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Con l’adesione del Presidente della Repubblica
°
Congresso
Associazione Italiana
della Tiroide
Società federata alla Federazione Italiana di Endocrinologia,
Diabetologia, Andrologia,Metabolismo e Obesità (FIEDAMO)
XXX Giornate Italiane della Tiroide
Foggia, 29 - 30 novembre - 1 dicembre 2012
Aula Magna Università degli Studi di Foggia
Programma e Abstract
Con il contributo non condizionato di
MAIN SPONSOR
LIFE FROM INSIDE
6° CONGRESSO
ASSOCIAZIONE ITALIANA DELLA TIROIDE
AIT
Società federata alla
FEDERAZIONE ITALIANA
di Endocrinologia, Diabetologia, Andrologia,
Metabolismo e Obesità (FIEDAMO)
XXX Giornate Italiane della Tiroide
Foggia
29 novembre – 1 dicembre 2012
Aula Magna
Facoltà di Economia
Università degli Studi di Foggia
ASSOCIAZIONE ITALIANA DELLA TIROIDE
Consiglio Direttivo
Presidente
F. Monaco
Presidente Eletto
G. Fenzi
Consiglieri
L. Bartalena
A. Belfiore
B. Biondi
M.G. Castagna
R. Elisei
A. Frasoldati
L. Fugazzola
S. Mariotti
E. Martino
E. Papini
A. Pontecorvi
Segretario-Tesoriere
P. Vitti
Segreteria Scientifica
C. Di Cosmo - R. Rocchi - M. Tonacchera
Coordinatore Commissione Scientifica
L. Chiovato
6° CONGRESSO AIT FOGGIA
Presidente del Congresso
M. Cignarelli
Comitato Organizzatore Locale
M. Cignarelli – A. Ambrosi – M.R. Campo
Segreteria Organizzativa:
Interprogram Organizer SaS
Via Calefati 89 – 70122 Bari
Tel. 080/5212853 – fax 080/5212868 – mob. 327/2319610
e-mail: [email protected] ; www.interprogram.org
Segreteria AIT
Eventi in Fiore SAS di Francesca Fiorentini & C.
Via della Faggiola 18 - 56126 Pisa
Tel. 0039-346/7202625 – Fax 0039-050-996811
e-mail: [email protected]
Provider E.C.M.
G.E.C.O. Eventi n. 1252
Via S. Martino, 77
56125 Pisa
Tel. 050 2201353
Fax 050 2209734
www.gecoeventi.it
[email protected]
INFORMAZIONI GENERALI
Sede del Congresso: Aula Magna
Università degli Studi di Foggia
Facoltà di Economia
Via Caggese - ex Ippodromo
Cena sociale:
30 novembre 2012, ore 20.30
Grand Hotel Vigna Nocelli
S.S. 17 Km. 329 – Foggia Lucera
71036 Lucera (FG)
Tel. 0881 / 548109 - 0881 / 1881698
E’ previsto il trasferimento A/R con pullmann
dall’Hotel Cicolella
Viale XXIV Maggio 60 – Foggia
Collegamenti aeroportuali
SERVIZIO TRANSFER METAURO BUS (pubblico):
AEROPORTO DI BARI – STAZIONE CENTRALE DI FOGGIA
Orari validi tutti i giorni tranne la domenica. Tempo di percorrenza h. 1,45
BARI AEROPORTO
partenza
09.30
12.30
15.30
18.30
23.00
STAZIONE CENTRALE partenza
FOGGIA
04.00
06.15
11.00
14.30
18.15
arrivo a Foggia
11.00
14.00
17.00
20.00
00.30
arrivo a Bari
05.30
07.45
12.30
16.00
19.45
Costo del biglietto a corsa € 9,00 a persona da pagare a bordo.
Il biglietto può essere effettuato anche on line ad un costo di € 10,00
collegandosi al sito www.metaurobus.it, link: Pugliairbus.
Parcheggio autobus:
Ø aeroporto di Bari: all’uscita passeggeri a destra “Autobus Metauro”
Ø Stazione centrale di Foggia: all’uscita dalla stazione sulla destra
“Autobus Metauro”
Segreteria in sede congressuale
Il desk della segreteria sarà a disposizione nei seguenti orari:
Giovedì 29 novembre: dalle ore 13.00 alle ore 20.00
Venerdì 30 novembre: dalle ore 8.00 alle ore 20.00
Sabato 1 dicembre: dalle ore 7,30 alle ore 14.30
All’atto della registrazione sarà consegnato il Kit congressuale unitamente al
badge che dovrà essere indossato per tutta la durata del congresso. L’attestato di
partecipazione potrà essere ritirato presso il desk della segreteria alla fine del
congresso, da ogni partecipante regolarmente iscritto.
QUOTE DI ISCRIZIONE (IVA inclusa):
- SOCI AIT
- NON SOCI AIT
- SPECIALIZZANDI SOCI AIT
- SPECIALIZZANDI NON SOCI AIT
La quota di iscrizione comprende:
- Partecipazione ai lavori scientifici
- Kit congressuale
- Attestato di partecipazione
- Cocktail di benvenuto del 29 novembre
- 4 Coffee break
- Lunch del 30 novembre
- Cena del 30 novembre
€ 500,00
€ 530,00
€ 380,00
€ 380,00
La quota accompagnatori (IVA inclusa) € 121,00 e comprende:
- Cocktail di benvenuto del 29 novembre
- 4 Coffee break
- Lunch del 30 novembre
- Cena del 30 novembre
Modalità di pagamento
Forma di pagamento prevista in sede congressuale: contanti
Richieste speciali
Si prega di rivolgersi al desk della Segreteria Organizzativa per eventuali
richieste speciali.
Assicurazione
La partecipazione/iscrizione al congresso non implica alcuna responsabilità da
parte della Segreteria Organizzativa, Segreteria Scientifica, Comitato Scientifico,
Presidenti del Congresso, Università degli Studi di Foggia, Facoltà di Economia,
per qualsivoglia incidente, danni personali o materiali o furti subiti dal
partecipante durante tutto il periodo congressuale. Gli stessi declinano ogni
responsabilità per eventuali cambiamenti nel programma dovuti a circostanze
esterne e si riservano il diritto di apportare ogni eventuale modifica si rendesse
necessaria al programma per ragioni tecnico-scientifiche. Si consiglia ai
partecipanti di stipulare in modo autonomo eventuali assicurazioni personali.
INFORMAZIONI SCIENTIFICHE
Comunicazioni Orali – Sabato, 1 dicembre, ore 11.00
Il tempo a disposizione per le presentazioni orali è di 8 minuti + 2 di
discussione. Nel rispetto di ogni singolo relatore e del programma scientifico
dell’intero evento, preghiamo di rispettare il tempo previsto per ciascuna
presentazione.
Poster
I poster dovranno avere le seguenti dimenzioni: 100 cm di altezza x 70 cm di
larghezza e dovranno essere affissi dai singoli autori sugli appositi pannelli
secondo la numerazione prevista il pomeriggio del 29 novembre entro le ore
18.00. Il suo numero assegnato al poster è visibile sul programma finale
consegnato dalla Segreteria al momento della registrazione.
Ogni autore dovrà essere presente davanti al proprio poster che si terrà durante
la colazione di lavoro venerdì 30 novembre dalle ore 13.30 alle ore 15.00. La
rimozione dei posters, a cura dei singoli autori, dovrà avvenire entro la fine del
congresso. Ricordiamo che se non rimossi, i poster saranno buttati.
Il materiale per l’affissione sarà fornito dalla Segreteria Organizzativa, che prega
di utilizzare carta di spessore adeguato all’affissione.
ECM
Rif. ECM 1252 – 44727 - Crediti ECM assegnati 9,5
L’iscrizione al congresso è riservata a 200 medici delle seguenti discipline:
Endocrinologia, medicina interna, chirurgia generale, chirurgia toracica,
medicina legale, medicina nucleare, patologia clinica (laboratorio di analisi
chimico-cliniche e microbiologia) igiene, epidemiologia e sanità pubblica,
radiodiagnostica, igiene degli alimenti e della nutrizione, Medicina generale
(medici di famiglia), pediatria, pediatria di libera scelta, continuità assistenziale,
oncologia, malattie metaboliche e diabetologia, anatomia patologica, ginecologia
e ostetricia.
Il rilascio della certificazione dei crediti è subordinato alla corrispondenza tra la
professione del discente e le discipline a cui il congresso è rivolto, alla
partecipazione all’intero programma formativo regolamentata con firma in
entrata/uscita giornaliera, nonchè alla compilazione del questionario e della
scheda di valutazione dell’evento.
Per il conseguimento dei 9,5 crediti ECM è stato limitato il numero massimo
delle iscrizioni a 200 discenti. Le iscrizioni che perverranno oltre tale limite
daranno diritto alla partecipazione al congresso senza acquisizione dei crediti
ECM.
PROGRAMMA
SCIENTIFICO
Giovedì 29 Novembre 2012
13.00
Apertura lavori
14.00
Saluto delle Autorità
S. Attolini, M. Di Biase, T. Moretti, D. Procaccini, N. Vendola
14.30
Introduzione al Congresso
R. Castello, M.Cignarelli, D. Cucinotta, R. Giorgino, A. Lenzi,
G. Lombardi, F. Monaco, P. Vitti, G. Volpe (Rettore Università Foggia)
15.00
Ricordo di Aldo Pinchera
F. Monaco
15.30
SIMPOSIO CLINICO: DIABETE MELLITO, TIREOPATIE E
SINDROMI POLIGHIANDOLARI AUTOIMMUNI
Moderatori: R. Giorgino, Bari
G. Fenzi, Napoli
Le sindromi polighiandolari autoimmuni: recenti acquisizioni
C. Betterle, Padova
L’omeostasi glicemica nelle disfunzioni tiroidee
R.C. Bonadonna, Verona
La terapia insulinica nelle sindromi polighiandolari autoimmuni
F. Giorgino, Bari
17.30
Coffee Break
17.45
SIMPOSIO CLINICO: LA TIROIDE NASCOSTA
Moderatori: P. Garofalo, Salerno
E. Martino, Pisa
Negli esami di routine di laboratorio
L. Persani, Milano
Nell’ambulatorio del cardiologo
S. Mariotti, Cagliari
Giovedì 29 Novembre 2012
18.45
MEETING CON LE ASSOCIAZIONI DEI PAZIENTI:
GLI ESPERTI RISPONDONO
Moderatori: D. Van Doorne, Roma
M. Cignarelli, Foggia
Quesiti sulle problematiche inerenti il rischio di malattia tiroidea
nei pazienti con familiarità positiva
M. Rotondi, Pavia
Quesiti sulle problematiche inerenti la corretta aderenza alle
raccomandazioni per la terapia sostitutiva con ormoni tiroidei
C. Giuliani, Chieti - Membro della Commissione rapporti Pazienti dell’AIT
Il fumo nelle tireopatie autoimmuni e loro complicanze.
M.L. Tanda, Varese
19.45
Cocktail di benvenuto
Venerdì 30 Novembre 2012
08.15
SIMPOSIO CLINICO AIT – AIMN: RACCOMANDAZIONI
DOPO LA TERAPIA RADIOMETABOLICA CON 131I
Moderatori: P. Vitti, Pisa
S. Modoni, Foggia
Linee guida ATA
C. Ceccarelli, Pisa
La legislazione europea sulla radioprotezione
M. Cappagli, La Spezia
Proposta di un protocollo italiano uniforme sulla radioprotezione
E. Brianzoni, Macerata
9.30
SIMPOSIO AIT-ETA: TIROIDE E GRAVIDANZA
Moderatori: F. Monaco, Chieti
L. Bartalena, Varese
ETA state of the art on screening of thyroid diseases in pregnancy.
F. Vermiglio, Messina
Thyroid function during pregnancy and newborn outcome
J. Lazarus, Cardiff, UK
Treatment of thyroid disfunction in pregnancy
L. Chiovato, Pavia
11.00
Coffee Break
11.15
INCONTRO CON L’ESPERTO: LA TERAPIA SOSTITUTIVA
DELL’IPOPARATIROIDISMO POST-CHIRURGICO
Moderatori: S. Benvenga, Messina
P. Beck Peccoz, Milano
A. Ambrosi, Foggia
Relatore:
F. Cetani, Pisa
Venerdì 30 Novembre 2012
12.00
SIMPOSIO CLINICO: ONCOLOGIA TIROIDEA
Moderatori: A. Belfiore, Catanzaro
M. Gasperi, Campobasso
Modelli in vivo di carcinogenesi tiroidea
F. Frasca, Catania
Carcinoma tiroideo differenziato avanzato ed anaplastico:
nuove terapie a bersaglio molecolare
M. Landriscina, Foggia
13.00
INCONTRO CON L’ESPERTO: NUOVE FORME DI RESISTENZA
AGLI ORMONI TIROIDEI. I DIFETTI DEI TRASPORTATORI
DI MEMBRANA
Moderatori: A. Pontecorvi, Roma
D. Salvatore, Napoli
Relatore:
13.30
C. Di Cosmo, Pisa
Pranzo e Visione Poster
P-01
INTERVENTO EDUCATIVO SU IODOPROFILASSI E CONTROLLO DEL
RISCHIO CARDIOVASCOLARE IN UN CAMPIONE SCOLASTICO
D. Agrimi^, F. Diacono*, I. Alemanno*, P. Angarone°, M. Caroli°°, D.
Rotondi**, A. Olivieri**
^Endocrinologia ASL BR, *Endocrinologia ASL TA/LE, °Sociologa,TA, °°SIANDip.Prevenzione ASL BR,**Osservatorio Nazionale per il Monitoraggio della
Iodoprofilassi in Italia, Istituto Superiore di Sanità- Roma
P-02
INDAGINE CAMPIONE SUI CONSUMI ALIMENTARI NELL’ETÀ
EVOLUTIVA E CORRELAZIONI CON LA IODOPROFILASSI IN CITTÀ
MEDIO-PICCOLA DELLA PROVINCIA DI BRINDISI
D. Agrimi^, F. Diacono*, I. Alemanno*, P. Angarone°, M. Caroli°°, A. Olivieri**
^Endocrinologia ASL BR, *Endocrinologia ASL TA/LE, °Sociologa, TA, °°SIANDip. Prevenzione ASL BR, **OSNAMI-ISS, Roma
Venerdì 30 Novembre 2012
P-03
INDAGINE
CONOSCITIVA
SULLE
APPLICAZIONI
DELLA
IODOPROFILASSI NELLA INDUSTRIA AGROALIMENTARE IN UN
CAMPIONE DI ESPOSITORI
D. Agrimi^, F. Diacono*, I. Alemanno*, G. Nardone°, A. Olivieri**
^Endocrinologia ASL BR, *Endocrinologia ASL TA/LE, °Economia-Estimo Rurale
Università Studi Foggia,**Osservatorio Nazionale per il Monitoraggio della
Iodoprofilassi in Italia, Istituto Superiore di Sanità- Roma
P-04
IPOTIROIDISMO CONGENITO DA DEFICIT DI NIS E CARCINOMA
TIROIDEO: UNA NUOVA MUTAZIONE.
B. Bagattini, P. Agretti, G. De Marco, C. Di Cosmo, L. Montanelli, A. Pinchera,
P. Vitti, M. Tonacchera
U.O. Endocrinologia I, Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana, Pisa
P-05
EFFETTO DELL’INIBITORE DI BRAF, RAF265, IN LINEE CELLULARI
DI CARCINOMA TIROIDEO
S. Barollo1, L. Bertazza1, R. Pezzani1, B. Rubin1, C. Betterle1, C. Mian1
1Unità Operativa di Endocrinologia; Dipartimento di Medicina, Università di Padova
P-06
INCIDENZA DI IPERPARATIROIDISMO PRIMARIO (IPP) NEL
CARCINOMA TIROIDEO (CT),NELLA PATOLOGIA TIROIDEA BENIGNA
(PTB) E NEL CARCINOMA DELLA MAMMELLA (CM) PRIMA DI OGNI
TRATTAMENTO
V. Belardi, I. Muller, P. Vitti, C. Giani
Dipartimento di Endocrinologia e Metabolismo, Università degli studi di Pisa
P-07
INCIDENZA DEI TUMORI DELLA TIROIDE IN ABRUZZO: ANALISI DEI
DATI DELLE SCHEDE DI DIMISSIONE OSPEDALIERA
I. Bucci, C. Tinari, **V. Scurti, ** C. Fanizza, **A. D’Ettorre, *A. Muraglia, G. Di
Dalmazi, C. Giuliani, G. Napolitano, F. Monaco
Endocrinologia, DMSI, Università di Chieti-Pescara, *Agenzia Sanitaria Regione
Abruzzo, **Farmacoepidemiologia, Consorzio Mario Negri Sud, S. Maria Imbaro (Ch)
Venerdì 30 Novembre 2012
P-08
AUMENTATA ESPRESSIONE DEL B-CELL-ACTIVATION-FACTOR
(BAFF) E BAFF-R NELLA TIROIDE E NEL TESSUTO ADIPOSO
RETROBULBARE (OAT) DI SOGGETTI AFFETTI DA MALATTIE
AUTOIMMUNI DELLA TIROIDE ED ORBITOPATIA ASSOCIATA
I. Campi1, G. Vannucchi1, D. Covelli1, S. Rossi2, D. Tosi2, L. Vicentini3, N.
Currò4, L. Pignataro5, C. Guastella5, P. Beck-Peccoz1, M. Salvi1
Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità, UO Endocrinologia1, Chirurgia
Endocrinologica3, Oftalmologia4, Otorinolarigoiatria5, Fondazione IRCCS Cà
Granda, Anatomia patologica, Ospedale S. Paolo, Milano2 Università di Milano
P-09
QUALITA’ DELLA VITA DOPO TRATTAMENTO DEL GOZZO
MULTINODULARE
CON
RADIOIODIO
PIU’
ADIUVANTE
SOMMINISTRAZIONE DI RH-TSH.
V. Caorsi1, E. Monti1, M. Caputo2, G. Pera1, E. Pomposelli1, M. Bagnasco1, F.
Minuto1, M. Giusti1
1Dipartimento di medicina interna, Università di Genova, Genova
2IRCCS-AOU San Martino-IST, Genova
P-10
CONFRONTO TRA IL MICROCARCINOMA PAPILLARE TIROIDEO DI
TIPO FAMILIARE E SPORADICO
M. Capezzone1, G. Busonero1, R. Forleo1, P. Toti2, A. Di Santo2, A.F. Carli3,
G. Caruso4, F. Pacini1
1Dipartimento di Medicina Interna Scienza Endocrino-Metaboliche e Biochimica,
Sezione di Endocrinologia e Malattie Metaboliche, Università di Siena. 2Dip. Patologia
Umana ed Oncologia, Università di Siena, 3Unità di Chirurgia Endocrina, Università
di Siena. 4U.O.C. di Otorinolaringoiatria, Università di Siena
P-11
CARCINOMA PAPILLARE IN ADENOMA TOSSICO
M. Cappagli, *P. Magistrelli, A. Montepagani, P. Lazzeri, ^M. Moroni, ^N. Gorji,
#T. Stefanini, A. Ciarmiello
M. Nucleare, *Chirurgia, ^A. Patologica, #Radiologia, Osp. S.Andrea, La Spezia
Venerdì 30 Novembre 2012
P-12
EFFETTO
DELLA
SOMMINISTRAZIONE
SERALE
VERSUS
SOMMINISTRAZIONE AL MATTINO DELLA LEVO-TIROXINA SUL
PROFILO ORMONALE TIROIDEO DI PAZIENTI TIREOPRIVI: STUDIO
PROSPETTICO, RANDOMMIZZATO, CONTROLLATO CON CROSSOVER
M.G. Castagna, A. Theodoropoulou, F. Maino, F. Sestini, C. Fioravanti, L.
Pasqui, S. Memmo, V. Belardini, F. Pacini.
Dip.to di Medicina Interna, Scienze Endocrino-Metaboliche e Biochimica, Sezione di
Endocrinologia e Malattie Metaboliche, Università di Siena
P-13
UN CASO DI ORTICARIA CRONICA IDIOPATICA (OCI) ASSOCIATA A
MORBO DI BASEDOW (MB): TIPIZZAZIONE HLA
R. Certo1, A. D’Angelo2, G. Vita3, P. Quattrocchi2, S. Benvenga1, F.
Trimarchi1, S. Gangemi2, R. M. Ruggeri1
1UOC di Endocrinologia, 2Sez. di Allergologia ed Immunologia clinica, Dip.to di
Medicina Clinica e Sperimentale, 3Dip.to di Patologia Sperimentale e Microbiologia,
Università di Messina
P-14
DUE CASI DI IPOTIROIDISMO SEVERO DA TIROIDITE AUTOIMMUNE
GIOVANILE
G. Cesaretti, F. Vierucci, M. Gori, G. Saggese U.O. Pediatria, AOUPisana
P-15
DATI PRELIMINARI SU SEQUENZIAMENTO DELL’ESOMA RIVELANO
DIVERSI PATTERN DI MUTAZIONE IN CARCINOMI MIDOLLARI
DELLA TIROIDE POSITIVI E NEGATIVI PER LE MUTAZIONI DI RET
R. Ciampi, C. Romei, A. Tacito, A. Vivaldi, B. Cosci, R. Elisei
Dipartimento di Endocrinologia e Metabolismo, Università di Pisa
Venerdì 30 Novembre 2012
P-16
TIROIDITE AUTOIMMUNE E ATEROSCLEROSI SUBCLINICA: STUDIO
IN UNA COORTE DI DONNE NORMOPESO EUTIROIDEE
A. Ciampolillo1, M. Barbaro1, S. Di Molfetta1, M. Ciccone2, A.P. Zito2, F.
Giorgino1
1Sezione di Medicina Interna, Endocrinologia, Andrologia e Malattie Metaboliche,
2Sezione di Malattie dell’Apparato Cardiovascolare , Dipartimento dell’Emergenza e
dei Trapianti di Organi, Università degli Studi di Bari Aldo Moro
P-17
PREVALENZA ED RUOLO DELL’OBESITA’ NEL CARCINOMA
DIFFERENZIATO DELLA TIROIDE
C. Ciuoli, M.G. Castagna, L. Brusco, A. Theodoropoulou, F. Maino, V.
Belardini, S. Memmo, F. Pacini.
Dipartimento di Medicina Interna, Scienze Endocrino-Metaboliche e Biochimiche,
Università di Siena
P-18
ESPRESSIONE
DI
GATA-4,
MARCATORE
DI
STAMINALITA’
ENDODERMICO, NEL CARCINOMA PAPILLARE DELLA TIROIDE
C. Colato, S. Pedron, M. Chilosi, M. Ferdeghini
Dipartimento di Patologia e Diagnostica, Università di Verona
P-19
ESPRESSIONE DEL RECETTORE c-KIT/CD117 NEL CARCINOMA
PAPILLARE DELLA TIROIDE: VALUTAZIONE IMMUNOISTOCHIMICA.
C. Colato1, I. Marchetti2, G. Di Coscio2, P. Brazzarola1, M. Chilosi1, M.
Ferdeghini1
1. Dipartimento di Patologia e Diagnostica, Università di Verona
2. Sezione di Citopatologia, Università di Pisa
Venerdì 30 Novembre 2012
P-20
IPOTIROIDISMO PRIMITIVO AUTOIMMUNE TARDIVO IN PAZIENTE
CON MANCATA LATTAZIONE E DEFICIT DI GH E PROLATTINA IN
PRESENZA DI ANTICORPI DIRETTI CONTRO LE CELLULE
SECERNENTI GH E PROLATTINA
C. Colella, A. Dello Iacovo, E. Lucci, E. Pane, A. Barbieri, T. Turino, A.
Bizzarro1, A. Bellastella, A. De Bellis
Cattedra di Endocrinologia - Dipartimento di Scienze Cardio-Toraciche e
Respiratorie- Seconda Università degli Studi di Napoli, 1 Cattedra di Allergologia e
Immunologia Clinica - Dipartimento Medico Chirurgico di Internistica clinica e
sperimentale “F. Magrassi- A. Lanzara”- Seconda Università degli Studi di Napoli
P-21
SECREZIONE DI CHEMOCHINE INDOTTA DA CITOCHINE PROINFIAMMATORIE IN COLTURE PRIMARIE DI TIREOCITI UMANI.
F. Coperchini1, R. Sideri1, G. Groppelli1, L. de Martinis1, P. Pignatti2, C.
Testoni2, F. Magri1, S. Mariotti3, M. Rotondi1, L. Chiovato1
1U.O. Med. Int. e Endocr, IRCCS Fond. S. Maugeri, Catt. di Endocr e Mal del Ric
(Pavia) - 2U. O. Allergia e Immunologia, IRCCS Fond. S. Maugeri (Pavia)
3Dip Sci Med, M. Aresu, Univ. Cagliari
P-22
INIBIZIONE DI CXCL8 INDOTTA DA INTERFERONI DI TIPO I E DI
TIPO II IN COLTURE PRIMARIE DI TIREOCITI UMANI
F. Coperchini1, R. Sideri1, G. Groppelli1, L. de Martinis1, E. Turla1, S.
Lacerenza1, P. Pignatti2, F. Magri1, M. Rotondi1, L. Chiovato1
1U.O. Med. Int. e Endocr, IRCCS Fond. S. Maugeri, Catt. di Endocr e Mal del Ric
(Pavia) - 2U. O. Allergia e Immunologia, IRCCS Fond. S. Maugeri (Pavia)
P-23
IMPATTO DELLA GRAVIDANZA SULLA PROGNOSI DEL CARCINOMA
DIFFERENZIATO DELLA TIROIDE: ASPETTI CLINICI E MOLECOLARI
S. Corvisieri 1, I. Messuti 1, F. Bardesono 1, R. Pellerito 2, B. Puligheddu 1, M.
Volante 1, F. Orlandi 1
Dipartimento Oncologia 1, Università di Torino, AO Mauriziano, Torino 2"
Venerdì 30 Novembre 2012
P-24
DANNO EPATICO IN CORSO DI TERAPIA CORTICOSTEROIDEA AD
ALTE DOSI: CASE REPORT
D. Covelli, G. Vannucchi, I. Campi, N. Currò, P. Beck-Peccoz, M. Salvi
U.O.Endocrinologia e Diabetologia, Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità,
U.O.Oftalmologia, Fondazione Cà Granda IRCCS Ospedale Policlinico, Milano
P-25
CARCINOMA
PAPILLIFERO
INVASIVO
INFILTRANTE.
TIROIDECTOMIA E LINFADENECTOMIA RADICALE ASSOCIATE A
RESEZIONE ANASTOMOSI TRACHEALE. CASE REPORT.
A. Cuttitta, D. De Martino, G. Scaramuzzi
IRCCS “Casa Sollievo della Sofferenza” – S. Giovanni Rotondo, UOC Chirurgia II
P-26
IPOTIROIDISMO IN CORSO DI IPERSTIMOLAZIONE OVARICA
CONTROLLATA
S. Del Ghianda, E. Loconte, M. Ruggiero, E. Benelli, P.G. Artini, V. Cela, T.
Simoncini, F. Latrofa, P. Vitti, M. Tonacchera
Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università di Pisa
P-27
LA
FUNZIONE
TIROIDEA
IN
DONNE
SOTTOPOSTE
A
IPERSTIMOLAZIONE OVARICA CONTROLLATA
S. Del Ghianda, E. Benelli, M. Ruggiero, P. Artini, T. Simoncini, E. Loconte, P.
Vitti, M. Tonacchera
Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università di Pisa
P-28
TIREOPATIE SECONDARIE ALL’USO DI FARMACI BIOLOGICI IN
PAZIENTI AFFETTI DA TUMORI NEUROENDOCRINI
M. Del Prete1, V. Marotta1, V. Ramundo1, F. Marciello1, A.C. Carratù1, R.
Esposito1, C. De Luca Di Roseto1, A. Colao1, A. Faggiano2
1Dipartimento di Endocrinologia e Oncologia Molecolare e Clinica, AOU Federico II,
Napoli, 2Endocrinologia, National Cancer Institute, Fondazione “G. Pascale”, Napoli
Venerdì 30 Novembre 2012
P-29
METASTASI OVARICA DA CARCINOMA PAPILLIFERO DELLA
TIROIDE
S. Della Casa1, C. Policola1, B. Altieri1, G.P. Sorice1, C. Cipolla1, G. Fadda2, A.
Pontecorvi1
1UOC di Endocrinologia e Malattia del Ricambio e 2Istituto di Anatomia Patologia,
Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma
P-30
LA DESIODASI D3 È UN NUOVO MARKER DEL CANCRO DEL COLON
UMANO
M. Dentice, R. Ambrosio, A. Sibilio, M.A. De Stefano, C. Bonelli, F. L.
Trivisano, F. Alfano, M.G. Langella, G. Fenzi e D. Salvatore
Dipartimento di Endocrinologia ed Oncologia Molecolare e Clinica. Università di
Napoli “Federico II”
P-31
L’ORMONE TIROIDEO MEDIA L’ATTENUAZIONE DI SHH MEDIANTE
IL SEGNALE CAMP/PKA NELLE CELLULE DI BASALIOMA
M. Dentice, A. Sibilio, R. Ambrosio, C. Bonelli, V. Torre, F. Alfano, C. Catalini,
G. Fenzi, D. Salvatore
Dipartimento di Endocrinologia ed Oncologia Molecolare e Clinica. Università di
Napoli “Federico II”
P-32
CONTEMPORANEA PRESENZA DI CARCINOMA MIDOLLARE E
PAPILLIFERO DELLA TIROIDE: CASE REPORT.
A. Elefante, E. Palermo, S. Pistone, B.A.Ierardi, F. Lo Pomo.
U.O.C. Endocrinologia, Malattie Metaboliche e Nutrizione Clinica. Azienda
Ospedaliera Regionale S. Carlo, Potenza
P-33
ALTERAZIONI DELLA FUNZIONE TIROIDEA IN 28 PAZIENTI AFFETTI
DA β-THALASSEMIA
A. Farese, M.R. Campo, G. Cardinale, A. Conserva, M. Cignarelli.
Cattedra di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo, Azienda OspedalieroUniversitaria Ospedali Riuniti Foggia
Venerdì 30 Novembre 2012
P-34
STUDIO SU 261 CASI DEL POTENZIALE AGGRESSIVO DEL
MICROCARCINOMA SECONDO LE CARATTERISTICHE FENOTIPICHE
CLINICO-ISTOLOGICHE
§A. Farese, §M.R. Campo, §A. Conserva, §G. Cardinale, §O. Lamacchia, *A.
Fersini, *N. Tartaglia, #A. Ciampolillo, &A. Maiorano, #F. Giorgino, §M.
Cignarelli
§Unità di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo; *Unità di Chirurgia
Universitaria, Università di Foggia; &Dpt. di Anatomia Patologica; #Dpt. di Medicina
Interna, Endocrinologia, Andrologia e Malattie Metaboliche, Università di Bari
P-35
IPOTIROIDISMO IN GIOVANI ADULTI GUARITI DA UN TUMORE
DELL’ETA’ EVOLUTIVA
F. Felicetti1, N. Fortunati1, F. Lazzarato2, D. Di Cuonzo2, P. Chiabotto3, A.
Corrias3, E. Brignardello1
1 Unità di Transizione per Neoplasie Curate in Età Pediatrica - AO Città della Salute e
della Scienza, 2 Epidemiologia dei Tumori – CPO Piemonte & Università degli Studi di
Torino, 3 Endocrinologia Pediatrica - AO Città della Salute e della Scienza, Torino
P-36
ASSOCIAZIONE SIGNIFICATIVA FRA TIREOPATIE AUTOIMMUNI E
SINDROME DELL’OVAIO POLICISTICO
S. Garelli1, J. Turra1, S. Masiero1, D. Faggian2, M. Plebani2, S. Chen3, J.
Furmaniak3, B. Rees Smith3, M.E. Girelli1, D. Armanini1, C. Betterle1
1U.O. Endocrinologia, Dipartimento di Medicina, Università di Padova
2Dipartimento di Scienze Medico-Diagnostiche e Terapie Speciali, Università di
Padova - 3FIRS Laboratories, Cardiff UK
P-37
EFFICACIA DELL’ALCOLIZZAZIONE NEL TRATTAMENTO DEI NODI
CISTICI TIROIDEI: RISULTATI A LUNGO TERMINE IN UNA CASISTICA
MULTICENTRICA
F. Garino*, F. Ragazzoni*, E. Gamarra*, A. Mormile*, M. Deandrea*, E. Sgotto,
R. Garberoglio, P.P. Limone*, M. Zingrillo
*S.C. Endocrinologia e Malattie del Metabolismo A.O. Umberto I Ordine Mauriziano
di Torino"
Venerdì 30 Novembre 2012
P-38
GLI ANALOGHI DEL GLP-1 NON STIMOLANO LA PROLIFERAZIONE
DELLE CELLULE DI CARCINOMA TIROIDEO MIDOLLARE
F. Geraci, M.L. Nicolosi, F. Gianì, F. Frasca
Dipartimento di biomedicina clinica e molecolare, U.O. Endocrinologia, Ospedale
Garibaldi Nesima, Catania
P-39
DUE CASI DI IPERCHERATOSI CUTANEA IN PAZIENTI (PT) CON
CARCINOMA PAPILLARE DELLA TIROIDE BRAF POSITIVO TRATTATI
CON VUMERAFENIB (PLX4032)
1C. Giani, 1E. Molinaro, 1A. Biagini, 1L. Pieruzzi, 2M.G. Delle Donne, 3A.
Marsili, 4S. Mazzeo, 1P. Vitti, 1R. Elisei
1Dipartimento di Endocrinologia; 2Dipartimento Cardio-Toracico; 3Dipartimento di
Reumatologia; 4Dipartimento ad Attività Integrata Radiodiagnostica, Radiologia
Vascolare e Interventistica, Medicina Nucleare; Università di Pisa
P-40
ANORMALE CAPTAZIONE DEL RADIOIODIO IN UNA CISTI
DERMOIDE DELL’ADDOME IN PAZIENTE CON CARCINOMA
DIFFERENZIATO DELLA TIROIDE (CDT).
S. Giovinazzo1, A. Campennì2, C. Vigneri2, S. Baldari2, R.M. Ruggeri1
1Dipartimento di Medicina clinica e sperimentale, UOC Endocrinologia &
2Dipartimento di Scienze Radiologiche, Sezione di Medicina Nucleare, Università di
Messina
P-41
STORIA NATURALE DEI NODULI TIROIDEI DI PICCOLE DIMENSIONI
S. Giuliano, R. Oliverio, C. Mannarino, R. Papadopoli, I. Belvedere, E. Viterbo,
A. Belfiore
Unità di Endocrinologia, Dipartimento di Scienze della Salute, Università Magna
Graecia di Catanzaro
Venerdì 30 Novembre 2012
P-42
SCREENING DELL’INCIDENZA DI PATOLOGIA TIROIDEA E
CONSUMO DI SALE IODATO NEGLI STUDENTI DEL PRIMO ANNO
DELLA SCUOLE MEDIE INFERIORI DI ALCUNE AREE DELLA
REGIONE CAMPANIA
P. Lanzetta¹, L. De Franciscis¹, B. Biondi² coordinatori scientifici
ASL Salerno Regione Campania¹, Fac. Medicina e Chirurgia Univ. Federico II Napoli²
P-43
FATTORI PREDITTIVI DI MALIGNITÀ IN UNA CASISTICA DI NODULI
TIROIDEI CON DIAGNOSI CITOLOGICA INDETERMINATA
S. Lattarulo, A. Ciampolillo, S. Longo , M. Polizzi, F. Giorgino, A. Pezzolla
Dipartimento Dell’Emergenza e dei Trapianti Di Organo, Università ‘Aldo Moro’ Bari
P-44
ANTIGENE CARBOIDRATICO 19.9 (CA 19.9): NUOVO FATTORE
PROGNOSTICO NEGATIVO DEL CARCINOMA MIDOLLARE DELLA
TIROIDE (MTC)
L. Lorusso, C. Romei, V. Bottici, L. Agate, E. Molinaro, V. Cappagli, D. Viola, F.
Luchetti, L. Grasso, P. Vitti, R. Elisei
Dipartimento di Endocrinologia, Università di Pisa
P-45
ANDAMENTO
CLINICO,
FOLLOW-UP
E
PROGNOSI
DEL
MICROCARCINOMA DIFFERENZIATO TIROIDEO
G.A. Lupoli, A. Panico, F. Fonderico, R. Lupoli, A. Tortora, L. Barba, L.
Coviello, G. Neri, G. Lupoli
Dip.to di Endocrinologia ed Oncologia Molecolare e Clinica, Università degli Studi
“Federico II” – Napoli
P-46
PROPOSTA DI UN NUOVO SEMPLICE SCHEMA DI PREPARAZIONE
ALL’ABLAZIONE CON 131I IN PAZIENTI TIROIDECTOMIZZATI PER
CARCINOMA DIFFERENZIATO TIROIDEO
G.A. Lupoli, M.R. Poggiano, A. Martinelli, M. Cacciapuoti, L. Barba, L. Coviello,
N. Verde, F. Papa, G. Lupoli
Dip.to di Endocrinologia ed Oncologia Molecolare e Clinica, Univ. “Federico II” - Na
Venerdì 30 Novembre 2012
P-47
IPOTIROIDISMO SUBCLINICO E INSUFFICIENZA LUTEINICA:
RILEVANZA DEGLI INDICATORI DI FERTILITA’
A. Mancini, S. Raimondo, M. Persano, C. Di Segni, A. Saporosi, E. Giacchi, A.
Pontecorvi
Dipartimento di Medicina Interna e Centro Studi per la Regolazione Naturale della
Fertilità, Università Cattolica del S.Cuore, Roma
P-48
AUMENTATO
STRESS
OSSIDATIVO
NEI
PAZIENTI
CON
BRONCOPATIA CRONICA OSTRUTTIVA E BASSI LIVELLI DI T3
A. Mancini, S. Raimondo, C. Di Segni, M. Persano, A. Silvestrini, E. Meucci, G.
Corbo, S. Valente, A. Pontecorvi
Dipartmento di Medicina Interna e Istituto di Biochimica e Biochimica Clinica,
Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma
P-49
RUOLO DELLA PET/TC CON 68GA-DOTATATE IN PAZIENTI AFFETTI
DA CARCINOMA MIDOLLARE DELLA TIROIDE CON MALATTIA
PERSISTENTE O RECIDIVANTE DOPO L'INTERVENTO CHIRURGICO.
F. Marciello1, M. Del Prete1, V. Marotta1, V. Ramundo1, AC. Carratù1, C. De
Luca di Roseto1, R. Esposito1, L. Aloj2, A. Colao1, S. Lastoria2, A. Faggiano1,3
1Dip.to di Endocrinologia ed Oncologia Molecolare e Clinica, Università degli Studi di
Napoli “Federico II” - 2Dip.to di Medicina Nucleare, e 3Endocrinologia, Istituto
Nazionale Tumori “Fondazione G. Pascale”, Napoli
P-50
L’OUTCOME DEL MICROCARCINOMA MIDOLLARE DELLA TIROIDE
G. Marconcini, C. Romei, V. Bottici, L. Valerio, V. Cappagli, A. Vivaldi, R.
Ciampi, F. Luchetti, P. Vitti, R. Elisei
Dipartimento di Endocrinologia, Università di Pisa
P-51
ZEBRAFISH, UN NUOVO MODELLO PER STUDIARE L’AZIONE DELLA
T3
F. Marelli1, L. Persani1,2
1IRCCS Istituto Auxologico Italiano-Milano, 2Università degli Studi di Milano
Venerdì 30 Novembre 2012
P-52
RUOLO DELLA PET-FDG NEL PREDIRE LA RISPOSTA MORFOLOGICA
IN PAZIENTI CON CARCINOMA DIFFERENZIATO DELLA TIROIDE
AGGRESSIVO NON IODO-RESPONSIVO IN TERAPIA CON SORAFENIB
V. Marotta1, M. Del Prete1, F. Marciello1, V. Ramundo1,R. Esposito1, A.C.
Carratù1, C. De Luca1, R. Fonti2, L. Camera2, M. Salvatore2, M. Vitale3, A.
Colao1, A. Faggiano1,4
1Dipartimento di Endocrinologia ed Oncologia Molecolare e Clinica, Federico II,
Università di Napoli 2Dipartimento di Scienze Biomorfologiche e Funzionali, Federico
II, Università di Napoli 3Dipartimento di Medicina e Chirurgia, Università di Salerno,
Baronissi 4Endocrinologia, Istituto Nazionale dei Tumori, “Fondazione G. Pascale”,
Napoli
P-53
PROFILO DI TOSSICITA’ DELLA TERAPIA CON INIBITORE TIROSINOCHINASICO
SORAFENIB
IN
PAZIENTI
CON
CARCINOMA
DIFFERENZIATO TIROIDEO IODO-REFRATTARIO IN PROGRESSIONE
V. Marotta1, M. Del Prete1, F. Marciello1, V. Ramundo1, R. Esposito1, A.C.
Carratù1, C. De Luca1, R. Fonti2, L. Camera2, M. Salvatore2, M. Vitale3, A.
Colao1, A. Faggiano1,4
1Dipartimento di Endocrinologia ed Oncologia Molecolare e Clinica, Federico II,
Università di Napoli 2Dipartimento di Scienze Biomorfologiche e Funzionali, Federico
II, Università di Napoli 3 Dipartimento di Medicina e Chirurgia, Università di Salerno,
Baronissi 4Endocrinologia, Istituto Nazionale dei Tumori, “Fondazione G. Pascale”,
Napoli
P-54
ECOGRAFIA INTERVENTISTICA E CHIRURGIA RADIOGUIDATA NEL
REPERIMENTO DI LINFONODI METASTATICI DA CARCINOMA
TIROIDEO
A. Martino1, E. Fiore3, C. Lombardi 2, P. Miletto 2, M. Rossi1
1 Unità Operativa Complessa di Diagnostica per Immagini - Ospedale S Ottone
Frangipane Ariano Irpino
2 Dipartimento Immagini - AORN S.G. Moscati Avellino
3 Unità Operativa Endocrinologia I –Azienda Ospedaliera Pisana
Venerdì 30 Novembre 2012
P-55
VALORE PREDITTIVO DELLA TIREOGLOBULINA ULTRASENSIBILE
AL MOMENTO DELL’ABLAZIONE CON RADIOIODIO ESEGUITA IN
EUTIROIDISMO
A. Matrone, C. Gambale, L. Agate, E. Molinaro, V. Bottici, A. Biagini, P.
Passannanti, D. Viola, P. Vitti, R. Elisei
Dipartimento di Endocrinologia e Metabolismo – Università degli Studi di Pisa
P-56
CONSUMO DI SALE IODATO E PREVALENZA DEL NODULO
TIROIDEO IN ABRUZZO
S. Melanzi*, G. Di Dalmazi*, M. Carpentieri*, C. Antonangelo#, e il gruppo
endocrinologico abruzzese (GEA)
*Endocrinologia, Universita` di Chieti; #UOC Endocrinologia, Osp. S. Salvatore,
L’Aquila; Ambulatorio Endocrinologia, UOC Med. Interna, Osp. G. Mazzini, Teramo;
Serv Ambulatoriale Endocrinologia, Osp S. Spirito , Pescara; UOC Medicina, Osp. F.
Renzetti, Lanciano (CH).
P-57
IODOPROFILASSI CON SALE IODATO IN GRAVIDANZA E SVILUPPO
NEUROINTELLETTIVO: RISULTATI DI UNO STUDIO PILOTA
PROSPETTICO
M. Moleti1, G. Ilardo2, M. Boncoddo2, A.C. Longo2, B. Di Bella1, S. Presti1, G.
Sturniolo1, G. Tortorella2, F. Trimarchi1, F. Vermiglio1
1Dip. Clinico-Sperimentale di Medicina e Farmacologia, Sezione di Endocrinologia;
2Dip. Neuropsichiatria Infantile. Università di Messina
P-58
IPOTIROIDISMO CONGENITO CAUSATO DA UNA NUOVA MUTAZIONE
OMOZIGOTE DEL GENE DELLA TIREOPEROSSIDASI.
A. Molinaro, F. Niccolai, P. Agretti, G. De Marco, E. Ferrarini, A. Dimida, P.
Vitti, B. Bagattini, L. Montanelli, M. Tonacchera
Dipartimento di Endocrinologia, Università di Pisa
Venerdì 30 Novembre 2012
P-59
MIXEDEMA PRETIBIALE AD ESORDIO TARDIVO IN PAZIENTE CON
IPERTIRODISMO REFRATTARIO AL TRATTAMENTO
A. Montepagani, P. Lazzeri, *M. Guadagni, ^P. Dessanti, ^N. Gorgji, A.
Ciarmiello, M. Cappagli
Medicina Nucleare, *Dermatologia, ^Anatomia Patologica, Ospedale S.Andrea, La
Spezia
P-60
PERFORMANCE
DIAGNOSTICA
DELLO
STRAIN
INDEX
ELASTOGRAFICO NELLA DIAGNOSI DIFFERENZIALE DEI NODULI
TIROIDEI
L. Montesion, R. Carrara, S. Chytiris, V. Capelli, R. Fonte, M. Rotondi, F.
Magri, L. Chiovato
U.O. di Medicina Interna e Endocrinologia, IRCCS Fondazione S. Maugeri,. Pavia,
Cattedra di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo, Università di Pavia
P-61
FRAMMENTO N TERMINALE DEL PEPTIDE NATRIURETICO B (NTproBNP) NEL CARCINOMA TIROIDEO DIFFERENZIATO (DTC)
E. Monti, V. Caorsi, G. Pera, L. Mortara, F. Minuto, M. Giusti
Dipartimento di medicina interna. Università di Genova, Genova
P-62
L’INIBIZIONE DI IDO1 (INDOLEAMMINA 2,3-DIOSSIGENASI 1) RIDUCE
LA PROLIFERAZIONE DELLE CELLULE FTC133
S. Moretti, E. Menicali, P. Voce, F. Fallarino, N. Avenia, E. Puxeddu
Dipartimento di Medicina Interna, Centro di Ricerca di Proteomica e Genomica della
Tiroide (CRiProGeT), Università degli Studi di Perugia, Perugia, Italia
Venerdì 30 Novembre 2012
P-63
ESPRESSIONE DI DIVERSE ISOFORME DELLA TIREOPEROSSIDASI
NELLA TIROIDE, NEL CARCINOMA MAMMARIO (CM) ED IN ALTRI
TESSUTI.
I. Muller1,3, C. Giani1, E. Fiore1, V. Belardi1, V. Rosellini1, N. Funel2, D.
Campani2, E. Giustarini1, F. Grennan-Jones3, L. Zhang3, M. Lewis3, A.
Bakhsh3, M. Roncella4, M. Ghilli4, A. Pinchera1, P. Vitti1, C. Dayan3, M.
Ludgate3
Dipartimento di Endocrinologia (1), Patologia (2) e Senologia (4), Università di Pisa
(3) Institute of Molecular & Experimental Medicine, School of Medicine, Cardiff
University
P-64
DISFUNZIONE SESSUALE E PATOLOGIA TIROIDEA NELLA DONNA
1D. Pasquali, 1G. Accardo, 1A. Renzullo, 1D. Esposito, 1F. Barbato, 1G.
Bellastella, 2 M.I. Maiorino, 1K. Esposito
1Dip di Scienze Cardio-Toraciche e Respiratorie, Sezione di Endocrinologia, Seconda
Università di Napoli, Napoli
2Dip di Gerontologia, Geriatria e Malattie del Metabolismo, U.O.C. Di Malattie del
Metabolismo, Seconda Università di Napoli, Napoli
P-65
RUOLO DEL “THYROID IMAGING REPORTING AND DATA SYSTEM”
NELLA STRATIFICAZIONE DEL RISCHIO DI CANCRO NEI NODULI
TIROIDEI VALUTATI CON ESAME ECOGRAFICO
P. Patruno, A. Natalicchio, M.P. Barbaro, A. Ciampolillo, F. Giorgino.
Endocrinologia, D.E.T.O., Università degli Studi di Bari Aldo Moro
P-66
DISFUNZIONI TIROIDEE IN DONNE GRAVIDE OSPEDALIZZATE PER
COMPLICANZE MATERNO - FETALI
C. Peirce 1, S. Ippolito 1, D. Arpaia 1, F. Improta 2, T. Palmieri 2, M.V. Locci 2,
B. Biondi 1
1 Dipartimento di Endocrinologia ed Oncologia Molecolare e Clinica
2 Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Urologia e Scienze della riproduzione
umana Università di Napoli “Federico II” , Napoli
Venerdì 30 Novembre 2012
P-67
DIFFERENZE DI GENERE NEL CANCRO DELLA TIROIDE
M.R. Pelizzo, I. Merante Boschin, C. Dobrinija, M. Zane, F. Torresan, L. Liistro,
L. Pomba, F. Schiavi, G. Opocher
Azienda Ospedaliera Policlinico Universitario di Padova, Patologia Speciale
Chirurgica e Propedeutica Clinica
P-68
EFFICACIA TERAPEUTICA DI LENVATINIB (E7080) SU METASTASI
OSSEE DA CARCINOMA TIROIDEO REFRATTARIO AL RADIOIODIO
(CTRR)
L. Pieruzzi1, E. Molinaro1, A. Biagini1, C. Giani1, S. Mazzeo2, B. Pontillo
Contillo2, M.G. Delle Donne3, L. Conte3, P. Vitti1, R. Elisei1.
1Dipartimento di Endocrinologia; 2Dipartimento ad Attività integrata
Radiodiagnostica, 3Dipartimento Cardio-Toracico; Università di Pisa
P-69
ANALISI DELLO STATO MUTAZIONALE DELL’ONCOGENE BRAF IN
TUMORI FAMILIARI EPITELIALI NON-MIDOLLARI DELLA TIROIDE
*M. Landriscina, °M.I. Natalicchio, *A. Piscazzi, *E. Costantino, §M. Campo, §A.
Farese, §A. Fabiano,&E. Maiorano, &M. Liuzzi, #A. Ciampolillo, #F. Giorgino,
§M.Cignarelli
*Unità di Oncologia Medica ed §Unità di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo,
Università degli Studi di Foggia; °Laboratorio di Biologia Molecolare, Azienda
Ospedali Riuniti, Foggia. &Dipartimento di Anatomia Patologica # Sezione di
Medicina Interna, Endocrinologia, Andrologia e Malattie Metaboliche, Università
degli Studi di Bari Aldo Moro
P-70
CORRELAZIONE CITO-ISTOLOGICA NEI NODI THY3 E THY4: ANALISI
DI 378 CASI
L. Pomba, L. Liistro, S. Simioni, S. Nordio, M. Variolo, G. Carrozzo, A. Ramin,
F. Torresan, M.R. Pelizzo
Azienda Ospedaliera Policlinico Universitario di Padova, Patologia Speciale
Chirurgica e Propedeutica Clinica
Venerdì 30 Novembre 2012
P-71
IMPATTO
DELL’IPEROMOCISTEINEMIA
SUL
RISCHIO
CARDIOVASCOLARE ED ANESTESIOLOGICO NEI PAZIENTI CON
TIREOPATIA: ESPERIENZA DI UN SINGOLO CENTRO
P. Princi1, R.S. Auriemma2, R. Corona2, I. Mariano2, B. Zappacosta3, C.
Cavicchioni1, M. Gasperi2
1. Chirurgia Oncologica, Dipartimento di Oncologia, Fondazione Giovanni Paolo II,
Campobasso; 2. Cattedra di Endocrinologia, Università del Molise, Campobasso; 3
Dipartimento Laboratori e Servizi, Fondazione Giovanni Paolo II, Campobasso."
P-72
THYROID VOLUME CORRELATES WITH THE DEGREE OF GRAVES’
ORBITOPATHY
M.A. Profilo, E. Sisti, C. Marcocci, P. Vitti, A. Pinchera, R. Rocchi, F. Latrofa,
F. Menconi, M.A. Altea, M. Leo, T. Rago, M. Marinò
Dipartimento di Endocrinologia, Università di Pisa
P-73
EFFETTI DEL TRATTAMENTO CON SELENIOMETIONINA IN
PAZIENTI CON TIROIDITE DI HASHIMOTO IN EUTIROIDISMO
1A. Renzullo, 1G. Accardo, 1D. Esposito, 1F. Barbato, 2C. Ambrosio, 2 M.G.
Caprio, 2G. Vallone, 1D. Pasquali
1 Dip di Scienze Cardio-Toraciche e Respiratorie, Sezione di Endocrinologia, Seconda
Università di Napoli, Napoli.
2 Dip di Scienze Biomorfologiche e Funzionali, Università Federico II, Napoli
P-74
VALUTAZIONE DEGLI EFFETTI DEL NVP-BEZ 235 SU VITALITÀ,
APOPTOSI E SECREZIONE DI VEGF IN CULTURE PRIMARIE E LINEE
CELLULARI DI CARCINOMA MIDOLLARE DELLA TIROIDE
M. Rossi, D. Molè, C. Filieri, R. Rossi, F. Tagliati, E.C. degli Uberti, M.C. Zatelli
Sezione di Endocrinologia, Dipartimento di Scienze Mediche, Università degli Studi di
Ferrara
Venerdì 30 Novembre 2012
P-75
IL TUMORE IALINIZZANTE TRABECOLARE DELLA TIROIDE:
DESCRIZIONE DI UN CASO CLINICO DI DIFFICILE DIAGNOSI
PREOPERATORIA
R. Rossi, M. Rossi, M.C. Zatelli, E. Bianchini*, G. Trasforini, E.C. degli Uberti
Sezione di Endocrinologia, Dipartimento di Scienze Mediche, Università degli Studi di
Ferrara
* Anatomia, istologia e citologia patologica. Azienda ospedaliero-Universitaria di
Ferrara
P-76
I LIVELLI SIERICI DI INTERLEUCHINA 22 (IL-22) SONO AUMENTATI
NELLA TIROIDITE DI HASHIMOTO RISPETTO ALLE TIREOPATIE
NON AUTOIMMUNI E AI CONTROLLI SANI
R.M. Ruggeri1, P. Minciullo2, S. Giovinazzo1, R. Certo1, A. Saitta2, S.
Gangemi2, F. Trimarchi1, S. Benvenga1
1UOC di Endocrinologia & 2Sezione di Allergologia ed Immunologia clinica,
Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università di Messina
P-77
POLIMORFISMO DEL GENE TP53 NELLA TIROIDITE DI HASHIMOTO
(TH)
R.M. Ruggeri1, T.M. Vicchio1, S. Giovinazzo1, R. Certo1, F. Trimarchi1, M.
Trovato2, S. Benvenga1
1Dipartimento di Medicina clinica e sperimentale, UOC Endocrinologia &
2Dipartimento di Patologia Umana, Università di Messina
P-78
IL NODULO TIROIDEO NELLA REGIONE ABRUZZO
A. Sagazio*, M. Olivieri*, C. Tinari*, P. Romagni^ e il gruppo endocrinologico
abruzzese (GEA)
*Endocrinologia, Università di Chieti; ^Ambulatorio Endocrinologia, UOC Med.
Interna, Osp. G. Mazzini, Teramo; UOC Endocrinologia, Osp. S. Salvatore, L’Aquila;
Servizio Ambulatoriale Endocrinologia, Osp S. Spirito , Pescara; UOC Medicina, Osp.
F. Renzetti, Lanciano (CH)
Venerdì 30 Novembre 2012
P-79
IDENTIFICAZIONE DI CELLULE TIROIDEE MALIGNE CIRCOLANTI.
POTENZIALE UTILIZZO NEL FOLLOW-UP DEL PAZIENTE CON
CARCINOMA DELLA TIROIDE.
E. Saggiorato, A. Moretti, E. Aroasio, S. De Francia, M. Pautasso, M. Volante, F.
Orlandi
Dipartimento di Oncologia, Università degli Studi di Torino
P-80
ATTUALE
SIGNIFICATO
DELL’ES.
SCINTIGRAFICO
NELLA
DIAGNOSTICA DEI NODULI “CALDI” TIROIDEI
B. Santaniello°, S. Fiordoro°, M. Borgiani°°, M. Giannoni°°
°Catt. di Medicina Nucleare, DIMI, e °°Catt. di Radiologia I, DIMI, Univ.di Genova
P-81
GESTIONE CLINICA DELL’IPOPARATIROIDISMO CHIRURGICO IN
GRAVIDANZA: UN CASO CLINICO
F. Saponaro, F. Cetani, C. Marcocci
Sez. Dipartimentale di Endocrinologia e Metabolismo dell’Osso, Università di Pisa
P-82
UTILITA’ DEI POTENZIALI TARDIVI E DELLA VARIABILTA’ DELLA
FREQUENZA CARDIACA NELLO STUDIO DELLE COMPLICANZE
ARITMICHE DELL’IPERTIROIDISMO SUB-CLINICO.
M.D. Scarfoglio°, R. Parlangeli°, D. Bianchi,* D. Meringolo*
U.O. Complessa di Cardiologica° e U.O. Semplice Dipartimentale di Endocrinologia*
Ospedale Bentivoglio Ausl Bologna
P-83
DISTURBI
EMOZIONALI
NEL
POSTPARTUM
INIZIALE:
CORRELAZIONE TRA SCALE E CON TSH, FT3, FT4, ANTICORPI
ANTITIROIDE.
S. Settineri 1, M. Le Donne 2, G. Vita3, S. Benvenga 4,5
1Dip. di Scienze Umane e Sociali; 2Dip di Sc. Pediat., Ginec., Microb. e Biomed.; 3Dip
di Sc. Biomed. ed Immagini; 4Dip. di Medicina Clinica e Sperim., Univ. di Messina;
5Programma Interdip. di Endocrinol. Molecolare Clinica & Salute Endocrina della
Donna, AOU Messina
Venerdì 30 Novembre 2012
P-84
RECIDIVA LOCALE DI CARCINOMIA PARATIROIDEO: CASE REPORTS
S. Simioni, L. Liistro, L. Pomba, M. Variolo, N. Sorgato, G. Pennelli,
M.R.Pelizzo
Università degli Studi di Padova, Patologia Speciale Chirurgica Policlinico
Universitario di Padova
P-85
ANALISI DEL CONTENUTO DI IODIO IN ORTAGGI PROVENIENTI DA
AREE COSTIERE DERIVATE DALLA BONIFICA LAGO SALATO DI
SALPI.
P. Stacchini*, A. Pastorelli*, A. Olivieri*,M.R. Campo§, S. Fariello§, L.
Monaco§, M. Cignarelli§
*Dipartimento Sanità Pubblica Veterinaria e Sicurezza Alimentare, ** Dipartimento
Biologia Cellulare e Neuroscienze Istituto Superiore di Sanità Roma, §Cattedra di
Endocrinologia, Università degli Studi Foggia
P-86
CORRELAZIONE
TRA
ALTERAZIONI
GENETICHE
E
CARATTERISTICHE CLINICHE NEL CARCINOMA ANAPLASTICO
DELLA TIROIDE
A. Tacito, E. Sabini, C. Romei, E. Molinaro, L. Agate, C. Giani, C. Ugolini, F.
Basolo, P. Vitti, R. Elisei
Dipartimento di Endocrinologia e Dipartimento di Chirurgia, Università di Pisa
P-87
METASTASI SURRENALICA DA CARCINOMA DIFFERENZIATO
TIROIDEO
F. Torresan, G. Gemo, C. Pagetta, I.M. Boschin, M. Zane, A. Ramin, S. Nordio,
G. Carrozzo, M.R. Pelizzo
Dipartimento di scienze chirurgiche oncologiche e gastroenterologiche, Università degli
studi di Padova
Venerdì 30 Novembre 2012
P-88
ECTOPIA TIROIDEA: DESCRIZIONE DI UN CASO.
V. Triggiani, V.A. Giagulli, G. De Pergola, B. Licchelli, E. Tafaro, E.
Guastamacchia
Endocrinologia e Malattie Metaboliche, Dipartimento DIM, Università degli Studi di
Bari “Aldo Moro”
P-89
DOSAGGIO DELLA PROCALCITONINA SIERICA IN PAZIENTI CON
NODULO TIROIDEO: STUDIO PROSPETTICO.
P. Trimboli 1, L. Ceriani 2, F.A. Verburg 3, R. Maglio 4, M. Imperiali 5, S.
Valabrega 4, L. Giovanella 2,5
1 Section of Endocrinology and Diabetology, Ospedale Israelitico, Rome (Italy) - 2 Dept
of Nuclear Medicine and Thyroid Centre, Oncology Institute of Southern Switzerland,
Bellinzona (CH) - 3 Dept of Nuclear Medicine, RWTH Aachen University, Aachen (D)
- 4 Dept of Surgical Science, Sapienza University, Ospedale S. Andrea, Rome (Italy) - 5
Dept of Laboratory Medicine, Ente Ospedaliero Cantonale, Lugano (CH)
P-90
IL DOSAGGIO DI CALCITONINA SU LIQUIDO DI LAVAGGIO DI
AGOASPIRATO IDENTIFICA IL CARCINOMA MIDOLLARE TIROIDEO
CON UNA SENSIBILITÀ SUPERIORE RISPETTO ALLA CITOLOGIA.
P. Trimboli 1, M. Bongiovanni 2, L. Guidobaldi 3, C. Ventura 1, O. Laurenti 1,
F. Romanelli 4, G. Fattorini 1,4, R. Madaio 5, A. Crescenzi 3, S. Valabrega 6, L.
Giovanella 7
1 Serv. di Endocrinologia, Ospedale Israelitico di Roma; 2 Serv. di Citopatologia, Ist.
Cantonale di Patologia, Locarno (CH); 3 Serv. di Citologia e Istologia, Ospedale
Israelitico di Roma; 4 Dip. di Medicina Sperimentale, Sapienza Università di Roma; 5
Serv. di Oncologia Clinica, Ospedale Israelitico di Roma; 6 Dip. di Scienze Mediche e
Chirurgiche, Ospedale S. Andrea, Sapienza Università di Roma; 7 Dip. di Medicina
Nucleare e Centro della Tiroide, Ist. Oncologico Svizzera Italiana, Bellinzona (CH)
P-91
COMA MIXEDEMATOSO: QUANDO IL TSH NON BASTA !
R. Vacca, A. Oppo, M. Figorilli*, V. Oppo*, E. Ruiu*, R. Puddu*, F. Marrosu*,
M. Marrosu*, S. Mariotti
Endocrinologia, Dip. di Scienze Mediche ed Internistiche, *Neurologia, Dip. di Sanità
Pubblica, Medicina Clinica e Molecolare, Università e A.O.U. di Cagliari
Venerdì 30 Novembre 2012
P-92
PRO E CONTRO DELLA LINFOADENECTOMIA PROFILATTICA DEL
COMPARTIMENTO CENTRALE NEI PAZIENTI CON CARCINOMA
DIFFERENZIATO DELLA TIROIDE
L. Valerio1, D. Viola1, G. Materazzi2, P. Miccoli2, F. Basolo2, E. Sensi2, P.
Faviana2, E. Molinaro1, L. Agate1, P. Vitti1, R. Elisei1
1Dip.to di Endocrinologia e Metabolismo, 2Dip.to di Chirurgia, Università di Pisa
P-93
LA RISPOSTA ALLA TERAPIA STEROIDEA E.V. AD ALTE DOSI NEI
PAZIENTI CON ORBITOPATIA BASEDOWIANA E’ PRESENTE GIA’
DOPO 6 SETTIMANE
G. Vannucchi1, I. Campi, D. Covelli1, N. Currò2, V. Cirello1, D. Dazzi3, P.
Beck-Peccoz1, M. Salvi1
1 Unità di Endocrinologia Fondazione Cà Granda IRCCS Milano
2 Clinica Oculistica Fondazione Cà Granda IRCCS Milano
P-94
REINTERVENTI SULLA TIROIDE
M. Variolo, C. Bernardi, S. Simioni, F. Torresan, S. Nordio, M.R. Pelizzo
Reparto di Patologia Speciale Chirurgica, Policlinico Universitario di Padova
P-95
TERAPIA MEDICA DELL’IPERTIROIDISMO AUTOIMMUNE IN ETÀ
PEDIATRICA:
EFFICACIA
DELLA
STRATEGIA
“BLOCK-ANDREPLACE”
M.C. Vigone, E. Peroni, A. Passoni, M. Di Frenna, S. Caiulo, G. Weber
U.O. Pediatria e Neonatologia, Università Vita-Salute San Raffaele, Istituto Scientifico
San Raffaele, Milano
P-96
IL DEFICIT DI LATTASI: UNA NUOVA CAUSA OCCULTA DEL
MALASSORBIMENTO DI TIROXINA (T4).
1C. Virili, 1I. Gatto, 1M.G. Santaguida, 1M. Cellini, 1S.C. Del Duca, 1N. Brusca,
1L. Bianchi, 2L. Gargano, 1, 2M. Centanni
1Dip. Scienze e Biotecnologie Medico-chirurgiche, Sapienza Università di Roma,
Latina, 2UOC Endocrinologia, AUSL Latina
Venerdì 30 Novembre 2012
P-97
UN CASO DI MORBO DI BASEDOW (MB) INNESCATO DA
IMMUNOTERAPIA CON L’ANTIGENE TUMORE-ASSOCIATO NY-ESO-1
R. Vita 1, F. Guarneri 2, R. Chee 3, R. Agah 4, S. Benvenga 1, 5
1 Endocrinologia, Dip.to di Medicina Clinica e Sperimentale, Università di Messina; 2
Dermatologia, Medicina Sociale del Territorio, Università di Messina; 3 Department of
Developmental Biology, Stanford University, Stanford, CA, USA; 4 Internal Medicine,
Stanford University, Palo Alto, CA, USA; 5 Programma Interdipartimentale di
Endocrinologia Molecolare e Clinica e Salute Endocrina della Donna, Univ. di Messina
P-98
STUDIO PROSPETTICO SUL RUOLO DEGLI EVENTI STRESSANTI (ES)
NELLO SCATENAMENTO DEGLI EPISODI DI IPERTIROIDISMO DA
MORBO DI BASEDOW (MB)
R. Vita 1, F. Trimarchi 1, S. Benvenga 1, 2
1 Endocrinologia, Dip. di Medicina Clinica e Sperimentale, Università di Messina; 2
Progr. Interdip. di Endocrinologia Molecolare e Clinica e Salute Endocrina della
Donna, Università di Messina
P-99
PREVALENZA DELLA TIROIDITE CRONICA AUTOIMMUNE IN
PAZIENTI AFFETTE DA SINDROME DELL’OVAIO POLICISTICO
M. Vitale1, A. Ticino2, P. Storelli2, S. Evangelista2, F. D’Itri2, G. Grani1, M.
Bianchini1, M. D’Alessandri1, M.G. Porpora2, A. Fumarola1, R. Ostuni2, G.
