Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 374/2010 Numero 3-4 Anno 2015 GAZZETTA AMMINISTRATIVA DELLA REPUBBLICA ITALIANA pareristica a cura dell’ TRIMESTRALE DI INFORMAZIONE E DI AGGIORNAMENTO DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE Fondatore Enrico Michetti ● ● IN QUESTO NUMERO ACQUA. I BENI PUBBLICI FRA COSTITUZIONE, CODICE CIVILE E CODICE DELL’AMBIENTE THE EVOLUTION OF THE INTEGRATED WATER SERVICE IN ITALY: ISSUES AND CURRENT PROBLEMS ● LA CITTÀ METROPOLITANA: ENTE RIVALE O ENTE SUBALTERNO? UNA RASSEGNA ● CORPORATE GOVERNANCE E PARITÀ DI GENERE ● IL CONTRIBUTO DEI PRIVATI NELLA VALORIZZAZIONE DEI BENI CULTURALI E TUTELA DEL“VALORE CULTURALE” COME BENE IMMATERIALE ● L’ACCESSO AGLI ATTI RELATIVI AI RAPPORTI DI DIRITTO PRIVATO ● LA RIFORMA MADIA SUL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO ● ● ● ● LA V.I.A. E L’AUTORIZZAZIONE PAESAGGISTICA IN TEMA DI IMPIANTI DA FONTI RINNOVABILI: DUE NORME A CONFRONTO, ALLA LUCE DEL RECENTE INTERVENTO DEL T.A.R. PUGLIA LA LEGITTIMITÀ E LA LEGITTIMAZIONE DELLE VERANDE NELLA LEGGE DEL 11.8.2010, N.21 E SMI. LEGGE CD. ‘PIANO CASA CALABRIA’ LA TEORIA DEL “SUBAPPALTO NECESSARIO”: IL RECENTE DIBATTITO ALLA LUCE DEI DIVERSI ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI IN HOUSE E ATTIVTÀ’ PREVELENTE: IL CONSIGLIO DI STATO SOLLEVA DUE QUESITI ALLA CORTE DI GIUSTIZIA ● IL LAVORO E’…. AGILE ● FISCALITÀ E PREVIDENZA: PROFILI RICOSTRUTTIVI DEL “CONTRIBUTO DI SOLIDARIETÀ” ● BREVI NOTE SU NASCITA E SVILUPPO DELLA “CORPORATE SOCIAL RESPONSIBILITY” DIREZIONE REDAZIONE E SEDE LEGALE: VIA G. NICOTERA, 29 - 00195 ROMA Tel. 06.3242351 - 06.3242354 Fax 063242356 - Sito: www.gazzettaamministrativa.it Gazzetta Amministrativa Amministrativa Gazzetta Numero 3-4 Anno 2015 Presidente Onorario: Dott. Pasquale de Lise (Presidente emerito del Consiglio di Stato) Presidente del Comitato dei Saggi: Avv. Ignazio Francesco Caramazza (Avvocato Generale emerito dello Stato) CONSIGLIO SCIENTIFICO Presidente: Prof. Alberto Romano Vice Presidenti: Avv. Massimo Mari e Dott. Ing. Massimo Sessa Componenti del Consiglio Scientifico Nazionale: Prof. Edoardo Ales, Dott. Andrea Baldanza, Prof. Enzo Baldini, Prof. Antonio Bartolini, Prof. Salvatore Bellomia, Pres. Franco Bianchi, Prof. Antonio Briguglio, Prof. Roberto Caranta, Prof. Agostino Cariola, Prof.ssa Lucia Cavallini, Prof. Roberto Cavallo Perin, Prof. Guido Corso, Prof. Enrico Follieri, Prof. Fabio Francario, Prof. Carlo Emanuele Gallo, Prof. Vincenzo Caputi Iambrenghi, Prof. Giovanni Leone, Prof. Fiorenzo Liguori, Prof. Bernardo Giorgio Mattarella, Prof. Francesco Merloni, Prof. Fabio Merusi, Pres. Filippo Paone, Prof. Nino Paolantonio, Pres. Calogero Piscitello, Prof.ssa Paola Piras, Prof. Aristide Police, Dott. Giuseppe Rotondo, Prof. Mario Sanino, Prof. Salvatore Raimondi, Dott. Alfredo Storto, Prof. Antonio Romano Tassone, Dott. Andrea Paolo Taviano, Prof. Luciano Vandelli. Componenti del Consiglio Scientifico Internazionale: Prof. Vicente Alvarez Garcìa, Prof. Rodolfo Carlos Barra, Prof. Andrea Biondi, Prof. Alejo Hernandez Lavado, Prof. Emanuele Lobina, Prof. Dimitris Xenos. COMITATO DI REFEREE Componenti: Prof.ssa Francesca Angelini, Prof. Raffaele Bifulco, Prof.ssa Paola Chirulli, Prof. Alfredo Contieri, Pres. Dott. Pasquale de Lise, Prof. Francesco De Leonardis, Prof. Roberto Miccù, Prof. Fulvio Pastore, Prof. Marco Prosperetti, Prof. Emilio Paolo Salvia, Prof. Filippo Satta, Prof.ssa Elisa Scotti, Prof. Stefano Vinti. COMITATO DI DIREZIONE Direttore: Prof. Enrico Michetti Vicedirettori: Avv. Valentina Romani, Avv. Paolo Pittori e Avv. Rodolfo Murra Coordinatore Ufficio di Direzione: Avv. Domenico Tomassetti Caporedattore: Avv. Emanuele Riccardi Componenti: Dott.ssa Anna Cinzia Bartoccioni, Dott. Antonio Cordasco, Dott. Michele de Cilla, Dott. Angelo Domini, Dott. Federico Mazzella, Prof. Salvatore Napolitano, Prof. Stefano Olivieri Pennesi, Dott. Francesco Palazzotto, Dott. Paolo Romani. REDAZIONE Direttore Responsabile: Dott.ssa Marzia Romani Coordinatore Osservatorio riforme istituzionali ed amministrative: Pietro Marrazzo Responsabile Organizzazione: Dott. Filippo Gai Redattori: Dott. Davide Ambroselli, Prof. Maurizio Asprone, Avv. Luca Baccarini, Avv. Giulio Bacosi, Dott. Filippo Barbagallo, Dott. Marco Benvenuti, Avv. Sergio Caracciolo, Avv. Gaetano Cammarano, Avv. Fabrizio Casella, Dott. Francesco Colacicco, Avv. Maria Cristina Colacino, Dott. Pasquale Colafemmina, Avv. Fulvio Costantino, Dott. Paolo Cortesini, Dott.ssa Flora Cozzolino, Avv. Anna Maria Crescenzi, Avv. Ilaria de Col, Ing. Andrea Di Stazio, Dott. Fabrizio De Castris, Avv. Giovanna De Maio, Avv. Maurizio Dell’Unto, Avv. Stefano Di Giovan Paolo, Avv. Paolo Ermini, Dott.ssa Matilde Esposito, Dott. Daniele Fabbro, Avv. Fabio Falco, Avv. Enrico Gai, Avv. Riccardo Gai, Avv. Antonino Galletti, Avv. Andrea Grappelli, Avv. Andrea Iacobini, Avv. Livio Lavitola, Avv. Francesco Lettera, Dott. Massimiliano Mignanelli, Avv. Carmine Medici, Dott. Fabrizio Pagniello, Avv. Giuseppe Petretti, Avv. Gianluca Piccinni, Avv. Enrico Pierantozzi, Avv. Andrea Pistilli, Avv. Luigi Marcelli, Dott. Adriano Marini, Avv. Tiziana Molinaro, Avv. Simone Morani, Prof. Gianluca Montanari Vergallo, Dott. Gennaro Napolitano, Avv. Mario Nigro, Avv. Andrea Perrotta, Avv. Giuseppe Petrillo, Avv. Marcello Anastasio Pugliese, Avv. Anna Romano, Prof.ssa Maria Rosaria Salerni, Dott. Fernando Santoriello, Avv. Stefano Sassano, Avv. Francesco Scittarelli, Dott. Michele Scognamiglio, Dott.ssa Claudia Tarascio, Avv. Michela Urbani. - sommario - SOMMARIO SEZIONE RISERVATA AI SAGGI ED AI CONTRIBUTI SCIENTIFICI ACQUA. I BENI PUBBLICI FRA COSTITUZIONE, CODICE CIVILE E CODICE DELL’AMBIENTE del Prof. Roberto Miccù e del Dott. Francesco Palazzotto ............................................................................................. 5 THE EVOLUTION OF THE INTEGRATED WATER SERVICE IN ITALY: ISSUES AND CURRENT PROBLEMS del Prof. Roberto Miccú e del Dott.Francesco Palazzotto ...................................................................................... 24 LA CITTÀ METROPOLITANA: ENTE RIVALE O ENTE SUBALTERNO? UNA RASSEGNA della Dott.ssa Adele De Angelis ...................................................................................................................................... 51 CORPORATE GOVERNANCE E PARITÀ DI GENERE della Dott.ssa Giuliana Tulino ........................................................................................................................................ 62 IL CONTRIBUTO DEI PRIVATI NELLA VALORIZZAZIONE DEI BENI CULTURALI E TUTELA DEL “VALORE CULTURALE” COME BENE IMMATERIALE della Dott.ssa Maria Laura Maddalena .......................................................................................................................... 69 PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO E RIFORME ISTITUZIONALI NOTIZIE ED AGGIORNAMENTI ............................................................................................................................ 73 REDAZIONALI ............................................................................................................................................................ 92 L’ACCESSO AGLI ATTI RELATIVI AI RAPPORTI DI DIRITTO PRIVATO dell’Avv. Enrico Gai ....................................................................................................................................................... 92 LA RIFORMA MADIA SUL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO dell’Avv. Paolo Turco ..................................................................................................................................................... 98 GIURISPRUDENZA .................................................................................................................................................... 100 USO DEL TERRITORIO: URBANISTICA, AMBIENTE E PAESAGGIO NOTIZIE ED AGGIORNAMENTI ............................................................................................................................ 120 REDAZIONALI ............................................................................................................................................................ 125 LA V.I.A. E L’AUTORIZZAZIONE PAESAGGISTICA IN TEMA DI IMPIANTI DA FONTI RINNOVABILI: DUE NORME A CONFRONTO, ALLA LUCE DEL RECENTE INTERVENTO DEL T.A.R. PUGLIA della Dott.ssa Francesca Romana Marcacci Balestrazzi................................................................................................ 125 LA LEGITTIMITÀ E LA LEGITTIMAZIONE DELLE VERANDE NELLA LEGGE DEL 11.8.2010, N.21 E SMI. LEGGE CD. ‘PIANO CASA CALABRIA’ dell’Avv. Francesca Cosentino ....................................................................................................................................... 131 GIURISPRUDENZA .................................................................................................................................................... 137 Gazzetta Amministrativa -1- Numero 3/4 - 2015 - sommario - UNIONE EUROPEA E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE NOTIZIE ED AGGIORNAMENTI............................................................................................................................. 152 GIURISPRUDENZA..................................................................................................................................................... 163 CONTRATTI, SERVIZI PUBBLICI E CONCORRENZA NOTIZIE ED AGGIORNAMENTI............................................................................................................................. 168 REDAZIONALI ............................................................................................................................................................ 182 LA TEORIA DEL “SUBAPPALTO NECESSARIO”: IL RECENTE DIBATTITO ALLA LUCE DEI DIVERSI ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI dell’Avv. Salvatore Napolitano ....................................................................................................................................... 182 IN HOUSE E ATTIVTÀ’ PREVELENTE: IL CONSIGLIO DI STATO SOLLEVA DUE QUESITI ALLA CORTE DI GIUSTIZIA dell’Avv. Raffaele Fragale............................................................................................................................................... 185 GIURISPRUDENZA..................................................................................................................................................... 189 PUBBLICO IMPIEGO E RESPONSABILITÀ DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE NOTIZIE ED AGGIORNAMENTI............................................................................................................................. 220 REDAZIONALI ............................................................................................................................................................ 228 IL LAVORO E’…. AGILE del Prof. Dott. Stefano Olivieri Pennesi .......................................................................................................................... 228 GIURISPRUDENZA..................................................................................................................................................... 232 PARERI - AVVOCATURA DELLO STATO ............................................................................................................ 247 PATTO DI STABILITÀ, BILANCIO E FISCALITÀ NOTIZIE ED AGGIORNAMENTI............................................................................................................................. 248 REDAZIONALI ............................................................................................................................................................ 261 FISCALITÀ E PREVIDENZA: PROFILI RICOSTRUTTIVI DEL “CONTRIBUTO DI SOLIDARIETÀ” del Dott. Sabato Vinci ..................................................................................................................................................... 261 GIURISPRUDENZA..................................................................................................................................................... 266 PARERI - AVVOCATURA DELLO STATO ............................................................................................................ 268 GIUSTIZIA E AFFARI INTERNI NOTIZIE ED AGGIORNAMENTI............................................................................................................................. 274 GIURISPRUDENZA..................................................................................................................................................... 286 Gazzetta Amministrativa -2- Numero 3/4 - 2015 - sommario PARERI - AVVOCATURA DELLO STATO ............................................................................................................ 292 INCENTIVI E SVILUPPO ECONOMICO NOTIZIE ED AGGIORNAMENTI ............................................................................................................................ 296 REDAZIONALI ............................................................................................................................................................ 304 BREVI NOTE SU NASCITA E SVILUPPO DELLA “CORPORATE SOCIAL RESPONSIBILITY” del Dott. Sabato Vinci ..................................................................................................................................................... 304 GIURISPRUDENZA .................................................................................................................................................... 307 COMUNICAZIONE E INNOVAZIONE NOTIZIE ED AGGIORNAMENTI ............................................................................................................................ 316 GIURISPRUDENZA .................................................................................................................................................... 323 SANITÀ E SICUREZZA SOCIALE NOTIZIE ED AGGIORNAMENTI ............................................................................................................................ 337 GIURISPRUDENZA .................................................................................................................................................... 349 PARERI - AVVOCATURA DELLO STATO ............................................................................................................ 360 DICHIARAZIONE SULL’ETICA, SULLE PRATICHE SCORRETTE E REGOLAMENTO SULLE MODALITÀ DI VALUTAZIONE DEI CONTRIBUTI SCIENTIFICI PUBBLICATI IN GAZZETTA AMMINISTRATIVA DELLA REPUBBLICA ITALIANA ........................................................................................................................................................................................ 365 Gazzetta Amministrativa -3- Numero 3/4 - 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici SEZIONE RISERVATA AI SAGGI ED AI CONTRIBUTI SCIENTIFICI SOMMARIO ACQUA. I BENI PUBBLICI FRA COSTITUZIONE, CODICE CIVILE E CODICE DELL’AMBIENTE del Prof. Roberto Miccù e del Dott. Francesco Palazzotto ............................................................................................. 5 THE EVOLUTION OF THE INTEGRATED WATER SERVICE IN ITALY: ISSUES AND CURRENT PROBLEMS del Prof. Roberto Miccù e del Dott. Francesco Palazzotto ..................................................................................... 24 LA CITTÀ METROPOLITANA: ENTE RIVALE O ENTE SUBALTERNO? UNA RASSEGNA della Dott.ssa Adele De Angelis ...................................................................................................................................... 51 CORPORATE GOVERNANCE E PARITÀ DI GENERE della Dott.ssa Giuliana Tulino ........................................................................................................................................ 62 IL CONTRIBUTO DEI PRIVATI NELLA VALORIZZAZIONE DEI BENI CULTURALI E TUTELA DEL “VALORE CULTURALE” COME BENE IMMATERIALE della Dott.ssa Maria Laura Maddalena .......................................................................................................................... 69 Gazzetta Amministrativa -4- Numero 3/4- 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici ACQUA. I BENI PUBBLICI FRA COSTITUZIONE, CODICE CIVILE E CODICE DELL’AMBIENTE del Prof. Roberto Miccú e del Dott. Francesco Palazzotto Il significato della generale pubblicità di tutte le acque attuata dal legislatore, prima con la Legge Galli e successivamente con il Codice dell’Ambiente, rappresenta una nuova demanialità che comporta una funzione di tutela e di governance. Questa nuova demanialità si muove fra i criteri della sostenibilità e della solidarietà, ma tende a ridursi, alla luce del d.lgs 85/2010, al demanio marittimo e idrico, mantenendo però la caratteristica espansiva propria di questa tipologia di beni. Tale vis espansiva deriva dalla speciale funzione che questi beni assolvono, come confermato anche dalla Corte di Cassazione. Ciò non esaurisce la complessità dello statuto giuridico dell’acqua che è composto da una componente di tipo patrimoniale e da una componente di tipo ambientale. La risorsa idrica è stata oggetto di molteplici interventi legislativi che ne hanno modificato l’organizzazione, la gestione e le modalità di affidamento del servizio. La sfida da affrontare, oggi, consiste nel bilanciare le opposte esigenze tra protezione dei diritti fondamentali e risparmio delle risorse pubbliche. The meaning of generic advertising of all waters carried by the legislature, first with the Galli Law and later with the Environmental Code, represents a new state property (demanialità) which involves the protection and governance function. This new demanialità moves between the criteria of sustainability and solidarity, but tends to be reduced, in the light of the Legislative Decree 85/2010, to maritime property and water, while maintaining the expansive distinctive feature of this type of goods. This comes from the expansive vis special feature that these assets perform, as confirmed by the Supreme Court. This does not exhaust the complexity of the legal statutes of water that is composed by a patrimonial type component and an environmental one. The water resource has been object of many legal actions that have modified the organization, the management and the procedures for award of the service. The challenge today is to balance the conflicting demands of protection of fundamental rights and savings of public resources. Sommario: 1. Premessa. 2. Beni pubblici, inquadramento normativo generale. 3. Legge Galli e mutamento dell’interesse tutelato. 4. Il diritto delle acque ed il Codice dell’ambiente. 5. La pubblicità dell’acque e l’ambiente. 6. Solidarietà ambientale e generazioni future, fra Costituzione e Codice dell’ambiente. 7. Corte di Cassazione, sentenza n. 3813 del 2011. 8. La risorsa idrica ed il ruolo dello Stato-apparato. 9. Conclusioni. 1. Premessa.1 Il presente lavoro2 vuole approfondire il significato della generale pubblicità di tutte le acque attuata dal legislatore prima con la Legge Galli e successivamente con il Codice dell’Ambiente. L’evoluzione della disciplina sulla natura giuridica dell’acqua è frutto degli interessi pubblici collegati alla risorsa e ad una progressiva presa di coscienza del suo valore. La dichiarazione ex lege di pubblicità di tutte le acque, come prevista dall’art. 1 della c.d. l. Galli e confermata dall’art. 144 del T.U. ambiente, deriva dal progressivo convincimento che l’acqua costituisca una risorsa sempre più limitata, infatti l’effetto principale della norma in questione, è stato quello di spostare definitivamente l’attenzione ai profili gestionali 1 Saggio sottoposto con esito positivo alla procedura di referaggio ai sensi del Regolamento interno della Rivista. 2 Il presente articolo è il frutto di una comune riflessione tra i due Autori. Tuttavia i paragrafi 1, 2 e 6 sono attribuibili a Roberto Miccú; i paragrafi 3, 4, 5, 7 e 8 e 9 a Francesco Palazzotto Gazzetta Amministrativa -5- Numero 3/4 - 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici e di tutela3. Analizzando il servizio idrico integrato emergono più aspetti fondamentali, quali la protezione della risorsa idrica come componente ecologica, la garanzia di una effettiva ed efficiente distribuzione di adeguati quantitativi della stessa per il soddisfacimento dei bisogni fondamentali della popolazione e le problematiche che riguardano la sostenibilità economica a causa dei necessari investimenti infrastrutturali. I primi due aspetti scaturiscono dalla consapevolezza che l’acqua, pur essendo un elemento ecosistemico fondamentale e non sostituibile, è una risorsa vulnerabile e scarsa; il terzo aspetto che influenza gli altri due è dettato dalle recenti vicende economiche internazionali e nazionali che hanno comportato un rallentamento nella dinamica della realizzazione delle infrastrutture. Questo rallentamento, per il nostro Paese, ha comportato l’apertura di diverse procedure di infrazione da parte della Commissione europea per il mancato adeguamento degli impianti di depurazione4. I cambiamenti in atto, con particolare riferimento alla qualificazione giuridica della risorsa, ai modelli organizzativi e alle forme di interventi dell’amministrazione stanno subendo un accelerazione dettata da fattori esterni sempre più incalzanti, quali l’ inquinamento e la carenza, fattori accentuati dai cambiamenti climatici e dalla domanda crescente. Tutto ciò ha evidenziato la necessità di un inevitabile bilanciamento fra nuove regole allocative, forma di prelievo ed il canone5. Il legislatore, ancora oggi, parla di demanialità delle acque, non rinunciando a tale de- finizione neppure in occasione del nuovo programma di “federalismo demaniale” iniziato con il d.lgs. 28.5.2010, n. 85 (Attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio, in attuazione dell'art. 19 della l. 5.5.2009, n. 42.). Oggi, dopo un periodo di “demanializzazione”, a causa dell’acuirsi della crisi economico-finanziaria, si è cercato di indirizzare la proprietà pubblica, oltre a soddisfare i bisogni delle persone e le esigenze dell’organizzazione amministrativa, anche ad essere gestita economicamente, valorizzata, "messa a reddito" e a disposizione, per fronteggiare le svariate crisi economico-finanziarie. In questa seconda fase, il regime giuridico del demanio si è spostato verso il regime giuridico del patrimonio indisponibile. Questa fase è stata definita come fase di “patrimonializzazione” o, meglio, di despecializzazione e privatizzazione del regime dei beni pubblici, in particolare dei beni demaniali6. Tutto ciò ha spinto una parte della dottrina ad affermare la necessità di creare una nuova figura di beni che potesse tutelare meglio i diritti fondamentali dell’uomo, identificata nei cosiddetti “beni comuni”. Infatti, viene affermato dalla stessa dottrina che il demanio e i beni pubblici altro non sarebbero che una mera variante del diritto di proprietà, che da questo si distinguerebbe solo per il dato soggettivo, ossia per essere imputato, invece che a un soggetto privato, a un ente pubblico7. 6 In una prima lunghissima fase, durata almeno sino all'inizio degli anni novanta del secolo scorso, il regime dei beni patrimoniali indisponibili è stato sempre più modellato sulla base di quello previsto per i beni demaniali, che comunque non ha permesso di garantire al meglio l’integrità e la fruizione pubblica dei beni in questione, M. RENNA, Le prospettive di riforma delle norme del codice civile sui beni pubblici, in Il diritto dell’economia, 1/2009. 7 Categoria giuridica distinta sia dai beni pubblici che dai beni privati dove possano trovare migliore tutela alcuni diritti che hanno ad oggetto valori od obiettivi, come la salubrità dell’aria e dell’ambiente. Nel caso dei beni comuni, importante non è solo il riferimento ai diritti fondamentali e al libero sviluppo della persona, ma anche “al beneficio delle generazioni future”. Questa parziale definizione di “beni comuni” è rinvenibile nel Disegno di legge delega elaborato dalla 3 R. BRIGANTI, Il diritto all’acqua tra tutela dei beni comuni e governo dei servizi pubblici, Napoli, ESI, 2012, p.58 e ss. 4 In Italia, oltre la problematica della depurazione occorre monitorare anche il problema delle perdite idriche, che sono molto elevate, superiori al 40% dei volumi di acqua immessi negli acquedotti con punte che arrivano, in determinate zone, fino al 78%, si v. ANEA, I servizi idrici a quindici anni dalla riforma, Roma, 2009. 5 L. FERRAJOLI, Per una Carta dei beni fondamentali, in T. MAZZARESE, P. PAROLARI (a cura di), Diritti fondamentali, le nuove sfide, Torino, Giappichelli, 2010. Gazzetta Amministrativa -6- Numero 3/4- 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici zione e classificazione8. Il legislatore, sia nel codice civile del 1865 che del 1942, si limitò ad identificare con precisione quali fossero i beni demaniali, in quanto secondo l’opinione dei giuristi di allora, solamente questi erano inalienabili, imprescrittibili e autotutelabili; in particolare, il legislatore del 1942 adottò ufficialmente il criterio della tassatività dei beni demaniali. In questo modo, il legislatore che aveva l’intento di ordinare la materia finì per creare alcune incongruenze, soprattutto fra la nozione e i relativi beni identificati come beni demaniali o appartenenti al patrimonio indisponibile9. L’art. 42 della Costituzione recita che la proprietà è pubblica o privata e che i beni economici appartengono allo Stato, a enti, o a privati, insistendo nei commi successivi sulla definizione giuridica della sola proprietà privata, ma dall’art. 43 si evince che esiste una specie di proprietà diversa da quella dello Stato, degli Enti pubblici e dei privati. La figura dei beni pubblici si può analizzare sia dal punto di vista soggettivo che oggettivo, inoltre nel nostro ordinamento gli enti pubblici sono anche soggetti di diritto comune. Conseguentemente a quanto affermato, un bene è pubblico in senso soggettivo se appartiene ad un ente pubblico, tuttavia un ente potrà avere un bene sia come qualsiasi altro soggetto di diritto comune sia come bene per poter svolgere quella attività a cui è preposto. Un bene è pubblico in senso oggettivo in quanto fornisce una utilità ad una collettività pubblica, che può essere fornita in vario modo. Tuttavia in riferimento ai beni pubblici, il legislatore, alcune volte, ha accolto l’aspetto soggettivo, altre volte, quello oggettivo. Tutto ciò comporta che la normazione positiva, in riferimento ai beni pubblici, sia frutto di una Oggi per comprendere meglio le conseguenze che comporta il regime della pubblicità-demanialità, non è più possibile limitarsi all’esame della sola normativa codicistica del ’42, risultando indispensabile integrare la stessa con le varie fonti dell’ordinamento e specificamente con le (successive) norme costituzionali. 2. Beni pubblici, inquadramento normativo generale. Le disposizioni generali riguardanti i beni pubblici le ritroviamo nel Codice civile agli artt. 822 e ss. e nella Costituzione agli artt. 42 e ss.. Riguardo il codice civile occorre soffermarsi sull’art. 822, che elenca tre categorie fondamentali, tuttavia per quel che interessa l’argomento di questa ricerca verrà analizzato il c.d. demanio necessario che comprende il demanio marittimo, idrico e militare; inoltre esaminando anche l’art. 824 c.c. che comprende il c.d. demanio eventuale si comprende come i beni demaniale siano una categoria “disomogenea”. L’art. 823 c.c., determina la condizione giuridica dei beni che costituiscono il demanio, stabilendo che sono beni inalienabili e incommerciabili. L’inadeguatezza della classificazione dei beni pubblici offerta dal codice civile induce a ricercare altrove un criterio giuridicamente valido per la loro identifica- c.d. “Commissione Rodotà”, istituita il 21.6.2007 ed incaricata di proporre al Parlamento italiano un progetto di modifica del Capo II del Codice civile. In dottrina, si veda A. CIERVO, Beni comuni, Ediesse, Roma 2012; P. CHIRULLI, I beni comuni, tra diritti fondamentali, usi collettivi e doveri di solidarietà, in www.giustamm.it, n. 5/2012; A. LUCARELLI, Proprietà pubblica, principi costituzionali e tutela dei diritti fondamentali. Il progetto di riforma del codice civile: un’occasione perduta?, in S. RODOTÀ, U. MATTEI, E. REVIGLIO (a cura di), I beni pubblici, Roma, 2009; U. MATTEI, E REVIGLIO, S. RODOTÀ (a cura di), Invertire la rotta. Idee per una riforma della proprietà pubblica, Il Mulino, Bologna, 2007; M. R. MARELLA, Oltre il pubblico e il privato. Per un diritto dei beni comuni, introduzione, Ombre Corte, 2012; U. MATTEI, BENI COMUNI un manifesto, Editori Laterza, Bari, 2012; U. MATTEI, Contro riforme, Einaudi, Torino, 2013; R. MICCÙ, I beni comuni. Discussione tra giuristi ed economisti a partire da un libro di Antonello Ciervo, Roma, 2014. Gazzetta Amministrativa 8 V. CAPUTI JAMBRENGHI, I beni pubblici e d’interesse pubblico, in AA. VV., Diritto amministrativo, Monduzzi, Bologna 1998, p. 1081 e ss 9 M. S. GIANNINI, I beni pubblici, M. Bulzoni Editore, Roma, 1963, p. 29 e ss, l Autore afferma che il legislatore di allora adottò il criterio della tassatività dei beni demaniali, suggerito dalla dottrina più autorevole (Zanobini, F. Vassalli). -7- Numero 3/4 - 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici commistione di istituti giuridici diversi10. Secondo molti giuristi della prima metà del secolo scorso il demanio era una «proprietà» dello Stato e degli altri enti pubblici territoriali. Si riteneva che la condizione giuridica dei beni demaniali dovesse essere qualificata in termini di proprietà pubblica grazie alla soggettività di diritto pubblico del proprietario. Si riteneva inoltre che anche la disciplina dei beni pubblici sarebbe dovuta essere inquadrata all’interno della fattispecie privatistica del diritto di proprietà. Il Guicciardi, in una sua importante opera, sostiene che <<può affermarsi la piena equivalenza delle due espressioni “bene demaniale” e “bene oggetto di proprietà pubblica”>>11. Un bene poteva essere catalogato come demaniale solamente se lo stesso fosse stato destinato “ad una funzione esclusiva dell’ente pubblico come tale”12. La demanialità era definita come diritto di signoria dello Stato sopra una bene, identico al diritto privato di proprietà se non fosse stato per la questione dei limiti13. La proprietà pubblica era considerata, “nel suo lato giuridico interno”, sostanzialmente uguale alla proprietà privata. La differenza con la proprietà privata è riscontrabile solamente nei rapporti esterni, perchè, quando hanno origine dalla proprietà pubblica, nascono rapporti di supremazia e di sudditanza14. Tutto questo però ha generato una contraddizione poiché l’aggettivo pubblico che significa anche collettivo, che appartiene a tutti, è stato associato con la proprietà che indica condizioni esclusive. Da quanto affermato ci si rende conto come queste condizioni non siano sufficienti per inquadrare il contenuto del demanio, anche perche sono situazioni oggettive che si possono ritrovare in tanti altri beni per cui, per questa categoria di beni, come in tanti altri casi, bisognerà ricorrere alla elaborazione dottrinale15. L’art. 43 della Costituzione, prevedendo che certe categorie di imprese possano essere trasferite o originariamente riservate allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti, sembrerebbe introdurre una nuova specie di proprietà diversa da quella dello Stato, degli Enti pubblici e dei privati. I beni pubblici non costituiscono una categoria uni- 10 Per un approfondimento si vedano M. S. Giannini, I beni pubblici, M. Bulzoni - Editore, Roma, 1963, p. 10; A. M. Sandulli, (voce) Beni pubblici, in Enc. dir., IV, Milano 1959, pp. 277 e ss.; O. T. Scozzafava , I beni e le forme giuridiche di appartenenza, Giuffrè, Milano 1982, p. 608; S. Pugliatti, (voce) Beni (teoria gen.), in Enc. dir., V, Milano 1959, p. 164 e ss. 11 E. GUICCIARDI, Il Demanio, Cedam, Padova 1934, ristampa E. GIUCCIARDI, Il Demanio, Cedam, Padova 1989, p. 268. 12 E. GUICCIARDI, Il Demanio, cit., p. 72. È questo il requisito specifico della demanialità che l’Autore aggiunge ai requisiti generici, dati, il primo, dalla «qualità di bene immobile.» e il secondo dalla «qualità del soggetto proprietario: il bene demaniale deve appartenere ad un ente pubblico territoriale [...] ad una persona cioè che abbia in sé gli elementi che permettono l’esercizio sui beni stessi di quel potere di coercizione, che è caratteristico nel regime giuridico della demanialità.». 13 G. ZANOBINI, Il concetto della proprietà pubblica e i requisiti giuridici della demanialità, in Studi senesi, 1923, ora in Scritti vari di diritto pubblico, Milano, 1955, pp. 183-184, l’Autore afferma che “diritto di signoria dello Stato sopra una cosa: diritto di signoria, che, se si toglie la questione dei limiti, è identico a quello che sulle cose possono avere i privati in forza del diritto privato di proprietà”. Gazzetta Amministrativa 14 G. ZANOBINI, Il concetto della proprietà pubblica e i requisiti giuridici della demanialità, cit., pp. 183184, l’Autore riporta quanto segue: “La differenziazione si ha soltanto quando viene in considerazione il lato esterno, e quasi riflesso, del diritto di proprietà: i rapporti che a causa di tale diritto possono stabilirsi fra il soggetto di esso e gli altri soggetti, mentre quando hanno origine nella proprietà privata sono rapporti di eguaglianza, quando hanno origine dalla proprietà pubblica, sono rapporti di supremazia e di sudditanza: dato il carattere assolutistico dei diritti reali, si tratta di poteri di supremazia d’ordine assoluto, identici quindi alla generale sovranità”. 15 M. S. GIANNINI, I beni pubblici, M. Bulzoni Editore, Roma, 1963, p. 3 e ss., l’autore afferma che: “il quasi completo silenzio normativo per i beni pubblici e i diritti reali pubblici fa contrasto con la disciplina dei beni e dei diritti reali privati, e sembra quasi smentire il principio di tipicità dei diritti reali” …… “ Se però dalle forme passiamo alla dottrina, ci avvediamo che sui beni e sui diritti reali esiste un corpo di tradizione dottrinale che si presenta dotato di una solida consistenza.” …… “ esso è stato in grado di aver elaborato delle regole, diciamo anzi delle proposizioni normative, che la giurisprudenza dei nostri giudici accoglie e applica …” -8- Numero 3/4- 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici forme ma differenziata sia per qualità giuridiche che funzionali ma, quello che varia è principalmente la tipologia di proprietà; infatti, i beni pubblici possono essere suddivisi in proprietà collettiva, proprietà divisa e proprietà individuale16. In assenza di una concreta e sufficiente regolamentazione da parte del diritto positivo, al fine di analizzare la figura dei beni demaniali bisogna preventivamente analizzare gli stessi partendo dalla situazione storica, in particolare dal diritto romano, che prevedeva anche una proprietà diversa da quella individuale, intesa come appartenente ad un soggetto privato o pubblico, per capire come questa si sia trasformata fino ad arrivare ai giorni nostri. le politiche della domanda, trasformando le acque in un mezzo di produzione. La ragione dell’intervento pubblico veniva identificata nell’assegnazione dei diritti di prelievo e gli usi di pubblico interesse erano identificati negli usi praticabili dai privati a seguito dell’ottenimento della concessione. In pratica si pensava che l’interesse pubblico fosse soddisfatto dallo sfruttamento economico-intensivo della risorsa da parte dei privati, previa concessione18. A partire dagli anni settanta, a causa dei fenomeni di inquinamento, si è affermata l’idea che l’acqua necessitasse di tutela in quanto elemento essenziale dell’ambiente. Con la 1. 5.1.1994, n. 36, il legislatore ha configurato un sistema normativo volto alla salvaguardia delle acque nel suo complesso19. 3. Legge Galli e mutamento dell’interesse tutelato. Occorre indagare sull’impatto che ha comportato la dichiarazione generalizzata di pubblicità di tutte le acque, disposta dalle recenti normative. La dichiarazione ex lege di pubblicità di tutte le acque, come prevista dall’art. 1 della c.d. legge Galli, derivava dal progressivo convincimento che l’acqua fosse una risorsa non illimitata, infatti, l’effetto principale della norma in questione è stato quello di spostare l’attenzione dai profili dominicali a quelli gestionali e di tutela17. Il legislatore con la legge Galli modifica l’obiettivo precedentemente perseguito con il r.d. 1775/1933. Infatti, con il Testo Unico del 1933, il legislatore mirava a garantire il più completo e razionale sfruttamento delle risorse idriche, di qualsiasi tipo ed origine, o direttamente o in via mediata. Durante il periodo precedente alla legge Galli il sistema idrico è stato sottoposto a sempre maggiori prelievi e scarichi inquinanti in assenza di una legislazione che ponesse dei limiti al prelievo e agli scarichi inquinanti e che prendesse in considerazione unicamente 18 Per una ricostruzione degli obiettivi perseguiti dal legislatore dall’unificazione del Regno al testo unico del 1933 si veda, E. BOSCOLO, Le politiche idriche nella stagione della scarsità. La risorsa comune tra demanialità custodiale, pianificazioni e concessioni, Giuffrè, Milano 2012, passim; l’Autore evidenzia come l’acqua era divenuto un mezzo per la produzione e come si era allontanata la prospettiva di una idea della pubblicità della risorsa costruita in chiave di garanzia degli usi individuali. A pag. 267, l’Autore afferma che “una implicita rigerarchizzazione degli interessi sottesi alla dichiarazione di pubblicità aveva infatti portato l’amministrazione ad assumere come meritevoli di considerazione in guisa di interessi pubblici aspettative di sfruttamento economicointensivo di cui erano soggettivamente portatori dei privati. Era la capacità tecnica e finanziaria di tali soggetti a garantire la soddisfazione indiretta del pubblico interesse”. 19 Si veda la nota 42 di pag. 16 riportata da E. BOSCOLO, Le politiche idriche nella stagione della scarsità. La risorsa comune tra demanialità custodiale, pianificazioni e concessioni, cit, “M. S. GIANNINI, Relazione generale della Commissione per il completamento dell'ordinamento regionale, Roma, 1977, in part., 29, citato da P. URBANI, Commento all'art. 89, in Lo Stato autonomista. Funzioni statali, regionali e locali, cit., in part., 309. ("Le acque sono un elemento essenziale del territorio e la disciplina del loro regime e della loro utilizzazione è una delle fonti principali di caratterizzazione, conservazione e modificazione dell'ambiente"; in dottrina, in merito agli usi si veda R. BAJNO - M. COLUCCI - F. C. RAMPULLA - A. ROBECCHI MAJNARDI, Acque pubbliche ed usi: disciplina amministrativa e tutela penale, in Riv. trim. dir. pubbl., 1973, in part., 619; in merito alla tutela ambientale si veda G. CORDINI, La tutela dell'ambiente idrico in Italia e nell'Unione Europea, in Riv. giur. amb., 2005, in part., 701. 16 M. S. GIANNINI, I beni pubblici, M. Bulzoni Editore, Roma, 1963, p. 12 e ss 17 R. BRIGANTI, Il diritto all’acqua tra tutela dei beni comuni e governo dei servizi pubblici, Napoli, ESI, 2012, p.58 e ss. Gazzetta Amministrativa -9- Numero 3/4 - 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici Già successivamente alla legge dedicata alla lotta all’inquinamento, la l. 10.5.1979, n. 319, la dottrina aveva evidenziato come la demanialità delle acque, all’interno del dettato normativo del testo unico, fosse orientata alla tutela della risorsa, sottraendola a quei privati che ne facessero un uso incompatibile “con la preservazione dei caratteri ecologici dei corpi idrici”20. L’elaborazione dottrinale, rompendo lo schema che legava la pubblicità alle utilità economiche ritraibili dalle acque, aveva fatto emergere la necessità di un non più differibile intervento legislativo21. La legge Galli è il frutto dell’evoluzione degli interessi pubblici collegati alla risorsa e ad una progressiva presa di coscienza del suo valore, che vede primeggiare le istanze ecologiche e solidaristiche22. La dichiarazione generalizzata di pubblicità costituisce lo strumento più rigido e soggetto a minori possibilità di contestazione per il governo e la tutela delle acque. Il privato può utilizzare di fatto (anche senza autorizzazioni e concessioni) un bene pubblico purché ciò non contrasti con le esigenze della collettività o dei poteri pubblici, e nei limiti (acque piovane, usi domestici) fissati dalla legge23. Riguardo la risorsa idrica vi è coincidenza fra pubblicità e demanialità, per cui tutte le acque sono demaniali come previsto dal Codice dell’Ambiente24. Grazie al rinvio dell’art. 822 c.c. alle leggi in materia, oggi la l. 36 del 1994 incorporata nel d.lgs. 3.4.2006 n. 152 (codice dell’ambiente), l’acqua è un bene demaniale soggetto ad un regime di tutela e di disposizione particolare. Questo passaggio normativo fa comprendere il cambiamento, percepito dal legislatore, dei valori insiti nell’acqua ed il conseguente indirizzo che dovrà prendere l’azione dei pubblici poteri nel controllare e organizzare questa risorsa. Il Codice Civile all’art. 822 stabilisce che “appartengono allo Stato e fanno parte del demanio pubblico ….. i fiumi, i torrenti, i laghi e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia”, da ciò si evince che nel caso del demanio idrico il Codice rinviava sostanzialmente alle disposizioni speciali in materia, per cui, diversamente dalle altre categorie di demanio, il Codice richiedeva un’apposita indicazione normativa del requisito specifico di demanialità, ma solo in quanto non tutte le acque erano considerate pubbliche. Secondo il combinato disposto dell’art. 1, comma 1, del Testo Unico del 1933 e dell’art. 822 del codice civile del 1942, appartenevano al demanio le acque idonee ad usi di interesse pubblico generale, ma questo perché il legi- 20 La dottrina prendeva consapevolezza delle valenze ambientali di determinate risorse, si veda in merito M. S. GIANNINI, “Ambiente”: saggio sui diversi suoi aspetti giuridici, in Riv. Trim. dir. pubbl., 1973, p. 15; per recenti valutazioni in merito si veda, E. BOSCOLO, Le politiche idriche nella stagione della scarsità. La risorsa comune tra demanialità custodiale, pianificazioni e concessioni, Giuffrè, Milano 2012, p. 274. 21 Già nel 1970 U. POTOTSCHNING aveva sollevato il tema della natura dei beni ambientali, considerati in ragione delle loro valenze ambientali nel suo saggio, Strumenti giuridici per la difesa della natura, in Foro amm., 1970, 459. Riguardo la differenza fra proprietà formale dello Stato e sostanziale della collettività, si veda, S. PUGLIATTI, La proprietà nel nuovo diritto, Milano, 1964, passim. 22 Si riporta quanto affermato da U. MATTEI, La proprietà, in Tratt. dir. civ., diretto da R. Sacco, Utet, Torino 2001, p. 272, “Le regole sinora esaminate in tema di utilizzazione delle acque devono essere coordinate con la citata legge 5-1-1994 n. 36, che introduce due disposizioni in particolare. La prima consiste nella direttiva per l’utilizzazione dell’acqua “secondo criteri di solidarietà” (art. 1). Vi è da sperare che questa declamazione resti senza conseguenze operative, poiché è idonea a stravolgere tutte le regole finora studiate, mirate a perseguire un uso efficiente della risorsa, secondo parametri economici. La seconda novità consiste nella graduazione degli usi dell’acqua: l’utilizzazione per il consumo umano è prioritaria (art. 2); dopo il consumo umano, in caso di scarsità, deve essere assicurata la priorità dell’uso agricolo (art. 28); poi si potrà derivare l’acqua per usi industriali (art. 29). Ciò significa, purtroppo, che il bilanciamento degli interessi nell’uso dell’acqua viene ampliamente sterilizzato; il giudice non può dare la preferenza all’uso industriale, a scapito di quello agricolo. Gazzetta Amministrativa Nuovamente sono vanificati i criteri di efficiente allocazione della risorsa.” 23 N. LUGARESI, Acque pubbliche, in Dizionario di diritto pubblico, I, Milano, Giuffré, 2006, p. 96. 24 Ai sensi dell' art. 822, co. 1, c.c., che rinvia genericamente alle leggi in materia, mantenendo pertanto la sua validità. -10- Numero 3/4- 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici slatore prendeva in considerazione la risorsa solamente quando era idonea ad uno sfruttamento economico. Successivamente, come già anticipato, l’emanazione della legge Galli, ha comportato la pubblicità di tutte le acque, cristallizzando il cambiamento di rotta, nel senso di considerare tutte le acque come un bene da tutelare perché necessario e indispensabile. Il co. 1 dell’art. 1 della legge Galli, che ancorava esplicitamente la disciplina della demanialità delle acque all’art. 2 Cost, prevedendo che “sono pubbliche e costituiscono una risorsa che è salvaguardata ed utilizzata secondo criteri di solidarietà”, è stato trasfuso nel vigente art. 144 del Codice dell’ambiente, che afferma che “tutte le acque […..] appartengono al demanio dello stato”. Il legislatore si spinge oltre, affermando, sempre nello stesso articolo che “qualsiasi uso delle acque è effettuato salvaguardando le aspettative e i diritti delle generazioni future a fruire di un integro patrimonio ambientale” e che tutti “gli usi delle acque sono indirizzati al risparmio e al rinnovo delle risorse per non pregiudicare il patrimonio idrico, la vivibilità dell’ambiente, l’agricoltura, la fauna e la flora acquatiche, i processi geomorfologici e gli equilibri idrologici” 25. Occorre evidenziare che l’allargamento degli interessi pubblici in materia di acque, posto in essere dal legislatore prima nel 1994 (Legge Galli) e poi con la sua trasposizione nel Codice dell’ambiente e l’assunzione della rispettiva tutela, ha determinato, oltre ad un ampliamento della pubblicità a qualsiasi tipologia di acqua, anche la conferma dell’opinione classica per cui il concetto della demanialità è fisso, invariabile ma la sua estensione varia con il variare dei bisogni collettivi26. Il fraintendimento del significato giuridico di demanio ha creato un paradosso, infatti proprio adesso che il legislatore ha dichiarato la pubblicità-demanialità generalizzata delle acque, ancorandola ai criteri di solidarietà, la dottrina parla di beni comuni, svalutando l’aspetto dominicale, che invece è utile a garantire la fruibilità, ma che non esaurisce il quadro complessivo della risorsa idrica che, come vedremo, andrà integrato proprio grazie a questo nuovo intervento normativo. 4. Il diritto delle acque ed il Codice dell’ambiente. Il codice dell’ambiente è la norma di riferimento per regolare i conflitti e rispondere alle problematiche insite nel governo della risorsa idrica. Questo comporta che occorre analizzare l’apparato normativo da una nuova prospettiva e precisamente dalla prospettiva della sostenibilità ambientale27. La risorsa idrica, con il codice dell’ambiente, è passata dall’essere considerata un bene da sfruttare ad una componente dell’ecosistema da tutelare, grazie anche alle sollecitazioni pervenute dalla normativa dell’Unione europea28. 26 O. RANELLETTI, Scritti giuridici scelti. IV. I beni pubblici, Jovene, Napoli 1992, p. 18, l’autore continua affermando che: “Coll’aumentare sempre più dell’attività sociale degli enti pubblici, aumenta insieme anche l’ampiezza del demanio pubblico; e la risposta alla domanda quali sono i beni demaniali, nel senso di enumerazione di beni, che hanno questa natura, può essere data soltanto per un determinato diritto positivo di un determinato tempo. E nel nostro diritto attuale, questi scopi, che possono essere nella destinazione di una cosa demaniale, possono essere economici, fisici, intellettuali e morali; possono rispondere ad una vera necessità, o ad una utilità, ed anche ad un puro diletto della società, per es. giardini pubblici”. 27 Si veda M. CAFAGNO, Principi e strumenti di tutela dell’ambiente come sistema complesso, adattativo, comune, Giappichelli,Torino, 2007; F. FRACCHIA, Lo sviluppo sostenibile. La voce flessibile dell’altro tra protezione dell’ambiente e tutela della specie umana, Torino, 2010. 28 La direttiva 2000/60/CE introduce principi e metodi economici nella gestione delle acque in Europa. La direttiva considera, infatti, l’analisi economica come 25 C. IANNELLO, Il diritto all’acqua. L’appartenenza collettiva della risorsa idrica, La scuola di Pitagora editrice, Napoli, 2012, p. 96; L. LUGARESI, Acque pubbliche, in Dizionario di diritto pubblico, diretto da S. CASSESE, Giuffrè, Milano 2006, pp. 94-97; per una valutazione critica di questa novità legislativa cfr. E. BOSCOLO, La disciplina pubblicistica delle acque tra pubblicità, tutela ecologica e distribuzione universale garantita, in Diritto comparato ed europeo, 2/2012, Torino, pp. 682 e ss; P. MADDALENA, I beni comuni nel codice civile, nella tradizione romanistica e nella costituzione della repubblica italiana, in Giur. cost. 2011, 03, pp. 2613 e ss. Gazzetta Amministrativa -11- Numero 3/4 - 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici Il legislatore nel pubblicizzare tutte le acque ha voluto preservare il patrimonio ambientale. Si potrebbe affermare che il legislatore abbia visto nella figura demaniale quelle caratteristiche che meglio tutelano l’acqua e l’ambiente. Quanto appena affermato, rafforza il percorso ricostruttivo della proprietà pubblica mettendo in luce come, riguardo la risorsa idrica, vi sia un dovere di conservazione che si unisce inscindibilmente al diritto di fruizione29. Questa nuova prospettiva evidenzia degli aspetti non gerarchizzabili e precisamente la primarietà dei valori ambientali e la fruibilità della risorsa per la soddisfazione dei bisogni primari dell’uomo. Questi possono essere garantiti solamente garantendo un equilibrio fra il mantenimento degli ecosistemi idrici, le esigenze di prelievo ed il rispetto della tempistica di rinnovamento delle falde acquifere30. Come ha evidenziato la Corte costituzionale nella sentenza n. 273 del 2010, l’acqua è un bene di tutti ed in quanto tale deve essere di- stribuita secondo criteri razionali e imparziali stabiliti da apposite regole amministrative. La corte afferma che vi sia “primaria esigenza di programmare e vigilare sulle ricerche e sui prelievi, allo scopo di evitare che impossessamenti incontrollati possano avvantaggiare indebitamente determinati soggetti a danno di altri o dell’intera collettività.” e che “L’integrale pubblicizzazione delle acque superficiali e sotterranee è stata strettamente legata dall’art. 1 della l. 5.1.1994, n. 36 (Disposizioni in materia di risorse idriche) alla salvaguardia di tale risorsa ed alla sua utilizzazione secondo criteri di solidarietà. Da questo doppio principio discende la conseguenza che deve essere la pubblica amministrazione a disciplinare e programmare l’uso delle acque”. Si vuole mettere in risalto l’importanza della salvaguardia della risorsa vista come potere-dovere della Pubblica Amministrazione che scaturisce dall’integrale pubblicizzazione dell’acqua come disciplinata dalla L. Galli31. uno strumento imprescindibile di supporto delle decisioni. Si può affermare che i principi economici chiave su cui si fonda la direttiva sono: la copertura integrale dei costi, in particolare, gli utenti (industrie, agricoltura, famiglie) dovranno sostenere integralmente i costi del servizio idrico ricevuto; e l’analisi economica, infatti la direttiva richiede che gli Stati membri utilizzino l’analisi economica nella gestione delle loro risorse idriche per valutare i costi generali delle alternative durante il processo decisionale. Ai sensi della direttiva, il recupero dei costi si riferisce a vari elementi. I prezzi che gli utenti pagano dovrebbero fare riferimento ai costi operativi e di mantenimento della forni-tura e del trattamento, ai costi per gli investi-menti in infrastrutture e ai costi ambientali e di risorsa, assoluta novità. 29 Per una prospettiva in tal senso che abbraccia l’ambiente in un unicum, che comprende l’acqua ma soprattutto l’uomo, si veda, P. MADDALENA, La nuova cultura della tutela ambientale e situazioni giuridiche soggettive, in I Tribunali Amministrativi Regionali, Anno XI gennaio 1985, p. 51; ID, Danno pubblico ambientale, Rimini 1990, passim; ID, L’ambiente: riflessioni introduttive per una sua tutela giuridica, in Ambiente e sviluppo, 6/2007, passim. L’Autore mette in luce come il diritto all’ambiente sia un diritto dovere di tutta la collettività sull’ambiente. 30 Per un approfondimento si veda E. BOSCOLO, Le politiche idriche nella stagione della scarsità. La risorsa comune tra demanialità custodiale, pianificazioni e concessioni, già cit., in particolare p.19 e ss. 31 Gazzetta Amministrativa Corte costituzionale, 22.7.2010, n. 273, si riporta l’intero punto 4 considerazioni in diritto, “4. – In conformità ai principi sopra ricordati, nel caso di specie non si può ritenere che la scelta di depenalizzazione operata dal legislatore con la norma censurata sia manifestamente irragionevole. Deve essere innanzitutto considerato il contesto normativo in cui si inserisce la disposizione censurata, che attua il disegno del legislatore di regolare in modo sistematico e programmato l’utilizzazione collettiva di un bene indispensabile e scarso, come l’acqua, che comporta la prevalenza delle regole amministrative di fruizione sul mero aspetto dominicale. L’integrale pubblicizzazione delle acque superficiali e sotterranee è stata strettamente legata dall’art. 1 della l. 5.1.1994, n. 36 (Disposizioni in materia di risorse idriche) alla salvaguardia di tale risorsa ed alla sua utilizzazione secondo criteri di solidarietà. Da questo doppio principio discende la conseguenza che deve essere la pubblica amministrazione a disciplinare e programmare l’uso delle acque, allo scopo di consentire un equilibrato consumo per finalità diverse da quelle domestiche, nel quadro della fondamentale distinzione contenuta negli artt. 17, co. 1, e 95, primo comma, del r.d. n. 1775 del 1933. Non viene in rilievo la contrapposizione tra lo Stato, proprietario del bene, ed i privati, ma l’integrazione tra pubblico e privato, nel quadro della regolazione programmata e controllata dell’uso dell’acqua, che costituisce bene di tutti e, in quanto tale, deve essere distribuita secondo criteri razionali ed imparziali stabiliti da apposite regole amministrative. -12- Numero 3/4- 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici Da quanto riportato si evince un nesso inscindibile fra la pubblicità della risorsa, l’inderogabilità dell’accesso e la distribuzione secondo logiche solidaristiche e la tutela della stessa. La distribuzione di adeguati quantitativi della risorsa per soddisfare il basic need di ogni uomo, le esigenze di programmazione e di controllo necessari lungo tutta la filiera idrica sono tutti aspetti che possono essere assicurati in diversi modi, in ogni caso riguardano il potere-dovere della pubblica amministrazione32. L’intervento pubblico nel settore idrico, alla luce di quanto esposto, si posiziona su una traiettoria che parte dalle funzioni di tutela ambientale e di razionalizzazione in chiave di sostenibilità del prelievo, sino a coinvolgere le attività distributive, rette da un canone di equità sociale e territoriale (oltre che di efficienza). Si può ritenere di essere davanti ad un intervento pubblico articolato, teso alla tutela e alla gestione di una risorsa scarsa, vulnerabile ma essenziale per l’uomo, dove la titolarità non è dello Stato persona ma dello Stato comunità ed il potere-dovere di agire a tutela della stessa discende dalla rappresentanza necessaria e non negoziale del potere pubblico. Vi è un indubbio spostamento di baricentro riguardo il fine dell’azione dei pubblici poteri che trova la propria giustificazione nel- La legge non distingue tra i soggetti privati che si impossessano di acque sotterranee, ma, a norma del citato art. 95, primo comma, del r.d. n. 1775 del 1933, regola diversamente gli usi domestici, definiti e delimitati dall’art. 93 del medesimo t.u., e gli usi diversi, per i quali sono necessarie l’autorizzazione alla ricerca ed allo scavo e la concessione per l’utilizzo, secondo il piano di massima allegato alla domanda di autorizzazione. In questo quadro, spetta alla pubblica amministrazione competente programmare, regolare e controllare il corretto utilizzo del bene acqua in un dato territorio, non già in una prospettiva di mera tutela della proprietà demaniale, ma in quella del contemperamento tra la natura pubblicistica della risorsa e la sua destinazione a soddisfare i bisogni domestici e produttivi dei consociati. Questi ultimi hanno titolo ad utilizzare le acque sotterranee, nel rispetto delle norme amministrative poste a salvaguardia dell’integrità della risorsa, che non può essere indiscriminatamente depauperata da prelievi che sfuggono ai poteri regolativi della pubblica amministrazione. Da quanto appena detto si deduce che la scelta legislativa di sanzionare solo in via amministrativa eventuali comportamenti trasgressivi delle regole di utilizzo delle acque non è manifestamente irragionevole, giacché deve aversi primariamente riguardo al rapporto tra cittadini e pubblica amministrazione nell’accesso ad un bene che appartiene in principio alla collettività. Tale rapporto viene alterato dalla violazione di norme che non sono poste soltanto a presidio della proprietà pubblica del bene, collocato in una sfera separata rispetto a quella dei cittadini, ma soprattutto a garanzia di una fruizione compatibile con l’entità delle risorse idriche disponibili in un dato territorio e con la loro equilibrata distribuzione tra coloro che aspirano a farne uso. Se tutti hanno diritto di accedere all’acqua, l’aspetto dominicale della tutela si colloca in secondo piano, rispetto alla primaria esigenza di programmare e vigilare sulle ricerche e sui prelievi, allo scopo di evitare che impossessamenti incontrollati possano avvantaggiare indebitamente determinati soggetti a danno di altri o dell’intera collettività. La sanzione amministrativa prevista dalla norma censurata, d’altra parte, non è irrisoria e priva di efficacia dissuasiva, giacché i trasgressori, previa cessazione delle utenze abusive, sono tenuti al pagamento di una somma da 3.000 a 30.000 euro, oltre che dell’intero importo dei canoni non corrisposti. L’intento principale del legislatore è quello di ricondurre nell’alveo della regolarità un uso dell’acqua non in linea con la disciplina amministrativa, come dimostra peraltro la possibilità della continuazione provvisoria del prelievo – prevista dalla stessa norma censurata – «in presenza di particolari ragioni di interesse pubblico generale, purché l’utilizzazione non risulti in palese contrasto con i diritti dei terzi e con il buon regime delle acque». L’intreccio tra interessi pubblici e privati, emergente da tale ultima previsione, dimostra che tutto il sistema Gazzetta Amministrativa è finalizzato a mantenere l’equilibrio ambientale, l’equa utilizzazione delle risorse idriche da parte dei cittadini e l’effettività dei piani di salvaguardia delle stesse, predisposti dalle autorità competenti. Altre scelte legislative sarebbero astrattamente possibili, ma non spetta a questa Corte dare valutazioni di merito, una volta rilevata la non manifesta irragionevolezza di quella che sta alla base della norma censurata.”. 32 In dottrina si veda, V. Caputi Jambrenghi, Proprietà dovere dei beni in titolarità pubblica, in Associazione italiana dei professori di diritto amministrativo, Annuoario 2003. Titolarità pubblica e regolazione dei beni – La dirigenza nel pubblico impiego, Milano, 2004, p. 61; in ambito prettamente amministrativi stico si veda fra le tante la delibera AEEGSI, 85/2013/R/idr, del 28.2.2013: il documento illustra i presupposti dell'intervento regolatorio e gli orientamenti dell'Autorità con riferimento alle modalità applicative del meccanismo di compensazione della spesa per la fornitura del servizio idrico sostenuta dagli utenti domestici economicamente disagiati. -13- Numero 3/4 - 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici la necessità di scongiurare il depauperamento della risorsa sperimentato nei decenni precedenti, che sulla scorta di quanto esaminato da Hardin, porta ad evidenziare come i beni non regolamentati nel loro accesso e nello sfruttamento, in generale senza una regolazione e una governance adeguata, siano destinati al depauperamento33. La soluzione prospettata, definibile come la demanializzazione dell’acqua, si pone agli antipodi della proprietà privata ma aperta a qualsiasi tipologia di gestione pubblica, privata o sotto possibili forme di autogestione consentite dal nostro ordinamento, purchè regolamentata. La ricostruzione della categoria demaniale idrica come mera imputazione al pubblico potere in termini di tutela della risorsa crea un perimetro di azione limitato che non può essere criticato neanche dai sostenitori della teoria dei beni comuni, in quanto l’intervento pubblico è finalizzato alla tutela della risorsa e delle generazioni future, come evidenziato anche dalla giurisprudenza di recente, ed in particolar modo dal Consiglio di Stato, sez. VI, 18.4.2003, n. 208534. al consumo umano, recepita con d.lgs. 2.2.2001, n.31 e succ. mod., e alla direttiva 60/2000, intesa a creare un quadro di azione comune in materia di acque, ha manifestato nel tempo una crescente consapevolezza della limitata disponibilità idrica e, per l'effetto, ha manifestato un maggiore interesse per la protezione delle acque. In particolare l'attenzione si è soffermata sull'acqua (bene primario della vita dell'uomo), configurata quale "risorsa" da salvaguardare, sui rischi da inquinamento, sugli sprechi e sulla tutela dell'ambiente, in un quadro complessivo caratterizzato, come dimostrato dalla normativa europea in tema di valutazione di impatto ambientale, dal riconoscimento del diritto fondamentale a mantenere integro il patrimonio ambientale. L'aumento dei fabbisogni derivanti dai nuovi insediamenti abitativi e dalle crescenti utilizzazioni residenziali anche a seguito delle tecnologie introdotte nell'ambito domestico, accompagnato da un incremento degli usi agricoli produttivi e di altri usi, ha indotto il legislatore nazionale (legge 5 gennaio 1994, n.36), di fronte a rischi notevoli per l'equilibrio del bilancio idrico, ad adottare una serie di misure di tutela e di priorità dell'uso delle acque intese come risorse, con criteri di utilizzazione e di reimpiego indirizzati al risparmio, all'equilibrio e al rinnovo delle risorse medesime. Di qui, l'esigenza avvertita dallo stesso legislatore, di un maggiore intervento pubblico concentrato sull'intero settore dell'uso delle acque, sottoposto al metodo della programmazione, della vigilanza e dei controlli, collegato ad un'iniziale dichiarazione di principio, generale e programmatica (art.1, comma 1, della legge n.36 del 1994), di pubblicità di tutte le acque superficiali e sotterranee, indipendentemente dalla estrazione dal sottosuolo. Tale dichiarazione è accompagnata dalla qualificazione di "risorsa salvaguardata ed utilizzata secondo criteri di solidarietà". Questa finalità di salvaguardia viene, subito dopo, in modo espresso riconnessa al diritto fondamentale dell'uomo (e delle generazioni future) all'integrità del patrimonio ambientale, nel quale devono essere inseriti gli usi delle risorse idriche (art.1, commi 2 e 3, della legge n.36 del 1994). La stessa Corte Costituzionale, con sentenza 19 luglio 1996, n.259 (confermata dalla successiva sentenza n.419/1999), pronunciandosi sulla legittimità costituzionale della legge n.36/1994, ha chiarito il significato dell'enunciazione della pubblicità delle acque, ponendo l'accento sull'interesse generale che è alla base della qualificazione di pubblicità di un'acqua come risorsa suscettibile di uso previsto o consentito in relazione alla limitatezza delle disponibilità e alle esigenze prioritarie (specie in una proiezione verso il futuro). La legge n.36 del 1994 ha in tale ottica accentuato lo spostamento del baricentro del sistema delle acque pubbliche verso il regime di utilizzo, piuttosto che sul regime di proprietà. Il legislatore nazionale, con il decreto legislativo n.152 dell'11 maggio 1999, si è fatto poi carico dell'esigenza di tutela qualitativa e quantitativa della risorsa idrica, regolamentando in modo unitario l'utilizzo di tale bene 33 U. POTOTSCHNIG, La difesa della qualità delle risorse idricbe nella legislazione sulle acque pubbliche, in La tutela delle acque. Criteri economici e giuridici per la programmazione della qualità e della quantità delle risorse idriche in Italia, a cura di E. GERELLI, Milano, 1970, 45, citato da E. BOSCOLO, Le politiche idriche nella stagione della scarsità. La risorsa comune tra demanialità custodiale, pianificazioni e concessioni, Giuffrè, Milano 2012, p. 39. 34 Per una ricostruzione complessiva del sistema, occorre ricordare e riportare i contributi giurisprudenziali che hanno contribuito al consolidamento di questo nuovo regime giuridica della risorsa idrica e della gerarchia profilata dalla L. Galli e dal nuovo Codice dell’Ambiente; si vedano le sentenze relative al diniego di rinnovo attuato dai Comuni di Gavi e Carrosio, e precisamente CdS, VI, 18.4.2003, n. 2085, che evidenzia come la dichiarazione di principio, generale e programmatica di pubblicità di tutte le acque superficiali e sotterranee, sia accompagnata dalla finalità di salvaguardia riconnessa al diritto fondamentale dell'uomo; si riporta quanto sostenuto dal giudice al punto 4.2 ed in parte del punto 4.3 “4.2. Occorre prendere le mosse dalla considerazione che la normativa comunitaria - a cominciare dalla Carta europea dell'acqua, approvata il 16 maggio 1968 dal Consiglio d'Europa per arrivare alla direttiva 98/83 sulla qualità delle acque destinate Gazzetta Amministrativa -14- Numero 3/4- 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici effettuato salvaguardando le aspettative ed i diritti delle generazioni future a fruire di un integro patrimonio ambientale”. Da ciò si deduce che si può riscontrare una nuova soggettività rappresentata dalle generazioni future cui sono attribuite aspettative qualificate35. Il dovere di lasciare alle generazioni future un capitale naturale idoneo ad uno standard di vita adeguato, nello specifico caso della risorsa idrica, deve essere coadiuvato dalla conservazione di un capitale necessario costituito dalle risorse economiche indispensabili per adeguare le infrastrutture alle sempre mutevoli esigenze ambientali36. La sostenibilità ambientale, di cui un pilastro portante si può considerare il principio di responsabilità intergenerazionale, orienta la funzione di preservazione della risorsa e comporta la doverosità di una valutazione dell’impatto ambientale che consegue da ogni politica idrica. A fronte di questo principio vengono poste sullo stesso piano le esigenze delle generazioni presenti e future riguardo l’integrità del patrimonio ambientale37. L’ambiente è un diritto ma anche un dovere di solidarietà. L’art. 2 Cost. sancisce questo dovere nella parte in cui enuncia i doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale, ma non affronta, nello specifico, il dovere di protezione dell’ambiente che, in numerose Costituzioni europee, è riconosciuto espressamente; infatti, in ambito europeo, molte sono le disposizioni che affidano esclusivamente allo Stato o a tutti i soggetti dell’ordinamento, 5. La pubblicità dell’acque e l’ambiente. Uno dei punti centrali della normativa, in merito alla risorsa idrica ed al servizio idrico integrato, è dettato dal co. 2 dell’art. 144 del Codice che così recita: “qualsiasi loro uso è secondo un'ottica attenta all'obiettivo del risparmio idrico. Giova in particolare rammentare che detta ultima normativa istituisce lo strumento programmatico del piano di tutela delle acque, sancisce e regolamenta specificamente il risparmio idrico ed incentiva il riutilizzo dell'acqua reflua o già usata nel ciclo produttivo. Sul versante regionale, infine, l'articolo 1 della legge regionale del Piemonte 12 aprile 1994, n.4, enuncia la finalità della tutela preventiva del sistema idrico; mentre all'articolo 4 fissa la priorità dell'uso potabile. 4.3. Dall'esame del panorama normativo, nazionale ed europeo, fin qui descritto si ricava che costituisce un valore primario, fissato da norma di carattere precettivo e non meramente programmatico, l'esigenza di preservazione dell'integrità del patrimonio idrico, in considerazione della natura scarsa della risorsa e della necessità della sua preservazione in funzione prospettica della tutela delle esigenze delle generazioni future a fronte di un rischio di ulteriore rarefazione del bene primario. L'acqua è allora considerata una componente essenziale dell'ecosistema, da proteggere in una logica di salvaguardia a lungo termine delle risorse idriche, con particolare riferimento a quelle caratterizzate dall'attitudine al soddisfacimento delle esigenze del consumo umano. L'applicazione di dette coordinate alla fattispecie in esame mette allora in rilievo il deficit motivazionale che, in rapporto alle coordinate normative in esame, inficia il provvedimento gravato. Il decreto impugnato, nella misura in cui subordina la realizzazione della miniera alla costruzione di un acquedotto alternativo che prelevi acque di superficie per le popolazioni prima servite dalle fonti a rischio di distruzione, mostra di comparare l'interesse generale alla coltivazione della miniera con il solo interesse alla preservazione dell’approvigionamento idrico dei Comuni in esame. Non viene invece preso in considerazione l'interesse, fatto valere in via strumentale delle amministrazioni comunali anche in ragione della maggiore purezza qualitativa delle acque sotterranee, alla preservazione delle acque come risorsa idrica da salvaguardare, alla stregua di componente dell'equilibrio ambientale e nella veste di risorsa scarsa utile in una dinamica attenta alle esigenze future collegate alla scarsezza crescente della risorsa di che trattasi; interesse cioè legato al bene ex se inteso, a prescindere dalla sua contingente sostituibilità con fonti alternative al fine di soddisfare le specifiche esigenze in un determinato momento storico di una fetta della popolazione del territorio.”. Si veda sempre in merito alla medesima questione la sentenza che ha confermato il dispositivo precedente, C. di S., sez. VI, 11.04.2006, n. 2001. Gazzetta Amministrativa 35 R. BIFULCO, Diritto e generazioni future. Problemi giuridici ella responsabilità intergenerazionale, Milano, 2008; G. CORSO, Categorie giuridiche e diritto delle generazioni future, in Cittadinanza e diritti delle generazioni future. Atti del Convegno di Capannello 34 luglio 2009, a cura di F. ASTONE-F. MANGANARO-A. ROMANO-TASSONE-F. SAITTA, 2010. 36 A. DE CARLI - A. MASSARUTTO – V. PACCAGNAN, La valutazione economica delle politiche idriche: dall’efficienza alla sostenibilità, http://www.researchgate.net/publication/242102762 37 E. BOSCOLO, Le politiche idriche nella stagione della scarsità. La risorsa comune tra demanialità custodiale, pianificazioni e concessioni, Giuffrè, Milano 2012, p. 288. -15- Numero 3/4 - 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici pubblici e privati, questo dovere38. Il dovere di tutelare e di proteggere l’ambiente è connesso con le diverse forme di solidarietà descritte nel citato art. 2. In particolare, con la solidarietà economica e sociale, attraverso il concetto di sviluppo sostenibile, si richiede il perseguimento di uno sviluppo economico che non comprometta le risorse ambientali impedendone lo sfruttamento indiscriminato. L’art. 2 Cost., relativamente ai doveri inderogabili, permette di aprire ad ipotesi di solidarietà che non potevano essere normativizzate nel 1948, “purché il loro oggetto ed il loro contenuto siano ritenuti idonei a realizzare il fine voluto dal Costituente”. Tale articolo configura la nascita di un dovere di protezione dell’ambiente, ricavabile dalla Costituzione senza l’interposizione della legge39. Quanto appena affermato comporta l’esigenza di dover approfondire il dovere di solidarietà ambientale. Il punto di partenza di questa teoria trae spunto dal rapporto fra etica e diritto, ed in particolare dal fatto che la finalità dell’etica e del diritto, almeno in ultima analisi, coincidono al punto che si può parlare di fondamento etico della realtà giuridica. Questa finalità ultima sarebbe rappresentata dalla sopravvivenza dell’uomo, che rappresenta il nucleo minimo del diritto, nel senso che l’ordinamento debba garantire la realizzazione di un minimo di giustizia e moralità per la sopravvivenza dell’uomo41. La finalità del diritto all’ambiente è la salvaguardia dello stesso come condizione necessaria per la sopravvivenza dell’essere umano; questa finalità viene garantita attraverso l’imposizione di doveri in capo alle persone, secondo il principio di solidarietà. La differenza consiste nel fatto che la sopravvivenza dell’uomo non è individuata nel fine del diritto oggettivo nel suo complesso, ma in una parte di esso e, precisamente, nella parte che riguarda il diritto dell’ambiente. Quanto evidenziato adesso comporta che la tutela dell’ambiente e delle generazioni future, in forza anche dello sviluppo sostenibile, ricevano una tutela superiore rispetto a quella che avrebbero come parte del fine di un ordinamento giuridico in generale42. 6. Solidarietà ambientale e generazioni future, fra Costituzione e Codice dell’ambiente. L’analisi giuridica relativa all’ambiente e alle generazioni future, si è indirizzata verso la prospettiva della doverosità40. giuridiche e diritti delle generazioni future al Convegno su Cittadinanza e diritti delle generazioni future, Copanello, 3-4 luglio 2009; M. LUCIANI, Generazioni future, spesa pubblica e vincoli costituzionali, in Un diritto per il futuro. Teorie e modelli dello sviluppo sostenibile e della responsabilità intergenerazionale, a cura di R. BIFULCO - A. D’ALOIA, Napoli, 2008, 425. 41 R. BIFULCO, Diritto e generazioni future. Problemi giuridici ella responsabilità intergenerazionale, Milano, 2008, passim, l’A. evidenzia come il sistema giuridico deve essere autorettificabile e quindi farsi carico della sopravvivenza dell’uomo conseguentemente deve salvaguardare le generazioni future a prescindere dalla morale. 42 R. BIFULCO, Diritto e generazioni future. Problemi giuridici ella responsabilità intergenerazionale, Milano, 2008; F. FRACCHIA, Sulla configurazione giuridica unitaria dell’ambiente: art. 2 Cost. e doveri di solidarietà ambientale, cit., 215 e ss.; Id., Governo del territorio e ambiente, in S. CIVITARESE MATTEUCCI - E. FERRARI - P. URBANI (a cura di), Il governo del territorio, Milano, 2003, 268 e ss.; M. CAFAGNO, Principi e strumenti di tutela dell’ambiente, Giappichelli, 2007. 38 F. FRACCHIA, Sulla configurazione giuridica unitaria dell’ambiente: art. 2 e doveri di solidarietà ambientale, in Il diritto dell’economia, 2002, 215 ss.; nella dottrina costituzionalistica si vedano gli spunti di T. MARTINES, Diritti e doveri ambientali, in Panorami, 1994 (6), 1 ss., ora in T. MARTINES, Opere, Tomo IV, Libertà e altri temi, Giuffrè, Milano, 2000, 185 ss. e spec. 191 ss.; G. GRASSO, Solidarietà ambientale e sviluppo sostenibile tra Costituzioni nazionali, Carta dei diritti e progetto di Costituzione europea, in Politica del diritto, 2003, 581 ss. ; 39 T. MARTINES, Diritti e doveri ambientali, in Panorami, 1994, 1 ss., ora in T. MARTINES, Opere, Tomo IV, Libertà e altri temi, Giuffrè, Milano, 2000, 185 ss. e spec. 191 ss 40 F. FRACCHIA, Sulla configurazione giuridica unitaria dell’ambiente: art. 2 Cost. e doveri di solidarietà ambientale, cit., 215 ss.; ID., Lo sviluppo sostenibile. La voce flebile dell’altro tra protezione dell’ambiente e tutela della specie umana, V. 6 di Percorsi di diritto amministrativo, Editoriale Scientifica, 2010.; ID., La tutela dell’ambiente come dovere di solidarietà, Il diritto dell’economia, 3/42009, 491 ss; G. CORSO, Relazione su Categorie Gazzetta Amministrativa -16- Numero 3/4- 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici Pur tenendo sempre presente l’antropocentrismo in campo giuridico, occorrerà spostare la prospettiva dal diritto ai doveri e, quindi, tralasciare l’analisi dell’opinione secondo cui il diritto all’ambiente salubre sarebbe oggetto di un diritto soggettivo43. L’antropocentrismo dei doveri parte dal fatto che l’ambiente, considerato nella sua interezza e unitarietà, è l’oggetto della responsabilità delle persone, cioè oggetto di un dovere di solidarietà che trova il suo fondamento nell’art. 2 della Costituzione. Seguendo autorevole dottrina, occorrerà considerare l’art. 2 della nostra Costituzione come una norma aperta ai valori che “progressivamente emergono dalla società”, considerando il diritto dell’ambiente come “quell’insieme di prescrizioni che definiscono i comportamenti doverosi di solidarietà 43 In merito ad una critica a questa tesi classica si riporta quanto affermato a p. 494 e ss. da F. FRACCHIA in , ID, La tutela dell’ambiente come dovere di solidarietà, cit.: “Volgendoci dunque al diritto soggettivo all’ambiente salubre, va osservato che, se inteso in senso proprio, esso implica una pretesa assoluta – fondata tra l’altro sull’art. 32 della costituzione, che vale a rafforzare la dignità delle presunta posizione di vantaggio ascrivibile alle persone – a vivere in un ambiente avente talune caratteristiche, appunto di salubrità, favorevoli al titolare del diritto che ne può attivare la tutela anche in sede giurisdizionale. Contro quest’opinione è sufficiente richiamare i seguenti argomenti: la sindrome dello tsunami: a fronte della natura che ci aggredisce, non accampare alcun diritto o pretesa, ma restiamo soggetti alla forza della natura e alla causalità del suo operare; l’uomo, cioè, è spesso aggredito dalla natura e dai suoi elementi, e questa posizione mal si presta a essere rappresentata ricorrendo all’idea di un titolare di diritti; la sindrome della “pagina bianca”: se il diritto soggettivo fosse la situazione giuridica “dominante” tutelata dall’ordinamento in relazione all’ambiente, le norme che si occupano di siffatto settore dovrebbero, in qualche luogo, far “emergere” la relativa tutela; è viceversa impossibile trovare un siffatto diritto riflesso nelle norme ambientali e, quando l’ordinamento – o la giurisprudenza che al medesimo ordinamento conferisce linfa e vitalità – ci offre l’esempio di diritto soggettivo (si pensi al caso dell’inquinamento elettromagnetico), il suo oggetto effettivo è non già l’ambiente, bensì la salute; il paradosso del coccodrillo: se la finalità della disciplina ambientale (riflesso dei caratteri della situazione giuridica riferibile all’uomo) fosse la tutela di un ambiente salubre per l’uomo, coccodrilli, serpi, ragni e tutto ciò che costituisce un pericolo per la salute dell’uomo dovrebbero essere espunti dal raggio di azione di quella disciplina: così invece non è, e d’altro canto ripugnerebbe anche alla nostra coscienza (e prudenza) non proteggere queste specie; l’ipocrisia del diritto degli animali: né vale l’obiezione secondo cui titolari di diritti sarebbero anche animali e cose, giacché il problema della centralità dell’uomo si ripropone immediatamente allorché si faccia questione dell’attivazione del diritto: l’antropocentrismo è l’unica chiave di lettura ragionevolmente utilizzabile nel settore giuridico. Il problema è piuttosto costituito dal fatto che l’antropocentrismo (del diritto oggettivo) coniugato al diritto soggettivo (come situazione giuridica) è assolutamente insoddisfacente. la sindrome della coperta troppo corta: che cosa ne è gli interessi diffusi e/o collettivi? Questa categoria di Gazzetta Amministrativa situazioni giuridiche, nate proprio nel settore ambientale, rischierebbe di restare espunta dall’orizzonte di riferimento ove il centro dell’analisi fosse occupato dal solo diritto soggettivo all’ambiente salubre, che costituirebbe, nella migliore delle ipotesi una formula incapiente e inadatta a riflettere la complessità della materia; il paradosso del bastione inespugnabile indifferenziato: il diritto all’ambiente salubre non è altro che la traduzione, sul piano giuridico, dell’antropocentrismo; l’uomo dominatore del mondo si trasforma nel titolare solitario di un diritto che vince sempre e comunque: il settore ambientale, tuttavia, richiede equilibrio e flessibilità (basti pensare al concetto di ecosistema) e non rigidità e verticalità, senza contare che rimane incerta la soluzione quando il confronto sia non già tra ambiente salubre e altri interessi, ma tra due diverse concezioni di ambiente salubre; a fronte dei problemi ambientali non sembra davvero che si possa immaginare una posizione identica di tutti i soggetti, soprattutto se “sospinta” verso le vette del diritto soggettivo; per altro verso, la gestione di quei problemi dovrebbe avvenire in un contesto che consenta partecipazione e dialogo; il problema dell’albero che cade nella foresta: l’albero che cade nella foresta produce rumore, anche se non avvertito da orecchie umane? Questa domanda retorica racchiude in sé rischi e i limiti dell’antropocentrismo e pone in evidenza la tensione tra la sua traduzione giuridica (il diritto soggettivo) e le esigenze ambientali, interpretate da molta parte dell’etica in chiave ecocentrica. Va però rilevato che, sul piano giuridico, non abbandonare l’antropocentrismo; il problema del sublime: pur se l’argomentazione che sarà ora sviluppata non è giuridica, non ci si può non domandare se, a fronte del sublime kantiano (la maestosità della montagna, la profondità dell’abisso), davvero ci sentiamo padroni del mondo (questo, come anticipato, è il significato più profondo di un diritto che prevale sempre). Non emergono forse sensazioni diverse, di responsabilità e di rispetto per la natura e i suoi elementi? Le ricostruzioni giuridiche dovrebbero anche preoccuparsi di godere di una certa corrispondenza con il (buon) senso comune.”. -17- Numero 3/4 - 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici ambientale”44. L’art. 2 della Cost. va letto in combinato disposto con l’art. 3, co. 2 che, ponendo l’attenzione allo sviluppo della persona umana, ci fa cogliere l’aspetto funzionalistico della disciplina ambientale. Si precisa che anche l’art. 2 isolatamente preso, richiamando i doveri di solidarietà, tende a garantire lo sviluppo della persona. L’adempimento dei doveri di solidarietà ambientale è un prerequisito per la realizzazione del programma costituzionale relativo allo “sviluppo della persona umana”. I principi ambientali (chi inquina paga, riduzione del danno alla fonte, precauzione, prevenzione) sono, a loro volta, un riflesso del principio dello sviluppo sostenibile. A questo punto si rende necessario affrontare una analisi della normativa riportata nel Codice dell’ambiente. L’art. 3 bis del Codice dell’ambiente regola la produzione del diritto ambientale, stabilendo che i principi generali, in tema di tutela dell’ambiente, sono adottati in attuazione degli articoli 2, 3, 9, 32, 41, 42, 44, 117 commi 1 e 3 della Costituzione e nel rispetto del trattato dell’Unione europea. Il co. 2, sempre dello stesso articolo, afferma che tali principi costituiscono le regole generali della materia ambientale nell’adozione degli atti normativi, atti di indirizzo e coordinamento e nell’emanazione dei provvedimenti di natura contingibile ed urgente45. L’art. 3 ter prevede che il “dovere” di tutelare l’ambiente ricada non solo su tutti gli enti pubblici ma anche su quelli privati, nonché sulle persone fisiche e giuridiche pubbliche o private. L’articolo, infatti, richiama i “principi della precauzione, dell'azione preventiva, della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente, nonché al principio «chi inquina paga» che, ai sensi dell'articolo 174, co. 2, del Trattato delle unioni europee, regolano la politica della comunità in materia ambientale.”. L’art. 3 quater, inoltre, sottopone ogni attività umana giuridicamente rilevante, ai sensi del codice dell’ambiente, al rispetto del principio dello sviluppo sostenibile al fine di tutelare le generazioni future. La norma è particolarmente importante in quanto si occupa del principio dello “sviluppo sostenibile”; infatti, tale principio è il vero fondamento del dovere di solidarietà declinato in senso ambientale, esso permea tutto il diritto dell’ambiente, divenendo un vincolo a protezione delle generazioni future46. Enti locali. (comma così sostituito dall'art. 1, comma 3, d.lgs. n. 128 del 2010). 46 Art. 3-quater. Principio dello sviluppo sostenibile 1. Ogni attività umana giuridicamente rilevante ai sensi del presente codice deve conformarsi al principio dello sviluppo sostenibile, al fine di garantire che il soddisfacimento dei bisogni delle generazioni attuali non possa compromettere la qualità della vita e le possibilità delle generazioni future. 2. Anche l'attività della pubblica amministrazione deve essere finalizzata a consentire la migliore attuazione possibile del principio dello sviluppo sostenibile, per cui nell'ambito della scelta comparativa di interessi pubblici e privati connotata da discrezionalità gli interessi alla tutela dell'ambiente e del patrimonio culturale devono essere oggetto di prioritaria considerazione. 3. Data la complessità delle relazioni e delle interferenze tra natura e attività umane, il principio dello sviluppo sostenibile deve consentire di individuare un equilibrato rapporto, nell'ambito delle risorse ereditate, tra quelle da risparmiare e quelle da trasmettere, affinché nell'ambito delle dinamiche della produzione e del consumo si inserisca altresì il principio di solidarietà per salvaguardare e per migliorare la qualità dell'ambiente anche futuro. 4. La risoluzione delle questioni che involgono aspetti ambientali deve essere cercata e trovata nella prospettiva di garanzia dello sviluppo sostenibile, in modo da salvaguardare il corretto funzionamento e l'evoluzione degli ecosistemi naturali dalle 44 Da ultimo, in tal senso, F. FRACCHIA , La tutela dell’ambiente come dovere di solidarietà, cit., p. 497. 45 D.lgs. 3.4.2006, n. 152, Norme in materia ambientale, art.3 bis: Principi sulla produzione del diritto ambientale 1. I principi posti dalla presente Parte prima costituiscono i principi generali in tema di tutela dell'ambiente, adottati in attuazione degli articoli 2, 3, 9, 32, 41, 42 e 44, 117 commi 1 e 3 della Costituzione e nel rispetto degli obblighi internazionali e del diritto comunitario. (comma così modificato dall'art. 1, comma 3, d.lgs. n. 128 del 2010) 2. I principi previsti dalla presente Parte Prima costituiscono regole generali della materia ambientale nell'adozione degli atti normativi, di indirizzo e di coordinamento e nell'emanazione dei provvedimenti di natura contingibile ed urgente. 3. Le norme di cui al presente decreto possono essere derogate, modificate o abrogate solo per dichiarazione espressa da successive leggi della Repubblica, purché sia comunque sempre garantito il rispetto del diritto europeo, degli obblighi internazionali e delle competenze delle Regioni e degli Gazzetta Amministrativa -18- Numero 3/4- 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici L’aspetto che interessa qui rilevare è che il codice dell’ambiente attribuisce allo sviluppo sostenibile il rango di principio applicabile non solo a tutti i settori ambientali, ma anche a quelli non contemplati dallo stesso codice e, tramite il secondo comma, a tutta l’attività amministrativa in generale, cioè quella discrezionale. Quanto appena affermato comporta che tutta l’attività amministrativa debba essere in linea con il principio dello sviluppo sostenibile; infatti, ai sensi del secondo comma, “anche l’attività della pubblica amministrazione deve essere finalizzata a consentire la migliore attuazione possibile del principio dello sviluppo sostenibile, per cui nell’ambito della scelta comparativa d’interessi pubblici e privati connotata da discrezionalità, gli interessi alla tutela dell’ambiente e del patrimonio culturale devono essere oggetto di prioritaria considerazione”47. Si può ritenere che il principio dello sviluppo sostenibile, grazie a quanto previsto dal Codice dell’ambiente, limitando e orientando qualsiasi scelta amministrativa, sia diventato un principio generale dell’attività amministrativa48. Nel concludere al momento, si può definire lo sviluppo sostenibile come la sintesi dei doveri verso le generazioni future. non bisogna fermarsi alla sola analisi della normativa codicistica che, a sua volta, va integrata con le norme costituzionali; le suddette norme, seppur non definendo nello specifico i beni pubblici, tramite i richiami in esse rintracciabili consentono di identificare il sistema positivo dei beni pubblici. Infatti, la Corte richiama gli artt. 2, 9 e 42 che pongono al centro del sistema costituzionale la tutela dell’umana personalità e del suo corretto svolgimento nell’ambito sociale, ma anche la salvaguardia del “paesaggio”. La Corte evidenzia come la duplice appartenenza dei beni demaniali, implichi per lo Stato una “appartenenza di servizio”; questa, che può concretizzarsi anche nella sola funzione di controllo, è necessaria per assicurare sia il mantenimento delle specifiche caratteristiche del bene che l’accesso universale alla risorsa idrica. La Corte conclude che la natura di un bene “ha la sua origine costitutiva nella legge, quale ordinamento composto da una pluralità di fonti (in particolar modo la Costituzione con le norme sopra richiamate)”49. Sicuramente la nuova figura della demanialità è lontana da quanto statuito dal nostro Codice civile e dal concetto tradizionale di demanialità. Si mette cosi in risalto il poteredovere della Pubblica Amministrazione di amministrare detti beni in funzione del criterio di solidarietà e di salvaguardia delle generazioni future. 7. Corte di Cassazione, sentenza n. 3813 del 2011. Gli aspetti di tutela e di solidarietà, richiesti dal Codice dell’ambiente e che hanno il proprio fondamento nell’art. 2 della nostra Costituzione, danno al governo delle acque e conseguentemente al demanio pubblico, di cui la risorsa idrica è la categoria per antonomasia, una nuova luce. La Corte di Cassazione nella sentenza n. 3813 del 2011, sulle orme della sentenza n. 3665 del 2011, ritorna ad approfondire la figura dei beni demaniali. La Corte, infatti, afferma che, per inquadrare il regime giuridico dei beni demaniali, 8. La risorsa idrica ed il ruolo dello Stato-apparato. L’apporto della giurisprudenza è stato determinante nel mettere in evidenza la duplice appartenenza della risorsa idrica: allo Statocollettività, da intendere come collettività di appartenenza; allo Stato-apparato, in quanto essenziale per assicurare il mantenimento delle specifiche caratteristiche del bene. Ciò comporta un ripensamento di questa demanialità in chiave ambientale. Occorre richiamare il legame tra la risorsa idrica e la demanialità richiamata, questa volta, dal Codice dell’ambiente. Il codice dell’ambiente, riguardo la risorsa idrica, attua un richiamo specifico alla dema- modificazioni negative che possono essere prodotte dalle attività umane. 47 Art. 3 quater, co. 2, d.lgs. 152/2006 48 F. FRACCHIA, La tutela dell’ambiente come dovere di solidarietà, cit., p. 504. Gazzetta Amministrativa 49 -19- Corte Cass, Sez. Un., 16.02.2011, n. 3813. Numero 3/4 - 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici nialità che, secondo quanto stabilito dal Codice civile, tralasciando le considerazioni poste fin qui poste, è da intendersi come una forma di riserva in capo all’amministrazione. Tale attribuzione non si può intendere come una forma di dominio dell’amministrazione, ma come previsione di doveri di tutela e di intervento amministrativo funzionalizzati al rispetto degli interessi della comunità, al fine di raggiungere gli obiettivi di salvaguardia ed equa distribuzione della risorsa. Quanto appena affermato collima e non vanifica quanto ripetutamente sostenuto dalla Corte costituzionale riguardo l’appartenenza allo Stato-comunità e al rispetto degli obblighi imposti dalla Costituzione riguardo i doveri di solidarietà e di protezione della risorsa ambientale, anche e soprattutto per la salvaguardia delle generazioni future50. Un altro aspetto importante è dettato dalla assoluta incommerciabilità della risorsa idrica che, come detto precedentemente, è confermata anche dal recente intervento legislativo diretto alla valorizzazione economica dei beni pubblici; infatti, il d.lgs. 28.5.2010, n. 85, ha escluso il demanio idrico e marittimo dal trasferimento degli altri beni demaniali agli enti territoriali al fine di una adeguata valorizzazione economica51. Tale compito di tutela da parte della amministrazione è rilevante riguardo la possibilità di attribuire in concessione ai privati la risorsa idrica; infatti, la concessione ai privati è possibile solamente a seguito di un accertamento della compatibilità ambientale della stessa, divenendo decisivo il parere da richiedere al nuovo Ente di governo previsto per ciascuna ATO (Abito Territoriale Ottimale)52. Trova conferma l’idea espressa da V. Caputi Jambrenghi che pone al centro della proprietà pubblica tutte situazioni qualificate come doverosità; infatti, l’autore afferma che “Proprietà pubblica e proprietà privata (o proprietà pubbliche e proprietà private) non sono dunque due (serie di) species dell’unico genus. Proprietà è diritto, mentre nella proprietà pubblica prevalgono nettamente esigenze, finalità e, di conseguenza, discipline normative specifiche che vedono il soggetto pubblico “proprietario” quale centro di imputazioni giuridiche tutte qualificate per la doverosità”53. dell’art. 150, del d.lgs 3.4.2006, n. 152, non sono venute meno con la soppressione delle autorità bensì sono state assegnate ad altri enti, individuati dalle Regioni. Successivamente con il d.l. 12.9.2014, n. 133, “Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle cattività produttive”, è stato modificato l’art. 147 prevedendo nuovamente le soppresse AATO, rinominate Enti di governo dell’ambito. Inoltre l’art. 147 del T.U. ambiente, prevede che le Regioni individuino, in ciascuna Ato, l’Ente di governo dell’ambito (in sostituzione delle AATO), a cui sono trasferite le funzioni spettanti agli enti locali, che sono obbligati a parteciparvi. L’Ente di governo dell’ambito è il centro di imputazione degli interessi concernenti l’organizzazione e la gestione del Sii. La norma attribuisce a queste poteri pregnanti e volti anche alla semplificazione nell’espletamento delle procedure necessarie a consentire l’effettuazione degli interventi programmati in materia di approvazione dei progetti e poteri espropriativi tramite il nuovo art. 158-bis (Approvazione dei progetti degli interventi e individuazione dell'autorità espropriante). L’Ente di governo dell’ambito, secondo quanto stabilito dall’ art. 149, d.lgs 03.04.2006, n. 152, è dotato di personalità giuridica e fra i suoi compiti vi è quello di provvedere alla predisposizione del piano d’ambito, da cui dipenderà il modello gestionale e organizzativo ed il piano economico finanziario. La Corte, nella sentenza 21.3.2012, n. 62, precisa che alle Regioni spetta il compito di individuare quali enti o organi succedano alle soppresse AATO ma non quello di scegliere la modalità di gestione e di affidare il servizio. Infatti, la stessa ribadisce che l’esito referendario ha recato solamente una espansione dell’autonomia degli enti locali nella scelta della modalità di gestione del servizio e che la soppressione delle AATO non abbia comportato il trasferimento delle loro funzioni alle Regioni. 53 V. CAPUTI JAMBRENGHI, I beni pubblici e d’interesse pubblico, in AA. VV., Diritto amministrativo, Monduzzi, Bologna 1998, p. 1083. 50 E. BOSCOLO, Le politiche idriche nella stagione della scarsità. La risorsa comune tra demanialità custodiale, pianificazioni e concessioni, Giuffrè, Milano 2012, p. 331. 51 Cfr. M. RENNA, La regolazione amministrativa dei beni a destinazione pubblica, Milano, 2004. 