per cui veniva posto in terapia con rhGH dai 12 ai 16aa. La RMN era normale in entrambi e l’ecografia tiroidea mostrava un volume ridotto con ecostruttura normale. L’analisi genetica del gene TRHR è risultata normale in entrambi i probandi, indicando una diversa causa genetica. La sequenza dell’esoma del cromosoma X di due probandi olandesi con un quadro simile e una ereditarietà di tipo X-linked ha permesso di identificare una delezione nel gene IGSF1 (Immunoglobulin Superfamily member1). L’analisi di IGSF1 è quindi stata estesa a numerosi altri casi europei, tra cui i nostri, permettendo l’identificazioni di diverse varianti che co-segregano con il difetto ormonale nei familiari affetti. L’analisi dei nostri probandi ha mostrato un’inserzione nucleotidica con frameshift di lettura e introduzione di uno stop codon prematuro in DBA (c.35963587insT, p.Glu1200fsX3) e una sostituzione missenso in MM (2309G>A, p.Ser770Asp) (frequenza delle mutazioni di IGSF1 in maschi con ICI negativi per altri difetti noti: 50%). Tali mutazioni sono ereditate dalle madri che mostrano un ICI prima misconosciuto. Studi funzionali delle mutazioni identificate, unitamente alla generazione del knockout per IGSF1 hanno confermato il suo ruolo patogenetico nell’insorgenza di ICI. In conclusione, descriviamo una nuova sindrome che comprende ICI e macrorchidismo, e talora si associa a deficit di GH, con ereditarietà di tipo X-linked e causata da mutazioni del gene IGSF1. O-07A TRATTAMENTO CON 131I DEL M. DI BASEDOW: EFFICACIA A LUNGO TERMINE IN DIPENDENZA DAL PROTOCOLLO DOSIMETRICO L. Camerieri1, M.C. Bagnara2, E. Pomposelli1, M. Schiavo1, C. Reitano2, M. Caputo1, M. Bagnasco1. 1 Lab Autoimmunologia e UO Medicina Nucleare e Terapia Radiometabolica 2 UO Fisica Sanitaria IRCCS AOU San Martino –IST, Di.M.I Università di Genova Introduzione: La terapia radiometabolica con 131I (RAI) rappresenta un’opzione fondamentale per il trattamento del M. di Basedow (MB): sono stati sviluppati differenti algoritmi dosimetrici per aumentarne l’efficacia contenendo allo stesso tempo l’attività somministrata. Tali metodi si basano su una dose (Gy) predeterminata da erogare alla tiroide. Materiali e metodi: Dal 2003 alla fine del 2011 abbiamo trattato 218 pazienti con MB (53 m, 165 f). Abbiamo suddiviso la casistica in 2 gruppi: pazienti trattati da inizio 2003 all’aprile 2006 per i quali, secondo le linee guida Italiane correnti, era stata stabilita una dose di 120-200 Gy (gruppo 1); pazienti trattati da maggio 2006 a fine 2011 a cui è stata prescritta una dose di 200-250 Gy (gruppo 2). E’ stato utilizzato l’algoritmo descritto da Traino et al. (2000), che tiene conto non solo della cinetica di 131I e del volume tiroideo iniziale, ma anche della sua riduzione in corso di trattamento. Il periodo minimo di follow-up è stato 12 mesi. Risultati: Nel gruppo 1 sono recidivati 19 pazienti su 114 (17 %), mentre nel gruppo 2 sono recidivati 6 pazienti su 104 (6%). I pazienti recidivati sono stati confrontati con un gruppo di controllo con caratteristiche sovrapponibili per sesso ed età. Analizzando in dettaglio i 6 pazienti recidivati nel gruppo 2, non è stata riscontrata alcuna differenza rispetto al resto della casistica per quanto riguarda sesso, abitudine al fumo, oftalmopatia, volume ghiandolare pre-RAI (19 cc vs 23 cc nei controlli) , TRAb (12 U/L vs 15 U/L), cinetica intratiroidea di 131I né come T1/2 effettivo ( 130-204 ore vs 62-265 ore nei controlli), né come captazione massima (54-63% vs 3585% nei controlli). Infine, tenendo conto di quanto pubblicato da Traino et al. (2010), abbiamo considerato l’ipotesi che l’insuccesso del trattamento fosse causato da un’inadeguata prescrizione di dose (Gy).Secondo il nuovo algoritmo, la dose alla tiroide, non è predeterminata, ma stabilita in modo da ottenere una riduzione predefinita del volume ghiandolare (mf= 0.24 m0 /U0). Applicando tale metodo per il calcolo della dose ai pazienti recidivati essa non è apparsa significativamente diversa da quella effettivamente prescritta. Conclusione: L’applicazione di un algoritmo dosimetrico che tiene conto della cinetica del radioiodio, del volume ghiandolare e della sua riduzione dovuta al trattamento determina la guarigione in oltre il 90% dei casi (in modo simile a quanto riportato in altre casistiche con la somministrazione di Litio carbonato come adiuvante): in alcuni pazienti una secondo trattamento sembra indispensabile, nonostante procedure di personalizzazione della dose prescritta. O-08A ATTIVITA’ CLINICA E BIOCHIMICA DI CABOZANTINIB (XL-184) IN UNO STUDIO DI FASE 3 IN PAZIENTI CON CARCINOMA MIDOLLARE DELLA TIROIDE (MTC) V. Cappagli1, S. Mueller2, P. Schöffski3, M. Brose4, M. Shah5, L. Licitra6, B. Jarzab7, V. Medvedev8, M.C. Kreissl9, B. Niederle10, E. Cohen11, L. Wirth12, H. Ali13, D. Clary14, M. Mangeshkar14, D. Ball15, B. Nelkin15, S. Sherman16, M. Schlumberger17, R. Elisei1 1 Università di Pisa, Dipt. di Endocrinologia, Italia, 2University Hospital of Essen, Germania, 3UZ Leuven, Belgio, 4University of Pennsylvania, Philadelphia, USA, 5Ohio State University Medical Center, Columbus, USA, 6Istituto Nazionale dei Tumori, Milano, Italia, 7Centrum Onkology, Instytut im. M. Sklodowskiej-Curie oddzial w Gliwicach, Polonia, 8Medical Radiology Research Center of RAMS, Obnisk, Federazione russa, 9University Hospital of Wuerzburg, Germania, 10Medical University of Vienna, Austria, 11University of Chicago Medical Center, USA, 12Massachusetts General Hospital, Boston, USA, 13Henry Ford Health System, Detroit, USA, 14Exelixis, South San Francisco, USA, 15John Hopkins Hospital and Health System, Baltimora, USA, 16MD Anderson Cancer Center, Houston, USA, 17Institut Gustave Roussy, Parigi, Francia. Riportiamo i risultati di uno studio clinico, multicentrico e internazionale, di fase 3 sull’uso di Cabozantinib o XL-184 (inibitore di MET, VEGFR-2 and RET) vs placebo in pazienti (pz) con MTC in progressione e metastatico (localmente e/o a distanza). Pz con MTC e progressione di malattia entro 14 mesi dallo screening, valutata secondo i criteri RECIST, sono stati randomizzati con un rapporto 2:1 ad assumere Cabozantinib o placebo. La risposta tumorale al trattamento, che includeva anche la valutazione dei livelli sierici di calcitonina (CT) e CEA, è stata effettuata ogni 12 settimane. Obiettivo primario è stato la durata del tempo di sopravvivenza libera da progressione di malattia (PFS), valutata da una commissione indipendente, basandosi sui criteri RECIST. Sono stati randomizzati 330 pz,: 219 a Cabozantinib e 111 a placebo. Alla prima analisi statistica, è stato osservato un allungamento della PFS di 7.2 mesi. La PFS mediana per Cabozantinib era 11.2 mesi vs 4 mesi per il placebo (HR 0.28, 95% CI 0.19-0.40, p <0.0001). In base a tali risultati si è stimato che, a 12 mesi, il 47.3% dei pz trattati con Cabozantinib e solo il 7.2% di quelli trattati con placebo, sarebbero ancora in PFS. I più frequenti eventi avversi di grado ≥ 3 sono stati la diarrea, l’eritrodisestesia palmo-plantare, la stanchezza, l’ipocalcemia e l’ipertensione. Alla 12° settimana i livelli medi di CT e CEA si sono ridotti del 45% e 24% nei pz che assumevano Cabozantinib, mentre sono aumenti del 57% e dell’89% in quelli trattati con placebo. Nel 56% dei pz che mostravano una risposta completa o parziale in base ai valori di CT, si evidenziava anche una risposta parziale tumorale secondo i criteri RECIST. Mentre nei pz che mostravano una progressione o stabilità dei livelli di CT, solo nel 3% e 12% si aveva anche una risposta radiologica. In conclusione lo studio ha raggiunto il suo obiettivo primario dimostrando un sostanziale prolungamento della PFS con Cabozantinib rispetto al placebo in pz con MTC avanzato e in progressione. La riduzione dei livelli sierici dei marcatori biochimici di malattia (CT e CEA) correlava con la risposta radiologica della malattia. O-09A LIVELLI DI ESPRESSIONE GENICA DELLE ISOFORME DELLA CLUSTERINA NEL TUMORE TIROIDEO: POSSIBILE MARKER NEL TUMORE TIROIDEO INDETERMINATO? 1 A. Ciampolillo, 2,3P. Fuzio, 2E. Perlino, 1S. Lattarulo, 1A. Pezzolla, 1A. Napoli, 1E. Maiorano, 1F. Giorgino. 1 Dipartimento dell’Emergenza e dei Trapianti di Organi, Università degli Studi di Bari Aldo Moro2 Istituto di Tecnologie Biomediche, ITB-CNR, Bari; 3Istituto di Biomembrane e Bioenergetica, IBBE-CNR, Bari. Background. Uno dei problemi più dibattuti nell’ambito dello studio delle patologie neoplastiche della tiroide è l’assenza di markers predittivi di benignità nel nodulo tiroideo indeterminato. La clusterina (CLU) è una proteina pressoché ubiquitaria implicata nella trasformazione e progressione neoplastica. Le isoforme sCLU e nCLU della proteina svolgono un ruolo chiave nella regolazione della proliferazione e morte cellulare; l’isoforma denominata 11036 è stata recentemente caratterizzata nel carcinoma del colon. Metodi. In questo studio, sono stati esaminati 10 campioni di tessuto tiroideo isolato da pazienti sottoposti ad intervento chirurgico per sospetta patologia maligna della tiroide (n. 5 TIR3, n.5 TIR4 all’esame citologico). L’esame istologico è risultato benigno in 2/5 dei TIR3 e maligno in 3/5 dei TIR3 e in 4/4 dei TIR 4. Per ogni campione, utilizzando 70-80 mg di tessuto e la metodica Trizol, è stato estratto l’RNA totale sia dalla parte sana che dalla parte affetta da patologia. Risultati. I risultati ottenuti dagli esperimenti di RT-qPCR hanno messo in evidenza un aumento statisticamente significativo (p<0,05) dei livelli di mRNA delle isoforme nCLU (215±5%) e sCLU (1585±15%) nel tessuto tiroideo tumorale maligno ed una riduzione dei livelli di mRNA dell’isoforma 11036 (77±5%) rispetto al corrispettivo tessuto normale di controllo. Il rapporto tra le diverse isoforme della CLU nel carcinoma papillare ha mostrato uno shift del rapporto sCLU:nCLU a favore di sCLU con un aumento statisticamente significativo (pari a 288±5%; p< 0,05) rispetto a nCLU. L’analisi dei risultati relativi ai 5 pazienti TIR3 ha mostrato un aumento dell’espressione specifica per l’isoforma sCLU (501±15%) rispetto all’isoforma nCLU (100±3%) e all’isoforma 11036 (184±17%) solo nei 3 pazienti che all’esame istologico risultavano affetti da carcinoma tiroideo. I 2 pazienti TIR3 affetti da patologia benigna non mostravano un incremento dell’espressione di sCLU bensì una inibizione (58±3%) statisticamente significativa (p<0.05). Conclusione. I nostri risultati, sebbene preliminari, suggeriscono variazioni importanti nei livelli di espressione di specifiche isoforme della clusterina nel carcinoma tiroideo differenziato, che potrebbero sostenere un loro possibile utilizzo quale marker predittivo di neoplasia maligna nei noduli tiroidei indeterminati. O-10A REGOLAZIONE DI CLAUDINA-1/7 DURANTE IL PROCESSO DI TRANSIZIONE EPITELIO-MESENCHIMALE NEL CARCINOMA DELLA TIROIDE: RUOLO DEL FATTORE DI TRASCRIZIONE SLUG C. Colato, S. Pedron, F. Monzani, P. Brazzarola, G. Martignoni, M. Chilosi, M. Ferdeghini Dipartimento di Patologia e Diagnostica, Università di Verona Introduzione: L’acquisizione da parte delle cellule tumorali del fenotipo migratorio, definito come transizione epitelio-mesenchimale (EMT), è associata con la perdita dell’identità epiteliale, l’invasione locale ed il potenziale metastatico. Le giunzioni serrate (TJ) sono strutture cruciali per il mantenimento della polarità cellulare che scompaiono durante il processo di EMT. La famiglia dei fattori di trascrizione Snail, ben noti repressori di E-caderina, sono stati recentemente riconosciuti come importanti regolatori di EMT. E’ stato infatti dimostrato che Snail determina l’ipoespressione di Claudina/Occludina, componenti fondamentali delle TJ, mentre Slug sembrerebbe agire come repressore di Claudina-1. La tubulina, unità fondamentale dei microtubuli, è coinvolta nel movimento e divisione cellulare, nel mantenimento della forma cellulare e nelle vie di trasduzione del segnale. Attualmente, pochi dati sono disponibili circa l'espressione dei regolatori di EMT nel cancro della tiroide. In questo studio, abbiamo valutato il pattern di espressione di Slug (Cell Signaling), Claudina-1/7 (Zymed) e βIII- tubulina (Covance) in una serie di carcinomi ben differenziati ed anaplastici della tiroide. Metodi: Abbiamo analizzato, con metodica immunoistochimica, 5 carcinomi anaplastici (ACT), 30 carcinomi papillari (CPT) di cui 3 varianti a cellule alte ed una variante hobnail e 10 tiroidi normali. Per l'interpretazione dei risultati, la reazione è stata considerata positiva quando espressa nel nucleo (Slug), a livello di membrana (claudine), ed in sede citoplasmatica (βIII-tubulina). Risultati: tutti i casi di CAT hanno evidenziato un’intensa reattività nucleare per Slug (4 casi diffusa, 1 caso focale).L’espressione di Slug era associata con l’assenza di Claudina-1/7 e con l’espressione ectopica di βIII-tubulina. Il parenchima tiroideo sano e tutti i CTP sono risultati negativi per Slug (p <0,0001). Come previsto, tutti i CPT hanno mostrato positività per Claudina-1/7 con espressione eterogenea e variabile di βIII-tubulina. Conclusioni: Il regolatore di EMT Slug è espresso nei CAT ed è associato con l’assenza di Claudina-1 e -7 e con l’iperespressione βIII- tubulina, suggerendo che il processo di EMT gioca un ruolo in questo istotipo di tumore. I risultati ottenuti supportano l’idea di una possibile relazione tra la perdita dell’integrità delle giunzioni intercellulari e l’acquisizione del fenotipo migratorio, aprendo nuove frontiere per il loro potenziale utilizzo come bersagli terapeutici al fine di prevenire o rallentare la progressione neoplastica. O-11B ANALISI EPIDEMIOLOGICA, CLINICA E MOLECOLARE DEI TUMORI TIROIDEI INCIDENTALI IN UN’AMPIA COORTE DI PAZIENTI TRATTATI PER PATOLOGIA BENIGNA S. De Leo, M. Perrino, V. Cirello, S. Badiali, C. Colombo, P. Beck-Peccoz, L. Vicentini, L. Fugazzola Dip. Di Scienze Cliniche e di Comunità, Università di Milano, Unità di Endocrinologia ed Endocrinochirurgia, Fondazione IRCCS Ca’ Granda, Milano Con il termine di carcinoma incidentale della tiroide (TI) si definisce un tumore diagnosticato dopo tiroidectomia eseguita per patologia benigna. L’incidenza riportata in letteratura è molto variabile (3.3-21.6%), soprattutto in conseguenza della scarsa numerosità delle casistiche studiate. Inoltre, le informazioni molecolari relative ai TI sono molto limitate. Scopo del presente studio è stato pertanto quello di studiare le caratteristiche epidemiologiche, cliniche e molecolari dei TI in una ampia casistica. Sono stati arruolati 2324 casi consecutivi sottoposti a tiroidectomia per patologia benigna nel nostro Centro dal febbraio 1997 al marzo 2011: 1378 gozzi nodulari normofunzionantiGNNF, 330 gozzi nodulari iperfunzionanti-GNIF, 307 proliferazioni follicolari-PF, 300 Graves-GD, 7 Hashimoto-HT e 2 tireotossicosi iatrogene). Per quanto riguarda le caratteristiche cliniche dei TI, l’età media era di 51 aa con rapporto F:M=4:1, il diametro tumorale medio era di 11.7 mm, i casi T1 erano il 77.7%, i T2 8.5%, i T3 11.8%, i T4 2%, il coinvolgimento linfonodale era presente nel 6.8% dei casi e la multifocalità era rilevabile nel 34.4 % dei casi. Il carcinoma papillare era il più prevalente (87.5%), mentre follicolare, midollare e altri istotipi erano diagnosticati nel 10.8, 1 e <1% dei casi, rispettivamente. Dopo un follow-up medio di 97 mesi, l’89.8% dei pazienti era in remissione. L’analisi molecolare, evidenziava una mutazione di BRaf nel 10.2% dei tumori. Sia l’outcome che la presenza delle mutazioni di BRaf risultavano significativamente associate con il diametro tumorale e con uno stadio più avanzato alla diagnosi, mentre non veniva evidenziata correlazione tra la presenza della mutazione di BRaf e l’outcome. In conclusione, questo studio riporta la caratterizzazione clinica e molecolare del TI in un’ampia casistica seguita presso lo stesso Centro. La prevalenza totale dei TI era del 12.7%, con una frequenza più elevata nella categoria PF. L’analisi molecolare di BRaf ha evidenziato mutazioni nel 10% dei casi. Questa bassa prevalenza suggerisce che, almeno la maggiore parte dei TI, potrebbero essere considerati tumori indolenti, con scarse probabilità di evolvere a tumori clinicamente evidenti. D’altro lato, il rilievo di TI (con mutazione di BRaf nel 25% dei casi) in circa il 25% dei pazienti con una citologia suggestiva per proliferazione follicolare, sostiene l’indicazione all’intervento chirurgico già proposta dalle attuali linee guida per questa categoria. O-12B ANTICORPI ANTI-CELLULE IPOTALAMICHE COME MARKERS DI AUTOIMMUNITÀ IN PAZIENTI CON MALATTIE AUTOIMMUNI DELLA TIROIDE ED IPOPITUITARISMO A. Dello Iacovo, C. Colella, E. Lucci, E. Pane, G. Bellastella, A. Barbieri, T. Turino, A. Bizzarro1, A. Bellastella, A. De Bellis Cattedra di Endocrinologia - Dipartimento di Scienze Cardio-Toraciche e RespiratorieSeconda Università degli Studi di Napoli, 1 Cattedra di Allergologia e Immunologia Clinica - Dipartimento Medico Chirurgico di Internistica clinica e sperimentale “F. Magrassi- A. Lanzara”- Seconda Università degli Studi di Napoli. Nelle malattie autoimmuni della tiroide è stata frequentemente riscontrata la presenza di anticorpi anti-ipofisi (APA), spesso associata ad ipopituitarismo. Finora non sono stati ricercati gli anticorpi anti-ipotalamo (AHA). Scopo del lavoro è stato di valutare, in pazienti con malattie autoimmuni della tiroide già positivi per gli APA ed affetti da ipopituitarismo, gli AHA e la loro correlazione con eventuale diabete insipido centrale (CDI) clinico/subclinico o possibile ipopituitarismo ipotalamico. Abbiamo studiato 95 pazienti affetti da tiroidite cronica autoimmune (TCA) ed ipopituitarismo già positivi per APA, così suddivisi: 60 (gruppo 1) senza, 20 (gruppo2) con evidenza radiologica e/o istologica di ipofisite linfocitaria. Come gruppi di controllo sono stati utilizzati 20 pazienti con ipopituitarismo post-chirurgico e 50 soggetti normali. In tutti i sieri gli AHA sono stati valutati con tecnica di immunofluorescenza e quelli risultati positivi sono stati ritestati con doppia immunofluorescenza allo scopo di identificare le cellule riconosciute da questi anticorpi. Gli AHA sono stati riscontrati in 20 pazienti del gruppo1 ed in 14 del gruppo2. In particolate, in 9/20 del gruppo1 ed in 4/14 del gruppo2 gli AHA erano diretti contro le cellule secernenti vasopressina (AVPcAb). In questi pazienti la valutazione della post-ipofisi ha evidenziato la presenza di CDI in forma clinica/subclinica. Invece in 4 pazienti che già presentavano ACTH-deficit gli AHA erano diretti contro le cellule secernenti CRH. Conclusione: 1) In pazienti con tireopatie autoimmuni ed ipopituitarismo l’associazione di CDI autoimmune sembra più frequente di quanto finora osservato. 2) La ricerca degli AVPcAb può essere utile per evidenziare precocemente forme cliniche o subcliniche di CDI . 3) Il riscontro nei nostri pazienti con ACTH deficit di AHA diretti contro cellule CRH secernenti indica che anche l’aggressione autoimmune all’ipotalamo, congiuntamente a quella ipofisaria, è responsabile del loro ipopituitarismo. O-13B LSD-1 E FOXO3 REGOLANO L’ESPRESSIONE EPIGENETICA DELLE DESIODASI D2 E D3 NELLA MIOGENESI. M. Dentice, M.A. De Stefano, R. Ambrosio, A. Sibilio, V. Torre, F. Alfano, A. Caputo, G. Fenzi e D. Salvatore Dipartimento di Endocrinologia ed Oncologia Molecolare e Clinica. Università di Napoli “Federico II” Gli ormoni tiroidei esercitano svariati effetti sul metabolismo, sulla crescita e il differenziamento di diversi tessuti, organi ed apparati, compreso il muscolo scheletrico. Nel corso del differenziamento cellulare e nell’embriogenesi l’espressione genica è regolata dall’azione concertata ed opposta di enzimi ad attività acetil-trasferasica e deacetilasica degli istoni. L’acetilazione e la metilazione degli istoni in specifici residui di lisina è un evento chiave della regolazione dell’espressione genica e fornisce un codice di modulazione dello stato trascrizionale che può essere trasmesso di cellula in cellula. La desiodasi D2 è un regolatore chiave del programma miogenico ed in sua assenza le cellule progenitrici del muscolo falliscono nel loro processo di formazione di fibre mature. L’espressione della D2 è fortemente indotta nel corso del differenziamento dei miotubi, che è regolato da un aumento locale della produzione di T3. In questo lavoro abbiamo studiato la regolazione epigenetica dell’espressione della D2 nel corso del differenziamento muscolare. Mioblasti murini trattati con inibitori delle istonedeacetilasi mostrano una forte up-regolazione della D2 dose-dipendente. Inoltre, esperimenti di Co-immunoprecipitazione della Cromatina (ChIP) hanno dimostrato che il promotore della D2 è associato a istoni acetilati e metilati, e che tale profilo epigenetico viene modificato nel corso del differenziamento in parallelo all’aumento dell’espressione genica della D2. I nostri dati hanno dimostrato che l’enzima ad azione de-metilasica LSD1 è un potente regolatore dell’espressione della D2 nel differenziamento delle cellule muscolari. Agendo in cooperazione con il fattore Foxo3, LSD-1 concorre all’aumento di sintesi di D2 e alla conseguente produzione locale di T3, necessaria per una corretta miogenesi. Al contrario, LSD-1 induce una significativa diminuzione di espressione di D3 che comporta un ulteriore, sinergistico aumento di concentrazione locale di T3. In conclusione, il nostro lavoro fornisce la prima evidenza di regolazione epigenetica delle seleno-desiodasi, e rivela un nuovo meccanismo di controllo dell’espressione genica della D2 e della D3 mediante una dinamica organizzazione delle modifiche epigenetiche degli istoni che dunque influenzano la locale produzione degli ormoni tiroidei nel corso del differenziamento muscolare. O-14B L’APPLICAZIONE DI IMMUNOCITOCHIMICA E ANALISI MUTAZIONALE DI N-RAS MIGLIORA L’ACCURATEZZA DIAGNOSTICA DELLA CITOLOGIA ALLESTITA IN FASE LIQUIDA IN LESIONI TIROIDEE BRAF-NEGATIVE G. Fadda, E.D. Rossi, M. Martini, P. Straccia, S. Capodimonti, *C.P. Lombardi, L.M. Larocca, °A. Pontecorvi Istituto di Anatomia Patologica * Divisione di Chirurgia Endocrina e Metabolica ° Divisione di Endocrinologia- Università Cattolica del Sacro Cuore, Policlinico “Agostino Gemelli”, Roma INTRODUZIONE: La citologia agoaspirativa è un importante strumento diagnostico per le neoplasie della tiroide, in particolare quelle indeterminate (Neoplasie Follicolari – FN e Lesioni Follicolari Sospette per Carcinoma - SC) Nei predetti casi l’immunocitochimica (ICC) si è dimostrata utile per individuare le lesioni a differente rischio di malignità ma non per identificare precisamente i carcinomi. Le mutazioni attivanti del gene BRAF sono frequenti nei carcinomi papillari tiroidei (PC). La piu’ frequente di esse coinvolge il locus V600E ed è stata identificata nel 70% dei casi di variante classica ma solo nel 20% della variante follicolare (FVPC). Pertanto il riscontro della mutazione di BRAF in una lesione a struttura follicolare diagnosticata su citologia in fase liquida (LBC) è pressochè diagnostica di carcinoma papillare. Le mutazioni di N-RAS, mutuamente esclusive con quelle di BRAF, possono identificare altre forme di PC. L’obiettivo dello studio è quello di valutare l’efficacia di un panel ICC costituito da HBME-1 e galectina-3 e dell’analisi mutazionale di N-RAS (codone 61) per individuare le neoplasie maligne in noduli citologicamente classificati come FN (TIR 3) e SC (TIR 4) risultati wild-type all’analisi di BRAF. DISEGNO: Nel biennio 2011-2012 sono stati esaminati 24 casi allestiti con LBC (Liquidbased cytology, ThinPrep, Hologic, USA), diagnosticati alla citologia come lesioni follicolari e risultate wt all’analisi del BRAF (di cui 8 FN e 16 SC). RISULTATI: HBME-1 and Galectina-3 sono risultate positive in tutti gli 8 PC e in 3 dei 4 adenomi (AF) classificati come SC (TIR 4) e in entrambi i PC diagnosticati come TIR 3. L’ICC è risultata negativa nell’unico AF diagnosticato FN. La mutazione di N-RAS è stata identificata in 2 casi di SC e in 1 di FN, tutti anche positivi all’ICC e risultati PCVF. CONCLUSIONI: L’applicazione sequenziale della combinazione ICC di HBME-1 e Galectina-3 e dell’analisi mutazionale di N-RAS (codone 61) sui noduli in cui BRAF è risultato wt identifica 2 ulteriori casi (13,3%) di PCVF nelle lesioni SC (TIR 4) e uno dei 2 casi di PCVF nelle lesioni TIR3. O-15B VALIDITÀ DIAGNOSTICA DEGLI INDICI DI ELASTICITÀ DEI NODI TIROIDEI: DATI PRELIMINARI S. Garelli, C. Betterle, C. Mian, S. Barollo, D. Nacamulli Dipartimento di Medicina, Università – Azienda Ospedaliera di Padova Contesto: L’elastosonografia si propone da alcuni anni come un importante ausilio nella diagnostica dei nodi tiroidei. In letteratura il grado di elasticità del tessuto tiroideo viene comunemente classificato in base alla scala colorimetrica di Itoh o utilizzando lo Strain Index (SI) = rapporto fra elasticità del nodo (EN) e l’elasticità del parenchima circostante. L’utilizzo generalizzato dell’elastografia è tuttavia limitato principalmente per due motivi: 1) l’interpretazione è molto soggettiva e 2) allunga significativamente l’esame. Scopo dello studio: valutare se la misura della sola elasticità del nodo, riducendo la soggettività e semplificando l’esame, mantenga la stessa capacità diagnostica della scala colorimetrica e dello SI. Materiali e Metodi: abbiamo valutato 80 nodi di 75 pazienti, determinando di ciascuno l’EN, l’EP e lo SI (almeno due misurazioni ripetute); ciascun nodo è stato sottoposto poi a FNAB per esame citologico e/o analisi molecolare di mutazioni di B-RAF. Abbiamo verificato l’accuratezza delle misurazioni elastografiche e, per i pazienti giunti a diagnosi, costruito le curve ROC di EN ed SI. Risultati: Le misure di EN hanno mostrato una discreta riproducibilità (coefficiente di variazione del 30.9%), certamente migliore di quella dello SI (107,8%). Le misurazioni dell’EN presentavano una precisione dell’80% e un’accuratezza dell’99.8%, mentre l’SI rispettivamente del 76% e del 79%. Dei 63 nodi giunti a diagnosi, 9 sono risultati positivi per carcinoma papillare della tiroide (4 citologia+B-RAF, 1 sola citologia, 4 solo B-RAF). Per l’EN, il valore ≤ 0.135 è risultato avere la migliore sensibilità (SE) (100%) con specificità (SP) del 79.6%, valore predittivo positivo (VPP) del 46.4% e negativo (VPN) del 100% e permette di discriminare i carcinomi sia dagli adenomi/neoplasie follicolari che dallo struma colloide/tiroidite autoimmune. Per l’SI, il valore >2.57 è risultato avere la migliore SE (100%) con SP del 74.1%, VPP del 40.5% e VPN del 100%. Il confronto fra le curve ROC di EN ed SI non ha evidenziato differenze significative. La valutazione con l’EN è risultata ben confrontabile, ma non sovrapponibile, alla scala di Itoh per nodi chiaramente soffici o duri, ma il metodo colorimetrico risulta non interpretabile in circa il 30% dei casi con aspetto “intermedio”. Conclusioni: dai nostri dati l’EN, rispetto alla scala colorimetrica, ha il vantaggio di non produrre risultati non interpretabili, analogamente allo SI, rispetto al quale ha un’efficacia analoga nel discriminare fra nodi benigni e maligni, ma è di più rapida esecuzione e più riproducibile. Il risultato più importante è che l’elevatissimo VPN consentirebbe di evitare esami citologici dei noduli benigni. O-16B REGOLAZIONE DELL’ESPRESSIONE DEL GENE PER IL COTRASPORTO SODIO/IODURO (NIS) DA PARTE DEL RESVERATROLO C. Giuliani, S. Di Santo, I. Bucci, F. Monaco, G. Napolitano Unitá di Endocrinologia, Dipartimento di Medicina e Scienze dell’Invecchiamento, Universitá "G. D'Annunzio" Chieti-Pescara e Ce.S.I., Fondazione Universitá "Gabriele D'Annunzio" Chieti. Il Resveratrolo é un flavonoide con proprietá anti-inflammatorie, antiossidanti, ipolipemizzanti e anti-proliferative, utilizzato in diversi trials clinici. Precedenti studi condotti in vitro, hanno evidenziato un effetto inibitorio del Resveratrolo sulla crescita di cellule di carcinoma tiroideo. Un recente lavoro effettuato utilizzando cellule tiroidee di ratto, non neoplastiche, le FRTL-5, ha osservato che il trattamento con Resveratrolo per 612 ore é in grado di aumentare la captazione cellulare di iodio (Thyroid, 2010, 20: 195). Scopo del presente lavoro é stato quello di valutare il ruolo del Resveratrolo nella regolazione del gene NIS utilizzando le cellule FRTL-5. Esperimenti di Northern blot hanno dimostrato che il trattamento con Resveratrolo 10 µM delle cellule tiroidee per tempi superiori alle 6 ore riducono i livelli di RNA del gene NIS. Infatti i livelli di RNA sono del 43±5% rispetto al controllo dopo 12 ore di trattamento e si riducono ulteriormente a 28±18% e 13±8,9% dopo rispettivamente 24 e 48 ore di trattamento. La ridotta espressione del gene NIS é stata confermata anche mediante esperimenti di Western blot che hanno mostrato una significativa riduzione della proteina dopo 24 e 48 ore di trattamento e mediante valutazione della captazione cellulare dello iodio che ha dimostrato l’effetto inibitorio del Resveratrolo dopo 48 ore di trattamento. Inoltre esperimenti preliminari di Northern e Western blot hanno evidenziato un effetto inibitorio del Resveratrolo anche sull’espressione del gene della tireoglobulina. I risultati del presente studio mostrano come il Resveratrolo ha un ruolo inibitorio sulla funzione tiroidea comportandosi come un “endocrine disruptors”. Questi dati sono importanti per comprendere gli effetti dell’assunzione cronica del Resveratrolo sulla funzione tiroidea. Studi “in vivo” sono necessari per una corretta comprensione di questi effetti. O-17B SIGNIFICATO CLINICO DELL’IPERTIREOTROPINEMIA IN PAZIENTI OBESI MORBIGENI ATTRAVERSO LA VALUTAZIONE DEL PROFILO LIPIDICO CIRCOLANTE COME INDICE PERIFERICO DI IPOTIROIDISMO SUBCLINICO G. Groppelli1, L. de Martinis1, P. Leporati1, I.M. Rizza1, A. Clerici1, A. La Manna1, R. Fonte 1, F. Magri1, B. Biondi2, M. Rotondi1, L. Chiovato1 1 U.O. Med. Int. e Endocr, IRCCS Fond. S. Maugeri, Catt. di Endocr e Mal del Ric (Pavia) 2 Dip Endocr e Onc Clin e Molec, Università Federico II di Napoli Elevati livelli sierici di TSH sono di frequente riscontro nei pazienti con obesità morbigena (indice di massa corporea >40 kg/m2) ma il significato clinico di questa ipertireotropinemia rimane controverso. L’obiettivo di questo studio è stato comparare le caratteristiche cliniche e biochimiche, in particolare il profilo lipidico circolante, tra pazienti obesi morbigeni e pazienti non obesi con simili livelli sierici di TSH. Sono stati reclutati 84 obesi morbigeni con ipertireotropinemia, 84 pazienti non obesi ipotiroidei ed 84 obesi morbigeni eutiroidei. Le analisi di laboratorio hanno compreso il dosaggio sierico di TSH, FT4, FT3, AbTg, AbTPO e profilo lipidico (Colesterolo totale, colesterolo HDL e trigliceridi). I pazienti obesi morbigeni presentano livelli sierici medi significativamente più bassi di colesterolo totale (201±38 mg/dl vs. 222±40 mg/dl, p=0.001) e colesterolo HDL (49±13 mg/dl vs. 66±17 mg/dl, p=0.001) e significativamente più alti di trigliceridi (145±92 mg/dl vs. 109±52 mg/dl, p=0.005) rispetto ai pazienti non obesi con livelli sierici simili di TSH, FT4 ed FT3. Inoltre, pazienti obesi morbigeni con ipertireotropinemia mostrano una significativamente minore prevalenza del sesso femminile (p<0.05), di positività del titolo anticorpale antitiroideo (p<0.0001) e di percentuale di pazienti con ipercolesterolemia (p<0.05) rispetto ai soggetti non obesi ipotiroidei. Non è stata riscontrata alcuna differenza statisticamente significativa per i parametri antropometrici, clinici e biochimici tra i pazienti obesi eutiroidei e quelli con ipertireotropinemia. Tali risultati suggeriscono che: 1) Il riscontro di aumentati livelli sierici di TSH ha un differente significato clinico in relazione al peso corporeo del paziente, costituendo un fattore diagnostico di ipotiroidismo subclinico solo per pazienti non obesi. 2) Nei pazienti con obesità morbigena, la diagnosi di ipotiroidismo subclinico non può essere effettuata sulla base del riscontro isolato di un elevato livello di TSH. La determinazione del titolo degli anticorpi anti-tiroide e dei markers periferici di ipotiroidismo, come il profilo lipidico circolante sembrano costituire dei parametri aggiuntivi utili al fine di differenziare l’ipotiroidismo subclinico dall’ipertireotropinemia indotta dall’obesità. O-18B L’ATTIVAZIONE DEL SIGNALING RAS/RAF/ERK CONTRIBUISCE ALLA RESISTENZA DELLE LINEE CELLULARI DI CARCINOMA TIROIDEO AL SUNITINIB A. Piscazzi*, E. Costantino*, F. Maddalena□, I. Natalicchio°, A.M.T. Gerardi*, R. Antonetti°, M. Cignarelli§, M. Landriscina* *Unità di Oncologia Medica ed §Unità di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo, Università degli Studi di Foggia; °Laboratorio di Biologia Molecolare, Azienda Ospedali Riuniti, Foggia; □IRCCS CROB Rionero in Vulture, Potenza Il sunitinib è in corso di valutazione clinica per il trattamento dei tumori tiroidei in stadio avanzato, sul razionale che i recettori per VEGF e PDGF e riarrangiamenti di RET/PTC sono importanti bersagli per il trattamento di tali tumori. Tuttavia i criteri per la selezione dei tumori tiroidei che possano beneficiare del sunitinib sono ancora carenti. Sulla base di questo razionale, l’effetto di mutazioni somatiche attivanti i geni KRAS e BRAF sulla responsività al sunitinib è stata valutata su linee cellulari di carcinoma tiroideo con genotipo wild-type o mutato per i geni KRAS e BRAF o con riarrangiamento di RET/PTC. Il sunitinib inibisce selettivamente la proliferazione cellulare, induce l’arresto del ciclo cellulare nella fase G0-G1, ed inibisce la fosforilazione di ERK1/2 in cellule di carcinoma tiroideo KRAS/BRAF wild-type ed in cellule tumorali con riarrangiamenti di RET/PTC, mentre è completamente inattivo in cellule di carcinoma tiroideo con mutazioni dei geni KRAS e BRAF. Tale attività antitumorale differenziale del sunitinib non sembra essere correlata con l’espressione di VEGFR1, 2 e 3, PDFRα e cKIT. Coerentemente, l’attivazione costitutiva del signaling RAS/RAF/ERK nelle cellule KRAS/BRAF wildtype, derivante dalla trasfezione dei mutanti R12 di HRAS o V600 di BRAF, oppure dalla stimolazione con EGF, determinano la perdita di responsività al sunitinib. Infine, l’inibizione farmacologica dell’attività di MEK, una chinasi a valle di BRAF, induce una risensibilizzazione all’azione dell’inibitore multichinasico in cellule mutate per KRAS o BRAF. Questi risultati suggeriscono che l’attivazione costitutiva del signaling RAS/RAF/ERK si associa alla resistenza al sunitinib in cellule di carcinoma tiroideo. O-19B IGF-IR REPRESENTS A THERAPEUTIC TARGET IN THYROID CANCER: DETERMINANTS OF IN VITRO RESPONSE TO THE IGF-IR TYROSINEKINASE INHIBITOR, NVP-AEW541 R. Malaguarnera, A. Palummo, A. Sacco, A. Morcavallo, S. Giuliano, *F. Frasca, A. Belfiore Dipartimento di Scienze della Salute, Endocrinologia, Università “Magna Graecia” di Catanzaro, 88100 Catanzaro *Dipartimento di Biomedicina Clinica e Molecolare, Endocrinologia, Università degli Studi di Catania, 95100 Catania Introduzione: Il carcinoma tiroideo è il tumore endocrino di più comune riscontro. I meccanismi molecolari alla base della sua patogenesi non sono, ad oggi, del tutto noti. Evidenze sperimentali indicano che le cellule tumorali tiroidee e le cellule progenitrici/staminali tiroidee sono responsive all’insulina e ai fattori insulino-simili (IGFI e IGF-II) e spesso iperesprimono i recettori dell’insulina (IR) e dell’IGF-I (IGF-IR) suggerendo un ruolo chiave del sistema IGF nella tumorigenesi tiroidea. L’NVP-AEW541 è un inibitore specifico dell’attività tirosino-chinasica di IGF-IR e, in vitro, causa inibizione dell’attività proliferativa in numerosi tumori umani. Obiettivo: Valutare l’azione antitumorale dell’NVP-AEW541 in linee cellulari tumorali tiroidee ed i fattori che possono influenzarne l’efficacia terapeutica. Materiali e Metodi: Utilizzando un pannello di linee cellulari tumorali tiroidee sono state valutate l’espressione genica e proteica di IR, IGF-IR, IGF-I ed IGF-II mediante analisi qRT-PCR e Western Blot. Sono stati analizzati, inoltre, gli effetti dell’NVP-AEW541 sulla proliferazione cellulare mediante saggi di vitalità e l’attivazione dei segnali a valle di IGF-IR mediante analisi Western Blot. Risultati: Le linee cellulari analizzate hanno mostrato un differente profilo di espressione di IGF-IR, IR, IGF-I ed IGF-II. L’NVP-AEW541, a concentrazioni in grado di inibire la fosforilazione di IGF-IR, ha sortito un effetto inibitorio, di grado variabile nelle varie linee, sulla crescita e proliferazione cellulare. Le cellule con elevato rapporto IGF-IR/IR hanno mostrato una maggiore responsività al farmaco. Effetti inibitori sono stati rilevati anche sull’attivazione di pp70S6K, pAKT e ciclina D1 ma non su pERK, che risulta invece lievemente aumentato. L’attivazione di pERK potrebbe rappresentare un meccanismo compensatorio al blocco recettoriale e potrebbe ridurre l’efficacia dell’NVP-AEW541. Conclusione: L’inibizione di IGF-IR può rappresentare un’utile strategia terapeutica per i tumori tiroidei caratterizzati da una iperespresisone di tale recettore.Tuttavia, i nostri risultati suggeriscono che la terapia combinata con altri farmaci a bersaglio molecolare, quali inibitori di MAPK, potrebbe contrastare la comparsa di meccanismi di resistenza. O-20B ABLAZIONE RADIOMETABOLICA DEL RESIDUO TIROIDEO POSTCHIRURGICO DOPO STIMOLO CON TSH UMANO RICOMBINANTE (rhTSH) IN PAZIENTI CON OFTALMOPATIA DI GRAVES (OG) DI GRADO MODERATAMENTE SEVERO E SEVERO: STUDIO PROSPETTICO RANDOMIZZATO IN SINGOLO CIECO M. Moleti1, M.A. Violi1, D. Montanini2, B. Di Bella1, G. Sturniolo1, S. Presti1, A. Alibrandi3, A. Campennì4, S. Baldari4, F. Trimarchi1, F. Vermiglio1. 1 Dip.Clinico-Sperimentale di Medicina e Farmacologia, Sezione di Endocrinologia; 2Dip. Chirurgia Specialistica, Sezione di Oftalmologia; 3 Dip. Scienze Economiche, Finanziarie, Sociali, Ambientali, Statistiche e del Territorio; 4 Dip. Scienze Radiologiche, Sezione di Medicina Nucleare. Università di Messina. Premessa. Nei pazienti con OG, l’ablazione tiroidea totale (ATT), ottenuta mediante tiroidectomia totale (tTx) + ablazione del residuo postchirurgico con I-131, sembra associata ad un migliore outcome della malattia oculare rispetto alla sola tTx. Tuttavia, la condizione di prolungato ipotiroidismo, propedeutico alla somministrazione della dose ablativa di I-131, può potenzialmente aggravare la malattia oculare. Scopo del lavoro. Valutare gli effetti della ATT dopo rhTSH in pazienti con OG di grado moderatamente severo/severo. Pazienti. Quaranta pazienti con OG moderatamente severa/severa, randomizzati in:1) gruppo Tx-RAI, n=20 soggetti sottoposti ad ATT dopo rhTSH; 2) gruppo Tx, n=20 soggetti sottoposti a tTx. Tutti i pazienti venivano trattati con glucocorticoidi 45 giorni dopo tTx/ATT. Obiettivo primario: valutazione dell’outcome della OG (miglioramento/stazionarietà/aggravamento) a 12 mesi dalla tTx/ATT. Obiettivo secondario: valutazione degli effetti acuti dell’rhTSH sulla OG. Risultati. La OG migliorava in una percentuale maggiore di pazienti Tx-RAI rispetto a quelli Tx, ai tempi 6 (p 0.027) e 12 mesi (p 0.007), e clinicamente inattiva in una proporzione maggiore di pazienti del gruppo Tx-RAI rispetto al gruppo Tx agli stessi tempi (p 0.026, p 0.0099). Ad eccezione di un paziente che lamentava un transitorio aggravamento del dolore retrobulbare, l’rhTSH non induceva aggravamento dei sintomi/segni della OG in nessun paziente,. Conclusioni. I nostri dati indicano che: i) L’ablazione tiroidea totale è più efficace della sola tiroidectomia nell’indurre un più precoce e stabile miglioramento della OG; ii) la somministrazione dell’rhTSH in pazienti con OG di grado moderatamente severo/severo è ben tollerata e non si associa a rischio di aggravamento dei segni e sintomi oculari. O-21C FREQUENZA DEI POLIMORFISMI DEI GENI DEL VEGF, DEL VEGFR E DI HIF IN SOGGETTI NORMALI ED IN PAZIENTI CON GOZZO NODULARE PROVENIENTI DA UN'AREA A MODERATA CARENZA IODICA F. Niccolai1, A. Molinaro1, G. De Marco1, P. Agretti1, C. Di Cosmo1, P. Piaggi3, P. Vitti,1 G. Bocci,2 M. Tonacchera1 1 Dipartimento di Endocrinologia e Metabolismo, Università di Pisa, Italia; 2 Dipartimento di Medicina Interna – Divisione di Farmacologia, Università di Pisa, Italia; 3 Dipartimento di ingegneria informatica, Università di Pisa, Italia Introduzione Lo sviluppo del gozzo nodulare, in pazienti provenienti da un area a moderata carenza iodica è dovuto alla crescita delle cellule follicolari e delle cellule endoteliali. Numerosi fattori di crescita vascolari modulano l'angiogenesi ed un potenziale ruolo di questi fattori è stato nella patogenesi del gozzo nodulare. Lo scopo del nostro studio è stato quello di esaminare la relazione tra polimorfismi noti del VEGF, del recettore del VEGF (VEGFR) e del fattore inducibile dell'ipossia (HIF ) ed il rischio di sviluppo di gozzo nodulare. Pazienti e metodi Da una popolazione omogenea di Pescopagano, paese del sud Italia a moderata carenza iodica sono stati selezionati 116 soggetti normali cioè senza alcuna patologia tiroidea (41 maschi con età media di 48 anni e 75 femmine con età media di 51 anni) e 108 soggetti con gozzo nodulare con almeno un nodulo tiroideo di dimensioni superiori al cm di dimensione massima ed in assenza di segni di autoimmunità (41 maschi con età media di 49,6 anni e 67 femmine con età media di 50,3 anni). Il DNA genomico è stato estratto da sangue. La genotipizzazione è stata effettuata con tecnica TaqMan. Abbiamo studiato i seguenti polimorfismi: VEGF936C/T, VEGFR-604a / G e HIF-1ALFA C / T. Come test statistico è stato utilizzato il test chi-quadro. Risultati Nei soggetti normali la frequenza dei polimorfismi era: VEGF 936 CC 78,4%, 19,8% CT, TT 1,7%; VEGFR-604 AG 44%, 25,8% GG, AA 30,2%; HIF-1ALFA CT 97,4%, 2,6% TT . Nei pazienti con gozzo nodulare la frequenza era: VEGF 936 CC 75%, CT 21,3%, 3,7% TT, VEGFR-604 AG 55,6%, 16,7% GG, AA 27,8%; HIF-1ALFA CT 99,1%, 0,9% TT. La frequenza dei polimorfismi studiati non era statisticamente differente tra soggetti normali e pazienti con gozzo nodulare. Conclusioni Il nostro studio non ha dimostrato il ruolo di VEGF del suo recettore e di altri fattori di crescita vascolari nello sviluppo del gozzo nodulare in pazienti provenienti da una zona a moderata carenza iodica O-22C IL CARCINOMA DELLE PARATIROIDI: IMPATTO DELLO GENETICO HRPT2 NELLA PRATICA CLINICA M.R. Pelizzo, N. Sorgato Università degli Studi di Padova, Patologia Speciale Chirurgica, Padova STATUS Presupposti e scopo dello studio. Mutazioni inattivanti il gene HRPT2 sono emerse in una forma famigliare di iperparatiroidismo- la sindrome iperparatiroidismo associato a tumore della mandibola (HPT-JT)- che comporta un aumentato rischio di carcinoma delle paratiroidi clinicamente aggressivo: la nostra ricerca è finalizzata all’analisi di mutazione del gene HRPT2 e alla valutazione del suo impatto clinico nelle forme sporadiche di carcinoma delle paratiroidi e negli adenomi atipici, analizzata sulla base di una esperienza trentennale con la chirurgia delle paratiroidi. Metodi. Lo studio ha arruolato tutti i pazienti affetti da carcinoma sporadico o adenoma atipico delle paratiroidi che sono stati sottoposti ad intervento chirurgico presso il nostro reparto dal 1975 a maggio 2012. Lo studio genetico è stato eseguito su DNA isolato dal tessuto patologico e dai leucociti ottenuti da sangue periferico. I risultati dello studio genetico sono stati correlati con i dati clinici. Risultati. Lo studio ha compreso 75 pazienti (gruppo 1: 41 carcinomi; gruppo 2: 34 adenomi atipici) di età media 59 anni. Costituiscono fattori di rischio per lo sviluppo di recidiva: valori elevati di calcemia preoperatoria (3,4 mMol/L), l’esecuzione di paratiroidectomia semplice, la mancata riduzione dello IO-PTH, il reperto istologico di infiltrazione dei tessuti limitrofi. Fattore prognostico negativo è risultata la presenza di mutazione HRPT2, riscontrata in tre pazienti affetti da carcinoma sporadico, i quali hanno avuto decorso rapidamente infausto. Nessun adenoma atipico ha presentato mutazione. Conclusioni. Nei carcinomi sporadici delle paratiroidi, la genetica HRPT2 dovrebbe essere considerata parte delle analisi da valutare assieme ai parametri convenzionali ai fini di un follow-up più intenso ed uno screening famigliare. Lo studio genetico è sicuramente utile nell’indirizzare ad un approccio chirurgico più aggressivo che a tutt’oggi rimane il solo trattamento più efficace. La nostra ricerca apporta un consistente contributo numerico alla ancor esigua casistica esistente in letteratura sul carcinoma delle paratiroidi, alla luce delle nuove indagini strumentali e di caratterizzazione molecolare. Bibliografia Cetani F, Pardi E, Borsari S, Viacava P, Dipollina G, Cianferotti L, Ambrogini E, Gazzerro E, Colussi G, Berti P, Miccoli P, Pinchera A, Marcocci C (2004) Genetic analyses of the HRPT2 gene in primary hyperparathyroidism: germline and somatic mutations in familial and sporadic parathyroid tumors. J Clin Endocrinol Metab 89(11):5583-91. O-23C RELAZIONE TRA L'USO DI SALE IODATO ED AUTOIMMUNITÀ TIROIDEA DOPO IODOPROFILASSI M.A. Provenzale, M. Frigeri, L. Puleo, L. Antonangeli, T. Rago, E. Fiore, M. Tonacchera, L. Grasso, A. Pinchera, F. Aghini Lombardi, P. Vitti Dipartimento di Endocrinologia - Università degli Studi di Pisa Scopo del lavoro: valutare la distribuzione e la prevalenza di autoimmunità tiroidea in una piccola comunità rurale (Pescopagano) dopo