Carbotta1
1. Dip.to di Medicina Sperimentale, Sapienza Università di Roma - 2. Dip.to di Scienze
Ginecologico-Ostetriche e Scienze Urologiche, Sapienza Università di Roma
P-100
CARATTERISTICHE MOLECOLARI DEL CARCINOMA PAPILLARE
DELLA
TIROIDE
NEL
PAZIENTE
ACROMEGALICO:
DATI
PRELIMINARI
S. Watutantrige Fernando1, F. Ceccato1, S. Barollo1, G. Occhi1, G. Pennelli2, C.
Betterle1, M-L Jaffrain-Rea3, F. Grimaldi4, D. Nacamulli1, C. Scaroni1, C. Mian1
1: UO di Endocrinologia, Dip. di Medicina, Padova; 2: Unità di Anatomia Patologica,
Dip. di Medicina, Padova; 3: Dip. di Scienze Neurologiche , Istituto Neuromed, IRCCS,
Pozzilli; 4: Azienda Ospedaliero-Universitaria Santa Maria della Misericordia, Udine
Venerdì 30 Novembre 2012
P-101
CIRCULATING
CELL-FREE
DNA,
SLC5A8
AND
SLC26A4
HYPERMETHYLATION, BRAFV600E: A NON-INVASIVE TOOL PANEL
FOR DETECTION OF THYROID TUMORS
M. Zane, M. Agostini, E. Casal Ide, F. Torresan, I. Boschin Merante, S. Barollo,
C. Mian, M.R. Pelizzo
Università degli Studi di Padova, Dip. Scienze Chirurgiche, Oncologiche e
Gastroenterologiche (DiSCOG), Patologia Speciale Chirurgica
P-102
ASSOCIAZIONE TRA MUTAZIONE R429Q DEL GENE DEL RECETTORE
β (TR-β gene) DEGLI ORMONI TIROIDEI E SINDROME DA RESISTENZA
ALL’AZIONE DEGLI ORMONI TIROIDEI (RTH). FORMA FAMILIARE
CON FOLLOW-UP PER 22 ANNI
M. Zingrillo1, M. Kiouranaki2, A. Melfitano1
1 Attività libero professionale Foggia; 2 Università di Foggia
P-103
CARCINOMA PAPILLARE DELLA TIROIDE ASSOCIATO A TIROIDITE
CRONICA
AUTOIMMUNE
IN
47
CASI
CONSECUTIVI:
CARATTERISTICHE CLINICHE, PROBLEMATICHE DIAGNOSTICHE,
TRATTAMENTO E FOLLOW-UP A MEDIO TERMINE
M. Zingrillo1, V. Nirchio2, F. Tricarico2, G. La Torre3, M. Ulivieri4, A. Melfitano1
1. Attività libero professionale Foggia; 2. Azienda Ospedaliera Foggia; 3. Centro di
Riferimento Oncologico Basilicato, Rionero in Vulture (Pz); 4. Presidio Ospedaliero di
Cerignola (Fg)
P-104
DOSAGGIO
DELLA
TIREOGLOBULINA
SU
CITOASPIRATO
LINFONODALE NELLA DIAGNOSI DEI TUMORI DIFFERENZIATI
DELLA TIROIDE
S. Lupo, M. Bondanelli, G. Trasforini, P. Franceschetti, A. Guerra, R. Rossi,
M.R. Ambrosio, E.C. degli Uberti
Sezione di Endocrinologia, Dipartimento di Scienze Mediche, Università degli Studi di
Ferrara
14.00
Riunione gruppi di studio AIT
Venerdì 30 Novembre 2012
15.00
TAVOLA ROTONDA AIT-SIEC
Moderatori: G. Torre, Genova
M.R. Pelizzo, Padova
Le complicanze peri e post operatorie: ruolo del volume
operatorio/annuo del chirurgo, considerazioni medico legali e
istituzione di un albo dei chirurghi della tiroide
A. Ambrosi, Foggia
R. Bellantone, Roma
V. Fineschi, Foggia
16.00
TAVOLA ROTONDA AIT-SIEDP: TRATTAMENTO
DELL’IPERTIROIDISMO INFANTILE
Moderatori: M. Cappa, Roma
M. Centanni, Roma
L’ipertiroidismo in età pediatrica
G. Weber, Milano
Il trattamento farmacologico in età pediatrica
A. Cassio, Bologna
Il trattamento radiometabolico e chirurgico nel paziente pediatrico
G. Cesaretti, Pisa
17.00
Coffee Break
17.15
TAVOLA ROTONDA: UP TO DATE SULLA IODOPROFILASSI
Moderatori: P. Beck Peccoz, Milano
P. Vitti, Pisa
La iodoprofilassi in Italia: la normativa e le azioni del ministero
S. Borrello, Roma
L’osservatorio Nazionale per il monitoraggio della iodoprofilassi in
Italia: i dati aggiornati
A. Olivieri, Roma
Alimenti ed apporto di iodio nella popolazione italiana
P. Stacchini, Roma
Venerdì 30 Novembre 2012
17.45
Iodoprofilassi oggi: le vie alternative al sale da cucina
Moderatori: D. Agrimi, Brindisi
A. Olivieri, Roma
Introduzione: M. Tonacchera, Pisa
Il sale nella filiera alimentare
M. Bonoli, Bologna
Iodio e vegetali: la patata iodata
L. Cerretani, Bologna
Impatto nutrizionale dei prodotti lattiero-caseari arricchiti con iodio
nell’uomo
M. Frigeri, Pisa
18.45
Discussione
19.15
Assemblea generale AIT
20.30
Cena Sociale
Sabato 1 Dicembre 2012
08.00
INCONTRO CON L’ESPERTO: LA NUOVA CLASSIFICAZIONE
DELLA CITOLOGIA TIROIDEA
Moderatori: E. Papini, Albano Laziale
F. Basolo, Pisa
Relatore:
09.00
F. Nardi, Roma
INCONTRO CON L’ESPERTO: CARCINOMA MIDOLLARE
DELLA TIROIDE: NOVITA’ IN TEMA DI DIAGNOSTICA
DINAMICA
Moderatori: R. Elisei, Pisa
L. Fugazzola, Milano
Relatore:
M. Tortolano, San Giovanni Rotondo
10.00
Coffee Break
10.15
LETTURA MAGISTRALE
A risk adapted approach to selection of follow-up testing in
differentiated thyroid cancer
Moderatori: F. Trimarchi, Messina
G. Fenzi, Napoli
Relatore:
11.00
M. Tuttle, New York City, USA
COMUNICAZIONI ORALI IN SESSIONI PARALLELE
AULA A - Moderatori: G. Napolitano, Chieti
A. Frasoldati, Reggio Emilia
M. Zingrillo, Foggia
AULA B - Moderatori: R.M. Ruggeri, Messina
F. Orlandi, Torino
E. Guastamacchia, Bari
AULA C - Moderatori: R. Guglielmi, Albano Laziale
C. Giani, Pisa
U. Crocetti, San Giovanni Rotondo
Sabato 1 Dicembre 2012
AULA A
O-01A
SIGNIFICATO
PROGNOSTICO
DELLA
TIREOGLOBULINA
ALL’ABLAZIONE NEL CARCINOMA DIFFERENZIATO DELLA TIROIDE
SU UNA CASISTICA PIEMONTESE DI OLTRE 1000 PAZIENTI
F. Bardesono 1, F. Arecco 1, I. Messuti 1, A. Moretti 1, V. Berti 3, B. Puligheddu
1, R. E. Pellerito 2, F. Orlandi 1.
1 Dipartimento di Oncologia, Università di Torino, Presidio Sanitario Gradenigo. 2 SC
Medicina Nucleare, AO Mauriziano, Torino. 3 CSI Piemonte
O-02A
EFFICACIA E TOLLERABILITÀ DI 3 DIFFERENTI DOSI CUMULATIVE
DI METILPREDNISOLONE (MP) PER VIA ENDOVENOSA PER
L’ORBITOPATIA BASEDOWIANA MEDIO-GRAVE ATTIVA
L. Bartalena a nome dell’European Group on Graves’ Orbitopathy (EUGOGO)
(G.E. Krassas, W. Wiersinga, C. Marcocci, M. Salvi, C. Daumerie, C. Bournaud,
M. Stahl, L. Sassi, G. Veronesi, C. Azzolini, K.G. Boboridis, M.P. Mourits, M.R.
Soeters, L. Baldeschi, M. Nardi, N. Currò, A. Boschi, M. Bernard, G. von Arx)
Università dell’Insubria, Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Varese
O-03A
IN PAZIENTI CON CARCINOMA DIFFERENZIATO DELLA TIROIDE A
RISCHIO
INTERMEDIO
L’ATTIVITA’
DI
RADIOIODIO
SOMMINISTRATA
PER
L’ABLAZIONE
DEL
RESIDUO
NON
CONDIZIONA L’OUTCOME DELLA MALATTIA
V. Belardini1, M.G. Castagna1, F. Maino1, A. Theodoropoulou1, S. Memmo1, E.
Brinazoni2, F. Pacini1
1Dipartimento di Medicina Interna, Scienze Endocrino-Metaboliche e Biochimica,
Sezione di Endocrinologia e Malattie Metaboliche, Università di Siena, Siena.
2 Unità di Medicina Nucleare, Ospedale di Macerata, Macerata
Sabato 1 Dicembre 2012
O-04A
USO DELLA SPECT-CT NELLA VALUTAZIONE E LOCALIZZAZIONE
DEL TESSUTO TIROIDEO RESIDUO IN PAZIENTI TRATTATI CON
TIROIDECTOMIA TOTALE PER CARCINOMA DIFFERENZIATO DELLA
TIROIDE
A. Biagini1, E. Molinaro1, R. Zeuren2, R. Grewal2, G. Randolph3, M. Sabra2, A.
Shaha2, R. Elisei1, R.M. Tuttle2
1Dipartimento di Endocrinologia Pisa; 2 Memorial Sloan-Kettering Cancer Center,
New York; 3 Harvard Medical School, Otolaryngology, Boston, MA
O-05A
ELEVATA PREVALENZA DI ALTERAZIONI SUBCLINICHE DEI
MUSCOLI EXTRAOCULARI IN PAZIENTI CON MORBO DI BASEDOW
ASINTOMATICI PER OFTALMOPATIA ATTIVA
F. Boi, R. Vacca, I. Zucca*, A. Cuccu*, M. Fossarello*, S. Marini**, S. Mariotti
Endocrinologia, Dip. di Scienze Mediche, (*)Oftalmologia, Dip. di Scienze
Chirurgiche, (**)Radiologia, Dip. di Scienze Mediche, Università di Cagliari
O-06A
MUTAZIONI DEL GENE IGSF1 CAUSANO UNA SINDROME X-LINKED
CON
IPOTIROIDISMO
CENTRALE
IDIOPATICO
(ICI)
E
MACROORCHIDISMO
M. Bonomi1, B. Bak2, N. Schoenmakers3, P. Duminuco1, I. Campi 4, P. BeckPeccoz4, G. Radetti5, K. Chatterjee3, M.T. Dattani6, L. Persani1, J.M. Wit7 and
D.J. Bernard2
Dip. di Scienze Cliniche e di Comunità, UNIMI: 1Lab.Ric Endocrino-Metaboliche,
IRCCS Istituto Auxologico Italiano, Milano; 4Fondazione Ospedale Maggiore di
Milano IRCCS, Milano; 2Dept of Pharmacology & Therapeutics, McGill University,
Montréal, Canada; 3Inst of Metabolic Science, Un of Cambridge,UK; 5Osp di Bolzano,
Endocrinologia Pediatrica, Bolzano; 6Developmental Endocrinology Research Group,
UCL, London, UK; 7Dept of Pediatrics, Leiden Un Medical Center, Leiden, The
Netherland
Sabato 1 Dicembre 2012
O-07A
TRATTAMENTO CON 131I DEL M. DI BASEDOW: EFFICACIA A LUNGO
TERMINE IN DIPENDENZA DAL PROTOCOLLO DOSIMETRICO
L. Camerieri1, M.C. Bagnara2, E. Pomposelli1, M. Schiavo1, C. Reitano2, M.
Caputo1, M. Bagnasco1.
1 Lab Autoimmunologia e UO Medicina Nucleare e Terapia Radiometabolica 2 UO
Fisica Sanitaria IRCCS AOU San Martino –IST, Di.M.I Università di Genova
O-08A
ATTIVITA’ CLINICA E BIOCHIMICA DI CABOZANTINIB (XL-184) IN
UNO STUDIO DI FASE 3 IN PAZIENTI CON CARCINOMA MIDOLLARE
DELLA TIROIDE (MTC)
V. Cappagli1, S. Mueller2, P. Schöffski3, M. Brose4, M. Shah5, L. Licitra6, B.
Jarzab7, V. Medvedev8, M.C. Kreissl9, B. Niederle10, E. Cohen11, L. Wirth12,
H. Ali13, D. Clary14, M. Mangeshkar14, D. Ball15, B. Nelkin15, S. Sherman16,
M. Schlumberger17, R. Elisei1
1Univ. di Pisa, Dipt. di Endocrinologia, I, 2Univ. Hospital of Essen, D, 3UZ Leuven,
B, 4Univ. of Pennsylvania, Philadelphia, USA, 5Ohio State Univ. Medical Center,
Columbus, USA, 6Istituto Nazionale dei Tumori, Milano, I, 7Centrum Onkology,
Instytut im. M. Sklodowskiej-Curie oddzial w Gliwicach, PL, 8Medical Radiology Res.
Center of RAMS, Obnisk, Federazione russa, 9Univ. Hospital of Wuerzburg, D,
10Medical Univ. of Vienna, A, 11Univ. of Chicago Medical Center, USA,
12Massachusetts General Hospital, Boston, USA, 13Henry Ford Health System,
Detroit, USA, 14Exelixis, South San Francisco, USA, 15John Hopkins Hospital and
Health System, Baltimora, USA, 16MD Anderson Cancer Center, Houston, USA,
17Institut Gustave Roussy, Parigi, F.
O-09A
LIVELLI DI ESPRESSIONE GENICA DELLE ISOFORME DELLA
CLUSTERINA NEL TUMORE TIROIDEO: POSSIBILE MARKER NEL
TUMORE TIROIDEO INDETERMINATO?
1A. Ciampolillo, 2,3P. Fuzio, 2E. Perlino, 1S. Lattarulo, 1A. Pezzolla, 1A.
Napoli, 1E. Maiorano, 1F. Giorgino.
1Dip.to dell’Emergenza e dei Trapianti di Organi, Università degli Studi di Bari Aldo
Moro2 Istituto di Tecnologie Biomediche, ITB-CNR, Bari; 3Istituto di Biomembrane e
Bioenergetica, IBBE-CNR, Bari
Sabato 1 Dicembre 2012
O-10A
REGOLAZIONE DI CLAUDINA-1/7 DURANTE IL PROCESSO DI
TRANSIZIONE EPITELIO-MESENCHIMALE NEL CARCINOMA DELLA
TIROIDE: RUOLO DEL FATTORE DI TRASCRIZIONE SLUG
C. Colato, S. Pedron, F. Monzani, P. Brazzarola, G. Martignoni, M. Chilosi, M.
Ferdeghini
Dipartimento di Patologia e Diagnostica, Università di Verona
AULA B
O-11B
ANALISI EPIDEMIOLOGICA, CLINICA E MOLECOLARE DEI TUMORI
TIROIDEI INCIDENTALI IN UN’AMPIA COORTE DI PAZIENTI
TRATTATI PER PATOLOGIA BENIGNA
S. De Leo, M. Perrino, V. Cirello, S. Badiali, C. Colombo, P. Beck-Peccoz, L.
Vicentini, L. Fugazzola
Dip. Di Scienze Cliniche e di Comunità, Università di Milano, Unità di Endocrinologia
ed Endocrinochirurgia, Fondazione IRCCS Ca’ Granda, Milano
O-12B
ANTICORPI ANTI-CELLULE IPOTALAMICHE COME MARKERS DI
AUTOIMMUNITÀ IN PAZIENTI CON MALATTIE AUTOIMMUNI DELLA
TIROIDE ED IPOPITUITARISMO
A. Dello Iacovo, C. Colella, E. Lucci, E. Pane, G. Bellastella, A. Barbieri, T.
Turino, A. Bizzarro1, A. Bellastella, A. De Bellis
Catt. di Endocrinologia – Dip.to di Scienze Cardio-Toraciche e Respiratorie- Seconda
Università degli Studi di Napoli, 1 Catt. di Allergologia e Immunologia Clinica – Dip.to
Medico Chirurgico di Internistica clinica e sperimentale “F. Magrassi- A. Lanzara”Seconda Università degli Studi di Napoli
Sabato 1 Dicembre 2012
O-13B
LSD-1 E FOXO3 REGOLANO L’ESPRESSIONE EPIGENETICA DELLE
DESIODASI D2 E D3 NELLA MIOGENESI.
M. Dentice, M.A. De Stefano, R. Ambrosio, A. Sibilio, V. Torre, F. Alfano, A.
Caputo, G. Fenzi e D. Salvatore
Dipartimento di Endocrinologia ed Oncologia Molecolare e Clinica. Università di
Napoli “Federico II”
O-14B
L’APPLICAZIONE
DI
IMMUNOCITOCHIMICA
E
ANALISI
MUTAZIONALE DI N-RAS MIGLIORA L’ACCURATEZZA DIAGNOSTICA
DELLA CITOLOGIA ALLESTITA IN FASE LIQUIDA IN LESIONI
TIROIDEE BRAF-NEGATIVE
G. Fadda, E.D. Rossi, M. Martini, P. Straccia, S. Capodimonti, *C.P. Lombardi,
L.M. Larocca, °A. Pontecorvi
Istituto di Anatomia Patologica * Divisione di Chirurgia Endocrina e Metabolica °
Divisione di Endocrinologia- Università Cattolica del Sacro Cuore, Policlinico
“Agostino Gemelli”, Roma
O-15B
VALIDITÀ DIAGNOSTICA DEGLI INDICI DI ELASTICITÀ DEI NODI
TIROIDEI: DATI PRELIMINARI
S. Garelli, C. Betterle, C. Mian, S. Barollo, D. Nacamulli
Dipartimento di Medicina, Università – Azienda Ospedaliera di Padova
O-16B
REGOLAZIONE
DELL’ESPRESSIONE
DEL
GENE
PER
IL
COTRASPORTO
SODIO/IODURO
(NIS)
DA
PARTE
DEL
RESVERATROLO
C. Giuliani, S. Di Santo, I. Bucci, F. Monaco, G. Napolitano
Unitá di Endocrinologia, Dipartimento di Medicina e Scienze dell’Invecchiamento,
Universitá ""G. D'Annunzio"" Chieti-Pescara e Ce.S.I., Fondazione Universitá
""Gabriele D'Annunzio"" Chieti
Sabato 1 Dicembre 2012
O-17B
SIGNIFICATO CLINICO DELL’IPERTIREOTROPINEMIA IN PAZIENTI
OBESI MORBIGENI ATTRAVERSO LA VALUTAZIONE DEL PROFILO
LIPIDICO
CIRCOLANTE
COME
INDICE
PERIFERICO
DI
IPOTIROIDISMO SUBCLINICO
G. Groppelli1, L. de Martinis1, P. Leporati1, I.M. Rizza1, A. Clerici1, A. La
Manna1, R. Fonte 1, F. Magri1, B. Biondi2, M. Rotondi1, L. Chiovato1
1U.O. Med. Int. e Endocr, IRCCS Fond. S. Maugeri, Catt. di Endocr e Mal del Ric
(Pavia); 2 Dip Endocr e Onc Clin e Molec, Università Federico II di Napoli
O-18B
L’ATTIVAZIONE DEL SIGNALING RAS/RAF/ERK CONTRIBUISCE ALLA
RESISTENZA DELLE LINEE CELLULARI DI CARCINOMA TIROIDEO
AL SUNITINIB
A. Piscazzi*, E. Costantino*, F. Maddalena□, I. Natalicchio°, A.M.T. Gerardi*, R.
Antonetti°, M. Cignarelli§, M. Landriscina*
*Unità di Oncologia Medica ed §Unità di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo,
Università degli Studi di Foggia; °Laboratorio di Biologia Molecolare, Azienda
Ospedali Riuniti, Foggia; □IRCCS CROB Rionero in Vulture, Potenza
O-19B
IGF-IR REPRESENTS A THERAPEUTIC TARGET IN THYROID CANCER:
DETERMINANTS OF IN VITRO RESPONSE TO THE IGF-IR TYROSINEKINASE INHIBITOR, NVP-AEW541
R. Malaguarnera, A. Palummo, A. Sacco, A. Morcavallo, S. Giuliano, *F. Frasca,
A. Belfiore
Dipartimento di Scienze della Salute, Endocrinologia, Università “Magna Graecia” di
Catanzaro, 88100 Catanzaro
*Dipartimento di Biomedicina Clinica e Molecolare, Endocrinologia, Università degli
Studi di Catania, 95100 Catania
Sabato 1 Dicembre 2012
O-20B
ABLAZIONE RADIOMETABOLICA DEL RESIDUO TIROIDEO POSTCHIRURGICO DOPO STIMOLO CON TSH UMANO RICOMBINANTE
(rhTSH) IN PAZIENTI CON OFTALMOPATIA DI GRAVES (OG) DI
GRADO
MODERATAMENTE
SEVERO
E
SEVERO:
STUDIO
PROSPETTICO RANDOMIZZATO IN SINGOLO CIECO
M. Moleti1, M.A. Violi1, D. Montanini2, B. Di Bella1, G. Sturniolo1, S. Presti1,
A. Alibrandi3, A. Campennì4, S. Baldari4, F. Trimarchi1, F. Vermiglio1.
1Dip.Clinico-Sperimentale di Medicina e Farmacologia, Sezione di Endocrinologia;
2Dip. Chirurgia Specialistica, Sezione di Oftalmologia; 3 Dip. Scienze Economiche,
Finanziarie, Sociali, Ambientali, Statistiche e del Territorio; 4 Dip. Scienze
Radiologiche, Sezione di Medicina Nucleare. Università di Messina
AULA C
O-21C
FREQUENZA DEI POLIMORFISMI DEI GENI DEL VEGF, DEL VEGFR E
DI HIF IN SOGGETTI NORMALI ED IN PAZIENTI CON GOZZO
NODULARE PROVENIENTI DA UN'AREA A MODERATA CARENZA
IODICA
F. Niccolai1, A. Molinaro1, G. De Marco1, P. Agretti1, C. Di Cosmo1, P. Piaggi3,
P. Vitti,1 G. Bocci,2 M. Tonacchera1
1 Dipartimento di Endocrinologia e Metabolismo, Università di Pisa, Italia; 2
Dipartimento di Medicina Interna – Divisione di Farmacologia, Università di Pisa,
Italia; 3 Dipartimento di ingegneria informatica, Università di Pisa, Italia
O-22C
IL CARCINOMA DELLE PARATIROIDI: IMPATTO DELLO STATUS
GENETICO HRPT2 NELLA PRATICA CLINICA
M.R. Pelizzo, N. Sorgato
Università degli Studi di Padova, Patologia Speciale Chirurgica, Padova
Sabato 1 Dicembre 2012
O-23C
RELAZIONE TRA L'USO DI SALE IODATO ED AUTOIMMUNITÀ
TIROIDEA DOPO IODOPROFILASSI
M.A. Provenzale, M. Frigeri, L. Puleo, L. Antonangeli, T. Rago, E. Fiore, M.
Tonacchera, L. Grasso, A. Pinchera, F. Aghini Lombardi, P. Vitti
Dipartimento di Endocrinologia - Università degli Studi di Pisa
O-24C
CAMKII MEDIA IL SEGNALE ONCOGENICO DI RET NEL CARCINOMA
MIDOLLARE DELLA TIROIDE E LA SUA INIBIZIONE È
INVERSAMENTE CORRELATA CON LA GRAVITÀ DELLA MALATTIA
E. Russo1, M. Salzano1, V. De Falco1, M. Santoro1, C. Mian2, S.Barollo2, M.
Vitale3
1Dipartimento di Biologia e Patologia Cellulare e Molecolare, Università di Napoli
Federico II
2Unità Operativa di Endocrinologia, Dipartimento di Medicina-DIMED
3Dipartimento di Medicina e Chirurgia, Università di Salerno, Baronissi, Salerno
O-25C
L’INTERFERENZA DELL’ASSORBIMENTO DELLA L-TIROXINA (L-T4)
DA PARTE DEGLI INIBITORI DI POMPA PROTONICA (PPI) PUO’
ESSERE RISOLTA DA UNA FORMULAZIONE LIQUIDA DI L-T4.
G. Saraceno 1, R. Vita 1, F. Trimarchi 1, S. Benvenga 1, 2
1 Endocrinologia, Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università di
Messina; 2 Programma Interdipartimentale di Endocrinologia Molecolare e Clinica e
Salute Endocrina della Donna, Università di Messina
O-26C
MORBIDITY AND MORTALITY OF ACUTE LIVER DAMAGE DURING OR
AFTER HIGH DOSE INTRAVENOUS GLUCOCORTICOID PULSE THERAPY
FOR GRAVES’ OPHTHALMOPATHY
E. Sisti, A. Pinchera, C. Marcocci, R. Rocchi, F. Latrofa, F. Menconi, MA. Altea, M. Leo,
MA. Profilo, B. Mazzi, E. Albano, M. Marinò
Unità Operativa di Endocrinologia I, Università di Pisa
Sabato 1 Dicembre 2012
O-27C
CALO PONDERALE E VARIAZIONE DELLA DOSE SOSTITUTIVA DI
LEVO- TIROXINA (L-T4) IN SOGGETTI OBESI IPOTIROIDEI
SOTTOPOSTI A CHIRURGIA BARIATRICA
A. Tamberi, A. Pinchera, P. Fierabracci, S. Martinelli, P. Piaggi1, A. Basolo, I.
Ricco, G. Ceccarini, G. Scartabelli, A. Marsili, A. Landi1, P. Vitti, F. Santini.
U.O. Endocrinologia 1, AOUPisana. 1 Dip. di Sistemi Elettrici e Automazione,
Università di Pisa
O-28C
PREVALENZA E TEMPO DI COMPARSA DELLE RECIDIVE DA
CARCINOMA
PAPILLIFERO
DELLA
TIROIDE:
STUDIO
RETROSPETTIVO SU 1020 PAZIENTI
1M. Torlontano, 2C. Durante, 2T. Montesano, 3M. Attard, 4F. Monzani, 5S.
Tumino, 6G. Costante, 7D. Meringolo, 8R. Bruno, 1M. Massa, 2G. Ronga, 1U.
Crocetti, 1L. D’Aloiso, 2S. Filetti.
1U.O. di Endocrinologia, IRCCS “Casa Sollievo della Sofferenza”, San Giovanni
Rotondo; 2Dip. Medicina Interna e Specialità Mediche, Univ. La Sapienza, Roma;
3U.O. di Endocrinologia, Ospedali Riuniti Villa Sofia-Cervello, Palermo; Dip. di:
4Medicina Clinica e Sperimentale, Univ. Pisa; 5Scienze Mediche e Pediatriche, Univ.
Catania; 6Scienze della Salute, Univ. Catanzaro; U.U.O.O. di Endocrinologia, 7Osp.
Bentivoglio, Bologna e 8Osp. Tinchi-Pisticci, Matera.
O-29C
EFFETTI MORFOFUNZIONALI DELLA TRIIODOTIRONINA (T3) NEL
FOLLICOLO ED IN CELLULE DELLA GRANULOSA DI RATTO
C. Verga Falzacappa1, F. Alfei1, M.G. Santaguida1, A. Furno2, R. Canipari3, S.
Misiti2, M. Centanni1
1Dip. Scienze e Biotecnologie Medicochirurgiche,2Dip.Medicina Sperimentale e 3Dip.
Embriologia e Istologia, Sapienza Università di Roma, Roma e Latina
Sabato 1 Dicembre 2012
O-30
EFFETTO DI DUE INIBITORI CHINASICI IN LINEE CELLULARI DI
CARCINOMA TIROIDEO: STUDI IN VITRO E IN VIVO
P. Voce, M. D’Agostino, S. Moretti, E. Menicali, N. Giusti, N. Avenia, E.
Puxeddu
Dipartimento di Medicina Interna, Centro di Ricerca di Proteomica e Genomica della
Tiroide (CRiProGeT), Università degli Studi di Perugia
14.00
Premiazione poster e Conclusioni
14.15
Test e valutazioni ECM
14.45
Chiusura del congresso
COMUNICAZIONI
ORALI
O-01A
SIGNIFICATO
PROGNOSTICO
DELLA
TIREOGLOBULINA
ALL’ABLAZIONE NEL CARCINOMA DIFFERENZIATO DELLA TIROIDE SU
UNA CASISTICA PIEMONTESE DI OLTRE 1000 PAZIENTI
F. Bardesono 1, F. Arecco 1, I. Messuti 1, A. Moretti 1, V. Berti 3, B. Puligheddu 1, R.
E. Pellerito 2, F. Orlandi 1.
1
Dipartimento di Oncologia, Università di Torino, Presidio Sanitario Gradenigo. 2 SC
Medicina Nucleare, AO Mauriziano, Torino. 3 CSI Piemonte
Premesse e obiettivi: nel carcinoma tiroideo differenziato (DTC) la negatività della
Tireoglobulina (Tg) dopo stimolo con rh-TSH (R-Tg), associata a quella dell’esame
ecografico, permette di definire il paziente in remissione clinica di malattia. Studi recenti
hanno suggerito come la Tg al momento della terapia ablativa con 131I (A-Tg),
eventualmente associata alla Tg durante la terapia soppressiva con L-T4 (S-Tg), possa
essere correlata con la R-Tg. Questo permetterebbe di evitare, in una popolazione
selezionata di pazienti, il test con rh-TSH. Scopo del nostro studio è stato quello di
valutare se l’associazione di bassi livelli di A-Tg (<10 e <15 µg/l) con S-Tg indosabile
(<0.6 µg/l) avesse un sufficiente valore predittivo negativo (VPN) per recidiva/persistenza
di malattia, tale da poter evitare l’esecuzione del test con rh-TSH.
Materiali e metodi: sono stati valutati 1082 pazienti con DTC, consecutivamente
sottoposti a tiroidectomia totale e trattamento radiometabolico ablativo c/o AO
Mauriziano, Torino che esegue >80% delle ablazioni in Piemonte. Sulla base delle linee
guida ETA, i pazienti sono stati classificati in gruppo A (very-low risk + low risk:
494/1082) e gruppo B (high risk: 588/1082). I criteri di inclusione prevedevano la
negatività degli AbTg e un follow-up di almeno 1 anno. Il test con rh-TSH, effettuato
dopo 6-12 mesi dal trattamento iniziale, è stato considerato come gold-standard per
definire la remissione/persistenza-recidiva di malattia.
Risultati: poiché le medie dei valori di A-Tg <10 µg/l (2.4 ± 2.5 µg/l per il gruppo A e 2.4
± 2.6 µg/l per il gruppo B) e <15 µg/l (2.9 ± 3.2 µg/l per il gruppo A e 2.9 ± 3.3µg/l per il
gruppo B) in entrambi i gruppi non hanno dimostrato differenze statisticamente
significative (p= 0,93), l’intera popolazione in studio è stata analizzata indipendentemente
dalla classe di rischio iniziale. Il VPN di A-Tg <10 µg/l è risultato del 97% e del 96,8%
per valori di A-Tg <15 µg/l. Il VPN dell’associazione di A-Tg con S-Tg <0,6 µg/l è
risultato essere del 99,2% per valori di A-Tg <10 µg/l e del 99,3% per A-Tg <15 µg/l.
Conclusioni: questi dati suggeriscono che pazienti con A-Tg <15 µg/l associata ad S-Tg
<0,6 µg/l hanno un rischio molto basso di recidiva di malattia, anche nei pazienti ad alto
rischio, tale da poter evitare l’esecuzione del test con rh-TSH con un significativo
risparmio economico.
O-02A
EFFICACIA E TOLLERABILITÀ DI 3 DIFFERENTI DOSI CUMULATIVE DI
METILPREDNISOLONE (MP) PER VIA ENDOVENOSA PER L’ORBITOPATIA
BASEDOWIANA MEDIO-GRAVE ATTIVA
L. Bartalena a nome dell’European Group on Graves’ Orbitopathy (EUGOGO)
(G.E. Krassas, W. Wiersinga, C. Marcocci, M. Salvi, C. Daumerie, C. Bournaud, M.
Stahl, L. Sassi, G. Veronesi, C. Azzolini, K.G. Boboridis, M.P. Mourits, M.R. Soeters,
L. Baldeschi, M. Nardi, N. Currò, A. Boschi, M. Bernard, G. von Arx)
Università dell’Insubria, Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Varese
Anche se i glucocorticoidi per via endovenosa (evGC) sono il trattamento di prima scelta
per l’orbitopatia basedowiana (OB) medio-grave ed attiva, non vi è consenso sulla dose
cumulativa ottimale. In questo studio multicentrico randomizzato in doppio-cieco, 159
pazienti con OB medio-grave ed attiva, reclutati presso 8 centri EUGOGO di 6 paesi
europei, erano assegnati a tre gruppi di trattamento: bassa dose (BD) cumulativa (circa 2.5
g di MP); media dose (MD) cumulativa (circa 5 g), alta dose (AD) cumulativa (circa 7.5
g), somministrata in 12 infusioni settimanali (6 con la dose iniziale, 6 con la dose
dimezzata). L’efficacia degli evGC veniva valutata in cieco a 12 settimane,
oggettivamente da un oculista (valutazione oculare complessiva secondo criteri
predefiniti), soggettivamente dal paziente (questionario GO-QoL sulla qualità della vita).
Gli eventi avversi venivano registrati ad ogni visita, assegnando 1 punto ad ogni evento
minore e 2 punti ad ogni evento maggiore e costruendo così un Safety Score. Un
miglioramento oculare complessivo era più frequente con AD (52%) che con MD (35%;
p00.03) o BD (28%; p=0.01). Queste differenze erano particolarmente evidenti riguardo
alla motilità oculare (soprattutto elevazione e abduzione) e al Clinical Activity Score
(CAS). Il CAS diminuiva, comunque, in tutti e tre i gruppi, anche in misura molto minore
con BD. La qualità della vita migliorava in maniera più evidente con AD, pur non
raggiungendo la significatività. L’esoftalmo e l’apertura palpebrale miglioravano in una
ridotta percentuale di pazienti in tutti i gruppi. Il Safety Score per gli eventi maggiore era
più alto con la AD, anche se non in maniera significativa.Una neurite ottica compariva in
alcuni pazienti dei tre gruppi. Dopo la sospensione del trattamento evGC, una recidiva
dell’OB nei pazienti migliorati a 12 settimane si verificava nel 33% di pazienti AD, 21%
di pazienti MD, 40% di pazienti BD.
In conclusione, gli evGC ad AD danno risultati migliori nel breve termine rispetto alle
dosi inferiori. Questo beneficio, almeno con lo schema utilizzato in questo studio, è spesso
transitorio ed associato con una tossicità leggermente maggiore. Questi risultati possono
suggerire che una dose intermedia (MD) può essere utilizzata nella maggior parte dei casi
medio-gravi, riservando le alte dosi di evG ai pazienti con OB molto grave.
O-03A
IN PAZIENTI CON CARCINOMA DIFFERENZIATO DELLA TIROIDE A
RISCHIO INTERMEDIO L’ATTIVITA’ DI RADIOIODIO SOMMINISTRATA
PER L’ABLAZIONE DEL RESIDUO NON CONDIZIONA L’OUTCOME DELLA
MALATTIA
V. Belardini1, M.G. Castagna1, F. Maino1, A. Theodoropoulou1, S. Memmo1, E.
Brinazoni2, F. Pacini1
1
Dipartimento di Medicina Interna, Scienze Endocrino-Metaboliche e Biochimica, Sezione
di Endocrinologia e Malattie Metaboliche, Università di Siena, Siena.
2
Unità di Medicina Nucleare, Ospedale di Macerata, Macerata.
Nel carcinoma differenziato della tiroide (CDT) definito a rischio intermedio non ci sono
chiare evidenze scientifiche sull’attività ottimale di 131I da somministrare per l’ablazione
del residuo tiroideo post-chirurgico. Lo scopo del lavoro è stato quello di valutare
retrospettivamente l’outcome di 225 pazienti con CDT a rischio intermedio, correlandolo
con l’attività di 131I somministrata all’ablazione. Dopo la chirurgia, il 37.7% dei pazienti
riceveva basse attività (1110-1850 MBq) e il 62.3% alte attività di 131I (≥ 3700 MBq), in
ipotiroidismo (48.8%) o dopo TSH umano ricombinante (rhTSH) (51.2%). A distanza di
8-12 mesi dal trattamento iniziale, lo stato clinico non era differente tra pazienti trattati
con basse o alte attività di 131I (remissione clinica nel 60.0% dei casi in entrambi i gruppi;
malattia biochimica nel 18.,8% e nel 14.2%, rispettivamente; malattia metastatica nel
21,2% e nel 25.8%, rispettivamente, p=0.56). Alla fine del follow-up (6.9 ± 4.3 anni)
l’outcome non era differente tra i pazienti trattati con basse o alte attività di 131I (p = 0.34).
In particolare, una remissione di malattia si osservava nel 76.5% pazienti trattati con basse
e nel 72.1% pazienti trattati con alte attività di 131I. Malattia persistente (biochimica o
metastatica) si riscontrava nel 18.,8% dei pazienti trattati con basse e nel 26.4% dei
pazienti trattati con alte attività di 131I. Il tasso di recidiva di malattia era del 2.3% nei
pazienti trattati con basse e del 2.1% nei pazienti trattati con attività di 131I. La mortalità
tiroide correlata si osservava nell’1.2% dei pazienti trattati con basse e nel 2.1% dei
pazienti trattati con alte attività di 131I. La modalità di preparazione al trattamento ablativo
(ipotiroidismo o rhTSH) non condizionava l’outcome della malattia, indipendentemente
dall’attività di 131I somministrata all’ablazione. In conclusione il nostro studio fornisce la
prima evidenza che nei pazienti con CDT a rischio intermedio di mortalità e/o recidiva la
somministrazione di alte attività di 131I al momento della terapia ablativa non ha alcun
vantaggio rispetto al trattamento con basse attività di 131I.
O-04A
USO DELLA SPECT-CT NELLA VALUTAZIONE E LOCALIZZAZIONE DEL
TESSUTO TIROIDEO RESIDUO IN PAZIENTI TRATTATI CON
TIROIDECTOMIA TOTALE PER CARCINOMA DIFFERENZIATO DELLA
TIROIDE
A. Biagini1, E. Molinaro1, R. Zeuren2, R. Grewal2, G. Randolph3, M. Sabra2, A.
Shaha2, R. Elisei1, R.M. Tuttle2
1
Dipartimento di Endocrinologia Pisa; 2 Memorial Sloan-Kettering Cancer Center, New
York; 3 Harvard Medical School, Otolaryngology, Boston, MA
Background: il trattamento di scelta del carcinoma tiroideo differenziato (CTD) prevede la
tiroidectomia totale (TT) seguita dalla radioablazione del tessuto tiroideo residuo con 131\I
(RRA). La scintigrafia totale corporea (STC) post-RRA evidenzia quasi sempre la
presenza di tessuto tiroideo residuo a livello delle logge tiroidee. L’utilizzo sempre più
selettivo della RRA ha aumentato l’interesse verso una chirurgia più radicale. Rispetto alla
scintigrafia planare, la SPECT-CT permette di localizzare precisamente il sito anatomico
di captazione del 131I. Lo scopo dello studio è stato di definire, attraverso l’utilizzo della
SPECT-CT, l’entità e la sede del residuo tiroideo post-chirurgico. Patients and Methods:
141 pazienti affetti da CTD trattati con TT da chirurghi esperti del Memorial SloanKettering Cancer Center (NY) e con successiva RRA in eutiroidismo previo stimolo con
rhTSH. Le immagini SPECT-CT post-terapia sono state utilizzate per localizzare
anatomicamente i siti di captazione del 131I a livello delle logge tiroidee. Results: la STC
planare ha evidenziato la presenza di un residuo a livello della loggia tiroidea nel 93% dei
pazienti (captazione mediana a 24 h di 0,32%); la SPECT-CT ha mostrato la presenza di
residuo tiroideo nel 99% dei pazienti. E’ stata evidenziata la seguente distribuzione
anatomica dei siti di captazione del 131I: regione del legamento del Berry nell’87% dei
casi, poli tiroidei superiori nel 79% dei casi, regioni lobari paratracheali nel 67% dei casi,
regione dell’istmo nel 54% dei casi e lobo piramidale nel 46% dei casi. Nonostante la
presenza del residuo, la Tg basale al momento dell’ablazione (mediana del TSH 0,36
mUI/L) era <0,6 ng/ml nel 53% dei casi e <1 ng/ml nel 73% dei casi. Conclusioni: nella
maggioranza dei pazienti trattati con TT (anche da chirurghi molto esperti) è comunque
presente una quota di tessuto tiroideo residuo, come anche dimostrato dai valori, seppur
bassi, di captazione sul collo e di Tg circolante. Tale residuo si localizza soprattutto nelle
zone vicine a importanti strutture neurovascolari (legamento del Berry e poli superiori) e
nelle zone prive di una ben definita capsula fibrosa (posteriormente all’istmo e poli
superiori).
O-05A
ELEVATA PREVALENZA DI ALTERAZIONI SUBCLINICHE DEI MUSCOLI
EXTRAOCULARI IN PAZIENTI CON MORBO DI BASEDOW
ASINTOMATICI PER OFTALMOPATIA ATTIVA
F. Boi, R. Vacca, I. Zucca*, A. Cuccu*, M. Fossarello*, S. Marini**, S. Mariotti
Endocrinologia, Dip. di Scienze Mediche, (*)Oftalmologia, Dip. di Scienze Chirurgiche,
(**)Radiologia, Dip. di Scienze Mediche, Università di Cagliari
SCOPO DELLO STUDIO: valutare il potenziale coinvolgimento dei muscoli extraoculari
in pazienti con morbo di Basedow (MB) senza segni o sintomi di oftalmopatia attiva.
PAZIENTI E METODI: Un totale di 64 pazienti con MB, asintomatici per oftalmopatia e
per diplopia, sono stati sottoposti a visita oculistica approfondita con valutazione della
pressione intraoculare nello sguardo verso l’alto, test di motilità oculare e test al vetro
rosso utilizzato per identificare eventuale diplopia latente. È’ stata inoltre effettuata
un’ecografia orbitaria per misurare lo spessore dei muscoli extraoculari (v.n. <4mm).
Infine, è stata valutata la funzione (TSH, FT3, FT4) e l’autoimmunità (AbTg, AbTPO e
TRAb) tiroidea. Al momento del reclutamento, 27/64 (42%) pazienti erano ipertiroidei
franchi o subclinici mentre 37/64 (58%) erano eutiroidei sotto terapia tireostatica o dopo
terapia ablativa definiva. I TRAb erano positivi in 44/60 (73%) pazienti. RISULTATI: In
totale, 57/64 (89%) pazienti avevano uno o più muscoli inspessiti all’ecografia e/o una o
più alterazioni dei test oculari: 30/57 (52,6%) avevano sia alterazioni ecografiche che dei
test oculari, 19/57 (33.4%) avevano solo i test oculari alterati, mentre 8/57 (14%)
presentavano solo alterazioni ecografiche. Come atteso, l’alterazione più frequentemente
riscontrata alla visita oculistica è stata l’aumento della pressione intraoculare nello
sguardo verso l’alto (71%) seguita dalla diplopia slatentizzata dal test al vetro rosso (61%)
e dalle alterazioni della motilità oculare (37%). I pazienti che avevano un maggior numero
di test oculari alterati mostravano un maggior grado di compromissione all’ecografia dei
muscoli extraorbitari. Non è stata riscontrata alcuna differenza statisticamente
significativa tra la prevalenza delle alterazioni dei test oculari negli ipertiroidei (20/27,
74%) rispetto agli eutiroidei (31/37, 83%, p=0,36), né tra alterazioni ecografiche e test
oculari nei pazienti con TRAb positivi (39/44, 89%) e negativi (12/16, 75%, p=0,2),
mentre è stata rilevata una maggiore prevalenza di alterazioni ecografiche dei muscoli nei
pazienti eutiroidei (26/37, 70%) rispetto agli ipertiroidei (12/27, 44%, p=0.04).
CONCLUSIONI: I pazienti con MB asintomatici per oftalmopatia attiva mostrano
un’elevata prevalenza di alterazioni subcliniche dei test oculari non correlate alla funzione
tiroidea e ai TRAb; le alterazioni ecografiche dei muscoli extraoculari risultavano più
frequenti negli eutiroidei. I test visivi e l’ecografia oculare, andrebbero proposti a tutti i
pazienti con MB al fine di poter individuare quelli più a rischio di sviluppare oftalmopatia
clinicamente rilevante.
O-06A
MUTAZIONI DEL GENE IGSF1 CAUSANO UNA SINDROME X-LINKED CON
IPOTIROIDISMO CENTRALE IDIOPATICO (ICI) E MACROORCHIDISMO
M. Bonomi1, B. Bak2, N. Schoenmakers3, P. Duminuco1, I. Campi 4, P. Beck-Peccoz4,
G. Radetti5, K. Chatterjee3, M.T. Dattani6, L. Persani1, J.M. Wit7 and D.J. Bernard2
Dip. di Scienze Cliniche e di Comunità, UNIMI: 1Lab.Ric Endocrino-Metaboliche, IRCCS
Istituto Auxologico Italiano, Milano; 4Fondazione Ospedale Maggiore di Milano IRCCS,
Milano; 2Dept of Pharmacology & Therapeutics, McGill University, Montréal, Canada;
3
Inst of Metabolic Science, Un of Cambridge,UK; 5Osp di Bolzano, Endocrinologia
Pediatrica, Bolzano; 6Developmental Endocrinology Research Group, UCL, London, UK;
7
Dept of Pediatrics, Leiden Un Medical Center, Leiden, The Netherland
L’ICI è una patologia rara ed eterogenea caratterizzata da un’insufficiente stimolazione da
parte del TSH di una ghiandola tiroidea altrimenti normale. In questo studio riportiamo i
risultati ottenuti in 2 dei 5 maschi giunti alla nostra osservazione per ICI. Il primo caso,
DBA, è stato diagnosticato alla nascita grazie allo screening neonatale basato su dosaggio
combinato di TT4/TSH; il secondo caso, MM, è stato diagnosticato all’età di 10aa a
seguito di indagini eseguite per ipostaturismo. Entrambi presentavano un volume
testicolare superiore ai valori di riferimento per il range di età. Un test di stimolo con TRH
confermava la diagnosi di ipotiroidismo centrale associato ad assente risposta della PRL.
Entrambi vengono posti in terapia con L-T4. MM presentava anche un deficit parziale di
GH per cui veniva posto in terapia con rhGH dai 12 ai 16aa. La RMN era normale in
entrambi e l’ecografia tiroidea mostrava un volume ridotto con ecostruttura normale.
L’analisi genetica del gene TRHR è risultata normale in entrambi i probandi, indicando
una diversa causa genetica. La sequenza dell’esoma del cromosoma X di due probandi
olandesi con un quadro simile e una ereditarietà di tipo X-linked ha permesso di
identificare una delezione nel gene IGSF1 (Immunoglobulin Superfamily member1).
L’analisi di IGSF1 è quindi stata estesa a numerosi altri casi europei, tra cui i nostri,
permettendo l’identificazioni di diverse varianti che co-segregano con il difetto ormonale
nei familiari affetti. L’analisi dei nostri probandi ha mostrato un’inserzione nucleotidica
con frameshift di lettura e introduzione di uno stop codon prematuro in DBA (c.35963587insT, p.Glu1200fsX3) e una sostituzione missenso in MM (2309G>A, p.Ser770Asp)
(frequenza delle mutazioni di IGSF1 in maschi con ICI negativi per altri difetti noti: 50%).
Tali mutazioni sono ereditate dalle madri che mostrano un ICI prima misconosciuto. Studi
funzionali delle mutazioni identificate, unitamente alla generazione del knockout per
IGSF1 hanno confermato il suo ruolo patogenetico nell’insorgenza di ICI. In conclusione,
descriviamo una nuova sindrome che comprende ICI e macrorchidismo, e talora si associa
a deficit di GH, con ereditarietà di tipo X-linked e causata da mutazioni del gene IGSF1.
O-07A
TRATTAMENTO CON 131I DEL M. DI BASEDOW: EFFICACIA A LUNGO
TERMINE IN DIPENDENZA DAL PROTOCOLLO DOSIMETRICO
L. Camerieri1, M.C. Bagnara2, E. Pomposelli1, M. Schiavo1, C. Reitano2, M.
Caputo1, M. Bagnasco1.
1 Lab Autoimmunologia e UO Medicina Nucleare e Terapia Radiometabolica 2 UO
Fisica Sanitaria IRCCS AOU San Martino –IST, Di.M.I Università di Genova
Introduzione: La terapia radiometabolica con 131I (RAI) rappresenta un’opzione
fondamentale per il trattamento del M. di Basedow (MB): sono stati sviluppati differenti
algoritmi dosimetrici per aumentarne l’efficacia contenendo allo stesso tempo l’attività
somministrata. Tali metodi si basano su una dose (Gy) predeterminata da erogare alla
tiroide. Materiali e metodi: Dal 2003 alla fine del 2011 abbiamo trattato 218 pazienti con
MB (53 m, 165 f). Abbiamo suddiviso la casistica in 2 gruppi: pazienti trattati da inizio
2003 all’aprile 2006 per i quali, secondo le linee guida Italiane correnti, era stata stabilita
una dose di 120-200 Gy (gruppo 1); pazienti trattati da maggio 2006 a fine 2011 a cui è
stata prescritta una dose di 200-250 Gy (gruppo 2). E’ stato utilizzato l’algoritmo descritto
da Traino et al. (2000), che tiene conto non solo della cinetica di 131I e del volume
tiroideo iniziale, ma anche della sua riduzione in corso di trattamento. Il periodo minimo
di follow-up è stato 12 mesi. Risultati: Nel gruppo 1 sono recidivati 19 pazienti su 114
(17 %), mentre nel gruppo 2 sono recidivati 6 pazienti su 104 (6%). I pazienti recidivati
sono stati confrontati con un gruppo di controllo con caratteristiche sovrapponibili per
sesso ed età. Analizzando in dettaglio i 6 pazienti recidivati nel gruppo 2, non è stata
riscontrata alcuna differenza rispetto al resto della casistica per quanto riguarda sesso,
abitudine al fumo, oftalmopatia, volume ghiandolare pre-RAI (19 cc vs 23 cc nei
controlli) , TRAb (12 U/L vs 15 U/L), cinetica intratiroidea di 131I né come T1/2 effettivo
( 130-204 ore vs 62-265 ore nei controlli), né come captazione massima (54-63% vs 3585% nei controlli). Infine, tenendo conto di quanto pubblicato da Traino et al. (2010),
abbiamo considerato l’ipotesi che l’insuccesso del trattamento fosse causato da
un’inadeguata prescrizione di dose (Gy).Secondo il nuovo algoritmo, la dose alla tiroide,
non è predeterminata, ma stabilita in modo da ottenere una riduzione predefinita del
volume ghiandolare (mf= 0.24 m0 /U0). Applicando tale metodo per il calcolo della dose
ai pazienti recidivati essa non è apparsa significativamente diversa da quella
effettivamente prescritta. Conclusione: L’applicazione di un algoritmo dosimetrico che
tiene conto della cinetica del radioiodio, del volume ghiandolare e della sua riduzione
dovuta al trattamento determina la guarigione in oltre il 90% dei casi (in modo simile a
quanto riportato in altre casistiche con la somministrazione di Litio carbonato come
adiuvante): in alcuni pazienti una secondo trattamento sembra indispensabile, nonostante
procedure di personalizzazione della dose prescritta.
O-08A
ATTIVITA’ CLINICA E BIOCHIMICA DI CABOZANTINIB (XL-184) IN UNO
STUDIO DI FASE 3 IN PAZIENTI CON CARCINOMA MIDOLLARE DELLA
TIROIDE (MTC)
V. Cappagli1, S. Mueller2, P. Schöffski3, M. Brose4, M. Shah5, L. Licitra6, B. Jarzab7,
V. Medvedev8, M.C. Kreissl9, B. Niederle10, E. Cohen11, L. Wirth12, H. Ali13, D.
Clary14, M. Mangeshkar14, D. Ball15, B. Nelkin15, S. Sherman16, M. Schlumberger17,
R. Elisei1
1
Università di Pisa, Dipt. di Endocrinologia, Italia, 2University Hospital of Essen, Germania, 3UZ
Leuven, Belgio, 4University of Pennsylvania, Philadelphia, USA, 5Ohio State University Medical
Center, Columbus, USA, 6Istituto Nazionale dei Tumori, Milano, Italia, 7Centrum Onkology, Instytut
im. M. Sklodowskiej-Curie oddzial w Gliwicach, Polonia, 8Medical Radiology Research Center of
RAMS, Obnisk, Federazione russa, 9University Hospital of Wuerzburg, Germania, 10Medical
University of Vienna, Austria, 11University of Chicago Medical Center, USA, 12Massachusetts
General Hospital, Boston, USA, 13Henry Ford Health System, Detroit, USA, 14Exelixis, South San
Francisco, USA, 15John Hopkins Hospital and Health System, Baltimora, USA, 16MD Anderson
Cancer Center, Houston, USA, 17Institut Gustave Roussy, Parigi, Francia.
Riportiamo i risultati di uno studio clinico, multicentrico e internazionale, di fase 3
sull’uso di Cabozantinib o XL-184 (inibitore di MET, VEGFR-2 and RET) vs placebo in
pazienti (pz) con MTC in progressione e metastatico (localmente e/o a distanza). Pz con
MTC e progressione di malattia entro 14 mesi dallo screening, valutata secondo i criteri
RECIST, sono stati randomizzati con un rapporto 2:1 ad assumere Cabozantinib o
placebo. La risposta tumorale al trattamento, che includeva anche la valutazione dei livelli
sierici di calcitonina (CT) e CEA, è stata effettuata ogni 12 settimane. Obiettivo primario è
stato la durata del tempo di sopravvivenza libera da progressione di malattia (PFS),
valutata da una commissione indipendente, basandosi sui criteri RECIST. Sono stati
randomizzati 330 pz,: 219 a Cabozantinib e 111 a placebo. Alla prima analisi statistica, è
stato osservato un allungamento della PFS di 7.2 mesi. La PFS mediana per Cabozantinib
era 11.2 mesi vs 4 mesi per il placebo (HR 0.28, 95% CI 0.19-0.40, p <0.0001). In base a
tali risultati si è stimato che, a 12 mesi, il 47.3% dei pz trattati con Cabozantinib e solo il
7.2% di quelli trattati con placebo, sarebbero ancora in PFS. I più frequenti eventi avversi
di grado ≥ 3 sono stati la diarrea, l’eritrodisestesia palmo-plantare, la stanchezza,
l’ipocalcemia e l’ipertensione. Alla 12° settimana i livelli medi di CT e CEA si sono
ridotti del 45% e 24% nei pz che assumevano Cabozantinib, mentre sono aumenti del 57%
e dell’89% in quelli trattati con placebo. Nel 56% dei pz che mostravano una risposta
completa o parziale in base ai valori di CT, si evidenziava anche una risposta parziale
tumorale secondo i criteri RECIST. Mentre nei pz che mostravano una progressione o
stabilità dei livelli di CT, solo nel 3% e 12% si aveva anche una risposta radiologica.
In conclusione lo studio ha raggiunto il suo obiettivo primario dimostrando un sostanziale
prolungamento della PFS con Cabozantinib rispetto al placebo in pz con MTC avanzato e
in progressione. La riduzione dei livelli sierici dei marcatori biochimici di malattia (CT e
CEA) correlava con la risposta radiologica della malattia.
O-09A
LIVELLI DI ESPRESSIONE GENICA DELLE ISOFORME DELLA
CLUSTERINA NEL TUMORE TIROIDEO: POSSIBILE MARKER NEL
TUMORE TIROIDEO INDETERMINATO?
1
A. Ciampolillo, 2,3P. Fuzio, 2E. Perlino, 1S. Lattarulo, 1A. Pezzolla, 1A. Napoli, 1E.
Maiorano, 1F. Giorgino.
1
Dipartimento dell’Emergenza e dei Trapianti di Organi, Università degli Studi di Bari
Aldo Moro2 Istituto di Tecnologie Biomediche, ITB-CNR, Bari; 3Istituto di Biomembrane
e Bioenergetica, IBBE-CNR, Bari.
Background. Uno dei problemi più dibattuti nell’ambito dello studio delle patologie
neoplastiche della tiroide è l’assenza di markers predittivi di benignità nel nodulo tiroideo
indeterminato. La clusterina (CLU) è una proteina pressoché ubiquitaria implicata nella
trasformazione e progressione neoplastica. Le isoforme sCLU e nCLU della proteina
svolgono un ruolo chiave nella regolazione della proliferazione e morte cellulare;
l’isoforma denominata 11036 è stata recentemente caratterizzata nel carcinoma del colon.
Metodi. In questo studio, sono stati esaminati 10 campioni di tessuto tiroideo isolato da
pazienti sottoposti ad intervento chirurgico per sospetta patologia maligna della tiroide (n.
5 TIR3, n.5 TIR4 all’esame citologico). L’esame istologico è risultato benigno in 2/5 dei
TIR3 e maligno in 3/5 dei TIR3 e in 4/4 dei TIR 4. Per ogni campione, utilizzando 70-80
mg di tessuto e la metodica Trizol, è stato estratto l’RNA totale sia dalla parte sana che
dalla parte affetta da patologia.
Risultati. I risultati ottenuti dagli esperimenti di RT-qPCR hanno messo in evidenza un
aumento statisticamente significativo (p<0,05) dei livelli di mRNA delle isoforme nCLU
(215±5%) e sCLU (1585±15%) nel tessuto tiroideo tumorale maligno ed una riduzione dei
livelli di mRNA dell’isoforma 11036 (77±5%) rispetto al corrispettivo tessuto normale di
controllo. Il rapporto tra le diverse isoforme della CLU nel carcinoma papillare ha
mostrato uno shift del rapporto sCLU:nCLU a favore di sCLU con un aumento
statisticamente significativo (pari a 288±5%; p< 0,05) rispetto a nCLU. L’analisi dei
risultati relativi ai 5 pazienti TIR3 ha mostrato un aumento dell’espressione specifica per
l’isoforma sCLU (501±15%) rispetto all’isoforma nCLU (100±3%) e all’isoforma 11036
(184±17%) solo nei 3 pazienti che all’esame istologico risultavano affetti da carcinoma
tiroideo. I 2 pazienti TIR3 affetti da patologia benigna non mostravano un incremento
dell’espressione di sCLU bensì una inibizione (58±3%) statisticamente significativa
(p<0.05). Conclusione. I nostri risultati, sebbene preliminari, suggeriscono variazioni
importanti nei livelli di espressione di specifiche isoforme della clusterina nel carcinoma
tiroideo differenziato, che potrebbero sostenere un loro possibile utilizzo quale marker
predittivo di neoplasia maligna nei noduli tiroidei indeterminati.
O-10A
REGOLAZIONE DI CLAUDINA-1/7 DURANTE IL PROCESSO DI TRANSIZIONE
EPITELIO-MESENCHIMALE NEL CARCINOMA DELLA TIROIDE: RUOLO DEL
FATTORE DI TRASCRIZIONE SLUG
C. Colato, S. Pedron, F. Monzani, P. Brazzarola, G. Martignoni, M. Chilosi, M.
Ferdeghini
Dipartimento di Patologia e Diagnostica, Università di Verona
Introduzione: L’acquisizione da parte delle cellule tumorali del fenotipo migratorio, definito
come transizione epitelio-mesenchimale (EMT), è associata con la perdita dell’identità
epiteliale, l’invasione locale ed il potenziale metastatico. Le giunzioni serrate (TJ) sono
strutture cruciali per il mantenimento della polarità cellulare che scompaiono durante il
processo di EMT. La famiglia dei fattori di trascrizione Snail, ben noti repressori di E-caderina,
sono stati recentemente riconosciuti come importanti regolatori di EMT. E’ stato infatti
dimostrato che Snail determina l’ipoespressione di Claudina/Occludina, componenti
fondamentali delle TJ, mentre Slug sembrerebbe agire come repressore di Claudina-1. La
tubulina, unità fondamentale dei microtubuli, è coinvolta nel movimento e divisione cellulare,
nel mantenimento della forma cellulare e nelle vie di trasduzione del segnale. Attualmente,
pochi dati sono disponibili circa l'espressione dei regolatori di EMT nel cancro della tiroide. In
questo studio, abbiamo valutato il pattern di espressione di Slug (Cell Signaling), Claudina-1/7
(Zymed) e βIII- tubulina (Covance) in una serie di carcinomi ben differenziati ed anaplastici
della tiroide. Metodi: Abbiamo analizzato, con metodica immunoistochimica, 5 carcinomi
anaplastici (ACT), 30 carcinomi papillari (CPT) di cui 3 varianti a cellule alte ed una variante
hobnail e 10 tiroidi normali. Per l'interpretazione dei risultati, la reazione è stata considerata
positiva quando espressa nel nucleo (Slug), a livello di membrana (claudine), ed in sede
citoplasmatica (βIII-tubulina).
Risultati: tutti i casi di CAT hanno evidenziato un’intensa reattività nucleare per Slug (4 casi
diffusa, 1 caso focale).L’espressione di Slug era associata con l’assenza di Claudina-1/7 e con
l’espressione ectopica di βIII-tubulina. Il parenchima tiroideo sano e tutti i CTP sono risultati
negativi per Slug (p <0,0001). Come previsto, tutti i CPT hanno mostrato positività per
Claudina-1/7 con espressione eterogenea e variabile di βIII-tubulina. Conclusioni: Il regolatore
di EMT Slug è espresso nei CAT ed è associato con l’assenza di Claudina-1 e -7 e con
l’iperespressione βIII- tubulina, suggerendo che il processo di EMT gioca un ruolo in questo
istotipo di tumore. I risultati ottenuti supportano l’idea di una possibile relazione tra la perdita
dell’integrità delle giunzioni intercellulari e l’acquisizione del fenotipo migratorio, aprendo
nuove frontiere per il loro potenziale utilizzo come bersagli terapeutici al fine di prevenire o
rallentare la progressione neoplastica.
O-11B
ANALISI EPIDEMIOLOGICA, CLINICA E MOLECOLARE DEI TUMORI
TIROIDEI INCIDENTALI IN UN’AMPIA COORTE DI PAZIENTI TRATTATI
PER PATOLOGIA BENIGNA
S. De Leo, M. Perrino, V. Cirello, S. Badiali, C. Colombo, P. Beck-Peccoz, L.
Vicentini, L. Fugazzola
Dip. Di Scienze Cliniche e di Comunità, Università di Milano, Unità di Endocrinologia ed
Endocrinochirurgia, Fondazione IRCCS Ca’ Granda, Milano
Con il termine di carcinoma incidentale della tiroide (TI) si definisce un tumore
diagnosticato dopo tiroidectomia eseguita per patologia benigna. L’incidenza riportata in
letteratura è molto variabile (3.3-21.6%), soprattutto in conseguenza della scarsa
numerosità delle casistiche studiate. Inoltre, le informazioni molecolari relative ai TI sono
molto limitate. Scopo del presente studio è stato pertanto quello di studiare le
caratteristiche epidemiologiche, cliniche e molecolari dei TI in una ampia casistica. Sono
stati arruolati 2324 casi consecutivi sottoposti a tiroidectomia per patologia benigna nel
nostro Centro dal febbraio 1997 al marzo 2011: 1378 gozzi nodulari normofunzionantiGNNF, 330 gozzi nodulari iperfunzionanti-GNIF, 307 proliferazioni follicolari-PF, 300
Graves-GD, 7 Hashimoto-HT e 2 tireotossicosi iatrogene). Per quanto riguarda le
caratteristiche cliniche dei TI, l’età media era di 51 aa con rapporto F:M=4:1, il diametro
tumorale medio era di 11.7 mm, i casi T1 erano il 77.7%, i T2 8.5%, i T3 11.8%, i T4 2%,
il coinvolgimento linfonodale era presente nel 6.8% dei casi e la multifocalità era
rilevabile nel 34.4 % dei casi. Il carcinoma papillare era il più prevalente (87.5%), mentre
follicolare, midollare e altri istotipi erano diagnosticati nel 10.8, 1 e <1% dei casi,
rispettivamente. Dopo un follow-up medio di 97 mesi, l’89.8% dei pazienti era in
remissione. L’analisi molecolare, evidenziava una mutazione di BRaf nel 10.2% dei
tumori. Sia l’outcome che la presenza delle mutazioni di BRaf risultavano
significativamente associate con il diametro tumorale e con uno stadio più avanzato alla
diagnosi, mentre non veniva evidenziata correlazione tra la presenza della mutazione di
BRaf e l’outcome.
In conclusione, questo studio riporta la caratterizzazione clinica e molecolare del TI in
un’ampia casistica seguita presso lo stesso Centro. La prevalenza totale dei TI era del
12.7%, con una frequenza più elevata nella categoria PF. L’analisi molecolare di BRaf ha
evidenziato mutazioni nel 10% dei casi. Questa bassa prevalenza suggerisce che, almeno
la maggiore parte dei TI, potrebbero essere considerati tumori indolenti, con scarse
probabilità di evolvere a tumori clinicamente evidenti. D’altro lato, il rilievo di TI (con
mutazione di BRaf nel 25% dei casi) in circa il 25% dei pazienti con una citologia
suggestiva per proliferazione follicolare, sostiene l’indicazione all’intervento chirurgico
già proposta dalle attuali linee guida per questa categoria.
O-12B
ANTICORPI ANTI-CELLULE IPOTALAMICHE COME MARKERS DI
AUTOIMMUNITÀ IN PAZIENTI CON MALATTIE AUTOIMMUNI DELLA
TIROIDE ED IPOPITUITARISMO
A. Dello Iacovo, C. Colella, E. Lucci, E. Pane, G. Bellastella, A. Barbieri, T. Turino,
A. Bizzarro1, A. Bellastella, A. De Bellis
Cattedra di Endocrinologia - Dipartimento di Scienze Cardio-Toraciche e RespiratorieSeconda Università degli Studi di Napoli, 1 Cattedra di Allergologia e Immunologia
Clinica - Dipartimento Medico Chirurgico di Internistica clinica e sperimentale “F.
Magrassi- A. Lanzara”- Seconda Università degli Studi di Napoli.
Nelle malattie autoimmuni della tiroide è stata frequentemente riscontrata la presenza di
anticorpi anti-ipofisi (APA), spesso associata ad ipopituitarismo. Finora non sono stati
ricercati gli anticorpi anti-ipotalamo (AHA). Scopo del lavoro è stato di valutare, in
pazienti con malattie autoimmuni della tiroide già positivi per gli APA ed affetti da
ipopituitarismo, gli AHA e la loro correlazione con eventuale diabete insipido centrale
(CDI) clinico/subclinico o possibile ipopituitarismo ipotalamico. Abbiamo studiato 95
pazienti affetti da tiroidite cronica autoimmune (TCA) ed ipopituitarismo già positivi per
APA, così suddivisi: 60 (gruppo 1) senza, 20 (gruppo2) con evidenza radiologica e/o
istologica di ipofisite linfocitaria. Come gruppi di controllo sono stati utilizzati 20 pazienti
con ipopituitarismo post-chirurgico e 50 soggetti normali. In tutti i sieri gli AHA sono
stati valutati con tecnica di immunofluorescenza e quelli risultati positivi sono stati
ritestati con doppia immunofluorescenza allo scopo di identificare le cellule riconosciute
da questi anticorpi. Gli AHA sono stati riscontrati in 20 pazienti del gruppo1 ed in 14 del
gruppo2. In particolate, in 9/20 del gruppo1 ed in 4/14 del gruppo2 gli AHA erano diretti
contro le cellule secernenti vasopressina (AVPcAb). In questi pazienti la valutazione
della post-ipofisi ha evidenziato la presenza di CDI in forma clinica/subclinica. Invece in
4 pazienti che già presentavano ACTH-deficit gli AHA erano diretti contro le cellule
secernenti CRH.
Conclusione: 1) In pazienti con tireopatie autoimmuni ed ipopituitarismo l’associazione di
CDI autoimmune sembra più frequente di quanto finora osservato. 2) La ricerca degli
AVPcAb può essere utile per evidenziare precocemente forme cliniche o subcliniche di
CDI . 3) Il riscontro nei nostri pazienti con ACTH deficit di AHA diretti contro cellule
CRH secernenti indica che anche l’aggressione autoimmune all’ipotalamo,
congiuntamente a quella ipofisaria, è responsabile del loro ipopituitarismo.