52 Le AATO (Autorità Ambito Territoriale Ottimale) secondo l’art. 1, co. 1-quinquies, l. 25.03.2010, n. 42, sono state abolite; la norma ha affidato alle Regioni il compito di individuare enti o organi a cui assegnare le funzioni già esercitate dalle stesse, ferma restando la competenza legislativa esclusiva statale ad individuare tali funzioni e a disciplinarne l’esercizio. Le funzioni delle autorità d’ambito di cui ai coo. primo e secondo Gazzetta Amministrativa -20- Numero 3/4- 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici Infine, occorre ricordare quanto ha affermato S. Rodotà sulla figura della “proprietà di terzo grado”. Secondo l’autore, questa tipologia di proprietà, di cui fanno parte le risorse ambientali, devono essere sottratte alle logiche dello sfruttamento, per costituire un “patrimonio comune dell’umanità”54. Precedentemente alla Legge Galli, si pensava che l’interesse pubblico fosse soddisfatto dallo sfruttamento economico-intensivo della risorsa da parte dei privati previa concessione. Questo ha implicato che si dovesse indagare sull’impatto che ha comportato la dichiarazione generalizzata di pubblicità di tutte le acque disposta dalle recenti normative. La legge Galli, trasfusa successivamente nel Codice dell’Ambiente, è il frutto dell’evoluzione degli interessi pubblici collegati alla risorsa e ad una progressiva presa di coscienza del suo valore che vede primeggiare le istanze ecologiche e solidaristiche55. La dichiarazione generalizzata di pubblicità costituisce lo strumento più rigido e soggetto a minori possibilità di contestazione per il governo e la tutela delle acque. Il privato può utilizzare di fatto (anche senza autorizzazioni e concessioni) un bene pubblico purché ciò non contrasti con le esigenze della collettività o dei poteri pubblici, e nei limiti (acque piovane, usi domestici) fissati dalla legge56. Riguardo la risorsa idrica vi è coincidenza fra pubblicità e demanialità, per cui tutte le acque sono demaniali come previsto dal Co- 9. Conclusioni. I compiti che il legislatore nazionale deve affrontare con il SII sono ardui. Essi riguardano: la protezione della risorsa quale componente ecologica, la garanzia di una efficiente distribuzione di adeguati quantitativi della risorsa per il soddisfacimento dei bisogni fondamentali della popolazione, la risoluzione delle problematiche inerenti ai necessari investimenti infrastrutturali per assicurare quanto appena sostenuto. Le criticità ancora aperte e in attesa di risoluzione sono comunque ancora molteplici. La risorsa idrica, a prescindere dalla tipologia di gestione, necessita di un regime giuridico che ne impedisca un eccessivo depauperamento e, contemporaneamente, ne assicuri la fruizione da parte della collettività per garantirne i bisogni primari. Il mutamento dei valori sottesi alla risorsa idrica ha reso necessaria una ricerca del regime giuridico della stessa secondo due aspetti, frutto di questo cambiamento. Il primo si riferisce alle problematiche dell’appartenenza legate alla fruibilità della risorsa, ma allo stesso tempo, alla salvaguardarla da possibili sfruttamenti illegittimi. Il secondo aspetto inerisce la necessaria tutela ambientale, che è legata ad una regolamentazione dell’accesso e ad una protezione della risorsa, sia per garantire le generazioni attuali che le generazioni future. 55 Si riporta quanto affermato da U. MATTEI, La proprietà, in Tratt. dir. civ., diretto da R. Sacco, Utet, Torino 2001, p. 272, “Le regole sinora esaminate in tema di utilizzazione delle acque devono essere coordinate con la citata legge 5-1-1994 n. 36, che introduce due disposizioni in particolare. La prima consiste nella direttiva per l’utilizzazione dell’acqua “secondo criteri di solidarietà” (art. 1). Vi è da sperare che questa declamazione resti senza conseguenze operative, poiché è idonea a stravolgere tutte le regole finora studiate, mirate a perseguire un uso efficiente della risorsa, secondo parametri economici. La seconda novità consiste nella graduazione degli usi dell’acqua: l’utilizzazione per il consumo umano è prioritaria (art. 2); dopo il consumo umano, in caso di scarsità, deve essere assicurata la priorità dell’uso agricolo (art. 28); poi si potrà derivare l’acqua per usi industriali (art. 29). Ciò significa, purtroppo, che il bilanciamento degli interessi nell’uso dell’acqua viene ampliamente sterilizzato; il giudice non può dare la preferenza all’uso industriale, a scapito di quello agricolo. Nuovamente sono vanificati i criteri di efficiente allocazione della risorsa.” 56 N. LUGARESI, Acque pubbliche, in Dizionario di diritto pubblico, I, Milano, Giuffré, 2006, p. 96. Questa doverosità, come visto è una caratteristica generale della tutela ambientale, come evidenziato da, F. FRACCHIA, Sulla configurazione giuridica unitaria dell’ambiente: art. 2 Cost. e doveri di solidarietà ambientale, già cit., passim. 54 S. RODOTÀ, Il terribile diritto. Studi sulla proprietà privata, II ed., Bologna, 1990, passim. Riguardo le criticità della normativa internazionale, si rinvia a R. MICCÚ – F. PALAZZOTTO, Il Servizio idrico integrato tra criticità e problematiche attuali: una introduzione, Gazzetta Amministrativa, 04/2014. Gazzetta Amministrativa -21- Numero 3/4 - 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici dice dell’Ambiente57. La risorsa idrica, con il codice dell’ambiente, è passata dall’essere considerata un bene da sfruttare ad una componente dell’ecosistema da tutelare, grazie anche alle sollecitazioni pervenute dalla normativa dell’Unione europea58. Il legislatore nel pubblicizzare tutte le acque ha voluto preservare il patrimonio ambientale. Si potrebbe affermare che il legislatore abbia visto nella figura demaniale quelle caratteristiche che meglio tutelavano l’acqua e l’ambiente59. Quanto precedentemente affermato, rafforza il percorso ricostruttivo della proprietà pubblica mettendo in luce come, riguardo alla risorsa idrica, vi sia un dovere di conservazione che si unisce inscindibilmente al diritto di fruizione60. Si può ritenere di essere davanti ad un intervento pubblico articolato, teso alla tutela e alla gestione di una risorsa scarsa, vulnerabile ed essenziale per l’uomo, la cui titolarità non è dello Stato-persona ma dello Statocomunità. Si può ritenere, inoltre, che il poteredovere di agire a tutela della stessa discenda dalla rappresentanza necessaria e non negoziale del potere pubblico61. Vi è un indubbio spostamento di interesse riguardo il fine dell’azione dei pubblici poteri che trova la propria giustificazione nella necessità di scongiurare il depauperamento della risorsa, depauperamento sperimentato nei decenni precedenti. Sulla scorta di quanto esaminato da Hardin, si può evidenziare come i beni non regolamentati nel loro accesso e nel loro sfruttamento, in generale senza una regolazione e una governance adeguata, siano destinati al depauperamento62. La soluzione prospettata, definibile come la demanializzazione dell’acqua, si pone agli antipodi della proprietà privata e prefigura un potere-dovere dell’apparato pubblico di tutela nei confronti della stessa. Tutto ciò comporta, ai fini della tutela della risorsa, l’ininfluenza della tipologia di gestione che potrà essere sia pubblica che privata, nonché aperta a possibili forme di autogestione consentite dal nostro ordinamento, purchè sia adeguatamente regolamentata. La ricostruzione della categoria demaniale idrica come mera imputazione al pubblico potere, in termini di tutela della risorsa, crea un perimetro di azione limitato che non può essere criticato neanche dai sostenitori della teoria dei beni comuni, in quanto l’intervento pubblico è finalizzato alla tutela della risorsa e delle generazioni future, come evidenziato anche dalla recente giurisprudenza, ed in particolar modo dal Consiglio di Stato, sez. VI, 57 Ai sensi dell' art. 822, co. 1, c.c., che rinvia genericamente alle leggi in materia, mantenendo pertanto la sua validità. 58 La direttiva 2000/60/CE introduce principi e metodi economici nella gestione delle acque in Europa. La direttiva considera, infatti, l’analisi e-conomica come uno strumento imprescindibile di supporto delle decisioni. Si può affermare che i principi economici chiave su cui si fonda la direttiva sono: la copertura integrale dei costi, in particolare, gli utenti (industrie, agricoltura, famiglie) dovranno sostenere integralmente i costi del servizio idrico ricevuto; e l’analisi economica, infatti la direttiva richiede che gli Stati membri utilizzino l’analisi economica nella gestione delle loro risorse idriche per valutare i costi generali delle alternative durante il processo decisionale. Ai sensi della direttiva, il recupero dei costi si riferisce a vari elementi. I prezzi che gli utenti pagano dovrebbero fare riferimento ai costi operativi e di mantenimento della forni-tura e del trattamento, ai costi per gli investi-menti in infrastrutture e ai costi ambientali e di risorsa, assoluta novità. 59 E. CONTE, Il demanio idrico secondo la l.5 gennaio 1994, n.36, in Rass. giur. en. el., 1994. 60 Per una prospettiva in tal senso che abbraccia l’ambiente in un unicum, che comprende l’acqua ma soprattutto l’uomo, si veda, P. MADDALENA, La nuova cultura della tutela ambientale e situazioni giuridiche soggettive, in I Tribunali Amministrativi Regionali, Anno XI gennaio 1985, p. 51; ID, Danno pubblico ambientale, Rimini 1990, passim; ID, L’ambiente: riflessioni introduttive per una sua tutela giuridica, in Ambiente e sviluppo, 6/2007, passim. L’Autore mette in luce come il diritto all’ambiente sia un diritto dovere di tutta la collettività sull’ambiente. Gazzetta Amministrativa 61 M. S. GIANNINI, I beni pubblici, M. Bulzoni Editore, Roma, 1963, passim. 62 U. POTOTSCHNIG, La difesa della qualità delle risorse idricbe nella legislazione sulle acque pubbliche, in La tutela delle acque. Criteri economici e giuridici per la programmazione della qualità e della quantità delle risorse idriche in Italia, a cura di E. GERELLI, Milano, 1970, 45, citato da E. BOSCOLO, Le politiche idriche nella stagione della scarsità. La risorsa comune tra demanialità custodiale, pianificazioni e concessioni, Giuffrè, Milano 2012, p. 39. -22- Numero 3/4- 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici 18.04.2003, n. 2085. Si può concludere affermando che questa nuova demanialità, frutto di quanto disposto dall’art. 2 Cost e dal codice dell’ambiente, comporti per i pubblici poteri una funzione di tutela e di governance, che si muove fra i criteri della sostenibilità e i criteri della solidarietà. Questa nuovo concetto di demanio, tende a ridursi, secondo quanto affermato dal D. lgs 85/2010, al demanio marittimo e idrico. I tratti caratteristici dei beni demaniali, così individuati, si identificano nella speciale funzione che questi assolvono, come confermato anche dalla Corte di Cassazione63. Il concetto della demanialità è fisso e invariabile, ma l’estensione del demanio è soggetta a variare con il variare dei bisogni, che si pongono come collettivi nei vari tempi e luoghi e che assumono importanza sociale64. L’acqua, in quanto fondamento della vita, ha uno statuto giuridico complesso, le cui caratteristiche assolvono la speciale funzione di definirsi in fieri e di evolversi con il variare dei crescenti bisogni dell’umanità. 64 O. RANELLETTI, Scritti giuridici scelti. IV. I beni pubblici, Jovene, Napoli 1992, p. 18, l’autore continua affermando che: “Coll’aumentare sempre più dell’attività sociale degli enti pubblici, aumenta insieme anche l’ampiezza del demanio pubblico; e la risposta alla domanda quali sono i beni demaniali, nel senso di enumerazione di beni, che hanno questa natura, può essere data soltanto per un determinato diritto positivo di un determinato tempo. E nel nostro diritto attuale, questi scopi, che possono essere nella destinazione di una cosa demaniale, possono essere economici, fisici, intellettuali e morali; possono rispondere ad una vera necessità, o ad una utilità, ed anche ad un puro diletto della società, per es. giardini pubblici”. 63 Corte Cass, Sez. Un., 16.02.2011, n. 3813. In dottrina si veda E. BOSCOLO, Le politiche idriche nella stagione della scarsità. La risorsa comune tra demanialità custodiale, pianificazioni e concessioni, Giuffrè, Milano 2012, p. 292. Gazzetta Amministrativa -23- Numero 3/4 - 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici THE EVOLUTION OF THE INTEGRATED WATER SERVICE IN ITALY: ISSUES AND CURRENT PROBLEMS del Prof. Roberto Miccú e del Dott. Francesco Palazzotto1 Il servizio idrico integrato è stata oggetto di molteplici interventi legislativi che ne hanno modificato l’organizzazione, la gestione e le modalità di affidamento del servizio. Le novità disposte dal d.l. 12.9.2014, n. 133 conv. in L. 11.11.2014, n. 164 incidono su numerosi e rilevanti aspetti che riguardano, da una parte, gli assetti istituzionali e organizzativi del settore (governance) e, dall’altra, gli interventi infrastrutturali, la tutela ambientale e la qualità del servizio reso all’utenza, anche in relazione al rispetto degli obblighi stabiliti dalla normativa europea. La sfida da affrontare, oggi, consiste nel bilanciare le opposte esigenze tra la protezione dei diritti fondamentali e il risparmio delle risorse pubbliche. Il Servizio Idrico Integrato, come stabilito dal legislatore nazionale e più volte confermato dalla Corte costituzionale, anche nelle recenti sentenze del 21.03.2012, n. 62, è un Servizio a rilevanza economica. Questo comporta che la tariffa e la relativa regolazione abbiano un ruolo determinante. The water service has been the subject of many legislative measures that have altered the organization, the management and the procedures for award of the service. The changes provided by D.L. 12/09/2014, n. 133 conv. into L. 11/11/2014, n. 164 affect many important aspects that concern, on the one hand, the institutional and organizational structure of the sector (governance) and on the other, the infrastructure works, environmental protection and quality of the service provided to users, relating also to the enforcement of obligations under EU law. The challenge today is to balance the conflicting demands between the protection of fundamental rights and savings of public resources. The Integrated Water Service, as established by law and repeatedly confirmed by the Constitutional Court, including the recent judgments of 21.03.2012, n. 62, is a service of economic importance. This means that the rate and its setting have a determinative role. Summary: 1. Introduction. 2. Observations on the changes introduced by the DL 12/09/2014, n. 133 conv. in L. 11/11/2014, n. 164. 3. The D.L. 12/09/2014, n. 133, as amended and conv. by the l. 11/11/2014, n. 164 and infrastructure investments. 4. From the judgment of the Constitutional Court 17.11.2010, n. 325 to the judgment of 21/03/2012, n. 62 and relative issues on the Competence and legal nature of the SII. 5. Constitutional Court judgment of 20.07.2012, n. 199 on local public services; 6. The exclusive legislative competence of the State of the Constitutional Bill 1429. 7. The integrated water service, general regulatory framework. 8. The referendum result and the procedures for granting water services. 9. The new planning method and the necessary role of local authorities. 10. Concessions and revocation without indemnification in case of forced release. 11. Adjustment: AATO, AEEG and the Ministry of Environment. 12. The role of the SII rate and on the Directive 2000/60/CE. 13. Conclusion. 1 Il presente articolo è il frutto di una comune riflessione tra i due Autori. Tuttavia i paragrafi 1, 2, 3 e 4 sono attribuibili a Roberto Miccú; i paragrafi 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11 e 12 a Francesco Palazzotto; le conclusioni (paragrafo 13) sono da attribuire ad entrambi gli autori. Saggio sottoposto con esito positivo alla procedura di referaggio ai sensi del Regolamento interno della Rivista. Gazzetta Amministrativa -24- Numero 3/4- 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici 1. Introduction. The water resources have been the subject of many legislative interventions since 19941 with l. 5.1.1994, n. 36 (so-called Galli Law)2 and have modified the discipline concerned with the organization, the management and the procedures for the concession of the service. The integrated water service (SII) is defined in Italy by Legislative Decree 3.4.2006, n. 152 (T.U. environment) as the set of public services of collection, transportation and water distribution for civil use, sewerage and wastewater treatment that must be managed according to the principles of efficiency, effectiveness and economy, according to national and community rules. In this paper, after a reflection on the changes introduced by the legislature with d.l. 12.9.2014, n. 133 conv. in l. 11.11.2014, n. 164, following the recent legislative initiatives a general framework for the organization and management of the SII will be provided, the decisions of the Constitutional Court relating thereto and the 2011 referendum; all this is necessary in order to highlight how the social and environmental concerns related to a vital commodity like water can be better protected through the establishment of an authoritative and independent regulatory apparatus, provided with incisive control instruments and with effective sanction power. The national situation is characterized by the legislature's interventions aimed at the same purpose, represented by the search for efficiency and savings, imposed by the economic and financial crisis that has affected all EU countries, albeit with different intensity. In particular, the current state of crisis is reflected, on one hand in the reduction of services provided to citizens, on the other in the pursuit of organizational models that allow local authorities to respect the constraints of the budget, and the covenant stability dictated by the European Union3. Regarding the Integrated Water Service (SII), the challenge that the legislature first and the administration after have to face is precisely to maintain a balance between the protection of fundamental rights and the savings of public resources. Analyzing the water service more fundamental aspects emerge, such as the protection of water resources as an ecological component, the guarantee of effective and efficient distribution of adequate quantities of the 1 The first law of general direct assumption of public services by municipalities (including the construction was part of aqueducts and fountains and distribution of drinking water) is the L. 103 of 1903, presented by the Minister of ' inside Giovanni Giolitti on the so called social municipalism. The law arose from the dual requirement of an effective response to the multiplication of collective needs and to subtract the management of public services of the great social importance to the rules of the market, through direct employment, and organ companies without legal status, subject to prefectural control in case of serious and persistent irregularities. The law, in particular, put a stop to the ongoing trend, of the municipalities, to grant the facilities and operation of these services to private entrepreneurs, to avoid the considerable investments, and difficult to bear by the municipal finances, that the provision of public services demanded especially in big cities. The law 103/1903, then merged in T.U. n. 2578, 1925, remained in force until 1990, thus introducing the figure of so-called municipalized companies, pointing to a long series of services (but also of goods), which the city council could decide to "municipalize", eg. to assume among the optional tasks of its body, then decide whether or not to administer them directly (by the same municipal bodies), or give them in concession to private or run them through special agencies, with no independent legal status, but equipped with wider administrative autonomy. The original objective, linked to the intent reconciled to improve services and collectivize gains, however, was often misled by the aim of offering services below cost to the users, saddling the burden of increased costs to the national community (being the State forced to intervene in consolidate budgets of municipalities in financial difficulty), creating a growing distrust towards municipalization. For a comprehensive examination see M. A. SANDULLI, Affidamento e gestione dei servizi pubblici locali alla luce del regolamento attuativo – Il Sii -, Paradigma, Milano, 2011. 2 Sii has been defined for the first time by art. 4 paragraph 1, letter. f) of the Act Galli as the set of public services of collection, supply and distribution of water for civil use, sewerage and wastewater treatment. The innovative scope of the rules introduced by the Galli Law was based on the fact that it marked the transition from a fragmented system and difficult to control and conductive to quality standard levels under defined management criteria of efficiency, effectiveness and economy, entrusted to people specialized in the market. Gazzetta Amministrativa 3 M. PASSALACQUA, "Draw budget" against public intervention in the new art. 81 of the Constitution, in www.amministrazioneincammino.luiss.it/. -25- Numero 3/4 - 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici same for the basic needs of the population and the issues that concern the economic sustainability due to the necessary infrastructure investments. The first two aspects arise from the awareness that water, despite being a fundamental and irreplaceable element of the ecosystem, is a poor and vulnerable resource; the third aspect that influences the other two is dictated by the recent international and national economic events which led to a slowdown in the creation of the infrastructure. This slowdown, for our country, resulted in the opening of several CommunityEuropean infringement procedures for the non-adjustment of sewage treatment plants to the Community directives4. In order to provide a comprehensive legal framework that highlights the critical specifications regarding the water resource and therefore its management, organization and protection, it is necessary to discuss the relevant legislation at a national, European Union and International level. tion of subjects relevant to the award of the service, promoting new aggregation processes in line with the regulatory changes that have affected in general public services and local authorities, and the principle of a management. This principle should achieve a dimensional growth and a reduction in the number of managers on one side and higher levels of service quality on the other. In fact, the purpose of improving the quality of services from the point of view of environmental protection and resource requires the presence of industrial management bodies (whether public or private property, that doesn't detect although it adheres to the regulation) with an adequate funding, in order to ensure better exploitation of economies of scale and adequate investments in infrastructure and to generate new resources also through productivity growth. The legislature, with these changes is continuing the process of reorganization of governance formerly started with the dl 6.12.2011, n. 201, converted, with amendments, in l. 22.12.2011, n. 214, with which he has strengthened the functions of regulation and control in the water services sector, giving, with art. 21, co. 19, these functions to the Authority for Electricity and Gas5 (AEEG, today AEEGSI), after the abolition of the Authority for the regulation and supervision of water6 established by dl 13.05.2011, n. 707. In fact, it can be said that the provision 2. New provisions introduced by the Decree Law 12/09/2014, n. 133 conv. in L. 11/11/2014, n. 164. The Italian legislator intervened again on the SII with the art. 7 of Decree Law 12.9.2014, n. 133 conv. in L. 11.11.2014, n. 164, amending the Articles 124, 147 et seq of T.U. Environment, in fact, the provisions of Art. 7 affect many important aspects that concern on one hand the institutional and organizational sector (governance) and, on the other, infrastructural interventions, environmental protection and quality of service provided to users, also in relation to the respect of the obligations under European law. These changes affect favorably, although they may present some critical points, on the regulation and governance of the service. The norm in fact, provides both a new organiza- 5 The D.P.C.M. 20:07. 2012 (published in Official Gazette on 03.10.2012) indicated the respective functions of the AEEG and the Ministry of Environment; for a discussion on the functions relating to water services not transferred to the Authority for Electricity and Gas, the new regulatory framework of the water service, Hydro Authority Toscana, 2013, http://www.autoritaidrica.toscana.it / 6 See D.L. 06.12.2011, n. 201, converted with modifications with L. 22.12.2011, n. 214, Urgent measures for growth, equity and consolidation of public finances, published in the Official Journal. n. 300 of 27.12.2011 - suppl. ord. n. 276, art. 21, c. 19. 7 D.L. 13.5.2011, n. 70, art. 10, co. 14, identified as the tasks of regulation and control, among others, the definition and verification of compliance with the minimum levels of service, establishment of standard agreements, the definition of the cost components for the determination of the tariff, the preparation of the tariff method , approval of tariffs prepared by the authorities, the verification of the correct preparation of 4 In Italy, besides the problem of sewage treatment, it is also necessary to monitor the problem of water losses, which are very high, over 40% of the volumes of water placed in water systems with peaks that reach, in certain areas, up to 78%, see Anea, I servizi idrici a quindici anni dalla riforma, Roma, 2009. Gazzetta Amministrativa -26- Numero 3/4- 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici of mandatory participation of local bodies to government bodies of the area and the explicit transfer of competencies to the latter pertaining to local authorities regarding the water sector, the specific substitutive powers of head Presidents Regions, the principle of sole management, the provision of specific substitutive powers in case of failure to initiate the procedure of entrusting the sole management by the area body and finally the rules to ensure the takeover of the sole manager of entities currently operating, are all provisions made to ensure a more appropriate legal basis to support the obligations imposed by the European Union. These obligations relate to the observance of the cronoprogramma for the protection of the resource from an environmental point of view to achieve "good status" of all the waters of the European Union, through management plans implemented for individual river basins8, in view of the principle of full cost recovery that needs a more efficient governance. From the beginning two aspects concerning the intent of the legislature to promote the realization of investments should be pointed out. The legislator with co. 1 letter e) art. 7 of Decree Law 12.9.2014, n. 133 conv. in L. 11.11.2014, n. 164, provides the AEEGSI competence to regulate the consequences of the possible early termination reliance and the competence to define the criteria and modalities for the assessment of the residual value of the investments made by the outgoing operator, the so-called "terminal value payment". This while stimulating investment in infrastructure generates obvious critical issues, which can be summed up at the moment, in a translation of the economic risk with the municipalities grantor, which in the community vision should remain significantly if not totally at least as head dealer (public or private), so that it won't go beyond the boundaries of the concession, in accordance with European law and the European Court of Justice of the E.U.9. This problem should be solved by the provisions of art. 153, co. 2, of Legislative Decree no. 152/2006 as last amended by art. 7 of Decree Law 12.9.2014, n. 133 conv. in L. 11.11.2014, n. 164, which requires the incoming operator to pay the redemption value10. The AEEGSI had already initiated a process aimed at defining the residual value of investments (first with Resolution 12 March 2013, 110/2013/R/IDR, then with deliberation September 26, 2013, 412/ 2013/IDR), determining the formula for the valuation of the residual value with Resolution 27 December 2013 (643/2013/R/IDR). The new art. 151, co. 2, makes these criteria a contractual obligation. The Optimum Areas (ATO), pursuant to 9 For a discussion, see Directive 2014/24 / EU of 26 February 2014 of the European Parliament and of the Council on public procurement and repealing Directive 2004/18 / EC and Directive 2014/25 / EU of 26 February 2014 of the European Parliament and of the Council on the procurement procedures of entities operating in the water, energy, transport and postal services and repealing Directive 2004/17 / EC; for a discussion about the concept of service concession, see F. GOISIS, Rischio economico, trilateralità e traslatività nel concetto europeo di concessioni di servizi e di lavori, in Dir. Amm., 4/2011, p. 703. 10 Art. 153, co. 2, of the Legislative Decree. n. 152/2006, as amended by Decree Law 12/09/2014, n. 133 conv. in L. 11/11/2014, n. 164, states that "the operator is required to take over the guarantees and the outstanding bonds related to the loans or to extinguish them, and to correspond to the outgoing manager a redemption value defined according to the criteria established by the electricity , gas and water supply system ". The determination of the reimbursement value is consistently remitted by art. 153, c. 2, by the criteria laid down by AEEGSI; for a paronymic of news regarding the regulation of local public services, see L. GENINATTI SATTÈ, Questioni interpretative e problemi aperti nella disciplina dei servizi pubblici locali, in Il Piemonte delle Autonomie, 3/2014. the area plans, the issue of guidelines for accounting transparency of management. The Aeeg considered these tasks of regulation and control in the field of water services already transferred according to d. l. n. 01/2011 as stated in the preamble of the resolution 1.3.2012, of the procedure for the adoption of tariff measures and start of data collection and information relating to water services, 74/2012 / R / IDR. The D. L. n. 201/2011 provides that the Government, by a decree of the President of the Council of Ministers, identifies all the transferred functions. 8 A. MASSARUTTO, L'acqua, Il Mulino, 2008, p. 34; The directive is certainly ambitious, since it has placed very stringent deadlines. For the time schedule see http://www.direttivaacque.minambiente.it/adempiment i.html. Gazzetta Amministrativa -27- Numero 3/4 - 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici art. 14711, as amended by the recent law, are determined by the regions in accordance with the criteria established by law Galli. In particular, the co. 2 of art. 147, points out three criteria for the identification of the ATO, precisely, respect for the unity of the river basin or sub basin, taking into account the plans of the basin, and the location of resources and their allocation constraints, also arising from custom in favor of the towns concerned; sole management, and however the overcoming of fragmentation of vertical management; the adequacy of managerial dimensions to be defined on the basis of physical, demographic and technical parameters. The legislation has not solved the problem of the dimension of heterogeneity of the ATO, nor the allocation of functions performed by the former Area Authority of the regions on a model that has the characters of homogeneity in the country and that would lead to undoubted advantages. For what concerns the AATO, art. 14712 has been amended providing again the suppressed AATO, renamed government Bodies of area, giving these significant powers also aimed at simplifying the necessary procedures to enable the carrying out of planned interventions in the area of project approval and expropriation powers via the new art. 158-bis13. The new art. 147, providing for a specific power in the hands of the President of the region in absence of action, has set out the obligatory nature of participation of local government to the governing Entity of each ATO, stating that the responsibilities of local authorities in the field of water management, including the programming of the relevant infrastructure have been transferred to them ex law. In particular it should be noted that AEEGSI already in 2012, in defining the rules on tariffs for the regulatory period 20122015 had provided for the exclusion by tariff for those administrations that hadn't joined to the Authority of area, the old AATO. The legislature has reaffirmed to the governing Ente of the field, in line with the outcome of the referendum, in the field of water resources management, through co. 1, letter. d) art. 7 of Decree Law 12.9.2014, n. 133, as amended and conv. to l. 11/11/2014, n. 164, the possibility of choosing any form of management envisaged by the European, but providing the custody of the service in observance of the principle of single management and in compliance with European and national legislation on the organization of local public services in the network of economic importance. The new law of 2014 brings substantial changes in the convention-type management of SII, whose setup today is attributed to the competence dell'AEEGSI. The new art. 151, in fact, is in line with the changes of the last three years that have determined, although gradually and with difficulty, the transition to regulation focuses on the activity of an Authority of a national and independent character that could overcome the difficulties arising from previous adjustment, whose fulcrum asserted itself through the local management. The AEEGSI from 2013 had already launched a specific process14 for the preparation of the convention-type management, as well as opening a first public consultation15. With regard to the new art.. 151 of Legislative Decree 152/06 it is necessary to point out two aspects which, in the writer's opinion, can and could lead to critical issues; in particular, the provision contained in Art.. 7 co. 1, letter. e, n. 3 D. L. 12/09/2014, n. 133, which provided in the convention-type the subleasing of the service, subject to approval 14 Act, 26.09.2013, 412/2013/R/idr, "startup of the procedure for the preparation of one or more standard agreements for the regulation of relations between the contracting bodies and managers of water service". 15 See Consultation document, 10.4.2014, 171/2014/R/idr, "guidelines for the preparation of concession agreements such as for the regulation of relations between entrusting body and managing company of water services". 11 Legislative Decree 03.04.2006, n. 152, art. 147 "Territorial organization of integrated water services". 12 Art. 7, co. 1, letter. b), D.L. 09/12/2014, n. 133, amended art. 147 of Legislative Decree 03.04.2006, n. 152. 13 Art. 7, co. 1, letter. h), D.L. 12.9.204, n. 133, amended art. 158-bis of Legislative Decree 03.04.2006, n. 152. Gazzetta Amministrativa -28- Numero 3/4- 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici expressed by the governing Ente sphere, that would have resulted in critical issues respect to the principle of single management required by the said article of the decree, was suppressed upon conversion of the same. The other aspect also concerns the new art.. 151, but not the part suppressed nor modified upon conversion, in which it is expected that the agreement approved by the Authority, should govern in particular "the instruments to ensure the maintenance of economic and financial management" as well as imposing an obligation of its achievement. This outlook, in the writer's opinion, is potentially critical, in fact it foresees mechanisms for ensuring the economic and financial equilibrium even with inefficient management. The prediction of protecting the financial and economic position instruments in absence of adequate feedback of efficiency would lead, on the one hand, to a cost increase with the effect of increasing rates; on the other, to the elimination of any enterprise risk for the SII operator, up to establishing the necessary requalification of the concessions management contracts risking to violate European and national standards16. The letter. i) co. 1 of Art. 7 of Decree Law 12/09/2014, n. 133, as amended and conv. by l. 11/11/2014, n. 164, has entirely replaced the subparagraphs 1 to 5 of art.. 172 of Legislative Decree 152/06, regarding the existing management. The decree provides for area entes that have not yet done so, to adopt, by 13 September 2015, the ATO plan, the obligation to choose the form of management, and initiate the procedure of assignment, placing the 'assign services to the sole manager, with consequent loss of existing credit lines. The rule also provides that the SII operator takes over, on the date of entry into force of this measure, to the ulterior parties operating within the same ATO. A critical point could be the derogation provided for in the second paragraph Art. 172, which as we shall see could frustrate the attempt to ensure the sole management. The paragraph in question, in fact, provides for a derogation, namely that the sole manager of integrated water services takes over on the due date stipulated in the contract of service or other documents that regulate the relationship and not on the date of entry into force of the decree, referring to the credit lines "according to the regulations in force and undeclared ceased ex lege"17. 3. The D.L. 12/09/2014, n. 133, as amended and conv. by l. 11/11/2014, n. 164 and infrastructure investment. Changes made by the legislature have a significant impact on investment, trying to bring coherence to the legislation due to continued decree of urgency has generated a lot of uncertainty. All this has moved away from the water sector private investment, to the point that a monitoring initiated by the Authority in 2013 showed that a need for investment budgeted for the sector, among other things underestimated, realized an average rate of interventions close to 56%18. In this regard, the reference standard is paragraph 6 of art. 7 of the decree in question. It is necessary at this point to remember that investments in the water sector, net of reimbursable contributions, are directly proportional to the rate, since, according to the legislation in force and the principle of full cost recovery, the fee must contain all the items spending19. The great need for investment to modernize the network and meet its environmental obligations dictated by European Union regulations, in fact, involves the use of additional 17 Art. 172, par. 2, Legislative Decree 03.04.2006, n. 152. 18 See Consultation document, 25.07.2013, 339/2013 / R /idr, "requirements of investment and identification of funding instruments for achieving the objectives of environmental quality and resource idrica- first guidelines. 19 AEEGSI, “Relazione Annuale sullo stato dei servizi e sull’attività svolta”, Roma, 19 June 2014. 16 F. GOISIS, Rischio economico, trilateralità e traslatività nel concetto europeo di concessioni di servizi e di lavori, in Dir. Amm., 4/2011, p. 703; with respect to the case of Justice: sent. CGCE 10.11.1998, C-360/96; CGCE 07.12.2000, C-324/98; CGCE 13.10.2005, C-458/03; CGCE 18.07.2007, C-382/05; CGCE 10.09.2009, C-206/08; CGCE 10.03.2011, C274/09. Gazzetta Amministrativa -29- Numero 3/4 - 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici tools for financing infrastructure that do not further exacerbate the rate. It's necessary to consider the conflicting needs and specifically the need to adapt the infrastructure to meet the obligations imposed by the European Union concerning the protection of water resources to ensure the fruition of the resource for future generations and the concurrent need to keep within sustainable rate limits. All this in fact involves the use of financial resources significantly higher than what is possible to obtain from the regulation based on the rate, requiring the detection of alternative regulatory schemes between them that allow to resort to different pricing tools to implement the economic and financial plan (PEF)20. In support of this standard it has set up a special fund aimed at promoting investment in the water sector in order to ensure the achievement of the objectives set by European legislation21. The use of the Fund is closely related to regulatory activities concerning the definition of the tariff. The article in question, however, doesn't expressly provide for the coordination of the Fund with the regulation by the Authority re- garding the definition of the criteria, methods and amount of resources to be allocated to funding assistance. The rule, in fact, should correlate the promotion of investment in the regulation and control of the Authority22. 4. Competence and legal nature of SII, from the judgment of the Constitutional Court 17.11.2010, n. 325 to the judgment of 21.03.2012, n. 62. At this point of the work it seems necessary to briefly check the compatibility of the novelties introduced by art. 7 of Decree Law 12.9.2014, n. 133, as amended and conv. by l. 11.11.2014, n. 164, with the previous case law of the Constitutional Court dictated, especially in light of the considerable activity of the last years in terms of integrated water service and the change of course mentioned recently by the ruling 199/2012. To learn more not only about the compatibility of new legislation with the case law of the Court, but also about the discipline of organizing and managing the integrated water service, it is necessary go through an analysis first of the legal nature and subsequently of the division of competences, topics that have been subject not only of a lively debate in doctrine23 but also of important judgments of 20 See innovative and asymmetric adjustment introduced by Resolution, 27.12.2013, 643/2013/R/ hydraulic: the authority calls the consultation document 356/2013/R/IDR, where in order to meet the objectives identified by the competent authorities , has proposed a new approach to an asymmetrical and innovative regulation, to carry through the first period of tariff regulation, explaining the relationship between identification of objectives, selection of necessary interventions and reflections in terms of the amount of the fees and improvement of efficiency expectations of the operators, contextually anticipating the possibility of providing regulatory schemes adoptable by the Area bodies, or by other competent parties to the tariff predisposition, in function of the listed specific objectives by the same set. 21 The Fund, in accordance with art. 7, co. 6, D. L. 12.9.2014, n. 133, as amended and conv. the l. 11.11.2014, n. 164, will be financed from the funds already allocated by the CIPE resolution dated 30.4.2012, n. 60, "Funds for the development and cohesion - Regional Program. Allocation of resources to interventions of regional strategic importance in the South in environment of water purification and reclamation of landfill sites. " Gazzetta Amministrativa 22 In this regard see the draft law AC 2093, C.D. "Environmental connected" on "Measures for environmental measures to promote green economy and the excessive use of natural resources containment" recently approved by the Commission VIII of the House of Deputies Environment, Territory and Public Works, which in art. 24, co. 3, provides that: the administration of the Fund shall be governed by order of the Authority for electricity, gas and water sector, in compliance with the principles and criteria established by the decree of the President of the Council of Ministers to be issued within ninety days. 23 For more in-depth analysis of these points, among the numerous contributions on this subject see, L. CUOCOLO, La corte costituzionale “salva” la disciplina statale sui servizi pubblici locali, Journal of Administrative Law, 5/2011, p. 484; D. SORACE, I servizi "pubblici" economici nell'ordinamento nazionale ed europeo, alla fine del primo decennio del XXI secolo, in Dir. amm., 2010, 1 ss.; F. MERUSI, Lo schema della regolazione dei servizi di interesse economico generale, in Dir. amm., 2010, 313 ss; L. BERTONAZZI, R. VILLATA, Servizi di interesse economico generale, in M. P. CHITI, G. GRECO (dir.), -30- Numero 3/4- 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici the Constitutional Court. Regarding the legal status, according to the Constitutional Court24 of the Community the concept Sieg corresponds, where limited to local area, to the internal one of local public services of economic importance. The Court holds that both concepts are related to services rendered by an economic activity in the broadest sense, as they provide necessary performance towards an undifferentiated generality of citizens that must be in general - contracted by evident public procedures. All this has been confirmed by the Court in the judgment of 26.1.2011, n. 26, on the admissibility of the second question of the referendum, which resulted in the repeal of the remuneration of capital invested by the members of the water service tariff25. The Court, on the one hand found that the removal of the reference to the criterion of 'adequate return on investment', clearly pursues the aim of making extraneous to the logic of profit the government and the management of water, but at the same time reaf- firmed that the qualification of the SII as a service of economic significance depends on the obligation of cost coverage through the fare. Recently, the Constitutional Court with the judgment 21.3.2012, n. 62 returned to judge the discipline of the SII, in particular, for what concerns the topic of this work, the division of responsibilities between the State and the Regions on the organization and assign services. The Court by reaffirming the legal nature of Spl of economic significance of SII, reiterates the arguments26 previously incurred about the state competence for the organization and management of SII, falling within the competence of state exclusive for the protection of competition and protection of environment27, on which the referendum produced no effects. The Court, in its judgment in question states that the Regions are responsible for identifying which bodies or organs succeed to the suppressed AATO28, but not that of 26 The Constitutional Court having ruled out that such services could be brought back as part of the fundamental functions of public bodies, with the ruling 20.11.2009, n. 307 and 27.07.2004, n. 272, confirmed, by judgment of 17.11.2010, n. 325, that the rules regarding the modalities of the assignment of the management of local public services is to be ascribed "to the field of matter”, of exclusive legislative competence of the State, "protection of competition" laid down by art. 117, c. 2, letter. e) of the Constitution, taking into account the structural and functional aspects of its own and its direct impact on the market ". Always in the judgment of 17.11.2010, n. 325, which has become the cornerstone of relations between the different bodies on the regulation of local public services in general and of the Sii in species, which, significantly, declared unconstitutional the regional foresight (art. 1, para. 1 of the L. reg. Campania n. 2 of 2010), which provided for the regional power to regulate Sii as a service devoid of economic significance and to set their own legal forms of entities to be entrusted with the service and the time-limit in existing credit lines; And similarly it considered unconstitutional Article. 4, paragraphs 1, 4, 5, 6 and 14 of the Law of the Liguria Region 28 October 2008, n. 39. which gives the Regional Council and the AATO a series of administrative powers due to COVIRI (later CONVIRI) and which refers to the concession of Sii to the provisions of Art. 13, TUEELL incompatible with the current 23bis, D.L. 25.06.2008, n. 112. 27 Art. 117 Const., Co. 2, letter e) and s) 28 According to art. 1, co. 1-quinquies, l. 25/03/2010, n. 42, which abolished the authorities in matter and en- Trattato di diritto amministrativo europeo, parte speciale, IV, Milano, 2007, 1791 ss. With particular reference to the "universal service", where here is not possible linger, see. G. F. CARTEI, Il servizio universale, Milano, 2002, 101 ss. 24 See the Constitutional Court., 24.07.2009, n. 246; 04.02.2010, n. 29; 23.04.2010, n. 142; 17.11.2010, n. 325 21.03.2012, n. 62.last edition Costitutional Corte, 24.07.2009, n. 246; 04.02.2010, n. 29; 23.04.2010, n. 142; 17.11.2010, n. 325 e 21.03.2012, n. 62. 25 Constitutional Court 26.01.2011, n. 26, considered in law n. 5.2: The question, although formulated with the so-called cut-out technique, presents, on the other hand, the necessary clarity characters, coherence and consistency. In fact, the partial repeal of paragraph 1 of article. 154, and, in particular, by removing the reference to the criterion of 'adequate return on invested capital ", pursues, clearly, the aim of making extraneous to the logic of profit the government and water management. It's not possible to share in this regard, the additional emphasis on the supposed inability of the question to pursue the elimination of return on invested capital, not being also able not to take account of the latter in determining the price of a qualified service of economic relevance. Indeed, the question at issue is appropriate to the objective pursued, because, as noted above, co-essential to the notion of "economic significance" of the service is the cost coverage (Judgments 17.11.2010, n. 325), not the remuneration capital. Gazzetta Amministrativa -31- Numero 3/4 - 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici art. 534 and Art. 9, par. 135, of the. reg. Puglia 20.06.2011, n. 11 (SII management. Regional public Company Constitution "Apulian Aqueduct - AQP"). The Court held that the contested provision can be interpreted only in the sense that the region has to provide the direct award of the management of the SII to the public company incorporated preventing the AATO to make a choice before comparative assessment of the management arrangements and subconcessionaires. The Court reiterates in that regard that, despite the abolition of Area Authority, the regions have only the task of identifying bodies or organs to which assign the tasks previously carried out by the same authorities36 and that any direct assignment of the service is by law to be considered contrary to the competence of the state, namely the protection of competition and environmental protection. The functions of the authorities in this area referred to coo. first and second art.. 150 of Legislative Decree 03.04.2006, n. 152, no longer exist by the deletion of the authorities but have been assigned to other bodies, identified by the regions. As already noted, even today as a result of changes made by the novel of 2014, these functions have remained within the competence of the Government of the Area. The regional law must be limited at identifying the entity or person exercising functions before accruing to the Authority's scope and, choosing management mode or award of the service. In fact, the same stresses that the outcome of the referendum has brought only an expansion of local government in the choice of methods of management of service and that the abolition of the AATO has not resulted in the transfer of their functions to the regions29. The decision originates from two cases (n. 81 and 83, 2011), subsequently joined30, proposed by the President of the Council of Ministers, which raised issues concerning the constitutionality of Article respectively 5, co. 6, letter. g)31, and art. 11, co. 132, of the. reg. Puglia 30.05.2011, n. 9 (establishing the Apulian water supply), as well as art. 2, co. 133, trusted the Regions the task of identifying bodies or organs to which assign the functions exercised by the same, leaving the exclusive state legislative competence to identify these functions and to regulate its operation. 29 Costitutional court. 21.3.2012, n. 62; the Court, in particular, denies that the Apulia region can rely ex lege the regional public water service to a public regional company, and that can establish the succession of this in the reports and in the heritage of Aqueduct Pugliese Spa, a company established by legislative decree and whose management was entrusted by Sii. 30 The court, considering the traceability of issues to the only theme of Be and identity of the parties, joined the appeals and referred the matter relating to the transfer of staff under Article. 11, co. 1 l. reg. Puglia 30.05.2011, n. 9. 31 Co. 6, letter g), art. 5 stated that the Director General of '' Apulian water authority " (authority established by art. 1 of the regional law "for the public governance of water" and has legal personality under public law) "arranges for the direct concession agreement to regulate relations between the Authority and the integrated water services, for approval by the Governing Council". 32 Co. 1 of Art. 11 stated that: "The staff taken on permanently on the date of 1 January 2010 at ATO Puglia is transferred to the Apulian water Authority, that provides the operating framework in the same professional profile and its economic powers”. 33 Co. 1 of Art. 2 states that "The water service of Puglia is entrusted to a Regional public company that realizes the larger part of its activities with the public body which controls it, also to benefit from economies of scale and scope and facilitate greater efficiency and effectiveness in the performance of the service and with the obligation of reinvestment in the service of at least 80 percent of net operating surpluses. For the purposes of this Act, for net operating surplus means operating profit of the entity referred to in Article 5 [ie the regional public company referred to as 'the Apulian Gazzetta Amministrativa Aqueduct (AQP)', established by that article] net of depreciation, amortization, interest and taxes. 34 Article 5 establishes the Public Regional Company "Apulian Aqueduct (AQP)," it establishes the takeover of the company in the capital and in the relations of the s.p.a. Apulian Aqueduct, to create it, to succeed in the relations of the dissolved "independent body for the Apulian Aqueduct," with Legislative Decree no. 11.05.1999, n. 141 (central processing Ente Pugliese aqueduct into joint stock companies, in accordance with Article 11, paragraph 1, letter b of the Law of 15 March 1997, n. 59). 35 Co. 1 of Art. 9, states that 'The staff on duty at the Apulian Aqueduct S.p.A. on the incorporation date of AQP passes on the staff of AQP at the date of the same constitution, preserving all the legal and economic rights acquired, without additional and higher costs. In realizing this project labor relations are assured. " 36 Constitutional Court 21.03.2012, n. 62, considered in law 3.2. -32- Numero 3/4- 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici tive referendum, with additional maneuver launched by the Government by the dl 13.08.2011, n. 138, giving "Further measures for financial stabilization and development", converted to. 14.9.2011, n. 148, published in Official Gazette on 16.09.2011. Art.. 4 of l. 14.09.2011, n. 148, entitled "Adaptation of the discipline of public services to local referendum and to the rules of the European Union", contained the general rules on the custody and management of local public services of economic importance. The article, in the wake of the previous provisions, stipulates the obligation to the grantor entity to proceed, at the outset and periodically, to verify the feasibility of a competitive management of local public services, restricting the rights of exclusivity37. Regarding the modalities for granting services on the above, the provision reproduced the previous system, art. 23-bis, providing ordinarily that the transfer happens through a public procedure in favor of employers or companies constituted in any space, in accordance with the principles of the Treaty on the Functioning of the European Union and the general principles relating to public contracts38. Among the innovations of interest here, in accordance with the will of the referendum, there was the exclusion of the SII39 from the scope of this general framework dictated by the rule, except for those relating to incompatibility40. As far as it is relevant here, it must be pointed out that, except for the SII, the rule implied a narrowing of the hypothesis in which the in-house41 entrusting was allowed compared to European discipline, after the re- therefore, also the management model and the subject of custodial service. The Court confirmed two fundamental principles, namely, the first inherent the power to choose the management model of the SII that can’t be established by regional law because in violation of exclusive prerogatives of the State, as falling within the protection of competition and of environment, the second is the power of choice on the procedures for placement of the SII, which is of an administrative nature and entrusted to the new AATO. In other words, the Consulta considers that it is not possible by the regional legislature to "legitimize" forms of management of the SII through integrated operation of law foster care management to public companies. Neither the national legislature, nor the EU is binding, in fact, to a public management of the SII, thus leaving the bodies free to choose among the different management options. As it has been shown previously, the Court has consistently brought back, beyond the criticism that may be advanced to the constant qualification, the discipline regarding the organization and management of the SII and consequently the matter of local public services of economic interest to competence matters of the State concerning the protection of competition and the environment. As we will see below, the Court in its judgment of 20.7.2012, n. 199, would seem to have amended its earlier jurisprudence, making no reference to the protection of competition but by thinking in terms of "residual regional legislative power concerning local public services" but not adding anything about it. In other words, the Court hasn't justified this change, and at the moment it can't be given whether, following the change introduced by judgment n. 199 of 2012, the Consulta intended to alter its previous constant jurisprudence. 37 See art. 4, co. 1, 2, 3, 4, l. 14.09.2011, n. 148. see co. 8, art. 4, l. 14.09.2011, n. 148. 39 Previously the legislature with art. 23-bis had treated the local public services of economic interest, without distinguishing Sii, generating the repeal of special laws that governed the way of assigning the contract of Sii and eliminating the possibility of the service concession to a company owned directly and totally by local authorities as ordinary management mode; Article. 23 bis, paragraph 1, stated repealed industry standards incompatible and art. 12 of d.p.r 07.09.2010, n. 168, identified as repealed part of the legislative decree 03.04.2006, n. 152. 40 See co. 34, art. 4, l. 14.9.2011, n. 148. 41 See co. 13, art. 4, l. 14.9.2011, n. 148. 38 5. Constitutional Court judgment of 20.7.2012, n. 199 on local public services of economic importance. The rules governing local public services of economic importance was changed after a few months, due to the results of the abrogaGazzetta Amministrativa -33- Numero 3/4 - 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici ferendum. Subsequently, the legislature has further amended Art. 4 in question, issuing new rules intended to further restrict the possibility of using the model of in-house management, further compressing the sphere of regional autonomy and its regulatory competence of local authorities. The legislator intervened before, with the art. 9 of l. 12.11.2011, n. 183 "Stability Law 2012", specifying some content of Art.. 4 of Decree 13.8.2011, n. 138, after one month with the art. 25 of Decree Law 24.1.2012, n. 1, converted, with modifications, in l. 24.3.2012, n. 2742, and then with the art. 53 of Decree Law 22.6.2012, n. 83, converted with amendments by Law 7.8.2012, n. 134, to which reference is made elsewhere that address issues concerning the broader category of local public services of economic importance and to the broad doctrine in which it is interested in43, while considering that the rules in question have some reference also to the SII. The Constitutional Court ruling of 20.7.2012, n. 199 has permanently deleted art. 4 D. L. 13.8.2011, n. 138 and subsequent amendments, believing that provision is detrimental not only to the popular will expressed at the referendum of June 2011, but also to the spheres of competence of the regions and local authorities44. Notwithstanding the exclusion from the scope of the new rules of the SII, the analogy of the provisions contained in art. 4 is evident compared to that repealed of Art. 23-bis of Decree Law 25.06.2008, n. 112 and the identity of the principles behind. Therefore, according to the Constitutional Court, Art. 4 of Decree 13.8.2011, n. 138 violates the prohibition of revival of formal discipline and substantial object of repeal referendum, provided for in Art. 75 of the Constitution. In a historical moment in which, even through the so-called "Spending review", our legislature has provided new restrictions placed on public companies / firms that manage services for the community, the ruling, on the contrary, states that local authorities are no longer obliged to "open to the market" its subsidiaries. Article 4, D. L. 13.08.2011, n. 138, as subsequently amended, established a process that would have had to lead the management of local public services from entrenched monopoly to the market competition, through a process of liberalization characterized by a strict cronoprogramma, in which local authorities, on the basis of a market analysis and the adoption of a special resolution framework, should have liberalized the economic activities, or, alternatively, grant rights of exclusive management according to paragraphs. 1 and 8 of art. 4 D. L. 13.08.2011, n. 138, as amended. On the contrary, the judgment 20.07.2012, n. 199 reaffirms the legitimacy of the hypothesis of direct management of public services by the local authorities in accordance with the Community rules and criteria established by the European Court of Justice. 42 The subsequent amendments to Article 25 D. L. 24.1.2012, n. 1 had further limited the cases of award of local public services, for example by reducing the threshold to 200,000 euro within whose power make direct assignments or by making compulsory the AGCM and squeezing even more the spheres of regional competence in the field of SPL economic importance. 43 A. SANTUARI, Profili giuridici e assetti istituzionali della gestione del servizio idrico integrato, www.giustamm.it, 2013; G. GUZZO, Brevi riflessioni su i nova dei spl dopo la legge di stabilità, in www.dirittodeiservizipubblicilocali.it, 2011; G. DI GASPARE, Servizi pubblici locali in trasformazione, Padova, 2010; G. CAIA, I servizi pubblici locali di rilevanza economica (liberalizzazioni, delegazione ed adeguamento alla disciplina comunitaria), in E. FOLLIERI, L. IANNOTTA (by), Scritti in ricordo di Franco Pugliese, 2009; 44 Constitutional Court 20.07.2012, n. 199, considered in law p. 5.2.1. Gazzetta Amministrativa 6. The constitutional draft law n. 1429 and the exclusive legislative competence of the State. At this point of the discussion it is necessary to make some reflections, especially in light of the jurisprudence of the Constitutional Court, concerning the DDL constitutional no. 1429 (Provisions for exceeding the equal bicameralism, reduction in the number of MPs, containment of operating costs of the institutions, suppression of CNEL and revision of Title V of Part II of the Constitu-34- Numero 3/4- 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici tion)45, namely that part that aims at reexpanding the state legislative power. The bill, which aims to radically change the Constitution, aiming at overcoming the equal bicameralism, but also greatly intervenes in reforming Title V of Part II of the Constitution, already widely amended by the constitutional law of 22.11.1999, n. 1 and of 18.10.2001, n. 3. In other words, the profile of the bill in question which interests here to analyze is that of the hypothesis of reform of the division of legislative power between State and Regions laid down by Art. 117 of the Constitution. The d.d.l. in question, in fact, provides that certain matters before converging in the shared competence between State and Region now fall within the exclusive jurisdiction of the state. For example, of the new exclusive legislative competence in the field of general rules for the protection of health, safety food and protection and job security; of university education and strategic planning of scientific and technological research; government bodies, electoral legislation, basic functions and sorting of municipalities and metropolitan cities, as well as regulating the forms of association of municipalities. All this does not solve the problem of defining the respective areas of intervention of the State and regions in the same matter; aspect that has led to a considerable increase in the contentious before the Constitutional Court. The critical issues are many and need a specific focus to be studied in another work, but what is interesting to detect for the purpose of this work is that the Constitutional design in question would seem to reinforce the role of the state in economic regulation, recognizing the Constitutional Court, at least as we have seen previously up to the sentence no. 62 of 2012. The bill, in fact, also includes the possibility for the State on a proposal of the Government, to intervene by law “in matters not reserved to the exclusive legislation when this is necessary to preserve legal or economic policy of the Republic, namely the protection of national interest”46. This would introduce into the Constitution a “supremacy clause” that would allow the state to intervene in areas of legislative competence reserved to the regions, justified by the Constitution of the Senate of Autonomy and its role in the legislative process by providing a strengthened process. Finally the d.d.l. seems to bring to light a certain mistrust of regional autonomy, which is significantly narrowed, but that seems counterbalanced by the constitution of the Senate of the Autonomies, even if this would bring decisions regarding territorial autonomies in the parliament debasing the ratio regional communities and their representative bodies. 7. The integrated water service, the general regulatory framework. The provisions on "Water Management" are contained in the Decree. 3.4.2006, n. 15247 (T.U. environment), in Part III, section. III, Articles 141 et seq. The Legislature, with the T.U. environmental, introduced some innovations such as the rules relating to procedures for the assignment of SII, with a view to promote competition and, therefore, industrialization of the system, in order to develop more infrastructure investments respect to the Galli Law. The implant of the T.U. environment, for profiles of interest here is based on certain principles, namely, the obligation of the planning of water resources through the General Plan of Aqueducts and Optimal Environmen46 Art. 30 of d.d.l. 1429-B, that proposes la “Modifica dell’articolo 117 della Costituzione”. 47 D.lgs. 03.04.2006, n. 152, essentially incorporates the so-called Galli Law; subject to the provisions contained in Section III is the discipline of water management and Sii for profiles that concern the protection of the environment and competition, and the determination of the essential levels of services of Sii and their fundamental functions of municipalities, provinces and metropolitan cities. 45 For a discussion see, D. CODUTI, La (contro) riforma del titolo v. prime osservazioni sul d.d.l. cost. a.s. 1429-A, XVII legislatura, in La voce del diritto, 2014; M. OLIVETTI, Alcune osservazioni sulla riforma del Senato e del Titolo V nel disegno di legge costituzionale n. 1429, approvato dal Senato l’8 agosto 2014, in Amministrazione in Cammino, 2014. Gazzetta Amministrativa -35- Numero 3/4 - 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici ty, differentiation and adequacy"51. Today, in light of the amended article 147 the deadline within which the regions will have to identify the "Enti di governo dell’ambito" is 31 December 2014, except for the intervention of the Prime Minister, pursuant to art. 8 l. 5.6.2003, n. 131. As for the competences, art. 141, c. 1, T.U. environment, establishes the exclusive state competence for the profiles for water services relating to subjects of competition protection, environmental protection, determination of the basic level of benefits and determination of the fundamental functions of municipalities, provinces and metropolitan cities. This division of competences between the different levels of government appears to be a choice of the national legislature pursuant to its powers. European legislation establishes few principles on services of general economic interest and in the field of water services, leaving the Member States to legislate in order to enable the most efficient supply of these services52. Article 14 TFEU, Article 36 of the European Charter of Fundamental Rights and the Protocol to the Treaty of Lisbon no. 26, art. 1, proves the autonomy of national, regional and local authorities in organizing tal Plan, the organization of integrated water services according to the integrated water cycle , so as to achieve a greater exploitation of economies of scale and the need for protection which the resource needs. The T.U. environment provides a unified management of the water service that includes all the skills on the full cycle of water, in order to give the system an optimal technical and economical structure. The T.U. environment also takes up Optimum Areas (ATO), which under Art. 147, are determined by the regions as determined by the co. 2 48. Article 147 T.U. environment also provides that the regions identify, in each Ato, the "Ente di governo dell’ambito" (replacing AATO), to which are transferred the functions pertaining to local authorities, which are obliged to participate. "Ente di governo dell’ambito" is the center of the imputation of the interests on the organization and management of the SII49. "Ente di governo dell’ambito" has legal personality and among its duties it has to provide for the preparation of the area plan o Piano d'Ambito on which the managerial model and the organizational and financial plan will depend on50. The Area Authorities have been subjected to a number of reforms aimed at the rationalization of public bodies and at the containment of public spending, started with art. 2, c. 38 Law 24.12.2007, n. 244. Article 1 quinques Law 25.03.2010, n. 42, ordered the suppression area authorities and assigned the Regions the task of attributing legally their functions, "while respecting the principles of subsidiari- 51 This allocation was to take place by 31 December 2012 as required by Article. 13, c. 2, D. L. 29.12.2011, n. 216 (Decree thousand extensions). The Veneto Region has appealed against the rule that suppressed the sector authorities for infringement of the regional competence in the field of local public services; the Constitutional Court, with judgment 13.04.2011, n. 128, said that the discipline of the territorial authorities in matters falls under state jurisdiction environmental protection and the protection of competition, in the light of the rationalization of resources and of functions carried out by the authorities on the market rationalization. See considered in law n. 2. 52 Communication from the Commission White Paper on services of general interest, Com (2004) 374; D. GALLO, I servizi di interesse economico generale. Stato, mercato, e welfare nel diritto dell’Unione Europea, Milano, 2010; D. SORACE, I servizi «pubblici» economici nell’ordinamento nazionale ed europeo, alla fine del primo decennio del XXI secolo, in Administrative law, 2010, 1, 1 ss.; G. MARCOU, Regolazione, servizi pubblici essenziali e diritti sociali nello spazio giuridico europeo, in A. LUCARELLI (edited by), Diritto pubblico europeo dell’economia, Napoli-Roma, 2010. 48 This standard identifies three criteria: respect of the unity of river basin or sub basin, taking into account the basin plans, as well as the localization of resources and their allocation constraints, also deriving from custom in favor of the towns concerned; the unity of management, and in any case the overcoming of vertical management fragmentation; the adequacy of managerial dimensions to be defined on the basis of physical parameters, demographic and technical. 49 G. BOTTINO, Art. 148. Autorità d’ambito ottimale, in AA.VV., Codice dell’ambiente. Commento al d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, aggiornato alla legge 6 giugno 2008, n. 101, Milano, 2008. 50 See art. 149, d.lgs 3.4.2006, n. 152. Gazzetta Amministrativa -36- Numero 3/4- 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici such services as close as possible to users, the need for their organization takes into account the differences between the different services and the contexts in which the services are provided and guarantee a high level of quality. As for water services, such autonomy was confirmed by Directive 2000/60 / EC (Water Framework Directive, WFD) on water53, which does not specify the economic nature of the service54, but it refers to the principle of cost recovery of the water service55, according to an economic analysis56 based on long-term forecasts of supply and demand in the river basin district, where a Member State opts for an economic organization of the service. The directive defining the water service as a service of general interest, not specifying the economic nature, leaves maximum discretion to Member States in the organization of the service, allowing even the possibility that they can carry the burden of the service. In the event that a Member State opts for an economic organization of the service, it should observe the European Union rules on competition. The national legislature sought to make the management of the service a business, defining the powers of the regions that can operate, within the limits assigned by the state legislature, only for the introduction of measures aimed at ensuring greater competition and greater protection of the environment57. The division of powers outlined by art. 142, Decree Law. 3.4.2006, n. 152 provides that the regions carry out the functions and tasks allocated to them within the powers constitutionally determined, with particular reference to the territorial government. Local authorities, through "the body of Government of area", carrying out the functions of organization of the SII, the choice of management, determination and modulation of tariffs and entrustment of the management and its control. The legislature assigned the functions of regulation and control of water services through art. 21, co. 19, D. L. 06.12.2011, n. 201, converted, with amendments, in l. 22.12.2011, n. 214, to the Authority for Electricity and Gas (AEEGSI)58, following the abolition of the Authority for the regulation 53 Directive 2000/60 / CE of the European Parliament and of the Council of 23 October 2000 establishing a framework for Community action in the field of water. The directive is the effort to overcome the dichotomous relationship between sustainable development and economic development, opening the way towards the establishment of a multidimensional concept of sustainability, which includes an ecological dimension (water understood as a natural resource poor and vulnerable, to be transmitted integrate to the future generations); economic (water as an economic resource to be allocated according to the principles of efficiency); ethics (water as essential good which ensures accessibility of social justice according to criteria). See P. URBANI, Il recepimento della direttiva comunitaria sulle acque (2000/60): profili istituzionali di un nuovo governo delle acque, in Riv. giur. ambiente, 2004, 2, 209 ss.; A. MASSARUTTO, G. MURARO, “Il ruolo dell’analisi economica nella direttiva 2000/60”, in Economia Pubblica – bimestrale di informazione a cura del CIRIEC, fasc. 5- 6, 2006, Franco Angeli, Milano, p. 8 e ss.; F. LOPEZ RAMON, La planificacio´n hidrolo´gica en los Estados miembros de la Union Europea tras la Directiva Marco del Agua, in Revista espanola de derecho administrativo, julio-septembrie 2010, 147 ss. 54 See Directive 2000/60/CE, Recital. 15,although it doesn't have binding authority, states that: The supply of water is a service of general interest, as indicated in the Commission Communication "Services of general interest in Europe" no. 96-C 281-03, in G.U.C.E., 26.09.1996, C 281, p. 3. 55 Directive 2000/60/CE, Art. 9 Recovery of costs for water services. 56 Directive 2000/60 / CE, Recital. 38. Gazzetta Amministrativa 57 The Constitutional Court, in its judgment of 20.11.2009, n. 307, established the legitimacy of regional policies aimed at increasing the protection of competition beyond those set by state legislation, in this case by setting an obligation to entrust the water service by tender. On the division of powers between State and Regions art. 117 Costitution., with particular reference to the protection of competition see A. D’ATENA, Materie legislative e tipologia delle competenze, in Quad. cost., 2003, 1, 15 ss.; L. VIOLINI, La ‘‘concorrenza’’ tra Stato e regioni nella disciplina delle forme di gestione dei servizi pubblici locali, in Non profit, 2007, 4, 873 ss. 58 The D.P.C.M. 20.7.2012 (published in Official Gazette on 03.10.2012) indicated the respective functions of the AEEG and of the Authority and the Ministry of Environment; for a discussion on the functions relating to water services not transferred to the Authority for electricity and gas, the new regulatory framework of the water service, Hydro Authority Toscana, 2013, http://www.autoritaidrica.toscana.it / -37- Numero 3/4 - 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici and supervision of water59 established by dl 13.05.2011, n. 7060, pursuing a process of reorganization of governance that continue with the changes we have seen previously. The Authority in 2012, precisely 28 December, by resolution 585/2012/R/IDR approved the first method transitional tariff (MTT) to determine the rates applicable for 2012 and 2013. The authority, as by internal procedure, also took steps to diffuse the consultation documents (DCO)61 to all stakeholders, provided for the gathering of written observations and to the collective and individual hearings. The AEEG activity in 2013 was intensified, providing the Social water bonus62 and restitution to the end users of the tariff component of integrated water services on the remuneration of capital, was repealed in response to the referendum on 12 and 13 June 201163. In the future, by a careful analysis of the deliberations, it will be possible to check if its regulating activity meets the targets required by European Union legislation. 8. The methods for granting water services before and after the referendum result. The methods of entrusting the management of the SII64 have been the subject of many interventions by the legislator and jurisprudence, which require at least a short survey. Initially, the terms of custody provided by art. 150, T.U. environment, have been reformed as a result of the general rules on custody of local public services of economic interest65, as per art. 23-bis of Decree Law 25.06.2008, n. 112, converted, with amendments, by l. 06.08.2008, n. 133, later amended by art. 15 of Decree Law 25.09.2009, n. 135, converted in l. 20.11.2009, n. 16666. To ensure broad circulation of the principles of competition, freedom of establishment and freedom to provide services, the legislator chose to overcome the principle of 59 See D.L. 06.12.2011, n. 201, converted with modifications with L. 22.12.2011, n. 214, Urgent measures for growth, equity and consolidation of public finances, published in the Official Journal. 300 of 27.12.2011 - suppl. ord. n. 276, art. 21, c. 19. 60 See note n. 7. 61 The Authority's measures are adopted in accordance with procedures governed by their rules of procedure; in particular it provides for the circulation of consultation documents (DCO) to all stakeholders, collection of written comments and any collective and individual hearings In fact, the authority, before finalizing the first tariff method, from May to November, opened a consultation of three documents: the DCO 204/12 (22.05.2012), in which it presented the first considerations regarding the adjustment pricing of water services; DCO 290/2012 (12.07.2012), in which it submitted for consultation a more detailed proposal for provisional tariff methodology; DCO 348/12 (02.08.2012), in which it addressed the issue of the content of water services bill. 62 For more details, see Resolution 85/2013 / R / idr, of 28.02.2013: the document sets out the regulatory requirements of the intervention and the Authority's guidelines with regard to the application methods of the cost compensation mechanism for the provision of water services supported by economically disadvantaged households. 63 For more detail, see Resolution 273/2013 / R / hydraulic, of 06.25.2013: With the present resolution are determined the criteria by which the Area Authorities will have to identify the remuneration amounts of capital invested to be returned to users in relation to the period 21 July to 31 December 2011 following the referendum held on 12 and 13 June 2011. Gazzetta Amministrativa 64 See V. PARISIO, La gestione del servizio idrico integrato tra diritto interno e diritto dell’Unione europea, in See V. PARISIO (edited by), La fruizione dell’acqua e del suolo e la protezione dell’ambiente tra diritto interno e principi sovranazionali, Milano, 2011, 107 ss. 65 For a general overview of the regulation of local public services, see E. SCOTTI, Servizi pubblici locali, in R. BIFULCO, A CELOTTO, M. OLIVETTI, in D. disc. Pubbl., updating, Torino, p. 629 e ss. The provisions of Art. 23-bis applied to all local public services, prevailing both on the rules for individual sectors with which it is incompatible either of state or regional source - as is expected to by co. 1 of Art. 23-bis - and on the Article standards 113 of Legislative Decree no. 18.08.2000 n. 267 - as is expressly provided for by the co. 11 art. 23-bis. 66 Art. 15 of D. L. 25.09.2009, n. 135 expressly mentioned the Institute of In-house operation as a derogatory manner of custody, whose action had to be justified on the basis of "exceptional situations, because of peculiar economic, social, environmental and geomorphological features of the territory of reference, not allowing an effective and useful recourse to the market. " The regulatory framework was then completed with the Regulations implementing art. 23-bis of P.D. 07.09.2010, n. 168. -38- Numero 3/4- 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici equiordination67 in procedures for the entrustment of the service. This rule, in fact, provided that the assignment of the service could be done in the ordinary way, by conducting public tender procedures respecting the principles of the Treaty on the Functioning of the European Union (TFUE) and the general principles relating to public contracts, and exceptionally, when necessary for the economic and social character, environmental and geomorphology of territorial context, to companies with wholly public capital that meet the conditions required by the European legal system in-house management68. This approach not only was centered on a system of pre-established ex ante regulation, but didn't address the problems and weaknesses manifested by the control system in force, as it lacked the necessary technical skills, independence and monitoring and sanction powers69. The legislature, after the result of the referendum to abrogate of 12 and 13 June 2011, amended the regulatory framework briefly explained. As is known, the referendum achieved the result of repealing Article 23-bis of Decree Law 25.06.2008, n. 112, as amended by art. 15 of Decree Law 25.09.2009, n. 135, and art. 154 Legislative Decree 03.04.2006, n. 152 (TU environment) in so far as it referred to satisfactory return on invested capital. This has "reset" the entire discipline of local public services of economic importance developed over the past decade. On the procedures of entrustment of the SII, waiting for a new national framework, prepared by the legislature in the dl 12/09/2014, n. 133, as amended and conv. l. 11/11/2014, n. 164, the EU legislation was applicable in a direct way relating to competitive rules (in particular art. 106 TFUE) minimum in terms of public tender and the jurisprudence developed over time by the Court of Justice and the organs of internal judicial administration, as determined by the Constitutional Court in ruling on the admissibility of the first referendum question70. In other words, in the case of recourse to the market, the obligation to entrust the service through a competitive process open to public has remained, even in cases where local authorities decide to assign the service to a joint enterprise and have to select the private partner, through the so-called dual tender (covering both the quality of the membership and the management of the service)71, where 67 see co. 5, Art. 113 of Tuel (D.lgs 18/08/2000 n. 267). 68 See, G. PASQUINI, Le nuove prospettive degli appalti pubblici in Europa: Comunicazione CE 11 marzo 1998, n. COM(98)143, in Giorn. dir. amm., 1998, 889 e ss., in which the European Commission, with reference to the sector of public contracts, defined 'contracts in-house' as those awarded "inside" of a single administration or between an administration and the companies it controlled, responding to a scheme that the European Commission itself, in its interpretative Communication on concessions of 12.04.2000, in the Official Gazette, 29.04.2000, has the equivalent of a inter-departmental delegation, at which it admits the derogation from the application of the competitive method. According to known principles established at Community level, since the judgment 18.11.1999, C-107/98 Teckal: totalitarian public participation, similar control and realization of most of the activity in favor of the shareholders entities. On this reform of local public services see F. Merusi, Le modalità di gestione dei servizi pubblici locali, in Le nuove autonomie, 2009, n. 2-3, 307 ss.; D. Agus, I servizi pubblici locali e la fiducia nella concorrenza, Giorn. dir. amm., 2010, 7, 464 ss. 69 Cfr. ANEA, Public governance of water service. The proposals of the Area Authority in terms of regulation and control, Rome, Anea, 2010; National Commission for monitoring the water resources, Annual Report to Parliament on the state of water services. 2009, Rome, 2010, 59. Gazzetta Amministrativa 70 Constitutional Court 26.01.2011, n. 24, regarded in law § 4.2.2, and Directive 2004/17 / EC coordinating the procurement procedures of entities operating in the water and energy, transport and postal services. The Constitutional Court has confirmed what it had already said in its judgment of 17.11.2010, n. 325, regarded in law § 6 and 6.1. 71 The model has been admitted by the Court of Justice U.E, in this regard, see, Corte Giust. U.E., sez. III, 15.10.2009, proceeding C-196/08, Acoset s.p.a., in Foro amm. CDS, 2009, 10, 2211, see also comment G.F. NICODEMO, Società miste, il giudice europeo detta le condizioni per l’affidamento diretto, in Urb. e app., 2010, 2, 156 ss. It should be noted that the Court of Justice's decision was anticipated by the Italian legislature that, with D.L. 25.9.2009, n. 135 - converted with amendments by Law. 20.11.2009, n. 166 - has provided for the first time the model of the so-called race double object. -39- Numero 3/4 - 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici the company is established for a specific mission on the basis of a competition which concerns the choice of the shareholder and the assignment of the same mission. Following the referendum, however, the private shareholders can no longer have assigned a share of the joint enterprise less than 40%, unless that the participation as a private shareholder is merely symbolic not permitting an effective influence on organization, management and control of the service72. In case of a direct award, however, local authorities must comply with European principles relating to "inhouse operation"73. This has led to a return to the principle of equiordination between in-house assignment (in the circumstances required by European case law) and award by public tender. In general, it is therefore possible to state that the possibility of the public body to choose between the different management options has remained completely unchanged, that is, between the use of private (in single or associated form) or mixed corporate forms or self-production (via the in-house), also in light of recent changes in the dl 12/09/2014, n. 133, as amended and conv. the l. 11/11/2014, n. 164. One aspect that has generated the interest of many scholars in the field, and that deserves a particular attention, is whether or not we can provide in-house award by the special company. Some commentators74 consider that this form of organization of local public services is compatible with the European principles of in-house providing and with the current national legislation of the SII, in contrast to another part of the doctrine75, that considers it incompatible. It should be noted that the The Constitutional Court76 held that the obligation of the corporate structure for the in-house assignments had been introduced by art. 35, l. 28.12.2001, n. 448 (Provisions for the preparation of the annual and multiannual budget of the State Budget 2002). Moreover, the Court noted that the constraint of corporate structure for credit facilities in-house is still applied; This constraint hasn't been neither repealed implicitly by art. 23-bis nor by the referendum77, the purpose of which, according to the national laws, resided in the mere repeal of Art. 23-bis78. There is a clear need for a new regulatory approach that returns consistency and clarity to the matter. 9. The new planning method and the neIn particular, see the resolution of the Naples City Council of 26.10.2011 concerning the changing of Arin Spa in the special company Acqua Bene Comune Napoli. The Board of Arin endorsed this transformation in the extraordinary council of 31.07.2012, with legal effect from January 2013. See A. LUCARELLI, I modelli di gestione dei servizi pubblici locali dopo il decreto Ronchi. Verso un governo pubblico partecipato dei beni comuni, in Analisi giur. economia, 2010, in part. 135-139. About special company in general see G. MARCHIANO`, L’azienda speciale. Disciplina attuale e ulteriori prospettive di riforma, in G. SANVITI (edited by), I modelli di gestione dei servizi pubblici locali, Bologna, 1995, 249 ss.; F. DELLO SBARBA, I servizi pubblici locali: modelli di organizzazione e di gestione, Torino, 2009, 25-36. 75 G. CAIA, Finalita` e problemi dell’affidamento del servizio idrico integrato ad aziende speciali, in Il foro amm. - Tar, 2012, 2, 666. 76 Cfr. Costitutional court 17.11.2010, n. 325, recital of law n. 6.2. 77 D.l. 25.06.2008, n. 112, art. 23-bis, c. 3 e 11. L’art. 23-bis it abrogated, in fact, only the "incompatible" provisions of article 113 of Tuel, as amended following the changes made by the said Art. 35 of l. 28.12.2001, n. 448. The limit imposed by the corporate form. 35 of l. 28.12.2001, n. 448 doesn't seem to be, therefore, incompatible, but rather complementary, compared to the provisions of art. 23-bis. 78 Costitutional court 26.01.2011, n. 24, recital of law § 5.2. The model of the race dual object also had the initial approval by jurisprudence of the State Council (sect. VI, 16.03.2009, n. 1555, in Urbanistica e appalti, 2009, 705, commented by G. FRACCASTORO and F. COLAPINTO, I servizi pubblici fra società mista e in house providing; sect. see, 13.2.2009, n. 824, in Giurisd. amm., 2009, I, 214; sect. II, 18.04.2007, n. 456, in Foro it., 2007, 12, 611). 72 The Constitutional Court, with judgment 01.02.2006, n. 29, has judged, with these reasons, legitimate a law of the Abruzzo region which set the minimum proportion of 40% to the private partner. 73 See preceding note. 74 In this sense see A. LUCARELLI, la sentenza della corte costituzionale n. 199/2012 e la questione dell’inapplicabilità del patto di stabilità interno alle s.p.a. in house ed alle aziende speciali, Federalismi.it, 2012; A. CONTIERI, Prime riflessioni sulle modalità di gestione del servizio idrico integrato a seguito del referendum del 12 e 13 giugno 2011, in www.giustamm.it. Gazzetta Amministrativa -40- Numero 3/4- 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici water bodies83. In other words, the framework for the actual composition of the water surface network, underground aquifers and coastal waters of transition is the basis of proper planning. Only the local authority will able to carry out a detailed and analytical description of their local water network and therefore contribute in expressing the necessary management, as required by the WFD. All that opens, on the side of the processing methodologies of information and its complexity, the ancient theme of space due to territorial autonomy in the management of water84 and the lack of a national system capable of collecting data in a uniform way and then use it. Only plans of trans-fall85 character can provide an answer to the need for the preparation of documents that are not a simplified and stereotyped portrayal of territorial characteristics of large areas, such as the districts and, especially for the variegated conformation of our territory, so as to fulfill community stresses to identify the different administrative actions necessary for giving effect to the provisions of the plan. cessary role of local authorities. Another element that characterizes the change that is affecting the water and the water service, regards the necessary replacement of the planning “concessione”79. From the second half of the nineteenth century the provvedimentale instrument used was the water license, as it was fully functional for the realization of the maximum exploitation of the resource. Today, according to the WFD, planning, carried out on macro-scale district, must become the focus of policies for the protection and planning use and sustainable resource80. At the national level, the first district management plans result of the obligations dictated by the European Union and transposed by the national legislation through the art. 117 T.U. environment, were enacted in the early 201081. Today an awareness has emerged for the acquired awareness by the public decisionmaker of the inherent limitations of cognitive capacities and forecasts of the complexity that the water systems presents. The procedure plan goes far beyond mapping of the basin and the drafting of a register of users, among other non-existent in many parts of the country, although it was already provided for in r.d. n. 1775 of 193382. The planning passes in the first place for a detailed "characterization" of the water of the district, which is necessary for the assignment of objectives how much-quality for individual 10. “Concessioni” and dismissal without compensation in the event of a forced release. 83 E. BOSCOLO, La disciplina pubblicistica delle acque tra pubblicità, tutela ecologica e distribuzione universale garantita, cited above., p.690. 84 C. BELLIS, Acque e interessi territoriali, Bari, Cacucci, 1984. 85 P. BONAVERO, L’approccio transcalare come prospettiva di analisi. Il contributo della geografia alla ricerca economica e sociale, Milano, EDUCatt Università Cattolica, 2005; The notion of transcalarity is understood as a specific perspective of geographical disciplines in the study of economic and social phenomena. In particular, two different meanings of transcalarity are distinguished, which is aimed at: “in senso debole”, come applicazione di concetti e strumenti di analisi a diverse scale geografiche; "In the weak sense", as an application of analytical concepts and instruments at different geographical scales; "In the strong sense," as joint consideration of two or more geographical scales and analysis of relationships between them intervening. This second meaning is exemplified by the study of the "local / global relationship," necessary for the water sector. 79 The granting or concession provision" is an institute of the Italian law different from the Institute of the concession provision provided by European law; "The concession" measures create to the recipients legal situations of advantage over goods reserved to the public administration (eg the grant to open a bathhouse on the beach, which is a good belonging to the P.A, a public property) or sectors reserved to the public administration (eg the provision of public services, such as the award to a private to perform public transport by bus). 80 E. BOSCOLO, La disciplina pubblicistica delle acque tra pubblicità, tutela ecologica e distribuzione universale garantita, cited above p.689. 