l’inizio di un programma di iodioprofilassi su base volontaria. Pazienti: il gruppo di studio includeva 1304 soggetti sottoposti a visita medica, ecografia tiroidea, misurazione degli ormoni tiroidei, TSH, anticorpi anti-tireoglobulina (TgAb), anti-tireoperossidasi (TPOAb) ed escrezione urinaria di iodio (EUI). In base alla diagnosi clinica i pazienti sono stati suddivisi in soggetti normali (Normali, n = 830), affetti da gozzo diffuso (n=97), gozzo nodulare (n =163), da tiroidite cronica autoimmune (TCA, n = 214) o altre malattie della tiroide (n = 10). Risultati: Su 1293 soggetti, 904 (70%) hanno dichiarato di utilizzare abitualmente il sale iodato (gruppo SI), mentre 389 (30%) hanno dichiarato di non utilizzare mai sale iodato (gruppo non-SI) e 46 soggetti non hanno risposto alla domanda e sono stati esclusi dallo studio. EUI è risultata significativamente maggiore in gruppo SI (mediana 111 mg / L, range interquartile, IR, 62-164 mg / L) rispetto a non-SI (mediana 91 mg / L, IR, 48-126 mg / L, p = 0,02). La distribuzione delle malattie della tiroide non è risultata significativamente differente tra i gruppi SI e non-SI. Gli autoanticorpi tiroidei (TAb) sono risultati positivi più frequentemente nel gruppo SI rispetto a non-SI (220/904, 24,3% vs 72/389, 18,5%, p = 0,01). Tale differenza è stata osservata sia per i TgAb (171/904, 18,9 % vs 53/389, il 13,6%, p = 0,01), sia per i TPOAb (153/904, 16,9% vs 51/389 ,13,1%), anche se in quest'ultimo caso non è risultata statisticamente significativa (p = 0,05). Analizzando la positività dei TAb, sia in rapporto all’uso di sale iodato e sia in base alla diagnosi clinica, nei pazienti con gozzo diffuso la positività dei TAb è risultata significativamente più elevata nel gruppo SI rispetto ai non-SI (15/69, 21,7% vs 1/26, 3.8% p=0.04), mentre questa differenza non veniva osservata nei soggetti normali (63/569, 11% vs 20/253, 7,9%), nei pazienti con gozzo nodulare (16/113, 14,1% vs 6/50, 12% ) e con TCA (126/153 82,3% vs 45/60, 75% ). Conclusioni: dopo profilassi con sale iodato, l’EUI è risultata significativamente più elevata nel gruppo SI rispetto ai non-SI. L'uso di sale iodato è associato a una maggiore frequenza di TAb, ma questa relazione è risultata significativa solo nei soggetti con gozzo diffuso. O-24C CAMKII MEDIA IL SEGNALE ONCOGENICO DI RET NEL CARCINOMA MIDOLLARE DELLA TIROIDE E LA SUA INIBIZIONE È INVERSAMENTE CORRELATA CON LA GRAVITÀ DELLA MALATTIA E. Russo1, M. Salzano1, V. De Falco1, M. Santoro1, C. Mian2, S.Barollo2, M. Vitale3 1 Dipartimento di Biologia e Patologia Cellulare e Molecolare, Università di Napoli Federico II 2 Unità Operativa di Endocrinologia, Dipartimento di Medicina-DIMED 3 Dipartimento di Medicina e Chirurgia, Università di Salerno, Baronissi, Salerno Recenti studi hanno dimostrato che la chinasi calcio/calmodulina dipendente di tipo 2 (CaMKII) è coinvolta nella regolazione della proliferazione e della sopravvivenza di alcuni tipi di cellule epiteliali, nelle quali fosforila la chinasi RAF-1 e modula la via delle MAP chinasi. In alcuni tipi cellulari è presente un inibitore endogeno di CaMKII (hCaMKIINα). Nell’adenocarcinoma del colon, l’espressione di hCaMKIINα è inversamente correlata con la severità della malattia. Questi dati fanno ritenere che CaMKII possa essere importante nella trasformazione neoplastica. Scopo dello studio è valutare il ruolo di CaMKII nel carcinoma midollare della tiroide (MTC) e individuare possibili correlazioni tra hCaMKIINα e le caratterstiche clinicopatologiche della malattia. A tale scopo, abbiamo indotto l’espressione di RETC634Y e RETM918T in cellule NIH-3T3, ed analizzato l’attivazione di CaMKII e l’effetto della sua inibizione sulla via delle MAPK in due linee cellulari di MTC. Successivamente abbiamo analizzato l’espressione del mRNA di hCaMKIINα in 24 MTC e l’abbiamo correlata con i dati clinico-patologici al momento dell’intervento. L’espressione di RET mutato induceva attivazione di CaMKII nelle NIH-3T3, mentre la chinasi era sempre attivata nelle linee di MTC, portatrici di RET mutato. L’inibizione di CaMKII in queste cellule induceva una riduzione della fosforilazione di ERK e un arresto della proliferazione. Il livello di espressione di mRNA di hCaMKIINα in 24 MTC è stato determinato mediante real-time PCR e ne è stata analizzata la possibile correlazione con l’età al momento della diagnosi, la concentrazione sierica di calcitonina (CT), il pTNM e la stadiazione. L’età e il sesso non correlavano con i livelli di hCaMKIINα. La CT sierica (R2 = 0.032, p= 0.017 con Spearman rank correlation), il volume del tumore (p= 0.0094 con ANOVA), la presenza di linfonodi (p= 0.0297 con test di Student) e la stadiazione (p= 0.0043 con ANOVA) correlavano tutti inversamente con la quantità di mRNA hCaMKIINα presente nel tumore. In conclusione, CaMKII è attivata da RET e nelle cellule di MTC, nelle quali è importante per la proliferazione. L’espressione del suo inibitore endogeno hCaMKIINα, si accompagna ad una ridotta aggressività della malattia. CaMKII può rappresentare un nuovo bersaglio nella terapia mirata del MTC. O-25C L’INTERFERENZA DELL’ASSORBIMENTO DELLA L-TIROXINA (L-T4) DA PARTE DEGLI INIBITORI DI POMPA PROTONICA (PPI) PUO’ ESSERE RISOLTA DA UNA FORMULAZIONE LIQUIDA DI L-T4. G. Saraceno 1, R. Vita 1, F. Trimarchi 1, S. Benvenga 1, 2 1 Endocrinologia, Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università di Messina; 2 Programma Interdipartimentale di Endocrinologia Molecolare e Clinica e Salute Endocrina della Donna, Università di Messina. Gli inibitori di pompa protonica (PPI), aumentando il pH gastrico, interferiscono sulla dissoluzione e quindi sull’assorbimento delle compresse di L-T4 sodica. La formulazione liquida (Tirosint soluzione orale, IBSA, Italia) contiene L-T4 solubilizzata in un solvente organico (100 mcg di L-T4 sodica in 243 mg di etanolo), e, data la sua natura lipofila, la L-T4 risulta pertanto prontamente disponibile per l’assorbimento intestinale. In questo studio abbiamo valutato se la formulazione liquida avesse risolto il problema del malassorbimento della L-T4 causato dal simultaneo uso di PPI. Previo consenso informato, abbiamo reclutato 15 pazienti (12 F, 3 M) con ridotto assorbimento delle compresse di L-T4 da PPI, (omeprazolo, n= 7; pantoprazolo, n= 5; lansoprazolo, n= 3). Sei/15 pazienti (40%) praticavano terapia sostitutiva (SOS), mentre 9/15 (60%) praticavano terapia soppressiva (SOP). Mantenendo la stessa dose quotidiana di L-T4, i 15 pazienti hanno cambiato formulazione di L-T4, passando da quella in compresse a quella liquida. I valori sierici di TSH sono stati ricontrollati almeno 2 mesi dopo il cambio di formulazione. Per il confronto statistico tra medie oppure tra proporzioni, abbiamo usato il test di Mann-Whitney oppure il test esatto di Fisher. Nel gruppo SOS, i valori sierici medi di TSH durante terapia con L-T4 in compresse erano pari a 3.06 ± 1.94 mU/L, mentre dopo almeno due mesi di terapia con L-T4 in formulazione liquida, erano pari a 1.56 ± 0.61 mU/L (P = 0.049). Nel gruppo SOP, i valori sierici medi di TSH durante terapia con L-T4 in compresse, erano pari a 1.15 ± 1.85 mU/L, mentre dopo almeno due mesi di terapia con L-T4 in formulazione liquida, erano pari a 0.19 ± 0.36 mU/L (P < 0.0001). Inoltre nel gruppo SOP, il TSH era ≤ 0.10 mU/L in nessuno dei 19 dosaggi effettuati durante la terapia con compressa rispetto a 22/29 (76%) dosaggi effettuati durante la terapia con soluzione orale (P < 0.0001), La dose giornaliera è stata ridotta in 3/9 pazienti (33%) del gruppo SOP per la comparsa di sintomi e segni di tireotossicosi. Considerando che la L-T4 presente nella formulazione liquida può essere assorbita direttamente, e indipendentemente dal pH gastrico, la concomitante assunzione di PPI non ne altera l’assorbimento. Pertanto, i nostri dati mettono in evidenza come la formulazione liquida della L-T4 sia capace di risolvere il problema del malassorbimento delle compresse di L-T4 causato dai PPI. O-26C MORBIDITY AND MORTALITY OF ACUTE LIVER DAMAGE DURING OR AFTER HIGH DOSE INTRAVENOUS GLUCOCORTICOID PULSE THERAPY FOR GRAVES’ OPHTHALMOPATHY E. Sisti, A. Pinchera, C. Marcocci, R. Rocchi, F. Latrofa, F. Menconi, MA. Altea, M. Leo, MA. Profilo, B. Mazzi, E. Albano, M. Marinò Unità Operativa di Endocrinologia I, Università di Pisa Il danno epatico acuto (DEA) è uno degli effetti collaterali più gravi della terapia con glucocorticoidi per via endovenosa ad alte dosi (GCev) nei pazienti con Oftalmopatia Basedowiana (OB). Abbiamo analizzato retrospettivamente la frequenza di DEA in 1024 pazienti consecutivi con OB (264 maschi e 760 femmine; età 48±12,2 aa) sottoposti a GCev tra il 1993 e il 2008. In tutti i pazienti venivano misurati gli enzimi epatici (ALT e AST) ogni due settimane durante e fino a 3 mesi dopo il completamento della terapia. Il DEA, definito come la presenza di valori sierici di ALT ≥ 300 U/L e/o di AST ≥ 200 U/L, veniva osservato in 19 pazienti, per una morbidità del 18,5%. Come riportato in precedenza (Marinò et al., Thyroid 2004 14: 403-406), 3 casi di DEA risultavano fatali, per una mortalità complessiva dello 0,29% ed una mortalità limitatamente ai pazienti con DEA del 15,7%. Nei restanti 16 casi di DEA il quadro era transitorio, con normalizzazione degli enzimi epatici dopo 3-5 mesi. In seguito all’osservazione dei casi fatali di DEA, nel corso degli anni venivano apportate, in tempi successivi, alcune modifiche ai protocolli diagnostici e terapeutici, in particolare: riduzione delle dosi, introduzione di test diagnostici aggiuntivi per valutazione del rischio di DEA, introduzione della terapia con GC per via orale per prevenire il rebound del sistema immunitario (uno dei possibili meccanismi di DEA) dopo la terapia ev, e anche durante la terapia ev nei pazienti con autoanticorpi associati all’epatite autoimmune. Allo scopo di valutare in che misura questi accorgimenti avessero modificato la frequenza di DEA, i pazienti venivano suddivisi in: Periodo 1 (1993-1999): metilprednisolone (MP) 15 mg/kg (4 cicli, di 2 infusioni a giorni alterni ogni 2 settimane) + 7,5 mg/kg peso corporeo (4 cicli), per una dose di 11,27±3,95 g; Periodo 2 (2000-2004): MP 15 mg/kg (2 cicli di 2 infusioni a giorni alterni ogni 2 settimane) + 7,5 mg/kg peso corporeo (4 cicli), per una dose di 8,1±2,79 g; Periodo 3 (20052008): MP 15 mg / kg (4 cicli di una infusione alla settimana) + 7,5 mg/kg peso corporeo (8 cicli di una infusione alla settimana), per una dose media di 7,47±2,1 g. Inoltre, nel Periodo 2 veniva introdotto lo screening per l’epatite virale e nel Periodo 3 venivano introdotti: ecografia epatica, valutazione di autoanticorpi non organo specifici correlati ad epatite autoimmune e l’utilizzo di GC per via orale come riportato sopra. La morbidità e mortalità nei vari periodi era: Periodo 1: morbidità 2,14% con mortalità dello 0,61% , Periodo 2: morbidità 1,82% e mortalità: 0,26%; Periodo 3 morbidità 1,53% e non si era verificato nessun caso di DEA fatale. Anche se la frequenza di DEA sembra essere relativamente bassa, i nostri risultati mostrano l’utilità di una selezione rigorosa e un attento monitoraggio dei pazienti da sottoporre a GCev. Gli accorgimenti messi in atto nel corso degli anni sembrano aver ridotto la frequenza di DEA. Tuttavia sono necessari ulteriori studi volti ad individuare fattori di rischio che possano essere utili per la selezione dei pazienti. O-27C CALO PONDERALE E VARIAZIONE DELLA DOSE SOSTITUTIVA DI LEVOTIROXINA (L-T4) IN SOGGETTI OBESI IPOTIROIDEI SOTTOPOSTI A CHIRURGIA BARIATRICA A. Tamberi, A. Pinchera, P. Fierabracci, S. Martinelli, P. Piaggi1, A. Basolo, I. Ricco, G. Ceccarini, G. Scartabelli, A. Marsili, A. Landi1, P. Vitti, F. Santini. Unità Operativa di Endocrinologia 1, Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana, Pisa. 1 Dipartimento di Sistemi Elettrici e Automazione, Università di Pisa La dose sostitutiva di L-T4 nella terapia dell'ipotiroidismo viene generalmente calcolata sulla base del peso corporeo. Scopo dello studio è stato quello di valutare le variazioni della dose sostitutiva di L-T4 dopo calo ponderale ottenuto mediante intervento di chirurgia bariatrica, in soggetti obesi con ipotiroidismo acquisito. Sono stati esaminati 68 soggetti obesi (65 F, 3 M, età media ± DS: 47 ± 10 anni) con ipotiroidismo acquisito, prima e dopo 28,2 ± 7,6 mesi dalla chirurgia bariatrica. La causa dell'ipotiroidismo era in 13 casi la tiroidectomia totale, in 5 la terapia radiometabolica con radioiodio e in 50 l'ipotiroidismo autoimmune. L'indice di massa corporea al momento dell'intervento variava tra 34 e 60 Kg/m2 (45,9 ± 5,8 Kg/m2). 35 soggetti sono stati sottoposti bypass gastrico, 28 a bendaggio gastrico regolabile e 5 a gastrectomia a manica, con una perdita di peso media pari a 32,2 ± 15,7 kg. La dose totale media giornaliera di L- T4 prima dell'intervento era 131,2 ± 48,6 mcg/die (1,11 ± 0,4 mcg/Kg/die). Dopo calo ponderale, si verificava una riduzione significativa della dose totale di L-T4 (-9,9%, p < 0,005), mentre la dose pro-Kg subiva un significativo incremento (+26,5%, p <0,005). Nessuna differenza statisticamente significativa veniva osservata nella variazione della dose di L-T4 fra i tre tipi di intervento chirurgico. Inoltre, non è stata osservata alcuna associazione tra la riduzione dei livelli circolanti di leptina e la variazione della dose di L- T4. La composizione corporea valutata mediante densitometria a doppio raggio fotonico (DXA) in 14 soggetti prima e dopo chirurgia bariatrica evidenziava una riduzione della massa grassa del 30% e una minor riduzione della massa magra (-13%). La dose giornaliera di LT-4 pro-Kg di massa magra rimaneva immodificata dopo calo ponderale. In conclusione i risultati di questo studio indicano che: 1) Nei soggetti ipotiroidei obesi, la perdita di peso ottenuta mediante chirurgia bariatrica richiede una riduzione della dose giornaliera di L-T4. 2) L'entità della riduzione non è influenzata dal tipo di procedura chirurgica. 3) La riduzione della dose di L-T4 non è correlata alla riduzione della massa grassa, ma dipende dalla riduzione della massa magra. O-28C PREVALENZA E TEMPO DI COMPARSA DELLE RECIDIVE DA CARCINOMA PAPILLIFERO DELLA TIROIDE: STUDIO RETROSPETTIVO SU 1020 PAZIENTI. 1 M. Torlontano, 2C. Durante, 2T. Montesano, 3M. Attard, 4F. Monzani, 5S. Tumino, 6 G. Costante, 7D. Meringolo, 8R. Bruno, 1M. Massa, 2G. Ronga, 1U. Crocetti, 1L. D’Aloiso, 2S. Filetti. 1 U.O. di Endocrinologia, IRCCS “Casa Sollievo della Sofferenza”, San Giovanni Rotondo; 2Dip. Medicina Interna e Specialità Mediche, Univ. La Sapienza, Roma; 3U.O. di Endocrinologia, Ospedali Riuniti Villa Sofia-Cervello, Palermo; Dip. di: 4Medicina Clinica e Sperimentale, Univ. Pisa; 5Scienze Mediche e Pediatriche, Univ. Catania; 6 Scienze della Salute, Univ. Catanzaro; U.U.O.O. di Endocrinologia, 7Osp. Bentivoglio, Bologna e 8Osp. Tinchi-Pisticci, Matera. Il carcinoma papillifero della tiroide (CPT) è un tumore a bassa aggressività ed ottima prognosi. Gli studi attualmente disponibili (riferiti a pazienti trattati negli anni ‘60-’90) indicano però recidive di malattia fino al 20% dei casi, il 40% delle quali >5 anni dopo il trattamento iniziale. Poiché le recenti statistiche indicano un incremento dell’incidenza del CPT, dovuto soprattutto all’aumentata diagnostica delle forme di piccole dimensioni, è necessario ridefinire il tipo di follow-up cui sottoporre tali pazienti secondo criteri di costo-beneficio. A tale scopo abbiamo esaminato retrospettivamente una popolazione di 1020 pazienti con CPT (classificati a rischio basso nel 61% dei casi, intermedio nel 36%, alto nel 3%) diagnosticati nel periodo 1990-2008, sottoposti a tiroidectomia totale con o senza linfoadenectomia del comparto centrale, trattati o no con successiva ablazione del residuo con radioiodio. Il follow-up (mediana 8.5 anni) comprendeva in tutti i pazienti una valutazione ecografica del collo su base annuale. Risultati: 72 pz. (7%, 64 dei quali a rischio intermedio o alto) presentavano persistenza di malattia (entro 1 anno dal trattamento iniziale): 14 di questi presentavano ancora malattia residua alla fine del follow-up. Dei restanti 948 pz., solo 13 (1.4%) svilupparono recidiva di malattia (in sede cervicale) nel corso del follow-up successivo, 8/325 (2.5%) a rischio intermedio e 5/609 (0.8%) a basso rischio. In 10/13 casi, la recidiva di malattia è stata diagnosticata nei primi 5 anni e 3/13 mostravano ancora persistenza di malattia al termine del follow-up. I nostri dati indicano che una piccola ma non trascurabile percentuale di pazienti (7%, soprattutto a rischio intermedio-alto) presenta persistenza di malattia dopo il trattamento iniziale. Solo un ulteriore 1.4% presenta recidiva di malattia, nel 75% dei casi individuata entro i primi 5 anni. La prevalenza di recidive <1% nei pazienti a basso rischio suggerisce una riduzione dell’intensità del regime di follow-up (frequenza delle visite e durata del periodo di sorveglianza), riservando un più stretto controllo ai pazienti delle classi di rischio superiori. O-29C EFFETTI MORFOFUNZIONALI DELLA TRIIODOTIRONINA (T3) NEL FOLLICOLO ED IN CELLULE DELLA GRANULOSA DI RATTO C. Verga Falzacappa1, F. Alfei1, M.G. Santaguida1, A. Furno2, R. Canipari3, S. Misiti2, M. Centanni1 1 Dip. Scienze e Biotecnologie Medicochirurgiche,2Dip.Medicina Sperimentale e 3Dip. Embriologia e Istologia, Sapienza Università di Roma, Roma e Latina Crescenti evidenze suggeriscono che l’asse ipotalamo-ipofisi-tiroide e l’asse riproduttivo femminile siano fisiologicamente collegati. Un’ alterata omeostasi tiroidea è associata ad una maggiore frequenza di irregolarità mestruali, diminuita fertilità e aumentata frequenza di abortività e poliabortività. I meccanismi patogenetici alla base di tali alterazioni riproduttive sono solo parzialmente noti come pure poco nota è la fisiologia del rapporto tra tiroide ed ovaio; è comunque stato ipotizzato che gli ormoni tiroidei possano svolgere un ruolo diretto sulla fisiologia ovarica a livello delle cellule della granulosa ove sono presenti i recettori tiroidei. Lo scopo di questo studio è stato quello di valutare gli effetti del trattamento con triiodotironina sull’espressione genica e sui parametri morfofunzionali delle cellule della granulosa e dei follicoli ovarici in un modello murino. A tale scopo follicoli di ratto isolati di fresco e una linea di cellule di granulosa di ratto da noi stabilizzate (rGROV) sono stati coltivati in presenza o meno di T3 (100 nM) per analizzare gli effetti sulla crescita cellulare, sull’espressione dei geni coinvolti nella steroidogenesi e sulla produzione di 17β-estradiolo. Preliminarmente abbiamo appurato, mediante qPCR, che l’espressione genica dell’intero apparato trasduttivo e metabolico necessario all’omeostasi tiroidea (isoforme recettoriali, isoforme desiodasiche e trasportatori di membrana) fossero espressi nei modelli sperimentali in uso. Il trattamento con 100 nM di T3 induceva un aumento significativo (+45%) della proliferazione delle rGROV e della crescita follicolare (+40%). In associazione a tali osservazioni, i principali geni coinvolti nella steroidogenesi erano indotti dalla T3 in entrambi i sistemi. L’induzione maggiore veniva osservata sull’espressione dell’aromatasi, la cui attività era inoltre quadruplicata dalla presenza della T3 come dimostrato misurando la secrezione di 17β-estradiolo in rGROV esposte a testosterone in assenza di siero. La produzione di 17βestradiolo era comunque stimolata dalla T3 (+75%) nei follicoli, in presenza quindi di steroidi tecali, anche in normali condizioni di coltura. In conclusione i nostri dati dimostrano che la T3 promuove la funzione ovarica nel ratto, inducendo l’espressione dei geni coinvolti nella steroidogenesi, esaltando l’attività aromatasica ed aumentando la secrezione di 17β-estradiolo. O-30C EFFETTO DI DUE INIBITORI CHINASICI IN LINEE CELLULARI DI CARCINOMA TIROIDEO: STUDI IN VITRO E IN VIVO P. Voce, M. D’Agostino, S. Moretti, E. Menicali, N. Giusti, N. Avenia, E. Puxeddu Dipartimento di Medicina Interna, Centro di Ricerca di Proteomica e Genomica della Tiroide (CRiProGeT), Università degli Studi di Perugia Negli ultimi anni sono stati ottenuti incoraggianti risultati nel trattamento dei carcinomi tiroidei grazie all’utilizzo di “Targeted Therapies” basate sull’uso di inibitori dei mediatori chinasici chiave coinvolti nel processo di cancerogenesi. In questo studio sono stati valutati gli effetti di due di questi inibitori (tirosino-)chinasici, Sorafenib e Vemurafenib (PLX4032), in due linee cellulari di carcinoma papillare della tiroide (TPC1 e BCPAP), una di carcinoma follicolare (FTC133) e tre di carcinoma anaplastico (8505C, CAL62, C643). Il Sorafenib ha esplicato il suo effetto inibitorio più significativo sulla proliferazione nelle cellule BCPAP dopo 72 h di trattamento alla dose 1µM (50% vs controllo), mentre minori effetti sono stati ottenuti nelle cellule 8505C, TPC1 e FTC133. Nessun effetto è stato riscontrato nelle cellule CAL62 e C643. Il PLX4032 si è dimostrato efficace solo nelle linee cellulari caratterizzate dalla mutazione B-RafV600E con una riduzione della crescita del 50% sia nelle cellule BCPAP che nelle 8505C. La valutazione dell’espressione di p-ERK e di p-AKT, dopo trattamento di TPC1, 8505C e CAL62 con Sorafenib e PLX4032 ha mostrato i seguenti risultati: nelle cellule TPC1 una buona riduzione della fosforilazione di ERK e AKT dopo trattamento con tutte le dosi di Sorafenib; nelle cellule CAL62 e 8505C un paradossale incremento della fosforilazione di ERK e AKT dopo trattamento con bassi dosaggi di Sorafenib che nelle cellule 8505C veniva revertito dal trattamento con alte dosi; nelle cellule CAL62 e TPC1 un paradossale incremento della fosforilazione di ERK e AKT dopo trattamento con PLX4032 alla dose di 5µM; nelle cellule 8505C una buona riduzione della fosforilazione di ERK e AKT dopo trattamento con PLX4032 alla dose di 5µM. Gli effetti del Sorafenib sono stati studiati in vivo utilizzando topi NOD/SCID trapiantati con cellule 8505C. I risultati evidenziano una riduzione significativa della crescita dei noduli tumorali negli animali trattati con Sorafenib (60 mg/kg/die) rispetto ai topi controllo. L’analisi dei livelli di fosforilazione di ERK non ha mostrato alcun blocco della via MAP-chinasica in vivo, a differenza di quanto visto nelle cellule in vitro. In conclusione questi dati, che rappresentano la base per uno studio più completo sui meccanismi di azione molecolare di Sorafenib e PLX4032 nel carcinoma tiroideo, indicano che il genotipo tumorale condiziona in parte la risposta alla terapia, anche se la risposta in vivo agli inibitori multichinasici è probabilmente dominata dall’effetto anti-angiogenetico. POSTER P-01 INTERVENTO EDUCATIVO SU IODOPROFILASSI E CONTROLLO DEL RISCHIO CARDIOVASCOLARE IN UN CAMPIONE SCOLASTICO D. Agrimi^, F. Diacono*, I. Alemanno*, P. Angarone°, M. Caroli°°, D. Rotondi**, A. Olivieri** ^Endocrinologia ASL BR, *Endocrinologia ASL TA/LE, °Sociologa,TA, °°SIANDip.Prevenzione ASL BR,**Osservatorio Nazionale per il Monitoraggio della Iodoprofilassi in Italia, Istituto Superiore di Sanità- Roma La conoscenza delle fonti alimentari e dei ruoli del sale e dello iodio nella promozione e mantenimento di un buon stato di salute sono principi essenziali per la scelta dei comportamenti alimentari. Il Laboratorio del Sale è un percorso formativo-esperienziale, sul valore antropologico e nutrizionale del sale, promosso come programma di prevenzione per i disordini da carenza iodica. Obiettivo dello studio è la verifica della valenza formativa del “Laboratorio del Sale”, finalizzata al miglioramento delle conoscenze sulla capacità d’identificazione degli alimenti a maggior contenuto di iodio/sodio e la promozione dell’uso di sale iodato in un gruppo di preadolescenti. A tal scopo il “Laboratorio del Sale” è stato proposto ad un campione costituito da 181 ragazzi di scuole secondarie di I grado della provincia di Brindisi. L’intervento educativo è stato sostenuto con dinamiche cognitivo-comportamentali e distinto in una fase formativa seguita da una esperienziale di consolidamento. A termine dell’intero percorso è stato proposto un questionario con 32 items per la verifica dell’apprendimento. I risultati ottenuti hanno dimostrato: 1) la valenza formativa del percorso educativo, dal momento che il 50% dei ragazzi intervistati ha risposto correttamente ad oltre l’80% delle domande del questionario; 2) l’utilità del percorso formativo nel modificare le scelte alimentari, almeno per ciò che riguarda il sale iodato. E’ stato, infatti, rilevato un incremento dell’utilizzo del sale iodato nelle famiglie dei ragazzi intervistati dal 36.1%, prima della formazione, al 57.7% (P<0.01) dopo 15 giorni dal completamento delle attività. Non altrettanto significativo è stato l’effetto della formazione sulla riduzione dell’ uso quotidiano del sale a tavola che dal 6,5% passa al 2,7% (P=0.13). In conclusione, il Laboratorio del Sale si è dimostrato un intervento educazionale che attiva funzioni cognitive e comportamentali efficaci nel sostegno delle pratiche di iodoprofilassi. Pertanto, il cambiamento e/o il consolidamento di comportamenti alimentari salutari in età scolare consente di acquisire prassi idonee alla prevenzione dei disordini da carenza iodica. P-02 INDAGINE CAMPIONE SUI CONSUMI ALIMENTARI NELL’ETÀ EVOLUTIVA E CORRELAZIONI CON LA IODOPROFILASSI IN CITTÀ MEDIO-PICCOLA DELLA PROVINCIA DI BRINDISI D. Agrimi^, F. Diacono*, I. Alemanno*, P. Angarone°, M. Caroli°°, A. Olivieri** ^Endocrinologia ASL BR, *Endocrinologia ASL TA/LE, °Sociologa, TA, °°SIAN-Dip. Prevenzione ASL BR, **OSNAMI-ISS, Roma La preadolescenza è uno dei momenti in cui facilmente le abitudini alimentari e lo stile di vita cambiano improvvisamente e radicalmente su pressioni socio-relazionali, influenzando potenzialmente lo stato di salute presente e futuro. Obiettivo del lavoro è la conoscenza del vissuto, degli stili di vita, del rapporto con il cibo e le pratiche ad esso correlate in un gruppo di preadolescenti residenti in provincia di Brindisi, con un approfondimento sul consumo del sale e degli alimenti che supportano la iodoprofilassi. A tal scopo è stato proposto ad un campione di studenti di scuola media primaria (n=155; età 12.5 ± 1.5 anni; 81 femmine, 74 maschi), un questionario semi-strutturato con 56 domande comprendente informazioni generali, abitudini/consumi alimentari, orientamenti/scelte alimentari. Lo studio ha evidenziato che il 64.5 % consuma regolarmente la colazione, per lo più a casa (71,8%). Il 69 % riconosce nel pranzo il pasto principale, il 27.7 % entrambi, condivisi in famiglia (81.3 %). Alla preparazione dei pasti provvede la madre (77.7 %), è un compito assolto direttamente nel 20.6 %, se pur occasionalmente. La merenda a scuola è un’abitudine (96,8%) su cui prevale il gusto personale (80,7%), il 67.7 % pratica lo spuntino pomeridiano; le preferenze sono a favore di snack salati (79.1 %). Il 56.8 % consuma latte, solo il 28.3 % i derivati; bassa preferenza per uova (9.6 %) e pesce (10.9 %). Il 43.9 % usa salumi almeno 3-4 v/sett. Il 60.6 % verdure e la frutta (79.4 %), almeno 1 v/die. I pasti sono consumati “qualche volta” fuori casa (71.6 %), sopratutto in pizzeria (66 %). Prevale il numero di quanti non mangiano durante lo studio/PC (63.8 %), ma guardando la TV il gruppo si divide equamente a metà nel comportamento. Il campione mostra un basso consumo di sale discrezionale (89.7 %, 2 v/sett). Inoltre, il 71.6 % degli studenti conosce il sale iodato, ma solo nel 36.1 % delle famiglie viene utilizzato. L’indagine propone due riflessioni: 1) sebbene l’utilizzo di sale discrezionale riguardi solo il 10.3 % del campione studiato, il consumo di snaks salati è frequente (79.1%), confermando un improprio apporto di sodio; 2) sebbene il 71.6% conosca il sale iodato, solo nel 36,1% delle famiglie viene utilizzato. Questi dati suggeriscono la necessità formativa/informativa dei ragazzi e delle loro famiglie al fine di favorire la loro conoscenza sugli effetti d’inadeguati comportamenti alimentari e la consapevolezza delle scelte alimentari da effettuare. P-03 INDAGINE CONOSCITIVA SULLE APPLICAZIONI DELLA IODOPROFILASSI NELLA INDUSTRIA AGROALIMENTARE IN UN CAMPIONE DI ESPOSITORI D. Agrimi^, F. Diacono*, I. Alemanno*, G. Nardone°, A. Olivieri** ^Endocrinologia ASL BR, *Endocrinologia ASL TA/LE, °Economia-Estimo Rurale Università Studi Foggia,**Osservatorio Nazionale per il Monitoraggio della Iodoprofilassi in Italia, Istituto Superiore di Sanità- Roma Il ruolo attivo dell’industria agro-alimentare nelle strategie di iodoprofilassi è una frontiera di attualità e crescente interesse nei paesi industrializzati. L’uso del sale iodato nella preparazione, trasformazione e conservazione degli alimenti è una modalità sicura e sostenibile d’integrazione iodica con efficaci benefici sul consumatore finale. Al fine di valutare il grado di consapevolezza circa gli effetti della carenza iodica, nonché l’orientamento nelle strategie di prevenzione e di applicazione su produzione/gestione di imprese agro-alimentari, un questionario semi-strutturato (n. 10 items) è stato sottoposto ad un campione di espositori presenti a CIBUS, evento di riferimento nazionale del comparto agro-alimentare tenutosi a Parma lo scorso maggio. Gli intervistati (n. 65), prevalentemente di età < 45 (60 %), il 49,23 % con laurea, operavano prevalentemente in piccole-medie imprese (73,85%), con profilo aziendale commerciale (40 %) e gestionale (41.54 %). L’analisi dei dati raccolti ha messo in evidenza che: il 75.38% degli intervistati conosce gli effetti negativi sulla salute della carenza nutrizionale di iodio, l’84.62% si dichiara favorevole all’utilizzo del sale iodato nella produzione agro-alimentare. Il 50.77 % degli intervistati non conosce le nuove tecnologie relative alla produzione di vegetali addizionati di iodio, ma identifica nell’industria il committente della innovazione tecnologica (44.62 %). Il 63.08 % degli intervistati dichiara di operare in aziende con bilancio di responsabilità sociale, il 52.31 % adotterebbe nel piano aziendale pratiche di implementazione della iodoprofilassi. L’indagine pilota sopra esposta, per quanto numericamente limitata, consente di affermare che le aziende agro-alimentari italiane risultano particolarmente attente alla possibilità di supplementazione iodica dei propri prodotti. Un tale risultato può essere interpretato in parte come una reazione alla crescente attenzione del consumatore moderno al nesso tra alimentazione e salute e, in parte, come effetto del crescente orientamento etico delle imprese. Tuttavia, altrettanto chiaramente emerge la difficoltà che le imprese incontrano nell’appropriarsi delle nuove tecnologie prodotte dal sistema scientifico. Alla volontà di fare non sempre corrisponde, perciò, una reale consapevolezza di “come fare” in virtù di una distanza cognitiva che separa il mondo della ricerca dal mondo dell’impresa. P-04 IPOTIROIDISMO CONGENITO DA DEFICIT DI NIS E CARCINOMA TIROIDEO: UNA NUOVA MUTAZIONE. B. Bagattini, P. Agretti, G. De Marco, C. Di Cosmo, L. Montanelli, A. Pinchera, P. Vitti, M. Tonacchera U.O. Endocrinologia I, Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana, Pisa Introduzione: Il difetto di trasporto dello iodio (ITD) è una causa rara di ipotiroidismo congenito (IC). Questo difetto in alcuni casi è determinato da anomalie del trasportatore sodio/iodio (NIS), che può essere responsabile inoltre di gozzo. Probanda: descriviamo il caso di una donna di 40 anni con IC trattato con levotiroxina ad un anno di età, che presentava un gozzo di grandi dimensioni che veniva sottoposto a tiroidectomia all’età di 32 anni. La paziente giungeva alla nostra attenzione per una recidiva del gozzo multinodulare. L’esame citologico su agospirato dei due noduli di maggiori dimensioni deponeva per “architettura microfollicolare”. La paziente riferiva la consanguineità dei nonni paterni e riferiva che il fratello minore presentava un ipotiroidismo congenito trattato con levotiroxina dai primi giorni di vita. Nessuno dei suoi 3 figli presentava una tireopatia. Risultati: Nel sospetto di un ITD la paziente veniva sottoposta a captazione e scintigrafia con 123-I previa sospensione della terapia con levotiroxina per un mese. Al momento dello studio la paziente presentava un franco ipotiroidismo e la captazione del radionuclide risultava assente in sede cervicale anteriore. Veniva pertanto sottoposta ad una scintigrafia corporea totale che evidenziava un’assente captazione del tracciante anche a livello delle ghiandole salivari e dello stomaco. Si poneva quindi diagnosi di ITD da difetto di NIS e la paziente veniva sottoposta ad asportazione chirurgica della recidiva del gozzo. L’analisi genetica (cDNA) mostrava una delezione di 5 esoni (dall’VIII al XII), Δ (324 509), in omozigosi del gene del NIS che provocava la formazione di una proteina troncata L’esame istologico della recidiva mostrava un carcinoma papillare variante follicolare, multifocale, infiltrante i tessuti fibro-muscolari. Conclusioni: descriviamo il primo caso di gozzo da disormonogenesi da deficit di NIS con associato carcinoma papillare della tiroide. Tale riscontro pone il problema del completamento della terapia e dell’ablazione del residuo tiroideo, che non può avvenire per mezzo del 131-I. In particolare nel caso della probanda, l’infiltrazione dei tessuti fibro-muscolari suggerisce la possibilità di un trattamento più aggressivo del residuo. P-05 EFFETTO DELL’INIBITORE DI BRAF, RAF265, IN LINEE CELLULARI DI CARCINOMA TIROIDEO S. Barollo1, L. Bertazza1, R. Pezzani1, B. Rubin1, C. Betterle1, C. Mian1. 1 Unità Operativa di Endocrinologia; Dipartimento di Medicina, Università di Padova INTRODUZIONE: Una mutazione somatica interessante l’esone 15 della serina-treoninachinasi BRAF è l’evento genico più frequente alla base dello sviluppo del carcinoma papillare tiroideo (PTC). Le tirosin chinasi rappresentano una famiglia di proteine ad attività enzimatica, implicate nei fenomeni che sostengono lo sviluppo di neoplasia stimolando la proliferazione, l’angiogenesi, l’invasione e metastasi. OBIETTIVO: Saggiare il possibile impiego del composto RAF265 (gentilmente concesso dall’Azienda Farmaceutica Novartis), specifico contro l’oncogene BRAF, in linee primarie di carcinoma papillare tiroideo. MATERIALI E METODI: Abbiamo valutato l’effetto dell’inibitore RAF265 in una linea cellulare di PTC che presenta la mutazione classica BRAF V600E in eterozigosi (K1) e in una linea cellulare di PTC che presenta la mutazione BRAF V600E in omozigosi (BCPAP). Attraverso il test di vitalità cellulare, MTT test, abbiamo determinato l’effetto di RAF265 nelle due linee cellulari mentre tramite citofluorimetria con propidio ioduro (PI) abbiamo valutato gli effetti del farmaco sulla regolazione del ciclo cellulare. RISULTATI: Inizialmente abbiamo effettuato i saggi di proliferazione MTT sottoponendo le diverse linee cellulari a varie concentrazioni di RAF265 (da 75nM a 10000nM) e a tempi diversi (24, 48, 72 ore) di incubazione. Per le BCPAP alle 48 ore EC50 era di 350nM mentre le K1 alle 48 ore EC50 era di 625nM. Mediante citofluorimetria abbiamo osservato che sia nelle BCPAP che nelle K1 c’è una diminuzione delle cellule in fase S e in fase G2-M, mentre aumenta la % delle cellule in fase G0-G1 sia all’aumentare del tempo che a concentrazioni crescenti di RAF265. CONCLUSIONI: In tutte le linee testate è risultato che il farmaco RAF265 è altamente efficace già a 24 ore nell'indurre un arresto nella fase G0-G1. Infatti la frazione delle cellule in fase G0-G1 passa dal 67% nel controllo al 82% nelle B-CPAP trattate, mentre passa dal 51% nel controllo al 91% nelle K1 trattate. In futuro verrà valutata la capacità del farmaco di inibire la via del segnale RAF-MEK-ERK e l’alterata espressione di geni tiroido-specifici tra cui NIS, TPO e Tg. P-06 INCIDENZA DI IPERPARATIROIDISMO PRIMARIO (IPP) NEL CARCINOMA TIROIDEO (CT),NELLA PATOLOGIA TIROIDEA BENIGNA (PTB) E NEL CARCINOMA DELLA MAMMELLA (CM) PRIMA DI OGNI TRATTAMENTO V. Belardi, I. Muller, P. Vitti, C. Giani Dipartimento di Endocrinologia e Metabolismo, Università degli studi di Pisa Numerosi autori hanno dimostrato un’aumentata incidenza di IPP in pazienti affette da CM, trattate chirurgicamente e dopo , o in corso, dei trattamenti antitumorali, mentre assenti sono gli studi su IPP in pazienti prima di ogni trattamento. Scarsi e contrastanti sono i risultati sull’incidenza di IPP nelle patologie tiroidee benigne e maligne. Scopo dello studio: valutare l’incidenza di IPP in pazienti donne con CM, CT e PTB prima di qualsiasi trattamento. Gruppo di studio: 186 pazienti (età 58,3 anni ± 13,7 DS) con CM,122 pazienti (età ± DS= 47,2 ± 13,8 anni) con CT e 111 pazienti (età ± DS= 49,9 ± 12,6 anni) con PTB. Tutte erano state sottoposte a valutazione clinica e ad un prelievo per PTH, calcemia e 25-OHvitamina D (VITD) prima dell’intervento chirurgico. Risultati: In tutte le pazienti (CM, CT e PTB) si rilevavano normali valori di calcemia. Nel gruppo CM la calcemia (mediana 9.5 mg/dl, IR 9.2-9.7 mg/dl) era significativamente più alta rispetto al gruppo CT (mediana 9.3 mg/dl, IR 9.0-9.6 mg/dl; p=0.007) e PTB (mediana 9.3 mg/dl, IR 9.1-9.6 mg/dl;p=0.007),differenza non più significativa se venivano considerate solo le pazienti di età superiore ai 50 anni. Non si riscontrava una differenza significativa ne’ nei valori di VITD [CM (mediana 15.9 ng/ml, IR 10.3-21.2 ng/ml); CT (mediana 16.9 ng/ml, IR 12.1 -21.6 ng/ml) e PTB (mediana 15.9 ng/ml, IR 9.9-20.7 ng/ml), ne’ nelle concentrazioni sieriche di PTH [CM (mediana 51,6 pg/ml,IR 38,3-65,8 pg/ml),CT (mediana 48,5 pg/ml,IR 39-68,8 pg/ml) e PTB (mediana 53,5 pg/ml, IR 43,0-72,0 pg/ml)].I livelli sierici di PTH erano inversamente proporzionali con i valori di VITD, e tutte le pazienti con alti valori di PTH presentavano deficit di VITD, eccetto una nel gruppo TC.Di 38 pazienti con valori di calcemia ai limiti alti della norma (9,88 mg/dl,>90°percentile):5 avevano PTH superiore alla norma (1 in CM,2 in TC e 2 in PTB) e con carenza di VITD. Conclusione: Non è stato riscontrato nessun caso di IPP. La mediana della calcemia nei CM è risultata significativamente più elevata che nei CT e PTB; differenza non presente nelle pazienti con età superiore a 50 anni. Oltre il 90% delle pazienti mostrava un deficit di VITD. La percentuale delle pazienti con PTH elevato era simile nei 3 gruppi ed era conseguente a deficit di VITD.1 CM,2 TC e 2 PTB presentavano valori di calcemia ai limiti alti della norma, PTH superiore alla norma, ma con deficit di VITD. Questi risultati indicano assente associazione tra IPP e CM,CT e PTB prima di ogni trattamento; in particolare, l’assenza di IPP nei CM non trattati, rispetto all’aumentata incidenza di IPP riportata in letteratura nei CM trattati, potrebbe essere spiegata dalle terapie anti-tumorali. P-07 INCIDENZA DEI TUMORI DELLA TIROIDE IN ABRUZZO: ANALISI DEI DATI DELLE SCHEDE DI DIMISSIONE OSPEDALIERA I. Bucci, C. Tinari, **V. Scurti, ** C. Fanizza, **A. D’Ettorre, *A. Muraglia, G. Di Dalmazi, C. Giuliani, G. Napolitano, F. Monaco Endocrinologia, DMSI, Università di Chieti-Pescara, *Agenzia Sanitaria Regione Abruzzo, **Farmacoepidemiologia, Consorzio Mario Negri Sud, S. Maria Imbaro (Ch) Negli ultimi anni la letteratura riporta un aumento dell’incidenza dei tumori tiroidi. Alcuni dei tassi più elevati vengono registrati in Italia con eterogeneità tra le aree geografiche. I dati provengono dai Registri Tumori (RT) che, tuttavia, non coprono tutta la popolazione nazionale. Non ci sono dati sull’epidemiologia dei tumori tiroidei in Abruzzo che non dispone di un RT regionale. Scopo del lavoro: studiare l’incidenza dei tumori tiroidei in Abruzzo, nel periodo 2007-2010, attraverso l’analisi delle Schede di dimissione ospedaliera (SDO), appositamente anonimizzate in accordo con la legislazione italiana sulla privacy. E’ documentata la possibilità di utilizzare il database SDO per ottenere dati epidemiologici a livelli di qualità accettabili e con bassi tempi e costi di produzione. Il lavoro è frutto di una collaborazione con l’Agenzia Sanitaria della Regione Abruzzo e con il Laboratorio di Farmacoepidemiologia del Consorzio Mario Negri Sud. Dalle SDO dei pazienti residenti in Regione sono stati estratti i casi incidenti definiti sulla base di un ricovero con diagnosi di dimissione, principale o secondaria, di tumore maligno della tiroide e contestuale intervento chirurgico principale o secondario correlato, secondo l’ICD 9CM. L’incidenza, espressa come tasso grezzo/100.000 abitanti, è riportata di seguito ed è risultata maggiore nella fascia di età compresa tra 40 e 64 anni: Anno Maschi Femmine Totale 2007 9,01 22,35 15,86 2008 8,48 23,02 15,96 2009 10,91 27,03 19,19 2010 8,13 23,04 15,79 Confrontando i nostri dati con quelli dei RT (http://www.registri-tumori.it) risulta rilevante la sovrapponibilità con i dati dei relativi al Centro Italia. Il nostro studio ha valutato la possibilità di utilizzare le SDO per ottenere dati epidemiologici sui tumori della tiroide nella Regione Abruzzo. I risultati dimostrano che tale metodo consente di ottenere, in tempi brevi e con limitato dispendio di risorse, stime accurate di incidenza. Il limite principale riguarda l’impossibilità di definire la frequenza dei vari istotipi non specificati nella classificazione ICD9CM. Tuttavia, in mancanza di un RT regionale, quello da noi seguito è un metodo affidabile per la generazione di dati epidemiologici relativi alla patologia tumorale tiroidea. P-08 AUMENTATA ESPRESSIONE DEL B-CELL-ACTIVATION-FACTOR (BAFF) E BAFF-R NELLA TIROIDE E NEL TESSUTO ADIPOSO RETROBULBARE (OAT) DI SOGGETTI AFFETTI DA MALATTIE AUTOIMMUNI DELLA TIROIDE ED ORBITOPATIA ASSOCIATA I. Campi1, G. Vannucchi1, D. Covelli1, S. Rossi2, D. Tosi2, L. Vicentini3, N. Currò4, L. Pignataro5, C. Guastella5, P. Beck-Peccoz1, M. Salvi1 Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità, UO Endocrinologia1, Chirurgia Endocrinologica3, Oftalmologia4, Otorinolarigoiatria5, Fondazione IRCCS Cà Granda, Anatomia patologica, Ospedale S. Paolo, Milano2 Università di Milano. Obiettivo dello studio: valutare l'espressione di BAFF, membro della famiglia del TNF, coinvolto nella sopravvivenza e proliferazione dei linfociti B, e del suo recettore BAFF-R, in pazienti affetti da GO e AITD, confrontati con soggetti con disordini non-autoimmuni della tiroide (NAITD). Pazienti e metodi: immunoistochimica utilizzando anticorpi antiBAFF, BAFF-R, CD3, CD4, CD8, CD20, CD34, CD79, CD1a, CD68, CD163. Abbiamo analizzato 1) 22 biopsie di OAT e 10 di tessuto muscolare extra-oculare (EOM) di pazienti con GO 2) 53 campioni di tiroide proveniente da 28 pazienti con malattia di Graves (GD), 5 con tiroidite di Hashimoto (HT), 14 con gozzo multinodulare normofunzionante (GMNT), di cui 5 con positività di Ab-Tg e Ab-TPO, e segni istologici di tiroidite cronica (GMNT-Ab) e 6 con gozzo nodulare tossico. Risultati: l’espressione di BAFF e BAFF-R non è diversa nella HT e GD; l’immunostaining di BAFF sui tireociti appare più intenso nelle NAITD rispetto alle AITD, al contrario dell’infiltrato linfo-monocitario intratissutale, in cui si osserva l’opposto. Non abbiamo osservato differenze significative nell’espressione di BAFF-R sui tireociti nelle AITD e nelle NAITD; viceversa nei linfociti infiltranti l’espressione di BAFF-R è maggiore nelle AITD rispetto alle NAITD. Nelle strutture linfatiche simil-follicolari riscontrate nella HT e GMNT-Ab, BAFF e BAFF-R sono localizzati nel centro germinativo e nel mantello, rispettivamente. Sui linfociti, l’espressione di BAFF è direttamente correlata con quella di BAFF-R, sia in campioni AITD e NAITD (Spearman, P=0.0006 e P=0.0003, rispettivamente). Inoltre, nelle AITD, l’espressione di BAFF sui tireociti è inversamente correlata con quella di BAFF e BAFFR sui linfociti (Spearman P=0.0004 e P=0.0003, rispettivamente). In OAT, l'espressione di BAFF e BAFF-R è presente in 15 e 5 campioni su 22, rispettivamente. Le sezioni di EOM sono invece risultate negative per BAFF e BAFF-R. Conclusioni: i linfociti infiltranti il tessuto tiroideo mostrano una maggiore espressione di BAFF e BAFF-R nelle AITD. L’espressione di BAFF sui tireociti nelle AITD correla inversamente con i livelli di BAFF e BAFF-R sui linfociti, suggerendo una complessa interazione tra l'epitelio follicolare e gli infiltrati linfocitari. Questi risultati, insieme alla recente osservazione di aumentati dei livelli sierici di BAFF in GD, suggeriscono un coinvolgimento di BAFF e dei suoi recettori nella fisiopatologia delle AITD. P-09 QUALITA’ DELLA VITA DOPO TRATTAMENTO DEL GOZZO MULTINODULARE CON RADIOIODIO PIU’ ADIUVANTE SOMMINISTRAZIONE DI RH-TSH. V. Caorsi1, E. Monti1, M. Caputo2, G. Pera1, E. Pomposelli1, M. Bagnasco1, F. Minuto1, M. Giusti1 1 Dipartimento di medicina interna, Università di Genova, Genova 2 IRCCS-AOU San Martino-IST, Genova Introduzione: Un grosso gozzo multinodulare (GMN) può provocare sintomi compressivi e alterare la funzione tiroidea. Inoltre i pazienti possono lamentare segni e sintomi che riducono la QoL. L’intervento chirurgico rimane il trattamento di prima scelta ma in pazienti che non possono sottoporvisi o che lo rifiutano, basse attività di I131 dopo trattamento adiuvante con THS umano ricombinate (rh-TSH) può ridurre il volume tiroideo (TV) e migliorare i sintomi legati al GMN. Scopo: scopo dello studio è stato quello di valutare l’andamento della QoL percepita da pazienti con GMN sottoposti a trattamento RAI dopo somministrazione di rhTSH. Materiali e metodi: dal 2005 sono stati trattati 34 pazienti di età compresa tra 60-84 anni; ogni anno è stata effettuata valutazione della funzionalità tiroidea, del TV per mezzo dell’ecografia e la misurazione del grado di fastidio al collo tramite una visual analogic scale (VAS) che assegna un punteggio da 0 (assenza) a 10 (grado massimo di fastidio). La QoL è stata valutata tramite somministrazione di questionari di autovalutazione: Test di Kellner (KSQ) e Questionario ThyPRO. IL KSQ è composto da 4 scale che esplorano ansietà, somatizzazione, ostilità e depressione. Ciascuna scala è espressa con un punteggio compreso tra 0 e 23 dove a un punteggio maggiore corrisponde una QoL peggiore. Il ThyPRO contiene 13 sottoscale di cui 4 valutano i sintomi somatici e le restanti altri aspetti della QoL. Il punteggio di ogni scala è trasformato in percentuale con 0 indicante la migliore e 100 la peggiore. Risultati: Il trattamento del GMN con RAI dopo somministrazione adiuvante di rhTSH si è dimostrato efficace con una riduzione media del TV del 60% a 4 anni. L’ipotiroidismo con necessità di trattamento sostitutivo con LT4 si è verificato nel 58% dei pazienti a 4 anni dal trattamento e pare correlato con lo stato funzionale iniziale dei soggetti essendo più elevato nei pazienti in partenza eutiroidei rispetto a quelli inizialmente in stato pretossico (53% e 8% rispettivamente). Tutti i pazienti riferiscono una riduzione dei sintomi compressivi al collo documentata con una VAS che migliora rapidamente (6 mesi) e poi rimane stabile nel tempo . I punteggi relativi alle scale del KSQ (inizio 20.7±8.5; 4 anni 22.1±8.1) e ThyPRO (2011 22.8±7.2; 2012 21.9±6.8) rimangono stabili.. Conclusione: I nostri dati confermano l’efficacia del trattamento nel ridurre il volume del GMN. Il trattamento RAI migliora in tutti i pazienti i sintomi correlati al volume del GMN e non determina scadimento della QoL. P-10 CONFRONTO TRA IL MICROCARCINOMA PAPILLARE TIROIDEO DI TIPO FAMILIARE E SPORADICO M. Capezzone1, G. Busonero1, R. Forleo1, P. Toti2, A. Di Santo2, A.F. Carli3, G. Caruso4, F. Pacini1 1 Dipartimento di Medicina Interna Scienza Endocrino-Metaboliche e Biochimica, Sezione di Endocrinologia e Malattie Metaboliche, Università di Siena. 