O-13B
LSD-1 E FOXO3 REGOLANO L’ESPRESSIONE EPIGENETICA DELLE
DESIODASI D2 E D3 NELLA MIOGENESI.
M. Dentice, M.A. De Stefano, R. Ambrosio, A. Sibilio, V. Torre, F. Alfano, A.
Caputo, G. Fenzi e D. Salvatore
Dipartimento di Endocrinologia ed Oncologia Molecolare e Clinica. Università di Napoli
“Federico II”
Gli ormoni tiroidei esercitano svariati effetti sul metabolismo, sulla crescita e il
differenziamento di diversi tessuti, organi ed apparati, compreso il muscolo scheletrico.
Nel corso del differenziamento cellulare e nell’embriogenesi l’espressione genica è
regolata dall’azione concertata ed opposta di enzimi ad attività acetil-trasferasica e
deacetilasica degli istoni. L’acetilazione e la metilazione degli istoni in specifici residui di
lisina è un evento chiave della regolazione dell’espressione genica e fornisce un codice di
modulazione dello stato trascrizionale che può essere trasmesso di cellula in cellula. La
desiodasi D2 è un regolatore chiave del programma miogenico ed in sua assenza le cellule
progenitrici del muscolo falliscono nel loro processo di formazione di fibre mature.
L’espressione della D2 è fortemente indotta nel corso del differenziamento dei miotubi,
che è regolato da un aumento locale della produzione di T3.
In questo lavoro abbiamo studiato la regolazione epigenetica dell’espressione della D2 nel
corso del differenziamento muscolare. Mioblasti murini trattati con inibitori delle istonedeacetilasi mostrano una forte up-regolazione della D2 dose-dipendente. Inoltre,
esperimenti di Co-immunoprecipitazione della Cromatina (ChIP) hanno dimostrato che il
promotore della D2 è associato a istoni acetilati e metilati, e che tale profilo epigenetico
viene modificato nel corso del differenziamento in parallelo all’aumento dell’espressione
genica della D2. I nostri dati hanno dimostrato che l’enzima ad azione de-metilasica LSD1 è un potente regolatore dell’espressione della D2 nel differenziamento delle cellule
muscolari. Agendo in cooperazione con il fattore Foxo3, LSD-1 concorre all’aumento di
sintesi di D2 e alla conseguente produzione locale di T3, necessaria per una corretta
miogenesi. Al contrario, LSD-1 induce una significativa diminuzione di espressione di D3
che comporta un ulteriore, sinergistico aumento di concentrazione locale di T3.
In conclusione, il nostro lavoro fornisce la prima evidenza di regolazione epigenetica delle
seleno-desiodasi, e rivela un nuovo meccanismo di controllo dell’espressione genica della
D2 e della D3 mediante una dinamica organizzazione delle modifiche epigenetiche degli
istoni che dunque influenzano la locale produzione degli ormoni tiroidei nel corso del
differenziamento muscolare.
O-14B
L’APPLICAZIONE DI IMMUNOCITOCHIMICA E ANALISI MUTAZIONALE DI
N-RAS MIGLIORA L’ACCURATEZZA DIAGNOSTICA DELLA CITOLOGIA
ALLESTITA IN FASE LIQUIDA IN LESIONI TIROIDEE BRAF-NEGATIVE
G. Fadda, E.D. Rossi, M. Martini, P. Straccia, S. Capodimonti, *C.P. Lombardi,
L.M. Larocca, °A. Pontecorvi
Istituto di Anatomia Patologica * Divisione di Chirurgia Endocrina e Metabolica °
Divisione di Endocrinologia- Università Cattolica del Sacro Cuore, Policlinico “Agostino
Gemelli”, Roma
INTRODUZIONE: La citologia agoaspirativa è un importante strumento diagnostico per
le neoplasie della tiroide, in particolare quelle indeterminate (Neoplasie Follicolari – FN e
Lesioni Follicolari Sospette per Carcinoma - SC) Nei predetti casi l’immunocitochimica
(ICC) si è dimostrata utile per individuare le lesioni a differente rischio di malignità ma
non per identificare precisamente i carcinomi. Le mutazioni attivanti del gene BRAF sono
frequenti nei carcinomi papillari tiroidei (PC). La piu’ frequente di esse coinvolge il locus
V600E ed è stata identificata nel 70% dei casi di variante classica ma solo nel 20% della
variante follicolare (FVPC). Pertanto il riscontro della mutazione di BRAF in una lesione
a struttura follicolare diagnosticata su citologia in fase liquida (LBC) è pressochè
diagnostica di carcinoma papillare. Le mutazioni di N-RAS, mutuamente esclusive con
quelle di BRAF, possono identificare altre forme di PC. L’obiettivo dello studio è quello
di valutare l’efficacia di un panel ICC costituito da HBME-1 e galectina-3 e dell’analisi
mutazionale di N-RAS (codone 61) per individuare le neoplasie maligne in noduli
citologicamente classificati come FN (TIR 3) e SC (TIR 4) risultati wild-type all’analisi di
BRAF.
DISEGNO: Nel biennio 2011-2012 sono stati esaminati 24 casi allestiti con LBC (Liquidbased cytology, ThinPrep, Hologic, USA), diagnosticati alla citologia come lesioni
follicolari e risultate wt all’analisi del BRAF (di cui 8 FN e 16 SC).
RISULTATI: HBME-1 and Galectina-3 sono risultate positive in tutti gli 8 PC e in 3 dei
4 adenomi (AF) classificati come SC (TIR 4) e in entrambi i PC diagnosticati come TIR 3.
L’ICC è risultata negativa nell’unico AF diagnosticato FN. La mutazione di N-RAS è
stata identificata in 2 casi di SC e in 1 di FN, tutti anche positivi all’ICC e risultati PCVF.
CONCLUSIONI: L’applicazione sequenziale della combinazione ICC di HBME-1 e
Galectina-3 e dell’analisi mutazionale di N-RAS (codone 61) sui noduli in cui BRAF è
risultato wt identifica 2 ulteriori casi (13,3%) di PCVF nelle lesioni SC (TIR 4) e uno dei
2 casi di PCVF nelle lesioni TIR3.
O-15B
VALIDITÀ DIAGNOSTICA DEGLI INDICI DI ELASTICITÀ DEI NODI
TIROIDEI: DATI PRELIMINARI
S. Garelli, C. Betterle, C. Mian, S. Barollo, D. Nacamulli
Dipartimento di Medicina, Università – Azienda Ospedaliera di Padova
Contesto: L’elastosonografia si propone da alcuni anni come un importante ausilio nella
diagnostica dei nodi tiroidei. In letteratura il grado di elasticità del tessuto tiroideo viene
comunemente classificato in base alla scala colorimetrica di Itoh o utilizzando lo Strain
Index (SI) = rapporto fra elasticità del nodo (EN) e l’elasticità del parenchima circostante.
L’utilizzo generalizzato dell’elastografia è tuttavia limitato principalmente per due motivi:
1) l’interpretazione è molto soggettiva e 2) allunga significativamente l’esame.
Scopo dello studio: valutare se la misura della sola elasticità del nodo, riducendo la
soggettività e semplificando l’esame, mantenga la stessa capacità diagnostica della scala
colorimetrica e dello SI.
Materiali e Metodi: abbiamo valutato 80 nodi di 75 pazienti, determinando di ciascuno
l’EN, l’EP e lo SI (almeno due misurazioni ripetute); ciascun nodo è stato sottoposto poi a
FNAB per esame citologico e/o analisi molecolare di mutazioni di B-RAF. Abbiamo
verificato l’accuratezza delle misurazioni elastografiche e, per i pazienti giunti a diagnosi,
costruito le curve ROC di EN ed SI.
Risultati: Le misure di EN hanno mostrato una discreta riproducibilità (coefficiente di
variazione del 30.9%), certamente migliore di quella dello SI (107,8%). Le misurazioni
dell’EN presentavano una precisione dell’80% e un’accuratezza dell’99.8%, mentre l’SI
rispettivamente del 76% e del 79%. Dei 63 nodi giunti a diagnosi, 9 sono risultati positivi
per carcinoma papillare della tiroide (4 citologia+B-RAF, 1 sola citologia, 4 solo B-RAF).
Per l’EN, il valore ≤ 0.135 è risultato avere la migliore sensibilità (SE) (100%) con
specificità (SP) del 79.6%, valore predittivo positivo (VPP) del 46.4% e negativo (VPN)
del 100% e permette di discriminare i carcinomi sia dagli adenomi/neoplasie follicolari
che dallo struma colloide/tiroidite autoimmune. Per l’SI, il valore >2.57 è risultato avere
la migliore SE (100%) con SP del 74.1%, VPP del 40.5% e VPN del 100%. Il confronto
fra le curve ROC di EN ed SI non ha evidenziato differenze significative. La valutazione
con l’EN è risultata ben confrontabile, ma non sovrapponibile, alla scala di Itoh per nodi
chiaramente soffici o duri, ma il metodo colorimetrico risulta non interpretabile in circa il
30% dei casi con aspetto “intermedio”.
Conclusioni: dai nostri dati l’EN, rispetto alla scala colorimetrica, ha il vantaggio di non
produrre risultati non interpretabili, analogamente allo SI, rispetto al quale ha un’efficacia
analoga nel discriminare fra nodi benigni e maligni, ma è di più rapida esecuzione e più
riproducibile. Il risultato più importante è che l’elevatissimo VPN consentirebbe di evitare
esami citologici dei noduli benigni.
O-16B
REGOLAZIONE DELL’ESPRESSIONE DEL GENE PER IL COTRASPORTO
SODIO/IODURO (NIS) DA PARTE DEL RESVERATROLO
C. Giuliani, S. Di Santo, I. Bucci, F. Monaco, G. Napolitano
Unitá di Endocrinologia, Dipartimento di Medicina e Scienze dell’Invecchiamento,
Universitá "G. D'Annunzio" Chieti-Pescara e Ce.S.I., Fondazione Universitá "Gabriele
D'Annunzio" Chieti.
Il Resveratrolo é un flavonoide con proprietá anti-inflammatorie, antiossidanti,
ipolipemizzanti e anti-proliferative, utilizzato in diversi trials clinici. Precedenti studi
condotti in vitro, hanno evidenziato un effetto inibitorio del Resveratrolo sulla crescita di
cellule di carcinoma tiroideo. Un recente lavoro effettuato utilizzando cellule tiroidee di
ratto, non neoplastiche, le FRTL-5, ha osservato che il trattamento con Resveratrolo per 612 ore é in grado di aumentare la captazione cellulare di iodio (Thyroid, 2010, 20: 195).
Scopo del presente lavoro é stato quello di valutare il ruolo del Resveratrolo nella
regolazione del gene NIS utilizzando le cellule FRTL-5.
Esperimenti di Northern blot hanno dimostrato che il trattamento con Resveratrolo 10 µM
delle cellule tiroidee per tempi superiori alle 6 ore riducono i livelli di RNA del gene NIS.
Infatti i livelli di RNA sono del 43±5% rispetto al controllo dopo 12 ore di trattamento e si
riducono ulteriormente a 28±18% e 13±8,9% dopo rispettivamente 24 e 48 ore di
trattamento. La ridotta espressione del gene NIS é stata confermata anche mediante
esperimenti di Western blot che hanno mostrato una significativa riduzione della proteina
dopo 24 e 48 ore di trattamento e mediante valutazione della captazione cellulare dello
iodio che ha dimostrato l’effetto inibitorio del Resveratrolo dopo 48 ore di trattamento.
Inoltre esperimenti preliminari di Northern e Western blot hanno evidenziato un effetto
inibitorio del Resveratrolo anche sull’espressione del gene della tireoglobulina. I risultati
del presente studio mostrano come il Resveratrolo ha un ruolo inibitorio sulla funzione
tiroidea comportandosi come un “endocrine disruptors”. Questi dati sono importanti per
comprendere gli effetti dell’assunzione cronica del Resveratrolo sulla funzione tiroidea.
Studi “in vivo” sono necessari per una corretta comprensione di questi effetti.
O-17B
SIGNIFICATO CLINICO DELL’IPERTIREOTROPINEMIA IN PAZIENTI
OBESI MORBIGENI ATTRAVERSO LA VALUTAZIONE DEL PROFILO
LIPIDICO CIRCOLANTE COME INDICE PERIFERICO DI IPOTIROIDISMO
SUBCLINICO
G. Groppelli1, L. de Martinis1, P. Leporati1, I.M. Rizza1, A. Clerici1, A. La Manna1,
R. Fonte 1, F. Magri1, B. Biondi2, M. Rotondi1, L. Chiovato1
1
U.O. Med. Int. e Endocr, IRCCS Fond. S. Maugeri, Catt. di Endocr e Mal del Ric (Pavia)
2
Dip Endocr e Onc Clin e Molec, Università Federico II di Napoli
Elevati livelli sierici di TSH sono di frequente riscontro nei pazienti con obesità
morbigena (indice di massa corporea >40 kg/m2) ma il significato clinico di questa
ipertireotropinemia rimane controverso. L’obiettivo di questo studio è stato comparare le
caratteristiche cliniche e biochimiche, in particolare il profilo lipidico circolante, tra
pazienti obesi morbigeni e pazienti non obesi con simili livelli sierici di TSH. Sono stati
reclutati 84 obesi morbigeni con ipertireotropinemia, 84 pazienti non obesi ipotiroidei ed
84 obesi morbigeni eutiroidei. Le analisi di laboratorio hanno compreso il dosaggio sierico
di TSH, FT4, FT3, AbTg, AbTPO e profilo lipidico (Colesterolo totale, colesterolo HDL e
trigliceridi). I pazienti obesi morbigeni presentano livelli sierici medi significativamente
più bassi di colesterolo totale (201±38 mg/dl vs. 222±40 mg/dl, p=0.001) e colesterolo
HDL (49±13 mg/dl vs. 66±17 mg/dl, p=0.001) e significativamente più alti di trigliceridi
(145±92 mg/dl vs. 109±52 mg/dl, p=0.005) rispetto ai pazienti non obesi con livelli sierici
simili di TSH, FT4 ed FT3. Inoltre, pazienti obesi morbigeni con ipertireotropinemia
mostrano una significativamente minore prevalenza del sesso femminile (p<0.05), di
positività del titolo anticorpale antitiroideo (p<0.0001) e di percentuale di pazienti con
ipercolesterolemia (p<0.05) rispetto ai soggetti non obesi ipotiroidei. Non è stata
riscontrata alcuna differenza statisticamente significativa per i parametri antropometrici,
clinici e biochimici tra i pazienti obesi eutiroidei e quelli con ipertireotropinemia. Tali
risultati suggeriscono che: 1) Il riscontro di aumentati livelli sierici di TSH ha un
differente significato clinico in relazione al peso corporeo del paziente, costituendo un
fattore diagnostico di ipotiroidismo subclinico solo per pazienti non obesi. 2) Nei pazienti
con obesità morbigena, la diagnosi di ipotiroidismo subclinico non può essere effettuata
sulla base del riscontro isolato di un elevato livello di TSH. La determinazione del titolo
degli anticorpi anti-tiroide e dei markers periferici di ipotiroidismo, come il profilo
lipidico circolante sembrano costituire dei parametri aggiuntivi utili al fine di differenziare
l’ipotiroidismo subclinico dall’ipertireotropinemia indotta dall’obesità.
O-18B
L’ATTIVAZIONE DEL SIGNALING RAS/RAF/ERK CONTRIBUISCE ALLA
RESISTENZA DELLE LINEE CELLULARI DI CARCINOMA TIROIDEO AL
SUNITINIB
A. Piscazzi*, E. Costantino*, F. Maddalena□, I. Natalicchio°, A.M.T. Gerardi*, R.
Antonetti°, M. Cignarelli§, M. Landriscina*
*Unità di Oncologia Medica ed §Unità di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo,
Università degli Studi di Foggia; °Laboratorio di Biologia Molecolare, Azienda Ospedali
Riuniti, Foggia; □IRCCS CROB Rionero in Vulture, Potenza
Il sunitinib è in corso di valutazione clinica per il trattamento dei tumori tiroidei in stadio
avanzato, sul razionale che i recettori per VEGF e PDGF e riarrangiamenti di RET/PTC
sono importanti bersagli per il trattamento di tali tumori. Tuttavia i criteri per la selezione
dei tumori tiroidei che possano beneficiare del sunitinib sono ancora carenti. Sulla base di
questo razionale, l’effetto di mutazioni somatiche attivanti i geni KRAS e BRAF sulla
responsività al sunitinib è stata valutata su linee cellulari di carcinoma tiroideo con
genotipo wild-type o mutato per i geni KRAS e BRAF o con riarrangiamento di
RET/PTC. Il sunitinib inibisce selettivamente la proliferazione cellulare, induce l’arresto
del ciclo cellulare nella fase G0-G1, ed inibisce la fosforilazione di ERK1/2 in cellule di
carcinoma tiroideo KRAS/BRAF wild-type ed in cellule tumorali con riarrangiamenti di
RET/PTC, mentre è completamente inattivo in cellule di carcinoma tiroideo con mutazioni
dei geni KRAS e BRAF. Tale attività antitumorale differenziale del sunitinib non sembra
essere correlata con l’espressione di VEGFR1, 2 e 3, PDFRα e cKIT. Coerentemente,
l’attivazione costitutiva del signaling RAS/RAF/ERK nelle cellule KRAS/BRAF wildtype, derivante dalla trasfezione dei mutanti R12 di HRAS o V600 di BRAF, oppure dalla
stimolazione con EGF, determinano la perdita di responsività al sunitinib. Infine,
l’inibizione farmacologica dell’attività di MEK, una chinasi a valle di BRAF, induce una
risensibilizzazione all’azione dell’inibitore multichinasico in cellule mutate per KRAS o
BRAF. Questi risultati suggeriscono che l’attivazione costitutiva del signaling
RAS/RAF/ERK si associa alla resistenza al sunitinib in cellule di carcinoma tiroideo.
O-19B
IGF-IR REPRESENTS A THERAPEUTIC TARGET IN THYROID CANCER:
DETERMINANTS OF IN VITRO RESPONSE TO THE IGF-IR TYROSINEKINASE INHIBITOR, NVP-AEW541
R. Malaguarnera, A. Palummo, A. Sacco, A. Morcavallo, S. Giuliano, *F. Frasca, A.
Belfiore
Dipartimento di Scienze della Salute, Endocrinologia, Università “Magna Graecia” di
Catanzaro, 88100 Catanzaro
*Dipartimento di Biomedicina Clinica e Molecolare, Endocrinologia, Università degli
Studi di Catania, 95100 Catania
Introduzione: Il carcinoma tiroideo è il tumore endocrino di più comune riscontro. I
meccanismi molecolari alla base della sua patogenesi non sono, ad oggi, del tutto noti.
Evidenze sperimentali indicano che le cellule tumorali tiroidee e le cellule
progenitrici/staminali tiroidee sono responsive all’insulina e ai fattori insulino-simili (IGFI e IGF-II) e spesso iperesprimono i recettori dell’insulina (IR) e dell’IGF-I (IGF-IR)
suggerendo un ruolo chiave del sistema IGF nella tumorigenesi tiroidea. L’NVP-AEW541
è un inibitore specifico dell’attività tirosino-chinasica di IGF-IR e, in vitro, causa
inibizione dell’attività proliferativa in numerosi tumori umani.
Obiettivo: Valutare l’azione antitumorale dell’NVP-AEW541 in linee cellulari tumorali
tiroidee ed i fattori che possono influenzarne l’efficacia terapeutica.
Materiali e Metodi: Utilizzando un pannello di linee cellulari tumorali tiroidee sono state
valutate l’espressione genica e proteica di IR, IGF-IR, IGF-I ed IGF-II mediante analisi
qRT-PCR e Western Blot. Sono stati analizzati, inoltre, gli effetti dell’NVP-AEW541
sulla proliferazione cellulare mediante saggi di vitalità e l’attivazione dei segnali a valle di
IGF-IR mediante analisi Western Blot.
Risultati: Le linee cellulari analizzate hanno mostrato un differente profilo di espressione
di IGF-IR, IR, IGF-I ed IGF-II. L’NVP-AEW541, a concentrazioni in grado di inibire la
fosforilazione di IGF-IR, ha sortito un effetto inibitorio, di grado variabile nelle varie
linee, sulla crescita e proliferazione cellulare. Le cellule con elevato rapporto IGF-IR/IR
hanno mostrato una maggiore responsività al farmaco. Effetti inibitori sono stati rilevati
anche sull’attivazione di pp70S6K, pAKT e ciclina D1 ma non su pERK, che risulta
invece lievemente aumentato. L’attivazione di pERK potrebbe rappresentare un
meccanismo compensatorio al blocco recettoriale e potrebbe ridurre
l’efficacia
dell’NVP-AEW541.
Conclusione: L’inibizione di IGF-IR può rappresentare un’utile strategia terapeutica per i
tumori tiroidei caratterizzati da una iperespresisone di tale recettore.Tuttavia, i nostri
risultati suggeriscono che la terapia combinata con altri farmaci a bersaglio molecolare,
quali inibitori di MAPK, potrebbe contrastare la comparsa di meccanismi di resistenza.
O-20B
ABLAZIONE RADIOMETABOLICA DEL RESIDUO TIROIDEO POSTCHIRURGICO DOPO STIMOLO CON TSH UMANO RICOMBINANTE (rhTSH)
IN PAZIENTI CON OFTALMOPATIA DI GRAVES (OG) DI GRADO
MODERATAMENTE SEVERO E SEVERO: STUDIO PROSPETTICO
RANDOMIZZATO IN SINGOLO CIECO
M. Moleti1, M.A. Violi1, D. Montanini2, B. Di Bella1, G. Sturniolo1, S. Presti1, A.
Alibrandi3, A. Campennì4, S. Baldari4, F. Trimarchi1, F. Vermiglio1.
1
Dip.Clinico-Sperimentale di Medicina e Farmacologia, Sezione di Endocrinologia; 2Dip.
Chirurgia Specialistica, Sezione di Oftalmologia; 3 Dip. Scienze Economiche, Finanziarie,
Sociali, Ambientali, Statistiche e del Territorio; 4 Dip. Scienze Radiologiche, Sezione di
Medicina Nucleare. Università di Messina.
Premessa. Nei pazienti con OG, l’ablazione tiroidea totale (ATT), ottenuta mediante
tiroidectomia totale (tTx) + ablazione del residuo postchirurgico con I-131, sembra
associata ad un migliore outcome della malattia oculare rispetto alla sola tTx. Tuttavia, la
condizione di prolungato ipotiroidismo, propedeutico alla somministrazione della dose
ablativa di I-131, può potenzialmente aggravare la malattia oculare.
Scopo del lavoro. Valutare gli effetti della ATT dopo rhTSH in pazienti con OG di grado
moderatamente severo/severo.
Pazienti. Quaranta pazienti con OG moderatamente severa/severa, randomizzati in:1)
gruppo Tx-RAI, n=20 soggetti sottoposti ad ATT dopo rhTSH; 2) gruppo Tx, n=20
soggetti sottoposti a tTx. Tutti i pazienti venivano trattati con glucocorticoidi 45 giorni
dopo tTx/ATT. Obiettivo primario: valutazione dell’outcome della OG
(miglioramento/stazionarietà/aggravamento) a 12 mesi dalla tTx/ATT. Obiettivo
secondario: valutazione degli effetti acuti dell’rhTSH sulla OG.
Risultati. La OG migliorava in una percentuale maggiore di pazienti Tx-RAI rispetto a
quelli Tx, ai tempi 6 (p 0.027) e 12 mesi (p 0.007), e clinicamente inattiva in una
proporzione maggiore di pazienti del gruppo Tx-RAI rispetto al gruppo Tx agli stessi
tempi (p 0.026, p 0.0099). Ad eccezione di un paziente che lamentava un transitorio
aggravamento del dolore retrobulbare, l’rhTSH non induceva aggravamento dei
sintomi/segni della OG in nessun paziente,.
Conclusioni. I nostri dati indicano che: i) L’ablazione tiroidea totale è più efficace della
sola tiroidectomia nell’indurre un più precoce e stabile miglioramento della OG; ii) la
somministrazione dell’rhTSH in pazienti con OG di grado moderatamente severo/severo è
ben tollerata e non si associa a rischio di aggravamento dei segni e sintomi oculari.
O-21C
FREQUENZA DEI POLIMORFISMI DEI GENI DEL VEGF, DEL VEGFR E DI
HIF IN SOGGETTI NORMALI ED IN PAZIENTI CON GOZZO NODULARE
PROVENIENTI DA UN'AREA A MODERATA CARENZA IODICA
F. Niccolai1, A. Molinaro1, G. De Marco1, P. Agretti1, C. Di Cosmo1, P. Piaggi3, P.
Vitti,1 G. Bocci,2 M. Tonacchera1
1
Dipartimento di Endocrinologia e Metabolismo, Università di Pisa, Italia; 2
Dipartimento di Medicina Interna – Divisione di Farmacologia, Università di Pisa, Italia;
3
Dipartimento di ingegneria informatica, Università di Pisa, Italia
Introduzione Lo sviluppo del gozzo nodulare, in pazienti provenienti da un area a
moderata carenza iodica è dovuto alla crescita delle cellule follicolari e delle cellule
endoteliali. Numerosi fattori di crescita vascolari modulano l'angiogenesi ed un potenziale
ruolo di questi fattori è stato nella patogenesi del gozzo nodulare. Lo scopo del nostro
studio è stato quello di esaminare la relazione tra polimorfismi noti del VEGF, del
recettore del VEGF (VEGFR) e del fattore inducibile dell'ipossia (HIF ) ed il rischio di
sviluppo di gozzo nodulare.
Pazienti e metodi
Da una popolazione omogenea di Pescopagano, paese del sud Italia a moderata carenza
iodica sono stati selezionati 116 soggetti normali cioè senza alcuna patologia tiroidea (41
maschi con età media di 48 anni e 75 femmine con età media di 51 anni) e 108 soggetti
con gozzo nodulare con almeno un nodulo tiroideo di dimensioni superiori al cm di
dimensione massima ed in assenza di segni di autoimmunità (41 maschi con età media di
49,6 anni e 67 femmine con età media di 50,3 anni). Il DNA genomico è stato estratto da
sangue. La genotipizzazione è stata effettuata con tecnica TaqMan. Abbiamo studiato i
seguenti polimorfismi: VEGF936C/T, VEGFR-604a / G e HIF-1ALFA C / T. Come test
statistico è stato utilizzato il test chi-quadro.
Risultati
Nei soggetti normali la frequenza dei polimorfismi era: VEGF 936 CC 78,4%, 19,8% CT,
TT 1,7%; VEGFR-604 AG 44%, 25,8% GG, AA 30,2%; HIF-1ALFA CT 97,4%, 2,6%
TT . Nei pazienti con gozzo nodulare la frequenza era: VEGF 936 CC 75%, CT 21,3%,
3,7% TT, VEGFR-604 AG 55,6%, 16,7% GG, AA 27,8%; HIF-1ALFA CT 99,1%, 0,9%
TT. La frequenza dei polimorfismi studiati non era statisticamente differente tra soggetti
normali e pazienti con gozzo nodulare.
Conclusioni
Il nostro studio non ha dimostrato il ruolo di VEGF del suo recettore e di altri fattori di
crescita vascolari nello sviluppo del gozzo nodulare in pazienti provenienti da una zona a
moderata carenza iodica
O-22C
IL CARCINOMA DELLE PARATIROIDI: IMPATTO DELLO
GENETICO HRPT2 NELLA PRATICA CLINICA
M.R. Pelizzo, N. Sorgato
Università degli Studi di Padova, Patologia Speciale Chirurgica, Padova
STATUS
Presupposti e scopo dello studio. Mutazioni inattivanti il gene HRPT2 sono emerse in una
forma famigliare di iperparatiroidismo- la sindrome iperparatiroidismo associato a tumore
della mandibola (HPT-JT)- che comporta un aumentato rischio di carcinoma delle
paratiroidi clinicamente aggressivo: la nostra ricerca è finalizzata all’analisi di mutazione
del gene HRPT2 e alla valutazione del suo impatto clinico nelle forme sporadiche di
carcinoma delle paratiroidi e negli adenomi atipici, analizzata sulla base di una esperienza
trentennale con la chirurgia delle paratiroidi.
Metodi. Lo studio ha arruolato tutti i pazienti affetti da carcinoma sporadico o adenoma
atipico delle paratiroidi che sono stati sottoposti ad intervento chirurgico presso il nostro
reparto dal 1975 a maggio 2012. Lo studio genetico è stato eseguito su DNA isolato dal
tessuto patologico e dai leucociti ottenuti da sangue periferico. I risultati dello studio
genetico sono stati correlati con i dati clinici.
Risultati. Lo studio ha compreso 75 pazienti (gruppo 1: 41 carcinomi; gruppo 2: 34
adenomi atipici) di età media 59 anni. Costituiscono fattori di rischio per lo sviluppo di
recidiva: valori elevati di calcemia preoperatoria (3,4 mMol/L), l’esecuzione di
paratiroidectomia semplice, la mancata riduzione dello IO-PTH, il reperto istologico di
infiltrazione dei tessuti limitrofi. Fattore prognostico negativo è risultata la presenza di
mutazione HRPT2, riscontrata in tre pazienti affetti da carcinoma sporadico, i quali hanno
avuto decorso rapidamente infausto. Nessun adenoma atipico ha presentato mutazione.
Conclusioni. Nei carcinomi sporadici delle paratiroidi, la genetica HRPT2 dovrebbe essere
considerata parte delle analisi da valutare assieme ai parametri convenzionali ai fini di un
follow-up più intenso ed uno screening famigliare. Lo studio genetico è sicuramente utile
nell’indirizzare ad un approccio chirurgico più aggressivo che a tutt’oggi rimane il solo
trattamento più efficace. La nostra ricerca apporta un consistente contributo numerico alla
ancor esigua casistica esistente in letteratura sul carcinoma delle paratiroidi, alla luce delle
nuove indagini strumentali e di caratterizzazione molecolare.
Bibliografia
Cetani F, Pardi E, Borsari S, Viacava P, Dipollina G, Cianferotti L, Ambrogini E, Gazzerro E,
Colussi G, Berti P, Miccoli P, Pinchera A, Marcocci C (2004) Genetic analyses of the HRPT2
gene in primary hyperparathyroidism: germline and somatic mutations in familial and
sporadic parathyroid tumors. J Clin Endocrinol Metab 89(11):5583-91.
O-23C
RELAZIONE TRA L'USO DI SALE IODATO ED AUTOIMMUNITÀ TIROIDEA
DOPO IODOPROFILASSI
M.A. Provenzale, M. Frigeri, L. Puleo, L. Antonangeli, T. Rago, E. Fiore, M.
Tonacchera, L. Grasso, A. Pinchera, F. Aghini Lombardi, P. Vitti
Dipartimento di Endocrinologia - Università degli Studi di Pisa
Scopo del lavoro: valutare la distribuzione e la prevalenza di autoimmunità tiroidea in una
piccola comunità rurale (Pescopagano) dopo l’inizio di un programma di iodioprofilassi su
base volontaria.
Pazienti: il gruppo di studio includeva 1304 soggetti sottoposti a visita medica, ecografia
tiroidea, misurazione degli ormoni tiroidei, TSH, anticorpi anti-tireoglobulina (TgAb),
anti-tireoperossidasi (TPOAb) ed escrezione urinaria di iodio (EUI). In base alla diagnosi
clinica i pazienti sono stati suddivisi in soggetti normali (Normali, n = 830), affetti da
gozzo diffuso (n=97), gozzo nodulare (n =163), da tiroidite cronica autoimmune (TCA, n
= 214) o altre malattie della tiroide (n = 10).
Risultati: Su 1293 soggetti, 904 (70%) hanno dichiarato di utilizzare abitualmente il sale
iodato (gruppo SI), mentre 389 (30%) hanno dichiarato di non utilizzare mai sale iodato
(gruppo non-SI) e 46 soggetti non hanno risposto alla domanda e sono stati esclusi dallo
studio. EUI è risultata significativamente maggiore in gruppo SI (mediana 111 mg / L,
range interquartile, IR, 62-164 mg / L) rispetto a non-SI (mediana 91 mg / L, IR, 48-126
mg / L, p = 0,02). La distribuzione delle malattie della tiroide non è risultata
significativamente differente tra i gruppi SI e non-SI. Gli autoanticorpi tiroidei (TAb)
sono risultati positivi più frequentemente nel gruppo SI rispetto a non-SI (220/904,
24,3% vs 72/389, 18,5%, p = 0,01). Tale differenza è stata osservata sia per i TgAb
(171/904, 18,9 % vs 53/389, il 13,6%, p = 0,01), sia per i TPOAb (153/904, 16,9% vs
51/389 ,13,1%), anche se in quest'ultimo caso non è risultata statisticamente significativa
(p = 0,05). Analizzando la positività dei TAb, sia in rapporto all’uso di sale iodato e sia in
base alla diagnosi clinica, nei pazienti con gozzo diffuso la positività dei TAb è risultata
significativamente più elevata nel gruppo SI rispetto ai non-SI (15/69, 21,7% vs 1/26,
3.8% p=0.04), mentre questa differenza non veniva osservata nei soggetti normali
(63/569, 11% vs 20/253, 7,9%), nei pazienti con gozzo nodulare (16/113, 14,1% vs 6/50,
12% ) e con TCA (126/153 82,3% vs 45/60, 75% ).
Conclusioni: dopo profilassi con sale iodato, l’EUI è risultata significativamente più
elevata nel gruppo SI rispetto ai non-SI. L'uso di sale iodato è associato a una maggiore
frequenza di TAb, ma questa relazione è risultata significativa solo nei soggetti con gozzo
diffuso.
O-24C
CAMKII MEDIA IL SEGNALE ONCOGENICO DI RET NEL CARCINOMA
MIDOLLARE DELLA TIROIDE E LA SUA INIBIZIONE È INVERSAMENTE
CORRELATA CON LA GRAVITÀ DELLA MALATTIA
E. Russo1, M. Salzano1, V. De Falco1, M. Santoro1, C. Mian2, S.Barollo2, M. Vitale3
1
Dipartimento di Biologia e Patologia Cellulare e Molecolare, Università di Napoli
Federico II
2
Unità Operativa di Endocrinologia, Dipartimento di Medicina-DIMED
3
Dipartimento di Medicina e Chirurgia, Università di Salerno, Baronissi, Salerno
Recenti studi hanno dimostrato che la chinasi calcio/calmodulina dipendente di tipo 2
(CaMKII) è coinvolta nella regolazione della proliferazione e della sopravvivenza di
alcuni tipi di cellule epiteliali, nelle quali fosforila la chinasi RAF-1 e modula la via delle
MAP chinasi. In alcuni tipi cellulari è presente un inibitore endogeno di CaMKII
(hCaMKIINα). Nell’adenocarcinoma del colon, l’espressione di hCaMKIINα è
inversamente correlata con la severità della malattia. Questi dati fanno ritenere che
CaMKII possa essere importante nella trasformazione neoplastica.
Scopo dello studio è valutare il ruolo di CaMKII nel carcinoma midollare della tiroide
(MTC) e individuare possibili correlazioni tra hCaMKIINα e le caratterstiche clinicopatologiche della malattia. A tale scopo, abbiamo indotto l’espressione di RETC634Y e
RETM918T in cellule NIH-3T3, ed analizzato l’attivazione di CaMKII e l’effetto della sua
inibizione sulla via delle MAPK in due linee cellulari di MTC. Successivamente abbiamo
analizzato l’espressione del mRNA di hCaMKIINα in 24 MTC e l’abbiamo correlata con i
dati clinico-patologici al momento dell’intervento. L’espressione di RET mutato induceva
attivazione di CaMKII nelle NIH-3T3, mentre la chinasi era sempre attivata nelle linee di
MTC, portatrici di RET mutato. L’inibizione di CaMKII in queste cellule induceva una
riduzione della fosforilazione di ERK e un arresto della proliferazione. Il livello di
espressione di mRNA di hCaMKIINα in 24 MTC è stato determinato mediante real-time
PCR e ne è stata analizzata la possibile correlazione con l’età al momento della diagnosi,
la concentrazione sierica di calcitonina (CT), il pTNM e la stadiazione. L’età e il sesso
non correlavano con i livelli di hCaMKIINα. La CT sierica (R2 = 0.032, p= 0.017 con
Spearman rank correlation), il volume del tumore (p= 0.0094 con ANOVA), la presenza
di linfonodi (p= 0.0297 con test di Student) e la stadiazione (p= 0.0043 con ANOVA)
correlavano tutti inversamente con la quantità di mRNA hCaMKIINα presente nel
tumore.
In conclusione, CaMKII è attivata da RET e nelle cellule di MTC, nelle quali è importante
per la proliferazione. L’espressione del suo inibitore endogeno hCaMKIINα, si
accompagna ad una ridotta aggressività della malattia. CaMKII può rappresentare un
nuovo bersaglio nella terapia mirata del MTC.
O-25C
L’INTERFERENZA DELL’ASSORBIMENTO DELLA L-TIROXINA (L-T4) DA
PARTE DEGLI INIBITORI DI POMPA PROTONICA (PPI) PUO’ ESSERE
RISOLTA DA UNA FORMULAZIONE LIQUIDA DI L-T4.
G. Saraceno 1, R. Vita 1, F. Trimarchi 1, S. Benvenga 1, 2
1
Endocrinologia, Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università di
Messina; 2 Programma Interdipartimentale di Endocrinologia Molecolare e Clinica e
Salute Endocrina della Donna, Università di Messina.
Gli inibitori di pompa protonica (PPI), aumentando il pH gastrico, interferiscono sulla
dissoluzione e quindi sull’assorbimento delle compresse di L-T4 sodica. La formulazione
liquida (Tirosint soluzione orale, IBSA, Italia) contiene L-T4 solubilizzata in un solvente
organico (100 mcg di L-T4 sodica in 243 mg di etanolo), e, data la sua natura lipofila, la
L-T4 risulta pertanto prontamente disponibile per l’assorbimento intestinale. In questo
studio abbiamo valutato se la formulazione liquida avesse risolto il problema del
malassorbimento della L-T4 causato dal simultaneo uso di PPI.
Previo consenso informato, abbiamo reclutato 15 pazienti (12 F, 3 M) con ridotto
assorbimento delle compresse di L-T4 da PPI, (omeprazolo, n= 7; pantoprazolo, n= 5;
lansoprazolo, n= 3). Sei/15 pazienti (40%) praticavano terapia sostitutiva (SOS), mentre
9/15 (60%) praticavano terapia soppressiva (SOP). Mantenendo la stessa dose quotidiana
di L-T4, i 15 pazienti hanno cambiato formulazione di L-T4, passando da quella in
compresse a quella liquida. I valori sierici di TSH sono stati ricontrollati almeno 2 mesi
dopo il cambio di formulazione. Per il confronto statistico tra medie oppure tra
proporzioni, abbiamo usato il test di Mann-Whitney oppure il test esatto di Fisher. Nel
gruppo SOS, i valori sierici medi di TSH durante terapia con L-T4 in compresse erano
pari a 3.06 ± 1.94 mU/L, mentre dopo almeno due mesi di terapia con L-T4 in
formulazione liquida, erano pari a 1.56 ± 0.61 mU/L (P = 0.049). Nel gruppo SOP, i valori
sierici medi di TSH durante terapia con L-T4 in compresse, erano pari a 1.15 ± 1.85
mU/L, mentre dopo almeno due mesi di terapia con L-T4 in formulazione liquida, erano
pari a 0.19 ± 0.36 mU/L (P < 0.0001). Inoltre nel gruppo SOP, il TSH era ≤ 0.10 mU/L in
nessuno dei 19 dosaggi effettuati durante la terapia con compressa rispetto a 22/29 (76%)
dosaggi effettuati durante la terapia con soluzione orale (P < 0.0001), La dose giornaliera
è stata ridotta in 3/9 pazienti (33%) del gruppo SOP per la comparsa di sintomi e segni di
tireotossicosi.
Considerando che la L-T4 presente nella formulazione liquida può essere assorbita
direttamente, e indipendentemente dal pH gastrico, la concomitante assunzione di PPI non
ne altera l’assorbimento. Pertanto, i nostri dati mettono in evidenza come la formulazione
liquida della L-T4 sia capace di risolvere il problema del malassorbimento delle
compresse di L-T4 causato dai PPI.
O-26C
MORBIDITY AND MORTALITY OF ACUTE LIVER DAMAGE DURING OR
AFTER HIGH DOSE INTRAVENOUS GLUCOCORTICOID PULSE THERAPY
FOR GRAVES’ OPHTHALMOPATHY
E. Sisti, A. Pinchera, C. Marcocci, R. Rocchi, F. Latrofa, F. Menconi, MA. Altea, M.
Leo, MA. Profilo, B. Mazzi, E. Albano, M. Marinò
Unità Operativa di Endocrinologia I, Università di Pisa
Il danno epatico acuto (DEA) è uno degli effetti collaterali più gravi della terapia con
glucocorticoidi per via endovenosa ad alte dosi (GCev) nei pazienti con Oftalmopatia
Basedowiana (OB). Abbiamo analizzato retrospettivamente la frequenza di DEA in 1024
pazienti consecutivi con OB (264 maschi e 760 femmine; età 48±12,2 aa) sottoposti a GCev
tra il 1993 e il 2008. In tutti i pazienti venivano misurati gli enzimi epatici (ALT e AST) ogni
due settimane durante e fino a 3 mesi dopo il completamento della terapia. Il DEA, definito
come la presenza di valori sierici di ALT ≥ 300 U/L e/o di AST ≥ 200 U/L, veniva osservato
in 19 pazienti, per una morbidità del 18,5%. Come riportato in precedenza (Marinò et al.,
Thyroid 2004 14: 403-406), 3 casi di DEA risultavano fatali, per una mortalità complessiva
dello 0,29% ed una mortalità limitatamente ai pazienti con DEA del 15,7%. Nei restanti 16 casi
di DEA il quadro era transitorio, con normalizzazione degli enzimi epatici dopo 3-5 mesi.
In seguito all’osservazione dei casi fatali di DEA, nel corso degli anni venivano apportate, in
tempi successivi, alcune modifiche ai protocolli diagnostici e terapeutici, in particolare:
riduzione delle dosi, introduzione di test diagnostici aggiuntivi per valutazione del rischio di
DEA, introduzione della terapia con GC per via orale per prevenire il rebound del sistema
immunitario (uno dei possibili meccanismi di DEA) dopo la terapia ev, e anche durante la
terapia ev nei pazienti con autoanticorpi associati all’epatite autoimmune. Allo scopo di
valutare in che misura questi accorgimenti avessero modificato la frequenza di DEA, i pazienti
venivano suddivisi in: Periodo 1 (1993-1999): metilprednisolone (MP) 15 mg/kg (4 cicli, di 2
infusioni a giorni alterni ogni 2 settimane) + 7,5 mg/kg peso corporeo (4 cicli), per una dose di
11,27±3,95 g; Periodo 2 (2000-2004): MP 15 mg/kg (2 cicli di 2 infusioni a giorni alterni ogni
2 settimane) + 7,5 mg/kg peso corporeo (4 cicli), per una dose di 8,1±2,79 g; Periodo 3 (20052008): MP 15 mg / kg (4 cicli di una infusione alla settimana) + 7,5 mg/kg peso corporeo (8
cicli di una infusione alla settimana), per una dose media di 7,47±2,1 g. Inoltre, nel Periodo 2
veniva introdotto lo screening per l’epatite virale e nel Periodo 3 venivano introdotti: ecografia
epatica, valutazione di autoanticorpi non organo specifici correlati ad epatite autoimmune e
l’utilizzo di GC per via orale come riportato sopra. La morbidità e mortalità nei vari periodi
era: Periodo 1: morbidità 2,14% con mortalità dello 0,61% , Periodo 2: morbidità 1,82% e
mortalità: 0,26%; Periodo 3 morbidità 1,53% e non si era verificato nessun caso di DEA fatale.
Anche se la frequenza di DEA sembra essere relativamente bassa, i nostri risultati mostrano
l’utilità di una selezione rigorosa e un attento monitoraggio dei pazienti da sottoporre a GCev.
Gli accorgimenti messi in atto nel corso degli anni sembrano aver ridotto la frequenza di DEA.
Tuttavia sono necessari ulteriori studi volti ad individuare fattori di rischio che possano essere
utili per la selezione dei pazienti. O-27C
CALO PONDERALE E VARIAZIONE DELLA DOSE SOSTITUTIVA DI LEVOTIROXINA (L-T4) IN SOGGETTI OBESI IPOTIROIDEI SOTTOPOSTI A
CHIRURGIA BARIATRICA
A. Tamberi, A. Pinchera, P. Fierabracci, S. Martinelli, P. Piaggi1, A. Basolo, I. Ricco,
G. Ceccarini, G. Scartabelli, A. Marsili, A. Landi1, P. Vitti, F. Santini.
Unità Operativa di Endocrinologia 1, Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana, Pisa. 1
Dipartimento di Sistemi Elettrici e Automazione, Università di Pisa
La dose sostitutiva di L-T4 nella terapia dell'ipotiroidismo viene generalmente calcolata
sulla base del peso corporeo. Scopo dello studio è stato quello di valutare le variazioni della
dose sostitutiva di L-T4 dopo calo ponderale ottenuto mediante intervento di chirurgia
bariatrica, in soggetti obesi con ipotiroidismo acquisito.
Sono stati esaminati 68 soggetti obesi (65 F, 3 M, età media ± DS: 47 ± 10 anni) con
ipotiroidismo acquisito, prima e dopo 28,2 ± 7,6 mesi dalla chirurgia bariatrica. La causa
dell'ipotiroidismo era in 13 casi la tiroidectomia totale, in 5 la terapia radiometabolica con
radioiodio e in 50 l'ipotiroidismo autoimmune. L'indice di massa corporea al momento
dell'intervento variava tra 34 e 60 Kg/m2 (45,9 ± 5,8 Kg/m2). 35 soggetti sono stati sottoposti
bypass gastrico, 28 a bendaggio gastrico regolabile e 5 a gastrectomia a manica, con una
perdita di peso media pari a 32,2 ± 15,7 kg. La dose totale media giornaliera di L- T4 prima
dell'intervento era 131,2 ± 48,6 mcg/die (1,11 ± 0,4 mcg/Kg/die). Dopo calo ponderale, si
verificava una riduzione significativa della dose totale di L-T4 (-9,9%, p < 0,005), mentre la
dose pro-Kg subiva un significativo incremento (+26,5%, p <0,005). Nessuna differenza
statisticamente significativa veniva osservata nella variazione della dose di L-T4 fra i tre tipi di
intervento chirurgico. Inoltre, non è stata osservata alcuna associazione tra la riduzione dei
livelli circolanti di leptina e la variazione della dose di L- T4. La composizione corporea
valutata mediante densitometria a doppio raggio fotonico (DXA) in 14 soggetti prima e dopo
chirurgia bariatrica evidenziava una riduzione della massa grassa del 30% e una minor
riduzione della massa magra (-13%). La dose giornaliera di LT-4 pro-Kg di massa magra
rimaneva immodificata dopo calo ponderale. In conclusione i risultati di questo studio indicano
che: 1) Nei soggetti ipotiroidei obesi, la perdita di peso ottenuta mediante chirurgia bariatrica
richiede una riduzione della dose giornaliera di L-T4. 2) L'entità della riduzione non è
influenzata dal tipo di procedura chirurgica. 3) La riduzione della dose di L-T4 non è correlata
alla riduzione della massa grassa, ma dipende dalla riduzione della massa magra.
O-28C
PREVALENZA E TEMPO DI COMPARSA DELLE RECIDIVE DA
CARCINOMA PAPILLIFERO DELLA TIROIDE: STUDIO RETROSPETTIVO
SU 1020 PAZIENTI.
1
M. Torlontano, 2C. Durante, 2T. Montesano, 3M. Attard, 4F. Monzani, 5S. Tumino,
6
G. Costante, 7D. Meringolo, 8R. Bruno, 1M. Massa, 2G. Ronga, 1U. Crocetti, 1L.
D’Aloiso, 2S. Filetti.
1
U.O. di Endocrinologia, IRCCS “Casa Sollievo della Sofferenza”, San Giovanni
Rotondo; 2Dip. Medicina Interna e Specialità Mediche, Univ. La Sapienza, Roma; 3U.O.
di Endocrinologia, Ospedali Riuniti Villa Sofia-Cervello, Palermo; Dip. di: 4Medicina
Clinica e Sperimentale, Univ. Pisa; 5Scienze Mediche e Pediatriche, Univ. Catania;
6
Scienze della Salute, Univ. Catanzaro; U.U.O.O. di Endocrinologia, 7Osp. Bentivoglio,
Bologna e 8Osp. Tinchi-Pisticci, Matera.
Il carcinoma papillifero della tiroide (CPT) è un tumore a bassa aggressività ed ottima
prognosi. Gli studi attualmente disponibili (riferiti a pazienti trattati negli anni ‘60-’90)
indicano però recidive di malattia fino al 20% dei casi, il 40% delle quali >5 anni dopo il
trattamento iniziale. Poiché le recenti statistiche indicano un incremento dell’incidenza del
CPT, dovuto soprattutto all’aumentata diagnostica delle forme di piccole dimensioni, è
necessario ridefinire il tipo di follow-up cui sottoporre tali pazienti secondo criteri di
costo-beneficio. A tale scopo abbiamo esaminato retrospettivamente una popolazione di
1020 pazienti con CPT (classificati a rischio basso nel 61% dei casi, intermedio nel 36%,
alto nel 3%) diagnosticati nel periodo 1990-2008, sottoposti a tiroidectomia totale con o
senza linfoadenectomia del comparto centrale, trattati o no con successiva ablazione del
residuo con radioiodio. Il follow-up (mediana 8.5 anni) comprendeva in tutti i pazienti una
valutazione ecografica del collo su base annuale. Risultati: 72 pz. (7%, 64 dei quali a
rischio intermedio o alto) presentavano persistenza di malattia (entro 1 anno dal
trattamento iniziale): 14 di questi presentavano ancora malattia residua alla fine del
follow-up. Dei restanti 948 pz., solo 13 (1.4%) svilupparono recidiva di malattia (in sede
cervicale) nel corso del follow-up successivo, 8/325 (2.5%) a rischio intermedio e 5/609
(0.8%) a basso rischio. In 10/13 casi, la recidiva di malattia è stata diagnosticata nei primi
5 anni e 3/13 mostravano ancora persistenza di malattia al termine del follow-up. I nostri
dati indicano che una piccola ma non trascurabile percentuale di pazienti (7%, soprattutto
a rischio intermedio-alto) presenta persistenza di malattia dopo il trattamento iniziale. Solo
un ulteriore 1.4% presenta recidiva di malattia, nel 75% dei casi individuata entro i primi
5 anni. La prevalenza di recidive <1% nei pazienti a basso rischio suggerisce una
riduzione dell’intensità del regime di follow-up (frequenza delle visite e durata del periodo
di sorveglianza), riservando un più stretto controllo ai pazienti delle classi di rischio
superiori.
O-29C
EFFETTI MORFOFUNZIONALI DELLA TRIIODOTIRONINA (T3) NEL
FOLLICOLO ED IN CELLULE DELLA GRANULOSA DI RATTO
C. Verga Falzacappa1, F. Alfei1, M.G. Santaguida1, A. Furno2, R. Canipari3, S.
Misiti2, M. Centanni1
1
Dip. Scienze e Biotecnologie Medicochirurgiche,2Dip.Medicina Sperimentale e 3Dip.
Embriologia e Istologia, Sapienza Università di Roma, Roma e Latina
Crescenti evidenze suggeriscono che l’asse ipotalamo-ipofisi-tiroide e l’asse riproduttivo
femminile siano fisiologicamente collegati. Un’ alterata omeostasi tiroidea è associata ad
una maggiore frequenza di irregolarità mestruali, diminuita fertilità e aumentata frequenza
di abortività e poliabortività. I meccanismi patogenetici alla base di tali alterazioni
riproduttive sono solo parzialmente noti come pure poco nota è la fisiologia del rapporto
tra tiroide ed ovaio; è comunque stato ipotizzato che gli ormoni tiroidei possano svolgere
un ruolo diretto sulla fisiologia ovarica a livello delle cellule della granulosa ove sono
presenti i recettori tiroidei. Lo scopo di questo studio è stato quello di valutare gli effetti
del trattamento con triiodotironina sull’espressione genica e sui parametri morfofunzionali
delle cellule della granulosa e dei follicoli ovarici in un modello murino. A tale scopo
follicoli di ratto isolati di fresco e una linea di cellule di granulosa di ratto da noi
stabilizzate (rGROV) sono stati coltivati in presenza o meno di T3 (100 nM) per
analizzare gli effetti sulla crescita cellulare, sull’espressione dei geni coinvolti nella
steroidogenesi e sulla produzione di 17β-estradiolo. Preliminarmente abbiamo appurato,
mediante qPCR, che l’espressione genica dell’intero apparato trasduttivo e metabolico
necessario all’omeostasi tiroidea (isoforme recettoriali, isoforme desiodasiche e
trasportatori di membrana) fossero espressi nei modelli sperimentali in uso. Il trattamento
con 100 nM di T3 induceva un aumento significativo (+45%) della proliferazione delle
rGROV e della crescita follicolare (+40%). In associazione a tali osservazioni, i principali
geni coinvolti nella steroidogenesi erano indotti dalla T3 in entrambi i sistemi.
L’induzione maggiore veniva osservata sull’espressione dell’aromatasi, la cui attività era
inoltre quadruplicata dalla presenza della T3 come dimostrato misurando la secrezione di
17β-estradiolo in rGROV esposte a testosterone in assenza di siero. La produzione di 17βestradiolo era comunque stimolata dalla T3 (+75%) nei follicoli, in presenza quindi di
steroidi tecali, anche in normali condizioni di coltura. In conclusione i nostri dati
dimostrano che la T3 promuove la funzione ovarica nel ratto, inducendo l’espressione dei
geni coinvolti nella steroidogenesi, esaltando l’attività aromatasica ed aumentando la
secrezione di 17β-estradiolo.
O-30C
EFFETTO DI DUE INIBITORI CHINASICI IN LINEE CELLULARI DI
CARCINOMA TIROIDEO: STUDI IN VITRO E IN VIVO
P. Voce, M. D’Agostino, S. Moretti, E. Menicali, N. Giusti, N. Avenia, E. Puxeddu
Dipartimento di Medicina Interna, Centro di Ricerca di Proteomica e Genomica della
Tiroide (CRiProGeT), Università degli Studi di Perugia
Negli ultimi anni sono stati ottenuti incoraggianti risultati nel trattamento dei carcinomi
tiroidei grazie all’utilizzo di “Targeted Therapies” basate sull’uso di inibitori dei
mediatori chinasici chiave coinvolti nel processo di cancerogenesi. In questo studio sono
stati valutati gli effetti di due di questi inibitori (tirosino-)chinasici, Sorafenib e
Vemurafenib (PLX4032), in due linee cellulari di carcinoma papillare della tiroide (TPC1
e BCPAP), una di carcinoma follicolare (FTC133) e tre di carcinoma anaplastico (8505C,
CAL62, C643). Il Sorafenib ha esplicato il suo effetto inibitorio più significativo sulla
proliferazione nelle cellule BCPAP dopo 72 h di trattamento alla dose 1µM (50% vs
controllo), mentre minori effetti sono stati ottenuti nelle cellule 8505C, TPC1 e FTC133.
Nessun effetto è stato riscontrato nelle cellule CAL62 e C643. Il PLX4032 si è dimostrato
efficace solo nelle linee cellulari caratterizzate dalla mutazione B-RafV600E con una
riduzione della crescita del 50% sia nelle cellule BCPAP che nelle 8505C. La valutazione
dell’espressione di p-ERK e di p-AKT, dopo trattamento di TPC1, 8505C e CAL62 con
Sorafenib e PLX4032 ha mostrato i seguenti risultati: nelle cellule TPC1 una buona
riduzione della fosforilazione di ERK e AKT dopo trattamento con tutte le dosi di
Sorafenib; nelle cellule CAL62 e 8505C un paradossale incremento della fosforilazione di
ERK e AKT dopo trattamento con bassi dosaggi di Sorafenib che nelle cellule 8505C
veniva revertito dal trattamento con alte dosi; nelle cellule CAL62 e TPC1 un paradossale
incremento della fosforilazione di ERK e AKT dopo trattamento con PLX4032 alla dose
di 5µM; nelle cellule 8505C una buona riduzione della fosforilazione di ERK e AKT dopo
trattamento con PLX4032 alla dose di 5µM. Gli effetti del Sorafenib sono stati studiati in
vivo utilizzando topi NOD/SCID trapiantati con cellule 8505C. I risultati evidenziano una
riduzione significativa della crescita dei noduli tumorali negli animali trattati con
Sorafenib (60 mg/kg/die) rispetto ai topi controllo. L’analisi dei livelli di fosforilazione di
ERK non ha mostrato alcun blocco della via MAP-chinasica in vivo, a differenza di
quanto visto nelle cellule in vitro. In conclusione questi dati, che rappresentano la base per
uno studio più completo sui meccanismi di azione molecolare di Sorafenib e PLX4032 nel
carcinoma tiroideo, indicano che il genotipo tumorale condiziona in parte la risposta alla
terapia, anche se la risposta in vivo agli inibitori multichinasici è probabilmente dominata
dall’effetto anti-angiogenetico.
POSTER
P-01
INTERVENTO EDUCATIVO SU IODOPROFILASSI E CONTROLLO DEL
RISCHIO CARDIOVASCOLARE IN UN CAMPIONE SCOLASTICO
D. Agrimi^, F. Diacono*, I. Alemanno*, P. Angarone°, M. Caroli°°, D. Rotondi**,
A. Olivieri**
^Endocrinologia ASL BR, *Endocrinologia ASL TA/LE, °Sociologa,TA, °°SIANDip.Prevenzione ASL BR,**Osservatorio Nazionale per il Monitoraggio della
Iodoprofilassi in Italia, Istituto Superiore di Sanità- Roma
La conoscenza delle fonti alimentari e dei ruoli del sale e dello iodio nella promozione e
mantenimento di un buon stato di salute sono principi essenziali per la scelta dei
comportamenti alimentari. Il Laboratorio del Sale è un percorso formativo-esperienziale,
sul valore antropologico e nutrizionale del sale, promosso come programma di
prevenzione per i disordini da carenza iodica.
Obiettivo dello studio è la verifica della valenza formativa del “Laboratorio del Sale”,
finalizzata al miglioramento delle conoscenze sulla capacità d’identificazione degli
alimenti a maggior contenuto di iodio/sodio e la promozione dell’uso di sale iodato in un
gruppo di preadolescenti.
A tal scopo il “Laboratorio del Sale” è stato proposto ad un campione costituito da 181
ragazzi di scuole secondarie di I grado della provincia di Brindisi. L’intervento educativo
è stato sostenuto con dinamiche cognitivo-comportamentali e distinto in una fase
formativa seguita da una esperienziale di consolidamento.
A termine dell’intero percorso è stato proposto un questionario con 32 items per la verifica
dell’apprendimento.
I risultati ottenuti hanno dimostrato: 1) la valenza formativa del percorso educativo, dal
momento che il 50% dei ragazzi intervistati ha risposto correttamente ad oltre l’80% delle
domande del questionario; 2) l’utilità del percorso formativo nel modificare le scelte
alimentari, almeno per ciò che riguarda il sale iodato. E’ stato, infatti, rilevato un
incremento dell’utilizzo del sale iodato nelle famiglie dei ragazzi intervistati dal 36.1%,
prima della formazione, al 57.7% (P<0.01) dopo 15 giorni dal completamento delle
attività. Non altrettanto significativo è stato l’effetto della formazione sulla riduzione dell’
uso quotidiano del sale a tavola che dal 6,5% passa al 2,7% (P=0.13).
In conclusione, il Laboratorio del Sale si è dimostrato un intervento educazionale che
attiva funzioni cognitive e comportamentali efficaci nel sostegno delle pratiche di
iodoprofilassi. Pertanto, il cambiamento e/o il consolidamento di comportamenti
alimentari salutari in età scolare consente di acquisire prassi idonee alla prevenzione dei
disordini da carenza iodica.
P-02
INDAGINE
CAMPIONE
SUI
CONSUMI
ALIMENTARI
NELL’ETÀ
EVOLUTIVA E CORRELAZIONI CON LA IODOPROFILASSI IN CITTÀ
MEDIO-PICCOLA DELLA PROVINCIA DI BRINDISI
D. Agrimi^, F. Diacono*, I. Alemanno*, P. Angarone°, M. Caroli°°, A. Olivieri**
^Endocrinologia ASL BR, *Endocrinologia ASL TA/LE, °Sociologa, TA, °°SIAN-Dip.
Prevenzione ASL BR, **OSNAMI-ISS, Roma
La preadolescenza è uno dei momenti in cui facilmente le abitudini alimentari e lo stile di
vita cambiano improvvisamente e radicalmente su pressioni socio-relazionali,
influenzando potenzialmente lo stato di salute presente e futuro.
Obiettivo del lavoro è la conoscenza del vissuto, degli stili di vita, del rapporto con il cibo
e le pratiche ad esso correlate in un gruppo di preadolescenti residenti in provincia di
Brindisi, con un approfondimento sul consumo del sale e degli alimenti che supportano la
iodoprofilassi.
A tal scopo è stato proposto ad un campione di studenti di scuola media primaria (n=155;
età 12.5 ± 1.5 anni; 81 femmine, 74 maschi), un questionario semi-strutturato con 56
domande comprendente informazioni generali, abitudini/consumi alimentari,
orientamenti/scelte alimentari.
Lo studio ha evidenziato che il 64.5 % consuma regolarmente la colazione, per lo più a
casa (71,8%). Il 69 % riconosce nel pranzo il pasto principale, il 27.7 % entrambi,
condivisi in famiglia (81.3 %). Alla preparazione dei pasti provvede la madre (77.7 %), è
un compito assolto direttamente nel 20.6 %, se pur occasionalmente. La merenda a scuola
è un’abitudine (96,8%) su cui prevale il gusto personale (80,7%), il 67.7 % pratica lo
spuntino pomeridiano; le preferenze sono a favore di snack salati (79.1 %). Il 56.8 %
consuma latte, solo il 28.3 % i derivati; bassa preferenza per uova (9.6 %) e pesce (10.9
%). Il 43.9 % usa salumi almeno 3-4 v/sett. Il 60.6 % verdure e la frutta (79.4 %), almeno
1 v/die. I pasti sono consumati “qualche volta” fuori casa (71.6 %), sopratutto in pizzeria
(66 %). Prevale il numero di quanti non mangiano durante lo studio/PC (63.8 %), ma
guardando la TV il gruppo si divide equamente a metà nel comportamento. Il campione
mostra un basso consumo di sale discrezionale (89.7 %, 2 v/sett). Inoltre, il 71.6 % degli
studenti conosce il sale iodato, ma solo nel 36.1 % delle famiglie viene utilizzato.
L’indagine propone due riflessioni: 1) sebbene l’utilizzo di sale discrezionale riguardi solo
il 10.3 % del campione studiato, il consumo di snaks salati è frequente (79.1%),
confermando un improprio apporto di sodio; 2) sebbene il 71.6% conosca il sale iodato,
solo nel 36,1% delle famiglie viene utilizzato. Questi dati suggeriscono la necessità
formativa/informativa dei ragazzi e delle loro famiglie al fine di favorire la loro
conoscenza sugli effetti d’inadeguati comportamenti alimentari e la consapevolezza delle
scelte alimentari da effettuare.
P-03
INDAGINE CONOSCITIVA SULLE APPLICAZIONI DELLA IODOPROFILASSI
NELLA INDUSTRIA AGROALIMENTARE IN UN CAMPIONE DI ESPOSITORI
D. Agrimi^, F. Diacono*, I. Alemanno*, G. Nardone°, A. Olivieri**
^Endocrinologia ASL BR, *Endocrinologia ASL TA/LE, °Economia-Estimo Rurale
Università Studi Foggia,**Osservatorio Nazionale per il Monitoraggio della
Iodoprofilassi in Italia, Istituto Superiore di Sanità- Roma
Il ruolo attivo dell’industria agro-alimentare nelle strategie di iodoprofilassi è una
frontiera di attualità e crescente interesse nei paesi industrializzati. L’uso del sale iodato
nella preparazione, trasformazione e conservazione degli alimenti è una modalità sicura e
sostenibile d’integrazione iodica con efficaci benefici sul consumatore finale.
Al fine di valutare il grado di consapevolezza circa gli effetti della carenza iodica, nonché
l’orientamento nelle strategie di prevenzione e di applicazione su produzione/gestione di
imprese agro-alimentari, un questionario semi-strutturato (n. 10 items) è stato sottoposto
ad un campione di espositori presenti a CIBUS, evento di riferimento nazionale del
comparto agro-alimentare tenutosi a Parma lo scorso maggio. Gli intervistati (n. 65),
prevalentemente di età < 45 (60 %), il 49,23 % con laurea, operavano prevalentemente in
piccole-medie imprese (73,85%), con profilo aziendale commerciale (40 %) e gestionale
(41.54 %).
L’analisi dei dati raccolti ha messo in evidenza che: il 75.38% degli intervistati conosce
gli effetti negativi sulla salute della carenza nutrizionale di iodio, l’84.62% si dichiara
favorevole all’utilizzo del sale iodato nella produzione agro-alimentare. Il 50.77 % degli
intervistati non conosce le nuove tecnologie relative alla produzione di vegetali
addizionati di iodio, ma identifica nell’industria il committente della innovazione
tecnologica (44.62 %). Il 63.08 % degli intervistati dichiara di operare in aziende con
bilancio di responsabilità sociale, il 52.31 % adotterebbe nel piano aziendale pratiche di
implementazione della iodoprofilassi.
L’indagine pilota sopra esposta, per quanto numericamente limitata, consente di affermare
che le aziende agro-alimentari italiane risultano particolarmente attente alla possibilità di
supplementazione iodica dei propri prodotti. Un tale risultato può essere interpretato in
parte come una reazione alla crescente attenzione del consumatore moderno al nesso tra
alimentazione e salute e, in parte, come effetto del crescente orientamento etico delle
imprese. Tuttavia, altrettanto chiaramente emerge la difficoltà che le imprese incontrano
nell’appropriarsi delle nuove tecnologie prodotte dal sistema scientifico. Alla volontà di
fare non sempre corrisponde, perciò, una reale consapevolezza di “come fare” in virtù di
una distanza cognitiva che separa il mondo della ricerca dal mondo dell’impresa.
P-04
IPOTIROIDISMO CONGENITO DA DEFICIT DI NIS E CARCINOMA
TIROIDEO: UNA NUOVA MUTAZIONE.
B. Bagattini, P. Agretti, G. De Marco, C. Di Cosmo, L. Montanelli, A. Pinchera, P.
Vitti, M. Tonacchera
U.O. Endocrinologia I, Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana, Pisa
Introduzione: Il difetto di trasporto dello iodio (ITD) è una causa rara di ipotiroidismo
congenito (IC). Questo difetto in alcuni casi è determinato da anomalie del trasportatore
sodio/iodio (NIS), che può essere responsabile inoltre di gozzo.