81 E. BOSCOLO, La disciplina pubblicistica delle acque tra pubblicità, tutela ecologica e distribuzione universale garantita, cited above., p.689. 82 Co.Vi.R.I., Relazione annuale al Parlamento sullo stato dei servizi idrici, Anno 2009, Roma, 22.7.2010. Gazzetta Amministrativa -41- Numero 3/4 - 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici As previously mentioned, the issue of the structure and system of juridicial water “concessioni” determines many problems, as an administrative tool reserved for the achievement of results in terms of economic productivity regardless of the need for preservation of water ecosystems to which it correlates on the contrary the need for adaptability, generating drawing rights and exhaust immutably secured in the long run. Regarding the “concessioni”, the only clauses of adaptation were related to the very rare case of modification of the quantities available due to natural facts radically amending the water flow, as required by law (Royal Decree 1775 of 1933) and individual “concessioni”86. The current conditions of water ecosystems can not withstand any longer the characteristic rigidity of the “concessioni” of the traditional mold. Today, the hierarchy of values has changed and the ecological issues require the provision of continuous verification of compatibility of the levies in order to ensure the preservation of the water body. These checks may impose forced releases or reduction of levies not accompanied by compensation even if where invasion of expectancy exploitation of the water body is lese, according to art. 95, co. 5 of T.U. environment. The whole system is moving in the opposite direction to the logic of the needs that foresaw as only limits the technical capacity and financial resources, all this also affects the profiles linked to the duration of “concessioni” and the structure of fees, it is impossible to imagine a future that respects Community obligations while maintaining the current standards under the current “concessioni” held politically low. Today, in the structure of the fees the compensation component will have to fall , as required by the WFD via the principle of "polluter pays". Not to be underestimated that this can lead to a more responsible consumption, consumption still distorted because of fees retained "politically" low and therefore not adequately ensuring the environmental costs87. The “concessioni” change their legal structure differing from the past with significant consequences with regard to compliance with patterns traced by the general law on the procedure; consider, for example the revocation without compensation, that doesn't meet the need of reimbursement by the dealer who suffered the damage, contrary to the provisions of article 21 of l. 7.8.1990, n. 241, and whenever the withdrawal would endanger the fragile ecological balance of the water body. From this framework, the result is a recognition of the prevalence of environmental reasons on the alleged protection of the concessionaire, with the result that such power takes on the character of dutifulness regarding the P.A.. The exploitation of irrigation-water production therefore assumes a recessive trait respect to environmental interest, This leads to radical changes in the structure and content of the procedures and measures. The analysis of the concession system can provide some indication for the evolution of general administrative law, which often involves more and more limited goods and utility and with assignments, contrary to what is normally asked to the administration, that operates under conditions of uncertainty. It is, therefore, necessary to find new and appropriate models of measures that respect the need for adaptability in terms of profiles until now pursued, such as legal certainty, economic conditions and duration. 11. The adjustment: AATO, AEEG and Authority of Environment. The fundamental human right to water, the sense of securing of the availability of water resources of good quality and in sufficient quantity to ensure the fulfillment of the most basic needs of daily life, in conditions of equality and with the characteristics of universality, as subjective right, is not taken into account by the Republican Constitution of 86 87 E. BOSCOLO, La disciplina pubblicistica delle acque tra pubblicità, tutela ecologica e distribuzione universale garantita, p.692. Gazzetta Amministrativa E. BOSCOLO, La disciplina pubblicistica delle acque tra pubblicità, tutela ecologica e distribuzione universale garantita, cited above., p.693. -42- Numero 3/4- 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici 194888, nor from the newer Constitutions in the European context89. In a geographically heterogeneous reality as our country, to highlight this right as fundamental doesn't guarantee the effective satisfaction of the same, thus it is necessary to have an efficient distribution of the resource. The effectiveness of this right can only be guaranteed via an efficient water service, that our legislature, that has the competence, qualified as a service of general economic interest (Sieg)90. As already mentioned, in the SII converge opposite needs, namely the need for solidarity and efficiency, intended as better organization of industrial activities related to the service. These needs to be implemented need an adequate regulation and consequently a strong authority, independent and with penetrating sanctioning powers. In other words it is necessary not only the recognition of the right but also an intervention in public mechanisms to guarantee this right, therefore "For there to be an equal distribution, conservation and rational use of water resources, adjustment is required. "91. One of the serious problems affecting the SII is the backlog for adapting legislation to the precepts by the components of the water system, caused by the strong resistance of local authorities to abandon the old management logic and their role92, but also from economic crisis. It should be noted that the delays had a further aggravation also because of the uncertainty created by recent events, the result of the referendum and the latest legislative actions of both the national and regional legislator93. Already with the Galli law, it was expected for the SII both an exploitation of "economies of scope"94 (functional aggregation) and the "economies of scale" was expected for the SII by providing a joint no longer at the municipal level but for optimum areas (ATO)95 and self-financing industrial management provided via the fare. All this, as we have seen has been confirmed by TU environment, but the implementation is still far because, as we shall see, in our country there is another problem that needs an in-depth analaysis which was and still is in part the lack of an adequate regulation. To date the only adjustment has been the unity of the administration that has surpassed the vertical fragmentation of management. Even the bodies of government of the area today are still a problem in part not yet exceeded. The T.U. environment art. 147, as we have seen, provides for the reorganization according to optimal basins to which corres- 88 See D. ZOLO, Il diritto all’acqua come diritto sociale e come diritto collettivo. Il caso palestinese, cit., p. 126; in the course of the preparatory work of the Constitution, within the III Subcommittee, the introduction of a more general law was proposed, to consumer goods, however it didn't find the overall share, See, on this point, the amendment tabled by Gerardo Bruni at the III Subcommittee in the morning session of May 13, 1947: "The ownership of the goods of use is ensured by the Republic to all workers, in proportion to the quantity and quality of each work, and with respect of dependents' (Atti dell’Assemblea costituente, in La Costituzione della Repubblica nei lavori preparatori dell’Assemblea costituente, Roma, 1971, VIII, p. 1670). 89 S. STAIANO, Note sul diritto fondamentale all’acqua. Proprietà del bene, gestione del servizio, ideologie della privatizzazione, in Federalismi.it, 9 March 2011, passim. 90 Communication from the Commission White Paper on services of general interest, COM (2004) 374.see ex multis D. GALLO, I servizi di interesse economico generale. Stato, mercato, e welfare nel diritto dell’Unione Europea, Milano, 2010; D. SORACE, I servizi «pubblici» economici nell’ordinamento nazionale ed europeo, alla fine del primo decennio del XXI secolo, in Administrative Law, 2010, 1, 1 ss.; G. MARCOU, Regolazione, servizi pubblici essenziali e diritti sociali nello spazio giuridico europeo, in A. LUCARELLI (edited by), European public economic law,, Napoli-Roma, 2010. Gazzetta Amministrativa 91 S. STAIANO, Note sul diritto fondamentale all’acqua, cited. 92 E. BOSCOLO, La disciplina pubblicistica delle acque tra pubblicità, tutela ecologica e distribuzione universale garantita, cited above., p.698. 93 The legislator has always pushed the privatization of Sii, the regional one has fluctuated between opposing positions, depending on the different regions, the referendum result has also affected the return on invested capital, prohibiting it. This makes it easily understandable that stakeholders haven't coordinated their activities creating a huge uncertainty about the management and organization of Sii. 94 G. MURARO, La gestione del servizio idrico integrato, in italia, tra vincoli europei e scelte nazionali, in Merc. Conc. Reg., 2003, p. 408. 95 G. CAIA, Organizzazione territoriale e gestione del servizio idrico integrato, in N. rass., 1996, p. 747. -43- Numero 3/4 - 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici pond the bodies of the Government of the area, later called into question in a logic of drastic cost-cutting. To date, not all regions have provided for the replacement of the authorities with their functions96. It will be necessary to hope that at least today, in light of current regulatory changes, the regions will fulfill this. The peculiarity of SII is also mainly caused by the non duplicability of distribution networks97, which involves the formation for many aspects of a natural monopoly. The lack of provision for an independent regulator for the specific sector98, has meant that there hasn't been a constant activity of regulation, with the objective of avoiding predatory pricing conducted by the operator and to ensure that the management was also oriented towards general interest. This is possible through a fixation rate of publications, an ex ante regulation - explicated by the definition of the rules of competition and the predetermination of the contents of the contractual documents - and ex post - activities intended to be carried on through a continuous rebalancing and correcting competitive tool99. The concession agreement, which assigns the exclusive right of management, is also attributable to the category of "incomplete contracts of long duration"100 - with related problems linked to the management of events that arise during the course of custody and the gap information between the administration and the economic actors. All this has generated a climate of uncer- tainty that can’t ensure private investment, framework further aggravated by the outcome of the referendum that has canceled the return on invested capital. A problematic point is the transition from a regulation per contract to a strong central regulator, in the absence of a validated and sufficiently large database allowing the creation of models of standardization costs consonant to the complexity of a system with strong environmental and social interactions. The regulator assumes a central position in the relationship, so far uncertain, with the lenders. The AEEGSI must act promptly, creating a standard model for the management agreement, defining with certainty the procedures for the redemption of works not yet fully amortized at the end of contract, distinguishing between investments for new works and those for the maintenance of the assets that can be assimilated to operating costs by reducing the risk in case of default, determining the procedures for determining the social tariff and tariff in general; the AEEGSI is planning the definition of some of these interventions, for which it has already partially resolved101 after starting the consultation phase, and it is hoped that all the planned activity will be approved in time in accordance with the needs of the sector. Interventions beyond the action of AEEGSI are those that the government and parliament can decide to improve the credibility of the system and reduce the risks. Among these interventions we can mention the creation of a guarantee fund for investment in case of default of the operator. Such interventions could not be a substitute for efficient regulation at central and local level, but could be put together with others borrowed from the experiences of other nations, such as revolving funds, the Water Bonds and project financing for specific cases. Only with 96 Emilia Romagna and Lombardy may be included among the regions that have taken steps. 97 M. POLO, F. DENOZZA, Le reti, in E. BRUTI LIBERATI, M. FORTIS (edited by), Le imprese multi utility, Bologna, il Mulino, 2001. 98 On a framework for functions relating to water services not transferred to the Authority for Electricity and Gas see previous note. 99 A. MASSARUTTO, La cultura del fare (e del disfare): il cantiere infinito della riforma dei servizi idrici, in Anal econ. Dir., 2010. 100 A. PETRETTO, Teoria dei contratti e regolamentazione dei servizi pubblici locali, in G. CANITANO, D. DI LAUREA, N. DONI (edited by), La convenzione di affidamento e la regolazione nel servizio idrico in Italia, Milano, F. Angeli, 2007, passim. Gazzetta Amministrativa 101 The Authority approved Resolution 585/2012/R/idr, the new criteria for the determination of the transitional rates for the biennium 2012/2013 which anticipate the general outlines of the final tariff planned for 2014 concerning all operations, except for those which apply the CIPE method. With the decision 643/2013/R/idr, the Authority approved the Water Method Rate (MTI) for the years 2014 and 2015, to completion of the first regulatory period 2012-2015. -44- Numero 3/4- 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici the set of all operations you can be groped to achieve the goal102. Finally it should be noted that the organizational forms of water service should allow greater control and greater participation of the users in order to be compatible with the management and industrial efficiency; all in line with the classification of the resource as "common good" but in respect of efficient management, necessary for the implementation of the principle of full-cost recovery, as required by the WFD. Environmental Code, three purposes, that reflect the fundamental principles of the discipline of water services, in particular, sustainable management of the resource (with recall to rights of future generations and to the policy of solidarity between generations)104, water saving (consumption reduction and rationalization of uses)105 and the priority of human consumption on other uses106. The divergent needs to consider are: the growing demand of a fundamental good. economic needs, that require more and more effective and efficient management and environmental, aimed at protecting the quality and savings of the resource. The tariff system to meet these conflicting requirements uses different institutes, including the price-cap107 and the rate at increasing blocks; the price-cap institute is suitable for the care of social needs but also economic and environmental efficiency since it takes into account the efficiency and planned investments; the institute of the rate at increasing blocks, however, aims to reduce consumption in order to better guarantee the protection of the environment and finally crosssubsidies. Before the referendum our tariff 12. Notes on the role of the rate of the SII and Directive 2000/60 / EC. The price system is one of the main issues related to the SII and to the adjustment system, as a service of economic importance, that has to perform many functions including the protection of fundamental rights, that are connected and depend on a regular use of the service, the protection of the resource regarding the environment and preservation for future generations. The tariff system is therefore the focal point of Sii103, and has, as evidenced by the 102 R. M. MAZZOLA, The regulation of water utilities, Astrid, Rome, 2013; The author proposes to consider both the structured finance instruments, such as project finance, for the financing of individual works, such as for example the drinking water treatment plants and water treatment; either in other European countries, such as affermage, where the manager has the task of identifying and proposing investments but their responsibility and financial burden is borne by the local authorities, to which the tariff quota is also transferred, recessed from the aqueduct service, for the payment of debts for investment. 103 The consultation document 550/2013 / R /idr, which follows document 356/2013 / R / idr, reports the Authority's final guidelines on tariff regulation of water services in the first regulatory period (2012-2015), integrating the discipline already defined of the transitional period (MTT-Method Rate transient) concerning the criteria for the determination of tariffs in 2012 and 2013, with a new method of consolidation for the years 2014 and 2015. The objectives that the Authority intends to pursue through the establishment of the Water Method Rate (MTI) are attributable to the following purposes: ensure universal access to water; ensuring conditions aimed at encouraging the urgent modernization of water infrastructure; ensure the management of water services in conditions of profitability, efficiency and financial viability; ensure and facilitate the implementaGazzetta Amministrativa tion of the regulatory framework promoting the simplification and stability. 104 D.lgs. 3.4.2006, n. 152, art. 144, co. 2. 105 D.lgs. 3.4.2006, n. 152, art. 144, co. 3. 106 D.lgs. 3.4.2006, n. 152, art. 144, co. 4. 107 A mechanism by which the price of the final good is subject to a roof that allows for a tariff adjustment by subtracting the rate of inflation the minimum of enterprise productivity increase. The regulator imposes, therefore, to the manager that the index of selected price increases no more than the retail price index (retail price index) growth rate net of a certain percentage each year, taking into account future gains in efficiency of ' company (X): for this, the method takes the name of RPI-X regulation. By means of this method of updating rates, the public authority determines the maximum price applicable by the operator in return for the provision of the service, operating a balance between the interest of the users to pay a modest rate and the needs of the providers to achieve an appropriate profit to the industrial activity brought into being. The tariff policy would create, in this way, in a negotiation margin of increase in prices in response to commitments by companies in terms of investments to be made and quality of services to offer, so they should be provided for specific penalties in respect of the failure to achieve the levels of quality agreed or planned investments. -45- Numero 3/4 - 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici system also included the rate of return108 model, that is a form of regulation which stipulated a limit to the rate of return on capital invested by companies, and the reveneu cap109, ie a model which determined a maximum profit . These pricing models therefore need a strong regulator. The action of the regulator must be directed to mitigate the distortions that may occur with any tariff method, for example, prevent unnecessary or undesirable investments may be encouraged by the certainty of receiving a substantial remuneration, or making sure the demand estimates are as consistent as possible with the actual supply, since the revenue cap presupposes an exact determination of the level of demand. In case of error in the initial estimate of supply and service costs it is possible to determine lost revenues that could lead to a reduction in investment or an increase in fares110. The action of AEEGSI and issues related to the tariff system are in close connection with the provisions of the WFD111, establishing the framework for Community action in the field of water based on an integrated approach to the planning and management of water resources. This directive replaces and unifies all previous sector regulations, and indicates a new line of action in order to ensure the protection of the aquatic environment, intended in its totality within Community territory112. In terms of water, for the first time a directive integrates environmental requirements with economic and social ones. More specifically, the directive is based on the principles of precaution, prevention and the "polluter pays" (polluter-pays principle); obliging the protection of waters. The new orientation highlights all the various functions of the good water, recognizing, so, the co-existence of different needs: the social aspect related to the protection of persons against risks for safety and health is protected; the economic aspect, since it involves the efficient access of the population and the resources to the resources; the environmental aspect, or intergenerational sustainability, which includes the conservation of resources and the defense of their ecological functions. In this sense it is no longer sufficient, as in the past, dwelling on the chemical and physical composition of the water body, or the observance of certain limits of concentration of substances, but it is necessary to take into account the ecological functions of water bodies that must be maintained and improved. The overall objective to be achieved by 2015, is to achieve a "good status" of all the waters of the European Union, through management plans implemented at the level of individual river basins113. To achieve this objective, the Directive starts from certain priority and complementary assumptions: water has no borders, water concerns each of us, water is a fragile resource, water has a cost and needs to implement integrated and complementary meas- 108 Institute predicted in Britain, due to the fact that the industry would have reached maturity and that the gains of efficiency would be terminated, it was necessary to provide for a form of return on capital invested by the company. 109 In revenue-cap the activity of the regulator is aimed at determining the level of profit that the manager can achieve annually, which should provide incentives to reduce costs rather than an increase in sales volumes of the managers. 110 H. Averch and L. JOHNSON, Behavior of the firm under regulatory constraint, in The American economic review, 1962, 5, 1053 e ss., which describes the diseconomic effects resulting from the adoption of the method of the rate of return without adequate regulatory counterweight. See also, M. MORETTO and P. VALBONESI, La regolamentazione dei prezzi, in I servizi idrici tra mercato e regole, edited by G. MURARO and P. VALBONESI, Roma, 2003, 99 and ss; Anea, La tariffa del servizio idrico integrato, Roma, 2008, 3. 111 Direttiva 23 ottobre 2000, n. 60 “quadro per l’azione comunitaria in materia di acque”, in G.U.C.E. n. L 327 del 22 dicembre 2000 (correct text with the correction notice published on G.U.C.E. n. L 17 of 19 January 2001). Gazzetta Amministrativa 112 G. CORDINI, “La tutela dell’ambiente idrico in Italia e nell’Unione europea”, in Rivista giuridica dell’ambiente, dossier 5, 2005, Giuffrè editor, Milano, pp. 716-717. 113 A. MASSARUTTO, L’acqua, Il Mulino, 2008, p. 34. The directive is certainly ambitious, since it has placed very stringent deadlines. For the time schedule see http://www.direttivaacque.minambiente.it/adempiment i.html -46- Numero 3/4- 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici ures, such as public participation114. It can be said that the Directive 2000/60/CE has implemented changes regarding water policies water, which pass from the concept of needs and construction of infrastructure at public expense to the opposing concepts of reduction of public expense, efficiency in use of full recovery of costs to users (full cost recovery). As we have previously mentioned, Directive 2000/60/CE introduces principles and economic methods in water management in Europe. The Directive, in fact, considers the economic analysis as an essential tool for decision support. In light of the above, it can be said that the main economic principles on which the directive is based are: full coverage of costs, in particular, users (industry, agriculture, households) will have to bear the full cost of water services; and economic analysis, in fact, the Directive requires Member States to use economic analysis in the management of their water resources to assess the overall costs of alternatives during the decision process. Under the directive, the cost recovery refers to various elements. The prices users pay should be related to the costs of operating and maintenance of the supply and treatment, costs for investments in infrastructure and environmental costs and resource115, total innovation. The principle of full cost recovery, in connection with the "polluter pays" is established by art. 9. Through this principle users pay the provider directly or through fee, charge or taxation, incurred directly or indirectly, full coverage and proper cost of water services. This principle, in relation to the "polluter pays", carries out three basic economic functions: information, governance and financing. Coverage integrity and proper cost of water services and "polluter pays" in fact have to inform users about the total costs of their consumption, or the costs of their activities such as the cost of waste or discharge which deteriorate the quality of water116. The introduction of the principle of full cost recovery, being a novelty in the field of environmental law of the European Union, was highly problematic, in the course of the legislative process, and it is still difficult to identify the correct interpretation of the current text. The most debated aspects regarding the full cost, full cost recovery, concern the degree of binding nature117 of this principle and the basis on which to apply the "polluter pays"118. Inefficient pricing policies contributed to poor management of water resources in many ecosystems and those who use the environment (for example a reduction in the ecological quality of aquatic ecosystems or the salinisation and degradation of soils production). The resource costs are defined as the costs of supporting opportunities that other use, resulting from the reduction of the resource below the natural rate of regeneration or recovery (eg due to excessive extraction of groundwater). 116 Unnerstall, Herwig, “The principle of full cost recovery in the EU- Water frame work directive – Genesis and Content”, in Journal of Environmental Law, vol. 19, n. 1, Oxford University Press, Oxford, p. 29. 117 For a complete discussion L. DE VITO, La normativa comunitaria in materia di acque., Amministrazione in cammino, LUISS, Roma; cfr, if you wish, F. PALAZZOTTO, Il servizio Idrico Integrato alla luce della Direttiva 2000/60/ce. il ruolo della regolazione relativamente agli obiettivi di salvaguardia della risorsa acqua richiesti dalla direttiva, Gazzetta amministrativa, 2/2013. 118 M. KAIKA., B. PAGE, “The EU Water Framework Directive: part 1. European policy- making and the changing topography of lobbying”, in European Environment, fasc. 6, vol. 13, European Research Press, Shipley, 2003, pp: 314- 327. 114 Art. 14 of the WFD Directive states that Member States should promote active participation in the implementation of the Directive of all interested parties (users, service providers, environmental associations, etc.) Article 14 of the Directive states that Member States should promote active participation in the implementation of the Directive of all interested parties (users, service providers, environmental associations, etc.) In terms of participation, the Water Framework Directive is the first European directive that takes account of the principles of the Aarhus Convention and, in fact, among the most important aspects and significance, art. 14. related to '"Public information and consultation" , appears nullifying. see the Aarhus Convention on Access to Information, Public Participation in Decision-making and Access to Justice in Environmental Matters, implemented by Decision 2005/370 / EC of 17 February 2005 (G.U.C.E L 124 of 17 May 2005, pp 1-3; G.U.C.E L 164m of 16 June 2006, pp 17- 19). 115 Environmental costs are defined as the costs of damage that water use imposes on the environment, Gazzetta Amministrativa -47- Numero 3/4 - 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici areas. The European Commission, in its recommendations, has highlighted the need for full implementation of the Directive Framework and the activation of best price policies as these encourage efficient water use and will stop wastage. The The directive opens the way towards the establishment of a multidimensional concept of sustainability, which includes an ecological dimension (water understood as a natural resource poor and vulnerable, to be transmitted intact to future generations), economic (water as an economic resource to be considered according to the principles of efficiency) and ethics (water as essential commodity which ensure accessibility of social justice according to criteria)119. It can be said that the control system is far more important than the subjective nature of the manager, as demonstrated by the fact that the public and private activities have been equally affected by the errors of the regulator120. 13. Conclusion. The tasks that the national legislature, under the push of the European Union, has to face to resolve the problems of the SII, are arduous. They relate to the protection of the resource as an ecological component, ensuring an efficient distribution of adequate quantities of the resource for the basic needs of the population and the resolution of issues concerning the economic sustainability due to the necessary infrastructure investments. How ever, the critical issues are still open and pending resolutions are still many. The national legislature has regulated the SII as a service of economic importance, so that the legislative competence of many areas of the SII would fall among the subjects of protection of competition and environment, both belonging to the exclusive legislative power of the State. This has resulted in a compression of the competencies of the regions. Local authorities, with the provisions of Art. 23-bis, saw their autonomy regarding the choice of how to manage the service and custody of the same restricted. Autonomy which was regained only after the outcome of the referendum, as already announced by the Court during the trial of eligibility of the questions. The legislative framework, at present, provides for the equi-ordination between different forms of service management in line with the principles of European law, leaving it to the national, regional and local service organization to find the right balance between economic organization and the protection of competition and the achievement of the purposes underlying the provision of services of general economic interest. As noted by the Court in 21.03.2012, n. 62 the effects of the repeal referendum, have allowed the recovery of local government, allowing them to choose between the use of the market and direct award. In countries like Italy, economic activity, public or private, as is clear from reading Articles 41, 42 and 43 of the Constitution., oriented to the enhancement of horizontal subsidiarity principle, it must pursue social values. In our legal system public interven- 119 A. MASSARUTTO, G. MURARO, “Il ruolo dell’analisi economica nella direttiva 2000/60”, in Economia Pubblica – bimestrale di informazione edited by CIRIEC, dossier 5- 6, 2006, Franco Angeli, Milano, p. 8. 120 On the equal performance of public and private society in the management of water services, cfr. ex multis: K. GASSNER, A. POPOV e N. PUSHAK, Does private sector participation improve performance in electricity and water distribution?, Washington, 2009; D. HALL and E. LOBINA, Water privatization, in Critical essays on the privatization experience, Basingstoke, 2009; OECD, Liberalisation and universal access to basic services, Paris, 2006; D. SAAL and D. PARKER, The impact of privatisation and regulation on the water and sewerage industry in England and Wales: a translog cost function model, Birmingham, 2001; D. SAAL e D. PARKER, Productivity and price performance in the privatized water and sewerage companies of England and Wales, in Journal of regulatory economics, 2001, 1, 61 e ss.; S. MARTIN e D. PARKER, The impact of privatisation: ownership and corporate performance in the Uk, London, 1997. For a more extensive review of studies on the subject, cfr. W. MEGGINSON e J. NETTER, From State to Market: a survey of empirical studies on privatization, in Journal of economic literature, 2001, 321 e ss. e P. JACKSON, The privatisation of the British public sector: an assessment of a policy innovation, in The privatisation of public utilities: the case of Italy, edited by M. BALDASSARRI, A. MACCHIATI and D. PIACENTINO, Basingstoke, 1997, 84 and ss. Gazzetta Amministrativa -48- Numero 3/4- 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici tion on the economy expresses the pursuit of objectives of social nature, as is clear from Articles 41, 42 and 43 of the Constitution. which still represent the cornerstone of our "economic constitution" - to be read in conjunction with the principle of substantive equality in art. 3, paragraph 2 of the Constitution. Thanks to the role of regulation in the case of private management one should ensure compliance with the policies of ecological protection and economic sustainability on the water resource and its use. In other words, in countries like ours, state action entrepreneur121 is not necessary to pursue social values and environmental protection but the action of the state governor is enough, and perhaps more effective, despite the presence of multiple problems to be solved, as shown above, and regardless of the subjective nature of the manager. A public operator is not, in itself, a guarantee of effective protection of the social and environmental interests, unless it operates within a regulatory regime capable of protecting these interests. We must instead accommodate the social and public interests with the entrepreneurial approach, directing profit to a social function, so as to convert a part of the benefits obtained by a good business performance in the management of the service, in social benefits. This approach seems to be confirmed in the case law which stated that the freedom of competition, including in the field of water services, is also aimed at the "protection of society”122. This implies that the control system must be oriented to a discipline increasingly sensitive to new targets of state intervention, with reference also to the discipline of the social aspects of the service123, the implementation of which is entrusted to measures such as the prohibition of the posting of certain categories of users, the automatic repayment in case of failure, the expansion of judicial protection124, the introduction of an inclusive, a rigorous and effective system of sanctions, the provision of public funds to ensure the sustainability of the rate for the weak. The liberalization of services, is not a bad thing in itself, even with regard to a fundamental resource such as water. The negative aspect is that there are no mechanisms that ensure at the same time the liberalization of services, the protection of fundamental human rights and environmental protection of the resource. These mechanisms should be represented by a multi-level regulation of international character that can monitor the involvement of private sector, so as not to repeat what happened for example in co-chabamba, Bolivia125. The pursuit of the ambitious objectives that the service is required to meet, requires a of the cost of providing service logically followed the affirmation of the principle that the rate is the amount of the service. On the corresponding water service tariff see., also Tar Campania, Sa., sect. 1, 12.01.2009, n.24. 123 M. D’ALBERTI, Poteri pubblici, mercati e globalizzazione, Bologna, 2008; A. GAMBINO, Beni extra commercio, Milano, 2004. 124 The current system of protection offered to users, certainly insufficient, consists of some legal proceedings available at the ordinary courts under Articles. 139, 140 and 140-bis, d. lgs. n. 235/2006 (so-called Consumer Code), non-judicial remedies under art. 27, L. D. N. 146/2007 (at the Competition and Market Authority) and former art. 10 of Presidential Decree 07.09.2010, n. 168 (settlement procedure at the supply company), and the residual recovery remedies at the administrative court, governed by legislative decree. N. 198/2009. 125 N. LUGARESI, Diritto all’acqua e privatizzazione del servizio idrico, cited., pp. 43-72, in particolare pp. 61 e ss; A. CIERVO, Ya basta! Il concetto di comune nelle costituzioni latinoamericane, in M. R. MARRELLA (edited by) Oltre il pubblico e il privato. Per un diritto dei beni comuni, edition Ombre corte, Verona 2012. 121 Understood as directed dispenser as well as general interest Services also of Services of general economic interest. 122 In general see Costitutional court., 16.12.1982, n. 223, law considered in § 2, confirmed by the decision 22.07.2010, n. 270; regarding water services, we note the 24.07.2009 judgment, no. 246, in which the Court, in accordance with the character of the sewage tariff fee (which was previously recognized fiscal nature), has sanctioned the constitutional illegitimacy of art. 155, c. 1 legislative decree. 03.04.2006, n. 152, in so far as it permitted that the fee could also be required where the sewer was devoid of sewage treatment plants or such plants were not actually working. To the opening of the competitive system and the affirmation of the principle that the rate has to ensure full coverage Gazzetta Amministrativa -49- Numero 3/4 - 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici complex and coherent institutional framework, capable of promoting economic efficiency, social equity and environmental protection and does not attribute to the subjective nature of the operator and to the mode of custody of service’s decisive character126. It should be stressed that, given the economic importance of the SII, as established by the national legislature and repeatedly confirmed by the Constitutional Court, the fee, and the principles contained therein from the Community, have a major role compared to the protection that today the law requires in respect of this resource. Consequently, to ensure that the rate performs its tasks, there must be a strong regulatory activity for, key point for effective enforcement. To conclude, we can say that at the national and Community level public action adjustment can be the right way to resolve the problems highlighted, even if this is not period; in fact, the debate of contemporary scholars127, suggests an increasing need to create tools for the protection and promotion of goods on a global scale, such as water, that can be inserted into “a common heritage of mankind”, so as to give a legal status to such goods as uniform and international as possible. Today, in a globalized economy such as ours, it is necessary to prepare a protection and exploitation on a global scale of assets, such as water and the necessary common rules aimed at protecting the environment and workers. This will be possible only by reversing the relationship economics/law, so that the law lays down rules and restrictions on economic activity to assess admissibility, according to “Justice” and reversing the balance of power between the States and the large transnational private economic entities today in favor of the latter128. The law, supported by a strong, independent regulator, thus dictating the rules of the economy, would make indifferent the nature of (public or private) management, indeed, in some cases the private management adequately controlled and regulated could be a support for the public management, or at least from the synergy of their respective strengths you could get a benefit against a backdrop of international economic and financial crisis such as today's one. 126 M. FRANZINI, L’acqua: non solo questioni di efficienza, in Acqua. Fra incidenza sociale ed efficienza gestionale, edited by A. Riccaboni, Firenze, 2003, 59 e ss. 127 N. BASSI, Il demanio planetario: una categoria in via di affermazione, in Riv. trim. dir. pubbl., 03/2011, passim. 128 C. CROUCH, Il potere dei giganti. Perché la crisi non ha sconfitto il neoliberismo, Laterza, Roma-Bari, Gazzetta Amministrativa 2011, passim; U. MATTEI, BENI COMUNI un manifesto, Editors Laterza, Bari, 2012, passim; T. Seppilli, Sulla questione dei beni comuni: un contributo antropologico per la costruzione di una strategia politica, in Oltre il pubblico e il privato. Per un diritto dei beni comuni, edition Ombre corte, Verona 2012, p.109 e ss. -50- Numero 3/4- 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici LA CITTÀ METROPOLITANA: ENTE RIVALE O ENTE SUBALTERNO? UNA RASSEGNA della Dott.ssa Adele De Angelis Con l’entrata in vigore della legge 56/2014, (c d Legge Delrio) l'istituzione delle città metropolitana giunge a conclusione dopo un tormentoso iter legislativo. Essa nasce come un nuovo ente intermedio tra Regione e Comune, volto alla risoluzione dei problemi del territorio ad essa assegnati, come è stato recentemente riconosciuto anche dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 50 del 2015. With the entry into force of the Law 56/2014, (so called Law Delrio) the establishment of the metropolitan cities comes to an end after a torturous legislative process. It was born as a new intermediate body between the Region and the City, aimed at solving problems of land assigned to them. As was recently recognized by the costitutional Court in its judgment n. 50/2015. Sommario:1. Premessa. 2. Dalla Legge 142/90 alla legge Delrio. 3. Struttura, funzioni e prospettive della città metropolitana nella legge 56/2014. 4.Cenni sulla sentenza della Corte Costituzionale n. 5072015. 5. Il modello di governo metropolitano nella legge 56/2014. 1.Premessa1. Con la recente sentenza, n. 50/del 2015, la Corte Costituzionale, ha definitivamente dichiarato la legittimità costituzionale della riforma delle autonomie locali e in special modo, l’istituzione delle città metropolitane, che hanno visto la luce, nel nostro Paese, dopo un tormentoso iter normativo, con l’entrata in vigore l’8.4.2014, della legge n. 56/2014 (c.d. Legge Delrio). Scopo di questo scritto è quello di cercare di ripercorrere il ruolo, la fisionomia e soprattutto le funzioni, che sono state attribuite a questo nuovo ente a partire dalla l. 142/90 fino alla legge 56/2014. Nel tentativo di cercare di perseguire tale scopo, nelle pagine che seguiranno, dopo una breve disamina sulle principali pronunce normative e giurisprudenziali, che hanno interessato il processo di riforma, ci si soffermerà, in special modo, sulla l. 56/2014, analiz- zandone gli aspetti principali, i limiti, e le novità che intende apportare nel più intenso processo di riforma delle autonomie locali, che raggiunge attualmente la sua massima espressione con il d.d.l del 31.3.2014, che prevede, tra l’altro, la revisione del titolo V della parte II della Costituzione. 1 2 2.Dalla legge 142/90 alla legge Delrio. La legge 142/90, è stato il primo testo in cui è emerso questo nuovo progetto istituzionale locale. Essa rispecchia, tra l’altro, la concezione tipica del modello italiano, che ha sempre preferito un governo unico e strutturale a cui afferiscono realtà totalmente diverse e disomogenee tra loro, discostandosi, in tal modo, dalla concezione europea che predilige invece, un governo estremamente variegato, basato su un sistema di decentramento e collaborazione tra i vari assetti istituzionali.2 Su un confronto tra i vari modelli si v. M. SAVOLDI, “Organizzazione istituzionale e burocratica. L’area metropolitana,” in EG. 2004, 28 ss. Saggio sottoposto con esito positivo alla procedura di referaggio ai sensi del Regolamento interno della Rivista. Gazzetta Amministrativa -51- Numero 3/4 - 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici Alla disposizione in esame, viene riconosciuto l’indiscusso merito della presa d’atto della necessità di un inevitabile cambiamento dell’assetto territoriale, e, conseguentemente, della necessità di istituire un nuovo progetto istituzionale che garantisse una governace ottimale. La l. 142/90, considerava Città metropolitane, nove grandi comuni, maggiormente popolati, ma l’estensione effettiva di tali aree veniva individuata solo parzialmente.3 L’intento del legislatore, con l’approvazione della l. 142/90, era quello di poter inserire le Città metropolitane nell’ambito della riforma delle autonomie locali, fornendo uno strumento legislativo sufficientemente duttile per la soluzione delle diverse problematiche di carattere economico, sociale ed ambientali presenti nelle grandi aree urbane con una forte densità demografica, e l’affermazione di un modello differenziato di governo metropolitano che presumeva l’istituzione delle Città metropolitane previa delimitazione delle rispettive aree di riferimento. Tale intento legislativo, però, mal si conciliava con quello delle istituzioni esistenti (regioni, province, comuni), che vedevano l’istituzione delle Città metropolitane, più come un rischio che come una risorsa, manifestando così una certa ritrosia a cedere parte delle loro funzioni ed attribuzioni ad una nuova istituzione, di cui non era ben chiaro quale sarebbe stato l’impatto reale sul territorio. Ciò comunque non distoglie il legislatore dal realizzare il progetto del nuovo ente territoriale, ed infatti, negli anni successivi, il parlamento ritorna sul tema, nel tentativo di definire più chiaramente l’ambito operativo e affermare così definitivamente le Città metropolitane. Poco meno di un decennio dopo, viene emanata la l. n. 265 del 3.8.1999, che attri- buisce un ruolo rilevante ai comuni, i quali diventano soggetti attivi dell’area metropolitana, e mostra maggiore flessibilità e interesse alle differenti aree geografiche prevedendo la necessità di una emanazione di tante leggi nazionali (su proposta delle Regioni) quante sono le Città metropolitane. Il processo di riforma avviato a partire dalla l. n. 142/90 culmina nel Testo unico sull’ordinamento degli enti locali (d.lgs. 18.8.2000, n 267), il quale nell’abrogare la riforma del 1990, tende anch’esso a riparare all’inerzia delle Regioni assegnando un ruolo primario alle Provincie e ai Comuni. Il contributo apportato dall’introduzione del Testo unico sull’ordinamento degli Enti locali, è stato quello di segnare l’ingresso delle Città metropolitane nell’ambito del governo locale, conferendole, in tal modo un’autonomia ben più definita rispetto al passato.4 Sul piano delle competenze, infatti, il generico riferimento previsto dalla vecchia disciplina, dei compiti spettanti alla provincia ed ad alcuni ambiti comunali, viene colmato da una riforma più flessibile, che si limita a prevedere che: <<la regione, previa intesa con gli enti locali interessati, può definire ambiti sovracomunali per l’esercizio coordinato delle funzioni degli enti locali, attraverso forme associative e di cooperazione>>. A partire dalla l. 142/90 e poi con la l. 265/99, fino al Testo Unico, il catalogo delle funzioni spettanti alle Città metropolitane, era affidato sostanzialmente alle leggi regionali o a statuti metropolitani, approvati con legge nazionale. In seguito, nel 2001, con la riforma del titolo V della Costituzione avvenuta con la legge costituzionale 3/2001, la riforma metropolitana ha acquisito dignità costituzionale con la modifica dell'art. 114, che inserisce le Autorità metropolitane di diritto tra gli enti locali che costituiscono la Repubblica Italia- 3 I nove comuni sono individuati nella legge 142/90 all’art 17 co.1. “Sono considerate aree metropolitane le zone comprendenti i comuni di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari, Napoli e gli altri comuni i cui insediamenti abbiano con essi rapporti di stretta integrazione in ordine alle attività economiche, ai servizi essenziali alla vita sociale, nonché' alle relazioni culturali e alle caratteristiche territoriali.” Gazzetta Amministrativa 4 Il d.lgs. n. 267/2000 individua le aree metropolitane in quei territori nei quali tra i comuni capoluogo e gli altri comuni sussistano rapporti di stretta integrazione territoriale, in riferimento alle attività economiche, ai servizi essenziali alla vita sociale, come anche alle relazioni culturali e alle caratteristiche territoriali. -52- Numero 3/4- 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici na.5 Collocate le Città metropolitane, nel titolo V, esse entrano a far parte della cd. “Repubblica delle Autonomie,” fondata, in larga misura dalle altre istituzioni territoriali locali, istitutive della Repubblica. Da un lato, vi sono le regioni, soggetti essenzialmente di carattere legislativo, programmatorio; dall’altro, i comuni, le province, le città metropolitane, con il baricentro sull’amministrazione del sistema locale, incentrato su due temi, vale a dire, legate a funzioni di prossimità e a funzioni di area vasta. Alla riforma del 2001, non seguono molte sperimentazioni attuative, e il tema del governo metropolitano subisce una lunga pausa legislativa, e l’istituzione delle Città metropolitane, rimane ancora, in concreto, solo sulla Carta. Solo con la l. n 42/2009 sul federalismo fiscale e il “Decreto Salva Italia” del dicembre 2011, (l. 214/2011) ed in seguito con la l.135/2012, (c.d. Spending review), che prevedeva: un primo intervento di riordino delle province, l’istituzione delle Città metropolitane, e la definizione delle modalità di esercizio associato di funzioni e servizi comunali, si riapre il dibattito sulla riforma delle istituzioni locali. Invero, come osservato da gran parte della dottrina e dell’opinione pubblica, tale produzione legislativa, è nata in un contesto più improntato a obiettivi di contenimento della spesa pubblica che di riforma del governo degli enti locali. In seguito il d.l. 188 del novembre 2012 (Disposizioni urgenti in materia di province e città metropolitane), conteneva soluzioni di attuazione ad alcune disposizioni della l.135/2012, con particolare riferimento alla geografia delle nuove province. La sua mancata conversione in legge, e il rimedio posto attraverso la Legge di stabilità 2013 (l. 228/2012, art. 1, comma 115) hanno però determinato uno “stallo” del processo di riforma, prevedendo la sospensione dell’applicazione dei dispositivi della l. 135/2012 in materia fino alla fine del 2013. Con la sentenza 220/2013, la Corte Costituzionale, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di alcuni articoli della l. 214/11 e della l. 135/12 in tema di riordino delle province e di istituzione delle Città metropolitane, eccependo che il nuovo volto delle autonomie locali non può essere istituito con una decretazione d’urgenza, quale è appunto il decreto legge.6 Il Consiglio dei Ministri, subito dopo, ha dato il via libera al d.d.l. n. 1543 (presentato il 20.8.2013), che aveva come obiettivo quello di intervenire nuovamente sul Titolo V. Il disegno di legge, si componeva di soli tre articoli, e prevedeva l’abolizione delle province, l’eliminazione delle Città metropolitane dall'art. 114 della Costituzione, demandando alla legge ordinaria la definizione delle loro funzioni, delle loro modalità di finanziamento e, più in generale, del loro ordinamento. Dopo la sentenza della Corte Costituziona6 Corte cost. 3 -19 luglio 2013, n.220, in Giur cost. 2013, 3157 ss. Per una maggiore trattazione v. N. MACCABIANI, Limiti logici (ancor prima che giuridici) alla decretazione d’urgenza nella sentenza della Corte costituzionale n.220 del 2013; G. SAPUTELLI, Quando non è solo una “questione di principio”. I dubbi di legittimità non risolti della “riforma delle Province”. V. i commenti: A SAITTA, Basta legalità! Interpretiamo lo spirito del tempo e liberiamo lo sviluppo, in www.forumcostituzionale.it 23 settembre 2013; A.VIGNERI, Lavori in corso su province e città metropolitane, in www.astrid-online.it settembre 2013; A. SEVERINI, La riforma delle Province, con decreto legge, “non s’ha da fare,” in Rivista aic.it, luglio 2013; O.CHESSA, La forma di governo provinciale nel d.d.l. n. 1542: profili d’incostituzionalità e possibili rimedi, in www.federalismi.it 10/12/2013; C. NAPOLI, Province: tutto (o niente?) da rifare, in www.federalismi.it n. 21/2013; M. BETZU, Crucifige Provinciam! L’ente intermedio di area vasta al tempo della crisi, in www.federalismi.it n. 21/2013; F. SANCHININI, L’uso della decretazione d’urgenza per la riforma delle autonomie locali: il caso della Provincia. Considerazioni a margine della sentenza n. 220 del 2013 della Corte costituzionale, in osservatoriosullefonti.it, n. 3/2013; G. DI COSIMO, Come non si deve usare il decreto legge, in Le Regioni, n.5 -6/2013, 1163 ss.; e M. MASSA, Come non si devono riformare le Province, in Le Regioni, n.5 6/2013, 1168; R. DICKMANN, La Corte costituzionale si pronuncia sul modo d’uso del decreto-legge, in www.giurcost.org 3.9.2013. 5 Sugli effetti della riforma si v. T. GROPPI, M. OLIVETTI (a cura di), La Repubblica delle autonomie. Regioni ed enti locali nel nuovo titolo V,” Torino 2003. Gazzetta Amministrativa -53- Numero 3/4 - 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici le, e il d.d.l. n 1543, si rendeva necessario intervenire con un nuovo provvedimento legislativo volto, da una parte, a regolare la nuova istituzione metropolitana e, dall’altra, a definire un regime “transitorio” per le province in vista dell’approvazione della riforma costituzionale. Il 26.7.2013 il Consiglio dei Ministri ha esaminato il cosiddetto "Disegno di legge Delrio7 che in tema di Città metropolitana, richiama in larga misura l'ordinamento previsto dall'art. 18 della l. 135/12, pur presentando alcune importanti novità. Il decreto presenta sostanzialmente tre finalità: stimolare lo sviluppo e la crescita, rendendo i processi decisionali più veloci e sviluppando economie di scala; accrescere partecipazione e protagonismo, spostando il potere decisionale verso le comunità e i loro rappresentanti; migliorare l’efficienza di sistema, conseguendo, tra l’altro, importanti risparmi. Il combinato disposto tra disegno di legge costituzionale che prevede l'abolizione delle province e "il disegno di legge Delrio" produce degli effetti molto rilevanti sia sull’assetto sia sull’ordinamento degli Enti locali, in sintesi esso prevede: la trasformazione delle province in enti di secondo livello e un ridimensionamento delle loro funzioni come preludio alla loro abolizione con legge costituzionale la nascita delle Città metropolitane e il rafforzamento della cooperazione intercomunale attraverso le Unioni dei comuni e financo le fusioni tra i comuni stessi.8 L’immagine del nuove Ente che scaturisce dal disegno di legge “Delrio” è comunque ancora quello di un ente debole, a cui si affianca un rilevante peso funzionale a cui però non corrisponde un altrettanto forza strutturale.9 Tale disegno di Legge, culmina, nella l. 7.4.2014 n 56, che pur introducendo alcune modifiche, rispetto all’originaria proposta governativa, istituisce definitivamente le Città metropolitane. 3. Struttura, funzioni e prospettive della città metropolitana nella legge 56/2014. La legge Delrio, rappresenta un importante strumento, indispensabile per realizzare anche in Italia un governo delle aree territoriali a forte concentrazione urbana e specifica vocazione innovativa, in un ambito in cui il nostro ordinamento è fortemente in ritardo rispetto agli altri paesi europei. Alla data di entrata in vigore della legge, n. 56/2014 sono istituite nove città metropolitane,10 ad esse si aggiunge la città metropolitana di Roma capitale, destinata ad avere un ordinamento a parte. Esse sono considerate enti di secondo livello, il cui territorio coincide con quello della provincia omonima. Le finalità istituzionali ad esse sottese sono disciplinate al co. 2, dell’art 1 della legge 56/2014, esse riguardano: la cura dello sviluppo strategico del territorio metropolitano; la promozione e gestione integrata dei servizi, prevede il superamento del bicameralismo paritario e la revisione del titolo V della parte seconda della Costituzione. 9 Per un maggior approfondimento sul ddl Delrio, v. A. STAIANO, Il ddl Delrio: Considerazioni sul merito e sul metodo, in www.federalismi.it 8.6.2014 e M.CECCHETTI, Sui più evidenti profili di possibile illegittimità costituzionale del d.d.l. AS n.1212 (Disposizioni sulle Città metropolitane, sulle Province, sulle unioni e fusioni di comuni, in www.federalismi.it, 2014, 5. Sui limiti del disegno di legge Delrio, v. A. SANDULLI, “La città metropolitana e la debolezza di Atlante” in Munus. ESI N. 3/2013. 10 Esse sono: Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli, Reggio Calabria, oltre a Roma Capitale, La legge Delrio, prevede poi anche la possibilità di istituire ulteriori Città Metropolitane con le procedure di cui all’art. 133, co. I, Cost. 7 Disegno di legge A. C. 1542 A. S. 1212 (c. d. d.d.l. “Delrio”), approvato la prima volta alla Camera dei deputati il 21 dicembre 2013. In seguito l’approvazione al Senato è avvenuta in data 26 marzo 2014 con un maxiemendamento, composto da un solo articolo con 151 commi, su cui il governo ha posto la fiducia, il testo è ritornato alla Camera (A. C. 1542B), dove è stato definitivamente approvato in data 3 aprile 2014 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.81 del 7 aprile 2014 8 Il connubio tra il disegno di legge governativo con il disegno di legge costituzionale A. C. 1543(c.d. “d.d.l. Quagliariello”), poi sostituito dal più ambizioso A. S. 1429 A. C. 2613 (c.d. “d.d.l. Renzi-Boschi”), approvato dal Consiglio dei ministri nella seduta del 31 marzo 2014, ed al Senato in prima lettura in data 8 agosto 2014, non si limita alla eliminazione di ogni riferimento alle province dagli artt.114 ss. Cost ma Gazzetta Amministrativa -54- Numero 3/4- 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici delle infrastrutture e delle reti di comunicazioni, cura delle relazioni istituzionali riferite al proprio livello, comprese quelle con le Città metropolitane europee11. Dal punto di vista della struttura amministrativa, secondo la legge in esame sono previsti tre organi di governo essi sono: il sindaco, il consiglio metropolitano e la conferenza metropolitana.12 Il sindaco metropolitano è di diritto il sindaco del Comune capoluogo, rappresenta formalmente e sostanzialmente la città metropolitana, e ha il compito di convocare e presiedere il consiglio metropolitano e la conferenza metropolitana. Gli spettano, inoltre, veri e propri poteri di impulso dell’attività della Città metropolitana, nonché di proposta, e soprattutto la difficile funzione di sovrintendere a tutto l’apparato amministrativo della città. Organo di secondo grado è invece il consiglio metropolitano, eletto dai sindaci e dai consiglieri dei Comuni delle Città metropolitane. E’ composto dal sindaco metropolitano e da un numero di consiglieri variabile in base alla popolazione. Dura in carica cinque anni con funzioni di indirizzo e controllo. Spetta al consiglio il compito di approvare regolamenti, piani, programmi ed altri atti ad esso sottoposti, ad eccezione del bilancio e dello statuto, che sono sottoposti all’approvazione della conferenza metropolitana. La conferenza metropolitana è composta dal sindaco metropolitano e dai sindaci dei Comuni della Città metropolitana. E’ competente per l’adozione dello statuto e ha poteri propositivi e consultivi. Per quanto riguarda l’ambito delle funzioni13 alle Città metropolitane sono attribuite sia le funzioni fondamentali delle province e quelle ulteriori derivanti dal processo di riordino, sia alcune funzioni fondamentali proprie. Ulteriori funzioni possono essere attribuite dallo Stato e dalle Regioni. Naturalmente, è necessario individuare i fondi con i quali le città metropolitane potranno perseguire le funzioni appena individuate. A tal proposito, passano alla Città metropolitana il patrimonio, il personale e le risorse strumentali della Provincia a cui ciascuna Città metropolitana succede a titolo universale in tutti i rapporti attivi e passivi, comprese le entrate, all’atto del subentro alla Provincia. A tal proposito, è opportuno però notare, che tale processo di riorganizzazione previsto dalla legge Derio, (che partendo dall’istituzione del nuovo ente, quale è appunto la città metropolitana, e dalla ridefinizione delle province, debba giungere in fine alla riallocazione delle relative risorse e del corrispondente personale), sia stato recentemente ribaltato dalla legge di stabilità del 2015, che dettata anche da ragioni di contenimento della spesa pubblica, prontamente percepito anche in sede europea, ha introdotto un procedimento obbligatorio per il trasferimento del personale provinciale in relazione all’imposizione della diminuzione della relativa spesa del 50% per le regioni e del 30% per le Città metropolitane. Ciò, come è stato osservato si tradurrebbe “soprattutto per le Province (…) ad una sorta di inseguimento al ribasso,” poiché “le funzioni sarebbero conclusivamente determinate sulla base delle risorse – sempre meno disponibili - e del personale che residuerebbe. In definitiva, con l’innesto operato dalla predetta legge di stabilità, si è dato avvio ad un meccanismo che subordinando la configurazione funzionale dell‘ente di area vasta (…) a variabile non dipendente dall’ente medesimo, ma discrezionalmente stabilite da altri livelli di governo, finisce per comportare una note- 11 Per un commento all’art 1 co. 2 della legge Delrio v, G. PIPERATA, Commento alla legge in A. STERPA, (a cura di) Il nuovo governo dell’area vasta, Jovene 2014. P 52 ss. 12 Sul tema degli organi di governo, si v. A. CORPACI, Gli organi di governo e l’autonomia organizzativa degli enti locali. Il rilievo della fonte statutaria, in Le Regioni 5, 2002, 121 ss. 13 In ordine ai profili sulle funzioni, v. G. PIPERATA Le funzioni della città metropolitana in A. STERPA op. cit. p. 132 ss. e D. MONE, Città metropolitane, Gazzetta Amministrativa area, procedure, organizzazione del potere, distribuzione delle funzioni, in www.federalismi.it 2014, 10 ss. L. VANDELLI “Funzioni delle città metropolitane” in Città metropolitane, province, Unioni e fusioni di Comuni. Maggioli 2014, p.115 ss. -55- Numero 3/4 - 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici vole contrazione dell’autonomia dei poteri e funzioni pur costituzionalmente riconosciuta agli enti in questione ai sensi dell’art 114 co. 2”14. La legge 56/2014 si configura come un primo tassello di un più profondo processo di riforma istituzionale che trova il suo compendio nel d.d.l Costituzionale del 31.3.2014 recante “Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, la riduzione dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del Cnel e la revisione del Titolo V della parte seconda della Costituzione.”15. Il d.d.l. costituzionale, con particolare riferimento alle disposizioni in ordine al Titolo V, in primo luogo riconferma le Città metropolitane tra le istituzioni costituenti la Repubblica, ciò irrobustisce a dismisura il ruolo della nuova istituzione governativa nell’ambito del panorama istituzionale e, conseguentemente, ne rafforza legittimità e potere nei processi di negoziazione inter istituzionali volti a rendere operative le funzioni attribuite dalla legge. Inoltre, il d.d.l. costituzionale del 31.3.2014, rafforzando le potestà legislative esclusive a scapito delle materie di legislazione concorrente, sembra spostare in modo deciso il baricentro a favore dello Stato a discapito delle Regioni. Invero, sotto quest’aspetto, il combinato disposto tra le norme previste dalle legge 56/2014, in tema di attribuzione di funzioni fondamentali alle Città metropolitane e quelle previste dal d.d.l. una volta approvato, in particolare in tema di conferimento di potestà legislativa esclusiva su alcune materie (come ambiente, beni culturali e paesaggistici, norme generali sul governo del territorio, infra- strutture strategiche e le grandi reti di trasporto), potrebbe determinare profondi mutamenti nell’apparato e negli equilibri istituzionali metropolitani, con conseguenze rilevanti sia sul quadro legislativo di riferimento nazionale e regionale, sia sulla strumentazione operativa a disposizione. Il quadro delle funzioni attribuite alla città metropolitana, comunque, così come rappresentato dalla l. 56/2014, appare ancora piuttosto “instabile.” La riforma del Titolo V della Costituzione, prevista dal d.d.l. Costituzionale del 31.3.2014, prevede infatti l’abolizione delle province, comportando così la possibile, ma ancora incerta, riattribuzione delle relative funzioni ad altri livelli di governo. Ad ogni modo, il riordino delle funzioni delle province, potrebbe comportare l’attribuzione da parte di Stato e Regioni di funzioni diverse rispetto a quelle fondamentali individuate dalla l. 56/2014. Stato e Regioni, ciascuno per le proprie competenze, potrebbero così arrivare a conferire alla Città metropolitana ulteriori funzioni, secondo quanto previsto all’art. 1, co. 46. Le Regioni, a loro volta, potranno legiferare, nel rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalla Costituzione e dalla legge ordinaria, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge, conferendo così disciplina specifica a molte disposizioni previste dalla legge Delrio. Tale legge, ha dunque, avviato un processo di riforma destinato a svilupparsi e a correggersi nel corso del tempo, con una varietà di provvedimenti derivanti da varie fonti legislative (costituzionale, statale, ordinaria, regionale) e a vari livelli. Inoltre, l’art. 1, co. 11, lett. b. della legge Delrio, prevede la delega dai Comuni alla Città metropolitana (e viceversa) di determinate funzioni, mediante convenzioni e secondo la disciplina prevista dallo Statuto. Pertanto, ogni Città metropolitana, in relazione alle proprie specificità, potrà avvalersi di un certo ventaglio di autonomia nel determinare, per via negoziale e secondo una struttura variabile, le proprie funzioni, sia “centralizzando” funzioni proprie dei Comuni e delle loro Unioni sia “decentrando” agli stes- 14 G. SALERNO, La sentenza n. 50 del 2015: argomentazioni efficientistiche o neo centralismo repubblicano di impronta statalistica? In www.federalismi.it 8 aprile 2015. pag.3. 15 Per una maggiore trattazione del ddl A.S 1429, (Renzi- Boschi) v. P.L PORTALURI, Note minime sulla città metropolitana nel ddl. Costituzionale AS n1429 (Renzi - Boschi), in www.federalismi.it N 8 del 16/4/2014. P. L PORTALURI; “Osservazioni sulle città mmetropolitane nell’attuale prospettiva di riforma,” in www.federalismi.it 8.6.2014 Gazzetta Amministrativa -56- Numero 3/4- 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici si Comuni e alle loro Unioni, funzioni proprie della Città metropolitana. Sotto questo aspetto, la l. 56/2014, si presterebbe anche a dare piena attuazione al principio costituzionale che attribuisce allo Stato e alle Regioni una preminente potestà legislativa, conferendo soprattutto ai Comuni, come anche alle Città metropolitane, le funzioni amministrative, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza. Inoltre, essa individua ampi spazi di autonomia, per permettere di collocare al posto giusto, una varietà di competenze, indicando ulteriori meccanismi di redistribuzione delle funzioni tra i diversi livelli istituzionali. Secondo parte della dottrina, il punto di equilibrio tra dimensione regionale e dimensione locale, con effetti diretti sull’azione dello Stato, si potrebbe raggiungere, proprio con l’affermazione delle Città metropolitane, pensate sulla base di un modello c.d. a “piramide rovesciata”16 che comporta anche un ripensamento della forma di Stato e dell’organizzazione territoriale. La recente produzione legislativa, infatti, fermo restando il suo obiettivo di istituire le Città metropolitane, affida soprattutto ai Comuni, ed in particolare ai sindaci un ruolo fondamentale, soprattutto nella fase iniziale di istituzione del nuovo ente. Sarà infatti la conferenza metropolitana, formata dal sindaco del Comune capoluogo, e dai sindaci dei comuni delle città metropolitane, che avrà un ruolo fondamentale per lo sviluppo e la vita delle funzioni di questo nuovo ente. Ai sindaci si chiede di interpretare non solo gli interessi delle loro comunità, ma anche quelli di una comunità molto più ampia quale è appunto la Città metropolitana. In un certo senso vale a dire di superare il limite del municipalismo, gestendo in forma associata una serie di funzioni fondamentali, ed anche possibilmente innescando un processo di accorpamento, di unione, e ove occorre, anche di fusione di comuni che hanno dimensioni minori. Un ruolo fondamentale, nell’ambito delle funzioni da attribuire alle Città metropolitane è affidato anche agli statuti delle città metropolitane, che proprio in questo periodo stanno vedendo la luce.17 La legge affida agli statuti delle Città metropolitane dei compiti che sono superiori a quelli che normalmente vengono affidati agli statuti dei semplici Comuni, perché il ventaglio delle competenze delle città metropolitane è composto più da ambiti di materie che non da semplici funzioni amministrative. Allo statuto viene affidato un aspetto importantissimo che è quello, per così dire, di assumere un contenuto normativo nell’organizzazione interna dell’ente. Sarà lo statuto a stabilire come saranno organizzate internamente le città metropolitane, come si potranno legittimare gli accordi tra i Comuni e le Città metropolitane, tra i Comuni e le Unioni di Comuni, e soprattutto lo statuto che dovrà definire quali sono le funzioni delle città metropolitane e come devono essere organizzate18. Una delle caratteristiche innovative che presenta la legge Delrio risiede proprio nella accentuata autonomia che essa affida allo Statuto, e che secondo la già menzionata dottrina, potrebbe rappresentare la chiave di volta per realizzare strutture e forme in grado di attuare “il modello della piramide rovesciata, fondato su reti di Comuni, con un ruolo forte di consiglio e conferenza, anche e soprattutto nelle politiche di bilancio.”19 Oltre ai Comuni, un compito importante, nella costituzione delle Città metropolitane, 17 L’art 15 della legge Delrio, prevede l’approvazione dello Statuo metropolitano da parte del Consiglio entro il 31.12.2014, mentre all’art 17 disciplina i casi di mancata approvazione dello Statuto, stabilendo che se l’approvazione non avviene entro il 30.6.2015 si applica la procedura per l'esercizio del potere sostitutivo di cui all'articolo 8 della l. 5.6.2003, n. 131. Attualmente solo le città metropolitane di Milano, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Roma hanno approvato lo Statuto. Per una più ampia disamina sul ruolo degli statuti m 18 Per una più ampia disamina sul ruolo degli statuti metropolitani, v. T. TESSARO - M. LUCCA, “Istituzioni e disciplina delle città metropolitane,” in Il nuovo governo dell’area vasta (a cura di A Sterpa), Jovene 2014, op. cit. p118; L. VANDELLI “I contenuti dello Statuto” op. cit. 65 ss. 19 A. LUCARELLI, op.cit. pag. 8 16 A. LUCARELLI, La città metropolitana. Ripensare la forma di stato ed il ruolo di regioni ed enti locali: il modello a piramide rovesciata. www.federalismi.it, giugno 2014 Gazzetta Amministrativa -57- Numero 3/4 - 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici per sostenere gli «interventi di riforma» previsti dalla l. n. 56/2014, e per la «attuazione di quanto previsto dall’art. 9 del d.l. 6.7.2012 n. 95, convertito, con modificazioni, dalla l. 7.8.2012 n. 135» (co. 149). I giudici della Consulta hanno ritenuto priva di vizi di legittimità la legge Delrio, respingendo “in toto” le questioni sottoposte al suo giudizio. Essi hanno evidenziato che secondo una consolidata giurisprudenza le elezioni di secondo grado hanno «piena compatibilità con il principio democratico e quello autonomistico». Inoltre, hanno ritenuto legittima la previsione secondo cui la modifica delle circoscrizioni provinciali deve essere stabilita con legge statale «su iniziativa dei Comuni, sentita la stessa Regione». Infine, hanno ritenuto non fondata la pretesa delle Regioni di avere la competenza esclusiva nell’istituzione delle Città metropolitane. Diverse, possono essere le argomentazioni che possono portare ad una condivisione o meno di quanto è stato espresso in questa sentenza dai giudici della Suprema Corte. Lungi, in questa sede dal voler esprimere un giudizio di condivisione o meno, su quanto disposto dalla Corte,20 non si può però prescindere dal rilevare che il modello di governo di secondo grado delle città metropolitane si rafforza, con questa pronuncia, anche del costituzionalmente legittimo della Suprema Corte. E come è stato osservato, si presta a dare una compiuta attuazione alla complessa normativa in esame, “con una qualche maggiore tranquillità rispetto agli inevitabili problemi che sarebbero stati determinati da eventuali dichiarazioni di illegittimità parziale. Naturalmente, (..) ciò non significa che tutti gli ostacoli siano stati rimossi per merito di questa sentenza. Si è voluto rappresentare con una metafora la l. n. 56 del 2014, descrivendola come una bicicletta che, se non si pedala, non solo si arresta, ma cade anche rovinosamente per terra”21. spetta anche alle Regioni. Molte delle funzioni che erediteranno dalle ormai vecchie province, sia di quelle che dovranno assumere “ex novo” richiedono una rilettura e una revisione anche delle intere legislazioni regionali, in tutte quelle materia che andranno ad intrecciarsi con le funzioni del nuovo ente metropolitano. 4.Cenni sulla Sentenza della Corte Costituzionale n. 50/2015. Il nuovo quadro normativo rappresentato nella legge Derio, per quanto riguarda l’istituzione delle città metropolitane ha suscitato, ben presto da parte di alcune Regioni, dubbi su alcune questioni di legittimità costituzionale presenti nella legge n. 56/2014. Con sentenza n 50/2015, la Corte Costituzionale però ha ritenuto non fondate tali questioni sollevate nello specifico dalle regioni Lombardia, Veneto, Campania e Puglia riguardo la riforma della province. Le Regioni hanno impugnato, complessivamente, cinquantotto commi dell’art. 1 della l. 7.4.2014, n. 56 (Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni), per contrasto (congiuntamente o disgiuntamente) con le disposizioni previste agli artt. 1, 2, 3, 5, 48, 97, 114, 117, 118, 119, 120, 123, 133, 136 e 138 della Costituzione. In estrema sintesi, le questioni proposte dalle ricorrenti, riguardavano rispettivamente: la disciplina delle istituite «Città metropolitane», riguardante i commi da 5 a 19, 21, 22, 25, 42 e 48 del suddetto art. 1 della legge n. 56 del 2014; – la ridefinizione dei confini territoriali e delle competenze delle Province, «in attesa della riforma del titolo V, parte seconda, della Costituzione», quanto ai commi da 54 a 58, da 60 a 65, 67, da 69 a 79, 81 e 83 del medesimo art. 1; – il procedimento di riallocazione delle funzioni “non fondamentali” delle Province (coo. da 89 a 92 e 95 del citato articolo); – la disciplina delle unioni e fusioni di Comuni (coo. 4, 105, 106, 117, 124, 130 e 133); – la prevista predisposizione di «appositi programmi di attività», di fonte ministeriale, Gazzetta Amministrativa 20 Per un commento sulla Sentenza n. 50/2015, si veda: G. SALERNO, op.cit. 21 G. SALERNO, op.cit.p.4 -58- Numero 3/4- 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici china”23 individuando in ciò, “il banco di prova” per il nuovo ente, affinché non diventi meramente aggiuntivo rispetto alle altre due autonomie locali, quali Regione e Comune. Invero, risolvere l’identificazione dell’area metropolitana, dottando solo la scelta strutturale o solo quella funzionale, può apparire una scelta incompleta. In tale ambito, forse, sarebbe stato meglio mantenere la “ratio” sottesa nella legislazione del novanta sopramenzionata. (Non vi è dubbio che l’individuazione dell’area metropolitana, risponda più specificamente ad un fenomeno funzionale, e che ogni volta che si tenta di dare specifiche definizioni territoriali di area metropolitana, si incorre sempre in qualche errore di imprecisione e di arbitrarietà da cui non si può prescindere, potendo assicurare soltanto la trasparenza nell’individuazione dei criteri).24 Perseguendo invece la strada, già intrapresa nella legge 142/90, dove il legislatore ha affiancato a criteri di interdipendenza (in virtù dei quali possono essere raggruppati comuni o zone tra i quali avvengono scambi di flussi comunicativi, scambi di persone, beni, ecc.); criteri di omogeneità, (sulla base dei quali possono essere riuniti comuni o zone con caratteristiche omogenee, sulla base di vari parametri, ad esempio quelli di ordine economico); criteri morfologici (quali la mera coincidenza spaziale o l’appartenenza agli stessi di sistemi di configurazione fisica), si può fornire una definizione dell’individuazione dell’area metropolitana, più esauriente e più efficace nella risoluzione dei problemi che si vogliono affidare al nuovo ente.25 Forse, proprio, il fermo proposito di voler dare attuazione alla riforma delle autonomie locali, e in special modo, alla affermazione definitiva delle Città metropolitane, ormai da troppo tempo vittime di un tormentoso iter legislativo, possono essere una delle ragioni che ha spinto la Suprema Corte a ritenere priva di vizi di legittimità, in tutte le sue parti, la legge che le istituisce. Sicuramente, ciò non equivale ad ammettere, come è stato rilevato da parte della dottrina, che la disputa sulla legge Delrio sia da ritenersi completamente conclusa, poiché, non è escluso che le argomentazioni adottate dalle Regioni avverso la legge in esame possano essere ripresentate alla Consulta, con differenti argomentazioni e motivazioni22. 5.Il modello del governo metropolitano nella legge 56/2014. Nell’analizzare la legge Delrio, si nota come il legislatore abbia adottato un metodo diverso, rispetto a quello seguito nella legge 142/90, per quanto attiene la gestione e la risoluzione dei problemi metropolitani. Mentre la legge del novanta, disciplina tali aspetti adottando un criterio per così dire “bipartito” tra il c.d. “criterio strutturale” (che individua alcuni settori da affidare alla competenza delle città metropolitane), sulla base di dati demografici, territoriali, dando per lo più una definizione per così dire “spaziale” dell’area metropolitana, e il c.d. “criterio funzionale” che identifica le aree metropolitane basandosi sull’applicazione di criteri che tengono conto essenzialmente degli aspetti funzionali delle varie zone interessate, proponendo soluzioni più flessibili dei problemi metropolitani; la legge Delrio invece, aderisce al primo dei due modelli menzionati (criterio strutturale). Tale scelta, non sempre ha incontrato il consenso della dottrina. In tale ambito, infatti, non è mancato chi, preferendo il modello funzionale, considera il modello adottato un percorso più difficile per “sbrogliare le questioni e far girare la mac- 23 E. BALBONI, La città metropolitana tra Regione e Comuni interni: luci ed ombre, aporie ed opportunità. In. Osservatorio Città metropolitane del 28 luglio 2014 www.federalismi.it. 24 Sul punto si veda: G. MARTINOTTI, e E. ERCOLE, “La definizione delle aree metropolitane: problemi metodologici, p.76, in Quaderni I.S.P.A.saggi n 27 “Verso il governo dell’area metropolitana, Milano 1990. 25 La scelta dei criteri di interdipendenza è stata adottata anche a livello europeo, come ad esempio nella Repubblica Federale Tedesca, sul punto R. MICCU’, “Le soluzioni istituzionali dei problemi delle aree metropolitane nella Repubblica Federale 22 SERGIO L. La funzione della Corte Costituzionale e la sentenza N50/2015in www.studiocataldi.it Gazzetta Amministrativa -59- Numero 3/4 - 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici osservato recentemente dalla dottrina.28 Soltanto prendendo in considerazione i vari aspetti che compongono il governo del territorio, è possibile dotare il nuovo ente di una identità propria che lo differenzia dagli altri enti territoriali esistenti e a cui si potrà affidare sia la programmazione che la gestione (governmet e governance) delle c.d. zone di area vasta. Ma affinché si possa realizzare tutto ciò, occorre anche un’attività di concertazione politico-amministrativa tra le diverse autonomie locali. Occorre cioè, che queste istituzioni di diversa natura, iniziano a guardarsi negli occhi, per decidere quale tabella di marcia adottare per l’effettiva attuazione delle città metropolitane, le quali devono essere pensate, come una nuova realtà, che riesce “a ragionare per politiche pubbliche, piuttosto che per competenze separate e conflittuali:”29. Esse devono essere in grado di instaurare con le altre autonomie locali un sistema di azione costruttivo, basato sul confronto e sulla risoluzione dei problemi, abbandonando così l’idea (come si è già evidenziato, è avvenuto in passato), di vedere, da parte delle tradizionali autonomie locali, la città metropolitana come una rivale che sottrae il potere. Dall’altra parte, alla luce anche dei recenti progetti di riforma di rango costituzionale, le città metropolitane, devono ben difendere le competenze loro attribuite dalla l. 56/2014, per evitare che esse vengano relegate come una sorta di ente subalterno, svuotato di una propria autonomia sia funzionale che politica. Si auspica, invece, che il nuovo ente si affermi come “un grande motore di sviluppo” a cui affidare un forte ruolo di traino soprattutto per lo sviluppo economico di tutto il Paese. Esse sono pensate, infatti, come la chiave di volta, per portare l’economia dei nostri territori a competere in modo più forte nell’economia mondiale, che è quello che in molti territori fortemente urbanizzati dell’Europa e del mondo si è iniziato a realizzare da parecchi anni. Ciò porta all’ulteriore osservazione, che i due modelli individuati (quello strutturalterritoriale, e quello funzionale), non sono percorribili separatamente (tale era l’intento anche del legislatore del novanta), ma essi dovrebbero essere concepiti in modo tale che l’uno, quello funzionale, operi sulla delimitazione territoriale della città metropolitana e sul riordino circoscrizionale dei comuni che ricadono nella stessa area; l’altro, quello struttural-territoriale individui nuovi e più razionali spazi di funzioni metropolitane, che non possono essere attribuite ai comuni, quando queste hanno carattere sovracomunale, o debbano per ragioni di economicità ed efficienza, essere svolte in forma coordinata nell’area metropolitana, né possono essere affidate alle regioni in quanto riguardanti aspetti e problemi meglio gestibili e governabili da enti territoriali intermedi quale è appunto la Città metropolitane.26 Come è stato efficacemente osservato, “Il governo del territorio è uno di quei settori in cui sussiste una sorte di tensione tra “fatto” giuridico e istituzionale e “fatto socioeconomico e che data la particolare caratteristica “interdisciplinare” che contraddistingue questa materia, “ogni intervento che abbia ad oggetto quello che potremmo definire il sistema di governo sul territorio deve necessariamente prendere in considerazione e tenere insieme l’articolazione dello Stato e il sistema delle autonomie, profili giuridici e aspetti politico istituzionali nonché dati socio-economici.”27. La sensazione che si avverte, leggendo la legge Delrio, sembra però non tener conto di tutti questi aspetti per così dire “interdisciplinari” che compongono il governo del territorio. Ciò, individua, uno dei vari punti di criticità che presenta la legge Delrio, come è stato Tedesca” in “Il Governo metropolitano” (a cura di) V. ATRIPALDI, ESI, 1993, p.176 ss. 26 Per un approfondimento sul modello strutturale e funzionale, v. A. CALIENDO “La realizzazione dei modelli di governo metropolitano” in V. ATRIPALDI op.cit.p.263 27 F. PATRONI GRIFFI, La Città metropolitana e il riordino delle autonomie territoriali. Un’occasione mancata? in www.federalismi.it n 4/2013, p.1 ss. Gazzetta Amministrativa 28 B. CARAVITA DI TORITTO, Città metropolitana ed area vasta: peculiarità ed esigenze del territorio italiano. In www.federalismi.it novembre 2014, p.4 29 E. BALBONI, op. cit. p. 5 -60- Numero 3/4- 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici Si vorrebbe, infatti, che le città metropolitane fossero pensate “per fare rete” con altre città, esse, in tal modo, potrebbero acquistare sempre maggior quota, quanto più riusciranno a costruire le reti collaborative con le altre città della regione di cui sono capoluogo e le città di altre regioni, al fine di instaurare attraverso un confronto paritario con Comune e Regione, un sistema volto alla risoluzione dei problemi del territorio ad essi assegnato. «:::::::::GA:::::::::» Gazzetta Amministrativa -61- Numero 3/4 - 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici CORPORATE GOVERNANCE E PARITÀ DI GENERE della Dott.ssa Giuliana Tulino, Dottoranda di ricerca in “Diritto pubblico, comparato e internazionale”, presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. A margine del Convegno di Studio “Diversity e parità di genere nelle banche: dalla soft law all’attuazione della CDR (Capital Requirements Directive) IV”. In the margins of the Study Conference "Diversity and gender equality in banks : from soft law to the implementation of the CDR ( Capital Requirements Directive ) IV ". Con l’entrata in vigore il 12.8.2011 della l. n. 120/2011, cosiddetta Golfo - Mosca, dal nome delle parlamentari promotrici, legge bipartisan che va a modificare il Testo Unico sulla Finanza (TUF), d.lgs. 24.2.1998, n. 58, artt. 147 ter e 148, è stata introdotta una importante novità nell’ambito del diritto societario italiano: gli organi sociali delle società quotate che sono in scadenza dovranno rinnovare i loro organi riservando, una quota pari almeno ad un quinto dei loro membri, al genere meno rappresentato, cioè le donne. Con il rinnovo del secondo e terzo mandato la quota dovrà salire ad un terzo. Ciò fino all’anno 2022 quando è previsto l’esaurimento dell’efficacia della legge stessa essendo questa una legge con validità temporale, di soli dieci anni, entro i quali l’auspicio è di raggiungere l’obiettivo di rimuovere gli ostacoli che sinora hanno limitato l’accesso delle donne a ruoli di comando, favorendo un processo di rinnovamento culturale a supporto di una maggiore meritocrazia e di opportunità di crescita. Nell’arco temporale in cui la legge Golfo - Mosca sarà in vigore, un numero maggiore di donne siederà nei posti disponibili degli organi di amministrazione e controllo, principalmente Consigli di Amministrazione e Collegi Sindacali, con la responsabilità di affermare le proprie competenze e contribuire alla creazione di valore. Riuscire dunque a creare, nell'arco di un decennio, un contesto più favorevole all'ascesa delle donne ai vertici aziendali, così che poi, negli anni successivi, non si renda più Gazzetta Amministrativa necessario forzare la mano. In realtà l’obiettivo è quello di non dover avere bisogno di una legge e dunque superare il tema del “genere” candidando alle cariche sociali chi ha le caratteristiche più adeguate al ruolo da rivestire, che sia una donna o un uomo. Sulla scia della novella legislativa, il 17.4.2015, si è svolto, presso la Facoltà di Economia dell’Università di Roma “La Sapienza”, il Convegno di Studio organizzato dal Dipartimento di Economia e Diritto, dal Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dall’Associazione Bancaria Italiana (ABI) e dall’Associazione dei docenti di Diritto dell’Economia (Adde), su “Diversity e parità di genere nelle banche: dalla soft law all’attuazione della CDR (Capital Requirements Directive) IV. La suggestione è scaturita dall’entrata in vigore della su citata legge Golfo – Mosca n. 120/2011, infatti il contesto normativo di riferimento è dato dalla legge stessa recante “Modifiche al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n.58, concernenti la parità di accesso agli organi di amministrazione e di controllo delle società quotate in mercati regolamentati” e dalla l. 7.10.2014, n. 154 (legge di delegazione europea 2013 - secondo semestre) che include, all’art. 3, i principi e criteri direttivi per il recepimento della CDR IV. La direttiva europea di riferimento è la 2013/36/UE ed il connesso regolamento 2013/575/UE (c.d. CRR), direttamente ap-62- Numero 3/4- 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici le, ma è stato necessario arrivare ad una forzatura del modello attuale, in primis con riferimenti comunitari e poi con quelli nazionali, dunque la l. n. 120/2011. Una forzatura iniziale per poi giungere, si spera, alla normalità. Lo scopo della legge era “sfondare il tetto di cristallo”, cosiddetto. Occorrerà perciò monitorare con attenzione le situazioni che emergeranno. E’ previsto, infatti, che la legge abbia una validità temporale di dieci anni e dunque nel 2022 la legge terminerà la sua efficacia. L’auspicio è il raggiungimento dell’obiettivo di eliminare gli ostacoli che sinora hanno limitato l’accesso delle donne a ruoli di comando, favorendo un processo di rinnovamento culturale a supporto di una maggiore meritocrazia e opportunità di crescita. La prima sessione del Convegno ha visto l’intervento di Laura Zaccaria dell’ABI che ha portato la sua personale e interessante testimonianza, facendo notare però come, nel Comitato Esecutivo dell’ABI, non siano presenti donne. Lei ne fa parte, ma è un tecnico che prepara le carte e le strategie. Ha fatto notare anche l’assenza di una scuola professionale per amministratori, mentre la storia di una impresa è sempre nella sua governance. La CDR IV chiede che siano garantite le diverse competenze, ha ricordato Zaccaria, e lei si è dichiarata assolutamente non d’accordo con la fiscalità agevolata per le donne, in quanto non sono “portatrici di handicap”, ed ha sottolineato come sarebbe più opportuno avere servizi più efficienti a supporto delle esigenze della organizzazione della giornata di una donna lavoratrice. A seguire Antonella Sciarrone Alibrandi, prorettore dell’Università Cattolica, ha messo a confronto due mondi: quello della “parità di genere”, quale concetto più ampio e quello della “governance e parità di genere”, quale concetto più specifico. Tracciando un percorso con due partenze che non sono identiche e ponendo tre interrogativi: - perché il mondo del diritto si va ad occupare di questi problemi, quale potrebbe es- plicabile, che definiscono un assetto organico di regolamentazione e controllo sulle banche e sulle imprese di investimento, accogliendo il contenuto del terzo accordo di Basilea sul capitale. L’obiettivo è quello di rafforzare la disciplina prudenziale e l’accrescimento del livello di armonizzazione delle regole che si applicano agli intermediari che operano nel mercato unico europeo. La direttiva, nel definire il nuovo regime europeo sui requisiti patrimoniali del sistema bancario, ha chiesto a Stati membri ed autorità competenti, di imporre, agli enti e ai rispettivi comitati per le nomine, di attenersi ad un’ampia gamma di qualità e competenze nella selezione dei membri dell’organo di gestione e di predisporre, a tal fine, una politica che promuova la diversità in seno all’organo di gestione. Il Convegno di studio, si è aperto con il saluto delle Autorità accademiche, Silvia Fedeli, Direttore del Dipartimento di Economia e Diritto e Roberto Miccù, Coordinatore della Sezione Giuridica del Dipartimento e si è articolato in due sessioni presiedute rispettivamente da Sandro Amorosino e Domenico Siclari, dell’ Università di Roma “La Sapienza”. Il Professor Roberto Miccù ha, da subito, messo in risalto la centralità del tema e cioè come la novella legislativa abbia innescato un meccanismo di modifica degli Statuti delle società quotate che non hanno solo valenza regolamentare ma impattano sulle politiche di governo societario delle aziende, con un conseguente ed importante rinnovo degli organi societari, la cui composizione era da tempo consolidata. L’ordine del lavoro svolto durante la giornata di studio ha visto, dapprima, una introduzione del Professor Amorosino che ha sottolineato come nei partiti politici, durante la prima Repubblica, si affermò il principio che negli organi era opportuno ci fosse una “aliquota” di genere femminile. L’iniziativa, poi, portata avanti dalla Fondazione Marisa Bellisario, ha prodotto il risultato della legge bipartisan in questione. L’obiettivo è il raggiungimento dell’uguaglianza sostanziaGazzetta Amministrativa -63- Numero 3/4 - 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici In effetti, prima dell’anno 2010, il tema della “diversity”, non era molto conosciuto; infatti possiamo definirlo un tema “nuovo”. E’ un argomento citato e che affiora in vari documenti a livello europeo di soft law, quindi non vincolanti. L’obiettivo è, dunque, ancora quello di far emergere questo concetto pre – giuridico: far partecipare alle decisioni un gruppo non “omologato”, ma che rappresenti una diversità culturale. Naturalmente non mancano le critiche a questa legge e ciò è stato nettamente evidenziato da alcuni relatori: c’è chi afferma che possa produrre l’effetto opposto, la c.d. “riserva indiana”, ma molto dipenderà dal “fattore reputazionale”. Inoltre, è stato evidenziato, il mondo delle “società quotate” e quello delle “società partecipate” pubbliche sono completamente differenti. La legge introduce l’obbligo di equilibrare le rappresentanze di genere negli organi di governo e di controllo, dunque Consigli di Amministrazione e Collegi Sindacali, sia delle società quotate, quindi poche grandi imprese, circa 300, sia delle società controllate e partecipate pubbliche, circa 6500. Il rischio di creare delle gabbie esiste. Allargare il capitale umano può essere utile per il governo societario, ma non è detto che questa regola valga per tutti i contesti. E’ stato comunque sottolineato più volte come tale rottura fosse necessaria, per dare uno scossone che però dovrà essere accompagnato da un necessario cambiamento culturale. La Professoressa Mirella Pellegrini dell’Università LUISS di Roma ha sottolineato come la nostra piazza finanziaria abbia bisogno di un contesto tecnico e partecipativo. Dopo la crisi finanziaria c’è bisogno di un “agere”, più partecipato e diversificato, ha affermato, anche e soprattutto alla governance delle banche. E poi il riferimento agli articoli 3 e 51 della Costituzione sono d’obbligo, in quanto il concetto di parità richiama quello di uguaglianza sostanziale. serne il fondamento? - quali possono essere le giuste modalità di intervento? Normativa, regolamentare, ecc.? - qual è il perimetro di riferimento? A che tipo di società l’intervento normativo deve rivolgersi? In riferimento a quali ruoli? Organi di controllo, di gestione? Organi esecutivi, non esecutivi? Sono, in realtà, interrogativi che possono porsi per entrambi le prospettive. Trovo opportuno sottolineare come il nostro ordinamento è intervenuto con una legge precisa, dotata di apparato sanzionatorio. A monitorare sul rispetto delle quote rosa da parte delle aziende quotate, sia private sia a prevalente controllo pubblico, è la CONSOB che ha emanato il regolamento attuativo e che, in caso di mancato adeguamento da parte delle società, è anche dotata di poteri sanzionatori. Se la composizione del consiglio di amministrazione non rispetta la quote rosa, CONSOB diffida la società interessata affinché si adegui alla legge entro quattro mesi. In caso di inottemperanza alla diffida, l’Autorità di controllo della borsa, fissa un nuovo termine ad adempiere di tre mesi, dopodiché i componenti decadono dalla carica. Resta ferma la possibilità, da parte di CONSOB, di applicare apposite sanzioni amministrative pecuniarie. Altri paesi europei, invece, si basano solo su una forma di autoregolamentazione. E’ stata, inoltre, ricordata la proposta di direttiva europea sulla parità di genere che sembrava potesse andare avanti durante il semestre di presidenza italiana dell’UE ma che poi si è impantanata. Faccio notare come, l’interrogativo più pregnante che è emerso durante questa prima parte