2Dip. Patologia Umana ed Oncologia, Università di Siena, 3Unità di Chirurgia Endocrina, Università di Siena. 4 U.O.C. di Otorinolaringoiatria, Università di Siena. Introduzione: Il microcarcinoma papillare della tiroide (MCPT) è caratterizzato da una prognosi eccellente, ma talvolta è associato a metastasi linfonodali, e raramente a metastasi a distanza. C’è controversia in Letteratura se il MCPT familiare abbia una presentazione clinica più aggressiva delle forme sporadiche. Scopo e Metodi: Confrontare le caratteristiche cliniche ed anatomopatologiche di 176 pazienti , 29 con MCPT familiare e 147 con MCPT sporadico, con un follow-up medio di 85.6 ± 23.4 mesi. I pazienti erano 145 femmine e 31 maschi, con età alla diagnosi compresa tra 14-81anni. La quasi totalità dei pazienti (98.9%) era stata sottoposta a tiroidectomia totale, seguita da ablazione del residuo con I-131 nel 74% dei casi. La forma familiare del MCPT, era definita dalla presenza del tumore in due o più parenti di primo grado. I parametri clinicoanatomopatologici analizzati nei due gruppi includevano sesso, età alla diagnosi, diametro del tumore (< or > 5 mm), estensione del tumore alla diagnosi, riscontro incidentale o meno del tumore, multicentricità, bilateralità , ablazione del residuo con I-131, presenza di metastasi ed outcome. Risultati: Il MCPT familiare era caratterizzato da una significativa bilateralità della neoplasia (p=0.03) e da una maggiore, anche se non significativa, tendenza alla multicentricità (p=0.09) ed all’estensione extratiroidea (p=0.07) rispetto ai casi sporadici. Nessuna differenza veniva invece riscontrata per quanto riguarda il sesso, l’età alla diagnosi, il diametro del tumore, l’incidentalità, la presenza di metastasi, l’ablazione del residuo post-chirurgico e l’outcome. Alla fine del follow-up, tutti i 29 pazienti con MCPT familiare e 140/147 (95,2%) sporadici risultavano liberi da malattia, mentre 7/147 (4.8%) pazienti, tutti appartenenti al gruppo degli sporadici, presentavano persistenza di malattia. L’analisi multivariata mostrava che, indipendentemente dal gruppo di appartenenza (familiari o sporadici), la presenza di metastasi linfonodali al momento dell’intervento chirurgico rappresentava l’unico fattore predittivo di persistenza o ricorrenza di malattia nei pazienti affetti da MCPT. Conclusioni: Il nostro studio non evidenzia sostanziali differenze nella presentazione clinica tra le forme familiari e quelle sporadiche di MCPT. Una storia familiare di carcinoma papillare tiroideo sembra comunque associata ad una maggiore frequenza di bilateralità della neoplasia. P-11 CARCINOMA PAPILLARE IN ADENOMA TOSSICO M. Cappagli, *P. Magistrelli, A. Montepagani, P. Lazzeri, ^M. Moroni, ^N. Gorji, #T. Stefanini, A. Ciarmiello M. Nucleare, *Chirurgia, ^A. Patologica, #Radiologia, Osp. S.Andrea, La Spezia Il Sig. A.P. il 15.12.2003 a 56 anni giungeva alla nostra osservazione con ipertiroidismo (IP) FT4=1.98 ng/dl (0.89-1.79); FT3=0.61 ng/dl (0.16-0.38); TSH=0.05 uUI/ml (0.204.0); AbTg e AbPO negativi; Trab= 8.5 U/L. (<1.50). In anamnesi: fibrotorace postterapeutico per TBC con insufficienza respiratoria (IR) moderata. La scintigrafia (ST) evidenziava voluminoso “nodulo caldo” del lobo sinistro, con inibizione funzionale del parenchima extranodulare, solido e di 4 cm (Long) all’ECO. Veniva posta diagnosi di Adenoma Tossico (AT) ed iniziata terapia con metimazolo alla posologia di 15 mg al dì, poi ridotta a 5 mg, con buona risposta funzionale (FT4=1.28 ng/dl; FT3=0.38 ng/dl;TSH=0.10 uUI/ml). Poiché il Paziente (Pz) rifiutava l’intervento chirurgico, nel 2004 si optava per radioiodio-terapia: 131I= 13.6 mCi=503 MBq (L.G.SIE-AIMN-AIFM). Dopo circa 14 mesi il TSH aumentava da 4 uUI/ml a 8 uUI/ml) per cui si iniziava terapia con Tiroxina:75 mcg al dì. Nel 2008 per il progredire della IR si rendeva necessaria ossigenoterapia notturna. Nel 2010 il Pz accusava disfonia, senza rilievo ORL di patologia delle corde vocali, che regrediva con cortisonici. Nel 2011 la disfonia si ripresentava, questa volta permanente, con riscontro ORL di paralisi della corda vocale sinistra. Il Pz veniva sottoposto agli accertamenti del caso e l’ECO confermava la nota formazione nodulare sinistra, che si presentava ipoecogena a contorni irregolari, disomogenea, di 5.3x3.2x3.2 cm;la ST evidenziava regolare morfologia di entrambi i lobi tiroidei ed un’area “fredda” in corrispondenza del nodulo descritto. Si eseguiva un primo esame citologico (EC) con riscontro TIR1; il secondo EC, dopo ampia discussione dei patologi, era giudicato TIR4. Il Pz veniva quindi operato: l’intervento risultava più complesso del previsto per le aderenze, l’infiltrazione dei tessuti contigui e l’estensione intratoracica del nodulo, che costringevano il chirurgo ad una sternotomia prossimale. La diagnosi istologica era di “carcinoma papillare (CP) variante follicolare di 6.5 x 5 cm, con emboli neoplastici endovascolari, infiltrante il tessuto adiposo peritiroideo ed una paratiroide”. Commento: il riscontro di carcinoma in AT è raro, anche se alcuni casi sono stati descritti di recente in età pediatrica, e negli AT non è previsto l’EC. Il nostro Pz all’esordio presentava un evidente AT, come dimostrano l’IP e l’evoluzione scintigrafica del nodulo dopo terapia con 131I, ma in 7 anni il diametro (Long) della lesione aumentava da 4 a 6.5 cm, assumendo i caratteri del carcinoma. La diagnosi finale è pertanto: variante follicolare di carcinoma papillare in pregresso adenoma tossico. P-12 EFFETTO DELLA SOMMINISTRAZIONE SERALE VERSUS SOMMINISTRAZIONE AL MATTINO DELLA LEVO-TIROXINA SUL PROFILO ORMONALE TIROIDEO DI PAZIENTI TIREOPRIVI: STUDIO PROSPETTICO, RANDOMMIZZATO, CONTROLLATO CON CROSSOVER M.G. Castagna, A. Theodoropoulou, F. Maino, F. Sestini, C. Fioravanti, L. Pasqui, S. Memmo, V. Belardini, F. Pacini. Dipartimento di Medicina Interna, Scienze Endocrino-Metaboliche e Biochimica, Sezione di Endocrinologia e Malattie Metaboliche, Università di Siena, Siena. La terapia con levo-tiroxina (LT4), uno de i principi attivi maggiormente prescritti nel mondo, viene somministrata per via orale, al mattino a digiuno. Lo scopo del lavoro è stato quello di valutare l’effetto della somministrazione serale vs quella al mattino sul profilo ormonale di 80 pazienti con carcinoma differenziato della tiroide randomizzati in due gruppi: Gruppo A (n=40), assunzione della LT4 al mattino per le prime 12 settimane e successive assunzione serale sino alla 24° settimana; Gruppo B (n=40), assunzione della LT4 alla sera per le prime 12 settimane e successivamente al mattino sino alla 24° settimana. I pazienti venivano sottoposti a dosaggio di FT3, FT4 e TSH al momento dell’arruolamento, alla 12° e alla 24° settimana di studio. Nel Gruppo A i valori di TSH durante l’assunzione al mattino risultavano significativamente più bassi (1.2±1.36 mUI/l) rispetto a quelli osservati durante l’assunzione serale (1.86±2.0 mUI/l,p=0.009). Nel gruppo B valori significativamente aumentati di TSH si osservavano durante l’assunzione serale (3.6±4.48 mUI/l) rispetto ai valori dopo assunzione al mattino (1.62±1.7 mUI/l,p=0.001).Con l’assunzione serale della LT4, la necessità di un incremento della posologia si osservava nel 31.2% dei casi, di una riduzione nel 3.8% dei casi mentre nel restante 65% dei casi le variazioni del TSH non erano tali da richiedere una modifica della terapia ormonale. In conclusione, sebbene l’assunzione al mattino resta il “timing” ottimale di somministrazione della LT4 nei pazienti tireoprivi, l’assunzione “alla sera” può comunque rappresentare un possibile “timing” alternativo. Qualora si decida per la somministrazione serale è necessario effettuare un stretto monitoraggio degli ormoni tiroidei al fine di individuare quella piccola percentuale di pazienti che necessitano di un aumento della posologia della LT4 per raggiungere il loro target terapeutico. P-13 UN CASO DI ORTICARIA CRONICA IDIOPATICA (OCI) ASSOCIATA A MORBO DI BASEDOW (MB): TIPIZZAZIONE HLA R. Certo1, A. D’Angelo2, G. Vita3, P. Quattrocchi2, S. Benvenga1, F. Trimarchi1, S. Gangemi2, R. M. Ruggeri1 1UOC di Endocrinologia & 2Sezione di Allergologia ed Immunologia clinica, Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, 3Dipartimento di Patologia Sperimentale e Microbiologia, Università di Messina L’OCI è notoriamente associata a tiroidite autoiimune o positività degli anticorpi antitiroide. Sono poche, invece, le segnalazioni di associazione tra MB e OCI. Caso clinico 37enne giunta alla nostra osservazione nel 2006, lamentando da circa un mese astenia, cardiopalmo, nervosismo ed irritabilità, insonnia, tremori, amenorrea, calo ponderale. Dallo stesso periodo, comparsa di pomfi orticarioidi diffusi, intensamente pruriginosi e scarsamente responsivi alla terapia con anti-istaminici. Dati di laboratorio: TSH <0.01 mUI/ml (vn 0.27-4.2), FT3 17.39 pg/ml (vn 2-4.4), FT4 38.33 pmol/L, vn 12-22). Positivi AbTPO (178 U/L;v.n.<15) e TRAB (19.1 IU/L, v.n. >2). Ecografia: tiroide di dimensioni aumentate, ad ecostruttura grossolanamente disomogenea; incremento del segnale vascolare al campionamento color-doppler. Scintigrafia tiroidea con 131I: aumentata captazione del radioiodio. Decorso: in terapia con metimazolo (MMI; posologia iniziale: 30 mg/die) remissione della sintomatologia e normalizzazione dei livelli di FT3 e FT4 entro 4-6 settimane. Contemporaneamente, netto miglioramento del quadro di orticaria. Quando la funzione tiroidea era tornata alla normalità, l’orticaria era solo minimamente evidente e prontamente controllata da anti-istaminici a dosi convenzionali. Negli anni successivi, stabile remissione dell’ipertiroidismo e dell’OCI. Nel corso del 2010, comparsa di orticaria diffusa, scarsamente responsiva alla terapia con anti-istaminici (fexofenadina 180 mg/die e cinnarizina 75 mg/die) e persistente per oltre 8 mesi. Alla nuova valutazione endocrina, normali valori di FT3 (3.66 pg/ml) e FT4 (16.96 pm/L) con TSH 0.347 mIU/l. Positivi gli Ab-TPO (139.5 IU/ml) e i TRAb (10.1 U/L). Incremento del segnale vascolare intra- tiroideo al color-doppler. Nella nostra paziente la tipizzazione HLA ha dimostrato la presenza degli aplotipi HLA-B44 e DQA1*0501-DQB1*0301 e HLA DR3-DQ2-DQ7, che rappresentano fattore di rischio genetico per sviluppare, rispettivamente, l’OCIe il MB. Il presente caso conferma come anche il morbo di Basedow, unitamente ad altre malattie autoimmuni (TH, DM tipo1), possa associarsi a OCI. Il background genetico delle due malattie è dato da una specifica combinazione di aplotitpi HLA, che conferiscono suscettibilità. Tale associazione riveste interesse clinico, dal momento che la correzione dell’ipertiroidismo sembra migliorare significativamente l’orticaria. P-14 Due casi di ipotiroidismo severo da tiroidite autoimmune giovanile Graziano Cesaretti, Francesco Vierucci, Martina Gori, Giuseppe Saggese U.O. Pediatria , Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana Matteo, 11 anni • A 7 anni: rallentamento della velocità di crescita staturale. • A 9-10 anni: comparsa di capelli radi e fragili e di dermatite: valutazione dermatologica con consiglio di creme cortisoniche ed idratanti. • A 11 anni, su richiesta dei genitori, durante l’esecuzione di una visita annuale di controllo, il sostituto del pediatra curante prescrive alcuni esami ematici tra cui la valutazione della funzione tiroidea. • Inviato per riscontro di valori di TSH estremamente elevati (> 500 µU/ml). Sara, 8 anni • Nata pretermine di 24 settimane. Follow-up fino a 4 anni di vita. • A 5 anni riferiti un incremento dell’appetito ed iperattività, senza aumento ponderale. • A 6 anni riferiti astenia ingravescente, riduzione dell’appetito, incremento ponderale, rallentamento della velocità di crescita staturale, intolleranza al freddo. • A 8 anni, per la presenza di sovrappeso, eseguiti esami ematici con riscontro di livelli di TSH elevati (> 80 µU/ml). Statura: 129 cm (-2,2 DS) BMI: 21,6 Kg/m2 (+1,7 DS) Mixedema TSH: 1.648 µU/ml fT3: indosabile fT4: indosabile Ab-antiTG: > 2.040 UI/ml Ab-antiTPO: > 1.1020 UI/ml Ecografia tiroidea: tiroide di ecogenicità ridotta ed ecostruttura disomogenea. Colesterolo tot: 360 mg/dl AST: 151 U/l CK: 6.883 U/l RM: Iperplasia adenoipofisi Statura: 123 cm (-0,9 DS) BMI: 21.5 Kg/m2 (+2,1 DS) Mixedema TSH: 1.113 µU/ml fT3: 1,5 pg/ml fT4: 4,3 pg/ml Ab-antiTG: > 2.040 UI/ml Ab-antiTPO: > 1.1020 UI/ml Ecografia tiroidea: tiroide di ecogenicità ridotta ed ecostruttura disomogenea. Colesterolo tot: 300 mg/dl AST: 60 U/l CK: 720 U/l RM: Iperplasia adenoipofisi Conclusioni • La tiroidite autoimmune è la causa più comune di ipotiroidismo giovanile. Il decorso della malattia è variabile: inizialmente può essere presente una fase di transitoria di ipertiroidismo, seguita da un periodo più o meno lungo di eutiroidismo che non richiede alcuna terapia. Alcuni soggetti sviluppano poi un ipotiroidismo permanente. • L’esame clinico riveste una importanza fondamentale nel sospetto delle patologie tiroidee, anche se molte condizioni di gravità lieve-moderata inizialmente possono non dare segno di sé. Fortunatamente, il riscontro di un quadro di ipotiroidismo così conclamato come quelli descritti è eccezionale. • Questi casi, inoltre, mostrano i vari danni d’organo che si possono instaurare in presenza di ipotiroidismo non trattato, a dimostrazione del ruolo fondamentale degli ormoni tiroidei durante l’età evolutiva. P-15 DATI PRELIMINARI SU SEQUENZIAMENTO DELL’ESOMA RIVELANO DIVERSI PATTERN DI MUTAZIONE IN CARCINOMI MIDOLLARI DELLA TIROIDE POSITIVI E NEGATIVI PER LE MUTAZIONI DI RET R. Ciampi, C. Romei, A. Tacito, A. Vivaldi, B. Cosci, R. Elisei Dipartimento di Endocrinologia e Metabolismo, Università di Pisa Il Carcinoma Midollare sporadico della Tiroide (sMTC) con mutazione del gene RET mostra un comportamento clinico molto più aggressivo rispetto a quello che non presenta la mutazione; tuttavia, i due tipi di MTC sono simili sia morfologicamente che epidemiologicamente. Ci siamo chiesti se la differenza di comportamento biologico di questi due tipi di tumore potesse derivare da un diverso assetto genetico. A tale scopo abbiamo studiato 4 sMTC (2 RET+ e 2 RET-) tramite Whole Exome Sequencing (WES). Per ogni paziente, sono state preparate “paired-end” libraries con protocollo Illumina. Sei μg di DNA genomico sono state frammentate tramite sonicazione seguita da “blunt- ending” e aggiunta di “A”; adattatori Illumina sono stati poi legati al termine dei frammenti. Dopo la reazione di ligation, i campioni sono stati amplificati tramite PCR per arricchire selettivamente i frammenti della library contenenti molecole di adattatore ad entrambe le terminazioni. La cattura dell’esoma è stata fatta usando Illumina TruSeq Exome Enrichment Kit che mappa circa 62Mbp degli esoni umani. Le libraries così ottenute sono state processate con Illumina cBot e sequenziate ad un livello di 6-plex con un sequenziatore Illumina HiSeq2000 a 101 cicli per read. CASAVA 1.8.0 è stato poi utilizzato per processare i dati grezzi. In seguito al “base calling”, i paired-end reads sono stati mappati e allineati al genoma umano di riferimento (NCBI build 37/UCSC hg19). Tutte le varianti selezionate con consensus quality ≥30, read depth ≥10 e variant depth ≥4 sono state filtrate con i database NCBI dbSNP137, 1000 Human Genomes Project catalog (2010 Nov), Segmental Duplication and AVSIFT e sono state annotate. Il sequenziamento dell’esoma ha rivelato circa 66000 variazioni a singolo nucleotide (SNV) in tutti i casi. In 2 casi le SNV hanno confermato le mutazioni nel gene RET, negli altri 2 casi la loro negatività, mentre nessuno dei casi mostrava alterazioni nei 3 geni RAS. La lista delle SNV è stata poi ulteriormente filtrata (sono state escluse le SNV omozigoti, quelle nonesoniche e quelle che presentavano Segmental Duplication): la lista di SNV si è così ridotta a circa 150. Il confronto di queste variazioni nei 4 tumori ha rivelato un cluster di SNV comuni nei 2 tumori negativi per RET rispetto a quelli che presentavano mutazioni nel gene. Da questi dati preliminari possiamo dedurre che i sMTC RET- mostrano un assetto genomico simile tra loro ma diverso da quelli RET+; questo potrebbe giustificarne il diverso comportamento biologico di questi due tipi di tumore, probabilmente legato alla presenza di altri oncogeni implicati. P-16 TIROIDITE AUTOIMMUNE E ATEROSCLEROSI SUBCLINICA: STUDIO IN UNA COORTE DI DONNE NORMOPESO EUTIROIDEE A. Ciampolillo1, M. Barbaro1, S. Di Molfetta1, M. Ciccone2, A.P. Zito2, F. Giorgino1 1 Sezione di Medicina Interna, Endocrinologia, Andrologia e Malattie Metaboliche, 2 Sezione di Malattie dell’Apparato Cardiovascolare , Dipartimento dell’Emergenza e dei Trapianti di Organi, Università degli Studi di Bari Aldo Moro. Una correlazione fra ipotiroidismo subclinico e aumentato rischio cardiovascolare evidenziato dall’ispessimento medio-intimale (IMT) dell’asse carotideo è stata evidenziata in letteratura, a suggerire un effetto diretto del deficit di grado lieve dell’ormone tiroideo nel determinare disfunzione endoteliale e aterosclerosi. È tuttavia anche possibile che sia l’autoimmunità tiroidea per se a favorire il processo aterogenetico. Per studiare la relazione tra tiroidite autoimmune e aterosclerosi subclinica, sono state esaminate 63 donne affette da tiroidite autoimmune in eutiroidismo e 20 controlli sani appaiati per sesso ed età. I criteri di inclusione sono stati: sesso femminile, età non superiore a 50 anni, eutiroidismo, BMI <25 kg/m2, normale profilo lipidico, normale pressione arteriosa, assenza di familiarità per patologie cardiovascolari, assenza di terapia farmacologica. La durata di malattia era inferiore a 5 anni nel 67% delle pazienti con tiroidite, compresa tra 5 e 10 anni nel 27% e superiore a 10 anni nel 6%. 26 delle 83 donne selezionate, anche se in normopeso, avevano una circonferenza vita compresa tra 80 e 95 cm. Tutte le pazienti sono state sottoposte a valutazione delle arterie carotidi con ecocolordoppler utilizzando una sonda vascolare ad alta definizione. Risultati. L’IMT dell’arteria carotide comune non differiva statisticamente nelle pazienti con tiroidite autoimmune rispetto ai controlli sani (0,56±0,10 vs. 0,54±0,08 mm; p=0,27). In tutte le pazienti, non sono state osservate correlazioni positive tra IMT, durata di malattia e TSH. Valori significativamente più alti di IMT sono stati riscontrati nelle pazienti con valori di circonferenza vita compresi tra 80 e 95 cm rispetto alle donne con circonferenza vita <80 cm (0,58±0,07 vs. 0,54±0,09; p<0,05). Inoltre, una correlazione positiva è stata osservata fra IMT e circonferenza vita in tutte le pazienti (R2=0,07; p<0,05). Conclusioni. Nelle donne affette da tiroidite autoimmune, con durata di malattia fino a 10 anni, normale funzione tiroidea e assenza di fattori di rischio noti per l’aterosclerosi, non si riscontrano valori di IMT carotideo significativamente diversi rispetto ai soggetti di controllo normali. Questi risultati suggeriscono che l’autoimmunità tiroidea non contribuisce alla disfunzione endoteliale in assenza di ipotiroidismo. La correlazione positiva tra IMT dell’arteria carotide comune e circonferenza vita, anche in soggetti eutiroidei con BMI <25 kg/m2, sottolinea l’importanza del grasso viscerale nel favorire l’aterosclerosi sistemica, anche in assenza di sovrappeso/obesità. P-17 PREVALENZA ED RUOLO DELL’OBESITA’ NEL CARCINOMA DIFFERENZIATO DELLA TIROIDE C. Ciuoli, M.G. Castagna, L. Brusco, A. Theodoropoulou, F. Maino, V. Belardini, S. Memmo, F. Pacini. Dipartimento di Medicina Interna, Scienze Endocrino-Metaboliche e Biochimiche, Università di Siena. Una associazione tra obesità e aumentata incidenza di cancro della tiroide è stato riportato nella maggioranza degli studi pubblicati, anche se i dati non sono completamente convincenti. Lo scopo dello studio è stato quello di valutare l’associazione tra obesità e carcinoma differenziato della tiroide (CDT) e di studiare la relazione tra obesità, aspetti patologici aggressivi del tumore tiroideo e decorso della malattia. Abbiamo studiato retrospettivamente 615 pazienti sottoposti a tiroidectomia per patologia benigna o maligna della tiroide (serie chirurgica) e 524 pazienti seguiti presso il nostro Istituto per CDT (serie CDT). In base all’indice di massa corporea (IMC) i pazienti venivano suddivisi in normopeso (<25 kg/m²), sovrappeso (25-29.99 kg/m²) e obesi (>30 kg/m²). Abbiamo correlato l’IMC ottenuto al momento dell’intervento chirurgico, con il dato istologico (serie chirurgica) e, nei pazienti con CDT anche con le caratteristiche patologiche del tumore alla diagnosi e con l’outcome della malattia. Nella serie chirurgica, alla verifica istologica il CDT veniva riscontrato nel 45.1% dei pazienti normopeso, nel 45.8% dei pazienti soprappeso e nel 37.8% dei pazienti obesi (p=0.21). Nei pazienti con CDT non abbiamo trovato nessuna differenza nelle caratteristiche patologiche alla diagnosi (dimensioni del tumore, multifocalità, invasione extracapsulare, metastasi linfonodali o a distanza) tra pazienti normopeso, soprappeso e obesi. Inoltre, ad un follow-up medio di 4 anni, l’outcome clinico dei pazienti con CDT non correlava con l’IMC (recidiva di malattia: 0.8% nei normopeso, 1.1% nei soprappeso e 1.8% negli obesi; persistenza di malattia: 13.3% nei normopeso, 12.8% nei soprappeso e 17.9% negli obesi). Suddividendo inoltre i pazienti in base alla presenza o meno di patologie associate (sovrappeso/obeso complicato e non complicato) non abbiamo trovato alcuna differenza significativa fra i gruppi per quanto riguarda tutte le caratteristiche del CDT valutate. I nostri risultati non evidenziano un aumentato rischio di CDT nei pazienti obesi. Inoltre, nei pazienti con CDT, la presentazione alla diagnosi e l’andamento clinico della malattia non sono influenzati dall’IMC né dalla presenza di complicanze dell’obesità. P-18 MARCATORE DI STAMINALITA’ ESPRESSIONE DI GATA-4, ENDODERMICO, NEL CARCINOMA PAPILLARE DELLA TIROIDE C. Colato, S. Pedron, M. Chilosi, M. Ferdeghini Dipartimento di Patologia e Diagnostica, Università di Verona Le proteine GATA sono fattori di trascrizione di tipo zinc-finger che regolano la proliferazione, la differenziazione e l’espressione genica in molti organi. In base al loro pattern di espressione e distribuzione, sono state raggruppate in due sottofamiglie, GATA1-2-3 e GATA4-5-6. Il GATA-4 è considerato un marker delle cellule progenitrici di origine endodermica e sembra giocare un ruolo importante negli stadi iniziali dello sviluppo e nel mantenimento del potenziale proliferativo delle cellule. Recentemente alcuni ricercatori hanno dimostrato la presenza di cellule simil- fetali/staminali adulte nella tiroide, identificando nel tessuto proveneniente da tiroidi umane affette da gozzo, una popolazione di cellule che esprimono marcatori di staminalità come GATA-4, OCT-4 e HNF4α. E’ stato proposto che tali cellule potrebbero rappresentare i precursori dei tireociti e una possibile origine dei tumori tiroidei. Scopo dello studio è stato quello di valutare l’espressione di GATA-4 nel carcinoma papillare della tiroide per verificarne la presenza e determinarne il pattern di distribuzione. L’analisi è stata condotta su 20 carcinomi papillari, nel tessuto sano corrispondente e su 5 metastasi linfonodali con metodica immunoistochimica, di immunofluorescenza e Western-blot, utilizzando l’anticorpo monoclonale G-4 (Santa Cruz), sia su materiale incluso in paraffina che congelato. GATA-4 è risultato debolmente positivo nel nucleo dei tireociti del parenchima sano, mentre nel carcinoma papillare abbiamo osservato un’intensa espressione del marcatore sia in sede nucleare che citoplasmatica. Per confermare l’immunolocalizzazione citoplasmatica della proteina nel carcinoma papillare abbiamo effettuato l’indagine di immunofluorescenza che ha evidenziato solo una forte positività nucleare. Con l’analisi Western-blot abbiamo infine comprovato la presenza della proteina in tutti i campioni testati con aumento di espressione nelle metastasi linfonodali. L’espressione di marcatori di staminalità nelle lesioni neoplastiche della tiroide apre nuove prospettive riguardo la comprensione dei meccanismi che regolano la biologia delle cellule staminali/progenitrici ed il potenziale coinvolgimento delle stesse nella tumorigenesi. P-19 ESPRESSIONE DEL RECETTORE c-KIT/CD117 NEL CARCINOMA PAPILLARE DELLA TIROIDE: VALUTAZIONE IMMUNOISTOCHIMICA. C. Colato1, I. Marchetti2, G. Di Coscio2, P. Brazzarola1, M. Chilosi1, M. Ferdeghini1 1. Dipartimento di Patologia e Diagnostica, Università di Verona 2. Sezione di Citopatologia, Università di Pisa Il proto-oncogene c-Kit codifica un recettore trans-membrana di tipo III con attività tirosin-chinasica (c-Kit/CD117), coinvolto nella morfogenesi e nella regolazione della proliferazione, apoptosi e differenziazione cellulare mediante l’attivazione di vie di trasduzione di segnali. Un’alterata espressione di c-Kit è stata segnalata in un ampio spettro di linee cellulari e tumori umani ed associata con la trasformazione e la progressione neoplastica. Gli studi condotti in ambito tiroideo sono limitati e con risultati contraddittori. Sebbene studi molecolari, con impiego di differenti metodiche, abbiano evidenziato la perdita o l’ipo-espressione del proto-oncogene c-Kit nei carcinomi papillari della tiroide rispetto alle lesioni benigne, tanto da ipotizzandorne l’utilizzo come biomarcatore, i tre lavori di immunoistochimica pubblicati in letteratura hanno riportato un’elevata percentuale di positività nei carcinomi ben differenziati. Scopo dello studio è stato quello di valutare l’espressione proteica di c-Kit nei carcinomi papillari della tiroide, nelle lesioni benigne (adenomi/iperplasie) e nel tessuto sano e di esplorare il valore diagnostico di tale marcatore. L’analisi è stata condotta su 50 carcinomi papillari, nel corrispondente tessuto sano ed in 30 adenomi follicolari ed iperplasie nodulari, utilizzando l’anticorpo monoclonale CD117 (Dako, Denmark). CD117 è risultato negativo in tutti i carcinomi papillari testati, mentre ha evidenziato un’espressione variabile ed eterogenea, sia in termini di intensità di colorazione che di percentuale di cellule positive, nel tessuto normale e nelle lesioni benigne. La positività per CD117 era prevalentemente distribuita a livello di membrana. I nostri risultati sono in accordo con i precedenti lavori di Natale et al. e di Tomei e al. che riportano una perdita dell’espressione di c-Kit nei carcinomi papillari rispetto alle lesioni benigne. Tali dati fanno ipotizzare un coinvolgimento del proto-oncogene c-Kit nella trasformazione neoplastica dell’epitelio follicolare e la sua regolazione negativa sembrerebbe indicare un ruolo nella differenziazione piuttosto che nella proliferazione cellulare. L’impiego di tale marcatore, in associazione agli altri marcatori noti, come Galectina 3, CK19, HBME-1 e Claudina-1, potrebbe rivelarsi uno strumento utile nella diagnosi delle lesioni tiroidee a partenza dall’epitelio follicolare. P-20 IPOTIROIDISMO PRIMITIVO AUTOIMMUNE TARDIVO IN PAZIENTE CON MANCATA LATTAZIONE E DEFICIT DI GH E PROLATTINA IN PRESENZA DI ANTICORPI DIRETTI CONTRO LE CELLULE SECERNENTI GH E PROLATTINA C. Colella, A. Dello Iacovo, E. Lucci, E. Pane, A. Barbieri, T. Turino, A. Bizzarro1, A. Bellastella, A. De Bellis Cattedra di Endocrinologia - Dipartimento di Scienze Cardio-Toraciche e RespiratorieSeconda Università degli Studi di Napoli, 1 Cattedra di Allergologia e Immunologia Clinica - Dipartimento Medico Chirurgico di Internistica clinica e sperimentale “F. Magrassi- A. Lanzara”- Seconda Università degli Studi di Napoli Descriviamo la prima associazione di deficit combinato di GH e prolattina (PRL) da processo autoimmune a carico delle cellule GH e PRL-secernenti in una paziente di 34 anni con deficit di lattazione post-parto e successivo ipotiroidismo primitivo autoimune. L’anamnesi personale non evidenziava disfunzioni ipofisarie e quella familiare deponeva per malattie autoimmuni tiroidee; l’esame obiettivo era nella norma. Gli esami di laboratorio mostravano normali livelli delle gonadotropine in seguito alla normalizzazione del ciclo dopo il parto, livelli di cortisolo basale e sotto stimolo nella norma, ma basse concentrazioni di PRL ed IGF-1 ed insufficiente risposta del GH all’ipoglicemia insulinica. Nonostante la funzionalità tiroidea valutata dopo il parto fosse nella norma, a 5 mesi dallo stesso è stato evidenziato un ipotiroidismo primario severo con valori di TSH >100 mlU/L, comparsa degli anticorpi anti-tiroide assenti alla prima osservazione ed un immagine ecografica suggestiva di tiroidite. Gli anticorpi anti-ipofisi (APA), dosati con il metodo dell’immunofluorescenza indiretta e risultati positivi ad alto titolo (1:128), sono stati successivamente rivalutati con doppia immunofluorescenza per identificare il tipo di cellule ipofisarie verso cui erano diretti. E’ stata così evidenziata la presenza di APA diretti contro cellule GH- e PRL- secernenti. Conclusioni: 1) In base alle nostre conoscenze questa è la prima osservazione di un caso di deficit di GH con presenza di APA diretti contro le cellule GH-secernenti associato ad ipoprolattinemia e deficit di lattazione dopo il parto con APA diretti contro cellule PRL-secerneti e successiva comparsa di ipotiroidismo autoimmune primitivo. 2) Considerando la ben nota correlazione tra gravidanza ed autoimmunità, un precoce screening immunologico e funzionale in donne che nel post-partum presentano deficit di lattazione, potrebbe essere utile per evidenziare alterazioni della funzione ipofisaria e tiroidea anche in fase subclinica. P-21 SECREZIONE DI CHEMOCHINE INDOTTA DA CITOCHINE PROINFIAMMATORIE IN COLTURE PRIMARIE DI TIREOCITI UMANI. F. Coperchini1, R. Sideri1, G. Groppelli1, L. de Martinis1, P. Pignatti2, C. Testoni2, F. Magri1, S. Mariotti3, M. Rotondi1, L. Chiovato1 1 U.O. Med. Int. e Endocr, IRCCS Fond. S. Maugeri, Catt. di Endocr e Mal del Ric (Pavia) 2 U. O. Allergia e Immunologia, IRCCS Fond. S. Maugeri (Pavia) 3 Dip Sci Med, M. Aresu, Univ. Cagliari Le chemochine sono citochine chemotattiche responsabili del reclutamento di diversi tipi cellulari nel processo di infiltrazione linfocitaria caratteristica istopatologica delle patologie autoimmuni. Studi precedenti hanno dimostrato che i tireociti sono in grado di secernere chemochine CXC, in particolare CXCL8 e CXCL10. Tuttavia, il significato fisiopatologico di questa secrezione ed i possibili effetti di diversi stimoli proinfiammatori sulla secrezione preferenziale di CXCL8 e CXCL10 non sono stati ancora elucidati. Lo scopo di questo studio, è stato di valutare gli effetti della stimolazione con citochine pro-infiammatorie singolarmente e/o in combinazione in termini di secrezione di specifiche chemochine da parte dei tireociti umani. Le concentrazioni di CXCL8 and CXCL10 sono state misurate nei supernatanti dei tireociti umani in coltura primaria in condizioni basali e dopo 24 ore di incubazione con IFNγ (1000U/ml) e TNFα (10ng/ml), singolarmente e in combinazione. In condizioni basali è stata rilevata la presenza di CXCL8 ma non di CXCL10. Le due chemochine hanno presentato delle differenze notevoli in termini di risposta alla stimolazione con le citochine pro-infiammatorie (IFNγ e TNFα). Infatti, l’IFNγ ma non il TNFα induce una significativa (p<0.01) secrezione di CXCL10 rispetto al basale. La secrezione basale di CXCL8, invece risultava significativamente incrementata dopo stimolo con TNFα (p<0.01), mentre l’IFNγ esercitava un significativo (p<0.01) effetto inibitorio sulla secrezione di CXCL8 sia basale che TNFα-indotta. La combinazione di TNFα con IFNγ ha aumentato, in modo sinergico, la secrezione di CXCL10 indotta dall’IFNγ (p<0.01), mentre ha modulato negativamente la secrezione di CXCL8 indotta dal TNFα (p<0.01). Questi dati confermano che i tireociti umani secenono le chemochine CXC e dimostrano che la secrezione preferenziale di CXCL8 e CXCL10 è sostenuta da specifiche citochine pro-infiammatorie o dalla loro combinazione. Il profilo chemochinico che ne risulta potrebbe avere un ruolo importante nella determinazione della natura dell’infiltrato linfocitario che si presenta nelle malattie tiroidee. Questi risultati rappresentano un supporto indiretto al ruolo importante di CXCL10 nell’autoimmunità tiroidea, mentre CXCL8 potrebbe essere coinvolta nell’infiammazione correlata alla presenza di tumori. P-22 INIBIZIONE DI CXCL8 INDOTTA DA INTERFERONI DI TIPO I E DI TIPO II IN COLTURE PRIMARIE DI TIREOCITI UMANI F. Coperchini1, R. Sideri1, G. Groppelli1, L. de Martinis1, E. Turla1, S. Lacerenza1, P. Pignatti2, F. Magri1, M. Rotondi1, L. Chiovato1 1 U.O. Med. Int. e Endocr, IRCCS Fond. S. Maugeri, Catt. di Endocr e Mal del Ric (Pavia) 2 U. O. Allergia e Immunologia, IRCCS Fond. S. Maugeri (Pavia) Gli Interferoni (IFNs) ed il tumor necrosis factor-α (TNF-α) cooperano nell’attivazione di un gran numero di geni pro-infiammatori, correlati all’infiammazione cronica nelle malattie autoimmuni della tiroide (AITD). I meccanismi dell’attivazione dei geni espressi nell’AITD da parte degli IFNs sono stati ampiamente caratterizzati, mentre le modalità con cui gli IFNs regolano negativamente questi geni sono ancora poco conosciute. Gli IFNs inibiscono la secrezione di CXCL8 in diversi tipi di cellule umane. Tuttavia, questo effetto inibitorio, non è mai stato descritto a livello dei tireociti. Lo scopo di questo lavoro è stato di valutare gli effetti di TNF-α e IFN-α, β , γ sulla secrezione di CXCL8 da parte di cellule tiroidee umane in coltura primaria. Le concentrazioni di CXCL8 sono state misurate nei supernatanti cellulari in condizioni basali e dopo 24 ore di incubazione con 10ng/ml di TNF-α. Gli esperimenti sono stati ripetuti con l’aggiunta di 1000U/ml di IFN-α, IFN-β o IFN-γ per 24 ore. CXCL8 è stata rilevata basalmente nei supernatanti dei tireociti umani (96.2±23.5 pg/ml). Lo stimolo con TNF-α ha indotto un aumento significativo (p<0.0001) nella secrezione di CXCL8 (784.7±217.3 pg/ml). IFN-α, IFN-β o IFN-γ inibivano significativamente sia la secrezione basale di CXCL8 che quella indotta da TNF-α. L’effetto inibitorio relativo di ciascun IFN era: IFN-α<IFNβ<IFN-γ. Dai risultati di questo lavoro deriva che: i) tireociti umani in coltura primaria secernono CXCL8 sia a livello basale che dopo stimolo con TNF-α; ii) IFN-α, β, γ sono in grado di modulare negativamente la secrezione di CXCL8 sia a livelli basali che dopo stimolo con TNF-α. P-23 IMPATTO DELLA GRAVIDANZA SULLA PROGNOSI DEL CARCINOMA DIFFERENZIATO DELLA TIROIDE: ASPETTI CLINICI E MOLECOLARI S. Corvisieri 1, I. Messuti 1, F. Bardesono 1, R. Pellerito 2, B. Puligheddu 1, M. Volante 1 , F. Orlandi 1 Dipartimento Oncologia 1, Università di Torino, AO Mauriziano, Torino 2 In letteratura la maggior parte degli studi non dimostra correlazioni significative tra la gravidanza e l’outcome del tumore tiroideo (DTC). L'unico studio in controtendenza ha mostrato una forte associazione tra DTC diagnosticato in gravidanza e recidiva/persistenza di malattia, utilizzando indicatori comunemente impiegati nel follow up. E’ stata inoltre osservata una correlazione tra maggiore espressione del recettore estrogenico α (ERα) e tumori diagnosticati in gravidanza (Vannucchi et al., 2010). MATERIALI E METODI: Allo scopo di verificare la presenza di una correlazione fra gravidanza e out come del DTC sono state retrospettivamente analizzate 340 pazienti, suddivise in 3 gruppi in base al timing della diagnosi di DTC rispetto alla gravidanza (GRUPPO 1: diagnosi di DTC dopo almeno due anni dal parto, GRUPPO 2: diagnosi durante la gravidanza o entro i due anni successivi al parto, GRUPPO 3: nullipare alla diagnosi). È stata effettuata un’analisi clinica e una valutazione immunoistochimica per l’espressione dei recettori estrogenici α e β (ERα e ERβ), del recettore del progesterone (PGR) e dell’aromatasi. RISULTATI: I nostri risultati dimostrano una percentuale di persistenza/recidiva di malattia nel gruppo 2 significativamente più elevata rispetto agli altri due gruppi (p: 0.02). A supporto è stata osservata una differenza al limite della significatività (p: 0,052) dei valori di Tg all’ablazione (di cui è riportato in letteratura il valore prognostico) che risultano più elevati nelle pazienti del gruppo 2. Gli altri parametri clinici non hanno mostrato differenze significative nei tre gruppi. L’analisi immunoistochimica ha mostrato una bassa espressione di ERα, in discordanza col lavoro di Vannucchi,, di PGR e aromatasi,. Dato originale è la elevata espressione, omogenea nei 3 gruppi, di ERβ, mai studiato nel DTC, il cui ruolo è ancora poco noto in ambito oncologico. Emerge da alcuni studi su neoplasie non tiroidee un possibile ruolo di tale recettore in senso anti-proliferativo, dato coerente con la bassa aggressività biologica dei DTC. È stata anche confrontata l’espressione recettoriale con diversi parametri clinico-patologici riscontrando un trend di significatività (p: 0,07) nella minor espressione di ERα in presenza di tiroidite linfocitaria, analogamente a quanto riportato in alcuni studi sul carcinoma della mammella, di cui non è noto il significato. CONCLUSIONI: I nostri dati confermano un ruolo prognostico negativo della gravidanza sul DTC. Ulteriori studi sono necessari per chiarire l’espressione di Erα nel DTC. P-24 DANNO EPATICO IN CORSO DI TERAPIA CORTICOSTEROIDEA AD ALTE DOSI: CASE REPORT D. Covelli, G. Vannucchi, I. Campi, N. Currò, P. Beck-Peccoz, M. Salvi U.O.Endocrinologia e Diabetologia, Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità, U.O.Oftalmologia, Fondazione Cà Granda IRCCS Ospedale Policlinico, Milano Il trattamento di scelta per l’oftalmopatia basedowiana moderata-grave (OB) attiva è la terapia corticosteroidea endovenosa. Il metilprednisolone ad alte dosi può dare tossicità epatica diretta o immuno-mediata. Riportiamo il caso di una donna di 58 anni affetta da ipotiroidismo iatrogeno per malattia di Graves trattata con I-131.Nel giugno 2011 per attivazione di OB (CAS 8/10) si prescrivevano steroidi e.v.Data la normalità della funzione epatica e della sierologia per HAV-HBC-HCV, la paziente iniziava la terapia (10 infusioni settimanali di metilprednisolone 500mg e 2 da 250mg) e per pregressa ischemia cerebrale transitoria assumeva anche acido acetilsalicilico e rosuvastatina. Dalla 6°infusione si assisteva ad un progressivo incremento di AST/ALT con sierologia invariata, steatosi epatica all’ecografia e ASMA positivi. Nel sospetto di epatite autoimmune slatentizzata dalla somministrazione pulsatile di steroide la terapia veniva terminata con infusioni da 250 mg fino alla stabilizzazione degli enzimi epatici ed inattivazione di OB. A 3 settimane dalla sospensione per ulteriore rialzo di AST/ALT con alterazione di GGT, albumina e ALP la paziente veniva ricoverata. I markers virologici erano invariati, la RMN addome concordava con l’ecografia, gli Abanti HEV-CMV-EBVVZV e l’HBV-DNA assenti e ceruloplasmina, ferritina, transferrina ed alfa-1-antitripsina nella norma.Alla biopsia epatica riscontro di necrosi centro-lobulare, infiltrato di monocitici, eosinofili e plasmacellule, non steatosi. Spontanea normalizzazione dei valori a 6mesi. L’ipotesi di epatite autoimmune suggerita dalla positività di ASMA non viene confermata dal quadro bioptico. Non si può escludere una reazione idiosincrasia alla statina o un effetto tossico diretto dello steroide P-25 CARCINOMA PAPILLIFERO INVASIVO INFILTRANTE. TIROIDECTOMIA E LINFADENECTOMIA RADICALE ASSOCIATE A RESEZIONE ANASTOMOSI TRACHEALE. CASE REPORT. A. Cuttitta, D. De Martino, G. Scaramuzzi IRCCS “Casa Sollievo della Sofferenza” – S. Giovanni Rotondo (FG), UOC Chirurgia II Il coinvolgimento delle vie aeree da parte di un Carcinoma differenziato (IWDTC) della tiroide, è generalmente un poco comune ma importante problema clinico. E’ noto come l’infiltrazione tracheale vada ad aggiungersi ai classici fattori prognostici negativi del Ca tiroideo differenziato costituiti dall’età >45 aa, dalla presenza di metastasi a distanza, dal volume del tumore > 4cm e dall’istotipo papillifero non puro. E’ anche noto come il livello di invasione tracheale costituisca un parametro importante nella prognosi non come tale, ma in quanto condizionante la radicalità del trattamento chirurgico. I vari AA sono concordi nel riservare un trattamento chirurgico aggressivo con resezione estesa anche a 4-5 anelli tracheali ai casi con infiltrazione transmurale della trachea con vegetazioni endoluminali e/o substenosi. Il caso clinico del video riguarda una paziente di sesso femminile di 74 aa con anamnesi remota di gozzo cervico mediastinico e recente insorgenza di tosse notturna e sintomatologia compressiva. Studio preoperatorio condotto con :Rx torace : neg; Consulenza ORL( ipomobilità della corda vocale destra) ;Fibrotracheoscopia (neoformazione vegetante parete postero laterale destra della trachea) ; Biopsia( ca papillifero della tiroide); ETG collo - TC total body – RM collo :T4b, N1b Mo / invasione tracheale (stadio IV sec. Shin e Grillo). L’intervento è stato condotto eseguendo una tiroidectomia totale in blocco con il segmento di trachea infiltrato a tutto spessore dalla neoplasia per una estensione di 3 anelli associato a linfadenectomia radicale del collo bilaterale. La ricostruzione tracheale è stata effettuata contestualmente con anastomosi trache-traceale in piano unico. Il decorso postoperatorio si è così sviluppato: IOT fino alla 5^ giornata post.op Necessità di terapia steroidea post op per airway edema Incoordinazione motoria transitoria (NPT) Fonazione corretta Logopedia Dimissione in 30^ giornata post.op I 131 terapia Paziente vivente a 18 mesi dall’intervento P-26 IPOTIROIDISMO IN CORSO DI IPERSTIMOLAZIONE OVARICA CONTROLLATA S. Del Ghianda, E. Loconte, M. Ruggiero, E. Benelli, P.G. Artini, V. Cela, T. Simoncini, F. Latrofa, P. Vitti, M. Tonacchera Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università di Pisa Descriviamo il caso di una donna di 28 anni che si recava presso il centro per la procreazione medicalmente assistita per la valutazione di infertilità. La donna presentava cicli mestruali regolari associati a normale funzione ovarica. Gli accertamenti eseguiti due anni prima mostravano una normale funzione della tiroide; in tale occasione non veniva valutata la presenza di autoanticorpi diretti verso antigeni tiroidei. La valutazione del marito evidenziava una quadro di oligoastenospermia grave per il quale la coppia veniva indirizzata verso la tecnica dell'iniezione intracitoplasmatica di spermatozoi (ICSI). Veniva pertanto intrapreso il protocollo di iperstimolazione ovarica controllata (COH) e nel decimo giorno si evidenziava la presenza di 5 follicoli con diametro maggiore di 16 mm e valori di estradiolo di 1869 pg / ml. Dopo 36 ore dall’iniezione di hCG veniva eseguito il prelievo transvaginale ecoguidato dei follicoli e, dopo ICSI, un embrione veniva trasferito nell’ultero in seconda giornata. Il mancato incremento sierico della β hCG rivelava il fallimento della procedura. Durante la COH la donna veniva sottoposta a monitoraggio della funzione tiroidea; in particolare venivano misurati TSH, FT3, FT4, AbTg e AbTPO prima dell’inizio della somministrazione rhFSH, dopo 6 giorni e durante il prelievo dell'oocita. Il prelievo basale mostrava valori sierici elevati di TSH (TSH 7,64 mcU/ml), valori ai limiti inferiori della norma di FT4 (FT4 6,2 pg/ml), normali valori di FT3 (FT3 2.76 pg/ml) e la presenza di autoanticorpi anti-tireoglobulina [AbTg 227,22 U/ml (<30)] senza autoanticorpi tireoperossidasi (TPOAb). Dopo 6 giorni i valori di TSH subivano un importante aumento (TSH 33,2 mcU/ml) con FT4 ulteriormente ridotto (FT4 5,0 pg/ml) e FT3 nella norma (FT3 2.81 pg/ml). L’aumento del TSH sierico era ancora più evidente al prelievo effettuato in occasione del prelievo ovocitario (TSH 61,3 mcU/ml) mentre i valori di FT4 e FT3 erano al limite inferiore della norma (FT4 4,8 pg/ml, FT3 2,54 pg/ml). La funzione tiroidea veniva studiata un mese dopo la COH e risultava perfettamente nella norma [TSH 2,03 mcU/ml (0,4-3,4); FT4 8,8 pg/ml (7,0-17,0); FT3 2,03 pg/ml (2,7-5,7)]. Il caso clinico evidenzia che una donna con tiroidite autoimmune può sviluppare ipotiroidismo durante COH; l’effetto di questo ipotiroidismo sulla ICSI non è conosciuto; pertanto è consigliabile che le donne che devono eseguire tale procedura eseguano uno screening della funzione tiroidea e della presenza di autoimmunità tiroidea. P-27 LA FUNZIONE TIROIDEA IN DONNE SOTTOPOSTE A IPERSTIMOLAZIONE OVARICA CONTROLLATA S. Del Ghianda, E. Benelli, M. Ruggiero, P. Artini, T. Simoncini, E. Loconte, P. Vitti, M. Tonacchera. Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università di Pisa Obiettivo. La funzione tiroidea e quella ovarica sono strettamente correlati, prima e durante la gravidanza. Il momento ottimale per studiare gli effetti dell’asse gonadico sulla funzione tiroidea è durante le procedure di iperstimolazione ovarica controllata (COH), che determina elevati livelli di estrogeni sierici e di TBG. Dati precedenti in letteratura hanno indicato un aumento dei livelli sierici di TSH dopo circa venti giorni dall’inizio della COH. Tale procedura puo’ avere un impatto maggiore sulla funzione tiroidea nelle donne con tiroidite autoimmune. Lo scopo del nostro studio è stato quello di indagare le modificazioni precoci di TSH, FT3 e FT4 nelle donne sottoposte a COH. Pazienti e metodi. Sono state valutate 34 donne sottoposte a COH per cause diverse (sindrome dell'ovaio policistico, malattie tubariche, infertilità maschile). TSH, FT4, FT3, tireoglobulina (Tg), TBG, anticorpi anti-tireoglobulina e anti-tireoperossidasi sono stati misurati in tutti i soggetti all'inizio della COH, dopo sei giorni, durante l'aspirazione follicolare transvaginale degli oociti e dopo due settimane. La COH è stata effettuata con FSH ricombinante e rhHCG con un protocollo lungo che utilizza un agonista del GnRH oppure con un protocollo flessibile che si avvale di un antagonista GnRH. L’rhHCG è stato somministrato quando almeno due follicoli raggiungevano un diametro medio di 18 mm. Dopo circa 36 ore, sono stati recuperati gli ovociti mediante aspirazione follicolare transvaginale. È stata infine effettuata la fecondazione in vitro o l’iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo con successivo trasferimento degli embrioni in utero. Risultati. I valori sierici di TSH sono diminuiti dopo sei giorni dalla stimolazione rispetto ai valori basali (da 2,15 ± 1,35 a 1,52 ± 0,89 µU / ml, p <0.05); con successivo incremento dopo due settimane (da 2,15 ± 1,35-2,29 ± 1,80 µU / ml, p> 0.05). Abbiamo inoltre osservato un lieve aumento di FT3 e FT4 (non significativo statisticamente) durante le due settimane successive alla stimolazione. Conclusione. Questo studio ha mostrato una riduzione precoce dei valori di TSH sierico dopo COH. Ipotizziamo un possibile effetto diretto sull’asse ipotalamo-ipofisi-tiroide conseguenza dell’incremento acuto dei valori sierici di FSH e dell’iperestrogenismo. P-28 TIREOPATIE SECONDARIE ALL’USO DI FARMACI BIOLOGICI IN PAZIENTI AFFETTI DA TUMORI NEUROENDOCRINI M. Del Prete1, V. Marotta1, V. Ramundo1, F. Marciello1, A.C. Carratù1, R. Esposito1, C. De Luca Di Roseto1, A. Colao1, A. Faggiano2 1 Dipartimento di Endocrinologia e Oncologia Molecolare e Clinica, AOU Federico II, Napoli,2Endocrinologia, National Cancer Institute, Fondazione “G. Pascale”, Napoli Introduzione: Attualmente, i farmaci biologici maggiormente usati in endocrinologia oncologica sono Inibitori tirosino-chinasici (sunitinib, sorafenib) e Inibitori di mTOR (everolimus, tenserolimus). Tali farmaci sembrano avere una serie di effetti collaterali endocrini, tra cui alterazioni della funzione tiroidea, della fertilità e della funzione gonadica. Obiettivo: Valutare l’effetto di sunitinib ed everolimus sulla funzione tiroidea in pazienti con tumori neuroendocrini. Materiali & Metodi: dal gennaio 2010 sono stati arruolati 14 pazienti consecutivi (4 M e 10 F, età media: 50 anni; range: 25-65) con tumore neuroendocrino ben differenziato in progressione metastatica loco-regionale o a distanza. Di questi, 8 pazienti erano affetti da NET del pancreas, 2 paziente da NET duodenale e 4 pazienti da paragangliomatosi maligna. Otto pazienti erano in trattamento con sunitinib e 6 pazienti in trattamento con everolimus. Tutti i pazienti sono stati sottoposti a dosaggio degli ormoni tiroidei ed ecografia tiroidea prima di cominciare terapia con farmaci biologici e dopo 6 mesi di trattamento.Risultati: Degli 8 pazienti in trattamento con sunitinib, tutti sviluppavano ipotiroidismo con quadro ecografico di tiroidite (valori medi di TSH basali 1.8 µU/mL e dopo sei mesi di trattamento 39 µU/mL), con evidenza di positività degli anticorpi anti-tireoglobilina e anti-tireoperossidasi in 1 degli 8. Il paziente con positività anticorpale presentava un quadro iniziale di ipertiroidismo al controllo a 3 mesi, che richiedeva terapia con farmaci antitiroidei e un successivo quadro di ipotiroidismo severo (TSH 146,9 µU/mL) al controllo a 6 mesi, che determinava la sospensione della terapia con farmaci antitiroidei e l’inizio di terapia sostitutiva con levo-tiroxina. Dei pazienti in trattamento con everolimus, 2 su 6 manifestavano dopo 6 mesi di trattamento un quadro di ipotiroidismo subclinico in assenza di positività anticorpale e con quadro ecografico di tiroidite. In totale 8 di 14 pazienti richiedevano terapia sostitutiva con levo-tiroxina. Conclusioni: La funzionalità delle ghiandole endocrine deve essere costantemente monitorata in corso di terapia con farmaci biologici attraverso opportuni dosaggi ormonali. Le terapie biologiche con inibitori tirosino-chinasici in maniera particolare e inibitori di mTOR in minor misura si associano ad una frequente compromissione della funzione tiroidea in pazienti con tumori neuroendocrini. Un trattamento medico specifico è richiesto nella maggior parte dei casi di disfunzione tiroidea, che non richiede tuttavia una interruzione della terapia antitumorale. P-29 METASTASI OVARICA DA CARCINOMA PAPILLIFERO DELLA TIROIDE S. Della Casa1, C. Policola1, B. Altieri1, G.P. Sorice1, C. Cipolla1, G. Fadda2, A. Pontecorvi1 1 UOC di Endocrinologia e Malattia del Ricambio e 2Istituto di Anatomia Patologia, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma. Il Carcinoma papillare della tiroide (PTC) è la forma più comune di tumore maligno della tiroide con una prognosi in genere favorevole in quanto si limita al collo, con o senza diffusione ai linfonodi regionali. Metastasi a distanza sono rare e includono principalmente polmone e osso. Presentiamo il caso di una paziente di 18 anni che ha presentato metastasi ovariche da PTC. La paziente è stata sottoposta nel 2005 a tiroidectomia totale e linfoadenectomia per nodulo ipoecogeno con microcalcificazioni. L’esame istologico documentava la presenza di “carcinoma papillare varietà follicolare ed infiltrazione della muscolatura striata e della capsula tiroidea, multifocale, bilaterale (pT3mN+); metastasi linfonodale da carcinoma”. Successivamente ha eseguito terapia ablativa radiometabolica (70 mCi); all’esame scintigrafico post-terapia si evidenziava area iodofissante attribuibile a residuo tiroideo post-chirurgico, confermato da una ecografia del collo. È stata pertanto sottoposta a reintervento con asportazione del tessuto tiroideo residuo nello stesso anno (istologico: “microfocolaio da carcinoma papillare”). Durante il follow-up, per la presenza di esteso interessamento secondario scheletrico e multiple localizzazioni parenchimali, ha effettuato ripetuti cicli di terapia radiometabolica, per un totale di 620 mCi. Dal gennaio 2010 la paziente è stata seguita con l’effettuazione di follow-up ecografici ogni 6 mesi per la presenza a livello annessiale sinistro di una formazione espansiva del diametro complessivo di 37x25mm con all'interno due aree iperecogene e annessiale destro di una formazione di 35 mm a struttura complessa con all’interno due piccoli nuclei iperecogeni di 15 e 9 mm con calcificazioni ed una formazione anulare ecogena di 15 mm. Le formazioni descritte a livello ovarico, per i loro caratteri ecografici erano state riferite in prima ipotesi a teratoma bilaterale. Nel giugno 2012 si decide di sottoporre la paziente ad intervento di mini-laparotomia con asportazione delle lesioni cistiche ovariche bilaterali; l’istologico deponeva a destra per “cisti a parete spessa con calcificazioni” e a sinistra per “localizzazione di neoplasia a struttura papillare con calcificazioni, incisure e pseudo inclusi nucleari, positiva per HBME-1, Galectina-3 e Tireoglobulina”. La particolarità del caso descritto è da ricondursi alla estrema aggressività della neoplasia e alla particolare sede di metastasi. In letteratura sono riportati pochi casi di carcinoma papillifero derivato da uno struma ovarii, ma a nostra conoscenza casi di metastasi ovarica a partenza tiroidea sono estremamente rari. P-30 LA DESIODASI D3 È UN NUOVO MARKER DEL CANCRO DEL COLON UMANO M. Dentice, R. Ambrosio, A. Sibilio, M.A. De Stefano, C. Bonelli, F. L. Trivisano, F. Alfano, M.G. Langella, G. Fenzi e D. Salvatore Dipartimento di Endocrinologia ed Oncologia Molecolare e Clinica. Università di Napoli “Federico II” La desiodasi di tipo III (D3) è il principale inattivatore fisiologico dell’ormone tiroideo, ed è caratterizzata come una proteina oncofetale, la cui espressione, elevata durante l’embriogenesi, è drasticamente attenuata nell’adulto. La riattivazione della D3 è invece associata a processi iperproliferativi e nella patogenesi di diversi tumori umani e murini. Il pathway di Wnt è un regolatore critico nella carcinogenesi, e mutazioni nel gene APC inducono un aberrante accumulo della β -catenina e sono la causa genetica della politosi familiare del colon. Questo studio ha dimostrato che la D3 è un nuovo target diretto del pathway di Wnt che esercita un duplice controllo sulle desiodasi D2 e D3. Mediante attivazione di D3 e repressione di D2, il pathway di Wnt contribuisce ad attenuare il segnale dell’ormone tiroideo nel microambiente delle cellule tumorali del colon, influenzandone il potenziale proliferativo e la tumorigenesi. La duplice azione di b-Catenina su D2 e D3 porta ad una forte riduzione dello stato tiroideo locale che facilita la proliferazione cellulare e blocca il differenziamento. Al contrario, i nostri dati indicano che il trattamento di cellule di cancro di colon, CaCo-2 con dosi soprafisiologiche di ormone tiroideo, stimola il differenziamento e riduce il potenziale proliferativo. Questi dati in vitro hanno ricevuto piena conferma dall’analisi dell’effetto dell’ormone tiroideo sulla crescita tumorale in vivo. Cellule CaCo-2 in cui il segnale dell’ormone tiroideo è amplificato mediante la deplezione della D3 sono state inoculate in topi nudi e la crescita tumorale è stata seguita nelle seguenti tre settimane, confermando che le cellule con segnale tiroideo aumentato hanno un potenziale tumorigenico drasticamente ridotto, se confrontate con le cellule di controllo. Infine, abbiamo valutato l’espressione della D3 in un’ampia coorte di tumori umani del colon ed abbiamo osservato una forte correlazione tra l’espressione di D3 e la tumorigenesi del colon. Inoltre, l’espressione di D3 correla in maniera molto chiara con il grading tumorale, ed in particolare con le fasi iniziali della tumorigenesi. I nostri dati dimostrano dunque una nuova interazione tra i pathways dell’ormone tiroideo e di Wnt. Questo lavoro inoltre propone che la regolazione dell’espressione delle desiodasi D2 e D3 e le conseguenti alterazioni dello stato tiroideo locale siano uno strumento valido nel controllo della proliferazione delle cellule di cancro del colon. Infine, i nostri dati indicano che la D3 può essere considerata un nuovo marker tumorale nella tumorigenesi del colon nell’uomo. P-31 L’ORMONE TIROIDEO MEDIA L’ATTENUAZIONE DI SHH MEDIANTE IL SEGNALE CAMP/PKA NELLE CELLULE DI BASALIOMA M. Dentice, A. Sibilio, R. Ambrosio, C. Bonelli, V. Torre, F. Alfano, C. Catalini, G. Fenzi, D. Salvatore Dipartimento di Endocrinologia ed Oncologia Molecolare e Clinica. Università di Napoli “Federico II” L’ormone tiroideo è un mediatore critico del metabolismo e differenziamento cellulare. La sua azione è mediata dall’attivazione di T4 in T3, una reazione di deiodinazione catalizzata dalle selenodesiodasi di tipo 1 e di tipo 2 (D1 e D2). L’inattivazione di T4 e T3 è invece catalizzata dalla selenodesiodasi di tipo 3 (D3). Le azioni sinergiche delle tre selenodesiodasi costituiscono un potente meccanismo di regolazione pre-recettoriale svolto dall’ormone tiroideo a livello cellulare. Studi condotti nel nostro laboratorio hanno dimostrato che la D3 è un nuovo target del pathway di Shh/Gli2 nei cheratinociti e nelle cellule di basalioma. La over-espressione della D3 è un evento critico nella tumorigenesi dei basaliomi in cui un eccesso di T3 blocca la proliferazione, inducendo apoptosi e blocco del ciclo cellulare in G1. Il nostro lavoro ha dimostrato che la T3 regola la tumorigenesi dei basaliomi mediante un controllo della stabilità del fattore trascizionale Gli2, il principale effettore di Shh nella pelle. Poichè Gli2 è regolato a livello post-trascrizionale dal segnale del cAMP/PKA, abbiamo valutato l’effetto della T3 sul segnale del cAMP che culmina nella regolazione di promotori target da parte del fattore trascrizionale CREB. A tale scopo, cellule di basalioma sono state trasfettate con due costrutti responsivi a CREB, 5xCRE-Luc e cJunLuc e trattate con un eccesso di T3. In tali condizioni, la T3 è in grado di indurre attivazione dei promotori responsivi a PKA, suggerendo che la T3 possa regolare Gli2 inducendo il segnale dell’cAMP/PKA. Per dimostrare tale ipotesi, abbiamo trattato le cellule con T3 in presenza di due noti inibitori di PKA, H89 e PKI. In entrambi i casi, l’azione della T3 su Gli2 risulta significativamente ridotta, dimostrando che tale azione richiede la mediazione del signaling di PKA. I nostri dati dati dimostrano un cross talk tra l’azione dell’ormone tiroideo e il signaling dell’cAMP che si dimostra dunque un duplice regolatore del metabolismo periferico degli ormoni tiroidei, mediando sia l’attivazione trascrizionale della D2, sia la repressione della D3. P-32 CONTEMPORANEA PRESENZA DI CARCINOMA MIDOLLARE E PAPILLIFERO DELLA TIROIDE: CASE REPORT. A. Elefante, E. Palermo, S. Pistone, B.A.Ierardi, F. Lo Pomo. U.O.C. Endocrinologia, Malattie Metaboliche e Nutrizione Clinica. Azienda Ospedaliera Regionale S. Carlo, Potenza Il carcinoma papillifero e il carcinoma midollare sono due differenti neoplasie che possono colpire la ghiandola tiroidea; il carcinoma papillifero rappresenta un tumore più frequente e meno aggressivo rispetto a quello midollare. La contemporanea presenza di entrambe le neoplasie costituisce un evento piuttosto raro. Riportiamo il caso di una paziente di 45 anni presentatasi presso il nostro ambulatorio per il riscontro occasionale di elevati livelli di anticorpi anti-tireoperossidasi con conservata funzionalità tiroidea. All’ecografia tiroidea si è dimostrata la presenza di 2 noduli ipoecogeni a margini ben definiti, il primo situato nel lobo sinistro con aumentata vascolarizzazione di 9 mm, il secondo al lobo destro di 4 mm. Il dosaggio della calcitonina eseguito successivamente ha riportato la presenza di livelli aumentati di tale ormone (37.9 pg/ml). La paziente è stata sottoposta ad esame citologico del nodulo dominante con dosaggio di calcitonina su liquido di lavaggio; l’esame citologico è risultato inadeguato per diagnosi su 2 prelievi eseguiti in tempi diversi, mentre il liquido di lavaggio ha evidenziato livelli di calcitonina pari a 2000 pg/ml. Il test di stimolo mediante infusione calcica mostrava un picco di calcitonina dopo 2 minuti di 133 pg/ml. Lo screening per neoplasia endocrina multipla è risultato negativo. La paziente è stata, quindi, sottoposta ad intervento di tiroidectomia totale con linfoadenectomia del compartimento centrale. L’esame istologico ha confermato la presenza di un carcinoma midollare della tiroide di 4 mm al lobo sinistro e sorprendentemente di un microcarcinoma papillifero variante follicolare di 4 mm al lobo destro. Il test genetico per le mutazioni dell’oncogene ret è in corso. Questo caso conferma come l’occasionale riscontro del microcarcinoma papillifero della tiroide rappresenti un’evenienza clinica sempre più frequente, così come la coesistenza nei medesimi casi di tiroidite linfocitaria possa avere delle implicazioni prognostiche sfavorevoli . Il riscontro poi di due istotipi distinti di neoplasia tiroidea nello stesso paziente supporta i tentativi di chiarire se esistano pathways comuni nella tumorigenesi coinvolgente sia le cellule follicolari che quelle parafollicolari tiroidee. P-33 ALTERAZIONI DELLA FUNZIONE TIROIDEA IN 28 PAZIENTI AFFETTI DA β-THALASSEMIA A. Farese, M.R. Campo, G. Cardinale, A. Conserva, M. Cignarelli. Cattedra di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo, Azienda OspedalieroUniversitaria Ospedali Riuniti Foggia INTRODUZIONE-Scarse informazioni esistono sulle alterazioni della funzione tiroidea nei pazienti affetti da β -thalassemia major. SCOPO-Nel nostro studio, abbiamo voluto esplorare la frequenza delle alterazioni funzionali tiroidee in pazienti con β -thalassemia major e thalassemia intermedia sottoposti a regime trasfusionale sin dalla nascita. L’incidenza di altri deficit endocrini concomitanti e/o parametri relativi al livello di emosiderosi sono state anche valutate. MATERIALI E METODI-Oggetto del nostro studio sono stati 28 pazienti (M/F 15/13), 24 adulti (età media 35.42 anni, range 17-50) e 4 bambini (età media 10.5, range 8-12) affetti da thalassemia major (n.23), thalassemia intermedia (n.2), drepanocitosi e anemia diseritropoietica (n.3). I pazienti sono stati sottoposti a periodiche visite di controllo, esami ematochimici ed ormonali, test dinamici (OGTT, GHRH+Arginina) ed esami strumentali (densitometria ossea, ecocardiogramma, ecografia del collo). RISULTATI - Abbiamo riscontrato la presenza di ipotiroidismo primario in 6 pazienti ovvero nel 21.4% dei casi (M/F 5/1, 33%/7.7%), ipogonadismo ipogonadotropo in 14 (50 %), deficit severo di GH in 6 (21.4%), diabete mellito in 3 soggetti (8.6%), l’ipoparatiroidismo in 1 (3%), osteoporosi in 13 (46.4%), osteopenia in 5 (17.9 %) e cardiopatia dilatativa in 9 (21.1 %). Abbiamo inoltre suddiviso i pazienti in quartili di età ed abbiamo osservato che all’aumentare dell’età aumenta l’incidenza di deficit ormonali e che le patologie a più precoce insorgenza sono l’ipotiroidismo e l’ipogonadismo. Ventiquattro dei 28 pazienti (20 adulti e 4 bambini) sono stati sottoposti ad ecografia del collo che ha mostrato un volume tiroideo medio di 8.4 ml (range 2.5-30 ml); ecostruttura disomogenea in 12 pazienti (50%) ed ipoecogena in 11 (45%). Tutti i pazienti con ipotiroidismo mostravano ecogenicità ridotta o disomogenea. Vi è stato inoltre riscontro di patologia nodulare tiroidea in 3 adulti (12.5%). CONCLUSIONIQuesti risultati rafforzano l'importanza di eseguire regolare follow-up della funzione tiroidea nei pazienti affetti da β-thalassemia major. In particolare, la precoce e frequente insorgenza di ipotiroidismo riscontrata nel nostro studio suggerisce fortemente la necessità di un monitoraggio tempestivo nei pazienti pediatrici, viste le ben note problematiche connesse alla crescita di questi ultimi pazienti. Al contrario delle forme associate a tiroiditi autoimmuni, l’ipotiroidsmo nella β -thalassemia colpisce più frequentemente i soggetti di sesso maschile. P-34 STUDIO SU 261 CASI DEL POTENZIALE AGGRESSIVO DEL MICROCARCINOMA SECONDO LE CARATTERISTICHE FENOTIPICHE CLINICO-ISTOLOGICHE § A. Farese, §M.R. Campo, §A. Conserva, §G. Cardinale, §O. Lamacchia, *A. Fersini, *N. Tartaglia, #A. Ciampolillo, &A. Maiorano, #F. Giorgino, §M. Cignarelli § Unità di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo; *Unità di Chirurgia Universitaria, Università di Foggia; &Dpt. di Anatomia Patologica; #Dpt. di Medicina Interna, Endocrinologia, Andrologia e Malattie Metaboliche, Università di Bari. PREMESSE - Il microcarcinoma (≤ 10 mm, MTC) è il più diffuso tra i tumori differenziati epiteliali della tiroide. Sebbene mostri lenta evoluzione, alcune particolari forme possono avere un potenziale aggressivo e non esistono attualmente univoche indicazioni per il trattamento e follow-up di questi tumori. Scopo del nostro studio è stato quello di analizzare alcune caratteristiche fenotipiche clinico-istologiche di pazienti operati per MTC, al fine di individuare quelle associate alla diffusione loco-regionale ed al tasso di recidive del tumore. METODI - Abbiamo valutato 261 pazienti con diagnosi di MTC residenti in Puglia, 208/53 F/M (79.7/20.3%), età media 47±13 anni (range 17-76) con un follow-up medio di 66±61 mesi (range 1-480). Sono stati analizzati i seguenti parametri: familiarità, multifocalità, bilateralità, incidentalità, presenza di metastasi locoregionali e a distanza e tasso di recidiva. RISULTATI - Dei 261 casi analizzati, 16 (6.1%) sono risultati essere familiari, 81 (31%) multifocali, 57 (21.8%) bilaterali, 125 (47.9%) incidentali, 33 (12.6%) affetti da metastasi loco regionali alla diagnosi e 4 (1.5%) a distanza. In 8 pazienti (3.1%) è stata riscontrata recidiva locale durante il follow-up e di questi nessuno presentava un tumore < 5 mm alla diagnosi. La prevalenza di metastasi linfonodali (N1) alla diagnosi è risultata essere del 12.6%, il 66.7% di questi nel gruppo di pazienti con età <45aa. La prevalenza di N1 alla diagnosi nei tumori non incidentali è risultata essere superiore rispetto agli incidentali (20.6% vs 4%, p <0.0001) così come la frequenza di recidive (5.1% vs 0.8%, p= 0.043). Inoltre, la frequenza di recidive è risultata essere correlata con la presenza di N1 alla diagnosi (p=0.032), con la multifocalità (p=0.006) e la non incidentalità del tumore (p=0.042). Infine il rischio di recidiva è risultato essere maggiore nel gruppo di soggetti con età < 45 anni, anche se la differenza non ha raggiunto la significatività statistica (p=0.068). CONCLUSIONI - Anche i nostri dati dimostrano che l’MTC non presenta un basso potenziale aggressivo in tutti i pazienti. Abbiamo osservato una maggior frequenza di N1 alla diagnosi e di recidive nel gruppo di pazienti con tumore non incidentale e con diametro > 5 mm. In attesa di conferme dal prolungamento dello studio, l’età<45 aa sembra un potenziale fattore di rischio nel nostro gruppo di pazienti. P-35 IPOTIROIDISMO IN GIOVANI ADULTI GUARITI DA UN TUMORE DELL’ETA’ EVOLUTIVA F. Felicetti1, N. Fortunati1, F. Lazzarato2, D. Di Cuonzo2, P. Chiabotto3, A. Corrias3, E. Brignardello1 1 Unità di Transizione per Neoplasie Curate in Età Pediatrica - AO Città della Salute e della Scienza, Torino, 2 Epidemiologia dei Tumori – CPO Piemonte & Università degli Studi di Torino, Torino, 3 Endocrinologia Pediatrica - AO Città della Salute e della Scienza, Torino Introduzione. Il rischio di ipotiroidismo negli adulti guariti da un tumore pediatrico è ben documentato, ma tale rischio è spesso sottovalutato e non vi è accordo su quale sia la reale incidenza di tale patologia nei cosiddetti “childhood cancer survivors” (CCS). Pazienti e metodi. Sono stati analizzati retrospettivamente i dati sulla funzionalità tiroidea di un gruppo di pazienti curati per un tumore pediatrico fra il 1973 e il 2007 ed attualmente seguiti presso una struttura dedicata al follow-up a lungo termine dei CCS. In tutti i pazienti sono stati valutati, con cadenza annuale, TSH ed fT4; nei soggetti con alterazioni della funzionalità sono stati valutati anche fT3 e l'autoimmunità anti-tiroidea. Risultati. Sono stati inclusi nello studio 342 soggetti (M 199; F 143). La maggior parte dei pazienti aveva una pregressa diagnosi di malattia oncoematologica (n=241), 51 erano stati curati per un tumore cerebrale e 38 per neoplasie mesenchimali, prevalentemente osteosarcomi. L'età mediana alla diagnosi è risultata di 9,8 anni (range 0,5-19 anni); l'età mediana al momento dello studio era di 26,4 anni (range 19-49 anni), con un tempo medio di follow-up di 17,2 anni. Quasi tutti i pazienti (95%) avevano ricevuto un trattamento chemioterapico, mentre il 59% era stato trattato con radioterapia coinvolgente la loggia tiroidea. 82 pazienti erano stati sottoposti a trapianto di midollo osseo (TMO), condizionato con irradiazione corporea totale in circa la metà dei casi (n=44). Ipotiroidismo primitivo, prevalentemente subclinico (86%), è stato diagnosticato in 57/342 pazienti (16,6%). La latenza media fra le terapie antitumorali e la comparsa di ipotiroidismo è risultata di 11,2±6,2 anni (X±SD). Sono risultati a maggior rischio di ipotiroidismo primitivo i pazienti sottoposti a RT su capo, collo o parte alta del torace (p<0,001) e quelli sottoposti a TMO (p<0,05). Ipotiroidismo secondario è stato invece riscontrato in 9 soggetti (2,6%), tutti sottoposti a radioterapia encefalica ad alte dosi per neoplasie del SNC. La latenza media fra il trattamento radioterapico e la comparsa di ipotiroidismo secondario è risultata di 4,5±4,2anni (X±SD). Conclusioni. I CCS hanno un elevato rischio di sviluppare ipotiroidismo primitivo, e questo rischio è significativamente maggiore nei pazienti irradiati al collo e/o sottoposti a trapianto di midollo osseo. L’elevata prevalenza e la lunga latenza fra il trattamento antitumorale e l'insorgenza dell'ipotiroidismo sottolineano la necessità di seguire nel tempo questi soggetti. P-36 ASSOCIAZIONE SIGNIFICATIVA FRA TIREOPATIE AUTOIMMUNI E SINDROME DELL’OVAIO POLICISTICO S. Garelli1, J. Turra1, S. Masiero1, D. Faggian2, M. Plebani2, S. Chen3, J. Furmaniak3, B. Rees Smith3, M.E. Girelli1, D. Armanini1, C. Betterle1 1 U.O. Endocrinologia, Dipartimento di Medicina, Università di Padova 2 Dipartimento di Scienze Medico-Diagnostiche e Terapie Speciali, Università di Padova 3 FIRS Laboratories, Cardiff UK Contesto: negli ultimi anni alcuni studi hanno mostrato un’aumentata prevalenza di tiroiditi autoimmuni (TA) nella pazienti affette da sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) e recentemente è stata dimostrata anche l’associazione opposta. Non è ancora chiarito quale sia il nesso fra queste due patologie, le più frequenti endocrinopatie nel sesso femminile. Scopo dello studio: verificare la prevalenza di TA nelle pazienti con PCOS e quella di PCOS nelle pazienti affette da TA. Materiali e Metodi: abbiamo reclutato due gruppi di pazienti: il primo comprendeva 113 pazienti affette da PCOS per valutare la presenza di TA, il secondo comprendeva 65 pazienti affette da TA per valutare la presenza di PCOS. Le pazienti erano seguite presso gli ambulatori dell’U.O.C. Endocrinologia di Padova. La diagnosi di PCOS è stata posta secondo i Criteri di Rotterdam (2003), con valutazione anamnestica dei cicli mestruali e della presenza di iperandrogenismo clinico, dosaggi ormonali (LH, FSH, testosterone totale, androstenedione, 17-OH-progesterone, prolattina) ed ecografia pelvica; la diagnosi di TA è stata fatta in base alla determinazione di TSH, fT4, autoanticorpi anti-tiroide ed ecografia tiroidea. Risultati: per quanto riguarda il primo gruppo (pazienti con PCOS), la TA è risultata presente in 30/113 (27%), prevalenza significativamente superiore rispetto a quella dei controlli sani (8%; p<0.001); di queste, 13 avevano un ipotiroidismo subclinico. Per quanto riguarda il secondo gruppo (pazienti con TA), 19/65 (29%) pazienti sono risultate affette da PCOS, prevalenza anch’essa significativamente superiore a quella della popolazione di controllo (8%; p<0,001); di queste, 13/51 erano affette da tiroidite cronica e 6/14 da Morbo di Basedow. Conclusioni: I nostri dati confermano l’associazione stretta fra TA e PCOS. Riteniamo quindi opportuno, ogni paziente affetta da TA, debba essere indagata per la presenza di PCOS e viceversa. P-37 EFFICACIA DELL’ALCOLIZZAZIONE NEL TRATTAMENTO DEI NODI CISTICI TIROIDEI: RISULTATI A LUNGO TERMINE IN UNA CASISTICA MULTICENTRICA F. Garino*, F. Ragazzoni*, E. Gamarra*, A. Mormile*, M. Deandrea*, E. Sgotto, R. Garberoglio, P.P. Limone*, M. Zingrillo *S.C. Endocrinologia e Malattie del Metabolismo A.O. Umberto I Ordine Mauriziano di Torino L’obiettivo di questo studio è stata la valutazione dell’efficacia della sclerosi tramite iniezione percutanea ecoguidata di alcool di nodi cistici in una casistica proveniente da due centri. Sono stati trattati complessivamente 286 pazienti (157 a Torino*, 129 a Lecce; 211 F e 75 M, età media 54 anni) affetti da nodi con quota cistica minima del 66%; tutti i pazienti erano eutiroidei. Il volume dei nodi è stato misurato mediante ecografia prima del trattamento, a fine trattamento, quindi a 3-6 mesi (tutti i pazienti), 1 anno (194 pazienti) e dopo almeno 2 anni dalla fine del trattamento (130 pazienti). I volumi dei nodi ai vari sono stati confrontati utilizzando il test Wilcoxon Mann-Whitney. Il numero di sedute impiegato è risultato sovrapponibile tra i due centri, così come la volumetria inziale ed al follow-up, per cui i dati vengono presentati in modo complessivo. Il volume dei nodi ad inizio trattamento presentava una mediana di 14,15 ml (IQR 7,622,5). Nell’84% dei casi sono state sufficienti da 1 a 3 sedute (rispettivamente 1 seduta per il 31% dei pazienti, 2 per il 32%, 3 per il 21%), nell’8% 4 sedute, nel 6% un numero variabile tra 5 e 8. Non si sono verificate complicanze maggiori, in particolare in nessun caso c’è stata una paralisi ricorrenziale; nel 12% si è verificato discomfort transitorio regredito entro 48 ore (dolore locale o irradiato, tumefazione o difficoltà di deglutizione) A fine trattamento i noduli si presentavano solidi nel 63% dei casi, prevalentemente solidi nel 32% e misti nel 5% (insuccesso terapeutico). Il volume mediano a fine trattamento è risultato 4,4 ml (IQR 1,9-8,62) con riduzione del 69% rispetto al basale (p<0,0001); a 3-6 mesi il volume mediano era 2,7 ml (IQR 1,05-6,01) con riduzione rispetto al basale dell’81% e rispetto a fine trattamento di un ulteriore 39% (p in entrambi i casi < 0,001). Al controllo ad 1 anno è risultata ancora una modesta riduzione volumetrica rispetto al controllo precedente (mediana 2,45, IQR 0,88-5,81) seppur non statisticamente significativa (p 0,12); il follow-up successivo ha mostrato la stabilizzazione del quadro (a 24-36 mesi volume mediano 1,85 ml, IQR 0,8-5; p vs 1 anno 0,59). In conclusione, la sclerosi tramite iniezione percutanea ecoguidata di alcol di nodi cistici è risultata una procedura efficace, sicura e con una buona persistenza nel tempo. P-38 GLI ANALOGHI DEL GLP-1 NON STIMOLANO LA PROLIFERAZIONE DELLE CELLULE DI CARCINOMA TIROIDEO MIDOLLARE F. Geraci, M.L. Nicolosi, F. Gianì, F. Frasca Dipartimento di biomedicina clinica e molecolare, U. O. Endocrinologia, Ospedale Garibaldi Nesima, Catania Il trattamento con analoghi del GLP-1 nel ratto è associato con un aumento di incidenza di carcinomi midollari della tiroide. Scopo dello studio: valutare , mediante saggio di vitalità cellulare MTT, gli effetti in vitro del GLP-1 e della Liraglutide in linee cellulari di carcinoma tiroideo midollare umano (TT e MZCRC-1) e di ratto (6-23 clone 6). Disegno sperimentale: tali linee sono state impiantate in multiwell da 96 pozzetti e trattate con GLP-1 e liraglutide a dosaggi crescenti, compresi fra 10-¹¹ e 10-7 M, al fine di valutare un’eventuale azione sulla proliferazione cellulare. Come controllo positivo per lo stimolo proliferativo sono stati utilizzati FBS (fetal bovine serum) a dosaggi crescenti compresi fra 0,1% e 10% e 17-beta-estradiolo a dosaggi crescenti compresi fra 10-9 e 10-5. Dopo 72 ore di stimolo le linee cellulari sono state sottoposte a saggio di vitalità cellulare MTT (Thiazolyl Blue Tetrazolium Bromide) ed i risultati espressi come percento sul basale (non trattati). Ogni condizione è stata ripetuta in otto pozzetti. Risultati: i saggi MTT hanno mostrato che mentre FBS e 17-beta-estradiolo hanno stimolato la crescita cellulare di circa il 20 ±1,7% e del 16±4,7% rispettivamente rispetto al basale, Liraglutide e GLP-1 non hanno avuto un’azione di stimolo significativa sulla proliferazione cellulare se paragonata al basale (non trattata). Conclusione: si evidenzia come in vitro Liraglutide e GLP-1 non hanno effetto sulla proliferazione delle linee cellulari di carcinoma midollare tiroideo umano e di ratto. Il modello di studio in vitro suggerisce che il GLP-1 ed i suoi analoghi non stimolano la progressione tumorale nelle cellule di carcinoma midollare della tiroide. Studi in vitro e studi prospettici basati su follow-up di pazienti diabetici trattati con analoghi del GLP-1 devono essere effettuati per potere escludere un’azione di iniziazione o promozione degli analoghi del GLP-1 sulla cancerogenesi delle cellule C della tiroide. P-39 DUE CASI DI IPERCHERATOSI CUTANEA IN PAZIENTI (PT) CON CARCINOMA PAPILLARE DELLA TIROIDE BRAF POSITIVO TRATTATI CON VUMERAFENIB (PLX4032) 1 C. Giani, 1E. Molinaro, 1A. Biagini, 1L. Pieruzzi, 2M.G. Delle Donne, 3A. Marsili, 4S. Mazzeo, 1P. Vitti, 1R. Elisei 1Dipartimento di Endocrinologia; 2Dipartimento Cardio-Toracico; 3Dipartimento di Reumatologia; 4Dipartimento ad Attività Integrata Radiodiagnostica, Radiologia Vascolare e Interventistica, Medicina Nucleare; Università di Pisa, Pisa. Introduzione: Vemurafenib è un potente inibitore thyrosino-kinasico specifico per la mutazione BRAF-V600E utilizzato prevalentemente nei melanomi cutanei di stadio IV o stadio III non resecabile, positivi per la mutazione BRAF-V600E. Attualmente è in corso uno studio multicentrico di fase II (NO25530) in aperto che prevede l’utilizzo di Vemurafenib in pazienti (pt) affetti da carcinoma papillare delle tiroide (CPT) metastatico o non resecabile, positivo per la mutazione del BRAF-V600E e resistente allo iodio radioattivo. La più importante tossicità correlata a tale farmaco è di tipo cutaneo con manifestazioni che vanno dalla ipercheratosi al carcinoma cutaneo squamo-cellulare (SCC) con tempi medi di insorgenza variabile da 4 a 17 settimane (1). A tale scopo il protocollo di studio sperimentale prevede un valutazione dermatologica al momento dello screening, alla terza settimana, alla sedicesima settimana e successivamente ogni 3 mesi. Risultati: abbiamo sottoposto a valutazione per arruolamento nel protocollo clinico sperimentale NO25530 8 pt di cui soltanto 3/8 (37.5%) sono stati randomizzati, in quanto rispettavano tutti i criteri di inclusione e non presentavano alcun criterio di esclusione. Uno/3 pt non ha avuto il tempo sufficiente per sviluppare lesioni cutanee in quanto ha sospeso il farmaco per un evento avverso grave (pancreatite acuta). Due/2 pt, attualmente in studio, hanno sviluppato entrambi fotosensibilità e ipercheratosi multiple. In particolare il paziente 1 ha sviluppato lesioni ipercheratosiche a livello del dorso durante la 4a settimana di trattamento con Vemurafenib; il paziente 2 ha sviluppato lesioni ipercheratosiche a livello della regione pre-sternale e sul dorso del naso durante la 3a settimana di trattamento. In entrambi i pazienti tali lesioni sono state sottoposte ad escissione cutanea con esame istologico definitivo che ha deposto per verruca ipercheratosica virale in entrambi i pazienti. Conclusioni: come sopra citato i due pazienti, che peraltro stanno presentando un ottima risposta alla terapia con Vemurafenib, dovranno essere attentamente seguiti da un punto di vita dermatologico per questa elevata suscettibilità al danno cutaneo. 1. Mattei PL, Alora-Palli MB, Kraft S, Lawrence DP, Flaherty KT, Kimball AB 2012 Cutaneous effects of BRAF inhibitor therapy: a case series. Ann Oncol P-40 ANORMALE CAPTAZIONE DEL RADIOIODIO IN UNA CISTI DERMOIDE DELL’ADDOME IN PAZIENTE CON CARCINOMA DIFFERENZIATO DELLA TIROIDE (CDT). S. Giovinazzo1, A. Campennì2, C. Vigneri2, S. Baldari2, R.M. Ruggeri1 1Dipartimento di Medicina clinica e sperimentale, UOC Endocrinologia & 2Dipartimento di Scienze Radiologiche, Sezione di Medicina Nucleare, Università di Messina. La scintigrafia corporea totale post-dose (pSCT) con 131I è un’indagine altamente sensibile nella identificazione di metastasi da CDT, anche se sono possibili falsi positivi, ampiamente descritti in letteratura. Qui riportiamo un abnorme accumulo di 131I in una cisti dermoide intra-addominale. Caso clinico. Donna di 63 anni sottoposta a tiroidectomia per gozzo multinodulare, con diagnosi istologica di carcinoma follicolare. In sospensione di terapia con L-T4 la paziente è stata sottoposta a: i. valutazione del residuo tiroideo, 24 ore dopo somministrazione di attività traccia di 131I (1.8 MBq), pari al 11%; ii. Terapia RadioMetabolica (TRM) con 131I ad attività ablativa (3700 MBq); iii. pSCT eseguita 5 giorni dopo TRM. La SCT ha rilevato la presenza di residuo tiroideo, area di abnorme captazione nel mediastino superiore e un’area di lieve iodo-captazione in addome. Al momento dell’esecuzione della SCT, il TSH sierico era 39.5 IU/L (v.n. 0.44.0) e la Tireoglobulina (hTg) era elevata (546 ng/ml), compatibile con la presenza di metastasi, in assenza di Ab-Tg. La risonanza magnetica (RM) dell’addome ha rilevato una massa disomogenea in sede addominale inferiore (ovaio). La nostra paziente non era a conoscenza di tale lesione né lamentava alcun disturbo pertinente. La neoformazione ovarica è stata asportata chirurgicamente e l’esame istologico è stato conclusivo per cisti dermoide. Mediante immunoistochimica, è stata dimostrata l’espressione del cotrasportatore sodio-iodio (NIS) a livello delle cellule epiteliali. Alcuni mesi dopo, la paziente è stata sottoposta a nuova TRM (5550 MBq) dopo stimolazione con rhTSH (protocollo standard). La pSTC ha dimostrato area di abnorme accumulo di radioiodio in mediastino, ma non ha rilevato alcuna captazione di radio-iodio in addome. Al momento della seconda TRM, i picchi sierici di TSH e Tg erano 112 UI/ml e 242 ng/ml, rispettivamente, con Ab-Tg negativi. Questo rappresenta il secondo caso in letteratura di accumulo del radioiodio in una cisti dermoide, il primo in cui sia stata dimostrata l’espressione del NIS a livello delle cellule epiteliali. Le cisti dermoidi (spesso clinicamente silenti) hanno frequenza non trascurabile e localizzazione anatomica variabile, per lo più intra-cranica o intra-addominale. Pertanto, queste lesioni andrebbero prese in considerazione come potenziale causa di falsi positivi alla SCT in pazienti con DTC. P-41 STORIA NATURALE DEI NODULI TIROIDEI DI PICCOLE DIMENSIONI S. Giuliano, R. Oliverio, C. Mannarino, R. Papadopoli, I. Belvedere, E. Viterbo, A. Belfiore Unità di Endocrinologia, Dipartimento di Scienze della Salute, Università Magna Graecia di Catanzaro I noduli tiroidei di piccole dimensioni (≤1,5 cm) rappresentano un problema clinico di crescente frequenza nella popolazione generale a causa del diffondersi dell’esame ecografico ad alta risoluzione. La storia naturale di questi noduli non è ben conosciuta per loro lenta evoluzione e per la possibile interferenza di terapie farmacologiche. Scopo del nostro studio è stato di valutare la storia naturale a lungo termine dei noduli tiroidei di piccole dimensioni, e di identificare eventuali fattori coinvolti nell’evoluzione di tali noduli al fine di poterne ottimizzare il management. Abbiamo retrospettivamente individuato 83 pazienti eutiroidei affetti da noduli solidi, non palpabili e di diametro massimo ≤1,5 cm, scoperti incidentalmente dopo esame ecografico in un periodo compreso tra Gennaio 1999 e Dicembre 2005. Tali pazienti (68 pazienti con nodulo singolo e 15 pazienti con 2 noduli, per un totale di 98 noduli) sono stati poi seguiti prospetticamente mediante esami ecografici annuali fino al Dicembre 2011. Nessun paziente era affetto da tiroidite o aveva mai assunto terapia con levotiroxina. Tutti i noduli avevano caratteristiche ecografiche e/o citologiche di benignità. Una variazione significativa del volume del nodulo è stata definita come un aumento o una riduzione del volume nodulare di almeno il 50% rispetto a quello iniziale. Dopo un follow-up medio di 96±31,9 mesi, 60/98 noduli (61,2%) sono rimasti stazionari, 15/98 (15,3%) si sono ridotti di volume e 2/98 (2%) sono scomparsi. Solo 23/98 noduli (23,5%) sono aumentati. Nessuno di questi presentava caratteristiche suggestive di malignità. Inoltre, nessuna variabile clinica o ecografica considerata risultava essere predittiva dell’evoluzione del nodulo. In conclusione, i nostri dati indicano che l’80% circa dei noduli tiroidei non palpabili, scoperti incidentalmente, rimangono stazionari o si riducono spontaneamente durante un periodo medio di 8 anni. Tuttavia, 1 nodulo su 4 aumenta di volume. Tale evoluzione non è in atto prevedibile sulla base di caratteristiche cliniche o ecografiche. P-42 SCREENING DELL’INCIDENZA DI PATOLOGIA TIROIDEA E CONSUMO DI SALE IODATO NEGLI STUDENTI DEL PRIMO ANNO DELLA SCUOLE MEDIE INFERIORI DI ALCUNE AREE DELLA REGIONE CAMPANIA P. Lanzetta¹, L. De Franciscis¹, B. Biondi² coordinatori scientifici ASL Salerno Regione Campania¹ – Fac. Medicina e Chirurgia Univ. Federico II Napoli². Introduzione: la legge n. 55 del 21/03/05 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 91 del 20 aprile 2005 “Disposizioni finalizzate alla prevenzione del gozzo endemico e di altre patologie da carenza iodica” prevede, nei successivi provvedimenti collegati, che vengano identificate, in ciascuna regione, aree sentinella tra quelle nelle quali sia stata documentata la presenza di carenza iodica e di endemia gozzigena. Per ciascuna area sentinella, viene individuata un’area urbana di riferimento. Sia nell’area sentinella che nell’area urbana di riferimento vengono scelte, secondo criteri random, alcune scuole frequentate da un numero di studenti rappresentativo dell’area in esame. Nella popolazione così reclutata, viene condotta la verifica degli indicatori di efficacia, effettuando anche la determinazione della prevalenza di gozzo determinata mediante esame clinico ed ecografia. In alcuni di questi centri è stato anche studiato l’uso o meno di sale iodato nelle famiglie di provenienza. Metodo: è stato praticato pertanto, uno screening utilizzando i dati clinici ed ecografici rilevati dallo studio da classi di prima media provenienti da istituti scolastici dei Comuni in esame con l’ausilio di specialisti volontari che hanno svolto il loro compito in una struttura messa a disposizione dai Comuni stessi in una giornata festiva. Tale esperienza è stata espletata nei Comuni di: Nocera Inferiore(SA), San Gennaro Vesuviano(NA), Minori(SA), Salerno, Torre Orsaia(SA), San Marzano sul Sarno(SA) con l’operato degli stessi Enti locali, del personale scolastico, di strutture del volontariato presenti in loco e dei medici provenienti da alcune delle principali società scientifiche endocrinologiche presenti in Italia, nonché delle famiglie dei ragazzi interessati al controllo. Conclusioni: i dati esibiti indicano che le patologie tiroidee sono presenti in maniera significativa anche in classi di età pre-adolescenziali. L’uso del sale iodato nella nostra regione è in incremento in alcune aree con distribuzione a macchia di leopardo, ma non nella maniera auspicata al momento del varo della legge. Educatori e partecipanti allo screening Professori: Pinchera A., Lombardi G., Bellastella A., Fenzi G., Gasperi M., Colao A., Biondi B., Macchia P., Docimo G., Orio F. Dottori: Agrimi D., Agrusta M., Bellastella G., Caggiano D., Campanile G., Carpenito A., Carpenito F., Coppola A., De Nicola B., Esposito M., Iorio S., Mainenti M., Napodano A., Novizio V., Pizzo M., Sabatino P., Settembrini S., Tommaselli A., Ventre I., Volpe R. P-43 FATTORI PREDITTIVI DI MALIGNITÀ IN UNA CASISTICA DI NODULI TIROIDEI CON DIAGNOSI CITOLOGICA INDETERMINATA S. Lattarulo, A. Ciampolillo, S. Longo , M. Polizzi, F. Giorgino, A. Pezzolla Dipartimento Dell’Emergenza e dei Trapianti Di Organo, Università ‘Aldo Moro’ Bari La patologia nodulare tiroidea è estremamente frequente nella popolazione generale e la maggior parte dei noduli è di natura benigna. L’agoaspirato tiroideo permette una selezione dei pazienti da sottoporre ad intervento chirurgico. Il giudizio citologico indeterminato non permette un conclusione diagnostica che è possibile solo con l’esame istologico; il 20% dei casi, infatti, risulta maligno, secondo i dati della letteratura Abbiamo condotto uno studio su di una popolazione sottoposta, presso L’Azienda Ospedaliera Policlinico, in un periodo di 3 anni, ad agoaspirato tiroideo per valutare la prevalenza nella nostra regione di noduli