Probanda: descriviamo il caso di una donna di 40 anni con IC trattato con levotiroxina ad
un anno di età, che presentava un gozzo di grandi dimensioni che veniva sottoposto a
tiroidectomia all’età di 32 anni. La paziente giungeva alla nostra attenzione per una
recidiva del gozzo multinodulare. L’esame citologico su agospirato dei due noduli di
maggiori dimensioni deponeva per “architettura microfollicolare”. La paziente riferiva la
consanguineità dei nonni paterni e riferiva che il fratello minore presentava un
ipotiroidismo congenito trattato con levotiroxina dai primi giorni di vita. Nessuno dei suoi
3 figli presentava una tireopatia.
Risultati: Nel sospetto di un ITD la paziente veniva sottoposta a captazione e scintigrafia
con 123-I previa sospensione della terapia con levotiroxina per un mese. Al momento
dello studio la paziente presentava un franco ipotiroidismo e la captazione del
radionuclide risultava assente in sede cervicale anteriore. Veniva pertanto sottoposta ad
una scintigrafia corporea totale che evidenziava un’assente captazione del tracciante anche
a livello delle ghiandole salivari e dello stomaco. Si poneva quindi diagnosi di ITD da
difetto di NIS e la paziente veniva sottoposta ad asportazione chirurgica della recidiva del
gozzo.
L’analisi genetica (cDNA) mostrava una delezione di 5 esoni (dall’VIII al XII), Δ (324 509), in omozigosi del gene del NIS che provocava la formazione di una proteina troncata
L’esame istologico della recidiva mostrava un carcinoma papillare variante follicolare,
multifocale, infiltrante i tessuti fibro-muscolari.
Conclusioni: descriviamo il primo caso di gozzo da disormonogenesi da deficit di NIS con
associato carcinoma papillare della tiroide. Tale riscontro pone il problema del
completamento della terapia e dell’ablazione del residuo tiroideo, che non può avvenire
per mezzo del 131-I. In particolare nel caso della probanda, l’infiltrazione dei tessuti
fibro-muscolari suggerisce la possibilità di un trattamento più aggressivo del residuo.
P-05
EFFETTO DELL’INIBITORE DI BRAF, RAF265, IN LINEE CELLULARI DI
CARCINOMA TIROIDEO
S. Barollo1, L. Bertazza1, R. Pezzani1, B. Rubin1, C. Betterle1, C. Mian1.
1
Unità Operativa di Endocrinologia; Dipartimento di Medicina, Università di Padova
INTRODUZIONE: Una mutazione somatica interessante l’esone 15 della serina-treoninachinasi BRAF è l’evento genico più frequente alla base dello sviluppo del carcinoma
papillare tiroideo (PTC). Le tirosin chinasi rappresentano una famiglia di proteine ad
attività enzimatica, implicate nei fenomeni che sostengono lo sviluppo di neoplasia
stimolando la proliferazione, l’angiogenesi, l’invasione e metastasi.
OBIETTIVO: Saggiare il possibile impiego del composto RAF265 (gentilmente concesso
dall’Azienda Farmaceutica Novartis), specifico contro l’oncogene BRAF, in linee
primarie di carcinoma papillare tiroideo.
MATERIALI E METODI: Abbiamo valutato l’effetto dell’inibitore RAF265 in una linea
cellulare di PTC che presenta la mutazione classica BRAF V600E in eterozigosi (K1) e in
una linea cellulare di PTC che presenta la mutazione BRAF V600E in omozigosi
(BCPAP). Attraverso il test di vitalità cellulare, MTT test, abbiamo determinato l’effetto
di RAF265 nelle due linee cellulari mentre tramite citofluorimetria con propidio ioduro
(PI) abbiamo valutato gli effetti del farmaco sulla regolazione del ciclo cellulare.
RISULTATI: Inizialmente abbiamo effettuato i saggi di proliferazione MTT sottoponendo
le diverse linee cellulari a varie concentrazioni di RAF265 (da 75nM a 10000nM) e a
tempi diversi (24, 48, 72 ore) di incubazione. Per le BCPAP alle 48 ore EC50 era di
350nM mentre le K1 alle 48 ore EC50 era di 625nM. Mediante citofluorimetria abbiamo
osservato che sia nelle BCPAP che nelle K1 c’è una diminuzione delle cellule in fase S e
in fase G2-M, mentre aumenta la % delle cellule in fase G0-G1 sia all’aumentare del
tempo che a concentrazioni crescenti di RAF265.
CONCLUSIONI: In tutte le linee testate è risultato che il farmaco RAF265 è altamente
efficace già a 24 ore nell'indurre un arresto nella fase G0-G1. Infatti la frazione delle
cellule in fase G0-G1 passa dal 67% nel controllo al 82% nelle B-CPAP trattate, mentre
passa dal 51% nel controllo al 91% nelle K1 trattate. In futuro verrà valutata la capacità
del farmaco di inibire la via del segnale RAF-MEK-ERK e l’alterata espressione di geni
tiroido-specifici tra cui NIS, TPO e Tg.
P-06
INCIDENZA DI IPERPARATIROIDISMO PRIMARIO (IPP) NEL CARCINOMA
TIROIDEO (CT),NELLA PATOLOGIA TIROIDEA BENIGNA (PTB) E NEL
CARCINOMA DELLA MAMMELLA (CM) PRIMA DI OGNI TRATTAMENTO
V. Belardi, I. Muller, P. Vitti, C. Giani
Dipartimento di Endocrinologia e Metabolismo, Università degli studi di Pisa
Numerosi autori hanno dimostrato un’aumentata incidenza di IPP in pazienti affette da
CM, trattate chirurgicamente e dopo , o in corso, dei trattamenti antitumorali, mentre
assenti sono gli studi su IPP in pazienti prima di ogni trattamento. Scarsi e contrastanti
sono i risultati sull’incidenza di IPP nelle patologie tiroidee benigne e maligne.
Scopo dello studio: valutare l’incidenza di IPP in pazienti donne con CM, CT e PTB
prima di qualsiasi trattamento.
Gruppo di studio: 186 pazienti (età 58,3 anni ± 13,7 DS) con CM,122 pazienti (età ± DS=
47,2 ± 13,8 anni) con CT e 111 pazienti (età ± DS= 49,9 ± 12,6 anni) con PTB. Tutte
erano state sottoposte a valutazione clinica e ad un prelievo per PTH, calcemia e 25-OHvitamina D (VITD) prima dell’intervento chirurgico.
Risultati: In tutte le pazienti (CM, CT e PTB) si rilevavano normali valori di calcemia. Nel
gruppo CM la calcemia (mediana 9.5 mg/dl, IR 9.2-9.7 mg/dl) era significativamente più
alta rispetto al gruppo CT (mediana 9.3 mg/dl, IR 9.0-9.6 mg/dl; p=0.007) e PTB
(mediana 9.3 mg/dl, IR 9.1-9.6 mg/dl;p=0.007),differenza non più significativa se
venivano considerate solo le pazienti di età superiore ai 50 anni. Non si riscontrava una
differenza significativa ne’ nei valori di VITD [CM (mediana 15.9 ng/ml, IR 10.3-21.2
ng/ml); CT (mediana 16.9 ng/ml, IR 12.1 -21.6 ng/ml) e PTB (mediana 15.9 ng/ml, IR
9.9-20.7 ng/ml), ne’ nelle concentrazioni sieriche di PTH [CM (mediana 51,6 pg/ml,IR
38,3-65,8 pg/ml),CT (mediana 48,5 pg/ml,IR 39-68,8 pg/ml) e PTB (mediana 53,5 pg/ml,
IR 43,0-72,0 pg/ml)].I livelli sierici di PTH erano inversamente proporzionali con i valori
di VITD, e tutte le pazienti con alti valori di PTH presentavano deficit di VITD, eccetto
una nel gruppo TC.Di 38 pazienti con valori di calcemia ai limiti alti della norma (9,88
mg/dl,>90°percentile):5 avevano PTH superiore alla norma (1 in CM,2 in TC e 2 in PTB)
e con carenza di VITD.
Conclusione: Non è stato riscontrato nessun caso di IPP. La mediana della calcemia nei
CM è risultata significativamente più elevata che nei CT e PTB; differenza non presente
nelle pazienti con età superiore a 50 anni. Oltre il 90% delle pazienti mostrava un deficit
di VITD. La percentuale delle pazienti con PTH elevato era simile nei 3 gruppi ed era
conseguente a deficit di VITD.1 CM,2 TC e 2 PTB presentavano valori di calcemia ai
limiti alti della norma, PTH superiore alla norma, ma con deficit di VITD. Questi risultati
indicano assente associazione tra IPP e CM,CT e PTB prima di ogni trattamento; in
particolare, l’assenza di IPP nei CM non trattati, rispetto all’aumentata incidenza di IPP
riportata in letteratura nei CM trattati, potrebbe essere spiegata dalle terapie anti-tumorali.
P-07
INCIDENZA DEI TUMORI DELLA TIROIDE IN ABRUZZO: ANALISI DEI
DATI DELLE SCHEDE DI DIMISSIONE OSPEDALIERA
I. Bucci, C. Tinari, **V. Scurti, ** C. Fanizza, **A. D’Ettorre, *A. Muraglia, G. Di
Dalmazi, C. Giuliani, G. Napolitano, F. Monaco
Endocrinologia, DMSI, Università di Chieti-Pescara, *Agenzia Sanitaria Regione
Abruzzo, **Farmacoepidemiologia, Consorzio Mario Negri Sud, S. Maria Imbaro (Ch)
Negli ultimi anni la letteratura riporta un aumento dell’incidenza dei tumori tiroidi. Alcuni
dei tassi più elevati vengono registrati in Italia con eterogeneità tra le aree geografiche. I
dati provengono dai Registri Tumori (RT) che, tuttavia, non coprono tutta la popolazione
nazionale. Non ci sono dati sull’epidemiologia dei tumori tiroidei in Abruzzo che non
dispone di un RT regionale. Scopo del lavoro: studiare l’incidenza dei tumori tiroidei in
Abruzzo, nel periodo 2007-2010, attraverso l’analisi delle Schede di dimissione
ospedaliera (SDO), appositamente anonimizzate in accordo con la legislazione italiana
sulla privacy. E’ documentata la possibilità di utilizzare il database SDO per ottenere dati
epidemiologici a livelli di qualità accettabili e con bassi tempi e costi di produzione. Il
lavoro è frutto di una collaborazione con l’Agenzia Sanitaria della Regione Abruzzo e con
il Laboratorio di Farmacoepidemiologia del Consorzio Mario Negri Sud. Dalle SDO dei
pazienti residenti in Regione sono stati estratti i casi incidenti definiti sulla base di un
ricovero con diagnosi di dimissione, principale o secondaria, di tumore maligno della
tiroide e contestuale intervento chirurgico principale o secondario correlato, secondo
l’ICD 9CM. L’incidenza, espressa come tasso grezzo/100.000 abitanti, è riportata di
seguito ed è risultata maggiore nella fascia di età compresa tra 40 e 64 anni:
Anno Maschi Femmine Totale
2007
9,01
22,35 15,86
2008
8,48
23,02 15,96
2009
10,91 27,03 19,19
2010
8,13
23,04 15,79
Confrontando i nostri dati con quelli dei RT (http://www.registri-tumori.it) risulta
rilevante la sovrapponibilità con i dati dei relativi al Centro Italia. Il nostro studio ha
valutato la possibilità di utilizzare le SDO per ottenere dati epidemiologici sui tumori della
tiroide nella Regione Abruzzo. I risultati dimostrano che tale metodo consente di ottenere,
in tempi brevi e con limitato dispendio di risorse, stime accurate di incidenza. Il limite
principale riguarda l’impossibilità di definire la frequenza dei vari istotipi non specificati
nella classificazione ICD9CM. Tuttavia, in mancanza di un RT regionale, quello da noi
seguito è un metodo affidabile per la generazione di dati epidemiologici relativi alla
patologia tumorale tiroidea.
P-08
AUMENTATA ESPRESSIONE DEL B-CELL-ACTIVATION-FACTOR (BAFF) E
BAFF-R NELLA TIROIDE E NEL TESSUTO ADIPOSO RETROBULBARE
(OAT) DI SOGGETTI AFFETTI DA MALATTIE AUTOIMMUNI DELLA
TIROIDE ED ORBITOPATIA ASSOCIATA
I. Campi1, G. Vannucchi1, D. Covelli1, S. Rossi2, D. Tosi2, L. Vicentini3, N. Currò4, L.
Pignataro5, C. Guastella5, P. Beck-Peccoz1, M. Salvi1
Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità, UO Endocrinologia1, Chirurgia
Endocrinologica3, Oftalmologia4, Otorinolarigoiatria5, Fondazione IRCCS Cà Granda,
Anatomia patologica, Ospedale S. Paolo, Milano2 Università di Milano.
Obiettivo dello studio: valutare l'espressione di BAFF, membro della famiglia del TNF,
coinvolto nella sopravvivenza e proliferazione dei linfociti B, e del suo recettore BAFF-R,
in pazienti affetti da GO e AITD, confrontati con soggetti con disordini non-autoimmuni
della tiroide (NAITD). Pazienti e metodi: immunoistochimica utilizzando anticorpi antiBAFF, BAFF-R, CD3, CD4, CD8, CD20, CD34, CD79, CD1a, CD68, CD163. Abbiamo
analizzato 1) 22 biopsie di OAT e 10 di tessuto muscolare extra-oculare (EOM) di pazienti
con GO 2) 53 campioni di tiroide proveniente da 28 pazienti con malattia di Graves (GD),
5 con tiroidite di Hashimoto (HT), 14 con gozzo multinodulare normofunzionante
(GMNT), di cui 5 con positività di Ab-Tg e Ab-TPO, e segni istologici di tiroidite cronica
(GMNT-Ab) e 6 con gozzo nodulare tossico. Risultati: l’espressione di BAFF e BAFF-R
non è diversa nella HT e GD; l’immunostaining di BAFF sui tireociti appare più intenso
nelle NAITD rispetto alle AITD, al contrario dell’infiltrato linfo-monocitario
intratissutale, in cui si osserva l’opposto. Non abbiamo osservato differenze significative
nell’espressione di BAFF-R sui tireociti nelle AITD e nelle NAITD; viceversa nei linfociti
infiltranti l’espressione di BAFF-R è maggiore nelle AITD rispetto alle NAITD. Nelle
strutture linfatiche simil-follicolari riscontrate nella HT e GMNT-Ab, BAFF e BAFF-R
sono localizzati nel centro germinativo e nel mantello, rispettivamente. Sui linfociti,
l’espressione di BAFF è direttamente correlata con quella di BAFF-R, sia in campioni
AITD e NAITD (Spearman, P=0.0006 e P=0.0003, rispettivamente). Inoltre, nelle AITD,
l’espressione di BAFF sui tireociti è inversamente correlata con quella di BAFF e BAFFR sui linfociti (Spearman P=0.0004 e P=0.0003, rispettivamente). In OAT, l'espressione di
BAFF e BAFF-R è presente in 15 e 5 campioni su 22, rispettivamente. Le sezioni di EOM
sono invece risultate negative per BAFF e BAFF-R. Conclusioni: i linfociti infiltranti il
tessuto tiroideo mostrano una maggiore espressione di BAFF e BAFF-R nelle AITD.
L’espressione di BAFF sui tireociti nelle AITD correla inversamente con i livelli di BAFF
e BAFF-R sui linfociti, suggerendo una complessa interazione tra l'epitelio follicolare e gli
infiltrati linfocitari. Questi risultati, insieme alla recente osservazione di aumentati dei
livelli sierici di BAFF in GD, suggeriscono un coinvolgimento di BAFF e dei suoi
recettori nella fisiopatologia delle AITD.
P-09
QUALITA’ DELLA
VITA
DOPO
TRATTAMENTO
DEL
GOZZO
MULTINODULARE
CON
RADIOIODIO
PIU’
ADIUVANTE
SOMMINISTRAZIONE DI RH-TSH.
V. Caorsi1, E. Monti1, M. Caputo2, G. Pera1, E. Pomposelli1, M. Bagnasco1, F.
Minuto1, M. Giusti1
1
Dipartimento di medicina interna, Università di Genova, Genova
2
IRCCS-AOU San Martino-IST, Genova
Introduzione: Un grosso gozzo multinodulare (GMN) può provocare sintomi compressivi
e alterare la funzione tiroidea. Inoltre i pazienti possono lamentare segni e sintomi che
riducono la QoL. L’intervento chirurgico rimane il trattamento di prima scelta ma in
pazienti che non possono sottoporvisi o che lo rifiutano, basse attività di I131 dopo
trattamento adiuvante con THS umano ricombinate (rh-TSH) può ridurre il volume
tiroideo (TV) e migliorare i sintomi legati al GMN. Scopo: scopo dello studio è stato
quello di valutare l’andamento della QoL percepita da pazienti con GMN sottoposti a
trattamento RAI dopo somministrazione di rhTSH. Materiali e metodi: dal 2005 sono stati
trattati 34 pazienti di età compresa tra 60-84 anni; ogni anno è stata effettuata valutazione
della funzionalità tiroidea, del TV per mezzo dell’ecografia e la misurazione del grado di
fastidio al collo tramite una visual analogic scale (VAS) che assegna un punteggio da 0
(assenza) a 10 (grado massimo di fastidio). La QoL è stata valutata tramite
somministrazione di questionari di autovalutazione: Test di Kellner (KSQ) e Questionario
ThyPRO. IL KSQ è composto da 4 scale che esplorano ansietà, somatizzazione, ostilità e
depressione. Ciascuna scala è espressa con un punteggio compreso tra 0 e 23 dove a un
punteggio maggiore corrisponde una QoL peggiore. Il ThyPRO contiene 13 sottoscale di
cui 4 valutano i sintomi somatici e le restanti altri aspetti della QoL. Il punteggio di ogni
scala è trasformato in percentuale con 0 indicante la migliore e 100 la peggiore. Risultati:
Il trattamento del GMN con RAI dopo somministrazione adiuvante di rhTSH si è
dimostrato efficace con una riduzione media del TV del 60% a 4 anni. L’ipotiroidismo
con necessità di trattamento sostitutivo con LT4 si è verificato nel 58% dei pazienti a 4
anni dal trattamento e pare correlato con lo stato funzionale iniziale dei soggetti essendo
più elevato nei pazienti in partenza eutiroidei rispetto a quelli inizialmente in stato pretossico (53% e 8% rispettivamente). Tutti i pazienti riferiscono una riduzione dei sintomi
compressivi al collo documentata con una VAS che migliora rapidamente (6 mesi) e poi
rimane stabile nel tempo . I punteggi relativi alle scale del KSQ (inizio 20.7±8.5; 4 anni
22.1±8.1) e ThyPRO (2011 22.8±7.2; 2012 21.9±6.8) rimangono stabili.. Conclusione: I
nostri dati confermano l’efficacia del trattamento nel ridurre il volume del GMN. Il
trattamento RAI migliora in tutti i pazienti i sintomi correlati al volume del GMN e non
determina scadimento della QoL.
P-10
CONFRONTO TRA IL MICROCARCINOMA PAPILLARE TIROIDEO DI TIPO
FAMILIARE E SPORADICO
M. Capezzone1, G. Busonero1, R. Forleo1, P. Toti2, A. Di Santo2, A.F. Carli3, G.
Caruso4, F. Pacini1
1
Dipartimento di Medicina Interna Scienza Endocrino-Metaboliche e Biochimica, Sezione
di Endocrinologia e Malattie Metaboliche, Università di Siena. 2Dip. Patologia Umana ed
Oncologia, Università di Siena, 3Unità di Chirurgia Endocrina, Università di Siena.
4
U.O.C. di Otorinolaringoiatria, Università di Siena.
Introduzione: Il microcarcinoma papillare della tiroide (MCPT) è caratterizzato da una
prognosi eccellente, ma talvolta è associato a metastasi linfonodali, e raramente a
metastasi a distanza. C’è controversia in Letteratura se il MCPT familiare abbia una
presentazione clinica più aggressiva delle forme sporadiche. Scopo e Metodi: Confrontare
le caratteristiche cliniche ed anatomopatologiche di 176 pazienti , 29 con MCPT familiare
e 147 con MCPT sporadico, con un follow-up medio di 85.6 ± 23.4 mesi. I pazienti erano
145 femmine e 31 maschi, con età alla diagnosi compresa tra 14-81anni. La quasi totalità
dei pazienti (98.9%) era stata sottoposta a tiroidectomia totale, seguita da ablazione del
residuo con I-131 nel 74% dei casi. La forma familiare del MCPT, era definita dalla
presenza del tumore in due o più parenti di primo grado. I parametri clinicoanatomopatologici analizzati nei due gruppi includevano sesso, età alla diagnosi, diametro
del tumore (< or > 5 mm), estensione del tumore alla diagnosi, riscontro incidentale o
meno del tumore, multicentricità, bilateralità , ablazione del residuo con I-131, presenza di
metastasi ed outcome. Risultati: Il MCPT familiare era caratterizzato da una significativa
bilateralità della neoplasia (p=0.03) e da una maggiore, anche se non significativa,
tendenza alla multicentricità (p=0.09) ed all’estensione extratiroidea (p=0.07) rispetto ai
casi sporadici. Nessuna differenza veniva invece riscontrata per quanto riguarda il sesso,
l’età alla diagnosi, il diametro del tumore, l’incidentalità, la presenza di metastasi,
l’ablazione del residuo post-chirurgico e l’outcome. Alla fine del follow-up, tutti i 29
pazienti con MCPT familiare e 140/147 (95,2%) sporadici risultavano liberi da malattia,
mentre 7/147 (4.8%) pazienti, tutti appartenenti al gruppo degli sporadici, presentavano
persistenza di malattia. L’analisi multivariata mostrava che, indipendentemente dal gruppo
di appartenenza (familiari o sporadici), la presenza di metastasi linfonodali al momento
dell’intervento chirurgico rappresentava l’unico fattore predittivo di persistenza o
ricorrenza di malattia nei pazienti affetti da MCPT. Conclusioni: Il nostro studio non
evidenzia sostanziali differenze nella presentazione clinica tra le forme familiari e quelle
sporadiche di MCPT. Una storia familiare di carcinoma papillare tiroideo sembra
comunque associata ad una maggiore frequenza di bilateralità della neoplasia.
P-11
CARCINOMA PAPILLARE IN ADENOMA TOSSICO
M. Cappagli, *P. Magistrelli, A. Montepagani, P. Lazzeri, ^M. Moroni, ^N. Gorji, #T.
Stefanini, A. Ciarmiello
M. Nucleare, *Chirurgia, ^A. Patologica, #Radiologia, Osp. S.Andrea, La Spezia
Il Sig. A.P. il 15.12.2003 a 56 anni giungeva alla nostra osservazione con ipertiroidismo
(IP) FT4=1.98 ng/dl (0.89-1.79); FT3=0.61 ng/dl (0.16-0.38); TSH=0.05 uUI/ml (0.204.0); AbTg e AbPO negativi; Trab= 8.5 U/L. (<1.50). In anamnesi: fibrotorace postterapeutico per TBC con insufficienza respiratoria (IR) moderata. La scintigrafia (ST)
evidenziava voluminoso “nodulo caldo” del lobo sinistro, con inibizione funzionale del
parenchima extranodulare, solido e di 4 cm (Long) all’ECO. Veniva posta diagnosi di
Adenoma Tossico (AT) ed iniziata terapia con metimazolo alla posologia di 15 mg al dì,
poi ridotta a 5 mg, con buona risposta funzionale (FT4=1.28 ng/dl; FT3=0.38
ng/dl;TSH=0.10 uUI/ml). Poiché il Paziente (Pz) rifiutava l’intervento chirurgico, nel
2004 si optava per radioiodio-terapia: 131I= 13.6 mCi=503 MBq (L.G.SIE-AIMN-AIFM).
Dopo circa 14 mesi il TSH aumentava da 4 uUI/ml a 8 uUI/ml) per cui si iniziava terapia
con Tiroxina:75 mcg al dì. Nel 2008 per il progredire della IR si rendeva necessaria
ossigenoterapia notturna. Nel 2010 il Pz accusava disfonia, senza rilievo ORL di patologia
delle corde vocali, che regrediva con cortisonici. Nel 2011 la disfonia si ripresentava,
questa volta permanente, con riscontro ORL di paralisi della corda vocale sinistra. Il Pz
veniva sottoposto agli accertamenti del caso e l’ECO confermava la nota formazione
nodulare sinistra, che si presentava ipoecogena a contorni irregolari, disomogenea, di
5.3x3.2x3.2 cm;la ST evidenziava regolare morfologia di entrambi i lobi tiroidei ed
un’area “fredda” in corrispondenza del nodulo descritto. Si eseguiva un primo esame
citologico (EC) con riscontro TIR1; il secondo EC, dopo ampia discussione dei patologi,
era giudicato TIR4. Il Pz veniva quindi operato: l’intervento risultava più complesso del
previsto per le aderenze, l’infiltrazione dei tessuti contigui e l’estensione intratoracica del
nodulo, che costringevano il chirurgo ad una sternotomia prossimale. La diagnosi
istologica era di “carcinoma papillare (CP) variante follicolare di 6.5 x 5 cm, con emboli
neoplastici endovascolari, infiltrante il tessuto adiposo peritiroideo ed una paratiroide”.
Commento: il riscontro di carcinoma in AT è raro, anche se alcuni casi sono stati descritti
di recente in età pediatrica, e negli AT non è previsto l’EC. Il nostro Pz all’esordio
presentava un evidente AT, come dimostrano l’IP e l’evoluzione scintigrafica del nodulo
dopo terapia con 131I, ma in 7 anni il diametro (Long) della lesione aumentava da 4 a 6.5
cm, assumendo i caratteri del carcinoma. La diagnosi finale è pertanto: variante follicolare
di carcinoma papillare in pregresso adenoma tossico.
P-12
EFFETTO
DELLA
SOMMINISTRAZIONE
SERALE
VERSUS
SOMMINISTRAZIONE AL MATTINO DELLA LEVO-TIROXINA SUL
PROFILO ORMONALE TIROIDEO DI PAZIENTI TIREOPRIVI: STUDIO
PROSPETTICO, RANDOMMIZZATO, CONTROLLATO CON CROSSOVER
M.G. Castagna, A. Theodoropoulou, F. Maino, F. Sestini, C. Fioravanti, L. Pasqui, S.
Memmo, V. Belardini, F. Pacini.
Dipartimento di Medicina Interna, Scienze Endocrino-Metaboliche e Biochimica, Sezione
di Endocrinologia e Malattie Metaboliche, Università di Siena, Siena.
La terapia con levo-tiroxina (LT4), uno de i principi attivi maggiormente prescritti nel
mondo, viene somministrata per via orale, al mattino a digiuno.
Lo scopo del lavoro è stato quello di valutare l’effetto della somministrazione serale vs
quella al mattino sul profilo ormonale di 80 pazienti con carcinoma differenziato della
tiroide randomizzati in due gruppi: Gruppo A (n=40), assunzione della LT4 al mattino per
le prime 12 settimane e successive assunzione serale sino alla 24° settimana; Gruppo B
(n=40), assunzione della LT4 alla sera per le prime 12 settimane e successivamente al
mattino sino alla 24° settimana. I pazienti venivano sottoposti a dosaggio di FT3, FT4 e
TSH al momento dell’arruolamento, alla 12° e alla 24° settimana di studio.
Nel Gruppo A i valori di TSH durante l’assunzione al mattino risultavano
significativamente più bassi (1.2±1.36 mUI/l) rispetto a quelli osservati durante
l’assunzione serale (1.86±2.0 mUI/l,p=0.009). Nel gruppo B valori significativamente
aumentati di TSH si osservavano durante l’assunzione serale (3.6±4.48 mUI/l) rispetto ai
valori dopo assunzione al mattino (1.62±1.7 mUI/l,p=0.001).Con l’assunzione serale della
LT4, la necessità di un incremento della posologia si osservava nel 31.2% dei casi, di una
riduzione nel 3.8% dei casi mentre nel restante 65% dei casi le variazioni del TSH non
erano tali da richiedere una modifica della terapia ormonale.
In conclusione, sebbene l’assunzione al mattino resta il “timing” ottimale di
somministrazione della LT4 nei pazienti tireoprivi, l’assunzione “alla sera” può comunque
rappresentare un possibile “timing” alternativo. Qualora si decida per la somministrazione
serale è necessario effettuare un stretto monitoraggio degli ormoni tiroidei al fine di
individuare quella piccola percentuale di pazienti che necessitano di un aumento della
posologia della LT4 per raggiungere il loro target terapeutico. P-13
UN CASO DI ORTICARIA CRONICA IDIOPATICA (OCI) ASSOCIATA A
MORBO DI BASEDOW (MB): TIPIZZAZIONE HLA
R. Certo1, A. D’Angelo2, G. Vita3, P. Quattrocchi2, S. Benvenga1, F. Trimarchi1, S.
Gangemi2, R. M. Ruggeri1
1UOC di Endocrinologia & 2Sezione di Allergologia ed Immunologia clinica,
Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, 3Dipartimento di Patologia
Sperimentale e Microbiologia, Università di Messina
L’OCI è notoriamente associata a tiroidite autoiimune o positività degli anticorpi antitiroide. Sono poche, invece, le segnalazioni di associazione tra MB e OCI. Caso clinico 37enne giunta alla nostra osservazione nel 2006, lamentando da circa un mese astenia,
cardiopalmo, nervosismo ed irritabilità, insonnia, tremori, amenorrea, calo ponderale.
Dallo stesso periodo, comparsa di pomfi orticarioidi diffusi, intensamente pruriginosi e
scarsamente responsivi alla terapia con anti-istaminici. Dati di laboratorio: TSH <0.01
mUI/ml (vn 0.27-4.2), FT3 17.39 pg/ml (vn 2-4.4), FT4 38.33 pmol/L, vn 12-22). Positivi
AbTPO (178 U/L;v.n.<15) e TRAB (19.1 IU/L, v.n. >2). Ecografia: tiroide di dimensioni
aumentate, ad ecostruttura grossolanamente disomogenea; incremento del segnale
vascolare al campionamento color-doppler. Scintigrafia tiroidea con 131I: aumentata
captazione del radioiodio. Decorso: in terapia con metimazolo (MMI; posologia iniziale:
30 mg/die) remissione della sintomatologia e normalizzazione dei livelli di FT3 e FT4
entro 4-6 settimane. Contemporaneamente, netto miglioramento del quadro di orticaria.
Quando la funzione tiroidea era tornata alla normalità, l’orticaria era solo minimamente
evidente e prontamente controllata da anti-istaminici a dosi convenzionali. Negli anni
successivi, stabile remissione dell’ipertiroidismo e dell’OCI. Nel corso del 2010,
comparsa di orticaria diffusa, scarsamente responsiva alla terapia con anti-istaminici
(fexofenadina 180 mg/die e cinnarizina 75 mg/die) e persistente per oltre 8 mesi. Alla
nuova valutazione endocrina, normali valori di FT3 (3.66 pg/ml) e FT4 (16.96 pm/L) con
TSH 0.347 mIU/l. Positivi gli Ab-TPO (139.5 IU/ml) e i TRAb (10.1 U/L). Incremento
del segnale vascolare intra- tiroideo al color-doppler. Nella nostra paziente la tipizzazione
HLA ha dimostrato la presenza degli aplotipi HLA-B44 e DQA1*0501-DQB1*0301 e
HLA DR3-DQ2-DQ7, che rappresentano fattore di rischio genetico per sviluppare,
rispettivamente, l’OCIe il MB. Il presente caso conferma come anche il morbo di
Basedow, unitamente ad altre malattie autoimmuni (TH, DM tipo1), possa associarsi a
OCI. Il background genetico delle due malattie è dato da una specifica combinazione di
aplotitpi HLA, che conferiscono suscettibilità. Tale associazione riveste interesse clinico,
dal momento che la correzione dell’ipertiroidismo sembra migliorare significativamente
l’orticaria.
P-14
Due casi di ipotiroidismo severo da tiroidite autoimmune giovanile
Graziano Cesaretti, Francesco Vierucci, Martina Gori, Giuseppe Saggese
U.O. Pediatria , Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana
Matteo, 11 anni
• A 7 anni: rallentamento della velocità di crescita staturale.
• A 9-10 anni: comparsa di capelli radi e fragili e di
dermatite: valutazione dermatologica con consiglio
di creme cortisoniche ed idratanti.
• A 11 anni, su richiesta dei genitori, durante l’esecuzione di una visita annuale di controllo, il sostituto
del pediatra curante prescrive alcuni esami ematici
tra cui la valutazione della funzione tiroidea.
• Inviato per riscontro di valori di TSH estremamente
elevati (> 500 µU/ml).
Sara, 8 anni
• Nata pretermine di 24 settimane. Follow-up fino a 4
anni di vita.
• A 5 anni riferiti un incremento dell’appetito ed iperattività, senza aumento ponderale.
• A 6 anni riferiti astenia ingravescente, riduzione dell’appetito, incremento ponderale, rallentamento della
velocità di crescita staturale, intolleranza al freddo.
• A 8 anni, per la presenza di sovrappeso, eseguiti esami ematici con riscontro di livelli di TSH elevati
(> 80 µU/ml).
Statura: 129 cm (-2,2 DS)
BMI: 21,6 Kg/m2 (+1,7 DS)
Mixedema
TSH: 1.648 µU/ml
fT3: indosabile
fT4: indosabile
Ab-antiTG: > 2.040 UI/ml
Ab-antiTPO: > 1.1020 UI/ml
Ecografia tiroidea: tiroide di
ecogenicità ridotta ed ecostruttura disomogenea.
Colesterolo tot: 360 mg/dl
AST: 151 U/l
CK: 6.883 U/l
RM: Iperplasia adenoipofisi
Statura: 123 cm (-0,9 DS)
BMI: 21.5 Kg/m2 (+2,1 DS)
Mixedema
TSH: 1.113 µU/ml
fT3: 1,5 pg/ml
fT4: 4,3 pg/ml
Ab-antiTG: > 2.040 UI/ml
Ab-antiTPO: > 1.1020 UI/ml
Ecografia tiroidea: tiroide di
ecogenicità ridotta ed ecostruttura disomogenea.
Colesterolo tot: 300 mg/dl
AST: 60 U/l
CK: 720 U/l
RM: Iperplasia adenoipofisi
Conclusioni
• La tiroidite autoimmune è la causa più comune di ipotiroidismo giovanile. Il decorso della malattia è variabile:
inizialmente può essere presente una fase di transitoria di ipertiroidismo, seguita da un periodo più o meno lungo
di eutiroidismo che non richiede alcuna terapia. Alcuni soggetti sviluppano poi un ipotiroidismo permanente.
• L’esame clinico riveste una importanza fondamentale nel sospetto delle patologie tiroidee, anche se molte condizioni di gravità lieve-moderata inizialmente possono non dare segno di sé. Fortunatamente, il riscontro di un
quadro di ipotiroidismo così conclamato come quelli descritti è eccezionale.
• Questi casi, inoltre, mostrano i vari danni d’organo che si possono instaurare in presenza di ipotiroidismo non
trattato, a dimostrazione del ruolo fondamentale degli ormoni tiroidei durante l’età evolutiva.
P-15
DATI PRELIMINARI SU SEQUENZIAMENTO DELL’ESOMA RIVELANO DIVERSI
PATTERN DI MUTAZIONE IN CARCINOMI MIDOLLARI DELLA TIROIDE
POSITIVI E NEGATIVI PER LE MUTAZIONI DI RET
R. Ciampi, C. Romei, A. Tacito, A. Vivaldi, B. Cosci, R. Elisei
Dipartimento di Endocrinologia e Metabolismo, Università di Pisa
Il Carcinoma Midollare sporadico della Tiroide (sMTC) con mutazione del gene RET mostra
un comportamento clinico molto più aggressivo rispetto a quello che non presenta la
mutazione; tuttavia, i due tipi di MTC sono simili sia morfologicamente che
epidemiologicamente. Ci siamo chiesti se la differenza di comportamento biologico di questi
due tipi di tumore potesse derivare da un diverso assetto genetico. A tale scopo abbiamo
studiato 4 sMTC (2 RET+ e 2 RET-) tramite Whole Exome Sequencing (WES). Per ogni
paziente, sono state preparate “paired-end” libraries con protocollo Illumina. Sei μg di DNA
genomico sono state frammentate tramite sonicazione seguita da “blunt- ending” e aggiunta di
“A”; adattatori Illumina sono stati poi legati al termine dei frammenti. Dopo la reazione di
ligation, i campioni sono stati amplificati tramite PCR per arricchire selettivamente i frammenti
della library contenenti molecole di adattatore ad entrambe le terminazioni. La cattura
dell’esoma è stata fatta usando Illumina TruSeq Exome Enrichment Kit che mappa circa
62Mbp degli esoni umani. Le libraries così ottenute sono state processate con Illumina cBot e
sequenziate ad un livello di 6-plex con un sequenziatore Illumina HiSeq2000 a 101 cicli per
read. CASAVA 1.8.0 è stato poi utilizzato per processare i dati grezzi. In seguito al “base
calling”, i paired-end reads sono stati mappati e allineati al genoma umano di riferimento
(NCBI build 37/UCSC hg19). Tutte le varianti selezionate con consensus quality ≥30, read
depth ≥10 e variant depth ≥4 sono state filtrate con i database NCBI dbSNP137, 1000 Human
Genomes Project catalog (2010 Nov), Segmental Duplication and AVSIFT e sono state
annotate.
Il sequenziamento dell’esoma ha rivelato circa 66000 variazioni a singolo nucleotide (SNV) in
tutti i casi. In 2 casi le SNV hanno confermato le mutazioni nel gene RET, negli altri 2 casi la
loro negatività, mentre nessuno dei casi mostrava alterazioni nei 3 geni RAS. La lista delle
SNV è stata poi ulteriormente filtrata (sono state escluse le SNV omozigoti, quelle nonesoniche e quelle che presentavano Segmental Duplication): la lista di SNV si è così ridotta a
circa 150. Il confronto di queste variazioni nei 4 tumori ha rivelato un cluster di SNV comuni
nei 2 tumori negativi per RET rispetto a quelli che presentavano mutazioni nel gene. Da questi
dati preliminari possiamo dedurre che i sMTC RET- mostrano un assetto genomico simile tra
loro ma diverso da quelli RET+; questo potrebbe giustificarne il diverso comportamento
biologico di questi due tipi di tumore, probabilmente legato alla presenza di altri oncogeni
implicati.
P-16
TIROIDITE AUTOIMMUNE E ATEROSCLEROSI SUBCLINICA: STUDIO IN
UNA COORTE DI DONNE NORMOPESO EUTIROIDEE
A. Ciampolillo1, M. Barbaro1, S. Di Molfetta1, M. Ciccone2, A.P. Zito2, F. Giorgino1
1
Sezione di Medicina Interna, Endocrinologia, Andrologia e Malattie Metaboliche,
2
Sezione di Malattie dell’Apparato Cardiovascolare , Dipartimento dell’Emergenza e dei
Trapianti di Organi, Università degli Studi di Bari Aldo Moro.
Una correlazione fra ipotiroidismo subclinico e aumentato rischio cardiovascolare
evidenziato dall’ispessimento medio-intimale (IMT) dell’asse carotideo è stata evidenziata
in letteratura, a suggerire un effetto diretto del deficit di grado lieve dell’ormone tiroideo
nel determinare disfunzione endoteliale e aterosclerosi. È tuttavia anche possibile che sia
l’autoimmunità tiroidea per se a favorire il processo aterogenetico. Per studiare la
relazione tra tiroidite autoimmune e aterosclerosi subclinica, sono state esaminate 63
donne affette da tiroidite autoimmune in eutiroidismo e 20 controlli sani appaiati per sesso
ed età. I criteri di inclusione sono stati: sesso femminile, età non superiore a 50 anni,
eutiroidismo, BMI <25 kg/m2, normale profilo lipidico, normale pressione arteriosa,
assenza di familiarità per patologie cardiovascolari, assenza di terapia farmacologica. La
durata di malattia era inferiore a 5 anni nel 67% delle pazienti con tiroidite, compresa tra 5
e 10 anni nel 27% e superiore a 10 anni nel 6%. 26 delle 83 donne selezionate, anche se
in normopeso, avevano una circonferenza vita compresa tra 80 e 95 cm. Tutte le pazienti
sono state sottoposte a valutazione delle arterie carotidi con ecocolordoppler utilizzando
una sonda vascolare ad alta definizione. Risultati. L’IMT dell’arteria carotide comune non
differiva statisticamente nelle pazienti con tiroidite autoimmune rispetto ai controlli sani
(0,56±0,10 vs. 0,54±0,08 mm; p=0,27). In tutte le pazienti, non sono state osservate
correlazioni positive tra IMT, durata di malattia e TSH. Valori significativamente più alti
di IMT sono stati riscontrati nelle pazienti con valori di circonferenza vita compresi tra 80
e 95 cm rispetto alle donne con circonferenza vita <80 cm (0,58±0,07 vs. 0,54±0,09;
p<0,05). Inoltre, una correlazione positiva è stata osservata fra IMT e circonferenza vita in
tutte le pazienti (R2=0,07; p<0,05). Conclusioni. Nelle donne affette da tiroidite
autoimmune, con durata di malattia fino a 10 anni, normale funzione tiroidea e assenza di
fattori di rischio noti per l’aterosclerosi, non si riscontrano valori di IMT carotideo
significativamente diversi rispetto ai soggetti di controllo normali. Questi risultati
suggeriscono che l’autoimmunità tiroidea non contribuisce alla disfunzione endoteliale in
assenza di ipotiroidismo. La correlazione positiva tra IMT dell’arteria carotide comune e
circonferenza vita, anche in soggetti eutiroidei con BMI <25 kg/m2, sottolinea
l’importanza del grasso viscerale nel favorire l’aterosclerosi sistemica, anche in assenza di
sovrappeso/obesità.
P-17
PREVALENZA
ED
RUOLO
DELL’OBESITA’
NEL
CARCINOMA
DIFFERENZIATO DELLA TIROIDE
C. Ciuoli, M.G. Castagna, L. Brusco, A. Theodoropoulou, F. Maino, V. Belardini, S.
Memmo, F. Pacini.
Dipartimento di Medicina Interna, Scienze Endocrino-Metaboliche e Biochimiche,
Università di Siena.
Una associazione tra obesità e aumentata incidenza di cancro della tiroide è stato riportato
nella maggioranza degli studi pubblicati, anche se i dati non sono completamente
convincenti. Lo scopo dello studio è stato quello di valutare l’associazione tra obesità e
carcinoma differenziato della tiroide (CDT) e di studiare la relazione tra obesità, aspetti
patologici aggressivi del tumore tiroideo e decorso della malattia.
Abbiamo studiato retrospettivamente 615 pazienti sottoposti a tiroidectomia per patologia
benigna o maligna della tiroide (serie chirurgica) e 524 pazienti seguiti presso il nostro
Istituto per CDT (serie CDT). In base all’indice di massa corporea (IMC) i pazienti
venivano suddivisi in normopeso (<25 kg/m²), sovrappeso (25-29.99 kg/m²) e obesi (>30
kg/m²). Abbiamo correlato l’IMC ottenuto al momento dell’intervento chirurgico, con il
dato istologico (serie chirurgica) e, nei pazienti con CDT anche con le caratteristiche
patologiche del tumore alla diagnosi e con l’outcome della malattia.
Nella serie chirurgica, alla verifica istologica il CDT veniva riscontrato nel 45.1% dei
pazienti normopeso, nel 45.8% dei pazienti soprappeso e nel 37.8% dei pazienti obesi
(p=0.21).
Nei pazienti con CDT non abbiamo trovato nessuna differenza nelle caratteristiche
patologiche alla diagnosi (dimensioni del tumore, multifocalità, invasione extracapsulare,
metastasi linfonodali o a distanza) tra pazienti normopeso, soprappeso e obesi. Inoltre, ad
un follow-up medio di 4 anni, l’outcome clinico dei pazienti con CDT non correlava con
l’IMC (recidiva di malattia: 0.8% nei normopeso, 1.1% nei soprappeso e 1.8% negli obesi;
persistenza di malattia: 13.3% nei normopeso, 12.8% nei soprappeso e 17.9% negli obesi).
Suddividendo inoltre i pazienti in base alla presenza o meno di patologie associate
(sovrappeso/obeso complicato e non complicato) non abbiamo trovato alcuna differenza
significativa fra i gruppi per quanto riguarda tutte le caratteristiche del CDT valutate.
I nostri risultati non evidenziano un aumentato rischio di CDT nei pazienti obesi. Inoltre,
nei pazienti con CDT, la presentazione alla diagnosi e l’andamento clinico della malattia
non sono influenzati dall’IMC né dalla presenza di complicanze dell’obesità.
P-18
MARCATORE
DI
STAMINALITA’
ESPRESSIONE
DI
GATA-4,
ENDODERMICO, NEL CARCINOMA PAPILLARE DELLA TIROIDE
C. Colato, S. Pedron, M. Chilosi, M. Ferdeghini
Dipartimento di Patologia e Diagnostica, Università di Verona
Le proteine GATA sono fattori di trascrizione di tipo zinc-finger che regolano la
proliferazione, la differenziazione e l’espressione genica in molti organi. In base al loro
pattern di espressione e distribuzione, sono state raggruppate in due sottofamiglie,
GATA1-2-3 e GATA4-5-6.
Il GATA-4 è considerato un marker delle cellule progenitrici di origine endodermica e
sembra giocare un ruolo importante negli stadi iniziali dello sviluppo e nel mantenimento
del potenziale proliferativo delle cellule. Recentemente alcuni ricercatori hanno
dimostrato la presenza di cellule simil- fetali/staminali adulte nella tiroide, identificando
nel tessuto proveneniente da tiroidi umane affette da gozzo, una popolazione di cellule che
esprimono marcatori di staminalità come GATA-4, OCT-4 e HNF4α. E’ stato proposto
che tali cellule potrebbero rappresentare i precursori dei tireociti e una possibile origine
dei tumori tiroidei.
Scopo dello studio è stato quello di valutare l’espressione di GATA-4 nel carcinoma
papillare della tiroide per verificarne la presenza e determinarne il pattern di distribuzione.
L’analisi è stata condotta su 20 carcinomi papillari, nel tessuto sano corrispondente e su 5
metastasi linfonodali con metodica immunoistochimica, di immunofluorescenza e
Western-blot, utilizzando l’anticorpo monoclonale G-4 (Santa Cruz), sia su materiale
incluso in paraffina che congelato.
GATA-4 è risultato debolmente positivo nel nucleo dei tireociti del parenchima sano,
mentre nel carcinoma papillare abbiamo osservato un’intensa espressione del marcatore
sia in sede nucleare che citoplasmatica. Per confermare l’immunolocalizzazione
citoplasmatica della proteina nel carcinoma papillare abbiamo effettuato l’indagine di
immunofluorescenza che ha evidenziato solo una forte positività nucleare.
Con l’analisi Western-blot abbiamo infine comprovato la presenza della proteina in tutti i
campioni testati con aumento di espressione nelle metastasi linfonodali.
L’espressione di marcatori di staminalità nelle lesioni neoplastiche della tiroide apre
nuove prospettive riguardo la comprensione dei meccanismi che regolano la biologia delle
cellule staminali/progenitrici ed il potenziale coinvolgimento delle stesse nella
tumorigenesi.
P-19
ESPRESSIONE DEL RECETTORE c-KIT/CD117 NEL CARCINOMA
PAPILLARE DELLA TIROIDE: VALUTAZIONE IMMUNOISTOCHIMICA.
C. Colato1, I. Marchetti2, G. Di Coscio2, P. Brazzarola1, M. Chilosi1, M. Ferdeghini1
1. Dipartimento di Patologia e Diagnostica, Università di Verona
2. Sezione di Citopatologia, Università di Pisa
Il proto-oncogene c-Kit codifica un recettore trans-membrana di tipo III con attività
tirosin-chinasica (c-Kit/CD117), coinvolto nella morfogenesi e nella regolazione della
proliferazione, apoptosi e differenziazione cellulare mediante l’attivazione di vie di
trasduzione di segnali. Un’alterata espressione di c-Kit è stata segnalata in un ampio
spettro di linee cellulari e tumori umani ed associata con la trasformazione e la
progressione neoplastica.
Gli studi condotti in ambito tiroideo sono limitati e con risultati contraddittori. Sebbene
studi molecolari, con impiego di differenti metodiche, abbiano evidenziato la perdita o
l’ipo-espressione del proto-oncogene c-Kit nei carcinomi papillari della tiroide rispetto
alle lesioni benigne, tanto da ipotizzandorne l’utilizzo come biomarcatore, i tre lavori di
immunoistochimica pubblicati in letteratura hanno riportato un’elevata percentuale di
positività nei carcinomi ben differenziati.
Scopo dello studio è stato quello di valutare l’espressione proteica di c-Kit nei carcinomi
papillari della tiroide, nelle lesioni benigne (adenomi/iperplasie) e nel tessuto sano e di
esplorare il valore diagnostico di tale marcatore.
L’analisi è stata condotta su 50 carcinomi papillari, nel corrispondente tessuto sano ed in
30 adenomi follicolari ed iperplasie nodulari, utilizzando l’anticorpo monoclonale CD117
(Dako, Denmark).
CD117 è risultato negativo in tutti i carcinomi papillari testati, mentre ha evidenziato
un’espressione variabile ed eterogenea, sia in termini di intensità di colorazione che di
percentuale di cellule positive, nel tessuto normale e nelle lesioni benigne. La positività
per CD117 era prevalentemente distribuita a livello di membrana.
I nostri risultati sono in accordo con i precedenti lavori di Natale et al. e di Tomei e al. che
riportano una perdita dell’espressione di c-Kit nei carcinomi papillari rispetto alle lesioni
benigne. Tali dati fanno ipotizzare un coinvolgimento del proto-oncogene c-Kit nella
trasformazione neoplastica dell’epitelio follicolare e la sua regolazione negativa
sembrerebbe indicare un ruolo nella differenziazione piuttosto che nella proliferazione
cellulare. L’impiego di tale marcatore, in associazione agli altri marcatori noti, come
Galectina 3, CK19, HBME-1 e Claudina-1, potrebbe rivelarsi uno strumento utile nella
diagnosi delle lesioni tiroidee a partenza dall’epitelio follicolare.
P-20
IPOTIROIDISMO PRIMITIVO AUTOIMMUNE TARDIVO IN PAZIENTE CON
MANCATA LATTAZIONE E DEFICIT DI GH E PROLATTINA IN PRESENZA
DI ANTICORPI DIRETTI CONTRO LE CELLULE SECERNENTI GH E
PROLATTINA C. Colella, A. Dello Iacovo, E. Lucci, E. Pane, A. Barbieri, T. Turino, A. Bizzarro1,
A. Bellastella, A. De Bellis
Cattedra di Endocrinologia - Dipartimento di Scienze Cardio-Toraciche e RespiratorieSeconda Università degli Studi di Napoli, 1 Cattedra di Allergologia e Immunologia
Clinica - Dipartimento Medico Chirurgico di Internistica clinica e sperimentale “F.
Magrassi- A. Lanzara”- Seconda Università degli Studi di Napoli Descriviamo la prima associazione di deficit combinato di GH e prolattina (PRL) da
processo autoimmune a carico delle cellule GH e PRL-secernenti in una paziente di 34
anni con deficit di lattazione post-parto e successivo ipotiroidismo primitivo autoimune.
L’anamnesi personale non evidenziava disfunzioni ipofisarie e quella familiare deponeva
per malattie autoimmuni tiroidee; l’esame obiettivo era nella norma. Gli esami di
laboratorio mostravano normali livelli delle gonadotropine in seguito alla normalizzazione
del ciclo dopo il parto, livelli di cortisolo basale e sotto stimolo nella norma, ma basse
concentrazioni di PRL ed IGF-1 ed insufficiente risposta del GH all’ipoglicemia
insulinica. Nonostante la funzionalità tiroidea valutata dopo il parto fosse nella norma, a 5
mesi dallo stesso è stato evidenziato un ipotiroidismo primario severo con valori di TSH
>100 mlU/L, comparsa degli anticorpi anti-tiroide assenti alla prima osservazione ed un
immagine ecografica suggestiva di tiroidite. Gli anticorpi anti-ipofisi (APA), dosati con il
metodo dell’immunofluorescenza indiretta e risultati positivi ad alto titolo (1:128), sono
stati successivamente rivalutati con doppia immunofluorescenza per identificare il tipo di
cellule ipofisarie verso cui erano diretti. E’ stata così evidenziata la presenza di APA
diretti contro cellule GH- e PRL- secernenti. Conclusioni: 1) In base alle nostre
conoscenze questa è la prima osservazione di un caso di deficit di GH con presenza di
APA diretti contro le cellule GH-secernenti associato ad ipoprolattinemia e deficit di
lattazione dopo il parto con APA diretti contro cellule PRL-secerneti e successiva
comparsa di ipotiroidismo autoimmune primitivo. 2) Considerando la ben nota
correlazione tra gravidanza ed autoimmunità, un precoce screening immunologico e
funzionale in donne che nel post-partum presentano deficit di lattazione, potrebbe essere
utile per evidenziare alterazioni della funzione ipofisaria e tiroidea anche in fase
subclinica.
P-21
SECREZIONE DI CHEMOCHINE INDOTTA DA CITOCHINE PROINFIAMMATORIE IN COLTURE PRIMARIE DI TIREOCITI UMANI.
F. Coperchini1, R. Sideri1, G. Groppelli1, L. de Martinis1, P. Pignatti2, C. Testoni2, F.
Magri1, S. Mariotti3, M. Rotondi1, L. Chiovato1
1
U.O. Med. Int. e Endocr, IRCCS Fond. S. Maugeri, Catt. di Endocr e Mal del Ric (Pavia)
2
U. O. Allergia e Immunologia, IRCCS Fond. S. Maugeri (Pavia)
3
Dip Sci Med, M. Aresu, Univ. Cagliari
Le chemochine sono citochine chemotattiche responsabili del reclutamento di diversi tipi
cellulari nel processo di infiltrazione linfocitaria caratteristica istopatologica delle
patologie autoimmuni. Studi precedenti hanno dimostrato che i tireociti sono in grado di
secernere chemochine CXC, in particolare CXCL8 e CXCL10. Tuttavia, il significato
fisiopatologico di questa secrezione ed i possibili effetti di diversi stimoli proinfiammatori sulla secrezione preferenziale di CXCL8 e CXCL10 non sono stati ancora
elucidati. Lo scopo di questo studio, è stato di valutare gli effetti della stimolazione con
citochine pro-infiammatorie singolarmente e/o in combinazione in termini di secrezione di
specifiche chemochine da parte dei tireociti umani. Le concentrazioni di CXCL8 and
CXCL10 sono state misurate nei supernatanti dei tireociti umani in coltura primaria in
condizioni basali e dopo 24 ore di incubazione con IFNγ (1000U/ml) e TNFα (10ng/ml),
singolarmente e in combinazione. In condizioni basali è stata rilevata la presenza di
CXCL8 ma non di CXCL10. Le due chemochine hanno presentato delle differenze
notevoli in termini di risposta alla stimolazione con le citochine pro-infiammatorie (IFNγ
e TNFα). Infatti, l’IFNγ ma non il TNFα induce una significativa (p<0.01) secrezione di
CXCL10 rispetto al basale. La secrezione basale di CXCL8, invece risultava
significativamente incrementata dopo stimolo con TNFα (p<0.01), mentre l’IFNγ
esercitava un significativo (p<0.01) effetto inibitorio sulla secrezione di CXCL8 sia basale
che TNFα-indotta. La combinazione di TNFα con IFNγ ha aumentato, in modo sinergico,
la secrezione di CXCL10 indotta dall’IFNγ (p<0.01), mentre ha modulato negativamente
la secrezione di CXCL8 indotta dal TNFα (p<0.01). Questi dati confermano che i tireociti
umani secenono le chemochine CXC e dimostrano che la secrezione preferenziale di
CXCL8 e CXCL10 è sostenuta da specifiche citochine pro-infiammatorie o dalla loro
combinazione. Il profilo chemochinico che ne risulta potrebbe avere un ruolo importante
nella determinazione della natura dell’infiltrato linfocitario che si presenta nelle malattie
tiroidee. Questi risultati rappresentano un supporto indiretto al ruolo importante di
CXCL10 nell’autoimmunità tiroidea, mentre
CXCL8 potrebbe essere coinvolta
nell’infiammazione correlata alla presenza di tumori.
P-22
INIBIZIONE DI CXCL8 INDOTTA DA INTERFERONI DI TIPO I E DI TIPO II
IN COLTURE PRIMARIE DI TIREOCITI UMANI
F. Coperchini1, R. Sideri1, G. Groppelli1, L. de Martinis1, E. Turla1, S. Lacerenza1, P.
Pignatti2, F. Magri1, M. Rotondi1, L. Chiovato1
1
U.O. Med. Int. e Endocr, IRCCS Fond. S. Maugeri, Catt. di Endocr e Mal del Ric (Pavia)
2
U. O. Allergia e Immunologia, IRCCS Fond. S. Maugeri (Pavia)
Gli Interferoni (IFNs) ed il tumor necrosis factor-α (TNF-α) cooperano nell’attivazione di
un gran numero di geni pro-infiammatori, correlati all’infiammazione cronica nelle
malattie autoimmuni della tiroide (AITD). I meccanismi dell’attivazione dei geni espressi
nell’AITD da parte degli IFNs sono stati ampiamente caratterizzati, mentre le modalità
con cui gli IFNs regolano negativamente questi geni sono ancora poco conosciute.
Gli IFNs inibiscono la secrezione di CXCL8 in diversi tipi di cellule umane. Tuttavia,
questo effetto inibitorio, non è mai stato descritto a livello dei tireociti.
Lo scopo di questo lavoro è stato di valutare gli effetti di TNF-α e IFN-α, β , γ sulla
secrezione di CXCL8 da parte di cellule tiroidee umane in coltura primaria.
Le concentrazioni di CXCL8 sono state misurate nei supernatanti cellulari in condizioni
basali e dopo 24 ore di incubazione con 10ng/ml di TNF-α. Gli esperimenti sono stati
ripetuti con l’aggiunta di 1000U/ml di IFN-α, IFN-β o IFN-γ per 24 ore. CXCL8 è stata
rilevata basalmente nei supernatanti dei tireociti umani (96.2±23.5 pg/ml). Lo stimolo con
TNF-α ha indotto un aumento significativo (p<0.0001) nella secrezione di CXCL8
(784.7±217.3 pg/ml).
IFN-α, IFN-β o IFN-γ inibivano significativamente sia la secrezione basale di CXCL8 che
quella indotta da TNF-α. L’effetto inibitorio relativo di ciascun IFN era: IFN-α<IFNβ<IFN-γ. Dai risultati di questo lavoro deriva che: i) tireociti umani in coltura primaria
secernono CXCL8 sia a livello basale che dopo stimolo con TNF-α; ii) IFN-α, β, γ sono in
grado di modulare negativamente la secrezione di CXCL8 sia a livelli basali che dopo
stimolo con TNF-α.
P-23
IMPATTO DELLA GRAVIDANZA SULLA PROGNOSI DEL CARCINOMA
DIFFERENZIATO DELLA TIROIDE: ASPETTI CLINICI E MOLECOLARI
S. Corvisieri 1, I. Messuti 1, F. Bardesono 1, R. Pellerito 2, B. Puligheddu 1, M. Volante
1
, F. Orlandi 1
Dipartimento Oncologia 1, Università di Torino, AO Mauriziano, Torino 2
In letteratura la maggior parte degli studi non dimostra correlazioni significative tra la
gravidanza e l’outcome del tumore tiroideo (DTC). L'unico studio in controtendenza ha
mostrato una forte associazione tra DTC diagnosticato in gravidanza e recidiva/persistenza
di malattia, utilizzando indicatori comunemente impiegati nel follow up. E’ stata inoltre
osservata una correlazione tra maggiore espressione del recettore estrogenico α (ERα) e
tumori diagnosticati in gravidanza (Vannucchi et al., 2010). MATERIALI E METODI:
Allo scopo di verificare la presenza di una correlazione fra gravidanza e out come del
DTC sono state retrospettivamente analizzate 340 pazienti, suddivise in 3 gruppi in base al
timing della diagnosi di DTC rispetto alla gravidanza (GRUPPO 1: diagnosi di DTC dopo
almeno due anni dal parto, GRUPPO 2: diagnosi durante la gravidanza o entro i due anni
successivi al parto, GRUPPO 3: nullipare alla diagnosi). È stata effettuata un’analisi
clinica e una valutazione immunoistochimica per l’espressione dei recettori estrogenici α e
β (ERα e ERβ), del recettore del progesterone (PGR) e dell’aromatasi. RISULTATI: I
nostri risultati dimostrano una percentuale di persistenza/recidiva di malattia nel gruppo 2
significativamente più elevata rispetto agli altri due gruppi (p: 0.02). A supporto è stata
osservata una differenza al limite della significatività (p: 0,052) dei valori di Tg
all’ablazione (di cui è riportato in letteratura il valore prognostico) che risultano più
elevati nelle pazienti del gruppo 2. Gli altri parametri clinici non hanno mostrato
differenze significative nei tre gruppi. L’analisi immunoistochimica ha mostrato una bassa
espressione di ERα, in discordanza col lavoro di Vannucchi,, di PGR e aromatasi,. Dato
originale è la elevata espressione, omogenea nei 3 gruppi, di ERβ, mai studiato nel DTC,
il cui ruolo è ancora poco noto in ambito oncologico. Emerge da alcuni studi su neoplasie
non tiroidee un possibile ruolo di tale recettore in senso anti-proliferativo, dato coerente
con la bassa aggressività biologica dei DTC. È stata anche confrontata l’espressione
recettoriale con diversi parametri clinico-patologici riscontrando un trend di significatività
(p: 0,07) nella minor espressione di ERα in presenza di tiroidite linfocitaria, analogamente
a quanto riportato in alcuni studi sul carcinoma della mammella, di cui non è noto il
significato. CONCLUSIONI: I nostri dati confermano un ruolo prognostico negativo
della gravidanza sul DTC. Ulteriori studi sono necessari per chiarire l’espressione di Erα
nel DTC.
P-24
DANNO EPATICO IN CORSO DI TERAPIA CORTICOSTEROIDEA AD ALTE
DOSI: CASE REPORT
D. Covelli, G. Vannucchi, I. Campi, N. Currò, P. Beck-Peccoz, M. Salvi
U.O.Endocrinologia e Diabetologia, Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità,
U.O.Oftalmologia, Fondazione Cà Granda IRCCS Ospedale Policlinico, Milano
Il trattamento di scelta per l’oftalmopatia basedowiana moderata-grave (OB) attiva è la
terapia corticosteroidea endovenosa. Il metilprednisolone ad alte dosi può dare tossicità
epatica diretta o immuno-mediata. Riportiamo il caso di una donna di 58 anni affetta da
ipotiroidismo iatrogeno per malattia di Graves trattata con I-131.Nel giugno 2011 per
attivazione di OB (CAS 8/10) si prescrivevano steroidi e.v.Data la normalità della
funzione epatica e della sierologia per HAV-HBC-HCV, la paziente iniziava la terapia (10
infusioni settimanali di metilprednisolone 500mg e 2 da 250mg) e per pregressa ischemia
cerebrale transitoria assumeva anche acido acetilsalicilico e rosuvastatina. Dalla
6°infusione si assisteva ad un progressivo incremento di AST/ALT con sierologia
invariata, steatosi epatica all’ecografia e ASMA positivi. Nel sospetto di epatite
autoimmune slatentizzata dalla somministrazione pulsatile di steroide la terapia veniva
terminata con infusioni da 250 mg fino alla stabilizzazione degli enzimi epatici ed
inattivazione di OB. A 3 settimane dalla sospensione per ulteriore rialzo di AST/ALT con
alterazione di GGT, albumina e ALP la paziente veniva ricoverata. I markers virologici
erano invariati, la RMN addome concordava con l’ecografia, gli Abanti HEV-CMV-EBVVZV e l’HBV-DNA assenti e ceruloplasmina, ferritina, transferrina ed alfa-1-antitripsina
nella norma.Alla biopsia epatica riscontro di necrosi centro-lobulare, infiltrato di
monocitici, eosinofili e plasmacellule, non steatosi. Spontanea normalizzazione dei valori
a 6mesi. L’ipotesi di epatite autoimmune suggerita dalla positività di ASMA non viene
confermata dal quadro bioptico. Non si può escludere una reazione idiosincrasia alla
statina o un effetto tossico diretto dello steroide
P-25
CARCINOMA PAPILLIFERO INVASIVO INFILTRANTE. TIROIDECTOMIA E
LINFADENECTOMIA RADICALE ASSOCIATE A RESEZIONE ANASTOMOSI
TRACHEALE. CASE REPORT.
A. Cuttitta, D. De Martino, G. Scaramuzzi
IRCCS “Casa Sollievo della Sofferenza” – S. Giovanni Rotondo (FG), UOC Chirurgia II
Il coinvolgimento delle vie aeree da parte di un Carcinoma differenziato (IWDTC) della
tiroide, è generalmente un poco comune ma importante problema clinico. E’ noto come
l’infiltrazione tracheale vada ad aggiungersi ai classici fattori prognostici negativi del Ca
tiroideo differenziato costituiti dall’età >45 aa, dalla presenza di metastasi a distanza, dal
volume del tumore > 4cm e dall’istotipo papillifero non puro. E’ anche noto come il
livello di invasione tracheale costituisca un parametro importante nella prognosi non come
tale, ma in quanto condizionante la radicalità del trattamento chirurgico. I vari AA sono
concordi nel riservare un trattamento chirurgico aggressivo con resezione estesa anche a
4-5 anelli tracheali ai casi con infiltrazione transmurale della trachea con vegetazioni
endoluminali e/o substenosi. Il caso clinico del video riguarda una paziente di sesso
femminile di 74 aa con anamnesi remota di gozzo cervico mediastinico e recente
insorgenza di tosse notturna e sintomatologia compressiva. Studio preoperatorio condotto
con :Rx torace : neg; Consulenza ORL( ipomobilità della corda vocale destra)
;Fibrotracheoscopia (neoformazione vegetante parete postero laterale destra della trachea)
; Biopsia( ca papillifero della tiroide); ETG collo - TC total body – RM collo :T4b, N1b
Mo / invasione tracheale (stadio IV sec. Shin e Grillo).
L’intervento è stato condotto eseguendo una tiroidectomia totale in blocco con il segmento
di trachea infiltrato a tutto spessore dalla neoplasia per una estensione di 3 anelli associato
a linfadenectomia radicale del collo bilaterale. La ricostruzione tracheale è stata effettuata
contestualmente con anastomosi trache-traceale in piano unico. Il decorso postoperatorio
si è così sviluppato:
IOT fino alla 5^ giornata post.op
Necessità di terapia steroidea post op per airway edema
Incoordinazione motoria transitoria (NPT)
Fonazione corretta
Logopedia
Dimissione in 30^ giornata post.op
I 131 terapia
Paziente vivente a 18 mesi dall’intervento
P-26
IPOTIROIDISMO
IN CORSO
DI IPERSTIMOLAZIONE OVARICA
CONTROLLATA
S. Del Ghianda, E. Loconte, M. Ruggiero, E. Benelli, P.G. Artini, V. Cela, T.
Simoncini, F. Latrofa, P. Vitti, M. Tonacchera
Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università di Pisa
Descriviamo il caso di una donna di 28 anni che si recava presso il centro per la
procreazione medicalmente assistita per la valutazione di infertilità. La donna presentava
cicli mestruali regolari associati a normale funzione ovarica. Gli accertamenti eseguiti due
anni prima mostravano una normale funzione della tiroide; in tale occasione non veniva
valutata la presenza di autoanticorpi diretti verso antigeni tiroidei. La valutazione del
marito evidenziava una quadro di oligoastenospermia grave per il quale la coppia veniva
indirizzata verso la tecnica dell'iniezione intracitoplasmatica di spermatozoi (ICSI).