del Convegno di Studio, è se la parità di genere sia un discorso di democrazia partecipativa o piuttosto un concetto di uguaglianza. Secondo il Parere del Consiglio di Stato n. 594 del 4.6.2014, si tratta di norme che assicurano una migliore efficienza del governo societario. Gazzetta Amministrativa -64- Numero 3/4- 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici sistema di istruzione ed educativo italiano che non insegna come conoscere se stessi per poter imparare a conoscere gli altri. Parole come “empatia”, “condivisione” dovrebbero essere il pane quotidiano. Una sinfonia d’altronde cos’è? Gli strumenti e gli orchestrali sono gli stessi, ma comporre una sinfonia è una vera capacità. Dunque saper lavorare insieme è la vera capacità. Infatti, aggiungo, è fondamentale lo sviluppo dell’intelligenza emotiva, quell’abilità di scoprire e controllare i sentimenti e le emozioni proprie e quelle degli altri, per acquisire capacità non solo giuridiche, economiche, amministrative, ma anche e soprattutto capacità di stare, con un certo equilibrio, in determinati contesti. Dunque importanza delle soft skills, competenze difficili da definire ma che stanno diventando fondamentali in seguito alle nuove sfide.Tutto ciò distinguerà un “manager” che fa le cose nel modo giusto da un “leader” che fa le cose giuste. Poi l’intervento del “Regolatore”, Magda Bianco della Banca d’Italia che ha sintetizzato in due punti gli obiettivi di questa materia: - l’attenzione a spostare l’obiettivo nel lungo periodo; - l’attenzione al rischio e alla sua gestione. Il suo parere è che la “diversity” contribuisce ad entrambi i profili. Inoltre, ha fatto notare come la crisi abbia affermato ancora di più un bisogno a rafforzare il monitoraggio e la corporate governance. Valeria Falce, dell’Università Europea di Roma, ha sottolineato come i settori bancario e assicurativo perseguano l’obiettivo della diversità in maniera differente ma con lo scopo comune di valorizzare le competenze.Romina Guglielmetti, avvocato, partner Starclex e consulente del Dipartimento per le Pari Opportunità, ha ribadito ancora una volta, il bisogno di una buona governance, facendo un plauso al “Primo aggiornamento delle Disposizioni di vigilanza per le banche”, con la Circolare n. 285 della Banca d’Italia del 17.12.2013, nuovo capitolo I “Governo societario”, nuovo titolo IV “Governo societario, controlli interni, gestione dei rischi”. Le conclusioni dell’interessante, stimolan- Ancora, ha fatto notare Pellegrini, nelle contrattazioni, le donne sono più “sospettose” rispetto agli uomini, dunque meno avverse al rischio, in quanto si muovono in contesti “under confident” e non “over confident”. E’ emerso, poi, con chiarezza, il bisogno di far viaggiare insieme la “parità di genere” con la “meritocrazia”. Il settore bancario è forse molto più “sociale” di altri settori e il riferimento è all’articolo 47 della Costituzione. La Consigliera Monica Parrella del Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, con il suo puntuale e interessante intervento, ha fornito dei dati, anche comparati a livello europeo, evidenziando come in una facoltà di Economia si stesse parlando di “parità di genere” in quanto, questo concetto, ha un intrinseco valore economico e non solo di parità di diritti. Lei ha evidenziato come la legge Golfo – Mosca sia una legge “di risultato” che sta producendo degli effetti a cascata in ambito politico, dando un impulso importante anche alla partecipazione all’attività politica. Marina Brogi dell’Università di Roma “La Sapienza”, infine, ha sottolineato come avere degli stereotipi positivi potrà cambiare le mentalità e che “una buona governance non è detto che dia una buona performance. Ma una cattiva governance è sicuro che dia una cattiva performance”. La seconda sessione del Convegno si è articolata in una tavola rotonda con gli interventi di una “bancaria”, di una “imprenditrice” ed una “libera professionista”: Alessandra Perrazzelli Country Manager di Barclays Italia, Cristina Zucchetti, membro del Consiglio di Amministrazione del Banco Popolare e Beatrice Ramasco membro del Consiglio di Sorveglianza di Intesa San Paolo e dottore commercialista. Beatrice Ramasco, muovendo una sottesa critica alla legge in questione, afferma di non sentirsi “quota di genere”, vivendo ogni incarico con entusiasmo e rispettando cinque regole di base: genuinità, umiltà, ascolto, fiducia, diversità. Lei fa notare che un “board” non è altro che una piccola comunità all’interno di una comunità più grande. Muove una critica al Gazzetta Amministrativa -65- Numero 3/4 - 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici Il rapporto definisce il problema della diseguaglianza di genere “urgente e globale”. Ci chiediamo allora se sia opportuno smetterla di trattare questo tema come se fosse solo una questione di parità ed iniziare invece a rubricarlo come tema economico e di crescita?Volendo tirare le somme, possiamo sicuramente affermare di essere di fronte ad una legge che ha un valore sia pratico che simbolico. Di fatto impone che nei luoghi decisionali si faccia spazio alle donne. La legge Golfo - Mosca, però, non ha mobilitato solo il mondo delle società quotate, ma anche e soprattutto quelle a partecipazione pubblica. Una realtà importante che viene censita con difficoltà. La stima è che debbano confluire nelle società pubbliche, fino al 2022, circa diecimila donne tra consiglieri e sindaci. Mentre il monitoraggio sul rispetto delle quote rosa da parte delle aziende quotate, si è detto, è affidato a CONSOB che ha emanato in regolamento attuativo, per le aziende a partecipazione pubblica, a livello centrale, regionale e locale, non quotate in borsa, come ad esempio la RAI, le Ferrovie dello Stato, ecc., il discorso è ancora diverso perché a vigilare sul rispetto delle quote è il Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri e il relativo regolamento attuativo è stato approvato dal Consiglio dei Ministri, d.P.R. 30.11.2012, n. 251, “Regolamento concernente la parità di accesso agli organi di amministrazione e di controllo nelle società, costituite in Italia, controllate da pubbliche amministrazioni, ai sensi dell'art. 2359, commi primo e secondo, del codice civile, non quotate in mercati regolamentati, in attuazione dell'art. 3, co. 2, della l. 12.7.2011, n. 120”. Le società saranno obbligate a comunicare la composizione degli organi sociali e le eventuali variazioni in corso di mandato. Inoltre, per garantire un controllo “diffuso”, saranno accettate anche segnalazioni di situazioni non conformi alle nuove norme. Se, dopo una diffida formale, la società non ripristini tempestivamente l’equità tra i generi, è prevista la decadenza della carica. Secondo il regolamento attuativo te e ricco Convegno di Studio sono state affidate al Professor Francesco Capriglione dell’Università “Guglielmo Marconi” di Roma, il quale non ha negato come il cammino verso il raggiungimento della parità di genere sia molto faticoso. Ha apprezzato che i relatori non si siano lasciati rapire dalla retorica, parlando di diritti. Si è parlato di regolamentazione infatti. Si tratta di una strada in salita ma per una meta che è la qualità della vita. I benefici scaturiranno da una migliore dialettica interna. Dunque, il lavoro delle donne non solo fa crescere l’economia ma dà un apporto di crescita alla capacità decisionale. Si può cercare solo di immaginare quanto il mondo finanziario abbia perso con la mancata possibilità di avere dei punti di vista diversi.Le tecnologie, poi, e i processi che da queste derivano, conclude Capriglione, stanno un po’ spersonalizzando le relazioni. E, ha concluso, affermando che “le donne forse potranno, con le loro performance, dare la giusta risposta”. A tal proposito, voglio citare, l’interessante analisi - studio del Mckinsey Global Institute, (settembre – ottobre 2015) “How advancing women’s equality can add 12 trillion $ to global growth”, nella quale, la multinazionale della consulenza, ha preso in esame 15 indicatori in 95 Paesi che ospitano il 93% della popolazione femminile mondiale e generano il 97% del Pil globale. Si tratta di un rapporto che mostra quanto l’economia globale potrebbe guadagnare accelerando lo slancio verso la parità: si stima, infatti, che il “costo” delle donne proprio perché non partecipano abbastanza alla generazione di reddito, quello che in economia è chiamato costo opportunità, cioè il costo di un’opportunità tralasciata, può valere fino a 28 trilioni di dollari, con un aumento del PIL del 26% in 10 anni. Si tratta di una stima ottimista, con divario di genere azzerato. Mentre la stima più conservativa, con minore divario di genere, potrebbe valere fino a 12 trilioni di dollari, con aumento del PIL dell’11% sempre in 10 anni. Le donne sono circa il 50% della popolazione ma partecipano alla creazione del PIL per il 37%. Gazzetta Amministrativa -66- Numero 3/4- 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici corso del 2011, sulla scia del Libro Verde sul quadro dell’Unione Europea sul governo societario, veniva indotta a raccomandare il ricorso ad un più ampio ventaglio di criteri per la nomina dei membri dei consigli di amministrazione senza ruoli esecutivi, quali merito, qualifiche professionali, esperienze acquisite, qualità personali dei candidati, indipendenza e diversità.Anche nella Strategia Europa 2020 per una crescita inclusiva e sostenibile vengono rafforzate le misure di trasparenza, ed in particolare si richiede alle società interessate la comunicazione della politica in materia di diversità. A livello comunitario, tuttavia, non solo comunicazioni o raccomandazioni ma anche misure vincolanti. Si pensi alla direttiva 2013/36/UE già citata e recepita in Italia. Infine, anche l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), ha avviato una consultazione pubblica per la revisione dei principi sulla “Corporate Governance”, incoraggiando la fissazione di obiettivi volontari e l’adozione di principi di trasparenza ma senza obblighi né vincoli, confermando la soft law come antidoto ai rischi del cosiddetto pensiero di gruppo. Quindi, un comune obiettivo di rinnovamento, con modalità operative differenti. Vale la pena di evidenziare come potrebbe risultare opportuna e auspicabile, a livello europeo, una raccomandazione, quindi soft law, per le società quotate e per quelle a partecipazione pubblica, affinché rendano noto, periodicamente, in una relazione, se hanno adottato politiche a favore della diversità. Ad esempio quali iniziative siano state assunte per favorire concretamente l’effettiva partecipazione e non solo la riserva a determinati soggetti di posti nei CdA. Un esempio concreto: adozione di misure volte a favorire per le donne la conciliazione delle diverse esigenze socio – familiari. L’indicazione di tali politiche potrebbero poi comparire all’interno della relazione sulla “Corporate Governance”. Si giunge, pertanto, alle conclusioni affermando che, nel valutare la professionalità e il merito di una persona, il sesso dovrebbe essere irrilevante, ma non sempre è così. In Ita- “l’equilibrio si considera raggiunto quando il genere meno rappresentato all’interno dell’organo amministrativo o di controllo ottiene almeno un terzo dei componenti eletti”. Le consigliere erano il 7,4% (193) nel 2011 quando è stata approvata la legge. Sono diventate l’11,6% quando la legge è divenuta operativa, nel 2012. I numeri sono cresciuti nel 2014 con i rinnovi dei consigli di amministrazione di grandi società come TERNA, ENI ed ENEL. La Fondazione Marisa Bellisario calcola che, una volta completati tutti i rinnovi dei CdA, ci saranno 800 donne nei board e 200 nei collegi sindacali. Inoltre a partire dal secondo mandato, la quota di genere obbligatoria diventerà del 30%. Secondo una stima della Banca d’Italia, stando ai ritmi degli ultimi anni, senza la legge Golfo – Mosca, i risultati attuali si sarebbero raggiunti solo nel 2075. Fanno 60 anni risparmiati per la parità.Si auspica vivamente che qualcosa di simile avvenga anche per la politica, per consentire la partecipazione effettiva delle donne ai momenti decisionali. A questo proposito da citare l’approvazione, da parte del Senato, nella seduta del 29 luglio 2014, dedicata all’esame dell’A.S. 1429 recante “Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del Titolo V, parte seconda della Costituzione”, di un emendamento che introduce il principio della promozione dell’equilibrio di genere in Parlamento. In particolare, l’emendamento modifica l’articolo 55 della Costituzione che stabilisce l’attuale composizione del Parlamento, introducendo l’obbligo, per le “leggi che stabiliscono le modalità di elezione delle Camere”, di promuovere “l’equilibro tra donne e uomini nella rappresentanza”. Dunque, la composizione ed il funzionamento dei consigli di amministrazione sono in fase di rivisitazione a livello nazionale, in seguito anche alle prescrizioni dell’Unione Europea, sia a livello internazionale che comunitario. La Commissione Europea infatti nel Gazzetta Amministrativa -67- Numero 3/4 - 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici lia, inoltre, esiste il problema della meritocrazia. L’interrogativo, infine, sorge spontaneo: una novella legislativa che può considerarsi uno strumento per la riserva effettiva di spazi o una norma che si rivelerà solo fine a se stessa? In ogni caso, una legge di tale portata, direi “provocatoria”, con durata limitata nel tempo, con l’obiettivo di sbloccare l’impasse ….. sia la benvenuta. «:::::::::GA:::::::::» Gazzetta Amministrativa -68- Numero 3/4- 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici IL CONTRIBUTO DEI PRIVATI NELLA VALORIZZAZIONE DEI BENI CULTURALI E TUTELA DEL “VALORE CULTURALE” COME BENE IMMATERIALE della Dott.ssa Maria Laura Maddalena – Consigliere Tar Lazio e Componente dell’Ufficio studi, massimario e formazione della giustizia amministrativa. Il tema della valorizzazione dei beni culturali, e del concorso dei privati in essa, è divenuto cruciale negli ultimi tempi, anche a causa della riduzione delle risorse economiche e di mezzi destinati al patrimonio culturale, cosicché l’apporto dei privati e dei loro contributi, sia sul piano economico che delle idee, è divenuto essenziale. The theme of the promotion of cultural heritage , and of the private competition in it , has become cru - cial in recent times , partly because of the reduction in economic resources and awake - born means to the cultural heritage , so that the contribution of the private and of their contributions , both economically and in terms of ideas , it has become essential. Il tema della valorizzazione dei beni culturali, e del concorso dei privati in essa, è divenuto cruciale negli ultimi tempi, anche a causa della riduzione delle risorse economiche e di mezzi destinati al patrimonio culturale, cosicché l’apporto dei privati e dei loro contributi, sia sul piano economico che delle idee, è divenuto essenziale. Purtroppo, la scarsità delle risorse pubbliche disponibili per iniziative a favore del patrimonio culturale è un fenomeno diffuso in tutta Europa cosicché anche altri Paesi dell’area mediterranea-continentale hanno tentato di porvi rimedio dando spazio all’intervento di privati, in particolare sotto forma di misure di agevolazione fiscale per favorire il mecenatismo culturale (in misura maggiore in Francia, ma anche in Germania, Spagna e Italia), e mediante il coinvolgimento del “terzo settore” (non profit) e dell’imprenditoria privata, quest’ultima in particolare mediante lo strumento delle sponsorizzazioni. Il dato che sembra emergere da una sommaria comparazione delle esperienze dei vari Paesi europei è la presenza, in Italia - e mi sembra anche in Francia - maggiormente che altrove, di un’apertura verso il coinvolgimento dei privati non solo nel finanziamento delle attività di valorizzazione ma anche nella proGazzetta Amministrativa gettazione e realizzazione di specifici interventi di valorizzazione su beni culturali pubblici, con una ingerenza dunque assai più intensa del concorso dei privati di quanto avviene usualmente negli altri Paesi, laddove sono al più conosciute forme di “mecenatismo in natura” mediante il conferimento di beni o servizi. Ci si riferisce, per quanto riguarda la situazione italiana, in particolare al fenomeno della c.d. sponsorizzazione tecnica in cui lo sponsor privato non dà solo il proprio sostegno economico all’iniziativa ma offre direttamente beni e servizi, o addirittura si occupa della progettazione o realizzazione di parte dell’intervento di valorizzazione (art. 199-bis del Codice dei contratti pubblici). Oppure alle ipotesi di gestione dei c.d. servizi museali per il pubblico, e tra questi, in particolare, alle attività di organizzazione di mostre, sulla base di concessioni di vario contenuto e tipologia (es. art. 115, co. 3, e 117 del Codice dei beni culturali e del paesaggio). Oppure ancora alle ipotesi di project financing per “l’affidamento di lavori e servizi relativi ai beni culturali” nonché per le concessioni di servizio pubblico culturale (art. 197, comma 3, del Codice dei contratti pubblici). Si tratta per la verità di forme di valorizza-69- Numero 3/4 - 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici VI, 15.4.2015 n. 1928) La priorità e direi anche l’immanenza delle esigenze di tutela e di garanzia del decoro del bene culturale è stata a chiare lettere affermata, oltre che in Costituzione, dal legislatore, il quale, prima di sancire la partecipazione dei privati, ha chiarito che: “La valorizzazione e' attuata in forme compatibili con la tutela e tali da non pregiudicarne le esigenze.” (art. , coma 2, del Codice dei beni culturali e del paesaggio). Pertanto, l’amministrazione deve assicurare, anche nel corso dell’esecuzione del rapporto con il privato, che la valorizzazione economica permanga in concreto compatibile e convergente con le esigenze di tutela e della migliore fruizione del bene culturale. Il bene culturale infatti, se può costituire una risorsa economicamente valorizzabile (anche per le numerose esternalità positive), mai deve perdere la sua natura di testimonianza di civiltà e di elemento identitario, cioè il suo “valore culturale” immateriale. Pertanto, l’attività di valorizzazione economica può essere consentita solo se in perfetta consonanza con le esigenze di tutela e decoro del bene culturale e con le funzioni di promozione e migliore fruizione del patrimonio culturale da parte della collettività (valorizzazione culturale). Tali esigenze di garanzia della tutela e della dignità del bene culturale divengono pressanti quando il privato intervenga in attività di valorizzazione come imprenditore, ovvero come soggetto che agisce a fini di lucro, piuttosto che nei casi in cui si presenti come ente non profit: ad esempio, come è per una fondazione bancaria o per un mero mecenate. Infatti sempre occorre garantire che la presenza dello scopo del profitto economico, proprio delle attività a scopo di lucro, non snaturi e non sminuisca il “valore culturale” dei beni sottoposti a tutela. Si pensi, ad esempio, al caso di Ercolano (ovvero il caso dell’Herculaneum Conservation Project), in cui grazie all’apporto di una fondazione straniera (Packard Humanities Institute, del Memorandum of Understanding) sorretta da intenti filantropici, e della British School at Rome, si sono raggiunti ottimi risultati. Sono infatti stati stipulati contratti di zione che non risultano essere nella pratica particolarmente diffuse. In relazione ad esse, tuttavia, come ha messo in luce il Presidente Severini, occorre tenere ben presente la priorità delle esigenze di tutela dei beni culturali e la necessità di garantire sempre l’allineamento tra tutela, valorizzazione economica e valorizzazione culturale. Come ha di recente affermato il Consiglio di Stato, infatti, “la funzione di tutela domina sulla messa in valore e tra le due sussiste una relazione di sovraordinazione gerarchica che assicura la prevalenza della finalità conservativa. Sicché la tutela ha effetto conformativo sulla valorizzazione e questa non può contrastare la concreta preservazione, proporzionata e ragionevole, dei beni.” (CdS, VI, 15.4.2015, n. 1928) La dialettica tra le immanenti e indefettibili esigenze di tutela e gli interessi dei privati nell’ambito delle attività di valorizzazione fa emergere tuttavia talvolta profili conflittuali, in particolare nella fase esecutiva del rapporto, laddove le esigenze primarie di tutela possono porsi in contrasto con quelle del privato. In questi casi, ai rimedi di diritto comune si sovrappongono sempre rimedi di natura pubblicistica (riconducibili latu senso all’autotutela o nello specifico all’art. 115, comma 6, del Codice dei beni culturali, oppure semplicemente all’esercizio di poteri di funzione pubblica di tutela) e pertanto può accadere che l’affidamento del privato divenga legittimamente recessivo a fronte dell’esercizio del potere della amministrazione posto a tutela del bene o del suo decoro. Non è dunque un caso che proprio ipotesi come quelle dette abbiano dato luogo a contenzioso dinanzi al giudice amministrativo. (Si veda, di recente, il caso dell’annullamento in autotutela della convenzione concernente la realizzazione di un centro per la diffusione della cultura pompeiana e degli studi su Pompei all'interno dell'Antiquarium negli scavi archeologici di Pompei:CdS VI, 15.7.2015; oppure il caso dell’annullamento, per ragioni di sicurezza, di una mostra prevista nella Galleria Borghese, che il Consiglio di Stato ha ricondotto all’esercizio della funzione pubblica di tutela, ancorché poi incidente sull’attività di valorizzazione: CdS, Gazzetta Amministrativa -70- Numero 3/4- 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici può - ove inappropriata - ledere il valore culturale immateriale del bene in quanto il suo decoro può essere minacciato anche solo da un accostamento improprio ad un marchio o ad un prodotto. Si tratta di una valutazione che si appunta su un profilo immateriale del bene culturale, il decoro appunto, che va salvaguardato già nel contratto di sponsorizzazione e che comunque può legittimare un intervento inibitorio di tutela. Prevede infatti l’art. 120 che tali caratteri di compatibilità devono non solo essere sanciti nel contratto di sponsorizzazione ma che spetta anche al Ministero vigilare sulla compatibilità di dette iniziative con le esigenze di tutela e decoro del bene culturale. Ciò significa ancora una volta che anche in questo campo alla strumentazione civilistica (nullità del contratto per violazione di norma imperativa, se in contrasto con le esigenza di tutela e decoro del bene) si affianca sempre e comunque quella pubblicistica, in capo al Ministero. La questione della tutela del decoro dei beni culturali è sempre più sentita anche in altri ambiti. Si pensi ad esempio ai recenti interventi di riqualificazione dei centri storici delle città d’arte, alle limitazioni poste al commercio e alle occupazioni di suolo pubblico, spesso adottati in forme coordinate dai Comuni e dalle Soprintendenze. Sono interventi volti a garantire la tutela dei beni culturali non solo in senso materiale ma anche con riferimento al decoro, alla armoniosa collocazione nel contesto urbano, alla valenza identitaria e rappresentativa della comunità locale. Si pensi poi alle nuove sfide della globalizzazione e alla crescente omologazione delle città che hanno portato a promuovere interventi di tutela e valorizzazione delle botteghe storiche, dei luoghi della socialità e delle tradizioni, dei cinema storici e dei teatri, tenendo presente anche in questo ambito, la valenza immateriale del bene culturale. Si segnala a questo proposito anche una recentissima sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio (Roma) sul cinema America, di Roma (II quater, 5.10.2015, n. 11477) dove si evidenzia la possibilità che sponsorizzazione non solo di mero finanziamento ma anche di realizzazione diretta degli interventi di valorizzazione che hanno tuttavia più i caratteri del mecenatismo che del vero e proprio rapporto di sponsorizzazione. Diverso è invece il caso della sponsorizzazione dei lavori di restauro del Colosseo da parte di un importante imprenditore italiano in relazione al quale erano stati sollevati in giudizio dubbi circa la legittimità del contratto di sponsorizzazione sotto il profilo del rispetto dell’equilibrio sinallagmatico, anche con riferimento alla durata dei diritti (che sono in prevalenza diritti d'uso di immagini, logo, spazi e informazioni) concessi in esclusiva allo sponsor. In questo secondo caso, la relazione contrattuale è apparsa particolarmente incentrata sulla remunerazione in termini di ritorno di immagine, dello Sponsor. L’incontro tra l’attività di valorizzazione e l’impresa a scopo di lucro si ha in particolare - come si diceva - nella sponsorizzazione, strumento per la verità sempre meno diffuso negli ultimi anni. In questi casi, la relazione si instaura infatti di norma tra l’amministrazione e un operatore economico titolare di marchi ed imprese produttive, per il quale la ricerca della redditività non può non essere prioritaria. Della delicatezza e della possibile problematicità di una tale relazione appare consapevole il legislatore che all’art. 120, specifica che la sponsorizzazione dei beni culturali deve svolgersi “in forme compatibili con il carattere artistico o storico, l'aspetto e il decoro del bene culturale da tutelare o valorizzare”. La prescrizione di compatibilità voluta dall’art. 120 appare ben rilevante: la norma non si limita alla salvaguardia del bene culturale nella sua materialità ma introduce il tema della tutela del “valore culturale” quale bene immateriale. Questo valore potrebbe essere minacciato proprio in occasione dell’apertura al concorso dei privati nelle attività di valorizzazione mediante lo strumento delle sponsorizzazioni, anche solo di mero finanziamento. Infatti, è evidente che la giustapposizione del marchio o del prodotto al bene culturale Gazzetta Amministrativa -71- Numero 3/4 - 2015 Sezione riservata ai Saggi ed ai Contributi Scientifici il valore culturale “estrinseco”, cioè di tipo relazionale con i fatti della storia della cultura, del bene sottoposto a vincolo possa essere in qualche modo anche “intrinseco”, ossia immedesimarsi con la cosa stessa in quanto in sé testimonianza di un movimento artistico, tipicamente in campo architettonico. Un altro profilo da menzionare, in relazione alle forme di valorizzazione comunemente proposte dai privati, riguarda le iniziative volte alla digitalizzazione delle opere d’arte o degli archivi, al fine di consentirne una fruizione più ampia. E' opportuno precisare che il tema non riguarda solo i musei, come nel caso dell'"Uffizi Touch", che racchiude l'intero patrimonio del museo fiorentino con oltre mille opere in alta risoluzione, o del più ambizioso progetto del Google's Art Project che consente di visionare (in modo interattivo attraverso la funzione indoor di Street view) le opere più significative di taluni dei più grandi musei del mondo; ma si estende alle "biblioteche digitali", che realizzano la digitalizzazione del patrimonio antico (si pensi alla Biblioteca Laurenziana di Firenze, con un milione e 350 mila pagine di manoscritti) e includono anche il fenomeno, nuovo, delle opere native digitali. Ci troviamo qui di fronte ad un singolare fenomeno di “dematerializzazione” di beni culturali materiali, con indubbi effetti positivi riguardo alla diffusione delle conoscenza e alla accessibilità; ma con il rischio di consentire uno sfruttamento improprio (anche lucrativo) e indiscriminato delle immagini digitalizzate dei beni culturali: e con conseguente lesione del “valore culturale” inteso come bene immateriale (si pensi alle potenzialità in questo senso di Google). In conclusione, questa nuova sensibilità verso la tutela della valenza immateriale del bene culturale (v. la Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale intangibile, del 17.10.2003, entrata in vigore il 20.4.2006, e ratificata dall'Italia con la legge 27.9.2007, n. 167) deve anche essere tenuta in gran conto nella valutazione di compatibilità dell’intervento del privato nel settore dei beni culturali. Il tema del “valore culturale” come bene immateriale apre un ultimo spunto di riflessione sulle attività di valorizzazione di iniziativa privata e su beni privati. Si tratta, come è noto, di attività qualificata dal legislatore, a differenza di quanto avviene per l’attività di valorizzazione di beni di appartenenza pubblica definiti come “servizio pubblico culturale”, come attività di utilità sociale e pertanto sottratta anche alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. In questi casi, gli interventi di valorizzazione sono normalmente adottati mediante la previsione di sovvenzioni, sgravi fiscali e finanziamenti, qualificati normalmente come aiuti di Stato compatibili con il diritto europeo in ragione della “eccezione di culturalità”. Irragionevolmente, tuttavia, questi interventi non sono ricompresi nel decreto-legge c.d. “Art bonus”: nonostante la valorizzazione dei beni privati sia ugualmente funzionale all’obiettivo pubblico del promovimento dello sviluppo della cultura. Non può infatti negarsi la comune natura di bene culturale, di appartenenza pubblica o privata che sia, sotto il profilo della rilevanza sociale (rappresenta una manifestazione identitaria della società stessa), né la sua rilevanza come “valore culturale” a prescindere dallo statuto proprietario. «:::::::::GA:::::::::» Gazzetta Amministrativa -72- Numero 3/4- 2015 procedimento amministrativo - riforme istituzionali PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO E RIFORME ISTITUZIONALI NOTIZIE E AGGIORNAMENTI 91,7% ed il 95,8%. In coda alla classifica aziende ospedaliere di Roma, di Reggio Calabria, del barese con percentuali comprese tra il 12,5% ed il 29,2%. “Tale risultato è frutto di un lavoro di gruppo, ossia di tante persone che lavorano in questa azienda e che credono nella trasparenza e nella legalità – commenta il direttore generale della Ulss 10, Carlo Bramezza - . Al fianco della normativa che impone alla pubblica amministrazione la pubblicazione di dati e informazioni visibili a tutti, è fondamentale che nelle aziende siano presenti valori come etica e legalità e che vi sia la massima collaborazione a vari livelli, dai collaboratori ai dirigenti. Ringrazio tutte le strutture operative che a vario titolo hanno contribuito a farci ottenere un grande risultato che ritengo un punto di partenza per continuare a migliorare nel tempo”. Per la pubblicazione dei dati riguardanti l’amministrazione trasparente, l’Azienda Sanitaria Ulss10 ha scelto una piattaforma online messa a disposizione gratuitamente dalla Gazzetta Amministrativa e integrata al portale internet aziendale". Nel comunicato diramato dall'Agenas viene precisato che “Il percorso intrapreso dal sistema sanitario in materia di etica, trasparenza ed integrità registra una sempre maggiore applicazione, a significare che l'attuazione della normativa non è più concepita come un mero adempimento burocratico ma come presa di coscienza delle organizzazione sanitarie dell'importanza della trasparenza come leva strategica per consentire il miglioramento ed un concreto cambiamento culturale di tutti gli operatori sanitari, tanto più che si tratta di un settore che per funzione sociale è tra i più vicini alla persona TRASPARENZA NELLA SANITÀ: PRIMA IN ITALIA L'ULSS 10 DEL VENETO CHE UTILIZZA IL SERVIZIO GRATUITO DI GAZZETTA AMMINISTRATIVA È stato presentato il “Rapporto sullo stato di attuazione delle azioni adottate dalla sanità pubblica in materia di trasparenza ed integrità”. L'indagine è frutto della collaborazione tra Agenas (Agenzia Nazionale per i servizi sanitari regionali) e Libera e si propone di fornire un primo feedback alle Regioni, alle Aziende ed Enti del Servizio sanitario nazionale sulle azioni intraprese in questi ultimi anni sui temi della trasparenza, dell’etica e della legalità dalle stesse Strutture del Servizio sanitario nazionale. Il primato della più trasparente in Italia è dell'Ulss 10 del Veneto Orientale. Nel comunicato diramato dalla prima in classifica emerge che nella corposa analisi di 70 pagine è stata posta la lente sui siti web delle aziende sanitarie per rilevare le informazioni pubblicate così come previsto dalla normativa sulla trasparenza (D.lgs. 33/2013 attuativo della l. 190/2012). Il risultato è che, in termini generali, il nord Italia adempie alle normativa con un tasso di pubblicazione di informazioni al 77%, il centro al 70% e il sud al 60%. Più nel dettaglio il Veneto si avvicina dall’80% e tra le aziende sanitarie l’Ulss 10 ha soddisfatto tutti i 24 criteri analizzati, ottenendo l’adempimento alla normativa pari al 100%. A seguire, nella “top ten” di AGENAS, le ASL di Brescia, Chiavarese, Parma, Imola, Triestina, Bassa Friulana, Modena, Bologna e Cesena con percentuali di adempimento comprese tra il Gazzetta Amministrativa -73- Numero 3/4 - 2015 procedimento amministrativo riforme istituzionali mento della qualità dei Piani anticorruzione delle amministrazioni pubbliche. I Piani fin qui adottati si sono rivelati per più aspetti gravemente carenti, soprattutto per la mancata individuazione di adeguate misure di prevenzione della corruzione, che fossero il frutto di una compiuta autoanalisi organizzativa delle amministrazioni, alla ricerca di aree e attività più esposte al rischio di corruzione. In attesa di un nuovo e più organico Piano Nazionale Anticorruzione 2016-2018, sul quale l’Autorità sta già lavorando, si è voluto segnalare alle amministrazioni la necessità di concentrarsi sulla effettiva individuazione e attuazione di misure proporzionate al rischio, coerenti con la funzionalità e l’efficienza, concrete, fattibili e verificabili, quanto ad attuazione e ad efficacia. L’Aggiornamento è articolato in una parte generale, di ricostruzione dei limiti della esperienza pregressa e di indicazioni per una rapida correzione di rotta, e in una parte speciale, dedicata a due approfondimenti in settori particolarmente esposti al rischio corruttivo: i contratti pubblici e la sanità (redatto in collaborazione con il Ministero della salute e con l’Agenas). Per ciascuno di questi settori si individuano eventi rischiosi e si indicano alcune possibili misure di prevenzione. Nel documento si opera una ricapitolazione dei soggetti tenuti all’adozione di misure anticorruzione: attraverso i Piani triennali le amministrazioni e gli enti pubblici; attraverso misure integrative di quelle adottate con il d.lgs. n. 231 del 2001 gli enti di diritto privato in controllo pubblico. Particolare attenzione è dedicata al ruolo e alla garanzia della posizione dei Responsabili di prevenzione della corruzione, nei loro rapporti con gli organi di indirizzo politico amministrativo e con l’intera struttura dell’amministrazione, tenendo conto di quanto è emerso nel corso della prima giornata nazionale dei Responsabili anticorruzione (14 luglio del 2015). Il successo dei nuovi Piani anticorruzione, che le amministrazioni dovranno adottare entro il 31 gennaio del 2016, continua a dipendere dalla volontà delle stesse amministrazioni, a partire dai loro vertici politici e istituzionali, di combattere sul serio la corruzione al proprio interno. L’Autorità, da parte sua, userà tutti i poteri e gli strumenti a disposizione, in un momento di vulnerabilità e fragilità”. È quanto afferma Francesco Bevere, Direttore Generale di Agenas a margine della presentazione del “Rapporto sullo stato di attuazione delle azioni adottate dalla sanità pubblica in materia di trasparenza ed integrità”, frutto della collaborazione tra Agenas e Libera. Per il Presidente dell'ANAC, Raffaele Cantone: “Il diritto alla salute è pretesa primaria delle persone, assicurata dalla Costituzione italiana. Il valore del diritto alla salute come “interesse della collettività” ne esalta il significato di diritto fondamentale e amplifica la sua dimensione di principio supremo dell'ordinamento. In un terreno così delicato il contrasto alla corruzione assume un ruolo centrale e va, in primo luogo, inteso come cultura della trasparenza che consente la verifica costante degli strumenti, dei tempi e dei modi di attuazione dei trattamenti sanitari” (Rapporto Nazionale dell'Agenas Meeting Rimini 2015). «::::::::: GA :::::::::» MIUR: IN G.U. LA RIDETERMINAZIONE DEI MACROSETTORI E DEI SETTORI CONCORSUALI È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 271 del 20.11.2015 il decreto 30.10.2015 del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca recante "Rideterminazione dei macrosettori e dei settori concorsuali". (Decreto Ministero dell'Istruzione n.855 del 30. 10.2015). «::::::::: GA :::::::::» A.N.AC.: ON LINE L’AGGIORNAMENTO DEL PIANO NAZIONALE ANTICORRUZIONE Nella seduta del 28 ottobre scorso, il Consiglio dell’Autorità Nazionale Anticorruzione ha approvato l’Aggiornamento per il 2015 del PNA 2013-2016, in vigore dalla data di pubblicazione sul sito. Si legge nel comunicato che questo è il primo atto di Anac in questa materia dopo l’approvazione del PNA nel 2013 e l’Autorità ha voluto imprimere una decisa svolta nella direzione del miglioraGazzetta Amministrativa -74- Numero 3/4 - 2015 procedimento amministrativo - riforme istituzionali dalla vigilanza sulla qualità delle misure adottate (e sulla loro effettiva attuazione) alla collaborazione fattiva, alla formazione. A questo fine, nell’ultima parte della determinazione, sono indicati con chiarezza i doveri di attuazione delle amministrazioni, considerati come altrettanti punti di verifica, sui quali l’Autorità svolgerà con carattere prioritario la propria attività di vigilanza. " (Comunicato dell'ANAC del 2.11.2015). SABILE DI POSIZIONE ORGANIZZATIVA CON FUNZIONI DIRIGENZIALI, AD UN SOGGETTO CONDANNATO, IN VIA DEFINITIVA, PER IL REATO DI FALSITÀ IDEOLOGICA L´Autorità Nazionale Anticorruzione ha pubblicato l´orientamento n. 22 del 1.07.2015 con il quale viene precisato che "Nel caso di conferimento di un incarico di responsabile di posizione organizzativa con funzioni dirigenziali, ad un soggetto condannato, in via definitiva, alla pena di otto mesi di reclusione per il reato di falsità ideologica commessa in atti pubblici ex art. 479 c.p., trova applicazione quanto stabilito dal d.lgs. n. 39, che ha disciplinato, in modo organico e ragionato, gli incarichi “dirigenziali” amministrativi. Pertanto, poiché il rato di falsità ideologica non rientrata tra i reati previsti dall’art. 3 del d.lgs. n. 39/2013, l’incarico può essere conferito." (Orientamento ANAC n. 22 del 1.7.2015). «::::::::: GA :::::::::» UFFICI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE: IN G.U. GLI INDICATORI PER INDIVIDUARE LE OPERAZIONI SOSPETTE DI RICICLAGGIO E DI FINANZIAMENTO DEL TERRORISMO È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 233 del 7.10.2015 il decreto 25.9.2015 del Ministero dell'Interno recante "Determinazione degli indicatori di anomalia al fine di agevolare l'individuazione delle operazioni sospette di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo da parte degli uffici della pubblica amministrazione" (Decreto del Ministero dell'Interno pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 233 del 7.10.2015). «::::::::: GA :::::::::» CIRCOLARE DEL MINISTRO PER LA SEMPLIFICAZIONE E LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE CON OGGETTO "DISCIPLINA APPLICABILE AI RAPPORTI DI LAVORO A TEMPO DETERMINATO DEL PERSONALE DELLE SCUOLE COMUNALI, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO AI LIMITI DI DURATA". «::::::::: GA :::::::::» CORSI DI LAUREA MAGISTRALE: IN G.U. MODALITÀ E CONTENUTI DELLA PROVA DI AMMISSIONE ANNO ACCADEMICO 2015/2016 È stata registrata dalla Corte dei conti in data 22.9.2015, Reg.ne - Prev. n. 2387 la Circolare del Ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione con oggetto "Disciplina applicabile ai rapporti di lavoro a tempo determinato del personale delle scuole comunali, con particolare riferimento ai limiti di durata". 1. Sono state segnalate da diversi comuni, oltre che dall'Associazione nazionale dei comuni italiani, incertezze sulla disciplina applicabile ai rapporti di lavoro a tempo determinato del personale scolastico ed educativo delle scuole comunali, con particolare riferimento ai limiti di durata dei suddetti rapporti, e l'esigenza di chiarire È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 189 del 17.8.2015 il decreto del Ministero dell´Istruzione, Università e della ricerca recante "Modalita´ e contenuti della prova di ammissione ai corsi di laurea magistrale programmati a livello nazionale anno accademico 2015/2016" (Decreto del Ministero dell´Istruzione pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 189 del 17.8.2015). «::::::::: GA :::::::::» ANTICORRUZIONE: SÌ AL CONFERIMENTO DELL'INCARICO DI RESPONGazzetta Amministrativa -75- Numero 3/4 - 2015 procedimento amministrativo riforme istituzionali queste esigenze riguardano sia le scuole statali, sia quelle comunali, la disposizione non distingue tra le une e le altre. A norma dello stesso art. 29, resta fermo quanto disposto dall'art. 36 del d.lgs. n. 165 del 2001, che definisce i limiti entro i quali le pubbliche amministrazioni possono ricorrere a contratti di lavoro flessibile secondo i rispettivi ordinamenti e sulla base dei pertinenti contratti di categoria. 4. Una disciplina speciale della durata del rapporto di lavoro a tempo determinato è contenuta nella l. n. 107 del 2015, recante la riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e la delega per il riordino delle disposizioni in materia. L'art. 1, co. 131, della l. n. 107 del 2015 stabilisce infatti che, a decorrere dal 1.09.2016, i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati con il personale docente, educativo, amministrativo, tecnico e ausiliario presso le istituzioni scolastiche ed educative statali, per la copertura di posti vacanti e disponibili, non possono superare la durata complessiva di trentasei mesi. In relazione a questa disposizione, va rilevato quanto segue. La disposizione è inserita in una legge che prevede un piano straordinario di assunzioni, con l'ampliamento dell'organico delle istituzioni scolastiche statali, volto tra l'altro a consentire un ricorso molto più limitato ai rapporti di lavoro a tempo determinato nel settore. Essa fa riferimento al solo personale delle istituzioni scolastiche ed educative statali. 5. Quest'ultima circostanza pone il problema dell'applicabilità dell'art. 1, co. 131, della l. 107 al personale delle istituzioni scolastiche comunali. Al quesito appena enunciato sembra doversi dare una risposta negativa, sia per il tenore letterale della disposizione (se il legislatore avesse voluto estenderla al personale diverso da quello statale, non avrebbe inserito la parola "statali", che non può avere altro scopo che quello di delimitarne l'ambito di applicazione) sia per il profilo teleologico (la disposizione è strettamente connessa al menzionato piano straordinario di assunzioni, che riguarda solo il personale statale e può giustificare una disciplina transitoria per il tempo necessario al suo completamento). Ciò è l'ambito di applicazione dell'art. 29, co. 2, del d. lgs. n. 81 del 2015 e dell'art. 1, coo. 131 e 132, della l. n. 107 del 2015. La presente circolare è emanata sulla base di approfondimenti svolti con il Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei ministri, con il Ministero dell'economia e delle finanze, con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, che ne hanno condiviso il contenuto. 2. Nella previgente disciplina, di cui all'art. 10, co. 4 bis, del d.lgs. n. 368 del 2001, risultavano esclusi dal campo di applicazione del medesimo decreto "i contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle supplenze del personale docente ed ATA". La ratio della suddetta esclusione, evidenziata nel corpo dello stesso art. 10, co. 4-bis, risiedeva nella "necessità di garantire la costante erogazione del servizio scolastico ed educativo", strettamente connesso ai livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione ed educazione (artt. 33 e 34 della Cost.) e caratterizzato da peculiari esigenze di flessibilità, dovuta a fenomeni come le oscillazioni demografiche, la migrazione scolastica e le variazioni nelle scelte dei diversi indirizzi. Delle stesse esigenze si erano fatte carico successive modifiche allo stesso art. 10, co. 4 bis. 3. Il d.lgs. n. 81 del 2015, recante il testo organico delle tipologie contrattuali diverse dal lavoro a tempo indeterminato, ha modificato e abrogato la previgente disciplina in materia di contratti a tempo determinato contenuta nel d.lgs. n. 368 del 2001, prevedendo che al contratto di lavoro subordinato possa essere apposto un termine di durata non superiore a trentasei mesi. L'art. 29, co. 2, lett. c), del d.lgs., peraltro, conferma l'ipotesi di esclusione relativa ai "contratti a tempo determinato stipulati con il personale docente ed ATA per il conferimento delle supplenze". Nonostante alcune diversità nella formulazione della disposizione, il fine della norma continua a essere quello di garantire la costante erogazione del servizio scolastico ed educativo, in presenza delle menzionate esigenze connesse al corretto funzionamento dello stesso servizio. Dato che Gazzetta Amministrativa -76- Numero 3/4 - 2015 procedimento amministrativo - riforme istituzionali legislativo volto al superamento del precariato nel settore scolastico attraverso un percorso di assunzioni. Di questo orientamento i comuni, non soggetti alla disposizione della l. 107, potranno tener conto nella gestione del proprio personale, predisponendo misure volte al superamento del precariato nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica e nei limiti della sostenibilità finanziaria. Valuteranno, pertanto, i Comuni la sussistenza delle ragioni oggettive che, nel rispetto dei principi e delle condizioni sopra menzionate, consentano di reiterare i contratti di lavoro a tempo determinato al fine di corrispondere alle esigenze improcrastinabili collegate all'inizio del presente anno scolastico (Circ. n. 3 del 2015 del Ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione registrata dalla Corte dei conti in data 22.09. 2015, Reg.ne Prev. n. 2387). dimostrato anche dal successivo co. 132, relativo allo stanziamento di risorse per il pagamento di eventuali condanne, che è a sua volta strumentale al definitivo superamento dei problemi del precariato scolastico e che - come si rileverà in seguito riguarda solo la finanza statale. 6. Da quanto precede può dedursi che al personale docente e ATA delle istituzioni scolastiche comunali è applicabile l'esclusione dalla disciplina generale del lavoro a tempo determinato, posta dal d.lgs. n. 81 del 2015, mentre non è direttamente applicabile la disciplina speciale della l. n 107 del 2015. Ciò, peraltro, non vuol dire che non vi siano limiti alla durata complessiva dei rapporti di lavoro a tempo determinato di questo personale. È evidente infatti che le esigenze di tutela del lavoratore, sottostanti alla disciplina europea e a quella nazionale del lavoro a tempo determinato, si pongono anche per esso. E si deve escludere che il legislatore abbia voluto lasciare privi di tutela, in relazione alla durata del contratto, i dipendenti delle scuole comunali. L'inapplicabilità della disciplina legislativa, quindi, impone comunque di individuare nell'ordinamento i limiti ai suddetti rapporti di lavoro. Questi limiti sono rinvenibili nel diritto nazionale e in quello europeo, comunque prevalente su quello nazionale. Innanzitutto, occorre ricordare che il d.lgs. n. 81 del 2015, nell'escludere l'applicabilità della disciplina in esso contenuta dei rapporti di lavoro a tempo determinato, fa salve le previsioni dell'art. 36 del d.lgs. n. 165 del 2001, che definiscono i limiti entro i quali simili rapporti di lavoro possono essere costituiti dalle pubbliche amministrazioni. In secondo luogo, occorre tenere conto di quanto stabilito, con particolare riferimento al settore scolastico, dalla sentenza Mascolo della Corte di giustizia dell'Unione europea (cause riunite C-22/13, da C-61/ a C-63/13 e C-418/13) in relazione alle ipotesi entro le quali è lecito il ricorso al rapporto di lavoro a tempo determinato e alle sanzioni per il ricorso abusivo. In terzo luogo, dalla citata disposizione della l. n. 107 del 2015 emerge un orientamento Gazzetta Amministrativa «::::::::: GA :::::::::» ADEGUAMENTO DEL REGOLAMENTO ANAGRAFICO DELLA POPOLAZIONE RESIDENTE: IN G.U. IL D.P.R. 17.7.2015, N. 126 È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.188 del 14.8.2015 il il Decreto del Presidente della Repubblica del 17.07.2015, n. 126 avente ad oggetto il “Regolamento recante adeguamento del regolamento anagrafico della popolazione residente, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30.5.1989, n. 223, alla disciplina istitutiva dell'anagrafe nazionale della popolazione residente”. Il Presidente della Repubblica Visto l'art. 87, quinto co., della Cost.; Vista la l. 24.12.1954, n. 1228; Vista la l. 27.10.1988, n. 470; Visto il decreto del Presidente della Repubblica 30.05.1989, n. 223; Visto il decreto del Presidente della Repubblica 6.09. 1989, n. 323; Visto l'art. 17, co. 1, lett. a), della l. 23 .08.1988, n. 400; Visto l'art. 62 del d.lgs. 7.03.2005, n. 82, e successive modificazioni; -77- Numero 3/4 - 2015 procedimento amministrativo riforme istituzionali 7.3.2005, n. 82, e successive modificazioni.»; c) l'art. 7 è sostituito dal seguente: «Art. 7 (Iscrizioni anagrafiche). - 1. L'iscrizione nell'anagrafe della popolazione residente viene effettuata: a) per nascita, presso il comune di residenza dei genitori o presso il comune di residenza della madre qualora i genitori risultino residenti in comuni diversi, ovvero, quando siano ignoti i genitori, nel comune ove è residente la persona o la convivenza cui il nato è stato affidato; b) per esistenza giudizialmente dichiarata; c) per trasferimento di residenza dall'estero dichiarato dall'interessato non iscritto, oppure accertato secondo quanto è disposto dall'art. 15, co. 1, del presente regolamento, anche tenuto conto delle particolari disposizioni relative alle persone senza fissa dimora di cui all'art. 2, co. terzo, della l. 24.12. 1954, n. 1228, nonchè per mancanza di precedente iscrizione. 2. Per le persone già cancellate per irreperibilità e successivamente ricomparse devesi procedere a nuova iscrizione anagrafica. 3. Gli stranieri iscritti in anagrafe hanno l'obbligo di rinnovare all'ufficiale di anagrafe la dichiarazione di dimora abituale nel comune di residenza, entro sessanta giorni dal rinnovo del permesso di soggiorno, corredata dal permesso medesimo e, comunque, non decadono dall'iscrizione nella fase di rinnovo del permesso di soggiorno. Per gli stranieri muniti di carta di soggiorno, il rinnovo della dichiarazione di dimora abituale è effettuato entro sessanta giorni dal rinnovo della carta di soggiorno. L'ufficiale di anagrafe aggiornerà la scheda anagrafica dello straniero, dandone comunicazione al questore. 4. Il registro di cui all'art. 2, co. quinto, della l. 24.12.1954, n. 1228, è tenuto dal Ministero dell'interno presso la prefettura di Roma. Il funzionario incaricato della tenuta di tale registro ha i poteri e i doveri dell'ufficiale di anagrafe.»; d) all'art. 10, al co. 1, alla lett. b), dopo la parola: «comune» sono inserite le seguenti: Visto il decreto del Ministro dell'interno 6 .07. 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 165 del 17.07.2010; Visto il d.lgs. 3.02.2011, n. 71; Visto l'art. 2, co. 5, del d.l. 18.10.2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla l. 17.12.2012, n. 221, che prevede che siano apportate al decreto del Presidente della Repubblica 30.05. 1989, n. 223, le modifiche necessarie per adeguarne la disciplina alle disposizioni istitutive dell'anagrafe nazionale della popolazione residente; Visto l'art. 13, co. 2-bis, del d.l. 21.6.2013,n. 69, convertito, con modificazioni, dalla l. 9.08. 2013, n. 98; Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 30.10.2014; Acquisito il parere del Garante per la protezione dei dati personali, espresso in data 22.01.2015; Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla Sezione consultiva per gli atti normativi nell'Adunanza del 19.3.2015; Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 3.07.2015; Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con i Ministri dell'interno e per la semplificazione e la pubblica amministrazione; E m a n a il seguente regolamento: Art. 1 Modifiche al regolamento anagrafico della popolazione residente approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 .05.1989, n. 223. 1. Al regolamento anagrafico della popolazione residente approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30.05.1989, n. 223, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al Capo I, nella rubrica, la parola: «Anagrafe» è sostituita dalla seguente: «Registrazione anagrafica»; b) prima dell'art. 1, è inserito il seguente: «Art. 01 (Adempimenti anagrafici). - 1. Gli adempimenti anagrafici di cui al presente regolamento sono effettuati nell'anagrafe nazionale della popolazione residente di cui all'art. 62 del decreto legislativo Gazzetta Amministrativa -78- Numero 3/4 - 2015 procedimento amministrativo - riforme istituzionali comune di residenza entro il termine di dieci giorni con l'osservanza delle disposizioni sull' 'ordinamento dello stato civilè . Per le persone residenti all'estero le comunicazioni devono essere effettuate con le stesse modalità al comune competente.»; h) l'art. 16 è sostituito dal seguente: «Art. 16 (Segnalazioni particolari). - 1. Quando risulti che una persona o una famiglia abbia trasferito la residenza senza aver reso la dichiarazione di cui all'art. 13, l'ufficiale di anagrafe deve darne notizia al comune competente in relazione al luogo ove la persona o la famiglia risulta di fatto trasferitasi, per i conseguenti provvedimenti. 2. La persona che, ai fini della iscrizione, dichiari per sè o per i componenti della famiglia di provenire dall'estero, qualora risulti già iscritta, è registrata come proveniente dal luogo di residenza già registrato.»; i) l'art. 18 è sostituito dal seguente: «Art. 18 (Procedimento d'iscrizione e mutazione anagrafica). - 1. Entro due giorni lavorativi successivi alla presentazione delle dichiarazioni di cui all'art. 13, co. 1, lettere a), b) e c), l'ufficiale d'anagrafe effettua le iscrizioni o le registrazioni delle mutazioni anagrafiche dichiarate, con decorrenza dalla data della presentazione delle dichiarazioni.» l) l'art. 18-bis è sostituito dal seguente: «Art. 18-bis (Accertamenti sulle dichiarazioni rese e ripristino delle posizioni anagrafiche precedenti). 1. L'ufficiale d'anagrafe, entro quarantacinque giorni dalla ricezione delle dichiarazioni rese ai sensi dell'art. 13, co. 1, lettere a), b) e c), accerta la effettiva sussistenza dei requisiti previsti dalla legislazione vigente per la registrazione. Se entro tale termine l'ufficiale d'anagrafe, tenuto anche conto degli esiti degli eventuali accertamenti svolti dal comune di provenienza, non invia all'interessato la comunicazione di cui all'art. 10-bis della l. 7.08.1990, n. 241, quanto dichiarato si considera conforme alla situazione di fatto in essere alla data della ricezione della dichiarazione, ai sensi dell'art. 20 della l. citata. «o del territorio nazionale»; e) dopo l'art. 10 è inserito il seguente: «Art. 10-bis (Posizioni che non comportano mutazioni anagrafiche). - 1. Non deve essere disposta, nè d'ufficio, nè a richiesta dell'interessato, la mutazione anagrafica, per trasferimento di residenza, delle seguenti categorie di persone: a) militari di leva, di carriera, o che abbiano, comunque, contratto una ferma, pubblici dipendenti, personale dell'arma dei carabinieri, della polizia di Stato, della guardia di finanza, distaccati presso scuole per frequentare corsi di avanzamento o di perfezionamento; b) ricoverati in istituti di cura, di qualsiasi natura, purchè la permanenza nel comune non superi i due anni, a decorrere dal giorno dell'allontanamento dal comune di iscrizione anagrafica; c) detenuti in attesa di giudizio. 2. Il trasferimento di residenza della famiglia, anche nell'ambito dello stesso comune comporta, di regola, anche il trasferimento di residenza dei componenti assenti perchè appartenenti ad una delle categorie indicate nel co. 1.»; f) all'art. 11, al co. 1, la lett. b) è sostituita dalla seguente: «b) per trasferimento all'estero dello straniero;»; g) all'art. 12, sono apportate le seguenti modificazioni: 1) il co. 2 è sostituito dal seguente: «2. Le comunicazioni relative alle celebrazioni di matrimonio devono essere effettuate mediante modelli conformi agli standard indicati dall'Istituto nazionale di statistica. Le comunicazioni relative alle nascite e alle morti sono effettuate dall'ufficio di stato civile ai sensi della disciplina prevista dall'art. 2, co. 3, del d.l. 18.10.2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla l. 17.12.2012, n. 221, nonchè dall'art. 62, co. 6, del d.lgs. 7.03. 2005, n. 82.»; 2) il co. 5 è sostituito dal seguente: «5. Le comunicazioni concernenti lo stato civile riflettenti persone non residenti nel comune devono essere effettuate agli uffici di stato civile e di anagrafe del Gazzetta Amministrativa -79- Numero 3/4 - 2015 procedimento amministrativo riforme istituzionali popolazione residente.»; p) all'art. 21, sono apportate le seguenti modificazioni: 1) il co. 1 è sostituito dal seguente: «1. Per ciascuna famiglia residente deve essere compilata una scheda di famiglia, nella quale devono essere indicate le posizioni anagrafiche relative alla famiglia ed alle persone che la costituiscono.»; 2) il co. 5 è sostituito dal seguente: «5. La scheda deve essere archiviata per scioglimento della famiglia ovvero per la cancellazione delle persone che ne fanno parte.»; q) l'art. 22 è sostituito dal seguente: «Art. 22 (Schede di convivenza). - 1. Per ciascuna convivenza residente nel comune deve essere compilata una scheda di convivenza, nella quale sono indicate le posizioni anagrafiche relative alla medesima ed a quelle dei conviventi, la specie e la denominazione della convivenza nonchè il nominativo della persona che la dirige. Per ciascuna convivenza residente nel comune deve essere compilata una scheda di convivenza, conforme all'apposito esemplare predisposto dall'Istituto centrale di statistica, nella quale devono essereindicate le posizioni anagrafiche relative alla medesima, nonchè quelle dei conviventi residenti. 2. Nella scheda di convivenza, successivamente alla sua istituzione, devono essere iscritte le persone che entrano a far parte della convivenza e cancellate le persone che cessano di farne parte. 3. La scheda di convivenza deve essere aggiornata alle mutazioni relative alla denominazione o specie della convivenza, al responsabile di essa, alla sede della stessa ed alle posizioni anagrafiche dei conviventi. 4. La scheda di convivenza deve essere archiviata per cessazione della convivenza o per trasferimento di essa o all'estero.»; r) l'art. 23 è sostituito dal seguente: «Art. 23 (Tenuta delle schede anagrafiche in formato elettronico). - 1. Le schede individuali, di famiglia e di convivenza devono essere conservate e costantemente aggiornate, in formato 2. Qualora a seguito degli accertamenti di cui al co. 1 sia effettuata la comunicazione di cui all'art. 10-bis della l. 7.08.1990, n. 241, e non vengano accolte le osservazioni presentate o sia decorso inutilmente il termine per la presentazione delle stesse, l'ufficiale d'anagrafe provvede al ripristino della posizione anagrafica precedente, mediante annullamento dell'iscrizione o della mutazione registrata, a decorrere dalla data della ricezione della dichiarazione di cui all'art. 13, co. 1, lettere a), b) e c).»; m) all'art. 19 sono apportate le seguenti modificazioni: 1) al co. 2, dopo la parola: «iscrizione» sono inserite le seguenti: «o la mutazione»; 2) al co. 3, le parole: «da chi richiede l'iscrizione anagrafica» sono soppresse; n) al Capo IV, la rubrica è sostituita dalla seguente: «Formazione ed ordinamento dello schede anagrafiche della popolazione residente e degli italiani residenti all'estero»; o) l'art. 20 è sostituito dal seguente: «Art. 20 (Schede individuali). - 1. A ciascuna persona residente nel comune deve essere intestata una scheda individuale, sulla quale devono essere obbligatoriamente indicati il cognome, il nome, il sesso, la data e il luogo di nascita, il codice fiscale, la cittadinanza, l'indirizzo dell'abitazione. Nella scheda sono altresi' indicati i seguenti dati: la paternità e la maternità, ed estremi dell'atto di nascita, lo stato civile, ed eventi modificativi, nonchè estremi dei relativi atti, il cognome e il nome del coniuge, la professione o la condizione non professionale, il titolo di studio, gli estremi della carta d'identità, il domicilio digitale, la condizione di senza fissa dimora. 2. Nella scheda riguardante i cittadini stranieri sono comunque indicate la cittadinanza e gli estremi del documento di soggiorno. 3. Per le donne coniugate o vedove le schede devono essere intestate al cognome da nubile. 4. Le schede individuali debbono essere tenute costantemente aggiornate e devono essere archiviate quando le persone alle quali sono intestate cessino di far parte della Gazzetta Amministrativa -80- Numero 3/4 - 2015 procedimento amministrativo - riforme istituzionali v) l'art. 35 è sostituito dal seguente: «Art. 35 (Contenuto dei certificati anagrafici). - 1. I certificati anagrafici devono contenere l'indicazione del comune e della data di rilascio; l'oggetto della certificazione; le generalità delle persone cui la certificazione si riferisce, salvo le particolari disposizioni di cui alla l. 31.10.1955, n. 1064, e la firma dell'ufficiale di anagrafe. 2. Non costituiscono materia di certificazione le notizie riportate nelle schede anagrafiche concernenti la professione, arte o mestiere, la condizione non professionale, il titolo di studio, il domicilio digitale, la condizione di senza fissa dimora e il titolo di soggiorno. 3. Il certificato di stato di famiglia deve rispecchiare la composizione familiare quale risulta dall'anagrafe all'atto del rilascio del certificato. 4. Previa motivata richiesta, l'ufficiale di anagrafe rilascia certificati attestanti situazioni anagrafiche pregresse. 5. Presso gli uffici anagrafici, gli iscritti esercitano i diritti di cui alla parte I, titolo II del decreto legislativo 30.6.2003, n. 196, sui dati contenuti nell'anagrafe nazionale della popolazione residente, nei limiti e nel rispetto delle modalità previsti dal medesimo d.lgs..» z) all'art. 46, sono apportate le seguenti modificazioni: 1) dopo il co. 4 sono aggiunti i seguenti: «4-bis. Il comune di dimora abituale risultante dall'ultimo censimento della popolazione, se diverso dal comune di residenza, dispone la relativa mutazione anagrafica a decorrere dalla presentazione della dichiarazione di cui all'art. 13, co. 1, lett. a). 4-ter. Se in base all'ultimo censimento della popolazione, risulta abitualmente dimorante nel territorio nazionale la persona non iscritta, il comune di dimora abituale ne dispone l'iscrizione con la stessa decorrenza di cui al co. 4-bis.»; aa) l'art. 48 è sostituito dal seguente: «Art. 48 (Rilevazioni statistiche concernenti il movimento della popolazione residente). - 1. Fermi restando i servizi resi dall'anagrafe nazionale della popolazione elettronico, ai sensi della disciplina prevista dall'art. 62, co. 6, del d.lgs. 7.03.2005, n. 82.»; s) l'art. 27 è sostituito dal seguente: «Art. 27 (Italiani residenti all'estero). - 1. Gli adempimenti anagrafici relativi agli italiani residenti all'estero sono disciplinati dalla l. 27.10.1988, n. 470, e dal relativo regolamento di esecuzione, in quanto compatibili con la disciplina prevista dall'art. 62 del d.lgs. 7.3.2005, n. 82, e dal presente regolamento.»; t) l'art. 33 è sostituito dal seguente: «Art. 33 (Certificati anagrafici). - 1. Fatti salvi i divieti di comunicazione di dati, stabiliti da speciali disposizioni di legge, e quanto previsto dall'art. 35, l'ufficiale di anagrafe rilascia a chiunque ne faccia richiesta, previa identificazione, i certificati concernenti la residenza, lo stato di famiglia degli iscritti nell'anagrafe nazionale della popolazione residente, nonchè ogni altra informazione ivi contenuta. 2. Al rilascio di cui al co. 1 provvedono anche gli ufficiali d'anagrafe di comuni diversi da quello in cui risiede la persona cui i certificati si riferiscono. 3. Le certificazioni anagrafiche hanno validità di tre mesi dalla data di rilascio.»; u) l'art. 34 è sostituito dal seguente: «Art. 34 (Rilascio di elenchi degli iscritti nell'anagrafe nazionale della popolazione residente e di dati anagrafici per fini statistici e di ricerca). - 1. Alle amministrazioni pubbliche che ne facciano motivata richiesta, per esclusivo uso di pubblica utilità, l'ufficiale di anagrafe rilascia, anche periodicamente, elenchi degli iscritti, residenti nel comune, in conformità alle misure di sicurezza, agli standard di comunicazione e alle regole tecniche previsti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10.11.2014, n. 194, e dall'art. 58 del d.lgs. 7.3.2005, n. 82. 2. L'ufficiale di anagrafe rilascia dati anagrafici, relativi agli iscritti residenti nel comune, resi anonimi ed aggregati, agli interessati che ne facciano richiesta per fini statistici e di ricerca. 3. Il comune puo' esigere dai richiedenti un rimborso spese per il materiale fornito.»; Gazzetta Amministrativa -81- Numero 3/4 - 2015 procedimento amministrativo riforme istituzionali un comune transitato ed un comune non transitato. 3. Dall'attuazione del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Art. 4 Entrata in vigore 1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare. (D.P.R. del 17.7.2015, n. 126 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.188 del 14-8-2015). residente, le rilevazioni statistiche concernenti il movimento naturale della popolazione residente ed i trasferimenti di residenza vengono effettuate dall'ufficiale di anagrafe in conformità ai metodi, ai formati e agli standard indicati dall'Istituto nazionale di statistica, tenuto anche conto della disciplina prevista dall'art. 3, commi 1 e 2, del d.l. 18 .10. 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla l. 17.12.2012, n. 221.»; bb) all'art. 52, il co. 1 è sostituito dal seguente: «1. Il prefetto vigila affinchè gli adempimenti anagrafici, topografici, ecografici e di carattere statistico dei comuni siano effettuati in conformità alle norme del presente regolamento.». 2. Le parole: "Istituto centrale di statistica", ovunque presenti, sono sostituite dalle seguenti: "Istituto nazionale di statistica".». Art. 2 Abrogazioni 1. Gli artt. 8, 9, 24, 25, 26, 28, 29, 30, 31 e 57 del decreto del Presidente della Repubblica 30.5.1989, n. 223, sono abrogati, fatto salvo quanto disposto dall'art. 3, co. 2. Art. 3 Disposizioni transitorie e finali 1. Ai fini della individuazione delle disposizioni che continuano ad applicarsi agli adempimenti anagrafici fino al completamento del piano per il graduale subentro di cui all'art. 62, co. 2, del d.lgs. 7.3.2005, n. 82, si intende per «comune non transitato» il comune per il quale non si è ancora verificato il subentro dell'anagrafe nazionale della popolazione residente e per «comune transitato» il comune per il quale si è verificato tale subentro. 2. Fino al subentro dell'anagrafe nazionale della popolazione residente, il comune non transitato procede a tutti gli adempimenti anagrafici con l'osservanza delle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 30.5.1989, n. 223, previgenti alla data di entrata in vigore del presente decreto. Le medesime disposizioni continuano, altresì, ad applicarsi agli adempimenti anagrafici che interessano congiuntamente Gazzetta Amministrativa «::::::::: GA :::::::::» DISPOSIZIONI PER LA RAZIONALIZZAZIONE E LA SEMPLIFICAZIONE DELL'ATTIVITÀ ISPETTIVA IN MATERIA DI LAVORO E LEGISLA-ZIONE SOCIALE, IN ATTUAZIONE DELLA L. 10.12.2014, N. 183 È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. n.221 del 23.9.2015 - Suppl. Ordinario n. 53 il Decreto del Presidente della Repubblica del 14.9.2015, n. 149 avente ad oggetto “Disposizioni per la razionalizzazione e la semplificazione dell'attività ispettiva in materia di lavoro e legislazione sociale, in attuazione della l. 10.12.2014, n. 183”. Il Presidente Della Repubblica Visti gli artt. 76 e 87 della Cost.; Visto l'art. 1, co. 7, della l. 10.12.2014, n. 183, il quale, allo scopo di rafforzare le opportunità di ingresso nel mondo del lavoro da parte di coloro che sono in cerca di occupazione, nonché di riordinare i contratti di lavoro vigenti per renderli maggiormente coerenti con le attuali esigenze del contesto occupazionale e produttivo e di rendere piu' efficiente l'attività ispettiva, delega il Governo ad adottare, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, uno o piu' decreti legislativi; Visto l'art. 1, co. 7, lett. l), della citata l. n. 183 del 2014, recante il criterio di delega relativo alla razionalizzazione e semplificazione dell'at-82- Numero 3/4 - 2015 procedimento amministrativo - riforme istituzionali di legge. 3. L'Ispettorato ha personalità giuridica di diritto pubblico, è dotato di autonomia organizzativa e contabile ed è posto sotto la vigilanza del Ministro del lavoro e delle politiche sociali che ne monitora periodicamente gli obiettivi e la corretta gestione delle risorse finanziarie. 4. L'Ispettorato ha una sede centrale in Roma, presso un immobile demaniale ovvero presso un immobile del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell'INPS, dell'INAIL o di altri Istituti previdenziali e un massimo di 80 sedi territoriali. 5. L'Ispettorato è sottoposto al controllo della Corte dei conti ai sensi dell'art. 3, co. 4, della l. 14.01.1994, n. 20, e successive modificazioni. Art. 2 Funzioni e attribuzioni 1. Entro quarantacinque giorni dall'entrata in vigore del presente decreto è adottato, con decreto del Presidente della Repubblica ai sensi dell'art. 17, co. 2, della l. 23.08.1988, n. 400, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, lo statuto dell'Ispettorato, in conformità ai principi e ai criteri direttivi stabiliti dall'art. 8, co. 4, del d.lgs. n. 300 del 1999, ivi compresa la definizione, tramite convenzione da stipularsi tra il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e il direttore dell'Ispettorato, degli obiettivi specificamente attribuiti a quest'ultimo. 2. L'Ispettorato esercita, in particolare, le seguenti funzioni e attribuzioni: a) esercita e coordina su tutto il territorio nazionale, sulla base di direttive emanate dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, la vigilanza in materia di lavoro, contribuzione e assicurazione obbligatoria nonchè legislazione sociale, ivi compresa la vigilanza in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, nei limiti delle competenze già attribuite al personale ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali ai sensi del d.lgs. 9.4.2008, n. 81, e gli accertamenti in materia di riconoscimento del diritto a prestazioni per infortuni su lavoro e malattie professionali, della esposizione al rischio nelle malattie professionali, delle tività ispettiva, attraverso misure di coordinamento ovvero attraverso l'istituzione, ai sensi dell'art. 8 del d.lgs. 30.7.1999, n. 300, di una Agenzia unica per le ispezioni del lavoro, tramite l'integrazione in un'unica struttura dei servizi ispettivi del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell'INPS e INAIL, prevedendo strumenti e forme di coordinamento con i servizi ispettivi delle aziende sanitarie locali e delle agenzie regionali per la protezione ambientale; Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione dell'11.6.2015; Acquisiti i pareri delle competenti commissioni parlamentari della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 4.09. 2015; Sulla proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con i Ministri per la semplificazione e la pubblica amministrazione, della difesa e dell'economia e delle finanze; Emana il seguente d.lgs.: Art. 1 Ispettorato nazionale del lavoro 1. Al fine di razionalizzare e semplificare l'attività di vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale, nonchè al fine di evitare la sovrapposizione di interventi ispettivi, è istituita, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, ai sensi dell'art. 8 del d.lgs. 30.7.1999, n. 300, una Agenzia unica per le ispezioni del lavoro denominata «Ispettorato nazionale del lavoro», di seguito «Ispettorato», che integra i servizi ispettivi del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell'INPS e dell'INAIL. 2. L'Ispettorato svolge le attività ispettive già esercitate dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dall'INPS e dall'INAIL. Al fine di assicurare omogeneità operative di tutto il personale che svolge vigilanza in materia di lavoro, contribuzione e assicurazione obbligatoria, nonchè legislazione sociale, ai funzionari ispettivi dell'INPS e dell'INAIL sono attribuiti i poteri già assegnati al personale ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ivi compresa la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria secondo quanto previsto dall'art. 6, co. 2, del d.lgs. 23.4.2004, n. 124 e alle medesime condizioni Gazzetta Amministrativa -83- Numero 3/4 - 2015 procedimento amministrativo riforme istituzionali 1. Sono organi dell'Ispettorato e restano in carica per tre anni rinnovabili per una sola volta: a) il direttore; b) il consiglio di amministrazione; c) il collegio dei revisori. 2. Il direttore è scelto tra esperti ovvero tra personale incaricato di funzioni di livello dirigenziale generale delle amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1 co. 2, del d.lgs. 30.3.2001 n. 165 o altro personale di cui all'art. 3 del medesimo d.lgs., in possesso di provata esperienza e professionalità nelle materie di competenza dell'Ispettorato ed è nominato con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e, se dipendente delle amministrazioni pubbliche, previo collocamento fuori ruolo, aspettativa non retribuita, comando o analogo provvedimento secondo i rispettivi ordinamenti. In tal caso è reso indisponibile un posto equivalente, dal punto di vista finanziario, presso l'amministrazione di provenienza. Al direttore dell'Ispettorato spetta il trattamento economico e normativo riconosciuto per l'incarico di capo dipartimento di cui all'art. 5 del d.lgs. n. 300 del 1999. 3. Il consiglio di amministrazione è nominato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali ed è composto da quattro dirigenti incaricati di funzioni di livello dirigenziale generale delle amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, co. 2, del d.lgs. 30.3.2001 n. 165 o altro personale di cui all'art. 3 del medesimo d.lgs., in possesso di provata esperienza e professionalità nelle materie di competenza dell'Ispettorato. Un componente ciascuno è indicato dall'INPS e dall'INAIL in rappresentanza dei predetti Istituti. Uno dei componenti del consiglio di amministrazione svolge, su designazione del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, le funzioni di presidente. 4. Il collegio dei revisori è nominato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali ed è composto da tre membri effettivi, di cui due in rappresentanza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e uno in rappresentanza del Ministero dell'economia e delle finanze. Con il medesimo decreto sono caratteristiche dei vari cicli produttivi ai fini della applicazione della tariffa dei premi; b) emana circolari interpretative in materia ispettiva e sanzionatoria, previo parere conforme del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nonchè direttive operative rivolte al personale ispettivo; c) propone, sulla base di direttive del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, gli obiettivi quantitativi e qualitativi delle verifiche ed effettua il monitoraggio sulla loro realizzazione; d) cura la formazione e l'aggiornamento del personale ispettivo, ivi compreso quello di INPS e INAIL; e) svolge le attività di prevenzione e promozione della legalità presso enti, datori di lavoro e associazioni finalizzate al contrasto del lavoro sommerso e irregolare ai sensi dell'art. 8 del d.lgs. 23.04.2004, n. 124; f) esercita e coordina le attività di vigilanza sui rapporti di lavoro nel settore dei trasporti su strada, i controlli previsti dalle norme di recepimento delle direttive di prodotto e cura la gestione delle vigilanze speciali effettuate sul territorio nazionale; g) svolge attività di studio e analisi relative ai fenomeni del lavoro sommerso e irregolare e alla mappatura dei rischi, al fine di orientare l'attività di vigilanza; h) gestisce le risorse assegnate ai sensi dell'art. 8, anche al fine di garantire l'uniformità dell'attività di vigilanza, delle competenze professionali e delle dotazioni strumentali in uso al personale ispettivo; i) svolge ogni ulteriore attività, connessa allo svolgimento delle funzioni ispettive, ad esso demandata dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali; l) riferisce al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, all'INPS e all'INAIL ogni informazione utile alla programmazione e allo svolgimento delle attività istituzionali delle predette amministrazioni; m) ferme restando le rispettive competenze, si coordina con i servizi ispettivi delle aziende sanitarie locali e delle agenzie regionali per la protezione ambientale al fine di assicurare l'uniformità di comportamento ed una maggiore efficacia degli accertamenti ispettivi, evitando la sovrapposizione degli interventi. Art. 3 Organi dell'Ispettorato Gazzetta Amministrativa -84- Numero 3/4 - 2015 procedimento amministrativo - riforme istituzionali litiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, modifiche ai regolamenti interni di contabilità adottati ai sensi dell'art. 5, co. 1. 2. Il consiglio di amministrazione, convocato dal componente che svolge le funzioni di presidente, che stabilisce altresi' l'ordine del giorno delle sedute, coadiuva il direttore nell'esercizio delle attribuzioni ad esso conferite, delibera il bilancio preventivo, il conto consuntivo e i piani di spesa ed investimento. 3. Alle sedute del consiglio di amministrazione partecipa il direttore dell'Ispettorato. 4. Il collegio dei revisori svolge il controllo sull'attività dell'Ispettorato ai sensi del d.lgs. 30.6.2011 n. 123 nonchè , in quanto applicabili, degli artt. da 2397 a 2409 c.c.. Art. 5 Organizzazione e funzionamento dell'Ispettorato 1. Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e il Ministro della difesa, da adottarsi entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del presente d.lgs., sono disciplinate, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, l'organizzazione delle risorse umane e strumentali per il funzionamento dell'Ispettorato e la contabilità finanziaria ed economico patrimoniale relativa alla sua gestione. 2. Fermi restando gli ordinari stanziamenti di bilancio e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, i decreti di cui al co. 1 provvedono, in deroga alle discipline normative e contrattuali vigenti, a rideterminare in modo uniforme il trattamento di missione del personale ispettivo dell'Ispettorato, dell'INPS e dell'INAIL, in considerazione delle esigenze di utilizzo abituale del mezzo proprio per lo svolgimento della ordinaria attività istituzionale che comporta, il trasporto di strumenti informatici, fotocamere e altre attrezzature di lavoro. Ai fini della rideterminazione del trattamento di missione di cui al presente comma si applicano i seguenti criteri: a) mantenimento della misura dell'indennità chilometrica di cui al primo co. dell'art. 15 della l. 18.12.1973, n. 836 come ridetermina- nominati i membri supplenti in rappresentanza dei predetti Ministeri. I componenti del collegio sono scelti tra i dirigenti incaricati di funzioni di livello dirigenziale non generale delle amministrazioni di cui all'art. 1, co. 2, del d.lgs. n. 165 del 2001, in possesso di specifica professionalità. L'assegnazione delle funzioni di presidente del collegio dei revisori avviene secondo le modalità stabilite dallo statuto di cui all'art. 2, co. 1. Ai componenti del collegio dei revisori compete, per lo svolgimento della loro attività, un compenso determinato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, a valere sugli ordinari stanziamenti di bilancio dell'Ispettorato e comunque senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. 5. Per la partecipazione alle sedute degli organi collegiali non spettano gettoni di presenza o emolumenti a qualsiasi titolo dovuti. 6. Il direttore è sottoposto alla disciplina in materia di responsabilità dirigenziale di cui all'art. 21 del d.lgs. 30.03.2001, n. 165 ivi compresa la facoltà di revoca dell'incarico. Art. 4 Attribuzioni degli organi dell'Ispettorato 1. Il direttore ha la rappresentanza legale dell'Ispettorato, provvede all'attuazione degli indirizzi e delle linee guida adottate d'intesa con il consiglio di amministrazione e approvate dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali e presenta al consiglio di amministrazione il bilancio preventivo e il conto consuntivo. Il direttore propone alla commissione centrale di coordinamento di cui all'art. 3 del d.lgs. 23.4.2004, n. 124 gli obiettivi quantitativi e qualitativi delle verifiche ispettive, riferisce periodicamente al Ministro del lavoro e delle politiche sociali e al consiglio di amministrazione e presenta una relazione annuale sull'attività svolta dall'Ispettorato. Al direttore sono assegnati i poteri e la responsabilità della gestione dell'Ispettorato, nonchè la responsabilità per il conseguimento dei risultati fissati dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali nell'ambito, ove possibile, di massimali di spesa predeterminati dal bilancio o, nell'ambito di questo, dal Ministro stesso. È inoltre facoltà del direttore proporre all'approvazione del Ministro del lavoro e delle poGazzetta Amministrativa -85- Numero 3/4 - 2015 procedimento amministrativo riforme istituzionali all'entrata in vigore dei decreti di cui all'art. 5, co. 1 e fino al 31.12.2016. Le risorse derivanti dalle economie per le cessazioni dal servizio relative agli anni 2015 e 2016 non sono utilizzabili ai fini della determinazione del budget di assunzioni previsto dalle vigenti disposizioni in materia di assunzioni ed, inoltre, sono contestualmente ridotti i relativi fondi per il trattamento accessorio. 3. A partire dal 2017, in relazione ai risparmi di spesa derivanti dal progressivo esaurimento del ruolo di cui all'art. 7, co. 1, la dotazione organica dell'Ispettorato è incrementata, ogni tre anni, di un numero di posti corrispondente alle facoltà assunzionali previste dalle vigenti disposizioni in materia di turnover del personale, con conseguente assegnazione delle relative risorse finanziarie da parte dell'INPS e dell'INAIL in relazione al contratto collettivo applicato dall'Ispettorato. 4. Presso la sede di Roma dell'Ispettorato è istituito, alle dipendenze del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il «Comando carabinieri per la tutela del lavoro». L'attività di vigilanza svolta dal personale dell'Arma dei Carabinieri nonchè il coordinamento con l'Ispettorato è assicurato mediante la definizione, da parte del direttore dell'Ispettorato, di linee di condotta e programmi ispettivi periodici nonchè mediante l'affidamento allo stesso direttore delle spese di funzionamento del Comando carabinieri per la tutela del lavoro. Presso le sedi territoriali dell'Ispettorato opera altresi' un contingente di personale che, secondo quanto stabilito dai decreti di cui all'art. 5, co. 1, dipende funzionalmente dal dirigente preposto alla sede territoriale dell'Ispettorato e gerarchicamente dal comandante dell'articolazione del Comando carabinieri per la tutela del lavoro. In relazione a quanto stabilito dal presente comma, il contingente di personale assegnato al Ministero del lavoro e delle politiche sociali ai sensi dell'art. 826, co. 1, del d.lgs. 15.03.2010, n. 66 è assegnato all'Ispettorato. Il contingente di cui al presente comma, eventualmente ridotto con i decreti di cui all'art. 5, co. 1, è aggiuntivo rispetto alla dotazione organica di cui al co. 1 ed è selezionato per l'assegnazione secondo criteri fissati dal Comando generale dell'Arma dei Carabinieri fra coloro che abbiano frequentato specifici corsi for- ta dall'art. 8 della l. 26.07.1978, n. 417; b) previsione di una specifica indennità volta a favorire la messa a disposizione del mezzo proprio; c) previsione di coperture assicurative per eventi non coperti dal sistema assicurativo obbligatorio e dall'INAIL. 3. I decreti di cui al co. 1 prevedono misure volte a garantire l'omogeneizzazione delle dotazioni strumentali, anche informatiche, messe a disposizione del personale ispettivo dell'Ispettorato, del personale di cui all'art. 6 co. 4, nonchè del personale ispettivo dell'INPS e dell'INAIL. I medesimi decreti prevedono misure volte a garantire che lo svolgimento dell'attività lavorativa del personale ispettivo abbia luogo con modalità flessibili e semplificate. 4. In relazione alle attività di cui all'art. 14, co. 4, del d.lgs. 27.10.2009, n. 150 l'Ispettorato si avvale dell'Organismo indipendente di valutazione della performance del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. 5. L'Ispettorato è inserito nella Tabella A allegata alla l. 29.10.1984, n. 720 e successive modificazioni. Art. 6 Disposizioni in materia di personale 1. La dotazione organica dell'Ispettorato, non superiore a 6357 unità ripartite tra le diverse qualifiche, dirigenziali e non, è definita con i decreti di cui all'art. 5, co. 1 nel rispetto di quanto previsto dal co. 2. Nell'ambito della predetta dotazione organica, nella quale sono previste due posizioni dirigenziali di livello dirigenziale generale e 88 posizioni dirigenziali di livello non generale, sono ricomprese le unità di personale già in servizio presso le direzioni interregionali e territoriali del lavoro e presso la direzione generale per l'attività ispettiva del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Al personale dirigenziale e non dirigenziale di ruolo dell'Ispettorato si applica, rispettivamente, la contrattazione collettiva dell'Area I e la contrattazione collettiva del comparto Ministeri. 2. La dotazione organica dell'Ispettorato è ridotta in misura corrispondente alle cessazioni del personale delle aree funzionali, appartenente ai profili amministrativi, proveniente dalle Direzioni interregionali e territoriali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali che avverranno successivamente Gazzetta Amministrativa -86- Numero 3/4 - 2015 procedimento amministrativo - riforme istituzionali ispettivo in sevizio presso le sedi centrali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, fatta salva la possibilità di chiedere, entro trenta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, di rimanere nei ruoli dello stesso Ministero con inquadramento nei corrispondenti profili amministrativi. Art. 7 Coordinamento e accentramento delle funzioni di vigilanza 1. Dalla data indicata dai decreti di cui all'art. 5, co. 1, il personale ispettivo già appartenente all'INPS e all'INAIL è inserito in un ruolo ad esaurimento dei predetti Istituti con il mantenimento del trattamento economico e normativo in vigore. Le risorse derivanti dalle economie per le cessazioni dal servizio di cui al presente comma non sono utilizzabili ai fini della determinazione del budget di assunzioni da parte dell'INPS e dell'INAIL previsto dalle vigenti disposizioni in materia di assunzioni, fermo restando quanto previsto dall'art. 6, co. 3. In relazione alle cessazioni del personale di cui al presente comma, che si verificheranno dalla data di entrata in vigore dei decreti di cui all'art. 5, co. 1, sono contestualmente ridotti i relativi fondi per il trattamento accessorio. 2. Al fine di razionalizzare e semplificare l'attività ispettiva, con i decreti di cui all'art. 5 co. 1 sono individuate forme di coordinamento tra l'Ispettorato e i servizi ispettivi di INPS e INAIL che comprendono, in ogni caso, il potere dell'Ispettorato di dettare le linee di condotta e le direttive di carattere operativo, nonchè di definire tutta la programmazione ispettiva e le specifiche modalità di accertamento. Ai fini di cui al presente comma si tiene conto delle esigenze del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell'INPS e dell'INAIL di effettuare accertamenti tecnici funzionali allo svolgimento delle attività istituzionali delle predette amministrazioni. 3. Entro trenta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, il personale ispettivo dell'INPS e dell'INAIL può chiedere di essere inquadrato nei corrispondenti profili amministrativi dei rispettivi Istituti nei limiti delle disponibilità previste dalle relative dotazioni organiche. 4. Nella Regione Sicilia e nelle Province autonome di Trento e Bolzano l'Ispettorato provvede alla stipulazione di appositi proto- mativi del Ministero del lavoro e delle politiche sociali o dell'Ispettorato. Allo stesso contingente sono attribuiti, nell'esercizio delle proprie funzioni, i medesimi poteri riconosciuti al personale ispettivo dell'Ispettorato, fatto salvo il potere di conciliazione di cui all'art. 11 del d.lgs. 23.4.2004, n. 124. Sono a carico dell'Ispettorato gli oneri relativi al trattamento economico, fondamentale ed accessorio, del personale dell'Arma dei carabinieri e le spese connesse alle attività cui sono adibiti. In ragione della riorganizzazione di cui al presente comma è abrogato, dalla data indicata dai decreti di cui all'art. 5, co. 1, il decreto del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali e con il Ministro dell'interno, del 12.11.2009, recante la «Riorganizzazione del Comando Carabinieri per la tutela del lavoro», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 52 del 4.03.2010, fatte salve le disposizioni relative al rapporto di impiego dei Carabinieri per la tutela del lavoro con la Regione Sicilia. 5. Con i decreti di cui all'art. 5, co. 1, sono altresì individuati: a) la dislocazione sul territorio dell'Ispettorato; b) gli assetti e gli organici del personale dell'Arma dei Carabinieri di cui al co. 4, nonchè i contenuti della dipendenza funzionale delle unità territoriali dal dirigente preposto alla sede territoriale dell'Ispettorato. 6. Dalla data indicata dai decreti di cui all'art. 5, co. 1: a) cessano di operare le direzioni interregionali e territoriali del lavoro e sono attribuiti alle sedi territoriali dell'Ispettorato i compiti già assegnati alle predette direzioni dagli artt. 15 e 16 di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 14.2.2014, n. 121; b) è trasferito nei ruoli dell'Ispettorato il personale di ruolo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali individuato dagli stessi decreti di cui all'art. 5, co. 1. Nell'ambito del trasferimento è ricompreso il personale già in servizio presso le direzioni interregionali e territoriali del lavoro e presso la direzione generale per l'attività ispettiva del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. È altresi' trasferito presso la sede centrale e le sedi territoriali di Roma dell'Ispettorato il personale Gazzetta Amministrativa -87- Numero 3/4 - 2015 procedimento amministrativo riforme istituzionali to e sull'ordinamento dell'Avvocatura dello Stato di cui al regio decreto 30.10.1933, n. 1611. 2. L'Ispettorato puo' farsi rappresentare e difendere, nel primo e secondo grado di giudizio, da propri funzionari nei giudizi di opposizione ad ordinanza ingiunzione, nei giudizi di opposizione a cartella esattoriale nelle materie di cui all'art. 6, co. 4, lett. a), del d.lgs. 1.9.2011 n. 150, nonchè negli altri casi in cui la legislazione vigente consente alle amministrazioni pubbliche di stare in giudizio avvalendosi di propri dipendenti. Nel secondo grado di giudizio, ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici, è fatta salva la possibilità per l'Avvocatura dello Stato di assumere direttamente la trattazione della causa secondo le modalità stabilite al fine dai decreti di cui all'art. 5, co. 1. In caso di esito favorevole della lite all'Ispettorato sono riconosciute dal giudice le spese, i diritti e gli onorari di lite, con la riduzione del venti per cento dell'importo complessivo ivi previsto. Per la quantificazione dei relativi importi si applica il decreto adottato ai sensi dell'art. 9, co. 2, del d.l. 24.1.2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla l. 24.3.2012, n. 27, per la liquidazione del compenso spettante agli avvocati. Le entrate derivanti dall'applicazione del presente comma confluiscono in un apposito capitolo di bilancio dell'Ispettorato e ne integrano le dotazioni finanziarie. Art. 10 Organizzazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell'INPS e dell'INAIL 1. Fatto salvo quanto previsto dal decreto di cui all'art. 1, co. 4 lett. c), della l. 10.12.2014, n. 183, in applicazione delle disposizioni di cui al presente d.lgs. sono apportate le conseguenti modifiche ai decreti di organizzazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell'INPS e dell'INAIL, anche in relazione alla individuazione della struttura dello stesso Ministero del lavoro e delle politiche sociali assegnataria dei compiti di cui all'art. 1, co. 3. 2. I decreti di cui al co. 1 prevedono altresi' la soppressione della direzione generale per l'attività ispettiva ed eventuali ridimensionamenti delle altre direzioni generali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. colli d'intesa al fine di garantire, in detti territori, l'uniforme svolgimento dell'attività di vigilanza ed evitare la sovrapposizione di interventi ispettivi, nel rispetto delle competenze attribuite dai rispettivi statuti in materia di vigilanza sul lavoro e legislazione sociale. Detti protocolli possono prevedere, altresi', iniziative formative comuni e la condivisione delle migliori pratiche in materia di svolgimento dell'attività di vigilanza al fine di promuoverne l'uniformità a livello nazionale. Art. 8 Risorse finanziarie 1. I decreti di cui all'art. 5, co. 1, individuano le risorse strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, ivi comprese quelle destinate al trattamento accessorio del personale in forza all'Ispettorato, già assegnate al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e da trasferire all'Ispettorato, che subentra nella titolarità dei relativi rapporti giuridici attivi e passivi. Sono in ogni caso trasferite all'Ispettorato le risorse del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell'INPS e dell'INAIL destinate alle dotazioni strumentali di cui all'art. 1, co. 2, nonchè le risorse di cui all'art. 14, co. 1 lett. d) numero 2), del d.l. 23.12.2013, n. 145 convertito, con modificazioni, dalla l. 21.02.2014, n. 9, le quali sono utilizzate per il finanziamento delle misure, già previste dallo stesso decreto legge, per l'incentivazione del personale ispettivo di ruolo dell'Ispettorato. Sono altresi' trasferite all'Ispettorato le risorse del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell'INPS e dell'INAIL finalizzate alla formazione del personale ispettivo ai sensi dell'art. 2, co. 2 lett. d). 2. La dislocazione sul territorio dell'Ispettorato tiene conto del piano di razionalizzazione di cui all'art. 2, co. 222-quater, della l. 23.12.2009, n. 191 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il cui termine di predisposizione è differito di sei mesi. 3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio in applicazione del presente d.lgs.. Art. 9 Rappresentanza in giudizio 1. Fatto salvo quanto previsto dal co. 2, all'Ispettorato si applica l'art. 1 del testo unico delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello StaGazzetta Amministrativa -88- Numero 3/4 - 2015 procedimento amministrativo - riforme istituzionali ro del lavoro e delle politiche sociali, e i Direttori generali delle direzioni generali degli altri Ministeri interessati in materia. Alle sedute della Commissione centrale di coordinamento dell'attività di vigilanza puo', su questioni di carattere generale attinenti alla problematica del lavoro illegale, essere altresi' invitato il Capo della Polizia - Direttore generale della pubblica sicurezza. 