indeterminati che all’esame istologico risultavano maligni e se esistevano fattori predittivi clinici di malignità. Sono stati aspirati 3236 noduli tiroidei, di cui 258 (8%) affetti da citologia indeterminata; 88/258 (34%) sono afferiti alla nostra Unità Operativa per essere sottoposti ad intervento chirurgico di tiroidectomia totale Il 40.9% (n=36;) del campione presentava un tumore maligno, il 59% (n=52) una patologia benigna. La frequenza di tiroidite risultava del 21.6% (n=19;), senza differenze statisticamente significative tra maschi (n=2/20; 10%; 95% CI=1.2-31.7) e femmine (n=17/68; 25%; 95% CI=15.2-37; chi-quadro=2.05; p=0.15), né tra soggetti di età superiore a 65 anni (n=2/21; 9.5%; 95% CI=1.2-30.4) e soggetti più giovani (n=17/67; 25.4%; 95% CI=15.5-37.5; chi-quadro=2.37; p=0.12), 91.6% dei noduli maligni avevano un diametro< 4cm La più importante conclusione che si evince dal nostro studio è che, in accordo con la letteratura i criteri età, sesso e tiroidite non sono predittivi per una corretta diagnosi differenziale. Un recente lavoro propone l’assenza della tiroidite come fattore favorente la malignità. A differenza dei dati della letteratura la prevalenza di patologia maligna nel nostro campione risulta raddoppiata rispetto ad altre aree. La presenza di una lieve endemia gozzigena nella nostra area potrebbe fornire una spiegazione a tale aumentata prevalenza di patologia maligna. P-44 ANTIGENE CARBOIDRATICO 19.9 (CA 19.9): NUOVO FATTORE PROGNOSTICO NEGATIVO DEL CARCINOMA MIDOLLARE DELLA TIROIDE (MTC) L. Lorusso, C. Romei, V. Bottici, L. Agate, E. Molinaro, V. Cappagli, D. Viola, F. Luchetti, L. Grasso, P. Vitti, R. Elisei Dipartimento di Endocrinologia, Università di Pisa Calcitonina (Ct) ed antigene carcinoembrionario (CEA), ed in particolar modo il loro tempo di raddoppiamento, sono strettamente correlati con la progressione del MTC. Osservando un caso peculiare di MTC in un giovane paziente, rapidamente deceduto a causa della neoplasia, con alti livelli sierici di Ca 19.9 senza patologie neoplastiche gastroenteriche e considerando anche un altro caso riportato in letteratura di una donna con neoplasia endocrina multipla tipo 2B e alti livelli di Ca 19.9, ci siamo chiesti se anche il Ca 19.9 possa essere considerato un nuovo fattore prognostico negativo del MTC. Scopo dello studio è stato di valutare i livelli sierici di Ca 19.9 in 54 pazienti con MTC avanzato e di correlarli con i livelli sierici di Ct e CEA. Abbiamo pertanto dosato il Ca 19.9, la Ct ed il CEA nei pazienti e abbiamo valutato la mortalità nel gruppo di pazienti positivi al Ca 19.9 (>37 U/ml) rispetto a quelli negativi (<37 U/ml). Risultati: otto/54 (14,8%) pazienti presentavano alti livelli di Ca 19.9 (media: 140 U/ml, range: 43-276 U/ml); i valori medi di Ct e CEA erano 11.401 pg/ml e 2.112 U/ml, rispettivamente. Cinque degli 8 pazienti Ca 19.9 positivi (62,5%) morivano dopo un follow-up medio di 9 anni (range:1-29 anni). Nel gruppo dei 46 pazienti con normali valori di Ca 19.9, i valori medi della Ct e del CEA erano 2.340 pg/ml e 235 U/ml, rispettivamente: entrambi risultavano significativamente più bassi rispetto a quelli dei pazienti con Ca19.9 elevato (p<0,0001 per la Ct; p=0,0003 per il CEA). In questo gruppo, i pazienti deceduti (n=10, 21%) erano significativamente meno di quelli deceduti nel gruppo con Ca 19.9 elevato (p=0,01). Un’altra differenza statisticamente significativa (p=0,007) tra il gruppo dei pazienti con alti livelli di Ca 19.9 e quello con normali livelli del marker è stata identificata riguardo il sesso: 7/8 pazienti Ca 19.9 positivi erano femmine. Tra i due gruppi non vi era, invece, alcuna differenza statisticamente significativa riguardo la presenza di metastasi linfonodali e/o a distanza né riguardo l’età alla diagnosi. Conclusioni: 1) alti livelli di Ca 19.9 sono correlati con valori più elevati di Ct e CEA; 2) nei pazienti con elevati valori di Ca 19.9 la percentuale di mortalità è più alta; 3) nel sesso femminile c’è una più alta percentuale di positività del Ca 19.9; 4) la presenza di metastasi linfonodali e/o a distanza e l’età alla diagnosi non sono correlati con la positività del Ca 19.9; 5) sulla base di tali risultati, il Ca 19.9 sembrerebbe essere un fattore prognostico negativo nei pazienti con MTC, ma è ancora poco chiaro se il dosaggio del marker è utile anche in uno stadio precoce della malattia o solo nella fase avanzata. P-45 E PROGNOSI DEL ANDAMENTO CLINICO, FOLLOW-UP MICROCARCINOMA DIFFERENZIATO TIROIDEO G.A. Lupoli, A. Panico, F. Fonderico, R. Lupoli, A. Tortora, L. Barba, L. Coviello, G. Neri, G. Lupoli Dipartimento di Endocrinologia ed Oncologia Molecolare e Clinica Università degli Studi “Federico II” – Napoli INTRODUZIONE: Il microcarcinoma tiroideo (MCT) è definito dall’OMS come un tumore del diametro ≤ 1 centimetro il cui significato clinico–biologico non è stato del tutto chiarito. Tale patologia, sebbene generalmente considerata ad andamento benigno ed indolente, può mostrare, talvolta, un comportamento biologico più aggressivo, caratterizzato da recidiva locale e metastasi locali e/o a distanza. OBIETTIVO: Valutazione dell’andamento clinico, biochimico e strumentale di una popolazione di pazienti affetti da microcarcinoma differenziato tiroideo. MATERIALI E METODI: Da 395 pazienti affetti da micronoduli tiroidei con caratteristiche cliniche ed ecografiche “sospette” e sottoposti a FNC eco-guidato, 114 soggetti (82F/32M, età media 35.9±12.6 anni) con esame istologico diagnostico di carcinoma differenziato, sottoposti a tiroidectomia e ciclo complementare di 131I TRM sono stati inclusi in questo studio. In tali pazienti venivano registrati dati clinici, laboratoristici (Tg basale e/o dopo stimolo, FT3, FT4, TSH) e strumentali (ecografia del collo, e, se necessario, scintigrafia total-body, TC, PET/TC). RISULTATI: Dei 114 soggetti arruolati, 16 (14%) presentavano familiarità per carcinoma tiroideo. L’esame istologico evidenziava in 22 (19.3%) metastasi linfonodali ed in 30 (26.3%) lesioni multifocali. Durante il follow-up (≥ 5 anni) 18 soggetti (15,7%) presentavano recidiva di malattia (livelli di Tg basali e/o dopo stimolo > 2 ng/ml e/o evidenza radiologica-scintigrafica di recidiva). Confrontando questi pazienti con quelli che non presentavano recidiva è stata riscontrato un aumento della prevalenza della familiarità per carcinoma tiroideo (33.3% vs 10.4%, p=0.01) e della presenza di metastasi linfonodali alla diagnosi (38.8% vs 15.6%, p=0.02). Al contrario, nessuna differenza statisticamente significativa è stata ritrovata per la prevalenza di lesioni multifocali. CONCLUSIONI: Nella nostra casistica un’alta percentuale di microcarcinomi tiroidei è associata a recidiva e alcune caratteristiche cliniche ed istologiche sembrano avere un ruolo rilevante nella definizione del rischio di tale evento. Questi risultati suggeriscono che le sole dimensioni della lesione non possono sempre predire il comportamento biologico della neoplasia. P-46 PROPOSTA DI UN NUOVO SEMPLICE SCHEMA DI PREPARAZIONE ALL’ABLAZIONE CON 131I IN PAZIENTI TIROIDECTOMIZZATI PER CARCINOMA DIFFERENZIATO TIROIDEO G.A. Lupoli, M.R. Poggiano, A. Martinelli, M. Cacciapuoti, L. Barba, L. Coviello, N. Verde, F. Papa, G. Lupoli Dipartimento di Endocrinologia ed Oncologia Molecolare e Clinica Università degli Studi “Federico II” - Napoli INTRODUZIONE: Non è ancora ben definito quanto tempo di deprivazione da ormoni tiroidei sia necessario per l’ottenimento di concentrazioni di TSH≥30µIU/mL in preparazione all’ablazione con 131I (131I-A) in caso di carcinoma differenziato tiroideo (DTC). Bisogna tener conto che l’ipotiroidismo derivante dalla mancata assunzione di ormoni tiroidei ha un importante impatto sulla qualità di vita (QoL) dei pazienti. OBIETTIVO: Validare il più semplice approccio alla preparazione dei pazienti affetti da DTC per l’ablazione con 131I, riducendo al minimo l’impatto dell’ipotiroidismo. PAZIENTI E METODI: 60 pazienti (Gruppo A) dopo la tiroidectomia totale (TT) non assumevano L-T4 ed avrebbero praticato l’131I-A 3 settimane dopo. 30 pazienti (Gruppo B), già sottoposti a TT ed 131I-A, necessitavano di praticare scintigrafia total-body o nuova 131 I- TRM dopo stimolazione del TSH; veniva loro sospesa la terapia con L-T4 in preparazione a tale valutazione, programmata dopo 3 settimane (o più). Il TSH veniva misurato il giorno precedente la TT nel gruppo A e prima della sospensione della L-T4 nel gruppo B (tempo 1), di seguito ogni settimana fino a quando la concentrazione di TSH risultasse ≥30µIU/mL (tempo 2). La QoL è stata parallelamente valutata mediante l’indice di Billewicz. RISULTATI: Alla 3a settimana il 100% dei pazienti del gruppo A ed il 56.6% del gruppo B evidenziava un TSH>30µIU/mL. Nel gruppo B il cut-off è stato raggiunto in 4 pazienti alla 4a settimana (TSH 38.6±8.7µIU/mL), in 3 alla 5a (53.2±3), in 6 alla 6a (42.3±6.1). Dal tempo 1 al tempo 2, nel gruppo A i punteggi totali della QoL risultavano meno alterati (decremento percentuale:105%) che nel gruppo B (218%). Al tempo 2 il punteggio totale risultava>+19 nel gruppo A in 46 pazienti e nel gruppo B in 30. In entrambi i gruppi il TSH del terzile più alto di QoL non era differente da quello del più basso terzile (p>0.1). Si è evidenziata una correlazione positiva tra il tempo per ottenere TSH≥30 µIU/mL ed i punteggi totali della QoL. CONCLUSIONI: Nei pazienti sottoposti ad attenta tiroidectomia totale per DTC sono sufficienti 3 settimane per raggiungere concentrazioni di TSH≥30µIU/mL, in preparazione all’ablazione con 131I. Inoltre, la QoL in tali pazienti non subisce gravoso impatto data la breve durata del loro periodo di ipotiroidismo. P-47 IPOTIROIDISMO SUBCLINICO E INSUFFICIENZA LUTEINICA: RILEVANZA DEGLI INDICATORI DI FERTILITA’ A. Mancini, S. Raimondo, M. Persano, C. Di Segni, A. Saporosi, E. Giacchi, A. Pontecorvi Dipartimento di Medicina Interna e Centro Studi per la Regolazione Naturale della Fertilità, Università Cattolica del S.Cuore, Roma Come ben noto, una disfunzione tiroidea può influenzare il pattern ormonale del ciclo mestruale; nella nostra esperienza, comunque, l’ipotiroidismo subclinico, come causa di disordini ovulatori (specialmente della funzione luteinica) risulta sottostimato. Monitorare il ciclo femminile secondo il Metodo dell’Ovulazione Billings (BOM), può essere utile nello studio del fenomeno, permettendo un preciso timing per il dosaggio di parametri ormonali e la diagnosi di diversi disordini ormonali. Nello studio sono state reclutate 80 pazienti (tra 20 e 45 anni) che hanno consultato il Centro Studi e Ricerche Regolazione Naturale della Fertilità dell’Università Cattolica per apprendere il BOM, al fine di ottenere o evitare una gravidanza, le cui anomalie del ciclo evidenziate dal BOM non erano correlate a patologie cervico-vaginali; 22 avevano una storia di infertilità da 1 a 4 anni. Abbiamo valutato i livelli di progesterone (P) al 6°-7° giorno dopo il “picco del sintomo del muco”, oppure 6-7 giorni prima delle mestruazioni attese; abbiamo dosato i valori di fT3, fT4 e TSH basale, con il metodo IRMA; nei casi con livello di TSH normale o ai limiti superiori della norma, è stato effettuato un TRH test (200 ug ev, picco > 15 mcU/ml: diagnosi di ipotiroidismo subclinico. Il TRH test è stato indicativo di ipotiroidismo subclinico in 59 pazienti (picco media 21, + 1,4), che in base ai diversi pattern BOM classificate in 3 gruppi: A) Pattern anovulatorio del sintomo del muco (n=2); B) Fase post-picco breve, < 11 giorni e/o con spotting (n=37); C) Normale durata della fase luteinica (n=20); tra queste, due presentavano ipermenorrea. La prevalenza di ipotiroidismo subclinico è stata 74%. Nell’intero gruppo di ipotiroidismo, l’evidenza di anticorpi antitiroide è stata del 17%. La terapia sostitutiva tiroidea ha determinato un incremento dei valori di P (18,0 + 4,2 vs 9,9 + 0,9 ng/ml) e un allungamento della fase luteinica. La vivace risposta del TSH non era correlata a presenza di anticorpi antitiroide, escludendo quindi meccanismi autoimmuni alla base dei fenomeni osservati. Si è osservata una correlazione inversa statisticamente significativa tra il P e i valori di TSH al 30’ e al 60’. Questi dati suggeriscono che l’ipotiroidismo subclinico ha un impatto importante sulla funzione luteinica; il BOM può essere efficacemente utilizzato nello screening delle insufficienze luteiniche ed essere un valido strumento nella diagnostica e nelle opzioni terapeutiche nelle coppie con problemi di fertilità. P-48 AUMENTATO STRESS OSSIDATIVO NEI PAZIENTI CON BRONCOPATIA CRONICA OSTRUTTIVA E BASSI LIVELLI DI T3 A. Mancini, S. Raimondo, C. Di Segni, M. Persano, A. Silvestrini, E. Meucci, G. Corbo, S. Valente, A. Pontecorvi Dipartmento di Medicina Interna e Istituto di Biochimica e Biochimica Clinica, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma E’ noto che una sindrome a basso T3 (“Non thyroidal illness”, NTIS) può essere presente in malattie croniche, ma è ancora discusso se sia solo un adattamento o una condizione di reale ipotiroidismo. Fra i quadri ancora non completamente studiati va considerata la broncopatia cronica ostruttiva (BPCO), caratterizzata anche da aumentato stress ossidativo. Dati discordanti sulla funzione tiroidea sono presenti in letteratura, anche se in pazienti con severa ipossiemia è stata descritta una correlazione positiva tra PaO2 e ratio T3/T4. Abbiamo perciò studiato la capacità antiossidante plasmatica (CAT) in 32 pazienti con BPCO e 45 soggetti di controllo, per approfondire le relazioni tra ormoni tiroidei, funzione respiratoria e sistemi antiossidanti. La CAT è stata studiata con il metodo meta mioglobina-ABTS ed espressa come tempo di latenza (LAG) nella comparsa di specie radicaliche valutate spettroscopicamente. Nel gruppo di pazienti con BPCO, considerati nel loro insieme, i valori di TSH erano significativamente più alti dei controlli (1.9 ± 1.6 vs 1.1 ± 1.1 µU/ml, p=0.03), mentre i valori di fT3 ed fT4 erano più bassi (fT3: 2.8 ± 0.7 vs 3.5 ± 1.1 pg/ml, p=0.003; fT4 11.4 ± 4.2 vs 14.6 ± 7.4 pg/ml, p=0.04). Ulteriori dati sono stati però ottenuti dividendo i pazienti BPCO in base ai valori di fT3. I valori di LAG erano significativamente inferiori rispetto ai controlli nei pazienti con BPCO e normale T3 (n=20, 64.3 ± 10.1 vs 74.4 ± 15.7 sec), con un ulteriore significativa riduzione nei pazienti con bassa T3 (n=12, 54.3 ± 17.2 sec, p=0.021, test di Scheffé). I valori di LAG correlavano significativamente con i valori di fT3 (r2=0.21, p=0.0018). Non vi erano differenze statisticamente significative nei parametri respiratori dei due gruppi di pazienti BPCO, sebbene una tendenza verso valori minori di PaO2 fosse presenti nei BPCO con bassa T3. Questi dati sembrano indicare un aumentato stress ossidativo, con consumo di antiossidanti, nella BPCO, specialmente nei pazienti con bassa T3. La assenza di differenze nei parametri respiratori nei due gruppi studiati è in accordo con il concetto di BPCO come malattia sistemica, in cui i parametri di funzionalità respiratoria non sempre correlano con la severità della malattia; i bassi valori di T3 potrebbero quindi rappresentare un sensibile e precoce indice di severità in tale condizione. P-49 RUOLO DELLA PET/TC CON 68GA-DOTATATE IN PAZIENTI AFFETTI DA CARCINOMA MIDOLLARE DELLA TIROIDE CON MALATTIA PERSISTENTE O RECIDIVANTE DOPO L'INTERVENTO CHIRURGICO. F. Marciello1, M. Del Prete1, V. Marotta1, V. Ramundo1, AC. Carratù1, C. De Luca di Roseto1, R. Esposito1, L. Aloj2, A. Colao1, S. Lastoria2, A. Faggiano1,3 1 Dipartimento di Endocrinologia ed Oncologia Molecolare e Clinica, Università degli Studi di Napoli “Federico II”, Napoli 2 Dipartimento di Medicina Nucleare, Istituto Nazionale Tumori “Fondazione G. Pascale”, Napoli 3 Endocrinologia, Istituto Nazionale Tumori “Fondazione G. Pascale”, Napoli Diversi radiofarmaci (99mTc-DMSA pentavalente, 123I-MIBG, 111In-octreotide) sono stati testati al fine di migliorare la performance diagnostica delle metodiche radiologiche convenzionali (US, TC, RMN) nei pazienti affetti da carcinoma midollare della tiroide (CMT) con persistenti livelli di calcitonina post-tiroidectomia. Tuttavia, tali tecniche hanno mostrato una sensibilità variabile e relativamente bassa, sia a causa della scarsa risoluzione spaziale sia per effetto degli uptake fisiologici. Scopo del nostro studio è stato valutare il ruolo della PET/TC con 68Ga-DOTATATE in pazienti affetti da CMT con malattia persistente/recidivante dopo intervento chirurgico. Sono stati arruolati 12 soggetti sottoposti ad intervento chirurgico per CMT che presentavano al follow-up livelli sierici di calcitonina (CT) dosabili e in progressivo aumento. Al fine di identificare le lesioni tumorali sono state utilizzate tecniche radiologiche convenzionali. Inoltre, tutti i pazienti sono stati sottoposti ad esame PET/TC con 68Ga-DOTATATE. Tale procedura è stata effettuata acquisendo immagini total body 40-60 min dopo l’iniezione e.v. del radioligando (74-111 MBq). In 10/12 pazienti è stato identificato il focolaio tumorale mediante le tecniche di radiologia convenzionale mentre la PET/TC con 68Ga-DOTATATE risultava positiva in 5 pazienti. Nessuna lesione veniva identificata dalle metodiche in esame in 2 pazienti. La PET/TC con 68Ga-DOTATATE ha dimostrato una sensibilità del 50% e una specificità del 100%. L’analisi delle curve ROC non ha dimostrato nessuna correlazione significativa tra il SUVmax e i livelli di CT sierici (p=0.808). La PET/TC con 68Ga-DOTATATE presenta un’alta specificità nell’identificazione di persistenza/recidiva tumorale in pazienti operati per CMT ma la sua sensibilità non si è dimostrata superiore a quella delle tecniche di radiologia convenzionale in caso di focolai occulti di malattia. Tuttavia, la PET/TC con 68Ga-DOTATATE può assumere un possibile ruolo nell’identificazione delle lesioni con elevata espressione di recettori della somatostatina eleggibili al trattamento radio metabolico con analoghi della somatostatina. P-50 L’OUTCOME DEL MICROCARCINOMA MIDOLLARE DELLA TIROIDE G. Marconcini, C. Romei, V. Bottici, L. Valerio, V. Cappagli, A. Vivaldi, R. Ciampi, F. Luchetti, P. Vitti, R. Elisei Dipartimento di Endocrinologia, Università di Pisa Introduzione: Il microcarcinoma midollare della tiroide (mMTC) <1-1,5 cm, si riscontra all’incirca nello 0,2-8% delle autopsie, pertanto potrebbe essere considerato clinicamente poco rilevante. Scopo: Valutare l’outcome e i fattori prognostici associati al mMTC. Pazienti e metodi: Abbiamo studiato 84 pz (30m; 54f) affetti da mMTC sporadico, con età media di 51,4 aa. In 37/84 pz (44%) si osservavano metastasi già alla diagnosi: 34/84 (40,5%) linfonodali e 3/84 (3,5%) epatiche. In 58/84 pz (69%), la diagnosi era stata eseguita con la misurazione routinaria della calcitonina, negli altri casi la diagnosi era citologica (16/84 casi) o incidentale (10/84). Dopo 7 aa di follow-up, 48/84 pz (57%) risultavano guariti, 17/84 pz (20%) presentavano una persistenza biochimica di malattia e 19/84 (22,6%) metastasi a distanza. Nessun pz è deceduto a causa della malattia neoplastica. Risultati: Sulla base del diametro della neoplasia i pz sono stati suddivisi in gruppi, 12/84 pz avevano un mMTC <0,5 cm [gruppo-A]; 52/84 (61,9%), 0,5␣1 cm [gruppo-B] e 20/84 (23,8%) >1 cm. Il comportamento biologico della malattia è correlato in modo significativo con il diametro della neoplasia e nessun paziente del gruppo-A ha presentato metastasi (p=0.0033). Di contro, 20/52 pz (38.5%) del gruppo-B e 12/20 (60%) del gruppo-C, mostravano metastasi linfonodali e/o a distanza. I tre casi di metastasi a distanza appartenevano tutti al gruppoC. Nel gruppo-A, 9/12 pz (75%) erano guariti e 3/12 in persistenza biochimica di malattia; 30/52 pz (57,7%) del gruppo B erano in remissione clinica, 22/52 pz risultavano ancora non guariti (13 biochimici e 9 metastatici); solo 9/20 (45%) del gruppo-C erano guariti, ben 11/20 risultavano ancora non guariti (1 biochimico e 10 metastatici). In ben 58 pz (11/12 gruppo-A, 39/52 gruppo-B e 8/20 del gruppo-C) la malattia è stata diagnosticata con la misurazione routinaria della calcitonina. Conclusioni: Questo studio mostra che la possibilità di guarigione è correlata con il diametro della neoplasia. Sulla base dei dati si osserva una progressiva riduzione della percentuale di guarigione in funzione del diametro crescente. In base a questi dati pertanto rimane ancora non chiaro se il mMTC, risulti o meno un tumore a basso grado di malignità. P-51 ZEBRAFISH, UN NUOVO MODELLO PER STUDIARE L’AZIONE DELLA T3 F. Marelli1, L. Persani1,2 1IRCCS Istituto Auxologico Italiano-Milano, 2Università degli Studi di Milano. L’ormone tiroideo (OT) è noto svolgere azioni fondamentali nel differenziamento tessutale sia nell’uomo che in numerosi altri modelli animali. In questo studio, abbiamo voluto verificare l’utilità del modello Zebrafish Danio Rerio per lo studio dei meccanismi di azione dell’OT. Oltre ai vantaggi intrinseci di questo modello animale, i geni coinvolti e i meccanismi che regolano l’asse tiroideo sono altamente conservati e comparabili all’uomo, ma non esiste esperienza sullo specifico ruolo dei due recettori OT, TRalpha e TRbeta. Tramite iniezione di oligonucleotidi sintetici o “morpholinos” abbiamo silenziato l’espressione dei TRalpha e TRbeta, creando tre linee difettive: 1) morphante TRalpha (MO_A) 2) morphante TRbeta (MO_B) e 3) doppio morphante TRalpha e TRbeta (MO_AB). Il silenziamento con morpholino ha effetto fino a 4 giorni post-fertilizzazione e abbiamo visto che l’inattivazione del TRalpha è accompagnata da un significativo aumento della forma beta, e viceversa, suggerendo un meccanismo di compensazione dell’embrione alla mancanza di una dei recettori. Gli embrioni sono stati bloccati a 48, 72, 96 e 120 ore post-fertilizzazione (opf) e valutati da un punto di vista morfologico (sviluppo embrionale, formazione dei grandi e piccoli vasi) e funzionale (regolazione dell’asse tiroideo, funzionalità cardiaca). L’analisi morfologica ha evidenziato come l’inattivazione di entrambi i geni porti ad un blocco nella crescita, con una lunghezza ridotta dell’embrione, coda incurvata e pigmentazione anomala rispetto al wt. Ad essa si affiancano difetti di sviluppo più o meno marcati nelle tre linee MO, tra cui, edema pericardico, incompleto o mancato riassorbimento della vescica natatoria e malformazioni della mandibola. In aggiunta, i MO_B e AB mostrano difetti di sviluppo della vescicola otica, l’organo sensoriale comparabile all’orecchio umano e gravi alterazioni dei grandi e piccoli vasi (aorta dorsale, vasi intra ed inter-segmentali, vene del portale sub-intestinale). I MO_A, invece, mostrano un normale sviluppo dei processi vascolari ma difetti di angiogenesi a carico dei vasi sub-intestinali. Tramite real-time PCR abbiamo poi valutato l’espressione dei geni TRH, TRHR, TSHbeta, TSHR e TG. I MO_A hanno livelli di espressione genica paragonabili al wt mentre i MO_B e AB mostrano una significativa e duratura over-espressione del TSHb e della TG suggerendo quindi un ruolo fondamentale di TRbeta nel feedback negativo. L’attivazione dell’asse tiroideo nei MO-B si riflette in un’ipertrofia cardiaca e tachicardia. Al contrario i MO_A mostrano ipotrofia/bradicardia, e i MO_AB hanno gravi malformazioni. In conclusione, gli embrioni di zebrafish carenti per una o entrambe le forme recettoriali mostrano drammatiche alterazioni differenziative a carico di diversi tessuti, compresi quelli bersaglio di OT nei mammiferi, rappresentando un valido strumento per lo studio in vivo dell’azione dell’OT e dei mutanti recettoriali. P-52 RUOLO DELLA PET-FDG NEL PREDIRE LA RISPOSTA MORFOLOGICA IN PAZIENTI CON CARCINOMA DIFFERENZIATO DELLA TIROIDE AGGRESSIVO NON IODO-RESPONSIVO IN TERAPIA CON SORAFENIB V. Marotta1, M. Del Prete1, F. Marciello1, V. Ramundo1,R. Esposito1, A.C. Carratù1, C. De Luca1, R. Fonti2, L. Camera2, M. Salvatore2, M. Vitale3, A. Colao1, A. Faggiano1,4 1 Dipartimento di Endocrinologia ed Oncologia Molecolare e Clinica, Federico II, Università di Napoli 2Dipartimento di Scienze Biomorfologiche e Funzionali, Federico II, Università di Napoli 3Dipartimento di Medicina e Chirurgia, Università di Salerno, Baronissi 4Endocrinologia, Istituto Nazionale dei Tumori, “Fondazione G. Pascale”, Napoli Obiettivi: Molteplici trials clinici di fase II hanno dimostrato l’efficacia dell’inibitore tirosino-chinasico sorafenib nell’ottenere una risposta morfologica in pazienti con carcinoma differenziato della tiroide (CDT) aggressivo non iodo-responsivo. Obiettivo dello studio è di valutare il ruolo della PET-FDG nel predire la risposta radiologica al sorafenib in questi pazienti. Metodi: E’ stata praticata una analisi retrospettiva di 11 pazienti affetti da CDT non iodo-responsivo in progressione sottoposti a terapia con sorafenib. L’esame TC total-body è stato praticato in basale ed ogni 12 settimane per valutare la risposta morfologica. L’esame PET-FDG è stato praticato in basale e dopo 15 giorni dall’inizio della terapia per valutare la risposta metabolica precoce. La risposta radiologica è stata calcolata utilizzando i criteri RECIST versione 1.1. Il valore medio di SUVmax (mSUVmax) delle lesioni target identificate alla TC è stato utilizzato come parametro di quantificazione dell’attività metabolica. L’analisi di varianza ad una via è stata utilizzata per comparare il valore di mSUVmax ottenuto alla PET-FDG basale con quello della PET-FDG praticata dopo 15 giorni. Risultati: In otto pazienti è stato ottenuto un arresto della progressione di malattia (4 stabilizzazioni di malattia e 4 risposte parziali) mentre in 3 casi si è verificata una ulteriore progressione di malattia nonostante l’assunzione del sorafenib. Tutte le lesioni target identificate attraverso la TC praticata in basale avevano un SUVmax superiore a 3 (mean±DS 11.6±8.2). In tutti i pazienti la PETFDG praticata dopo 15 giorni ha evidenziato una riduzione del mSUVmax (mean±DS decrease 29.9%±15.7). La riduzione del mSUVmax era significativamente maggiore nei pazienti che avevano ottenuto una risposta radiologica rispetto a coloro che non avevano risposto al trattamento (p=0.002).Conclusioni: La valutazione della risposta metabolica precoce al trattamento con sorafenib, ottenuta mediante PET-FDG praticata dopo 15 giorni dall’inizio della terapia, può identificare pazienti con una minore probabilità di ottenere una risposta morfologica e può pertanto svolgere un ruolo chiave nel decision-making di questo tipo di contesto clinico. P-53 PROFILO DI TOSSICITA’ DELLA TERAPIA CON INIBITORE TIROSINOCHINASICO SORAFENIB IN PAZIENTI CON CARCINOMA DIFFERENZIATO TIROIDEO IODO-REFRATTARIO IN PROGRESSIONE V. Marotta1, M. Del Prete1, F. Marciello1, V. Ramundo1, R. Esposito1, A.C. Carratù1, C. De Luca1, R. Fonti2, L. Camera2, M. Salvatore2, M. Vitale3, A. Colao1, A. Faggiano1,4 1 Dipartimento di Endocrinologia ed Oncologia Molecolare e Clinica, Federico II, Università di Napoli 2Dipartimento di Scienze Biomorfologiche e Funzionali, Federico II, Università di Napoli 3 Dipartimento di Medicina e Chirurgia, Università di Salerno, Baronissi 4Endocrinologia, Istituto Nazionale dei Tumori, “Fondazione G. Pascale”, Napoli Obiettivi: La terapia biologica con l’inibitore tirosino-chinasico sorafenib si è rivelata efficace nel trattamento del carcinoma differenziato della tiroide (CDT) refrattario al radio-iodio. Pur essendo classicamente ben tollerati, gli inibitori tirosino-chinasici possono determinare diversi eventi avversi, talvolta anche fatali. Obiettivo dello studio è di valutare l’incidenza di eventi fatali in pazienti affetti da CDT iodo-refrattario responsivi alla terapia con sorafenib. Metodi: E’ stata praticata un’analisi retrospettiva di 12 pazienti affetti da CDT progressivo non iodo-responsivo in cui la terapia con sorafenib ha determinato un arresto della progressione metastatica (risposta parziale e malattia stabile secondo i criteri RECIST). Il tempo mediano di follow-up è stato di 15.5 mesi. Risultati: Eventi fatali sono stati riportati in 5 pazienti (41.6%). Tre pazienti hanno sviluppato una emorragia massiva delle vie aeree superiori dopo 4 mesi di trattamento. Si trattava di soggetti con un’ampia infiltrazione neoplastica del vettore tracheo-esofageo, precedentemente sottoposti a radioterapia del collo. Due pazienti hanno invece sviluppato un arresto cardiaco dopo 10 mesi di terapia. In entrambi i casi il trattamento con sorafenib aveva determinato l’insorgenza di ipertensione arteriosa. Tutti questi pazienti tranne uno (deceduto per arresto cardiaco) assumevano la terapia a dosaggio massimale (800 mg/die). Conclusioni: La terapia con sorafenib, seppure efficace in una elevata percentuale di soggetti affetti da CDT iodorefrattario, potrebbe essere correlata all’insorgenza di eventi fatali. Potrebbe essere pertanto necessario escludere o utilizzare un dosaggio minimo di farmaco in alcune tipologie di pazienti, come quelli che presentano infiltrazione neoplastica tracheo-esofagea e/o hanno avuto pregresse radioterapie. E’ inoltre consigliato un monitoraggio cardiologico e pressorio costante in tutti i casi ed un deciso intervento farmacologico in caso di insorgenza di ipertensione arteriosa. P-54 ECOGRAFIA INTERVENTISTICA E CHIRURGIA RADIOGUIDATA NEL REPERIMENTO DI LINFONODI METASTATICI DA CARCINOMA TIROIDEO A. Martino1, E. Fiore3, C. Lombardi 2, P. Miletto 2, M. Rossi1 1 Unità Operativa Complessa di Diagnostica per Immagini - Ospedale S Ottone Frangipane Ariano Irpino 2 Dipartimento Immagini - AORN S.G. Moscati Avellino 3 Unità Operativa Endocrinologia I –Azienda Ospedaliera Pisana Obiettivi dello studio: l’obiettivo dello studio è stato quello di impiegare una tecnica di ecografia interventistica propedeutica alla chirurgia radioguidata, per localizzare preoperatoriamente recidive metastatiche linfonodali del collo, in pazienti con carcinoma tiroideo papillifero e midollare già sottoposti a tiroidectomia ed a trattamento con radioiodio (papilliferi). Materiali: abbiamo selezionato 33 pazienti affetti da carcinoma papillifero (PTC) e carcinoma midollare (MTC) con evidenza ecografica, nella regione del collo di linfoadenopatie sospette clinicamente occulte. La nostra metodica consiste in una nuova applicazione della tecnica ROLL (Radioguided Occult Lesion Localization) prevalentemente utilizzata per la ricerca di lesioni mammarie non palpabili. La tecnica prevede l' iniezione di particelle di macroaggregati di albumina marcate con 99mTc, direttamente all' interno della lesione, sotto guida ecografica. La persistenza del tracciante radioattivo nei linfonodi, viene confermata da un esame scintigrafico effettuato due ore dopo l' iniezione. In sede operatoria, con l' impiego di una sonda per chirurgia radioguidata, si procede alla localizzazione ed all' asportazione dei linfonodi iniettati. Risultati: un numero complessivo di 69 linfonodi è stato iniettato con tracciante radioattivo. Tutti i linfonodi iniettati sono stati localizzati ed asportati (100%). All' istologia la presenza di metastasi di PTC o MTC è stata confermata in 52 su 69 linfonodi (75,3%). Almeno un linfonodo metastatico per paziente è stato aportato. In 10 su 33 pazienti (30,3%) sono stati trovati anche linfonodi reattivi (17 su 69). Conclusioni: questa tecnica di ecografia interventistica propedeutica alla chirurgia radioguidata si è dimostrata altamente efficace per la localizzazione ed il successivo trattamento chirurgico di linfonodi clinicamente occulti, rilevabili ecograficamente nel collo e gioca un importante ruolo nella terapia chirurgica dei linfonodi metastatici da carcinoma tiroideo. P-55 VALORE PREDITTIVO DELLA TIREOGLOBULINA ULTRASENSIBILE AL MOMENTO DELL’ABLAZIONE CON RADIOIODIO ESEGUITA IN EUTIROIDISMO A. Matrone, C. Gambale, L. Agate, E. Molinaro, V. Bottici, A. Biagini, P. Passannanti, D. Viola, P. Vitti, R. Elisei Dipartimento di Endocrinologia e Metabolismo – Università degli Studi di Pisa Il carcinoma differenziato della tiroide (DTC) è una neoplasia maligna di origine epiteliale. Il trattamento iniziale consta dell’intervento chirurgico di tiroidectomia totale e della terapia radiometabolica con 131I. Il follow up, è clinico, laboratoristico ed ecografico ed il punto cardine per definire la remissione di malattia è il test di stimolo con TSH umano ricombinante (rhTSH). La recente introduzione del dosaggio della tireoglobulina ultrasensibile (TgUs) sembra poter modificare gli algoritmi di follow up di questi pz. Scopo: a) valutare il significato prognostico, dopo 12 mesi di follow up, della TgUs al momento dell’ablazione; b) identificare un gruppo di pazienti più inclini alla guarigione immediata; c) proporre un algoritmo diagnostico/terapeutico per discernere i pz da trattare con il 131I. Pazienti e metodi: abbiamo valutato 250 pz consecutivi, affetti da DTC, con AbTg <20 U/ml, trattati con tiroidectomia totale e in procinto di eseguire terapia con 30 mCi di 131I dopo stimolo con rhTSH. Il valore della Tg all’ablazione, dopo 3 giorni dallo stimolo con rhTSH (3°gg-Tg) e dopo 12 mesi è stato correlato con diverse caratteristiche cliniche ed epidemiologiche. Risultati: i pz che presentavano una Tg indosabile (<0,1 ng/ml), al momento dell’ablazione, in terapia soppressiva (LT4-TgUs) ed un’ecografia negativa per ripetitività linfonodali, avevano un’altissima probabilità di guarigione; di contro, quelli con LT4TgUs>1 ng/ml mostravano alte probabilità di recidiva/persistenza. I linfonodi metastatici all’ablazione, correlavano con la persistenza di malattia ma non i linfonodi metastatici all’istologia (N1). Una 3°gg-Tg <0,5 ng/ml, seppur dosata con metodica “non ultrasensibile”, correlava significativamente con la remissione clinica di malattia. Conclusioni: Il valore di LT4-TgUs al momento dell’ ablazione è un ottimo indice prognostico di guarigione/recidiva di malattia dopo 12 mesi di follow up, così come il valore di 3°gg-Tg. L’istologia meno aggressiva, l’assenza di linfonodi metastatici all’istologia (N0) e bassi di valori di captazione alla 3° ora (<2%), sono significativamente correlati alla remissione clinica. Pertanto, i pazienti con tali caratteristiche, in un futuro prossimo potrebbero non eseguire più la terapia radiometabolica ablativa ma solo un attento follow up clinico, laboratoristico ed ecografico nel tempo. A tale scopo abbiamo proposto un nuovo algoritmo diagnostico terapeutico da validare in uno studio prospettico per questo specifico gruppo di pazienti. P-56 CONSUMO DI SALE IODATO E PREVALENZA DEL NODULO TIROIDEO IN ABRUZZO S. Melanzi*, G. Di Dalmazi*, M. Carpentieri*, C. Antonangelo#, e il gruppo endocrinologico abruzzese (GEA) *Endocrinologia, Universita` di Chieti; #UOC Endocrinologia, Osp. S. Salvatore, L’Aquila; Ambulatorio Endocrinologia, UOC Med. Interna, Osp. G. Mazzini, Teramo; Serv Ambulatoriale Endocrinologia, Osp S. Spirito , Pescara; UOC Medicina, Osp. F. Renzetti, Lanciano (CH). Nel 2010 e nel 2012 sono state promosse manifestazioni di informazione e prevenzione sulle patologie della tiroide dalle principali Associazioni Scientifiche endocrinologiche (AIT, AME, SIE). L’obiettivo era di sensibilizzare l’opinione pubblica sulle malattie della tiroide e sulla iodoprofilassi. Sia nel 2010 che nel 2012 sono stati distribuiti dei questionari con domande relative a familiarità, sale iodato, gravidanza, patologie tiroidee già diagnosticate. Gli endocrinologi abruzzesi riuniti nel GEA hanno inoltre effettuato ecografie gratuite in ambiente ospedaliero e in alcuni grandi centri commerciali della regione Abruzzo. Dalla elaborazione dei dati del questionario del 2012 è emerso che il 54% dei soggetti usa sale iodato, con un significativo aumento rispetto al 2010 (44,5%). Nel 2012, tra i soggetti che non erano mai stati sottoposti ad ecografia tiroidea (277 soggetti) è stata riscontrata la presenza di noduli nel 23,1% dei casi, con una prevalenza di micronoduli, diametro massimo inferiore ad 1 cm; i dati confermano un miglioramento rispetto al rilevamento del 2010 quando il riscontro di patologia nodulare tra i soggetti non visitati (480) era stato del 30,8% (anche in questo caso con prevalenza di noduli di diametro <1 cm). Inoltre i nostri dati evidenziano che le iniziative svolte in ambiente “non sanitario” (nello specifico all’interno di centri commerciali) consentono di raggiungere un maggior numero di pazienti non precedentemente visitati (75.7% del totale dei pazienti sottoposti ad ecografia) rispetto a quelle svolte in ambiente ambulatoriale (63.5%). I nostri dati evidenziano che, sebbene ancora lontano dai livelli ottimali, il consumo di sale iodato nella regione Abruzzo e` in significativo aumento, probabilmente proprio grazie a manifestazioni e campagne di sensibilizzazione dell’opinione pubblica. Corollario al maggior consumo di sale iodato e` il riscontro di una minore percentuale di pazienti con nodularita` tiroidea. P-57 IODOPROFILASSI CON SALE IODATO IN GRAVIDANZA E SVILUPPO NEUROINTELLETTIVO: RISULTATI DI UNO STUDIO PILOTA PROSPETTICO M. Moleti1, G. Ilardo2, M. Boncoddo2, A.C. Longo2, B. Di Bella1, S. Presti1, G. Sturniolo1, G. Tortorella2, F. Trimarchi1, F. Vermiglio1 1 Dip.Clinico-Sperimentale di Medicina e Farmacologia, Sezione di Endocrinologia; 2Dip. Neuropsichiatria Infantile. Università di Messina. Premessa. Un adeguato apporto iodico durante la gravidanza è essenziale per garantire l’eutiroidismo materno e fetale e, conseguentemente, un normale sviluppo del SNC del feto. Scopo del lavoro. Verificare l’efficacia della iodoprofilassi con sale iodato sullo sviluppo neurointellettivo di nati da madri residenti in un’area moderatamente iodocarente. Soggetti. Sessanta bambini di età ≥6 e ≤12 anni, nati da madri afferite tra il 2000 ed il 2006 al nostro centro per il monitoraggio della funzione tiroidea in gravidanza, inquadrati nei seguenti 4 gruppi: 1) gruppo sale iodato (Is), n=15 nati da madri che facevano uso regolare di sale iodato da almeno 2 aa; 2) gruppo sale iodato + L-Tiroxina (Is-LT4+), n=15 nati da madre che, oltre ad usare il sale iodato da almeno 2 aa, assumevano LT4 a dosi sostitutive o semi-soppressive già prima della gravidanza; 3) gruppo no sale iodato (no-Is), n= 15 nati da madri non iodo-supplementate; 4) gruppo no sale iodato ma LT4 (no-Is- LT4+), n= 15 nati da madri non iodosupplementate, in terapia con LT4 a dosi sostitutive o semi-soppressive già prima della gravidanza. Metodi. Wechsler Scale of Intelligence Scale for Children 4a ed. (WISC-IV), 13 sottoscale. Risultati. Il quoziente intellettivo totale (tIQ) risultava significativamente più alto nei bambini nati da madri iodosupplementate (gruppo Is tIQ 93.7±12.2 e gruppo Is-LT4+ tIQ 95.8±18.2, p NS) rispetto a quelli nati da madri non iodosupplementate (gruppo no-Is tIQ 82.3±15.1 e gruppo no-Is-L-T4+ tIQ 84.1±14.7, p NS). Questo dato era indipendente dai livelli di FT4 materna che, come atteso, erano significativamente più alti in tutti i momenti della gravidanza nelle donne in terapia con LT4. La percentuale di bambini con deficit cognitivo (tIQ <85 punti) era significativamente più bassa (circa 3 volte) nei gruppi di bambini nati da madri iodosupplementate (gruppi Is e Is-LT4+ 23.3% vs gruppi no-Is e no-Is-LT4+ 63.3%, χ 2 8.21 p 0.004). Conclusioni. Lo sviluppo neuro intellettivo sembrerebbe essere condizionato dall’apporto nutrizionale di iodio piuttosto che dai livelli di T4 delle madri, verosimilmente in rapporto con una più adeguata funzione tiroidea fetale. Tuttavia, l’alta percentuale di deficit cognitivo osservata anche nei nati da madri che usavano regolarmente il sale iodato indica che tale misura di iodoprofilassi può non essere sufficiente in gravidanza a garantire un ottimale apporto di iodio al feto. P-58 IPOTIROIDISMO CONGENITO CAUSATO DA UNA NUOVA MUTAZIONE OMOZIGOTE DEL GENE DELLA TIREOPEROSSIDASI. A. Molinaro, F. Niccolai, P. Agretti, G. De Marco, E. Ferrarini, A. Dimida, P. Vitti, B. Bagattini, L. Montanelli, M. Tonacchera Dipartimento di Endocrinologia, Università di Pisa L’ipotiroidismo congenito con gozzo dovuto a difetti di organificazione dello iodio è ereditato come tratto recessivo ed è spesso dovuto a mutazioni del gene della tireoperossidasi (TPO). Il gene umano della TPO contiene 17 esoni ed è localizzato sul cromosoma 2p25. Il gene codifica per un enzima contenente un gruppo eme di 933 aminoacidi molto simile alla mieloperossidasi umana. Ad oggi sono state descritte più di 50 mutazioni del gene della TPO che determinano una alterata attività funzionale. Lo scopo del nostro studio è stato quello di eseguire l’analisi del gene della TPO in una paziente affetta da ipotiroidismo congenito trattato tardivamente associati a gozzo nodulare. La paziente presentava un alterato sviluppo psicosomatico ed era in terapia con L-T4 dall’età di circa 3 anni. All’esame ecografico era presente una tiroide di dimensioni superiori alla norma con nodulo destro di 5 cm. Gli esami di laboratorio mostravano valori di FT3, FT4 e TG nella norma, TSH inferiore alla norma ed assenza di anticorpi anti tiroide in terapia con L-T4. A completamento dell’iter diagnostico è stato effettuato test al perclorato dopo somministrazione di TSH ricombinante che si rivelava positivo con dismissione del radioiodio del 91% a 1 ora dalla somministrazione di perclorato di potassio. Il DNA genomico è stato estratto dal sangue della paziente e di 50 soggetti normali di controllo. Tutti i 17 esoni che compongono il gene della TPO sono stati amplificati per PCR, sequenziati con BigDye Terminator Kit e analizzati su 3130xl genetic analyzer. Nel sangue della paziente è stata identificata una nuova mutazione puntiforme omozigote a livello dell’esone 10 del gene della TPO (ACG/ATG) che determina la sostituzione in posizione 561 dell’aminoacido treonina con l’aminoacido metionina (T561M). Erano inoltre presenti varianti alleliche già descritte in letteratura. La mutazione non è stata identificata nel DNA da sangue dei 50 soggetti normali. In conclusione, abbiamo identificato una nuova mutazione omozigote del gene della TPO in una paziente affetta da ipotiroidismo congenito trattato tardivamente. La mutazione è responsabile del difetto di organificazione dello iodio che ha determinato l’ipotiroidismo. P-59 MIXEDEMA PRETIBIALE AD ESORDIO TARDIVO IN PAZIENTE CON IPERTIRODISMO REFRATTARIO AL TRATTAMENTO A. Montepagani, P. Lazzeri, *M. Guadagni, ^P. Dessanti, ^N. Gorgji, A. Ciarmiello, M. Cappagli Medicina Nucleare, *Dermatologia, ^Anatomia Patologica, Ospedale S.Andrea, La Spezia Il Sig. D.C.C, nel 2006 a 40 anni, giungeva al nostro ambulatorio per ipertiroidismo (IP) senza severa oftalmopatia (OF), con OT: FT4=5.80 ng/dl(0.89-1.79); FT3=1.38 ng/dl (0.16-0.38); TSH=0.09 uUI/ml(0.20-4.0); AbTg= negativi, AbPO=128 U/ml (0-20), Trab= 24.9 U/L.