Veniva pertanto intrapreso il protocollo di iperstimolazione ovarica controllata (COH) e
nel decimo giorno si evidenziava la presenza di 5 follicoli con diametro maggiore di 16
mm e valori di estradiolo di 1869 pg / ml. Dopo 36 ore dall’iniezione di hCG veniva
eseguito il prelievo transvaginale ecoguidato dei follicoli e, dopo ICSI, un embrione
veniva trasferito nell’ultero in seconda giornata. Il mancato incremento sierico della β hCG rivelava il fallimento della procedura. Durante la COH la donna veniva sottoposta a
monitoraggio della funzione tiroidea; in particolare venivano misurati TSH, FT3, FT4,
AbTg e AbTPO prima dell’inizio della somministrazione rhFSH, dopo 6 giorni e durante
il prelievo dell'oocita. Il prelievo basale mostrava valori sierici elevati di TSH (TSH 7,64
mcU/ml), valori ai limiti inferiori della norma di FT4 (FT4 6,2 pg/ml), normali valori di
FT3 (FT3 2.76 pg/ml) e la presenza di autoanticorpi anti-tireoglobulina [AbTg 227,22
U/ml (<30)] senza autoanticorpi tireoperossidasi (TPOAb). Dopo 6 giorni i valori di TSH
subivano un importante aumento (TSH 33,2 mcU/ml) con FT4 ulteriormente ridotto (FT4
5,0 pg/ml) e FT3 nella norma (FT3 2.81 pg/ml). L’aumento del TSH sierico era ancora più
evidente al prelievo effettuato in occasione del prelievo ovocitario (TSH 61,3 mcU/ml)
mentre i valori di FT4 e FT3 erano al limite inferiore della norma (FT4 4,8 pg/ml, FT3
2,54 pg/ml). La funzione tiroidea veniva studiata un mese dopo la COH e risultava
perfettamente nella norma [TSH 2,03 mcU/ml (0,4-3,4); FT4 8,8 pg/ml (7,0-17,0); FT3
2,03 pg/ml (2,7-5,7)]. Il caso clinico evidenzia che una donna con tiroidite autoimmune
può sviluppare ipotiroidismo durante COH; l’effetto di questo ipotiroidismo sulla ICSI
non è conosciuto; pertanto è consigliabile che le donne che devono eseguire tale procedura
eseguano uno screening della funzione tiroidea e della presenza di autoimmunità tiroidea.
P-27
LA FUNZIONE TIROIDEA IN DONNE SOTTOPOSTE A IPERSTIMOLAZIONE
OVARICA CONTROLLATA
S. Del Ghianda, E. Benelli, M. Ruggiero, P. Artini, T. Simoncini, E. Loconte, P. Vitti,
M. Tonacchera.
Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università di Pisa
Obiettivo. La funzione tiroidea e quella ovarica sono strettamente correlati, prima e
durante la gravidanza. Il momento ottimale per studiare gli effetti dell’asse gonadico sulla
funzione tiroidea è durante le procedure di iperstimolazione ovarica controllata (COH),
che determina elevati livelli di estrogeni sierici e di TBG. Dati precedenti in letteratura
hanno indicato un aumento dei livelli sierici di TSH dopo circa venti giorni dall’inizio
della COH. Tale procedura puo’ avere un impatto maggiore sulla funzione tiroidea nelle
donne con tiroidite autoimmune. Lo scopo del nostro studio è stato quello di indagare le
modificazioni precoci di TSH, FT3 e FT4 nelle donne sottoposte a COH.
Pazienti e metodi. Sono state valutate 34 donne sottoposte a COH per cause diverse
(sindrome dell'ovaio policistico, malattie tubariche, infertilità maschile). TSH, FT4, FT3,
tireoglobulina (Tg), TBG, anticorpi anti-tireoglobulina e anti-tireoperossidasi sono stati
misurati in tutti i soggetti all'inizio della COH, dopo sei giorni, durante l'aspirazione
follicolare transvaginale degli oociti e dopo due settimane. La COH è stata effettuata con
FSH ricombinante e rhHCG con un protocollo lungo che utilizza un agonista del GnRH
oppure con un protocollo flessibile che si avvale di un antagonista GnRH. L’rhHCG è
stato somministrato quando almeno due follicoli raggiungevano un diametro medio di 18
mm. Dopo circa 36 ore, sono stati recuperati gli ovociti mediante aspirazione follicolare
transvaginale. È stata infine effettuata la fecondazione in vitro o l’iniezione
intracitoplasmatica dello spermatozoo con successivo trasferimento degli embrioni in
utero. Risultati. I valori sierici di TSH sono diminuiti dopo sei giorni dalla stimolazione
rispetto ai valori basali (da 2,15 ± 1,35 a 1,52 ± 0,89 µU / ml, p <0.05); con successivo
incremento dopo due settimane (da 2,15 ± 1,35-2,29 ± 1,80 µU / ml, p> 0.05). Abbiamo
inoltre osservato un lieve aumento di FT3 e FT4 (non significativo statisticamente)
durante le due settimane successive alla stimolazione.
Conclusione. Questo studio ha mostrato una riduzione precoce dei valori di TSH sierico
dopo COH. Ipotizziamo un possibile effetto diretto sull’asse ipotalamo-ipofisi-tiroide
conseguenza dell’incremento acuto dei valori sierici di FSH e dell’iperestrogenismo.
P-28
TIREOPATIE SECONDARIE ALL’USO DI FARMACI BIOLOGICI IN
PAZIENTI AFFETTI DA TUMORI NEUROENDOCRINI
M. Del Prete1, V. Marotta1, V. Ramundo1, F. Marciello1, A.C. Carratù1, R. Esposito1,
C. De Luca Di Roseto1, A. Colao1, A. Faggiano2
1
Dipartimento di Endocrinologia e Oncologia Molecolare e Clinica, AOU Federico II,
Napoli,2Endocrinologia, National Cancer Institute, Fondazione “G. Pascale”, Napoli
Introduzione: Attualmente, i farmaci biologici maggiormente usati in endocrinologia
oncologica sono Inibitori tirosino-chinasici (sunitinib, sorafenib) e Inibitori di mTOR
(everolimus, tenserolimus). Tali farmaci sembrano avere una serie di effetti collaterali
endocrini, tra cui alterazioni della funzione tiroidea, della fertilità e della funzione
gonadica. Obiettivo: Valutare l’effetto di sunitinib ed everolimus sulla funzione tiroidea
in pazienti con tumori neuroendocrini. Materiali & Metodi: dal gennaio 2010 sono stati
arruolati 14 pazienti consecutivi (4 M e 10 F, età media: 50 anni; range: 25-65) con
tumore neuroendocrino ben differenziato in progressione metastatica loco-regionale o a
distanza. Di questi, 8 pazienti erano affetti da NET del pancreas, 2 paziente da NET
duodenale e 4 pazienti da paragangliomatosi maligna. Otto pazienti erano in trattamento
con sunitinib e 6 pazienti in trattamento con everolimus. Tutti i pazienti sono stati
sottoposti a dosaggio degli ormoni tiroidei ed ecografia tiroidea prima di cominciare
terapia con farmaci biologici e dopo 6 mesi di trattamento.Risultati: Degli 8 pazienti in
trattamento con sunitinib, tutti sviluppavano ipotiroidismo con quadro ecografico di
tiroidite (valori medi di TSH basali 1.8 µU/mL e dopo sei mesi di trattamento 39 µU/mL),
con evidenza di positività degli anticorpi anti-tireoglobilina e anti-tireoperossidasi in 1
degli 8. Il paziente con positività anticorpale presentava un quadro iniziale di
ipertiroidismo al controllo a 3 mesi, che richiedeva terapia con farmaci antitiroidei e un
successivo quadro di ipotiroidismo severo (TSH 146,9 µU/mL) al controllo a 6 mesi, che
determinava la sospensione della terapia con farmaci antitiroidei e l’inizio di terapia
sostitutiva con levo-tiroxina. Dei pazienti in trattamento con everolimus, 2 su 6
manifestavano dopo 6 mesi di trattamento un quadro di ipotiroidismo subclinico in
assenza di positività anticorpale e con quadro ecografico di tiroidite. In totale 8 di 14
pazienti richiedevano terapia sostitutiva con levo-tiroxina. Conclusioni: La funzionalità
delle ghiandole endocrine deve essere costantemente monitorata in corso di terapia con
farmaci biologici attraverso opportuni dosaggi ormonali. Le terapie biologiche con
inibitori tirosino-chinasici in maniera particolare e inibitori di mTOR in minor misura si
associano ad una frequente compromissione della funzione tiroidea in pazienti con tumori
neuroendocrini. Un trattamento medico specifico è richiesto nella maggior parte dei casi
di disfunzione tiroidea, che non richiede tuttavia una interruzione della terapia
antitumorale.
P-29
METASTASI OVARICA DA CARCINOMA PAPILLIFERO DELLA TIROIDE
S. Della Casa1, C. Policola1, B. Altieri1, G.P. Sorice1, C. Cipolla1, G. Fadda2, A.
Pontecorvi1
1
UOC di Endocrinologia e Malattia del Ricambio e 2Istituto di Anatomia Patologia,
Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma.
Il Carcinoma papillare della tiroide (PTC) è la forma più comune di tumore maligno della
tiroide con una prognosi in genere favorevole in quanto si limita al collo, con o senza
diffusione ai linfonodi regionali. Metastasi a distanza sono rare e includono
principalmente polmone e osso. Presentiamo il caso di una paziente di 18 anni che ha
presentato metastasi ovariche da PTC. La paziente è stata sottoposta nel 2005 a
tiroidectomia totale e linfoadenectomia per nodulo ipoecogeno con microcalcificazioni.
L’esame istologico documentava la presenza di “carcinoma papillare varietà follicolare
ed infiltrazione della muscolatura striata e della capsula tiroidea, multifocale, bilaterale
(pT3mN+); metastasi linfonodale da carcinoma”. Successivamente ha eseguito terapia
ablativa radiometabolica (70 mCi); all’esame scintigrafico post-terapia si evidenziava area
iodofissante attribuibile a residuo tiroideo post-chirurgico, confermato da una ecografia
del collo. È stata pertanto sottoposta a reintervento con asportazione del tessuto tiroideo
residuo nello stesso anno (istologico: “microfocolaio da carcinoma papillare”). Durante il
follow-up, per la presenza di esteso interessamento secondario scheletrico e multiple
localizzazioni parenchimali, ha effettuato ripetuti cicli di terapia radiometabolica, per un
totale di 620 mCi. Dal gennaio 2010 la paziente è stata seguita con l’effettuazione di
follow-up ecografici ogni 6 mesi per la presenza a livello annessiale sinistro di una
formazione espansiva del diametro complessivo di 37x25mm con all'interno due aree
iperecogene e annessiale destro di una formazione di 35 mm a struttura complessa con
all’interno due piccoli nuclei iperecogeni di 15 e 9 mm con calcificazioni ed una
formazione anulare ecogena di 15 mm. Le formazioni descritte a livello ovarico, per i loro
caratteri ecografici erano state riferite in prima ipotesi a teratoma bilaterale. Nel giugno
2012 si decide di sottoporre la paziente ad intervento di mini-laparotomia con
asportazione delle lesioni cistiche ovariche bilaterali; l’istologico deponeva a destra per
“cisti a parete spessa con calcificazioni” e a sinistra per “localizzazione di neoplasia a
struttura papillare con calcificazioni, incisure e pseudo inclusi nucleari, positiva per
HBME-1, Galectina-3 e Tireoglobulina”. La particolarità del caso descritto è da
ricondursi alla estrema aggressività della neoplasia e alla particolare sede di metastasi. In
letteratura sono riportati pochi casi di carcinoma papillifero derivato da uno struma ovarii,
ma a nostra conoscenza casi di metastasi ovarica a partenza tiroidea sono estremamente
rari.
P-30
LA DESIODASI D3 È UN NUOVO MARKER DEL CANCRO DEL COLON
UMANO
M. Dentice, R. Ambrosio, A. Sibilio, M.A. De Stefano, C. Bonelli, F. L. Trivisano, F.
Alfano, M.G. Langella, G. Fenzi e D. Salvatore
Dipartimento di Endocrinologia ed Oncologia Molecolare e Clinica. Università di Napoli
“Federico II”
La desiodasi di tipo III (D3) è il principale inattivatore fisiologico dell’ormone tiroideo,
ed è caratterizzata come una proteina oncofetale, la cui espressione, elevata durante
l’embriogenesi, è drasticamente attenuata nell’adulto. La riattivazione della D3 è invece
associata a processi iperproliferativi e nella patogenesi di diversi tumori umani e murini. Il
pathway di Wnt è un regolatore critico nella carcinogenesi, e mutazioni nel gene APC
inducono un aberrante accumulo della β -catenina e sono la causa genetica della politosi
familiare del colon.
Questo studio ha dimostrato che la D3 è un nuovo target diretto del pathway di Wnt che
esercita un duplice controllo sulle desiodasi D2 e D3. Mediante attivazione di D3 e
repressione di D2, il pathway di Wnt contribuisce ad attenuare il segnale dell’ormone
tiroideo nel microambiente delle cellule tumorali del colon, influenzandone il potenziale
proliferativo e la tumorigenesi. La duplice azione di b-Catenina su D2 e D3 porta ad una
forte riduzione dello stato tiroideo locale che facilita la proliferazione cellulare e blocca il
differenziamento. Al contrario, i nostri dati indicano che il trattamento di cellule di cancro
di colon, CaCo-2 con dosi soprafisiologiche di ormone tiroideo, stimola il
differenziamento e riduce il potenziale proliferativo. Questi dati in vitro hanno ricevuto
piena conferma dall’analisi dell’effetto dell’ormone tiroideo sulla crescita tumorale in
vivo. Cellule CaCo-2 in cui il segnale dell’ormone tiroideo è amplificato mediante la
deplezione della D3 sono state inoculate in topi nudi e la crescita tumorale è stata seguita
nelle seguenti tre settimane, confermando che le cellule con segnale tiroideo aumentato
hanno un potenziale tumorigenico drasticamente ridotto, se confrontate con le cellule di
controllo. Infine, abbiamo valutato l’espressione della D3 in un’ampia coorte di tumori
umani del colon ed abbiamo osservato una forte correlazione tra l’espressione di D3 e la
tumorigenesi del colon. Inoltre, l’espressione di D3 correla in maniera molto chiara con il
grading tumorale, ed in particolare con le fasi iniziali della tumorigenesi.
I nostri dati dimostrano dunque una nuova interazione tra i pathways dell’ormone tiroideo
e di Wnt. Questo lavoro inoltre propone che la regolazione dell’espressione delle
desiodasi D2 e D3 e le conseguenti alterazioni dello stato tiroideo locale siano uno
strumento valido nel controllo della proliferazione delle cellule di cancro del colon. Infine,
i nostri dati indicano che la D3 può essere considerata un nuovo marker tumorale nella
tumorigenesi del colon nell’uomo.
P-31
L’ORMONE TIROIDEO MEDIA L’ATTENUAZIONE DI SHH MEDIANTE IL
SEGNALE CAMP/PKA NELLE CELLULE DI BASALIOMA
M. Dentice, A. Sibilio, R. Ambrosio, C. Bonelli, V. Torre, F. Alfano, C. Catalini, G.
Fenzi, D. Salvatore
Dipartimento di Endocrinologia ed Oncologia Molecolare e Clinica. Università di Napoli
“Federico II”
L’ormone tiroideo è un mediatore critico del metabolismo e differenziamento cellulare. La
sua azione è mediata dall’attivazione di T4 in T3, una reazione di deiodinazione
catalizzata dalle selenodesiodasi di tipo 1 e di tipo 2 (D1 e D2). L’inattivazione di T4 e T3
è invece catalizzata dalla selenodesiodasi di tipo 3 (D3). Le azioni sinergiche delle tre
selenodesiodasi costituiscono un potente meccanismo di regolazione pre-recettoriale
svolto dall’ormone tiroideo a livello cellulare.
Studi condotti nel nostro laboratorio hanno dimostrato che la D3 è un nuovo target del
pathway di Shh/Gli2 nei cheratinociti e nelle cellule di basalioma. La over-espressione
della D3 è un evento critico nella tumorigenesi dei basaliomi in cui un eccesso di T3
blocca la proliferazione, inducendo apoptosi e blocco del ciclo cellulare in G1. Il nostro
lavoro ha dimostrato che la T3 regola la tumorigenesi dei basaliomi mediante un controllo
della stabilità del fattore trascizionale Gli2, il principale effettore di Shh nella pelle.
Poichè Gli2 è regolato a livello post-trascrizionale dal segnale del cAMP/PKA, abbiamo
valutato l’effetto della T3 sul segnale del cAMP che culmina nella regolazione di
promotori target da parte del fattore trascrizionale CREB. A tale scopo, cellule di
basalioma sono state trasfettate con due costrutti responsivi a CREB, 5xCRE-Luc e cJunLuc e trattate con un eccesso di T3. In tali condizioni, la T3 è in grado di indurre
attivazione dei promotori responsivi a PKA, suggerendo che la T3 possa regolare Gli2
inducendo il segnale dell’cAMP/PKA. Per dimostrare tale ipotesi, abbiamo trattato le
cellule con T3 in presenza di due noti inibitori di PKA, H89 e PKI. In entrambi i casi,
l’azione della T3 su Gli2 risulta significativamente ridotta, dimostrando che tale azione
richiede la mediazione del signaling di PKA.
I nostri dati dati dimostrano un cross talk tra l’azione dell’ormone tiroideo e il signaling
dell’cAMP che si dimostra dunque un duplice regolatore del metabolismo periferico degli
ormoni tiroidei, mediando sia l’attivazione trascrizionale della D2, sia la repressione della
D3.
P-32
CONTEMPORANEA PRESENZA DI CARCINOMA MIDOLLARE E
PAPILLIFERO DELLA TIROIDE: CASE REPORT.
A. Elefante, E. Palermo, S. Pistone, B.A.Ierardi, F. Lo Pomo.
U.O.C. Endocrinologia, Malattie Metaboliche e Nutrizione Clinica. Azienda Ospedaliera
Regionale S. Carlo, Potenza
Il carcinoma papillifero e il carcinoma midollare sono due differenti neoplasie che
possono colpire la ghiandola tiroidea; il carcinoma papillifero rappresenta un tumore più
frequente e meno aggressivo rispetto a quello midollare. La contemporanea presenza di
entrambe le neoplasie costituisce un evento piuttosto raro.
Riportiamo il caso di una paziente di 45 anni presentatasi presso il nostro ambulatorio per
il riscontro occasionale di elevati livelli di anticorpi anti-tireoperossidasi con conservata
funzionalità tiroidea. All’ecografia tiroidea si è dimostrata la presenza di 2 noduli
ipoecogeni a margini ben definiti, il primo situato nel lobo sinistro con aumentata
vascolarizzazione di 9 mm, il secondo al lobo destro di 4 mm. Il dosaggio della
calcitonina eseguito successivamente ha riportato la presenza di livelli aumentati di tale
ormone (37.9 pg/ml). La paziente è stata sottoposta ad esame citologico del nodulo
dominante con dosaggio di calcitonina su liquido di lavaggio; l’esame citologico è
risultato inadeguato per diagnosi su 2 prelievi eseguiti in tempi diversi, mentre il liquido
di lavaggio ha evidenziato livelli di calcitonina pari a 2000 pg/ml. Il test di stimolo
mediante infusione calcica mostrava un picco di calcitonina dopo 2 minuti di 133 pg/ml.
Lo screening per neoplasia endocrina multipla è risultato negativo.
La paziente è stata, quindi, sottoposta ad intervento di tiroidectomia totale con
linfoadenectomia del compartimento centrale. L’esame istologico ha confermato la
presenza di un carcinoma midollare della tiroide di 4 mm al lobo sinistro e
sorprendentemente di un microcarcinoma papillifero variante follicolare di 4 mm al lobo
destro. Il test genetico per le mutazioni dell’oncogene ret è in corso.
Questo caso conferma come l’occasionale riscontro del microcarcinoma papillifero della
tiroide rappresenti un’evenienza clinica sempre più frequente, così come la coesistenza nei
medesimi casi di tiroidite linfocitaria possa avere delle implicazioni prognostiche
sfavorevoli . Il riscontro poi di due istotipi distinti di neoplasia tiroidea nello stesso
paziente supporta i tentativi di chiarire se esistano pathways comuni nella tumorigenesi
coinvolgente sia le cellule follicolari che quelle parafollicolari tiroidee.
P-33
ALTERAZIONI DELLA FUNZIONE TIROIDEA IN 28 PAZIENTI AFFETTI DA
β-THALASSEMIA
A. Farese, M.R. Campo, G. Cardinale, A. Conserva, M. Cignarelli.
Cattedra di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo, Azienda OspedalieroUniversitaria Ospedali Riuniti Foggia
INTRODUZIONE-Scarse informazioni esistono sulle alterazioni della funzione tiroidea
nei pazienti affetti da β -thalassemia major. SCOPO-Nel nostro studio, abbiamo voluto
esplorare la frequenza delle alterazioni funzionali tiroidee in pazienti con β -thalassemia
major e thalassemia intermedia sottoposti a regime trasfusionale sin dalla nascita.
L’incidenza di altri deficit endocrini concomitanti e/o parametri relativi al livello di
emosiderosi sono state anche valutate. MATERIALI E METODI-Oggetto del nostro
studio sono stati 28 pazienti (M/F 15/13), 24 adulti (età media 35.42 anni, range 17-50) e
4 bambini (età media 10.5, range 8-12) affetti da thalassemia major (n.23), thalassemia
intermedia (n.2), drepanocitosi e anemia diseritropoietica (n.3). I pazienti sono stati
sottoposti a periodiche visite di controllo, esami ematochimici ed ormonali, test dinamici
(OGTT, GHRH+Arginina) ed esami strumentali (densitometria ossea, ecocardiogramma,
ecografia del collo). RISULTATI - Abbiamo riscontrato la presenza di ipotiroidismo
primario in 6 pazienti ovvero nel 21.4% dei casi (M/F 5/1, 33%/7.7%), ipogonadismo
ipogonadotropo in 14 (50 %), deficit severo di GH in 6 (21.4%), diabete mellito in 3
soggetti (8.6%), l’ipoparatiroidismo in 1 (3%), osteoporosi in 13 (46.4%), osteopenia in 5
(17.9 %) e cardiopatia dilatativa in 9 (21.1 %). Abbiamo inoltre suddiviso i pazienti in
quartili di età ed abbiamo osservato che all’aumentare dell’età aumenta l’incidenza di
deficit ormonali e che le patologie a più precoce insorgenza sono l’ipotiroidismo e
l’ipogonadismo. Ventiquattro dei 28 pazienti (20 adulti e 4 bambini) sono stati sottoposti
ad ecografia del collo che ha mostrato un volume tiroideo medio di 8.4 ml (range 2.5-30
ml); ecostruttura disomogenea in 12 pazienti (50%) ed ipoecogena in 11 (45%). Tutti i
pazienti con ipotiroidismo mostravano ecogenicità ridotta o disomogenea. Vi è stato
inoltre riscontro di patologia nodulare tiroidea in 3 adulti (12.5%). CONCLUSIONIQuesti risultati rafforzano l'importanza di eseguire regolare follow-up della funzione
tiroidea nei pazienti affetti da β-thalassemia major. In particolare, la precoce e frequente
insorgenza di ipotiroidismo riscontrata nel nostro studio suggerisce fortemente la necessità
di un monitoraggio tempestivo nei pazienti pediatrici, viste le ben note problematiche
connesse alla crescita di questi ultimi pazienti. Al contrario delle forme associate a
tiroiditi autoimmuni, l’ipotiroidsmo nella β -thalassemia colpisce più frequentemente i
soggetti di sesso maschile.
P-34
STUDIO SU 261 CASI DEL POTENZIALE AGGRESSIVO DEL
MICROCARCINOMA SECONDO LE CARATTERISTICHE FENOTIPICHE
CLINICO-ISTOLOGICHE
§
A. Farese, §M.R. Campo, §A. Conserva, §G. Cardinale, §O. Lamacchia, *A. Fersini,
*N. Tartaglia, #A. Ciampolillo, &A. Maiorano, #F. Giorgino, §M. Cignarelli
§
Unità di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo; *Unità di Chirurgia Universitaria,
Università di Foggia; &Dpt. di Anatomia Patologica; #Dpt. di Medicina Interna,
Endocrinologia, Andrologia e Malattie Metaboliche, Università di Bari.
PREMESSE - Il microcarcinoma (≤ 10 mm, MTC) è il più diffuso tra i tumori
differenziati epiteliali della tiroide. Sebbene mostri lenta evoluzione, alcune particolari
forme possono avere un potenziale aggressivo e non esistono attualmente univoche
indicazioni per il trattamento e follow-up di questi tumori. Scopo del nostro studio è stato
quello di analizzare alcune caratteristiche fenotipiche clinico-istologiche di pazienti
operati per MTC, al fine di individuare quelle associate alla diffusione loco-regionale ed al
tasso di recidive del tumore. METODI - Abbiamo valutato 261 pazienti con diagnosi di
MTC residenti in Puglia, 208/53 F/M (79.7/20.3%), età media 47±13 anni (range 17-76)
con un follow-up medio di 66±61 mesi (range 1-480). Sono stati analizzati i seguenti
parametri: familiarità, multifocalità, bilateralità, incidentalità, presenza di metastasi locoregionali e a distanza e tasso di recidiva. RISULTATI - Dei 261 casi analizzati, 16 (6.1%)
sono risultati essere familiari, 81 (31%) multifocali, 57 (21.8%) bilaterali, 125 (47.9%)
incidentali, 33 (12.6%) affetti da metastasi loco regionali alla diagnosi e 4 (1.5%) a
distanza. In 8 pazienti (3.1%) è stata riscontrata recidiva locale durante il follow-up e di
questi nessuno presentava un tumore < 5 mm alla diagnosi. La prevalenza di metastasi
linfonodali (N1) alla diagnosi è risultata essere del 12.6%, il 66.7% di questi nel gruppo di
pazienti con età <45aa. La prevalenza di N1 alla diagnosi nei tumori non incidentali è
risultata essere superiore rispetto agli incidentali (20.6% vs 4%, p <0.0001) così come la
frequenza di recidive (5.1% vs 0.8%, p= 0.043). Inoltre, la frequenza di recidive è risultata
essere correlata con la presenza di N1 alla diagnosi (p=0.032), con la multifocalità
(p=0.006) e la non incidentalità del tumore (p=0.042). Infine il rischio di recidiva è
risultato essere maggiore nel gruppo di soggetti con età < 45 anni, anche se la differenza
non ha raggiunto la significatività statistica (p=0.068). CONCLUSIONI - Anche i nostri
dati dimostrano che l’MTC non presenta un basso potenziale aggressivo in tutti i pazienti.
Abbiamo osservato una maggior frequenza di N1 alla diagnosi e di recidive nel gruppo di
pazienti con tumore non incidentale e con diametro > 5 mm. In attesa di conferme dal
prolungamento dello studio, l’età<45 aa sembra un potenziale fattore di rischio nel nostro
gruppo di pazienti.
P-35
IPOTIROIDISMO IN GIOVANI ADULTI GUARITI DA UN TUMORE
DELL’ETA’ EVOLUTIVA
F. Felicetti1, N. Fortunati1, F. Lazzarato2, D. Di Cuonzo2, P. Chiabotto3, A.
Corrias3, E. Brignardello1
1 Unità di Transizione per Neoplasie Curate in Età Pediatrica - AO Città della Salute e
della Scienza, Torino, 2 Epidemiologia dei Tumori – CPO Piemonte & Università degli
Studi di Torino, Torino, 3 Endocrinologia Pediatrica - AO Città della Salute e della
Scienza, Torino
Introduzione. Il rischio di ipotiroidismo negli adulti guariti da un tumore pediatrico è ben
documentato, ma tale rischio è spesso sottovalutato e non vi è accordo su quale sia la reale
incidenza di tale patologia nei cosiddetti “childhood cancer survivors” (CCS).
Pazienti e metodi. Sono stati analizzati retrospettivamente i dati sulla funzionalità tiroidea
di un gruppo di pazienti curati per un tumore pediatrico fra il 1973 e il 2007 ed
attualmente seguiti presso una struttura dedicata al follow-up a lungo termine dei CCS. In
tutti i pazienti sono stati valutati, con cadenza annuale, TSH ed fT4; nei soggetti con
alterazioni della funzionalità sono stati valutati anche fT3 e l'autoimmunità anti-tiroidea.
Risultati. Sono stati inclusi nello studio 342 soggetti (M 199; F 143). La maggior parte
dei pazienti aveva una pregressa diagnosi di malattia oncoematologica (n=241), 51 erano
stati curati per un tumore cerebrale e 38 per neoplasie mesenchimali, prevalentemente
osteosarcomi. L'età mediana alla diagnosi è risultata di 9,8 anni (range 0,5-19 anni); l'età
mediana al momento dello studio era di 26,4 anni (range 19-49 anni), con un tempo medio
di follow-up di 17,2 anni. Quasi tutti i pazienti (95%) avevano ricevuto un trattamento
chemioterapico, mentre il 59% era stato trattato con radioterapia coinvolgente la loggia
tiroidea. 82 pazienti erano stati sottoposti a trapianto di midollo osseo (TMO),
condizionato con irradiazione corporea totale in circa la metà dei casi (n=44).
Ipotiroidismo primitivo, prevalentemente subclinico (86%), è stato diagnosticato in
57/342 pazienti (16,6%). La latenza media fra le terapie antitumorali e la comparsa di
ipotiroidismo è risultata di 11,2±6,2 anni (X±SD). Sono risultati a maggior rischio di
ipotiroidismo primitivo i pazienti sottoposti a RT su capo, collo o parte alta del torace
(p<0,001) e quelli sottoposti a TMO (p<0,05). Ipotiroidismo secondario è stato invece
riscontrato in 9 soggetti (2,6%), tutti sottoposti a radioterapia encefalica ad alte dosi per
neoplasie del SNC. La latenza media fra il trattamento radioterapico e la comparsa di
ipotiroidismo secondario è risultata di 4,5±4,2anni (X±SD).
Conclusioni. I CCS hanno un elevato rischio di sviluppare ipotiroidismo primitivo, e
questo rischio è significativamente maggiore nei pazienti irradiati al collo e/o sottoposti a
trapianto di midollo osseo. L’elevata prevalenza e la lunga latenza fra il trattamento
antitumorale e l'insorgenza dell'ipotiroidismo sottolineano la necessità di seguire nel
tempo questi soggetti.
P-36
ASSOCIAZIONE SIGNIFICATIVA FRA TIREOPATIE AUTOIMMUNI E
SINDROME DELL’OVAIO POLICISTICO
S. Garelli1, J. Turra1, S. Masiero1, D. Faggian2, M. Plebani2, S. Chen3, J. Furmaniak3,
B. Rees Smith3, M.E. Girelli1, D. Armanini1, C. Betterle1
1
U.O. Endocrinologia, Dipartimento di Medicina, Università di Padova
2
Dipartimento di Scienze Medico-Diagnostiche e Terapie Speciali, Università di Padova
3
FIRS Laboratories, Cardiff UK
Contesto: negli ultimi anni alcuni studi hanno mostrato un’aumentata prevalenza di
tiroiditi autoimmuni (TA) nella pazienti affette da sindrome dell’ovaio policistico (PCOS)
e recentemente è stata dimostrata anche l’associazione opposta. Non è ancora chiarito
quale sia il nesso fra queste due patologie, le più frequenti endocrinopatie nel sesso
femminile.
Scopo dello studio: verificare la prevalenza di TA nelle pazienti con PCOS e quella di
PCOS nelle pazienti affette da TA.
Materiali e Metodi: abbiamo reclutato due gruppi di pazienti: il primo comprendeva 113
pazienti affette da PCOS per valutare la presenza di TA, il secondo comprendeva 65
pazienti affette da TA per valutare la presenza di PCOS. Le pazienti erano seguite presso
gli ambulatori dell’U.O.C. Endocrinologia di Padova. La diagnosi di PCOS è stata posta
secondo i Criteri di Rotterdam (2003), con valutazione anamnestica dei cicli mestruali e
della presenza di iperandrogenismo clinico, dosaggi ormonali (LH, FSH, testosterone
totale, androstenedione, 17-OH-progesterone, prolattina) ed ecografia pelvica; la diagnosi
di TA è stata fatta in base alla determinazione di TSH, fT4, autoanticorpi anti-tiroide ed
ecografia tiroidea.
Risultati: per quanto riguarda il primo gruppo (pazienti con PCOS), la TA è risultata
presente in 30/113 (27%), prevalenza significativamente superiore rispetto a quella dei
controlli sani (8%; p<0.001); di queste, 13 avevano un ipotiroidismo subclinico.
Per quanto riguarda il secondo gruppo (pazienti con TA), 19/65 (29%) pazienti sono
risultate affette da PCOS, prevalenza anch’essa significativamente superiore a quella della
popolazione di controllo (8%; p<0,001); di queste, 13/51 erano affette da tiroidite cronica
e 6/14 da Morbo di Basedow.
Conclusioni: I nostri dati confermano l’associazione stretta fra TA e PCOS. Riteniamo
quindi opportuno, ogni paziente affetta da TA, debba essere indagata per la presenza di
PCOS e viceversa.
P-37
EFFICACIA DELL’ALCOLIZZAZIONE NEL TRATTAMENTO DEI NODI
CISTICI TIROIDEI: RISULTATI A LUNGO TERMINE IN UNA CASISTICA
MULTICENTRICA
F. Garino*, F. Ragazzoni*, E. Gamarra*, A. Mormile*, M. Deandrea*, E. Sgotto, R.
Garberoglio, P.P. Limone*, M. Zingrillo
*S.C. Endocrinologia e Malattie del Metabolismo A.O. Umberto I Ordine Mauriziano di
Torino
L’obiettivo di questo studio è stata la valutazione dell’efficacia della sclerosi tramite
iniezione percutanea ecoguidata di alcool di nodi cistici in una casistica proveniente da
due centri.
Sono stati trattati complessivamente 286 pazienti (157 a Torino*, 129 a Lecce; 211 F e 75
M, età media 54 anni) affetti da nodi con quota cistica minima del 66%; tutti i pazienti
erano eutiroidei. Il volume dei nodi è stato misurato mediante ecografia prima del
trattamento, a fine trattamento, quindi a 3-6 mesi (tutti i pazienti), 1 anno (194 pazienti) e
dopo almeno 2 anni dalla fine del trattamento (130 pazienti). I volumi dei nodi ai vari
sono stati confrontati utilizzando il test Wilcoxon Mann-Whitney.
Il numero di sedute impiegato è risultato sovrapponibile tra i due centri, così come la
volumetria inziale ed al follow-up, per cui i dati vengono presentati in modo complessivo.
Il volume dei nodi ad inizio trattamento presentava una mediana di 14,15 ml (IQR 7,622,5). Nell’84% dei casi sono state sufficienti da 1 a 3 sedute (rispettivamente 1 seduta per
il 31% dei pazienti, 2 per il 32%, 3 per il 21%), nell’8% 4 sedute, nel 6% un numero
variabile tra 5 e 8.
Non si sono verificate complicanze maggiori, in particolare in nessun caso c’è stata una
paralisi ricorrenziale; nel 12% si è verificato discomfort transitorio regredito entro 48 ore
(dolore locale o irradiato, tumefazione o difficoltà di deglutizione)
A fine trattamento i noduli si presentavano solidi nel 63% dei casi, prevalentemente solidi
nel 32% e misti nel 5% (insuccesso terapeutico). Il volume mediano a fine trattamento è
risultato 4,4 ml (IQR 1,9-8,62) con riduzione del 69% rispetto al basale (p<0,0001); a 3-6
mesi il volume mediano era 2,7 ml (IQR 1,05-6,01) con riduzione rispetto al basale
dell’81% e rispetto a fine trattamento di un ulteriore 39% (p in entrambi i casi < 0,001).
Al controllo ad 1 anno è risultata ancora una modesta riduzione volumetrica rispetto al
controllo precedente (mediana 2,45, IQR 0,88-5,81) seppur non statisticamente
significativa (p 0,12); il follow-up successivo ha mostrato la stabilizzazione del quadro (a
24-36 mesi volume mediano 1,85 ml, IQR 0,8-5; p vs 1 anno 0,59).
In conclusione, la sclerosi tramite iniezione percutanea ecoguidata di alcol di nodi cistici è
risultata una procedura efficace, sicura e con una buona persistenza nel tempo.
P-38
GLI ANALOGHI DEL GLP-1 NON STIMOLANO LA PROLIFERAZIONE
DELLE CELLULE DI CARCINOMA TIROIDEO MIDOLLARE
F. Geraci, M.L. Nicolosi, F. Gianì, F. Frasca
Dipartimento di biomedicina clinica e molecolare, U. O. Endocrinologia,
Ospedale Garibaldi Nesima, Catania
Il trattamento con analoghi del GLP-1 nel ratto è associato con un aumento di incidenza di
carcinomi midollari della tiroide.
Scopo dello studio: valutare , mediante saggio di vitalità cellulare MTT, gli effetti in vitro
del GLP-1 e della Liraglutide in linee cellulari di carcinoma tiroideo midollare umano (TT
e MZCRC-1) e di ratto (6-23 clone 6).
Disegno sperimentale: tali linee sono state impiantate in multiwell da 96 pozzetti e
trattate con GLP-1 e liraglutide a dosaggi crescenti, compresi fra 10-¹¹ e 10-7 M, al fine di
valutare un’eventuale azione sulla proliferazione cellulare. Come controllo positivo per lo
stimolo proliferativo sono stati utilizzati FBS (fetal bovine serum) a dosaggi crescenti
compresi fra 0,1% e 10% e 17-beta-estradiolo a dosaggi crescenti compresi fra 10-9 e 10-5.
Dopo 72 ore di stimolo le linee cellulari sono state sottoposte a saggio di vitalità cellulare
MTT (Thiazolyl Blue Tetrazolium Bromide) ed i risultati espressi come percento sul
basale (non trattati). Ogni condizione è stata ripetuta in otto pozzetti.
Risultati: i saggi MTT hanno mostrato che mentre FBS e 17-beta-estradiolo hanno
stimolato la crescita cellulare di circa il 20 ±1,7% e del 16±4,7% rispettivamente rispetto
al basale, Liraglutide e GLP-1 non hanno avuto un’azione di stimolo significativa sulla
proliferazione cellulare se paragonata al basale (non trattata).
Conclusione: si evidenzia come in vitro Liraglutide e GLP-1 non hanno effetto sulla
proliferazione delle linee cellulari di carcinoma midollare tiroideo umano e di ratto. Il
modello di studio in vitro suggerisce che il GLP-1 ed i suoi analoghi non stimolano la
progressione tumorale nelle cellule di carcinoma midollare della tiroide. Studi in vitro e
studi prospettici basati su follow-up di pazienti diabetici trattati con analoghi del GLP-1
devono essere effettuati per potere escludere un’azione di iniziazione o promozione degli
analoghi del GLP-1 sulla cancerogenesi delle cellule C della tiroide.
P-39
DUE CASI DI IPERCHERATOSI CUTANEA IN PAZIENTI (PT) CON
CARCINOMA PAPILLARE DELLA TIROIDE BRAF POSITIVO TRATTATI
CON VUMERAFENIB (PLX4032)
1
C. Giani, 1E. Molinaro, 1A. Biagini, 1L. Pieruzzi, 2M.G. Delle Donne, 3A. Marsili, 4S.
Mazzeo, 1P. Vitti, 1R. Elisei
1Dipartimento di Endocrinologia; 2Dipartimento Cardio-Toracico; 3Dipartimento di
Reumatologia; 4Dipartimento ad Attività Integrata Radiodiagnostica, Radiologia
Vascolare e Interventistica, Medicina Nucleare; Università di Pisa, Pisa.
Introduzione: Vemurafenib è un potente inibitore thyrosino-kinasico specifico per la
mutazione BRAF-V600E utilizzato prevalentemente nei melanomi cutanei di stadio IV o
stadio III non resecabile, positivi per la mutazione BRAF-V600E. Attualmente è in corso
uno studio multicentrico di fase II (NO25530) in aperto che prevede l’utilizzo di
Vemurafenib in pazienti (pt) affetti da carcinoma papillare delle tiroide (CPT) metastatico
o non resecabile, positivo per la mutazione del BRAF-V600E e resistente allo iodio
radioattivo. La più importante tossicità correlata a tale farmaco è di tipo cutaneo con
manifestazioni che vanno dalla ipercheratosi al carcinoma cutaneo squamo-cellulare
(SCC) con tempi medi di insorgenza variabile da 4 a 17 settimane (1). A tale scopo il
protocollo di studio sperimentale prevede un valutazione dermatologica al momento dello
screening, alla terza settimana, alla sedicesima settimana e successivamente ogni 3 mesi.
Risultati: abbiamo sottoposto a valutazione per arruolamento nel protocollo clinico
sperimentale NO25530 8 pt di cui soltanto 3/8 (37.5%) sono stati randomizzati, in quanto
rispettavano tutti i criteri di inclusione e non presentavano alcun criterio di esclusione.
Uno/3 pt non ha avuto il tempo sufficiente per sviluppare lesioni cutanee in quanto ha
sospeso il farmaco per un evento avverso grave (pancreatite acuta). Due/2 pt, attualmente
in studio, hanno sviluppato entrambi fotosensibilità e ipercheratosi multiple. In particolare
il paziente 1 ha sviluppato lesioni ipercheratosiche a livello del dorso durante la 4a
settimana di trattamento con Vemurafenib; il paziente 2 ha sviluppato lesioni
ipercheratosiche a livello della regione pre-sternale e sul dorso del naso durante la 3a
settimana di trattamento. In entrambi i pazienti tali lesioni sono state sottoposte ad
escissione cutanea con esame istologico definitivo che ha deposto per verruca
ipercheratosica virale in entrambi i pazienti.
Conclusioni: come sopra citato i due pazienti, che peraltro stanno presentando un ottima
risposta alla terapia con Vemurafenib, dovranno essere attentamente seguiti da un punto di
vita dermatologico per questa elevata suscettibilità al danno cutaneo.
1.
Mattei PL, Alora-Palli MB, Kraft S, Lawrence DP, Flaherty KT, Kimball
AB 2012 Cutaneous effects of BRAF inhibitor therapy: a case series. Ann Oncol
P-40
ANORMALE CAPTAZIONE DEL RADIOIODIO IN UNA CISTI DERMOIDE
DELL’ADDOME IN PAZIENTE CON CARCINOMA DIFFERENZIATO DELLA
TIROIDE (CDT).
S. Giovinazzo1, A. Campennì2, C. Vigneri2, S. Baldari2, R.M. Ruggeri1
1Dipartimento di Medicina clinica e sperimentale, UOC Endocrinologia & 2Dipartimento
di Scienze Radiologiche, Sezione di Medicina Nucleare, Università di Messina.
La scintigrafia corporea totale post-dose (pSCT) con 131I è un’indagine altamente sensibile
nella identificazione di metastasi da CDT, anche se sono possibili falsi positivi,
ampiamente descritti in letteratura. Qui riportiamo un abnorme accumulo di 131I in una
cisti dermoide intra-addominale. Caso clinico. Donna di 63 anni sottoposta a
tiroidectomia per gozzo multinodulare, con diagnosi istologica di carcinoma follicolare. In
sospensione di terapia con L-T4 la paziente è stata sottoposta a: i. valutazione del residuo
tiroideo, 24 ore dopo somministrazione di attività traccia di 131I (1.8 MBq), pari al 11%;
ii. Terapia RadioMetabolica (TRM) con 131I ad attività ablativa (3700 MBq); iii. pSCT
eseguita 5 giorni dopo TRM. La SCT ha rilevato la presenza di residuo tiroideo, area di
abnorme captazione nel mediastino superiore e un’area di lieve iodo-captazione in
addome. Al momento dell’esecuzione della SCT, il TSH sierico era 39.5 IU/L (v.n. 0.44.0) e la Tireoglobulina (hTg) era elevata (546 ng/ml), compatibile con la presenza di
metastasi, in assenza di Ab-Tg. La risonanza magnetica (RM) dell’addome ha rilevato una
massa disomogenea in sede addominale inferiore (ovaio). La nostra paziente non era a
conoscenza di tale lesione né lamentava alcun disturbo pertinente. La neoformazione
ovarica è stata asportata chirurgicamente e l’esame istologico è stato conclusivo per cisti
dermoide. Mediante immunoistochimica, è stata dimostrata l’espressione del cotrasportatore sodio-iodio (NIS) a livello delle cellule epiteliali. Alcuni mesi dopo, la
paziente è stata sottoposta a nuova TRM (5550 MBq) dopo stimolazione con rhTSH
(protocollo standard). La pSTC ha dimostrato area di abnorme accumulo di radioiodio in
mediastino, ma non ha rilevato alcuna captazione di radio-iodio in addome. Al momento
della seconda TRM, i picchi sierici di TSH e Tg erano 112 UI/ml e 242 ng/ml,
rispettivamente, con Ab-Tg negativi. Questo rappresenta il secondo caso in letteratura di
accumulo del radioiodio in una cisti dermoide, il primo in cui sia stata dimostrata
l’espressione del NIS a livello delle cellule epiteliali. Le cisti dermoidi (spesso
clinicamente silenti) hanno frequenza non trascurabile e localizzazione anatomica
variabile, per lo più intra-cranica o intra-addominale. Pertanto, queste lesioni andrebbero
prese in considerazione come potenziale causa di falsi positivi alla SCT in pazienti con
DTC.
P-41
STORIA NATURALE DEI NODULI TIROIDEI DI PICCOLE DIMENSIONI
S. Giuliano, R. Oliverio, C. Mannarino, R. Papadopoli, I. Belvedere, E. Viterbo, A.
Belfiore
Unità di Endocrinologia, Dipartimento di Scienze della Salute, Università Magna Graecia
di Catanzaro
I noduli tiroidei di piccole dimensioni (≤1,5 cm) rappresentano un problema clinico di
crescente frequenza nella popolazione generale a causa del diffondersi dell’esame
ecografico ad alta risoluzione. La storia naturale di questi noduli non è ben conosciuta per
loro lenta evoluzione e per la possibile interferenza di terapie farmacologiche.
Scopo del nostro studio è stato di valutare la storia naturale a lungo termine dei noduli
tiroidei di piccole dimensioni, e di identificare eventuali fattori coinvolti nell’evoluzione
di tali noduli al fine di poterne ottimizzare il management.
Abbiamo retrospettivamente individuato 83 pazienti eutiroidei affetti da noduli solidi, non
palpabili e di diametro massimo ≤1,5 cm, scoperti incidentalmente dopo esame ecografico
in un periodo compreso tra Gennaio 1999 e Dicembre 2005. Tali pazienti (68 pazienti con
nodulo singolo e 15 pazienti con 2 noduli, per un totale di 98 noduli) sono stati poi seguiti
prospetticamente mediante esami ecografici annuali fino al Dicembre 2011.
Nessun paziente era affetto da tiroidite o aveva mai assunto terapia con levotiroxina.
Tutti i noduli avevano caratteristiche ecografiche e/o citologiche di benignità.
Una variazione significativa del volume del nodulo è stata definita come un aumento o
una riduzione del volume nodulare di almeno il 50% rispetto a quello iniziale.
Dopo un follow-up medio di 96±31,9 mesi, 60/98 noduli (61,2%) sono rimasti stazionari,
15/98 (15,3%) si sono ridotti di volume e 2/98 (2%) sono scomparsi. Solo 23/98 noduli
(23,5%) sono aumentati. Nessuno di questi presentava caratteristiche suggestive di
malignità. Inoltre, nessuna variabile clinica o ecografica considerata risultava essere
predittiva dell’evoluzione del nodulo.
In conclusione, i nostri dati indicano che l’80% circa dei noduli tiroidei non palpabili,
scoperti incidentalmente, rimangono stazionari o si riducono spontaneamente durante un
periodo medio di 8 anni. Tuttavia, 1 nodulo su 4 aumenta di volume. Tale evoluzione non
è in atto prevedibile sulla base di caratteristiche cliniche o ecografiche.
P-42
SCREENING DELL’INCIDENZA DI PATOLOGIA TIROIDEA E CONSUMO DI
SALE IODATO NEGLI STUDENTI DEL PRIMO ANNO DELLA SCUOLE
MEDIE INFERIORI DI ALCUNE AREE DELLA REGIONE CAMPANIA
P. Lanzetta¹, L. De Franciscis¹, B. Biondi² coordinatori scientifici
ASL Salerno Regione Campania¹ – Fac. Medicina e Chirurgia Univ. Federico II Napoli².
Introduzione: la legge n. 55 del 21/03/05 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 91 del 20
aprile 2005 “Disposizioni finalizzate alla prevenzione del gozzo endemico e di altre
patologie da carenza iodica” prevede, nei successivi provvedimenti collegati, che
vengano identificate, in ciascuna regione, aree sentinella tra quelle nelle quali sia stata
documentata la presenza di carenza iodica e di endemia gozzigena. Per ciascuna area
sentinella, viene individuata un’area urbana di riferimento. Sia nell’area sentinella che
nell’area urbana di riferimento vengono scelte, secondo criteri random, alcune scuole
frequentate da un numero di studenti rappresentativo dell’area in esame. Nella
popolazione così reclutata, viene condotta la verifica degli indicatori di efficacia,
effettuando anche la determinazione della prevalenza di gozzo determinata mediante
esame clinico ed ecografia. In alcuni di questi centri è stato anche studiato l’uso o meno di
sale iodato nelle famiglie di provenienza.
Metodo: è stato praticato pertanto, uno screening utilizzando i dati clinici ed ecografici
rilevati dallo studio da classi di prima media provenienti da istituti scolastici dei Comuni
in esame con l’ausilio di specialisti volontari che hanno svolto il loro compito in una
struttura messa a disposizione dai Comuni stessi in una giornata festiva. Tale esperienza è
stata espletata nei Comuni di: Nocera Inferiore(SA), San Gennaro Vesuviano(NA),
Minori(SA), Salerno, Torre Orsaia(SA), San Marzano sul Sarno(SA) con l’operato degli
stessi Enti locali, del personale scolastico, di strutture del volontariato presenti in loco e
dei medici provenienti da alcune delle principali società scientifiche endocrinologiche
presenti in Italia, nonché delle famiglie dei ragazzi interessati al controllo.
Conclusioni: i dati esibiti indicano che le patologie tiroidee sono presenti in maniera
significativa anche in classi di età pre-adolescenziali. L’uso del sale iodato nella nostra
regione è in incremento in alcune aree con distribuzione a macchia di leopardo, ma non
nella maniera auspicata al momento del varo della legge.
Educatori e partecipanti allo screening
Professori: Pinchera A., Lombardi G., Bellastella A., Fenzi G., Gasperi M., Colao A.,
Biondi B., Macchia P., Docimo G., Orio F.
Dottori: Agrimi D., Agrusta M., Bellastella G., Caggiano D., Campanile G., Carpenito A.,
Carpenito F., Coppola A., De Nicola B., Esposito M., Iorio S., Mainenti M., Napodano A.,
Novizio V., Pizzo M., Sabatino P., Settembrini S., Tommaselli A., Ventre I., Volpe R.
P-43
FATTORI PREDITTIVI DI MALIGNITÀ IN UNA CASISTICA DI NODULI
TIROIDEI CON DIAGNOSI CITOLOGICA INDETERMINATA
S. Lattarulo, A. Ciampolillo, S. Longo , M. Polizzi, F. Giorgino, A. Pezzolla
Dipartimento Dell’Emergenza e dei Trapianti Di Organo, Università ‘Aldo Moro’ Bari
La patologia nodulare tiroidea è estremamente frequente nella popolazione generale e la
maggior parte dei noduli è di natura benigna. L’agoaspirato tiroideo permette una
selezione dei pazienti da sottoporre ad intervento chirurgico. Il giudizio citologico
indeterminato non permette un conclusione diagnostica che è possibile solo con l’esame
istologico; il 20% dei casi, infatti, risulta maligno, secondo i dati della letteratura
Abbiamo condotto uno studio su di una popolazione sottoposta, presso L’Azienda
Ospedaliera Policlinico, in un periodo di 3 anni, ad agoaspirato tiroideo per valutare la
prevalenza nella nostra regione di noduli indeterminati che all’esame istologico
risultavano maligni e se esistevano fattori predittivi clinici di malignità.
Sono stati aspirati 3236 noduli tiroidei, di cui 258 (8%) affetti da citologia indeterminata;
88/258 (34%) sono afferiti alla nostra Unità Operativa per essere sottoposti ad intervento
chirurgico di tiroidectomia totale
Il 40.9% (n=36;) del campione presentava un tumore maligno, il 59% (n=52) una
patologia benigna. La frequenza di tiroidite risultava del 21.6% (n=19;), senza differenze
statisticamente significative tra maschi (n=2/20; 10%; 95% CI=1.2-31.7) e femmine
(n=17/68; 25%; 95% CI=15.2-37; chi-quadro=2.05; p=0.15), né tra soggetti di età
superiore a 65 anni (n=2/21; 9.5%; 95% CI=1.2-30.4) e soggetti più giovani (n=17/67;
25.4%; 95% CI=15.5-37.5; chi-quadro=2.37; p=0.12), 91.6% dei noduli maligni avevano
un diametro< 4cm
La più importante conclusione che si evince dal nostro studio è che, in accordo con la
letteratura i criteri età, sesso e tiroidite non sono predittivi per una corretta diagnosi
differenziale. Un recente lavoro propone l’assenza della tiroidite come fattore favorente la
malignità. A differenza dei dati della letteratura la prevalenza di patologia maligna nel
nostro campione risulta raddoppiata rispetto ad altre aree. La presenza di una lieve
endemia gozzigena nella nostra area potrebbe fornire una spiegazione a tale aumentata
prevalenza di patologia maligna.
P-44
ANTIGENE CARBOIDRATICO 19.9 (CA 19.9): NUOVO FATTORE
PROGNOSTICO NEGATIVO DEL CARCINOMA MIDOLLARE DELLA
TIROIDE (MTC)
L. Lorusso, C. Romei, V. Bottici, L. Agate, E. Molinaro, V. Cappagli, D. Viola, F.
Luchetti, L. Grasso, P. Vitti, R. Elisei
Dipartimento di Endocrinologia, Università di Pisa
Calcitonina (Ct) ed antigene carcinoembrionario (CEA), ed in particolar modo il loro
tempo di raddoppiamento, sono strettamente correlati con la progressione del MTC.
Osservando un caso peculiare di MTC in un giovane paziente, rapidamente deceduto a
causa della neoplasia, con alti livelli sierici di Ca 19.9 senza patologie neoplastiche
gastroenteriche e considerando anche un altro caso riportato in letteratura di una donna
con neoplasia endocrina multipla tipo 2B e alti livelli di Ca 19.9, ci siamo chiesti se anche
il Ca 19.9 possa essere considerato un nuovo fattore prognostico negativo del MTC.
Scopo dello studio è stato di valutare i livelli sierici di Ca 19.9 in 54 pazienti con MTC
avanzato e di correlarli con i livelli sierici di Ct e CEA. Abbiamo pertanto dosato il Ca
19.9, la Ct ed il CEA nei pazienti e abbiamo valutato la mortalità nel gruppo di pazienti
positivi al Ca 19.9 (>37 U/ml) rispetto a quelli negativi (<37 U/ml).
Risultati: otto/54 (14,8%) pazienti presentavano alti livelli di Ca 19.9 (media: 140 U/ml,
range: 43-276 U/ml); i valori medi di Ct e CEA erano 11.401 pg/ml e 2.112 U/ml,
rispettivamente. Cinque degli 8 pazienti Ca 19.9 positivi (62,5%) morivano dopo un
follow-up medio di 9 anni (range:1-29 anni). Nel gruppo dei 46 pazienti con normali
valori di Ca 19.9, i valori medi della Ct e del CEA erano 2.340 pg/ml e 235 U/ml,
rispettivamente: entrambi risultavano significativamente più bassi rispetto a quelli dei
pazienti con Ca19.9 elevato (p<0,0001 per la Ct; p=0,0003 per il CEA). In questo gruppo,
i pazienti deceduti (n=10, 21%) erano significativamente meno di quelli deceduti nel
gruppo con Ca 19.9 elevato (p=0,01). Un’altra differenza statisticamente significativa
(p=0,007) tra il gruppo dei pazienti con alti livelli di Ca 19.9 e quello con normali livelli
del marker è stata identificata riguardo il sesso: 7/8 pazienti Ca 19.9 positivi erano
femmine. Tra i due gruppi non vi era, invece, alcuna differenza statisticamente
significativa riguardo la presenza di metastasi linfonodali e/o a distanza né riguardo l’età
alla diagnosi.
Conclusioni: 1) alti livelli di Ca 19.9 sono correlati con valori più elevati di Ct e CEA; 2)
nei pazienti con elevati valori di Ca 19.9 la percentuale di mortalità è più alta; 3) nel sesso
femminile c’è una più alta percentuale di positività del Ca 19.9; 4) la presenza di metastasi
linfonodali e/o a distanza e l’età alla diagnosi non sono correlati con la positività del Ca
19.9; 5) sulla base di tali risultati, il Ca 19.9 sembrerebbe essere un fattore prognostico
negativo nei pazienti con MTC, ma è ancora poco chiaro se il dosaggio del marker è utile
anche in uno stadio precoce della malattia o solo nella fase avanzata.
P-45
E
PROGNOSI
DEL
ANDAMENTO
CLINICO,
FOLLOW-UP
MICROCARCINOMA DIFFERENZIATO TIROIDEO
G.A. Lupoli, A. Panico, F. Fonderico, R. Lupoli, A. Tortora, L. Barba, L. Coviello,
G. Neri, G. Lupoli
Dipartimento di Endocrinologia ed Oncologia Molecolare e Clinica
Università degli Studi “Federico II” – Napoli
INTRODUZIONE: Il microcarcinoma tiroideo (MCT) è definito dall’OMS come un
tumore del diametro ≤ 1 centimetro il cui significato clinico–biologico non è stato del tutto
chiarito. Tale patologia, sebbene generalmente considerata ad andamento benigno ed
indolente, può mostrare, talvolta, un comportamento biologico più aggressivo,
caratterizzato da recidiva locale e metastasi locali e/o a distanza.
OBIETTIVO: Valutazione dell’andamento clinico, biochimico e strumentale di una
popolazione di pazienti affetti da microcarcinoma differenziato tiroideo.
MATERIALI E METODI: Da 395 pazienti affetti da micronoduli tiroidei con
caratteristiche cliniche ed ecografiche “sospette” e sottoposti a FNC eco-guidato, 114
soggetti (82F/32M, età media 35.9±12.6 anni) con esame istologico diagnostico di
carcinoma differenziato, sottoposti a tiroidectomia e ciclo complementare di 131I TRM
sono stati inclusi in questo studio. In tali pazienti venivano registrati dati clinici,
laboratoristici (Tg basale e/o dopo stimolo, FT3, FT4, TSH) e strumentali (ecografia del
collo, e, se necessario, scintigrafia total-body, TC, PET/TC).
RISULTATI: Dei 114 soggetti arruolati, 16 (14%) presentavano familiarità per
carcinoma tiroideo. L’esame istologico evidenziava in 22 (19.3%) metastasi linfonodali ed
in 30 (26.3%) lesioni multifocali. Durante il follow-up (≥ 5 anni) 18 soggetti (15,7%)
presentavano recidiva di malattia (livelli di Tg basali e/o dopo stimolo > 2 ng/ml e/o
evidenza radiologica-scintigrafica di recidiva). Confrontando questi pazienti con quelli
che non presentavano recidiva è stata riscontrato un aumento della prevalenza della
familiarità per carcinoma tiroideo (33.3% vs 10.4%, p=0.01) e della presenza di metastasi
linfonodali alla diagnosi (38.8% vs 15.6%, p=0.02). Al contrario, nessuna differenza
statisticamente significativa è stata ritrovata per la prevalenza di lesioni multifocali.
CONCLUSIONI: Nella nostra casistica un’alta percentuale di microcarcinomi tiroidei è
associata a recidiva e alcune caratteristiche cliniche ed istologiche sembrano avere un
ruolo rilevante nella definizione del rischio di tale evento. Questi risultati suggeriscono
che le sole dimensioni della lesione non possono sempre predire il comportamento
biologico della neoplasia.
P-46
PROPOSTA DI UN NUOVO SEMPLICE SCHEMA DI PREPARAZIONE
ALL’ABLAZIONE CON 131I IN PAZIENTI TIROIDECTOMIZZATI PER
CARCINOMA DIFFERENZIATO TIROIDEO
G.A. Lupoli, M.R. Poggiano, A. Martinelli, M. Cacciapuoti, L. Barba, L. Coviello, N.
Verde, F. Papa, G. Lupoli
Dipartimento di Endocrinologia ed Oncologia Molecolare e Clinica
Università degli Studi “Federico II” - Napoli
INTRODUZIONE: Non è ancora ben definito quanto tempo di deprivazione da ormoni
tiroidei sia necessario per l’ottenimento di concentrazioni di TSH≥30µIU/mL in
preparazione all’ablazione con 131I (131I-A) in caso di carcinoma differenziato tiroideo
(DTC). Bisogna tener conto che l’ipotiroidismo derivante dalla mancata assunzione di
ormoni tiroidei ha un importante impatto sulla qualità di vita (QoL) dei pazienti.
OBIETTIVO: Validare il più semplice approccio alla preparazione dei pazienti affetti da
DTC per l’ablazione con 131I, riducendo al minimo l’impatto dell’ipotiroidismo.
PAZIENTI E METODI: 60 pazienti (Gruppo A) dopo la tiroidectomia totale (TT) non
assumevano L-T4 ed avrebbero praticato l’131I-A 3 settimane dopo. 30 pazienti (Gruppo
B), già sottoposti a TT ed 131I-A, necessitavano di praticare scintigrafia total-body o nuova
131
I- TRM dopo stimolazione del TSH; veniva loro sospesa la terapia con L-T4 in
preparazione a tale valutazione, programmata dopo 3 settimane (o più). Il TSH veniva
misurato il giorno precedente la TT nel gruppo A e prima della sospensione della L-T4 nel
gruppo B (tempo 1), di seguito ogni settimana fino a quando la concentrazione di TSH
risultasse ≥30µIU/mL (tempo 2). La QoL è stata parallelamente valutata mediante l’indice
di Billewicz.
RISULTATI: Alla 3a settimana il 100% dei pazienti del gruppo A ed il 56.6% del gruppo
B evidenziava un TSH>30µIU/mL. Nel gruppo B il cut-off è stato raggiunto in 4 pazienti
alla 4a settimana (TSH 38.6±8.7µIU/mL), in 3 alla 5a (53.2±3), in 6 alla 6a (42.3±6.1). Dal
tempo 1 al tempo 2, nel gruppo A i punteggi totali della QoL risultavano meno alterati
(decremento percentuale:105%) che nel gruppo B (218%). Al tempo 2 il punteggio totale
risultava>+19 nel gruppo A in 46 pazienti e nel gruppo B in 30. In entrambi i gruppi il
TSH del terzile più alto di QoL non era differente da quello del più basso terzile (p>0.1).
Si è evidenziata una correlazione positiva tra il tempo per ottenere TSH≥30 µIU/mL ed i
punteggi totali della QoL.
CONCLUSIONI: Nei pazienti sottoposti ad attenta tiroidectomia totale per DTC sono
sufficienti 3 settimane per raggiungere concentrazioni di TSH≥30µIU/mL, in preparazione
all’ablazione con 131I. Inoltre, la QoL in tali pazienti non subisce gravoso impatto data la
breve durata del loro periodo di ipotiroidismo.
P-47
IPOTIROIDISMO
SUBCLINICO
E
INSUFFICIENZA
LUTEINICA:
RILEVANZA DEGLI INDICATORI DI FERTILITA’
A. Mancini, S. Raimondo, M. Persano, C. Di Segni, A. Saporosi, E. Giacchi, A.
Pontecorvi
Dipartimento di Medicina Interna e Centro Studi per la Regolazione Naturale della
Fertilità, Università Cattolica del S.Cuore, Roma
Come ben noto, una disfunzione tiroidea può influenzare il pattern ormonale del ciclo
mestruale; nella nostra esperienza, comunque, l’ipotiroidismo subclinico, come causa di
disordini ovulatori (specialmente della funzione luteinica) risulta sottostimato. Monitorare
il ciclo femminile secondo il Metodo dell’Ovulazione Billings (BOM), può essere utile
nello studio del fenomeno, permettendo un preciso timing per il dosaggio di parametri
ormonali e la diagnosi di diversi disordini ormonali.
Nello studio sono state reclutate 80 pazienti (tra 20 e 45 anni) che hanno consultato il
Centro Studi e Ricerche Regolazione Naturale della Fertilità dell’Università Cattolica per
apprendere il BOM, al fine di ottenere o evitare una gravidanza, le cui anomalie del ciclo
evidenziate dal BOM non erano correlate a patologie cervico-vaginali; 22 avevano una
storia di infertilità da 1 a 4 anni. Abbiamo valutato i livelli di progesterone (P) al 6°-7°
giorno dopo il “picco del sintomo del muco”, oppure 6-7 giorni prima delle mestruazioni
attese; abbiamo dosato i valori di fT3, fT4 e TSH basale, con il metodo IRMA; nei casi
con livello di TSH normale o ai limiti superiori della norma, è stato effettuato un TRH test
(200 ug ev, picco > 15 mcU/ml: diagnosi di ipotiroidismo subclinico.
Il TRH test è stato indicativo di ipotiroidismo subclinico in 59 pazienti (picco media 21, +
1,4), che in base ai diversi pattern BOM classificate in 3 gruppi: A) Pattern anovulatorio
del sintomo del muco (n=2); B) Fase post-picco breve, < 11 giorni e/o con spotting
(n=37); C) Normale durata della fase luteinica (n=20); tra queste, due presentavano
ipermenorrea. La prevalenza di ipotiroidismo subclinico è stata 74%. Nell’intero gruppo
di ipotiroidismo, l’evidenza di anticorpi antitiroide è stata del 17%. La terapia sostitutiva
tiroidea ha determinato un incremento dei valori di P (18,0 + 4,2 vs 9,9 + 0,9 ng/ml) e un
allungamento della fase luteinica. La vivace risposta del TSH non era correlata a presenza
di anticorpi antitiroide, escludendo quindi meccanismi autoimmuni alla base dei fenomeni
osservati. Si è osservata una correlazione inversa statisticamente significativa tra il P e i
valori di TSH al 30’ e al 60’.
Questi dati suggeriscono che l’ipotiroidismo subclinico ha un impatto importante sulla
funzione luteinica; il BOM può essere efficacemente utilizzato nello screening delle
insufficienze luteiniche ed essere un valido strumento nella diagnostica e nelle opzioni
terapeutiche nelle coppie con problemi di fertilità.
P-48
AUMENTATO STRESS OSSIDATIVO NEI PAZIENTI CON BRONCOPATIA
CRONICA OSTRUTTIVA E BASSI LIVELLI DI T3
A. Mancini, S. Raimondo, C. Di Segni, M. Persano, A. Silvestrini, E. Meucci, G.
Corbo, S. Valente, A. Pontecorvi
Dipartmento di Medicina Interna e Istituto di Biochimica e Biochimica Clinica,
Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma
E’ noto che una sindrome a basso T3 (“Non thyroidal illness”, NTIS) può essere presente
in malattie croniche, ma è ancora discusso se sia solo un adattamento o una condizione di
reale ipotiroidismo. Fra i quadri ancora non completamente studiati va considerata la
broncopatia cronica ostruttiva (BPCO), caratterizzata anche da aumentato stress
ossidativo. Dati discordanti sulla funzione tiroidea sono presenti in letteratura, anche se in
pazienti con severa ipossiemia è stata descritta una correlazione positiva tra PaO2 e ratio
T3/T4. Abbiamo perciò studiato la capacità antiossidante plasmatica (CAT) in 32 pazienti
con BPCO e 45 soggetti di controllo, per approfondire le relazioni tra ormoni tiroidei,
funzione respiratoria e sistemi antiossidanti.