5. Ai componenti della Commissione di coordinamento dell'attività di vigilanza ed ai soggetti eventualmente invitati a partecipare ai sensi del co. 4 non spetta alcun compenso, rimborso spese o indennità di missione. Al funzionamento della Commissione si provvede con le risorse assegnate a normativa vigente sui pertinenti capitoli di bilancio»; b) all'art. 9, co. 1, primo periodo, le parole "alla Direzione generale" sono sostituite dalle seguenti "al Ministero del lavoro e delle politiche sociali"; c) all'art. 13, co. 5, il primo cpv. è sostituito dal seguente "L'adozione della diffida interrompe i termini per la presentazione dei ricorsi di cui agli artt. 16 e 17 del presente decreto, fino alla scadenza del termine per compiere gli adempimenti di cui ai commi 2 e 3". d) l'art. 16 è sostituito dal seguente: «Art. 16 (Ricorsi al direttore della sede territoriale dell'Ispettorato). - 1. Al fine di garantire l'uniforme applicazione delle disposizioni in materia di lavoro, legislazione sociale, nonchè in materia contributiva e assicurativa, nei confronti dei relativi atti di accertamento adottati dagli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria di cui all'art. 13, co. 7, è ammesso ricorso davanti al direttore della sede territoriale dell'Ispettorato nazionale del lavoro, entro trenta giorni dalla notifica degli stessi. 2. Il ricorso va inoltrato alla sede territoriale competente dell'Ispettorato del lavoro ed è deciso, nel termine di sessanta giorni dal ricevimento, sulla base della documentazione prodotta dal ricorrente tempestivamente trasmessa dall'organo accertatore. Decorso inutilmente il termine previsto per la decisione il ricorso si intende respinto»; e) l'art. 17 è sostituito dal seguente: «Art. 17 (Ricorso al Comitato per i rapporti di lavoro). - 1. Presso le competenti sedi territoriali dell'Ispettorato è costituito il Comitato per i 3. In applicazione del co. 2 del presente articolo, dei commi 1, 2 ultimo periodo e 6 dell'art. 6 sono apportate le corrispondenti riduzioni alle dotazioni organiche del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, anche con riferimento alle relative posizioni dirigenziali di livello generale e non generale. Art. 11 Abrogazioni e altre norme di coordinamento 1. Dalla data indicata dai decreti di cui all'art. 5 co. 1, al d.lgs. 23.4.2004, n. 124 sono apportate le seguenti modifiche: a) gli artt. 1, 2, 4 e 5 sono abrogati e l'art. 3 è sostituito dal seguente: «Art. 3 (Commissione centrale di coordinamento dell'attività di vigilanza). - 1. La Commissione centrale di coordinamento dell'attività di vigilanza, costituita ai sensi del presente articolo, opera quale sede permanente di elaborazione di orientamenti, linee e priorità dell'attività di vigilanza. 2. La Commissione, sulla base di specifici rapporti annuali presentati dall'Ispettorato nazionale del lavoro, propone indirizzi ed obiettivi strategici e priorità degli interventi ispettivi. 3. La Commissione centrale di coordinamento dell'attività di vigilanza, nominata con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, è composta dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali o da un sottosegretario delegato, in qualità di presidente; dal direttore dell'Ispettorato nazionale del lavoro; dai direttori generali dell'INPS e dell'INAIL; dal Comandante del Comando carabinieri per la tutela del lavoro; dal Comandante generale della Guardia di finanza; dal Comandante del Nucleo speciale entrate della Guardia di finanza; dal Comandante generale dell'Arma dei carabinieri; dal Direttore generale dell'Agenzia delle entrate; da quattro rappresentanti dei datori di lavoro e quattro rappresentanti dei lavoratori designati dalle organizzazioni sindacali comparativamente piu' rappresentative a livello nazionale. I componenti della Commissione possono farsi rappresentare da membri supplenti appositamente delegati. 4. Alle sedute della Commissione centrale di coordinamento dell'attività di vigilanza possono essere invitati a partecipare i Direttori generali delle direzioni generali del MinisteGazzetta Amministrativa -89- Numero 3/4 - 2015 procedimento amministrativo riforme istituzionali sono tenuti a mettere a disposizione dell'Ispettorato, anche attraverso l'accesso a specifici archivi informatici, dati e informazioni, sia in forma analitica che aggregata, utili alla programmazione e allo svolgimento dell'attività di vigilanza e di difesa in giudizio, al fine di orientare l'azione ispettiva nei confronti delle imprese che evidenzino fattori di rischio sul piano del lavoro irregolare ovvero della evasione od omissione contributiva e al fine di una maggiore efficacia della gestione del contenzioso. L'inosservanza delle disposizioni di cui al presente comma comporta l'applicazione delle norme in materia di responsabilità dirigenziale. 6. Al fine di uniformare l'attività di vigilanza ed evitare la sovrapposizione di interventi ispettivi, ogni altro organo di vigilanza che svolge accertamenti in materia di lavoro e legislazione sociale è tenuto a raccordarsi con le sedi centrale e territoriali dell'Ispettorato. 7. Fermo restando quanto previsto dal co. 5, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, l'INPS e l'INAIL assicurano altresi' ogni forma di collaborazione utile ad un efficiente svolgimento dell'attività di vigilanza. Art. 12 Disposizioni per l'operatività dell'Ispettorato 1. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali nomina un comitato operativo presieduto dal direttore dell'Ispettorato e formato da un esperto dei ruoli del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, uno dell'INPS e uno dell'INAIL. 2. Il Comitato svolge le attività di cui al co. 3 per il periodo necessario a garantire la progressiva funzionalità dell'Ispettorato e comunque per un periodo non superiore a tre anni. 3. Il Comitato svolge in particolare le seguenti funzioni: a) coadiuva il direttore dell'Ispettorato nella definizione degli atti di indirizzo dell'attività di vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale da sottoporre alla Commissione centrale di coordinamento di cui all'art. 3 del d.lgs. 23.4.2004, n. 124; b) assicura ogni utile coordinamento tra l'Ispettorato, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, l'INPS e l'INAIL, sia ai fini di una corretta ed efficace gestione del personale ispettivo che della definizione degli obietti- rapporti di lavoro, composto dal direttore della sede territoriale dell'Ispettorato nazionale del lavoro, che la presiede, dal direttore dell'INPS e dal direttore dell'INAIL del capoluogo di regione dove ha sede l'Ispettorato competente. Ai componenti dei comitati non spetta alcun compenso, rimborso spese o indennità di missione ed al funzionamento dei comitati stessi si provvede con le risorse assegnate a normativa vigente sui pertinenti capitoli di bilancio. 2. Tutti i ricorsi avverso gli atti di accertamento dell'Ispettorato nazionale del lavoro e gli atti di accertamento degli Enti previdenziali e assicurativi che abbiano ad oggetto la sussistenza o la qualificazione dei rapporti di lavoro, sono inoltrati entro 30 giorni dalla notifica degli stessi alla sede territoriale competente dell'Ispettorato e sono decisi, con provvedimento motivato, dal Comitato di cui al co. 1 nel termine di novanta giorni dal ricevimento, sulla base della documentazione prodotta dal ricorrente e di quella in possesso dell'Ispettorato. Decorso inutilmente il termine previsto per la decisione il ricorso si intende respinto.». 2. Ogni riferimento alle direzioni interregionali, regionali o territoriali del lavoro contenuto in provvedimenti di legge o in norme di rango secondario è da intendersi, in quanto compatibile, alla sede territorialmente competente dell'Ispettorato. 3. Le disposizioni di cui alla l. 24.11.1981, n. 689 trovano applicazione, in quanto compatibili, nei confronti dell'Ispettorato, da intendersi quale Autorità competente a ricevere il rapporto ai sensi dell'art. 17 della stessa l. 24.11.1981, n. 689. 4. L'Ispettorato puo' stipulare uno o piu' protocolli d'intesa che prevedono strumenti e forme di coordinamento, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, con i servizi ispettivi delle aziende sanitarie locali e delle agenzie regionali per la protezione ambientale. L'Ispettorato stipula altresi' specifici protocolli d'intesa con le amministrazioni pubbliche regionali e locali e con le aziende di trasporto pubblico regionale e locale al fine di facilitare la mobilità del personale ispettivo nell'ambito dello svolgimento dei propri compiti. 5. L'INPS, l'INAIL e l'Agenzia delle entrate Gazzetta Amministrativa -90- Numero 3/4 - 2015 procedimento amministrativo - riforme istituzionali vi in relazione ai complessivi piani di attività delle stesse amministrazioni; c) adotta, in raccordo con il direttore, misure finalizzate ad una piu' efficace uniformità dell'attività di vigilanza, ivi comprese misure di carattere economico e gestionale; d) monitora le attività dell'Ispettorato, trascorsi dodici mesi dalla sua istituzione, al fine di valutarne la concreta funzionalità ed efficacia di azione. 4. Ai componenti del comitato non spetta alcun compenso, gettone di presenza o emolumento a qualsiasi titolo dovuti. Art. 13 Entrata in vigore 1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare (Decreto del Presidente della Repubblica del 14.9.2015, n. 149 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. n.221 del 23.9.2015 - Suppl. Ordinario n. 53). «::::::::: GA :::::::::» Gazzetta Amministrativa -91- Numero 3/4 - 2015 procedimento amministrativo riforme istituzionali REDAZIONALI L’ACCESSO AGLI ATTI RELATIVI AI RAPPORTI DI DIRITTO PRIVATO dell’Avv. Enrico Gai Il diritto di accesso agli atti dei gestori di servizio pubblico è riservato soltanto agli utenti del servizio? Is the right to access at the documents of the private companies performing a public service only granted to service users? Sommario: 1. Inquadramento normativo: l’accesso agli atti dei soggetti di diritto privato. 2. La recente evoluzione giurisprudenziale e la rimessione all’Adunanza Plenaria. 1.Inquadramento normativo: l’accesso agli atti dei soggetti di diritto privato. Come noto, l’art. 22, co. 1, della l. n. 241/90 esplicitamente assoggetta alla disciplina del diritto di accesso, oltre che le pubbliche amministrazioni propriamente dette, anche “i soggetti di diritto privato limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario” (lett. e) a tal fine qualifica come documenti amministrativi gli atti, anche interni, “detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale” (lett. d) L’ambito soggettivo di applicazione delle norme sull’accesso trova inoltre ulteriore specificazione nell’art. 23 della l. n. 241/90 (come introdotto dal co. 2 dell'art. 4 1. n. 265/1999, e non modificato dalla l.n. 15/2005), per il quale il diritto di accesso si applica nei confronti di tutte le pubbliche amministrazioni, delle aziende autonome e speciali (ovvero quelle previste dall'art. 114 del d.lgs. n. 167/2000), degli enti pubblici e i gestori di pubblici servizi, nonché delle Autorità di garanzia e di vigilanza nell'ambito dei rispettivi ordinamenti, secondo quanto previGazzetta Amministrativa sto dall'art. 24. Se la formulazione delle norme sopra richiamate ha tolto ogni dubbio in merito alla sicura legittimazione passiva all’accesso dei soggetti privati che per legge o per concessione amministrativa svolgano attività di rilievo pubblicistico, alcuni problemi applicativi sono sorti invece con riguardo alla delimitazione oggettiva dell’accesso agli atti di natura privatistica e alla individuazione del necessario collegamento all’attività di pubblico interesse che, ai sensi dell’art. 22 cit., deve sussistere ai fini della ostensibilità di tali atti. In tale ottica un primo importante contributo interpretativo è stato offerto dall’Adunanza Plenaria (decisioni nn. 4 e 5 del 1999), la quale ha ritenuto innanzitutto di dover distinguere tra attività privatistica della pubblica amministrazione e attività dei privati concessionari di pubblici servizi (ora gestori), nonché, con riferimento a quest’ultima, tra attività di gestione del servizio stesso e attività residuale. Se nessuna distinzione può essere compiuta con riguardo all’attività della pubblica amministrazione, posto che il rispetto dei principi costituzionali del buon andamento e dell’imparzialità, cui la disciplina dettata dagli artt. 22 ss., l. n. 241/1990 è esplicitamente -92- Numero 3/4 - 2015 procedimento amministrativo - riforme istituzionali soggetto passivo della richiesta di accesso sia un’Amministrazione o un gestore di pubblico servizio: pur escludendo che possa attribuirsi rilievo ostativo alla natura privatistica dell'attività rispetto alla quale è rivolto l’accesso, è stata tuttavia esclusa la piena equiparazione tra soggetti pubblici e privati, rimarcando, per questi ultimi, la necessità che la richiesta ostensiva riguardi l'attività di gestione del servizio o, comunque, atti a questa collegati da un nesso di strumentalità. Al di fuori dell'attività di diretta gestione del servizio, senz'altro assoggettata al pieno dispiegarsi del principio di imparzialità e, quindi, del propedeutico canone della trasparenza, si impone pertanto, per l'attività residua posta in essere dal gestore, la verifica in concreto della strumentalità della stessa rispetto al momento propriamente organizzativo e gestionale. In base a tali premesse, la Plenaria ha ravvisato la sussistenza del nesso di strumentalità della domanda proposta da una dipendente di Ferrovie dello Stato S.p.A. per accedere agli atti di una procedura comparativa per il passaggio ad una qualifica superiore, rilevando in particolare che “Le scelte effettuate all’esito di tale procedimento hanno un rilievo pubblicistico, da un lato perché si tratta della selezione di coloro che fanno parte della complessiva organizzazione del gestore, entrano in contatto col pubblico e determinano la qualità del servizio, e dall’altro perché si ripercuotono sull’utenza le iniziative e le proteste di coloro che, in forma individuale, associativa o sindacale, lamentino che le scelte finali si siano basate su comportamenti scorretti”. Sulla scorta delle indicazioni fornite dalla Plenaria, la successiva giurisprudenza si è data carico di precisare il criterio della strumentalità, in quanto suscettibile di un'applicazione quanto mai estesa, destinata a ricondurre nell'ambito di operatività della disciplina in tema di accesso tutta l'attività svolta dal gestore, in qualche modo sempre connessa, sul piano finalistico, all'attività di stretto esercizio del servizio pubblico. All’esito di un articolato dibattito, incentivato dai processi di privatizzazione dei soggetti deputati alla gestione di servizi pubblici, ispirata, riguarda indifferentemente l’attività volta all’emanazione dei provvedimenti e quella con cui sorgono o sono gestiti i rapporti disciplinati dal diritto privato, con riferimento, invece, agli atti di diritto privato adottati da soggetto incaricato della gestione di un servizio pubblico, l’Adunanza Plenaria è giunta ad affermare l’ostensibilità di quegli atti che, in quanto funzionalmente connessi alla gestione di interessi collettivi, impongano l’esigenza di garantire il rispetto dei principi di imparzialità e trasparenza. Più specificamente l’accesso deve essere garantito nei casi in cui una norma comunitaria o di diritto interno imponga al gestore del pubblico servizio l’attivazione di procedimenti per la formazione delle proprie determinazioni, in specie per la scelta dei propri contraenti, nonché in relazione agli atti afferenti le scelte organizzative adottate in sede di gestione del servizio: scelte potenzialmente incidenti sulla qualità del servizio stesso, sul rispetto delle norme volte a proteggere gli utenti e sul soddisfacimento delle loro esigenze. Accanto a questa parte di attività, la cui rilevanza pubblicistica è per così dire in re ipsa, l’Adunanza ha peraltro ammesso l’ostensibilità degli atti relativi alla residuale attività espletata dal gestore di pubblico servizio sempre che, all’esito di un giudizio di bilanciamento degli interessi cui la stessa è preordinata, risulti prevalente l’interesse pubblico rispetto a quello squisitamente imprenditoriale. Nel tentativo di indicare i criteri alla stregua dei quali la suddetta valutazione comparativa deve essere compiuta, l’Adunanza ha fatto riferimento ai seguenti parametri: i) il grado di strumentalità dell’attività in questione rispetto all’attività di gestione del servizio; ii) il regime sostanziale dell’attività; iii) lo svolgimento dell’attività stessa secondo regole procedimentali assunte dal gestore e dirette allo svolgimento del servizio nel rispetto dei principi di trasparenza, buona fede e correttezza. L'Adunanza Plenaria, dunque, ha delimitato l'ambito entro il quale va assicurata l'ostensibilità degli atti distinguendo a seconda che Gazzetta Amministrativa -93- Numero 3/4 - 2015 procedimento amministrativo - riforme istituzionali modo intese al perseguimento efficace dell’interesse pubblico a quella sotteso: si è al cospetto, infatti, di attività di organizzazione del personale di cui non è possibile escludere l’incidenza potenziale sulla qualità del servizio (CdS, Sez. VI, 23.10.2007, n. 5569; in termini CdS, Ad. Plen. 5.9.2005, n. 5; Sez. VI, 30.12.2005, n. 7624; Sez. IV, 5.9.2009, n. 4654; Sez. VI, 12.3.2012, n. 1403; Tar Lazio - Roma, Sez. III, 13.12.2012, n. 10390). Così pure è stata pacificamente riconosciuta la ostensibilità degli atti concernenti l’esecuzione dei contratti di appalto affidati dai gestori di servizio pubblico e connessi all’espletamento del servizio stesso, sebbene attinenti a rapporti di diritto privato con il soggetto affidatario, come ad esempio nel caso di accesso agli stati di avanzamento lavori o ai certificati di pagamento, o alla copia del registro di contabilità, o ancora alle deliberazioni preordinate alla sottoscrizione di atti transattivi (cfr. ex multis Tar Lazio, Roma, Sez. III, 7.10.2013, n. 8639; Sez. III ter, 10.5.2012, n. 4205; Tar Lombardia, Milano, Sez. I, 11.2.2010, n. 373; Tar Piemonte, Sez. II, 23.2.2002, n. 473; CdS, V, 8.6.2000, n. 3253). Tutti i precedenti innanzi richiamati, dunque, sottolineano che il vincolo di strumentalità al conseguimento del pubblico interesse che grava sull’attività formalmente privatistica del gestore del pubblico servizio, comporta l’assoggettamento ai doveri di trasparenza, pubblicità e partecipazione che si pongono a fondamento del diritto di accesso. con precipuo riguardo alla vexata quaestio della natura giuridica ascrivibile ad enti in forma societaria solo formalmente privatizzati, si è concluso che la strumentalità delle residuali attività rispetto all’efficace gestione va intesa in senso più elastico allorché l’organismo societario deputato all’espletamento del servizio sia integralmente sotto la mano pubblica e sia sottoposto - in forza dello statuto giuridico che disciplina i profili soggettivi dell’ente, prima ancora che quelli oggettivi concernenti l’attività - ad un vincolo di scopo, attestante la sua necessaria funzionalizzazione ad un interesse, di tipo spiccatamente pubblico definito sulla scorta di determinazioni proprie di soggetti pubblici. Alla luce di tali premesse, ad esempio, è stata ritenuta sussistente la strumentalità dell’accesso esercitato da un dipendente di Poste Italiane SpA alle schede di valutazione del personale nell’ambito della graduatoria suscettibile di incidere sulla scelta del personale da assegnare ad una sede, anziché ad un'altra, in quanto attività che deve essere improntata al rispetto del principio di imparzialità (CdS, VI, 5.3.2002, n. 1303). In linea con tale impostazione è andata quindi consolidandosi una accezione ampia del concetto di “strumentalità” degli atti adottati dai gestori di servizio pubblico, estesa anche ai rapporti di lavoro subordinato (di carattere indiscutibilmente privatistico), in quanto attinenti all’organizzazione del personale e quindi potenzialmente influenti anche sulla erogazione del servizio. Sulla base di tali presupposti è stato così riconosciuto il diritto di accesso nei confronti di Trenitalia SpA - società a totale partecipazione pubblica - relativamente agli atti di una procedura comparativa volta alla selezione del personale per il trasferimento presso diverse sedi della società, laddove la strumentalità all’interesse pubblico sotteso alla gestione del servizio pubblico è particolarmente rilevante in considerazione della situazione di sostanziale monopolio del servizio svolto dalla società e tenuto conto del principio di imparzialità destinato a condizionare il modus operandi dell’ente in questione, anche per quel che attiene alle determinazioni non direttamente riguardanti la gestione, ma in qualche Gazzetta Amministrativa 2. La recente evoluzione giurisprudenziale e la rimessione all’Adunanza Plenaria. La recentissima evoluzione giurisprudenziale sembra tuttavia muoversi in controtendenza rispetto ai precedenti sopra illustrati e alle stesse direttrici tracciate dalle decisioni dell’Adunanza Plenaria nn. 4 e 5 del 1999. Invero occorre registrare taluni arresti giurisprudenziali nei quali il concetto di “strumentalità” allo svolgimento di un pubblico servizio viene ridimensionato o comunque limitato in modo tale da escludere la ostensibilità di atti adottati da soggetti di diritto privato che non siano direttamente e strettamen-94- Numero 3/4- 2015 procedimento amministrativo - riforme istituzionali dell’Ordinanza in commento segnano una netta inversione di tendenza rispetto alle precedenti decisioni della Plenaria del 1999 in quanto mettono in discussione l’esistenza del diritto di accesso con riferimento “a tutti i rapporti giuridici privatistici diversi da quelli nei quali il soggetto che chiede l’accesso agli atti si presenti e si qualifichi come “utente” (in atto ovvero anche in potenza) o, comunque, come portatore di un interesse (anche diffuso) al servizio pubblico in quanto tale”, riferendosi, dunque, non soltanto ai rapporti di lavoro subordinato, ma a tutti i rapporti in cui il privato si ponga rispetto al gestore di servizio pubblico su un piano paritetico, come il prestatore d’opera professionale, o l’appaltatore di lavori, o come fornitore di beni e servizi, o parte di una controversia in materia di diritti reali ovvero di obbligazioni risarcitorie e simili. Tale tesi restrittiva muove da una interpretazione sistematica delle disposizioni sull’accesso della l. n. 241/90, secondo la quale l’estensione di tutela del cittadino/utente nei confronti del privato gestore di un servizio pubblico avrebbe ragion d’essere solo quando il privato che richiede l’accesso si trovi in una potenziale situazione di soggezione rispetto al gestore o, più specificamente, “solo quando il soggetto che chiede tutela si presenta, appunto, come utente o come membro della collettività, interessato come tale a quel pubblico servizio e quindi anche al modo nel quale esso viene organizzato, disciplinato e gestito”. Sicché soltanto laddove il privato si manifesti come utente del servizio vi sarebbe quella “soggezione di fatto” che ha indotto il legislatore ad introdurre gli opportuni strumenti di compensazione tramite l’estensione del diritto di accesso agli atti di soggetti privati; strumenti che invece non avrebbero più ragion d’essere quando il rapporto tra soggetto richiedente l’accesso e gestore del pubblico servizio si pone su un piano diverso, in quanto diversi e altrettanto efficaci sarebbero gli strumenti di tutela apprestati dall’ordinamento: conseguentemente nel caso del lavoratore dipendente “ogni eventuale pretesa al rispetto dei diritti ed interessi inerenti al rapporto di lavoro trova la sua apposita e specifica tutela nel diritto del lavoro e nei relativi te ricollegabili all’esecuzione del servizio stesso. Occorre così dare atto di una recente sentenza del Consiglio di Stato (Sez. III, 10.3.2015, n. 1226) con la quale è stata rigettata la domanda di accesso di un dipendente di Poste Italiane SpA alle schede di valutazione del personale ai fini del riconoscimento del premio meritocratico. In tal caso è stato rilevato che non può ritenersi tutto il personale di Poste Italiane e il suo regime contrattuale funzionalmente connesso alla gestione del servizio pubblico e “ancor meno tale connessione può presumersi, in mancanza di qualsiasi dimostrazione, per il conferimento di un premio meritocratico a singole unità di personale in funzione di specifici comportamenti che l’Azienda ritiene di valorizzare”. Sulla stessa linea si pone la successiva ordinanza della medesima Sez. III (CdS, III, 28.8.2015, n. 4028), nella quale la vicenda esaminata riguarda il diniego di accesso opposto sempre ad una dipendente di Poste Italiane SpA e avente ad oggetto documenti relativi al rapporto di lavoro del personale dipendente al fine di verificare la corretta applicazione dell’istituto del distacco da parte dell’azienda. In tale caso, tuttavia, il Consiglio di Stato, pur propendendo per il rigetto della domanda di accesso, dà atto dell’orientamento giurisprudenziale di segno contrario formatosi in precedenza e decide di rimettere nuovamente alla Plenaria l’esame della questione relativa all’ambito di applicazione del diritto di accesso nei confronti di soggetti formalmente privati, ancorché svolgenti un servizio pubblico, nel caso in cui gli atti richiesti in ostensione non ineriscano direttamente all’attività rivolta al pubblico. In particolare, la Sezione remittente ritiene opportuna una nuova indagine interpretativa al fine di verificare se la disciplina sostanziale e processuale dell’accesso agli atti amministrativi sia applicabile anche ai casi in cui il rapporto fra il privato che chiede l’accesso e il privato destinatario della richiesta, “non presenti alcun profilo di specialità derivante dalla qualità di gestore di un servizio pubblico occasionalmente rivestita dal secondo”. In realtà, le motivazioni a sostegno Gazzetta Amministrativa -95- Numero 3/4 - 2015 procedimento amministrativo - riforme istituzionali cidenza degli atti adottati sugli aspetti gestionali del servizio e a prescindere dall’intensità della vocazione pubblicistica dell’ente gestore. Ragionando in tal modo dovrebbe quindi essere preclusa la possibilità del dipendente dell’ente privato di accedere agli atti che riguardano gli aspetti gestionali del personale e persino agli atti che concernono procedure comparative per l’assunzione o per le progressioni di carriera (come nel caso deciso dalla Plenaria). La negazione del principio di strumentalità rischia quindi di svuotare l’essenza delle disposizioni sull’accesso agli atti dei soggetti privati, ovvero la tutela dell’interesse pubblico all’effettuazione di scelte corrette da parte del gestore, inteso anche come stimolo a comportamenti ispirati ai canoni di diligenza, buona fede e correttezza e alla deflazione delle controversie che direttamente o indirettamente possono ripercuotersi sulla organizzazione del servizio. Tale impostazione, peraltro, potrebbe determinare una ingiustificata disparità di trattamento tra personale dipendente della PA e quello dipendente del gestore di pubblico servizio, pur nella identità delle situazioni giuridiche soggettive (di diritto privato) eventualmente lese e a parità di mezzi tutela offerti dall’ordinamento. Inoltre non può escludersi che lo stato di soggezione cui fa riferimento la Sezione remittente - quale elemento che giustifica l’accesso nei confronti di soggetti privati – sia riconducibile anche a soggetti diversi dagli utenti del servizio, posto che pure il lavoratore subordinato può versare in una situazione di soggezione a fronte della minaccia, anche soltanto potenziale, di comportamenti vessatori o discriminatori da parte dell’ente datore di lavoro. Alla luce delle suesposte considerazioni, dunque, non sembrano potersi ravvisare fondate ragioni per rimettere in discussione il consolidato orientamento giurisprudenziale in tema di accesso agli atti dei soggetti di diritto privato, rendendosi certamente più funzionale alla tutela dell’interesse pubblico la verifica in concreto e caso per caso della strumentalità degli atti ai quali si chiede l’accesso strumenti giurisdizionali”. A parere di chi scrive, tuttavia, la tesi propugnata dalla Sezione remittente appare eccessivamente restrittiva e in contraddizione con lo spirito della legge. Innanzitutto tale interpretazione, nel limitare l’accesso ai soli “utenti” del servizio, finisce inevitabilmente per restringere la cerchia dei soggetti legittimati attivamente all’accesso, mentre l’art. 22, co. 1, lett. b), l. n. 241/90, definisce come “interessati” aventi diritto all’accesso “tutti i soggetti privati… che abbiano un interesse diretto concreto e attuale, corrispondente ad una situazione tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso”: dunque, non solo la norma si rivolge ugualmente a tutti i soggetti privati “interessati”, ma non consente neppure alcuna differenziazione tra diverse situazioni giuridiche tutelate, essendo soltanto richiesto che si tratti di situazioni collegate o comunque potenzialmente ricollegabili al documento richiesto in ostensione. In secondo luogo, se si afferma che l’accesso agli atti del gestore del pubblico servizio è previsto soltanto nell’interesse dell’utente del servizio, inevitabilmente si finisce per limitare l’accesso ai soli atti di organizzazione aventi rilevanza esterna e ad escludere tutti gli atti relativi all’attività residuale del gestore, ovvero quelli soltanto indirettamente riconducibili al servizio pubblico. Tale lettura quindi si pone in contrasto con il criterio di strumentalità che la Plenaria del 99 aveva indicato come parametro di riferimento al fine di accertare la sussistenza del diritto di accesso agli atti dei soggetti privati. Se infatti tale criterio è rinvenibile nella ratio delle norme sull’accesso in quanto finalizzate a garantire la generale operatività dei principi di trasparenza e imparzialità e ad evitare il crearsi di “zone franche” nei confronti dell’attività di interesse pubblico disciplinata dal diritto privato, l’orientamento della Sezione III si muove in senso diametralmente opposto in quanto fissa un parametro precostituito per l’ostensibilità degli atti, che è rivolto soltanto all’accertamento della qualificazione soggettiva del richiedente come “utente” del servizio, indipendentemente da qualsiasi indagine sulla più o meno ampia inGazzetta Amministrativa -96- Numero 3/4- 2015 procedimento amministrativo - riforme istituzionali all’attività di gestione del servizio pubblico, secondo i canoni interpretativi dettati dalla Plenaria del 1999. In ogni caso spetterà nuovamente alla Plenaria valutare se le argomen- tazioni addotte dalla III Sezione del Consiglio di Stato siano o meno meritevoli di condivisione al punto tale da comportare una rivisitazione del precedente indirizzo. «:::::::::GA:::::::::» Gazzetta Amministrativa -97- Numero 3/4 - 2015 procedimento amministrativo riforme istituzionali LA RIFORMA MADIA SUL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO dell’Avv. Paolo Turco La l. 7.8.2015, n. 124 recante le Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle Amministrazioni pubbliche Law 8.7.2015, n. 124 containing the “Delegation to the Government in respect of reductions in general government” Sommario: 1. La Riforma Madia. Introduzione. 2. La Conferenza dei servizi. 3. Silenzio-assenso. 4. Autotutela e termine ragionevole. 4A. Efficacia ed esecutività del provvedimento. rappresentate da uno specifico organo e prevedendo che a tal uopo, vi sia un sistema di presenze e maggioranze diverse rispetto al passato. Non meno, poi, l’acquisizione dell’assenso delle Amministrazioni, ivi comprese quelle preposte alla tutela della salute, del patrimonio storico-artistico e dell’ambiente che, entro il termine dei lavori della Conferenza, non si siano espresse nelle forme di legge. Ancora la possibilità per le Amministrazioni di chiedere all’Amministrazione procedente di assumere determinazioni in via di autotutela ai sensi degli artt. 21 quinquies e 21 nonies della l. n. 241/90, purché abbiano partecipato alla Conferenza di servizi o si siano espresse nei termini. Definisce, infine, di limiti e termini perentori per chiedere documenti e chiarimenti prevedendo che oltre il termine non possono essere più presi in considerazione. Insomma un quadro piuttosto stringente di norme che si badi necessita di decreti attuativi per la complete realizzazione. 1. La Riforma Madia. Introduzione. Una delle ultime riforme oggetto di accese dispute è quella della Pubblica Amministrazione. La l. 7.8.2015, n. 124 recante le Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle Amministrazioni pubbliche, detta anche “Legge Madia” interviene su molti aspetti della vita amministrativa, in particolare sul procedimento amministrativo. Trattasi comunque di una legge delega che necessita di decreti attuativi. La riforma Madia cennata, da un lato indica i criteri di una procedura specifica e dall’altro statuisce i tempi, la composizione, gli atti di assenso, i documenti che devono essere ottenuti. Di talchè tale riforma sembra aver colmato un vuoto che probabilmente esisteva antecedentemente. 2. La Conferenza dei servizi. In particolare, l’art 2 prevede che il Governo riordini la materia della Conferenza di servizi rispettando alcuni principi e criteri, precisando quando essa è obbligatorio. Prevede anche la partecipazione telematica dei soggetti coinvolti nel rispetto dei principi di economicità, proporzionalità e speditezza dell’azione amministrativa; riduzione dei termini per la convocazione, per acquisire atti di assenso al fine di avere un provvedimento motivato. Tempi dunque certi di conclusione. Ancora far si che le amministrazioni siano Gazzetta Amministrativa 3. Silenzio-assenso. L’art. 3 della l. n. 124/15 aggiunge, nella l. n. 241/90, con la rubrica “Silenzio-assenso tra Amministrazioni pubbliche e tra Amministrazioni pubbliche e gestori di beni o servizi pubblici”, l’art. 17 bis ovvero l’istituto del “silenzio-assenso”, già previsto dall’art. 20 della l. n. 241/90 per i procedimenti ad istan-98- Numero 3/4 - 2015 procedimento amministrativo - riforme istituzionali superiore a 18 mesi nel caso di provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, salvo le eccezioni previste per false dichiarazioni o false rappresentazione dei fatti. c) siano tenuti in considerazione gli interessi soggetti destinatari e dei controinteressati. La lett. b) del co. 1, apporta, invece, modifiche all’art. 21 della l. n. 241/90, rubricato “Disposizioni sanzionatorie”, sostituendo, al comma 1, la parola “denuncia” con la parola “segnalazione”. za di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi od anche per l’adozione di provvedimenti normativi ed amministrativi da parte di una P.A. nei casi in cui sia prevista l’acquisizione di assensi, concerti o nulla osta di altre Amministrazioni pubbliche e di gestori di beni o servizi pubblici. Tale nuova norma prevede un limite specifico al pronunciamento da parte dell’amministrazione trascorso il quale si forma il silenzio assenso. La riforma, invero, ha inciso anche sull’individuazione dei procedimenti oggetto di segnalazione certificata di inizio attività o di silenzio-assenso, ai sensi degli artt. 19 e 20 della l. n. 241/90, nonché di quelli per i quali è necessaria l’autorizzazione espressa e di quelli per i quali è sufficiente una comunicazione preventiva indicando anche quelli che sono i criteri degli atti e i tempi dei provvedimenti. Insomma, la riforma ha inteso disciplinare in maniera specifica tali istituti, intendendo definire la fattispecie del silenzio assenso. 4A. Efficacia ed esecutività del provvedimento. La lett. c) del co. 1 introduce un periodo al co. 2 dell’art. 21 quater della l. n. 241/90 (“Efficacia ed esecutività del provvedimento”), secondo cui la sospensione dell’efficacia ovvero dell’esecuzione del provvedimento amministrativo non può comunque essere disposta o perdurare oltre i termini per l’esercizio del potere di annullamento d’ufficio di cui all’art. 21 nonies della l. n. 241/90, ossia 18 mesi, salva l’ipotesi – per la quale non sussiste il suddetto limite temporale dei 18 mesi – dei provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti . Introduce quindi, il concetto di termine ragionevole per dare certezza alle situazioni giuridiche. In buona sostanza quindi la riforma Madia auspica un intervento radicale sul procedimento amministrativo che dovrebbe comportare uno snellimento e rapidità oltre che efficacia degli stessi nel giusto contemperamento degli interessi pubblici con quelli privati che diventa recessivo nei confronti di preminenti interessi pubblici proprio come si evince dallo spirito della legge. 4. Autotutela e termine ragionevole. Anche l’autotutela è stata oggetto di modifiche. L’art. 6, co. 1, della l. n. 124/15 apporta tali modifiche. In particolare consente all’amministrazione anche dopo la scadenza del termine imposto al privato di uniformarsi, di intervenire per l’esercizio del potere di annullamento d’ufficio previste dall’art. 21 nonies nell’ipotesi in cui, oltre all’illegittimità, sussistano le seguenti condizioni: 1. a) vi siano motivi di interesse pubblico; 2. b) il potere venga esercitato entro un termine ragionevole, comunque non «:::::::::GA:::::::::» Gazzetta Amministrativa -99- Numero 3/4 - 2015 procedimento amministrativo riforme istituzionali GIURISPRUDENZA Consiglio di Stato Sez. V 18.12.2015 n. 5745 Contratti tra P.A. - privati - giurisdizione in caso di annullamento in autotutela. Secondo la convergente giurisprudenza del Consiglio di Stato e delle Sezioni unite della Cassazione, al fine di definire il riparto di giurisdizione tra giudice amministrativo e giudice ordinario, l’amministrazione è radicalmente carente del potere di sottrarsi in via unilaterale al vincolo derivante da un contratto attraverso le proprie prerogative di pubblica autorità, tra le quali i poteri di autotutela decisoria (Ad. plen. 20.6.2014, n. 14; Cass., sez. un., ord. 14.5.2015, n. 9861, 23.10.2014, n. 22554, 17.5.2013, n. 12110). Questi limiti conseguono al fatto che, dopo la stipulazione del contratto e nella fase di esecuzione conseguente, si contrappongono al potere pubblico posizioni di diritto soggettivo pieno. In particolare, nell'ordinanza del 23.10.2014, n. 22554, del giudice di legittimità si afferma che «ipotizzare che essa (l’amministrazione n.d.e.) abbia la possibilità di far valere unilateralmente eventuali vizi del contratto, semplicemente imputando quei medesimi vizi agli atti prodromici da essa posti in essere in vista dell'assunzione del predetto vincolo negoziale, equivarrebbe a consentire una sorta di revoca del consenso contrattuale (sia pure motivato con l'esercizio del potere di annullamento in via di autotutela) che la pariteticità delle parti negoziali esclude per il contraente pubblico non meno che per il contraente privato». Pertanto, l’amministrazione può avvalersi dei soli rimedi ad essa spettanti in qualità di contraente privato, ancorché in ipotesi previsti da norme di diritto civile “speciale” (ovvero relativo ai soli contratti della pubblica amministrazione). Al contrario, l’esercizio della potestà di annullamento d’ufficio nei confronti del rapporto contrattuale è consentito in ipotesi eccezionali e sulla base del riscontro di effettivi vizi di legittimità da cui è affetto il provvedimento contenente la manifestazione di volontà dell’amministrazione prodromica alla Gazzetta Amministrativa stipula del contratto medesimo. Con specifico riguardo agli appalti pubblici, la citata pronuncia dell’Adunanza plenaria ha infatti affermato che resta salva la potestà dell’amministrazione di procedere anche dopo la stipula del contratto all’annullamento d’ufficio dell’aggiudicazione definitiva ai sensi dell’art. 1, co. 136, della l. n. 311 del 2004, in virtù della quale si determina la caducazione automatica degli effetti negoziali del contratto per via della «stretta consequenzialità funzionale tra l’aggiudicazione della gara e la stipulazione dello stesso». Nella medesima linea, la citata ordinanza delle Sezioni unite del 14.5.2015, n. 9861 (relativa ad un rapporto di concessione amministrativa) ha affermato che ogniqualvolta l’amministrazione abbia riscontrato, sia pure a posteriori, «vizi genetici attinenti ad un momento antecedente la stipulazione dell'accordo negoziale con la controparte privata», il potere esercitato esibisce i connotati dell’autoritatività e della discrezionalità propri dell’autotutela amministrativa, cosicché le contrapposte posizioni hanno «per regola generale» la consistenza di interesse legittimo e le controversie ad esse relative sono devolute alla giurisdizione amministrativa (sulla quale nella presente controversia si è formato il giudicato interno, in assenza di motivo d’appello ex art. 9 cod. proc. amm). Ancora nello stesso senso si può richiamare la sentenza dell’Adunanza plenaria del 5.5.2014, n. 13, resa con riguardo ad una vicenda simile a quella oggetto della presente controversia, e cioè ad una delibera consiliare di annullamento di una precedente con cui era stata autorizzata la stipula di un contratto (in quel caso di swap). Nell’affermare la giurisdizione ordinaria, l’organo di nomofilachia ha escluso l’opposta tesi della sussistenza della giurisdizione amministrativa, negando che l’atto impugnato avesse natura di atto prodromico rispetto alla manifestazione del consenso contrattuale, e cioè di atto costituente «il compimento di un processo decisionale ossia la -100- Numero 3 /4- 2015 procedimento amministrativo - riforme istituzionali la delibera prodromica fossero stati effettivamente sussistenti e determinanti, non vi sarebbe stato bisogno di addurre a sostegno del potere di autotutela una situazione di impossibilità di adempiere ad obblighi di carattere civilistico, dal momento che, come sopra rilevato, il potere di annullamento d’ufficio si fonda sull’interesse pubblico a ripristinare la legalità violata e sul giudizio di prevalenza di tale interesse nel bilanciamento con i contrapposti affidamenti privati nascenti dall’atto da annullare. Pertanto, è evidente come sotto questo profilo siano effettivamente apprezzabili i sintomi di sviamento di potere dedotti dall’Istituto per il credito sportivo nel terzo motivo del proprio ricorso. formazione della volontà di compiere un atto di diritto privato, di cui l’ente abbia valutato ed approvato il contenuto» (secondo la ricostruzione operata dalla stessa Adunanza plenaria nella sentenza 3.6.2011, n. 10, con riguardo alla partecipazione di enti pubblici in società di diritto privato, in base alla quale la manifestazione di volontà privata dell’ammini-strazione è in ogni caso preceduta da una determinazione di carattere autoritativo in cui viene formalizzata la sussistenza del necessario interesse pubblico). All’esito di questa ricognizione della giurisprudenza espressasi in materia può pertanto affermarsi che anche una volta stipulato il contratto l’amministrazione conserva in astratto il proprio potere di annullamento in autotutela ex art. 21-nonies l. n. 241/1990, purché esso sia effettivamente finalizzato al ripristino della legalità amministrativa violata in occasione della manifestazione di volontà prodromica alla conclusione di un contratto di diritto privato, e non già, deviando da questo ineludibile paradigma di legittimità, preordinato ad eludere gli obblighi nascenti da quest’ultimo. Tutto ciò precisato, questa superiore esigenza al ripristino della legalità non è riscontrabile nella pure diffusa motivazione della delibera consiliare impugnata nel presente giudizio. Infatti, tale provvedimento è confessorio della volontà del Comune di Casarano di sottrarsi alle responsabilità patrimoniali derivanti dalla fideiussione rilasciata, in particolare laddove l’amministrazione ammette la propria impotenza finanziaria, e cioè l’indisponibilità di somme nel proprio bilancio con cui onorare la garanzia fideiussoria, e dunque una circostanza che tipicamente esclude ai sensi dell’art. 1218 cod. civ. la non imputabilità dell’inadempimento. Che poi l’assenza di risorse necessarie ad adempiere sia la ragione decisiva dell’atto di annullamento in autotutela, si evince dal fatto che i supposti vizi di legittimità riscontrati nella delibera prodromica alla stipula della fideiussione n. 3 del 10.1.2011 rimangono sullo sfondo, mentre al centro dell’atto viene posto l’inadempimento all’obbligo di restituzione del capitale mutuato e la situazione di insolvibilità in cui l’amministrazione versa rispetto alla richiesta di escussione della garanzia conseguentemente formulata dall’Istituto per il credito sportivo. Infatti, laddove i vizi di legittimità delGazzetta Amministrativa Consiglio di Stato Sez. IV 21.12.2015 n. 5793 Processo amministrativo - proposizione del ricorso incidentale - termine. La Quarta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 21.12.2015 n. 5793 ha evidenziato che "Il ricorso incidentale è preordinato a paralizzare la possibilità di accoglimento del ricorso principale, introducendo una ragione ostativa all'accoglimento delle censure con esso dedotte e, quindi, funziona come un'eccezione, nel senso che, pur costituendo formalmente una autonoma azione di impugnazione, da un punto di vista sostanziale (per lo meno in primo grado) consiste in una eccezione in senso tecnico in quanto mira a paralizzare l'azione principale e a neutralizzare gli effetti derivanti da un eventuale accoglimento del relativo ricorso, con l'obiettivo di lasciare immutato il medesimo assetto di interessi garantito dal provvedimento oggetto dell’impugnazione principale (CdS, Sez. V, 8.9.2010 n. 6510 e Sez. IV, 21.4.2009 n. 2435)". Se ciò è vero - conclude il Collegio - il termine per la proposizione dell’impugnazione incidentale non può che cominciare a decorrere dal momento in cui il controinteressato riceve la notificazione del gravame principale, che costituisce per lui fonte della lesione, come del resto si ricava, esplicitamente dall’art. 42, co. 1, del c.p.a. secondo cui “Le parti resistenti e i controinteressati possono proporre domande il cui interesse sorge in dipendenza della domanda proposta in via principale, a mezzo di ricorso incidentale. Il ricorso si propone nel termine di sessanta giorni decorrente dalla ricevuta notificazione del ricorso principale” (CdS, Sez. -101- Numero 3 /4- 2015 procedimento amministrativo riforme istituzionali di consegnare gli impianti di fognatura e depurazione e gli impianti di emungimento di acqua dei pozzi, gli impianti di potabilizzazione e distribuzione dell’acqua del Comune. L’odierna ricorrente per revocazione, assume di essere venuta in possesso solo recentemente, di tre documenti che comproverebbero l’erroneità della sentenza del Consiglio di Stato e ne ha chiesto, quindi, la revocazione, con conseguente accoglimento del ricorso proposto in primo grado avanti al TAR, affermando, la responsabilità per i fatti illeciti a carico del Sindaco, quale ufficiale di Governo, e del Prefetto, e condannando il Ministero dell’Interno al risarcimento dei danni tutti, patrimoniali e non patrimoniali, subiti e subendi nella misura di € 5.722.923,00 o nella diversa somma ritenuta di giustizia. La Terza Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 9.12.2015 n. 5595 ha rigettato l'impugnazione rilevando, per quanto qui d'interesse, come la ricorrente, senza nulla allegare né dimostrare nel ricorso, specificamente, né in ordine a tale procedimento penale né in ordine alle concrete modalità del ritrovamento, si è riservata di fornire ulteriori dati su tale procedimento, dati, tuttavia, nel forniti nel prosieguo di questo giudizio. Ritiene il Collegio che, in difetto di qualsivoglia rigorosa prova (o, comunque, anche di un principio di prova), da parte della ricorrente, circa l’impossibilità di acquisire tali documenti, prima del giudizio, e delle indagini esperite dalla ricorrente stessa per il ritrovamento, il ricorso per revocazione non si sottragga ad una preliminare, irrimediabile, declaratoria di inammissibilità. Il ricorrente che deduce la scoperta sopravvenuta di documenti decisivi ha, infatti, l’onere di provare l’impossibilità di produrre in giudizio tale prova per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario. Al riguardo - conclude il Consiglio di Stato - non è sufficiente un generico accenno al rinvenimento dei documenti dopo la sentenza, ma è necessario indicare quali indagini siano state esperite per il ritrovamento, al fine di consentire la valutazione della diligenza con la quale esse siano state compiute e, quindi, l’accertamento dell’assenza di colpa in cui si concreta il concetto di forza maggiore, di cui all’art. 395, n. 3, c.p.c., ed è necessario, altresì, indicare la data del recupero del documento (v., ex plurimis, CdS, V, 30.7.1982, n. 621; IV, 1371/2015 n. 48 e Sez. V, 27.12.2013 n. 6285). Si rileva altresi nella sentenza che "la posizione del ricorrente incidentale è assolutamente simmetrica a quella del ricorrente principale, in relazione al quale, fuori dai casi di pubblicità legale verso terzi non destinatari, la “piena conoscenza” dell'atto impugnabile, idonea a far decorrere il termine decadenziale, si realizza con la cognizione degli elementi essenziali (soggetto emanante, oggetto, contenuto dispositivo del provvedimento ed effetto lesivo) dell’atto da cui sorge la lesione, acquisendosi da tale momento la consapevolezza dell’esigenza di reagire secundum jus contro quest’ultimo, senza che sia necessaria anche la compiuta conoscenza della motivazione e degli atti del procedimento, rilevante, al più, per proporre eventuali motivi aggiunti (cfr., da ultimo, CdS IV Sez., 29.10.2015 n. 4945). Non ignora il Collegio che un recente orientamento giurisprudenziale ha riconosciuto che il termine per l'impugnazione incidentale possa iniziare a decorrente anche dal successivo momento dalla reale ed effettiva conoscenza degli elementi di fatto su cui il controinteressato basa il proprio ricorso, ma ciò ha fatto con riguardo alla materia degli appalti, caratterizzata da termini di impugnazione assai brevi e fortemente influenzata dalla disciplina comunitaria di settore, e avendo cura di precisare che la conclusione teneva conto “della specifica e non generalizzabile complessità della fattispecie e delle ragioni per proporre quel gravame in primo grado” (Cfr. CdS, Sez. III, 12.11.2014 n. 5573). Il precedente non è, dunque, estensibile all’odierna fattispecie, che esula dallo speciale settore degli appalti". Consiglio di Stato Sez. III 9.12.2015 n. 5595 Revocazione - scoperta sopravvenuta di documenti decisivi - prova sull'impossibilità di acquisirli prima della sentenza. Nel giudizio in esame una Società ha impugnato per revocazione una sentenza del Consiglio di Stato che aveva confermato il rigetto del ricorso proposto contro gli atti del Sindaco di un Comune che aveva disposto di assumere direttamente la gestione del servizio pubblico di erogazione del servizio di acqua potabile e connesso servizio di depurazione, ordinando alla Società in questione, che gliele aveva affittati, Gazzetta Amministrativa -102- Numero 3 /4- 2015 procedimento amministrativo - riforme istituzionali mato la tesi del Giudice di Prime cure rilevando che il voto, per come espresso, non può che essere nullo, atteso che il principio della salvaguardia della validità del voto di lista o di preferenza contenuto in una scheda, che deve essere ammesso tutte le volte in cui si può desumere la volontà effettiva dell'elettore (c.d. univocità del voto), trova un limite non solo nei casi classici di schede non conformi a legge o non recanti la firma di uno scrutatore o il bollo della sezione ma, anche, di schede che, come nel caso di specie, presentano scritture o segni tali da far ritenere, in modo inoppugnabile, che l'elettore abbia voluto far riconoscere il proprio voto (cfr. artt. 64 e 69 Testo unico n. 570/1960). Inoltre nel presente giudizio l'appellante ha altresì lamentato l'erroneità della sentenza laddove i giudici di prime cure hanno confermato la validità della scheda con voto attribuito al candidato sindaco, recante una sottolineatura sopra la dicitura "candidato alla carica di sindaco". Ad avviso del Consiglio di Stato la censura è infondata, atteso che il tratto di penna presente sulla scheda risulta manifestamente superfluo ai fini dell'espressione del voto, ma non può ragionevolmente ritenersi un segno volontario di riconoscimento, così da condurre all'annullamento della scheda. Nel caso di specie sussistono, invero, le condizioni per appellarsi al noto principio del "favor voti", in base al quale, in sede di scrutinio, la validità del voto contenuto in una scheda deve essere ammessa ogni qualvolta sia possibile desumere quale sia la effettiva volontà dell'elettore, fermo restando che la nullità del voto si verifica solo quando dall'esame obiettivo della scheda emerge che i segni e le incertezze grafiche apposti conducono a ritenere che l'irregolare compilazione sia preordinata al riconoscimento dell'autore (CdS, sez. V, 17.3.2015, n. 1376). CdSt., sez. VI, 29.1.2008, n. 241). In particolare, precisa il Collegio, nel caso di specie tale onere probatorio non è stato minimamente assolto, non avendo la ricorrente nemmeno indicato le modalità del ritrovamento, né basta a sopperire tale grave carenza probatoria l’affermazione, del tutto apodittica, che si tratterebbe di atti amministrativi interni, poiché non si tratta né di atti secretati né di atti riservati, che non sarebbe stato possibile acquisire, con l’ordinaria diligenza, nel lungo giudizio, durato molti anni, definito dalla sentenza qui impugnata, soprattutto considerando che si tratta di atti risalenti nel tempo (1999-2000) e, comunque, ostensibili con una ordinaria richiesta di accesso agli atti. La ricorrente, ad ogni modo, non ha indicato né le modalità del ritrovamento né provato l’impossibilità di acquisire tali documenti prima della sentenza, senza dimostrare, perciò, l’assenza di colpa nella quale si sostanzia, come detto, la forza maggiore, e nemmeno ha specificato quale sarebbe il procedimento penale in corso, al di là del generico riferimento alla mancata restituzione, fino ad oggi, dell’acquedotto locale dalla stessa ricorrente, e in quale modo, nell’ambito di tale procedimento, sia venuta a conoscenza di tali documenti, in ipotesi prima non conosciuti né conoscibili. Consiglio di Stato Sez. V 27.11.2015 n. 5379 Operazioni elettorali - voto "si ok" - sottolineature - espressioni inutili e sovrabbondati riconoscibilità del voto. La Quinta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 27.11.2015 n. 5379 ha analizzato, tra l'altro, la cesura con la quale l'appellante lamenta la mancata assegnazione al candidato sindaco del voto espresso nella seconda sezione con la scheda elettorale recante la scritta "si ok". Il T.A.R. ha escluso l'attribuibilità del voto in quanto la scheda risultava priva del crocesegno e recava la dicitura "si ok", ritenendo tale espressione un segno di riconoscimento. Con la decisione impugnata il Tribunale non si è pronunciato su di un profilo che non gli era stato devoluto, ma ha esplicitato i motivi per cui la scheda era da annullare, in presenza di una espressione non solo inutile e sovrabbondate, ma tale da rendere obiettivamente riconoscibile il voto. Il Consiglio di Stato ha conferGazzetta Amministrativa Consiglio di Stato Sez. IV 30.11.2015 n. 5410 Diritto di accesso alle cartelle esattoriali Equitalia deve conservare e consentire la visione delle cartelle anche oltre il periodo quinquennale - credito portato ad esecuzione non sia stato recuperato. La Quarta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 3011.2015 n. 5410 ha esaminato la vicenda che vede un contribuente aver avanzato istanza di accesso ad una serie di cartelle -103- Numero 3 /4- 2015 procedimento amministrativo riforme istituzionali di conservazione delle stesse, non potendo, d’altra parte, incidere sul termine decennale di prescrizione ordinaria.Costituisce, infatti, precipuo interesse dell’esattore, nonché preciso onere improntato alla diligenza, conservare, in caso di mancata riscossione dei tributi nel quinquennio e in occasione di rapporti giuridici ancora aperti e non definiti, la copia della cartella oltre i cinque anni, per tutto il periodo in cui il credito portato ad esecuzione non sia stato recuperato, in modo da conservarne prova documentale ostensibile, anche a richiesta dei soggetti legittimati, nelle varie fasi di definizione del rapporto, onde poter compiutamente esercitare le prerogative esattoriali.Permane, pertanto, in capo ad Equitalia, l’obbligo di conservare gli atti relativi alle pretese esattoriali, tra i quali assume rilievo principale la cartella di pagamento, con conseguente obbligo di ostensione alla richiesta del contribuente, che solo in tal modo, non essendo trascorso il periodo decennale di prescrizione, potrà esercitare gli strumenti di tutela messi a disposizione dall’ordinamento. di pagamento, molte delle quali ancora rientranti nel periodo quinquennale previsto dall’art. 26, co. 4, del d.P.R. n. 602/1973. Il citato articolo dispone, infatti, che “Il concessionario deve conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell'avvenuta notificazione o l'avviso di ricevimento ed ha l'obbligo di farne esibizione su richiesta del contribuente o dell'amministrazione”.Nella sentenza attenzionata il Collegio ha richiamato la costante giurisprudenza a tenore della quale “il contribuente vanta un interesse concreto ed attuale all’ostensione di tutti gli atti relativi alle fasi di accertamento, riscossione e versamento, dalla cui conoscenza possano emergere vizi sostanziali procedimentali tali da palesare l’illegittimità totale o parziale della pretesa impositiva (in tal senso, l’art. 22, co. 1, lett. b) l. n. 241 del 1990) (cfr. CdS, VI, 15.2.2012, n. 766) e come “l’accesso ai documenti non può essere soddisfatto dall’esibizione di un documento che l’amministrazione e non il privato ricorrente giudica equipollente. Elemento fondamentale dell’actio ad exhibendum è la conformità del documento esibito dal privato all’originale” (cfr. CdS, IV, 12.5.2014, n. 2422). Sulla base di tali principi il Consiglio di Stato ha riconosciuto il diritto del contribuente ad ottenere la visione delle cartelle per le quali ancora non fosse trascorso il periodo quinquennale di conservazione, non potendo essere considerate equipollenti gli eventuali estratti delle iscrizioni a ruolo messi a disposizione da Equitalia Sud e dalle quali non può in alcun modo desumersi la pretesa erariale portata ad esecuzione, con una significativa lesione delle prerogative riservate al contribuente dal nostro ordinamento.La società contribuente, con il proprio ricorso, ha altresì chiesto che fossero esibite anche le cartelle di pagamento anteriori al periodo quinquennale previsto dal ricordato art. 26 del d.P.R. 602/1973, osservando come la pretesa erariale si prescriva nel termine di dieci anni, periodo nel quale la pretesa può essere portata ad esecuzione, con conseguente obbligo di conservazione degli atti presupposti, tra i quali la cartella di pagamento.Ritiene il Collegio che la disposizione di cui all’art. 26 cit. comporti per il Concessionario un mero obbligo minimo di conservazione delle cartelle per un quinquennio e non un termine massimo Gazzetta Amministrativa Consiglio di Stato Sez. VI 24.11.2015 n. 5333 Giudizio di ottemperanza - proposizione soggetti che non sono stati parte nel processo - esclusione - il caso dei diplomati di scuola magistrale entro gli anni 2001-2002. Il giudizio di ottemperanza ha la finalità di dare esecuzione alle statuizioni contenute nella sentenza resa all’esito del giudizio di cognizione. Il perimetro, soggettivo e oggettivo, del giudizio di ottemperanza non può essere più ampio di quello del giudizio di cognizione (si v. artt. 112 e seguenti Cod. proc. amm.). Il ricorso per ottemperanza non può, pertanto, essere proposto da soggetti che non sono stati parte del processo di cognizione e conseguentemente, avendo riguardo a quanto rileva in questa sede, non si può utilmente impiegare lo strumento dell’ottemperanza per ottenere una estensione soggettiva del giudicato. Ciò vale anche per il ricorso per chiarimenti, di cui all’art. 112, u.c., in relazione al quale trovano applicazione gli stessi presupposti oggettivi e soggettivi del ricorso per ottemperanza. Sulla base di tale premessa il Consiglio di Stato Sez. VI nella sentenza del 24.11.2015 n. 5333 ha esaminato la fattispecie in virtù della quale il ricorso è stato -104- Numero 3 /4- 2015 procedimento amministrativo - riforme istituzionali proposto al fine di ottenere l’estensione degli effetti dell’annullamento disposto con la citata sentenza n. 1973 del 2015 anche a soggetti diversi da coloro che hanno proposto l’impugnazione dell’atto ministeriale e che si trovano nella medesima situazione di quest’ultimi. Più precisamente I ricorrenti hanno conseguito il diploma di scuola magistrale entro gli anni scolastici 2001-2002. Il Consiglio di Stato, con parere dell’11.9.2013, n. 3813, reso su ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, ha chiaramente riconosciuto natura di titolo abilitante a tutti gli effetti al diploma magistrale conseguito entro il predetto anno scolastico. Tale parere è stato poi recepito con la decsione di cui al d.P.R. 25.3.2014. Il Consiglio di Stato, Sez. VI, con sentenza 16.4.2015, n. 1973, ha affermato che i soggetti in possesso di tale diploma hanno diritto ad esseri inseriti nelle graduatorie provinciali ad esaurimento. Tale sentenza ha, conseguentemente, annullato il decreto n. 235 del 2014 del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca. Nel presente giudizio, quindi, i ricorrenti chiedono che il giudicato di cui alla predetta sentenza n. 1973 del 2015 venga esteso anche ad essi in quanto essendo stato annullato un atto regolamentare, la sua caducazione deve avere effetti erga omnes. In via subordinata, si chiede che la Sezione fornisca chiarimenti, ai sensi dell’art. 112, ultimo comma, c.p.a., in ordine alla portata della suddetta sentenza e, in particolare, se essa abbia una portata oggettiva generale ovvero se il giudicato esplichi effetti limitati ai soli ricorrenti in quel giudizio. Il Consiglio di Stato ha dichiarato inammissibile il ricorso evidenziando la mancanza di simmetria soggettiva tra le parti dei processi di cognizione ed esecuzione. Né per pervenire ad una diversa conclusione conclude il Collegio - può richiamarsi, come fanno i ricorrenti, la natura normativa dell’atto regolamentare, il cui annullamento produrrebbe effetti erga omnes. A prescindere dalla questione relativa alla effettiva natura dell’atto annullato con la sentenza n. 1973 del 2015, in ogni caso, rimane ferma l’inutilizzabilità processuale dello strumento dell’ottemperanza. Non potendosi, si ribadisce, chiedere l’“esecuzione” di un ordine non contenuto nella sentenza della cui “esecuzione” si tratta. Gazzetta Amministrativa Consiglio di Stato Sez. VI 24.11.2015 n. 5331 L'AGCM - restituzione delle sanzioni da essa irrogate - incompetenza - giudizio di ottemperanza va proposto contro il MEF. La giurisprudenza ha ormai da tempo chiarito che l'Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) non è competente a disporre la restituzione delle sanzioni da essa irrogate e successivamente annullate, in tutto o in parte, dal giudice amministrativo. Tale competenza spetta al solo Ministero dell’economia e delle finanze. Perciò è inammissibile un ricorso per l’ottemperanza proposto nei confronti dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato (cfr. CdS, VI, 16.1.2014, n. 156; 19.11.2003, n. 7469; 21.11.2003, n. 7602). Lo stesso Ministero dell'economia e delle finanze, del resto, ha individuato nel suo Dipartimento del tesoro la struttura competente ad effettuare i rimborsi (v. nota del 6.6.2003 del Ministero dell'economia Dipartimento per le politiche fiscali e note del 3.6.2002 e del 31.1.2003 del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato). Sulla base di quanto sopra esposto la Sesta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 24.11.2015 n. 5331 ha accolto il ricorso per ottemperanza proposto nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanza rilevando come il ricorso per ottemperanza può essere esperito anche nei confronti di un soggetto pubblico che sia stato estraneo al giudizio di merito, quando tale soggetto venga chiamato a porre in essere un'attività vincolata o adempitiva in fase di esecuzione del giudicato, avuto riguardo al carattere peculiare del rimedio, che è quello di essere preordinato a garantire la completa attuazione del contenuto decisorio della sentenza (CdS, VI, 6.5.1997, n.690). D’altra parte - conclude il Collegio - la carenza di fondi di bilancio o, in genere, le difficoltà finanziarie dell'ente non costituiscono una legittima causa di impedimento dell'esecuzione del giudicato, dovendo l'amministrazione, comunque, porre in essere tutte le iniziative necessarie per procedere al tempestivo pagamento di quanto dovuto; pertanto, agli effetti del giudizio di ottemperanza è irrilevante la circostanza che l'amministrazione abbia compiuto solo gli adempimenti strumentali necessari per il pagamento del debito (CdS, V, 16.9.1993, n.904). -105- Numero 3 /4- 2015 procedimento amministrativo riforme istituzionali fronti dell’Agenzia delle dogane stante la successione dell’Agenzia delle dogane nella posizione processuale di parte resistente nel giudizio in esame instaurato nei confronti del Ministero delle finanze. Consiglio di Stato Sez. VI 24.11.2015 n. 5329 Soppressione un ente pubblico - interruzione o successione nel processo amministrativo - il caso delle Agenzie fiscali (dogane e monopoli). Nell’esaminare la questione dell’interruzione del processo a seguito della soppressione di un ente pubblico, già in passato, il Consiglio di Stato ha rilevato la specificità delle “situazioni, corrispondenti a mero riassetto di un apparato organizzativo necessario della pubblica amministrazione…in rapporto al quale può configurarsi non successione a titolo universale nel senso proprio del termine, ma una successione nel munus: fenomeno di natura pubblicistica, concretizzato nel passaggio di attribuzioni fra amministrazioni pubbliche, con trasferimento della titolarità sia delle strutture burocratiche che dei rapporti amministrativi pendenti ma senza una vera soluzione di continuità e, quindi, senza maturazione dei presupposti dell’evento interruttivo.” (CdS, Sez. VI: sentenza 3.7.2014, n. 3369; ord. 11.9.2014, n. 4630). Sulla base di questa premessa il Consiglio di Stato Sez. VI nella sentenza del 24.11.2015 n. 5329 ha risolto la problematica concreta che vede impugnato un provvedimento adottato nel 1990, prima della modifica dell’assetto organizzativo del Ministero delle finanze, ripartito in Agenzie dotate di personalità giuridica autonoma, con l’attribuzione all’Agenzia delle dogane e dei monopoli della competenza sulla materia cui afferisce il caso in controversia. Il Collegio ha evidenziato che "La fattispecie di successione nel munus si riscontra nel caso in esame, considerato che, ai sensi del d.lgs. 30.7.1999, n. 300 (Riforma dell’organizzazione del Governo, a norma dell’art. 11 della l. 15.3.1997, n. 59), le agenzie fiscali (delle entrate, delle dogane e dei monopoli) sono state istituite “Per la gestione delle funzioni esercitate dai dipartimenti delle entrate, delle dogane, del territorio e di quelle connesse svolte da altri uffici del ministero” (delle finanze) e che “Alle agenzie fiscali sono trasferiti i relativi rapporti giuridici, poteri e competenze che vengono esercitate secondo la disciplina dell’organizzazione interna di ciascuna agenzia.” (art. 57)." Di conseguenza la ricorrente non aveva alcun onere di integrare il contraddittorio nei conGazzetta Amministrativa TAR Lazio, Rm, 23.11.2015 Sez. I n. 13245 Giudizio di ottemperanza - legge Pinto condanna alla penalità di mora anche se l’esecuzione riguarda il decreto di condanna all’equa riparazione. Ai sensi dell’art. 112, comma 2, lett. c, il ricorso per l’ottemperanza innanzi al giudice amministrativo è esperibile anche nei confronti dei decreti non opposti di condanna all’equa riparazione previsti dall’art. 3, l. 24.3.2001, n. 89 (c.d. legge Pinto), avendo essi natura decisoria su diritti soggettivi e idoneità ad assumere valore ed efficacia di giudicato (Trga Trento 9.7.2014, n. 279; Tar Molise 14.5.2014, n. 303; Tar Lecce, sez. III, 20.1.2014, n. 200; id., sez. I, 10.1.2014, n. 82), e quindi anche per il capo degli stessi decreti che condanna alle spese e agli onorari del giudizio. Questo il principio ribadito dalla Prima Sezione del TAR Lazio nella sentenza del 23.11.2015 n. 13245 con la quale il giudice amministrativo ha anche accolto la richiesta di condanna alla penalità di mora, di cui all’art. 114, comma 4, lett. e), c.p.a.. "Questa infatti, come chiarito dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 15 del 25 giugno 2014, è comminabile anche quando l’esecuzione del giudicato consiste nel pagamento di una somma di denaro atteso che l’istituto assolve ad una finalità sanzionatoria e non risarcitoria, in quanto non è volto a riparare il pregiudizio cagionato dalla non esecuzione della sentenza, ma a sanzionare la disobbedienza alla statuizione giudiziaria e stimolare il debitore all'adempimento (CdS, sez. III, 16.9.2014, n. 4711; Tar Lazio, sez. III quater, 22.12.2014, n. 13071). Tale istituto trova altresì applicazione nel caso di decreto di condanna all’equa riparazione previsto dall’art. 3, l. n. 89 del 2001 (Tar Lazio, sez. I, 30.12.2014, n. 13176). Ciò chiarito, la Sezione ritiene che la quantificazione della suindicata penalità possa essere in via generale effettuata prendendo a fondamento il parametro, individuato dalla CEDU, dell’”interesse semplice ad un tasso equivalente a quello delle operazioni di rifinan-106- Numero 3 /4- 2015 procedimento amministrativo - riforme istituzionali dell’odierna appellata in difetto di procura espressa ed è stata reiterata dopo che il silenzio rifiuto formatosi sul primo atto era divenuto inoppugnabile per decorso del relativo termine, per cui neanche in questo caso il Comune aveva l’obbligo di rispondere. La Quinta Sezione del Consiglio di Stato con sentenza del 20.11.20015 n. 5297 ha affermato che tale argomentazione non può essere condivisa. L’appellante condivisibilmente afferma l’applicabilità, nel caso che ora occupa, dell’art. 6, primo comma, del d.P.R. 12.4.2006, n. 184, ai sensi del quale “qualora non sia possibile l'accoglimento immediato della richiesta in via informale, ovvero sorgano dubbi sulla legittimazione del richiedente, sulla sua identità, sui suoi poteri rappresentativi, sulla sussistenza dell'interesse alla stregua delle informazioni e delle documentazioni fornite, sull'accessibilità del documento o sull'esistenza di controinteressati, l'amministrazione invita l'interessato a presentare richiesta d'accesso formale, di cui l'ufficio rilascia ricevuta”. Ad avviso del Collegio la norma non ha contenuto propriamente innovativo in quanto si limita ad esplicitare il principio di leale collaborazione fra Amministrazione e cittadini, in base al quale questa non può frapporre ostacoli privi di significato sostanziale alle istanze degli associati (in termini CdS, VI, 9.3.2011, n.1492, che ha affermato l’applicabilità del principio di leale collaborazione ai rapporti relativi ad istanze di accesso agli atti della pubblica amministrazione; sostanzialmente in termini anche CdS, V, 26.2.2010 n. 1150). Sulla base del principio richiamato afferma il Collegio che nel caso che ora occupa l’Amministrazione non poteva limitarsi a prendere atto dell’irregolarità della prima istanza, restando conseguentemente inerte. Costituiva invece suo obbligo rappresentare i motivi che ostavano all’accoglimento della richiesta, in modo da indirizzarla nei termini ritenuti corretti. Non avendo l’Amministrazione ottemperato a tale obbligo di comunicazione la stessa non può ora opporre l’irritualità dell’istanza, che l’odierna appellante non ha potuto correggere; pertanto, nei suoi confronti il termine per l’impugnazione non ha cominciato a decorrere. ziamento marginale della Banca centrale europea applicabile durante tale periodo, aumentato di tre punti percentuali”; detta misura – e, quindi, il tasso sopra individuato, da applicare sulla sorte capitale dovuta a titolo indennitario – dovrà essere quindi corrisposta a titolo di sanzione a carico dell’amministrazione, a far tempo dalla notificazione ovvero, se anteriore, dalla comunicazione in via amministrativa della presente decisione e fino all’effettivo soddisfacimento del credito o, in alternativa, fino alla data di insediamento del commissario ad acta, come di seguito individuato. Quanto alle ulteriori spese di cui il ricorrente chiede la rifusione, va ricordato che nel giudizio di ottemperanza le ulteriori somme richieste in relazione a spese diritti ed onorari successivi alla formazione del giudicato sono dovute solo in relazione alla pubblicazione della sentenza, all'esame ed alla notifica della medesima, alle spese relative ad atti accessori, quali le spese di registrazione (Tar Lazio, sez. II bis, 19.5.2014, n. 5214; id., sez. I, 18.10.2013, n. 9028; Tar Catanzaro, sez. I, 20.2.2013, n. 178), di esame, di copia e di notificazione, nonché le spese e i diritti di procuratore relativi all'atto di diffida, in quanto hanno titolo nello stesso provvedimento giudiziale (Tar Napoli, sez. IV, 18.12.2014, n. 6796; Tar Catania, sez. IV, 4.12.2014, n. 3188)." Consiglio di Stato Sez. V 20.11.2015 n. 5297 Accesso ai documenti amministrativi - Comune – obbligo di comunicazione irregolarità dell'istanza – rappresentazione dei motivi ostativi all’accoglimento della richiesta. La vicenda giunta all'attenzione del Consiglio di Stato riguarda il silenzio - diniego opposto da un Comune alla ricorrente sull'istanza di accesso agli atti, formulata nel suo interesse dal suo avvocato e l'accertamento del proprio diritto ad estrarre copia della documentazione richiesta, con contestuale ordine di esibizione alla parte resistente. Il Comune appellante non contesta in alcun modo, nel presente grado del giudizio, la pretesa dell’appellata, sostenendo invece che la sua istanza, presentata irregolarmente, non avrebbe fatto sorgere il suo onere di darvi risposta. Più specificamente, il Comune appellante sostiene di non avere alcun obbligo di dare corso all’istanza in quanto questa è stata presentata dall’avvocato Gazzetta Amministrativa Consiglio di Stato Sez. VI 10.11.2015 n. 5111 -107- Numero 3 /4- 2015 procedimento amministrativo riforme istituzionali situazione di cui è titolare, che l’ordinamento stima di suo meritevole di tutela. Non è sufficiente addurre il generico e indistinto interesse di qualsiasi cittadino alla legalità o al buon andamento dell’attività amministrativa. Da questo indirizzo la giurisprudenza del Consiglio di Stato mai si è discostata (Cons. Stato, VI, 23.11.2000, n. 5930; IV, 6.10.2001 n. 5291; VI, 22.10.2002 n. 5818; V, 16.1.2005 n. 127; IV, 24.2.2005, n. 658; VI, 10.2.2006 n. 555; VI, 1.2.2007 n. 416). Ritiene il Collegio che l’interesse rilevante nel caso in esame debba dirsi sussistente, nonostante il conclamato annullamento degli atti di che trattasi. Invero, come condivisibilmente affermato dal giudice di primo grado, il sopravvenuto annullamento (con conseguente giuridica inefficacia) degli atti della procedura cui ha partecipato l’originario ricorrente non determina per lui il venir meno di un interesse comunque diretto, concreto ed attuale ad accedere ai medesimi nella parte in cui lo riguardano personalmente. Per vero, il diritto di accesso non è esercitabile soltanto per i provvedimenti amministrativi (dotati di perdurante efficacia giuridica), ma anche per meri atti o documenti non più idonei ad incidere sulla sfera giuridica dei soggetti ai quali si riferiscono, quante volte - come nella specie - chi agisce ad exibendum sia, o possa essere, comunque titolare di una situazione giuridicamente tutelata in quanto connessa al contenuto di siffatti atti o documenti (si veda l’art. 22, comma 1, lett. b), l. n. 241 del 1990). Pertanto l’originario ricorrente *, quale candidato esaminato nell’annullata tornata abilitativa in questione, sia tuttora titolare di una situazione giuridica tutelata correlata agli atti della stessa procedura che lo riguardano direttamente. In relazione a tali atti sussiste per lui un interesse giuridicamente rilevante (non contrastato da esigenze oppositive di segno contrario) a che ne possa avere la conoscenza e la disponibilità per gli usi che legittimamente potrà farne. Non compete a questo giudice in questa sede valutare la congruenza dell’utilizzazione futura di questi atti, né l’ipotetico uso loro non corretto o improprio. Resta dunque salvo il giudizio di utilizzabilità e di rilevanza dei documenti afferenti una procedura annullata: il che se del caso potrà essere apprezzato dal giudice dinanzi al quale sorgerà controversia a Procedure concorsuali - accesso ai documenti - interesse che legittima la richiesta. È giunta all'attenzione della Sesta Sezione del Consiglio di Stato la questione riguardante la sussistenza di un interesse giuridicamente rilevante alla ostensione di documentazione amministrativa relativa a procedura selettiva annullata con sentenza del giudice amministrativo passata in giudicato. Nella specie, infatti, l’originario ricorrente aveva partecipato alla procedura di abilitazione scientifica nazionale relativa alla tornata 2013 per il predetto settore concorsuale e dopo che tale procedura, su ricorso di altri candidati, è stata annullata per vizio di composizione della commissione esaminatrice, ha fatto istanza al Ministero per accedere agli atti della procedura riguardanti i giudizi espressi dall’organo di valutazione sul proprio profilo. Il giudice di primo grado ha ritenuto sussistente in capo all’originario ricorrente l’interesse attuale e concreto (richiesto dall’art. 22 della legge n. 241 del 1990 in materia di accesso ai documenti amministrativi) all’ostensione degli atti richiesti “non foss’altro che ai fini morali di essere edotto delle valutazioni operate nei suoi confronti ovvero –se esse fossero favorevoli – ai fini di renderle note o di farle valere in ogni sede legittima”. L’appellante amministrazione deduce invece, nell’unico articolato motivo d’appello, che detto interesse nei riferiti termini non sia predicabile in capo all’originario ricorrente. Il Consiglio di Stato Sez. VI nella sentenza del 10.11.2015 n. 5111 afferma espressamente che "l’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato, con la decisione 24.4.2012, n. 7, ha affermato che la disposizione di cui all'art. 22, comma 1, l. n. 241 del 1990 , pur riconoscendo il diritto di accesso a "chiunque vi abbia interesse", non ha tuttavia introdotto alcun tipo di azione popolare diretta a consentire un qualche controllo generalizzato sulla Amministrazione, tant'è che ha contestualmente definito siffatto interesse come finalizzato alla "tutela" di "situazioni giuridicamente rilevanti"; Non è dubbio pertanto che l'interesse che legittima la richiesta di accesso, oltre ad essere serio e non emulativo, deve essere "personale e concreto", ossia ricollegabile alla persona dell'istante da uno specifico rapporto. In sostanza, occorre che il richiedente intenda poter supportare una Gazzetta Amministrativa -108- Numero 3 /4- 2015 procedimento amministrativo - riforme istituzionali Gioco d'azzardo e ludopatia: sì del Consiglio di Stato alla competenza dei Sindaci sugli orari delle sale da gioco. La Quinta Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza del 22.10.2015 ha affrontato le problematiche afferenti il gioco d'azzardo. Più precisamente la Sezione con la citata sentenza ha affermato che la normativa in materia di gioco d’azzardo, con riguardo delle conseguenze sociali dell’offerta dei giochi su fasce di consumatori psicologicamente più deboli, nonché dell’impatto sul territorio dell’afflusso ai giochi da parte degli utenti, non è riferibile alla competenza statale esclusiva in materia di ordine pubblico e sicurezza di cui all’art. 117, comma 2, lettera h) della Costituzione, ma alla tutela del benessere psico-fisico dei soggetti maggiormente vulnerabili e della quiete pubblica (come rilevato dalla Corte Costituzionale con le sentenze 10.11.2011, n. 300, e 21.4.2015, n. 995), tutela che rientra nelle attribuzioni del Comune ex artt. 3 e 5 del d.lgs. n. 267 del 2006. La disciplina degli orari delle sale da gioco non è infatti volta a tutelare in via primaria l’ordine pubblico, ma la salute ed il benessere psichico e socio economico dei cittadini, compresi nelle attribuzioni del Comune ai sensi di dette norme. Quindi il potere esercitato dal Sindaco nel definire gli orari di apertura delle sale da gioco non interferisce con quello degli organi statali preposti alla tutela dell’ordine e della sicurezza, atteso che la competenza di questi ha ad oggetto rilevanti aspetti di pubblica sicurezza, mentre quella del Sindaco concerne in senso lato gli interessi della comunità locale, con la conseguenza che le rispettive competenze operano su piani diversi e non è configurabile alcuna violazione dell'art. 117 comma 2 lett. h), Cost. (Consiglio di Stato, sez. V, 1.8.2015, n. 3778). Afferma il Collegio che non è condivisibile la tesi secondo cui l’art. 50, comma 7, del d.lgs. n. 267 del 2000 possa essere interpretato nel senso che la competenza del Sindaco non riguardi anche la materia dei giochi, atteso che la norma espressamente attribuisce ad esso il compito di coordinare e riorganizzare, sulla base degli indirizzi espressi dal Consiglio comunale e nell’ambito di eventuali criteri fissati dalla Regione, gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici. Dalla particolare ampiezza quel riguardo." Consiglio di Stato Sez. III 27.10.2015 n. 4903 Accesso ai documenti e trasparenza: "no" del Consiglio di Stato al dirigente che chiede l'ostensione delle retribuzioni di risultato dei colleghi. La Terza Sezione del Consiglio di Stato ha esaminato la legittimità del rifiuto opposto dall'INPS ad un dirigente di ostensione, tra l'altro, della documentazione relativa alla retribuzione di risultato riconosciuta ad altri dirigenti ritenendo non configurabile, in capo all’odierno ricorrente, alcun interesse meritevole di tutela, azionabile con il rimedio peculiare apprestato dall’art.116 c.p.a. Si legge nella parte motiva: "È sufficiente, al riguardo, rilevare che l’esercizio del diritto di accesso è autorizzato solo se sostenuto dall’esigenza di tutelare un interesse giuridicamente rilevante, intendendosi per tale un interesse serio, effettivo, concreto, attuale e, in definitiva, ricollegabile all’istante da un preciso e ben identificabile nesso funzionale alla realizzazione di esigenze di giustizia (cfr. ex multis Cons. St., sez. V, 23.9.2015, n.4452), per concludere che, nel caso di specie, la conoscenza della documentazione rimasta riservata non risulterebbe idonea a soddisfare alcun apprezzabile interesse, tanto meno collegato ad esigenze di difesa giurisdizionale, attesa l’assoluta irrilevanza, a qualsiasi fine di tutela dei suoi interessi, del mero confronto della sua retribuzione di risultato con quella riconosciuta ai suoi colleghi (in ragione dell’autonomia e dell’indipendenza delle relative posizioni soggettive). Ne consegue, pertanto, l’assenza, nella fattispecie, dell’indefettibile presupposto della sussistenza di un interesse idoneo a legittimare (secondo la regolazione contenuta negli artt. 22 e seguenti della legge n.241 del 1990) la valida attivazione del rimedio nella specie azionato." L’INPS - aggiunge il Collegio - risulta, peraltro, adempiente agli obblighi di trasparenza, quanto alla pubblicazione sul sito istituzionale di tutte le componenti della retribuzione dei dirigenti, sanciti dall’art.15, comma 1, d.lgs. n.33 del 2013, sicchè, anche sotto tale profilo, la pretesa del ricorrente deve ritenersi priva di fondamento”. Consiglio di Stato Sez.V 22.10.2015 n. 4861 Gazzetta Amministrativa -109- Numero 3 /4- 2015 procedimento amministrativo riforme istituzionali orari delle sale giochi e degli esercizi nei quali sono installate le apparecchiature per il gioco. In tale senso si sono collocate anche ulteriori pronunce, con le quali è stato rimarcato che, sulla base della generale previsione dell'art. 50, comma 7, del d.lgs. n. 267 del 2000, il Sindaco può disciplinare gli orari delle sale giochi e degli esercizi nei quali siano installate apparecchiature per il gioco e che ciò può fare per esigenze di tutela della salute (tra le quali è compresa la esigenza di contrasto alle ludopatie), della quiete pubblica, ovvero della circolazione stradale (oltre alla citata sentenza del Consiglio di Stato, Sezione V, sent. 3271 del 2014, cfr.: ordinanze della Sezione stessa nn. 3845 del 2014, 5826 del 2014 e 610 del 2014), alle cui argomentazioni si rinvia integralmente anche ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 74 del c.p.a. seconda parte; Con riguardo al particolare caso in esame, osserva in proposito il collegio che con l’ordinanza sindacale impugnata in primo grado, preso atto dei preoccupanti dati emergenti da una comunicazione della A.S.L. di Lecco circa la presenza nella realtà locale di giocatori d’azzardo problematici e patologici, il Sindaco del Comune di Lecco ha deliberato di delimitare l’orario massimo di apertura delle attività inerenti il gioco d’azzardo, visto l’art. 3, comma 2, del d. lgs. n. 267 del 2000, a «tutela della salute pubblica, ma anche, più i generale del benessere individuale e collettivo della popolazione locale». Tale ordinanza è stata motivata con riferimento al fatto che il Comune ha anche il compito di contrastare i fenomeni di patologia sociale connessi al gioco compulsivo, dal momento che la moltiplicazione incontrollata della possibilità di accesso al gioco costituisce accrescimento del rischio di diffusione di fenomeni di dipendenza, con conseguenze pregiudizievoli sia nella vita personale e familiare dei cittadini che a carico dei servizi sociali comunali chiamati a contrastare situazioni di disagio connesse alle ludopatie. L’ordinanza, in quanto espressamente volta alla tutela della salute pubblica mediante contrasto con detto fenomeno, rientrava quindi ad avviso del Consiglio di Stato pienamente nelle competenze sindacali di cui al citato art. 50, co. 7, del d. lgs. n. 267 del 2000”. della nozione di ‘pubblico esercizio’, contenuta nella disposizione, deve ritenersi che rientrino senz'altro nella nozione anche le attività di intrattenimento svolte all'interno di sale giochi e degli esercizi in cui siano installati apparecchi di gioco lecito: il connotato tipizzante di un pubblico esercizio è la possibilità di accedere alle prestazioni ivi erogate da parte della collettività indifferenziata, i cui componenti sono tutti ammessi ad avvalersi, a richiesta, a parteciparvi. Le sale giochi e gli esercizi dotati di apparecchiature da gioco, seguendo l'elencazione contenuta nell'art. 50, comma 7, d.lg. n. 267 del 2000, sono qualificabili come pubblici esercizi, di talché il Sindaco può esercitare la potestà regolatoria, tra cui rientrano le attività riguardanti l’esercizio del gioco d’azzardo, quando essa è funzionale ad esigenze di tutela della salute e della quiete pubblica. Questo principio è stato espressamente ribadito con la sentenza di questa Sezione 30 giugno 2014, n. 3271, laddove ha riconosciuto che «l'art. 3 del D.L. n. 138/2011, convertito nella legge n. 148/2011, sempre in tema di abrogazione delle restrizioni all'accesso e all'esercizio delle professioni e delle attività economiche, ha poi disposto che ‘l'iniziativa e l'attività economica privata sono libere ed è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla leggè , affermando un principio, derogabile soltanto in caso di accertata lesione di interessi pubblici tassativamente individuati (sicurezza, libertà, dignità umana, utilità sociale, salute)….”. Al riguardo, la Corte Costituzionale, con la sentenza 18.7.2014 n. 220, con riferimento alla individuazione dei poteri esercitabili dal Sindaco ai sensi dell'art. 50, co. 7, del d.lgs. n. 267 del 2000, ha dichiarato inammissibile, per mancata esplorazione di diverse soluzioni ermeneutiche, la questione di legittimità costituzionale di tale norma, in riferimento agli art. 32 e 118 Cost., nella parte in cui, disciplinando i poteri normativi e provvedimentali attribuiti al Sindaco in materia di gioco e scommesse, non prevede che tali poteri possano essere esercitati con finalità di contrasto del fenomeno del gioco di azzardo patologico. Ha rilevato la Corte Cost. che, come evidenziato dalla giurisprudenza amministrativa di legittimità e di merito, la disposizione censurata può fornire un fondamento legislativo al potere del Sindaco di disciplinare gli Gazzetta Amministrativa Consiglio di Stato Sez. IV 13.10.2015 n. 4713 -110- Numero 3 /4- 2015 procedimento amministrativo - riforme istituzionali andamento della pubblica amministrazione procedere all’integrale attuazione delle prescrizioni normative dettate con riferimento ai sistemi di valutazione, con conseguente conformazione delle relative attività al nuovo modello di valutazione, per poi dovere eventualmente ricalibrare l’intero impianto di valutazione alla luce delle modalità di applicazione che saranno individuate dall’adottando DPR”. Le argomentazioni offerte dal Tribunale non convincono il Consiglio di Stato che ha riformato la sentenza affermando quanto segue. "L’articolo 57, comma 21, del d.lgs. n. 235 del 2010 prevede che “ Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono determinati i limiti e le modalità di applicazione delle disposizioni dei titoli II e III del d.lgs. 27.10.2010, n. 150, al personale del Ministero dell’economia e delle finanze e delle Agenzie fiscali”. Va in primo luogo evidenziato che la disposizione non contiene un espresso rinvio della applicazione delle previsioni del titolo II e III del d.lgs. n. 150/2010 all’esito della individuazione dei cennati “limiti e modalità”, limitandosi a prevedere che con d.p.c.m. siano individuati tali limiti e modalità applicative. Dunque, non vi è una espressa sospensione o un rinvio generalizzato del relativo obbligo, il quale - in considerazione della portata generale della normativa contenuta nel richiamato d.lgs. n. 150/2010, che si riferisce ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche il cui rapporto di lavoro è disciplinato dall’art. 2 , comma 2, del d.lgs. n. 165/2001 - è comunque operante anche per le amministrazioni finanziarie. La norma, dunque, non contiene una affermazione espressa di inapplicabilità del sistema di valutazione previsto dal d.lgs. n. 150/2009, ma afferma, in relazione a tale personale, la possibilità di introdurre aggiustamenti e correttivi (limiti e modalità di applicazione). Orbene, risponde certamente a criteri di efficacia e di efficienza che, qualora ancora non sia stata data attuazione alle disposizioni dei richiamati titoli II e III, si attenda la previa adozione del d.p.c.m., in modo da predisporre ab origine un sistema di misurazione e valutazione delle strutture e dei dipendenti che sia correttamente calibrato e modulato con le peculiarità dell’amministrazione di riferimento. Purtutta- Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, Agenzia delle Entrate e MEF - "la mancata adozione del Sistema e del Piano delle performance, in attesa della emanazione del d.p.c.m., non trova più ragionevole giustificazione” - monito del Consiglio di Stato Il Consiglio di Stato Sez. IV con sentenza del 13.10.2015 n. 4713 ha annullato la sentenza n. 11466/2014 del TAR Lazio che dichiarava inammissibile il ricorso proposto dalla Dirpubblica (Federazione del Pubblico Impiego) per ottenere l’annullamento del silenzio-rifiuto serbato sulla diffida volta a chiedere: all’Agenzia delle dogane e dei Monopoli e all’Agenzia delle Entrate di provvedere alla nomina dell’Organismo Indipendente di Valutazione, affinché provvedesse a definire il sistema di misurazione e valutazione delle performance organizzativa ed individuale; all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, all’Agenzia delle Entrate ed al Ministero dell’Economia e delle Finanze di provvedere all’adozione del sistema di misurazione e valutazione della performance organizzativa ed individuale; alla CIVIT di vigilare sulle prefate amministrazioni in ordine all’attuazione della disciplina di misurazione e valutazione delle performance organizzativa ed individuale. La Dirpubblica (Federazione del Pubblico Impiego) censura in primo luogo la sentenza del Tribunale Amministrativo nella parte in cui, a fondamento della declaratoria di inammissibilità del ricorso, ha ravvisato l’inesistenza, in capo alle Amministrazioni intimate, di un obbligo di adottare il Sistema di valutazione della performance, del piano delle performance e della relazione sulla performance, in ragione della previsione contenuta nell’articolo 57, comma 21, del D.Lgs. n. 235 del 2010. In proposito il giudice di prime cure ha affermato: “la tesi prospettata da parte ricorrente non appare persuasiva alla luce del chiaro tenore letterale della norma in esame, la quale, nel demandare all’adozione di un d.p.r. (rectius, d.p.c.m.) la determinazione dei limiti e delle modalità di applicazione delle disposizioni del d.lgs. n. 150 del 2009, sembra implicare un rinvio dell’attuazione di tali norme ad un momento successivo a tale individuazione. Peraltro, sarebbe contrario a criteri di efficienza e di buon Gazzetta Amministrativa -111- Numero 3 /4- 2015 procedimento amministrativo riforme istituzionali stamenti ed adattamenti successivi e non più preventivi e, di conseguenza, l’applicazione comunque delle disposizioni dei titoli II e III del d.lgs. n. 150/2009, e, dunque, del sistema di valutazione e del piano delle performance . Le suddette conclusioni trovano conferma in ulteriori circostanze. Va, invero, rilevato che il pregresso sistema di valutazione delle prestazioni dirigenziali risulta essere stato espressamente abrogato dall’art. 30, co. 4, del d.lgs. n. 150/2009, né risulta opposta, in termini normativi, l’esistenza di una disposizione di proroga o di reviviscenza. Di poi, l’altra norma invocata dall’amministrazione (art. 19 del d.lgs. n.141/2011) rinvia – per tutti i dipendenti pubblici – l’applicazione solo di alcune disposizioni del richiamato testo normativo (artt. 19 e 31). Va, infine, osservato che la stessa difesa dell’amministrazione (pag. 13 e segg.) evidenzia di avere già ideato un sistema di performance individuale per il personale non dirigenziale, che opera un esplicito richiamo ai principi del d.l.vo n.150/2009 tenendo conto delle caratteristiche dell’Amministrazione finanziaria e della programmazione economico-finanziaria, testato sperimentalmente negli anni 2011 e 2012, ma non ancora abilitato all’esercizio a causa della mancata emanazione dell’atteso d.p.c.m. Dunque, non vi sono oggettivi impedimenti all’osservanza delle previsioni del d.lgs. n. 150/2009. Rese le sopra esposte considerazioni, rileva il Collegio che dalla entrata in vigore della invocata disposizione contenuta nell’articolo 57, comma 21, del d.lgs. n.235/2010 sono trascorsi ben cinque anni e l’ulteriore procrastinarsi della mancata adozione del Sistema e del Piano delle performance, in attesa della emanazione del d.p.c.m., non trova più ragionevole giustificazione, risultando decorso un termine in tutta evidenza irragionevolmente lungo per giustificare l’omesso adempimento degli obblighi di cui al d.lgs. n. 150/2009. La difesa delle amministrazioni convenute, nella memoria difensiva e nella relazione prodotta a seguito dell’istruttoria disposta dalla Sezione, ha rappresentato di avere svolto ampia ed articolata attività finalizzata alla emanazione del richiamato d.p.c.m. e, di conseguenza, all’adozione del sistema di valutazione, evidenziando le ragioni del decorso di tale lasso temporale, dovuto a necessari adempimenti via, sussistendo comunque l’obbligo di applicazione dei cennati titoli II e III e non essendo le amministrazioni finanziarie sottratte alla applicazione del d.lgs. n. 150/2009, le richiamate ragioni di efficacia e di efficienza trovano ragion d’essere solo nella misura in cui il sistema cd. “adattato” venga adottato e reso operativo in termini ragionevoli e sostenibili. Ove ciò non avvenga, l’obbligo delle amministrazioni di dare attuazione alle disposizioni del d.lgs. n. 150/2009 permane in tutta la sua cogenza e, di conseguenza, gli adempimenti previsti dal richiamato d.lgs. n. 150/2009 devono comunque essere posti in essere. Sicché è da ritenersi che, qualora tale d.p.c.m. non intervenga entro termini ragionevoli, non viene meno l’obbligo di procedere alle attività (adottare il sistema di misurazione e valutazione ed il piano della performance) indicate dalla cennata normativa. Invero, la protratta mancata adozione del sistema finirebbe per porre in non cale e pregiudicare le preminenti ragioni di interesse pubblico e, dunque, di efficacia ed efficienza dell’attività amministrativa sottese allo stesso, atteso che le esigenze giustificative (affermate dal TAR) relative alla necessità di un sistema ab origine “adattato” finirebbero, con il decorso di tempi eccessivamente lunghi, per frustrare le ragioni stesse dell’istituto introdotto dal d.lgs. n. 150/2009. Va, invero, evidenziato che l’art. 3 di tale testo normativo espressamente dispone che “la misurazione e la valutazione della performance sono volte al miglioramento della qualità dei servizi offerti dalle amministrazioni pubbliche”(comma 1), aggiungendo, al comma 4, che “le amministrazioni pubbliche adottano metodi e strumenti idonei a misurare, valutare e premiare le performance individuale e quella organizzativa, secondo criteri strettamente connessi al soddisfacimento dell’interesse del destinatario dei servizi e degli interventi”. Vi è, dunque, alla base del sistema l’esigenza di soddisfacimento di un interesse pubblico preminente, rispetto al quale l’opportunità della previa definizione, attraverso d.p.c.m., di limiti e modalità applicative risulta certamente recessivo ove sia decorso un termine non ragionevolmente breve dalla entrata in vigore dell’obbligo stesso. In tal caso, infatti, la necessità del perseguimento di tale interesse ben giustifica la possibilità di aggiuGazzetta Amministrativa -112- Numero 3 /4- 2015 procedimento amministrativo - riforme istituzionali prendere visione ed estrarre copia dei documenti afferenti le procedure per la selezione dei partner e degli sponsor di Expo 2015. Il diniego di accesso è motivato poiché non sarebbe sussistente in capo all’associazione Codacons un interesse diretto, concreto ed attuale alla ostensione di quanto richiesto. Al fine della decisione sull’appello il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 4644 del 6.10.2015. ha ricordato quanto affermato dalla Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la decisione 24.4.2012 n. 7, nella quale, tra l’altro (e proprio con riferimento al Codacons) si afferma: - “la disposizione di cui all'art.22, co. 1, della l. n. 241 del 1990, pur riconoscendo il diritto di accesso a "chiunque vi abbia interesse" non ha tuttavia introdotto alcun tipo di azione popolare diretta a consentire una sorta di controllo generalizzato sulla Amministrazione, tant'è che ha contestualmente definito siffatto interesse come finalizzato alla “tutela” di "situazioni giuridicamente rilevanti"; - “l'interesse che legittima la richiesta di accesso, oltre ad essere serio e non emulativo, deve essere “personale e concreto”, ossia ricollegabile alla persona dell'istante da uno specifico nesso: in sostanza occorre che il richiedente intenda difendere una situazione di cui è portatore, qualificata dall'ordinamento come meritevole di tutela, non essendo sufficiente il generico e indistinto interesse di ogni cittadino alla legalità o al buon andamento della attività amministrativa . . . Da questo indirizzo interpretativo la giurisprudenza del Consiglio di Stato non si è mai discostata (Sez. VI, 23.11.2000, n. 5930; Sez. IV, 6.10.2001 n. 5291; Sez. VI, 22.10.2002 n. 5818; Sez.. V, 16.1.2005 n. 127; Sez. IV, 24.2.2005, n. 658; Sez. VI, 10.2.2006 n. 555; Sez. VI, 1.2.2007 n. 416)”; - “essere titolare di una situazione giuridicamente tutelata non è condizione sufficiente perché l’interesse rivendicato possa considerarsi “diretto, concreto e attuale”, essendo anche necessario che la documentazione cui si chiede di accedere sia collegata a quella posizione sostanziale, impedendone o ostacolandone il soddisfacimento”. Tali principi, dai quali il Collegio non ha ragione di discostarsi, sono dalla pronuncia citata ritenuti applicabili anche alle associazioni quali il Codacons. E ciò pur considerando che l’art. 26 l. 7.12.2000 n. 383 riconosce alle associazioni di promozione procedimentali ed al succedersi di innovazioni normative, delle quali avrebbe dovuto via via tenersi conto. Orbene, rileva in proposito la Sezione che le evenienze e le ragioni rappresentate possono al limite giustificare in termini di opportunità di un sistema ab origine “adattato”) il rallentamento fino a questo momento verificatosi, ma non possono validamente motivare ulteriori tempi lunghi nell’adozione degli atti in relazione ai quali la Dirpubblica ha proposto ricorso, stante – per le ragioni sopra esposte – la sussistenza di un obbligo alla loro adozione. Le argomentazioni svolte dal Collegio giustificano l’accoglimento dell’appello e consentono di assorbire l’esame delle doglianze relative alla asserita inapplicabilità del giudizio sul silenzio-inadempimento agli atti generali e regolamentari (quali un d.p.c.m.), rilevandosi pure – per come giustamente osservato dalla difesa dell’appellante a pag. 7 della memoria di replica depositata in vista della camera di consiglio del 21.4.2015 – che l’oggetto della controversia non riguarda l’omessa adozione del d.p.c.m., non essendo questo stato oggetto né dell’atto di diffida originario, né del successivo ricorso giurisdizionale. Conclusivamente, dunque, l’appello deve essere accolto nei sensi e per le ragioni in precedenza rappresentati, riformandosi la sentenza del giudice di primo grado, con conseguente declaratoria dell’obbligo di provvedere e fissazione di un termine di 180 giorni dalla comunicazione o notificazione della presente sentenza, così individuato anche per consentire l’eventuale previa adozione del d.p.c.m., che, ripetesi, è adempimento opportuno, ma non necessario o condizionante l’applicazione delle disposizioni del d.lgs. n. 150/2009. Il Collegio si riserva, per il caso di ulteriore inadempimento, la nomina di un Commissario ad acta”. Consiglio di Stato Sez. IV 6.10.2015 n. 4644 Accesso ai documenti da parte di associazioni a tutela dei consumatori - diritto di accesso a "chiunque vi abbia interesse". È giunto all'esame della Quarta Sezione del Consiglio di Stato l’appello con il quale il Codacons impugna la sentenza del TAR per la Lombardia che ha respinto il ricorso proposto avverso il rigetto, da parte di Expo 2015 s.p.a., dell’istanza di accesso presentata al fine di Gazzetta Amministrativa -113- Numero 3 /4- 2015 procedimento amministrativo riforme istituzionali L’associazione non è titolare di una situazione soggettiva che valga a conferirle un potere di vigilanza sull’ente che offre il pubblico servizio, ma solo della legittimazione ad agire perché vengano inibiti comportamenti od atti che siano effettivamente lesivi. Il diritto di accesso, dunque, non si configura mai come un’azione popolare (fatta eccezione per il peculiare settore dell’accesso ambientale), ma postula sempre un accertamento concreto dell’esistenza di un interesse differenziato della parte che richiede i documenti. La titolarità (o la rappresentatività) degli interessi diffusi non giustifica un generalizzato e pluricomprensivo diritto alla conoscenza di tutti i documenti riferiti all’attività del gestore del servizio e non collegati alla prestazione dei servizi all’utenza, ma solo un più limitato diritto alla conoscenza di atti, relativi a servizi rivolti ai consumatori, che incidono in via diretta e immediata, e non in via meramente ipotetica e riflessa, sugli interessi dei consumatori. Alla luce dei principi enunciati, il Consiglio di Stato ha ritenuto infondato il primo motivo di appello, posto che, nel caso di specie, gli atti cui il Codacons ha richiesto di accedere, pur se indicati e dunque concretamente individuabili, non sono ex se tali da denotare un collegamento con gli interessi dei quali l’associazione è portatrice. Precisa il Collegio che "Tali atti, infatti, più specificamente, attengono a singole procedure di scelta di uno o più contraenti con un soggetto pubblico, e, dunque, non tali da rappresentare, in via immediata e diretta, una tutela dei più ampi interessi dei consumatori e, comunque, di quegli interessi dei quali l’associazione richiedente è portatrice”. sociale il diritto di accesso ai documenti amministrativi, ex art. 22 ss. l. n. 241/1990, precisando in particolare (co. 2) che “Ai fini di cui al comma 1, sono considerate situazioni giuridicamente rilevanti quelle attinenti al perseguimento degli scopi statutari delle associazioni di promozione sociale.”