(<1.50). Alla scintigrafia: ghiandola di dimensioni aumentate (x2) con prevalenza funzionale e volumetrica del lobo sinistro. All’ECO volume: 41 ml. Il Paziente (Pz) iniziava metimazolo (MMZ) 30 mg/dì ma, dopo una iniziale risposta (FT4= 1.40 ng/dl; FT3=0.42 ng/dl; TSH=0.09 uUI/ml ), mostrava una prima recidiva alla dose di 20 mg/dì. Dopo ulteriori, ripetute recidive ed in considerazione dell’età, si proponeva la tiroidectomia che il Pz rifiutava, per cui si somministrava (2009) una prima dose di 131 I:10mCi (370 MBq), (L.G. SIE-AIMN-AIFM) e nel 2011 una seconda dose (15 mCi = 555 MB). Nel dicembre 2011 il Pz notava, la comparsa di una lesione cutanea della gamba destra che, interpretata inizialmente come eritema nodoso, si presentava come “un’area rilevata sulla cute del piatto tibiale destro, di 2 x 3cm con asse maggiore cranio-caudale e margini sfumati, aderente ai piani cutanei e mobile sui piani fasciali sottostanti; la cute era translucida ed eritematosa; la consistenza teso-elastica, compatta".Per la progressione della lesione e nel sospetto di un dermatofibrosarcoma veniva eseguita biopsia della neoformazione.L’esame istologico evidenziava: “ipercheratosi del derma e lieve infiltrato linfomonocitario con sparse cellule miofibroblastiche immerse in abbondante edema e stroma mixoide”. La diagnosi era di mixedema pretibiale (MP). Il Pz, attualmente, continua a presentare recidiva di IP con persistenza di Trab elevati (42 U/L) ed è sempre sottoposto a terapia con MMZ (10 mg/dì). La lesione cutanea descritta si è estesa a 10 x 4 cm, determinando edema della gamba destra, bruciore, prurito e parziale limitazione funzionale dell’arto. Per tale motivo il dermatologo, anche per l’ inefficacia dei trattamenti topici (TT), ha proposto l’exeresi della lesione. Commento: il MP, associato nel 97% a OF, ha una bassa incidenza (0.5-4.3% Graves), rapporto F:M=3.5:1 e genesi incerta, ma con documentato accumulo di glicosaminoglicani per probabile stimolazione dei fibroblasti da parte degli OT. L’evoluzione è di solito favorevole, con o senza terapia topica. Nel nostro Pz si segnalano questi caratteri particolari: 1)l’assenza di OF, 2)la progressione del MP, 3)l’inefficacia dei TT, 4)la lunga persistenza di IP e Trab elevati, che potrebbero aver determinato sia l’esordio tardivo che la progressione della dermopatia per continua iperstimolazione dei fibroblasti. P-60 PERFORMANCE DIAGNOSTICA DELLO STRAIN INDEX ELASTOGRAFICO NELLA DIAGNOSI DIFFERENZIALE DEI NODULI TIROIDEI L. Montesion, R. Carrara, S. Chytiris, V. Capelli, R. Fonte, M. Rotondi, F. Magri, L. Chiovato U.O. di Medicina Interna e Endocrinologia, IRCCS Fondazione S. Maugeri,. Pavia, Cattedra di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo, Università di Pavia Con l’utilizzo dell’ecografia come metodo di screening, la prevalenza dei noduli tiroidei nella popolazione generale è di circa il 60%, e di questi il 5% ha una diagnosi di malignità. L’elastografia è stata recentemente proposta come strumento aggiuntivo nella diagnosi differenziale dei noduli tiroidei. Scopo del nostro studio è stata la valutazione del potenziale diagnostico dell’elastografia nella valutazione clinica della patologia nodulare tiroidea. Sono stati valutati 500 noduli tiroidei corrispondenti a 385 pazienti consecutivi, aventi l’indicazione all’esecuzione di agoaspirazione tiroidea. Il protocollo prevedeva, per ogni nodulo, l’esecuzione di ecografia, valutazione elastografica ed esame citologico su agoaspirato. L’elastografia è stata applicata con metodo semiquantitativo, ricavando per ogni nodulo il valore di Strain Index (SI), corrispondente al rapporto tra l’elasticità del nodulo in esame e l’elasticità del punto più soffice del parenchima sano circostante. Lo Strain Index medio per i noduli a citologia benigna è risultato significativamente inferiore rispetto a quello dei noduli con citologia sospetta per o indicativa di malignità (p < 0,0001). Con un cut off di Strain Index di 2,93, calcolato mediante curva ROC, sensibilità, specificità, VPP, e VPN sono risultati pari a 71%, 83%, 16%, e 98%, rispettivamente. L’area sotto la curva dello Strain Index è risultata superiore rispetto a quella delle variabili ecografiche considerate, indipendentemente dalle dimensioni nodulari. All’analisi di regressione logistica multivariata, solo Strain Index e margini irregolari all’ecografia conservavano una correlazione significativa con il risultato citologico. In conclusione, sebbene l’agoaspirazione tiroidea rimanga il gold standard nella diagnosi dei noduli tiroidei, l’elastografia semiquantitativa, basata sul calcolo dello Strain Index, rappresenta uno strumento diagnostico aggiuntivo in grado di migliorare il potenziale diagnostico della valutazione clinica . P-61 FRAMMENTO N TERMINALE DEL PEPTIDE NATRIURETICO B (NT-proBNP) NEL CARCINOMA TIROIDEO DIFFERENZIATO (DTC) E. Monti, V. Caorsi, G. Pera, L. Mortara, F. Minuto, M. Giusti Dipartimento di medicina interna. Università di Genova, Genova Premessa: Il DTC prevede l’assunzione per tutta la vita di L-T4 a posologia TSHsoppressiva che potrebbe portare ad effetti avversi cardio-vascolari. Il NT-proBNP è secreto dal ventricolo in risposta a variazioni della pressione e del volume ventricolare. Scopo: Esplorare i rapporti fra NT-proBNP e la funzione cardio-vascolare nel DTC. Materiale e Metodi: Sono stati studiati 213 pazienti (pz; M 52, F 161) con DTC dell’età media di 60 anni (25-90 anni) sottoposti a valutazioni cliniche e biochimiche di routine, a determinazione del NT-proBNP, a studio del metabolismo lipidico, a valutazione dello spessore intima-media (IMT) dei tronchi sopra-aortici, della frazione di ejezione (FE%) e della massa ventricolare sinistra (LVM e LVMI). Risultati: Tutti i pz erano in classe NYHA 1. Il 78% dei pz era “disease free” mentre il 7% con malattia ancora attiva; il restante 15% era probabilmente “guarito”. Un TSH marcatamente soppresso, soppresso ed inadeguato era presente nel 31%, 56% e 13% dei DTC. Una significativa correlazione (p<0.01) è stata osservata fra NT-proBNP ed età. Il NT-proBNP è risultato correlato positivamente con lo stadio (p=0.02), la durata di malattia (p<0.01) ed il livello di TSH (p<0.01) e negativamente con la f-T3 (p<0.01) e la posologia di L-T4 (p<0.01). Il NT-proBNP è risultato correlato con la PAS (p=0.04) ed il carico farmacologico ipotensivo (p=0.03). Nessuna correlazione è stata rilevata fra livello di NT-proBNP e parametri dello stato lipidico. Una disfunzione sistolica è stata osservata nel 21% dei DTC. Una correlazione negativa è stata rilevata fra NT-proBNP e FE% (p=0.01) ed una positiva fra NT-proBNP e LVMI. La FE% è risultata correlata in modo negativo con lo stadio di malattia (p=0.01), l’età alla diagnosi (p=0.01) e il livello di TSH (p=0.04). LVM (p<0.01) e LVMI (p<0.01) sono risultati correlati con il livello di TSH e con l’età alla diagnosi. L’IMT è risultato positivamente correlato con il NT-proBNP (p<0.01), con lo stadio del DTC (p=0.01), l’età alla diagnosi (p<0.01) ed il livello di TSH e negativamente con la dose di L-T4 (p<0.01). Conclusioni: Nel DTC si osservano eventi patologici cardio-vascolari età-dipendenti. L’aumento dell’NT-proBNP nel DTC appare correlato allo stadio di malattia. L’adeguato compenso ormonale sembra favorevolmente modulare il NT-proBNP. Nonostante l’ipertiroxinemia medicamentosa la prevalenza dei DTC ha una dislipidemia, non correlata con il NT-proBNP. Il DTC presenta alterazioni ecocardiografiche correlate con il quadro clinico. Un’ attenta valutazione degli aspetti cardio-vascolari è raccomandata nei DTC. P-62 L’INIBIZIONE DI IDO1 (INDOLEAMMINA 2,3-DIOSSIGENASI 1) RIDUCE LA PROLIFERAZIONE DELLE CELLULE FTC133 S. Moretti, E. Menicali, P. Voce, F. Fallarino, N. Avenia, E. Puxeddu Dipartimento di Medicina Interna, Centro di Ricerca di Proteomica e Genomica della Tiroide (CRiProGeT), Università degli Studi di Perugia, Perugia, Italia L’Indoleammina 2,3-diossigenasi 1 (IDO1) catalizza la degradazione del triptofano a chinurenina. Nel cancro, IDO1 sembra svolgere un ruolo determinante nel favorire l’instaurarsi di un ambiente tollerante nei confronti delle cellule tumorali, permettendo così l’evasione del sistema immunitario (immune escape) ed è risultato over-espresso in molti tumori. L’analisi dell’espressione di IDO1, condotta mediante real-time PCR e immunoistochimica in 128 casi di carcinoma tiroideo, ha evidenziato un significativo aumento dell’enzima anche in questi tumori. Scopo di questo lavoro è stato valutare l’espressione e la funzione di IDO1 in diverse linee cellulari tumorali tiroidee. Per questo l’espressione di IDO1 è stata valutata mediante real-time PCR e western blotting, in due linee di carcinoma papillare della tiroide (BCPAP e TPC1), in due di carcinoma anaplastico (8505C e C643) e in una di carcinoma follicolare (FTC133). I risultati hanno mostrato nelle cellule FTC133 e BCPAP un’espressione basale di IDO1 maggiore rispetto a quella della tiroide normale, nelle cellule C643 IDO1 era espresso a livelli inferiori rispetto alla tiroide normale, mentre era indosabile nelle cellule TPC1 e 8505C. Il dosaggio della chinurenina nel terreno di coltura delle cellule, effettuato mediante HPLC, ha permesso di evidenziare che solo nelle cellule FTC133, IDO1 possedeva anche un’attività enzimatica apprezzabile. In tutte le linee cellulari esaminate, lo stimolo con IFN-γ determinava un aumento dell’espressione e dell’attività enzimatica di IDO1. Lo studio degli effetti di IDO1 sulla proliferazione cellulare è stato effettuato nelle cellule FTC133 e BCPAP. Le curve di proliferazione dopo trattamento con 3 inibitori noti di IDO [L-1metil-triptofano (L-1MT), D-1metil-triptofano (D-1MT) e necrostatina (MTH-Trp)] non hanno mostrato alcun effetto inibitorio sulla proliferazione delle cellule BCPAP, mentre la crescita delle cellule FTC133 era significativamente ridotta dal trattamento con L-1MT (200 µM) e MTH-trp (100 µM). In particolare il trattamento con MTH-trp portava ad una diminuzione della crescita del 48% rispetto alle cellule di controllo (p=0.01). Questi dati indicano che nelle cellule FTC133 IDO1 ha un ruolo nella regolazione positiva della proliferazione cellulare suggerendo che nei tumori che esprimono IDO1, la sua inibizione potrebbe rappresentare una strategia utile per contrastare la crescita neoplastica. P-63 ESPRESSIONE DI DIVERSE ISOFORME DELLA TIREOPEROSSIDASI NELLA TIROIDE, NEL CARCINOMA MAMMARIO (CM) ED IN ALTRI TESSUTI. I. Muller1,3, C. Giani1, E. Fiore1, V. Belardi1, V. Rosellini1, N. Funel2, D. Campani2, E. Giustarini1, F. Grennan-Jones3, L. Zhang3, M. Lewis3, A. Bakhsh3, M. Roncella4, M. Ghilli4, A. Pinchera1, P. Vitti1, C. Dayan3, M. Ludgate3 Dipartimento di Endocrinologia (1), Patologia (2) e Senologia (4), Università di Pisa (3) Institute of Molecular & Experimental Medicine, School of Medicine, Cardiff University INTRODUZIONE: Nel siero di pazienti affette da CM è stata riscontrata una maggiore prevalenza di anticorpi anti tiroide e gli anticorpi anti-tireoperossidasi (AbTPO) hanno un ruolo prognostico positivo. Abbiamo pertanto ipotizzato la presenza di un antigene condiviso dalle cellule mammaria e tiroidea in grado di determinare una risposta immunitaria contro entrambe. Un nostro recente studio ha dimostrato l’espressione di mRNA e proteina della tireoperossidasi (TPO) nel CM, nel tessuto mammario peri-tumorale (PT), nel tessuto adiposo (A) e nei carcinomi renale e pancreatico, anche se ad un livello inferiore rispetto al gozzo multinodulare (T). Il gene della TPO è costituito da 17 esoni ed è soggetto a splicing alternativo; ad oggi sono note in T 8 diverse isoforme di mRNA prive di uno o più esoni. Abbiamo descritto una nuova isoforma di TPO priva degli esoni 14 e 16 espressa maggiormente in CM, PT e A, debolmente in T ed assente negli altri carcinomi. La nostra nuova isoforma e le isoforme note non sono state finora caratterizzate interamente a causa dell’eccessiva lunghezza della sequenza nucleotidica. MATERIALI E METODI: l’intera porzione codificante del gene della TPO è stata studiata in 1 T, 2 CM ed 1 A con la LongRange RT-PCR usando un forward primer nell’ esone 2 ed un reverse primer nell’ esone 17 ed abbiamo sequenziato i prodotti ottenuti. RISULTATI: abbiamo descritto 8 nuove isoforme di TPO espresse sia in T sia in altri tessuti ed alcune di esse sembrano essere tessuto-specifiche. CONCLUSIONI: la TPO non sembra più essere tireo-specifica in quanto espressa, seppur ad un livello inferiore, anche in CM, PT, A ed altri carcinomi. La TPO può essere l’antigene responsabile di una reazione immunitaria comune verso la cellula tiroidea e quella di CM, spiegando il ruolo protettivo degli AbTPO; ulteriori studi sono in corso per validare quest’ipotesi. Il ruolo delle isoforme mRNA della TPO al momento non è chiaro; alcune sembrano conservare una funzione enzimatica e/o antigenica. Il nostro studio dimostra che il numero delle isoforme di TPO esistenti è superiore a quello noto e suggerisce la possibilità che alcune di esse possano essere tessuto specifiche. Ulteriori studi in un campione più ampio di tessuti sono necessari per valutare se tali isoforme possono ricoprire il ruolo di marcatori tessuto specifici, se sono tradotte nelle corrispondenti proteine e, in caso positivo, con quali capacità funzionali e/o antigeniche. TPO no longer seems to be Thy-specific: mRNAs and proteins for known TPO isoforms are weakly but clearly expressed in BC and other tissues. This could explain at least in part the high frequency and protective role of TPOAb in BC patients, hypothesizing an enhancement of specific T-lymphocyte immunoreactivity. Further studies are needed to investigate tissue specificity, function and immunogenicity of several novel TPO variant mRNAs identified in this study. P-64 DISFUNZIONE SESSUALE E PATOLOGIA TIROIDEA NELLA DONNA 1D. Pasquali, 1G. Accardo, 1A. Renzullo, 1D. Esposito, 1F. Barbato, 1G. Bellastella, 2 M.I. Maiorino, 1K. Esposito 1Dip di Scienze Cardio-Toraciche e Respiratorie, Sezione di Endocrinologia, Seconda Università di Napoli, Napoli 2Dip di Gerontologia, Geriatria e Malattie del Metabolismo, U.O.C. Di Malattie del Metabolismo, Seconda Università di Napoli, Napoli. A oggi i dati sulla prevalenza della disfunzione sessuale femminile (FSD) nella patologia tiroidea sono ancora scarsi. Lo scopo del nostro studio è stato quello di valutare la funzione sessuale in donne in menopausa e premenopausa affette da patologia tiroidea; di confrontarla con quella di un gruppo di controllo costituito da donne di età comparabile, non tireopatiche; di valutare la relazione tra funzione sessuale, TSH ed ormoni tiroidei. Metodi: Novanta donne con patologia tiroidea, di età compresa tra 18-60 anni, e 38 controlli di età comparabile hanno partecipato allo studio: sedici donne con ipertiroidismo (Gruppo 1), 20 con ipotiroidismo (Gruppo 2), 11 con tiroidite di Hashimoto (Gruppo 3), 28 in terapia sostitutiva con tiroxina (Gruppo 4), e 15 affette da gozzo nodulare (Gruppo 5). Tutti i casi sono stati sottoposti a dosaggio dei livelli sierici di TSH, FT4, FT3, AbTPO, Ab TG e a ecografia tiroidea. La valutazione della funzione sessuale è stata eseguita mediante la somministrazione del questionario Female Sexual Function Index (FSFI), usando come valore soglia di normalità 23. Risultati. La prevalenza della FSD è stata del 45.5% nella patologia tiroidea e 28.9% nei controlli (P = NS). Solo nel Gruppo 5, la prevalenza (73,3 %) era significativamente più alta rispetto ai controlli (P < 0.005). Il valore di FSFI totale era di 21.2 ± 7.2 (mean ± SD) nella patologia tiroidea e di 25.2±4.5 nei controlli (P <0.001). Rispetto ai controlli, c’era una riduzione statisticamente significativa del desiderio nel Gruppo 2; desiderio, eccitazione e lubrificazione nel Gruppo 3; desiderio, eccitazione, lubrificazione, orgasmo e soddisfazione nel Gruppo 5. Nella patologia tiroidea la prevalenza di FSD era del 52% e 43%, mentre nei controlli era del 55% e 20%, nei gruppi in menopausa e pre-menopausa, rispettivamente. Abbiamo trovato una correlazione inversa tra TSH e FSFI (r = -0.7, P = 0.01) nel Gruppo 5, che mostrava il valore di FSFI più basso (17.9 ± 8.2) e il BMI (29.4 ± 7.1 Kg/m2) più elevato. Conclusioni: I nostri dati confermano che le donne con patologia tiroidea possono presentare una più alta prevalenza di FSD rispetto ai controlli. Sebbene i nostri risultati suggeriscano che i livelli di TSH possano essere correlati con la FSD in donne affette da gozzo nodulare, sono necessari altri studi per chiarirne il ruolo. P-65 RUOLO DEL “THYROID IMAGING REPORTING AND DATA SYSTEM” NELLA STRATIFICAZIONE DEL RISCHIO DI CANCRO NEI NODULI TIROIDEI VALUTATI CON ESAME ECOGRAFICO. P. Patruno, A. Natalicchio, M.P. Barbaro, A. Ciampolillo, F. Giorgino. Endocrinologia, D.E.T.O., Università degli Studi di Bari Aldo Moro. Background. I noduli della tiroide hanno un’alta prevalenza; tuttavia, essendo la maggior parte di essi benigna, è necessario selezionare i noduli meritevoli di approfondimento diagnostico sulla base del rischio di malignità. Obiettivo. In questo studio è stato formulato un sistema di stratificazione del rischio di malignità dei noduli tiroidei, basato sulle loro caratteristiche ecografiche, finalizzato a selezionare i noduli da sottoporre ad agoaspirato tiroideo ecoguidato (FNAB). Materiali e metodi. Da dicembre 2001 a gennaio 2012 sono stati sottoposti a FNAB 1.578 noduli in 1.215 pazienti (964 donne e 251 uomini; età 14-90 anni). Sono stati individuati i parametri clinici ed ecografici predittivi di malignità, correlandoli con il giudizio citologico ottenuto mediante FNAB ed il giudizio istologico ottenuto dopo tiroidectomia. È stato costruito un sistema di stratificazione del rischio di malignità detto TIRADS (Thyroid Imaging Reporting and Data System) basato sul numero di caratteristiche ecografiche di sospetto presenti in uno stesso nodulo (da TIRADS 0, assenza di caratteristiche ecografiche di sospetto, a TIRADS 6, presenza di 6 caratteristiche ecografiche di sospetto). Nel sistema è stato inoltre incorporato uno score di rischio basato sul potere predittivo per malignità di ciascuna caratteristica ecografica dedotto dai valori di Odds Ratio (OR) ottenuti mediante analisi di regressione logistica. Risultati. Le caratteristiche ecografiche che hanno mostrato una significativa associazione con la malignità sono state la ipoecogenicità del nodulo, le microcalcificazioni, i margini irregolari o sfumati, il nodulo singolo, la componente solida del nodulo e la vascolarizzazione intranodulare (p<0,05). All’aumentare della classe TIRADS aumentava progressivamente e in maniera statisticamente significativa il rischio di malignità, che diveniva quantitativamemte importante a partire dalla classe 4 (TIRADS 1: 4%, TIRADS 2: 10%, TIRADS 3: 13%, TIRADS 4: 51%, TIRADS 5: 75% e TIRADS 6: 80%). Dall’analisi di regressione logistica è emerso che le calcificazioni rappresentano la caratteristica ecografica maggiormente predittiva di malignità (OR 4,48), seguita da ipoecogenicità (OR 3,17), nodulo singolo (OR 2,08), margini irregolari (OR 2,02) e vascolarizzazione intranodulare (OR 1,7). Il rischio di malignità aumentava in maniera statisticamente significativa all’aumentare del rischio complessivo costituito dalla sommatoria del rischio di ciascuna caratteristica ecografica di sospetto. Conclusioni. Il TIRADS può rappresentare uno strumento valido per l’interpretazione delle caratteristiche ecografiche di sospetto nel work-up clinico-diagnostico dei noduli tiroidei. P-66 DISFUNZIONI TIROIDEE IN DONNE GRAVIDE OSPEDALIZZATE PER COMPLICANZE MATERNO - FETALI C. Peirce 1, S. Ippolito 1, D. Arpaia 1, F. Improta 2, T. Palmieri 2, M.V. Locci 2, B. Biondi 1 1 Dipartimento di Endocrinologia ed Oncologia Molecolare e Clinica 2 Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Urologia e Scienze della riproduzione umana Università di Napoli “Federico II” , Napoli La disfunzione tiroidea è particolarmente frequente in gravidanza e, se non adeguatamente trattata, può determinare complicanze ostetriche materne e fetali. La forma più comune di disfunzione tiroidea in gravidanza è rappresentata dall’ipotiroidismo sia nella sua forma conclamata che subclinica. Scopo del nostro studio è stata la valutazione della funzione tiroidea in donne ospedalizzate per complicanze materno-fetali. Abbiamo effettuato uno studio retrospettivo sulla funzione tiroidea di 115 pazienti di età compresa tra 35±6 anni ospedalizzate per complicanze ostetriche presso il Dipartimento di Ginecologia ed Ostetricia della "AOU Federico II" di Napoli da gennaio 2010 a maggio 2012. Al momento del reclutamento, per ogni paziente sono state valutate: la settimana di gestazione, la modalità della gravidanza (spontanea, FIVET, ICSI), la presenza di eventuali pregressi aborti spontanei o gravidanze extrauterine. Il rischio di patologie ostetriche e di patologie fetali è stato valutato mediante monitoraggio ultrasonografico e tracciato cardiotocografico. Abbiamo parallelamente valutato la presenza di eventuali patologie tiroidee pregresse o in corso. Al momento dell’ospedalizzazione abbiamo effettuato un’analisi dei parametri di funzionalità tiroidea, mediante prelievo venoso per TSH, FT3, FT4, AbTPO ed AbTg ed un esame ecografico della ghiandola tiroidea. La diagnosi di ipotiroidismo conclamato o subclinico è sta effettuata in accordo con le linee guida dell’Endocrine Society e dell’American Thyroid Association in gravidanza. Il 40% delle pazienti ospedalizzate presentava ipotiroidismo; di queste il 69 % aveva una tiroidite di Hashimoto mentre il 31% riferiva un pregresso intervento chirurgico di tiroidectomia. L’ipotiroidismo era presente nel 98% dei casi in forma subclinica e nel 2% in forma conclamata.Delle 46 pazienti ipotiroidee, il 50% era già in terapia con LTiroxina; di queste il 47% non presentava un buon compenso funzionale tiroideo. Il 59% delle pazienti ipotiroide presentava complicanze materno-fetali; di cui, 19% oligoidramnios, il 4% polidramnios, il 26% preeclampsia, l’11% minaccia d’aborto e il 22% rottura prematura delle membrane. Il 7% riferiva poliabortività anamnestica e nel 4% dei feti si evidenziava un ritardo di crescita intrauterino. I nostri dati confermano l’elevato rischio di complicanze materno-fetali in donne con ipotiroidismo e l’elevata percentuale di un’inadeguata terapia con L-T4 in pazienti con pregressa diagnosi di ipotiroidismo. Sottolineamo pertanto, la necessità di effettuare uno screening della funzionalità tiroidea in tutte le donne con complicanze materno-fetali. P-67 DIFFERENZE DI GENERE NEL CANCRO DELLA TIROIDE M.R. Pelizzo, I. Merante Boschin, C. Dobrinija, M. Zane, F. Torresan, L. Liistro, L. Pomba, F. Schiavi, G. Opocher Azienda Ospedaliera Policlinico Universitario di Padova, Patologia Speciale Chirurgica e Propedeutica Clinica Il carcinoma papillare della tiroide (CPT) è la forma più comune di carcinoma della tiroide, ammontando a circa l’80% dei casi totali. E’ stata nostra intenzione considerare i pazienti sottoposti a intervento chirurgico per CPT e confrontare femmine (F) vs maschi (M) riguardo ad una serie di variabili cliniche, istopatologiche, genetiche e molecolari. Abbiamo considerato 658 pazienti sottoposti a intervento chirurgico per CPT dal 2007 al 2011presso l’università di Padova e presso l’Università di Trieste. Abbiamo preso in visione i dati clinici e istopatologici e abbiamo confrontato F vs M riguardo alle seguenti variabili: età, estensione dell’intervento chirurgico, dissezione linfonodale, TNM, mono/plurifocalità, mutazioni di BRAF, outcome. E’ stato considerato statisticamente significativo un valore di p < 0.05. Confrontando F vs M abbiamo osservato: F erano 489 (74%) vs 169 M (26%) (p<0.015), l’età media era pari a 46 anni (range 11-86) in F vs 46 anni (range 11-83) in M (p<0.44), la tiroidectomia totale è stata realizzata in 474 F (97%) vs 161 M (95%) (p<0.72), la dissezione linfonodale è stata realizzata in 387 (79%) F vs 132 (78%) M (p<0.99), dissezione del compartimento centrale 340 (88%) F vs 94 (71%) M (p<0.75), dissezione del compartimento laterocervicale in 47 (12%) F vs 38 (29%) M (p<0.011), lo stadio I era presente in 315 (64%) F vs 87 (51.5%) M (p<0.19), lo stadio II in 15 (3%) F vs 4 (2.5%) M (p<0.51), lo stadio III in 126 (26%) F vs 54 (32%)M (p<0.249), lo stadio IV in 33 (7%) F vs 24 (14%) M (p<0.223), la monofocalità era presente in 279 (57%)F vs 89 (52.7%) M (p<0.64), la plurifocalità era presente in 210 (43%) F vs 80 (47.3%) M (p<0.76), la mutazione BRAF – V600E è stata individuata in 143 (29%) F vs 52 (30.7%) M (p<0.849). Riflettendo sui nostri risultati possiamo sottolineare l’atteggiamento più aggressivo del CPT nel maschio rispetto alla femmina in particolar modo per quanto riguarda l’interessamento linfonodale del comparto laterocervicale (p<0.011) e inoltre per altre variabili, seppure con “p value”non statisticamente significativo, quali la stadiazione, la plurifocalità, il diametro del tumore, la mutazione BRAF, i livelli di Tireoglobulina nel postoperatorio. Bibliografia - Rahbari R, Zhang L, Kebebew E. Thyroid cancer gender disparity. Future Oncol 2010 Nov; 6 (11):1771-9. - Moses W, Weng J, Khanafshar E, Duh QY, Clark OH, Kebebew E. Multiple genetic alterations in papillary thyroid cancer are associated with younger age at presentation. J Surg Res 2010 May 15; 160(2): 179-83. - Lim II et al. Disparities in the initial presentation of differentiated thyroid cancer in a large public hospital and adjoining university teaching hospital. Thyroid 2012 Jan 10 (epub ahead of print) P-68 EFFICACIA TERAPEUTICA DI LENVATINIB (E7080) SU METASTASI OSSEE DA CARCINOMA TIROIDEO REFRATTARIO AL RADIOIODIO (CTRR) L. Pieruzzi1, E. Molinaro1, A. Biagini1, C. Giani1, S. Mazzeo2, B. Pontillo Contillo2, M.G. Delle Donne3, L. Conte3, P. Vitti1, R. Elisei1. 1Dipartimento di Endocrinologia; 2Dipartimento ad Attività integrata Radiodiagnostica, 3Dipartimento Cardio-Toracico; Università di Pisa, Pisa. Introduzione: I farmaci inibitori tirosino-kinasici (TKI) rappresentano il gold standard per i pazienti con CTRR. Le linee guida internazionali raccomandano che tali pazienti siano arruolati in protocolli sperimentali con TKI. La malattia metastatica a livello osseo, risulta però ancora oggi di difficile gestione terapeutica e l’ efficacia dei TKI sul controllo dei secondarismi scheletrici è ancora dibattuta. Obiettivi: verificare, con uno studio preliminare, l’efficacia terapeutica del Lenvatinib (E7080) nelle localizzazioni secondarie ossee del CTRR. Metodi: sono stati valutati pazienti arruolati presso l’U.O. di Endocrinologia di Pisa (Febbraio-Aprile 2012) nel protocollo sperimentale di fase 3, multicentrico, randomizzato, controllato verso placebo sull’uso di E7080 nel trattamento del CTRR. Cinque/17 (29%) pazienti inseriti nello studio presentavano metastasi ossee all’inizio della terapia, 2 femmine e 3 maschi, di età tra 49 e 63 anni. I pazienti sono stati seguiti regolarmente con controlli radiologici ogni 2 mesi per un range di follow-up di 5-9 mesi. Le caratteristiche della malattia neoplastica di ciascun paziente e delle rispettive localizzazioni ossee metastatiche nonché i risultati della terapia sono riassunti nella sottostante tabella: Sesso Istologia Precedenti terapie RT esterna Durata terapia 5 mesi Risposta al trattamento Stabilità Follicolinsulare Sede delle lesioni Ischio-pube dx Coste, D7, coccige M Poco differ F Nessuna 6 mesi M Poco differ Bacino- sacro 6 mesi F Follico-l Hurthle Poco differ D9 e L2 Chirurgia e RT esterna Nessuna Costa Nessuno 9 mesi Devascolarizzazione e riduzione dimensionale del 18,7% Devascolarizzazione e stabilità Devascolarizzazione e stabilità Devascolarizzazione e riduzione dimensionale del 33% M 5 mesi Conclusioni: in base a questa esperienza, seppur limitata, risulta che, a differenza di altri TKI, E7080 appare efficace anche sulle lesioni metastatiche di tipo osseo. P-69 ANALISI DELLO STATO MUTAZIONALE DELL’ONCOGENE BRAF IN TUMORI FAMILIARI EPITELIALI NON-MIDOLLARI DELLA TIROIDE * M. Landriscina, °M.I. Natalicchio, *A. Piscazzi, *E. Costantino, §M. Campo, §A. Farese, §A. Fabiano,&E. Maiorano, &M. Liuzzi, #A. Ciampolillo, #F. Giorgino, § M.Cignarelli * Unità di Oncologia Medica ed §Unità di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo, Università degli Studi di Foggia; °Laboratorio di Biologia Molecolare, Azienda Ospedali Riuniti, Foggia. &Dipartimento di Anatomia Patologica # Sezione di Medicina Interna, Endocrinologia, Andrologia e Malattie Metaboliche, Università degli Studi di Bari Aldo Moro. I tumori familiari della tiroide di origine follicolare sono un gruppo eterogeneo di neoplasie, rappresentando il 5-15% dei tumori non-midollari. In questo gruppo, i carcinomi tiroidei familiari non-midollari (FNMTC) rappresentano un’entità clinica distinta la cui diagnosi richiede la presenza di 3 o più casi nella stessa famiglia, in assenza di altre sindromi associate. Da un punto di vista clinico, i FNMTC presentano un’alta incidenza di multifocalità, un elevato numero di noduli benigni associati, ed una sopravvivenza libera da malattia più breve rispetto alle forme sporadiche. Poiché le mutazioni di BRAF costituiscono la più frequente alterazione genetica nei tumori papillari sporadici (30-50% dei casi), determinando una prognosi sfavorevole ed una minore responsività alla terapia con radioiodio, la frequenza delle mutazioni di BRAF è stata testata, mediante pirosequenziamento, in una casistica di 21 FNMTC, selezionati sulla base della presenza di almeno 3 casi di carcinoma tiroideo non-midollare nella stessa famiglia. L’analisi ha evidenziato la presenza di 14/21 (66.7%) mutazioni V600E del gene BRAF, una frequenza più elevata rispetto a quella osservata mediamente nelle forme sporadiche. In particolare, per 5 famiglie di cui è stato possibile analizzare almeno 2 casi, è stato osservato che in 4/5 famiglie i pazienti appartenenti alla stessa famiglia presentano tutti lo stesso genotipo del gene BRAF. Queste osservazioni, sebbene preliminari, suggeriscono che alcuni FNMTC potrebbero essere caratterizzati da una condizione di instabilità genetica che favorisce mutazioni in un gene chiave per la carcinogenesi tiroidea e che tali mutazioni potrebbero spiegare la prognosi più sfavorevole di queste neoplasie. P-70 CORRELAZIONE CITO-ISTOLOGICA NEI NODI THY3 E THY4: ANALISI DI 378 CASI L. Pomba, L. Liistro, S. Simioni, S. Nordio, M. Variolo, G. Carrozzo, A. Ramin, F. Torresan, M.R. Pelizzo Azienda Ospedaliera Policlinico Universitario di Padova, Patologia Speciale Chirurgica e Propedeutica Clinica L’attuale classificazione citologica dei noduli tiroidei non ha ancora sortito l’effetto di ridurre in modo significativo il numero delle tiroidectomie. Un’ampia area di citologie borderline, definite inconclusive (THY III) o sospette (THY IV), attualmente è indirizzata ad un prudenziale scelta chirurgica. Lo scopo di questa analisi è verificare la percentuale di malignità riscontrata nelle due categorie occorse alla nostra osservazione negli anni 2011 e 2012. MATERIALI E METODI: dal 1 gennaio 2011 al 31 luglio 2012 sono stati tiroidectomizzati 1340 pazienti, di cui 278 THY III (20.75%), 92 THY IV (6.87%) e 8 forme borderline THY III-IV (0.6%) per un totale di 378 pazienti. Sesso, età, dimensioni del nodo (vascolarizzazione intranodale e calcificazioni), scintigrafia, esami sierici aggiuntivi (assetto ormonale, anticorpi antitiroide, calcitonina, tireoglobulina) e HBME-1, Galectina3, mutazione del gene BRAF (V600E) sono stati contestualmente raccolti. RISULTATI: tutti i 378 pazienti sono stati sottoposti a un intervento chirurgico a scopo curativo (R0). Nel gruppo THY III, sono state effettuate 198 tiroidectomie totali (TT, eventualmente associate a linfoadenectomia), 72 lobectomie (LOB) e 8 totalizzazioni (Totz); nel gruppo THY IV 82 TT, 9 LOB e 1 Totz; mentre nel gruppo bordeline 6 TT e 2 LOB, per un complessivo di 286 TT (75.66%), 83 LOB (21.96%) e 9 Totz (2.38%). 190 sono stati gli esami estemporanei, con una percentuale di malignità del 24.74%, dato sottostimato una volta giunto l’esame istologico definitivo. In totale sono stati riscontrati 166 casi certi di benignità (43.92%), 212 di malignità (56.08%), di cui 170 Ca papillari (80.18%, ma ben 102 erano microCa); 40 follicolari (18.87%) e 2 insulari. Quindi i THY3 sono risultati benigni nel 53.6% dei casi e maligni nel 46.4%; i THY4 benigni nel 18.48% dei casi e maligni nel 81.52%; gli 8 borderline tutti maligni. CONCLUSIONI: i dati mostrano come i THY4 all’istologico definitivo risultino quasi sempre maligni e in percentuale maggiore rispetto a THY3; supportati anche dalla positività al BRAF in 27 casi su 66 rispetto ai 10 positivi e 65 negativi dei THY III; anche se quest’ultimo dato non può essere allo stato attuale considerato significativo in quanto i risultati sono ancora parziali non essendo tutti giunti alla nostra osservazione. BIBLIOGRAFIA: -Seningen JL, Nassar A, Henry MR. Correlation of thyroid nodule fine-needle aspiration cytology with corresponding histology at Mayo Clinic, 2001-2007: an institutional experience of 1,945 cases. Diagn Cytopathol. 2012 May; -Jameson JL. Minimizing unnecessary surgery for thyroid nodules. N Engl J Med. 2012 Aug 23;367(8):765-7. Epub 2012 Jun 25 P-71 IMPATTO DELL’IPEROMOCISTEINEMIA SUL RISCHIO CARDIOVASCOLARE ED ANESTESIOLOGICO NEI PAZIENTI CON TIREOPATIA: ESPERIENZA DI UN SINGOLO CENTRO P. Princi1, R.S. Auriemma2, R. Corona2, I. Mariano2, B. Zappacosta3, C. Cavicchioni1, M. Gasperi2 1. Chirurgia Oncologica, Dipartimento di Oncologia, Fondazione Giovanni Paolo II, Campobasso; 2. Cattedra di Endocrinologia, Università del Molise, Campobasso; 3 Dipartimento Laboratori e Servizi, Fondazione Giovanni Paolo II, Campobasso. Il presente studio si prefiggeva di indagare l’associazione tra hyperHcy e rischio cardiovascolare ed anestesiologico in una coorte di pazienti da sottoporre ad intervento chirurgico di tiroidectomia. Sono stati, pertanto, arruolati 81 pazienti (20 M, 61 F, di età 54±12 anni), di cui 60 con gozzo multinodulare, 2 con adenoma di Plummer, 2 con malattia di Basedow e 15 con cancro della tiroide. Quando necessario, il trattamento medico con L-tiroxina o metimazolo era stato introdotto prima della chirurgia al fine di correggere la funzionalità tiroidea e prevenire le complicanze metaboliche e cardiovascolari. In tutti i pazienti sono stati valutati i parametri tiroidei (dimensioni e funzionalità), metabolici (peso, BMI, colesterolo totale, trigliceridi, e prevalenza della sindrome metabolica) e chirurgici/anestesiologici (score ASA, durata del ricovero ospedaliero e rate di complicanze chirurgiche). Negli uomini, lo score ASA (p=0.05), la Hcy (p=0.019) e il peso (p=0.000) erano significativamente maggiori rispetto a quelli riscontrati nelle donne, mentre non vi erano significative differenze in tutti i parametri tiroidei, chirurgici/anestesiologici e metabolici, tranne il BMI (p=0.000), nei soggetti obesi (62%) rispetto a quelli normopeso (38%). Nell’intera popolazione di pazienti, la Hcy era 11.3±4.8 µmol/L, e si riscontrava hyperHcy nel 18.5% dei casi, senza differenze significative tra uomini e donne (p=0.2) e tra obesi e normopeso (p=0.23). La Hcy risultava significativamente correlata allo score ASA (r= 0.23, p=0.034), al diabete mellito (r=0.324, p=0.003) e all’autoimmunità tiroidea (r=0.332, p=0.003) indipendentemente dai valori di TSH e dallo stato funzionale tiroideo. Al contrario, non si osservava alcuna correlazione significativa tra Hcy o hyperHcy e la prevalenza di sindrome metabolica (7.5%) nella nostra coorte di pazienti. In conclusione, i risultati del presente studio confermano che Hcy gioca un ruolo chiave come fattore di rischio per complicanze metaboliche ed anestesiologiche nei pazienti da sottoporre ad intervento chirurgico di tiroidectomia per patologia nodulare e/o neoplastica. Pertanto, in questi pazienti la Hcy dovrebbe essere valutata routinariamente al fine di identificare precocemente i pazienti a più alto rischio cardiovascolare ed anestesiologico. P-72 THYROID VOLUME CORRELATES WITH THE DEGREE OF GRAVES’ ORBITOPATHY M.A. Profilo, E. Sisti, C. Marcocci, P. Vitti, A. Pinchera, R. Rocchi, F. Latrofa, F. Menconi, M.A. Altea, M. Leo, T. Rago, M. Marinò Dipartimento di Endocrinologia, Università di Pisa L’ipotesi più accreditata riguardo alla patogenesi dell’oftalmopatia basedowiana (OB) prevede che uno o più antigeni tiroidei siano espressi anche nei tessuti orbitari, rappresentando in tale sede il bersaglio di una reazione autoimmunitaria. In base a questa ipotesi è possibile postulare una relazione non solo qualitativa, ma anche quantitativa, tra antigeni tiroidei e gravità dell’OB. Lo scopo di questo studio retrospettivo era di valutare se effettivamente esiste una correlazione tra gravità dell’OB e quantità di tessuto tiroideo, quest’ultima stimata mediante misurazione del volume tiroideo ecografico. Venivano studiati 86 pazienti consecutivi (31 maschi, 55 femmine; età 48.0±13.6 aa), giunti per la prima volta alla nostra osservazione tra il 2008 e il 2011. I criteri di inclusione erano: i) OB insorta da non più di 24 mesi e non trattata; ii) ipertiroidismo trattato solo con farmaci anti-tiroidei di sintesi. Tutti i pazienti venivano sottoposti ad ecografia tiroidea con misurazione del volume, a valutazione della funzione tiroidea, a misurazione degli anticorpi anti-recettore del TSH ed a valutazione oculistica. L’obiettivo primario era la correlazione di vari parametri, tra cui il volume tiroideo, con le singole caratteristiche dell’OB (proptosi, ampiezza della rima palpebrale, Clinical Activity Score (CAS), visus corretto e diplopia); l’obiettivo secondario era la correlazione degli stessi parametri con la gravità complessiva dell’OB, valutata mediante il punteggio NO SPECS e una modifica dello stesso. I parametri valutati erano: durata dell’OB, durata dell’ipertiroidismo, FT3, TRAb, volume tiroideo e fumo. Mediante regressione lineare, veniva osservata una correlazione significativa del volume tiroideo con la proptosi (P=0.02) e il CAS (P=0.02). Si osservava inoltre una correlazione significativa, sempre mediante regressione lineare, tra volume tiroideo e NO SPECS (P=0.02) e tra volume tiroideo e NO SPECS modificato (P=0.007). Quest’ultima correlazione veniva confermata anche mediante regressione multipla (P=0.04). Tra gli altri parametri, l’unico che mostrava correlazioni con la gravità della OB era il fumo. Il rilievo di una correlazione tra volume tiroideo e gravità della OB è in linea con il possibile ruolo patogenetico di antigeni tiroidei condivisi dai tessuti orbitari e, sia pur indirettamente, supporta l’utilizzo dell’ablazione tiroidea completa nei pazienti con OB P-73 EFFETTI DEL TRATTAMENTO CON SELENIOMETIONINA PAZIENTI CON TIROIDITE DI HASHIMOTO IN EUTIROIDISMO. IN 1A. Renzullo, 1G. Accardo, 1D. Esposito, 1F. Barbato, 2C. Ambrosio, 2 M.G. Caprio, 2G. Vallone, 1D. Pasquali 1 Dip di Scienze Cardio-Toraciche e Respiratorie, Sezione di Endocrinologia, Seconda Università di Napoli, Napoli. 2 Dip di Scienze Biomorfologiche e Funzionali, Università Federico II, Napoli. Il selenio è un oligonutriente determinante per il funzionamento della ghiandola tiroidea, in quanto l'enzima che catalizza la conversione della T4 in T3, la 5’ desiodasi è un seleno‐enzima. Perciò, poiché il selenio, sotto forma di selenio cisteina , è parte integrante delle desiodasi che catalizzano a vari livelli la conversione di T4 in T3, un'adeguata disponibilità di questo minerale è essenziale per la corretta funzionalità tiroidea. Studi recenti hanno enfatizzato l’importanza della supplementazione di selenio nella patologia autoimmune della tiroide, tuttavia le applicazioni cliniche nella malattia di Hashimoto richiedono ulteriori chiarimenti. Scopo dello studio è stato quello di testare gli effetti della somministrazione di seleniometionina sui livelli di TSH, FT4, FT3, anticorpi anti tireoperossidasi (anti-TPO), tireoglobulina (anti-TG) e sul pattern ecografico tiroideo nella tiroidite cronica autoimmune (Hashimoto- HT) in condizione di eutiroidismo. Metodi: In uno studio prospettico sono stati arruolati 32 pazienti con HT in eutiroidismo. Abbiamo somministrato seleniometionina (Syrel) 166 µg al giorno per 3 mesi (Se, n19) o placebo (Controlli, n 13). In tutti i pazienti sono stati dosati i livelli sierici di TSH, FT4, FT3, anti-TPO, e anti-TG ed è stata praticata l’ecografia tiroidea in condizione basale e dopo 3 mesi di terapia. Le caratteristiche morfologiche e la valutazione quantitativa dell’ecografia a contrasto erano analizzate usando curve d’intensità temporali in regioni di interesse selezionate (ROI). Risultati: Dopo tre mesi di terapia, i livelli sierici di TSH sono significativamente ridotti nei SE rispetto ai Controlli (p = 0.01), mentre non vi è differenza significativa tra i livelli di anti-TPO e anti TG. Inoltre, i valori delle ROI sono risultati lievemente aumentati nei SE, indicando una lieve ma non statisticamente significativa riduzione della componente flogistico/fibrotica dopo tre mesi di trattamento. Conclusione: I nostri dati preliminari indicano che il selenio potrebbe avere un’azione favorente il mantenimento della normale funzione tiroidea nella tiroidite autoimmune in maniera indipendente dall’effetto sui livelli degli antiTPO e TG. P-74 VALUTAZIONE DEGLI EFFETTI DEL NVP-BEZ 235 SU VITALITÀ, APOPTOSI E SECREZIONE DI VEGF IN CULTURE PRIMARIE E LINEE CELLULARI DI CARCINOMA MIDOLLARE DELLA TIROIDE M. Rossi, D. Molè, C. Filieri, R. Rossi, F. Tagliati, E.C. degli Uberti, M.C. Zatelli Sezione di Endocrinologia, Dipartimento di Scienze Mediche, Università degli Studi di Ferrara Il carcinoma midollare della tiroide (MTC) rappresenta una neoplasia rara ma altamente aggressiva e con una prognosi sfavorevole. La terapia d’elezione è l’intervento chirurgico, ma spesso la diagnosi è tardiva e la chemioterapia inefficace. Nasce quindi l’esigenza di scoprire nuove soluzioni terapeutiche. In questo ambito recentemente è emerso come la via del segnale di PI3K/AKT/mTOR sia coinvolta nella patogenesi di numerose neoplasie, tra cui anche il MTC. Il NVP-BEZ 235 rappresenta un doppio inibitore, poiché blocca simultaneamente PI3K ed mTOR (mammalian target of rapamicin), prevenendo cosi il feed-back positivo sul AKT, osservato con l’utilizzo di inibitori specifici di m-TOR (RAD001). A questo scopo abbiamo valutato l’effetto antiproliferativo del NVP-BEZ 235 (10 nM-5 µM), in presenza e in assenza di uno stimolo proliferativo quale il VEGF su 10 colture primarie di MTC e su una linea cellulare di MTC (cellule TT). I risultati ottenuti mostrano una significativa riduzione della vitalità cellulare dopo 72 ore di trattamento con NVP-BEZ 235 a partire dalla concentrazione di 25 nM fino a concentrazioni ≥ 100 nM nella linea cellulare (> 60 %; p< 0.01) e alla concentrazione di 1 mM nelle colture primarie di MTC. Il trattamento con 10 ng/ml VEGF induce un aumento significativo della vitalità cellulare (~ 40%) nelle cellule TT (p< 0.05), che viene completamente bloccato dal co-trattamento con 100 nM NVP-BEZ 235. Abbiamo inoltre valutato gli effetti del NVP-BEZ 235 sulla secrezione del VEGF tramite saggio ELISA e i risultati ottenuti dimostrano che tale farmaco è in grado di ridurre la secrezione del VEGF in maniera dose dipendente (-20% vs. controllo a 100 nM). In conclusione, i nostri dati dimostrano come il NVP-BEZ 235 sia in grado di ridurre la vitalità cellulare sia in colture primarie di MTC che nelle cellule TT con un meccanismo che coinvolge verosimilmente la via di trasduzione del segnale del VEGF, suggerendo un possibile utilizzo di questo farmaco soprattutto nei casi di MTC più aggressivi e quindi localmente avanzati e metastatici P-75 IL TUMORE IALINIZZANTE TRABECOLARE DELLA TIROIDE: DESCRIZIONE DI UN CASO CLINICO DI DIFFICILE DIAGNOSI PREOPERATORIA R. Rossi, M. Rossi, M.C. Zatelli, E. Bianchini*, G. Trasforini, E.C. degli Uberti Sezione di Endocrinologia, Dipartimento di Scienze Mediche, Università degli Studi di Ferrara * Anatomia, istologia e citologia patologica. Azienda ospedaliero-Universitaria di Ferrara Il tumore ialinizzante trabecolare della tiroide (Hyalinizing trabecular tumor, HTT) è una patologia tiroidea rara e controversa, di difficile classificazione per la similitudine con altri tipi tumorali tra cui il carcinoma papillare tiroideo (PTC), il carcinoma midollare (MTC) o più raramente il paraganglioma primitivo della tiroide. Un pattern di crescita trabecolare e lo stroma ialinizzante caratterizzano questo tumore, che tuttavia resta spesso misconosciuto. L’HTT è attualmente definito una neoplasia prevalentemente benigna con prognosi di solito favorevole ma ad incerto potenziale maligno potendo, raramente, associarsi alla comparsa di metastasi. Vi presentiamo il caso clinico di una donna di 46 anni, giunta alla nostra osservazione per il riscontro ecografico di un nodulo solido, ipoecogeno alonato di 6 mm al lobo sinistro della tiroide. Il primo esame citologico su citoaspirato deponeva per MTC. Per la mancanza di segni clinici e biochimici compatibili con tale diagnosi e l’aspetto ecografico suggestivo per un PTC, è stato ripetuto un secondo ago aspirato risultato compatibile con carcinoma poco differenziato con poca colloide e discreta cellularità, costituito da cellule discoese, con atipie citonucleari evidenti, frequentemente ad abito oncocitario, con frequenti pseudoinclusi nucleari, occasionali binucleazioni, microvascualizzazioni citoplasmatiche ed aspetti squamoidi. La ricerca delle mutazioni somatiche dei geni BRAF e RAS e dei riarrangiamenti RET/PTC1 e 3 sono risultati negativi. La pz è stata sottoposta a tiroidectomia totale con linfoadenectomia del compartimento centrale del collo. La diagnosi istologica è risultata compatibile con tumore trabecolare ialinizzante del lobo sinistro della tiroide. Macroscopicamente il nodulo, immediatamente sottocapsulare, appariva biancastro a contorni netti di 0.5cm di diametro; il restante parenchima era di aspetto compatto. E’ risultata negativa sia l’indagine immunoistochimica per calcitonina e cromogranina che la ricerca della mutazione somatica V600E del gene BRAF su tessuto. Un attenta valutazione morfologica e immunoistochimica può evidenziare le caratteristiche necessarie per una diagnosi differenziale con le altre forme di tumore tiroideo e permettere l’inquadramento dell’HTT tra le neoplasie benigne pur restando un’entità rara alla quale viene attribuito un incerto potenziale maligno, rendendo pertanto necessario uno stretto follow-up. P-76 I LIVELLI SIERICI DI INTERLEUCHINA 22 (IL-22) SONO AUMENTATI NELLA TIROIDITE DI HASHIMOTO RISPETTO ALLE TIREOPATIE NON AUTOIMMUNI E AI CONTROLLI SANI R.M. Ruggeri1, P. Minciullo2, S. Giovinazzo1, R. Certo1, A. Saitta2, S. Gangemi2, F. Trimarchi1, S. Benvenga1 1UOC di Endocrinologia & 2Sezione di Allergologia ed Immunologia clinica, Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università di Messina Obiettivo. La tiroidite di Hashimoto (TH) rappresenta un archetipo per le malattie autoimmuni organo-specifiche ed è considerata una malattia autoimmune Th1-mediata. Recenti studi hanno dimostrato che altre sottopopolazioni linfocitarie, che producono citochine diverse da quelle rilasciate dai Th1 e Th2, come i Th17 (che producono, prevalentemente IL-17, IL-21 e IL-22) e i Th22 (che producono IL-22, IL-13 e TNF-α) svolgono un ruolo importante in numerose malattie autoimmuni comunemente ritenute Th1. Pochi sono i dati disponibili in letteratura sul ruolo di questi nuovi subset di T helper e dei loro principali mediatori solubili nella TH. Disegno dello studio. Abbiamo analizzato i livelli sierici di IL-22 in pazienti con TH (gruppo A, n = 55, 5 M e 50 F, età 38 ± 17 anni), pazienti con gozzo nodulare non associato a TH (gruppo B, n = 30, 4 M e 26 F, età 47 ± 14 anni) e in soggetti sani senza alcuna evidenza clinica, biochimica o strumentale di tireopatia autoimmune, come controllo (gruppo C, n= 25, 5 M e 20 F, età 40 ± 12 anni). Tutti i pazienti erano eutiroidei al momento del reclutamento e nessuno praticava terapia con L-tiroxina. Criteri di esclusione: storia clinica di neoplasia, altre malattie autoimmuni o infiammatorie, infezioni in corso, insufficienza