La CAT è stata studiata con il metodo meta mioglobina-ABTS ed espressa come tempo di
latenza (LAG) nella comparsa di specie radicaliche valutate spettroscopicamente.
Nel gruppo di pazienti con BPCO, considerati nel loro insieme, i valori di TSH erano
significativamente più alti dei controlli (1.9 ± 1.6 vs 1.1 ± 1.1 µU/ml, p=0.03), mentre i
valori di fT3 ed fT4 erano più bassi (fT3: 2.8 ± 0.7 vs 3.5 ± 1.1 pg/ml, p=0.003; fT4 11.4
± 4.2 vs 14.6 ± 7.4 pg/ml, p=0.04). Ulteriori dati sono stati però ottenuti dividendo i
pazienti BPCO in base ai valori di fT3. I valori di LAG erano significativamente inferiori
rispetto ai controlli nei pazienti con BPCO e normale T3 (n=20, 64.3 ± 10.1 vs 74.4 ± 15.7
sec), con un ulteriore significativa riduzione nei pazienti con bassa T3 (n=12, 54.3 ± 17.2
sec, p=0.021, test di Scheffé). I valori di LAG correlavano significativamente con i valori
di fT3 (r2=0.21, p=0.0018). Non vi erano differenze statisticamente significative nei
parametri respiratori dei due gruppi di pazienti BPCO, sebbene una tendenza verso valori
minori di PaO2 fosse presenti nei BPCO con bassa T3.
Questi dati sembrano indicare un aumentato stress ossidativo, con consumo di
antiossidanti, nella BPCO, specialmente nei pazienti con bassa T3. La assenza di
differenze nei parametri respiratori nei due gruppi studiati è in accordo con il concetto di
BPCO come malattia sistemica, in cui i parametri di funzionalità respiratoria non sempre
correlano con la severità della malattia; i bassi valori di T3 potrebbero quindi
rappresentare un sensibile e precoce indice di severità in tale condizione.
P-49
RUOLO DELLA PET/TC CON 68GA-DOTATATE IN PAZIENTI AFFETTI DA
CARCINOMA
MIDOLLARE
DELLA
TIROIDE
CON
MALATTIA
PERSISTENTE O RECIDIVANTE DOPO L'INTERVENTO CHIRURGICO.
F. Marciello1, M. Del Prete1, V. Marotta1, V. Ramundo1, AC. Carratù1, C. De Luca
di Roseto1, R. Esposito1, L. Aloj2, A. Colao1, S. Lastoria2, A. Faggiano1,3
1
Dipartimento di Endocrinologia ed Oncologia Molecolare e Clinica, Università degli
Studi di Napoli “Federico II”, Napoli
2
Dipartimento di Medicina Nucleare, Istituto Nazionale Tumori “Fondazione G.
Pascale”, Napoli
3
Endocrinologia, Istituto Nazionale Tumori “Fondazione G. Pascale”, Napoli
Diversi radiofarmaci (99mTc-DMSA pentavalente, 123I-MIBG, 111In-octreotide) sono stati
testati al fine di migliorare la performance diagnostica delle metodiche radiologiche
convenzionali (US, TC, RMN) nei pazienti affetti da carcinoma midollare della tiroide
(CMT) con persistenti livelli di calcitonina post-tiroidectomia. Tuttavia, tali tecniche
hanno mostrato una sensibilità variabile e relativamente bassa, sia a causa della scarsa
risoluzione spaziale sia per effetto degli uptake fisiologici. Scopo del nostro studio è stato
valutare il ruolo della PET/TC con 68Ga-DOTATATE in pazienti affetti da CMT con
malattia persistente/recidivante dopo intervento chirurgico.
Sono stati arruolati 12 soggetti sottoposti ad intervento chirurgico per CMT che
presentavano al follow-up livelli sierici di calcitonina (CT) dosabili e in progressivo
aumento. Al fine di identificare le lesioni tumorali sono state utilizzate tecniche
radiologiche convenzionali. Inoltre, tutti i pazienti sono stati sottoposti ad esame PET/TC
con 68Ga-DOTATATE. Tale procedura è stata effettuata acquisendo immagini total body
40-60 min dopo l’iniezione e.v. del radioligando (74-111 MBq).
In 10/12 pazienti è stato identificato il focolaio tumorale mediante le tecniche di
radiologia convenzionale mentre la PET/TC con 68Ga-DOTATATE risultava positiva in 5
pazienti. Nessuna lesione veniva identificata dalle metodiche in esame in 2 pazienti. La
PET/TC con 68Ga-DOTATATE ha dimostrato una sensibilità del 50% e una specificità del
100%. L’analisi delle curve ROC non ha dimostrato nessuna correlazione significativa tra
il SUVmax e i livelli di CT sierici (p=0.808).
La PET/TC con 68Ga-DOTATATE presenta un’alta specificità nell’identificazione di
persistenza/recidiva tumorale in pazienti operati per CMT ma la sua sensibilità non si è
dimostrata superiore a quella delle tecniche di radiologia convenzionale in caso di focolai
occulti di malattia. Tuttavia, la PET/TC con 68Ga-DOTATATE può assumere un possibile
ruolo nell’identificazione delle lesioni con elevata espressione di recettori della
somatostatina eleggibili al trattamento radio metabolico con analoghi della somatostatina.
P-50
L’OUTCOME DEL MICROCARCINOMA MIDOLLARE DELLA TIROIDE
G. Marconcini, C. Romei, V. Bottici, L. Valerio, V. Cappagli, A. Vivaldi, R. Ciampi,
F. Luchetti, P. Vitti, R. Elisei
Dipartimento di Endocrinologia, Università di Pisa
Introduzione: Il microcarcinoma midollare della tiroide (mMTC) <1-1,5 cm, si riscontra
all’incirca nello 0,2-8% delle autopsie, pertanto potrebbe essere considerato clinicamente
poco rilevante.
Scopo: Valutare l’outcome e i fattori prognostici associati al mMTC. Pazienti e metodi:
Abbiamo studiato 84 pz (30m; 54f) affetti da mMTC sporadico, con età media di 51,4 aa.
In 37/84 pz (44%) si osservavano metastasi già alla diagnosi: 34/84 (40,5%) linfonodali e
3/84 (3,5%) epatiche. In 58/84 pz (69%), la diagnosi era stata eseguita con la misurazione
routinaria della calcitonina, negli altri casi la diagnosi era citologica (16/84 casi) o
incidentale (10/84). Dopo 7 aa di follow-up, 48/84 pz (57%) risultavano guariti, 17/84 pz
(20%) presentavano una persistenza biochimica di malattia e 19/84 (22,6%) metastasi a
distanza. Nessun pz è deceduto a causa della malattia neoplastica. Risultati: Sulla base del
diametro della neoplasia i pz sono stati suddivisi in gruppi, 12/84 pz avevano un mMTC
<0,5 cm [gruppo-A]; 52/84 (61,9%), 0,5␣1 cm [gruppo-B] e 20/84 (23,8%) >1 cm. Il
comportamento biologico della malattia è correlato in modo significativo con il diametro
della neoplasia e nessun paziente del gruppo-A ha presentato metastasi (p=0.0033). Di
contro, 20/52 pz (38.5%) del gruppo-B e 12/20 (60%) del gruppo-C, mostravano metastasi
linfonodali e/o a distanza. I tre casi di metastasi a distanza appartenevano tutti al gruppoC. Nel gruppo-A, 9/12 pz (75%) erano guariti e 3/12 in persistenza biochimica di malattia;
30/52 pz (57,7%) del gruppo B erano in remissione clinica, 22/52 pz risultavano ancora
non guariti (13 biochimici e 9 metastatici); solo 9/20 (45%) del gruppo-C erano guariti,
ben 11/20 risultavano ancora non guariti (1 biochimico e 10 metastatici). In ben 58 pz
(11/12 gruppo-A, 39/52 gruppo-B e 8/20 del gruppo-C) la malattia è stata diagnosticata
con la misurazione routinaria della calcitonina. Conclusioni: Questo studio mostra che la
possibilità di guarigione è correlata con il diametro della neoplasia. Sulla base dei dati si
osserva una progressiva riduzione della percentuale di guarigione in funzione del diametro
crescente. In base a questi dati pertanto rimane ancora non chiaro se il mMTC, risulti o
meno un tumore a basso grado di malignità.
P-51
ZEBRAFISH, UN NUOVO MODELLO PER STUDIARE L’AZIONE DELLA T3
F. Marelli1, L. Persani1,2
1IRCCS Istituto Auxologico Italiano-Milano, 2Università degli Studi di Milano.
L’ormone tiroideo (OT) è noto svolgere azioni fondamentali nel differenziamento
tessutale sia nell’uomo che in numerosi altri modelli animali. In questo studio, abbiamo
voluto verificare l’utilità del modello Zebrafish Danio Rerio per lo studio dei meccanismi
di azione dell’OT. Oltre ai vantaggi intrinseci di questo modello animale, i geni coinvolti e
i meccanismi che regolano l’asse tiroideo sono altamente conservati e comparabili
all’uomo, ma non esiste esperienza sullo specifico ruolo dei due recettori OT, TRalpha e
TRbeta. Tramite iniezione di oligonucleotidi sintetici o “morpholinos” abbiamo silenziato
l’espressione dei TRalpha e TRbeta, creando tre linee difettive: 1) morphante TRalpha
(MO_A) 2) morphante TRbeta (MO_B) e 3) doppio morphante TRalpha e TRbeta
(MO_AB). Il silenziamento con morpholino ha effetto fino a 4 giorni post-fertilizzazione
e abbiamo visto che l’inattivazione del TRalpha è accompagnata da un significativo
aumento della forma beta, e viceversa, suggerendo un meccanismo di compensazione
dell’embrione alla mancanza di una dei recettori. Gli embrioni sono stati bloccati a 48, 72,
96 e 120 ore post-fertilizzazione (opf) e valutati da un punto di vista morfologico
(sviluppo embrionale, formazione dei grandi e piccoli vasi) e funzionale (regolazione
dell’asse tiroideo, funzionalità cardiaca). L’analisi morfologica ha evidenziato come
l’inattivazione di entrambi i geni porti ad un blocco nella crescita, con una lunghezza
ridotta dell’embrione, coda incurvata e pigmentazione anomala rispetto al wt. Ad essa si
affiancano difetti di sviluppo più o meno marcati nelle tre linee MO, tra cui, edema
pericardico, incompleto o mancato riassorbimento della vescica natatoria e malformazioni
della mandibola. In aggiunta, i MO_B e AB mostrano difetti di sviluppo della vescicola
otica, l’organo sensoriale comparabile all’orecchio umano e gravi alterazioni dei grandi e
piccoli vasi (aorta dorsale, vasi intra ed inter-segmentali, vene del portale sub-intestinale).
I MO_A, invece, mostrano un normale sviluppo dei processi vascolari ma difetti di
angiogenesi a carico dei vasi sub-intestinali. Tramite real-time PCR abbiamo poi valutato
l’espressione dei geni TRH, TRHR, TSHbeta, TSHR e TG. I MO_A hanno livelli di
espressione genica paragonabili al wt mentre i MO_B e AB mostrano una significativa e
duratura over-espressione del TSHb e della TG suggerendo quindi un ruolo fondamentale
di TRbeta nel feedback negativo. L’attivazione dell’asse tiroideo nei MO-B si riflette in
un’ipertrofia cardiaca e tachicardia. Al contrario i MO_A mostrano ipotrofia/bradicardia, e
i MO_AB hanno gravi malformazioni. In conclusione, gli embrioni di zebrafish carenti
per una o entrambe le forme recettoriali mostrano drammatiche alterazioni differenziative
a carico di diversi tessuti, compresi quelli bersaglio di OT nei mammiferi, rappresentando
un valido strumento per lo studio in vivo dell’azione dell’OT e dei mutanti recettoriali.
P-52
RUOLO DELLA PET-FDG NEL PREDIRE LA RISPOSTA MORFOLOGICA IN
PAZIENTI CON CARCINOMA DIFFERENZIATO DELLA TIROIDE
AGGRESSIVO NON IODO-RESPONSIVO IN TERAPIA CON SORAFENIB
V. Marotta1, M. Del Prete1, F. Marciello1, V. Ramundo1,R. Esposito1, A.C. Carratù1,
C. De Luca1, R. Fonti2, L. Camera2, M. Salvatore2, M. Vitale3, A. Colao1, A.
Faggiano1,4
1
Dipartimento di Endocrinologia ed Oncologia Molecolare e Clinica, Federico II,
Università di Napoli 2Dipartimento di Scienze Biomorfologiche e Funzionali, Federico II,
Università di Napoli 3Dipartimento di Medicina e Chirurgia, Università di Salerno,
Baronissi 4Endocrinologia, Istituto Nazionale dei Tumori, “Fondazione G. Pascale”,
Napoli
Obiettivi: Molteplici trials clinici di fase II hanno dimostrato l’efficacia dell’inibitore
tirosino-chinasico sorafenib nell’ottenere una risposta morfologica in pazienti con
carcinoma differenziato della tiroide (CDT) aggressivo non iodo-responsivo. Obiettivo
dello studio è di valutare il ruolo della PET-FDG nel predire la risposta radiologica al
sorafenib in questi pazienti. Metodi: E’ stata praticata una analisi retrospettiva di 11
pazienti affetti da CDT non iodo-responsivo in progressione sottoposti a terapia con
sorafenib. L’esame TC total-body è stato praticato in basale ed ogni 12 settimane per
valutare la risposta morfologica. L’esame PET-FDG è stato praticato in basale e dopo 15
giorni dall’inizio della terapia per valutare la risposta metabolica precoce. La risposta
radiologica è stata calcolata utilizzando i criteri RECIST versione 1.1. Il valore medio di
SUVmax (mSUVmax) delle lesioni target identificate alla TC è stato utilizzato come
parametro di quantificazione dell’attività metabolica. L’analisi di varianza ad una via è
stata utilizzata per comparare il valore di mSUVmax ottenuto alla PET-FDG basale con
quello della PET-FDG praticata dopo 15 giorni. Risultati: In otto pazienti è stato ottenuto
un arresto della progressione di malattia (4 stabilizzazioni di malattia e 4 risposte parziali)
mentre in 3 casi si è verificata una ulteriore progressione di malattia nonostante
l’assunzione del sorafenib. Tutte le lesioni target identificate attraverso la TC praticata in
basale avevano un SUVmax superiore a 3 (mean±DS 11.6±8.2). In tutti i pazienti la PETFDG praticata dopo 15 giorni ha evidenziato una riduzione del mSUVmax (mean±DS
decrease 29.9%±15.7). La riduzione del mSUVmax era significativamente maggiore nei
pazienti che avevano ottenuto una risposta radiologica rispetto a coloro che non avevano
risposto al trattamento (p=0.002).Conclusioni: La valutazione della risposta metabolica
precoce al trattamento con sorafenib, ottenuta mediante PET-FDG praticata dopo 15 giorni
dall’inizio della terapia, può identificare pazienti con una minore probabilità di ottenere una
risposta morfologica e può pertanto svolgere un ruolo chiave nel decision-making di questo
tipo di contesto clinico.
P-53
PROFILO DI TOSSICITA’ DELLA TERAPIA CON INIBITORE TIROSINOCHINASICO SORAFENIB IN PAZIENTI CON CARCINOMA DIFFERENZIATO
TIROIDEO IODO-REFRATTARIO IN PROGRESSIONE
V. Marotta1, M. Del Prete1, F. Marciello1, V. Ramundo1, R. Esposito1, A.C. Carratù1,
C. De Luca1, R. Fonti2, L. Camera2, M. Salvatore2, M. Vitale3, A. Colao1, A.
Faggiano1,4
1
Dipartimento di Endocrinologia ed Oncologia Molecolare e Clinica, Federico II,
Università di Napoli 2Dipartimento di Scienze Biomorfologiche e Funzionali, Federico II,
Università di Napoli 3 Dipartimento di Medicina e Chirurgia, Università di Salerno,
Baronissi 4Endocrinologia, Istituto Nazionale dei Tumori, “Fondazione G. Pascale”,
Napoli
Obiettivi: La terapia biologica con l’inibitore tirosino-chinasico sorafenib si è rivelata
efficace nel trattamento del carcinoma differenziato della tiroide (CDT) refrattario al
radio-iodio. Pur essendo classicamente ben tollerati, gli inibitori tirosino-chinasici possono
determinare diversi eventi avversi, talvolta anche fatali. Obiettivo dello studio è di valutare
l’incidenza di eventi fatali in pazienti affetti da CDT iodo-refrattario responsivi alla terapia
con sorafenib. Metodi: E’ stata praticata un’analisi retrospettiva di 12 pazienti affetti da
CDT progressivo non iodo-responsivo in cui la terapia con sorafenib ha determinato un
arresto della progressione metastatica (risposta parziale e malattia stabile secondo i criteri
RECIST). Il tempo mediano di follow-up è stato di 15.5 mesi. Risultati: Eventi fatali sono
stati riportati in 5 pazienti (41.6%). Tre pazienti hanno sviluppato una emorragia massiva
delle vie aeree superiori dopo 4 mesi di trattamento. Si trattava di soggetti con un’ampia
infiltrazione neoplastica del vettore tracheo-esofageo, precedentemente sottoposti a radioterapia del collo. Due pazienti hanno invece sviluppato un arresto cardiaco dopo 10 mesi di
terapia. In entrambi i casi il trattamento con sorafenib aveva determinato l’insorgenza di
ipertensione arteriosa. Tutti questi pazienti tranne uno (deceduto per arresto cardiaco)
assumevano la terapia a dosaggio massimale (800 mg/die). Conclusioni: La terapia con
sorafenib, seppure efficace in una elevata percentuale di soggetti affetti da CDT iodorefrattario, potrebbe essere correlata all’insorgenza di eventi fatali. Potrebbe essere pertanto
necessario escludere o utilizzare un dosaggio minimo di farmaco in alcune tipologie di
pazienti, come quelli che presentano infiltrazione neoplastica tracheo-esofagea e/o hanno
avuto pregresse radioterapie. E’ inoltre consigliato un monitoraggio cardiologico e
pressorio costante in tutti i casi ed un deciso intervento farmacologico in caso di insorgenza
di ipertensione arteriosa.
P-54
ECOGRAFIA INTERVENTISTICA E CHIRURGIA RADIOGUIDATA NEL
REPERIMENTO DI LINFONODI METASTATICI DA CARCINOMA TIROIDEO
A. Martino1, E. Fiore3, C. Lombardi 2, P. Miletto 2, M. Rossi1
1
Unità Operativa Complessa di Diagnostica per Immagini - Ospedale S Ottone
Frangipane Ariano Irpino
2
Dipartimento Immagini - AORN S.G. Moscati Avellino
3
Unità Operativa Endocrinologia I –Azienda Ospedaliera Pisana
Obiettivi dello studio: l’obiettivo dello studio è stato quello di impiegare una tecnica di
ecografia interventistica propedeutica alla chirurgia radioguidata, per localizzare preoperatoriamente recidive metastatiche linfonodali del collo, in pazienti con carcinoma
tiroideo papillifero e midollare già sottoposti a tiroidectomia ed a trattamento con
radioiodio (papilliferi).
Materiali: abbiamo selezionato 33 pazienti affetti da carcinoma papillifero (PTC) e
carcinoma midollare (MTC) con evidenza ecografica, nella regione del collo di
linfoadenopatie sospette clinicamente occulte. La nostra metodica consiste in una nuova
applicazione della tecnica ROLL (Radioguided Occult Lesion Localization)
prevalentemente utilizzata per la ricerca di lesioni mammarie non palpabili. La tecnica
prevede l' iniezione di particelle di macroaggregati di albumina marcate con 99mTc,
direttamente all' interno della lesione, sotto guida ecografica. La persistenza del tracciante
radioattivo nei linfonodi, viene confermata da un esame scintigrafico effettuato due ore
dopo l' iniezione. In sede operatoria, con l' impiego di una sonda per chirurgia
radioguidata, si procede alla localizzazione ed all' asportazione dei linfonodi iniettati.
Risultati: un numero complessivo di 69 linfonodi è stato iniettato con tracciante
radioattivo. Tutti i linfonodi iniettati sono stati localizzati ed asportati (100%).
All' istologia la presenza di metastasi di PTC o MTC è stata confermata in 52 su 69
linfonodi (75,3%). Almeno un linfonodo metastatico per paziente è stato aportato. In 10 su
33 pazienti (30,3%) sono stati trovati anche linfonodi reattivi (17 su 69).
Conclusioni: questa tecnica di ecografia interventistica propedeutica alla chirurgia
radioguidata si è dimostrata altamente efficace per la localizzazione ed il successivo
trattamento chirurgico di linfonodi clinicamente occulti, rilevabili ecograficamente nel
collo e gioca un importante ruolo nella terapia chirurgica dei linfonodi metastatici da
carcinoma tiroideo.
P-55
VALORE PREDITTIVO DELLA TIREOGLOBULINA ULTRASENSIBILE AL
MOMENTO DELL’ABLAZIONE CON RADIOIODIO ESEGUITA IN
EUTIROIDISMO
A. Matrone, C. Gambale, L. Agate, E. Molinaro, V. Bottici, A. Biagini, P.
Passannanti, D. Viola, P. Vitti, R. Elisei
Dipartimento di Endocrinologia e Metabolismo – Università degli Studi di Pisa
Il carcinoma differenziato della tiroide (DTC) è una neoplasia maligna di origine
epiteliale. Il trattamento iniziale consta dell’intervento chirurgico di tiroidectomia totale e
della terapia radiometabolica con 131I. Il follow up, è clinico, laboratoristico ed ecografico
ed il punto cardine per definire la remissione di malattia è il test di stimolo con TSH
umano ricombinante (rhTSH). La recente introduzione del dosaggio della tireoglobulina
ultrasensibile (TgUs) sembra poter modificare gli algoritmi di follow up di questi pz.
Scopo: a) valutare il significato prognostico, dopo 12 mesi di follow up, della TgUs al
momento dell’ablazione; b) identificare un gruppo di pazienti più inclini alla guarigione
immediata; c) proporre un algoritmo diagnostico/terapeutico per discernere i pz da trattare
con il 131I.
Pazienti e metodi: abbiamo valutato 250 pz consecutivi, affetti da DTC, con AbTg <20
U/ml, trattati con tiroidectomia totale e in procinto di eseguire terapia con 30 mCi di 131I
dopo stimolo con rhTSH. Il valore della Tg all’ablazione, dopo 3 giorni dallo stimolo con
rhTSH (3°gg-Tg) e dopo 12 mesi è stato correlato con diverse caratteristiche cliniche ed
epidemiologiche.
Risultati: i pz che presentavano una Tg indosabile (<0,1 ng/ml), al momento
dell’ablazione, in terapia soppressiva (LT4-TgUs) ed un’ecografia negativa per ripetitività
linfonodali, avevano un’altissima probabilità di guarigione; di contro, quelli con LT4TgUs>1 ng/ml mostravano alte probabilità di recidiva/persistenza. I linfonodi metastatici
all’ablazione, correlavano con la persistenza di malattia ma non i linfonodi metastatici
all’istologia (N1). Una 3°gg-Tg <0,5 ng/ml, seppur dosata con metodica “non
ultrasensibile”, correlava significativamente con la remissione clinica di malattia.
Conclusioni: Il valore di LT4-TgUs al momento dell’ ablazione è un ottimo indice
prognostico di guarigione/recidiva di malattia dopo 12 mesi di follow up, così come il
valore di 3°gg-Tg. L’istologia meno aggressiva, l’assenza di linfonodi metastatici
all’istologia (N0) e bassi di valori di captazione alla 3° ora (<2%), sono significativamente
correlati alla remissione clinica. Pertanto, i pazienti con tali caratteristiche, in un futuro
prossimo potrebbero non eseguire più la terapia radiometabolica ablativa ma solo un
attento follow up clinico, laboratoristico ed ecografico nel tempo. A tale scopo abbiamo
proposto un nuovo algoritmo diagnostico terapeutico da validare in uno studio prospettico
per questo specifico gruppo di pazienti.
P-56
CONSUMO DI SALE IODATO E PREVALENZA DEL NODULO TIROIDEO IN
ABRUZZO
S. Melanzi*, G. Di Dalmazi*, M. Carpentieri*, C. Antonangelo#, e il gruppo
endocrinologico abruzzese (GEA)
*Endocrinologia, Universita` di Chieti; #UOC Endocrinologia, Osp. S. Salvatore,
L’Aquila; Ambulatorio Endocrinologia, UOC Med. Interna, Osp. G. Mazzini, Teramo;
Serv Ambulatoriale Endocrinologia, Osp S. Spirito , Pescara; UOC Medicina, Osp. F.
Renzetti, Lanciano (CH).
Nel 2010 e nel 2012 sono state promosse manifestazioni di informazione e prevenzione
sulle patologie della tiroide dalle principali Associazioni Scientifiche endocrinologiche
(AIT, AME, SIE). L’obiettivo era di sensibilizzare l’opinione pubblica sulle malattie della
tiroide e sulla iodoprofilassi. Sia nel 2010 che nel 2012 sono stati distribuiti dei
questionari con domande relative a familiarità, sale iodato, gravidanza, patologie tiroidee
già diagnosticate. Gli endocrinologi abruzzesi riuniti nel GEA hanno inoltre effettuato
ecografie gratuite in ambiente ospedaliero e in alcuni grandi centri commerciali della
regione Abruzzo. Dalla elaborazione dei dati del questionario del 2012 è emerso che il
54% dei soggetti usa sale iodato, con un significativo aumento rispetto al 2010 (44,5%).
Nel 2012, tra i soggetti che non erano mai stati sottoposti ad ecografia tiroidea (277
soggetti) è stata riscontrata la presenza di noduli nel 23,1% dei casi, con una prevalenza di
micronoduli, diametro massimo inferiore ad 1 cm; i dati confermano un miglioramento
rispetto al rilevamento del 2010 quando il riscontro di patologia nodulare tra i soggetti non
visitati (480) era stato del 30,8% (anche in questo caso con prevalenza di noduli di
diametro <1 cm). Inoltre i nostri dati evidenziano che le iniziative svolte in ambiente “non
sanitario” (nello specifico all’interno di centri commerciali) consentono di raggiungere un
maggior numero di pazienti non precedentemente visitati (75.7% del totale dei pazienti
sottoposti ad ecografia) rispetto a quelle svolte in ambiente ambulatoriale (63.5%). I nostri
dati evidenziano che, sebbene ancora lontano dai livelli ottimali, il consumo di sale iodato
nella regione Abruzzo e` in significativo aumento, probabilmente proprio grazie a
manifestazioni e campagne di sensibilizzazione dell’opinione pubblica. Corollario al
maggior consumo di sale iodato e` il riscontro di una minore percentuale di pazienti con
nodularita` tiroidea.
P-57
IODOPROFILASSI CON SALE IODATO IN GRAVIDANZA E SVILUPPO
NEUROINTELLETTIVO:
RISULTATI
DI
UNO
STUDIO
PILOTA
PROSPETTICO
M. Moleti1, G. Ilardo2, M. Boncoddo2, A.C. Longo2, B. Di Bella1, S. Presti1, G.
Sturniolo1, G. Tortorella2, F. Trimarchi1, F. Vermiglio1
1
Dip.Clinico-Sperimentale di Medicina e Farmacologia, Sezione di Endocrinologia; 2Dip.
Neuropsichiatria Infantile. Università di Messina.
Premessa. Un adeguato apporto iodico durante la gravidanza è essenziale per garantire
l’eutiroidismo materno e fetale e, conseguentemente, un normale sviluppo del SNC del
feto. Scopo del lavoro. Verificare l’efficacia della iodoprofilassi con sale iodato sullo
sviluppo neurointellettivo di nati da madri residenti in un’area moderatamente
iodocarente. Soggetti. Sessanta bambini di età ≥6 e ≤12 anni, nati da madri afferite tra il
2000 ed il 2006 al nostro centro per il monitoraggio della funzione tiroidea in gravidanza,
inquadrati nei seguenti 4 gruppi: 1) gruppo sale iodato (Is), n=15 nati da madri che
facevano uso regolare di sale iodato da almeno 2 aa; 2) gruppo sale iodato + L-Tiroxina
(Is-LT4+), n=15 nati da madre che, oltre ad usare il sale iodato da almeno 2 aa,
assumevano LT4 a dosi sostitutive o semi-soppressive già prima della gravidanza; 3)
gruppo no sale iodato (no-Is), n= 15 nati da madri non iodo-supplementate; 4) gruppo no
sale iodato ma LT4 (no-Is- LT4+), n= 15 nati da madri non iodosupplementate, in terapia
con LT4 a dosi sostitutive o semi-soppressive già prima della gravidanza. Metodi.
Wechsler Scale of Intelligence Scale for Children 4a ed. (WISC-IV), 13 sottoscale.
Risultati. Il quoziente intellettivo totale (tIQ) risultava significativamente più alto nei
bambini nati da madri iodosupplementate (gruppo Is tIQ 93.7±12.2 e gruppo Is-LT4+ tIQ
95.8±18.2, p NS) rispetto a quelli nati da madri non iodosupplementate (gruppo no-Is tIQ
82.3±15.1 e gruppo no-Is-L-T4+ tIQ 84.1±14.7, p NS). Questo dato era indipendente dai
livelli di FT4 materna che, come atteso, erano significativamente più alti in tutti i momenti
della gravidanza nelle donne in terapia con LT4. La percentuale di bambini con deficit
cognitivo (tIQ <85 punti) era significativamente più bassa (circa 3 volte) nei gruppi di
bambini nati da madri iodosupplementate (gruppi Is e Is-LT4+ 23.3% vs gruppi no-Is e
no-Is-LT4+ 63.3%, χ 2 8.21 p 0.004). Conclusioni. Lo sviluppo neuro intellettivo
sembrerebbe essere condizionato dall’apporto nutrizionale di iodio piuttosto che dai livelli
di T4 delle madri, verosimilmente in rapporto con una più adeguata funzione tiroidea
fetale. Tuttavia, l’alta percentuale di deficit cognitivo osservata anche nei nati da madri
che usavano regolarmente il sale iodato indica che tale misura di iodoprofilassi può non
essere sufficiente in gravidanza a garantire un ottimale apporto di iodio al feto.
P-58
IPOTIROIDISMO CONGENITO CAUSATO DA UNA NUOVA MUTAZIONE
OMOZIGOTE DEL GENE DELLA TIREOPEROSSIDASI.
A. Molinaro, F. Niccolai, P. Agretti, G. De Marco, E. Ferrarini, A. Dimida, P. Vitti,
B. Bagattini, L. Montanelli, M. Tonacchera
Dipartimento di Endocrinologia, Università di Pisa
L’ipotiroidismo congenito con gozzo dovuto a difetti di organificazione dello iodio è
ereditato come tratto recessivo ed è spesso dovuto a mutazioni del gene della
tireoperossidasi (TPO). Il gene umano della TPO contiene 17 esoni ed è localizzato sul
cromosoma 2p25. Il gene codifica per un enzima contenente un gruppo eme di 933
aminoacidi molto simile alla mieloperossidasi umana. Ad oggi sono state descritte più di
50 mutazioni del gene della TPO che determinano una alterata attività funzionale. Lo
scopo del nostro studio è stato quello di eseguire l’analisi del gene della TPO in una
paziente affetta da ipotiroidismo congenito trattato tardivamente associati a gozzo
nodulare. La paziente presentava un alterato sviluppo psicosomatico ed era in terapia con
L-T4 dall’età di circa 3 anni. All’esame ecografico era presente una tiroide di dimensioni
superiori alla norma con nodulo destro di 5 cm. Gli esami di laboratorio mostravano valori
di FT3, FT4 e TG nella norma, TSH inferiore alla norma ed assenza di anticorpi anti
tiroide in terapia con L-T4. A completamento dell’iter diagnostico è stato effettuato test al
perclorato dopo somministrazione di TSH ricombinante che si rivelava positivo con
dismissione del radioiodio del 91% a 1 ora dalla somministrazione di perclorato di
potassio. Il DNA genomico è stato estratto dal sangue della paziente e di 50 soggetti
normali di controllo. Tutti i 17 esoni che compongono il gene della TPO sono stati
amplificati per PCR, sequenziati con BigDye Terminator Kit e analizzati su 3130xl
genetic analyzer. Nel sangue della paziente è stata identificata una nuova mutazione
puntiforme omozigote a livello dell’esone 10 del gene della TPO (ACG/ATG) che
determina la sostituzione in posizione 561 dell’aminoacido treonina con l’aminoacido
metionina (T561M). Erano inoltre presenti varianti alleliche già descritte in letteratura. La
mutazione non è stata identificata nel DNA da sangue dei 50 soggetti normali. In
conclusione, abbiamo identificato una nuova mutazione omozigote del gene della TPO in
una paziente affetta da ipotiroidismo congenito trattato tardivamente. La mutazione è
responsabile del difetto di organificazione dello iodio che ha determinato l’ipotiroidismo.
P-59
MIXEDEMA PRETIBIALE AD ESORDIO TARDIVO IN PAZIENTE CON
IPERTIRODISMO REFRATTARIO AL TRATTAMENTO
A. Montepagani, P. Lazzeri, *M. Guadagni, ^P. Dessanti, ^N. Gorgji, A. Ciarmiello,
M. Cappagli
Medicina Nucleare, *Dermatologia, ^Anatomia Patologica, Ospedale S.Andrea, La Spezia
Il Sig. D.C.C, nel 2006 a 40 anni, giungeva al nostro ambulatorio per ipertiroidismo (IP)
senza severa oftalmopatia (OF), con OT: FT4=5.80 ng/dl(0.89-1.79); FT3=1.38 ng/dl
(0.16-0.38); TSH=0.09 uUI/ml(0.20-4.0); AbTg= negativi, AbPO=128 U/ml (0-20),
Trab= 24.9 U/L.(<1.50). Alla scintigrafia: ghiandola di dimensioni aumentate (x2) con
prevalenza funzionale e volumetrica del lobo sinistro. All’ECO volume: 41 ml. Il
Paziente (Pz) iniziava metimazolo (MMZ) 30 mg/dì ma, dopo una iniziale risposta (FT4=
1.40 ng/dl; FT3=0.42 ng/dl; TSH=0.09 uUI/ml ), mostrava una prima recidiva alla dose di
20 mg/dì. Dopo ulteriori, ripetute recidive ed in considerazione dell’età, si proponeva la
tiroidectomia che il Pz rifiutava, per cui si somministrava (2009) una prima dose di
131
I:10mCi (370 MBq), (L.G. SIE-AIMN-AIFM) e nel 2011 una seconda dose (15 mCi =
555 MB). Nel dicembre 2011 il Pz notava, la comparsa di una lesione cutanea della gamba
destra che, interpretata inizialmente come eritema nodoso, si presentava come “un’area
rilevata sulla cute del piatto tibiale destro, di 2 x 3cm con asse maggiore cranio-caudale e
margini sfumati, aderente ai piani cutanei e mobile sui piani fasciali sottostanti; la cute era
translucida ed eritematosa; la consistenza teso-elastica, compatta".Per la progressione
della lesione e nel sospetto di un dermatofibrosarcoma veniva eseguita biopsia della
neoformazione.L’esame istologico evidenziava: “ipercheratosi del derma e lieve infiltrato
linfomonocitario con sparse cellule miofibroblastiche immerse in abbondante edema e
stroma mixoide”. La diagnosi era di mixedema pretibiale (MP). Il Pz, attualmente,
continua a presentare recidiva di IP con persistenza di Trab elevati (42 U/L) ed è sempre
sottoposto a terapia con MMZ (10 mg/dì). La lesione cutanea descritta si è estesa a 10 x 4
cm, determinando edema della gamba destra, bruciore, prurito e parziale limitazione
funzionale dell’arto. Per tale motivo il dermatologo, anche per l’ inefficacia dei trattamenti
topici (TT), ha proposto l’exeresi della lesione. Commento: il MP, associato nel 97% a
OF, ha una bassa incidenza (0.5-4.3% Graves), rapporto F:M=3.5:1 e genesi incerta, ma
con documentato accumulo di glicosaminoglicani per probabile stimolazione dei
fibroblasti da parte degli OT. L’evoluzione è di solito favorevole, con o senza terapia
topica. Nel nostro Pz si segnalano questi caratteri particolari: 1)l’assenza di OF, 2)la
progressione del MP, 3)l’inefficacia dei TT, 4)la lunga persistenza di IP e Trab elevati,
che potrebbero aver determinato sia l’esordio tardivo che la progressione della dermopatia
per continua iperstimolazione dei fibroblasti.
P-60
PERFORMANCE DIAGNOSTICA DELLO STRAIN INDEX ELASTOGRAFICO
NELLA DIAGNOSI DIFFERENZIALE DEI NODULI TIROIDEI
L. Montesion, R. Carrara, S. Chytiris, V. Capelli, R. Fonte, M. Rotondi, F. Magri, L.
Chiovato
U.O. di Medicina Interna e Endocrinologia, IRCCS Fondazione S. Maugeri,. Pavia,
Cattedra di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo, Università di Pavia
Con l’utilizzo dell’ecografia come metodo di screening, la prevalenza dei noduli tiroidei
nella popolazione generale è di circa il 60%, e di questi il 5% ha una diagnosi di
malignità. L’elastografia è stata recentemente proposta come strumento aggiuntivo nella
diagnosi differenziale dei noduli tiroidei. Scopo del nostro studio è stata la valutazione del
potenziale diagnostico dell’elastografia nella valutazione clinica della patologia nodulare
tiroidea.
Sono stati valutati 500 noduli tiroidei corrispondenti a 385 pazienti consecutivi, aventi
l’indicazione all’esecuzione di agoaspirazione tiroidea. Il protocollo prevedeva, per ogni
nodulo, l’esecuzione di ecografia, valutazione elastografica ed esame citologico su
agoaspirato. L’elastografia è stata applicata con metodo semiquantitativo, ricavando per
ogni nodulo il valore di Strain Index (SI), corrispondente al rapporto tra l’elasticità del
nodulo in esame e l’elasticità del punto più soffice del parenchima sano circostante.
Lo Strain Index medio per i noduli a citologia benigna è risultato significativamente
inferiore rispetto a quello dei noduli con citologia sospetta per o indicativa di malignità (p
< 0,0001). Con un cut off di Strain Index di 2,93, calcolato mediante curva ROC,
sensibilità, specificità, VPP, e VPN sono risultati pari a 71%, 83%, 16%, e 98%,
rispettivamente. L’area sotto la curva dello Strain Index è risultata superiore rispetto a
quella delle variabili ecografiche considerate, indipendentemente dalle dimensioni
nodulari. All’analisi di regressione logistica multivariata, solo Strain Index e margini
irregolari all’ecografia conservavano una correlazione significativa con il risultato
citologico.
In conclusione, sebbene l’agoaspirazione tiroidea rimanga il gold standard nella diagnosi
dei noduli tiroidei, l’elastografia semiquantitativa, basata sul calcolo dello Strain Index,
rappresenta uno strumento diagnostico aggiuntivo in grado di migliorare il potenziale
diagnostico della valutazione clinica .
P-61
FRAMMENTO N TERMINALE DEL PEPTIDE NATRIURETICO B (NT-proBNP)
NEL CARCINOMA TIROIDEO DIFFERENZIATO (DTC)
E. Monti, V. Caorsi, G. Pera, L. Mortara, F. Minuto, M. Giusti
Dipartimento di medicina interna. Università di Genova, Genova
Premessa: Il DTC prevede l’assunzione per tutta la vita di L-T4 a posologia TSHsoppressiva che potrebbe portare ad effetti avversi cardio-vascolari. Il NT-proBNP è
secreto dal ventricolo in risposta a variazioni della pressione e del volume ventricolare.
Scopo: Esplorare i rapporti fra NT-proBNP e la funzione cardio-vascolare nel DTC.
Materiale e Metodi: Sono stati studiati 213 pazienti (pz; M 52, F 161) con DTC dell’età
media di 60 anni (25-90 anni) sottoposti a valutazioni cliniche e biochimiche di routine, a
determinazione del NT-proBNP, a studio del metabolismo lipidico, a valutazione dello
spessore intima-media (IMT) dei tronchi sopra-aortici, della frazione di ejezione (FE%) e
della massa ventricolare sinistra (LVM e LVMI).
Risultati: Tutti i pz erano in classe NYHA 1. Il 78% dei pz era “disease free” mentre il
7% con malattia ancora attiva; il restante 15% era probabilmente “guarito”. Un TSH
marcatamente soppresso, soppresso ed inadeguato era presente nel 31%, 56% e 13% dei
DTC. Una significativa correlazione (p<0.01) è stata osservata fra NT-proBNP ed età. Il
NT-proBNP è risultato correlato positivamente con lo stadio (p=0.02), la durata di
malattia (p<0.01) ed il livello di TSH (p<0.01) e negativamente con la f-T3 (p<0.01) e la
posologia di L-T4 (p<0.01). Il NT-proBNP è risultato correlato con la PAS (p=0.04) ed il
carico farmacologico ipotensivo (p=0.03). Nessuna correlazione è stata rilevata fra livello
di NT-proBNP e parametri dello stato lipidico. Una disfunzione sistolica è stata osservata
nel 21% dei DTC. Una correlazione negativa è stata rilevata fra NT-proBNP e FE%
(p=0.01) ed una positiva fra NT-proBNP e LVMI. La FE% è risultata correlata in modo
negativo con lo stadio di malattia (p=0.01), l’età alla diagnosi (p=0.01) e il livello di TSH
(p=0.04). LVM (p<0.01) e LVMI (p<0.01) sono risultati correlati con il livello di TSH e
con l’età alla diagnosi. L’IMT è risultato positivamente correlato con il NT-proBNP
(p<0.01), con lo stadio del DTC (p=0.01), l’età alla diagnosi (p<0.01) ed il livello di TSH
e negativamente con la dose di L-T4 (p<0.01).
Conclusioni: Nel DTC si osservano eventi patologici cardio-vascolari età-dipendenti.
L’aumento dell’NT-proBNP nel DTC appare correlato allo stadio di malattia. L’adeguato
compenso ormonale sembra favorevolmente modulare il NT-proBNP. Nonostante
l’ipertiroxinemia medicamentosa la prevalenza dei DTC ha una dislipidemia, non
correlata con il NT-proBNP. Il DTC presenta alterazioni ecocardiografiche correlate con il
quadro clinico. Un’ attenta valutazione degli aspetti cardio-vascolari è raccomandata nei
DTC.
P-62
L’INIBIZIONE DI IDO1 (INDOLEAMMINA 2,3-DIOSSIGENASI 1) RIDUCE LA
PROLIFERAZIONE DELLE CELLULE FTC133
S. Moretti, E. Menicali, P. Voce, F. Fallarino, N. Avenia, E. Puxeddu
Dipartimento di Medicina Interna, Centro di Ricerca di Proteomica e Genomica della
Tiroide (CRiProGeT), Università degli Studi di Perugia, Perugia, Italia
L’Indoleammina 2,3-diossigenasi 1 (IDO1) catalizza la degradazione del triptofano a
chinurenina. Nel cancro, IDO1 sembra svolgere un ruolo determinante nel favorire
l’instaurarsi di un ambiente tollerante nei confronti delle cellule tumorali, permettendo
così l’evasione del sistema immunitario (immune escape) ed è risultato over-espresso in
molti tumori. L’analisi dell’espressione di IDO1, condotta mediante real-time PCR e
immunoistochimica in 128 casi di carcinoma tiroideo, ha evidenziato un significativo
aumento dell’enzima anche in questi tumori. Scopo di questo lavoro è stato valutare
l’espressione e la funzione di IDO1 in diverse linee cellulari tumorali tiroidee. Per questo
l’espressione di IDO1 è stata valutata mediante real-time PCR e western blotting, in due
linee di carcinoma papillare della tiroide (BCPAP e TPC1), in due di carcinoma
anaplastico (8505C e C643) e in una di carcinoma follicolare (FTC133). I risultati hanno
mostrato nelle cellule FTC133 e BCPAP un’espressione basale di IDO1 maggiore rispetto
a quella della tiroide normale, nelle cellule C643 IDO1 era espresso a livelli inferiori
rispetto alla tiroide normale, mentre era indosabile nelle cellule TPC1 e 8505C. Il
dosaggio della chinurenina nel terreno di coltura delle cellule, effettuato mediante HPLC,
ha permesso di evidenziare che solo nelle cellule FTC133, IDO1 possedeva anche
un’attività enzimatica apprezzabile. In tutte le linee cellulari esaminate, lo stimolo con
IFN-γ determinava un aumento dell’espressione e dell’attività enzimatica di IDO1. Lo
studio degli effetti di IDO1 sulla proliferazione cellulare è stato effettuato nelle cellule
FTC133 e BCPAP. Le curve di proliferazione dopo trattamento con 3 inibitori noti di IDO
[L-1metil-triptofano (L-1MT), D-1metil-triptofano (D-1MT) e necrostatina (MTH-Trp)]
non hanno mostrato alcun effetto inibitorio sulla proliferazione delle cellule BCPAP,
mentre la crescita delle cellule FTC133 era significativamente ridotta dal trattamento con
L-1MT (200 µM) e MTH-trp (100 µM). In particolare il trattamento con MTH-trp portava
ad una diminuzione della crescita del 48% rispetto alle cellule di controllo (p=0.01).
Questi dati indicano che nelle cellule FTC133 IDO1 ha un ruolo nella regolazione positiva
della proliferazione cellulare suggerendo che nei tumori che esprimono IDO1, la sua
inibizione potrebbe rappresentare una strategia utile per contrastare la crescita neoplastica.
P-63
ESPRESSIONE DI DIVERSE ISOFORME DELLA TIREOPEROSSIDASI NELLA
TIROIDE, NEL CARCINOMA MAMMARIO (CM) ED IN ALTRI TESSUTI.
I. Muller1,3, C. Giani1, E. Fiore1, V. Belardi1, V. Rosellini1, N. Funel2, D. Campani2, E.
Giustarini1, F. Grennan-Jones3, L. Zhang3, M. Lewis3, A. Bakhsh3, M. Roncella4, M.
Ghilli4, A. Pinchera1, P. Vitti1, C. Dayan3, M. Ludgate3
Dipartimento di Endocrinologia (1), Patologia (2) e Senologia (4), Università di Pisa
(3) Institute of Molecular & Experimental Medicine, School of Medicine, Cardiff University
INTRODUZIONE: Nel siero di pazienti affette da CM è stata riscontrata una maggiore
prevalenza di anticorpi anti tiroide e gli anticorpi anti-tireoperossidasi (AbTPO) hanno un
ruolo prognostico positivo. Abbiamo pertanto ipotizzato la presenza di un antigene condiviso
dalle cellule mammaria e tiroidea in grado di determinare una risposta immunitaria contro
entrambe. Un nostro recente studio ha dimostrato l’espressione di mRNA e proteina della
tireoperossidasi (TPO) nel CM, nel tessuto mammario peri-tumorale (PT), nel tessuto adiposo
(A) e nei carcinomi renale e pancreatico, anche se ad un livello inferiore rispetto al gozzo
multinodulare (T). Il gene della TPO è costituito da 17 esoni ed è soggetto a splicing
alternativo; ad oggi sono note in T 8 diverse isoforme di mRNA prive di uno o più esoni.
Abbiamo descritto una nuova isoforma di TPO priva degli esoni 14 e 16 espressa
maggiormente in CM, PT e A, debolmente in T ed assente negli altri carcinomi. La nostra
nuova isoforma e le isoforme note non sono state finora caratterizzate interamente a causa
dell’eccessiva lunghezza della sequenza nucleotidica.
MATERIALI E METODI: l’intera porzione codificante del gene della TPO è stata studiata in 1
T, 2 CM ed 1 A con la LongRange RT-PCR usando un forward primer nell’ esone 2 ed un
reverse primer nell’ esone 17 ed abbiamo sequenziato i prodotti ottenuti.
RISULTATI: abbiamo descritto 8 nuove isoforme di TPO espresse sia in T sia in altri tessuti
ed alcune di esse sembrano essere tessuto-specifiche.
CONCLUSIONI: la TPO non sembra più essere tireo-specifica in quanto espressa, seppur ad
un livello inferiore, anche in CM, PT, A ed altri carcinomi. La TPO può essere l’antigene
responsabile di una reazione immunitaria comune verso la cellula tiroidea e quella di CM,
spiegando il ruolo protettivo degli AbTPO; ulteriori studi sono in corso per validare
quest’ipotesi. Il ruolo delle isoforme mRNA della TPO al momento non è chiaro; alcune
sembrano conservare una funzione enzimatica e/o antigenica. Il nostro studio dimostra che il
numero delle isoforme di TPO esistenti è superiore a quello noto e suggerisce la possibilità che
alcune di esse possano essere tessuto specifiche. Ulteriori studi in un campione più ampio di
tessuti sono necessari per valutare se tali isoforme possono ricoprire il ruolo di marcatori
tessuto specifici, se sono tradotte nelle corrispondenti proteine e, in caso positivo, con quali
capacità funzionali e/o antigeniche.
TPO no longer seems to be Thy-specific: mRNAs and proteins for known TPO isoforms are
weakly but clearly expressed in BC and other tissues. This could explain at least in part the
high frequency and protective role of TPOAb in BC patients, hypothesizing an enhancement of
specific T-lymphocyte immunoreactivity. Further studies are needed to investigate tissue
specificity, function and immunogenicity of several novel TPO variant mRNAs identified in
this study.
P-64
DISFUNZIONE SESSUALE E PATOLOGIA TIROIDEA NELLA DONNA
1D. Pasquali, 1G. Accardo, 1A. Renzullo, 1D. Esposito, 1F. Barbato, 1G. Bellastella,
2 M.I. Maiorino, 1K. Esposito
1Dip di Scienze Cardio-Toraciche e Respiratorie, Sezione di Endocrinologia, Seconda
Università di Napoli, Napoli
2Dip di Gerontologia, Geriatria e Malattie del Metabolismo, U.O.C. Di Malattie del
Metabolismo, Seconda Università di Napoli, Napoli.
A oggi i dati sulla prevalenza della disfunzione sessuale femminile (FSD) nella patologia
tiroidea sono ancora scarsi. Lo scopo del nostro studio è stato quello di valutare la
funzione sessuale in donne in menopausa e premenopausa affette da patologia tiroidea; di
confrontarla con quella di un gruppo di controllo costituito da donne di età comparabile,
non tireopatiche; di valutare la relazione tra funzione sessuale, TSH ed ormoni tiroidei.
Metodi: Novanta donne con patologia tiroidea, di età compresa tra 18-60 anni, e 38
controlli di età comparabile hanno partecipato allo studio: sedici donne con ipertiroidismo
(Gruppo 1), 20 con ipotiroidismo (Gruppo 2), 11 con tiroidite di Hashimoto (Gruppo 3),
28 in terapia sostitutiva con tiroxina (Gruppo 4), e 15 affette da gozzo nodulare (Gruppo
5). Tutti i casi sono stati sottoposti a dosaggio dei livelli sierici di TSH, FT4, FT3,
AbTPO, Ab TG e a ecografia tiroidea. La valutazione della funzione sessuale è stata
eseguita mediante la somministrazione del questionario Female Sexual Function Index
(FSFI), usando come valore soglia di normalità 23. Risultati. La prevalenza della FSD è
stata del 45.5% nella patologia tiroidea e 28.9% nei controlli (P = NS). Solo nel Gruppo
5, la prevalenza (73,3 %) era significativamente più alta rispetto ai controlli (P < 0.005).
Il valore di FSFI totale era di 21.2 ± 7.2 (mean ± SD) nella patologia tiroidea e di 25.2±4.5
nei controlli (P <0.001). Rispetto ai controlli, c’era una riduzione statisticamente
significativa del desiderio nel Gruppo 2; desiderio, eccitazione e lubrificazione nel Gruppo
3; desiderio, eccitazione, lubrificazione, orgasmo e soddisfazione nel Gruppo 5. Nella
patologia tiroidea la prevalenza di FSD era del 52% e 43%, mentre nei controlli era del
55% e 20%, nei gruppi in menopausa e pre-menopausa, rispettivamente. Abbiamo trovato
una correlazione inversa tra TSH e FSFI (r = -0.7, P = 0.01) nel Gruppo 5, che mostrava il
valore di FSFI più basso (17.9 ± 8.2) e il BMI (29.4 ± 7.1 Kg/m2) più elevato.
Conclusioni: I nostri dati confermano che le donne con patologia tiroidea possono
presentare una più alta prevalenza di FSD rispetto ai controlli. Sebbene i nostri risultati
suggeriscano che i livelli di TSH possano essere correlati con la FSD in donne affette da
gozzo nodulare, sono necessari altri studi per chiarirne il ruolo.
P-65
RUOLO DEL “THYROID IMAGING REPORTING AND DATA SYSTEM”
NELLA STRATIFICAZIONE DEL RISCHIO DI CANCRO NEI NODULI
TIROIDEI VALUTATI CON ESAME ECOGRAFICO.
P. Patruno, A. Natalicchio, M.P. Barbaro, A. Ciampolillo, F. Giorgino.
Endocrinologia, D.E.T.O., Università degli Studi di Bari Aldo Moro.
Background. I noduli della tiroide hanno un’alta prevalenza; tuttavia, essendo la maggior
parte di essi benigna, è necessario selezionare i noduli meritevoli di approfondimento
diagnostico sulla base del rischio di malignità. Obiettivo. In questo studio è stato
formulato un sistema di stratificazione del rischio di malignità dei noduli tiroidei, basato
sulle loro caratteristiche ecografiche, finalizzato a selezionare i noduli da sottoporre ad
agoaspirato tiroideo ecoguidato (FNAB). Materiali e metodi. Da dicembre 2001 a
gennaio 2012 sono stati sottoposti a FNAB 1.578 noduli in 1.215 pazienti (964 donne e
251 uomini; età 14-90 anni). Sono stati individuati i parametri clinici ed ecografici
predittivi di malignità, correlandoli con il giudizio citologico ottenuto mediante FNAB ed
il giudizio istologico ottenuto dopo tiroidectomia. È stato costruito un sistema di
stratificazione del rischio di malignità detto TIRADS (Thyroid Imaging Reporting and
Data System) basato sul numero di caratteristiche ecografiche di sospetto presenti in uno
stesso nodulo (da TIRADS 0, assenza di caratteristiche ecografiche di sospetto, a TIRADS
6, presenza di 6 caratteristiche ecografiche di sospetto). Nel sistema è stato inoltre
incorporato uno score di rischio basato sul potere predittivo per malignità di ciascuna
caratteristica ecografica dedotto dai valori di Odds Ratio (OR) ottenuti mediante analisi di
regressione logistica. Risultati. Le caratteristiche ecografiche che hanno mostrato una
significativa associazione con la malignità sono state la ipoecogenicità del nodulo, le
microcalcificazioni, i margini irregolari o sfumati, il nodulo singolo, la componente solida
del nodulo e la vascolarizzazione intranodulare (p<0,05). All’aumentare della classe
TIRADS aumentava progressivamente e in maniera statisticamente significativa il rischio
di malignità, che diveniva quantitativamemte importante a partire dalla classe 4 (TIRADS
1: 4%, TIRADS 2: 10%, TIRADS 3: 13%, TIRADS 4: 51%, TIRADS 5: 75% e TIRADS
6: 80%). Dall’analisi di regressione logistica è emerso che le calcificazioni rappresentano
la caratteristica ecografica maggiormente predittiva di malignità (OR 4,48), seguita da
ipoecogenicità (OR 3,17), nodulo singolo (OR 2,08), margini irregolari (OR 2,02) e
vascolarizzazione intranodulare (OR 1,7). Il rischio di malignità aumentava in maniera
statisticamente significativa all’aumentare del rischio complessivo costituito dalla
sommatoria del rischio di ciascuna caratteristica ecografica di sospetto. Conclusioni. Il
TIRADS può rappresentare uno strumento valido per l’interpretazione delle caratteristiche
ecografiche di sospetto nel work-up clinico-diagnostico dei noduli tiroidei.
P-66
DISFUNZIONI TIROIDEE IN DONNE GRAVIDE OSPEDALIZZATE PER
COMPLICANZE MATERNO - FETALI
C. Peirce 1, S. Ippolito 1, D. Arpaia 1, F. Improta 2, T. Palmieri 2, M.V. Locci 2, B.
Biondi 1
1 Dipartimento di Endocrinologia ed Oncologia Molecolare e Clinica
2 Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Urologia e Scienze della riproduzione umana
Università di Napoli “Federico II” , Napoli
La disfunzione tiroidea è particolarmente frequente in gravidanza e, se non adeguatamente
trattata, può determinare complicanze ostetriche materne e fetali. La forma più comune di
disfunzione tiroidea in gravidanza è rappresentata dall’ipotiroidismo sia nella sua forma
conclamata che subclinica. Scopo del nostro studio è stata la valutazione della funzione
tiroidea in donne ospedalizzate per complicanze materno-fetali.
Abbiamo effettuato uno studio retrospettivo sulla funzione tiroidea di 115 pazienti di età
compresa tra 35±6 anni ospedalizzate per complicanze ostetriche presso il Dipartimento di
Ginecologia ed Ostetricia della "AOU Federico II" di Napoli da gennaio 2010 a maggio
2012. Al momento del reclutamento, per ogni paziente sono state valutate: la settimana di
gestazione, la modalità della gravidanza (spontanea, FIVET, ICSI), la presenza di
eventuali pregressi aborti spontanei o gravidanze extrauterine. Il rischio di patologie
ostetriche e di patologie fetali è stato valutato mediante monitoraggio ultrasonografico e
tracciato cardiotocografico. Abbiamo parallelamente valutato la presenza di eventuali
patologie tiroidee pregresse o in corso. Al momento dell’ospedalizzazione abbiamo
effettuato un’analisi dei parametri di funzionalità tiroidea, mediante prelievo venoso per
TSH, FT3, FT4, AbTPO ed AbTg ed un esame ecografico della ghiandola tiroidea. La
diagnosi di ipotiroidismo conclamato o subclinico è sta effettuata in accordo con le linee
guida dell’Endocrine Society e dell’American Thyroid Association in gravidanza.
Il 40% delle pazienti ospedalizzate presentava ipotiroidismo; di queste il 69 % aveva una
tiroidite di Hashimoto mentre il 31% riferiva un pregresso intervento chirurgico di
tiroidectomia. L’ipotiroidismo era presente nel 98% dei casi in forma subclinica e nel 2%
in forma conclamata.Delle 46 pazienti ipotiroidee, il 50% era già in terapia con LTiroxina; di queste il 47% non presentava un buon compenso funzionale tiroideo. Il 59%
delle pazienti ipotiroide presentava complicanze materno-fetali; di cui, 19%
oligoidramnios, il 4% polidramnios, il 26% preeclampsia, l’11% minaccia d’aborto e il
22% rottura prematura delle membrane. Il 7% riferiva poliabortività anamnestica e nel 4%
dei feti si evidenziava un ritardo di crescita intrauterino. I nostri dati confermano l’elevato
rischio di complicanze materno-fetali in donne con ipotiroidismo e l’elevata percentuale di
un’inadeguata terapia con L-T4 in pazienti con pregressa diagnosi di ipotiroidismo.
Sottolineamo pertanto, la necessità di effettuare uno screening della funzionalità tiroidea
in tutte le donne con complicanze materno-fetali.
P-67
DIFFERENZE DI GENERE NEL CANCRO DELLA TIROIDE
M.R. Pelizzo, I. Merante Boschin, C. Dobrinija, M. Zane, F. Torresan, L. Liistro, L.
Pomba, F. Schiavi, G. Opocher
Azienda Ospedaliera Policlinico Universitario di Padova, Patologia Speciale
Chirurgica e Propedeutica Clinica
Il carcinoma papillare della tiroide (CPT) è la forma più comune di carcinoma della
tiroide, ammontando a circa l’80% dei casi totali. E’ stata nostra intenzione considerare i
pazienti sottoposti a intervento chirurgico per CPT e confrontare femmine (F) vs maschi
(M) riguardo ad una serie di variabili cliniche, istopatologiche, genetiche e molecolari.
Abbiamo considerato 658 pazienti sottoposti a intervento chirurgico per CPT dal 2007 al
2011presso l’università di Padova e presso l’Università di Trieste. Abbiamo preso in
visione i dati clinici e istopatologici e abbiamo confrontato F vs M riguardo alle seguenti
variabili: età, estensione dell’intervento chirurgico, dissezione linfonodale, TNM,
mono/plurifocalità, mutazioni di BRAF, outcome. E’ stato considerato statisticamente
significativo un valore di p < 0.05.
Confrontando F vs M abbiamo osservato: F erano 489 (74%) vs 169 M (26%) (p<0.015),
l’età media era pari a 46 anni (range 11-86) in F vs 46 anni (range 11-83) in M (p<0.44),
la tiroidectomia totale è stata realizzata in 474 F (97%) vs 161 M (95%) (p<0.72), la
dissezione linfonodale è stata realizzata in 387 (79%) F vs 132 (78%) M (p<0.99),
dissezione del compartimento centrale 340 (88%) F vs 94 (71%) M (p<0.75), dissezione
del compartimento laterocervicale in 47 (12%) F vs 38 (29%) M (p<0.011), lo stadio I era
presente in 315 (64%) F vs 87 (51.5%) M (p<0.19), lo stadio II in 15 (3%) F vs 4 (2.5%)
M (p<0.51), lo stadio III in 126 (26%) F vs 54 (32%)M (p<0.249), lo stadio IV in 33
(7%) F vs 24 (14%) M (p<0.223), la monofocalità era presente in 279 (57%)F vs 89
(52.7%) M (p<0.64), la plurifocalità era presente in 210 (43%) F vs 80 (47.3%) M
(p<0.76), la mutazione BRAF – V600E è stata individuata in 143 (29%) F vs 52 (30.7%)
M (p<0.849).
Riflettendo sui nostri risultati possiamo sottolineare l’atteggiamento più aggressivo del
CPT nel maschio rispetto alla femmina in particolar modo per quanto riguarda
l’interessamento linfonodale del comparto laterocervicale (p<0.011) e inoltre per altre
variabili, seppure con “p value”non statisticamente significativo, quali la stadiazione, la
plurifocalità, il diametro del tumore, la mutazione BRAF, i livelli di Tireoglobulina nel
postoperatorio.
Bibliografia
- Rahbari R, Zhang L, Kebebew E. Thyroid cancer gender disparity. Future Oncol 2010 Nov; 6
(11):1771-9.
- Moses W, Weng J, Khanafshar E, Duh QY, Clark OH, Kebebew E. Multiple genetic alterations in
papillary thyroid cancer are associated with younger age at presentation. J Surg Res 2010 May 15;
160(2): 179-83.
- Lim II et al. Disparities in the initial presentation of differentiated thyroid cancer in a large public
hospital and adjoining university teaching hospital. Thyroid 2012 Jan 10 (epub ahead of print)
P-68
EFFICACIA TERAPEUTICA DI LENVATINIB (E7080) SU METASTASI OSSEE DA
CARCINOMA TIROIDEO REFRATTARIO AL RADIOIODIO (CTRR)
L. Pieruzzi1, E. Molinaro1, A. Biagini1, C. Giani1, S. Mazzeo2, B. Pontillo Contillo2, M.G.
Delle Donne3, L. Conte3, P. Vitti1, R. Elisei1.
1Dipartimento di Endocrinologia; 2Dipartimento ad Attività integrata Radiodiagnostica,
3Dipartimento Cardio-Toracico; Università di Pisa, Pisa.
Introduzione: I farmaci inibitori tirosino-kinasici (TKI) rappresentano il gold standard per i
pazienti con CTRR. Le linee guida internazionali raccomandano che tali pazienti siano
arruolati in protocolli sperimentali con TKI. La malattia metastatica a livello osseo, risulta però
ancora oggi di difficile gestione terapeutica e l’ efficacia dei TKI sul controllo dei
secondarismi scheletrici è ancora dibattuta.
Obiettivi: verificare, con uno studio preliminare, l’efficacia terapeutica del Lenvatinib (E7080)
nelle localizzazioni secondarie ossee del CTRR. Metodi: sono stati valutati pazienti arruolati
presso l’U.O. di Endocrinologia di Pisa (Febbraio-Aprile 2012) nel protocollo sperimentale di
fase 3, multicentrico, randomizzato, controllato verso placebo sull’uso di E7080 nel
trattamento del CTRR. Cinque/17 (29%) pazienti inseriti nello studio presentavano metastasi
ossee all’inizio della terapia, 2 femmine e 3 maschi, di età tra 49 e 63 anni. I pazienti sono stati
seguiti regolarmente con controlli radiologici ogni 2 mesi per un range di follow-up di 5-9
mesi. Le caratteristiche della malattia neoplastica di ciascun paziente e delle rispettive
localizzazioni ossee metastatiche nonché i risultati della terapia sono riassunti nella sottostante
tabella:
Sesso
Istologia
Precedenti
terapie
RT esterna
Durata
terapia
5 mesi
Risposta al
trattamento
Stabilità
Follicolinsulare
Sede delle
lesioni
Ischio-pube
dx
Coste, D7,
coccige
M
Poco differ
F
Nessuna
6 mesi
M
Poco differ
Bacino- sacro
6 mesi
F
Follico-l
Hurthle
Poco differ
D9 e L2
Chirurgia e
RT esterna
Nessuna
Costa
Nessuno
9 mesi
Devascolarizzazione
e riduzione
dimensionale del
18,7%
Devascolarizzazione
e stabilità
Devascolarizzazione
e stabilità
Devascolarizzazione
e riduzione
dimensionale del
33%
M
5 mesi
Conclusioni: in base a questa esperienza, seppur limitata, risulta che, a differenza di altri TKI,
E7080 appare efficace anche sulle lesioni metastatiche di tipo osseo.
P-69
ANALISI DELLO STATO MUTAZIONALE DELL’ONCOGENE BRAF IN
TUMORI FAMILIARI EPITELIALI NON-MIDOLLARI DELLA TIROIDE
*
M. Landriscina, °M.I. Natalicchio, *A. Piscazzi, *E. Costantino, §M. Campo, §A.
Farese, §A. Fabiano,&E. Maiorano, &M. Liuzzi, #A. Ciampolillo, #F. Giorgino,
§
M.Cignarelli
*
Unità di Oncologia Medica ed §Unità di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo,
Università degli Studi di Foggia; °Laboratorio di Biologia Molecolare, Azienda Ospedali
Riuniti, Foggia. &Dipartimento di Anatomia Patologica # Sezione di Medicina Interna,
Endocrinologia, Andrologia e Malattie Metaboliche, Università degli Studi di Bari Aldo
Moro.