. Come, in particolare, affermato dalla giurisprudenza (CdS, Sez. VI, 10.2.2006 n. 555) “alle associazioni a tutela dei consumatori, quale è il Codacons, l’ordinamento non riconosce un diritto di accesso diverso da quello attribuito in generale dalla l. n. 241/1990 (ex plurimis, v. C. Stato, sez. IV, 29.4.2002, n. 2283)” Inoltre, “la domanda di accesso non può essere un mezzo per compiere una indagine o un controllo ispettivo, cui sono ordinariamente preposti organi pubblici, perché in tal caso nella domanda di accesso è assente un diretto collegamento con specifiche situazioni giuridicamente rilevanti (CdS, Sez. IV, 29.4.2002, n. 2283” Si è, dunque, affermato che non può disconoscersi, in astratto, la legittimazione di un’associazione di tutela dei consumatori ad esercitare il diritto di accesso ai documenti dell'amministrazione o di gestori di servizi pubblici in relazione ad interessi che pervengono ai consumatori e utenti di pubblici servizi (Cons. Stato, sez. IV, 29.4.2002, n. 2283); tuttavia, anche alle associazioni di tutela dei consumatori si applica l’art. 22, l. n. 241/1990, che consente l’accesso non come forma di azione popolare, bensì a tutela di “situazioni giuridicamente rilevanti”, e dunque anche per dette associazioni occorre verificare la sussistenza di un interesse concreto e attuale all’accesso (C. Stato, sez. IV, 6.10.2001, n. 5291). Come ha affermato questo Consiglio di Stato (sez. VI, n. 555/2006 cit.), nemmeno la legge a tutela dei consumatori attribuisce alle associazioni degli stessi un potere di vigilanza a tutto campo da esercitare a mezzo del diritto all’acquisizione conoscitiva di atti e documenti che consentano le necessarie verifiche al fine di stabilire se l’esercizio del servizio pubblico possa ritenersi svolto secondo le prescritte regole di efficienza. Siffatto potere di controllo, generale e preliminare, è del tutto ultroneo alla norma sull’accesso, che non conferisce ai singoli funzioni di vigilanza, ma solo la pretesa individuale a conoscere dei documenti collegati a situazioni giuridiche soggettive. Gazzetta Amministrativa Consiglio di Stato Sez. III 8.10.2015 n. 4665 Allontanamento - foglio di via obbligatorio, prostituzione - turbamento sociale. Forse non tutti sanno che andare in discoteca travestiti da donna, dando sospetto di fornire prestazioni sessuali a pagamento può costar caro. È questa la vicenda giunta all'attenzione del Consiglio di Stato chiamato a valutare la legittimità della sentenza del TAR che ha accolto il ricorso proposto contro il provvedimento del Questore di Brescia recante il divieto per il ricorrente di fare ritorno nel territorio di un Comune per anni 3 in difetto di preventiva au-114- Numero 3 /4- 2015 procedimento amministrativo - riforme istituzionali che ha eliminato il riferimento a quei comportamenti che sono qualificabili solo come disdicevoli o contrari al buon costume, non può ritenersi da solo presupposto sufficiente per l'applicazione della suddetta misura di prevenzione (CdS, Sez. III, n. 3451 dell'8.6.2011 n. 5479, del 5.10.2011, n. 288 del 22.1.2014 ). .... Il Collegio ritiene pertanto che, in materia di prostituzione, ai fini dell’adozione di misure di prevenzione, devono quindi concorrere circostanze ulteriori rilevanti sotto il profilo penale o della sicurezza pubblica. Inoltre, deve precisarsi che la richiamata giurisprudenza segnala altresì che la prostituzione come fenomeno sociale negativo non rientra solo nella categoria del buon costume, dato che si tratta di una attività che, anche quando non costituisce reato, resta un’attività da scoraggiare per il rispetto che si deve alla persona umana secondo i principi costituzionali, soprattutto quando essa è esercitata in forma suscettibile di determinare disagio sociale. 7.2. – Più in generale la giurisprudenza del Consiglio di Stato richiede sempre, ai fini della legittimità di misure di prevenzione da parte dell’Autorità di polizia, la indicazione di precisi e concreti elementi di fatto rilevanti sotto il profilo della sicurezza pubblica, ma la stessa consolidata giurisprudenza, nella valutazione di tali elementi e del loro rilievo ai fini della sicurezza pubblica, riconosce all’Autorità amministrativa la più ampia discrezionalità salvo incoerenza dell' iter logico, incongruenza della motivazione e travisamento della realtà fattuale. 7.3. – Nel caso in esame il provvedimento impugnato e la relazione dei carabinieri che lo sostiene fanno riferimento ad una pluralità di elementi di fatto puntualmente indicati riferiti in particolare alle modalità e al contesto in cui l’esercizio della prostituzione si svolgeva. 7.4. - La rilevanza di tali elementi di fatto sotto il profilo della sicurezza pubblica secondo i parametri indicati ai punti 7.1. e 7.2. è in particolare rafforzata in modo determinante dal richiamo nella motivazione del provvedimento impugnato alla forma notoria e abituale in cui l’ attività in questione si svolge e al connesso disagio sociale manifestato attraverso proteste e segnalazioni rivolte in precedenza alle Autorità di polizia, da porre in relazione alla localizzazione, alla frequenza e alle modalità di svolgimento di comportamenti analoghi a quelli torizzazione. Il provvedimento era motivato dal deferimento in stato di libertà per il reato di atti contrari alla pubblica decenza essendo stato l’interessato sorpreso presso una discoteca travestito da donna, dando sospetto di fornire prestazioni sessuali a pagamento. Il provvedimento afferma che egli non risiede in quel Comune né dispone di mezzi di sussistenza, ed in conclusione rientra nell’ambito delle categorie di soggetti contemplati dall’art. 1 della l. n. 1423/56. Avverso tale provvedimento, ritenuto illegittimo, l’interessato proponeva ricorso avanti al TAR di Brescia che accoglieva il ricorso in adesione all’orientamento giurisprudenziale che ritiene che l’allontanamento con foglio di via obbligatorio non sia lo strumento di regola deputato per intervenire sul fenomeno della prostituzione e, pertanto, il provvedimento basato su una siffatta motivazione deve dare contezza delle concrete modalità di esercizio del meretricio, dell’eventuale continuità di tale condotta e di ogni altro elemento utile in ordine alle condizioni di vita dell’interessato/a, onde desumerne l’apprezzabile possibilità che lo stesso/a sia incline alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica. L’impugnato provvedimento non indica comportamenti socialmente pericolosi, potenzialmente rivolti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica o gli elementi di fatto sui quali si fonda il giudizio di appartenenza del ricorrente ad una delle categorie di cui all’art. 1 della legge n. 1423/1956. Inoltre la sentenza osserva che l’atto impugnato contiene un’ulteriore inesattezza, nella parte in cui sostiene il mancato possesso di mezzi di sussistenza, dato che il ricorrente ha dimostrato di essere dipendente a tempo indeterminato presso un Ente pubblico fin dal 1991 e di risiedere con la madre nell’abitazione di proprietà. Il Consiglio di Stato con sentenza n. 4665 del 8.10.2015 ha accolto l'appello dell'Amministrazione rilevando come "7.1. - Il Collegio è consapevole della giurisprudenza di questa Sezione che ha già avuto occasione di notare in passato che il solo esercizio della prostituzione, a seguito della modifica apportata all’art. 1 della legge n. 1423 del 1956 dall'art. 2 della legge 3.8.1988, n. 327, Gazzetta Amministrativa -115- Numero 3 /4- 2015 procedimento amministrativo riforme istituzionali con l’introduzione della prova testimoniale e della consulenza tecnica d’ufficio anche nei giudizi relativi ad interessi legittimi), l’art. 654 c.p.p., nel delineare l’efficacia extra moenia del giudicato penale prevede, comunque, due limiti fondamentali, uno soggettivo e l’altro oggettivo. Sotto il profilo soggettivo, il giudicato è vincolante solo nei confronti dell’imputato, della parte civile e del responsabile civile che si sia costituito o che sia intervenuto nel processo civile. Non, quindi, nei confronti di altri soggetti che siano rimasti estranei al processo penale, pur essendo in qualche misura collegati alla vicenda penale (ad esempio, il danneggiato che non si sia costituito parte civile, la persona offesa dal reato, il responsabile civile che non sia intervenuto o non si sia costituito). Sotto il profilo oggettivo, il vincolo copre solo l’accertamento dei “fatti materiali” e non anche la loro qualificazione o valutazione giuridica, che rimane circoscritta al processo penale e non può condizionare l’autonoma valutazione da parte del giudice amministrativo o civile. Da ciò deriva che l’eventuale qualificazione giuridica in termini di invalidità (annullabilità o nullità) che il giudice penale dovesse attribuire al provvedimento amministrativo rilevante nella fattispecie di reato esulerebbe, in quanto tale, dal vincolo del giudicato, atteso che il giudizio di invalidità non riguarda l’accertamento del fatto, ma la sua qualificazione giuridica. attribuiti all’appellato. Deve infatti ritenersi che la discrezionalità amministrativa da esercitare nella valutazione dei profili della sicurezza pubblica attiene in modo particolare al modo in cui la comunità la percepisce. 7.5. – La misura di prevenzione adottata nel caso specifico risulta ragionevole e proporzionata alle circostanze in quanto limitata a vietare il ritorno per tre anni nella località dove i fenomeni in questione si sono concentrati e hanno determinato turbamento sociale e dove l’interessato non abita e non svolge la sua attività lavorativa. 7.6. – Il provvedimento deve pertanto ritenersi adeguatamente motivato secondo i parametri adottati ed esposti nei punti precedenti, che consentono di non considerare rilevanti le inesattezze contenute nel provvedimento in ordine al reddito e alla dimora dell’interessato, che non costituiscono aspetti determinanti della motivazione”. Consiglio di Stato Sez. VI 16.7.2015 n. 3556 Giudizio amministrativo - efficacia sentenza penale irrevocabile di condanna o di assoluzione. Nella sentenza del 16.7.2015 n. 3556 la Sesta Sezione del Consiglio di Stato chiarisce la portata del vincolo che deriva dal giudicato penale formatosi sulla sentenza pronunciata dalla Corte di Cassazione. Ad avviso del Collegio occorre, a tal proposito, muovere dall’art. 654 Cod. proc. pen.. In base a tale previsione, la sentenza penale irrevocabile di condanna o di assoluzione pronunciata in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato: - nel giudizio civile o amministrativo, quando in questo si controverta intorno a un diritto o a un interesse legittimo il cui riconoscimento dipende dall’accertamento degli stessi fatti materiali che furono oggetto del giudizio penale; - nei confronti dell’imputato, della parte civile e del responsabile civile che si sia costituito o che sia intervenuto nel processo penale; - purché i fatti accertati siano stati ritenuti rilevanti ai fini della decisione penale e purché la legge civile o amministrativa non ponga limitazioni alla prova della situazione soggettive controversa. In disparte la condizione (negativa), rappresentata dall’assenza di limiti alla prova della situazione giuridica controversa (limiti che nel processo amministrativo sono in gran parte venuti meno Gazzetta Amministrativa Consiglio di Stato Sez. III 16.7.2015 n. 3567 Codice del Processo amministrativo - nuovo mandato ad litem per proporre motivi aggiunti contro un diverso atto della stessa procedura connesso a quello impugnato in via principale - esclusione. La Terza Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n, 3567 del 16.7.2015 ha statuito che "non occorre un nuovo mandato ad litem nel caso di proposizione di motivi aggiunti avverso un diverso atto della stessa procedura connesso a quello impugnato in via principale, tenuto conto che l’art. 1 della l. n. 205 del 21.07.2000 (che ha modificato l’art. 21 della l. 6.12.1971, n. 1034), ed ora l’art. 43 del c.p.a., hanno previsto la possibilità di proporre motivi aggiunti “impugnatori” avverso nuovi atti -116- Numero 3 /4- 2015 procedimento amministrativo - riforme istituzionali posizioni e la concreta fondatezza della domanda. Conclude il Collegio, come del resto l´attenuazione, nel processo amministrativo, del principio dispositivo non può tradursi in uno svuotamento dell´onere probatorio (specie laddove, come nella fattispecie, si faccia valere un diritto soggettivo nell’ambito di un rapporto paritetico) e del connesso e pregiudiziale dovere di allegare, con specificità e precisione, i fatti costitutivi della domanda. dello stesso procedimento al fine di concentrare in un unico giudizio anche le questioni riguardanti gli altri atti sopravvenuti che incidono sulla stessa situazione soggettiva già portata all’attenzione del giudice amministrativo". Consiglio di Stato Sez. III 8.7.2015 n. 3423 Atto meramente conformativo - definizione rigorosamente restrittiva. Il concetto di “atto meramente confermativo” deve essere definito in modo rigorosamente restrittivo, in quanto da esso si fa derivare una severa limitazione alla tutela giurisdizionale di legittimità. Lo ha stabilito la Terza Sezione del Consiglio che nella sentenza del 8.7.2015 n. 3423 ha esaminato se nella vicenda in esame la nuova pronuncia di diniego debba essere considerata “atto meramente confermativo” del diniego precedente, il che renderebbe inammissibile la sua impugnazione.Precisa il Collegio che è opinione comune che non si possa parlare di “atto meramente confermativo” quante volte il nuovo atto si basi su una nuova motivazione o comunque abbia introdotto e discusso nuovi argomenti motivazionali, pur giungendo alle stesse conclusioni dell’atto confermato. Consiglio di Stato Sez. V 15.5.2015 n. 2523 Elezioni - procedimento di autenticazione delle firme dei cittadini - accettazione candidatura – presentazione liste. La Sezione ha richiamato il proprio uniforme indirizzo nel senso che la disciplina delle modalità di autenticazione delle sottoscrizioni in materia elettorale deve essere rinvenuta essenzialmente nel comma 2, e non già nel comma 1, dell’art. 21 del d.P.R. n. 445 del 2000. Si precisa nella sentenza che "Il testo letterale dei due commi non fornisce elementi univoci ai fini dell’individuazione della normativa applicabile alla materia di cui si tratta. La soluzione dell’applicazione del comma 2 riposa tuttavia sulla delicatezza della funzione che la formalità dell’autenticazione riveste nel procedimento elettorale (data la speciale esigenza di certezza che lo caratterizza, quale principale strumento di attuazione e garanzia del principio democratico), funzione la quale impone che l’autentica in questo settore sia sottoposta, a salvaguardia della sua funzione, alle modalità di maggiore rigore fra quelle previste dall’articolo 21 d.P.R. cit. (l’applicabilità del comma 2 dell’articolo si desume, tra le altre, dalle decisioni della Sezione 3.3.2005, n. 835; 28.1.2005, n. 187; 24.8.2010 n. 5924; 23.7.2010, n. 4846; 1.3.2011, n. 1272; 16.4.2012 n. 2126; 11.2.2013, n. 779; 31.3.2014, n. 1542). Per completezza si può peraltro aggiungere, come ha già fatto il Giudice di prime cure, che la reiezione del motivo di ricorso di parte si imporrebbe, in ogni caso, anche nell’eventualità che alla fattispecie venisse applicato il comma 1 dell’art. 21 cit.. Questo fa infatti rinvio all’art. 38, comma 3, dello stesso d.P.R., le cui previsioni nel caso concreto non sono state soddisfatte, non essendovi stata sottoscrizione effettuata dall’interessato “in presenza del dipen- Consiglio di Stato Sez. III 8.7.2015 n. 3426 Processo amministrativo - inammissibilità ricorso collettivo - mancata specificazione delle condizioni di legittimazione e di interesse di ciascuno dei ricorrenti. La Terza Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 8.7.2015 n. 3426 ha ribadito l´orientamento espresso dalla Sezione (fra le più recenti: CdS, Sez. III, n. 111 del 15.1.2014 e n. 2649 del 15.5.2013), a tenore del quale chi agisce in giudizio a tutela di un proprio diritto anche in un ricorso collettivo deve indicare e allegare tutti gli elementi, i dati e i documenti idonei a sostenere la sua pretesa, domandando al giudice di accertare in concreto la sussistenza dei fatti dedotti. Mentre deve ritenersi inammissibile il ricorso collettivo che nulla dice in ordine alle condizioni di legittimazione e di interesse di ciascuno dei ricorrenti, in quanto ciò impedisce al giudice di controllare il concreto e personale interesse di ciascuno di loro, l´omogeneità dello loro Gazzetta Amministrativa -117- Numero 3 /4- 2015 procedimento amministrativo riforme istituzionali modulistica ministeriale), avente come unico possibile significato quello del riscontro, da parte del pubblico ufficiale, dell´identità del sottoscrittore mercé la conoscenza personale e diretta del medesimo; e) l´art. 14, co. 3, l. n. 53 del 1990, non prevede, come unica causa di nullità, l´anteriorità dell´accettazione della candidatura e della relativa autenticazione al centottantesimo giorno precedente il termine fissato per la presentazione delle candidature, in quanto quella in esame è, con tutta evidenza, una nullità aggiuntiva a quelle ordinarie per inosservanza della forma dell´atto e non già sostitutiva; dunque, ogni argomento circa la prova della non anteriorità di sottoscrizioni e autenticazioni al centottantesimo giorno precedente il termine fissato per la presentazione delle candidature è inconferente.” 5 Dopo queste prime considerazioni deve essere subito rimarcato che, poiché il comma 2 dell’art. 21 cit. stabilisce che debbano essere indicate caso per caso “le modalità di identificazione” del sottoscrittore seguite in concreto, ne consegue che l’indicazione delle dette modalità costituisce una parte essenziale dell’autenticazione. Quest’ultima, pertanto, per poter produrre i suoi speciali effetti probatori deve essere corredata della precisazione del modo in cui l´identificazione del sottoscrittore sia avvenuta: se, cioè, attraverso l’esibizione di uno specifico documento di riconoscimento, o invece per conoscenza personale (Sez. V, n. 282/2014 cit.; 24.8.2010 n. 5924). Si rivela perciò infondato anche l’assunto di parte circa la pretesa sufficienza, ai fini del rispetto della norma di riferimento, del dato di fatto per cui un documento di riconoscimento individuale sia stato, in concreto, rispettivamente richiesto ed esibito (senza dire che non è dato comprendere, in assenza di un riscontro formale in proposito, da quale fonte un simile dato potrebbe essere desunto con la necessaria certezza). 6 Parte appellante asserisce inoltre (e non senza incorrere in contraddizione) che le autenticazioni su cui verte la controversia (che assommano a 981) sarebbero state sorrette da identificazioni basate sulla conoscenza diretta e personale dei sottoscrittori da parte dell’ufficiale autenticatore, piuttosto che sull’esibizione di documenti di riconoscimento dei primi al secondo. Il Giudice di prime cure ha già osservato, peraltro, che non dente addetto”, né presentazione di “copia fotostatica non autenticata di un documento di identità del sottoscrittore”. 4 La Sezione, inoltre, di recente, con la sentenza 22.1.2014 n. 282, ha fatto le seguenti, più articolate puntualizzazioni, che meritano senz’altro di essere qui confermate a tutti gli effetti ai fini della corretta impostazione della controversia: “a) le invalidità che inficiano il procedimento di autenticazione delle firme dei cittadini che accettano la candidatura o che presentano come delegati le liste, non assumono un rilievo meramente formale poiché le minute regole da esse presidiate mirano a garantire la genuinità delle sottoscrizioni, impedendo abusi e contraffazioni, con la conseguenza che l´au-tenticazione, seppur distinta sul piano materiale dalla sottoscrizione, rappresenta un elemento essenziale - non integrabile aliunde - della presentazione della lista o delle candidature e non un semplice elemento di prova volto ad evitare che le sottoscrizioni siano raccolte antecedentemente al 180° giorno fissato per la presentazione delle candidature; b) le firme sui modelli di accettazione della candidatura a cariche elettive e di presentazione delle liste, devono essere autenticate nel rispetto, previsto a pena di nullità, di tutte le formalità stabilite dall´art. 21, t.u. n. 445 del 2000, sicché la mancata indicazione di tali modalità rende invalida la sottoscrizione; c) sono elementi essenziali costitutivi della procedura di autenticazione: l´appo-sizione del timbro, l´indicazione del luogo e della data della sottoscrizione del pubblico ufficiale procedente, le modalità di identificazione del sottoscrittore, l´accertamento della sua identità e dell´apposizione della sottoscrizione in sua presenza, il nome, il cognome e la qualifica rivestita dal pubblico ufficiale che procede all´autenticazione, la legittimazione di quest´ultimo (da rinvenirsi anche aliunde e non necessariamente all´interno della autenticazione), infine, la redazione della autenticazione di seguito alla sottoscrizione; d) le modalità di identificazione sono le seguenti: I) "per esibizione di valido documento di identità con indicazione degli estremi del documento stesso"; II) "per conoscenza personale"; quest´ultima modalità è da ritenersi assolta ed integrata attraverso l´uso della dicitura "della cui identità sono certo" (non a caso inserita nella pertinente Gazzetta Amministrativa -118- Numero 3 /4- 2015 procedimento amministrativo - riforme istituzionali risulta che nel caso di specie sia stata osservata, in relazione alle firme ritenute non computabili dall’Organo elettorale, alcuna delle due possibili modalità alternative di autenticazione. E con il presente appello non sono state fornite risultanze a sostegno delle pur asserite condizioni di “conoscenza diretta”, non essendo stato offerto alcun elemento idoneo a corroborare la mera illazione che nelle fattispecie esistesse una conoscenza personale tra l’autenticante e i sottoscrittori, la quale non emerge dagli atti del procedimento (le cui lacune non possono essere colmate nemmeno dalla dichiarazione postuma presentata all’odierna udienza). 7a Alla luce delle considerazioni introduttive di questa motivazione è poi evidente, passando ad altro profilo dell’appello, che la violazione delle prescrizioni dettate dall’art. 21 co. 2 d.P.R. n. 445/2000 comporti, in base ai principi illustrati, la nullità delle sottoscrizioni inficiate dalle attestazioni viziate: e questo indipendentemente dalla circostanza che la modulistica impiegata potesse eventualmente non richiamare l’attenzione sull’adempimento in concreto omesso. 7b Non vale nemmeno opporre che non esisterebbe una specifica comminatoria legislativa a presidio della violazione accertata. Come questa Sezione ha già osservato - da ultimo - in occasione della già citata sentenza n. 282/2014, le firme sui modelli di accettazione della candidatura a cariche elettive e di presentazione delle liste devono essere autenticate nel rispetto, da intendersi previsto a pena di nullità, di tutte le formalità stabilite dall´art. 21, t.u. n. 445 del 2000, sicché la mancata indicazione delle dette modalità rende invalida la sottoscrizione dell’interessato. La nullità contemplata dall´art. 14, co. 3, l. n. 53 del 1990, d’altra parte, costituisce solo una nullità aggiuntiva a quelle ordinarie per inosservanza della forma dell´atto, e non già sostitutiva di quelle. 7c Né l’esistenza della nullità oggetto di causa potrebbe essere esclusa mediante il richiamo fatto dagli appellanti alle regole di interpretazione autentica dettate dall’art. 1, co. 2, del d.l. n. 29/2010, dal momento che quest’ultimo decreto non risulta essere stato convertito in legge.". «:::::::::GA:::::::::» Gazzetta Amministrativa -119- Numero 3 /4- 2015 Uso del Territorio: urbanistica, ambiente e paesaggio USO DEL TERRITORIO: URBANISTICA, AMBIENTE E PAESAGGIO NOTIZIE E AGGIORNAMENTI MISURAZIONE DELLA QUALITÀ DELL´ARIA: IN GAZZETTA UFFICIALE IL DECRETO SUI METODI DI VALUTAZIONE COMUNITARIO PER LO SCAMBIO DI QUOTE DI EMISSIONE DI GAS A EFFETTO SERRA: IN G.U. IL D.LGS. 2.7.2015, N. 111 È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 128 del 5.6.2015 il decreto 5.5.2015 del Ministero dell´Ambiente e della tutela del territorio e del mare recante "Metodi di valutazione delle stazioni di misurazione della qualita´ dell´aria di cui all´art. 6 del d.lgs. 13.8.2010, n. 155" (Decreto del Ministero dell'Ambiente in G.U. n. 128 del 5.6.2015). È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 168 del 22.7.2015 il d.lgs. n. 111 del 2.7.2015 recante “Disposizioni correttive ed integrative al d.lgs. 13.3.2013, n. 30, recante attuazione della direttiva 2009/29/ce che modifica la direttiva 2003/87/ce al fine di perfezionare ed estendere il sistema comunitario per lo scambio di quote di emissione di gas a effetto serra”. IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Visti gli artt. 76 e 87 della Cost.; Vista la l. 4.6.2010, n. 96, recante disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2009, e, in particolare, l’art. 1, co. 5; Visto il d.lgs. 13.3.2013, n. 30, recante attuazione della direttiva 2009/29/CE che modifi ca la direttiva 2003/87/CE al fi ne di perfezionare ed estendere il sistema comunitario per lo scambio di quote di emissione di gas a effetto serra; Visto il reg. (UE) n. 389/2013 della Commissione del 2.5.2013 che istituisce un registro dell’Unione conformemente alla direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, alle decisioni n. 280/2004/CE e n. 406/2009/CE del Parlamento europeo e del Consiglio che abroga i regolamenti (UE) n. 920/2010 e n. 1193/2011 della Commissione; Visto il reg. (UE) n. 1123/2013 della Commissione dell’8.11.2013 relativo alla determinazione dei diritti di utilizzo di crediti internazionali a norma della direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio; «::::::::: GA :::::::::» MODALITÀ DI RACCOLTA ED ELABORAZIONE DEI DATI PER L’APPLICAZIONE DEGLI INDICATORI PREVISTI DAL PIANO D’AZIONE NAZIONALE PER L’USO SOSTENIBILE DEI PRODOTTI FITOSANITARI: IN G.U. IL D.INTERM. 15.7.2015 È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 172 del 27.07.2015 il Decreto interministeriale recante “Modalità di raccolta ed elaborazione dei dati per l’applicazione degli indicatori previsti dal piano d’azione nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari” (D. interm. 15.07.2015 in G.U. n. 127 del 15.07.2015). «::::::::: GA :::::::::» DISPOSIZIONI CORRETTIVE ED INTEGRATIVE AL D.LGS. 13.3.2013, N. 30, RECANTE ATTUAZIONE DELLA DIR. 2009/29/CE CHE MODIFICA LA DIR. 2003/87/CE AL FINE DI PERFEZIONARE ED ESTENDERE IL SISTEMA Gazzetta Amministrativa -120- Numero 3/4 - 2015 Uso del Territorio: urbanistica, ambiente e paesaggio mento detto operatore non abbia prodotto emissioni attribuibili all’Italia, per cui non è più considerato ‘operatore aereo amministrato dall’Italià per il periodo di riferimento successivo; 3) l’operatore aereo, diverso da quello di cui ai numeri 1) e 2) e non in possesso di una licenza d’esercizio valida rilasciata da uno Stato Membro, le cui emissioni provenienti dalle attività di trasporto aereo, stimate per i primi due anni del periodo di riferimento precedente, siano per la maggior parte attribuibili all’Italia;”; c) dopo la lett. ff) sono inserite le seguenti: “ff - bis ) ‘anno di riferimento’: ai fi ni della defi nizione di cui alla lett. ff) , numero 2), per gli operatori aerei che hanno iniziato ad operare nella Comunità dopo il 1.1.2006, il primo anno civile di esercizio, in tutti gli altri casi l’anno civile che decorre dal 1.1. 2006: f -ter ) ‘periodo di riferimento’: ai fi ni della defi - nizione di cui alla lett. ff) , numeri 2) e 3), il periodo compreso tra il 1.1.2012 e il 31.12.2012, e ciascuno dei successivi periodi di otto anni a partire dal 1.1.2013;”. 2. All’art. 4 del d.lgs. 13.3.2013, n. 30, sono apportate le seguenti modifi cazioni: a) dopo il co. 1 è inserito il seguente: “1 -bis . Il Comitato di cui al co. 1 è composto da un Consiglio direttivo e da una Segreteria tecnica. Il Consiglio direttivo è l’organo deliberante del Comitato; per l’istruttoria delle attività di cui al presente articolo il Consiglio direttivo si avvale della Segreteria Tecnica.”; b) al co. 4, dopo la lett. o) è inserita la seguente: “o -bis ) redigere ed aggiornare annualmente una lista di operatori aerei amministrati dall’Italia, avvalendosi anche dell’elenco degli operatori aerei di cui all’art. 3, co. 1, lett. q) ;”; c) il co. 6 è soppresso; d) al co. 8: 1) dopo le parole: “da nove membri” sono inserite le seguenti: “di comprovata esperienza nei settori interessati dal presente decreto”; 2) dopo le parole: “tre nominati dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare” sono inserite le seguenti: “, compreso il presidente,”; 3) dopo le parole: “Ministro dello sviluppo economico”, sono inserite le seguenti: “, Visto il reg. (UE) n. 421/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16.4.2014 recante modi- fi ca della direttiva 2003/87/CE che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità, in vista dell’attuazione, entro il 2020, di un accordo internazionale che introduce una misura mondiale unica basata sul mercato da applicarsi alle emissioni del trasporto aereo internazionale; Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 27.3.2015; Acquisito il parere dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano reso nella seduta del 7.5.2015; Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 26.06.2015; Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale, della giustizia, dell’economia e delle fi nanze, dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti; EMANA il seguente d.lgs.: Art. 1. Modifiche al d.lgs. 13.3.2013, n. 30 1. All’art. 3, co. 1, del d.lgs. 13.3.2013, n. 30, sono apportate le seguenti modificazioni: a) alla lett. t) le parole: “detiene o gestisce” sono sostituite dalle seguenti: “gestisce o controlla”; b) la lett. ff) è sostituita dalla seguente: “ff) ‘operatore aereo amministrato dall’Italià: 1) l’operatore aereo in possesso di una licenza d’esercizio valida rilasciata dall’Ente nazionale per l’aviazione civile (ENAC); 2) l’operatore aereo, diverso da quello di cui al numero 1) e non in possesso di una licenza d’esercizio valida rilasciata da un altro Stato Membro, le cui emissioni provenienti dalle attività di trasporto aereo, stimate per l’anno di riferimento, siano per la maggior parte attribuibili all’Italia; viene fatto salvo il caso in cui nei primi due anni del periodo di riferiGazzetta Amministrativa -121- Numero 3/4 - 2015 Uso del Territorio: urbanistica, ambiente e paesaggio Ambito di applicazione 1. Le disposizioni del presente capo si applicano, salvo quanto previsto al co. 2, all’assegnazione e al rilascio di quote per le attività di trasporto aereo elencate all’all. I svolte da un operatore aereo amministrato dall’Italia, come defi nito all’art. 3, co. 1, lett. ff) . 2. Salva diversa disposizione, sono comunque escluse dall’ambito di applicazione del presente capo le attività di volo effettuate con aeromobili di cui all’art. 744, primo e quarto co. del c.nav.”. 4. All’art. 7 del d.lgs. 13.3.2013, n. 30, al co. 1, secondo e terzo periodo, le parole: “anno di riferimento”, sono sostituite dalle seguenti: “anno di controllo”. 5. All’art. 8 del d.lgs. 13.3.2013, n. 30, al co. 1, lettere a) e b) , e al co. 3, lett. c) , numeri 1), 2) e 3), le parole: “anno di riferimento” sono sostituite dalle seguenti: “anno di controllo”. 6. All’art. 19, co. 1, del d.lgs. 13.3.2013, n. 30, prima delle parole: “La messa all’asta” sono inserite le seguenti: “A decorrere dall’anno 2013,”. 7. All’art. 24 del d.lgs. 13.3.2013, n. 30, al co. 4, ultimo periodo, le parole: “tre mesi” sono sostituite dalle seguenti: “sei mesi”. 8. All’art. 25 del d.lgs. 13.3.2013, n. 30, al co. 3, le parole: “ha facoltà di comunicare al Comitato” sono sostituite dalle seguenti: “comunica al Comitato”. 9. All’art. 26 del d.lgs. 13.3.2013, n. 30, al co. 1 le parole: “comporta le seguenti conseguenze” sono sostituite dalle seguenti: “comporta una delle seguenti conseguenze”. 10. All’art. 29 del d.lgs. 13.3.2013, n. 30, il co. 3 è sostituito dal seguente: “3. Ai fi ni dell’adempimento dell’obbligo di restituzione per il periodo 2013-2020, i gestori degli impianti esistenti, degli impianti nuovi entranti e gli operatori aerei amministrati dall’Italia possono utilizzare crediti, CERs ed ERUs che rispettano i criteri qualitativi sanciti dall’art. 11 - bis , paragrafi da 2 a 4, della direttiva 2003/87/CE e fi no alla quantità stabilita con deliberazione del Comitato, sulla base di quanto stabilito dallo stesso art. 11 -bis e, in particolare, dalle misure adottate dalla Commissione europea ai sensi dello stesso articolo.”. compreso il vicepresidente,”; 4) è aggiunto, in fi ne, il seguente periodo: “I membri con funzioni consultive non hanno diritto di voto e non sono considerati ai fi ni del quorum costitutivo e deliberativo del Consiglio direttivo. I membri del Consiglio direttivo rimangono in carica quattro anni.”; e) il co. 9 è soppresso; f) al co. 10 le parole: “composta da ventitré membri” sono sostituite dalle seguenti: “composta da ventidue membri.”; g) dopo il co. 10 è inserito il seguente: “10 bis . I curricula dei membri del Consiglio direttivo di cui al co. 8 e della Segreteria tecnica di cui al co. 10 sono resi pubblici sul sito del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.”; h) al co. 11 è aggiunto, in fi ne, il seguente periodo: “Il regolamento disciplina in particolare le audizioni dei soggetti interessati, le forme di pubblicità delle convocazioni del Consiglio direttivo e della Segreteria tecnica, dei relativi ordini del giorno, degli atti e delle decisioni, nonché i lavori della Segreteria tecnica in gruppi istruttori.”; i) al co. 12 le parole: “Il Comitato di cui al co. 1” sono sostituite dalle seguenti: “Il Consiglio direttivo di cui al co. 8”; l) al co. 13 le parole: “Il Comitato di cui al co. 1” sono sostituite dalle seguenti: “La Segreteria tecnica, su indicazione del Consiglio direttivo”; m) al co. 15 le parole: “del predetto Comitato e” sono soppresse; n) dopo il co. 15 sono inseriti i seguenti: “15-bis. Agli eventuali compensi e rimborsi spese ai membri del Comitato si provvede a valere sui proventi delle aste ai sensi dell’art. 19, co. 6, lett. i) . 15-ter. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro dell’economia e delle fi nanze sono stabilite le modalità di corresponsione e di determinazione dei compensi e dei rimborsi spese per i componenti del Comitato e la relativa durata, in modo da garantire l’invarianza dei saldi di fi - nanza pubblica.”. 3. L’art. 5 del d.lgs. 13.3.2013, n. 30, è sostituito dal seguente: “Art. 5. Gazzetta Amministrativa -122- Numero 3/4 - 2015 Uso del Territorio: urbanistica, ambiente e paesaggio cui le informazioni di cui al co. 9, verifi cate ai sensi delle disposizioni di cui all’art. 22, co. 2, risultino incongruenti, il gestore dell’impianto è soggetto ad una sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 euro a 100.000 euro aumentata, per ciascuna quota indebitamente rilasciata, di una somma pari a tre volte il valore medio della quota di biossido di carbonio nel quadrimestre da gennaio ad aprile dell’anno in corso fi no ad un massimo di 100 euro per ciascuna quota. All’accertamento della violazione consegue, in ogni caso, l’obbligo per il gestore di trasferire nel conto unionale di cui all’art. 53, paragrafo 4, del reg. (CE) n. 389/2013 una quantità di quote di emissione pari alle quote indebitamente rilasciate. Resta ferma la sanzione di cui al co. 6 in caso di mancata ottemperanza dell’obbligo di restituzione delle quote.”; e) dopo il co. 10 sono inseriti i seguenti: “10 -bis . Salvo che il fatto costituisca reato, la violazione dell’art. 38, co. 4, è punita con una sanzione amministrativa pecuniaria da 1000 euro a 5000 euro, aumentata di 20 euro per ciascuna tonnellata di biossido di carbonio emessa in eccesso, ciascun anno, rispetto a quelle determinate con la metodologia, approvata dalla Commissione europea, di cui al co. 5 del medesimo art. 38. All’accertamento della violazione consegue, in ogni caso, l’obbligo di corrispondere il pagamento o la restituzione in EUA delle tonnellate di biossido emesse in eccesso. 10-ter . Salvo che il fatto costituisca reato, il gestore dell’impianto di ridotte dimensioni di cui all’art. 38 è soggetto ad una sanzione pecuniaria da 1000 euro a 5000 euro, qualora ometta di: a) inviare il Piano di monitoraggio entro 30 giorni dalla formale richiesta del Comitato; b) comunicare al Comitato il Piano di monitoraggio aggiornato entro 30 giorni dal verifi carsi di modifi che dell’identità del gestore, ampliamenti o riduzioni della capacità produttiva dell’impianto superiori al 20 per cento, modifi che alla natura e al funzionamento dell’impianto nonché modifi che signifi cative al sistema di monitoraggio da valutarsi conformemente ai principi di cui all’art. 15 del reg. (UE) n. 601/2012; c) inviare la comunicazione delle emissioni 11. All’art. 36 del d.lgs. 13.3.2013, n. 30, sono apportate le seguenti modifi cazioni: a) il co. 7 è sostituito dal seguente: “7. La sanzione di cui al co. 6 si applica anche alle quote di biossido di carbonio emesse e non monitorate in conseguenza di omissioni o false informazioni in applicazione dell’art. 16.”; b) il co. 8 è sostituito dal seguente: “8. Salvo che il fatto costituisca reato, il gestore dell’impianto munito di autorizzazione alle emissioni di gas ad effetto serra che non fornisce le informative e le comunicazioni ai sensi degli artt. 16, 24, co. 3, 25 e 26 è soggetto ad una sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 euro a 100.000 euro aumentata, per ciascuna quota indebitamente rilasciata, di una somma pari a tre volte il valore medio della quota di biossido di carbonio nel quadrimestre da gennaio ad aprile dell’anno in corso fi no ad un massimo di 100 euro per ciascuna quota. All’accertamento della violazione consegue, in ogni caso, l’obbligo per il gestore di trasferire nel conto unionale di cui all’art. 53, paragrafo 4, del reg. (CE) n. 389/2013 una quantità di quote di emissione pari alle quote indebitamente rilasciate. Resta ferma la sanzione di cui al co. 6 in caso di mancata ottemperanza dell’obbligo di restituzione delle quote.”; c) il co. 9 è sostituito dal seguente: “9. Salvo che il fatto costituisca reato, nel caso in cui le informazioni di cui all’art. 7 delle misure comunitarie per l’assegnazione risultino false o non veritiere il gestore dell’impianto è soggetto ad una sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 euro a 100.000 euro aumentata, per ciascuna quota indebitamente rilasciata, di una somma pari a tre volte il valore medio della quota di biossido di carbonio nel quadrimestre da gennaio ad aprile dell’anno in corso fi no ad un massimo di 100 euro per ciascuna quota. All’accertamento della violazione consegue, in ogni caso, l’obbligo per il gestore di trasferire nel conto unionale di cui all’art. 53, paragrafo 4, del reg. (CE) n. 389/2013 una quantità di quote di emissione pari alle quote indebitamente rilasciate. Resta ferma la sanzione di cui al co. 6 in caso di mancata ottemperanza dell’obbligo di restituzione delle quote.”; d) il co. 10 è sostituito dal seguente: “10. Salvo che il fatto costituisca reato, nel caso in Gazzetta Amministrativa -123- Numero 3/4 - 2015 Uso del Territorio: urbanistica, ambiente e paesaggio di gas a effetto serra entro il 30 aprile di ciascun anno.”; f) dopo il co. 13 è aggiunto il seguente: “13 bis . Gli operatori aerei, soggetti alla disciplina di cui al presente d.lgs., eleggono domicilio nel territorio della Repubblica italiana, anche ai fi ni dell’individuazione della competenza territoriale di cui al co. 12.”. 12. All’art. 38 del d.lgs. 13.03.2013, n. 30, sono apportate le seguenti modifi cazioni: a) al co. 1, lett. c) , sono aggiunte, in fi ne, le seguenti parole: “che applicano le misure di cui ai commi 3 e 4.”; b) il co. 2 è sostituito dal seguente: “2. Gli impianti di cui al co. 1, lettere a) e b) , esclusi ai sensi del medesimo co. che, in uno degli anni del periodo 2013-2020, emettono più di 25000 tCO 2eq. rientrano nel sistema comunitario per lo scambio delle quote di emissione di gas ad effetto serra di cui alla direttiva 2003/87/ CE e non possono essere oggetto di ulteriore esclusione. La verifi ca è fatta sulla base della comunicazione annuale delle emissioni di cui al co. 6, lett. a) .”; c) dopo il co. 2 è inserito il seguente: “2 -bis ). Allorché un impianto rientra nuovamente nel sistema comunitario per lo scambio delle quote di emissione di gas a effetto serra, le quote assegnate a norma dell’art. 21 sono rilasciate a decorrere dall’anno del rientro.”; d) al co. 4, secondo periodo, dopo le parole: “su base biennale” sono inserite le seguenti: “a partire dal 30.06.2015”; 13. Al co. 2 dell’art. 41 del d.lgs. 13.3.2013, n. 30, dopo le parole: “I costi delle attività di cui”, sono inserite le seguenti: “all’art. 4, co. 4, lett. o -bis ),”. 14. All’All. I “Categorie di attività relative alle emissioni di gas serra rientranti nel campo di applicazione del presente decreto” sono apportate le seguenti modifi cazioni: a) prima del punto 1 è inserito il seguente: “01. Gli impianti o le parti di impianti utilizzati per la ricerca, lo sviluppo e la sperimentazione di nuovi prodotti e processi e gli impianti che utilizzano esclusivamente biomassa non rientrano nel presente decreto.”; b) il punto 3 è sostituito dal seguente: “3. Se una unità serve per un’attività per la quale la soglia non è espressa come potenza termica nominale totale, la soglia espressa come capacità di produzione di tale attività è prioritaria per la decisione in merito all’inclusione nel campo di applicazione del presente decreto.”. Art. 2. Disposizioni finanziarie 1. Dall’attuazione del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della fi nanza pubblica. Le amministrazioni ed i soggetti pubblici interessati provvedono agli adempimenti previsti dal presente decreto con le risorse umane, strumentali e fi nanziarie disponibili a legislazione vigente. Art. 3. Entrata in vigore 1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta uffi ciale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare (D.lgs. 2.7.2015, n. 111 in Gazzetta Ufficiale n. 168 del 22.7.2015). «::::::::: GA :::::::::» Gazzetta Amministrativa -124- Numero 3/4 - 2015 procedimento amministrativo - riforme istituzionali REDAZIONALI LA V.I.A. E L’AUTORIZZAZIONE PAESAGGISTICA IN TEMA DI IMPIANTI DA FONTI RINNOVABILI: DUE NORME A CONFRONTO, ALLA LUCE DEL RECENTE INTERVENTO DEL TAR PUGLIA della Dott.ssa Francesca Romana Marcacci Balestrazzi In tema di “autorizzazione unica” agli impianti da fonti rinnovabili (ex art. 12, d.lgs. n. 387/2003), il via libera alla Valutazione di impatto ambientale (Via) non comprende l’autorizzazione paesaggistica: quest’ultima - salvo leggi regionali di coordinamento - è sempre atto autonomo a tutela dei beni culturali. On the subject of "single authorization" for renewable energy installations (art. 12, d.lgs. n. 387/2003), the green light to the environmental impact assessment (EIA) does not include the landscape authorization: unless all federal coordination, is always act independently to protect cultural heritage. Sommario: 1. Brevi cenni sulla V.I.A.. 2. Brevi cenni sull’autorizzazione paesaggistica. 3. Un ibrido: l’autorizzazione unica agli impianti da fonti rinnovabili ex art. 12, d.lgs. n. 387/2003. 4. Zone vincolate e impianti per fonti rinnovabili. 5. Impianti da fonti rinnovabili e tutela del paesaggio: le oscillazioni della giurisprudenza amministrativa. 6. Intervento chiarificatore del giudice amministrativo in tema di autorizzazione unica agli impianti da fonte rinnovabile. rantire l'uso plurimo delle risorse1. I concetti fondamentali alla base della procedura di VIA (già definiti nella Direttiva 85/337/CEEdel Consiglio delle Comunità europee del 27.6.1985) sono: la prevenzione (analisi di tutti i possibili impatti derivati dalla realizzazione dell’opera/progetto, al fine non solo di salvaguardare ma anche di migliorare la qualità dell’ambiente e della vita); l’integrazione (analisi di tutte le componenti ambientali e delle interazioni fra i diversi effetti possibili (effetti cumulativi); il confronto 1.Brevi cenni sulla V.I.A. (Valutazione di impatto ambientale). La Valutazione di Impatto Ambientale è una procedura tecnico-amministrativa che ha lo scopo di individuare, descrivere e valutare, in via preventiva alla realizzazione delle opere, gli effetti sull'ambiente bio-geofisico, sulla salute e benessere umano di determinati progetti pubblici o privati, nonché di identificare le misure atte a prevenire, eliminare o rendere minimi gli impatti negativi sull’ambiente, prima che questi si verifichino effettivamente. L'attuazione della procedura di V.I.A. mira dunque a proteggere e migliorare la qualità della vita, mantenere integra la capacità riproduttiva degli ecosistemi e delle risorse, salvaguardare la molteplicità delle specie, promuovere l'uso di risorse rinnovabili, ga- Gazzetta Amministrativa 1 Cfr. L. Costato, F. Pellizzer, Commentario breve al Codice dell'ambiente, 2007; E. Boscolo, La valutazione degli effetti sull'ambiente di piani e programmi: dalla VIA alla VAS, in Urb. e Appalti, 10/2002; L. De Vito, La Direttiva 2001/41/CE concernente gli effetti di determinati Piani e Programmi sull'Ambiente. Analisi dello stato di attuazione e dell'approccio metodologico, in Amministrazione in cammino. -125- Numero 3/4 - 2015 Uso del Territorio: urbanistica, ambiente e paesaggio (dialogo e riscontro tra chi progetta e chi autorizza nelle fasi di raccolta, analisi ed impiego di dati scientifici e tecnici); la partecipazione (apertura del processo di valutazione all’attivo contributo dei cittadini in un’ottica di maggiore trasparenza2. La valutazione d'impatto ambientale riguarda i progetti che possono avere impatti significativi e negativi sull'ambiente e sul patrimonio culturale (d.lgs. 152/2006, art. 6, co. 5). Per quanto riguarda il suo ambito di applicazione, la procedura di VIA nazionale, di competenza del Ministero dell'Ambiente, si applica ai progetti di opere dei quali all'art. 7, co. 3 e all'all. II del d.lgs.. 152/063. Sono sottoposti a VIA secondo le disposizioni delle leggi regionali, i progetti di cui all'all. III (assoggettati a procedura di VIA regionale) e all'all. IV (progetti da sottoporre obbligatoriamente a procedura di verifica per l'assoggettamento a VIA - screening) del d.lgs. 152/06. Nel caso di ubicazione, anche parziale, dei progetti elencati nei suddetti allegati in area naturale protetta (ex L. 394/91 - Legge quadro sulle aree protette) è prevista: la riduzione del 50% delle soglie dimensionali, ove previste, per i progetti di cui agli Allegati III e IV del nuovo d.lgs.; l'assoggettamento alla procedura di VIA regionale per i progetti delle sole opere/interventi di nuova realizzazione di cui all'All. IV. può essere rilasciato il permesso di costruire ed è sospesa l'efficacia della denuncia di inizio attività4. Nel procedimento di rilascio dell'autorizzazione paesaggistica è prevista inoltre l'acquisizione del parere della Commissione edilizia ambientale. L'Autorizzazione Paesaggistica, in ottemperanza a quanto stabilito dall’art. 4 co. 11 del d.P.R. del 9.7.2010, n. 139 ed ai sensi del d.P.R. 160/2010 – d.p.r.a 7.9.2010, n. 160 è immediatamente efficace dalla data del suo rilascio5. L'Autorizzazione Paesaggistica è valida per 5 anni dalla data di rilascio. Decorso questo termine, se i lavori non sono stati eseguiti, deve essere richiesta una nuova autorizzazione. Fino al 31.12.2009, l’autorizzazione paesaggistica era emanata dal Comune (delegato dalla Regione), previa valutazione della compatibilità dell’intervento; la valutazione veniva inviata alla Soprintendenza che, entro 60 giorni, poteva eventualmente annullarla per vizi di legittimità degli atti. Si ricorda, inoltre, che il parere della Soprintendenza è obbligatorio ma non vincolante solo nel caso in cui le Regioni abbiano approvato un piano paesaggistico. Finora meno di 10 Regioni hanno firmato con il Ministero dei Beni culturali un’intesa per redigere le norme di tutela del paesaggio. Si nota come il legislatore, con l’intervento del decreto sblocca Italia (d.l. 12.9.2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla l. 11.11.2014, n. 164), abbia introdotto rilevanti novità anche all’interno del Codice dei beni culturali e del paesaggio. In particolare l’art. 25 del d.l. 12.9.2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla l. 11.11.2014, n. 164, modifica il co. 9, dell’art. 146, del citato d.lgs. n. 42 del 2004, eliminando il ricorso alla conferenza di servizi, qualora il soprintendente abbia reso il prescritto parere e, in sostituzione, prescrive che 2.Brevi cenni sull’autorizzazione paesaggistica. Si tratta di un provvedimento che viene emesso a seguito della presentazione di apposita domanda, secondo il procedimento previsto dall'art. 146 del d.lgs. 42/2004 in vigore dal 1.01.2010. Sino alla conclusione del procedimento di rilascio dell'autorizzazione paesaggistica non 2 Sul punto si veda T. Bellei, VIA e strumenti di pianificazione del territorio nel TUA prima e dopo il d.lgs. n. 4/2008, in Ambiente&Sviluppo, 2/2009, 134. 3 V. F. Bregant, L. Butti, M. Franco et al., La normativa italiana sui rifiuti, Milano, 1999. Se l'autorizzazione all'impianto è stata data senza la VIA, occorre che la VIA sia espletata in sede di rinnovo dell'autorizzazione: Cons. Stato, Sez. IV, 31.8.2004, n. 5715, in www.giustizia-amministrativa.it. Gazzetta Amministrativa 4 G.F. Cartei, L’autorizzazione paesaggistica nel codice dei beni culturali, in Giorn. Dir. Amm., 2004, p.127. 5 Cfr. M. Immordino, Vincolo paesaggistico e regime dei beni, Padova, 1991; W. Cortese, I beni culturali e ambientali, profili normativi, Padova, 1999. -126- Numero 3 /4- 2015 Uso del Territorio: urbanistica, ambiente e paesaggio decorsi inutilmente sessanta giorni dalla ricezione degli atti da parte del soprintendente senza che questi abbia reso il prescritto parere, l’amministrazione competente provvede comunque sulla domanda di autorizzazione6. Nello Sblocca Italia le procedure per l’autorizzazione paesaggistica prevedono che la realizzazione di interventi nelle aree sottoposte a tutela del paesaggio è subordinata alla preventiva acquisizione di specifica autorizzazione paesaggistica da parte delle autorità competenti al suo rilascio. Per il rilascio del permesso di costruire, lo sportello unico per l’edilizia, ai sensi dell’art. 5, co. 3, d.P.R. n. 380 del 2001, come sostituito dall’art. 13, co. 2, lett. a), punto 2, l. 7.8.2012, n. 134, acquisisce direttamente o mediante conferenza di servizi, il parere dell’autorità competente in materia beni culturali e del paesaggio. L’esecuzione di interventi sui beni soggetti a tutela è subordinata alla preventiva acquisizione di specifica autorizzazione paesaggistica, rilasciata dall’autorità competente, nelle forme e procedure previste dal d.lgs. 22.1.2004, n. 42, nel testo vigente. Secondo le indicazioni dello Sblocca Italia, l’amministrazione competente esamina la domanda di autorizzazione, verifica la conformità dell’intervento alle prescrizioni contenute nei provvedimenti di dichiarazione di interesse pubblico e nei piani paesaggistici. Decorsi inutilmente sessanta giorni dalla ricezione degli atti da parte del soprintendente senza che questi abbia reso il prescritto parere, l’amministrazione competente provvede comunque sulla domanda di autorizzazione. L’autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio. Fuori dai casi previsti, l’autorizzazione non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi. L’autorizzazione paesaggistica è efficace per un periodo di cinque anni, scaduto il quale l’esecuzione dei progettati lavori deve es- sere sottoposta a nuova autorizzazione7. I lavori iniziati nel corso del quinquennio di efficacia dell’autorizzazione paesaggistica possono essere conclusi entro, e non oltre, l’anno successivo la scadenza del quinquennio medesimo. Infine, secondo le novità dello Sblocca Italia, il termine di efficacia dell’autorizzazione decorre dal giorno in cui acquista efficacia il titolo edilizio eventualmente necessario per la realizzazione dell’intervento, a meno che il ritardo in ordine al rilascio e alla conseguente efficacia di quest’ultimo non sia dipeso da circostanze imputabili all’interessato. 6 7 3.Un ibrido: l’autorizzazione unica agli impianti da fonti rinnovabili ex art. 12, d.lgs. n. 387/2003. La Direttiva europea 2009/28/CE, al fine di favorire lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili, ha richiesto agli Stati Membri di far sì che le procedure autorizzative siano proporzionate e necessarie, nonché semplificate e accelerate al livello amministrativo adeguato. La recente approvazione delle Linee Guida nazionali per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili e del d.lgs. 28/2011 di recepimento della Direttiva europea 28, nel rispondere a tale intento, ha ridefinito l'intero quadro delle autorizzazioni per gli impianti a fonti rinnovabili in Italia. Le Linee Guida approvate con il d.m. 10.9.2010, pur nel rispetto delle autonomie e delle competenze delle amministrazioni locali, sono state emanate allo scopo di armonizzare gli iter procedurali regionali per l'autorizzazione degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti energetiche rinnovabili (FER). Il d.lgs. 28 del 3.3.2011 ha introdotto misure di semplificazione e razionalizzazione dei procedimenti amministrativi per la realizzazione degli impianti a fonti rinnovabili, sia per la produzione di energia elettrica che per la produzione di energia termica. Tra gli iter procedurali previsti dalla normativa vigente per la realizzazione di impianti alimentati a fonti rinnovabili vi è, appunto, G. C. MENGOLI, Manuale di diritto urbanistico, Giuffré, Milano, 2009, p. 554. Gazzetta Amministrativa M. G. MAZZA, Il procedimento edilizio: gestione, legittimità e responsabilità, Halley, 2004, p. 64. -127- Numero 3/4 - 2015 Uso del Territorio: urbanistica, ambiente e paesaggio rere alle energie rinnovabili anche nelle cosiddette zone vincolate8. La Sopraintendenza, per negare l’installazione di un impianto fotovoltaico, deve motivarne l’incompatibilità con il paesaggio e questo non sempre è così facile. la c.d. autorizzazione unica. L’autorizzazione Unica (AU) è un provvedimento introdotto dall'art. 12 del d.lgs. n. 387/2003 per l'autorizzazione di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da FER, al di sopra di prefissate soglie di potenza. L'AU, rilasciata al termine di un procedimento unico svolto nell'ambito della Conferenza dei Servizi alla quale partecipano tutte le amministrazioni interessate, costituisce titolo a costruire e a esercire l'impianto e, ove necessario, diventa variante allo strumento urbanistico. Il procedimento unico ha durata massima pari a 90 giorni al netto dei tempi previsti per la procedura di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA), laddove necessaria. La competenza per il rilascio dell'Autorizzazione Unica è in capo alle Regioni o alle Province da esse delegate. 5.Impianti da fonti rinnovabili e tutela del paesaggio: le oscillazioni della giurisprudenza amministrativa. Assai numerose sono le pronunce della giurisprudenza amministrativa relative a dinieghi opposti alla realizzazione di impianti da fonti rinnovabili, motivati sulla base di esigenze di tutela del paesaggio. Nell’ottica di una sua tutela estensiva, si ripota come esempio il fatto che è stato recentemente affermato, ai sensi dell’art. 152 del Codice dei beni culturali ed ambientali, come la Regione può legittimamente negare, su parere contrario della Soprintendenza, l’autorizzazione per la costruzione di aerogeneratori ricadenti in zona non sottoposta a vincolo paesaggistico, ma contermine ad una porzione di territorio inserita, per la sua valenza naturalistica, nell’elenco dei siti d’importanza comunitaria (SIC), ai sensi della direttiva 1992/43/CEE per la conservazione degli habitat naturali9. I maggiori contrasti si sono tuttavia registrati in ordine al contemperamento tra tutela paesaggistica e sviluppo delle energie rinnovabili. Sul punto, possono individuarsi due tesi contrapposte: secondo un primo orientamento, il bene-paesaggio non può legittimamente ricevere tutela assoluta e mono settoriale a discapito di altri beni-valori costituzionalmente rilevanti: ciò contrasterebbe con i principi di uno Stato sociale pluralista e con gli obblighi provenienti dal diritto internazionale pattizio; toccherebbe, in tal caso, al giudice amministrativo esercitare un sindacato “forte” sul cattivo uso della discrezionalità tecnica ed amministrativa da parte delle Soprintendenze; queste ultime non potrebbero circoscrivere la propria istruttoria al limitato profilo della bellezza dei luoghi, ma dovrebbero opportunamente farsi carico, già in sede 4.Zone vincolate e impianti per fonti rinnovabili Nel nostro paese sono molte le cosiddette zone vincolate dove per qualsiasi intervento edile bisogna sottostare a severe regole, anche se si tratta di trasformazioni come l’installazione di un impianto fotovoltaico. In questo contesto si parla spesso di integrazione architettonica del fotovoltaico con specifiche tecnologie in grado di non “sconvolgere” il paesaggio. Quando si desidera installare un impianto fotovoltaico su un edificio posto in una zona vincolata da un punto di vista paesaggistico, ambientale o storico artistico, per procedere all’impianto non bisogna limitarsi alla segnalazione presso gli uffici del comune ma bisogna ottenere il nulla osta preventivo dalla rispettiva Soprintendenza competente. Tale aspetto normativo genera molte difficoltà attuative, tanto che in molti contesti risulta difficile far conciliare la necessità di ricorrere all’energia pulita con quella di preservare i bene paesistici in quanto ci si ritrova spesso di fronte alla negazione del nulla osta da parte della Soprintendenza. Nel settembre del 2013 è stato depositato un caso storico grazie al quale è possibile rafforzare il diritto di aziende e cittadini a ricorGazzetta Amministrativa 8 Tar del Veneto (Sez. II) n. 1104/2013. In questo senso Cons. Giust. Amm. Sicilia, sent. 22.4.2009 n. 300. 9 -128- Numero 3 /4- 2015 Uso del Territorio: urbanistica, ambiente e paesaggio di esame del nulla-osta paesaggistico, della ponderazione tra i diversi interessi che vengono in conflitto10. In senso contrario, altra parte della giurisprudenza ha escluso che l’Amministrazione preposta alla tutela del paesaggio abbia l’onere di suggerire prescrizioni e modifiche al progetto, ha affermato che nessuna norma o principio riconosce come prevalente l’esigenza energetica rispetto alla tutela ambientale, che la necessità di favorire ed incentivare l’energia pulita, attraverso il rilascio delle autorizzazioni, soggiace ad apposite valutazioni della P.A., sia in ordine alla quantità dell’energia da produrre con impianti eolici, sia in ordine alla compatibilità ambientale dei singoli interventi e che, in definitiva, il contemperamento tra interessi di pari dignità costituzionale è rimesso alla discrezionalità della P.A., che non può essere sindacata sotto il profilo della violazione del principio di proporzionalità11. In ultimo, anche il giudice d’appello siciliano ha disatteso la ricostruzione prospettata dal giudice di primo grado, affermando in termini netti che non rientra nelle competenze della Soprintendenza, al di là di una attenta comparazione dei valori paesaggistici (rispetto agli interventi progettati), sacrificare il detto interesse per perseguirne altri non affidati alle sue cure (nella specie, lo sviluppo delle fonti energetiche alternative e più in generale lo sviluppo economico della zona), in quanto un tale risultato può semmai essere il frutto di procedure aperte al contributo di tutti gli organi interessati alla vicenda, attraverso la conferenza di servizi prevista dall’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 200312. 6.Intervento chiarificatore del giudice amministrativo in tema di autorizzazione unica agli impianti da fonte rinnovabile. Molti dubbi sono sorti circa il valore di una Via positiva ai progetti a fonte rinnovabile. La tesi dominante sosteneva, tramite un interpretazione estensiva della norma del Codice dei beni culturali, che la via potesse includere in automatico il “sì” paesaggistico dato che la stessa, in base al Codice dell’ambiente (art. 26), «sostituisce o coordina tutte le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, nulla osta e assensi comunque denominati in materia ambientale». Quindi, secondo tale orientamento, la norma sarebbe chiara nel disporre che il provvedimento di valutazione di impatto ambientale “assorbe” in sé qualsivoglia autorizzazione in materia ambientale, e, dunque, anche l’autorizzazione paesaggistica. All’uopo giova riportare il recente intervento giurisprudenziale del TAR Puglia13 che si è espresso in maniera del tutto innovativa sul tema. Infatti, ribadendo come proprio in ragione del carattere di specialità della disciplina posta dall’art. 146 d.lgs. n. 42/2004, il Collegio pugliese ha ritenuto che alcuna deroga può esser implicitamente ed automaticamente apportata dalla normativa in tema di V.I.A. di cui al d.lgs. 3.4.2006 n. 152 (Codice dell’Ambiente). Secondo il TAR il provvedimento di V.I.A., ove previsto, non elimina sic et simpliciter la necessità di conseguire l’autorizzazione paesaggistica, non potendo questa ritenersi automaticamente assorbita nel provvedimento di V.I.A., occorrendo piuttosto una previsione attuativa in grado di attiva- 10 Si vedano TAR Sicilia, Palermo, sez. II, sent. 4.02.2005 n. 150; Id., sent. 4.5.2007 n. 1252. Conforme Cons. Stato, sez. VI, sent. 9.03.2005 n. 971. La tesi è stata ripresa e sviluppata, in dottrina, da G. TULUMELLO, L’energia eolica: problemi e prospettive, relazione al XII Convegno di diritto amministrativo organizzato a Lecce, dal 2527.10.2007, dalla Associazione dei Giudici amministrativi tedeschi, italiani e francesi, in www.giustamm.it. 11 Così TAR Sardegna, sez. II, sent. 3.10.2006 n. 2083; in senso analogo, di recente, TAR Toscana, sez. II, sent. 14.10.2009 n. 1536. 12 Cons. Giust. Amm. Sicilia, sent. 3.8.2007 n. 711, ove si afferma che, in forza dell’art. 146 del Codice dei Gazzetta Amministrativa beni culturali e del paesaggio, la Soprintendenza (…) non è tenuta a sacrificare il pubblico interesse affidatole per valutazioni estranee alla sua sfera di competenza, e che la valenza degli impianti eolici sotto il profilo della salute e dello sviluppo economico può ritenersi implicita in relazione alla caratteristiche degli impianti medesimi, ma non può sottrarre dette strutture dalla valutazione, sorretta da adeguata istruttoria, delle incidenze sugli interessi primari sottostanti alla autorizzazione paesaggistica (con il richiamo di Cons. Stato, Ad. plen., sent. 14.12.2001 n. 9). 13 TAR Puglia, sez. Bari, n. 1204 del 6.8.2015. -129- Numero 3/4 - 2015 Uso del Territorio: urbanistica, ambiente e paesaggio re meccanismi di coordinamento e semplificazione strutturale, nell’ottica di unificazione di procedimenti caratterizzati da un’intrinseca connessione funzionale; coordinamento peraltro auspicabile in concreto in omaggio a principi di semplificazione procedimentale. Va infatti ricordato che proprio in ragione dell’ampia formulazione dell’art. 26, co. 4, Codice dell’Ambiente, la valutazione di impatto ambientale risulta, in potenza, idonea ad includere in sé la valutazione di tutti i possibili effetti dell’intervento sull’ambiente, nell’accezione consolidata comprensiva anche della componente paesaggistica. Dunque, è ben possibile che a livello di legislazione regionale si dia attuazione a quanto prescritto dal citato art. 26, co. 4, realizzando forme di “coordinamento” per mezzo della V.I.A. di tutte le autorizzazioni in materia ambientale (fra le quali vi è anche l’autorizzazione paesaggistica). In tale caso, infatti, piuttosto che derogare alla previsione dell’autorizzazione paesaggistica, si consente che il provvedimento di VIA “comprenda” l’autorizzazione paesaggistica, in una prospettiva di semplificazione amministrativa, lasciando sostanzialmente inalterato il livello uniforme di protezione ambientale previsto dal Codice del Paesaggio14. Dunque, secondo il Collegio pugliese, per tutelare il paesaggio “è la legge (d.lgs. n. 42/2004, Codice dei beni culturali) a imporre l’attivazione di una speciale procedura, che si pone quale istituto di protezione ambientale posto a presidio dei valori di primario e indiscusso rilievo costituzionale e confluente nell’autorizzazione paesaggistica, atto autonomo e presupposto rispetto a tutti i titoli legittimanti l’intervento in quanto diretto a verificarne la compatibilità con riferimento a beni paesaggistici oggetto di specifica e motivata tutela”. In conclusione i giudici amministrativi hanno affermato che, in tali circostanze, il via libera alla Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) non comprende l’autorizzazione paesaggistica. Quest’ultima autorizzazione, salvo leggi regionali di coordinamento, si configura sempre come atto autonomo a tutela dei beni culturali. La VIA, insomma, non eliminerebbe “sic et simpliciter” la necessità di conseguire l’autorizzazione paesaggistica. 14 Sulla possibilità che tale coordinamento sia realizzato a livello di legislazione regionale cfr. Corte Cost. 22.5.2013, n. 93. Gazzetta Amministrativa -130- Numero 3 /4- 2015 Uso del Territorio: urbanistica, ambiente e paesaggio LA LEGITTIMITÀ E LA LEGITTIMAZIONE DELLE VERANDE NELLA LEGGE DEL 11.8.2010, N.21 E S.M.I.. LEGGE CD. ‘PIANO CASA CALABRIA’ dell’Avv. Francesca Cosentino Le amministrazioni locali disconoscono, con una certa frequenza, in capo ai cittadini il dirittopotere di ampliare l’abitazione con la realizzazione di uno spazio esterno (su terrazzo, balcone o giardino) comunemente denominato veranda, costituito in parte da struttura portante e in parte da vetrate. In alcune Regioni, la legge a dichiarati fini di politica economica afferma, però, il diritto all’ampliamento dell’abitazione preesistente sino al limite del 20 per cento della superficie lorda. Questo studio vuole evidenziare la possibilità di trovare nella legge regionale in epigrafe il valido fondamento di legittimità e di legittimazione delle verande ‘abusive’, con particolare riferimento a quelle localizzate in zona sottoposta a vincolo sismico e/o paesaggistico; in modo da chiarire l’annoso dubbio: la realizzazione di verande in Calabria va considerata un fenomeno di irrimediabile abusivismo oppure un fenomeno legittimo e meritevole di sanatoria? Local governments have refused to recognize, with some frequency, the right and the power of citizens of expand the residence by building an outdoor space (on the terrace, balcony or garden), commonly called veranda, formed in part by the supporting structure and in part by windows. In some regions, the law for declared purposes of economic policy, however, affirms the right of widening the existing residence up to the limit of 20 percent of gross area. This study aims to highlight the possibility of finding in the regional law in the epigraph the valid basis of legality and of legitimacy of the verandas abusive, with particular reference to those located in an area subject to constraint seismic and/or landscaping; in order to clarify the question longstanding: the construction of verandas in Calabria is considered a phenomenon illegal irremediable or a phenomenon legitimate and deserving of amnesty? Sommario: 1.Premessa. 2. Approfondimento tematico. La legge regionale 11.8.2010, n.21 e s.m.i., art.4. Interventi straordinari di ampliamento. Chiusura di verande. 3. Chiusura di verande in zona soggetta a vincolo sismico/paesaggistico. Autorizzazione sismica. Autorizzazione paesaggistica. 4. Conclusioni. 5. Appendice: Il criterio fondamentale per verificare una lesione al vincolo paesaggistico. 1.Premessa. La veranda ‘abusiva’ rappresenta vecchio oggetto di discussione nelle aule di ogni tribunale d’Italia dove, al fine di legittimare il fenomeno, i vari magistrati hanno teorizzato criteri eterogenei, tra cui: il criterio dell’amovibilità per il quale ”la veranda poggiata e non ancorata al pavimento e priva di tamponature verticali” è legittima senza necessità del permesso di costruire1; il criterio perimetrale secondo il quale “nel caso in cui la veranda insista esattamente nell'area del balcone, senza debordare dal suo perimetro”2 è legittima perché non può della superficie coperta, né la creazione o modificazione di un organismo edilizio, né l’alterazione del prospetto o della sagoma dell’edificio cui è connessa (…).La stessa deve, invece, qualificarsi alla stregua di arredo esterno, di riparo e protezione, funzionale alla migliore fruizione temporanea dello spazio esterno all’appartamento cui accede” 2 In tal senso, Cass.,VI, ord. 27.3.2014, n. 7269; Cass., II, 2.10.2000, n.13012; Cass., II, 7.8.2007, n.17317; 1 In tal senso, CdS, VI, 11.4.2014, n.1777: tale tipo di veranda “non configura né un aumento del volume e Gazzetta Amministrativa -131- Numero 3/4 - 2015 Uso del Territorio: urbanistica, ambiente e paesaggio oggettivamente ledere il diritto di veduta del vicino; il criterio del recupero del patrimonio edilizio, per cui “la veranda che realizzi un intervento straordinario diretto al recupero del patrimonio edilizio già esistente”3 è legittima perché rispondente ad interessi superiori. L’eterno dilemma è costituito dalla giusta identificazione del discrimen utile alla legittimazione urbanistica della veranda - un regolamento condominale contrario sarebbe un limite insuperabile a tale legittimazione - 4 e alla non compromissione dei diritti dei terzi.5 L’identificazione di tale discrimen nella regione calabra si è rivelata, in passato, oltre misura difficile nel caso in cui la zona - dove insisteva o si voleva realizzare la veranda fosse sottoposta a vincolo sismico e/o paesaggistico. Inducendo gli enti locali, per un senso di forte ancoraggio ad una lettura normativa acritica e non priva di limiti, a negare tout court il titolo abilitativo in nome di un malinteso dovere alla tutela sismica e paesaggistica. Sovviene al riguardo la legge in epigrafe, l. reg. n.21/10 e s.m.i., cd. Piano Casa Calabria, che consente di chiarire ogni dubbio anche sulla reale portata del limite afferente la delineata tutela. Ciò, in base ad una ragionata e contestualizzata ricostruzione della citata legge e, in fondo, sempre in perfetta coerenza alla sua ratio (art.1,co. 1): il rilancio dell'economia mediante il sostegno all'attività edilizia e il migliora- mento della qualità architettonica, strutturale, energetica ed ambientale del patrimonio edilizio esistente, in coerenza con i principi e le finalità della legge regionale urbanistica e s.m.i. (l. reg. 16.4.2002, n. 19), nonché con le norme di tutela del patrimonio ambientale, culturale e paesaggistico della Regione e di difesa del suolo, di prevenzione del rischio sismico, di accessibilità e sicurezza degli edifici. Esigenze così fortemente avvertite da persuadere il legislatore a prorogare - con la l. reg. 13.1.2015, n.4 - la normativa de qua sino al 31.12.2016. Cass.,II, 16.3.1993, n. 3109, per il cui orientamento “il condomino che abbia trasformato il proprio balcone in veranda elevandola sino alla soglia del balcone sovrastante, non e’ soggetto, rispetto a questa, all’osservanza delle distanze prescritte dall’articolo 907 c.c., nel caso in cui la veranda insista esattamente nell’area del balcone, senza debordare dal suo perimetro, in modo da non limitare la veduta in avanti e appiombo del proprietario del balcone sovrastante.” 3 In tal senso,Cass. Pen., III, 28.5.1983, n.4988; Cass. Pen.,III,15.6.1983, n. 5693, declaranti la riconducibilità delle verande nella tipologia di interventi elencati nell'art. 31, lett. b, l. 5.8.1978, n. 457. 4 Invero, essendo il regolamento condominiale di origine e di natura contrattuale può tutelare il decoro architettonico fino a vietare la possibilità di realizzare la veranda o, comunque, fino a fissare ulteriori e diverse limitazioni rispetto alla normativa ediliziourbanistica. In tal senso, Cass., II, 23.5.2012, n.8174, “un regolamento di condominio contrattuale (…) ove abbia ad oggetto la conservazione dell'originaria facies architettonica dell'edificio, comprimendo il diritto di proprietà dei condomini mediante il divieto di qualsiasi opera modificativa, persino migliorativa, appresta in tal modo una tutela pattizia ben più intensa e rigorosa di quella apprestata al mero "decoro architettonico" dall'art. 1120 c.c., co. 2, art. 1127 c.c., co. 3 e art. 1138 c.c., co. 1; con la conseguenza che, in presenza di opere esterne, la loro realizzazione integra di per sé una vietata modificazione dell'originario assetto architettonico dell'edificio (Cass. 14.1.1993 n. 395; Cass. 12.12.1986 n. 7398)” 5 Il diritto alla salute, alle luci e vedute, all’affaccio, alla distanza, alla sicurezza statica, al decoro dell’edificio, al rispetto dei beni condominiali, alla tutela del paesaggio. Gazzetta Amministrativa 2. Approfondimento tematico. La legge regionale 11.8.2010, n. 21 e s.m.i., art. 4. Interventi straordinari di ampliamento. Chiusura di verande. L’art.4, l. reg. n.21/10 regolamenta in genere “gli interventi straordinari di ampliamento”, già in rubrica, e li autorizza “in deroga alle previsioni degli strumenti urbanistici ed edilizi comunali, provinciali e regionali vigenti o adottati,nonché nei comuni sprovvisti di tali strumenti nel rispetto di quanto previsto nel presente articolo”. Il co. 3, lett. h), introdotto dalla l. reg. n.7/2012, elenca una serie di interventi che sono direttamente consentiti dalla legge, tra i quali al n.1 appunto la “chiusura di verande”. E’ utile osservare, in premessa, che con l’espressione “chiusura di verande”, ordinariamente, si intende “la trasformazione di un balcone o di un terrazzino circondato da muri perimetrali in veranda, o di un terrapieno et similia mediante chiusura a mezzo di installazione di pannelli di vetro su intelaiatura -132- Numero 3/4 - 2015 Uso del Territorio: urbanistica, ambiente e paesaggio metallica od altri elementi costruttivi”6. Perciò, la chiusura di verande può consistere sia nella tamponatura a vetrate su due o tre lati di una preesistente struttura esterna (balcone o terrazzo in arretramento), sia nella creazione di una nuova struttura portante con copertura e vetrate su due/tre lati su terrazzo o balcone aggettante o in giardino. Chi intenda procedere alla chiusura di una veranda al fine di ampliare la propria abitazione, ai sensi ed effetti delle legge sulla Casa Calabria, dovrà ottemperare ai requisiti ricavabili dal contesto normativo, ovverosia: a) che l’opera rispetti i limiti di superficie e di volumetria assentiti dall’art.4, co 1; perciò, è fattibile solo su edifici residenziali che abbiano una volumetria non superiore a 1000 metri cubi7 per unità abitativa di volumetria assentita e non deve superare il limite del 20 per cento della superficie lorda, per unità abitativa già esistente fino ad un massimo di 70 metri quadrati di superficie interna netta per unità abitativa (art.4, co. 1); b) che interessi un edificio residenziale di natura plurifamiliare o condominiale (art.4, co. 3, lett. h.);8 c) che l’edificio sia ubicato in aree esterne agli ambiti dichiarati, in atti formali, a pericolosità idraulica ed a frana elevata o molto elevata; ( art.4, co. 2, lett. c); d) che la chiusura sia realizzata in modo da non modificare sostanzialmente le caratteristiche architettoniche dell'organismo edilizio (art.4, co. 3, lett. h). Ed, ovviamente, dovrà attenersi alla normativa sulla regolarità contributiva delle ditte affidatarie e sulle prestazioni energeticoambientali. Alle suddette condizioni, per realizzare la veranda non è necessario il permesso di costruire o la SCIA (dunque neppure la DIA)9, poiché l’art.6, n. 10, l. reg. n. 21/10 e s.m.i. richiede tali titoli abilitativi per tutti gli interventi previsti dagli artt. 4 e 5 “fatta eccezione degli interventi di ampliamento su edifici plurifamiliari e condomini” (indicati nell’art.4, co. 3, lett. h), tra i quali va ricondotta appunto la chiusura di verande. Ne segue, in via residuale, che per realizzare l’opera sia necessaria solamente, ai sensi dell’art.6, co. 2 e 4, d.P.R. 6.6.2001, n. 380,la CIAL (Comunicazione di Inizio Attività di Edilizia Libera) o rectius la CILA (Comunicazione di Inizio Lavori Asseverata o con asseverazione tecnica), alla quale allegare le relazioni, perizie, elaborati grafici e progettuali e le renderizzazioni prescritte dalla normativa del Piano Casa Calabria. 3.Chiusura di verande in zona soggetta a vincolo sismico/paesaggistico. Quid iuris allorché l’intervento riguardi un edificio ‘tipico’ (caratterizzato nella legge) ma ricadente in una zona sottoposta a vincolo sismico e/o paesaggistico? Il previo rilascio dell’autorizzazione sismica e/o paesaggistica costituisce un imperativo categorico? Al riguardo bisogna distinguere due periodi storico-legislativi di certa importanza, contrassegnati il primo dalla l. reg. 10.2.2012, n.7; il secondo dalla l. reg. 30.5.2012 n.18, entrambe modificative della l. reg. n. 21/10. Per effetto della prima, l. reg. n.7/12, la chiusura di verande effettuata tra il 12 febbraio e il 6 giugno 2012 è in re ipsa legittima in assenza di autorizzazione sismica e/o paesaggistica. Infatti, queste autorizzazioni erano richieste dall’art. 2, co. 3,10 l. reg. n. 21/10 “solo ai 6 In tal senso, Cass. Pen., III, 11.5.2011 n.18507; id. Cass. Pen., III, 26.4.2007, n.35011. 7 La norma, nella versione originaria, consentiva l’intervento solo sugli edifici residenziali che avessero quella volumetria “alla data del 21 agosto 2010”. L’art. 1, co.1, ult. cpv., l.reg. 2.5.2013, n. 23, ha soppresso il riferimento temporale, così estendendo la possibilità di interventi anche sugli immobili realizzati negli ultimi anni. 8 L’art.4, co. 3, lett. h è stato inserito dall’art.4, l. reg., 10.2.2012, n.7. Gazzetta Amministrativa 9 La DIA, infatti, ai sensi dell’art. 22, co.3, d.P.R. 6.6.2001,n.380, è il titolo abilitativo edilizio alternativo al permesso di costruire, che occorre per gli interventi di ristrutturazione cd. pesante,che portano a un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente (art.10, lett. c,cit. d.P.R.), e per gli interventi di nuova costruzione o di ristrutturazione urbanistica. 10 Si precisa, nella versione modificata dalla l. reg. n.7/12. -133- Numero 3/4 - 2015 Uso del Territorio: urbanistica, ambiente e paesaggio fini di eventuali delocalizzazioni”, id est per gli spostamenti o i trasferimenti di volumi e di strutture in un luogo diverso da quello di origine; ad es. per la demolizione di un fabbricato e la sua ricostruzione in una zona diversa da quella originaria. Ipotesi giammai verificabile per la chiusura di verande su preesistenti balconi o terrazzi o anche nei giardini circostanti edifici già presenti. Per effetto della seconda, l. reg. n.18/12, la chiusura di verande effettuata successivamente al 6.6.2012 sino al 31.12.2016 è legittimabile in assenza di autorizzazione sismica e/o paesaggistica. Esaminiamo il quadro normativo di riferimento per il secondo periodo storico. La l. reg. n.18/12 espunge dalla norma l’inciso “eventuali delocalizzazioni”, pertanto, quelle autorizzazioni diventano doverose per ogni intervento straordinario di ampliamento11 e, così, per la chiusura di verande. Tuttavia riguardo alla: Autorizzazione sismica. E’ applicabile la Delibera della Giunta Regionale 22.7.2011, n. 330, successivamente integrata e modificata dalla DGR 28.1.2013, n. 12, perché l’art. 2, co. 3, lett. e, l. reg. n. 21/10, nella versione modificata dalla l. reg. n. 18/12, dispone il fondamentale rispetto in materia sismica della normativa statale E della normativa regionale, la quale in definitiva è l’unica attuabile in quanto conforme ai prevalenti principi statali12. L’allegato A, cit. delibera, descrive le “opere minori (che) non (sono) soggette al De- posito/ Autorizzazione da parte del Servizio Tecnico Regionale, ai sensi delle Norme vigenti in materia di edilizia Sismica”; in altri termini, quelle la cui realizzazione prescinde dall’autorizzazione sismica. Tra queste al punto n. 5, sotto la rubrica "Interventi su opere esistenti", è indicata la “chiusura di verande” con materiale leggero avente peso proprio (G1) e permanente portato (G2) complessivamente < a 0,20 KN/m2 e comunque < a 0,5 KN/ml; per la quale, dunque, non è necessaria l’autorizzazione sismica. Quanto detto porta ad asserire che, in genere, per la chiusura di verande su opere esistenti non sia necessaria l’autorizzazione sismica, poiché è del tutto ipotizzabile che giammai o alquanto raramente per realizzare verande su balconi o su terrazze siano utilizzate materie (prime) pesanti, che potrebbero compromettere la statica dell’edificio. Riguardo alla: Autorizzazione paesaggistica. E’ applicabile a tenore dell’art.2, co. 3, lett. h, il “Codice dei beni culturali e del paesaggio ai sensi dell’articolo 10 legge 6 luglio 2002, n. 137,” ma “con le semplificazioni introdotte dal d.p.r. 9 luglio 2010, n. 139 per gli interventi di lieve entità così come definiti dal medesimo”. Di tal ché, la chiusura di verande su edifici plurifamiliari o condomini è sottoposta al previo rilascio dell’autorizzazione paesaggistica cd ‘semplificata’; ma poiché essa, in forza dell’art.1, d.P.R. n.139/10, è imprescindibile “sempre che (gli interventi) comportino un'alterazione dei luoghi o dell'aspetto esteriore degli edifici”, si può concludere che tale autorizzazione non sia affatto necessaria. E’ opportuno illustrare il ragionamento logico-giuridico sul quale fa perno la conclusione. Il presupposto è che la chiusura di verande può essere legittima ai sensi dell’art.4, co. 3, lett. h, l. reg. n.21/10 solo se non arrechi “modific(he) sostanzial(i) (al)le caratteristiche architettoniche dell'organismo edilizio”, dovendo il progetto sviluppare ed evidenziare “in modo intellegibile e coerente, ogni aspetto inerente sia la situazione preesistente che 11 A tenore dell’art. 2, co. 3, l. reg. n.21/10, modificato dalla l. reg. n. 18/12: “Gli interventi previsti dalla presente legge regionale possono essere realizzati in deroga alle previsioni dei regolamenti comunali e degli strumenti urbanistici e territoriali comunali, provinciali e regionali, nonché in deroga alle misure di salvaguardia definite all’articolo 65 della legge regionale n. 19/2002, s.m. e i. fatte salve le disposizioni definite dalla normativa nazionale vigente ed in particolare:…” 12 Ai sensi dell’art.117, co. 2, lett. s, cost., infatti, la materia della tutela dell’ambiente rientra nella potestà legislativa esclusiva dello Stato. Perciò, lo Stato ha la facoltà di predisporre le misure idonee prevalenti senza estromettere la competenza regionale, la quale, però, dev’essere esercitata nel limite dei criteri fissati dalla legge statale, secondo lo schema più che collaudato del concorso in egemonia nella gerarchia delle fonti. Gazzetta Amministrativa -134- Numero 3/4 - 2015 Uso del Territorio: urbanistica, ambiente e paesaggio tamento del solo ufficio tecnico in ordine alla conformità della veranda alle caratteristiche architettoniche dell’organismo edilizio. Se la verifica tecnica non evidenzi trasformazioni radicali o disarmonie nell’architettonica o, comunque, la veranda sia ben mimetizzata nel contesto edilizio-urbanistico, non necessiterà affatto l’autorizzazione paesaggistica neppure nella versione semplificata; poiché essa è pretesa dalla norma nell’unica ipotesi di peggioramento dell’edificio o dei luoghi. Nel caso contrario in cui si evidenzino modifiche sostanziali in senso peggiorativo, a monte, la veranda non rispetterebbe i dettami della legge regionale in commento e, dunque, tout court non sarebbe assentibile. Nondimeno, l’ufficio tecnico, atteso il rinvio operato dall’art.2, co. 3, lett. h, l. reg. n.21/10 all’art.1, d.P.R. n. 139/10, potrà reclamare a supporto dell’opera il conseguimento dell’autorizzazione paesaggistica semplificata. quella futura per tutte le caratteristiche estetico-formali.” Atteso il presupposto, giammai la veranda potrà - ai sensi dell’art. 1, d.P.R. n. 139/10 alterare i luoghi o l’estetica dell’edificio plurifamiliare e/o condominiale. L’attenzione va posta sui due lemmi ‘modifica e alterazione’ e sull’aggettivo ‘sostanziale’. Per modifica s’intende parziale trasformazione, con accezione specialmente in senso di miglioramento; per alterazione non si può che intendere peggioramento o guastamento. La ‘modifica sostanziale’, dunque, non è che una trasformazione totale, con accezione pure in pejus. Ebbene, il divieto di apportare modifiche sostanziali preclude la possibilità di apportare peggioramenti all’estetica dello stabile o ai luoghi, poiché se i nuovi elementi non devono modificare le linee essenziali dell’architettonica dell’edificio allora nemmeno possono alterarla o guastarla - dovendo porsi invece la veranda in certa armonia con le peculiarità estetico-formali dell’edificio. Sarebbe assurdo, del resto, anche in ragione delle finalità previste nell’art.1, co. 1, l. reg. n.21/10 e s.m.i. - (il miglioramento della qualità architettonica) - che la norma con quell’espressione volesse vietare all’opera di variare in melius l’estetica. La mens legis è ricavabile sia dal dato normativo letterale, sia da una interpretazione logico-sistematica; in particolare, dal fatto che il Codice paesistico-culturale sia finalizzato alla tutela del paesaggio da deturpamenti in sé dei luoghi o degli edifici; il cd. Piano Casa Calabria sia finalizzato alla salvaguardia del patrimonio edilizio-urbanistico (in un’ottica di ripresa) attraverso il divieto di trasformazioni radicali, che potrebbero peggiorare l’assetto e, per l’effetto, l’ambiente/paesaggio circostante. A monte, dunque, la legge sulla casa, proibendo modifiche essenziali agli edifici e, dunque, connessi abbruttimenti, inibisce la probabilità di cagionare deterioramenti al paesaggio. Quanto detto porta a concludere, a mio modesto parere, per la sufficienza dell’accerGazzetta Amministrativa 4.Conclusioni. La legge sul Piano Casa Calabria, sia nella versione per così dire claris verbis vigente dal 12 febbraio al 6 giugno 2012, sia nella versione vigente attualmente e sino al 31 dicembre 2016, ha sanato e legittimato la chiusura di verande su edifici esistenti, svincolandole da procedure di autorizzazione o di sanatoria complesse e costose, per profili temporali ed economico-finanziari. Infatti: allorché la struttura sia in armonia con l’architettonica o non la modifichi essenzialmente - ad es. perché ben mimetizzata se non prospiciente sulla facciata antistante ma su quella retrostante o sul cortile o sulla strada interna- e venga realizzata in un edificio tipizzato e nei limiti di superficie e di volumetria assentiti dalla l. reg. n.21/10, non è richiesto il permesso di costruire o la SCIA, né l’autorizzazione paesaggistica; allorché il peso della struttura sia contenuto nei limiti assentiti dalla DGR n. 330/11 e s.m.i. non è necessaria neanche l’autorizzazione sismica. 5. Appendice: il criterio fondamentale per verificare una lesione al vincolo pae-135- Numero 3/4 - 2015 Uso del Territorio: urbanistica, ambiente e paesaggio saggistico. A modesto parere di chi scrive, preme chiarire un aspetto che rappresenta la chiave applicabile, in ogni caso e a prescindere dalle agevolazioni riconosciute dalla legge sulla Casa Calabria, per valutare correttamente se vi sia una lesione al paesaggio: Il rapporto tra la singola opera e il tipo di bene tutelato. Il Repertorio dei Vincoli Paesaggistici, ai sensi della legge 29.6.1939, n.1497, descrive con precisione la tipologia di bene paesaggistico che, attraverso l’imposizione del vincolo, si vuole garantire da deturpazioni e abbruttimenti; perciò, non ogni opera abusiva edificata in un contesto tutelato è idonea a ledere il paesaggio, ma solo quell’opera che viola lo specifico oggetto della tutela. L’incisione, cioè, dev’essere riguardata con riferimento ai profili autenticamente tutelati. Ad es., se il vincolo sia strumentale a preservare un naturale quadro panoramico, formato da colline e mare, e caratterizzato da vegetazione arborea a diretto contatto con il mare od, ancora, se il vincolo sia strumentale a preservare una bellezza panoramica incor- niciata dal verde degli ulivi e da suggestivi tratti di scogliera degradanti sul mare, chiaramente la chiusura di verande in un edificio già esistente, dotato di titolo edilizio o in fase di sanatoria, di natura plurifamiliare o condominiale, quindi avente una certa altezza e una certa dimensione, in un contesto urbanizzato o in area agricola, non può essere idonea a ledere l’oggetto della tutela. Viceversa, quelle bellezze naturali potranno essere lese dalla realizzazione di verande in un contesto affatto o poco antropizzato, come potrebbe essere quello inserito in una zona priva di edifici condominiali. Credo che il legislatore della l. reg. n.21/10, nei termini successivamente modificati dalla l. reg. n.7/12 e dalla l. reg. n.18/12, abbia prestato particolare attenzione a questo specifico aspetto e alla connessa chiave di lettura, dato che nel dettato viene assentita la chiusura di verande solo in edifici residenziali plurifamiliari o condominiali, cioè unicamente in contesti già oggetto di intensa antropizzazione o perlomeno antropizzati. «:::::::::GA:::::::::» Gazzetta Amministrativa -136- Numero 3/4 - 2015 Uso del Territorio: urbanistica, ambiente e paesaggio GIURISPRUDENZA Consiglio di Stato Sez. IV 21.12.2015 n. 5800 Opere pubbliche - scelta del tracciato e delle caratteristiche - discrezionalità tecnica e amministrativa dell’amministrazione procedente. Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale la scelta del tracciato e delle caratteristiche di un’opera pubblica rientra nell’ambito demandato alla discrezionalità tecnica e amministrativa dell’amministrazione procedente (ex multis, Cons. Stato sentenza n. 8786/2009) ed è sindacabile solo quanto alla sua intrinseca irragionevolezza, contraddittorietà e vessatorietà. È questo il principio ribadito dal Consiglio di Stato Sez. IV nella sentenza del 21.12.2015 n. 5800 in virtù del quale è stato ritenuto che la previsione di attraversare l’area di proprietà della Società ricorrente non appare sindacabile, trattandosi di opera che appare congrua con la progettazione generale delle opere infrastrutturali volte alla urbanizzazione di una considerevole area del territorio comunale, interessante più comparti; e la dedotta invasità è stata imposta proprio da ragioni di ordine tecnico di soddisfacimento dell’interesse collettivo, finalità rispetto alle quali l’interesse del privato appare senz’altro recessivo. In accoglimento dell’appello, il Collegio ha riformato in quanto erronea la statuizione del Tar che aveva annullato la scelta localizzativa dell’asse stradale di collegamento con la viabilità stradale. ne facenti capo al medesimo punto di connessione alla rete elettrica, appartenenti allo stesso soggetto, ovvero a soggetti che si trovino in posizione di controllante o controllato, ovvero che siano riconducibili ad unico centro di interesse ( cfr. per tutte: CdS, Sez. V, 10.9.2012, n. 4780). È questo il principio ribadito dalla Quarta Sezione del Consiglio di Stato che, nella sentenza del 21.12.2015 n. 5789, ha evidenziato come tali presupposti hanno l'evidente finalità di contemperare i contrapposti interessi, pubblici e privati, in gioco e di evitare che iniziative di dimensioni apparentemente limitate possano, in realtà, dar vita a progetti significativamente impattanti sul corretto assetto urbanistico del territorio (e sui relativi interessi paesaggistico, ambientale, storico, etc.). Sulla base di tali premesse nella vicenda in esame il Collegio ha ritenuto che, diversamente da quanto prospettato dall’Amministrazione appellante, la circostanza che le procedure P.A.S. siano state formalmente presentate, per gli 8 aerogeneratori, dalla stessa associazione professionale è del tutto irrilevante, essendo viceversa decisivo il fatto che detti aerogeneratori appartengano a soggetti diversi, e che gli stessi non siano stati collegati tutti allo stesso punto di connessione delle rete di trasmissione nazionale dell’energia elettrica. Correttamente, pertanto, il primo giudice non ha considerato nel complessivo ammontare la singola potenza dei vari aerogeneratori, atteso che nella specie non sussistono i requisiti dell’ “unità della posizione decisionale” e dell’ “unicità del punto di connessione” sopra specificati. E ciò, in quanto la citata associazione professionale rappresenta unicamente un “operatore tecnico” di supporto ai (ed a servizio dei) vari e diversi proprietari, che non risultano aver in alcun modo programmato la realizzazione di un unico parco eolico. Consiglio di Stato Sez. IV 21.12.2015 n. 5789 Impianti eolici - calcolo della potenza elettrica nominale per la valutazione istruttoria delle iniziative edificatorie. Secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questo Consiglio ai fini del calcolo della potenza elettrica nominale per la valutazione istruttoria delle iniziative edificatorie, i limiti di capacità di generazione e di potenza sono da intendersi riferiti alla somma delle potenze nominali dei singoli impianti di produzioGazzetta Amministrativa Consiglio di Stato Sez. VI 24.11.2015 n. 5328 Lottizzazione abusiva – nozione - presuppo-137- Numero 3/4 - 2015 Uso del territorio: urbanistica, ambiente e paesaggio te (oggetto di sanzioni apposite nel medesimo T.U. n. 380 del 2001). Secondo una linea interpretativa, sorretta da ricca casistica giurisprudenziale, una lottizzazione abusiva può infatti individuarsi solo in presenza della preordinata trasformazione di una porzione di territorio, in modo tale da aggiungere una nuova e composita maglia al tessuto urbano, con conseguente necessità – per la consistenza innovativa dell’intervento – di costituzione o integrazione della necessaria rete di opere di urbanizzazione (caratteristica, al riguardo, la prefigurazione di interi quartieri residenziali – ovvero di complessi ad uso commerciale o direzionale – previa suddivisione del terreno in lotti edificabili). Il testo della norma si riferisce dunque non tanto alla materiale entità dell’intervento – programmato o in corso di realizzazione – ma alle finalità ed alle conseguenze dello stesso, in termini di “peso insediativo” sul territorio. Per tale ragione, potendo la sanzione intervenire in via addirittura preventiva, si richiede che l’intento sia evidenziato da elementi precisi ed univoci, ovvero da un quadro indiziario idoneo a prefigurare un perseguito assetto dell’area, globalmente incompatibile sia con quello esistente che con quello previsto dagli strumenti urbanistici (cfr. in senso sostanzialmente conforme, tra le tante, CdS, VI, 29.1.2015, n. 410; 7.8.2015, n. 3911, 26.5.2015, n. 2649). La norma di riferimento, sopra riportata, per quanto incentrata sulla tutela dell’interesse urbanistico più che di quello edilizio, perché sanzionante la trasformazione urbanistica a scopo edificatorio di un’ampia porzione di territorio (“di terreni”), non esclude in sé che la lottizzazione possa avere luogo anche in presenza di taluni edifici regolarmente preesistenti: ma impone con evidenza particolari cautele in una situazione, che rende oggettivamente più difficile la configurazione della fattispecie di cui al citato art. 30 del d.P.R. n. 380 del 2001." sti e le particolari cautele. La Sesta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 24.11.2015 n. 5328 relativamente ai presupposti della lottizzazione abusiva, quali desumibili dall'art. 30 del d.P.R. n. 380 del 2001 ha affermato che "In base alla citata norma “Si ha lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica o edilizia dei terreni stessi, in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione, nonché quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti, che per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l’ubicazione o l’eventuale previsione di opere diurbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio”. Nei termini sopra descritti, è configurata una tipologia di abusivismo di particolare gravità, in base alla presenza di alcuni segnali indicatori: mero inizio di opere edilizie, o anche soltanto suddivisione di un’area più o meno estesa in lotti, con modalità tali da far supporre “la destinazione a scopo edificatorio”, mediante opere concretamente idonee a stravolgere l’assetto territoriale preesistente: situazioni, quelle sopra descritte, corrispondenti rispettivamente a lottizzazione c.d. “materiale”, o anche solo “negoziale” e tali da giustificare l’adozione di severe misure repressive (art. 30 cit, coo. 7 e 8: nullità di eventuali atti di cessione, nonché sospensione dell’intervento con atto che, “ove non intervenga la revoca del provvedimento”, comporta ex se l’acquisizione di diritto al patrimonio disponibile del Comune delle aree lottizzate). La nozione di lottizzazione abusiva – figura di formazione giurisprudenziale, la cui compiuta disciplina legislativa risale alla legge 28.2.1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere abusive) – non deve confondersi con l’effettuazione di qualsiasi pur ampio intervento edificatorio non autorizzato, o non compatibile con la disciplina urbanistica vigenGazzetta Amministrativa Consiglio di Stato Sez. VI 24.11.2015 n. 5327 Autorizzazione paesaggistica - giudice amministrativo - valutazione espresse nel parere - sindacabilità. Il Consiglio di Stato Sezione Terza nella sentenza del 24.11.2015 n. 5327 ha affermato che "L'autorizzazione paesaggistica costituisce “atto autonomo e presupposto rispetto al permesso -138- Numero 3/4 - 2015 Uso del territorio: urbanistica, ambiente e paesaggio zione (Cass., SS.UU., 24.7.1996, n. 15; III, 12.12.2006; 8.9.2010, n. 32952; 21.11.2012, n. 3456) ha chiarito che l’ordine di demolizione delle opere abusive impartito dal giudice penale in sentenza di condanna per violazioni alla normativa urbanistico-edilizia non deve essere eseguito dalla pubblica amministrazione ma, al contrario, la caratterizzazione che tale provvedimento riceve dalla sede in cui viene adottato conferma la giurisdizione del giudice ordinario riguardo alla pratica esecuzione dello stesso. La giurisprudenza penale della Corte di Cassazione ha affermato la natura autonoma dell’ordine di demolizione contenuto nella sentenza penale di condanna, rilevando l’assenza di norme specifiche che riconducano all’autorità amministrativa l’esecuzione dell’ordine di demolizione emesso dal giudice penale e, dunque, l’assoggettamento della demolizione alla disciplina dell’esecuzione prevista dal Codice di procedura penale. Questi i principi sanciti dalla Sesta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza n. 5324 del 24.11.2015 con la quale conseguentemente ha affermato che, non essendo ipotizzabile che l'esecuzione d'un provvedimento adottato dal giudice venga affidata alla pubblica amministrazione, salvo che la legge non disponga altrimenti in modo espresso, l'organo promotore dell'esecuzione, secondo la citata giurisprudenza, va identificato nel Pubblico ministero, con connessa parallela funzione del giudice dell'esecuzione per quanto di specifica competenza. Aggiunge il Collegio che ordine di demolizione irrogato in sentenza, costituendo una misura amministrativa caratterizzata dalla natura giurisdizionale dell'organo istituzionale al quale ne è appunto attribuita l'applicazione, non passa in giudicato essendo sempre possibile la sua revoca quando risulti assolutamente incompatibile con atti amministrativi della competente autorità intervenuti anche successivamente. È però compito esclusivo del giudice penale (anche dell'esecuzione) verificare la sussistenza dei presupposti per un’eventuale revoca della sanzione . Nel caso oggetto del presente giudizio, peraltro, tali conclusioni sono avvalorate dalla circostanza che l’esecuzione in sede penale risulta, peraltro, già in corso. L’iniziativa assunta dall’Amministrazione con l’adozione delle ordinanze impugnate, pertanto, oltre a di costruire o agli altri titoli legittimanti l'intervento urbanistico-edilizio” (art. 146, co. 4, del Codice per i beni culturali e paesaggistici): il parametro normativo di riferimento per la valutazione della Soprintendenza non va quindi individuato nella disciplina urbanistico-edilizia, ma nella specifica disciplina del vincolo paesistico, contenuta nel provvedimento impositivo o, come nella specie, nella normativa dettata con il piano paesistico". Relativamente alla sindacabilità - da parte del giudice amministrativo - delle valutazioni espresse con tale parere, il Collegio ha evidenziato come la giurisprudenza sia consolidata nell’affermare che il potere dell’Autorità competente alla tutela del vincolo paesistico di esprimere il giudizio in ordine alla compatibilità di un intervento rispetto al vincolo medesimo, è connotato da un’ampia discrezionalità tecnico-valutativa, poiché implica l’applicazione di cognizioni tecnico-scientifiche specialistiche proprie di settori scientifici disciplinari caratterizzati da ampi margini di opinabilità. Di conseguenza, ritiene la giurisprudenza, l’apprezzamento compiuto dall’Amministrazione preposta alla tutela – da esercitarsi, come si sottolinea nella sentenza impugnata, in rapporto al principio fondamentale dell’art. 9 Cost. – “è sindacabile, in sede giudiziale, esclusivamente sotto i profili della logicità, coerenza e completezza della valutazione, considerati anche per l’aspetto concernente la correttezza del criterio tecnico e del procedimento applicativo prescelto, ma fermo restando il limite della relatività delle valutazioni scientifiche, sicché, in sede di giurisdizione di legittimità, può essere censurata la sola valutazione che si ponga al di fuori dell’ambito di opinabilità, affinché il sindacato giudiziale non divenga sostitutivo di quello dell’amministrazione attraverso la sovrapposizione di una valutazione alternativa, parimenti opinabile”(CdS, VI, 14.10.2015, n. 4747; della medesima Sezione, ex plurimis, 2.3.2015, n. 1000; 3.7.2014, n. 3360; 22.4.2014, n. 2019; 1.4.2014, n. 1557). Consiglio di Stato Sez. VI 24.11.2015 n. 5324 Abusi edilizi - ordine di demolizione impartito dal giudice penale – esecuzione da parte del Comune - insussistenza. La giurisprudenza penale della Corte di CassaGazzetta Amministrativa -139- Numero 3/4 - 2015 Uso del territorio: urbanistica, ambiente e paesaggio posti dell’azione amministrativa siano, nel caso di specie, agevolmente individuabili. Il provvedimento impugnato esplicita poi con chiarezza i presupposti che hanno ispirato l’azione del Comune. Nelle premesse del provvedimento impugnato si legge infatti che la differenziazione nella disciplina per l’occupazione del suolo pubblico e/o privato all’esterno degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi ed esercizi similari è “giustificata a causa della nuova fisionomia che hanno assunto alcune aree urbane rispetto ad altre a seguito degli interventi di arredo urbano nonché della necessità di garantire la percorribilità dei marciapiedi e degli altri spazi adibiti al passaggio pedonale” precisando inoltre che per quanto riguarda l’area di cui ora si tratta era stato concordato con le associazioni dei commercianti e dei pubblici esercizi di estendere ad essa la disciplina già dettata per l’altra contigua in quanto “tale area, con gli interventi di qualificazione pubblica e privata realizzati negli ultimi anni, oggi presentano caratteri di omogeneità per quel che riguarda le tipologie di offerta e di clientela complessive”. Alla luce di tali elementi - afferma il Collegio - che la deliberazione impugnata dà adeguato conto delle scelte ivi consacrate, e che ciò consente di superare la discussione relativa all’assoggettamento di tale atto all’obbligo di motivazione. rappresentare di per sé un ipotesi di sconfinamento e di indebito esercizio di competenze riservate alla giurisdizione penale, rischia anche di sovrapporsi ed interferire sull’incidente di esecuzione pendente in sede penale. I provvedimenti amministrativi impugnati sono stati, quindi, adottati in carenza di potere da parte del Comune e vanno, pertanto, annullati. Consiglio di Stato Sez. V 20.11.2015 n. 5298 Regolamentazione utilizzo spazi esterni agli esercizi pubblici - presupposti che legittimano l'azione del Comune diretta a vietare di occupare con espositori od altro il suolo. Il Comune appellante con la deliberazione oggetto del giudizio ha regolamentato l’utilizzo delle aree, anche private, situate all’esterno degli esercizi commerciali e artigianali di una zona dell’abitato, nella quale si trovano gli esercizi degli appellati, estendendo ad essa la disciplina già vigente in altra zona, situata nelle vicinanze. La suddetta disciplina vieta di occupare con espositori od altro il suolo, anche privato, all'esterno degli esercizi commerciali ed artigianali. L’impugnazione proposta dagli odierni appellati è stata accolta dal primo giudice il quale ha ritenuto il regolamento comunale inficiato dalla mancata precisazione del potere che il Comune ha inteso esercitare nel caso di specie e da difetto di motivazione sulle ragioni di scelta, che incide anche sull’utilizzo della proprietà privata. Il Consiglio di Stato Sez. V con la sentenza del 20.11.2015 n. 5298 ha accolto l'appello proposto dal Comune evidenziando quanto segue. "L’intervento comunale, come già indicato, regolamenta la collocazione di oggetti di arredamento urbano in area centrale e molto frequentata dell’abitato, adiacente ad altra già sottoposta alla stessa regolamentazione. Il Comune ha quindi esercitato un potere ascrivibile congiuntamente alla potestà urbanistica, alla potestà di regolamentazione della viabilità e, soprattutto, alla potestà afferente alla tutela del decoro urbano. Atteso che in ogni caso si tratta di competenze afferenti all’ambito comunale, il Comune non aveva affatto l’obbligo di enunciare espressamente quale (o meglio quali) intendesse esercitare. Un tale obbligo non può infatti essere rinvenuto nelle disposizioni della legge 7.8.1990, n. 241, ed inoltre deve essere rilevato come i presupGazzetta Amministrativa Consiglio di Stato Sez. V 20.11.2015 n. 5287 Ritardato versamento - oneri di urbanizzazione e costruzione - il Consiglio di Stato interviene sul contrasto giurisprudenziale Comune obbligato all'escussione della fideiussione. La controversia giunta all'attenzione del Consiglio di Stato riguarda l'impugnazione proposta da una Società degli atti con cui il Comune gli aveva ingiunto ex art. 3 l. n. 47/1985 (“Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia. Sanzioni amministrative e penali”) il pagamento di sanzioni per ritardato versamento del costo di costruzione e degli oneri di urbanizzazione secondaria relativi ad una serie di costruzioni residenziali realizzate nell’ambito di un piano particolareggiato. La società si doleva in via principale del fatto che l’amministrazione non avesse prevenuto il ritardato versamento escutendo la fideiussione a -140- Numero 3/4 - 2015 Uso del territorio: urbanistica, ambiente e paesaggio nella medesima direzione si pone anche il principio costituzionale di imparzialità dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.), dal momento che le sanzioni pecuniarie previste dal citato art. 3 l. n. 47/1985 «si giustificano con la necessità, per l'ente locale, di disporre tempestivamente delle somme spettanti, atteso l'interesse pubblico alla celere realizzazione e completamento delle opere di urbanizzazione», e che la garanzia, con i conseguenti maggiori oneri economici che il privato sostiene per il relativo rilascio, viene in questo caso prestata proprio per evitare il ritardato pagamento (così la sentenza 21.11.2014, n. 5734, sopra richiamata). Il Consiglio di Stato nella sentenza in esame ha ritenuto di dare continuità a quest’ultimo indirizzo." Ciò segnatamente per la funzione della garanzia, debitamente lumeggiata nel precedente cui si aderisce, di tutela delle ragioni creditorie dell’ente concedente, il quale viene in tal modo preservato dai rischi di inadempimento del privato concessionario, ossia dai rischi che il precetto sanzionatorio mira a prevenire. Pertanto, sebbene sia indiscutibile che la fonte della sanzione è distinta da quella in virtù del quale è dovuto il contributo concessorio - la prima risiedendo direttamente nella legge ed il secondo nel titolo edilizio - è del pari incontroverso che la garanzia prestata per l’adempimento delle obbligazioni pecuniarie discendenti da quest’ultimo pone l’amministrazione anche nelle condizioni se non di impedire quanto meno di limitare le conseguenze legislativamente previste per il caso in cui si verifichi l’evento garantito, e cioè l’applicazione delle sanzioni pecuniarie". Interessante è altresì il passaggio motivazione con il quale il Consiglio di Stato ha rigettato la richiesta dell'appellante che invoca per il caso di rideterminazione delle sanzioni dovute la più favorevole normativa sopravvenuta nel corso del giudizio, e cioè le sanzioni oggi previste nel testo unico dell’edilizia di cui al d.P.R. n. 380/2001, dopo la contestuale abrogazione dell’art. 3 l. n. 47/1985. In virtù di questo assunto, la percentuale di aumento sulle somme dovute da applicare a titolo sanzionatorio dovrebbe essere pari al 10% e non già al 20% [art. 42, co. 2, lett. a) del testo unico]. Sul punto, infatti,mil Collegio evidenzia come in materia di sanzioni amministrative vige in via prima richiesta da essa prestata a garanzia dell’esatto adempimento dei propri obblighi, ed in via subordinata contestava la sanzione con riguardo ad uno dei lotti edificati, affermando di avere pagato gli oneri di urbanizzazione ad esso relativi nel rispetto delle scadenze previste. Con la sentenza in epigrafe il TAR adito respingeva l’impugnativa, statuendo, con riguardo alla censura svolta in via principale, che la garanzia fideiussoria «non si estende anche all’obbligazione sanzionatoria» scaturente dal ritardato pagamento delle sanzioni, poiché la fonte di quest’ultima non è data dal titolo ad edificare, ma dalla distinta ingiunzione conseguentemente emessa dall’amministrazione, e dichiarando generica la doglianza svolta in via subordinata. La Società ha appellato la decisione di primo grado ed il Consiglio di Stato Sez. V nella sentenza del 20.11.2015 n. 5287 ha segnalato alcune pronunce anche recenti poste su posizioni divergenti. L’orientamento prevalente si pone in continuità con l’indirizzo fatto proprio dal TAR ed afferma quindi che l’amministrazione non è obbligata ma solo facoltizzata ad escutere la fideiussione prestata a garanzia del pagamento dei contributi concessori (da ultimo: Sez. IV, 17.2.2014, n. 731, e giurisprudenza ivi richiamata). L’opposto orientamento invocato dalla società appellante a sostegno delle proprie tesi è stato invece riproposto con la sentenza 21.11.2014, n. 5734 di questa Sezione, a mente della quale nel caso di ritardato pagamento dei contributi dovuti a fronte del rilascio di un titolo edilizio, l’ente locale creditore è invece tenuto ad escutere la garanzia rilasciata dal privato per il caso di inadempimento, al fine di evitare che quest’ultimo incorra nelle sanzioni previste per il caso in questione dal citato art. 3 l. n. 47/1985, con importi crescenti a seconda dell’entità del ritardo. Come precisato dalla pronuncia ora richiamata, l’obbligo dell’amministrazione di attivarsi in questo senso ha un duplice fondamento normativo. In primo luogo, esso discende dal dovere di origine civilistica di correttezza nell’attuazione del rapporto obbligatorio sancito dall’art. 1175 cod. civ., secondo il quale il creditore ha il dovere di cooperare con il debitore per il puntuale adempimento dell’obbligazione. In secondo luogo, la pronuncia in esame ha affermato che Gazzetta Amministrativa -141- Numero 3/4 - 2015 Uso del territorio: urbanistica, ambiente e paesaggio cinta cimiteriale (cfr., tra le tante, CdS, Sez. VI 27.7.2015 n. 3667) È stato quindi precisato in giurisprudenza che il vincolo cimiteriale, che comporta l’inedificabilità assoluta, non consente in alcun modo l’allocazione di edifici, anche non aventi natura residenziale, in ragione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare, e che possono enuclearsi nelle esigenze di natura igienico-sanitaria, nella salvaguardia della peculiare sacralità dei luoghi destinati alla sepoltura e nel mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale (TAR Puglia, Lecce sez. III 4.7.2015 n. 2245; TAR Sicilia, Palermo Sez. I 3.3.2015 n. 575). Facendo applicazione di detti principi la sentenza appellata ha annullato le autorizzazioni impugnate. Secondo il primo giudice, infatti, il vincolo di inedificabilità assoluta gravante sulla fascia di rispetto del cimitero per espressa previsione normativa, impedisce la realizzazione di qualunque manufatto, anche ad uso diverso da quello abitativo, e trattandosi di vincolo imposto ex lege in via astratta, prescinde da qualunque valutazione in merito alla specifica conformazione della costruzione che si intende realizzare in prossimità del cimitero: sulla base di detti presupposti ha ritenuto che non potesse costruirsi neppure un traliccio di telecomunicazioni – struttura impattante – “non più rispettoso della pietas nei confronti dei defunti di quanto non lo sia una abitazione di residenza”. Il Consiglio di Stato Sez. III nella sentenza del 17.11.2015 n. 5257 non ha condiviso le affermazioni del primo giudice. La giurisprudenza più recente ha chiarito che l'art. 338 R.D. cit. vieta l'edificazione, nella fascia di duecento metri dal muro di cinta dei cimiteri, di manufatti che possono essere qualificati come costruzioni edilizie (CdS, Sez. V 14.9.2010 n. 6671): ha quindi ritenuto che l'installazione di un impianto di telefonia mobile che - per le proprie caratteristiche - non può in alcun modo essere classificato come un manufatto edilizio non è incompatibile con il vincolo cimiteriale (nella specie si trattava di un'antenna staffata sul muro del cimitero e non di una costruzione edificata sul terreno ricadente nella fascia di rispetto). (CdS, Sez. III 25/11/2014 n. 5837). Detta decisione - pur non essendo riferibile ad una fattispecie concreta identica, perché nel caso di specie si controverte sulla rea- generale il principio di legalità, in virtù del quale non si può essere sanzionati se non in forza di una legge entrata in vigore prima della commissione dell’illecito (art. 1 l. n. 689/1981 “Modifiche al sistema penale”), ma non già l’ulteriore principio di retroattività delle disposizioni sanzionatorie più favorevoli. Quest’ultimo, espressione del favor rei, è invece circoscritto al solo sistema sanzionatorio penale (art. 2 cod. pen.), nonché, per scelta discrezionale del legislatore, ad alcune tipologie specifiche di illeciti amministrativi, come ad esempio per quelli in materia tributaria (art. 2, co. 3, d.lgs. n. 472/1997 – “Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie, a norma dell'art. 3, co. 133, della l. 23.12.1996, n. 662”). Per contro, una regola analoga a quest’ultima non è riscontrabile nel settore edilizio, il cui sistema sanzionatorio è nel suo complesso informato ad esigenze di carattere ripristinatorio più che di afflizione dei responsabili degli illeciti. Consiglio di Stato Sez. III 17.11.2015 n. 5257 Vincolo di inedificabilità assoluta gravante sulla fascia di rispetto del cimitero – inapplicabilità agli impianti di telefonia mobile. L’art. 388 co. 1 del r.d. n. 27.7.1934 n. 1265 stabilisce “I cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro abitato. È vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell’impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste dalla legge”. Secondo il costante orientamento della giurisprudenza sussiste – in base a detta disposizione – il vincolo di inedificabilità assoluta nella fascia di rispetto del cimitero: il vincolo ex lege può essere rimosso solo per considerazioni di interesse pubblico, in presenza delle condizioni specificate nell'art. 338, quarto comma; ma non per interessi privati, come ad esempio per legittimare ex post realizzazioni edilizie abusive di privati, o comunque interventi edilizi futuri, su un'area a tal fine indisponibile per ragioni di ordine igienicosanitario, nonché per la sacralità dei luoghi di sepoltura, salve ulteriori esigenze di mantenimento di un'area di possibile espansione della Gazzetta Amministrativa -142- Numero 3/4 - 2015 Uso del territorio: urbanistica, ambiente e paesaggio scia di rispetto cimiteriale. Non convince la tesi dell’appellato secondo cui anche per la realizzazione di detti impianti sarebbe necessario ricorrere al procedimento previsto dall’art. 388 c. 5 del R.D. 27/7/34 n. 1265, in quanto – come già precisato – non si tratta di “edifici”, ma di semplici opere di urbanizzazione primaria riconducibili a tralicci per l’energia elettrica. Infine, la natura di opere di urbanizzazione primaria consente di prescindere dalla zonizzazione recata dal P.R.G., potendo gli impianti di telecomunicazione per la telefonia mobile essere realizzati in qualunque zona del territorio comunale. La giurisprudenza è univoca: “A norma dell’art. 86 co. 3 del d.lgs. n. 259 del 2003 relativa alla localizzazione di infrastrutture di telecomunicazioni, è possibile prescindere dalla destinazione urbanistica del sito individuato per la loro installazione in quanto le infrastrutture di reti pubbliche di telecomunicazioni, di cui agli art. 87 e 88, sono assimilate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria di cui all’art. 16 co. 7 del d.P.R. 6.6.2001 n. 380. Ne deriva anche alla luce dell’art. 4 co. 7 della L.R. n. 11 del 2001 che gli impianti radiobase di telefonia mobile di potenza totale non superiore a 300 watt non richiedono specifica regolamentazione urbanistica ( cfr., tra le tante, TAR Lombardia Sez. II 2.3.2012 n. 351). lizzazione di una stazione radio base sulla fascia di rispetto cimiteriale e non sulla semplice collocazione dell’antenna sul muro perimetrale del cimitero - nondimeno contiene una precisazione importante: sussiste il vincolo di inedificabilità solo in presenza di “edifici” e cioè solo quando vengono realizzate delle vere e proprie costruzioni. Gli impianti di telefonia mobile non possono essere assimilati alle normali costruzioni edilizie in quanto normalmente non sviluppano volumetria o cubatura, non determinano ingombro visivo paragonabile a quello delle costruzioni, non hanno un impatto sul territorio paragonabile a quello degli edifici in cemento armato o muratura (TAR Puglia Sez. I Lecce 8/4/2015 n. 1120). Il concetto di edificio, come ha correttamente rilevato la difesa delle appellanti, è nettamente caratterizzato sia in architettura che nel diritto urbanistico: un palo di sostegno e le attrezzature installate su di esso non presentano – evidentemente – la stessa natura (cfr. CdS, Sez. VI 17.10.2008 n. 5044). Inoltre, come ha correttamente rilevato la giurisprudenza più recente di primo grado, le stazioni radio base, sono opere di urbanizzazione primaria, compatibili con qualsiasi zonizzazione prevista dagli strumenti urbanistici vigenti, e dunque possono essere installate anche in zona di rispetto cimiteriale (cfr. TAR Calabria, Catanzaro Se. I 21.2.2014 n. 311; TAR Campania, Napoli Sez. VII 25.10.2012 n. 4223; TAR Lazio Sez. II Bis 14.5.2007 n. 4367), tenuto anche conto che non ledono gli interessi dei quali il vincolo di inedificabilità persegue la tutela. Gli impianti di telefonia mobile, infatti, – assimilabili ai tralicci dell’energia elettrica – non arrecano alcun danno al decoro e alla tranquillità dei defunti; non creano problemi di ordine sanitario e, nel caso di specie, nel quale l’impianto è collocato oltre la strada che costeggia il muro perimetrale del cimitero, non incidono neppure sulla possibilità di ampliamento del cimitero. Correttamente, quindi, la legislazione regionale richiamata dalle appellanti (L.R. Lombardia n. 11/2001 art. 7, regolamento regionale 6/2004 e la circolare regionale 12.3.2007 n. 9) partendo dalla qualifica contenuta nell’art. 86 del codice delle comunicazioni elettroniche, secondo cui detti impianti costituiscono opere di urbanizzazione primaria, specificano che è possibile realizzarli nella faGazzetta Amministrativa Consiglio di Stato Sez. IV 19.11.2015 n. 5278 L'impugnazione dei titoli edilizi - nozione di vicinitas - esercenti che contestano l'autorizzazione di una struttura commerciale. La Quarta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 19.11.2015 n. 5278 ha osservato, in coerenza con la costante giurisprudenza (cfr. da ultimo e per tutte Ad. Plen. 25.02.2014 n. 9), come l'azione di annullamento davanti al giudice amministrativo sia soggetta a tre condizioni fondamentali: il c.d. titolo o possibilità giuridica dell'azione (cioè la posizione giuridica configurabile in astratto da una norma come di interesse legittimo, ovvero come altri dice la legittimazione a ricorrere discendente dalla speciale posizione qualificata del soggetto che lo distingue dal quisque de populo rispetto all'esercizio del potere amministrativo); l'interesse ad agire (ex art. 100 c.p.c. ); la legitimatio ad causam (o legittimazione attiva, discendente -143- Numero 3/4 - 2015 Uso del territorio: urbanistica, ambiente e paesaggio zione e dell'interesse ad agire, dovendosi comprovare il reale pregiudizio che venga a derivare dalla realizzazione dell'intervento assentito, specificando con riferimento alla situazione concreta e fattuale come, perché, ed in quale misura il provvedimento impugnato incida la posizione sostanziale dedotta in causa, determinandone una lesione concreta, immediata e di carattere attuale. Infatti, una diversa posizione che non tenga conto di una più attenta e oculata disamina della situazione dedotta in causa, al di là della rappresentazione formulata dal ricorrente, finirebbe per avallare una inammissibile sorta di azione popolare nei confronti dell'operato dell'amministrazione, per conseguire l'annullamento di ogni provvedimento che consenta interventi non graditi da parte dei vicini. Allo stato attuale, quindi, va osservato come la nozione di vicinitas vada diversamente apprezzata, quanto meno con riguardo alla circostanza per cui : a) ad impugnare il permesso di costruire sia o meno il titolare di un immobile confinante, adiacente o prospiciente su quello oggetto dell'intervento assentito; b) ad impugnare il permesso di costruire cui è correlata un'autorizzazione commerciale, sia un operatore economico . Invero, nel caso di cui alla lettera a) che precede, la giurisprudenza del Consiglio ha più volte precisato con un indirizzo assolutamente prevalente che, ai fini della legittimazione a impugnare un titolo edilizio da parte del proprietario confinante (o di chi si trovi in una posizione analoga), è sufficiente la semplice vicinitas, ossia la dimostrazione di uno stabile collegamento materiale fra l'immobile del ricorrente e quello interessato dai lavori, escludendosi in linea di principio la necessità di dare dimostrazione di un pregiudizio specifico e ulteriore. Tale pregiudizio, infatti, deve ragionevolmente ritenersi sussistente “in re ipsa in quanto consegue necessariamente dalla maggiore tropizzazzione (traffico, rumore), dalla minore qualità panoramica, ambientale, paesaggistica e dalla possibile diminuzione di valore dell'immobile” (cfr. da ultimo e per tutte CdS, Sez IV, 22.9.2014 n. 4764 ed i richiami giurisprudenziali ivi operati) . Diversamente, nel caso in cui ad impugnare il titolo edilizio non sia il proprietario confinante (o un soggetto che si trovi in posizione analoga) la medesima giurispru- dall'affermazione di colui che agisce in giudizio di essere titolare del rapporto controverso dal lato attivo). Tutte le condizioni dell'azione giudiziale anzidette, quindi, devono necessariamente sussistere anche nel caso di impugnativa di titoli edilizi. Infatti, è ormai ius receptum come l'art. 10 della legge n. 765 del 1967 (che ha novellato in parte qua l'art. 31, co. 9, della l. n. 1150 del 1942) non abbia introdotto un'azione popolare (che consentirebbe a qualsiasi cittadino di impugnare il provvedimento che prevede la realizzazione di un'opera per far valere comunque l'osservanza delle prescrizioni che regolano l'edificazione), ma abbia più semplicemente voluto riconoscere una posizione qualificata e differenziata in favore di chi si trovi in una specifica situazione giuridico-fattuale rispetto all'intervento edilizio assentito, per cui il provvedimento impugnato venga oggettivamente ad incidere la sua posizione sostanziale, determinandone una lesione concreta, immediata e attuale. E tale assunto, giova evidenziarlo, risulta in oggi ancora più corroborato a seguito dell'intervenuta abrogazione del richiamato art. 31 della l. n. 1150/1942, ad opera dell'art. 136, co. 1 lett. a) del Testo Unico dell'Edilizia. Così la giurisprudenza amministrativa ha elaborato al riguardo la nozione di vicinitas riconoscendo, in linea di principio, la legittimazione a contestare in sede giurisdizionale i titoli edilizi,solo a chi sia titolare di immobili nella zona in cui è stata assentita l'edificazione e a coloro che si trovino in una situazione di “stabile collegamento” con la stessa. La richiamata nozione di vicinitas, peraltro, è stata nel tempo affinata e più adeguatamente specificata nella sua concreta portata attraverso significativi e sostanziali correttivi . Da un lato, infatti, dopo le prime pronunce tendenti a circoscrivere la legittimazione ad agire ai soli proprietari frontisti, si è progressivamente estesa la platea dei soggetti abilitati al ricorso, riconoscendo un più ampio interesse di zona con riguardo, altresì, alla posizione degli operatori economici che intendano contrastare un titolo edilizio a cui si accompagni una contestuale autorizzazione di natura commerciale. Dall'altro lato, però, si è sempre più avuto modo di precisare come il semplice dato materiale della vicinitas, non sempre costituisca oggettivo ed incontrovertibile elemento di individuazione della legittimaGazzetta Amministrativa -144- Numero 3/4 - 2015 Uso del territorio: urbanistica, ambiente e paesaggio “ ambire alla stessa tutela il proprietario confinante con l'edificio a sua volta confinante con quello oggetto di intervento edilizio, in quanto ciò determinerebbe una vera e propria sostituzione processuale, in violazione dell'articolo 181 c.p.c. , secondo il quale nessuno può far valere in giudizio in nome proprio un editto altrui se non nei casi espressamente previsti dalla legge” ( Sez. IV 1.7.2013 n. 3543). Nel caso in cui ad impugnare il permesso di costruire correlato ad una autorizzazione commerciale sia un operatore economico, il requisito della vicinitas ha poi subito una peculiare elaborazione da parte della giurisprudenza di questo Consiglio . In particolare il criterio dello stabile “collegamento territoriale” che deve legare il ricorrente all'area di operatività del controinteressato per poterne qualificare la posizione processuale e conseguentemente il diritto di azione, deve essere riguardato in un'ottica più ampia rispetto a quella usuale. Così il concetto di vicinitas nella contestazione di una struttura commerciale, “si specifica identificandosi nella nozione di stesso bacino d'utenza della concorrente, tale potendo essere ritenuto anche con un raggio di decine di chilometri” ( cfr. tra le tante CdS, Sez. IV 12.9.2007 n. 4821 ; 20.11.2007 n. 6613 ) . Pertanto, nell'ipotesi in cui ad impugnare il permesso di costruire sia il titolare di una struttura di vendita, affinché il suo interesse processuale possa qualificarsi personale, attuale e diretto, deve potersi ravvisare la coincidenza, totale o quanto meno parziale, del bacino di clientela, tale da poter oggettivamente determinare un'apprezzabile calo del volume d'affari del ricorrente. In sostanza, l'insediamento commerciale realizzato ex novo nella zona può considerarsi pregiudizievole e radicare un interesse tutelabile, quando venga a servire oggettivamente in tutto o in parte uno stesso bacino di clientela, oggettivamente circoscrivibile in un determinato ambito spaziale. Così, la legittimazione al ricorso non può di certo configurarsi allorquando l'instaurazione del giudizio appaia finalizzata a tutelare interessi emulativi, di mero fatto o contra ius, siccome volti nella sostanza a contrastare la libera concorrenza e la libertà di stabilimento. E ciò in coerenza con la funzione svolta dalle condizioni dell'azione nei processi di parte, innervati come sono dal principio della domanda e dal suo corollario denza, ed in particolare quella di questa Sezione che il collegio pienamente condivide, ha precisato con indirizzo pressoché univoco che il mero criterio della vicinitas riguardato in senso solo materiale non può di per sé radicare la legittimazione al ricorso giurisdizionale “prescindendo dal generale principio dell'interesse ad agire in relazione alla lesione concreta, attuale e immediata della posizione sostanziale dell'interessato…….., presupponendo altresì la detta legittimazione la specificazione, con riferimento alla situazione concreta e fattuale del come, del perché ed in quale misura il provvedimento impugnato si rifletta sulla propria posizione sostanziale, determinandone una lesione concreta, immediata e di carattere attuale” (Sez. IV 5.11.2004 n. 7245 ; 17.9.2012 n. 4924 ; 27.1.2012 n. 420 ; 30.11.2010 n. 8364 ; 4.12.2007 n. 6157 ) . Ed al riguardo è stato aggiunto “che la sussistenza dell'interesse ad agire deve essere valutata in astratto, con riferimento al contenuto della domanda, e non secundum eventum litis, e che requisiti imprescindibili per la configurazione di questa condizione dell'azione sono il suo carattere personale, la sua attualità e la sua concretezza…… per cui la lesione arrecata dal provvedimento impugnato deve essere effettiva, nel senso che dall'esecuzione di esso discenda in via immediata e diretta un danno certo alla sfera giuridica della ricorrente,ovvero potenziale, intendendosi come tale, però, quello che sicuramente (o molto probabilmente ) si verificherà in futuro” ( Sez. IV 30.11.2010 n. 8364 ). Infatti,” al fine di evitare il proliferare di ricorsi non effettivamente rispondenti al principio della tutela di un interesse qualificato……… in concreto devono ritenersi titolati alla impugnativa solo i soggetti che possono lamentare una rilevante e pregiudizievole alterazione del preesistente assetto urbanistico ed edilizio per effetto della realizzazione dell'intervento controverso……. in termini, ad esempio, di deprezzamento del valore del bene o di concreta compromissione del diritto alla salute ed all'ambiente” ( Sez. IV 17.9.2012 n. 4924 ) . Ed in questo senso, la giurisprudenza della Sezione ha avuto modo di precisare ulteriormente che mentre la comprovata vicinitas è elemento sufficiente a legittimare l’impugnativa di un titolo edilizio da parte del proprietario confinante, non può viceversa Gazzetta Amministrativa -145- Numero 3/4 - 2015 Uso del territorio: urbanistica, ambiente e paesaggio no doverosamente esercitabili, come poi esercitati, dovendosi la P.A. procedente farsi carico di una verifica di conformità urbanistica a trecentosessanta gradi, comprensiva cioè della disamina di un pluralità di intereressi pubblici tra i quali si annoverano certamente i profili di tutela dell’ambiente e del paesaggio proprio al fine di imprimere ai luoghi un modello urbanistico più consono allo storia e ai costumi della comunità ivi insistente. Parimenti, sempre in linea di principio, la classificazione di un’area ad uso agricolo ben può esorbitare dall’esigenza di promuovere un utilizzo ad attività agricole dell’area stessa ed essere strumentale all’esigenza di conservazione di valori ambientali (cfr. Cons. Stato 27/7/2010 n. 4920; idem 2166/2010 ), sicchè anche questi aspetti specifici possono e debbono essere tenuti in considerazione dall’Autorità chiamata alla cogestione delle procedure di pianificazione. rappresentato dal principio dispositivo; sul punto va richiamata la tesi (corroborata dalla più recente giurisprudenza nelle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, cfr.22.4.2013 n. 9685), secondo cui tali condizioni (ed in particolare il titolo e l'interesse ad agire ), assolvono una funzione di filtro in chiave deflattiva delle domande proposte al giudice, fino ad assumere l'aspetto di un controllo di meritevolezza dell'interesse sostanziale in gioco, alla luce dei valori costituzionali ed internazionali rilevanti, desumibili dagli artt. 24 e 111 della Costituzione. Ne consegue che il riconoscimento della legittimazione ad agire non è genericamente ammesso nei confronti di tutti gli esercenti commerciali, ma è subordinato al riconoscimento di determinati presupposti, e ciò al fine di poter ritenere giuridicamente rilevante, nonché qualificato e differenziato, l'interesse all'impugnazione. Pertanto, è necessario che l’operatore economico che intende impugnare un titolo edilizio a cui accede una valida e formale autorizzazione commerciale eserciti nelle immediate adiacenze, che l’attività commerciale esercitata sia dello stesso tipo in tutto o in parte di quella relativa ai provvedimenti in contestazione, e che le due attività vengano a servire uno stesso bacino di clientela oggettivamente circoscritto o comunque circoscrivibile con sufficiente certezza. Consiglio di Stato Sez. IV 5.10.2015 n. 4628 Distanza tra pareti finestrate - d.m. n. 1444/1968 – inapplicabilità ai lucernari di tipo velux. La Quarta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 5.10.2015 n. 4628 si è occupata dell'art. 9 del D. M. n. 1444 del 1968 che fissa la distanza minima che deve intercorrere tra “pareti finestrate e pareti di edifici antistanti” . Nella sentenza viene precisato che sul piano formale tale norma fa espresso ed esclusivo riferimento alle pareti finestrate, per tali dovendosi intendere, secondo l'univoco e costante insegnamento della giurisprudenza unicamente “ le pareti munite di finestre qualificabili come vedute, senza ricomprendere quelle sulle quali si aprono semplici luci” ( cfr. Cass. Civ. Sez. II 6.11.2012 n. 19092; 30.04.2012 n. 6604 ; Cons. Stato Sez. IV 04.09.2013 ; 12.02.2013 n. 844 ) . Nel caso di specie, viceversa, la parete finestrata da cui a dire degli appellanti dovrebbe calcolarsi la distanza fissata dalla richiamata normativa, è il tetto dell'edificio di loro proprietà da cui prendono luce ed aria, mediante lucernari di tipo velux, gli ambienti situati al primo piano. Sennonché i velux in questione non possono di certo considerarsi “vedute” alla stregua dell'articolo 900 codice civile - non consentendo né di affacciarsi sul fondo del vicino (prospectio) né di guardare di fronte, obli- Consiglio di Stato Sez. IV 13.10.2015 n. 4716 Urbanistica - esercizio del potere pianificatorio - i principi del Consiglio di Stato. L’esercizio del potere di pianificazione non attiene solo all’aspetto edilizio del territorio ma va esercitato anche in relazione ad altre esigenze di sviluppo economico- sociale del territorio stesso in riferimento alla concreta vocazione dei luoghi e ai valori ambientali e paesaggistici, nell’ambito di una più ampia accezione del concetto di urbanistica ( cfr sentenza n. 2710/2012 già citata ) e in relazione alla portata del concetto di garanzia dello ius aedificandi come delineato da tempo dalla Corte costituzionale ( vedi sentenze nn.55 e 56 del 1968 ). In aderenza ai suddetti principi giurisprudenziali quindi gli interventi tutori dell’Amministrazione concorrente alla gestione dei procedimenti di approvazione degli strumenti urbanistici, in linea di massima, appaioGazzetta Amministrativa -146- Numero 3/4 - 2015 Uso del territorio: urbanistica, ambiente e paesaggio abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee e salvo che siano installati, con temporaneo ancoraggio al suolo, all´interno di strutture ricettive all´aperto, in conformità alla normativa regionale di settore, per la sosta ed il soggiorno di turisti”. Peraltro, a seguito del passaggio in decisione del ricorso, la Corte costituzionale, con sentenza 24.7.2015, n. 189 ha dichiarato la (parziale) illegittimità costituzionale della disposizione da ultimo richiamata per violazione dell’art. 117, terzo e quarto co., Cost. Sul punto, tuttavia, osserva il Collegio che (anche prescindendo da qualunque rilievo in ordine agli effetti di una pronuncia di incostituzionalità intervenuta all’indomani del passaggio in decisione di un ricorso nel cui ambito si faccia – appunto – questione dell’applicazione della disposizione dichiarata illegittima), la richiamata pronuncia di incostituzionalità non determina effetti ai fini del presente giudizio in quanto la declaratoria di incostituzionalità ha riguardato una parte della disposizione (quella che va dalle parole “e salvo che” fino a “turisti”) che non rileva ai fini della presente decisione. Ad avviso del Collegio, al fine di impostare in modo corretto la soluzione della vicenda di causa occorre in primo luogo domandarsi se sussistano in atti sufficienti indizi i quali depongono nel senso che i sei containers in questione fossero effettivamente utilizzati quali spogliatoi al servizio degli atleti che fruiscono del Circolo sportivo e, in caso di risposta affermativa, quali siano le conseguenze ai fini della corretta qualificazione urbanistico-edilizia di tale cambiamento di destinazione d’uso. Ebbene, per quanto riguarda il primo dei richiamati quesiti il Collegio ritiene che sussistano agli atti di causa elementi i quali dimostrano in modo inequivoco l’effettivo utilizzo dei richiamati containers quali spogliatoi al servizio degli atleti. Si ritiene, infatti, che costituiscano indici del tutto persuasivi (e difficilmente confutabili) in tal senso: - la circostanza per cui, nel rilasciare un’autorizzazione in deroga alle previsioni di cui all’art. 3 del d.P.R. 380 del 2001 (atto in data 11.7.2012) il Presidente del V Municipio ebbe espressamente ad affermare che tale quamente o lateralmente (inspectio) -, ma semplici luci in quanto consentono il solo passaggio dell'aria e della luce. Pertanto, correttamente il primo giudice ha osservato al riguardo, come già sopra segnalato, che l'invocato art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968 non può comunque “trovare applicazione in quanto nella specie non vengono in evidenza le distanze tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti, e ciò perché non può considerarsi parete finestrata il tetto dell'abitazione del ricorrente solo perché caratterizzato da sette finestre di tipo velux” . Consiglio di Stato Sez. VI 4.9.2015 n. 4116 Installazione di container - attività di edilizia libera o intervento di nuova costruzione. Innanzi alla Sesta Sezione del Consiglio di Stato è stato discusso il ricorso in appello proposto da una società che gestisce in Roma un impianto sportivo (campo di calcio) su area di proprietà comunale. Il TAR del Lazio, in primo grado aveva respinto il ricorso avverso il provvedimento con cui il competente dirigente comunale aveva ordinato la rimozione di alcuni container destinati ad uso spogliatoio (container per i quali, nel 2003, era stato assentito “l’utilizzo temporaneo”). Con sentenza del 4.9.2015 n. 4116 il Consiglio di Stato nel rigettare l´appello ha esaminato la questione centrale ai fine del decidere ovvero se l’installazione e il mantenimento in loco di sei (degli otto) containers inizialmente collocati sull’area al servizio delle opere di cantierizzazione finalizzate al ripristino funzionale dell’impianto siano riconducibili alla previsione di cui all’art. 6, co. 2, lett. b) del d.P.R. 6.6.2001, n. 380 (secondo cui rientrano nell’ambito della c.d. ‘attività edilizia liberà “le opere dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee e ad essere immediatamente rimosse al cessare della necessità e, comunque, entro un termine non superiore a novanta giorni” (si tratta della tesi sostenuta dall’appellante), ovvero - alla previsione di cui costituisce intervento di ‘nuova costruzionè (inter alia) “e.5) l´installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come Gazzetta Amministrativa -147- Numero 3/4 - 2015 Uso del territorio: urbanistica, ambiente e paesaggio data 21.5.2012 resa dagli Operatori comunali del V Gruppo all’esito del sopralluogo ispettivo del precedente 15 maggio, era emerso che “i lavori erano fermi e non v’era alcun operaio nel cantiere sopra indicato, parimenti, all’interno di alcuni containers, presumibilmente, gli stessi avventori dei campi di calcio, avevano collocato sulle panche e sugli appendiabiti presenti, svariati capi di abbigliamento e varie borse sportive, tutte riportanti la dicitura ‘*, ritenendo, per tale motivo, che detti locali fossero utilizzati dai vari atleti”. Né a conclusioni diverse rispetto a quelle appena tracciate può giungersi in relazione al fatto che il provvedimento impugnato in primo grado abbia descritto i containers in questione come poggianti “su una serie di plinti prefabbricati in cemento” (e non, come affermato dall’appellante, su una serie di manufatti in c.a.v. – pozzetti per cavidotti -). Il Collegio si soffermerà nel prosieguo sul se tale diversa prospettazione in fatto possa incidere sulla corretta individuazione del carattere di contingenza e temporaneità dei containers in questione. Ciò che interessa qui osservare è che tale circostanza non apporta alcun elemento effettivo in ordine alla circostanza, che qui rileva, relativa all’effettivo utilizzo dei containers in questione quali spogliatoi per gli atleti. Ma una volta rilevato (lo si ripete, sulla base di elementi univoci e difficilmente confutabili) che i containers in questione fossero stati effettivamente destinati (e per un periodo senz’altro lungo – almeno dal luglio 2012 -) alla diversa destinazione di spogliatoi per gli atleti, il Collegio ritiene che la fattispecie in esame sia stata correttamente inquadrata, da parte del Dirigente tecnico del IV Municipio (già V Municipio), nell’ambito applicativo dell’art. 3, co. 1, lett. e.5) del d.P.R. 380 del 2001 (il quale, come si è già rilevato, ascrive alla nozione di ‘nuove costruzioni’ e assoggetta all’obbligo di permesso di costruire “[i] manufatti leggeri, anche prefabbricati, e [le] strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come (…) ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee (…)”. E il fatto che i manufatti in questione non fossero autorizzazione fosse – appunto - volta a consentire l’utilizzo dei baraccamenti di cantiere “a funzione di spogliatoi sportivi”; la circostanza per cui, nel richiedere tale autorizzazione, la stessa società appellante (e con valenza sostanzialmente confessoria) avesse in effetti chiesto “[l’]utilizzo temporaneo di una parte dei baraccamenti di cantiere situati nell’impianto sportivo monotematico di via degli * a funzione di spogliatoi sportivi”; - la circostanza per cui, nel rendere la propria relazione alla Procura della Repubblica in data 30.11.2012, i tecnici comunali avessero – appunto – rilevato che i sei containers in questione fossero “allestiti ed accessoriati con panchine appendiabiti, w.c. e docce, idonei all’uso di spogliatoi”. Vero è che, nell’ambito di tale relazione si riferisce che “nel corso dei sopralluogo non è stato possibile verificare il cambio di destinazione d’uso dei containers da spogliatoi a servizio dei campi sportivi, in quanto i suddetti containers risultavano liberi da persone e cose, vestiario e suppellettili varie”. Tuttavia, precisa il Collegio "quanto nell’occasione riferito non assume affatto la valenza definitivamente liberatoria invocata dalla società appellante. Ed infatti, la relazione dei tecnici comunali per un verso – conferma l’assoluta idoneità funzionale e strutturale dei containers in parola a fungere da spogliatoi per gli atleti; per altro verso si limita ad attestare che, al momento degli accessi, non fossero presenti gli atleti e le loro suppellettili. Tale circostanza è stata del tutto plausibilmente ricostruita dal Funzionario di P.L. della Sezione di P.G. nella sua relazione al Sostituto procuratore in data 15.01.2013. Nell’occasione il F.P.L. ha osservato che la verifica al cui esito non era stata riscontrata la presenza di atleti nei containers “ha avuto luogo, presumibilmente, previo accordo intercorso col suddetto concessionario che, probabilmente, al fine di ovviare all’inconveniente di incorrere negli stessi addebiti che, a suo tempo, sono stati constatati dal locale Comando del V Gruppo (…), ha provveduto, per tempo, a interdire l’accesso e/o a rimuovere qualsivoglia elemento che avrebbero potuto indurre i tecnici a dare una diversa valutazione circa il loro uso”; - dalla circostanza secondo cui, nell’informativa in Gazzetta Amministrativa -148- Numero 3/4 - 2015 Uso del territorio: urbanistica, ambiente e paesaggio un´utilizzazione perdurante nel tempo, di talché l´alterazione del territorio non può essere considerata temporanea, precaria o irrilevante (in tal senso: CdS, VI, 3.06.2014, n. 2842). Pertanto, conclude il Consiglio di Stato, deve essere confermata la tesi secondo cui gli interventi per cui è causa fossero riconducibili alla previsione di cui all’art. 3, co. 1, punto e.5) e non anche a quella di cui all’art. 6, co. 2, lett. b) del d.P.R. 380 del 2001. destinati a soddisfare “esigenze meramente temporanee” risulta confermato dal diuturno utilizzo in questione e dalla circostanza per cui, secondo quanto rilevato dalla stessa appellante, tale utilizzo è destinato a perdurare fino a quando non sarà possibile completare le opere di ripristino funzionale del complesso (anche attraverso il completamento dei nuovi spogliatoi). Tuttavia, è la stessa appellante a riferire che al momento non si dispone di alcuna certezza in ordine a tale tempistica, anche a causa della mancata erogazione dei necessari finanziamenti (erogazione che, a sua volta, viene resa difficoltosa dalle complesse vicende amministrative e giudiziarie che hanno caratterizzato la vicenda). Ma al di là di qualunque valutazione di merito, il Collegio ritiene che il complesso di circostanze appena richiamate confermi ancora una volta il fatto che l’utilizzo dei containers quali spogliatoi per gli atleti non risulti certamente finalizzato a soddisfare “esigenze meramente temporanee”, in tal modo rendendo inapplicabile la previsione di cui all’art. 6, co. 2, lett. b) del richiamato d.P.R. 380 del 2001 (il quale richiama, al contrario, “opere dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee”). Al riguardo si ritiene di richiamare l’orientamento secondo cui i manufatti non precari, ma funzionali a soddisfare esigenze stabili nel tempo vanno considerati come idonei ad alterare lo stato dei luoghi, a nulla rilevando la precarietà strutturale del manufatto, la potenziale rimovibilità della struttura e l´assenza di opere murarie. Ciò, in quanto il manufatto non precario (nel caso di specie: container) non risulta in concreto deputato ad un suo uso per fini contingenti, ma viene destinato ad un utilizzo destinato ad essere protratto nel tempo. La ‘precarietà’ dell’opera, che esonera dall´obbligo del possesso del permesso di costruire, ai sensi dell’art. 3, co. 1, lett. e.5, d.P.R. n. 380 del 2001, postula infatti un uso specifico e temporalmente delimitato del bene e non ammette che lo stesso possa essere finalizzato al soddisfacimento di esigenze (non eccezionali e contingenti, ma) permanenti nel tempo. Non possono, infatti, essere considerati manufatti destinati a soddisfare esigenze meramente temporanee quelli destinati a Gazzetta Amministrativa Consiglio di Stato Sez. VI 4.9.2015 n. 4124 Edilizia - interventi di trasformazione soggetti a permesso di costruire. La Sesta Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza del 4.9.2015 ha affermato che: "L’attività edilizia deve essere compatibile con le destinazioni impresse sull’area dagli strumenti urbanistici. L’art. 10 del d.P.R. 6.6.2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) dispone, inoltre, che: «Costituiscono interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio e sono subordinati a permesso di costruire: a) gli interventi di nuova costruzione; b) gli interventi di ristrutturazione urbanistica; c) gli interventi di ristrutturazione edilizia che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d´uso». La giurisprudenza del Consiglio ha già avuto modo di affermare, per definire l’ambito applicativo della norma riportata, che: i) «manufatti non precari, ma funzionali a soddisfare esigenze permanenti, vanno considerati come idonei ad alterare lo stato dei luoghi, con un sicuro incremento del carico urbanistico, a nulla rilevando la precarietà strutturale del manufatto, la rimovibilità della struttura e l´assenza di opere murarie, posto che il manufatto non precario non è deputato ad un suo uso per fini contingenti, ma è destinato ad un utilizzo destinato ad essere reiterato nel tempo in quanto stagionale» (Cons. Stato, sez. IV, 3.06.2014, n. 2842); ii) «non vi è dubbio sulla assenza della natura pertinenziale – ai fini edilizi – quando sia realizzato un nuovo volume, su un´area diversa ed ulteriore rispetto -149- Numero 3/4 - 2015 Uso del territorio: urbanistica, ambiente e paesaggio adeguamento degli standard. a quella già occupata dal precedente edificio essendo ravvisabile la natura pertinenziale solo quando si tratti: a) di opere che non comportino un nuovo volume, come una tettoia o un porticato aperto da tre lati; b) di opere che comportino un nuovo e modesto volume ‘tecnico´, confermandosi con ciò, in definitiva, che devono essere tali da non alterare in modo significativo l´assetto del territorio o incidere sul carico urbanistico, caratteristiche queste la cui sussistenza deve essere peraltro dimostrata dall´interessato» (CdS, Sez. VI, 29.1.2015, n. 406). Consiglio di Stato Sez. VI 16.7.2015 n. 3555 Abusi edilizi - non è invalidante l’indicazione nell’ordine di demolizione di un termine inferiore a quello di novanta giorni, ma è solo l’inutile decorrenza di quest’ultimo termine che consente gli effetti acquisitivi al patrimonio comunale. A norma del citato art. 31, co. 3, d.P.R. n. 380 del 2001, l’inottemperanza all’ordine di demolizione comporta acquisizione gratuita al patrimonio comunale non solo del bene e della relativa area di sedime, ma anche di “quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive”, purché l’area complessivamente acquisita non sia “superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita”. È questo il principio sancito dalla Sesta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 16.7.2015, n. 3555 nella quale il Collegio precisa altresì che "Non invalidante, inoltre, appare l’indicazione nell’ordine di demolizione di un termine (trenta giorni) inferiore a quello di novanta, previsto dallo stesso art. 31, co. 3, del d.P.R. n. 380 del 2001: è solo l’inutile decorrenza di quest’ultimo termine, infatti, che consente gli effetti acquisitivi previsti dalla legge, mentre il primo ha carattere solo diffidatorio." Consiglio di Stato Sez. VI 7.8.2015 n. 3911 Lottizzazione abusiva: gli elementi precisi ed univoci da cui ricavare l'intento di asservire all'edificazione un'area non urbanizzata. Il Consiglio di Stato Sez. VI nella sentenza del 7.8.2015 n. 3911 ha affermato che: "In base ad un consolidato orientamento, è ravvisabile l´ipotesi di lottizzazione abusiva soltanto quando sussistono elementi precisi ed univoci da cui possa ricavarsi oggettivamente l´intento di asservire all´edificazione un´area non urbanizzata; pertanto, ai fini dell´accertamento della sussistenza del presupposto di cui all’art. 18 della l. 28.2.1985, n. 47 (in seguito: art. 30 del d..R. 6.6.2001, n. 380). Pertanto, al fine di poter affermare l’esistenza di un’ipotesi di lottizzazione abusiva (nel caso in esame, di tipo c.d. ‘materialè) è necessario acquisire un sufficiente quadro indiziario dal quale sia possibile desumere in maniera non equivoca la destinazione a scopo edificatorio degli atti posti in essere, con conseguente giustificazione del provvedimento repressivo a fronte della dimostrazione della sussistenza di elementi precisi e univoci (in tal senso –ex multis -: Cons. Stato, V, 27.3.2013, n. 1809; in termini analoghi: Cons. Stato, V, 3.8.2012, n. 4429)". Da ultimo viene richiamato l’orientamento secondo cui, affinché si concretizzi l’illecito della lottizzazione abusiva in senso materiale, è sufficiente la realizzazione di qualsiasi tipo di opere in concreto idonee a stravolgere l’assetto del territorio preesistente e quindi, in ultima analisi, a determinare sia un concreto ostacolo alla futura attività di programmazione (che viene posta di fronte al fatto compiuto), sia un carico urbanistico aggiuntivo che necessità di Gazzetta Amministrativa Consiglio di Stato Sez. IV 16.7.2015 n. 3579 Strumenti urbanistici generali o attuativi vicinitas - interesse all´impugnativa. Secondo l´insegnamento della giurisprudenza in sede di impugnazione di strumenti urbanistici generali o attuativi -a differenza di quanto comunemente si afferma laddove sia contestato direttamente un titolo abilitativo all´edificazione- la semplice vicinitas (ossia la situazione di stabile collegamento esistente tra la proprietà del ricorrente e quella interessata dal provvedimento censurato) non è sufficiente a fondare l´interesse all´impugnativa, occorrendo che il ricorrente alleghi e dimostri anche l´esistenza di uno specifico e concreto pregiudizio derivantegli dagli atti impugnati (cfr. tra le tante Sez. IV, 25.9.2014 n. 4816; 12.10.2010 n. 7439). E questo, per evitare che -150- Numero 3/4 - 2015 Uso del territorio: urbanistica, ambiente e paesaggio un´eccessiva dilatazione del concetto di interesse ad agire ex art. 100 c.p.c., con riferimento ai piani urbanistici, consenta l´impugnativa anche ai soggetti titolari di un interesse di mero fatto (cfr. tra le tante Sez. IV , 13.7.2010 n. 4545; 30.11.2010 n. 8365). «:::::::::GA:::::::::» Gazzetta Amministrativa -151- Numero 3/4 - 2015 Unione Europea e Cooperazione Internazionale UNIONE EUROPEA E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE NOTIZIE E AGGIORNAMENTI PIRATERIA: IN G.U. IL DECRETO SULL'INDIVIDUAZIONE DELLE ACQUE INTERNAZIONALI A RISCHIO NELLE QUALI È CONSENTITO L'IMPIEGO DI GUARDIE GIURATE A BORDO DELLE NAVI MERCANTILI BATTENTI BANDIERA ITALIANA sulla Gazzetta Ufficiale n. 201 del 31.8.2015) «::::::::: GA :::::::::» COOPERAZIONE GIUDIZIARIA INTERNAZIONALE IN MATERIA PENALE. CANALI DI TRASMISSIONE DELLE RICHIESTE DI ASSISTENZA GIUDIZIARIA INTERNAZIONALE. ESIGENZA DI RAZIONALIZZAZIONE È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 231 del 6.10.2015 il decreto 24.9.2015 del Ministero della Difesa recante "Individuazione delle acque internazionali soggette al rischio di pirateria nell'ambito delle quali è consentito l'impiego di guardie giurate a bordo delle navi mercantili battenti bandiera italiana" (Decreto del Ministero dello Difesa pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 231 del 6.10.2015). Il Ministero della Giustizia ha pubblicato lla Circ. Prot. m_dg.DAG. 10.8.2015.00 115769.U del 10.08.2015 recante “Cooperazione giudiziaria internazionale in materia penale. Canali di trasmissione delle richieste di assistenza giudiziaria internazionale. Esigenza di razionalizzazione”. 1. Premessa Il continuo incremento delle richieste di assistenza giudiziaria internazionale in materia penale indirizzate dalle Autorità Giudiziarie italiane a questo Ministero, per il successivo inoltro alle Autorità Centrali dei Paesi richiesti, impone una riflessione volta all'individuazione del miglior uso dei canali di trasmissione di tali atti, nel rispetto dei principi di buon andamento della pubblica amministrazione e di ragionevole durata del processo. Vigono da alcuni decenni norme convenzionali che, prevalendo ai sensi dell'art.696 C.p.p. sulle disposizioni codicistiche dedicate alla disciplina delle rogatorie internazionali, abilitano i pubblici ministeri e i giudici italiani alla trasmissione diretta delle richieste «::::::::: GA :::::::::» PAGAMENTI TRANSFRONTALIERI NELLA COMUNITÀ: IN G.U. IL D.LGS SUI REQUISITI TECNICI E COMMERCIALI PER I BONIFICI E GLI ADDEBITI DIRETTI IN EURO E LE SANZIONI Entra in vigore il 1.9.2015 il d.lgs. 18.08.2015, n. 135 recante "Attuazione dell´art. 11 del Reg. (UE) n. 260/2012 del 14.03.2012 che stabilisce i requisiti tecnici e commerciali per i bonifici e gli addebiti diretti in euro e disposizioni sanzionatorie per le violazioni del Reg. (CE) n. 924/2009 relativo ai pagamenti transfrontalieri nella Comunita´" (D.lgs. n. 135/2015 pubblicato Gazzetta Amministrativa -152- Numero 3/4- 2015 Unione Europea e Cooperazione Internazionale Repubblica Slovacca, Romania, Russia, San Marino, Serbia, Slovenia, Spagna, Svezia, Svizzera, Turchia, Ucraina, Ungheria. Con riferimento ai Paesi parte del richiamato Accordo di Schengen, giova inoltre richiamare l'opportunità di rilevante semplificazione procedurale offerta nella specifica materia delle notifiche penali. L'art. 52 dell'Accordo prevede, infatti, che gli atti da notificare a persone che si trovino nel territorio dei Paesi aderenti vadano inviati direttamente al destinatario a mezzo posta raccomandata con avviso di ricevimento, esonerando l'Autorità giudiziaria anche dall'obbligo di comunicare a questo ufficio l'avvenuta spedizione. Con l'avvertenza (art. 52, co. 2) che gli atti da notificare dovranno essere corredati della traduzione nella lingua del destinatario quando si ha motivo di ritenere che quest'ultimo non comprenda la lingua nella quale l'atto è redatto. 3. La necessità di prediligere, ove possibile, l'inoltro diretto tra Autorità Giudiziarie Nonostante la vigenza di questo quadro normativo, un crescente numero di richieste di assistenza dirette alle Autorità Giudiziarie dei predetti Stati viene trasmesso per il tramite di questo Ministero. La scelta di questo più gravoso percorso procedurale non dà luogo a profili di illegittimità tali da giustificare la restituzione o il blocco della richiesta da parte degli uffici ministeriali. Essa però arreca danno alla speditezza dell'attività giudiziaria per l'evidente rallentamento che l'esecuzione della richiesta di assistenza subisce in ragione del duplice passaggio, per il tramite di questo Ministero e per quello dell'omologa autorità centrale straniera. Inoltre, essa costringe gli uffici di questo Ministero a sottrarre energie alla trattazione delle rogatorie in cui il passaggio per la via politica e diplomatica è invece imposto dalle convenzioni o dalla disciplina del codice. Si è osservato che il ricorso alla via ministeri aie trova spiegazione nella difficile individuazione dell'autorità giudiziaria estera territorialmente competente a ricevere la richiesta. Detta difficoltà può però trovare soluzione attivando i punti di contatto della Rete Giudi- di assistenza alle autorità giudiziarie estere, consentendo l'obliterazione sia della fase di valutazione politica della richiesta che il canale diplomatico di trasmissione. 2. Le principali convenzioni internazionali che prevedono ipotesi di inoltro diretto delle richieste di assistenza tra Autorità Giudiziarie Già nella Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale, firmata a Strasburgo il 20.4.1959 e ratificata con l. 23.02.1961 n. 215, si prevedono numerose ipotesi di inoltro diretto tra Autorità Giudiziarie.. Al paragrafo 2 dell'art. 15, ad esempio, si prevede che "In caso di urgenza, dette rogatorie potranno essere indirizzate direttamente dalle autorità giudiziarie della Parte richiedente alle autorità giudiziarie della Parte richiesta ", Nel successivo paragrafo 4, si aggiunge che " ( ... ) le richieste di indagini preliminari al procedimento penale potranno essere oggetto di comunicazione diretta tra le autorità giudiziarie". A partire dall'entrata in vigore della Convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen, ratificata con l. 30.9.1993, n. 388, la trasmissione diretta diventa il principale canale di invio delle rogatorie ["le domande di assistenza giudiziaria possono essere fatte direttamente tra le autorità giudiziarie e nello stesso modo possono essere inviate le risposte" (art. 53, par. l)], senza essere limitato né al caso dell'urgenza, né ai soli atti dell'indagine preliminare. Riassuntivamente, da oltre venti anni, con quasi tutti gli Stati Membri dell'Unione Europea, con quelli appartenenti all'area cd. Schengen ed anche con numerosi altri Stati è possibile l'inoltro diretto della quasi totalità delle richieste di assistenza giudiziaria. Di tali Stati si fornisce di seguito un elenco: Albania, Andorra, Armenia, Austria, Azerbaijan, Belgio, Bosnia e Erzegovina, Bulgaria, Cile, Cipro, Corea, Croazia, Danimarca, Estonia, Macedonia, Finlandia, Francia, Georgia, Germania, Gran Bretagna, Grecia, Irlanda, Islanda, Israele, Lettonia, Liechtenstein, Lituania, Lussemburgo, Malta, Moldavia, Monaco, Montenegro, Norvegia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Gazzetta Amministrativa -153- Numero 3/4 - 2015 Unione Europea e Cooperazione Internazionale niera, il potere di blocco previsto dall'art. 727, co. secondo, cod. proc. pen. nei casi in cui ritenga esposti a pericolo la sicurezza o altri interessi essenziali dello Stato. Laddove ricorra il presupposto dell'urgenza, essa realizza però il miglior contemperamento tra le esigenze dell'Autorità giudiziaria rogante e le istanze di efficiente funzionamento del competente Ufficio ministeriale. 5. Obblighi di comunicazione Si rammenta che, a norma dell'art. 204 bis disp. att. c.p.p., quando un accordo internazionale consente la trasmissione diretta della richiesta di assistenza giudiziaria, l'autorità giudiziaria interna che percorre questa strada ne trasmette senza ritardo copia al Ministero della Giustizia (e, più in dettaglio, all'Ufficio II della Direzione generale della Giustizia Penale), al fine di consentire l'assolvimento dei compiti di monitoraggio che vanno assumendo crescente importanza per la risposta agli organismi internazionali che, con cadenza periodica, valutano il funzionamento delle convenzioni relative alla cooperazione internazionale in materia penale. Analogo obbligo di comunicazione è previsto dall'art. 727, co. quinto c.p.p. quale adempimento preliminare all'inoltro diretto della richiesta di assistenza urgente all'agente diplomatico o consolare italiano, con la finalità di consentire il tempestivo esercizio del potere di blocco ministeriale stabilito dal co. secondo della disposizione. 6. Conclusioni. Si rivolge, in conclusione, l'invito alle Autorità Giudiziarie a fare ricorso al canale di comunicazione diretta ogniqualvolta la base normativa convenzionale e le circostanze del caso concreto lo consentano, e in particolare, in ogni ipotesi prevista dalla Convenzione di Applicazione degli Accordi di Schengen. Si rappresenta che, a partire dal 1.9.2015, le richieste di assistenza da inoltrare necessariamente per la via diplomatica o ministeriale avranno priorità nella trattazione da parte di questo Ministero, mentre le rimanenti richieste saranno evase, prevedibilmente, non prima di 60 giorni dal loro pervenimento. Si chiede alle SS.LL. di portare la presente nota a conoscenza degli Uffici Giudiziari, giudicanti e requirenti, dei rispettivi distretti, ziaria Europea presenti in ogni distretto di Corte di Appello. I nominativi dei magistrati italiani incaricati di detta funzione, cosÌ come quelli dei magistrati stranieri che assolvono funzione analoga nei rispettivi Paesi sono reperibili sul sito della Rete, al seguente indirizzo web: http://www.ejncrimjust.europa.eu/ejn/EJN_L ogin.aspx Per accedere all'elenco dei magistrati è necessario autenticarsi con il seguente username: rje e password: Ejn_2009 In alternativa, l'autorità estera territorialmente competente a ricevere la richiesta di assistenza giudiziaria è generalmente individuabile consultando il Judicial Atlas pubblicato sul sito della Rete Giudiziaria Europea all'indirizzo web: http://www.eincrimjust.europa.eu/ejnl. I medesimi organismi e l'Ufficio II di questo Ministero potranno poi essere consultati, presso i recapiti telefonici e di posta elettronica indicati sul sito istituzionale, per la soluzione preventiva delle difficoltà che dovessero insorgere nella compilazione delle richieste di assistenza. 4. La previsione dell'art. 727, co. 5, c.p.p. La ricorrenza di casi nei quali l'Autorità giudiziaria segnala, al momento della trasmissione a questi Uffici, la necessità di urgente evasione della richiesta di assistenza impone in questa sede il richiamo della previsione dell'art. 727, co. quinto, c.p.p. La disposizione abilita, "nei casi urgenti" il pubblico ministero o il giudice italiano a trasmettere l'atto direttamente all'agente diplomatico o consolare italiano, informandone il ministro della giustizia. L'ambito applicativo di detta previsione è generale. Prescinde cioè dall'esistenza di una norma pattizia che espressamente abiliti detta deroga alla disciplina ordinaria delle rogatorie attive. Si tratta di una forma di trasmissione che, diversamente da quelle previste nelle fonti pattizie sopra richiamate, non consente l'obliterazione della via diplomatica né realizza la completa depoliticizzazione della procedura, posto che il ministro può comunque esercitare, fino a quando l'agente diplomatico non avrà trasmesso la richiesta all'autorità straGazzetta Amministrativa -154- Numero 3/4- 2015 Unione Europea e Cooperazione Internazionale compresi i Tribunali di Sorveglianza. transfrontalieri nella Comunità" (Circ. del Ministero della Giustizia Prot. m_dg.DAG. 10.8.2015.00115769.U del 10.8.2015). del Parlamento europeo e del Consiglio; Visto il reg. (UE) n. 421/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16.4.2014 recante modifica della direttiva 2003/87/CE che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità, in vista dell'attuazione, entro il 2020, di un accordo internazionale che introduce una misura mondiale unica basata sul mercato da applicarsi alle emissioni del trasporto aereo internazionale; Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 27.3.2015; Acquisito il parere dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano reso nella seduta del 7.5.2015; Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 26.6.2015; Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale, della giustizia, dell'economia e delle finanze, dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti; E m a n a il seguente d.lgs.: Art. 1 Modifiche al d.lgs. 13.3.2013, n. 30 1. All'art. 3, co. 1, del d.lgs. 13.3.2013, n. 30, sono apportate le seguenti modificazioni: a) alla lett. t) le parole: "detiene o gestisce" sono sostituite dalle seguenti: "gestisce o controlla"; b) la lett. ff) è sostituita dalla seguente: "ff) 'operatore aereo amministrato dall'Italià: 1) l'operatore aereo in possesso di una licenza d'esercizio valida rilasciata dall'Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC); 2) l'operatore aereo, diverso da quello di cui al numero 1) e non in possesso di una licenza d'esercizio valida rilasciata da un altro Stato Membro, le cui emissioni provenienti dalle attività di trasporto aereo, stimate per l'anno di riferimento, siano per la maggior parte attribuibili all'Italia; viene fatto salvo il caso in cui nei primi due anni del periodo di riferimento detto operatore non abbia prodotto emissioni attribuibili all'Italia, per cui non è piu' considerato 'operatore aereo ammini- «::::::::: GA :::::::::» DISPOSIZIONI CORRETTIVE ED INTEGRATIVE AL D.LGS. 13.3.2013, N. 30, RECANTE ATTUAZIONE DELLA DIRETTIVA 2009/29/CE CHE MODIFICA LA DIRETTIVA 2003/87/CE AL FINE DI PERFEZIONARE ED ESTENDERE IL SISTEMA COMUNITARIO PER LO SCAMBIO DI QUOTE DI EMISSIONE DI GAS A EFFETTO SERRA. È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 168 del 22.7.2015 il d.lgs. 2.7.2015, n. 111 recante “Disposizioni correttive ed integrative al d.lgs. 13.3.2013, n. 30, recante attuazione della direttiva 2009/29/CE che modifica la direttiva 2003/87/CE al fine di perfezionare ed estendere il sistema comunitario per lo scambio di quote di emissione di gas a effetto serra”. Il Presidente Della Repubblica Visti gli artt. 76 e 87 della Cost.; Vista la l. 4.06.2010, n. 96, recante disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee Legge comunitaria 2009, e, in particolare, l'art. 1, co. 5; Visto il d.lgs. 13.3.2013, n. 30, recante attuazione della direttiva 2009/29/CE che modifica la direttiva 2003/87/CE al fine di perfezionare ed estendere il sistema comunitario per lo scambio di quote di emissione di gas a effetto serra; Visto il reg. (UE) n. 389/2013 della Commissione del 2.5.2013 che istituisce un registro dell'Unione conformemente alla direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, alle decisioni n. 280/2004/CE e n. 406/2009/CE del Parlamento europeo e del Consiglio che abroga i regolamenti (UE) n. 920/2010 e n. 1193/2011 della Commissione; Visto il reg. (UE) n. 1123/2013 della Commissione dell'8.11.2013 relativo alla determinazione dei diritti di utilizzo di crediti internazionali a norma della direttiva 2003/87/CE Gazzetta Amministrativa -155- Numero 3/4 - 2015 Unione Europea e Cooperazione Internazionale quorum costitutivo e deliberativo del Consiglio direttivo. I membri del Consiglio direttivo rimangono in carica quattro anni."; e) il co. 9 è soppresso; f) al co. 10 le parole: "composta da ventitrè membri" sono sostituite dalle seguenti: "composta da ventidue membri."; g) dopo il co. 10 è inserito il seguente: "10bis. I curricula dei membri del Consiglio direttivo di cui al co. 8 e della Segreteria tecnica di cui al co. 10 sono resi pubblici sul sito del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare."; h) al co. 11 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: "Il regolamento disciplina in particolare le audizioni dei soggetti interessati, le forme di pubblicità delle convocazioni del Consiglio direttivo e della Segreteria tecnica, dei relativi ordini del giorno, degli atti e delle decisioni, nonchè i lavori della Segreteria tecnica in gruppi istruttori."; i) al co. 12 le parole: "Il Comitato di cui al co. 1" sono sostituite dalle seguenti: "Il Consiglio direttivo di cui al co. 8"; l) al co. 13 le parole: "Il Comitato di cui al co. 1" sono sostituite dalle seguenti: "La Segreteria tecnica, su indicazione del Consiglio direttivo"; m) al co. 15 le parole: "del predetto Comitato e" sono soppresse; n) dopo il co. 15 sono inseriti i seguenti: "15bis. Agli eventuali compensi e rimborsi spese ai membri del Comitato si provvede a valere sui proventi delle aste ai sensi dell'art. 19, co. 6, lett. i). 15-ter. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro dell'economia e delle finanze sono stabilite le modalità di corresponsione e di determinazione dei compensi e dei rimborsi spese per i componenti del Comitato e la relativa durata, in modo da garantire l'invarianza dei saldi di finanza pubblica.". 3. L'art. 5 del d.lgs. 13.3.2013, n. 30, è sostituito dal seguente: "Art. 5. Ambito di applicazione 1. Le disposizioni del presente capo si applicano, salvo quanto previsto al co. 2, all'assegnazione e al rilascio di quote per le attività di trasporto aereo elencate all'all. I svolte da un operato- strato dall'Italià per il periodo di riferimento successivo; 3) l'operatore aereo, diverso da quello di cui ai numeri 1) e 2) e non in possesso di una licenza d'esercizio valida rilasciata da uno Stato Membro, le cui emissioni provenienti dalle attività di trasporto aereo, stimate per i primi due anni del periodo di riferimento precedente, siano per la maggior parte attribuibili all'Italia;"; c) dopo la lett. ff) sono inserite le seguenti: "ff-bis) 'anno di riferimento': ai fini della definizione di cui alla lett. ff), numero 2), per gli operatori aerei che hanno iniziato ad operare nella Comunità dopo il 1.01.2006, il primo anno civile di esercizio, in tutti gli altri casi l'anno civile che decorre dal 1.1.2006: f-ter) 'periodo di riferimento': ai fini della definizione di cui alla lett. ff), numeri 2) e 3), il periodo compreso tra il 1.1.2012 e il 31.12.2012, e ciascuno dei successivi periodi di otto anni a partire dal 1.1.2013;". 2. All'art. 4 del d.lgs. 13.3.2013, n. 30, sono apportate le seguenti modificazioni: a) dopo il co. 1 è inserito il seguente: "1-bis. Il Comitato di cui al co. 1 è composto da un Consiglio direttivo e da una Segreteria tecnica. Il Consiglio direttivo è l'organo deliberante del Comitato; per l'istruttoria delle attività di cui al presente articolo il Consiglio direttivo si avvale della Segreteria Tecnica."; b) al co. 4, dopo la lett. o) è inserita la seguente: "o-bis) redigere ed aggiornare annualmente una lista di operatori aerei amministrati dall'Italia, avvalendosi anche dell'elenco degli operatori aerei di cui all'art. 3, co. 1, lett. q);"; c) il co. 6 è soppresso; d) al co. 8: 1) dopo le parole: "da nove membri" sono inserite le seguenti: "di comprovata esperienza nei settori interessati dal presente decreto"; 2) dopo le parole: "tre nominati dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare" sono inserite le seguenti: ", compreso il presidente,"; 3) dopo le parole: "Ministro dello sviluppo economico", sono inserite le seguenti: ", compreso il vicepresidente,"; 4) è aggiunto, in fine, il seguente periodo: "I membri con funzioni consultive non hanno diritto di voto e non sono considerati ai fini del Gazzetta Amministrativa -156- Numero 3/4- 2015 Unione Europea e Cooperazione Internazionale se informazioni in applicazione dell'art. 16."; b) il co. 8 è sostituito dal seguente: "8. Salvo che il fatto costituisca reato, il gestore dell'impianto munito di autorizzazione alle emissioni di gas ad effetto serra che non fornisce le informative e le comunicazioni ai sensi degli artt. 16, 24, co. 3, 25 e 26 è soggetto ad una sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 euro a 100.000 euro aumentata, per ciascuna quota indebitamente rilasciata, di una somma pari a tre volte il valore medio della quota di biossido di carbonio nel quadrimestre da gennaio ad aprile dell'anno in corso fino ad un massimo di 100 euro per ciascuna quota. All'accertamento della violazione consegue, in ogni caso, l'obbligo per il gestore di trasferire nel conto unionale di cui all'art. 53, paragrafo 4, del reg. (CE) n. 389/2013 una quantità di quote di emissione pari alle quote indebitamente rilasciate. Resta ferma la sanzione di cui al co. 6 in caso di mancata ottemperanza dell'obbligo di restituzione delle quote."; c) il co. 9 è sostituito dal seguente: "9. Salvo che il fatto costituisca reato, nel caso in cui le informazioni di cui all'art. 7 delle misure comunitarie per l'assegnazione risultino false o non veritiere il gestore dell'impianto è soggetto ad una sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 euro a 100.000 euro aumentata, per ciascuna quota indebitamente rilasciata, di una somma pari a tre volte il valore medio della quota di biossido di carbonio nel quadrimestre da gennaio ad aprile dell'anno in corso fino ad un massimo di 100 euro per ciascuna quota. All'accertamento della violazione consegue, in ogni caso, l'obbligo per il gestore di trasferire nel conto unionale di cui all'art. 53, paragrafo 4, del reg. (CE) n. 389/2013 una quantità di quote di emissione pari alle quote indebitamente rilasciate. Resta ferma la sanzione di cui al co. 6 in caso di mancata ottemperanza dell'obbligo di restituzione delle quote."; d) il co. 10 è sostituito dal seguente: "10. Salvo che il fatto costituisca reato, nel caso in cui le informazioni di cui al co. 9, verificate ai sensi delle disposizioni di cui all'art. 22, co. 2, risultino incongruenti, il gestore dell'impianto è soggetto ad una sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 euro a re aereo amministrato dall'Italia, come definito all'art. 3, co. 1, lett. ff). 2. Salva diversa disposizione, sono comunque escluse dall'ambito di applicazione del presente capo le attività di volo effettuate con aeromobili di cui all'art. 744, primo e quarto co., del c.nav.". 4. All'art. 7 del d.lgs. 13.3.2013, n. 30, al co. 1, secondo e terzo periodo, le parole: "anno di riferimento", sono sostituite dalle seguenti: "anno di controllo". 5. All'art. 8 del d.lgs. 13.3.2013, n. 30, al co. 1, lettere a) e b), e al co. 3, lett. c), numeri 1), 2) e 3), le parole: "anno di riferimento" sono sostituite dalle seguenti: "anno di controllo". 6. All'art. 19, co. 1, del d.lgs. 13.3.2013, n. 30, prima delle parole: "La messa all'asta" sono inserite le seguenti: "A decorrere dall'anno 2013,". 7. All'art. 24 del d.lgs. 13.3.2013, n. 30, al co. 4, ultimo periodo, le parole: "tre mesi" sono sostituite dalle seguenti: "sei mesi". 8. All'art. 25 del d.lgs. 13.3.2013, n. 30, al co. 3, le parole: "ha facoltà di comunicare al Comitato" sono sostituite dalle seguenti: "comunica al Comitato". 9. All'art. 26 del d.lgs. 13.3.2013, n. 30, al co. 1 le parole: "comporta le seguenti conseguenze" sono sostituite dalle seguenti: "comporta una delle seguenti conseguenze". 10. All'art. 29 del d.lgs. 13.3.2013, n. 30, il co. 3 è sostituito dal seguente: "3. Ai fini dell'adempimento dell'obbligo di restituzione per il periodo 2013-2020, i gestori degli impianti esistenti, degli impianti nuovi entranti e gli operatori aerei amministrati dall'Italia possono utilizzare crediti, CERs ed ERUs che rispettano i criteri qualitativi sanciti dall'art. 11-bis, paragrafi da 2 a 4, della direttiva 2003/87/CE e fino alla quantità stabilita con deliberazione del Comitato, sulla base di quanto stabilito dallo stesso art. 11-bis e, in particolare, dalle misure adottate dalla Commissione europea ai sensi dello stesso articolo.". 11. All'art. 36 del d.lgs. 13.3.2013, n. 30, sono apportate le seguenti modificazioni: a) il co. 7 è sostituito dal seguente: "7. La sanzione di cui al co. 6 si applica anche alle quote di biossido di carbonio emesse e non monitorate in conseguenza di omissioni o falGazzetta Amministrativa -157- Numero 3/4 - 2015 Unione Europea e Cooperazione Internazionale lio nel territorio della Repubblica italiana, anche ai fini dell'individuazione della competenza territoriale di cui al co. 12.". 12. All'art. 38 del d.lgs. 13.3.2013, n. 30, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al co. 1, lett. c), sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: "che applicano le misure di cui ai commi 3 e 4."; b) il co. 2 è sostituito dal seguente: "2. Gli impianti di cui al co. 1, lett. a) e b), esclusi ai sensi del medesimo co. che, in uno degli anni del periodo 2013-2020, emettono piu' di 25000 tCO2eq.rientrano nel sistema comunitario per lo scambio delle quote di emissione di gas ad effetto serra di cui alla direttiva 2003/87/CE e non possono essere oggetto di ulteriore esclusione. La verifica è fatta sulla base della comunicazione annuale delle emissioni di cui al co. 6, lett. a)."; c) dopo il co. 2 è inserito il seguente: "2-bis). Allorchè un impianto rientra nuovamente nel sistema comunitario per lo scambio delle quote di emissione di gas a effetto serra, le quote assegnate a norma dell'art. 21 sono rilasciate a decorrere dall'anno del rientro."; d) al co. 4, secondo periodo, dopo le parole: "su base biennale" sono inserite le seguenti: "a partire dal 30.06.2015"; 13. Al co. 2 dell'art. 41 del d.lgs. 13.3.2013, n. 30, dopo le parole: "I costi delle attività di cui", sono inserite le seguenti: "all'art. 4, co. 4, lett. o-bis),". 14. All'All. I "Categorie di attività relative alle emissioni di gas serra rientranti nel campo di applicazione del presente decreto" sono apportate le seguenti modificazioni: a) prima del punto 1 è inserito il seguente: "01. Gli impianti o le parti di impianti utilizzati per la ricerca, lo sviluppo e la sperimentazione di nuovi prodotti e processi e gli impianti che utilizzano esclusivamente biomassa non rientrano nel presente decreto."; b) il punto 3 è sostituito dal seguente: "3. Se una unità serve per un'attività per la quale la soglia non è espressa come potenza termica nominale totale, la soglia espressa come capacità di produzione di tale attività è prioritaria per la decisione in merito all'inclusione nel campo di applicazione del presente decreto.". Art. 2 100.000 euro aumentata, per ciascuna quota indebitamente rilasciata, di una somma pari a tre volte il valore medio della quota di biossido di carbonio nel quadrimestre da gennaio ad aprile dell'anno in corso fino ad un massimo di 100 euro per ciascuna quota. All'accertamento della violazione consegue, in ogni caso, l'obbligo per il gestore di trasferire nel conto unionale di cui all'art. 53, par. 4, del reg. (CE) n. 389/2013 una quantità di quote di emissione pari alle quote indebitamente rilasciate. Resta ferma la sanzione di cui al co. 6 in caso di mancata ottemperanza dell'obbligo di restituzione delle quote."; e) dopo il co. 10 sono inseriti i seguenti: "10bis. Salvo che il fatto costituisca reato, la violazione dell'art. 38, co. 4, è punita con una sanzione amministrativa pecuniaria da 1000 euro a 5000 euro, aumentata di 20 euro per ciascuna tonnellata di biossido di carbonio emessa in eccesso, ciascun anno, rispetto a quelle determinate con la metodologia, approvata dalla Commissione europea, di cui al co. 5 del medesimo art. 38. All'accertamento della violazione consegue, in ogni caso, l'obbligo di corrispondere il pagamento o la restituzione in EUA delle tonnellate di biossido emesse in eccesso. 10-ter. Salvo che il fatto costituisca reato, il gestore dell'impianto di ridotte dimensioni di cui all'art. 38 è soggetto ad una sanzione pecuniaria da 1000 euro a 5000 euro, qualora ometta di: a) inviare il Piano di monitoraggio entro 30 giorni dalla formale richiesta del Comitato; b) comunicare al Comitato il Piano di monitoraggio aggiornato entro 30 giorni dal verificarsi di modifiche dell'identità del gestore, ampliamenti o riduzioni della capacità produttiva dell'impianto superiori al 20 per cento, modifiche alla natura e al funzionamento dell'impianto nonchè modifiche significative al sistema di monitoraggio da valutarsi conformemente ai principi di cui all'art. 15 del reg. (UE) n. 601/2012; c) inviare la comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra entro il 30 aprile di ciascun anno."; f) dopo il co. 13 è aggiunto il seguente: "13bis. Gli operatori aerei, soggetti alla disciplina di cui al presente d.lgs., eleggono domiciGazzetta Amministrativa -158- Numero 3/4- 2015 Unione Europea e Cooperazione Internazionale Disposizioni finanziarie 1. Dall'attuazione del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni ed i soggetti pubblici interessati provvedono agli adempimenti previsti dal presente decreto con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. Art. 3 Entrata in vigore 1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare (D.lgs. 02.07.2015, n. 111 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 168 del 22.07.2015). recante “Attuazione della Direttiva 2013/29/UE concernente l'armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla messa a disposizione sul mercato di articoli pirotecnici. (D.lgs. 29.7.2015, n. 123 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 186 del 12.8.2015). «::::::::: GA :::::::::» DISCIPLINA SANZIONATORIA DELLE VIOLAZIONI DELLE DISPOSIZIONI DEL REG. (UE) N. 1177/2010, CHE MODIFICA IL REG. (CE) N. 2006/2004, RELATIVO AI DIRITTI DEI PASSEGGERI CHE VIAGGIANO VIA MARE E PER VIE NAVIGABILI INTERNE È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 191 del 18.08.2015 il D.lgs. 29.07.2015, n. 129 recante “Disciplina sanzionatoria delle violazioni delle disposizioni del reg. (ue) n. 1177/2010, che modifica il reg. (ce) n. 2006/2004, relativo ai diritti dei passeggeri che viaggiano via mare e per vie navigabili interne” (D.lgs. 29.07.2015, n. 129 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 191 del 18.08.2015). «::::::::: GA :::::::::» ATTUAZIONE DELLA DIRETTIVA 2012/34/ UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO, DEL 21.11.2012, CHE ISTITUISCE UNO SPAZIO FERROVIARIO EUROPEO UNICO (RIFUSIONE). «::::::::: GA :::::::::» È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 170 del 24.07.2015 il D.lgs. 15.07.2015, n. 112 recante “Attuazione della Direttiva 2012/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21.11.2012, che istituisce uno spazio ferroviario europeo unico (rifusione) (D.lgs. 15.7.2015, n. 112 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 170 del 24.07.2015). ATTUAZIONE DELLA DIRETTIVA 2013/11/UE SULLA RISOLUZIONE ALTERNATIVA DELLE CONTROVER-SIE DEI CONSUMATORI, CHE MODIFICA IL REG. (CE) N. 2006/2004 E LA DIRETTIVA 2009/22/CE (DIRETTIVA SULL'ADR PER I CONSUMATORI). È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 191 del 18.08.2015 il D.lgs. 6.8.2015, n. 130 recante “Attuazione della direttiva 2013/11/UE sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori, che modifica il reg. (CE) n. 2006/2004 e la direttiva 2009/22/ce (direttiva sull'ADR per i consumatori)” (D.lgs. 6.8.2015, n. 129 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 191 del 18.8.2015). «::::::::: GA :::::::::» ATTUAZIONE DELLA DIRETTIVA 2013/29/ UE CONCERNENTE L'ARMONIZZAZIONE DELLE LEGISLAZIONI DEGLI STATI MEMBRI RELATIVE ALLA MESSA A DISPOSIZIONE SUL MERCATO DI ARTICOLI PIROTECNICI. È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 186 del 12.8.2015 il d.lgs. 29.7.2015, n. 123 Gazzetta Amministrativa «::::::::: GA :::::::::» -159- Numero 3/4 - 2015 Unione Europea e Cooperazione Internazionale 229, ed in particolare l'art. 27; Visto il d.lgs. 27.01.2010, n. 11, ed in particolare gli artt. 39 e 40; Visto il d.lgs. 21.1.2011, n. 3, recante disposizioni sanzionatorie per le violazioni del reg. (CE) n. 924/2009 relativo ai pagamenti transfrontalieri nella Comunità; Vista la l. 24.12.2012, n. 234, ed in particolare gli artt. 30, co. 2, lett. d), e 33; Vista la l. 6.08.2013, n. 96, ed in particolare l'art. 2; Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 21.4.2015; Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 6.08.2015; Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e dell'economia e delle finanze; E m a n a il seguente d.lgs.: Art. 1 Finalità e ambito di applicazione 1. Il presente decreto reca la disciplina sanzionatoria per le violazioni delle disposizioni del reg. (CE) n. 924/2009 del 16.09. 