renale. I livelli di IL-22 nel siero dei pazienti sono stati misurati con metodica ELISA, utilizzando l’IL-22 Quantikine ELISA Kit (R & D System, Minneapolis, USA; limite inferiore di rilevamento 0,7 pg/ml). I dati sono espressi come media ± DS. Risultati. I valori medi di IL-22 sierica nei tre gruppi di pazienti erano 42 ± 34 pg /ml nel gruppo A, 18 ± 15 pg/ml nel gruppo B e 20 ± 12.7 pg/ml nel gruppo C. I livelli sierici di IL-22 erano, quindi, significativamente più alti nei pazienti con TH rispetto ai pazienti con gozzo nodulare non associato a TH (p <0.001) e rispetto ai controlli sani (p <0.01). I valori di IL-22 sierica non differivano nei pazienti con gozzo non-HT e nella popolazione sana (P> 0.05). Riunendo i due gruppi (19 ± 14 pg/ml), tali livelli erano significativamente inferiori (p <0.001) rispetto al gruppo TH. Tuttavia, nessuna correlazione significativa è stata trovata tra i livelli sierici di IL-22 e i livelli di Ab-Tg e/o Ab-TPO in pazienti con TH. Conclusioni. L’IL-22 è significativamente aumentata nel siero di pazienti con TH, rispetto ai soggetti non affetti da tireopatia autoimmune. I nostri suggeriscono che l’IL-22, un mediatore solubile delle cellule Th17 e Th22, giochi un qualche ruolo nello sviluppo della TH. P-77 POLIMORFISMO DEL GENE TP53 NELLA TIROIDITE DI HASHIMOTO (TH) R.M. Ruggeri1, T.M. Vicchio1, S. Giovinazzo1, R. Certo1, F. Trimarchi1, M. Trovato2, S. Benvenga1 1Dipartimento di Medicina clinica e sperimentale, UOC Endocrinologia & 2Dipartimento di Patologia Umana, Università di Messina. Obiettivo. P53, codificata dal gene oncosoppressore TP53, svolge un ruolo importante nella regolazione dei meccanismi di arresto della proliferazione cellulare e di induzione dell’apoptosi. L’apoptosi, oltre a prevenire/contrastare la crescita tumorale, regola normalmente la maturazione e la funzione delle cellule T e B coinvolte nella risposta immune, attraverso la delezione di cellule immuni autoreattive o non reattive. Di recente, sono stati descritti due polimorfismi nell’esone 4 del gene TP53 (single nucleotide polymorphisms o SNPs), al codone 72 (C/G, Pro72Arg) e al codone 47 (C/T, Pro47Ser), che comportano una differente capacità apoptotica di p53 e sono state associate ad aumentata suscettibilità a sviluppare tumori. Un unico studio taiwanese1 ha dimostrato una diversa frequenza del genotipo omozigote Arg/Arg (33.7%) e del genotipo eterozigote (41.1%) Pro/Arg al codone 72 in pazienti affetti da TH rispetto ai controlli (17.1% e 61.9%), suggerendo che tale SPN possa conferire suscettibilità per la TH. Poiché non esistono in letteratura dati sulla distribuzione di detti SNPs di TP53 in pazienti caucasici con TH, abbiamo studiato la distribuzione genotipica dei due SNPs in 75 pazienti con TH (10 M e 65 F, età media ± DS = 43±15 anni) e 30 controlli sani, mediante sequenziamento diretto del gene. Risultati. La distribuzione genotipica (wild-type, eterozigoti ed omozigoti) del SNP Pro72Arg nei pazienti vs i controlli era 12%, 22.7% e 65.3% vs 10%, 46.7% e 43.3%. Significativamente diverse erano le frequenze del SNP in eterozigosi (22.7% vs 46.7%, χ2 =5.93; P= 0.01) e del SNP in omozigosi (65.3% vs 43.3%, χ2 =4.29; P=0.038). Invece, la distribuzione genotipica del SNP Pro47Ser era identica nei pazienti rispetto ai controlli: 100%, 0%, 0% vs 100%, 0%, 0%, confermando che nella popolazione caucasica tale SNP è molto raro. Conclusioni: Pur nell’ambito di una distribuzione genotipica diversa rispetto allo studio taiwanese che rispecchia differenze etniche per questo SNP, in questo primo studio su casistica caucasica confermiamo che i pazienti con TH hanno una frequenza del SNP Arg72Pro in omozigosi significativamente superiore a quella dei controlli sani. Conseguentemente, gli omozigoti Arg/Arg sono a rischio per TH. Invece, il polimorfismo Pro47Ser (che è assente o raro nella nostra popolazione) non ha alcun ruolo come rischio genetico di TH. 1 Chen RH et al. p53 Codon 72 Proline/Arginine Polymorphism and Autoimmune Thyroid Diseases. J Clin Lab Anal 2008. P-78 IL NODULO TIROIDEO NELLA REGIONE ABRUZZO A. Sagazio*, M. Olivieri*, C. Tinari*, P. Romagni^ e il gruppo endocrinologico abruzzese (GEA) *Endocrinologia, Universita` di Chieti; ^Ambulatorio Endocrinologia, UOC Med. Interna, Osp. G. Mazzini, Teramo; UOC Endocrinologia, Osp. S. Salvatore, L’Aquila; Servizio Ambulatoriale Endocrinologia, Osp S. Spirito , Pescara; UOC Medicina, Osp. F. Renzetti, Lanciano (CH). In occasione di campagne di sensibilizzazione dell’opinione pubblica effettuate nel 2010 e nel 2012 e volte alla prevenzione delle malattie tiroidee, alcuni endocrinologi della regione Abruzzo, riuniti nel GEA, hanno eseguito oltre 1000 ecografie alla popolazione generale per valutare le caratteristiche della patologia nodulare tiroidea nella propria regione di appartenenza. Sono state eseguite 1044 ecografie, 764 all’interno di centri commerciali e 280 in ambiente ambulatoriale; in 757 (571 femmine, 186 maschi di eta` compresa tra 15 e 84 anni) casi l’ecografia e` stata eseguita su soggetti non precedentemente sottoposti ad alcun accertamento morfo-funzionale della ghiandola tiroidea. E` stata evidenziata la presenza di nodularita` tiroidea in 212 (28%, 155F, 57M) soggetti. Solamente 1 nodulo e` stato riscontrato nei soggetti di eta` <20 anni (prevalenza 2.5%), mentre nella fascia di eta` 20-50 la prevalenza e` risultata del 21.9% e del 43.7% tra i soggetti >50 anni. La tabella sottostante illustra la distribuzione dei noduli per eta` e dimensioni. <1 cm (115, 54.2%) 1-2 cm (81, 38.2%) >2 cm (16, 7.6%) Eta` F M Eta` F M Eta` F M <20 --<20 1 1.2% -<20 --0% 1.2% 0% 20-50 54 14 20-50 23 6 20-50 3 3 59.1% 46.9% 12.3% 35.8% 28.4% 7.4% 37.5% 18.8% 18.8% >50 35 12 >50 32 19 >50 7 3 40.9% 30.4% 10.4% 63% 39.5% 23.5% 62.5% 43.6% 18.8% La maggior parte dei noduli riscontrati e` di dimensioni comprese tra 0.5 e 0.9 cm; i noduli ≥ 1 cm sono di piu` frequente riscontro nella popolazione di eta` >50 anni. I nostri dati confermano l’alta prevalenza della patologia nodulare tiroidea in Abruzzo, regione a lieve-moderata carenza iodica. P-79 IDENTIFICAZIONE DI CELLULE TIROIDEE MALIGNE CIRCOLANTI. POTENZIALE UTILIZZO NEL FOLLOW-UP DEL PAZIENTE CON CARCINOMA DELLA TIROIDE. E. Saggiorato, A. Moretti, E. Aroasio, S. De Francia, M. Pautasso, M. Volante, F. Orlandi Dipartimento di Oncologia, Università degli Studi di Torino Il follow-up del paziente affetto da Carcinoma Tiroideo Differenziato (DTC) si basa sul dosaggio della tireoglobulina (Tg) associato all’ecografia del collo. Esistono però casi in cui la Tg perde di sensibilità e sarebbe importante disporre di mezzi diagnostici alternativi. Una recente innovazione in oncologia è rappresentata dall’identificazione di Cellule Tumorali Circolanti (CTCs) attraverso metodica immunomagnetica (CellSearch® System), citofluorimetrica e di biologia molecolare. Lo scopo dello studio è quello di identificare CTCs tiroidee in pazienti affetti da DTC e trattati con tiroidectomia totale seguita da terapia radiometabolica con 131-I, valutandone la possibile applicabilità diagnostica. Materiali e metodi: Sono stati valutati retrospettivamente 22 pazienti affetti da DTC: 17 con persistenza di malattia e 5 in remissione clinica, e 6 soggetti volontari sani. In ciascun paziente le CTCs sono state ricercate con il CellSearch® System, e successivamente confermate come tiroidee attraverso ricerca dell’mRNA della Tg (TgmRNA) con metodica RT-PCR; è stata poi eseguita analisi citofluorimetrica. Le CTCs identificate mediante CellSearch® System presentavano fenotipo EpCAM+/CK+/DAPI+/CD45-, mentre con la citofluorimetria sono stati selezionati gli eventi TSHR-PE+/CD45-. Risultati: Abbiamo osservato presenza di CTCs nel 65% dei pazienti affetti da DTC con persistenza di malattia e nello 0% dei pazienti in remissione di malattia. La natura tiroidea delle CTCs è stata confermata dalla RT-PCR nel 90% dei casi. Il numero di eventi TSHR+/CD45- evidenziati con la citofluorimetria è risultato maggiore per i pazienti con persistenza di malattia, rispetto agli altri gruppi. Conclusioni: Il CellSearch® System è un metodo specifico per identificare la ricorrenza della patologia oncologica, ma la sua bassa sensibilità non ne consente ancora l’utilizzo nella pratica clinica. Con la citofluorimetria, il numero di eventi TSHR+/CD45- è maggiore nei pazienti con persistenza di malattia rispetto agli altri gruppi, ma con una discreta sovrapposizione dei risultati. La mancanza di correlazione statistica tra CTCs e i parametri clinico-patologici del paziente suggerisce che le CTCs potrebbero rappresentare una popolazione cellulare specifica e differente, eventualmente con ruolo di precursore. Allo stato attuale delle conoscenze, l’identificazione delle CTCs tiroidee non è in grado di sostituire la conduzione ordinaria del follow-up del paziente affetto da DTC, quindi la tireoglobulina resta per il momento il marcatore più sensibile per la diagnosi della recidiva di malattia. P-80 ATTUALE SIGNIFICATO DELL’ES. SCINTIGRAFICO NELLA DIAGNOSTICA DEI NODULI “CALDI” TIROIDEI B. Santaniello°, S. Fiordoro°, M. Borgiani°°, M. Giannoni°° °:Cattedra di Medicina Nucleare,DIMI,Univ.di Genova °°:Cattedra di Radiologia I,DIMI,Univ.di Genova Facendo capo all’esperienza clinica maturata negli ultimi 12 anni di attività ambulatoriale in ambito medico-nucleare, ribadiamo che la tradizionale indagine scintigrafica condotta con 99mTc-pertecnetato, pur adeguatamente ridimensionata rispetto al passato, possiede tuttora una sua originalità nella definizione di eventuali aree di autonomia funzionale nel parenchima ghiandolare tiroideo. L’adenoma di Plummer, in fase tossica o pretossica, non possiede in effetti una precisa peculiarità ecotomografica, sia per quanto riguarda la vascolarizzazione della formazione nodulare (pattern vascolare per lo più con segnali di incremento) sia per quanto concerne l’aspetto più propriamente morfo-strutturale (in genere tendenzialmente iperecogeno). Risulta pertanto estremamente appropriata l’effettuazione di scan tiroideo su gamma-camera dotata di “pinhole”. Segnaliamo a parte una piccola casistica di 6 adenomi plummeriani unici giunti alla ns.osservazione nell’ultimo anno gia’ in trattamento tireostatico con dosi variabili dai 10 ai 30 mg. di metimazolo. In tutti questi p., nonostante la terapia già in atto da almeno un mese, si assisteva ad una adeguata visualizzazione della formazione nodulare “calda”, favorendo così una corretta diagnosi differenziale nei confronti di eventuali altre forme di ipertireosi. Sottolineamo inoltre, sulla scorta dell’approfondimento di ns. studi precedenti, come nello struma polinodulare con scarsi od assenti segni clinici di iperattivazione funzionale, ma con TSH oscillante fra 0.1 e 0.8 uU/ml, si assista ad un’alternanza scintigrafica di noduli “caldi” e “freddi” nel 74.11% dei casi osservati. Taluni Aa. sostengono tuttora, in casistiche simili, l’opportunita’ di ricorrere ad ormai obsoleti tests di soppressione; vista la possibilità di un agevole controllo clinico, tireotropinemico ed autoanticorpale tale prova ci appare oggi superflua oltre che non di semplice attuazione. Riteniamo che un es. scintigrafico in p. in trattamento TSH-inibente vada riservato unicamente ai casi in cui si sospetti un viraggio verso l’iperfunzione tiroidea; la ns. casistica, in analogia con altre simili, documenta infatti –grazie all’evidenziazione scintigrafica di aree divenute funzionalmente autonome- tale viraggio in circa il 5% degli strumi inizialmente eutiroidei sottoposti a trattamento con levo-tiroxina. P-81 GESTIONE CLINICA DELL’IPOPARATIROIDISMO CHIRURGICO IN GRAVIDANZA: UN CASO CLINICO F. Saponaro, F. Cetani, C. Marcocci Sezione Dipartimentale di Endocrinologia e Metabolismo dell’Osso, Università di Pisa, Pisa Presentiamo il caso di una donna di 28 anni affetta da ipoparatiroidismo chirurgico permanente verificatosi dopo intervento di tiroidectomia totale per un carcinoma papillare della tiroide. La paziente presentava una remissione clinica e biochimica della malattia oncologica dopo intervento chirurgico ed ablazione del residuo tiroideo con 131-I. Per l’ipoparatiroidismo chirurgico la paziente era in terapia con calcio (1g/die) e calcitriolo (1 µg/die) con un buon controllo dei valori di calcemia totale corretta per albumina (valori compresi tra 8.7-8.8 mg/dl). L’obiettivo della terapia sostitutiva dell’ipoparatiroidismo chirurgico permanente è normalizzare il livelli di calcemia, mantenendo il calcio ai limiti bassi del range normale. La paziente decideva di intraprendere una gravidanza (1° gravidanza). Il monitoraggio della calcemia dalla 5° settimana di gestazione alla 15° settimana, evidenziava un progressivo incremento dei valori di calcemia totale corretta per albumina, con lo stesso dosaggio di calcio e calcitriolo. Si decideva di proseguire la terapia con calcio e calcitriolo, dal momento che quest’ultimo è il farmaco di scelta dell’ipoparatirodismo anche in gravidanza e che non presenta effetti tossici/teratogeni fetali; inoltre la breve emivita consente una più precisa modulazione della calcemia. Si provvedeva ad adeguare la terapia con calcio e calcitriolo, in base al fisiologico aumento della calcemia in gravidanza, che è correlata all’aumento dei livelli circolanti di 1,25OH2 virtamina D prodotti a livello placentare. Infatti per ottenere un adeguato controllo della calcemia, era necessario ridurre progressivamente il dosaggio del calcitriolo, fino alla dose minima di 0.25 µg/die alla 39° settimana di gestazione, mantenendo lo stesso dosaggio del calcio. Al momento del parto (40° settimana) si verificava un calo della calcemia, per il quale si rendeva necessario il progressivo incremento della dose di calcitriolo fino ai valori pregravidici. In conclusione presentiamo un caso esemplificativo per la gestione pratica clinica e terapeutica dell’ ipoparatiroidismo chirurgico in gravidanza. P-82 UTILITA’ DEI POTENZIALI TARDIVI E DELLA VARIABILTA’ DELLA FREQUENZA CARDIACA NELLO STUDIO DELLE COMPLICANZE ARITMICHE DELL’IPERTIROIDISMO SUB-CLINICO. M.D. Scarfoglio°, R. Parlangeli°, D. Bianchi,* D. Meringolo* Unità Operativa Complessa di Cardiologica° e Unità Operativa Semplice Dipartimentale di Endocrinologia* Ospedale Bentivoglio Ausl Bologna I pazienti con ipertiroidismo sub-clinico spesso manifestano alterazioni del ritmo cardiaco asintomatiche. Per valutare l'entità di queste alterazioni e del rischio aritmogeno abbiamo sottoposti questi pazienti ad elettrocardiografia ad alta risoluzione : Potenziali Tardivi (PTV) e allo studio della Variabilità della Frequenza Cardiaca (HRV) I pazienti arruolati nello studio sono stati 145 di quali 119 F e 26 M di età compresa fra 22 e 68 anni senza alcuna cardiopatia organica. Il nostro gruppo di studio era così composto: pazienti 41 (32 F-9M) con nodulo unico caldo autonomo; 54 pazienti (44 F-10M) con gozzo multinodulare autonomo; 50 pazienti (43F-7M) con ipertiroidismo sub-clinico. Tutti i pazienti sono stati sottoposti a studio della funzionalità tiroidea completa (FT4,FT3,TSH, AbTPO, AbTg, AbTSH, Ct,Tg, Scinti ed Eco tiroide, e se necessario Ago aspirato) e a studio cardiologico con esecuzione di visita cardiologica, Ecg basale, PTV e HRV. Nei pazienti con nodulo caldo autonomo , l'Ecg basale risultava nella norma ad eccezione di 18 pazienti nei quali era presente tachicardia sinusale . All' Ecg Holter , in 8 pazienti di questo gruppo era tutto nella norma, mentre nei rimanenti erano presenti episodi di tachicardia sinusale con BESV e BEV sporadici e in 5 di questi pazienti PTV positivi, in 7 pazienti sono state registrate anche alterazioni del ritmo circadiano della frequenza cardiaca. Nei gruppi di gozzo multinodulare ed ipertiroidismo all'Ecg di base era presente una tendenza alla tachicardia sinusale con alterazioni secondarie della ripolarizzazione . In 59 di questi pazienti allo studio Ecg Holter si è riscontrata tachicardia sinusale con annullamento del ritmo circadiano della frequenza cardiaca solo in 35 di questi, extrasistolia sopraventicolare frequente ripetitiva a salve talora asintomatiche, in 11 di questi pazienti riscontro di PTV positivi ; in 6 di questi pazienti sono stati registrati episodi di Fibrillazione Atriale parossistica asintomatica. CONSIDERAZIONI: lo studio Ecg Holter delle 24 ore in questi pazienti ci sembra utile non solo per svelare aritmie misconosciute ma anche per fare una stratificazione prognostica ,in quanto queste indagini assumono significato predittivo di complicanze aritmiche permettendoci di individuare la popolazione più a rischio aritmogeno da monitorizzare al fine di una maggiore attenzione e quindi di un adeguato e tempestivo intervento terapeutico dell'endocrinologo e del cardiologo. P-83 DISTURBI EMOZIONALI NEL POSTPARTUM INIZIALE: CORRELAZIONE TRA SCALE E CON TSH, FT3, FT4, ANTICORPI ANTITIROIDE. S. Settineri 1, M. Le Donne 2, G. Vita3, S. Benvenga 4,5 1 Dip. di Scienze Umane e Sociali; 2Dip di Sc. Pediat., Ginec., Microb. e Biomed.; 3Dip di Sc. Biomed. ed Immagini; 4Dip. di Medicina Clinica e Sperim., Univ. di Messina; 5 Programma Interdip. di Endocrinol. Molecolare Clinica & Salute Endocrina della Donna, AOU Messina. In un gruppo omogeneo di 74 donne studiate al 3° giorno pp, la frequenza di depressione era 13.1%, 20.3% o 31.1% (cut-off score ≥12, ≥13 o ≥14) con la scala di Edimburgo (EPDS) e 29.7% con la scala di Montgomery & Asberg (MADRS) [Psychoneuroendocrinology, 2012]. La frequenza di alessitimia [(AT), incapacità a descrivere con parole le emozioni] era 28.4% scala di Toronto (TAS). I punteggi EPDS e TAS, ma non MADRS, correlavano solo con gli AbTPO e direttamente (P=0.056, EPDS; P= 0.086, TAS). La prevalenza di positività AbTg o AbTPO era 5.4% o 8.1%. Per confermare i dati e per valutare altri stati emozionali, alle stesse 74 donne, al 3° giorno pp abbiamo somministrato il questionario Profile of Mood States (POMS), che valuta i seguenti 6 fattori e relativi stati emozionali: depressione-avvilimento (D), tensione-ansia (T), aggressività-rabbia (A), stanchezza-indolenza (S), confusione-sconcerto (C) e riduzione di vigore-attività (V). RISULTATI- Le frequenze di D, T, A, S, C e V erano 13.5%, 25.7%, 13.5%, 23.0%, 16.2% e 20.3%. Solo 7 donne (9.5%) erano depresse a tutte le scale (cut-off EPDS ≥12). Tra le 10 donne con depressione alla POMS, 8 o 9 lo erano alla MADRS o EPDS (cut-off ≥12), e 5 erano alessitimiche; la prevalenza di punteggio anormale per T, A, S, C e V era 100%, 90%, 100%, 80%, 30%. Nelle 74 donne i punteggi POMS-D correlavano direttamente con quelli EPDS o MADRS (P<0.001), ma non con TAS (P= 0.16), e (P<0.001) quelli di T, A, S e C. La correlazione dei punteggi dei 6 fattori POMS col punteggio TAS era diretta, tranne che con V (inversa), e significativa solo con T (P=0.013) e V (P=0.002), era borderline (P=0.07) con S, ed era assente con TSH, FT4, FT3, log-10 AbTg. Invece, D, T, A, S e C correlavano direttamente con log10AbTPO (P da 0.04 a 0.020) ed inversamente con V (P=0.26). Rispetto alle 64 non depresse, le 10 depresse avevano simili FT4, FT3 ed AbTg (10.7±1.3 vs. 10.2±1.7, 2.4±0.5 vs. 2.4±0.6 pg/ml, e 28.5±35.2 vs. 19.9±45.2 U/ml), ma più alti TSH (3.7±2.1 vs. 2.5±1.7 mU/L, P=0.048) ed AbTPO (36.6±48.7 vs. 10.1±18.4, P=0.004, ANOVA log-10). Stratificando in donne disfunzionali e donne normali per ciascuno degli altri fattori, le prime avevano valori più o meno significativamente superiori di TSH (T), AbTPO (T, A, S, C) ed AbTg (T, A, S). CONCLUSIONI- Nel periodo iniziale pp, la depressione (che ha frequenza diversa a secondo della scala usata) si associa a vari disturbi emozionali. Le donne disfunzionali appaiono essere ipotiroidee subcliniche su base autoimmune. P-84 RECIDIVA LOCALE DI CARCINOMIA PARATIROIDEO: CASE REPORTS S. Simioni, L. Liistro, L. Pomba, M. Variolo, N. Sorgato, G. Pennelli, M.R.Pelizzo Università degli Studi di Padova, Patologia Speciale Chirurgica Policlinico Universitario di Padova Introduzione: Il carcinoma delle paratiroidi è un tumore raro. Generalmente recidiva in loco, raramente dà metastasi a distanza prevalentemente polmonari e ossee. L’intervallo libero da malattia dopo paratiroidectomia varia da 2 a 20 anni. Si distinguono una forma a lenta crescita, poco aggressiva , con prognosi favorevole e un’altra a rapida crescita e invasività letale. Case reports Riportiamo i casi di tre pazienti sottoposti a paratiroidectomia per IPT primario con diagnosi post-operatoria di carcinoma che hanno presentato recidiva locale dopo 11, 6 e 10 anni. Si tratta rispettivamente di: -donna di 67 anni, con calcemia preoperatoria di 2,71 mmol/L, PTH di 780 ng/L e lesione tumorale di 2,4 cm; -uomo di 55 anni con calcemia preoperatoria di 3,1 mmol/L, PTH 525 ng/L e lesione tumorale di 2 cm, con iniziale diagnosi istologica di adenoma atipico e insorgenza di due recidive a 6 e 9 anni dal primo intervento. -donna di 60 anni con calcemia preoperatoria di 3,62 mmol/L, PTH 390 ng/L e lesione tumorale di 1,9 cm. La diagnosi di recidiva è stata sospettata per l’aumento della calcemia e supportata da ecografia, PET-TC e scintigrafia MIBI. Tutti i pazienti sono stati quindi sottoposti a reintervento con normalizzazione della calcemia e PTH. Discussione e conclusioni: I dati relativi a questi tre casi dimostrano che il carcinoma paratiroideo può avere un’evoluzione favorevole, tuttavia la comparsa di recidiva è possibile anche a distanza di anni. Per tale motivo è indispensabile il follow up a lungo termine con periodici controlli bioumorali che sono più sensibili della diagnostica strumentale. Allo stesso follow up devono accedere i pazienti con diagnosi istologica di adenoma atipico in quanto la diagnosi differenziale con il carcinoma paratiroideo non è mai certa. Bibliografia: -Kebebew E, Arici C, Duh QY, Clark OH. Localization and reoperation results for persistent and recurrent parathyroid carcinoma. Arch Surg. 2001 Aug;136(8):878-85 - Oltmann SC, Maalouf NM, Holt S. Significance of elevated parathyroid hormone after parathyroidectomy for primary hyperparathyroidism. Endocr Pract. 2011 Mar-Apr;17 Suppl 1:57-62 - Fang SH, Lal G. Parathyroid cancer. Endocr Pract. 2011 Mar-Apr;17 Suppl 1:36-43 P-85 ANALISI DEL CONTENUTO DI IODIO IN ORTAGGI PROVENIENTI DA AREE COSTIERE DERIVATE DALLA BONIFICA LAGO SALATO DI SALPI. P. Stacchini*, A. Pastorelli*, A. Olivieri*,M.R. Campo§, S. Fariello§, L. Monaco§, M. Cignarelli§ *Dipartimento Sanità Pubblica Veterinaria e Sicurezza Alimentare ** Dipartimento Biologia Cellulare e Neuroscienze Istituto Superiore di Sanità Roma § Cattedra di Endocrinologia, Università degli Studi Foggia PREMESSE: I prodotti vegetali potrebbero rappresentare una importante sorgente alimentare di iodio. Un adeguato contenuto di iodio nei terreni coltivabili soprattutto ad ortaggi potrebbero quindi garantire un apprezzabile concentrazione di iodio in questi prodotti. SCOPO: analizzare la concentrazione di iodio in tre specie di ortaggi ad ampio consumo, quali le patate, cetrioli ed i pomodori, coltivati in terreni sabbiosi della zona costiera compresa tra Margherita di Savoia e Zapponeta (FG), ricavati a margine delle saline da aree dalla bonifica del Lago salato di Salpi e distanti pochi metri dalla costa. MATERIALI E METODI: I campioni in esame sono stati raccolti in Luglio 2012 ed immediatamente surgelati fino al dosaggio dello iodio. (Ottobre 2012). Al momento della misurazione i campioni di vegetali sono stati raccolti in pool dai quali, dopo omogeneizzazione, sono state isolate due aliquote che sono state analizzate mediante spettrometria di massa quadrupolare. RISULTATI: sono riportati in tabella. DISCUSSIONE: I risultati ottenuti nell’ambito di questo studio pilota, seppur suggestivi, non evidenziano livelli di iodio significativamente diversi da quelli generalmente rilevati nella tipologia di alimenti vegetali considerati. Ulteriori studi, da realizzarsi su un numero maggiore di campioni, saranno in grado di verificare se il contenuto di iodio degli ortaggi nelle zone indicate sia davvero superiore a quello delle specie coltivate in aree geologiche differenti e distanti dalla costa. Cat N° Pool di campioni Contenuto [I] medio µg/100g Patate Cetriolo Pomodoro Melone 1 2 3 1 12 6 9 < LOQ Range µg/100g [I] FAO/WHO*µg/100g 12-14 5-7 7-14 - 3 (1-20) 3 (1-20) 3 (1-20) 3 (1-20) *Ref FAO/WHO. Vitamin and mineral requirements in human nutrition.Second edition. 2004.Disponibileall’indirizzo:http://whqlibdoc.who.int/publications/2004/9241546123.pdf P-86 CORRELAZIONE TRA ALTERAZIONI GENETICHE E CARATTERISTICHE CLINICHE NEL CARCINOMA ANAPLASTICO DELLA TIROIDE A. Tacito, E. Sabini, C. Romei, E. Molinaro, L. Agate, C. Giani, C. Ugolini, F. Basolo, P. Vitti, R. Elisei Dipartimento di Endocrinologia e Dipartimento di Chirurgia, Università di Pisa Il carcinoma anaplastico della tiroide (ATC) è una neoplasia maligna molto aggressiva ma fortunatamente rara e la sua incidenza tra i tumori umani è del 1-2%. L’ATC può nascere come tale o svilupparsi da tumori tiroidei preesistenti, quali il carcinoma papillare e follicolare, in seguito all’acquisizione di specifiche alterazioni geniche. I meccanismi molecolari responsabili della formazione dell’ATC non sono ben definiti anche se numerosi geni sono alterati in questo tipo di tumore. In particolare i geni BRAF, RAS, βcatenina, PIK3CA, TP53, AXIN1, PTEN e APC sono quelli più frequentemente coinvolti. Scopo del presente lavoro è stato quello di definire la prevalenza delle alterazioni geniche nell’ATC e di correlarne la presenza con le caratteristiche cliniche di questo tumore. La nostra serie è costituita da 10 casi di ATC. Le mutazioni geniche sono state cercate mediante analisi di sequenza diretta del prodotto di PCR. Complessivamente 4/10 pazienti (40%) presentano mutazioni somatiche. In particolare in 2 casi è presente una mutazione di p53 (R267W e R273H), in un caso è presente una mutazione complessa di PTEN (delezione di una base più mutazione puntiforme Q97R) e in un caso sono presenti sia la mutazione V600E di BRAF che la mutazione K320N di p53. Nel gruppo di studio il rapporto tra maschi e femmine è 6:4, l’età media alla diagnosi è 59.9+15 anni (range 33-77) ed il diametro medio del tumore è 5.64+2.24 cm (range 2.59.2). Otto pazienti su 10 presentano metastasi linfonodali e 6/10 presentano metastasi a distanza. La sopravvivenza media è di 28.26+48.3 mesi. Confrontando le caratteristiche cliniche dei pazienti mutati e non mutati abbiamo osservato che i due gruppi sono simili per quanto riguarda il sesso, l’età alla diagnosi, la dimensione del tumore e la presenza di metastasi linfonodali e a distanza. La sopravvivenza media è invece significativamente inferiore nel gruppo dei pazienti con mutazione somatica (24.7+36.3 mesi) rispetto a quello dei non mutati (31.83+62.9 mesi, p<0.0001). In conclusione i nostri dati dimostrano che il 40% dei pazienti con ATC presenta una mutazione somatica specifica e confermano l’ipotesi che l’ATC possa svilupparsi da tumori tiroidei preesistenti in seguito all’acquisizione progressiva di mutazioni. Infine abbiamo dimostrato che la presenza delle mutazioni somatiche rivestono un ruolo prognostico sfavorevole per l’andamento della malattia. P-87 METASTASI SURRENALICA DA CARCINOMA DIFFERENZIATO TIROIDEO F. Torresan, G. Gemo, C. Pagetta, I.M. Boschin, M. Zane, A. Ramin, S. Nordio, G. Carrozzo, M.R. Pelizzo Dipartimento di scienze chirurgiche oncologiche e gastroenterologiche, Università degli studi di Padova La prognosi del carcinoma differenziato della tiroide (CDT) è buona, con sopravvivenza a 10 anni dell’85-93%; nei pazienti con metastasi a distanza, però, la sopravvivenza si riduce al 2548%. Le metastasi a distanza sono rare (5-23%) e possono coinvolgere polmone, osso, SNC e fegato. Presentiamo due casi, operati presso il nostro Istituto, di metastasi surrenalica da CDT. CASO 1 Femmina, sottoposta nel 1979, all’età di 40 anni, a tiroidectomia totale per carcinoma follicolare della tiroide (CFT) con cellule di Hurthle (T2N0). Dopo terapia radioiodometabolica (3.7GBq), la scintigrafia Total Body (TB) era negativa così come i valori di Tireoglobulina (Tg) sierica in soppressione ed in sospensione. Da febbraio 1990 la Tg in soppressione è progressivamente aumentata (da 5 a 149 ng/ml). Una nuova scintigrafia TB, eseguita nel 1991, era negativa e la Tg in sospensione era di 530 ng/ml. Una TC TB evidenziava un nodo surrenalico destro di 1,8 cm, che, all’esame citologico, risultava compatibile con localizzazione di CFT. La paziente è stata quindi sottoposta, all’età di 52 anni, a surrenectomia destra e l’istologia ne ha confermato la secondarietà. La Tg dopo l’intervento era <0,1 ng/ml. CASO 2 Maschio, sottoposto nel 2009, all’età di 56 anni, a tiroidectomia totale e svuotamento linfonodale laterocervicale sinistro per carcinoma papillare della tiroide (CPT) con estese aree scarsamente differenziate e reperto plurifocale di invasione vascolare (T3mN1b). Dopo terapia radioiodometabolica, la scintigrafia TB e la Tg in sospensione erano negative. Al successivo controllo del 2010 la Tg, dopo stimolo con TSH ricombinante, era di 22,2 mcg/L e la scintigrafia TB era negativa. Una FDG-PET-TC evidenziava una ipercaptazione linfonodale sovraclaveare sinistra, la cui citologia confermava la localizzazione di CPT. A gennaio 2011 il paziente è stato così sottoposto a bonifica linfonodale retroclaveare sinistra, risultata non radicale per gli stretti rapporti della recidiva con i vasi succlavi, ed a successiva RT esterna (6000 cGy in 30 frazioni). La FDG-PET-TC eseguita dopo tale trattamento è risultata negativa. La Tg in soppressione a febbraio 2012 era di 237,8 mcg/L. Ad aprile 2012 il paziente è stato nuovamente sottoposto a ciclo di radioiodoterapia (7.4 GBq) e la Tg in sospensione era di 7940 mcg/L con FDG-PET-TC negativa. Solo alla TC TB veniva evidenziata voluminosa formazione espansiva in sede surrenalica sinistra di 7 cm. Pertanto il paziente, a settembre 2012, veniva sottoposto a surrenectomia sinistra VLS e l’istologia ne confermava la secondarietà. Bibliografia Wagenaar N. et al.: Adrenal metastasis from a papillary thyroid carcinoma. Inter Med 47:2165-68, 2008. Huang I-C. et al.: Long term outcomes of distant metastasis from differentiated thyroid carcinoma. Clinical Endocrinology 76: 439-447, 2012. P-88 ECTOPIA TIROIDEA: DESCRIZIONE DI UN CASO. V. Triggiani, V.A. Giagulli, G. De Pergola, B. Licchelli, E. Tafaro, E. Guastamacchia Endocrinologia e Malattie Metaboliche, Dipartimento DIM, Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” Introduzione. L’ectopia tiroidea è una condizione ritenuta poco frequente, con una prevalenza 1/100000-300000, anche se presenza di tessuto tiroideo ectopico si riscontrerebbe nel 7-10% dei casi in casistiche autoptiche. Deriva da anomalie di sviluppo durante la migrazione dell’abbozzo tiroideo dal pavimento dell’intestino primitivo alla posizione definitiva nel collo. Nella maggior parte dei casi il tessuto tiroideo ectopico si ritrova lungo il decorso del dotto tireoglosso o lateralmente nel collo. A volte, tuttavia, può avere sede nel mediastino e perfino in corrispondenza di organi sottodiaframmatici. In genere si tratta di una condizione asintomatica. Eventuali sintomi e segni possono essere in relazione alle dimensioni della ghiandola ectopica o ai rapporti con gli organi adiacenti o dovuti a malattie propriamente tiroidee. L’ecografia e la scintigrafia sono le indagini strumentali più utili per la valutazione di tessuto tiroideo ectopico, mentre l’agoaspirato può essere richiesto in caso di patologia nodulare. L’intervento chirurgico può trovare indicazione nei casi sintomatici, mentre l’ablazione con radioiodio può essere indicata in caso di malattia ricorrente. Caso clinico. Una donna di 33 anni è pervenuta all’osservazione per astenia e per una tumefazione in sede sotto-ioidea presente da anni e andata incontro ad incremento volumetrico negli ultimi tempi. All’esame clinico, tale formazione appariva di consistenza parenchimatosa. Gli esami di funzionalità tiroidea mostravano una condizione di ipotiroidismo con negatività degli anticorpi anti-tg e antiTPO. L’ecografia mostrava una formazione ipoecogena, delle dimensioni di 27 x 11 x 30 mm, disomogenea per aree ipoecogene e con accentuazione dei segnali vascolari parenchimali, mentre la loggia tiroidea appariva vuota. La scintigrafia mostrava captazione in corrispondenza della tumefazione, mentre non vi era alcuna captazione in sede ortotopica. Alla TC la formazione appariva ipodensa, con marcato enhancement dopo mezzo di contrasto. L’agoaspirato eseguito su un’area nodulare ipoecogena prevalente non ha mostrato anomalie citologiche da parte dei tireociti. Si è deciso, non essendo presente alcuna sintomatologia, di somministrare terapia sostitutiva con levotiroxina e seguire nel tempo la paziente. P-89 DOSAGGIO DELLA PROCALCITONINA SIERICA IN PAZIENTI CON NODULO TIROIDEO: STUDIO PROSPETTICO. P. Trimboli 1, L. Ceriani 2, F.A. Verburg 3, R. Maglio 4, M. Imperiali 5, S. Valabrega 4, L. Giovanella 2,5 1 Section of Endocrinology and Diabetology, Ospedale Israelitico, Rome (Italy) 2 Department of Nuclear Medicine and Thyroid Centre, Oncology Institute of Southern Switzerland, Bellinzona (Switzerland) 3 Department of Nuclear Medicine, RWTH Aachen University, Aachen (Germany) 4 Department of Surgical Science, Sapienza University, Ospedale S. Andrea, Rome (Italy) 5 Department of Laboratory Medicine, Ente Ospedaliero Cantonale, Lugano (Switzerland) Background. La calcitonina (CT) sierica rappresenta lo strumento più accurato nella identificazione del carcinoma midollare tiroideo (CMT). Tuttavia, elevati livelli di CT possono associarsi a diverse altre condizioni. Recentemente, la procalcitonina (PCT) sierica, precursore della CT, è stato proposto come marker diagnostico del CMT. Scopo. Valutare in uno studio prospettico il ruolo del dosaggio routinario della PCT sierica nella diagnosi del CMT. Materiali e Metodi. 1236 pazienti con nodulo tiroideo di recente riscontro ecografico venivano inclusi nello studio. In tutti i soggetti venivano valutate la CT e la PCT. I soggetti con CT >10 pg/ml venivano sottoposti a test di stimolo con pentagastrina (PG) per CT (PG-CT) e PCT (PG-PCT), agoaspirato per esame citologico (FNA) ed eventuale tiroidectomia. Risultati. In 2/1236 (0.1%) soggetti era diagnosticato un CMT. Valori di CT elevata erano presenti in 14 pazienti, di cui 2 CMT, mentre valori di PG-CT >100 pg/ml erano presenti in 4 soggetti, di cui 2 con CMT e 2 con iperplasia a cellule C. Al contrario, PCT e PGPCT erano dosabili nei 2 CMT, mentre erano indosabili nei restanti casi (sensibilità 100%, VPN 100%). Conclusioni. Il dosaggio di PCT appare altamente accurato nella diagnosi e nella esclusione di CMT. Il suo impiego nei soggetti con livelli elevati di CT basale potrebbe evitare il test di stimolo con PG. P-90 IL DOSAGGIO DI CALCITONINA SU LIQUIDO DI LAVAGGIO DI AGOASPIRATO IDENTIFICA IL CARCINOMA MIDOLLARE TIROIDEO CON UNA SENSIBILITÀ SUPERIORE RISPETTO ALLA CITOLOGIA. P. Trimboli 1, M. Bongiovanni 2, L. Guidobaldi 3, C. Ventura 1, O. Laurenti 1, F. Romanelli 4, G. Fattorini 1,4, R. Madaio 5, A. Crescenzi 3, S. Valabrega 6, L. Giovanella 7 1 Servizio di Endocrinologia, Ospedale Israelitico di Roma; 2 Servizio di Citopatologia, Ist. Cantonale di Patologia, Locarno (CH); 3 Servizio di Citologia e Istologia, Ospedale Israelitico di Roma; 4 Dip. di Medicina Sperimentale, Sapienza Università di Roma; 5 Servizio di Oncologia Clinica, Ospedale Israelitico di Roma; 6 Dip. di Scienze Mediche e Chirurgiche, Ospedale S. Andrea, Sapienza Università di Roma; 7 Dip. di Medicina Nucleare e Centro della Tiroide, Ist. Oncologico della Svizzera Italiana, Bellinzona (CH). Background. La determinazione della calcitonina (CT) su liquido di lavaggio dopo FNA (FNA-CT) di nodulo tiroideo o linfonodo cervicale è stata recentemente utilizzata nella diagnosi del carcinoma midollare (CMT). Obiettivo. 1. Comparare la sensibilità della FNA-CT con quella della citologia nella diagnosi del CMT. 2. Identificare un cut-off della FNA-CT di utilizzo pratico. Materiali e Metodi. Lo studio includeva 21 lesioni (17 noduli e 4 linfonodi) in 19 pazienti con istologia di CMT. In tutti i casi era stato eseguito il dosaggio preoperatorio di CT, in 18 era stato eseguito FNA ed in 15 era dosata la FNA-CT. Nel gruppo di controllo venivano inclusi 39 pazienti con altrettante lesioni nodulari tiroidee e CT elevata, ma con outcome “non-midollare”. Il campione per la FNA-CT era ottenuto dopo lavaggio dell’ago in 1 ml di soluzione fisiologica. L’esame citologico era integrato da esame immunocitochimico su vetrino decolorato. La CT e la FNA-CT erano dosate con metodica immunochemiluminometrica (Immulite 2000 DxI, Siemens, Erlangen, Germania). Risultati. Dei 19 CMT, 14 (sensibilità 74%) avevano CT sierica >100 pg/ml e 17 (90%) >50 pg/ml. Citologicamente le lesioni CMT venivano classificate come sospette o maligne in 8/18 casi (sensibilità 44%). Valori di FNA-CT ≥58 pg/ml erano associati a CMT con una sensibilità del 100%. In particolare, in 9 MTC la citologia risultava benigna (n=2) o inadeguata (n=7) mentre i valori di FNA-CT erano elevati. I valori di FNA-CT nel gruppo controllo erano ≤13 pg/ml. Conclusioni. Valori di FNA-CT ≥58 pg/ml localizzano il CMT con una sensibilità superiore alla citologia. Il dosaggio di FNA-CT dovrebbe dunque essere esteso a tutti i pazienti che vengono sottoposti a FNA in seguito ad elevati livelli di CT sierica. P-91 COMA MIXEDEMATOSO: QUANDO IL TSH NON BASTA ! R. Vacca, A. Oppo, M. Figorilli*, V. Oppo*, E. Ruiu*, R. Puddu*, F. Marrosu*, M. Marrosu*, S. Mariotti Endocrinologia, Dip. di Scienze Mediche ed Internistiche, *Neurologia, Dip. di Sanità Pubblica, Medicina Clinica e Molecolare, Università e A.O.U. di Cagliari. Il coma mixedematoso è una rara complicanza dell’ipotiroidismo grave, con alto tasso di mortalità e caratterizzato da alterazioni dello stato mentale e da ipotermia. Alla diagnosi solitamente si riscontrano bassi livelli di FT3 e FT4 associati a TSH molto elevato. Caso clinico: donna di 68 anni affetta da circa 2 anni da demenza fronto-temporale e ipotiroidismo post tiroidectomia totale per gozzo trattato da lungo tempo con levotiroxina (L-T4) una cp da 100 µg/die, ricoverata in urgenza presso il reparto di Neurologia per crisi epilettiche subentranti e stato di incoscienza. All’esame obiettivo: edema generalizzato al viso e agli arti, cute secca e cerea, ROT ipoevocabili, PA 105/65mmHg , bradicardia (50 bpm), ipotermia (TC: 29.8 °C), bradipnea con SpO2 87%. Alla TC cranio non lesioni in atto e all’EEG marcate alterazioni non specifiche. Gli esami ematochimici evidenziavano un’acidosi mista con pH 7,19 e miopatia severa. Malgrado l'attuazione delle principali procedure terapeutiche di supporto (reidratazione, riscaldamento con termo-coperte, O2-terapia e supporto ventilatorio, BDZ per le crisi convulsive, infusione di bicarbonati), per un aggravamento delle condizioni generali, la paziente veniva trasferita in terapia intensiva. Considerando il dato anamnestico, nel sospetto di una irregolare assunzione di L-T4, veniva richiesta una valutazione della funzione tiroidea che evidenziava un TSH di 13 µUI/l, interpretato inizialmente come ipotiroidismo lieve, nonostante il quadro clinico compatibile con coma mixedematoso e valori molto bassi di FT3 (<1 pg/ml) e FT4 (0,4 pg/ml). La dose di L-T4 era incrementata a 125 e poi a 150 µg/die e somministrata in forma liquida (Tirosint® soluzione orale) tramite sondino naso gastrico. Dopo 2 settimane si registrava scomparsa dei disturbi neurologici e netto miglioramento dello stato generale. Una nuova valutazione evidenziava un aumento paradosso del TSH rispetto agli ormoni tiroidei (FT3 1,36 pg/ml, FT4 5,1 pg/ml, TSH 24.9 µUI/l). È verosimile che in questo caso il severo quadro neurologico e/o i farmaci per questo assunti abbiano determinato una condizione di NTIS con inibizione dell’asse TRH/TSH e conseguente riduzione del TSH fino a valori apparentemente incompatibili con un coma mixedematoso. Conclusioni: nei pazienti critici la diagnosi di laboratorio dell’ipotiroidismo è complessa e la sola valutazione del TSH non è sufficiente ad escludere una condizione di coma mixedematoso potenzialmente fatale. Questo caso sembra indicare inoltre che la L-T4 in forma liquida può essere un'alternativa efficace alla formulazione parenterale indicata nel coma mixedematoso, ma di difficile reperimento. P-92 PRO E CONTRO DELLA LINFOADENECTOMIA PROFILATTICA DEL COMPARTIMENTO CENTRALE NEI PAZIENTI CON CARCINOMA DIFFERENZIATO DELLA TIROIDE L. Valerio1, D. Viola1, G. Materazzi2, P. Miccoli2, F. Basolo2, E. Sensi2, P. Faviana2, E. Molinaro1, L. Agate1, P. Vitti1, R. Elisei1 1Dipartimento di Endocrinologia e Metabolismo, 2Dipartimento di Chirurgia, Università di Pisa Il beneficio clinico della linfoadenectomia profilattica dei linfonodi del compartimento centrale (CCL), nei pazienti con carcinoma differenziato della tiroide (DTC) è tuttora controverso. Tale trattamento sembra, da un lato, ridurre il rischio di recidiva di DTC e la necessità di effettuare reinterventi, ma dall’altro sembra determinare un aumento delle complicanze chirurgiche, tuttavia ad oggi sono stati eseguiti solo studi retrospettivi incapaci di chiarire il reale impatto clinico di tale procedura. Scopo di questo studio prospettico è stato di valutare pro e contro dello svuotamento del CCL e lo stato di malattia di pazienti con DTC trattati con la sola tiroidectomia totale (TTx) o con TTx+CCL. Un totale di 169 pazienti con DTC senza evidenza ecografica pre-operatoria di metastasi linfonodali (N1) sono stati randomizzati nel Gruppo-A (TTx, n=84) o nel Gruppo-B (TTx+CCL, n=85). I due gruppi erano sovrapponibili per caratteristiche cliniche ed epidemiologiche. Il Gruppo-B mostrava una maggiore prevalenza di N1 (47.1% vs 7.1%) mentre non c’erano differenze tra i due gruppi per quanto riguarda altre caratteristiche patologiche (es. multifocalità, capsula infiltrata, variante istologica, ecc.). Dopo un follow-up di 3.5 anni, non sono state osservate differenze sullo stato di malattia dei due gruppi di pazienti. Attualmente, nessun paziente è stato rioperato. Ad ogni modo, un più alto numero, statisticamente significativo, di trattamenti radiometabolici è stato eseguito nei pazienti del Gruppo-A (p=0,009). In parallelo però, una più alta prevalenza, statisticamente significativa, di ipoparatiroidismo permanente (HYPTH) è stata osservata nel Gruppo-B (p=0,046). In conclusione, questo studio dimostra che lo stato di malattia di pazienti con DTC, trattatati con TTx o con TTx+CCL, è sovrapponibile a 3.5 anni di distanza dall’intervento. Tuttavia, i pazienti trattati con sola TTx hanno bisogno di un più alto numero di trattamenti con 131I rispetto ai pazienti trattati con TTx+CCL, a fronte però di un minor riscontro di HYPTH. È necessario un follow-up a lungo termine al fine di valutare la prevalenza di recidiva nei due gruppi. P-93 LA RISPOSTA ALLA TERAPIA STEROIDEA E.V. AD ALTE DOSI NEI PAZIENTI CON ORBITOPATIA BASEDOWIANA E’ PRESENTE GIA’ DOPO 6 SETTIMANE G. Vannucchi1, I. Campi, D. Covelli1, N. Currò2, V. Cirello1, D. Dazzi3, P. BeckPeccoz1, M. Salvi1 1 Unità di Endocrinologia Fondazione Cà Granda IRCCS Milano 2 Clinica Oculistica Fondazione Cà Granda IRCCS Milano Al fine di identificare i parametri che influenzano la risposta terapeutica al trattamento steroideo in pazienti affetti da orbitopatia basedowiana (GO) in fase attiva abbiamo studiato retrospettivamente 58 pazienti (14 M, 44 F) affetti da tireopatia autoimmune e GO in fase attiva di grado moderato-severo, trattati con metilprednisolone e.v. (dose cumulativa 7.5 g). La valutazione oftalmologica è stata eseguita in condizioni basali e a 6, 12 e 24-30 settimane dopo il trattamento. In 43/58 pazienti abbiamo inoltre studiato noti polimorfismi del gene codificante per il recettore dei glucocorticoidi (GR), associati a differente sensibilità agli steroidi. L’outcome terapeutico è stato definito come: 1) riduzione del clinical activity score (CAS)≥2 punti o 2) proptosi ≥2 mm o 3) miglioramento della diplopia secondo le classi Gorman, in relazione all’età, sesso, durata della malattia tiroidea ed orbitale, fumo, livelli serici di TRAb, TSH, FT4, FT3 e polimorfismi de GR. Risultati: Il 67% dei pazienti ha risposto al trattamento immunosoppressivo. In particolare, l’80% dei responders ha mostrato una significativa riduzione del CAS ed inattivazione della GO dopo sole 6 settimane dall’inizio della terapia. In un altro 10% di pazienti è stata osservata inattivazione del quadro oculare a 12 settimane. Nei pazienti responsivi alla terapia steroidea con inattivazione della GO è stata osservata una significativa riduzione della proptosi in OD alla fine del trattamento (P<0.03), senza modificazioni per quanto riguarda la fissura e la motilità. Non sono state inoltre osservate significative associazioni tra la risposta terapeutica ed altri parametri clinici, sierologici e genetici. Il fumo è risultato l’unico parametro associato significativamente all’outcome terapeutico con maggiore riduzione del CAS nei pazienti non fumatori (62.5%) rispetto ai fumatori (7.5%) (P<0.045). I risultati di questo studio suggeriscono che nella maggior parte dei pazienti con GO in fase attiva la risposta alla terapia steroidea è presente precocemente dopo sole 6 settimane di terapia e soprattutto nei soggetti non fumatori. Solo il 15% circa di pazienti non responsivi a 6 settimane mostrano inattivazione della GO successivamente nel followup. L’approccio terapeutico immunosoppressivo in questi pazienti dovrebbe essere volto alla individualizzazione della dose per ottenere la risposta ottimale. P-94 REINTERVENTI SULLA TIROIDE M. Variolo, C. Bernardi, S. Simioni, F. Torresan, S. Nordio, M.R. Pelizzo Reparto di Patologia Speciale Chirurgica, Policlinico Universitario di Padova INTRODUZIONE: È opinione comune che i reinterventi per patologia tiroidea espongano a maggiori rischi, ma è poco noto che il termine è comprensivo di molteplici procedure che vengono accorpate indiscriminatamente ai fini della valutazione delle complicanze 1. SCOPO: Verificare in una serie omogenea, consecutiva e relativamente recente quanto le comuni complicanze correlate ai reinterventi in loggia tiroidea hanno inciso complessivamente e su quali procedure maggiormente. MATERIALI E METODI: Nel periodo 2006-2010 sono stati eseguiti 233 reinterventi in loggia tiroidea pari al 4,9% di 4752 interventi totali: 129 (55,4%) totalizzazioni monolaterali (A), di cui 46 di “funzionalizzazione”, 74 (31,7%) totalizzazioni bilaterali (B) e 30 (12,9%) bonifiche linfonodali (C). All’esame istologico definitivo sono risultati 114 (48,9%) carcinomi. E’ stato possibile valutare l’incidenza di emorragia postoperatoria su tutti i 233 pazienti, di ipoparatiroidismo (Ca ˂ 2,10 mmol/l) transitorio e permanente (oltre un anno) su 214 di 224 pazienti rintracciati, di deficit ricorrenziale transitorio e definitivo su 301 nervi a rischio. I dati sono stati elaborati tramite il test del chi quadrato e il test di correzione di Fisher per i piccoli campioni. RISULTATI: L’emorragia, che ha richiesto l’immediata revisione chirurgica, è occorsa in 6 pazienti ( 2,7% ): 2 (1,5%) nel gruppo (A), 3 (4%) nel (B) e 1 (3,3%) nel (C); l’ipoparatiroidismo transitorio e definitivo è risultato rispettivamente del 32,5 e 1,7 % nelle totalizzazioni mono1aterali (A), di 48,6 e 5,5% nelle bilaterali (B), di 18,2 e 3% nelle bonifiche (C) (significatività statistico per l’ipoparatiroidismo transitorio - Fisher’s exact < 0,05). Il deficit ricorrenziale transitorio e definitivo è risultato rispettivamente del 4,9 e 0,8% nelle totalizzazioni monolaterali (A), 9,6 e 2,7% nelle bilaterali (B), 3 e 0% nelle bonifiche (C); nessuna complicanza definitiva nelle totalizzazioni solo controlaterali a scopo di “funzionalizzazione”. L’incidenza più elevata di complicanze, ma solo relative al deficit ricorrenziale, è emersa nelle 18 totalizzazioni bilaterali di interventi primariamente bilaterali: 17,1 e 8,6% rispettivamente per le lesioni ricorrenziali transitorie e definitive. Il tasso di complicanze non risulta influenzato dalla diagnosi di malignità ma solo dalla procedura iniziale. CONCLUSIONI: I risultati indicano che vanno temuti i reinterventi bilaterali soprattutto dopo interventi primari a loro volta bilaterali, mentre la lobectomia tiroidea solo controlaterale non aumenta il rischio sfatando il mito che la TT di principio, anche per il nodo benigno, sia più vantaggiosa rispetto alla lobectomia che non dà ipoparatiroidismo mette a rischio un solo nervo e non richiede terapia sostitutiva. Bibliografia: 1 Pelizzo M.R.: Thyroid Resurgery. G Chir Vol 32, n 11/12, pp.453-459 P-95 TERAPIA MEDICA DELL’IPERTIROIDISMO AUTOIMMUNE IN ETÀ PEDIATRICA: EFFICACIA DELLA STRATEGIA “BLOCK-AND-REPLACE” M.C. Vigone, E. Peroni, A. Passoni, M. Di Frenna, S. Caiulo, G. Weber U.O. Pediatria e Neonatologia, Università Vita-Salute San Raffaele, Istituto Scientifico San Raffaele, Milano Background: In letteratura è ancora molto discusso l’utilizzo della doppia terapia, associazione tra alte dosi di tionamide e L-Tiroxina (metodo «block-and-replace»), nei pazienti pediatrici affetti da ipertiroidismo autoimmune. Scopo: Confrontare l’efficacia del metodo block-and-replace rispetto alla monoterapia con tionamidi nei pazienti pediatrici affetti da ipertiroidismo autoimmune. Metodi: studio longitudinale retrospettivo in 25 pz pediatrici (23 F; età media alla diagnosi di ipertiroidismo: 8,7 anni) con risposta instabile alla terapia con le sole tionamidi, in cui è stato utilizzato il metodo block-and-replace. 