I tumori familiari della tiroide di origine follicolare sono un gruppo eterogeneo di
neoplasie, rappresentando il 5-15% dei tumori non-midollari. In questo gruppo, i
carcinomi tiroidei familiari non-midollari (FNMTC) rappresentano un’entità clinica
distinta la cui diagnosi richiede la presenza di 3 o più casi nella stessa famiglia, in assenza
di altre sindromi associate. Da un punto di vista clinico, i FNMTC presentano un’alta
incidenza di multifocalità, un elevato numero di noduli benigni associati, ed una
sopravvivenza libera da malattia più breve rispetto alle forme sporadiche. Poiché le
mutazioni di BRAF costituiscono la più frequente alterazione genetica nei tumori papillari
sporadici (30-50% dei casi), determinando una prognosi sfavorevole ed una minore
responsività alla terapia con radioiodio, la frequenza delle mutazioni di BRAF è stata
testata, mediante pirosequenziamento, in una casistica di 21 FNMTC, selezionati sulla
base della presenza di almeno 3 casi di carcinoma tiroideo non-midollare nella stessa
famiglia. L’analisi ha evidenziato la presenza di 14/21 (66.7%) mutazioni V600E del gene
BRAF, una frequenza più elevata rispetto a quella osservata mediamente nelle forme
sporadiche. In particolare, per 5 famiglie di cui è stato possibile analizzare almeno 2 casi,
è stato osservato che in 4/5 famiglie i pazienti appartenenti alla stessa famiglia presentano
tutti lo stesso genotipo del gene BRAF. Queste osservazioni, sebbene preliminari,
suggeriscono che alcuni FNMTC potrebbero essere caratterizzati da una condizione di
instabilità genetica che favorisce mutazioni in un gene chiave per la carcinogenesi tiroidea
e che tali mutazioni potrebbero spiegare la prognosi più sfavorevole di queste neoplasie.
P-70
CORRELAZIONE CITO-ISTOLOGICA NEI NODI THY3 E THY4: ANALISI DI
378 CASI
L. Pomba, L. Liistro, S. Simioni, S. Nordio, M. Variolo, G. Carrozzo, A. Ramin, F.
Torresan, M.R. Pelizzo
Azienda Ospedaliera Policlinico Universitario di Padova, Patologia Speciale
Chirurgica e Propedeutica Clinica
L’attuale classificazione citologica dei noduli tiroidei non ha ancora sortito l’effetto di
ridurre in modo significativo il numero delle tiroidectomie. Un’ampia area di citologie
borderline, definite inconclusive (THY III) o sospette (THY IV), attualmente è indirizzata
ad un prudenziale scelta chirurgica. Lo scopo di questa analisi è verificare la percentuale
di malignità riscontrata nelle due categorie occorse alla nostra osservazione negli anni
2011 e 2012.
MATERIALI E METODI: dal 1 gennaio 2011 al 31 luglio 2012 sono stati tiroidectomizzati
1340 pazienti, di cui 278 THY III (20.75%), 92 THY IV (6.87%) e 8 forme borderline
THY III-IV (0.6%) per un totale di 378 pazienti. Sesso, età, dimensioni del nodo
(vascolarizzazione intranodale e calcificazioni), scintigrafia, esami sierici aggiuntivi
(assetto ormonale, anticorpi antitiroide, calcitonina, tireoglobulina) e HBME-1, Galectina3, mutazione del gene BRAF (V600E) sono stati contestualmente raccolti.
RISULTATI: tutti i 378 pazienti sono stati sottoposti a un intervento chirurgico a scopo
curativo (R0). Nel gruppo THY III, sono state effettuate 198 tiroidectomie totali (TT,
eventualmente associate a linfoadenectomia), 72 lobectomie (LOB) e 8 totalizzazioni
(Totz); nel gruppo THY IV 82 TT, 9 LOB e 1 Totz; mentre nel gruppo bordeline 6 TT e 2
LOB, per un complessivo di 286 TT (75.66%), 83 LOB (21.96%) e 9 Totz (2.38%).
190 sono stati gli esami estemporanei, con una percentuale di malignità del 24.74%, dato
sottostimato una volta giunto l’esame istologico definitivo. In totale sono stati riscontrati
166 casi certi di benignità (43.92%), 212 di malignità (56.08%), di cui 170 Ca papillari
(80.18%, ma ben 102 erano microCa); 40 follicolari (18.87%) e 2 insulari. Quindi i THY3
sono risultati benigni nel 53.6% dei casi e maligni nel 46.4%; i THY4 benigni nel 18.48%
dei casi e maligni nel 81.52%; gli 8 borderline tutti maligni.
CONCLUSIONI: i dati mostrano come i THY4 all’istologico definitivo risultino quasi
sempre maligni e in percentuale maggiore rispetto a THY3; supportati anche dalla
positività al BRAF in 27 casi su 66 rispetto ai 10 positivi e 65 negativi dei THY III; anche
se quest’ultimo dato non può essere allo stato attuale considerato significativo in quanto i
risultati sono ancora parziali non essendo tutti giunti alla nostra osservazione.
BIBLIOGRAFIA:
-Seningen JL, Nassar A, Henry MR. Correlation of thyroid nodule fine-needle aspiration
cytology with corresponding histology at Mayo Clinic, 2001-2007: an institutional
experience of 1,945 cases. Diagn Cytopathol. 2012 May;
-Jameson JL. Minimizing unnecessary surgery for thyroid nodules. N Engl J Med. 2012
Aug 23;367(8):765-7. Epub 2012 Jun 25
P-71
IMPATTO
DELL’IPEROMOCISTEINEMIA
SUL
RISCHIO
CARDIOVASCOLARE ED ANESTESIOLOGICO NEI PAZIENTI CON
TIREOPATIA: ESPERIENZA DI UN SINGOLO CENTRO
P. Princi1, R.S. Auriemma2, R. Corona2, I. Mariano2, B. Zappacosta3, C.
Cavicchioni1, M. Gasperi2
1. Chirurgia Oncologica, Dipartimento di Oncologia, Fondazione Giovanni Paolo II,
Campobasso; 2. Cattedra di Endocrinologia, Università del Molise, Campobasso; 3
Dipartimento Laboratori e Servizi, Fondazione Giovanni Paolo II, Campobasso.
Il presente studio si prefiggeva di indagare l’associazione tra hyperHcy e rischio
cardiovascolare ed anestesiologico in una coorte di pazienti da sottoporre ad intervento
chirurgico di tiroidectomia. Sono stati, pertanto, arruolati 81 pazienti (20 M, 61 F, di età
54±12 anni), di cui 60 con gozzo multinodulare, 2 con adenoma di Plummer, 2 con
malattia di Basedow e 15 con cancro della tiroide. Quando necessario, il trattamento
medico con L-tiroxina o metimazolo era stato introdotto prima della chirurgia al fine di
correggere la funzionalità tiroidea e prevenire le complicanze metaboliche e
cardiovascolari. In tutti i pazienti sono stati valutati i parametri tiroidei (dimensioni e
funzionalità), metabolici (peso, BMI, colesterolo totale, trigliceridi, e prevalenza della
sindrome metabolica) e chirurgici/anestesiologici (score ASA, durata del ricovero
ospedaliero e rate di complicanze chirurgiche). Negli uomini, lo score ASA (p=0.05), la
Hcy (p=0.019) e il peso (p=0.000) erano significativamente maggiori rispetto a quelli
riscontrati nelle donne, mentre non vi erano significative differenze in tutti i parametri
tiroidei, chirurgici/anestesiologici e metabolici, tranne il BMI (p=0.000), nei soggetti
obesi (62%) rispetto a quelli normopeso (38%). Nell’intera popolazione di pazienti, la Hcy
era 11.3±4.8 µmol/L, e si riscontrava hyperHcy nel 18.5% dei casi, senza differenze
significative tra uomini e donne (p=0.2) e tra obesi e normopeso (p=0.23). La Hcy
risultava significativamente correlata allo score ASA (r= 0.23, p=0.034), al diabete mellito
(r=0.324, p=0.003) e all’autoimmunità tiroidea (r=0.332, p=0.003) indipendentemente dai
valori di TSH e dallo stato funzionale tiroideo. Al contrario, non si osservava alcuna
correlazione significativa tra Hcy o hyperHcy e la prevalenza di sindrome metabolica
(7.5%) nella nostra coorte di pazienti. In conclusione, i risultati del presente studio
confermano che Hcy gioca un ruolo chiave come fattore di rischio per complicanze
metaboliche ed anestesiologiche nei pazienti da sottoporre ad intervento chirurgico di
tiroidectomia per patologia nodulare e/o neoplastica. Pertanto, in questi pazienti la Hcy
dovrebbe essere valutata routinariamente al fine di identificare precocemente i pazienti a
più alto rischio cardiovascolare ed anestesiologico. P-72
THYROID VOLUME CORRELATES WITH THE DEGREE OF GRAVES’
ORBITOPATHY
M.A. Profilo, E. Sisti, C. Marcocci, P. Vitti, A. Pinchera, R. Rocchi, F. Latrofa, F.
Menconi, M.A. Altea, M. Leo, T. Rago, M. Marinò
Dipartimento di Endocrinologia, Università di Pisa
L’ipotesi più accreditata riguardo alla patogenesi dell’oftalmopatia basedowiana (OB)
prevede che uno o più antigeni tiroidei siano espressi anche nei tessuti orbitari,
rappresentando in tale sede il bersaglio di una reazione autoimmunitaria. In base a questa
ipotesi è possibile postulare una relazione non solo qualitativa, ma anche quantitativa, tra
antigeni tiroidei e gravità dell’OB. Lo scopo di questo studio retrospettivo era di valutare
se effettivamente esiste una correlazione tra gravità dell’OB e quantità di tessuto tiroideo,
quest’ultima stimata mediante misurazione del volume tiroideo ecografico. Venivano
studiati 86 pazienti consecutivi (31 maschi, 55 femmine; età 48.0±13.6 aa), giunti per la
prima volta alla nostra osservazione tra il 2008 e il 2011. I criteri di inclusione erano: i)
OB insorta da non più di 24 mesi e non trattata; ii) ipertiroidismo trattato solo con farmaci
anti-tiroidei di sintesi. Tutti i pazienti venivano sottoposti ad ecografia tiroidea con
misurazione del volume, a valutazione della funzione tiroidea, a misurazione degli
anticorpi anti-recettore del TSH ed a valutazione oculistica. L’obiettivo primario era la
correlazione di vari parametri, tra cui il volume tiroideo, con le singole caratteristiche
dell’OB (proptosi, ampiezza della rima palpebrale, Clinical Activity Score (CAS), visus
corretto e diplopia); l’obiettivo secondario era la correlazione degli stessi parametri con la
gravità complessiva dell’OB, valutata mediante il punteggio NO SPECS e una modifica
dello stesso. I parametri valutati erano: durata dell’OB, durata dell’ipertiroidismo, FT3,
TRAb, volume tiroideo e fumo. Mediante regressione lineare, veniva osservata una
correlazione significativa del volume tiroideo con la proptosi (P=0.02) e il CAS (P=0.02).
Si osservava inoltre una correlazione significativa, sempre mediante regressione lineare,
tra volume tiroideo e NO SPECS (P=0.02) e tra volume tiroideo e NO SPECS modificato
(P=0.007). Quest’ultima correlazione veniva confermata anche mediante regressione
multipla (P=0.04). Tra gli altri parametri, l’unico che mostrava correlazioni con la gravità
della OB era il fumo. Il rilievo di una correlazione tra volume tiroideo e gravità della OB è
in linea con il possibile ruolo patogenetico di antigeni tiroidei condivisi dai tessuti orbitari
e, sia pur indirettamente, supporta l’utilizzo dell’ablazione tiroidea completa nei pazienti
con OB
P-73
EFFETTI DEL TRATTAMENTO CON SELENIOMETIONINA
PAZIENTI CON TIROIDITE DI HASHIMOTO IN EUTIROIDISMO.
IN
1A. Renzullo, 1G. Accardo, 1D. Esposito, 1F. Barbato, 2C. Ambrosio, 2 M.G. Caprio,
2G. Vallone, 1D. Pasquali
1 Dip di Scienze Cardio-Toraciche e Respiratorie, Sezione di Endocrinologia, Seconda
Università di Napoli, Napoli.
2 Dip di Scienze Biomorfologiche e Funzionali, Università Federico II, Napoli.
Il selenio è un oligonutriente determinante per il funzionamento della ghiandola tiroidea,
in quanto l'enzima che catalizza la conversione della T4 in T3, la 5’ desiodasi è un
seleno‐enzima. Perciò, poiché il selenio, sotto forma di selenio cisteina , è parte
integrante delle desiodasi che catalizzano a vari livelli la conversione di T4 in T3,
un'adeguata disponibilità di questo minerale è essenziale per la corretta funzionalità
tiroidea. Studi recenti hanno enfatizzato l’importanza della supplementazione di selenio
nella patologia autoimmune della tiroide, tuttavia le applicazioni cliniche nella malattia di
Hashimoto richiedono ulteriori chiarimenti.
Scopo dello studio è stato quello di testare gli effetti della somministrazione di
seleniometionina sui livelli di TSH, FT4, FT3, anticorpi anti tireoperossidasi (anti-TPO),
tireoglobulina (anti-TG) e sul pattern ecografico tiroideo nella tiroidite cronica
autoimmune (Hashimoto- HT) in condizione di eutiroidismo.
Metodi: In uno studio prospettico sono stati arruolati 32 pazienti con HT in eutiroidismo.
Abbiamo somministrato seleniometionina (Syrel) 166 µg al giorno per 3 mesi (Se, n19) o
placebo (Controlli, n 13). In tutti i pazienti sono stati dosati i livelli sierici di TSH, FT4,
FT3, anti-TPO, e anti-TG ed è stata praticata l’ecografia tiroidea in condizione basale e
dopo 3 mesi di terapia. Le caratteristiche morfologiche e la valutazione quantitativa
dell’ecografia a contrasto erano analizzate usando curve d’intensità temporali in regioni di
interesse selezionate (ROI).
Risultati: Dopo tre mesi di terapia, i livelli sierici di TSH sono significativamente ridotti
nei SE rispetto ai Controlli (p = 0.01), mentre non vi è differenza significativa tra i livelli
di anti-TPO e anti TG. Inoltre, i valori delle ROI sono risultati lievemente aumentati nei
SE, indicando una lieve ma non statisticamente significativa riduzione della componente
flogistico/fibrotica dopo tre mesi di trattamento.
Conclusione: I nostri dati preliminari indicano che il selenio potrebbe avere un’azione
favorente il mantenimento della normale funzione tiroidea nella tiroidite autoimmune in
maniera indipendente dall’effetto sui livelli degli antiTPO e TG. P-74
VALUTAZIONE DEGLI EFFETTI DEL NVP-BEZ 235 SU VITALITÀ,
APOPTOSI E SECREZIONE DI VEGF IN CULTURE PRIMARIE E LINEE
CELLULARI DI CARCINOMA MIDOLLARE DELLA TIROIDE
M. Rossi, D. Molè, C. Filieri, R. Rossi, F. Tagliati, E.C. degli Uberti, M.C. Zatelli
Sezione di Endocrinologia, Dipartimento di Scienze Mediche, Università degli Studi di
Ferrara
Il carcinoma midollare della tiroide (MTC) rappresenta una neoplasia rara ma altamente
aggressiva e con una prognosi sfavorevole. La terapia d’elezione è l’intervento chirurgico,
ma spesso la diagnosi è tardiva e la chemioterapia inefficace. Nasce quindi l’esigenza di
scoprire nuove soluzioni terapeutiche. In questo ambito recentemente è emerso come la
via del segnale di PI3K/AKT/mTOR sia coinvolta nella patogenesi di numerose neoplasie,
tra cui anche il MTC. Il NVP-BEZ 235 rappresenta un doppio inibitore, poiché blocca
simultaneamente PI3K ed mTOR (mammalian target of rapamicin), prevenendo cosi il
feed-back positivo sul AKT, osservato con l’utilizzo di inibitori specifici di m-TOR
(RAD001). A questo scopo abbiamo valutato l’effetto antiproliferativo del NVP-BEZ 235
(10 nM-5 µM), in presenza e in assenza di uno stimolo proliferativo quale il VEGF su 10
colture primarie di MTC e su una linea cellulare di MTC (cellule TT). I risultati ottenuti
mostrano una significativa riduzione della vitalità cellulare dopo 72 ore di trattamento con
NVP-BEZ 235 a partire dalla concentrazione di 25 nM fino a concentrazioni ≥ 100 nM
nella linea cellulare (> 60 %; p< 0.01) e alla concentrazione di 1 mM nelle colture
primarie di MTC. Il trattamento con 10 ng/ml VEGF induce un aumento significativo
della vitalità cellulare (~ 40%) nelle cellule TT (p< 0.05), che viene completamente
bloccato dal co-trattamento con 100 nM NVP-BEZ 235. Abbiamo inoltre valutato gli
effetti del NVP-BEZ 235 sulla secrezione del VEGF tramite saggio ELISA e i risultati
ottenuti dimostrano che tale farmaco è in grado di ridurre la secrezione del VEGF in
maniera dose dipendente (-20% vs. controllo a 100 nM). In conclusione, i nostri dati
dimostrano come il NVP-BEZ 235 sia in grado di ridurre la vitalità cellulare sia in colture
primarie di MTC che nelle cellule TT con un meccanismo che coinvolge verosimilmente
la via di trasduzione del segnale del VEGF, suggerendo un possibile utilizzo di questo
farmaco soprattutto nei casi di MTC più aggressivi e quindi localmente avanzati e
metastatici
P-75
IL
TUMORE
IALINIZZANTE
TRABECOLARE
DELLA
TIROIDE:
DESCRIZIONE DI UN CASO CLINICO DI DIFFICILE DIAGNOSI
PREOPERATORIA
R. Rossi, M. Rossi, M.C. Zatelli, E. Bianchini*, G. Trasforini, E.C. degli Uberti
Sezione di Endocrinologia, Dipartimento di Scienze Mediche, Università degli Studi di
Ferrara
* Anatomia, istologia e citologia patologica. Azienda ospedaliero-Universitaria di
Ferrara
Il tumore ialinizzante trabecolare della tiroide (Hyalinizing trabecular tumor, HTT) è una
patologia tiroidea rara e controversa, di difficile classificazione per la similitudine con
altri tipi tumorali tra cui il carcinoma papillare tiroideo (PTC), il carcinoma midollare
(MTC) o più raramente il paraganglioma primitivo della tiroide. Un pattern di crescita
trabecolare e lo stroma ialinizzante caratterizzano questo tumore, che tuttavia resta spesso
misconosciuto. L’HTT è attualmente definito una neoplasia prevalentemente benigna con
prognosi di solito favorevole ma ad incerto potenziale maligno potendo, raramente,
associarsi alla comparsa di metastasi. Vi presentiamo il caso clinico di una donna di 46
anni, giunta alla nostra osservazione per il riscontro ecografico di un nodulo solido,
ipoecogeno alonato di 6 mm al lobo sinistro della tiroide. Il primo esame citologico su
citoaspirato deponeva per MTC. Per la mancanza di segni clinici e biochimici compatibili
con tale diagnosi e l’aspetto ecografico suggestivo per un PTC, è stato ripetuto un secondo
ago aspirato risultato compatibile con carcinoma poco differenziato con poca colloide e
discreta cellularità, costituito da cellule discoese, con atipie citonucleari evidenti,
frequentemente ad abito oncocitario, con frequenti pseudoinclusi nucleari, occasionali
binucleazioni, microvascualizzazioni citoplasmatiche ed aspetti squamoidi. La ricerca
delle mutazioni somatiche dei geni BRAF e RAS e dei riarrangiamenti RET/PTC1 e 3
sono risultati negativi. La pz è stata sottoposta a tiroidectomia totale con linfoadenectomia
del compartimento centrale del collo. La diagnosi istologica è risultata compatibile con
tumore trabecolare ialinizzante del lobo sinistro della tiroide. Macroscopicamente il
nodulo, immediatamente sottocapsulare, appariva biancastro a contorni netti di 0.5cm di
diametro; il restante parenchima era di aspetto compatto. E’ risultata negativa sia
l’indagine immunoistochimica per calcitonina e cromogranina che la ricerca della
mutazione somatica V600E del gene BRAF su tessuto. Un attenta valutazione
morfologica e immunoistochimica può evidenziare le caratteristiche necessarie per una
diagnosi differenziale con le altre forme di tumore tiroideo e permettere l’inquadramento
dell’HTT tra le neoplasie benigne pur restando un’entità rara alla quale viene attribuito un
incerto potenziale maligno, rendendo pertanto necessario uno stretto follow-up.
P-76
I LIVELLI SIERICI DI INTERLEUCHINA 22 (IL-22) SONO AUMENTATI
NELLA TIROIDITE DI HASHIMOTO RISPETTO ALLE TIREOPATIE NON
AUTOIMMUNI E AI CONTROLLI SANI
R.M. Ruggeri1, P. Minciullo2, S. Giovinazzo1, R. Certo1, A. Saitta2, S. Gangemi2, F.
Trimarchi1, S. Benvenga1
1UOC di Endocrinologia & 2Sezione di Allergologia ed Immunologia clinica,
Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università di Messina
Obiettivo. La tiroidite di Hashimoto (TH) rappresenta un archetipo per le malattie
autoimmuni organo-specifiche ed è considerata una malattia autoimmune Th1-mediata.
Recenti studi hanno dimostrato che altre sottopopolazioni linfocitarie, che producono
citochine diverse da quelle rilasciate dai Th1 e Th2, come i Th17 (che producono,
prevalentemente IL-17, IL-21 e IL-22) e i Th22 (che producono IL-22, IL-13 e TNF-α)
svolgono un ruolo importante in numerose malattie autoimmuni comunemente ritenute
Th1. Pochi sono i dati disponibili in letteratura sul ruolo di questi nuovi subset di T helper
e dei loro principali mediatori solubili nella TH. Disegno dello studio. Abbiamo analizzato
i livelli sierici di IL-22 in pazienti con TH (gruppo A, n = 55, 5 M e 50 F, età 38 ± 17
anni), pazienti con gozzo nodulare non associato a TH (gruppo B, n = 30, 4 M e 26 F, età
47 ± 14 anni) e in soggetti sani senza alcuna evidenza clinica, biochimica o strumentale di
tireopatia autoimmune, come controllo (gruppo C, n= 25, 5 M e 20 F, età 40 ± 12 anni).
Tutti i pazienti erano eutiroidei al momento del reclutamento e nessuno praticava terapia
con L-tiroxina. Criteri di esclusione: storia clinica di neoplasia, altre malattie autoimmuni
o infiammatorie, infezioni in corso, insufficienza renale. I livelli di IL-22 nel siero dei
pazienti sono stati misurati con metodica ELISA, utilizzando l’IL-22 Quantikine ELISA
Kit (R & D System, Minneapolis, USA; limite inferiore di rilevamento 0,7 pg/ml). I dati
sono espressi come media ± DS. Risultati. I valori medi di IL-22 sierica nei tre gruppi di
pazienti erano 42 ± 34 pg /ml nel gruppo A, 18 ± 15 pg/ml nel gruppo B e 20 ± 12.7 pg/ml
nel gruppo C. I livelli sierici di IL-22 erano, quindi, significativamente più alti nei pazienti
con TH rispetto ai pazienti con gozzo nodulare non associato a TH (p <0.001) e rispetto ai
controlli sani (p <0.01). I valori di IL-22 sierica non differivano nei pazienti con gozzo
non-HT e nella popolazione sana (P> 0.05). Riunendo i due gruppi (19 ± 14 pg/ml), tali
livelli erano significativamente inferiori (p <0.001) rispetto al gruppo TH. Tuttavia,
nessuna correlazione significativa è stata trovata tra i livelli sierici di IL-22 e i livelli di
Ab-Tg e/o Ab-TPO in pazienti con TH. Conclusioni. L’IL-22 è significativamente
aumentata nel siero di pazienti con TH, rispetto ai soggetti non affetti da tireopatia
autoimmune. I nostri suggeriscono che l’IL-22, un mediatore solubile delle cellule Th17 e
Th22, giochi un qualche ruolo nello sviluppo della TH.
P-77
POLIMORFISMO DEL GENE TP53 NELLA TIROIDITE DI HASHIMOTO (TH)
R.M. Ruggeri1, T.M. Vicchio1, S. Giovinazzo1, R. Certo1, F. Trimarchi1, M. Trovato2,
S. Benvenga1
1Dipartimento di Medicina clinica e sperimentale, UOC Endocrinologia & 2Dipartimento
di Patologia Umana, Università di Messina.
Obiettivo. P53, codificata dal gene oncosoppressore TP53, svolge un ruolo importante
nella regolazione dei meccanismi di arresto della proliferazione cellulare e di induzione
dell’apoptosi. L’apoptosi, oltre a prevenire/contrastare la crescita tumorale, regola
normalmente la maturazione e la funzione delle cellule T e B coinvolte nella risposta
immune, attraverso la delezione di cellule immuni autoreattive o non reattive. Di recente,
sono stati descritti due polimorfismi nell’esone 4 del gene TP53 (single nucleotide
polymorphisms o SNPs), al codone 72 (C/G, Pro72Arg) e al codone 47 (C/T, Pro47Ser),
che comportano una differente capacità apoptotica di p53 e sono state associate ad
aumentata suscettibilità a sviluppare tumori. Un unico studio taiwanese1 ha dimostrato
una diversa frequenza del genotipo omozigote Arg/Arg (33.7%) e del genotipo eterozigote
(41.1%) Pro/Arg al codone 72 in pazienti affetti da TH rispetto ai controlli (17.1% e
61.9%), suggerendo che tale SPN possa conferire suscettibilità per la TH. Poiché non
esistono in letteratura dati sulla distribuzione di detti SNPs di TP53 in pazienti caucasici
con TH, abbiamo studiato la distribuzione genotipica dei due SNPs in 75 pazienti con TH
(10 M e 65 F, età media ± DS = 43±15 anni) e 30 controlli sani, mediante sequenziamento
diretto del gene. Risultati. La distribuzione genotipica (wild-type, eterozigoti ed
omozigoti) del SNP Pro72Arg nei pazienti vs i controlli era 12%, 22.7% e 65.3% vs 10%,
46.7% e 43.3%. Significativamente diverse erano le frequenze del SNP in eterozigosi
(22.7% vs 46.7%, χ2 =5.93; P= 0.01) e del SNP in omozigosi (65.3% vs 43.3%, χ2 =4.29;
P=0.038). Invece, la distribuzione genotipica del SNP Pro47Ser era identica nei pazienti
rispetto ai controlli: 100%, 0%, 0% vs 100%, 0%, 0%, confermando che nella popolazione
caucasica tale SNP è molto raro. Conclusioni: Pur nell’ambito di una distribuzione
genotipica diversa rispetto allo studio taiwanese che rispecchia differenze etniche per
questo SNP, in questo primo studio su casistica caucasica confermiamo che i pazienti con
TH hanno una frequenza del SNP Arg72Pro in omozigosi significativamente superiore a
quella dei controlli sani. Conseguentemente, gli omozigoti Arg/Arg sono a rischio per TH.
Invece, il polimorfismo Pro47Ser (che è assente o raro nella nostra popolazione) non ha
alcun ruolo come rischio genetico di TH.
1 Chen RH et al. p53 Codon 72 Proline/Arginine Polymorphism and Autoimmune Thyroid
Diseases. J Clin Lab Anal 2008.
P-78
IL NODULO TIROIDEO NELLA REGIONE ABRUZZO
A. Sagazio*, M. Olivieri*, C. Tinari*, P. Romagni^ e il gruppo endocrinologico
abruzzese (GEA)
*Endocrinologia, Universita` di Chieti; ^Ambulatorio Endocrinologia, UOC Med.
Interna, Osp. G. Mazzini, Teramo; UOC Endocrinologia, Osp. S. Salvatore, L’Aquila;
Servizio Ambulatoriale Endocrinologia, Osp S. Spirito , Pescara; UOC Medicina, Osp. F.
Renzetti, Lanciano (CH).
In occasione di campagne di sensibilizzazione dell’opinione pubblica effettuate nel 2010 e
nel 2012 e volte alla prevenzione delle malattie tiroidee, alcuni endocrinologi della
regione Abruzzo, riuniti nel GEA, hanno eseguito oltre 1000 ecografie alla popolazione
generale per valutare le caratteristiche della patologia nodulare tiroidea nella propria
regione di appartenenza. Sono state eseguite 1044 ecografie, 764 all’interno di centri
commerciali e 280 in ambiente ambulatoriale; in 757 (571 femmine, 186 maschi di eta`
compresa tra 15 e 84 anni) casi l’ecografia e` stata eseguita su soggetti non
precedentemente sottoposti ad alcun accertamento morfo-funzionale della ghiandola
tiroidea. E` stata evidenziata la presenza di nodularita` tiroidea in 212 (28%, 155F, 57M)
soggetti. Solamente 1 nodulo e` stato riscontrato nei soggetti di eta` <20 anni (prevalenza
2.5%), mentre nella fascia di eta` 20-50 la prevalenza e` risultata del 21.9% e del 43.7%
tra i soggetti >50 anni. La tabella sottostante illustra la distribuzione dei noduli per eta` e
dimensioni.
<1 cm (115, 54.2%)
1-2 cm (81, 38.2%)
>2 cm (16, 7.6%)
Eta`
F
M
Eta`
F
M
Eta`
F
M
<20
--<20
1 1.2%
-<20
--0%
1.2%
0%
20-50
54
14
20-50
23
6
20-50
3
3
59.1% 46.9%
12.3%
35.8%
28.4% 7.4%
37.5%
18.8%
18.8%
>50
35
12
>50
32
19
>50
7
3
40.9% 30.4%
10.4%
63%
39.5% 23.5% 62.5%
43.6%
18.8%
La maggior parte dei noduli riscontrati e` di dimensioni comprese tra 0.5 e 0.9 cm; i
noduli ≥ 1 cm sono di piu` frequente riscontro nella popolazione di eta` >50 anni. I nostri
dati confermano l’alta prevalenza della patologia nodulare tiroidea in Abruzzo, regione a
lieve-moderata carenza iodica.
P-79
IDENTIFICAZIONE DI CELLULE TIROIDEE MALIGNE CIRCOLANTI.
POTENZIALE UTILIZZO NEL FOLLOW-UP DEL PAZIENTE CON
CARCINOMA DELLA TIROIDE.
E. Saggiorato, A. Moretti, E. Aroasio, S. De Francia, M. Pautasso, M. Volante, F.
Orlandi
Dipartimento di Oncologia, Università degli Studi di Torino
Il follow-up del paziente affetto da Carcinoma Tiroideo Differenziato (DTC) si basa sul
dosaggio della tireoglobulina (Tg) associato all’ecografia del collo. Esistono però casi in
cui la Tg perde di sensibilità e sarebbe importante disporre di mezzi diagnostici alternativi.
Una recente innovazione in oncologia è rappresentata dall’identificazione di Cellule
Tumorali Circolanti (CTCs) attraverso metodica immunomagnetica (CellSearch®
System), citofluorimetrica e di biologia molecolare. Lo scopo dello studio è quello di
identificare CTCs tiroidee in pazienti affetti da DTC e trattati con tiroidectomia totale
seguita da terapia radiometabolica con 131-I, valutandone la possibile applicabilità
diagnostica. Materiali e metodi: Sono stati valutati retrospettivamente 22 pazienti affetti
da DTC: 17 con persistenza di malattia e 5 in remissione clinica, e 6 soggetti volontari
sani. In ciascun paziente le CTCs sono state ricercate con il CellSearch® System, e
successivamente confermate come tiroidee attraverso ricerca dell’mRNA della Tg (TgmRNA) con metodica RT-PCR; è stata poi eseguita analisi citofluorimetrica. Le CTCs
identificate
mediante
CellSearch®
System
presentavano
fenotipo
EpCAM+/CK+/DAPI+/CD45-, mentre con la citofluorimetria sono stati selezionati gli
eventi TSHR-PE+/CD45-. Risultati: Abbiamo osservato presenza di CTCs nel 65% dei
pazienti affetti da DTC con persistenza di malattia e nello 0% dei pazienti in remissione di
malattia. La natura tiroidea delle CTCs è stata confermata dalla RT-PCR nel 90% dei casi.
Il numero di eventi TSHR+/CD45- evidenziati con la citofluorimetria è risultato maggiore
per i pazienti con persistenza di malattia, rispetto agli altri gruppi. Conclusioni: Il
CellSearch® System è un metodo specifico per identificare la ricorrenza della patologia
oncologica, ma la sua bassa sensibilità non ne consente ancora l’utilizzo nella pratica
clinica. Con la citofluorimetria, il numero di eventi TSHR+/CD45- è maggiore nei
pazienti con persistenza di malattia rispetto agli altri gruppi, ma con una discreta
sovrapposizione dei risultati. La mancanza di correlazione statistica tra CTCs e i parametri
clinico-patologici del paziente suggerisce che le CTCs potrebbero rappresentare una
popolazione cellulare specifica e differente, eventualmente con ruolo di precursore. Allo
stato attuale delle conoscenze, l’identificazione delle CTCs tiroidee non è in grado di
sostituire la conduzione ordinaria del follow-up del paziente affetto da DTC, quindi la
tireoglobulina resta per il momento il marcatore più sensibile per la diagnosi della recidiva
di malattia.
P-80
ATTUALE SIGNIFICATO DELL’ES. SCINTIGRAFICO NELLA DIAGNOSTICA
DEI NODULI “CALDI” TIROIDEI
B. Santaniello°, S. Fiordoro°, M. Borgiani°°, M. Giannoni°°
°:Cattedra di Medicina Nucleare,DIMI,Univ.di Genova
°°:Cattedra di Radiologia I,DIMI,Univ.di Genova
Facendo capo all’esperienza clinica maturata negli ultimi 12 anni di attività ambulatoriale
in ambito medico-nucleare, ribadiamo che la tradizionale indagine scintigrafica condotta
con 99mTc-pertecnetato, pur adeguatamente ridimensionata rispetto al passato, possiede
tuttora una sua originalità nella definizione di eventuali aree di autonomia funzionale nel
parenchima ghiandolare tiroideo. L’adenoma di Plummer, in fase tossica o pretossica, non
possiede in effetti una precisa peculiarità ecotomografica, sia per quanto riguarda la
vascolarizzazione della formazione nodulare (pattern vascolare per lo più con segnali di
incremento) sia per quanto concerne l’aspetto più propriamente morfo-strutturale (in
genere tendenzialmente iperecogeno). Risulta pertanto estremamente appropriata
l’effettuazione di scan tiroideo su gamma-camera dotata di “pinhole”. Segnaliamo a parte
una piccola casistica di 6 adenomi plummeriani unici giunti alla ns.osservazione
nell’ultimo anno gia’ in trattamento tireostatico con dosi variabili dai 10 ai 30 mg. di
metimazolo. In tutti questi p., nonostante la terapia già in atto da almeno un mese, si
assisteva ad una adeguata visualizzazione della formazione nodulare “calda”, favorendo
così una corretta diagnosi differenziale nei confronti di eventuali altre forme di ipertireosi.
Sottolineamo inoltre, sulla scorta dell’approfondimento di ns. studi precedenti, come nello
struma polinodulare con scarsi od assenti segni clinici di iperattivazione funzionale, ma
con TSH oscillante fra 0.1 e 0.8 uU/ml, si assista ad un’alternanza scintigrafica di noduli
“caldi” e “freddi” nel 74.11% dei casi osservati. Taluni Aa. sostengono tuttora, in
casistiche simili, l’opportunita’ di ricorrere ad ormai obsoleti tests di soppressione; vista la
possibilità di un agevole controllo clinico, tireotropinemico ed autoanticorpale tale prova
ci appare oggi superflua oltre che non di semplice attuazione. Riteniamo che un es.
scintigrafico in p. in trattamento TSH-inibente vada riservato unicamente ai casi in cui si
sospetti un viraggio verso l’iperfunzione tiroidea; la ns. casistica, in analogia con altre
simili, documenta infatti –grazie all’evidenziazione scintigrafica di aree divenute
funzionalmente autonome- tale viraggio in circa il 5% degli strumi inizialmente eutiroidei
sottoposti a trattamento con levo-tiroxina.
P-81
GESTIONE CLINICA DELL’IPOPARATIROIDISMO CHIRURGICO IN
GRAVIDANZA: UN CASO CLINICO
F. Saponaro, F. Cetani, C. Marcocci
Sezione Dipartimentale di Endocrinologia e Metabolismo dell’Osso, Università di Pisa,
Pisa
Presentiamo il caso di una donna di 28 anni affetta da ipoparatiroidismo chirurgico
permanente verificatosi dopo intervento di tiroidectomia totale per un carcinoma papillare
della tiroide. La paziente presentava una remissione clinica e biochimica della malattia
oncologica dopo intervento chirurgico ed ablazione del residuo tiroideo con 131-I. Per
l’ipoparatiroidismo chirurgico la paziente era in terapia con calcio (1g/die) e calcitriolo (1
µg/die) con un buon controllo dei valori di calcemia totale corretta per albumina (valori
compresi tra 8.7-8.8 mg/dl). L’obiettivo della terapia sostitutiva dell’ipoparatiroidismo
chirurgico permanente è normalizzare il livelli di calcemia, mantenendo il calcio ai limiti
bassi del range normale. La paziente decideva di intraprendere una gravidanza (1°
gravidanza). Il monitoraggio della calcemia dalla 5° settimana di gestazione alla 15°
settimana, evidenziava un progressivo incremento dei valori di calcemia totale corretta per
albumina, con lo stesso dosaggio di calcio e calcitriolo. Si decideva di proseguire la terapia
con calcio e calcitriolo, dal momento che quest’ultimo è il farmaco di scelta
dell’ipoparatirodismo anche in gravidanza e che non presenta effetti tossici/teratogeni
fetali; inoltre la breve emivita consente una più precisa modulazione della calcemia. Si
provvedeva ad adeguare la terapia con calcio e calcitriolo, in base al fisiologico aumento
della calcemia in gravidanza, che è correlata all’aumento dei livelli circolanti di 1,25OH2
virtamina D prodotti a livello placentare. Infatti per ottenere un adeguato controllo della
calcemia, era necessario ridurre progressivamente il dosaggio del calcitriolo, fino alla dose
minima di 0.25 µg/die alla 39° settimana di gestazione, mantenendo lo stesso dosaggio del
calcio. Al momento del parto (40° settimana) si verificava un calo della calcemia, per il
quale si rendeva necessario il progressivo incremento della dose di calcitriolo fino ai valori
pregravidici.
In conclusione presentiamo un caso esemplificativo per la gestione pratica clinica e
terapeutica dell’ ipoparatiroidismo chirurgico in gravidanza.
P-82
UTILITA’ DEI POTENZIALI TARDIVI E DELLA VARIABILTA’ DELLA
FREQUENZA CARDIACA NELLO STUDIO DELLE COMPLICANZE
ARITMICHE DELL’IPERTIROIDISMO SUB-CLINICO.
M.D. Scarfoglio°, R. Parlangeli°, D. Bianchi,* D. Meringolo*
Unità Operativa Complessa di Cardiologica° e Unità Operativa Semplice Dipartimentale
di Endocrinologia* Ospedale Bentivoglio Ausl Bologna
I pazienti con ipertiroidismo sub-clinico spesso manifestano alterazioni del ritmo cardiaco
asintomatiche. Per valutare l'entità di queste alterazioni e del rischio aritmogeno abbiamo
sottoposti questi pazienti ad elettrocardiografia ad alta risoluzione : Potenziali Tardivi
(PTV) e allo studio della Variabilità della Frequenza Cardiaca (HRV)
I pazienti arruolati nello studio sono stati 145 di quali 119 F e 26 M di età compresa fra
22 e 68 anni senza alcuna cardiopatia organica.
Il nostro gruppo di studio era così composto: pazienti 41 (32 F-9M) con nodulo unico
caldo autonomo; 54 pazienti (44 F-10M) con gozzo multinodulare autonomo; 50 pazienti
(43F-7M) con ipertiroidismo sub-clinico. Tutti i pazienti sono stati sottoposti a studio
della funzionalità tiroidea completa (FT4,FT3,TSH, AbTPO, AbTg, AbTSH, Ct,Tg, Scinti
ed Eco tiroide, e se necessario Ago aspirato) e a studio cardiologico con esecuzione di
visita cardiologica, Ecg basale, PTV e HRV.
Nei pazienti con nodulo caldo autonomo , l'Ecg basale risultava nella norma ad eccezione
di 18 pazienti nei quali era presente tachicardia sinusale . All' Ecg Holter , in 8 pazienti di
questo gruppo era tutto nella norma, mentre nei rimanenti erano presenti episodi di
tachicardia sinusale con BESV e BEV sporadici e in 5 di questi pazienti PTV positivi, in
7 pazienti sono state registrate anche alterazioni del ritmo circadiano della frequenza
cardiaca.
Nei gruppi di gozzo multinodulare ed ipertiroidismo all'Ecg di base era presente una
tendenza alla tachicardia sinusale con alterazioni secondarie della ripolarizzazione .
In 59 di questi pazienti allo studio Ecg Holter si è riscontrata tachicardia sinusale con
annullamento del ritmo circadiano della frequenza cardiaca solo in 35 di questi,
extrasistolia sopraventicolare frequente ripetitiva a salve talora asintomatiche, in 11 di
questi pazienti riscontro di PTV positivi ; in 6 di questi pazienti sono stati registrati
episodi di Fibrillazione Atriale parossistica asintomatica.
CONSIDERAZIONI: lo studio Ecg Holter delle 24 ore in questi pazienti ci sembra utile
non solo per svelare aritmie misconosciute ma anche per fare una stratificazione
prognostica ,in quanto queste indagini assumono significato predittivo di complicanze
aritmiche permettendoci di individuare la popolazione più a rischio aritmogeno da
monitorizzare al fine di una maggiore attenzione e quindi di un adeguato e tempestivo
intervento terapeutico dell'endocrinologo e del cardiologo.
P-83
DISTURBI EMOZIONALI NEL POSTPARTUM INIZIALE: CORRELAZIONE
TRA SCALE E CON TSH, FT3, FT4, ANTICORPI ANTITIROIDE.
S. Settineri 1, M. Le Donne 2, G. Vita3, S. Benvenga 4,5
1
Dip. di Scienze Umane e Sociali; 2Dip di Sc. Pediat., Ginec., Microb. e Biomed.; 3Dip di
Sc. Biomed. ed Immagini; 4Dip. di Medicina Clinica e Sperim., Univ. di Messina;
5
Programma Interdip. di Endocrinol. Molecolare Clinica & Salute Endocrina della
Donna, AOU Messina.
In un gruppo omogeneo di 74 donne studiate al 3° giorno pp, la frequenza di depressione
era 13.1%, 20.3% o 31.1% (cut-off score ≥12, ≥13 o ≥14) con la scala di Edimburgo
(EPDS) e 29.7% con la scala di Montgomery & Asberg (MADRS)
[Psychoneuroendocrinology, 2012]. La frequenza di alessitimia [(AT), incapacità a
descrivere con parole le emozioni] era 28.4% scala di Toronto (TAS). I punteggi EPDS e
TAS, ma non MADRS, correlavano solo con gli AbTPO e direttamente (P=0.056, EPDS;
P= 0.086, TAS). La prevalenza di positività AbTg o AbTPO era 5.4% o 8.1%. Per
confermare i dati e per valutare altri stati emozionali, alle stesse 74 donne, al 3° giorno pp
abbiamo somministrato il questionario Profile of Mood States (POMS), che valuta i
seguenti 6 fattori e relativi stati emozionali: depressione-avvilimento (D), tensione-ansia
(T), aggressività-rabbia (A), stanchezza-indolenza (S), confusione-sconcerto (C) e
riduzione di vigore-attività (V). RISULTATI- Le frequenze di D, T, A, S, C e V erano
13.5%, 25.7%, 13.5%, 23.0%, 16.2% e 20.3%. Solo 7 donne (9.5%) erano depresse a tutte
le scale (cut-off EPDS ≥12). Tra le 10 donne con depressione alla POMS, 8 o 9 lo erano
alla MADRS o EPDS (cut-off ≥12), e 5 erano alessitimiche; la prevalenza di punteggio
anormale per T, A, S, C e V era 100%, 90%, 100%, 80%, 30%. Nelle 74 donne i punteggi
POMS-D correlavano direttamente con quelli EPDS o MADRS (P<0.001), ma non con
TAS (P= 0.16), e (P<0.001) quelli di T, A, S e C. La correlazione dei punteggi dei 6
fattori POMS col punteggio TAS era diretta, tranne che con V (inversa), e significativa
solo con T (P=0.013) e V (P=0.002), era borderline (P=0.07) con S, ed era assente con
TSH, FT4, FT3, log-10 AbTg. Invece, D, T, A, S e C correlavano direttamente con log10AbTPO (P da 0.04 a 0.020) ed inversamente con V (P=0.26). Rispetto alle 64 non
depresse, le 10 depresse avevano simili FT4, FT3 ed AbTg (10.7±1.3 vs. 10.2±1.7,
2.4±0.5 vs. 2.4±0.6 pg/ml, e 28.5±35.2 vs. 19.9±45.2 U/ml), ma più alti TSH (3.7±2.1 vs.
2.5±1.7 mU/L, P=0.048) ed AbTPO (36.6±48.7 vs. 10.1±18.4, P=0.004, ANOVA log-10).
Stratificando in donne disfunzionali e donne normali per ciascuno degli altri fattori, le
prime avevano valori più o meno significativamente superiori di TSH (T), AbTPO (T, A,
S, C) ed AbTg (T, A, S). CONCLUSIONI- Nel periodo iniziale pp, la depressione (che ha
frequenza diversa a secondo della scala usata) si associa a vari disturbi emozionali. Le
donne disfunzionali appaiono essere ipotiroidee subcliniche su base autoimmune.
P-84
RECIDIVA LOCALE DI CARCINOMIA PARATIROIDEO: CASE REPORTS
S. Simioni, L. Liistro, L. Pomba, M. Variolo, N. Sorgato, G. Pennelli, M.R.Pelizzo
Università degli Studi di Padova, Patologia Speciale Chirurgica Policlinico Universitario
di Padova
Introduzione:
Il carcinoma delle paratiroidi è un tumore raro. Generalmente recidiva in loco, raramente
dà metastasi a distanza prevalentemente polmonari e ossee. L’intervallo libero da malattia
dopo paratiroidectomia varia da 2 a 20 anni. Si distinguono una forma a lenta crescita,
poco aggressiva , con prognosi favorevole e un’altra a rapida crescita e invasività letale.
Case reports
Riportiamo i casi di tre pazienti sottoposti a paratiroidectomia per IPT primario con
diagnosi post-operatoria di carcinoma che hanno presentato recidiva locale dopo 11, 6 e
10 anni. Si tratta rispettivamente di:
-donna di 67 anni, con calcemia preoperatoria di 2,71 mmol/L, PTH di 780 ng/L e lesione
tumorale di 2,4 cm;
-uomo di 55 anni con calcemia preoperatoria di 3,1 mmol/L, PTH 525 ng/L e lesione
tumorale di 2 cm, con iniziale diagnosi istologica di adenoma atipico e insorgenza di due
recidive a 6 e 9 anni dal primo intervento.
-donna di 60 anni con calcemia preoperatoria di 3,62 mmol/L, PTH 390 ng/L e lesione
tumorale di 1,9 cm.
La diagnosi di recidiva è stata sospettata per l’aumento della calcemia e supportata da
ecografia, PET-TC e scintigrafia MIBI. Tutti i pazienti sono stati quindi sottoposti a
reintervento con normalizzazione della calcemia e PTH.
Discussione e conclusioni:
I dati relativi a questi tre casi dimostrano che il carcinoma paratiroideo può avere
un’evoluzione favorevole, tuttavia la comparsa di recidiva è possibile anche a distanza di
anni. Per tale motivo è indispensabile il follow up a lungo termine con periodici controlli
bioumorali che sono più sensibili della diagnostica strumentale. Allo stesso follow up
devono accedere i pazienti con diagnosi istologica di adenoma atipico in quanto la
diagnosi differenziale con il carcinoma paratiroideo non è mai certa.
Bibliografia:
-Kebebew E, Arici C, Duh QY, Clark OH. Localization and reoperation results for
persistent and recurrent parathyroid carcinoma. Arch Surg. 2001 Aug;136(8):878-85
- Oltmann SC, Maalouf NM, Holt S. Significance of elevated parathyroid hormone after
parathyroidectomy for primary hyperparathyroidism. Endocr Pract. 2011 Mar-Apr;17
Suppl 1:57-62
- Fang SH, Lal G. Parathyroid cancer. Endocr Pract. 2011 Mar-Apr;17 Suppl 1:36-43
P-85
ANALISI DEL CONTENUTO DI IODIO IN ORTAGGI PROVENIENTI DA AREE
COSTIERE DERIVATE DALLA BONIFICA LAGO SALATO DI SALPI.
P. Stacchini*, A. Pastorelli*, A. Olivieri*,M.R. Campo§, S. Fariello§, L. Monaco§, M.
Cignarelli§
*Dipartimento Sanità Pubblica Veterinaria e Sicurezza Alimentare
** Dipartimento Biologia Cellulare e Neuroscienze Istituto Superiore di Sanità Roma
§
Cattedra di Endocrinologia, Università degli Studi Foggia
PREMESSE: I prodotti vegetali potrebbero rappresentare una importante sorgente
alimentare di iodio. Un adeguato contenuto di iodio nei terreni coltivabili soprattutto ad
ortaggi potrebbero quindi garantire un apprezzabile concentrazione di iodio in questi
prodotti. SCOPO: analizzare la concentrazione di iodio in tre specie di ortaggi ad ampio
consumo, quali le patate, cetrioli ed i pomodori, coltivati in terreni sabbiosi della zona
costiera compresa tra Margherita di Savoia e Zapponeta (FG), ricavati a margine delle
saline da aree dalla bonifica del Lago salato di Salpi e distanti pochi metri dalla costa.
MATERIALI E METODI: I campioni in esame sono stati raccolti in Luglio 2012 ed
immediatamente surgelati fino al dosaggio dello iodio. (Ottobre 2012). Al momento della
misurazione i campioni di vegetali sono stati raccolti in pool dai quali, dopo
omogeneizzazione, sono state isolate due aliquote che sono state analizzate mediante
spettrometria di massa quadrupolare. RISULTATI: sono riportati in tabella.
DISCUSSIONE: I risultati ottenuti nell’ambito di questo studio pilota, seppur suggestivi,
non evidenziano livelli di iodio significativamente diversi da quelli generalmente rilevati
nella tipologia di alimenti vegetali considerati. Ulteriori studi, da realizzarsi su un numero
maggiore di campioni, saranno in grado di verificare se il contenuto di iodio degli ortaggi
nelle zone indicate sia davvero superiore a quello delle specie coltivate in aree geologiche
differenti e distanti dalla costa.
Cat
N° Pool di campioni Contenuto [I] medio µg/100g
Patate
Cetriolo
Pomodoro
Melone
1
2
3
1
12
6
9
< LOQ
Range µg/100g [I] FAO/WHO*µg/100g
12-14
5-7
7-14
-
3 (1-20)
3 (1-20)
3 (1-20)
3 (1-20)
*Ref FAO/WHO. Vitamin and mineral requirements in human nutrition.Second edition.
2004.Disponibileall’indirizzo:http://whqlibdoc.who.int/publications/2004/9241546123.pdf
P-86
CORRELAZIONE TRA ALTERAZIONI GENETICHE E CARATTERISTICHE
CLINICHE NEL CARCINOMA ANAPLASTICO DELLA TIROIDE
A. Tacito, E. Sabini, C. Romei, E. Molinaro, L. Agate, C. Giani, C. Ugolini, F. Basolo,
P. Vitti, R. Elisei
Dipartimento di Endocrinologia e Dipartimento di Chirurgia, Università di Pisa
Il carcinoma anaplastico della tiroide (ATC) è una neoplasia maligna molto aggressiva ma
fortunatamente rara e la sua incidenza tra i tumori umani è del 1-2%. L’ATC può nascere
come tale o svilupparsi da tumori tiroidei preesistenti, quali il carcinoma papillare e
follicolare, in seguito all’acquisizione di specifiche alterazioni geniche. I meccanismi
molecolari responsabili della formazione dell’ATC non sono ben definiti anche se
numerosi geni sono alterati in questo tipo di tumore. In particolare i geni BRAF, RAS,
βcatenina, PIK3CA, TP53, AXIN1, PTEN e APC sono quelli più frequentemente coinvolti.
Scopo del presente lavoro è stato quello di definire la prevalenza delle alterazioni geniche
nell’ATC e di correlarne la presenza con le caratteristiche cliniche di questo tumore.
La nostra serie è costituita da 10 casi di ATC. Le mutazioni geniche sono state cercate
mediante analisi di sequenza diretta del prodotto di PCR.
Complessivamente 4/10 pazienti (40%) presentano mutazioni somatiche. In particolare in
2 casi è presente una mutazione di p53 (R267W e R273H), in un caso è presente una
mutazione complessa di PTEN (delezione di una base più mutazione puntiforme Q97R) e
in un caso sono presenti sia la mutazione V600E di BRAF che la mutazione K320N di
p53.
Nel gruppo di studio il rapporto tra maschi e femmine è 6:4, l’età media alla diagnosi è
59.9+15 anni (range 33-77) ed il diametro medio del tumore è 5.64+2.24 cm (range 2.59.2). Otto pazienti su 10 presentano metastasi linfonodali e 6/10 presentano metastasi a
distanza. La sopravvivenza media è di 28.26+48.3 mesi. Confrontando le caratteristiche
cliniche dei pazienti mutati e non mutati abbiamo osservato che i due gruppi sono simili
per quanto riguarda il sesso, l’età alla diagnosi, la dimensione del tumore e la presenza di
metastasi linfonodali e a distanza. La sopravvivenza media è invece significativamente
inferiore nel gruppo dei pazienti con mutazione somatica (24.7+36.3 mesi) rispetto a
quello dei non mutati (31.83+62.9 mesi, p<0.0001).
In conclusione i nostri dati dimostrano che il 40% dei pazienti con ATC presenta una
mutazione somatica specifica e confermano l’ipotesi che l’ATC possa svilupparsi da
tumori tiroidei preesistenti in seguito all’acquisizione progressiva di mutazioni. Infine
abbiamo dimostrato che la presenza delle mutazioni somatiche rivestono un ruolo
prognostico sfavorevole per l’andamento della malattia.
P-87
METASTASI SURRENALICA DA CARCINOMA DIFFERENZIATO TIROIDEO
F. Torresan, G. Gemo, C. Pagetta, I.M. Boschin, M. Zane, A. Ramin, S. Nordio, G.
Carrozzo, M.R. Pelizzo
Dipartimento di scienze chirurgiche oncologiche e gastroenterologiche, Università degli
studi di Padova
La prognosi del carcinoma differenziato della tiroide (CDT) è buona, con sopravvivenza a 10
anni dell’85-93%; nei pazienti con metastasi a distanza, però, la sopravvivenza si riduce al 2548%. Le metastasi a distanza sono rare (5-23%) e possono coinvolgere polmone, osso, SNC e
fegato. Presentiamo due casi, operati presso il nostro Istituto, di metastasi surrenalica da CDT.
CASO 1
Femmina, sottoposta nel 1979, all’età di 40 anni, a tiroidectomia totale per carcinoma
follicolare della tiroide (CFT) con cellule di Hurthle (T2N0). Dopo terapia
radioiodometabolica (3.7GBq), la scintigrafia Total Body (TB) era negativa così come i valori
di Tireoglobulina (Tg) sierica in soppressione ed in sospensione. Da febbraio 1990 la Tg in
soppressione è progressivamente aumentata (da 5 a 149 ng/ml). Una nuova scintigrafia TB,
eseguita nel 1991, era negativa e la Tg in sospensione era di 530 ng/ml. Una TC TB
evidenziava un nodo surrenalico destro di 1,8 cm, che, all’esame citologico, risultava
compatibile con localizzazione di CFT. La paziente è stata quindi sottoposta, all’età di 52 anni,
a surrenectomia destra e l’istologia ne ha confermato la secondarietà. La Tg dopo l’intervento
era <0,1 ng/ml. CASO 2
Maschio, sottoposto nel 2009, all’età di 56 anni, a tiroidectomia totale e svuotamento
linfonodale laterocervicale sinistro per carcinoma papillare della tiroide (CPT) con estese aree
scarsamente differenziate e reperto plurifocale di invasione vascolare (T3mN1b). Dopo terapia
radioiodometabolica, la scintigrafia TB e la Tg in sospensione erano negative. Al successivo
controllo del 2010 la Tg, dopo stimolo con TSH ricombinante, era di 22,2 mcg/L e la
scintigrafia TB era negativa. Una FDG-PET-TC evidenziava una ipercaptazione linfonodale
sovraclaveare sinistra, la cui citologia confermava la localizzazione di CPT. A gennaio 2011 il
paziente è stato così sottoposto a bonifica linfonodale retroclaveare sinistra, risultata non
radicale per gli stretti rapporti della recidiva con i vasi succlavi, ed a successiva RT esterna
(6000 cGy in 30 frazioni). La FDG-PET-TC eseguita dopo tale trattamento è risultata negativa.
La Tg in soppressione a febbraio 2012 era di 237,8 mcg/L. Ad aprile 2012 il paziente è stato
nuovamente sottoposto a ciclo di radioiodoterapia (7.4 GBq) e la Tg in sospensione era di 7940
mcg/L con FDG-PET-TC negativa. Solo alla TC TB veniva evidenziata voluminosa
formazione espansiva in sede surrenalica sinistra di 7 cm. Pertanto il paziente, a settembre
2012, veniva sottoposto a surrenectomia sinistra VLS e l’istologia ne confermava la
secondarietà.
Bibliografia
Wagenaar N. et al.: Adrenal metastasis from a papillary thyroid carcinoma. Inter Med 47:2165-68, 2008.
Huang I-C. et al.: Long term outcomes of distant metastasis from differentiated thyroid carcinoma. Clinical
Endocrinology 76: 439-447, 2012.
P-88
ECTOPIA TIROIDEA: DESCRIZIONE DI UN CASO.
V. Triggiani, V.A. Giagulli, G. De Pergola, B. Licchelli, E. Tafaro, E. Guastamacchia
Endocrinologia e Malattie Metaboliche, Dipartimento DIM, Università degli Studi di Bari
“Aldo Moro”
Introduzione. L’ectopia tiroidea è una condizione ritenuta poco frequente, con una
prevalenza 1/100000-300000, anche se presenza di tessuto tiroideo ectopico si
riscontrerebbe nel 7-10% dei casi in casistiche autoptiche. Deriva da anomalie di sviluppo
durante la migrazione dell’abbozzo tiroideo dal pavimento dell’intestino primitivo alla
posizione definitiva nel collo. Nella maggior parte dei casi il tessuto tiroideo ectopico si
ritrova lungo il decorso del dotto tireoglosso o lateralmente nel collo. A volte, tuttavia,
può avere sede nel mediastino e perfino in corrispondenza di organi sottodiaframmatici. In
genere si tratta di una condizione asintomatica. Eventuali sintomi e segni possono essere
in relazione alle dimensioni della ghiandola ectopica o ai rapporti con gli organi adiacenti
o dovuti a malattie propriamente tiroidee. L’ecografia e la scintigrafia sono le indagini
strumentali più utili per la valutazione di tessuto tiroideo ectopico, mentre l’agoaspirato
può essere richiesto in caso di patologia nodulare. L’intervento chirurgico può trovare
indicazione nei casi sintomatici, mentre l’ablazione con radioiodio può essere indicata in
caso di malattia ricorrente.
Caso clinico. Una donna di 33 anni è pervenuta all’osservazione per astenia e per una
tumefazione in sede sotto-ioidea presente da anni e andata incontro ad incremento
volumetrico negli ultimi tempi. All’esame clinico, tale formazione appariva di consistenza
parenchimatosa. Gli esami di funzionalità tiroidea mostravano una condizione di
ipotiroidismo con negatività degli anticorpi anti-tg e antiTPO. L’ecografia mostrava una
formazione ipoecogena, delle dimensioni di 27 x 11 x 30 mm, disomogenea per aree
ipoecogene e con accentuazione dei segnali vascolari parenchimali, mentre la loggia
tiroidea appariva vuota. La scintigrafia mostrava captazione in corrispondenza della
tumefazione, mentre non vi era alcuna captazione in sede ortotopica. Alla TC la
formazione appariva ipodensa, con marcato enhancement dopo mezzo di contrasto.
L’agoaspirato eseguito su un’area nodulare ipoecogena prevalente non ha mostrato
anomalie citologiche da parte dei tireociti. Si è deciso, non essendo presente alcuna
sintomatologia, di somministrare terapia sostitutiva con levotiroxina e seguire nel tempo la
paziente.
P-89
DOSAGGIO DELLA PROCALCITONINA SIERICA IN PAZIENTI CON
NODULO TIROIDEO: STUDIO PROSPETTICO.
P. Trimboli 1, L. Ceriani 2, F.A. Verburg 3, R. Maglio 4, M. Imperiali 5, S.
Valabrega 4, L. Giovanella 2,5
1 Section of Endocrinology and Diabetology, Ospedale Israelitico, Rome (Italy)
2 Department of Nuclear Medicine and Thyroid Centre, Oncology Institute of Southern
Switzerland, Bellinzona (Switzerland)
3 Department of Nuclear Medicine, RWTH Aachen University, Aachen (Germany)
4 Department of Surgical Science, Sapienza University, Ospedale S. Andrea, Rome (Italy)
5 Department of Laboratory Medicine, Ente Ospedaliero Cantonale, Lugano
(Switzerland)
Background. La calcitonina (CT) sierica rappresenta lo strumento più accurato nella
identificazione del carcinoma midollare tiroideo (CMT). Tuttavia, elevati livelli di CT
possono associarsi a diverse altre condizioni. Recentemente, la procalcitonina (PCT)
sierica, precursore della CT, è stato proposto come marker diagnostico del CMT.
Scopo. Valutare in uno studio prospettico il ruolo del dosaggio routinario della PCT
sierica nella diagnosi del CMT.
Materiali e Metodi. 1236 pazienti con nodulo tiroideo di recente riscontro ecografico
venivano inclusi nello studio. In tutti i soggetti venivano valutate la CT e la PCT. I
soggetti con CT >10 pg/ml venivano sottoposti a test di stimolo con pentagastrina (PG)
per CT (PG-CT) e PCT (PG-PCT), agoaspirato per esame citologico (FNA) ed eventuale
tiroidectomia.
Risultati. In 2/1236 (0.1%) soggetti era diagnosticato un CMT. Valori di CT elevata erano
presenti in 14 pazienti, di cui 2 CMT, mentre valori di PG-CT >100 pg/ml erano presenti
in 4 soggetti, di cui 2 con CMT e 2 con iperplasia a cellule C. Al contrario, PCT e PGPCT erano dosabili nei 2 CMT, mentre erano indosabili nei restanti casi (sensibilità 100%,
VPN 100%).
Conclusioni. Il dosaggio di PCT appare altamente accurato nella diagnosi e nella
esclusione di CMT. Il suo impiego nei soggetti con livelli elevati di CT basale potrebbe
evitare il test di stimolo con PG.
P-90
IL DOSAGGIO DI CALCITONINA SU LIQUIDO DI LAVAGGIO DI
AGOASPIRATO IDENTIFICA IL CARCINOMA MIDOLLARE TIROIDEO CON
UNA SENSIBILITÀ SUPERIORE RISPETTO ALLA CITOLOGIA.
P. Trimboli 1, M. Bongiovanni 2, L. Guidobaldi 3, C. Ventura 1, O. Laurenti 1, F.
Romanelli 4, G. Fattorini 1,4, R. Madaio 5, A. Crescenzi 3, S. Valabrega 6, L.
Giovanella 7
1 Servizio di Endocrinologia, Ospedale Israelitico di Roma; 2 Servizio di Citopatologia,
Ist. Cantonale di Patologia, Locarno (CH); 3 Servizio di Citologia e Istologia, Ospedale
Israelitico di Roma; 4 Dip. di Medicina Sperimentale, Sapienza Università di Roma; 5
Servizio di Oncologia Clinica, Ospedale Israelitico di Roma; 6 Dip. di Scienze Mediche e
Chirurgiche, Ospedale S. Andrea, Sapienza Università di Roma; 7 Dip. di Medicina
Nucleare e Centro della Tiroide, Ist. Oncologico della Svizzera Italiana, Bellinzona (CH).
Background. La determinazione della calcitonina (CT) su liquido di lavaggio dopo FNA
(FNA-CT) di nodulo tiroideo o linfonodo cervicale è stata recentemente utilizzata nella
diagnosi del carcinoma midollare (CMT).
Obiettivo. 1. Comparare la sensibilità della FNA-CT con quella della citologia nella
diagnosi del CMT. 2. Identificare un cut-off della FNA-CT di utilizzo pratico.
Materiali e Metodi. Lo studio includeva 21 lesioni (17 noduli e 4 linfonodi) in 19 pazienti
con istologia di CMT. In tutti i casi era stato eseguito il dosaggio preoperatorio di CT, in
18 era stato eseguito FNA ed in 15 era dosata la FNA-CT. Nel gruppo di controllo
venivano inclusi 39 pazienti con altrettante lesioni nodulari tiroidee e CT elevata, ma con
outcome “non-midollare”. Il campione per la FNA-CT era ottenuto dopo lavaggio dell’ago
in 1 ml di soluzione fisiologica. L’esame citologico era integrato da esame
immunocitochimico su vetrino decolorato. La CT e la FNA-CT erano dosate con metodica
immunochemiluminometrica (Immulite 2000 DxI, Siemens, Erlangen, Germania).
Risultati. Dei 19 CMT, 14 (sensibilità 74%) avevano CT sierica >100 pg/ml e 17 (90%)
>50 pg/ml. Citologicamente le lesioni CMT venivano classificate come sospette o maligne
in 8/18 casi (sensibilità 44%). Valori di FNA-CT ≥58 pg/ml erano associati a CMT con
una sensibilità del 100%. In particolare, in 9 MTC la citologia risultava benigna (n=2) o
inadeguata (n=7) mentre i valori di FNA-CT erano elevati. I valori di FNA-CT nel gruppo
controllo erano ≤13 pg/ml.
Conclusioni. Valori di FNA-CT ≥58 pg/ml localizzano il CMT con una sensibilità
superiore alla citologia. Il dosaggio di FNA-CT dovrebbe dunque essere esteso a tutti i
pazienti che vengono sottoposti a FNA in seguito ad elevati livelli di CT sierica.
P-91
COMA MIXEDEMATOSO: QUANDO IL TSH NON BASTA !
R. Vacca, A. Oppo, M. Figorilli*, V. Oppo*, E. Ruiu*, R. Puddu*, F. Marrosu*,
M. Marrosu*, S. Mariotti
Endocrinologia, Dip. di Scienze Mediche ed Internistiche, *Neurologia, Dip. di Sanità
Pubblica, Medicina Clinica e Molecolare, Università e A.O.U. di Cagliari.
Il coma mixedematoso è una rara complicanza dell’ipotiroidismo grave, con alto tasso di
mortalità e caratterizzato da alterazioni dello stato mentale e da ipotermia. Alla diagnosi
solitamente si riscontrano bassi livelli di FT3 e FT4 associati a TSH molto elevato.
Caso clinico: donna di 68 anni affetta da circa 2 anni da demenza fronto-temporale e
ipotiroidismo post tiroidectomia totale per gozzo trattato da lungo tempo con levotiroxina
(L-T4) una cp da 100 µg/die, ricoverata in urgenza presso il reparto di Neurologia per
crisi epilettiche subentranti e stato di incoscienza. All’esame obiettivo: edema
generalizzato al viso e agli arti, cute secca e cerea, ROT ipoevocabili, PA 105/65mmHg ,
bradicardia (50 bpm), ipotermia (TC: 29.8 °C), bradipnea con SpO2 87%. Alla TC cranio
non lesioni in atto e all’EEG marcate alterazioni non specifiche. Gli esami ematochimici
evidenziavano un’acidosi mista con pH 7,19 e miopatia severa. Malgrado l'attuazione
delle principali procedure terapeutiche di supporto (reidratazione, riscaldamento con
termo-coperte, O2-terapia e supporto ventilatorio, BDZ per le crisi convulsive, infusione
di bicarbonati), per un aggravamento delle condizioni generali, la paziente veniva
trasferita in terapia intensiva. Considerando il dato anamnestico, nel sospetto di una
irregolare assunzione di L-T4, veniva richiesta una valutazione della funzione tiroidea
che evidenziava un TSH di 13 µUI/l, interpretato inizialmente come ipotiroidismo lieve,
nonostante il quadro clinico compatibile con coma mixedematoso e valori molto bassi di
FT3 (<1 pg/ml) e FT4 (0,4 pg/ml). La dose di L-T4 era incrementata a 125 e poi a 150
µg/die e somministrata in forma liquida (Tirosint® soluzione orale) tramite sondino naso
gastrico. Dopo 2 settimane si registrava scomparsa dei disturbi neurologici e netto
miglioramento dello stato generale. Una nuova valutazione evidenziava un aumento
paradosso del TSH rispetto agli ormoni tiroidei (FT3 1,36 pg/ml, FT4 5,1 pg/ml, TSH
24.9 µUI/l). È verosimile che in questo caso il severo quadro neurologico e/o i farmaci per
questo assunti abbiano determinato una condizione di NTIS con inibizione dell’asse
TRH/TSH e conseguente riduzione del TSH fino a valori apparentemente incompatibili
con un coma mixedematoso. Conclusioni: nei pazienti critici la diagnosi di laboratorio
dell’ipotiroidismo è complessa e la sola valutazione del TSH non è sufficiente ad
escludere una condizione di coma mixedematoso potenzialmente fatale. Questo caso
sembra indicare inoltre che la L-T4 in forma liquida può essere un'alternativa efficace alla
formulazione parenterale indicata nel coma mixedematoso, ma di difficile reperimento.
P-92
PRO E CONTRO DELLA LINFOADENECTOMIA PROFILATTICA DEL
COMPARTIMENTO CENTRALE
NEI PAZIENTI CON CARCINOMA
DIFFERENZIATO DELLA TIROIDE
L. Valerio1, D. Viola1, G. Materazzi2, P. Miccoli2, F. Basolo2, E. Sensi2, P.
Faviana2, E. Molinaro1, L. Agate1, P. Vitti1, R. Elisei1
1Dipartimento di Endocrinologia e Metabolismo, 2Dipartimento di Chirurgia, Università
di Pisa
Il beneficio clinico della linfoadenectomia profilattica dei linfonodi del compartimento
centrale (CCL), nei pazienti con carcinoma differenziato della tiroide (DTC) è tuttora
controverso. Tale trattamento sembra, da un lato, ridurre il rischio di recidiva di DTC e la
necessità di effettuare reinterventi, ma dall’altro sembra determinare un aumento delle
complicanze chirurgiche, tuttavia ad oggi sono stati eseguiti solo studi retrospettivi
incapaci di chiarire il reale impatto clinico di tale procedura.
Scopo di questo studio prospettico è stato di valutare pro e contro dello svuotamento del
CCL e lo stato di malattia di pazienti con DTC trattati con la sola tiroidectomia totale
(TTx) o con TTx+CCL.
Un totale di 169 pazienti con DTC senza evidenza ecografica pre-operatoria di metastasi
linfonodali (N1) sono stati randomizzati nel Gruppo-A (TTx, n=84) o nel Gruppo-B
(TTx+CCL, n=85).
I due gruppi erano sovrapponibili per caratteristiche cliniche ed epidemiologiche. Il
Gruppo-B mostrava una maggiore prevalenza di N1 (47.1% vs 7.1%) mentre non c’erano
differenze tra i due gruppi per quanto riguarda altre caratteristiche patologiche (es.
multifocalità, capsula infiltrata, variante istologica, ecc.). Dopo un follow-up di 3.5 anni,
non sono state osservate differenze sullo stato di malattia dei due gruppi di pazienti.
Attualmente, nessun paziente è stato rioperato. Ad ogni modo, un più alto numero,
statisticamente significativo, di trattamenti radiometabolici è stato eseguito nei pazienti
del Gruppo-A (p=0,009). In parallelo però, una più alta prevalenza, statisticamente
significativa, di ipoparatiroidismo permanente (HYPTH) è stata osservata nel Gruppo-B
(p=0,046).
In conclusione, questo studio dimostra che lo stato di malattia di pazienti con DTC,
trattatati con TTx o con TTx+CCL, è sovrapponibile a 3.5 anni di distanza dall’intervento.
Tuttavia, i pazienti trattati con sola TTx hanno bisogno di un più alto numero di
trattamenti con 131I rispetto ai pazienti trattati con TTx+CCL, a fronte però di un minor
riscontro di HYPTH. È necessario un follow-up a lungo termine al fine di valutare la
prevalenza di recidiva nei due gruppi. P-93
LA RISPOSTA ALLA TERAPIA STEROIDEA E.V. AD ALTE DOSI NEI
PAZIENTI CON ORBITOPATIA BASEDOWIANA E’ PRESENTE GIA’ DOPO 6
SETTIMANE
G. Vannucchi1, I. Campi, D. Covelli1, N. Currò2, V. Cirello1, D. Dazzi3, P. BeckPeccoz1, M. Salvi1
1 Unità di Endocrinologia Fondazione Cà Granda IRCCS Milano
2 Clinica Oculistica Fondazione Cà Granda IRCCS Milano
Al fine di identificare i parametri che influenzano la risposta terapeutica al trattamento
steroideo in pazienti affetti da orbitopatia basedowiana (GO) in fase attiva abbiamo
studiato retrospettivamente 58 pazienti (14 M, 44 F) affetti da tireopatia autoimmune e
GO in fase attiva di grado moderato-severo, trattati con metilprednisolone e.v. (dose
cumulativa 7.5 g). La valutazione oftalmologica è stata eseguita in condizioni basali e a 6,
12 e 24-30 settimane dopo il trattamento. In 43/58 pazienti abbiamo inoltre studiato noti
polimorfismi del gene codificante per il recettore dei glucocorticoidi (GR), associati a
differente sensibilità agli steroidi. L’outcome terapeutico è stato definito come: 1)
riduzione del clinical activity score (CAS)≥2 punti o 2) proptosi ≥2 mm o 3)
miglioramento della diplopia secondo le classi Gorman, in relazione all’età, sesso, durata
della malattia tiroidea ed orbitale, fumo, livelli serici di TRAb, TSH, FT4, FT3 e
polimorfismi de GR.
Risultati: Il 67% dei pazienti ha risposto al trattamento immunosoppressivo. In particolare,
l’80% dei responders ha mostrato una significativa riduzione del CAS ed inattivazione
della GO dopo sole 6 settimane dall’inizio della terapia. In un altro 10% di pazienti è stata
osservata inattivazione del quadro oculare a 12 settimane. Nei pazienti responsivi alla
terapia steroidea con inattivazione della GO è stata osservata una significativa riduzione
della proptosi in OD alla fine del trattamento (P<0.03), senza modificazioni per quanto
riguarda la fissura e la motilità. Non sono state inoltre osservate significative associazioni
tra la risposta terapeutica ed altri parametri clinici, sierologici e genetici. Il fumo è
risultato l’unico parametro associato significativamente all’outcome terapeutico con
maggiore riduzione del CAS nei pazienti non fumatori (62.5%) rispetto ai fumatori (7.5%)
(P<0.045). I risultati di questo studio suggeriscono che nella maggior parte dei pazienti
con GO in fase attiva la risposta alla terapia steroidea è presente precocemente dopo sole 6
settimane di terapia e soprattutto nei soggetti non fumatori. Solo il 15% circa di pazienti
non responsivi a 6 settimane mostrano inattivazione della GO successivamente nel followup. L’approccio terapeutico immunosoppressivo in questi pazienti dovrebbe essere volto
alla individualizzazione della dose per ottenere la risposta ottimale.
P-94
REINTERVENTI SULLA TIROIDE
M. Variolo, C. Bernardi, S. Simioni, F. Torresan, S. Nordio, M.R. Pelizzo
Reparto di Patologia Speciale Chirurgica, Policlinico Universitario di Padova
INTRODUZIONE: È opinione comune che i reinterventi per patologia tiroidea espongano
a maggiori rischi, ma è poco noto che il termine è comprensivo di molteplici procedure
che vengono accorpate indiscriminatamente ai fini della valutazione delle complicanze 1.
SCOPO: Verificare in una serie omogenea, consecutiva e relativamente recente quanto le
comuni complicanze correlate ai reinterventi in loggia tiroidea hanno inciso
complessivamente e su quali procedure maggiormente.
MATERIALI E METODI: Nel periodo 2006-2010 sono stati eseguiti 233 reinterventi in
loggia tiroidea pari al 4,9% di 4752 interventi totali: 129 (55,4%) totalizzazioni
monolaterali (A), di cui 46 di “funzionalizzazione”, 74 (31,7%) totalizzazioni bilaterali
(B) e 30 (12,9%) bonifiche linfonodali (C). All’esame istologico definitivo sono risultati
114 (48,9%) carcinomi. E’ stato possibile valutare l’incidenza di emorragia postoperatoria su tutti i 233 pazienti, di ipoparatiroidismo (Ca ˂ 2,10 mmol/l) transitorio e
permanente (oltre un anno) su 214 di 224 pazienti rintracciati, di deficit ricorrenziale
transitorio e definitivo su 301 nervi a rischio. I dati sono stati elaborati tramite il test del
chi quadrato e il test di correzione di Fisher per i piccoli campioni.
RISULTATI: L’emorragia, che ha richiesto l’immediata revisione chirurgica, è occorsa in
6 pazienti ( 2,7% ): 2 (1,5%) nel gruppo (A), 3 (4%) nel (B) e 1 (3,3%) nel (C);
l’ipoparatiroidismo transitorio e definitivo è risultato rispettivamente del 32,5 e 1,7 %
nelle totalizzazioni mono1aterali (A), di 48,6 e 5,5% nelle bilaterali (B), di 18,2 e 3%
nelle bonifiche (C) (significatività statistico per l’ipoparatiroidismo transitorio - Fisher’s
exact < 0,05). Il deficit ricorrenziale transitorio e definitivo è risultato rispettivamente del
4,9 e 0,8% nelle totalizzazioni monolaterali (A), 9,6 e 2,7% nelle bilaterali (B), 3 e 0%
nelle bonifiche (C); nessuna complicanza definitiva nelle totalizzazioni solo controlaterali
a scopo di “funzionalizzazione”. L’incidenza più elevata di complicanze, ma solo relative
al deficit ricorrenziale, è emersa nelle 18 totalizzazioni bilaterali di interventi
primariamente bilaterali: 17,1 e 8,6% rispettivamente per le lesioni ricorrenziali transitorie
e definitive. Il tasso di complicanze non risulta influenzato dalla diagnosi di malignità ma
solo dalla procedura iniziale.
CONCLUSIONI: I risultati indicano che vanno temuti i reinterventi bilaterali soprattutto
dopo interventi primari a loro volta bilaterali, mentre la lobectomia tiroidea solo
controlaterale non aumenta il rischio sfatando il mito che la TT di principio, anche per il
nodo benigno, sia più vantaggiosa rispetto alla lobectomia che non dà ipoparatiroidismo
mette a rischio un solo nervo e non richiede terapia sostitutiva.
Bibliografia: 1 Pelizzo M.R.: Thyroid Resurgery. G Chir Vol 32, n 11/12, pp.453-459 P-95
TERAPIA MEDICA DELL’IPERTIROIDISMO AUTOIMMUNE IN ETÀ
PEDIATRICA: EFFICACIA DELLA STRATEGIA “BLOCK-AND-REPLACE”
M.C. Vigone, E. Peroni, A. Passoni, M. Di Frenna, S. Caiulo, G. Weber
U.O. Pediatria e Neonatologia, Università Vita-Salute San Raffaele, Istituto Scientifico
San Raffaele, Milano
Background: In letteratura è ancora molto discusso l’utilizzo della doppia terapia,
associazione tra alte dosi di tionamide e L-Tiroxina (metodo «block-and-replace»), nei
pazienti pediatrici affetti da ipertiroidismo autoimmune.
Scopo: Confrontare l’efficacia del metodo block-and-replace rispetto alla monoterapia
con tionamidi nei pazienti pediatrici affetti da ipertiroidismo autoimmune.
Metodi: studio longitudinale retrospettivo in 25 pz pediatrici (23 F; età media alla
diagnosi di ipertiroidismo: 8,7 anni) con risposta instabile alla terapia con le sole
tionamidi, in cui è stato utilizzato il metodo block-and-replace. 1) Abbiamo calcolato e
confrontato le % di stato di ipertiroidismo, ipotiroidismo e eutiroidismo nei pz trattati con
le sole tionamidi e nei pz trattati con l’associazione tionamide e L-Tiroxina. 2) Abbiamo
calcolato il rate di remissione di malattia con la doppia terapia e valutato l’efficacia del
metodo block-and-replace nel ritardare il ricorso a una terapia definitiva. 3) Abbiamo
valutato gli effetti collaterali in caso di doppia terapia.
Risultati: 1)
Tionamidi
Tionamidi+LT4
P-value
Ipertiroidismo:
Recidiva
maggiore
Media
DS
14.05%
12.74
Media
11.08%
DS
17
Media
27.77%
DS
27.58
Media
47.10%
DS
30.94
1.84%
3.56%
10.77
6.77%
9.04
87.84%
18.59
< 0,001
4.10
Ipertiroidismo:
Recidiva minore
0.075
Ipotiroidismo
0.001
Eutiroidismo
< 0.001
2) 1 pz (4%) è andato in remissione di malattia con il metodo block-and-replace; 15 pz
(60%) hanno richiesto il ricorso ad una terapia definitiva (4 radioiodio, 11 chirurgia).
La doppia terapia ha permesso di rinviare la terapia radiometabolica di 4,9 anni e la
terapia chirurgica di 2,9 anni.
3) In corso di doppia terapia non sono stati registrati effetti collaterali rilevanti.
Conclusioni: Il metodo block-and-replace, pur non migliorando il rate di remissione di
malattia, limita le recidive in ipertiroidismo franco, garantendo una maggiore stabilità
della funzionalità tiroidea. Risulta, quindi, indicato nei casi di difficile gestione
dell’ipertiroidismo autoimmune in cui sia necessario posticipare il ricorso a chirurgica o
radioiodio a un’età più idonea, per contenere i rischi che queste procedure comportano.
P-96
IL DEFICIT DI LATTASI: UNA NUOVA CAUSA OCCULTA DEL
MALASSORBIMENTO DI TIROXINA (T4).
1
C. Virili, 1I. Gatto, 1M.G. Santaguida, 1M. Cellini, 1S.C. Del Duca, 1N. Brusca, 1L.
Bianchi, 2L. Gargano, 1, 2M. Centanni
1
Dip. Scienze e Biotecnologie Medico-chirurgiche, Sapienza Università di Roma, Latina,
2
UOC Endocrinologia, AUSL Latina.
Il corretto trattamento tiroxinico presuppone l’individualizzazione del dosaggio in
rapporto al tipo di patologia, al peso ed all'età del paziente, nonchè all’integrità dei
meccanismi preposti all'assorbimento dell'ormone. Infatti, in pazienti affetti dai più
frequenti disordini gastrointestinali (infezione da Helicobacter pylori, gastriti croniche,
morbo celiaco) è stato descritto un aumentato fabbisogno giornaliero di T4. Tra questi
disordini va annoverata l’intolleranza al lattosio, di cui è stato segnalato un singolo caso
con aumentata richiesta di T4, in mancanza tuttavia di studi sistematici. Lo scopo di questo
studio è stato, quindi, quello di valutare la dose di T4 necessaria per ottenere il target
terapeutico in pazienti tireopatici con concomitante deficit di lattasi. Un totale di 41
pazienti di sesso femminile affette da intolleranza al lattosio costituivano il gruppo di
studio, dei quali 10 (età mediana=47aa) erano affette da gozzo multinodulare (GMNT) e
31 (età mediana=41aa) erano pazienti ipotiroidee affette da tiroidite di Hashimoto (HT);
tra queste ultime, 16 presentavano, oltre al deficit di lattasi, un ulteriore disordine
gastrointestinale. I gruppi di controllo erano rappresentati da 88 pazienti affetti da
GMNT e 68 con HT in trattamento con L-T4 con caratteristiche antropometriche
comparabili. Tutti i pazienti erano esenti da interferenze nutrizionali e/o farmacologiche,
capaci di modificare l'assorbimento della tiroxina. I pazienti del gruppo di controllo in
terapia sostitutiva hanno raggiunto i valori target di TSH (<2.5 mU/l) in 5±2 mesi, con una
dose mediana di T4 pari a 1,31 µg/Kg/die. Al contrario, nei pazienti con ipolattasia isolata,
il target terapeutico è stato raggiunto in un arco di tempo maggiore (10±3 mesi) e con una
dose mediana di T4 pari a 1,69 µg/Kg/die (+29%; p= 0,0002). Una dose anche maggiore
(1,94 µg/Kg/die; +48%; p<0,0001) era richiesta nei pazienti con ulteriori disordini
gastrointestinali. Tra i pazienti in terapia semisoppressiva (TSH<0.1-0.5>mU/l), quelli
con intolleranza al lattosio necessitavano di un dosaggio mediano di T4 pari a 1.92
µg/Kg/die, più alto quindi di quello osservato nei corrispondenti pazienti di controllo
(1,56µg/Kg/die;p<0.0001). In conclusione, nei pazienti tireopatici con malassorbimento di
lattosio è necessario incrementare la dose di T4 per raggiungere il target terapeutico. Il
deficit di lattasi va quindi considerato una nuova causa di malassorbimento di tiroxina.
P-97
UN CASO DI MORBO DI BASEDOW (MB) INNESCATO DA
IMMUNOTERAPIA CON L’ANTIGENE TUMORE-ASSOCIATO NY-ESO-1
R. Vita 1, F. Guarneri 2, R. Chee 3, R. Agah 4, S. Benvenga 1, 5
1
Endocrinologia, Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università di
Messina; 2 Dermatologia, Medicina Sociale del Territorio, Università di Messina; 3
Department of Developmental Biology, Stanford University, Stanford, CA, USA; 4 Internal
Medicine, Stanford University, Palo Alto, CA, USA; 5 Programma Interdipartimentale di
Endocrinologia Molecolare e Clinica e Salute Endocrina della Donna, Università di
Messina.
La vaccinoterapia antitumorale consiste nella somministrazione di antigeni tumoreassociati (ATA), che vengono riconosciuti da specifici antigeni HLA. Sono stati descritti
due casi di disfunzione tiroidea (uno di ipertiroidismo e uno di ipotiroidismo) innescati da
un ATA, il NY-ESO-1, in due donne HLA-A2 positive affette da carcinoma ovarico (Clin
Cancer Res, 2008). Di seguito riportiamo un caso di MB innescato da vaccinazione con
NY-ESO-1 in una donna HLA-A2 negativa.
Una donna asiatica di 32 anni affetta da sarcoma sinoviale venne trattata con
radioterapia, chemioterapia, e con NY-ESO-1 somministrato assieme ad un adiuvante. Il
vaccino fu somministrato per due cicli da 5 somministrazioni ognuno. L’aplotipo HLA
della paziente era A11/A33(19), B13/B56(22), Cw3/-. Un mese dopo l’inizio della
vaccinoterapia, fu sospettata clinicamente una disfunzione tiroidea. I dati di laboratorio
erano compatibili con un ipertiroidismo da MB con TSH soppresso (0.02 mU/L), FT3 alto
(7.4 pmol/L), FT4 alto (26.2 pmol/L) e positività per immunoglobuline stimolanti la
tiroide (152%, valori normali <140). L’ipertiroidismo peggiorò progressivamente (FT4
>60, FT3 >30, TSI >500), per cui la paziente fu sottoposta a tiroidectomia totale. L’esame
istologico confermò il MB. Abbiamo usato il software BLAST del NCBI
(http://blast.ncbi.nlm.nih.gov/Blast.cgi) per cercare omologie di sequenza tra NY-ESO-1 e
autoantigeni tiroidei [recettore del TSH (TSH-R), tireoperossidasi (TPO) e tireoglobulina
(Tg)]. Utilizzando il database dei motivi di legame HLA (Tissue Antigens, 2003),
abbiamo cercato invece motivi di legame HLA all’interno di regioni di omologia tra NYESO-1 ed autoantigeni tiroidei.
Abbiamo quindi trovato che 15 regioni epitopiche di NY-ESO-1 sono omologhe a 15
regioni degli autoantigeni tiroidei, alcune di esse epitopiche: 5 sono del TSH-R, 8 della Tg
e 2 della TPO. Queste regioni di omologia contengono motivi di legame di diversi
antigeni HLA di classe I, compresi A11 e A33 della paziente. Inoltre, 2 regioni omologhe
del TSH-R contengono motivi di legame con HLA-A2. Considerando il ruolo emergente
dei vaccini nel trattamento dei tumori maligni, si prevede un incremento nei prossimi anni
dei casi di patologie autoimmuni tiroidee indotte da essi in individui geneticamente
predisposti.
P-98
STUDIO PROSPETTICO SUL RUOLO DEGLI EVENTI STRESSANTI (ES)
NELLO SCATENAMENTO DEGLI EPISODI DI IPERTIROIDISMO DA MORBO
DI BASEDOW (MB)
R. Vita 1, F. Trimarchi 1, S. Benvenga 1, 2
1
Endocrinologia, Dip. di Medicina Clinica e Sperimentale, Università di Messina; 2
Progr. Interdip. di Endocrinologia Molecolare e Clinica e Salute Endocrina della Donna,
Università di Messina.
Il ruolo che lo stress ha nell’innesco dell’esordio e delle recidive del MB, aspetto poco o
affatto studiato, è controverso. In questo studio abbiamo valutato l’impatto degli ES
sull’outcome dell’ipertir. da MB. Abbiamo reclutato 58 paz. con MB (F:M=1.6), in cui
almeno un ES si verificò nei 12 mesi precedenti l’esordio dell’ipertir. Per la statistica,
abbiamo usato il test di Mann-Whitney, il chi-quadro (χ2) o il test esatto di Fisher, e la
regressione lineare. Usando un questionario specifico, gli ES sono stati suddivisi in 4
categorie: psicologico (ESP), infettivo, fisico e di altra natura. La terapia con antitiroidei
di sintesi è durata ≥12 mesi ed il follow-up dopo loro sospensione ≥5 anni. Abbiamo
escluso paz. oftalmopatici, o fumatori, o trattati con 131I o con tiroidectomia. In base
all’outcome dell’ipertir. abbiamo suddiviso i paz. in tre gruppi: REM, che andarono
incontro a remissione (n=15, 26%); ESA, con ≥1 esacerbazione (durante terapia
antitiroidea) (n=6, 10.3%); REC, con ≥1 recidiva (dopo sospensione degli antitiroidei)
(n=37, 64%). L’età all’esordio (EE), mediamente di 35.3±15.5 anni, era ≤30 anni più
frequentemente rappresentata nel gruppo REM, che non nel gruppo ESA o REC (9/13 vs.
1/16 vs. 12/32, df=2, P=0.057). L’intervallo di tempo tra ES ed esordio era di 19.3±11.9
settimane, e risultava correlato con l’EE (r=0.585, P<0.001), soprattutto nel gruppo REC
(r=0.643, P<0.001). Gli ES più frequenti erano ESP (51/58 paz., 87.9%). I paz. del gruppo
REC, rispetto a quelli del gruppo REM, avevano più ES di tutti i tipi (2.7±1.7 per paz. vs.
1.2±0.6, P<0.001), ed in particolare ESP (2.3±1.4 per paz. vs. 1.2±0.6, P=0.001). Inoltre,
nel gruppo REC, gli ESP erano più numerosi nei paz. recidivati almeno due volte, rispetto
a quelli recidivati una sola volta (3.3±1.2 per paz. vs. 1.5±1.0, P<0.001). Gli ESP
precedenti l’esordio erano più frequenti nei paz. con almeno 2 recidive, rispetto a quelli
con una sola recidiva (14/14=100% vs. 15/22= 68.2%, P=0.029). Nel gruppo REC, gli
ESP precedenti la prima recidiva, erano più frequenti nei paz. recidivati almeno 2 volte,
rispetto a quelli recidivati una volta (12/14=85.7% vs. 9/23=39.1%, P=0.007). Il numero
totale di ES era significativamente correlato col numero di recidive (r=0.697, P<0.001). In
conclusione, alcuni individui con MB, sono sistematicamente suscettibili agli ES, cioè
ogni loro episodio di ipertir. (dal primo o esordio sino all’ultima recidiva) è
sistematicamente preceduto da almeno un ES. Questi individui sono relativamente
giovani, e quanto più lo sono, tanto più breve è l’intervallo tra l’ES/gli ES ed il successivo
episodio di ipertir. e tanto più sono a rischio di recidive.
P-99
PREVALENZA DELLA TIROIDITE CRONICA AUTOIMMUNE IN PAZIENTI
AFFETTE DA SINDROME DELL’OVAIO POLICISTICO
M. Vitale1, A. Ticino2, P. Storelli2, S. Evangelista2, F. D’Itri2, G. Grani1, M.
Bianchini1
M. D’Alessandri1, M.G. Porpora2, A. Fumarola1, R. Ostuni2, G. Carbotta1
1. Dipartimento di Medicina Sperimentale, Sapienza Università di Roma
2. Dipartimento di Scienze Ginecologico-Ostetriche e Scienze Urologiche, Sapienza
Università di Roma
In letteratura alcuni studi hanno analizzato la possibile associazione tra due patologie
molto frequenti nelle donne in età fertile, quali la Tiroidite Cronica Autoimmune e la
Sindrome dell’Ovaio Policistico (PCOS), non giungendo tuttavia a risultati definitivi.
Presso gli ambulatori del Dipartimento di Scienze Ginecologico-Ostetriche e Scienze
Urologiche del Policlinico Umberto I di Roma sono state selezionate 26 pazienti con
diagnosi di PCOS, posta seguendo i criteri di Rotterdam del 2003. Inoltre, 16 donne senza
diagnosi di PCOS e senza una patologia tiroidea nota sono state reclutate come gruppo
controllo. Tutte le pazienti, seguite poi dalla U.O.C. Endocrinologia A, Centro Malattie
della Tiroide, Policlinico Umberto I di Roma, sono state sottoposte alle seguenti
valutazioni cliniche e strumentali: visita endocrinologica, dosaggio di FT3, FT4, TSH,
anticorpi anti-tireoglobulina (anti-TG), anticorpi anti-tireoperossidasi (anti-TPO) e studio
ecografico della tiroide.
Gli anticorpi anti-TG sono risultati positivi in 7 pazienti con PCOS (26,9%) e in 2 delle
pazienti di controllo (12,5%), mentre gli anticorpi anti-TPO in 4 pazienti con PCOS
(15,4%) e in 2 pazienti di controllo (12,5%), differenze entrambe non statisticamente
significative (p>0,05). All’esame ecografico della tiroide è stata riscontrata una
disomogeneità ecostrutturale in 7 pazienti con PCOS (26,9%) e solo in una paziente del
gruppo controllo (6,25%); tuttavia tale differenza non è statisticamente significativa
(p>0,05).
Per porre diagnosi di tiroidite cronica di Hashimoto è stata considerata la positività degli
anticorpi anti-TPO e, contemporaneamente, la presenza di disomogeneità all'esame
ecografico. Utilizzando questi criteri, tale patologia è stata individuata in 4 pazienti con
PCOS (15,4%) e solo in una paziente del gruppo controllo (6,25%), senza, tuttavia,
raggiungere una significatività statistica (p>0,05).
Questi risultati, peraltro preliminari, non rilevano una maggiore prevalenza di tiroidite
cronica autoimmune in pazienti con sindrome dell'ovaio policistico.
P-100
CARATTERISTICHE MOLECOLARI DEL CARCINOMA PAPILLARE DELLA
TIROIDE NEL PAZIENTE ACROMEGALICO: DATI PRELIMINARI.
S. Watutantrige Fernando1, F. Ceccato1, S. Barollo1, G. Occhi1, G. Pennelli2, C.
Betterle1, M.-L. Jaffrain-Rea3, F. Grimaldi4, D. Nacamulli1, C. Scaroni1, C. Mian1
1: UO di Endocrinologia, Dip. di Medicina, Padova; 2: Unità di Anatomia Patologica,
Dip. di Medicina, Padova; 3: Dip. di Scienze Neurologiche , Istituto Neuromed, IRCCS,
Pozzilli; 4: Azienda Ospedaliero-Universitaria Santa Maria della Misericordia, Udine.
Introduzione: il carcinoma papillare della tiroide (PTC) è l’istotipo più frequente tra le
neoplasie tiroidee e si caratterizza per una buona prognosi e per una buona aspettativa di
vita. L’evento mutazionale più frequente nel PTC interessa il proto-oncogene BRAF (hotspot mutazionale V600E) che codifica per una tirosin kinasi effettrice intracellulare della
cascata di segnalazione MAP-kinasica, nel 30-70% dei casi. Il rischio di neoplasia nel
paziente acromegalico è generalmente aumentato rispetto alla popolazione generale, dato
il noto effetto di promozione alla crescita esercitato da IGF-1, GH ed insulina; in
Letteratura è riportata una prevalenza del 3-7% di carcinoma tiroideo in pazienti
acromegalici. Recenti acquisizioni molecolari hanno dimostrato che mutazioni a carico
dei geni AIP (Aryl-hydrocarbon receptor Interacting Protein) e AHR (Aryl-Hydrocarbon
Receptor) sono implicate nell’oncogenesi della neoplasia ipofisaria GH-secernente.
Scopo: valutare la prevalenza di gozzo/PTC in una grossa casistica di pazienti
acromegalici seguiti nella nostra UO. Studiare gli eventi molecolari alla base dello
sviluppo di PTC nel paziente affetto da acromegalia. Materiali e Metodi: nei pazienti con
PTC si è valutato lo status di BRAF tramite sequenziamento del esone 15. Un’indagine
immuno-istochimica per l’espressione di AIP ed AHR è stata condotta su tessuto
paraffinato proveniente da PTC. Risultati e conclusioni: nella nostra casistica la
prevalenza di gozzo era 37% (22/60) e quella di PTC 10% (6/60). 4 su 6 (66%) casi di
PTC mostravano la mutazione V600E di BRAF. L’espressione di AIP sul tessuto
neoplastico era identica a quella del tessuto tiroideo normale; più interessante, nei pazienti
con PTC e mutazione di BRAF abbiamo dimostrato un aumento dell’espressione
citoplasmatica e nucleare della proteina AHR rispetto al tessuto tiroideo normale.
Conclusioni: la prevalenza di PTC è risultata maggiore nella nostra casistica rispetto a
quanto riportato in Letteratura. I risultati preliminari mostrano per la prima volta un
aumento dell’ espressione della proteina AHR nel PTC; dati ulteriori sono necessari per
definire se questo aumento di espressione possa essere correlato alla presenza della
mutazione V600E di BRAF nel PTC dell’acromegalico.
P-101
CIRCULATING
CELL-FREE
DNA,
SLC5A8
AND
SLC26A4
HYPERMETHYLATION, BRAFV600E: A NON-INVASIVE TOOL PANEL FOR
DETECTION OF THYROID TUMORS
M. Zane, M. Agostini, E. Casal Ide, F. Torresan, I. Boschin Merante, S. Barollo, C. Mian,
M.R. Pelizzo
Università degli Studi di Padova, Dip. Scienze Chirurgiche, Oncologiche e
Gastroenterologiche (DiSCOG), Patologia Speciale Chirurgica
Background. Un marcatore studiato per diversi tumori, ma non ancora per il carcinoma
tiroideo (TC), è la quantificazione degli acidi nucleici circolanti liberi da cellule, in particolare
il cell-free DNA (cf-DNA). Negli ultimi anni, alti livelli di cf-DNA sono stati trovati associati
con la diagnosi e la progressione del cancro, mostrando caratteristiche di potenziale
biomarcatore. Nel TC viene persa spesso l’espressione di molecole metabolizzanti lo Iodio. Lo
stato di ipermetilazione dei geni SLC5A8 e SLC26A4, entrambi coinvolti nel metabolismo dello
Iodio, è associato con la mutazione BRAFV600E che rappresenta l’evento genico più frequente
alla base dello sviluppo del carcinoma papillare tiroideo (PTC). Lo scopo dello studio riguarda
lo sviluppo di una metodica non invasiva per lo screening di neoplasie della tiroide attraverso
la quantificazione del cf-DNA, l’analisi dello stato di ipermetilazione di SLC5A8 e SLC26A4 e
la mutazione BRAFV600E.
Metodi. È stata effettuata l’analisi quantitativa assoluta del cf-DNA con metodica Real-Time
PCR attraverso lo studio delle ripetizioni ALU sul cancro tiroideo, rispettivamente: 9 casi di
anaplastico, 58 di midollare, 5 di midollare-follicolare sincrono, 86 di papillare, 23 di adenoma
follicolare e un gruppo di controllo di 19 soggetti sani. Nel gruppo dei PTC abbiamo affiancato
l’analisi con lo studio dello stato di ipermetilazione di SLC5A8 e SLC26A4 e della mutazione
BRAFV600E.
Risultati. Ogni metodo di quantificazione del cf-DNA ha mostrato un’elevata abilità nel
discriminare i soggetti sani dai pazienti tumorali, e le mediane dei livelli plasmatici di cfDNAALU83 e cf-DNAALU244 correlano in maniera significativa con il tipo istologico (p-value
<0.0001). Abbiamo osservato un considerevole aumento nella quantità di cf-DNAALU83 e cfDNAALU244 quando si verificano eventi di metilazione, con significatività statistica (p-value,
0.0242). È stata inoltre osservata una correlazione tra la mutazione BRAFV600E e cfDNAALU244/ALU8 (p-value, 0.0250).
Conclusioni. La quantificazione del cf-DNA ha mostrato avere un ruolo importante per il TC.
L’analisi della metilazione ha reso più specifica l’identificazione del tumore e la sua
localizzazione. La correlazione dei saggi di quantificazione del cf-DNA e di analisi di
ipermetilazione genica con lo studio di BRAFV600E, già usato in diagnostica clinica, ci permette
di definire un set di biomarcatori che può fornire dati informativi su identificazione, diagnosi e
prognosi di TC. L’elaborazione della metodica ha previsto l’ottimizzazione di un protocollo di
indagine non invasivo e riproducibile, di facile impiego nei laboratori di biologia molecolare,
da usare come test di screening per TC.
Alix-Panabieres C et al. Circulating tumor cells and circulating tumor DNA. Annu Rev Med, 63: 199-215, 2012.
Kohler C et al. Cell-free DNA in the circulation as a potential cancer biomarker. Anticancer Res, 31: 2623-2628.
Shames DS et al, Methods for detecting DNA methylation in tumors: from bench to bedside. Cancer Lett, 251:
187-198, 2007.
P-102
ASSOCIAZIONE TRA MUTAZIONE R429Q DEL GENE DEL RECETTORE β
(TR-β gene) DEGLI ORMONI TIROIDEI E SINDROME DA RESISTENZA
ALL’AZIONE DEGLI ORMONI TIROIDEI (RTH). FORMA FAMILIARE CON
FOLLOW-UP PER 22 ANNI
M. Zingrillo1, M. Kiouranaki2, A. Melfitano1
1 Attività libero professionale Foggia; 2 Università di Foggia
La RTH, descritta da Refetoff nel 1967 è caratterizzata da inappropriata secrezione di
TSH in adattamento a mutazioni di vario grado e gravità del recettore degli ormoni
tiroidei. In letteratura compaiono circa 1500 casi; il fenotipo varia in rapporto alle
differenti mutazioni, ma anche a parità di mutazione in famiglie ed individui affetti.
Nel 1990 giunge a visita un uomo di 34 anni, con modesto gozzo multinodulare (un
nodulo palpabile, 3 noduli visibili all’ecografia; citologia = gozzo). A dispetto di valori
elevati di FT4 ed FT3 (FT4 31.2 pmol/L, n.v. = 9.0 - 25.8; FT3 10.8 pmol/L, n.v. 4.6 9.2), il TSH era elevato (7.0 mU/L); assenti sintomi e segni di ipertiroidismo. Il dosaggio
dell’α-subunità del TSH + NMR ipofisaria esclusero un adenoma TSH secernente. Nel
sospetto di RTH, sono stati studiati il propositus ed altri 10 elementi della famiglia, con
screening per mutazioni del TR-β gene + studio clinico-ecografico e di laboratorio. Il
propositus e un figlio di 13 anni, risultarono affetti da mutazione R429Q del TR-β gene
(Adams et al. JCI, 1994), corrispondente a sostituzione puntiforme nel codone 429 tra
arginina e glutamina. Il figlio del probando, di 13 anni, con FT4 = 21.1 pmol/l, FT3 = 9.47
pmol/l e TSH = 14.01 mU/L, mostrava un quadro ecografico tiroideo normale, assenza di
segni clinici di ipertiroidismo, bassa statura con ritardo di 3 anni dell’età ossea, QI
normale. Padre e figlio effettuarono il test di Sarne (TRH test con 200 µg i.v.in condizioni
basali e dopo dosi progressivamente maggiori di l-T3 fino a 200 µg/die per 3 giorni), con
soppressione quasi completa del TSH stimolato, ma senza segni e sintomi di
ipertiroidismo. I parametri di sensibilità periferica dell’azione ormonale tiroidea (ECG,
colesterolemia, SHBG, ferritina, parametri di turnover osseo) furono normali in
condizione basale e dopo l-T3. Al momento il padre ha 56 anni; da circa 20 anni assume
150 µg/die di l-T4 + 0.35 mg x 3 di acido triiodoacetico, con stabilizzazione del quadro
ecografico tiroideo e assenza di segni e sintomi di ipertiroidismo; nel corso del 2012 FT4
= 24.1 pmol/l, FT3 = 8.2 pmol/l, TSH = 0.80 mU/L. Il figlio ha 31 anni, non assume
terapia, presenta tiroide ecograficamente normale e assenza di segni e sintomi di
ipertiroidismo. E’ alto 168 cm (in accordo con bersaglio genetico) ed è normopeso (57
kg); nel corso del 2012 FT4 = 21.5 pmol/l, FT3 = 9.3 pmol/l, TSH = 14.5 mU/L.
Conclusioni: nei due casi osservati di RTH con mutazione R429Q del TR-β gene il quadro
clinico è modesto. Nel figlio il tessuto tiroideo appare perfettamente adattato all’anomalo
“carico” di lavoro provocato dalla ridotta sensibilità recettoriale.
P-103
CARCINOMA PAPILLARE DELLA TIROIDE ASSOCIATO A TIROIDITE
CRONICA AUTOIMMUNE IN 47 CASI CONSECUTIVI: CARATTERISTICHE
CLINICHE, PROBLEMATICHE DIAGNOSTICHE, TRATTAMENTO E
FOLLOW-UP A MEDIO TERMINE
M. Zingrillo1, V. Nirchio2, F. Tricarico2, G. La Torre3, M. Ulivieri4, A.
Melfitano1
1. Attività libero professionale Foggia; 2. Azienda Ospedaliera Foggia; 3. Centro di
Riferimento Oncologico Basilicato, Rionero in Vulture (Pz); 4. Presidio Ospedaliero di
Cerignola (Fg)
Numerosi studi suggeriscono una significativa associazione tra la tiroidite cronica
autoimmune (TCA) ed il carcinoma papillare della tiroide (CPT). Il preciso significato di
questa associazione è tuttavia ancora sconosciuto. Riportiamo i dati di 47 pazienti
consecutivi (45F e 2 M; età 16-67) affetti da CPT associato a TCA. Motivo della visita:
riscontro incidentale in 6 casi, ipotiroidismo in 24 casi (5 di nuova diagnosi e 19 in
trattamento); noduli palpabili in 6 casi; screening familiare in 5 casi (2 per TCA e 3 per
CPT); tiretossicosi in un caso; linfonodo palpabile in un caso; motivo non chiarito in 4
casi. Quadro ecografico: nodulo unico 28; noduli multipli 19; nessun nodulo visibile, con
linfonodo 1. Dimensioni CPT: 8-38 mm diam max (< 10 mm in 7 casi; diam AP ≥
TRASV in 10 casi). Aspetto ecografico CPT: 41 ipoecogeni e 6 isoecogeni; margini
irregolari 41; microcalcificazioni 32; vascolarizzazione intranodulare 7; segni
superamento capsulare 12. Linfonodi visibili ecografia in 9 pz: 4 comparto centrale (livelli
VI e VII) 8 comparto laterale (livelli II, II, IV e V). Citologia nodulo (46 pz): 5 Tir 3; 14
Tir 4 e 27 Tir 5. Citologia linfonodi (9 pz): tutti metastasi CPT. Intervento effettuato: a)
tiroidectomia totale 13; b) tiroidectomia totale + linfectomia comparto centrale 26; c)
tiroidectomia totale + linfectomia centrale + linfectomia laterocervicale 8. Istologia:
purifocalità 12; focolaio unico < 1.5 cm, non invasione, non lifonodi 11; invasione
capsulare 18 (8 con invasione extra); metastasi linfonodali 15; istologia aggressiva 5.
Follow-up disponibile in 37/47 pazienti (32 trattati con Radioiodio e 5 non trattati): durata
6-136 mesi (mediana 36 mesi), con controllo ecografico del collo, tireoglobulina basale e
stimolata con TSH ricombinante, anticorpi antitireoglobulina, scintigrafia WBS con
radioiodio quando indicata. Epicrisi: liberi da malattia 34; anticorpi anti-tireoglobulina
elevati, senza segni di malattia 2; ricorrenti recidive linfonodali dopo chirurgia estesa 1.
Conclusioni: nella nostra casistica, nei limiti della durata del follow-up, si conferma una
prognosi favorevole in pazienti con concomitante CPT e TCA, anche a dispetto di malattia
talora avanzata.
Commento: Il CPT e la TCA vengono sempre più spesso diagnosticati per migliorate
capacità diagnostiche (dosaggio TSH US, ecografia ad alta risoluzione con piattaforma
digitale; routinario dosaggio anticorpi anti-tiroidei). I pazienti con TCA vengono studiati
ripetutamente con ecografia nel corso del tempo, con possibilità di un bias di sovrastima
dell’associazione con CPT.
P-104
DOSAGGIO DELLA TIREOGLOBULINA SU CITOASPIRATO LINFONODALE
NELLA DIAGNOSI DEI TUMORI DIFFERENZIATI DELLA TIROIDE
S. Lupo, M. Bondanelli, G. Trasforini, P. Franceschetti, A. Guerra, R. Rossi, M.R.
Ambrosio, E.C. degli Uberti
Sezione di Endocrinologia, Dipartimento di Scienze Mediche, Università degli Studi di
Ferrara
Le metastasi (MTS) linfonodali laterocervicali (LCV) di carcinoma della tiroide (CT)
sono frequente alla prima diagnosi ed in corso di follow-up; più raramente segnalano la
presenza di CT occulto. La diagnosi delle MTS linfonodali da CT si basa su ecografia del
collo, agoaspirato ecoguidato (FNAB) e dosaggio della tireoglobulina (TG) su
citoaspirato, specie nei casi di linfonodo con degenerazione cistica dove la citologia
raramente risulta essere diagnostica. Il dosaggio TG su citoaspirato ha elevata sensibilità
diagnostica e specificità, con livelli molto variabili (da 122 a 37200 ng/ml). Una donna di
43 anni è giunta alla nostra osservazione per linfoadenomegalie LCV di aspetto cistico.
L’ecografia mostrava al terzo medio del lobo tiroideo destro un’areola ipoecogena (1,5
mm) e un linfonodo cistico (11x19x22 mm) in sede LCV destra (LIV). Funzione tiroidea
ed livelli di calcitonina erano nella norma, con livelli serici di TG = 17.7 ng/ml e ATG
negativi. La citologia del linfonodo mostrava la presenza di materiale amorfo inglobante
linfociti maturi e cellule fusate; livelli di TG su citoaspirato = 398.3 ng/ml. Dato il quadro
ecografico tiroideo negativo, si è ripetuto FNAB, che è risultato sovrapponibile. Nel
sospetto di una MTS linfonodale di CT occulto è stata indicata una tiroidectomia totale
con linfoadenectomia LCV destra. Durante l’intervento, l’aspetto macroscopico del
linfonodo LCV destro suggeriva un linfocele, per cui è stata eseguita una emitirodectomia
destra oltre alla linfoadenectomia LCV destra. All’esame istologico del linfonodo: tessuto
adiposo con evidente rappresentazione di grasso bruno, comprendente struttura vascolare
ectasica con spessa tonaca muscolare nel cui lume erano presenti voluminosi aggregati di
linfociti maturi. All’esame istologico del lobo tiroideo destro: tessuto tiroideo normale, in
assenza di cellule carcinomatose. Nel nostro caso il dosaggio di TG su citoaspirato
linfonodale si è rivelato un falso positivo. Tale dato suggerisce una chirurgia meno
radicale in presenza di livelli di TG inferiori a quelli mediamente trovati nelle MTS
linfonodali di CT differenziato, specie quando la sede di coinvolgimento linfonodale sia
meno frequente e non vi sia presenza di lesione tiroidea.
INDICE
AUTORI
ACCARDO G.
AGAH R.
AGATE L.
AGHINI LOMBARDI F.
AGOSTINI M.
AGRETTI P.
AGRIMI D.
ALBANO E.
ALEMANNO I.
ALFANO F.
ALFEI F.
ALI H.
ALIBRANDI A.
ALOJ L.
ALTEA M.A.
ALTIERI B.
AMBROSIO C.
AMBROSIO M.R.
AMBROSIO R.
ANGARONE P.
ANTONANGELO C.
ANTONANGELI L.
ANTONETTI R.
ARECCO F.
ARMANINI D.
AROASIO E.
ARPAIA D.
ARTINI P.G.
ATTARD M.
AURIEMMA R.S.
AVENIA N.
AZZOLINI C.
BADIALI S.
BAGATTINI B.
BAGNARA M.C.
BAGNASCO M.
BAK B.
BAKHSH A.
BALDARI S.
P-64, P-73
P-97
P-44, P-55,
P-86, P-92
O-23
P-101
O-21, P04, P-58
P-01, P-02,
P-03
O-26
P-01, P-02,
P-03
O-13, P30, P-31
O-29
O-08
O-20
P-49
O-26, P-72
P-29
P-73
P-104
O-13, P30, P-31
P-01, P-02
P-56
O-23
P-69
O-01
P-36
P-79
P-66
P-26, P-27
O-28
P-71
O-30, P-62
O-02
O-11
P-04, P-58
O-07
O-07, P-09
O-06
P-63
O-20, P-40
BALDESCHI L.
BALL D.
BARBA L.
BARBARO M.P.
BARBATO F.
BARBIERI A.
BARDESONO F.
BAROLLO S.
BARTALENA L.
BASOLO A.
BASOLO F.
BECK-PECCOZ P.
BELARDI V.
BELARDINI V.
BELFIORE A.
BELLASTELLA A.
BELLASTELLA G.
BELVEDERE I.
BENELLI E.
BENVENGA S.
BERNARD D.J.
BERNARD M.
BERNARDI C.
BERTAZZA L.
BERTI V.
BETTERLE C.
BIAGINI A.
BIANCHI D.
BIANCHI L.
BIANCHINI E.
BIANCHINI M.
O-02
O-08
P-45, P-46
P-16, P-65
P-64, P-73
O-12, P-20
O-01, P-23
O-15, O24, P-05,
P-100, P101
O-02
O-27
P-86, P-92
O-06, O11, P-08,
P-24, P-93
P-06, P-63
O-03, P12, P-17
O-19, P-41
O-12, P-20
O-12, P-64
P-41
P-26, P-27
O-25, P13, P-76,
P-77, P83,P-97, P98
O-06
O-02
P-94
P-05
O-01
O-15, P05, P-100,
P-36
O-04, P39, P-55,
P-68
P-82
P-96
P-75
P-99
BIONDI B.
BIZZARRO A.
BOBORIDIS K.G.
BOCCI G.
BOI F.
BONCODDO M.
BONDANELLI M.
BONELLI C.
BONGIOVANNI M.
BONOMI M.
BORGIANI M.
BOSCHI A.
BOSCHIN MERANTE I.
BOTTICI V.
BOURNAUD C.
BRAZZAROLA P.
BRIGNARDELLO E.
BRINAZONI E.
BROSE M.
BRUNO R.
BRUSCA N.
BRUSCO L.
BUCCI I.
BUSONERO G.
CACCIAPUOTI M.
CAIULO S.
CAMERA L.
CAMERIERI L.
CAMPANI D.
CAMPENNI' A.
CAMPI I.
CAMPO M.R.
CANIPARI R.
CAORSI V.
CAPELLI V.
CAPEZZONE M.
CAPODIMONTI S.
CAPPAGLI M.
O-17, P42, P-66
O-12, P-20
O-02
O-21
O-05
P-57
P-104
P-30, P-31
P-90
O-06
P-80
O-02
P-87, P101
P-44, P-50,
P-55
O-02
O-10, P-19
P-35
O-03
O-08
O-28
P-96
P-17
O-16, P-07
P-10
P-46
P-95
P-52, P-53
O-07
P-63
O-20, P-40
O-06, P08, P-24,
P-93
O-18, P33, P-34,
P-85
O-29
P-09, P-61
P-60
P-10
O-14
P-11, P-59
CAPPAGLI V.
CAPRIO M.G.
CAPUTO A.
CAPUTO M.
CARBOTTA G.
CARDINALE G.
CARLI A.
CAROLI M.
CARPENTIERI M.
CARRARA R.
CARRATU' A.C.
CARROZZO G.
CARUSO G.
CASAL IDE E.
CASTAGNA M.G.
CATALINI C.
CAVICCHIONI C.
CECCARINI G.
CECCATO F.
CELA V.
CELLINI M.
CENTANNI M.
CERIANI L.
CERTO R.
CESARETTI G.
CETANI F.
CHATTERJEE K.
CHEE R.
CHEN S.
CHIABOTTO P.
CHILOSI M.
CHIOVATO L.
CHYTIRIS S.
CIAMPI R.
CIAMPOLILLO A.
O-08, P44, P-50
P-73
O-13
O-07, P-09
P-99
P-33, P-34
P-10
P-01, P-02
P-56
P-60
P-28, P-49,
P-52, P-53
P-70, P-87
P-10
P-101
O-03, P12, P-17
P-31
P-71
O-27
P-100
P-26
P-96
O-29, P-96
P-89
P-13, P-76,
P-77
P-14
P-81
O-06
P-97
P-36
P-35
O-10, P18, P-19
O-17, P21, P-22,
P-60
P-60
P-15, P-50
O-09, O18, P-16,
P-34, P-43,
P-65
CIARMIELLO A.
CICCONE M.
CIGNARELLI M.
CIPOLLA C.
CIRELLO V.
CIUOLI C.
CLARY D.
CLERICI A.
COHEN E.
COLAO A.
COLATO C.
COLELLA C.
COLOMBO C.
CONSERVA A.
CONTE L.
COPERCHINI F.
CORBO G.
CORONA R.
CORRIAS A.
CORVISIERI S.
COSCI B.
COSTANTE G.
COSTANTINO E.
COVELLI D.
COVIELLO L.
CRESCENZI A.
CROCETTI U.
CUCCU A.
CURRO' N.
CUTTITTA A.
D'AGOSTINO M.
D'ALESSANDRI M.
D'ALOISO L.
D'ANGELO A.
D'ETTORRE A.
D'ITRI F.
DATTANI M.T.
DAUMERIE C.
DAYAN C.
DAZZI D.
DE BELLIS A.
DE FALCO V.
DE FRANCIA S.
DE FRANCISCIS L.
DE LEO S.
DE LUCA C.
DE LUCA DI ROSETO C.
DE MARCO G.
P-63
P-93
O-12, P-20
O-24
P-79
P-42
O-11
P-52, P-53
P-28, P-49
O-21, P04, P-58
P-28, P-49,
P-52, P-53
DE MARTINIS L.
O-10, P18, P-19
O-12, P-20
O-11
P-33, P-34
P-68
P-21, P-22
P-48
P-71
P-35
P-23
P-15
O-28
O-18, P-69
P-08, P-24,
P-93
P-45, P-46
P-90
O-28
O-05
O-02, P08, P-24,
P-93
P-25
O-30
P-99
O-28
P-13
P-07
P-99
O-06
O-02
DE MARTINO D.
DE PERGOLA G.
DE STEFANO M.A.
DEANDREA M.
DEGLI UBERTI E.C.
O-17, P21, P-22
P-25
P-88
O-13, P-30
P-37
P-11, P-59
P-16
O-18, P33, P-34,
P-69, P-85
P-29
O-11, P-93
P-17
O-08
O-17
O-08
DEL DUCA S.C.
DEL GHIANDA S.
DEL PRETE M.
DELLA CASA S.
DELLE DONNE M.G.
DELLO IACOVO A.
DENTICE M.
DESSANTI P.
DIACONO F.
DI BELLA B.
DI COSCIO G.
DI COSMO C.
DI CUONZO D.
DI DALMAZI G.
DI FRENNA M.
DI MOLFETTA S.
DI SANTO A.
DI SANTO S.
DI SEGNI C.
DIACONO F.
DIMIDA A.
DOBRINIJA C.
DUMINUCO P.
DURANTE C.
P-104,
P-74, P-75
P-96
P-26, P-27
P-28, P-49,
P-52, P-53
P-29
P-39, P-68
O-12, P-20
O-13, P31, P-30
P-59
P. 03
O-20, P-57
P-19
O-21, P-04
P-35
P-07, P-56
P-95
P-16
P-10
O-16
P-47, P-48
P-01, P-02
P-58
P-67
O-06
O-28
ELEFANTE A.
ELISEI R.
ESPOSITO D.
ESPOSITO K.
ESPOSITO R.
EVANGELISTA S.
FABIANO A.
FADDA G.
FAGGIAN D.
FAGGIANO A.
FALLARINO F.
FANIZZA C.
FARESE A.
FARIELLO S.
FATTORINI G.
FAVIANA P.
FELICETTI F.
FENZI G.
FERDEGHINI M.
FERRARINI E.
FERSINI A.
FIERABRACCI P.
FIGORILLI M.
FILETTI S.
FILIERI C.
FIORAVANTI C.
FIORDORO S.
FIORE E.
FONDERICO F.
FONTE R.
FONTI R.
FORLEO R.
FORNTE R.
FORTUNATI N.
P-32
O-04, O08, P-15,
P-39, P-44,
P-50, P-55,
P-68, P-86,
P-92
P-64, P-73
P-64
P-28, P-49,
P-52, P-53
P-99
O-18
O-14, P-29
P-36
P-28, P-49,
P-52, P-53
P-62
P-07
O-18, P33, P-34
P-85
P-90
P-92
P-35
O-13, P30, P-31
O-10, P18, P-19
P-58
P-34
O-27
P-91
O-28
P-74
P-12
P-80
O-23, P54, P-63
P-45
P-60
P-52, P-53
P-10
O-17
P-35
FOSSARELLO M.
FRANCESCHETTI P.
FRASCA F.
FRIGERI M.
FUGAZZOLA L.
FUMAROLA A.
FUNEL N.
FURMANIAK J.
FURNO A.
FUZIO P.
GAMARRA E.
GAMBALE C.
GANGEMI S.
GARBEROGLIO R.
GARELLI S.
GARGANO L.
GARINO F.
GASPERI M.
GATTO I.
GEMO G.
GERACI F.
GERARDI A.M.T.
GHILLI M.
GIACCHI E.
GIAGULLI V.A.
GIANI C.
GIANI' F.
GIANNONI M.
GIORGINO F.
GIOVANELLA L.
GIOVINAZZO S.
GIRELLI M.E.
GIULIANI C.
GIULIANO S.
GIUSTARINI E.
GIUSTI M.
GIUSTI N.
GORGJI N.
GORI M.
O-05
P-104
O-19, P-38
O-23
O-11
P-99
P-63
P-36
O-29
O-09
P-37
P-55
P-13, P-76
P-37
O-15, P-36
P-96
P-37
P-71
P-96
P-87
P-38
P-69
P-63
P-47
P-88
P-06, P-39,
P-63, P-68,
P-86
P-38
P-80
O-09, O18, P-16,
P-34, P-43,
P-65
P-89, P-90
P-40, P-76,
P-77
P-36
O-16, P-07
O-19, P-41
P-63
P-09, P-61
O-30
P-59
P-14
GORJI N.
GRANI G.
GRASSO L.
GRENNAN-JONES F.
GREWAL R.
GRIMALDI F.
GROPPELLI G.
GUADAGNI M.
GUARNIERI F.
GUASTAMACCHIA E.
GUASTELLA C.
GUERRA A.
GUIDOBALDI L.
IERARDI B.A.
ILARDO G.
IMPERIALI M.
IMPROTA F.
IPPOLITO S.
JAFFRAIN-REA M.L.
JARZAB B.
KIOURANAKI M.
KRASSAS G.E.
KREISSL M.C.
LA MANNA A.
LA TORRE G.
LACERENZA S.
LACONTE E.
LAMACCHIA O.
LANDI A.
LANDRISCINA M.
LANGELLA M.G.
LANZETTA P.
LAROCCA L.M.
LASTORIA S.
LATROFA F.
LATTARULO S.
LAURENTI O.
LAZZARATO F.
LAZZERI P.
LE DONNE M.
LEO M.
LEPORATI T.
LEWIS M.
P-11
P-99
O-23, P-44
P-63
O-04
P-100
O-17, P21, P-22
P-59
P-97
P-88
P-08
P-104
P-90
P-32
P-57
P-89
P-66
P-66
P-100
O-08
P-102
O-02
O-08
O-17
P-103
P-22
P-27
P-34
O-27
O-18, P-69
P-30
P-42
O-14
P-49
O-26, P26, P-72
O-09, P-43
P-90
P-35
P-11, P-59
P-83
O-26, P-72
O-17
P-63
LICCHELLI B.
LICITRA L.
LIISTRO L.
LIMONE P.P.
LIUZZI M.
LO POMO F.
LOCCI M.V.
LOCONTE E.
LOMBARDI C.
LOMBARDI C.P.
LONGO A.C.
LONGO S.
LORUSSO L.
LUCCI E.
LUCHETTI F.
LUDGATE M.
LUPO S.
LUPOLI G.
LUPOLI G.A.
LUPOLI R.
MADAIO R.
MADDALENA F.
MAGISTRELLI P.
MAGLIO R.
MAGRI F.
MAINO F.
MAIORANO A.
MAIORANO E.
MAIORINO M.I.
MALAGUARNERA R.
MANCINI A.
MANGESHKAR M.
MANNARINO C.
MARCHETTI I.
MARCIELLO F.
MARCOCCI C.
MARCONCINI G.
P-88
O-08
P-67, P-70,
P-84
P-37
O-18
P-32
P-66
P-26
P-54
O-14
P-57
P-43
P-44
O-12, P-20
P-44, P-50
P-63
P-104
P-45, P-46
P-45, P-46
P-45
P-90
P-69
P-11
P-89
O-17, P21, P-22,
P-60
O-03, P12, P-17
P-34
O-09, O18
P-64
O-19
P-47, P-48
O-08
P-41
P-19
P-28, P-49,
P-52, P-53
O-02, O26, P-72,
P-81
P-50
MARELLI F.
MARIANO I.
MARINI S.
MARINO' M.
MARIOTTI S.
MAROTTA V.
MARROSU F.
MARROSU M.
MARSILI A.
MARTIGNONI G.
MARTINELLI A.
MARTINELLI S.
MARTINI M.
MARTINO A.
MASIERO S.
MASSA M.
MATERAZZI G.
MATRONE A.
MAZZEO S.
MAZZI B.
MEDVEDEV V.
MELANZI S.
MELFITANO A.
MEMMO S.
MENCONI F.
MENICALI E.
MERANTE BOSCHIN I.
MERINGOLO D.
MESSUTI I.
MESSUTI I.
MEUCCI E.
MIAN C.
MICCOLI P.
MILETTO P.
MINCIULLO P.
MINUTO F.
MISITI S.
MOLE' D.
MOLETI M.
P-51
P-71
O-05
O-26, P-72
O-05, P-91
MOLINARO A.
MOLINARO E.
P-28, P-49,
P-52, P-53
P-91
P-91
O-27, P-39
O-10
P-46
O-27
O-14
P-54
P-36
O-28
P-92
P-55
P-39, P-68
O-26
O-08
P-56
MONACO F.
MONACO L.
MONTANELLI L.
MONTANINI D.
MONTEPAGANI A.
MONTESANO T.
MONTESION L.
MONTI E.
MONZANI F.
P-102, P103
O-03, P12, P-17
O-26, P-72
O-30, P-62
P-67
O-28, P-82
O-01
P-23
P-48
O-15, O24, P-05,
P-100, P101
P-92
P-54
P-76
P-09, P-61
O-29
P-74
O-20, P-57
MORCAVALLO A.
MORETTI A.
MORETTI S.
MORMILE A.
MORONI M.
MORTARA L.
MOURITS M.P.
MUELLER S.
MULLER I.
MURAGLIA A.
NACAMULLI D.
NAPOLI A.
NAPOLITANO G.
NARDI M.
NARDONE G.
NATALICCHIO A.
NATALICCHIO M.I.
NELKIN B.
NERI G.
NICCOLAI F.
NICOLOSI M.L.
NIEDERLE B
NIRCHIO V.
NORDIO S.
OCCHI G.
OLIVERIO R.
OLIVIERI A.
O-21, P-58
O-04, P39, P-44,
P-55, P-68,
P-86, P-92
O-16, P-07
P-85
P-04, P-58
O-20
P-11, P-59
O-28
P-60
P-09, P-61
O-10, O28
O-19
O-01, P-79
O-30, P-62
P-37
P-11
P-61
O-02
O-08
P-06, P-63
P-07
O-15, P100
O-09
O-16, P-07
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P-103
P-70, P-87,
P-94
P-100
P-41
P-01, P-02,
P-85
OLIVIERI M.
OPOCHER G.
OPPO A.
OPPO V.
ORLANDI F.
OSTUNI R.
PACINI F.
PAGETTA C.
PALERMO E.
PALMIERI T.
PALUMMO A.
PANE E.
PANICO A.
PAPA F.
PAPADOPOLI R.
PARLANGELI R.
PASQUALI D.
PASQUI L.
PASSANNANTI P.
PASSONI A.
PASTORELLI A.
PATRUNO P.
PAUTASSO M.
PEDRON S.
PEIRCE C.
PELIZZO M.R.
PELLERITO R.
PELLERITO R.E.
PENNELLI G.
PERA G.
PERLINO E.
PERONI E.
PERRINO M.
PERSANI L.
PERSANO M.
PEZZANI R.
PEZZOLLA A.
PIAGGI P.
P-03, P-78
P-67
P-91
P-91
O-01, P23, P-79
P-99
O-03, P10, P-12,
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O-06, P-51
P-47, P-48
P-05
O-09, P-43
O-21, O-
27
PIERUZZI L.
PIGNATARO L.
PIGNATTI P.
PINCHERA A.
PISCAZZI A.
PISTONE S.
PLEBANI M.
POGGIANO M.R.
POLICOLA C.
POLIZZI M.
POMBA L.
POMPOSELLI E.
PONTECORVI A.
PONTILLO CONTILLO B.
PORPORA M.G.
PRESTI S.
PRINCI P.
PROFILO M.A.
PROVENZALE M.A.
PUDDU R.
PULEO L.
PULIGHEDDU B.
PUXEDDU E.
QUATTROCCHI P.
RADETTI G.
RAGO T.
RAIMONDO S.
RAMIN A.
RAMUNDO V.
RANDOLPH G.
REES SMITH B.
REGAZZONI F.
REITANO C.
RENZULLO A.
RICCO I.
RIZZA I.M.
ROCCHI R.
P-39, P-68
P-08
P-21, P-22
O-23, O26, O-27,
P-04, P-63,
P-72
O-18, P-69
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P-84
O-07, P-09
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O-26, P-72
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O-04
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O-07
P-64, P-73
O-27
O-17
O-26, P-72
ROMAGNI P.
ROMANELLI F.
ROMEI C.
RONCELLA M.
RONGA G.
ROSELLINI V.
ROSSI E.D.
ROSSI M.
ROSSI R.
ROSSI S.
ROTONDI D.
ROTONDI M.
RUBIN B.
RUGGERI R.M.
RUGGIERO M.
RUIU E.
RUSSO E.
SABINI E.
SABRA M.
SACCO A.
SAGAZIO A.
SAGGESE G.
SAGGIORATO E.
SAITTA A.
SALVATORE D.
SALVATORE M.
SALVI M.
SALZANO M.
SANTAGUIDA M.G.
SANTANIELLO B.
SANTINI F.
SANTORO M.
SAPONARO F.
SAPOROSI A.
SARACENO G.
SASSI L.
P-78
P-90
P-15, P-44,
P-50, P-86
P-63
O-28
P-63
O-14
P-54, P-74,
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P-104,
P-74, P-75
P-08
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O-29, P-96
P-80
O-27
O-24
P-81
P-47
O-25
O-02
SCARAMUZZI G.
SCARFOGLIO M.D.
SCARONI C.
SCARTABELLI G.
SCHIAVI F.
SCHIAVO M.
SCHLUMBERGER M.
SCHOENMAKERS N.
SCHOFFSKI P.
SCURTI V.
SENSI E.
SESTINI F.
SETTINERI S.
SGOTTO E.
SHAH M.
SHAHA A.
SHERMAN S.
SIBILIO A.
SIDERI R.
SILVESTRINI A.
SIMIONI S.
SIMONCINI T.
SISTI E.
SISTI E.
SOETERS M.R.
SORGATO N.
SORICE G.P.
STACCHINI P.
STAHL M.
STEFANINI T.
STORELLI P.
STRACCIA P.
STURNIOLO G.
TACITO A.
TAFARO E.
TAGLIATI f.
TAMBERI A.
TARTAGLIA N.
TESTONI C.
THEODOROPOULOU A.
TICINO A.
TINARI C.
P-25
P-82
P-100
O-27
P-67
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P-07, P-78
TONACCHERA M.
TORLONTANO M.
TORRE V.
TORRESAN F.
TORTORA A.
TORTORELLA G.
TOSI D.
TOTI P.
TRASFORINI G.
TREVISANO F.L.
TRICARICO F.
TRIGGIANI V.
TRIMARCHI F.
TRIMBOLI P.
TROVATO M.
TUMINO S.
TURINO T.
TURLA E.
TURRA J.
TUTTLE R.M.
UGOLINI C.
ULIVIERI M.
VACCA R.
VALABREGA S.
VALENTE S.
VALERIO L.
VALLONE G.
VANNUCCHI G.
VARIOLO M.
VENTURA C.
VERBURG F.A.
VERDE N.
VERGA FALZACAPPA C.
VERMIGLIO F.
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VERONESI G.
VICCHIO T.M
VICENTINI L.
VIERUCCI F.
VIGNERI C.
VIGONE M.C.
VIOLA D.
VIOLI M.A.
VIRILI C.
VITA G.
VITA R.
VITALE M.
VITERBO E.
VITTI P.
VIVALDI A.
VOCE P.
VOLANTE M.
VON ARX G.
WATUTANTRIGE
FERNANDO S.
WEBER G.
WIERSINGA W.
WIRTH L.
WIT J.M.
ZANE M.
ZAPPACOSTA B.
ZATELLI M.C.
ZEUREN R.
ZHANG L.
ZINGRILLO M.
ZITO A.P.
ZUCCA I.
O-02
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P-27, P-39,
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Note
Note
Note
Note
Agenzia Segreteria AIT
EVENTI IN FIORE sas Francesca Fiorentini & C.
tel. 0039-346-7202625 fax 0039-050-996811
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INTERPROGRAM ORGANIZER
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