1) Abbiamo calcolato e confrontato le % di stato di ipertiroidismo, ipotiroidismo e eutiroidismo nei pz trattati con le sole tionamidi e nei pz trattati con l’associazione tionamide e L-Tiroxina. 2) Abbiamo calcolato il rate di remissione di malattia con la doppia terapia e valutato l’efficacia del metodo block-and-replace nel ritardare il ricorso a una terapia definitiva. 3) Abbiamo valutato gli effetti collaterali in caso di doppia terapia. Risultati: 1) Tionamidi Tionamidi+LT4 P-value Ipertiroidismo: Recidiva maggiore Media DS 14.05% 12.74 Media 11.08% DS 17 Media 27.77% DS 27.58 Media 47.10% DS 30.94 1.84% 3.56% 10.77 6.77% 9.04 87.84% 18.59 < 0,001 4.10 Ipertiroidismo: Recidiva minore 0.075 Ipotiroidismo 0.001 Eutiroidismo < 0.001 2) 1 pz (4%) è andato in remissione di malattia con il metodo block-and-replace; 15 pz (60%) hanno richiesto il ricorso ad una terapia definitiva (4 radioiodio, 11 chirurgia). La doppia terapia ha permesso di rinviare la terapia radiometabolica di 4,9 anni e la terapia chirurgica di 2,9 anni. 3) In corso di doppia terapia non sono stati registrati effetti collaterali rilevanti. Conclusioni: Il metodo block-and-replace, pur non migliorando il rate di remissione di malattia, limita le recidive in ipertiroidismo franco, garantendo una maggiore stabilità della funzionalità tiroidea. Risulta, quindi, indicato nei casi di difficile gestione dell’ipertiroidismo autoimmune in cui sia necessario posticipare il ricorso a chirurgica o radioiodio a un’età più idonea, per contenere i rischi che queste procedure comportano. P-96 IL DEFICIT DI LATTASI: UNA NUOVA CAUSA OCCULTA DEL MALASSORBIMENTO DI TIROXINA (T4). 1 C. Virili, 1I. Gatto, 1M.G. Santaguida, 1M. Cellini, 1S.C. Del Duca, 1N. Brusca, 1L. Bianchi, 2L. Gargano, 1, 2M. Centanni 1 Dip. Scienze e Biotecnologie Medico-chirurgiche, Sapienza Università di Roma, Latina, 2 UOC Endocrinologia, AUSL Latina. Il corretto trattamento tiroxinico presuppone l’individualizzazione del dosaggio in rapporto al tipo di patologia, al peso ed all'età del paziente, nonchè all’integrità dei meccanismi preposti all'assorbimento dell'ormone. Infatti, in pazienti affetti dai più frequenti disordini gastrointestinali (infezione da Helicobacter pylori, gastriti croniche, morbo celiaco) è stato descritto un aumentato fabbisogno giornaliero di T4. Tra questi disordini va annoverata l’intolleranza al lattosio, di cui è stato segnalato un singolo caso con aumentata richiesta di T4, in mancanza tuttavia di studi sistematici. Lo scopo di questo studio è stato, quindi, quello di valutare la dose di T4 necessaria per ottenere il target terapeutico in pazienti tireopatici con concomitante deficit di lattasi. Un totale di 41 pazienti di sesso femminile affette da intolleranza al lattosio costituivano il gruppo di studio, dei quali 10 (età mediana=47aa) erano affette da gozzo multinodulare (GMNT) e 31 (età mediana=41aa) erano pazienti ipotiroidee affette da tiroidite di Hashimoto (HT); tra queste ultime, 16 presentavano, oltre al deficit di lattasi, un ulteriore disordine gastrointestinale. I gruppi di controllo erano rappresentati da 88 pazienti affetti da GMNT e 68 con HT in trattamento con L-T4 con caratteristiche antropometriche comparabili. Tutti i pazienti erano esenti da interferenze nutrizionali e/o farmacologiche, capaci di modificare l'assorbimento della tiroxina. I pazienti del gruppo di controllo in terapia sostitutiva hanno raggiunto i valori target di TSH (<2.5 mU/l) in 5±2 mesi, con una dose mediana di T4 pari a 1,31 µg/Kg/die. Al contrario, nei pazienti con ipolattasia isolata, il target terapeutico è stato raggiunto in un arco di tempo maggiore (10±3 mesi) e con una dose mediana di T4 pari a 1,69 µg/Kg/die (+29%; p= 0,0002). Una dose anche maggiore (1,94 µg/Kg/die; +48%; p<0,0001) era richiesta nei pazienti con ulteriori disordini gastrointestinali. Tra i pazienti in terapia semisoppressiva (TSH<0.1-0.5>mU/l), quelli con intolleranza al lattosio necessitavano di un dosaggio mediano di T4 pari a 1.92 µg/Kg/die, più alto quindi di quello osservato nei corrispondenti pazienti di controllo (1,56µg/Kg/die;p<0.0001). In conclusione, nei pazienti tireopatici con malassorbimento di lattosio è necessario incrementare la dose di T4 per raggiungere il target terapeutico. Il deficit di lattasi va quindi considerato una nuova causa di malassorbimento di tiroxina. P-97 UN CASO DI MORBO DI BASEDOW (MB) INNESCATO DA IMMUNOTERAPIA CON L’ANTIGENE TUMORE-ASSOCIATO NY-ESO-1 R. Vita 1, F. Guarneri 2, R. Chee 3, R. Agah 4, S. Benvenga 1, 5 1 Endocrinologia, Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università di Messina; 2 Dermatologia, Medicina Sociale del Territorio, Università di Messina; 3 Department of Developmental Biology, Stanford University, Stanford, CA, USA; 4 Internal Medicine, Stanford University, Palo Alto, CA, USA; 5 Programma Interdipartimentale di Endocrinologia Molecolare e Clinica e Salute Endocrina della Donna, Università di Messina. La vaccinoterapia antitumorale consiste nella somministrazione di antigeni tumoreassociati (ATA), che vengono riconosciuti da specifici antigeni HLA. Sono stati descritti due casi di disfunzione tiroidea (uno di ipertiroidismo e uno di ipotiroidismo) innescati da un ATA, il NY-ESO-1, in due donne HLA-A2 positive affette da carcinoma ovarico (Clin Cancer Res, 2008). Di seguito riportiamo un caso di MB innescato da vaccinazione con NY-ESO-1 in una donna HLA-A2 negativa. Una donna asiatica di 32 anni affetta da sarcoma sinoviale venne trattata con radioterapia, chemioterapia, e con NY-ESO-1 somministrato assieme ad un adiuvante. Il vaccino fu somministrato per due cicli da 5 somministrazioni ognuno. L’aplotipo HLA della paziente era A11/A33(19), B13/B56(22), Cw3/-. Un mese dopo l’inizio della vaccinoterapia, fu sospettata clinicamente una disfunzione tiroidea. I dati di laboratorio erano compatibili con un ipertiroidismo da MB con TSH soppresso (0.02 mU/L), FT3 alto (7.4 pmol/L), FT4 alto (26.2 pmol/L) e positività per immunoglobuline stimolanti la tiroide (152%, valori normali <140). L’ipertiroidismo peggiorò progressivamente (FT4 >60, FT3 >30, TSI >500), per cui la paziente fu sottoposta a tiroidectomia totale. L’esame istologico confermò il MB. Abbiamo usato il software BLAST del NCBI (http://blast.ncbi.nlm.nih.gov/Blast.cgi) per cercare omologie di sequenza tra NY-ESO-1 e autoantigeni tiroidei [recettore del TSH (TSH-R), tireoperossidasi (TPO) e tireoglobulina (Tg)]. Utilizzando il database dei motivi di legame HLA (Tissue Antigens, 2003), abbiamo cercato invece motivi di legame HLA all’interno di regioni di omologia tra NYESO-1 ed autoantigeni tiroidei. Abbiamo quindi trovato che 15 regioni epitopiche di NY-ESO-1 sono omologhe a 15 regioni degli autoantigeni tiroidei, alcune di esse epitopiche: 5 sono del TSH-R, 8 della Tg e 2 della TPO. Queste regioni di omologia contengono motivi di legame di diversi antigeni HLA di classe I, compresi A11 e A33 della paziente. Inoltre, 2 regioni omologhe del TSH-R contengono motivi di legame con HLA-A2. Considerando il ruolo emergente dei vaccini nel trattamento dei tumori maligni, si prevede un incremento nei prossimi anni dei casi di patologie autoimmuni tiroidee indotte da essi in individui geneticamente predisposti. P-98 STUDIO PROSPETTICO SUL RUOLO DEGLI EVENTI STRESSANTI (ES) NELLO SCATENAMENTO DEGLI EPISODI DI IPERTIROIDISMO DA MORBO DI BASEDOW (MB) R. Vita 1, F. Trimarchi 1, S. Benvenga 1, 2 1 Endocrinologia, Dip. di Medicina Clinica e Sperimentale, Università di Messina; 2 Progr. Interdip. di Endocrinologia Molecolare e Clinica e Salute Endocrina della Donna, Università di Messina. Il ruolo che lo stress ha nell’innesco dell’esordio e delle recidive del MB, aspetto poco o affatto studiato, è controverso. In questo studio abbiamo valutato l’impatto degli ES sull’outcome dell’ipertir. da MB. Abbiamo reclutato 58 paz. con MB (F:M=1.6), in cui almeno un ES si verificò nei 12 mesi precedenti l’esordio dell’ipertir. Per la statistica, abbiamo usato il test di Mann-Whitney, il chi-quadro (χ2) o il test esatto di Fisher, e la regressione lineare. Usando un questionario specifico, gli ES sono stati suddivisi in 4 categorie: psicologico (ESP), infettivo, fisico e di altra natura. La terapia con antitiroidei di sintesi è durata ≥12 mesi ed il follow-up dopo loro sospensione ≥5 anni. Abbiamo escluso paz. oftalmopatici, o fumatori, o trattati con 131I o con tiroidectomia. In base all’outcome dell’ipertir. abbiamo suddiviso i paz. in tre gruppi: REM, che andarono incontro a remissione (n=15, 26%); ESA, con ≥1 esacerbazione (durante terapia antitiroidea) (n=6, 10.3%); REC, con ≥1 recidiva (dopo sospensione degli antitiroidei) (n=37, 64%). L’età all’esordio (EE), mediamente di 35.3±15.5 anni, era ≤30 anni più frequentemente rappresentata nel gruppo REM, che non nel gruppo ESA o REC (9/13 vs. 1/16 vs. 12/32, df=2, P=0.057). L’intervallo di tempo tra ES ed esordio era di 19.3±11.9 settimane, e risultava correlato con l’EE (r=0.585, P<0.001), soprattutto nel gruppo REC (r=0.643, P<0.001). Gli ES più frequenti erano ESP (51/58 paz., 87.9%). I paz. del gruppo REC, rispetto a quelli del gruppo REM, avevano più ES di tutti i tipi (2.7±1.7 per paz. vs. 1.2±0.6, P<0.001), ed in particolare ESP (2.3±1.4 per paz. vs. 1.2±0.6, P=0.001). Inoltre, nel gruppo REC, gli ESP erano più numerosi nei paz. recidivati almeno due volte, rispetto a quelli recidivati una sola volta (3.3±1.2 per paz. vs. 1.5±1.0, P<0.001). Gli ESP precedenti l’esordio erano più frequenti nei paz. con almeno 2 recidive, rispetto a quelli con una sola recidiva (14/14=100% vs. 15/22= 68.2%, P=0.029). Nel gruppo REC, gli ESP precedenti la prima recidiva, erano più frequenti nei paz. recidivati almeno 2 volte, rispetto a quelli recidivati una volta (12/14=85.7% vs. 9/23=39.1%, P=0.007). Il numero totale di ES era significativamente correlato col numero di recidive (r=0.697, P<0.001). In conclusione, alcuni individui con MB, sono sistematicamente suscettibili agli ES, cioè ogni loro episodio di ipertir. (dal primo o esordio sino all’ultima recidiva) è sistematicamente preceduto da almeno un ES. Questi individui sono relativamente giovani, e quanto più lo sono, tanto più breve è l’intervallo tra l’ES/gli ES ed il successivo episodio di ipertir. e tanto più sono a rischio di recidive. P-99 PREVALENZA DELLA TIROIDITE CRONICA AUTOIMMUNE IN PAZIENTI AFFETTE DA SINDROME DELL’OVAIO POLICISTICO M. Vitale1, A. Ticino2, P. Storelli2, S. Evangelista2, F. D’Itri2, G. Grani1, M. Bianchini1 M. D’Alessandri1, M.G. Porpora2, A. Fumarola1, R. Ostuni2, G. Carbotta1 1. Dipartimento di Medicina Sperimentale, Sapienza Università di Roma 2. Dipartimento di Scienze Ginecologico-Ostetriche e Scienze Urologiche, Sapienza Università di Roma In letteratura alcuni studi hanno analizzato la possibile associazione tra due patologie molto frequenti nelle donne in età fertile, quali la Tiroidite Cronica Autoimmune e la Sindrome dell’Ovaio Policistico (PCOS), non giungendo tuttavia a risultati definitivi. Presso gli ambulatori del Dipartimento di Scienze Ginecologico-Ostetriche e Scienze Urologiche del Policlinico Umberto I di Roma sono state selezionate 26 pazienti con diagnosi di PCOS, posta seguendo i criteri di Rotterdam del 2003. Inoltre, 16 donne senza diagnosi di PCOS e senza una patologia tiroidea nota sono state reclutate come gruppo controllo. Tutte le pazienti, seguite poi dalla U.O.C. Endocrinologia A, Centro Malattie della Tiroide, Policlinico Umberto I di Roma, sono state sottoposte alle seguenti valutazioni cliniche e strumentali: visita endocrinologica, dosaggio di FT3, FT4, TSH, anticorpi anti-tireoglobulina (anti-TG), anticorpi anti-tireoperossidasi (anti-TPO) e studio ecografico della tiroide. Gli anticorpi anti-TG sono risultati positivi in 7 pazienti con PCOS (26,9%) e in 2 delle pazienti di controllo (12,5%), mentre gli anticorpi anti-TPO in 4 pazienti con PCOS (15,4%) e in 2 pazienti di controllo (12,5%), differenze entrambe non statisticamente significative (p>0,05). All’esame ecografico della tiroide è stata riscontrata una disomogeneità ecostrutturale in 7 pazienti con PCOS (26,9%) e solo in una paziente del gruppo controllo (6,25%); tuttavia tale differenza non è statisticamente significativa (p>0,05). Per porre diagnosi di tiroidite cronica di Hashimoto è stata considerata la positività degli anticorpi anti-TPO e, contemporaneamente, la presenza di disomogeneità all'esame ecografico. Utilizzando questi criteri, tale patologia è stata individuata in 4 pazienti con PCOS (15,4%) e solo in una paziente del gruppo controllo (6,25%), senza, tuttavia, raggiungere una significatività statistica (p>0,05). Questi risultati, peraltro preliminari, non rilevano una maggiore prevalenza di tiroidite cronica autoimmune in pazienti con sindrome dell'ovaio policistico. P-100 CARATTERISTICHE MOLECOLARI DEL CARCINOMA PAPILLARE DELLA TIROIDE NEL PAZIENTE ACROMEGALICO: DATI PRELIMINARI. S. Watutantrige Fernando1, F. Ceccato1, S. Barollo1, G. Occhi1, G. Pennelli2, C. Betterle1, M.-L. Jaffrain-Rea3, F. Grimaldi4, D. Nacamulli1, C. Scaroni1, C. Mian1 1: UO di Endocrinologia, Dip. di Medicina, Padova; 2: Unità di Anatomia Patologica, Dip. di Medicina, Padova; 3: Dip. di Scienze Neurologiche , Istituto Neuromed, IRCCS, Pozzilli; 4: Azienda Ospedaliero-Universitaria Santa Maria della Misericordia, Udine. Introduzione: il carcinoma papillare della tiroide (PTC) è l’istotipo più frequente tra le neoplasie tiroidee e si caratterizza per una buona prognosi e per una buona aspettativa di vita. L’evento mutazionale più frequente nel PTC interessa il proto-oncogene BRAF (hotspot mutazionale V600E) che codifica per una tirosin kinasi effettrice intracellulare della cascata di segnalazione MAP-kinasica, nel 30-70% dei casi. Il rischio di neoplasia nel paziente acromegalico è generalmente aumentato rispetto alla popolazione generale, dato il noto effetto di promozione alla crescita esercitato da IGF-1, GH ed insulina; in Letteratura è riportata una prevalenza del 3-7% di carcinoma tiroideo in pazienti acromegalici. Recenti acquisizioni molecolari hanno dimostrato che mutazioni a carico dei geni AIP (Aryl-hydrocarbon receptor Interacting Protein) e AHR (Aryl-Hydrocarbon Receptor) sono implicate nell’oncogenesi della neoplasia ipofisaria GH-secernente. Scopo: valutare la prevalenza di gozzo/PTC in una grossa casistica di pazienti acromegalici seguiti nella nostra UO. Studiare gli eventi molecolari alla base dello sviluppo di PTC nel paziente affetto da acromegalia. Materiali e Metodi: nei pazienti con PTC si è valutato lo status di BRAF tramite sequenziamento del esone 15. Un’indagine immuno-istochimica per l’espressione di AIP ed AHR è stata condotta su tessuto paraffinato proveniente da PTC. Risultati e conclusioni: nella nostra casistica la prevalenza di gozzo era 37% (22/60) e quella di PTC 10% (6/60). 4 su 6 (66%) casi di PTC mostravano la mutazione V600E di BRAF. L’espressione di AIP sul tessuto neoplastico era identica a quella del tessuto tiroideo normale; più interessante, nei pazienti con PTC e mutazione di BRAF abbiamo dimostrato un aumento dell’espressione citoplasmatica e nucleare della proteina AHR rispetto al tessuto tiroideo normale. Conclusioni: la prevalenza di PTC è risultata maggiore nella nostra casistica rispetto a quanto riportato in Letteratura. I risultati preliminari mostrano per la prima volta un aumento dell’ espressione della proteina AHR nel PTC; dati ulteriori sono necessari per definire se questo aumento di espressione possa essere correlato alla presenza della mutazione V600E di BRAF nel PTC dell’acromegalico. P-101 CIRCULATING CELL-FREE DNA, SLC5A8 AND SLC26A4 HYPERMETHYLATION, BRAFV600E: A NON-INVASIVE TOOL PANEL FOR DETECTION OF THYROID TUMORS M. Zane, M. Agostini, E. Casal Ide, F. Torresan, I. Boschin Merante, S. Barollo, C. Mian, M.R. Pelizzo Università degli Studi di Padova, Dip. Scienze Chirurgiche, Oncologiche e Gastroenterologiche (DiSCOG), Patologia Speciale Chirurgica Background. Un marcatore studiato per diversi tumori, ma non ancora per il carcinoma tiroideo (TC), è la quantificazione degli acidi nucleici circolanti liberi da cellule, in particolare il cell-free DNA (cf-DNA). Negli ultimi anni, alti livelli di cf-DNA sono stati trovati associati con la diagnosi e la progressione del cancro, mostrando caratteristiche di potenziale biomarcatore. Nel TC viene persa spesso l’espressione di molecole metabolizzanti lo Iodio. Lo stato di ipermetilazione dei geni SLC5A8 e SLC26A4, entrambi coinvolti nel metabolismo dello Iodio, è associato con la mutazione BRAFV600E che rappresenta l’evento genico più frequente alla base dello sviluppo del carcinoma papillare tiroideo (PTC). Lo scopo dello studio riguarda lo sviluppo di una metodica non invasiva per lo screening di neoplasie della tiroide attraverso la quantificazione del cf-DNA, l’analisi dello stato di ipermetilazione di SLC5A8 e SLC26A4 e la mutazione BRAFV600E. Metodi. È stata effettuata l’analisi quantitativa assoluta del cf-DNA con metodica Real-Time PCR attraverso lo studio delle ripetizioni ALU sul cancro tiroideo, rispettivamente: 9 casi di anaplastico, 58 di midollare, 5 di midollare-follicolare sincrono, 86 di papillare, 23 di adenoma follicolare e un gruppo di controllo di 19 soggetti sani. Nel gruppo dei PTC abbiamo affiancato l’analisi con lo studio dello stato di ipermetilazione di SLC5A8 e SLC26A4 e della mutazione BRAFV600E. Risultati. Ogni metodo di quantificazione del cf-DNA ha mostrato un’elevata abilità nel discriminare i soggetti sani dai pazienti tumorali, e le mediane dei livelli plasmatici di cfDNAALU83 e cf-DNAALU244 correlano in maniera significativa con il tipo istologico (p-value <0.0001). Abbiamo osservato un considerevole aumento nella quantità di cf-DNAALU83 e cfDNAALU244 quando si verificano eventi di metilazione, con significatività statistica (p-value, 0.0242). È stata inoltre osservata una correlazione tra la mutazione BRAFV600E e cfDNAALU244/ALU8 (p-value, 0.0250). Conclusioni. La quantificazione del cf-DNA ha mostrato avere un ruolo importante per il TC. L’analisi della metilazione ha reso più specifica l’identificazione del tumore e la sua localizzazione. La correlazione dei saggi di quantificazione del cf-DNA e di analisi di ipermetilazione genica con lo studio di BRAFV600E, già usato in diagnostica clinica, ci permette di definire un set di biomarcatori che può fornire dati informativi su identificazione, diagnosi e prognosi di TC. L’elaborazione della metodica ha previsto l’ottimizzazione di un protocollo di indagine non invasivo e riproducibile, di facile impiego nei laboratori di biologia molecolare, da usare come test di screening per TC. Alix-Panabieres C et al. Circulating tumor cells and circulating tumor DNA. Annu Rev Med, 63: 199-215, 2012. Kohler C et al. Cell-free DNA in the circulation as a potential cancer biomarker. Anticancer Res, 31: 2623-2628. Shames DS et al, Methods for detecting DNA methylation in tumors: from bench to bedside. Cancer Lett, 251: 187-198, 2007. P-102 ASSOCIAZIONE TRA MUTAZIONE R429Q DEL GENE DEL RECETTORE β (TR-β gene) DEGLI ORMONI TIROIDEI E SINDROME DA RESISTENZA ALL’AZIONE DEGLI ORMONI TIROIDEI (RTH). FORMA FAMILIARE CON FOLLOW-UP PER 22 ANNI M. Zingrillo1, M. Kiouranaki2, A. Melfitano1 1 Attività libero professionale Foggia; 2 Università di Foggia La RTH, descritta da Refetoff nel 1967 è caratterizzata da inappropriata secrezione di TSH in adattamento a mutazioni di vario grado e gravità del recettore degli ormoni tiroidei. In letteratura compaiono circa 1500 casi; il fenotipo varia in rapporto alle differenti mutazioni, ma anche a parità di mutazione in famiglie ed individui affetti. Nel 1990 giunge a visita un uomo di 34 anni, con modesto gozzo multinodulare (un nodulo palpabile, 3 noduli visibili all’ecografia; citologia = gozzo). A dispetto di valori elevati di FT4 ed FT3 (FT4 31.2 pmol/L, n.v. = 9.0 - 25.8; FT3 10.8 pmol/L, n.v. 4.6 9.2), il TSH era elevato (7.0 mU/L); assenti sintomi e segni di ipertiroidismo. Il dosaggio dell’α-subunità del TSH + NMR ipofisaria esclusero un adenoma TSH secernente. Nel sospetto di RTH, sono stati studiati il propositus ed altri 10 elementi della famiglia, con screening per mutazioni del TR-β gene + studio clinico-ecografico e di laboratorio. Il propositus e un figlio di 13 anni, risultarono affetti da mutazione R429Q del TR-β gene (Adams et al. JCI, 1994), corrispondente a sostituzione puntiforme nel codone 429 tra arginina e glutamina. Il figlio del probando, di 13 anni, con FT4 = 21.1 pmol/l, FT3 = 9.47 pmol/l e TSH = 14.01 mU/L, mostrava un quadro ecografico tiroideo normale, assenza di segni clinici di ipertiroidismo, bassa statura con ritardo di 3 anni dell’età ossea, QI normale. Padre e figlio effettuarono il test di Sarne (TRH test con 200 µg i.v.in condizioni basali e dopo dosi progressivamente maggiori di l-T3 fino a 200 µg/die per 3 giorni), con soppressione quasi completa del TSH stimolato, ma senza segni e sintomi di ipertiroidismo. I parametri di sensibilità periferica dell’azione ormonale tiroidea (ECG, colesterolemia, SHBG, ferritina, parametri di turnover osseo) furono normali in condizione basale e dopo l-T3. Al momento il padre ha 56 anni; da circa 20 anni assume 150 µg/die di l-T4 + 0.35 mg x 3 di acido triiodoacetico, con stabilizzazione del quadro ecografico tiroideo e assenza di segni e sintomi di ipertiroidismo; nel corso del 2012 FT4 = 24.1 pmol/l, FT3 = 8.2 pmol/l, TSH = 0.80 mU/L. Il figlio ha 31 anni, non assume terapia, presenta tiroide ecograficamente normale e assenza di segni e sintomi di ipertiroidismo. E’ alto 168 cm (in accordo con bersaglio genetico) ed è normopeso (57 kg); nel corso del 2012 FT4 = 21.5 pmol/l, FT3 = 9.3 pmol/l, TSH = 14.5 mU/L. Conclusioni: nei due casi osservati di RTH con mutazione R429Q del TR-β gene il quadro clinico è modesto. Nel figlio il tessuto tiroideo appare perfettamente adattato all’anomalo “carico” di lavoro provocato dalla ridotta sensibilità recettoriale. P-103 CARCINOMA PAPILLARE DELLA TIROIDE ASSOCIATO A TIROIDITE CRONICA AUTOIMMUNE IN 47 CASI CONSECUTIVI: CARATTERISTICHE CLINICHE, PROBLEMATICHE DIAGNOSTICHE, TRATTAMENTO E FOLLOW-UP A MEDIO TERMINE M. Zingrillo1, V. Nirchio2, F. Tricarico2, G. La Torre3, M. Ulivieri4, A. Melfitano1 1. Attività libero professionale Foggia; 2. Azienda Ospedaliera Foggia; 3. Centro di Riferimento Oncologico Basilicato, Rionero in Vulture (Pz); 4. Presidio Ospedaliero di Cerignola (Fg) Numerosi studi suggeriscono una significativa associazione tra la tiroidite cronica autoimmune (TCA) ed il carcinoma papillare della tiroide (CPT). Il preciso significato di questa associazione è tuttavia ancora sconosciuto. Riportiamo i dati di 47 pazienti consecutivi (45F e 2 M; età 16-67) affetti da CPT associato a TCA. Motivo della visita: riscontro incidentale in 6 casi, ipotiroidismo in 24 casi (5 di nuova diagnosi e 19 in trattamento); noduli palpabili in 6 casi; screening familiare in 5 casi (2 per TCA e 3 per CPT); tiretossicosi in un caso; linfonodo palpabile in un caso; motivo non chiarito in 4 casi. Quadro ecografico: nodulo unico 28; noduli multipli 19; nessun nodulo visibile, con linfonodo 1. Dimensioni CPT: 8-38 mm diam max (< 10 mm in 7 casi; diam AP ≥ TRASV in 10 casi). Aspetto ecografico CPT: 41 ipoecogeni e 6 isoecogeni; margini irregolari 41; microcalcificazioni 32; vascolarizzazione intranodulare 7; segni superamento capsulare 12. Linfonodi visibili ecografia in 9 pz: 4 comparto centrale (livelli VI e VII) 8 comparto laterale (livelli II, II, IV e V). Citologia nodulo (46 pz): 5 Tir 3; 14 Tir 4 e 27 Tir 5. Citologia linfonodi (9 pz): tutti metastasi CPT. Intervento effettuato: a) tiroidectomia totale 13; b) tiroidectomia totale + linfectomia comparto centrale 26; c) tiroidectomia totale + linfectomia centrale + linfectomia laterocervicale 8. Istologia: purifocalità 12; focolaio unico < 1.5 cm, non invasione, non lifonodi 11; invasione capsulare 18 (8 con invasione extra); metastasi linfonodali 15; istologia aggressiva 5. Follow-up disponibile in 37/47 pazienti (32 trattati con Radioiodio e 5 non trattati): durata 6-136 mesi (mediana 36 mesi), con controllo ecografico del collo, tireoglobulina basale e stimolata con TSH ricombinante, anticorpi antitireoglobulina, scintigrafia WBS con radioiodio quando indicata. Epicrisi: liberi da malattia 34; anticorpi anti-tireoglobulina elevati, senza segni di malattia 2; ricorrenti recidive linfonodali dopo chirurgia estesa 1. Conclusioni: nella nostra casistica, nei limiti della durata del follow-up, si conferma una prognosi favorevole in pazienti con concomitante CPT e TCA, anche a dispetto di malattia talora avanzata. Commento: Il CPT e la TCA vengono sempre più spesso diagnosticati per migliorate capacità diagnostiche (dosaggio TSH US, ecografia ad alta risoluzione con piattaforma digitale; routinario dosaggio anticorpi anti-tiroidei). I pazienti con TCA vengono studiati ripetutamente con ecografia nel corso del tempo, con possibilità di un bias di sovrastima dell’associazione con CPT. P-104 DOSAGGIO DELLA TIREOGLOBULINA SU CITOASPIRATO LINFONODALE NELLA DIAGNOSI DEI TUMORI DIFFERENZIATI DELLA TIROIDE S. Lupo, M. Bondanelli, G. Trasforini, P. Franceschetti, A. Guerra, R. Rossi, M.R. Ambrosio, E.C. degli Uberti Sezione di Endocrinologia, Dipartimento di Scienze Mediche, Università degli Studi di Ferrara Le metastasi (MTS) linfonodali laterocervicali (LCV) di carcinoma della tiroide (CT) sono frequente alla prima diagnosi ed in corso di follow-up; più raramente segnalano la presenza di CT occulto. La diagnosi delle MTS linfonodali da CT si basa su ecografia del collo, agoaspirato ecoguidato (FNAB) e dosaggio della tireoglobulina (TG) su citoaspirato, specie nei casi di linfonodo con degenerazione cistica dove la citologia raramente risulta essere diagnostica. Il dosaggio TG su citoaspirato ha elevata sensibilità diagnostica e specificità, con livelli molto variabili (da 122 a 37200 ng/ml). Una donna di 43 anni è giunta alla nostra osservazione per linfoadenomegalie LCV di aspetto cistico. L’ecografia mostrava al terzo medio del lobo tiroideo destro un’areola ipoecogena (1,5 mm) e un linfonodo cistico (11x19x22 mm) in sede LCV destra (LIV). Funzione tiroidea ed livelli di calcitonina erano nella norma, con livelli serici di TG = 17.7 ng/ml e ATG negativi. La citologia del linfonodo mostrava la presenza di materiale amorfo inglobante linfociti maturi e cellule fusate; livelli di TG su citoaspirato = 398.3 ng/ml. Dato il quadro ecografico tiroideo negativo, si è ripetuto FNAB, che è risultato sovrapponibile. Nel sospetto di una MTS linfonodale di CT occulto è stata indicata una tiroidectomia totale con linfoadenectomia LCV destra. Durante l’intervento, l’aspetto macroscopico del linfonodo LCV destro suggeriva un linfocele, per cui è stata eseguita una emitirodectomia destra oltre alla linfoadenectomia LCV destra. All’esame istologico del linfonodo: tessuto adiposo con evidente rappresentazione di grasso bruno, comprendente struttura vascolare ectasica con spessa tonaca muscolare nel cui lume erano presenti voluminosi aggregati di linfociti maturi. All’esame istologico del lobo tiroideo destro: tessuto tiroideo normale, in assenza di cellule carcinomatose. Nel nostro caso il dosaggio di TG su citoaspirato linfonodale si è rivelato un falso positivo. Tale dato suggerisce una chirurgia meno radicale in presenza di livelli di TG inferiori a quelli mediamente trovati nelle MTS linfonodali di CT differenziato, specie quando la sede di coinvolgimento linfonodale sia meno frequente e non vi sia presenza di lesione tiroidea. INDICE AUTORI ACCARDO G. AGAH R. AGATE L. AGHINI LOMBARDI F. AGOSTINI M. AGRETTI P. AGRIMI D. ALBANO E. ALEMANNO I. ALFANO F. ALFEI F. ALI H. ALIBRANDI A. ALOJ L. ALTEA M.A. ALTIERI B. AMBROSIO C. AMBROSIO M.R. AMBROSIO R. ANGARONE P. ANTONANGELO C. ANTONANGELI L. ANTONETTI R. ARECCO F. ARMANINI D. AROASIO E. ARPAIA D. ARTINI P.G. ATTARD M. AURIEMMA R.S. AVENIA N. AZZOLINI C. BADIALI S. BAGATTINI B. BAGNARA M.C. BAGNASCO M. BAK B. BAKHSH A. BALDARI S. P-64, P-73 P-97 P-44, P-55, P-86, P-92 O-23 P-101 O-21, P04, P-58 P-01, P-02, P-03 O-26 P-01, P-02, P-03 O-13, P30, P-31 O-29 O-08 O-20 P-49 O-26, P-72 P-29 P-73 P-104 O-13, P30, P-31 P-01, P-02 P-56 O-23 P-69 O-01 P-36 P-79 P-66 P-26, P-27 O-28 P-71 O-30, P-62 O-02 O-11 P-04, P-58 O-07 O-07, P-09 O-06 P-63 O-20, P-40 BALDESCHI L. BALL D. BARBA L. BARBARO M.P. BARBATO F. BARBIERI A. BARDESONO F. BAROLLO S. BARTALENA L. BASOLO A. BASOLO F. BECK-PECCOZ P. BELARDI V. BELARDINI V. BELFIORE A. BELLASTELLA A. BELLASTELLA G. BELVEDERE I. BENELLI E. BENVENGA S. BERNARD D.J. BERNARD M. BERNARDI C. BERTAZZA L. BERTI V. BETTERLE C. BIAGINI A. BIANCHI D. BIANCHI L. BIANCHINI E. BIANCHINI M. O-02 O-08 P-45, P-46 P-16, P-65 P-64, P-73 O-12, P-20 O-01, P-23 O-15, O24, P-05, P-100, P101 O-02 O-27 P-86, P-92 O-06, O11, P-08, P-24, P-93 P-06, P-63 O-03, P12, P-17 O-19, P-41 O-12, P-20 O-12, P-64 P-41 P-26, P-27 O-25, P13, P-76, P-77, P83,P-97, P98 O-06 O-02 P-94 P-05 O-01 O-15, P05, P-100, P-36 O-04, P39, P-55, P-68 P-82 P-96 P-75 P-99 BIONDI B. BIZZARRO A. BOBORIDIS K.G. BOCCI G. BOI F. BONCODDO M. BONDANELLI M. BONELLI C. BONGIOVANNI M. BONOMI M. BORGIANI M. BOSCHI A. BOSCHIN MERANTE I. BOTTICI V. BOURNAUD C. BRAZZAROLA P. BRIGNARDELLO E. BRINAZONI E. BROSE M. BRUNO R. BRUSCA N. BRUSCO L. BUCCI I. BUSONERO G. CACCIAPUOTI M. CAIULO S. CAMERA L. CAMERIERI L. CAMPANI D. CAMPENNI' A. CAMPI I. CAMPO M.R. CANIPARI R. CAORSI V. CAPELLI V. CAPEZZONE M. CAPODIMONTI S. CAPPAGLI M. O-17, P42, P-66 O-12, P-20 O-02 O-21 O-05 P-57 P-104 P-30, P-31 P-90 O-06 P-80 O-02 P-87, P101 P-44, P-50, P-55 O-02 O-10, P-19 P-35 O-03 O-08 O-28 P-96 P-17 O-16, P-07 P-10 P-46 P-95 P-52, P-53 O-07 P-63 O-20, P-40 O-06, P08, P-24, P-93 O-18, P33, P-34, P-85 O-29 P-09, P-61 P-60 P-10 O-14 P-11, P-59 CAPPAGLI V. CAPRIO M.G. CAPUTO A. CAPUTO M. CARBOTTA G. CARDINALE G. CARLI A. CAROLI M. CARPENTIERI M. CARRARA R. CARRATU' A.C. CARROZZO G. CARUSO G. CASAL IDE E. CASTAGNA M.G. CATALINI C. CAVICCHIONI C. CECCARINI G. CECCATO F. CELA V. CELLINI M. CENTANNI M. CERIANI L. CERTO R. CESARETTI G. CETANI F. CHATTERJEE K. CHEE R. CHEN S. CHIABOTTO P. CHILOSI M. CHIOVATO L. CHYTIRIS S. CIAMPI R. CIAMPOLILLO A. O-08, P44, P-50 P-73 O-13 O-07, P-09 P-99 P-33, P-34 P-10 P-01, P-02 P-56 P-60 P-28, P-49, P-52, P-53 P-70, P-87 P-10 P-101 O-03, P12, P-17 P-31 P-71 O-27 P-100 P-26 P-96 O-29, P-96 P-89 P-13, P-76, P-77 P-14 P-81 O-06 P-97 P-36 P-35 O-10, P18, P-19 O-17, P21, P-22, P-60 P-60 P-15, P-50 O-09, O18, P-16, P-34, P-43, P-65 CIARMIELLO A. CICCONE M. CIGNARELLI M. CIPOLLA C. CIRELLO V. CIUOLI C. CLARY D. CLERICI A. COHEN E. COLAO A. COLATO C. COLELLA C. COLOMBO C. CONSERVA A. CONTE L. COPERCHINI F. CORBO G. CORONA R. CORRIAS A. CORVISIERI S. COSCI B. COSTANTE G. COSTANTINO E. COVELLI D. COVIELLO L. CRESCENZI A. CROCETTI U. CUCCU A. CURRO' N. CUTTITTA A. D'AGOSTINO M. D'ALESSANDRI M. D'ALOISO L. D'ANGELO A. D'ETTORRE A. D'ITRI F. DATTANI M.T. DAUMERIE C. DAYAN C. DAZZI D. DE BELLIS A. DE FALCO V. DE FRANCIA S. DE FRANCISCIS L. DE LEO S. DE LUCA C. DE LUCA DI ROSETO C. DE MARCO G. P-63 P-93 O-12, P-20 O-24 P-79 P-42 O-11 P-52, P-53 P-28, P-49 O-21, P04, P-58 P-28, P-49, P-52, P-53 DE MARTINIS L. O-10, P18, P-19 O-12, P-20 O-11 P-33, P-34 P-68 P-21, P-22 P-48 P-71 P-35 P-23 P-15 O-28 O-18, P-69 P-08, P-24, P-93 P-45, P-46 P-90 O-28 O-05 O-02, P08, P-24, P-93 P-25 O-30 P-99 O-28 P-13 P-07 P-99 O-06 O-02 DE MARTINO D. DE PERGOLA G. DE STEFANO M.A. DEANDREA M. DEGLI UBERTI E.C. O-17, P21, P-22 P-25 P-88 O-13, P-30 P-37 P-11, P-59 P-16 O-18, P33, P-34, P-69, P-85 P-29 O-11, P-93 P-17 O-08 O-17 O-08 DEL DUCA S.C. DEL GHIANDA S. DEL PRETE M. DELLA CASA S. DELLE DONNE M.G. DELLO IACOVO A. DENTICE M. DESSANTI P. DIACONO F. DI BELLA B. DI COSCIO G. DI COSMO C. DI CUONZO D. DI DALMAZI G. DI FRENNA M. DI MOLFETTA S. DI SANTO A. DI SANTO S. DI SEGNI C. DIACONO F. DIMIDA A. DOBRINIJA C. DUMINUCO P. DURANTE C. P-104, P-74, P-75 P-96 P-26, P-27 P-28, P-49, P-52, P-53 P-29 P-39, P-68 O-12, P-20 O-13, P31, P-30 P-59 P. 03 O-20, P-57 P-19 O-21, P-04 P-35 P-07, P-56 P-95 P-16 P-10 O-16 P-47, P-48 P-01, P-02 P-58 P-67 O-06 O-28 ELEFANTE A. ELISEI R. ESPOSITO D. ESPOSITO K. ESPOSITO R. EVANGELISTA S. FABIANO A. FADDA G. FAGGIAN D. FAGGIANO A. FALLARINO F. FANIZZA C. FARESE A. FARIELLO S. FATTORINI G. FAVIANA P. FELICETTI F. FENZI G. FERDEGHINI M. FERRARINI E. FERSINI A. FIERABRACCI P. FIGORILLI M. FILETTI S. FILIERI C. FIORAVANTI C. FIORDORO S. FIORE E. FONDERICO F. FONTE R. FONTI R. FORLEO R. FORNTE R. FORTUNATI N. P-32 O-04, O08, P-15, P-39, P-44, P-50, P-55, P-68, P-86, P-92 P-64, P-73 P-64 P-28, P-49, P-52, P-53 P-99 O-18 O-14, P-29 P-36 P-28, P-49, P-52, P-53 P-62 P-07 O-18, P33, P-34 P-85 P-90 P-92 P-35 O-13, P30, P-31 O-10, P18, P-19 P-58 P-34 O-27 P-91 O-28 P-74 P-12 P-80 O-23, P54, P-63 P-45 P-60 P-52, P-53 P-10 O-17 P-35 FOSSARELLO M. FRANCESCHETTI P. FRASCA F. FRIGERI M. FUGAZZOLA L. FUMAROLA A. FUNEL N. FURMANIAK J. FURNO A. FUZIO P. GAMARRA E. GAMBALE C. GANGEMI S. GARBEROGLIO R. GARELLI S. GARGANO L. GARINO F. GASPERI M. GATTO I. GEMO G. GERACI F. GERARDI A.M.T. GHILLI M. GIACCHI E. GIAGULLI V.A. GIANI C. GIANI' F. GIANNONI M. GIORGINO F. GIOVANELLA L. GIOVINAZZO S. GIRELLI M.E. GIULIANI C. GIULIANO S. GIUSTARINI E. GIUSTI M. GIUSTI N. GORGJI N. GORI M. O-05 P-104 O-19, P-38 O-23 O-11 P-99 P-63 P-36 O-29 O-09 P-37 P-55 P-13, P-76 P-37 O-15, P-36 P-96 P-37 P-71 P-96 P-87 P-38 P-69 P-63 P-47 P-88 P-06, P-39, P-63, P-68, P-86 P-38 P-80 O-09, O18, P-16, P-34, P-43, P-65 P-89, P-90 P-40, P-76, P-77 P-36 O-16, P-07 O-19, P-41 P-63 P-09, P-61 O-30 P-59 P-14 GORJI N. GRANI G. GRASSO L. GRENNAN-JONES F. GREWAL R. GRIMALDI F. GROPPELLI G. GUADAGNI M. GUARNIERI F. GUASTAMACCHIA E. GUASTELLA C. GUERRA A. GUIDOBALDI L. IERARDI B.A. ILARDO G. IMPERIALI M. IMPROTA F. IPPOLITO S. JAFFRAIN-REA M.L. JARZAB B. KIOURANAKI M. KRASSAS G.E. KREISSL M.C. LA MANNA A. LA TORRE G. LACERENZA S. LACONTE E. LAMACCHIA O. LANDI A. LANDRISCINA M. LANGELLA M.G. LANZETTA P. LAROCCA L.M. LASTORIA S. LATROFA F. LATTARULO S. LAURENTI O. LAZZARATO F. LAZZERI P. LE DONNE M. LEO M. LEPORATI T. LEWIS M. P-11 P-99 O-23, P-44 P-63 O-04 P-100 O-17, P21, P-22 P-59 P-97 P-88 P-08 P-104 P-90 P-32 P-57 P-89 P-66 P-66 P-100 O-08 P-102 O-02 O-08 O-17 P-103 P-22 P-27 P-34 O-27 O-18, P-69 P-30 P-42 O-14 P-49 O-26, P26, P-72 O-09, P-43 P-90 P-35 P-11, P-59 P-83 O-26, P-72 O-17 P-63 LICCHELLI B. LICITRA L. LIISTRO L. LIMONE P.P. LIUZZI M. LO POMO F. LOCCI M.V. LOCONTE E. LOMBARDI C. LOMBARDI C.P. LONGO A.C. LONGO S. LORUSSO L. LUCCI E. LUCHETTI F. LUDGATE M. LUPO S. LUPOLI G. LUPOLI G.A. LUPOLI R. MADAIO R. MADDALENA F. MAGISTRELLI P. MAGLIO R. MAGRI F. MAINO F. MAIORANO A. MAIORANO E. MAIORINO M.I. MALAGUARNERA R. MANCINI A. MANGESHKAR M. MANNARINO C. MARCHETTI I. MARCIELLO F. MARCOCCI C. MARCONCINI G. P-88 O-08 P-67, P-70, P-84 P-37 O-18 P-32 P-66 P-26 P-54 O-14 P-57 P-43 P-44 O-12, P-20 P-44, P-50 P-63 P-104 P-45, P-46 P-45, P-46 P-45 P-90 P-69 P-11 P-89 O-17, P21, P-22, P-60 O-03, P12, P-17 P-34 O-09, O18 P-64 O-19 P-47, P-48 O-08 P-41 P-19 P-28, P-49, P-52, P-53 O-02, O26, P-72, P-81 P-50 MARELLI F. MARIANO I. MARINI S. MARINO' M. MARIOTTI S. MAROTTA V. MARROSU F. MARROSU M. MARSILI A. MARTIGNONI G. MARTINELLI A. MARTINELLI S. MARTINI M. MARTINO A. MASIERO S. MASSA M. MATERAZZI G. MATRONE A. MAZZEO S. MAZZI B. MEDVEDEV V. MELANZI S. MELFITANO A. MEMMO S. MENCONI F. MENICALI E. MERANTE BOSCHIN I. MERINGOLO D. MESSUTI I. MESSUTI I. MEUCCI E. MIAN C. MICCOLI P. MILETTO P. MINCIULLO P. MINUTO F. MISITI S. MOLE' D. MOLETI M. P-51 P-71 O-05 O-26, P-72 O-05, P-91 MOLINARO A. MOLINARO E. P-28, P-49, P-52, P-53 P-91 P-91 O-27, P-39 O-10 P-46 O-27 O-14 P-54 P-36 O-28 P-92 P-55 P-39, P-68 O-26 O-08 P-56 MONACO F. MONACO L. MONTANELLI L. MONTANINI D. MONTEPAGANI A. MONTESANO T. MONTESION L. MONTI E. MONZANI F. P-102, P103 O-03, P12, P-17 O-26, P-72 O-30, P-62 P-67 O-28, P-82 O-01 P-23 P-48 O-15, O24, P-05, P-100, P101 P-92 P-54 P-76 P-09, P-61 O-29 P-74 O-20, P-57 MORCAVALLO A. MORETTI A. MORETTI S. MORMILE A. MORONI M. MORTARA L. MOURITS M.P. MUELLER S. MULLER I. MURAGLIA A. NACAMULLI D. NAPOLI A. NAPOLITANO G. NARDI M. NARDONE G. NATALICCHIO A. NATALICCHIO M.I. NELKIN B. NERI G. NICCOLAI F. NICOLOSI M.L. NIEDERLE B NIRCHIO V. NORDIO S. OCCHI G. OLIVERIO R. OLIVIERI A. O-21, P-58 O-04, P39, P-44, P-55, P-68, P-86, P-92 O-16, P-07 P-85 P-04, P-58 O-20 P-11, P-59 O-28 P-60 P-09, P-61 O-10, O28 O-19 O-01, P-79 O-30, P-62 P-37 P-11 P-61 O-02 O-08 P-06, P-63 P-07 O-15, P100 O-09 O-16, P-07 O-02 P-03 P-65 O-18, P-69 O-08 P-45 O-21, P-58 P-38 O-08 P-103 P-70, P-87, P-94 P-100 P-41 P-01, P-02, P-85 OLIVIERI M. OPOCHER G. OPPO A. OPPO V. ORLANDI F. OSTUNI R. PACINI F. PAGETTA C. PALERMO E. PALMIERI T. PALUMMO A. PANE E. PANICO A. PAPA F. PAPADOPOLI R. PARLANGELI R. PASQUALI D. PASQUI L. PASSANNANTI P. PASSONI A. PASTORELLI A. PATRUNO P. PAUTASSO M. PEDRON S. PEIRCE C. PELIZZO M.R. PELLERITO R. PELLERITO R.E. PENNELLI G. PERA G. PERLINO E. PERONI E. PERRINO M. PERSANI L. PERSANO M. PEZZANI R. PEZZOLLA A. PIAGGI P. P-03, P-78 P-67 P-91 P-91 O-01, P23, P-79 P-99 O-03, P10, P-12, P-17 P-87 P-32 P-66 O-19 O-12, P-20 P-45 P-46 P-41 P-82 P-64, P-73 P-12 P-55 P-95 P-85 P-65 P-79 O-10, P-18 P-66 O-22, P67, P-70, P-84, P-87, P-94, P101 P-23 O-01 P-84, P100 P-09, P-61 O-09 P-95 O-11 O-06, P-51 P-47, P-48 P-05 O-09, P-43 O-21, O- 27 PIERUZZI L. PIGNATARO L. PIGNATTI P. PINCHERA A. PISCAZZI A. PISTONE S. PLEBANI M. POGGIANO M.R. POLICOLA C. POLIZZI M. POMBA L. POMPOSELLI E. PONTECORVI A. PONTILLO CONTILLO B. PORPORA M.G. PRESTI S. PRINCI P. PROFILO M.A. PROVENZALE M.A. PUDDU R. PULEO L. PULIGHEDDU B. PUXEDDU E. QUATTROCCHI P. RADETTI G. RAGO T. RAIMONDO S. RAMIN A. RAMUNDO V. RANDOLPH G. REES SMITH B. REGAZZONI F. REITANO C. RENZULLO A. RICCO I. RIZZA I.M. ROCCHI R. P-39, P-68 P-08 P-21, P-22 O-23, O26, O-27, P-04, P-63, P-72 O-18, P-69 P-32 P-36 P-46 P-29 P-43 P-67, P-70, P-84 O-07, P-09 O-14, P29, P-47, P-48 P-68 P-99 O-20, P-57 P-71 O-26, P-72 O-23 P-91 O-23 O-01, P-23 O-30, P-62 P-13 O-06 O-23, P-72 P-47, P-48 P-70, P-87 P-28, P-49, P-52, P-53 O-04 P-36 P-37 O-07 P-64, P-73 O-27 O-17 O-26, P-72 ROMAGNI P. ROMANELLI F. ROMEI C. RONCELLA M. RONGA G. ROSELLINI V. ROSSI E.D. ROSSI M. ROSSI R. ROSSI S. ROTONDI D. ROTONDI M. RUBIN B. RUGGERI R.M. RUGGIERO M. RUIU E. RUSSO E. SABINI E. SABRA M. SACCO A. SAGAZIO A. SAGGESE G. SAGGIORATO E. SAITTA A. SALVATORE D. SALVATORE M. SALVI M. SALZANO M. SANTAGUIDA M.G. SANTANIELLO B. SANTINI F. SANTORO M. SAPONARO F. SAPOROSI A. SARACENO G. SASSI L. P-78 P-90 P-15, P-44, P-50, P-86 P-63 O-28 P-63 O-14 P-54, P-74, P-75 P-104, P-74, P-75 P-08 P-01 O-17, P21, P-22, P-60 P-05 P-13, P-40, P-76, P-77 P-26, P-27 P-91 O-24 P-86 O-04 O-19 P-78 P-14 P-79 P-76 O-13, P30, P-31 P-52, P-53 O-02, P08, P-24, P-93 O-24 O-29, P-96 P-80 O-27 O-24 P-81 P-47 O-25 O-02 SCARAMUZZI G. SCARFOGLIO M.D. SCARONI C. SCARTABELLI G. SCHIAVI F. SCHIAVO M. SCHLUMBERGER M. SCHOENMAKERS N. SCHOFFSKI P. SCURTI V. SENSI E. SESTINI F. SETTINERI S. SGOTTO E. SHAH M. SHAHA A. SHERMAN S. SIBILIO A. SIDERI R. SILVESTRINI A. SIMIONI S. SIMONCINI T. SISTI E. SISTI E. SOETERS M.R. SORGATO N. SORICE G.P. STACCHINI P. STAHL M. STEFANINI T. STORELLI P. STRACCIA P. STURNIOLO G. TACITO A. TAFARO E. TAGLIATI f. TAMBERI A. TARTAGLIA N. TESTONI C. THEODOROPOULOU A. TICINO A. TINARI C. P-25 P-82 P-100 O-27 P-67 O-07 O-08 O-06 O-08 P-07 P-92 P-12 P-83 P-37 O-08 O-04 O-08 O-13, P30, P-31 P-21, P-22 P-48 P-70, P-84, P-94 P-26, P-27 O-26 P-72 O-02 O-22, P-84 P-29 P-85 O-02 P-11 P-99 O-14 O-20, P-57 P-15, P-86 P-88 P-74 O-27 P-34 P-21 O-03, P12, P-17 P-99 P-07, P-78 TONACCHERA M. TORLONTANO M. TORRE V. TORRESAN F. TORTORA A. TORTORELLA G. TOSI D. TOTI P. TRASFORINI G. TREVISANO F.L. TRICARICO F. TRIGGIANI V. TRIMARCHI F. TRIMBOLI P. TROVATO M. TUMINO S. TURINO T. TURLA E. TURRA J. TUTTLE R.M. UGOLINI C. ULIVIERI M. VACCA R. VALABREGA S. VALENTE S. VALERIO L. VALLONE G. VANNUCCHI G. VARIOLO M. VENTURA C. VERBURG F.A. VERDE N. VERGA FALZACAPPA C. VERMIGLIO F. O-21, O23, P-04, P-26, P-27, P-58 O-28 O-13, P-31 P-67, P-70, P-87, P-94, P-101 P-45 P-57 P-08 P-10 P-104, P75 P-30 P-103 P-88 O-20, O25, P-13, P-57, P-76, P-77, P-98 P-89, P-90 P-77 O-28 O-12, P-20 P-22 P-36 O-04 P-86 P-103 O-05, P-91 P-89, P-90 P-48 P-50, P-92 P-73 P-08, P-24, P-93 P-70, P-84, P-94 P-90 P-89 P-46 O-29 O-20, P-57 VERONESI G. VICCHIO T.M VICENTINI L. VIERUCCI F. VIGNERI C. VIGONE M.C. VIOLA D. VIOLI M.A. VIRILI C. VITA G. VITA R. VITALE M. VITERBO E. VITTI P. VIVALDI A. VOCE P. VOLANTE M. VON ARX G. WATUTANTRIGE FERNANDO S. WEBER G. WIERSINGA W. WIRTH L. WIT J.M. ZANE M. ZAPPACOSTA B. ZATELLI M.C. ZEUREN R. ZHANG L. ZINGRILLO M. ZITO A.P. ZUCCA I. O-02 P-77 O-11, P-08 P-14 P-40 P-95 P-44, P-55, P-92 O-20 P-96 P-13, P-83 O-25, P97, P-98 O-24, P52, P-53, P-99 P-41 O-21, O-23, O-27, P-04, P-06, P-26, P-27, P-39, P-44, P-50, P-55, P-58, P-63, P-68, P-72, P-86, P-92 P-15, P-50 O-30, P-62 P-23, P-79 O-02 P-100 P-95 O-02 O-08 O-06 P-67, P-87, P-101 P-71 P-74, P-75 O-04 P-63 P-37, P102, P-103 P-16 O-05 Note Note Note Note Agenzia Segreteria AIT EVENTI IN FIORE sas Francesca Fiorentini & C. tel. 0039-346-7202625 fax 0039-050-996811 [email protected] Segreteria Organizzativa: INTERPROGRAM ORGANIZER via Calefati, 89 - 70122 Bari tel. 080 5212853 fax 080 5212868 [email protected]