2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, relativo ai pagamenti transfrontalieri nella Comunità, e del reg. (UE) n. 260/2012 del 14.03.2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, che stabilisce i requisiti tecnici e commerciali per i bonifici e gli addebiti diretti in euro. Art. 2 Definizioni 1. Ai fini del presente decreto si applicano le definizioni di cui: a) all'art. 2, paragrafo 1, n. 8), del reg. (UE) n. 260/2012 del 14.03.2012 del Parlamento europeo e del Consiglio (prestatore di servizi di pagamento o PSP); b) all'art. 2, paragrafo 1, n. 18), del citato reg. (UE) n. 260/2012 (sistema di pagamento di importo rilevante); c) all'art. 2, paragrafo 1, n. 22), del citato reg. (UE) n. 260/2012 (sistema di pagamento al dettaglio). 2. Si applicano inoltre le seguenti definizioni: a) reg. (CE) n. 924/2009: reg. (CE) n. 924/2009 del 16.09. 2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, relativo ai pagamenti ATTUAZIONE DELL'ART. 11 DEL REG. (UE) N. 260/2012 DEL 14.3.2012 CHE STABILISCE I REQUISITI TECNICI E COMMERCIALI PER I BONIFICI E GLI ADDEBITI DIRETTI IN EURO E DISPOSIZIONI SANZIONATORIE PER LE VIOLAZIONI DEL REG. (CE) N. 924/2009 RELATIVO AI PAGAMENTI TRANSFRONTALIERI NELLA COMUNITÀ È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 201 del 31.8.2015 il d.lgs. 18.8.2015, n. 135 recante “Attuazione dell'art. 11 del Reg. (UE) n. 260/2012 del 14.3.2012 che stabilisce i requisiti tecnici e commerciali per i bonifici e gli addebiti diretti in euro e disposizioni sanzionatorie per le violazioni del Reg. (CE) n. 924/2009 relativo ai pagamenti transfrontalieri nella Comunità”. Il Presidente della Repubblica Visti gli artt. 76 e 87 della Cost.; Visto l'art. 14 della l. 23.8.1988, n. 400, concernente disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri; Visto il reg. (CE) n. 924/2009 del 16.09. 2009, del Parlamento europeo e del Consiglio, relativo ai pagamenti transfrontalieri nella Comunità, il quale ha introdotto una serie di obblighi a carico degli intermediari che, nell'ambito della propria attività, eseguono pagamenti transfrontalieri, ed in particolare l'art. 13; Visto il reg. (UE) n. 260/2012 del 14.03.2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, che stabilisce i requisiti tecnici e commerciali per i bonifici e gli addebiti diretti in euro e che modifica il reg. (CE) n. 924/2009, ed in particolare gli artt. 11 e 17; Visto il reg. (UE) n. 248/2014 del 26.02.2014 del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il reg. (UE) n. 260/2012 per quanto riguarda la migrazione ai bonifici e agli addebiti diretti a livello di Unione, ed in particolare l'art. 1; Visto il testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, approvato con il d.lgs. 1.09.1993, n. 385, e successive modificazioni, ed in particolare gli artt. 145 e 146; Visto il d.lgs. 6.09. 2005, n. 206, recante codice del consumo, a norma dell'art. 7 della l. 29.07.2003, n. Gazzetta Amministrativa -160- Numero 3/4- 2015 Unione Europea e Cooperazione Internazionale violazione di cui all'art. 9 del reg. (UE) n. 260/2012 si applica, nei confronti dei soggetti di cui al medesimo art. 9, l'art. 27 del d.lgs. 6.09. 2005, n. 206. Art. 4 Sanzioni ai sensi del reg. (CE) n. 924/2009 1. Salvo che il fatto costituisca reato, per l'inosservanza degli obblighi a carico dei PSP, previsti dall'art. 3 del reg. (CE) n. 924/2009, si applica, nei confronti dei PSP, la sanzione amministrativa pecuniaria da 50.000 euro a 150.000 euro. 2. Salvo che il fatto costituisca reato, per l'inosservanza degli obblighi previsti dall'art. 4, paragrafi 1 e 3, del reg. (CE) n. 924/2009, si applica, nei confronti dei PSP, la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 euro a 100.000 euro. 3. Salvo che il fatto costituisca reato, per l'inosservanza degli obblighi previsti dall'art. 7 del reg. (CE) n. 924/2009, si applica, nei confronti dei PSP, la sanzione amministrativa pecuniaria da 50.000 euro a 150.000 euro. 4. In caso di reiterazione delle violazioni di cui ai commi 1, 2 e 3, ferma l'applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria, può essere disposta la sospensione dell'attività di prestazione di servizi di pagamento per un periodo da uno a sei mesi ai sensi dell'art. 146, co. 2, del t.u. delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al d.lgs. 1.09.1993, n. 385. Art. 5 Autorità competente per l'irrogazione delle sanzioni 1. La Banca d'Italia è autorità competente ai sensi dell'art. 9 del reg. (CE) n. 924/2009 e dell'art. 10 del reg. (UE) n. 260/2012 anche ai fini dell'irrogazione delle sanzioni amministrative, cui si applica l'art. 145 del d.lgs. 1.09.1993, n. 385. Resta salva la competenza dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato per le sanzioni di cui all'art. 3, co. 4, del presente decreto. 2. Nella determinazione dell'ammontare delle sanzioni amministrative pecuniarie, l'Autorità competente per l'irrogazione delle sanzioni considera, in particolare, le seguenti circostanze: a) gravità e durata della violazione; b) capacità finanziaria del responsabile della transfrontalieri nella Comunità e che abroga il reg. (CE) n. 2560/2001; b) reg. (UE) n. 260/2012: reg. (UE) n. 260/2012 del 14.03.2012 del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce i requisiti tecnici e commerciali per i bonifici e gli addebiti diretti in euro e che modifica il reg. (CE) n. 924/2009; c) servizi di pagamento: le attività commerciali elencate nell'allegato alla direttiva 2007/64/CE del 13.11.2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, recante modifica delle direttive 97/7/CE, 2002/65/CE, 2005/60/CE e 2006/48/CE, che abroga la direttiva 97/5/CE; d) gestore o gestore ufficiale: società o ente che gestisce sistemi di pagamento al dettaglio o singole fasi di questi; e) partecipante a un sistema di pagamento: società o ente che partecipa a un sistema di pagamento al dettaglio assumendo gli obblighi derivanti dalla disciplina contrattuale che regola la partecipazione al sistema. Art. 3 Sanzioni ai sensi del reg. (UE) n. 260/2012 1. Salvo che il fatto costituisca reato, per l'inosservanza degli obblighi previsti dall'art. 3, dall'art. 5, paragrafi 1, 2, 3, 6, 7 e 8, dall'art. 6, paragrafi 1, 2 e 3, e dall'art. 8 del reg. (UE) n. 260/2012, si applica, nei confronti dei PSP, la sanzione amministrativa pecuniaria da 50.000 euro a 150.000 euro. 2. Salvo che il fatto costituisca reato, per l'inosservanza degli obblighi previsti dall'art. 4, paragrafi 2 e 3, del reg. (UE) n. 260/2012, si applica, nei confronti del gestore o, in assenza di un gestore, dei partecipanti a un sistema di pagamento al dettaglio la sanzione amministrativa pecuniaria da 50.000 euro a 150.000 euro. 3. In caso di reiterazione delle violazioni di cui ai coo. 1 e 2, ferma l'applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria, puo' essere disposta la sospensione dell'attività di prestazione di servizi di pagamento per un periodo da uno a sei mesi ai sensi dell'art. 146, co. 2, del t.u. delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al d.lgs. 1.9.1993, n. 385. 4. Salvo che il fatto costituisca reato, alla Gazzetta Amministrativa -161- Numero 3/4 - 2015 Unione Europea e Cooperazione Internazionale violazione; c) entità del vantaggio ottenuto o delle perdite evitate attraverso la violazione, nella misura in cui essa sia determinabile; d) pregiudizi causati a terzi attraverso la violazione, nella misura in cui il loro ammontare sia determinabile; e) precedenti violazioni commesse da parte del medesimo soggetto; f) potenziali conseguenze sistemiche della violazione. Art. 6 Esposti alla Banca d'Italia 1. Fermo restando quanto previsto dagli artt. 3 e 4, in caso di violazione del reg. (UE) n. 260/2012 e del reg. (CE) n. 924/2009 da parte di un PSP, si applica l'art. 39 del d.lgs. 27.1.2010, n. 11. Art. 7 Ricorso stragiudiziale 1. Per la risoluzione delle controversie relative ai diritti ed agli obblighi derivanti dal reg. (UE) n. 260/2012 e dal reg. (CE) n. 924/2009 si applica l'art. 40 del d.lgs. 27.1.2010, n. 11. Art. 8 Disposizioni transitorie e finali 1. Le disposizioni del presente decreto si applicano alle violazioni commesse successivamente alla sua entrata in vigore. 2. Alle violazioni commesse anteriormente al- la data di entrata in vigore del presente decreto, si applicano le disposizioni di cui al d.lgs. 21.1.2011, n. 3. 3. Per l'accertamento e l'irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie si osservano, in quanto compatibili con quanto previsto dal presente d.lgs., le disposizioni contenute nel capo I, sezioni I e II, della l. 24.11.1981, n. 689. 4. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Art. 9 Clausola di invarianza finanziaria 1. Dall'attuazione del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. 2. Le amministrazioni ed i soggetti pubblici interessati provvedono all'attuazione delle disposizioni di cui al presente decreto con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare (D.lgs. 18.8.2015, n. 135 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 201 del 31.8.2015). «::::::::: GA :::::::::» Gazzetta Amministrativa -162- Numero 3/4- 2015 Unione Europea e Cooperazione Internazionale GIURISPRUDENZA Consiglio di Stato Sez. VI 7.8.2015 n. 3908 Facoltà di Medicina e Chirurgia: non può essere negata l’iscrizione ai corsi di laurea in Italia a studenti che, in quanto iscritti al primo anno in un’Università di altro Paese membro, non si sono sottoposti ai test di accesso. La questione controversa attiene alla verifica della compatibilità comunitaria della scelta della Amministrazione universitaria di negare ( con revirement sollecitato da una nota ministeriale, pur essa oggetto di impugnazione di primo grado, rispetto alla prima determinazione di ammissione ai corsi) l’iscrizione ai corsi di laurea in Italia a studenti che, in quanto iscritti al primo anno in un’Università di altro Paese membro ( nella specie la Romania), non si sono sottoposti ai test di accesso previsti dalla legge 2.8.1999, n. 264, che ha introdotto per la Facoltà di Mecidina e Chirurgia il sistema del numero programmato. Sulla questione si è di recente pronunciata l’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato ( Ad.plen. 28.01.2015 n. 1). Il Consiglio di Stato Sez. VI nella sentenza del 7.8.2015 n. 3908 ha richiamato tale autorevole precedente, condividendone l’impianto motivazionale. Al termine di una completa ed esaustiva disamina di tutte le questioni implicate, nella richiamata sentenza si è tra l’altro precisato come questo Consiglio abbia più volte ribadito (da ultimo, sez. VI, 22.4.2014, n. 2028 e 30.5.2014, n. 2829) che è legittima l´esclusione da un qualsiasi anno di corso degli studenti di università estere, che non superino la prova selettiva di primo accesso, eludendo con corsi di studio avviati all´estero la normativa nazionale ( v. anche Cons. Stato, sez.VI, 15.10.2013, n. 5015; 24.05.2013, n. 2866 e 10.04.2012, n. 2063 ). Secondo tale orientamento la disciplina recante la programmazione a livello nazionale degli "accessi" non farebbe distinzioni fra il primo anno di corso e gli anni successivi ( art. 1, co. 1, e 4 della l. 2.8.1999, n. 264, in rapporto alle previsioni del d.m. Gazzetta Amministrativa 22.10.2004, n. 270, recante il reg. sull´autonomia didattica degli atenei ); di conseguenza, il rilascio di nulla osta al trasferimento da atenei stranieri e l’iscrizione agli anni di corso successivi al primo richiederebbero comunque il previo superamento della prova nazionale di ammissione prevista dall’art. 4 citato ( ai fini, appunto, della “ammissione” ), sia per l’immatricolazione al primo anno accademico, sia, come dedotto appunto dall’Università odierna appellante, per l’iscrizione ad anni successivi in conseguenza del trasferimento. Tale conclusione, che assume la legittimità dei dinieghi adottati nei casi in cui si tratti di trasferimento da ateneo straniero senza previo superamento dei test d’accesso in Italia è stata tuttavia sottoposta ad un’attenta rimeditazione, sulla base delle attente osservazioni attinenti all’interpretazione logico-letterale della normativa di riferimento. Sul piano puramente letterale e sistematico è stato in particolare rilevato che: - a livello di normazione primaria e secondaria, le uniche disposizioni in materia di trasferimenti si rinvengono ai commi 8 e 9 dell’art. 3 del D.M. 16.03.2007 in materia di “Determinazione delle classi di laurea magistrale”, che, senz’alcun riferimento a requisiti per l’ammissione, disciplinano il riconoscimento dei crediti già maturati dallo studente; mentre con specifico riguardo ai trasferimenti nessuno specifico requisito di ammissione è previsto, l’art. 4 della l. 2.8.1999, n. 264 subordina l’ammissione ai corsi i cui accessi sono programmati a livello nazionale ( art. 1 ) o dalle singole università ( art. 2 ) al “previo superamento di apposite prove di cultura generale, sulla base dei programmi della scuola secondaria superiore, e di accertamento della predisposizione per le discipline oggetto dei corsi medesimi”; - sebbene la norma non riferisca espressamente la locuzione “ammissione” al solo “primo accoglimento dell’aspirante nel sistema universitario”, a rendere sicuramente preferibile e privilegiata tale interpretazione -163- Numero 3/4- 2015 Unione Europea e Cooperazione Internazionale ammesso al sistema universitario – di requisiti di cultura pre-universitaria” (pagg. 25 – 26). ancora, se la prova stessa è volta ad accertare la “predisposizione per le discipline oggetto dei corsi”, è vieppiù chiaro che tale accertamento ha senso solo in relazione ai soggetti che si candidano ad entrare da discenti nel sistema universitario, mentre per quelli già inseriti nel sistema ( e cioè già iscritti ad università italiane o straniere ) non si tratta più di accertare, ad un livello di per sé presuntivo, l’esistenza di una “predisposizione” di tal fatta, quanto piuttosto, semmai, di valutarne l’impegno complessivo di apprendimento (v. art. 5 del d.m. n. 270/2004) dimostrato dallo studente con l’acquisizione dei crediti corrispondenti alle attività formative compiute; - non a caso, allora, i già richiamati coo. 8 e 9 dell’art. 3 del d.m. 16.3.2007 danno rilievo esclusivo, in sede ed ai fini del trasferimento degli studenti da un’università ad un’altra, al riconoscimento dei crediti già maturati dallo studente, “secondo criteri e modalità previsti dal regolamento didattico del corso di laurea magistrale di destinazione”; In assenza, in definitiva, di specifiche, contrarie disposizioni di legge (atteso che, come risulta dall’excursus sopra compiuto, l’art. 4 della l. n. 264/1999 non è applicabile all’ipotesi del trasferimento di studenti universitarii da un Ateneo straniero ad uno nazionale ), potrà legittimamente dispiegarsi, nella materia de qua, la sola autonomia regolamentare di ciascun ateneo che, anche eventualmente condizionando l’iscrizione-trasferimento al superamento di una qualche prova di verifica del percorso formativo già compiuto: - stabilirà le modalità di valutazione dell’offerta potenziale dell’ateneo ai fini della determinazione, per ogni anno accademico ed in relazione ai singoli anni di corso, dei posti disponibili per trasferimenti, sulla base del rispetto imprescindibile della ripartizione di posti effettuata dal Ministero negli anni precedenti - nell’àmbito delle disponibilità per trasferimenti stabilirà le modalità di graduazione delle domande; - fisserà criteri e modalità per il riconoscimento dei crediti, anche prevedendo “colloqui per la verifica delle conoscenze effettivamente possedute” ( art. 3, co. 8, del d.m. 16.3.2007); - in tale àmbito determinerà i criteri, con i quali i crediti riconosciuti ( in termini di esami sostenuti ed può valere, nell’àmbito del corpus complessivo delle norme concernenti l’accesso ai corsi di studio universitari, l’art. 6 del d.m. 22.10.2004, n. 270, che, nell’indicare i “requisiti di ammissione ai corsi di studio”, fa esclusivo riferimento, ai fini della ammissione ad un corso di laurea (di primo livello o magistrale: vedansi i commi dall’1 al 3), al “possesso del diploma di scuola secondaria superiore”, ch’è appunto il titolo imprescindibile previsto per l’ingresso nel mondo universitario; il che rende palese che quando il legislatore fa riferimento alla ammissione ad un corso di laurea, intende riferirsi appunto allo studente (e solo allo studente) che chieda di entrare e sia accolto per la prima volta nel sistema; Inoltre, sul piano logico-sistematico la Adunanza plenaria ha rilevato che : - se i contenuti della prova di ammissione di cui all’art. 4 della l. 2.8.1999, n. 264 devono far riferimento ai “programmi della scuola secondaria superiore”, è evidente che la prova è rivolta a coloro che, in possesso del diploma rilasciato da tale scuola ( v. il già citato art. 6 del d.m. n. 270/2004 ), intendono affrontare gli studi universitari, in un logico continuum temporale con la conclusione degli studi orientati da quei “programmi” e dunque ai soggetti che intendono iscriversi per la prima volta al corso di laurea, sulla base, appunto, del titolo di studio acquisito e delle conoscenze ad esso sottostanti; - non a caso, in tale direzione, una ulteriore specificazione si ritrova nell’all. “A” al già citato D.M. 28.6.2012 (“Modalità e contenuti delle prove di ammissione ai corsi di laurea ad accesso programmato a livello nazionale a.a. 2012-2013”), che, nel definire i programmi relativi ai requisiti delle prove di ammissione ai corsi di laurea magistrale in Medicina e Chirurgia, prevede che “le conoscenze e le abilità richieste fanno comunque riferimento alla preparazione promossa dalle istituzioni scolastiche che organizzano attività educative e didattiche coerenti con i Programmi Ministeriali”: ne risulta evidente, come correttamente sottolinea l’Ordinanza di rimessione, “il riferimento della norma ad un accertamento da eseguirsi al momento del passaggio dello studente dalla scuola superiore all’università e dunque la dichiarata funzione alla quale la prova risponde: verificare la sussistenza - nello studente che aspira ad essere Gazzetta Amministrativa -164- Numero 3/4 - 2015 Unione Europea e Cooperazione Internazionale chiesti per l’accesso all’istruzione universitaria nazionale ( sì che non sarebbe predicabile l’equivalenza del superamento della prova di ammissione ad un’università straniera con quella prevista dall’ordinamento nazionale), una limitazione, da parte degli Stati membri, all’accesso degli studenti provenienti da università straniere per gli anni di corso successivi al primo della Facoltà di medicina e chirurgia ( qual è indubbiamente la necessità del superamento, ai fini dell’accesso stesso, di una prova selettiva nazionale predisposta, come s’è visto, ai soli fini della iscrizione al primo anno, in quanto volta ad accertare la “predisposizione” ad un corso di studi in realtà già in parte compiuto da chi intenda iscriversi ad uno degli anni successivi), si pone in contrasto con il predetto principio di libertà di circolazione. La stessa Corte di Giustizia ha confortato tale tesi con la sentenza 13.4.2010, n. 73 resa nel procedimento C-73/08, affermando che, se è pur vero che il diritto comunitario non arreca pregiudizio alla competenza degli Stati membri per quanto riguarda l´organizzazione dei loro sistemi di istruzione e di formazione professionale - in virtù degli artt. 165, n. 1, TFUE, e 166, n. 1, TFUE -, resta il fatto, tuttavia, che, nell´esercizio di tale potere, gli Stati membri devono rispettare il diritto comunitario, in particolare le disposizioni relative alla libera circolazione e al libero soggiorno sul territorio degli Stati membri (v., in tal senso, sentenze 11.09. 2007, causa C-76/05, Schwarz e Gootjes-Schwarz, Racc. pag. I-6849, punto 70, nonché 23.10.2007, cause riunite C-11/06 e C12/06, Morgan e Bucher, Racc. pag. I-9161, punto 24). In definitiva, ciò che soltanto appare compatibile con l’ordinamento comunitario è che sia lasciata all’autonomia dell’università il riconoscimento dei periodi di studio svolti all’estero (e dunque anche quelli non sfociati in un “titolo” ivi conseguito), tenendo conto del dato sostanziale costituito dalla completezza, esaustività, corrispondenza dei corsi da accreditare con gli omologhi corsi nazionali, prendendo in considerazione i contenuti formativi del corso di studi seguito all’estero con riferimento alle discipline oggetto d´esame; potere, questo, rispetto al quale completamente ultronea risulta la pretesa di effettuazione di una preliminare verifica della “predisposizione” a eventualmente di frequenze acquisite) si tradurranno nell’iscrizione ad un determinato anno di corso, sulla base del rispetto dei requisiti previsti dall’ordinamento didattico della singola università per la generalità degli studenti ai fini della iscrizione ad anni successivi al primo. Alla luce dei principi enunciati dalla Adunanza plenaria, il Consiglio di Stato ha rigettato l’appello in esame in quanto il diniego di iscrizione è stato opposto dall’Università de L’Aquila sulla base della mera circostanza secondo cui gli studenti universitari qui appellati non si erano sottoposti ai test di ingresso previsti per il primo anno di iscrizione dalla legislazione nazionale suindicata. Senonchè - precisa il Collegio - una tale interpretazione è contrastante con la normativa nazionale come interpretata dalla sentenza della Adunanza plenaria, che peraltro si pone in perfetta linea di coerenza con le coordinate desumibili dall’ordinamento comunitario. Ed infatti se è pur vero che l´ordinamento comunitario garantisce, a talune condizioni, il riconoscimento dei soli titoli di studio e professionali e non anche delle procedure di ammissione, che non risultano armonizzate ciò, tuttavia, lungi dal confermare la veduta tesi restrittiva, significa soltanto che il possesso dei requisiti di ammissione ad un ateneo europeo non dà di per sé “diritto” al trasferimento dello studente in qualsiasi altro Ateneo di diverso Stato dell’Unione Europea. Ma negare tout court il diritto al trasferimento in Italia degli studenti provenienti da Università di altri Paesi UE sarebbe contrario al principio di libertà di circolazione e soggiorno nel territorio degli Stati comunitari (art. 21 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea), suscettibile di applicazione non irrilevante nel settore dell’istruzione tenuto conto delle competenze attribuite all’Unione per il sostegno e completamento dell’azione degli Stati membri in materia di istruzione e formazione professionale (art. 6, lett. e), del Trattato), nonché degli obiettivi dell’azione dell’Unione fissati dall’art. 165 n. 2 secondo trattino del Trattato stesso, teso proprio a “favorire la mobilità degli studenti …, promuovendo tra l’altro il riconoscimento accademico dei diplomi e dei periodi di studio”. Ferma, dunque, la non equipollenza delle competenze e degli standard formativi riGazzetta Amministrativa -165- Numero 3/4- 2015 Unione Europea e Cooperazione Internazionale quale l’Università degli Studi dell´Aquila aveva respinto la richiesta di trasferimento avanzata da studente italiano iscritto presso un’università straniera per non avere superato in Italia l’esame di ammissione al corso di laurea in Medicina e Chirurgia. Il primo giudice, accogliendo il ricorso, annullava il suddetto provvedimento. L’Università degli Studi dell’Aquila proponeva appello sostenendo la necessità del previo superamento del test di accesso previsto dalla normativa nazionale. Il Consiglio di Stato Sez. VI nella sentenza del 4.6.2015 ha rigettato l´appello rilevando che la questione posta dall’appello è stata oramai risolta dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 1 del 28.01.2015, che ha stabilito che è illegittima la delibera con la quale il Consiglio di Corso di laurea in medicina e chirurgia di una università italiana respinge l’istanza avanzata da alcuni studenti iscritti al primo anno di studi di Facoltà di medicina di una università straniera, volta ad ottenere il trasferimento presso l’università italiana con iscrizione ad anno successivo al primo del corso di laurea in medicina e chirurgia con la motivazione che gli studenti, provenendo da università straniere, non avrebbero superato in Italia l’esame di ammissione al corso di laurea in medicina e chirurgia, requisito essenziale previsto dal manifesto degli studi. Infatti, la possibilità di transitare al secondo anno o ad anni successivi della facoltà di medicina e chirurgia di una università italiana non può, sulla base della vigente normativa nazionale ed europea, essere condizionata all’obbligo del test di ingresso previsto per il primo anno, che non può essere assunto come parametro di riferimento per l’attuazione del “trasferimento” in corso di studi, salvo il potere/dovere dell’università di concreta valutazione, sulla base di appositi parametri, del “periodo” di formazione svolto all’estero e salvo altresì il rispetto ineludibile del numero dei posti disponibili per il trasferimento, così come fissato dall’università stessa per ogni anno accademico in sede di programmazione, in relazione a ciascun anno di corso. È stato superato pertanto l’orientamento giurisprudenziale anche della Sezione secondo il quale, la disciplina recante la programmazione a livello nazionale degli accessi non farebbe distinzioni tra il pri- studi già in parte compiuti. Detta norma consente anche di superare qualsiasi dubbio di discriminazione fra studenti universitari provenienti da università italiane (che comunque hanno a suo tempo superato, ai fini dell’accesso all’università di provenienza, una prova di ammissione ex art. 4 della l. n. 264/1999 ) e studenti universitari provenienti da università straniere ( che una prova di ammissione alla stessa non abbiano sostenuto o che comunque abbiano superato una prova di tal fatta del tutto irrilevante per l’ordinamento nazionale), giacché il trasferimento interviene, sia per lo studente che eserciti la sua “mobilità” in àmbito nazionale che per lo studente proveniente da università straniere, non più sulla base di un requisito pregresso di ammissione agli studi universitari ormai del tutto irrilevante perché superato dal percorso formativo-didattico già seguito in àmbito universitario, ma esclusivamente sulla base della valutazione dei crediti formativi affidata alla autonomia universitaria, in conformità con i rispettivi ordinamenti, sulla base del principio di autonomia didattica di ciascun ateneo ( art. 11 della l. n. 341 del 1990, che affida l´ordinamento degli studi dei corsi e delle attività formative ad un regolamento degli ordinamenti didattici, denominato "regolamento didattico di ateneo"; v. anche l´art. 2, co. 2, del d.m. 22.10.2004, n. 270, che dispone che - ai fini della realizzazione della autonomia didattica di cui all´art. 11 della l. n. 341 del 1990 - le università, con le procedure previste dalla legge e dagli statuti, disciplinano gli ordinamenti didattici dei propri corsi di studio in conformità con le disposizioni del medesimo regolamento, nonché l´art. 11, co. 9, dello stesso D.M., che, a proposito dei regolamenti didattici di ateneo, prevede che le università, con appositi regolamenti, riordinano e disciplinano le procedure amministrative relative alle carriere degli studenti in accordo con le disposizioni del regolamento statale). Consiglio di Stato Sez. VI del 4.6.2015 n. 2746 L’università italiana non può opporre all’istanza di trasferimento degli studenti provenienti da università straniere per gli anni di corso successivi al primo il solo fatto del mancato superamento dei test di accesso. Oggetto del giudizio è il provvedimento con il Gazzetta Amministrativa -166- Numero 3/4 - 2015 Unione Europea e Cooperazione Internazionale mo anno di corso e gli anni successivi (artt. 1, co. 1, e 4 l. 2.8.1999, n.264, in rapporto alle previsioni del d.m. 22.10.2004, n. 270 recante il regolamento dell’autonomia didattica degli atenei), per il quale il rilascio del nulla osta al trasferimento da atenei stranieri e l’iscrizione agli anni di corso successivi al primo richiederebbero comunque il previo superamento della prova nazionale di ammissione prevista dall’art. 4 citato (ai fini appunto dell’ammissione), sia per l’immatricolazione al primo anno accademico, sia, come dedotto dall’università odierna appellante, per l’iscrizione ad anni successivi in conseguenza del trasferimento. Secondo il precedente dell’Adunanza Plenaria, sul piano sistematico: 1) a livello di formazione primaria e secondaria, le uniche disposizioni in materia di trasferimenti si rinvengono ai commi 8 e 9 dell’art. 3 del d.m. 16.3.2007 in materia di “Determinazione delle classi di laurea magistrale”, che, senza alcun riferimento a requisiti di ammissione, disciplinano il riconoscimento dei crediti già maturati dallo studente; 2) l’art. 4 l. 2.8.1999, n. 264 subordina l’ammissione ai corsi i cui accessi sono programmati a livello nazionale (art. 1) o dalle singole università (art. 2), al “previo superamento di apposite prove di cultura generale, sulla base dei programmi della scuola secondaria superiore, e di accertamento della predisposizione per le discipline oggetto dei corsi medesimi”; 3) la locuzione “ammissione” contenuta nella norma sopra citata fa riferimento al solo “primo accoglimento dell’aspirante nel sistema universitario”; 4) nel definire “modalità e contenuti delle prove di ammissione ai corsi di laurea ad accesso programmato a livello nazionale a.a.20122013”, il d.m. 28.6.2012 usa indifferentemente i termini di “ammissione” ed “immatricolazione”, facendo riferimento quest’ultimo allo studente che si iscriva al primo anno di corso. Mentre sul piano giuridico, ha rilevato l’Adunanza Plenaria, i test di accesso mirano a valutare la preparazione di colui che, terminata la scuola superiore, deve ancora entrare nell’università per quelli già inseriti nel sistema (e cioè iscritti ad università italiane o straniere) non si tratta più di accertare, ad un livello di per sé presuntivo, l’esistenza di una “predisposizione” di tal fatta, quanto, semmai, di valutarne l’impegno complessivo di apprendimento dimostrato dallo studente con l’acquisizione dei crediti corrispondenti alle attività formative compiute. Una limitazione, da parte degli Stati membri, all’accesso degli studenti provenienti da università straniere per gli anni di corso successivi al primo della facoltà di medicina e chirurgia, si porrebbe in contrasto con il principio comunitario di libertà di circolazione. Pertanto, l’università italiana non può opporre all’istanza di trasferimento il solo fatto del mero mancato superamento dei test di accesso, ma deve in concreto valutare il periodo formativo svolto all’estero e tenere conto dei posti disponibili per i trasferimenti. «:::::::::GA:::::::::» Gazzetta Amministrativa -167- Numero 3/4- 2015 Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza CONTRATTI, SERVIZI PUBBLICI E CONCORRENZA NOTIZIE E AGGIORNAMENTI 4.6.2015 del Garante per la Protezione dei dati personali recante "Linee guida in materia di Dossier sanitario” (Provvedimento del Garante per la Protezione dei dati personali pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 164 del 17.7.2015). GARANTE PRIVACY: IN G.U. IL PROVVEDIMENTO SULLA BANCA DATI RELATIVA A MOROSITÀ INTENZIONALI DELLA CLIENTELA DEL SETTORE TELEFONICO È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 257 del 4.11.2015 il provvedimento dell'8.10.2015 del Garante per la protezione dei dati personali recante "Costituzione di una banca dati relativa a morosità intenzionali della clientela del settore telefonico (S.I.Mo.I.Tel) (Provvedimento pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 257 del 4.11.2015). «::::::::: GA :::::::::» ATTUAZIONE DELLA DIRETTIVA ADR PER I CONSUMATORI: IN G.U. IL D.LGS. N. 130 DEL 6.8.2015 È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 191 del 18/08/2015 il d.lgs. 6.08.2015, n. 130 che attua la dir. 2013/11/UE sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori, che modifica il reg. (CE) n. 2006/2004 e la direttiva 2009/22/CE. “ Visti gli artt. 76 e 87 della Cost.; Visto l'art. 14, co. 1, della l. 23.8.1988, n. 400; Vista la direttiva 2013/11/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21.5.2013, sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori, che modifica il reg. (CE) n. 2006/2004 e la direttiva 2009/22/CE (direttiva sull'ADR per i consumatori); Vista la l. 24.12.2012, n. 234, recante norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea, ed in particolare gli artt. 31 e 32; Vista la l. 7.10.2014, n. 154, recante delega al Governo per il recepimento delle direttive «::::::::: GA :::::::::» PREVENZIONE INCENDI: IN G. U. LE NORME TECNICHE È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Serie Generale n.192 del 20-8-2015 - Suppl. Ordinario n. 51 il decreto del 3.08.2015 del Ministero dell´Interno recante "Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi, ai sensi dell´art. 15 del d.lgs. 8.3.2006, n. 139" (Decreto del Ministero dell´Interno in G.U. n. 192 del 20.8.2015). «::::::::: GA :::::::::» DOSSIER SANITARIO: IN G.U. LE LINEE GUIDA DEL GARANTE PRIVACY È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 164 del 17.7.2015 il provvedimento del Gazzetta Amministrativa -168- Numero 3/4 - 2015 Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza contrattuali derivanti da un contratto di vendita o di servizi, nell'ambito della quale il consumatore, quando ordina i beni o i servizi, risiede nello stesso Stato membro dell'Unione europea in cui è stabilito il professionista; f) «controversia transfrontaliera»: una controversia relativa ad obbligazioni contrattuali derivanti da un contratto di vendita o di servizi, nell'ambito della quale il consumatore, quando ordina i beni o i servizi, risiede in uno Stato membro dell'Unione europea diverso da quello in cui è stabilito il professionista; g) «procedura ADR»: una procedura di risoluzione extragiudiziale delle controversie conforme ai requisiti di cui al presente titolo ed eseguita da un organismo ADRAlternative Dispute Resolution; h) «organismo ADR»: qualsiasi organismo, a prescindere dalla sua denominazione, istituito su base permanente, che offre la risoluzione di una controversia attraverso una procedura ADR ed è iscritto nell'elenco di cui all'art. 141-decies; i) «autorità competente»: le autorità indicate dall'art. 141-octies; l) «domanda»: la domanda presentata all'organismo per avviare la procedura ADR; m) «servizi non economici di interesse generale»: i servizi di interesse generale che non sono prestati a fini economici, a prescindere dalla forma giuridica sotto la quale tali servizi sono prestati, e, in particolare i servizi prestati, senza corrispettivo economico, da pubbliche amministrazioni o per conto delle stesse. 2. Ai fini del presente titolo il professionista si considera stabilito: a) se si tratta di una persona fisica, presso la sua sede di attività; b) se si tratta di una società o di un'altra persona giuridica o di un'associazione di persone fisiche o giuridiche, presso la sua sede legale, la sua amministrazione centrale o la sua sede di attività, comprese le filiali, le agenzie o qualsiasi altra sede. 3. Ai fini del presente titolo, l'organismo ADR si considera stabilito: a) se è gestito da una persona fisica, nel luogo in cui svolge le attività ADR; europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea Legge di delegazione europea 2013 - secondo semestre - ed in particolare l'art. 8, che introduce principi e criteri direttivi specifici per il recepimento della direttiva 2013/11/UE; Visto il d.lgs. 6.9.2005, n. 206, e successive modificazioni, recante il codice del consumo; Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione dell'8.05.2015; Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 31.7.2015; Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze, della giustizia e degli affari esteri e della cooperazione internazionale; E m a n a il seguente d.lgs.: Art. 1 Modifiche al Codice del consumo in attuazione della direttiva 2013/11/UE sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori 1. Alla parte V del d.lgs. 6.9.2005, n. 206, recante Codice del consumo, il titolo II termina con l'art. 140-bis e dopo il titolo II è inserito il seguente: «titolo II-bis risoluzione extragiudiziale delle controversie». 2. L'art. 141 del d.lgs. 6.9.2005, n. 206, recante Codice del consumo, è sostituito dal seguente: «Art. 141 (Disposizioni generali: definizioni ed ambito di applicazione). - 1. Ai fini del presente titolo, si intende per: a) «consumatore»: la persona fisica, di cui all'art. 3, co. 1, lett. a); b) «professionista»: il soggetto, di cui all'art. 3, co. 1, lett. c); c) «contratto di vendita»: il contratto di cui all'art. 45, co. 1, lett. e); d) «contratto di servizi»: il contratto di cui all'art. 45, co. 1, lett. f); e) «controversia nazionale»: una controversia relativa ad obbligazioni Gazzetta Amministrativa -169- Numero 3/4 - 2015 Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza n. 481, che prevede il tentativo obbligatorio di conciliazione nelle materie di competenza dell'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, e le cui modalità di svolgimento sono regolamentate dall'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico con propri provvedimenti. 7. Le procedure svolte nei settori di competenza dell'Autorità per l'energia elettrica, il gas ed il sistema idrico, della Banca d'Italia, della Commissione nazionale per la società e la borsa e dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, ivi comprese quelle che prevedono la partecipazione obbligatoria del professionista, sono considerate procedure ADR ai sensi del presente Codice, se rispettano i principi, le procedure e i requisiti delle disposizioni di cui al presente titolo. 8. Le disposizioni di cui al presente titolo non si applicano: a) alle procedure presso sistemi di trattamento dei reclami dei consumatori gestiti dal professionista; b) ai servizi non economici d'interesse generale; c) alle controversie fra professionisti; d) alla negoziazione diretta tra consumatore e professionista; e) ai tentativi di conciliazione giudiziale per la composizione della controversia nel corso di un procedimento giudiziario riguardante la controversia stessa; f) alle procedure avviate da un professionista nei confronti di un consumatore; g) ai servizi di assistenza sanitaria, prestati da professionisti sanitari a pazienti, al fine di valutare, mantenere o ristabilire il loro stato di salute, compresa la prescrizione, la somministrazione e la fornitura di medicinali e dispositivi medici; h) agli organismi pubblici di istruzione superiore o di formazione continua. 9. Le disposizioni di cui al presente titolo non precludono il funzionamento di eventuali organismi ADR istituiti nell'ambito delle norme e provvedimenti, di cui ai commi 7 e 8, ed in cui i funzionari pubblici sono incaricati delle controversie e considerati rappresentanti sia degli interessi dei consumatori e sia degli interessi dei b) se è gestito da una persona giuridica o da un'associazione di persone fisiche o di persone giuridiche, nel luogo in cui tale persona giuridica o associazione di persone fisiche o giuridiche svolge le attività ADR o ha la sua sede legale; c) se è gestito da un'autorità o da un altro ente pubblico, nel luogo in cui tale autorità o altro ente pubblico ha la propria sede. 4. Le disposizioni di cui al presente titolo, si applicano alle procedure volontarie di composizione extragiudiziale per la risoluzione, anche in via telematica, delle controversie nazionali e transfrontaliere, tra consumatori e professionisti residenti e stabiliti nell'Unione europea, nell'ambito delle quali l'organismo ADR propone una soluzione o riunisce le parti al fine di agevolare una soluzione amichevole e, in particolare, agli organismi di mediazione per la trattazione degli affari in materia di consumo iscritti nella sezione speciale di cui all'art. 16, commi 2 e 4, del d.lgs. 4.03.2010, n. 28, e agli altri organismi ADR istituiti o iscritti presso gli elenchi tenuti e vigilati dalle autorità di cui al co. 1, lett. i), previa la verifica della sussistenza dei requisiti e della conformità della propria organizzazione e delle proprie procedure alle prescrizioni del presente titolo. Le disposizioni di cui al presente titolo si applicano, altresi', alle eventuali procedure, previste ai sensi del co. 7, in cui l'organismo ADR adotta una decisione. 5. Le disposizioni di cui al presente titolo si applicano altresi' alle procedure di conciliazione paritetica di cui all'art. 141ter. 6. Sono fatte salve le seguenti disposizioni che prevedono l'obbligatorietà delle procedure di risoluzione extragiudiziale delle controversie: a) art. 5, co. 1-bis, del d.lgs. 4.3.2010, n. 28, che disciplina i casi di condizione di procedibilità con riferimento alla mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali; b) art. 1, co. 11, della l. 31.07.1997, n. 249, che prevede il tentativo obbligatorio di conciliazione nel settore delle comunicazioni elettroniche; c) art. 2, co. 24, lett. b), della l. 14.11. 1995, Gazzetta Amministrativa -170- Numero 3/4 - 2015 Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza direttamente con il professionista; b) la controversia è futile o temeraria; c) la controversia è in corso di esame o è già stata esaminata da un altro organismo ADR o da un organo giurisdizionale; d) il valore della controversia è inferiore o superiore a una soglia monetaria prestabilita a un livello tale da non nuocere in modo significativo all'accesso del consumatore al trattamento dei reclami; e) il consumatore non ha presentato la domanda all'organismo ADR entro un limite di tempo prestabilito, che non deve essere inferiore a un anno dalla data in cui il consumatore ha presentato il reclamo al professionista; f) il trattamento di questo tipo di controversia rischierebbe di nuocere significativamente all'efficace funzionamento dell'organismo ADR. 3. Qualora, conformemente alle proprie norme procedurali, un organismo ADR non è in grado di prendere in considerazione una controversia che gli è stata presentata, tale organismo ADR fornisce a entrambe le parti una spiegazione motivata delle ragioni della sua decisione di non prendere in considerazione la controversia entro ventuno giorni dal ricevimento del fascicolo della domanda. Tali norme procedurali non devono nuocere in modo significativo all'accesso da parte dei consumatori alle procedure ADR, compreso in caso di controversie transfrontaliere. 4. È fatto obbligo agli organismi ADR di prevedere e garantire che le persone fisiche da essi incaricate della risoluzione delle controversie siano: a) in possesso delle conoscenze e delle competenze in materia di risoluzione alternativa o giudiziale delle controversie dei consumatori, inclusa una comprensione generale del diritto provvedendo, se del caso, alla loro formazione; b) nominate per un incarico di durata sufficiente a garantire l'indipendenza dell'attività da svolgere, non potendo essere sostituito o revocato nell'incarico senza una giusta causa; c) non soggette ad istruzioni dell'una o dell'altra delle parti o dei loro professionisti. 10. Il consumatore non puo' essere privato in nessun caso del diritto di adire il giudice competente qualunque sia l'esito della procedura di composizione extragiudiziale.». 3. Dopo l'art. 141 del d.lgs. 6.9.2005, n. 206, recante Codice del consumo, sono inseriti i seguenti: «Art. 141-bis (Obblighi, facoltà e requisiti degli organismi ADR). - 1. È fatto obbligo agli organismi ADR di: a) mantenere un sito web aggiornato che fornisca alle parti un facile accesso alle informazioni concernenti il funzionamento della procedura ADR e che consenta ai consumatori di presentare la domanda e la documentazione di supporto necessaria in via telematica; b) mettere a disposizione delle parti, su richiesta delle stesse, le informazioni di cui alla lett. a), su un supporto durevole, cosi' come definito dall'art. 45, co. 1, lett. l); c) consentire al consumatore la possibilità, ove applicabile, di presentare la domanda anche in modalità diverse da quella telematica; d) consentire lo scambio di informazioni tra le parti per via elettronica o, se applicabile, attraverso i servizi postali; e) accettare sia le controversie nazionali sia quelle transfrontaliere, comprese le controversie oggetto del reg. (UE) n. 524/2013, anche attraverso il ricorso a reti di organismi ADR; f) adottare i provvedimenti necessari a garantire che il trattamento dei dati personali avvenga nel rispetto delle regole di cui al d.lgs. 30.6.2003, n. 196, e successive modificazioni. 2. Gli organismi ADR possono, salve le diverse prescrizioni contenute in altre norme applicabili ovvero nelle deliberazioni delle autorità di regolazione di settore, mantenere e introdurre norme procedurali che consentano loro di rifiutare il trattamento di una determinata controversia per i seguenti motivi: a) il consumatore non ha tentato di contattare il professionista interessato per discutere il proprio reclamo nè cercato, come primo passo, di risolvere la questione Gazzetta Amministrativa -171- Numero 3/4 - 2015 Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza composto da un numero uguale di rappresentanti dell'organizzazione professionale e dell'associazione di imprese da cui sono assunte o retribuite e di una o più associazioni dei consumatori e degli utenti di cui all'art. 137. 9. È fatto obbligo agli organismi ADR in cui le persone fisiche incaricate della risoluzione delle controversie fanno parte di un organismo collegiale, disporre che il collegio sia composto da un numero uguale di rappresentanti degli interessi dei consumatori e di rappresentanti degli interessi dei professionisti. 10. Se gli organismi ADR, ai fini del co. 4, lett. a), del presente articolo, provvedono alla formazione delle persone fisiche incaricate della risoluzione extragiudiziale delle controversie, le autorità competenti provvedono a monitorare i programmi di formazione istituiti dagli organismi ADR in base alle informazioni comunicate loro ai sensi dell'art. 141-nonies, co. 4, lett. g). I programmi di formazione possono essere promossi ed eseguiti dalle stesse autorità competenti, di cui all'art. 141-octies. Restano ferme le disposizioni in materia di formazione dei mediatori di cui ai commi 4bis, 5 e 6 dell'art. 16 del d.lgs. 4.03.2010, n. 28. rappresentanti; d) retribuite indipendentemente dall'esito della procedura. 5. È fatto altresi' obbligo alle persone fisiche incaricate della risoluzione delle controversie, di comunicare tempestivamente all'organismo ADR tutte le circostanze, emerse durante l'intera procedura ADR, idonee ad incidere sulla loro indipendenza e imparzialità o capaci di generare conflitti di interessi con l'una o l'altra delle parti della controversia che sono chiamate a risolvere. In tale ipotesi, se le parti non sono soddisfatte delle prestazioni o del funzionamento della procedura medesima, l'organismo ADR deve: a) sostituire la persona fisica interessata, affidando la conduzione della procedura ADR ad altra persona fisica; o in mancanza b) garantire che la persona fisica interessata si astenga dal condurre la procedura ADR e, se possibile, proporre alle parti di presentare la controversia ad un altro organismo ADR competente a trattare la controversia; o in mancanza c) consentire alla persona fisica interessata di continuare a condurre la procedura solo se le parti, dopo essere state informate delle circostanze e del loro diritto di opporsi, non hanno sollevato obiezioni. 6. Resta fermo il diritto delle parti di ritirarsi in qualsiasi momento dalla procedura ADR, salvo quanto previsto dall'art. 141-quater, co. 5, lett. a). 7. Nell'ipotesi prevista dal co. 5, qualora l'organismo ADR sia costituito da una sola persona fisica, si applicano unicamente le lettere b) e c) del medesimo comma. 8. Qualora le persone fisiche incaricate della procedura ADR siano assunte o retribuite esclusivamente da un'organizzazione professionale o da un'associazione di mprese di cui il professionista è membro, è assicurato che, oltre ai requisiti del presente titolo e quelli generali di cui ai commi 4 e 9, esse abbiano a loro disposizione risorse di bilancio distinte e apposite che siano sufficienti ad assolvere i loro compiti. Il presente comma non si applica qualora le persone fisiche interessate facciano parte di un organismo collegiale Gazzetta Amministrativa Art. 141-ter (Negoziazioni paritetiche). - 1. Le procedure svolte dinanzi agli organismi ADR in cui parte delle persone fisiche incaricate della risoluzione delle controversie sono assunte o retribuite esclusivamente dal professionista o da un'organizzazione professionale o da un'associazione di imprese di cui il professionista è membro, sono considerate procedure ADR, ai sensi del presente Codice, se, oltre all'osservanza delle disposizioni di cui al presente titolo, rispettano i seguenti ulteriori requisiti specifici di indipendenza e trasparenza: a) le persone fisiche incaricate della risoluzione delle controversie devono far parte di una commissione paritetica composta da un numero uguale di rappresentanti delle associazioni dei consumatori e degli utenti, di cui all'art. 137, e di rappresentanti del professionista, -172- Numero 3/4 - 2015 Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza bilancio generale del professionista, per lo svolgimento dei suoi compiti. 2. Rientrano nelle procedure di cui al co. 1 esclusivamente le negoziazioni paritetiche disciplinate da protocolli di intesa stipulati tra i professionisti o loro associazioni e un numero non inferiore a un terzo delle associazioni dei consumatori e degli utenti, di cui all'art. 137, nonchè quelle disciplinate da protocolli di intesa stipulati nel settore dei servizi pubblici locali secondo i criteri a tal fine indicati nell'accordo sancito in sede di Conferenza unificata Stato-regioni e Stato-città ed autonomie locali del 26.09. 2013, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 254 del 29.10.2013. e sono nominate a seguito di una procedura trasparente; b) le persone fisiche incaricate della risoluzione delle controversie devono ricevere un incarico di almeno tre anni per garantire l'indipendenza della loro azione; c) è fatto obbligo al rappresentante delle associazioni dei consumatori e degli utenti, di cui all'art. 137, di non avere alcun rapporto lavorativo con il professionista, con un'organizzazione professionale o un'associazione di imprese di cui il professionista sia membro, per l'intera durata dell'incarico e per un periodo di tre anni decorrenti dalla cessazione del proprio incarico nell'organismo ADR, nè di avere contributi finanziari diretti da parte degli stessi; gli eventuali contributi erogati dal professionista o dall'organizzazione professionale o dall'associazione di imprese di cui il professionista fa parte, quale parziale rimborso all'associazione dei consumatori per gli oneri sostenuti per prestare assistenza gratuita al consumatore nella procedura ADR, devono essere erogati in modo trasparente, informandone l'autorità competente o secondo le procedure dalla stessa stabilite; d) è fatto, altresi', obbligo al rappresentante del professionista, se tale rapporto lavorativo non era già in corso al momento di conferimento dell'incarico, di non avere alcun rapporto lavorativo con il professionista, con un'organizzazione professionale o un'associazione di imprese di cui il professionista sia membro, per un periodo di tre anni decorrenti dalla cessazione del proprio incarico nell'organismo ADR; e) l'organismo di risoluzione delle controversie, ove non abbia distinta soggettività giuridica rispetto al professionista o all'organizzazione professionale o all'associazione di imprese di cui il professionista fa parte, deve essere dotato di sufficiente autonomia e di un organo paritetico di garanzia privo di collegamenti gerarchici o funzionali con il professionista, deve essere chiaramente separato dagli organismi operativi del professionista ed avere a sua disposizione risorse finanziarie sufficienti, distinte dal Gazzetta Amministrativa Art. 141-quater (Trasparenza, efficacia, equità e libertà). - 1. È fatto obbligo agli organismi ADR, di rendere disponibili al pubblico sui loro siti web, su supporto durevole su richiesta e in qualsiasi altra modalità funzionale al perseguimento delle finalità di trasparenza, efficacia, equità e libertà, informazioni chiare e facilmente comprensibili riguardanti: a) le modalità di contatto, l'indirizzo postale e quello di posta elettronica; b) il proprio inserimento nell'elenco di cui all'art. 141-decies, secondo co.; c) le persone fisiche incaricate della procedura ADR, i criteri seguiti per il conferimento dell'incarico nonchè per la loro successiva designazione e la durata del loro incarico; d) la competenza, l'imparzialità e l'indipendenza delle persone fisiche incaricate della procedura ADR qualora siano assunte o retribuite esclusivamente dal professionista; e) l'eventuale appartenenza a reti di organismi ADR che agevolano la risoluzione delle controversie transfrontaliere; f) il settore di competenza specifica, incluso, eventualmente, il limite di valore di competenza; g) le norme che disciplinano la procedura di risoluzione stragiudiziale della controversia per la quale l'organismo di ADR è stato iscritto e i motivi per cui -173- Numero 3/4 - 2015 Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza i rifiuti di cui all'art. 141-bis, co. 2; d) nel caso di procedure di cui dell'art. 141-ter, le quote percentuali di soluzioni proposte a favore del consumatore e a favore del professionista, e di controversie risolte con una composizione amichevole; e) la quota percentuale delle procedure DR interrotte e, se noti, i motivi della loro interruzione; f) il tempo medio necessario per la risoluzione delle controversie; g) la percentuale di rispetto, se nota, degli esiti delle procedure ADR; h) l'eventuale cooperazione con organismi ADR all'interno di reti di organismi ADR che agevolano la risoluzione delle controversie transfrontaliere. 3. Le procedure ADR devono rispettare le seguenti prescrizioni: a) essere disponibili e facilmente accessibili online e offline per entrambe le parti, a prescindere dalla loro ubicazione; b) consentire la partecipazione alle parti senza obbligo di assistenza legale; è fatto sempre salvo il diritto delle parti di ricorrere al parere di un soggetto indipendente o di essere rappresentate o assistite da terzi in qualsiasi fase della procedura; c) essere gratuite o disponibili a costi minimi per i consumatori; d) l'organismo ADR che ha ricevuto una domanda dà alle parti comunicazione dell'avvio della procedura relativa alla controversia non appena riceve il fascicolo completo della domanda; e) concludersi entro il termine di novanta giorni dalla data di ricevimento del fascicolo completo della domanda da parte dell'organismo ADR; in caso di controversie particolarmente complesse, l'organismo ADR puo', a sua discrezione, prorogare il termine fino a un massimo di novanta giorni; le parti devono essere informate di tale proroga e del nuovo termine di conclusione della procedura. 4. Nell'ambito delle procedure ADR deve essere garantito altresi' che: a) le parti abbiano la possibilità, entro un periodo di tempo ragionevole di esprimere la loro opinione, di ottenere dall'organismo ADR le argomentazioni, le prove, i documenti l'organismo ADR puo' rifiutare di trattare una determinata controversia ai sensi dell'art. 141-bis, co. 2; h) le lingue nelle quali possono essere presentati i reclami all'organismo ADR e secondo le quali si svolge la procedura ADR; i) se l'organismo ADR risolve le controversie in base a disposizioni giuridiche, considerazioni di equità, codici di condotta o altri tipi di regole; l) eventuali attività che le parti sono tenute a rispettare prima di avviare la procedura ADR, incluso il tentativo di risoluzione della controversia mediante negoziazione diretta con il professionista; m) la possibilità o meno per le parti di ritirarsi dalla procedura; n) gli eventuali costi che le parti dovranno sostenere, comprese le norme sulla ripartizione delle spese al termine della procedura; o) la durata media della procedura ADR; p) l'effetto giuridico dell'esito della procedura ADR; q) l'esecutività della decisione ADR, nei casi eventualmente previsti dalle norme vigenti. 2. È fatto obbligo agli organismi ADR di rendere disponibili al pubblico sui loro siti web, su un supporto durevole su richiesta e in altra modalità funzionale al perseguimento delle finalità di trasparenza, le relazioni annuali d'attività. Tali relazioni, con riferimento alle controversie sia nazionali che transfrontaliere devono comprendere le seguenti informazioni: a) numero di reclami ricevuti e tipologie di controversie cui si riferiscono; b) eventuali cause sistematiche o significative generatrici delle controversie tra consumatori e professionisti; tali informazioni possono essere accompagnate, se del caso, da raccomandazioni idonee ad evitare o risolvere problematiche analoghe in futuro, a migliorare le norme dei professionisti e ad agevolare lo scambio di informazioni e di migliori prassi; c) la percentuale di controversie che l'organismo ADR ha rifiutato di trattare e la quota in percentuale dei tipi di motivo per Gazzetta Amministrativa -174- Numero 3/4 - 2015 Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza ADR sui termini di prescrizione e decadenza). 1. Dalla data di ricevimento da parte dell'organismo ADR, la relativa domanda produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale. Dalla stessa data, la domanda impedisce altresi' la decadenza per una sola volta. 2. Se la procedura ADR fallisce, i relativi termini di prescrizione e decadenza iniziano a decorrere nuovamente dalla data della comunicazione alle parti della mancata definizione della controversia con modalità che abbiano valore di conoscenza legale. 3. Sono fatte salve le disposizioni relative alla prescrizione e alla decadenza contenute negli accordi internazionali di cui l'Italia è parte. e i fatti presentati dall'altra parte, salvo che la parte non abbia espressamente richiesto che gli stessi debbano restare riservati, le eventuali dichiarazioni rilasciate e opinioni espresse da esperti e di poter esprimere osservazioni in merito; b) le parti siano informate del fatto che non sono obbligate a ricorrere a un avvocato o consulente legale, ma possono chiedere un parere indipendente o essere rappresentate o assistite da terzi in qualsiasi fase della procedura; c) alle parti sia notificato l'esito della procedura ADR per iscritto o su un supporto durevole, e sia data comunicazione dei motivi sui quali è fondato. 5. Nell'ipotesi di procedure ADR volte a risolvere la controversia proponendo una soluzione, gli organismi ADR garantiscono che: a) le parti abbiano la possibilità di ritirarsi dalla procedura in qualsiasi momento. Le parti sono informate di tale diritto prima dell'avvio della procedura. Nel caso in cui è previsto l'obbligo del professionista di aderire alle procedure ADR, la facoltà di ritirarsi dalla procedura spetta esclusivamente al consumatore; b) le parti, prima di accettare o meno o di dare seguito a una soluzione proposta, siano informate del fatto che: 1) hanno la scelta se accettare o seguire la soluzione proposta o meno; 2) la partecipazione alla procedura non preclude la possibilità di chiedere un risarcimento attraverso un normale procedimento giudiziario; 3) la soluzione proposta potrebbe essere diversa dal risultato che potrebbe essere ottenuto con la decisione di un organo giurisdizionale che applichi norme giuridiche; c) le parti, prima di accettare o meno o di dare seguito a una soluzione proposta, siano informate dell'effetto giuridico che da cio' consegue; d) le parti, prima di accogliere una soluzione proposta o acconsentire a una soluzione amichevole, dispongano di un periodo di riflessione ragionevole. Art. 141-sexies (Informazioni e assistenza ai consumatori). 1. I professionisti stabiliti in Italia che si sono impegnati a ricorrere ad uno o più organismi ADR per risolvere le controversie sorte con i consumatori, sono obbligati ad informare questi ultimi in merito all'organismo o agli organismi competenti per risolvere le controversie sorte con i consumatori. Tali informazioni includono l'indirizzo del sito web dell'organismo ADR pertinente o degli organismi ADR pertinenti. 2. Le informazioni di cui al co. 1 devono essere fornite in modo chiaro, comprensibile e facilmente accessibile sul sito web del professionista, ove esista, e nelle condizioni generali applicabili al contratto di vendita o di servizi stipulato tra il professionista ed il consumatore. 3. Nel caso in cui non sia possibile risolvere una controversia tra un consumatore e un professionista stabilito nel rispettivo territorio in seguito a un reclamo presentato direttamente dal consumatore al professionista, quest'ultimo fornisce al consumatore le informazioni di cui al co. 1, precisando se intenda avvalersi dei pertinenti organismi ADR per risolvere la controversia stessa. Tali informazioni sono fornite su supporto cartaceo o su altro supporto durevole. 4. È fatta salva l'applicazione delle disposizioni relative all'informazione dei Art. 141-quinquies (Effetti della procedura Gazzetta Amministrativa -175- Numero 3/4 - 2015 Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza dell'ADR da parte di professionisti e consumatori. Detti organismi sono altresi' incoraggiati a fornire ai consumatori le informazioni relative agli organismi ADR competenti quando ricevono i reclami dai consumatori. consumatori sulle procedure di ricorso extragiudiziale contenute in altri provvedimenti normativi. 5. Con riferimento all'accesso dei consumatori alle controversie transfrontaliere, salvo quanto previsto dalla normativa di settore, gli stessi possono rivolgersi al Centro nazionale della rete europea per i consumatori (ECC-NET) per essere assistiti nell'accesso all'organismo ADR che opera in un altro Stato membro ed è competente a trattare la loro controversia transfrontaliera. Il medesimo Centro nazionale è designato anche come punto di contatto ODR ai sensi dell'art. 7, par. 1, del reg. (UE) n. 524/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21.05.2013, relativo alla risoluzione delle controversie online dei consumatori. 6. È fatto obbligo agli organismi ADR e al Centro nazionale della rete europea per i consumatori (ECC-NET) di rendere disponibile al pubblico sui propri siti web, fornendo un link al sito della Commissione europea, e laddove possibile su supporto durevole nei propri locali, l'elenco degli organismi ADR elaborato e pubblicato dalla Commissione ai sensi dell'art. 20, paragrafo 4, della direttiva 2013/11/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21.05.2013, sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori. 7. L'elenco degli organismi ADR di cui al co. 6 è posto a disposizione delle associazioni di consumatori e delle associazioni di categoria di professionisti che possono renderlo disponibile al pubblico sui loro siti web o in qualsiasi altro modo esse ritengano appropriato. 8. Sul sito istituzionale di ciascuna autorità competente è assicurata la pubblicazione delle informazioni sulle modalità di accesso dei consumatori alle procedure ADR per risolvere le controversie contemplate dal presente titolo. 9. Le autorità competenti incoraggiano le associazioni dei consumatori e degli utenti, di cui all'art. 137, e le organizzazioni professionali, a diffondere la conoscenza degli organismi e delle procedure ADR e a promuovere l'adozione Gazzetta Amministrativa Art. 141-septies (Cooperazione). - 1. Le autorità competenti assicurano la cooperazione tra gli organismi ADR nella risoluzione delle controversie transfrontaliere e i regolari scambi con gli altri Stati membri dell'Unione europea delle migliori prassi per quanto concerne la risoluzione delle controversie transfrontaliere e nazionali. 2. Se esiste una rete europea di organismi ADR che agevola la risoluzione delle controversie transfrontaliere in un determinato settore, le autorità competenti incoraggiano ad associarsi a detta rete gli organismi ADR che trattano le controversie di tale settore. 3. Le autorità competenti incoraggiano la cooperazione tra organismi ADR e autorità nazionali preposte all'attuazione degli atti giuridici dell'Unione sulla tutela dei consumatori. Tale cooperazione comprende, in particolare, lo scambio di informazioni sulle prassi vigenti in settori commerciali specifici nei confronti delle quali i consumatori hanno ripetutamente presentato reclami. È incluso anche lo scambio di valutazioni tecniche e informazioni, se già disponibili, da parte delle autorità nazionali agli organismi ADR che ne necessitano per il trattamento di singole controversie. 4. La cooperazione e lo scambio di informazioni di cui ai commi 1, 2 e 3 devono avvenire nel rispetto delle norme sulla protezione dei dati personali di cui al d.lgs. 30.06.2003, n. 196. 5. Sono fatte salve le disposizioni in materia di segreto professionale e commerciale applicabili alle autorità nazionali di cui al co. 3. Gli organismi ADR sono sottoposti al segreto d'ufficio e agli altri vincoli equivalenti di riservatezza previsti dalla normativa vigente. Art. 141-octies (Autorità competenti e punto -176- Numero 3/4 - 2015 Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza Commissione europea. 3. Al fine di definire uniformità di indirizzo nel compimento delle funzioni delle autorità competenti di cui al co. 1 è istituito presso il Ministero dello sviluppo economico un tavolo di coordinamento e di indirizzo. Lo stesso è composto da un rappresentante per ciascuna autorità competente. Al Ministero dello sviluppo economico è attribuito il compito di convocazione e di raccordo. Al tavolo sono assegnati compiti di definizione degli indirizzi relativi all'attività di iscrizione e di vigilanza delle autorità competenti, nonchè ai criteri generali di trasparenza e imparzialità, e alla misura dell'indennità dovuta per il servizio prestato dagli organismi ADR. Ai componenti del predetto tavolo di coordinamento ed indirizzo non spetta alcun compenso, gettone di presenza o altro emolumento comunque denominato e a qualsiasi titolo dovuto. di contatto unico). - 1. Per lo svolgimento delle funzioni di cui agli artt. 141-nonies e 141-decies, sono designate le seguenti autorità competenti: a) Ministero della giustizia unitamente al Ministero dello sviluppo economico, con riferimento al registro degli organismi di mediazione relativo alla materia del consumo, di cui all'art. 16, coo. 2 e 4, del d.lgs. 4.3.2010, n. 28; b) Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), di cui all'art. 1 della l. 7.6.1974, n. 216, con riferimento ai sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie disciplinati ai sensi dell'art. 2 del d. lgs. 8.10.2007, n. 179, e dei regolamenti attuativi, e con oneri a carico delle risorse di cui all'art. 40, co. 3, della l. 23.12.1994, n. 724, e successive modificazioni, nonchè dei soggetti che si avvalgono delle procedure medesime; c) Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico (AEEGSI), di cui all'art. 2 della l. 14.11.1995, n. 481, per il settore di competenza; d) Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM), di cui all'art. 1 della l. 31.07.1997, n. 249, per il settore di competenza; e) Banca d'Italia, con riferimento ai sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie disciplinati ai sensi dell'art. 128-bis del d.lgs. 1.9.1993, n. 385; f) altre autorità amministrative indipendenti, di regolazione di specifici settori, ove disciplinino specifiche procedure ADR secondo le proprie competenze; g) Ministero dello sviluppo economico, con riferimento alle negoziazioni paritetiche di cui all'art. 141-ter relative ai settori non regolamentati o per i quali le relative autorità indipendenti di regolazione non applicano o non adottano specifiche disposizioni, nonchè con riferimento agli organismi di conciliazione istituiti ai sensi dell'art. 2, co. 2, lett. g) e co. 4, della l. 29.12.1993, n. 580, limitatamente alle controversie tra consumatori e professionisti, non rientranti nell'elenco di cui alla lett. a). 2. Il Ministero dello sviluppo economico è designato punto di contatto unico con la Gazzetta Amministrativa Art. 141-nonies (Informazioni da trasmettere alle autorità competenti da parte degli organismi di risoluzione delle controversie). 1. Gli organismi di risoluzione delle controversie che intendono essere considerati organismi ADR ai sensi del presente titolo e inseriti in elenco conformemente all'art. 141-decies, co. 2, devono presentare domanda di iscrizione alla rispettiva autorità competente, indicando: a) il loro nome o denominazione, le informazioni di contatto e l'indirizzo del sito web; b) informazioni sulla loro struttura e sul loro finanziamento, comprese le informazioni sulle persone fisiche incaricate della risoluzione delle controversie, sulla loro retribuzione, sul loro mandato e sul loro datore di lavoro; c) le proprie norme procedurali; d) le loro tariffe, se del caso; e) la durata media delle procedure di risoluzione delle controversie; f) la lingua o le lingue in cui possono essere presentati i reclami e in cui viene svolta la procedura di risoluzione delle controversie; g) una dichiarazione sui tipi di controversie trattati mediante la procedura di risoluzione -177- Numero 3/4 - 2015 Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza persone fisiche incaricate delle risoluzioni delle controversie di cui all'art. 141-bis, co. 4, lett. a); h) la valutazione dell'efficacia della procedura ADR offerta dall'organismo e di eventuali modi per migliorarla. delle controversie; h) i motivi per cui un organismo di risoluzione delle controversie può rifiutare il trattamento di una determinata controversia a norma dell'art. 141-bis, co. 2; i) una dichiarazione motivata dell'organismo di possedere o meno i requisiti di un organismo ADR che rientra nell'ambito d'applicazione della presente direttiva, e di rispettare o meno i requisiti di qualità di cui al presente titolo. 2. Qualora le informazioni di cui alle lettere da a) ad h) del co. 1 vengano modificate, gli organismi ADR informano senza indugio l'autorità competente in merito a tali modifiche. 3. Gli organismi di risoluzione delle controversie dinanzi ai quali si svolgono le procedure di cui all'art. 141-ter, oltre a comunicare ai requisiti di cui al co. 1, devono altresì trasmettere le informazioni necessarie a valutare la loro conformità ai requisiti specifici aggiuntivi di indipendenza e di trasparenza di cui al co. 1 dell'art. 141ter. 4. A far data dal secondo anno di iscrizione al relativo elenco, con cadenza biennale, ogni organismo ADR trasmette alla rispettiva autorità competente informazioni concernenti: a) il numero di reclami ricevuti ed i tipi di controversie alle quali si riferiscono; b) la quota percentuale delle procedure ADR interrotte prima di raggiungere il risultato; c) il tempo medio necessario per la risoluzione delle controversie ricevute; d) la percentuale di rispetto, se nota, degli esiti delle procedure ADR; e) eventuali problematiche sistematiche o significative che si verificano di frequente e causano controversie tra consumatori e professionisti. Le informazioni comunicate al riguardo possono essere accompagnate da raccomandazioni sul modo di evitare o risolvere problematiche analoghe in futuro; f) se del caso, una valutazione dell'efficacia della loro cooperazione all'interno di reti di organismi ADR che agevolano la risoluzione delle controversie transfrontaliere; g) se prevista, la formazione fornita alle Gazzetta Amministrativa Art. 141-decies (Ruolo delle autorità competenti). 1. Presso ciascuna autorità competente è istituito, rispettivamente con decreto ministeriale o con provvedimenti interni, l'elenco degli organismi ADR deputati a gestire le controversie nazionali e transfrontaliere che rientrano nell'ambito di applicazione del presente titolo e che rispettano i requisiti previsti. Ciascuna autorità competente definisce il procedimento per l'iscrizione e verifica il rispetto dei requisiti di stabilità, efficienza, imparzialità, nonchè il rispetto del principio di tendenziale non onerosità, per il consumatore, del servizio. 2. Ogni autorità competente provvede all'iscrizione, alla sospensione e alla cancellazione degli iscritti e vigila sull'elenco nonchè sui singoli organismi ADR. 3. Ciascuna autorità competente sulla base di propri provvedimenti, tiene l'elenco e disciplina le modalità di iscrizione degli organismi ADR. Tale elenco comprende: a) il nome, le informazioni di contatto e i siti internet degli organismi ADR di cui al co. 1; b) le loro tariffe, se del caso; c) la lingua o le lingue in cui possono essere presentati i reclami e in cui è svolta la procedura ADR; d) i tipi di controversie contemplati dalla procedura ADR; e) i settori e le categorie di controversie trattati da ciascun organismo ADR; f) se del caso, l'esigenza della presenza fisica delle parti o dei loro rappresentanti, compresa una dichiarazione dell'organismo ADR relativa alla possibilità di svolgere la procedura ADR in forma orale o scritta; g) i motivi per cui un organismo ADR può rifiutare il trattamento di una determinata controversia a norma dell'art. 141-bis, co. 2. 4. Se un organismo ADR non soddisfa piu' i requisiti di cui al co. 1, l'autorità -178- Numero 3/4 - 2015 Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza c) elabora raccomandazioni su come migliorare l'efficacia e l'efficienza del funzionamento degli organismi ADR, se del caso.». 4. All'art. 139, co. 1, del d.lgs. 6 .09. 2005, n. 206, e successive modificazioni, alla fine della lett. b) e della lett. b-bis), il punto è sostituito dal punto e virgola e, dopo la lett. b-bis), è aggiunta la seguente: «b-ter) reg. (UE) n. 524/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21.05.2013, sulla risoluzione delle controversie online per i consumatori (reg. sull'ODR per i consumatori).». 5. All'art. 10, co. 1, all'art. 16, co. 2, all'art. 106, coo. 1 e 2, all'art. 107, co. 1, all'art. 110, coo. 1, 3, 4 e 5, all'art. 136, coo. 1 e 2, primo e secondo periodo, all'art. 137, coo. 1, 2, 4 e 6, e all'art. 140, co. 7, del d. lgs. 6.9.2005, n. 206, e successive modificazioni, le parole: «delle attività produttive» sono sostituite dalle seguenti: «dello sviluppo economico». 6. All'art. 66 del d.lgs. 6.9.2005, n. 206, al co. 2 dopo le parole: «del presente capo», prima della virgola, sono inserite le seguenti: «nonchè dell'art. 141-sexies, coo. 1, 2 e 3». 7. All'art. 66 del d.lgs. 6 .09. 2005, n. 206, il co. 5 è sostituito dal seguente: «5. È comunque fatta salva la giurisdizione del giudice ordinario. È altresi' fatta salva la possibilità di promuovere la risoluzione extragiudiziale delle controversie inerenti al rapporto di consumo, nelle materie di cui alle sezioni da I a IV del presente capo, mediante il ricorso alle procedure di cui alla parte V, titolo II-bis, del presente codice.». 8. All'art. 66-quater, del decreto legislativo 6.9.2005, n. 206, il co. 3 è sostituito dal seguente: «3. Per la risoluzione delle controversie sorte dall'esatta applicazione dei contratti disciplinati dalle disposizioni delle sezioni da I a IV del presente capo è possibile ricorrere alle procedure di risoluzione extragiudiziale delle controversie, di cui alla parte V, titolo II-bis, del presente codice.». 9. Al d.lgs. 6.09. 2005, n. 206, recante Codice del consumo, sono apportate le competente interessata lo contatta per segnalargli tale non conformità, invitandolo a ovviarvi immediatamente. Se allo scadere di un termine di tre mesi l'organismo ADR continua a non soddisfare i requisiti di cui al co. 1, l'autorità competente cancella l'organismo dall'elenco di cui al co. 2. Detto elenco è aggiornato senza indugio e le informazioni pertinenti sono trasmesse al Ministero dello sviluppo economico quale punto di contatto unico con la Commissione europea. 5. Ogni autorità competente notifica senza indugio l'elenco di cui ai commi 1 e 3, e ogni suo successivo aggiornamento, al Ministero dello sviluppo economico quale punto di contatto unico con la Commissione europea. 6. L'elenco e gli aggiornamenti di cui ai commi 2, 3 e 4 relativiagli organismi ADR stabiliti nel territorio della Repubblica italiana sono trasmessi alla Commissione europea dal Ministero dello sviluppo economico quale punto di contatto unico. 7. Ogni autorità competente mette a disposizione del pubblico l'elenco consolidato degli organismi ADR, elaborato dalla Commissione europea e notificato al Ministero dello sviluppo economico quale punto di contatto unico, fornendo sul proprio sito internet un link al pertinente sito internet della Commissione europea. Inoltre, ogni autorità competente mette a disposizione del pubblico tale elenco consolidato su un supporto durevole. 8. Entro il 9.7.2018 e successivamente ogni quattro anni, il Ministero dello sviluppo economico, quale punto di contatto unico, con il contributo delle altre autorità competenti, pubblica e trasmette alla Commissione europea una relazione sullo sviluppo e sul funzionamento di tutti gli organismi ADR stabiliti sul territorio della Repubblica Italiana. In particolare, tale relazione: a) identifica le migliori prassi degli organismi ADR; b) sottolinea le insufficienze, comprovate da statistiche, che ostacolano il funzionamento degli organismi ADR per le controversie sia nazionali che transfrontaliere, se del caso; Gazzetta Amministrativa -179- Numero 3/4 - 2015 Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza funzionamento si provvede, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, ai sensi dell'art. 9, co. 2.». 2. All'art. 5, co. 1-bis, del decreto legislativo 4.3.2010, n. 28, le parole: «il procedimento di conciliazione previsto» sono sostituite dalle seguenti: «i procedimenti previsti» e dopo le parole: «n. 179,» sono inserite le seguenti: «e dai rispettivi regolamenti di attuazione». seguenti modificazioni: a) all'art. 33, co. 2, dopo la lett. v) sono aggiunte le seguenti: v-bis) imporre al consumatore che voglia accedere ad una procedura di risoluzione extragiudiziale delle controversie prevista dal titolo II-bis della parte V, di rivolgersi esclusivamente ad un'unica tipologia di organismi ADR o ad un unico organismo ADR; v-ter) rendere eccessivamente difficile per il consumatore l'esperimento della procedura di risoluzione extragiudiziale delle controversie prevista dal titolo II-bis della parte V.». Art. 2 Disposizioni finali 1. Le disposizioni del presente decreto, concernenti l'attuazione del reg. (UE) n. 524/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 .05. 2013, relativo alla risoluzione delle controversie online dei consumatori, si applicano a decorrere dal 9.01.2016. 2. Il Ministero dello sviluppo economico comunica alla Commissione europea alla data di entrata in vigore del presente decreto e successivamente in occasione di qualsiasi cambiamento sopravvenuto in relazione a tali dati: a) il nome e le informazioni di contatto dell'organismo di cui all'art. 141-sexies, co. 5, del codice; b) le autorità competenti, incluso il punto unico di contatto, di cui all'art. 141-octies del codice; c) il testo delle disposizioni di cui al presente d.lgs. e delle altre disposizioni essenziali di diritto interno adottate nel settore disciplinato dal presente d.lgs.. 3. Il Ministero dello sviluppo economico, quale punto di contatto unico, comunica alla Commissione europea entro il 9.01. 2016 il primo elenco di cui all'art. 141-decies, co. 5, del codice. Art. 1 bis Modifiche al d.lgs. 8.10.2007, n. 179 – Istituzione di procedure di conciliazione e arbitrato, sistema di indennizzo e fondo di garanzia per i risparmiatori e gli investitori in attuazione dell'art. 27, commi 1 e 2, della l. 28.12.2005, n. 262 1. Dopo il co. 5 dell'art. 2 del d. lgs. 8.10.2007, n. 179, sono aggiunti i seguenti: 5-bis. I soggetti nei cui confronti la CONSOB esercita la propria attività di vigilanza, da individuarsi con il regolamento di cui al co. 5-ter, devono aderire a sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie con gli investitori diversi dai clienti professionali di cui all'art. 6, commi 2-quinquies e 2-sexies di cui al d.lgs. 24.02.1998, n. 58. In caso di mancata adesione, alle società e agli enti si applicano le sanzioni di cui all'art. 190, co. 1 del citato d.lgs. n. 58 del 1998 e alle persone fisiche di cui all'art. 18-bis del predetto d.lgs. n. 58 del 1998 si applicano le sanzioni di cui all'art. 190-ter del medesimo d.lgs.. 5-ter. La CONSOB determina, con proprio regolamento, nel rispetto dei principi, delle procedure e dei requisiti di cui alla parte V, titolo II-bis del d.lgs. 6.09. 2005, n. 206, e successive modificazioni, i criteri di svolgimento delle procedure di risoluzione delle controversie di cui al co. 5-bis nonchè i criteri di composizione dell'organo decidente, in modo che risulti assicurata l'imparzialità dello stesso e la rappresentatività dei soggetti interessati. Alla copertura delle relative spese di Gazzetta Amministrativa Art. 3 Clausola di invarianza finanziaria 1. Dall'attuazione delle disposizioni di cui al presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti previsti dal presente decreto con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente. -180- Numero 3/4 - 2015 Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare (D.lgs. 6.8.2015, n. 130 sulla Gazzetta Ufficiale n. 191 del 18.8.2015). «::::::::: GA :::::::::» Gazzetta Amministrativa -181- Numero 3/4 - 2015 Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza REDAZIONALI LA TEORIA DEL “SUBAPPALTO NECESSARIO”: IL RECENTE DIBATTITO ALLA LUCE DEI DIVERSI ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI dell’Avv. Salvatore Napolitano Giunge all’attenzione dell’Adunanza Plenaria, la questione relativa all’indicazione del nominativo dei subappaltatori in sede di offerta da parte dei concorrenti di una gara di appalto, i quali abbiano dichiarato di voler subappaltare parte delle prestazioni oggetto dell’affidamento, per le quali non risultino in possesso della richiesta qualificazione. Comes to the attention of the plenary session, the issue on the indication of names of subcontractors during the bidding by competitors of a tender, which have declared their intention to subcontract part of the services object of such care, for which do not result in possession of the required qualifications. Sommario: 1. La normativa di riferimento in materia di subappaltabilità. 2. Il contrasto giurisprudenziale. 3. L’ordinanza di rimessione all’Adunanza Plenaria. 1. La normativa di riferimento in materia di subappaltabilità. Come noto, l’art. 118 del codice dei contratti stabilisce, per i lavori, che: “Tutte le prestazioni nonché lavorazioni, a qualsiasi categoria appartengano, sono subappaltabili e affidabili in cottimo. Per i lavori, per quanto riguarda la categoria prevalente, il D.P.R. n. 207/2010 definisce la quota parte subappaltabile, in misura eventualmente diversificata a seconda delle categorie medesime, ma in ogni caso non superiore al 30%. Per i servizi e le forniture tale quota è riferita all'importo complessivo del contratto”. L’art. 92, commi 1 e 3, del d.P.R. 5.10.2010, n.207, che disciplina i requisiti di partecipazione alla gara, stabilisce, innanzitutto, che, ai predetti fini, è sufficiente il possesso della qualificazione nella categoria prevalente (quando il concorrente, singolo o associato, non la possieda anche per le categorie scorporabili), purchè per l’importo totale dei lavori. Il combinato disposto degli artt. 92, co. 7 e Gazzetta Amministrativa 109, co. 2, d.P.R. cit. e 37, co. 11, d.lgs. 12.4.2006, n. 163 chiarisce, poi, che il concorrente che non possiede la qualificazione per le opere scorporabili indicate all’art. 107, co. 2 (c.d. opere a qualificazione necessaria) non può eseguire direttamente le relative lavorazioni ma le deve subappaltare a un’impresa provvista della relativa, indispensabile qualificazione. Ebbene, partendo dal presupposto che tutte le lavorazioni sono subappaltabili, nei limiti e con le modalità stabilite dalla legge, in tema di affidamento di contratti pubblici di lavori, l’art. 12 della recente legge 80/2014 ha, altresì, previsto e ridisegnato la subappaltabilità per tutte le categorie a qualificazione obbligatoria espressamente richiamate, stabilendo che l’affidatario, in possesso della qualificazione nella categoria di opere generali ovvero nella categoria di opere specializzate indicate nel bando di gara o nell’avviso di gara o nella lettera di invito come categoria prevalente ha la facoltà, fatto salvo quanto previsto alla lettera b), di eseguire direttamente tutte le lavo-182- Numero 3/4 - 2015 Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza deposito del contratto di subappalto e la certificazione dei requisiti di qualificazione e di quelli generali di cui all’art. 38. razioni di cui si compone l’opera o il lavoro, anche se non è in possesso delle relative qualificazioni, oppure subappaltare dette lavorazioni specializzate esclusivamente ad imprese in possesso delle relative qualificazioni; b) non possono essere eseguite direttamente dall’affidatario in possesso della qualificazione per la sola categoria prevalente, se privo delle relative adeguate qualificazioni, le lavorazioni, indicate nel bando di gara o nell’avviso di gara o nella lettera di invito, di importo superiore ai limiti indicati dall’art. 108, co. 3, del regolamento di cui al d.P.R. 5.5.2010, n. 207, relative alle categorie di opere generali individuate nell’allegato A al predetto decreto, nonché le categorie individuate nel medesimo allegato A con l’acronimo OS. Le predette lavorazioni sono comunque subappaltabili ad imprese in possesso delle relative qualificazioni. Esse sono altresì scorporabili e sono indicate nei bandi di gara ai fini della costituzione di associazioni temporanee di tipo verticale. In altri termini, è possibile ricorrere al subappalto sia nei limiti consentiti per la categoria prevalente, che per le categorie scorporabili, imponendosi, però, al riguardo, una ulteriore precisazione: quando la categoria scorporabile è a qualificazione obbligatoria, e il concorrente non possieda detta qualificazione, essa dovrà essere subappaltata ad imprese in possesso della relativa e idonea qualificazione (subappalto necessario). Tale impostazione introduce inevitabilmente due figure di subappalto, quello facoltativo e quello necessario, con due distinte regolamentazioni, che non trovano alcun riscontro positivo nell’ordinamento, e introduce l’obbligo della preventiva indicazione e qualificazione del subappaltatore. Di contro, l’art. 118 del d.lgs. n. 163/2006, in materia di subappalto, disciplina allo stesso modo il procedimento di autorizzazione del subappalto, a prescindere dal fatto che lo stesso sia utilizzato per integrare la qualificazione del concorrente o come modalità esecutiva dell’opera, e si limita a richiedere al concorrente soltanto l’indicazione della volontà di subappaltare, rimandando espressamente alla successiva fase di esecuzione dei lavori il Gazzetta Amministrativa 2. Il contrasto giurisprudenziale. Relativamente alla disciplina del subappalto e, in particolare, all’obbligo di indicare il nominativo del subappaltatore in sede di offerta, si sono sviluppati negli anni orientamenti giurisprudenziali contrapposti: da un lato, una cospicua parte della giurisprudenza caratterizzante l’orientamento prevalente - è orientata nel ritenere che il nominativo del subappaltatore debba essere già indicato in sede di offerta al fine di garantire la corretta esecuzione della prestazione oggetto del contratto pubblico da parte dell’operatore subappaltato. In altri termini, l’art. 118, co. 2, del d.lgs. n. 163/2006, nella parte in cui sottopone l’affidamento in subappalto alla condizione che i concorrenti all’atto dell’offerta abbiano indicato i lavori o le parti di opere ovvero i servizi e le forniture o parti di servizi e forniture che intendono subappaltare o concedere in cottimo, va interpretato, secondo tale orientamento, nel senso che la dichiarazione deve contenere anche l’indicazione del subappaltatore e la dimostrazione del possesso in capo al medesimo dei requisiti di qualificazione, ogni volta che il ricorso al subappalto sia necessario a causa del mancato possesso dei necessari requisiti di qualificazione da parte del concorrente (cd. subappalto necessario). Qualora, invece, il concorrente sia autonomamente in possesso delle qualificazioni necessarie per l’esecuzione delle prestazioni oggetto dell’appalto (cd. subappalto facoltativo) la dichiarazione può essere limitata alla mera indicazione della volontà di concludere un subappalto. Secondo un diverso orientamento giurisprudenziale, invece, nessuna norma prescriverebbe l’obbligo di indicare, già in sede di offerta, i nominativi dei subappaltatori, bensì imporrebbe unicamente al concorrente di indicare le quote che intende subappaltare, qualora sprovvisto della qualificazione per la categoria scorporabile, fermo restando che la qualificazione “mancante” debba essere co-183- Numero 3/4 - 2015 Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza munque posseduta in relazione alla categoria prevalente, dal momento che ciò tutela la stazione appaltante circa la sussistenza della capacità economico-finanziaria da parte dell’impresa. Secondo quest’ultima giurisprudenza, inoltre, l’esclusione di un concorrente dalla gara per non aver indicato il nominativo dell’subappaltatore – ove non espressamente indicato nel bando di gara - si porrebbe in violazione del principio di tassatività di cui all’art. 46, co. 1 ter del codice appalti. lo strumento del soccorso istruttorio, relativamente alle procedure nelle quali la fase di presentazione delle offerte si sia conclusa anteriormente al pronunciamento della Plenaria. Nell’incertezza così determinatasi, alla stregua di un quadro quale quello sopra delineato, si augura che l’Adunanza Plenaria risolva l’annosa querelle in via definitiva onde sgombrare il campo da incertezze e correlati profili problematici riguardanti tanto la gestione della procedura di gara quanto la fase di esecuzione del contratto di appalto. Ad ogni buon conto, è doveroso constatare che l’orientamento prevalente sorto negli ultimi anni - secondo il quale l’impresa partecipante che ricorre al subappalto necessario sia obbligata ad indicare anche il nominativo del subappaltatore in sede di presentazione dell’offerta - risulta assolutamente distante da un’interpretazione rigorosa ed ossequiosa dei dati letterali e sistematici della norma, rischiando in tal modo di porre in essere un’operazione ermeneutica meno coerente e convincente e non del tutto compatibile con l’assetto normativo vigente. Al fine di un’esatta interpretazione della normativa in materia di subappalto sarebbe necessario, quindi, soffermarsi sugli elementi desumibili dall’art. 118 del codice appalti, il quale individua in maniera chiara ed espressa le condizioni necessarie per l’utilizzo di questo strumento giuridico, ed attenersi solamente a questi, evitando di aggiungere arbitrariamente ulteriori elementi con il rischio di far dire alla norma una cosa che in realtà la norma non dice. Sulla base delle considerazioni effettuate, naturalmente, non resta che attendere la pronuncia dell’Adunanza Plenaria. 3. L’ordinanza di rimessione all’Adunanza Plenaria. Alla luce dell’eterogeneità interpretativa sopra rappresentata il Consiglio di Stato, chiamato a pronunciarsi per l’annullamento della sentenza del Tar Valle d’Aosta con cui è stato accolto il ricorso presentato dalla impresa seconda in graduatoria, ha deciso di rimettere con ordinanza 3.6.2015, n. 2707, ex art. 99 c.p.a., la questione all’Adunanza Plenaria affinché quest’ultima si pronunci, per quanto interessa in questa sede, sulle seguenti questioni: se sia o meno obbligatoria, ai sensi dell’art. 118 del d.lgs. n. 163/2006 e delle norme connesse, l’indicazione già in sede di presentazione dell’offerta del nominativo del subappaltatore, laddove il concorrente sia privo dei requisiti di qualificazione necessari per alcune categorie scorporabili e se abbia espresso l’intento di subappaltare tali prestazioni. In secondo luogo, qualora tale obbligo di indicare il nominativo sia confermato, la IV sezione del Consiglio di Stato interroga l’Adunanza Plenaria circa la possibilità di ovviare ad un’eventuale omissione attraverso «:::::::::GA:::::::::» Gazzetta Amministrativa -184- Numero 3/4 - 2015 Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza IN HOUSE E ATTIVTÀ’ PREVELENTE: IL CONSIGLIO DI STATO SOLLEVA DUE QUESITI ALLA CORTE DI GIUSTIZIA dell’Avv. Raffaele Fragale Con l’ordinanza del 20.10.2015 n. 4793, il Consiglio di Stato ha sollevato alla Corte di Giustizia due questioni pregiudiziali sul requisito dell’ attività prevalente. La prima riguarda gli affidamenti disposti da un’amministrazione pubblica non socia a favore di enti pubblici non soci. La seconda, invece, gli affidamenti nei confronti di enti soci, disposti prima del perfezionamento del requisito del controllo analogo The Council of State, with the Ordinance n.4793 of October the 20th, refered to the Court of Justice Two precondictional suits over the predominant activities requirements. The first one concerns the commitments entrasted by a nonmember public administration in favor of a nonmember public authority. The other one, conversely, regards those commitments in favour of membership organizations, entrasted before the perfection of the control requirement. Nelle more dell’attuazione della dir. 2014/24/UE, recante la nuova disciplina in materia di pubblici appalti, il Consiglio di Stato ha sollevato alla Corte di Giustizia due questioni pregiudiziali, di particolare interesse, concernenti l’istituto dell’in house providing, e più precisamente il requisito dell’attività prevalente. La vicenda sottoposta all’esame dei giudici amministrativi riguardava l’affidamento diretto per la gestione del ciclo integrato dei rifiuti urbani disposto dal Comune di Sulmona ad una sua partecipata, di cui erano soci anche altri Enti. L’affidamento era impugnato da una società concorrente. Il TAR Abruzzo respingeva il ricorso, ritenendo esistenti entrambi i requisiti elaborati dalla giurisprudenza comunitaria in tema di in house providing, controllo analogo e attività prevalente1. La ricorrente proponeva appello e, con specifico riferimento al requisito dell’attività prevalente, sosteneva che non poteva computarsi in detta attività: i) né l’attività a favore di soggetti non soci, esercitata dall’affidataria in virtù di disposi1 zioni provvedimentali di un Ente (Regione Abruzzo), anch’esso non socio; ii) né l’attività prestata a favore di Enti prima del configurarsi del rapporto in house con l’Ente affidante. Il Consiglio di Stato, muovendo dalla natura comunitaria dell’istituto e dall’assenza di precedenti al riguardo della Corte di Giustizia, ha sollevato i seguenti quesiti pregiudiziali, ai sensi dell’art. 267 TFUE: - “se, nel computare l’attività prevalente svolta dall’ente controllato, debba farsi anche riferimento all’attività imposta da un’amministrazione pubblica non socia a favore di enti pubblici non soci”. - “se, nel computare l’attività prevalente svolta dall’ente controllato, debba farsi anche riferimento agli affidamenti nei confronti degli enti pubblici soci prima che divenisse effettivo il requisito del cd. controllo analogo”. Come si dirà nel prosieguo, tali quesiti, in realtà, si prestano oggi ad essere risolti in base alle nuove disposizioni della dir. 2014/24/UE, che ha disciplinato, per la prima volta, l’istituto dell’in house, introducendo requisiti meno stringenti di quelli elaborati CGUE, 18.11.1999, C-107/98, Teckal. Gazzetta Amministrativa -185- Numero 3/4 - 2015 Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza dalla giurisprudenza comunitaria2. Tuttavia, il Consiglio di Stato, ritenendo che la Direttiva non fosse applicabile ratione temporis alla presente controversia e che la stessa dovesse essere decisa in base al diritto comunitario vigente al momento dell’adozione del provvedimento gravato3, ha disposto il rinvio pregiudiziale alla Corte. Prima di esaminare più nel dettaglio le questioni sollevate dal Consiglio di Stato, è necessario fare un breve accenno al requisito dell’ attività prevalente che, unitamente al controllo analogo, costituisce presupposto indispensabile per l’affidamento diretto, senza gara. Come è ormai noto, caratteristica tipica dell’in house providing è il fatto che il soggetto affidatario non è un soggetto distinto dall’amministrazione affidante, ma un suo organo, una sua stretta articolazione. In tali ipotesi, invero, non c’è ricorso al mercato, né tantomeno un incontro di volontà tra due soggetti diversi, come accade nei casi ordinari di contrattazione, ma un unico soggetto che autoproduce il servizio. In questo risiede la ragione della mancata indizione della gara; sempre per questa ragione e con il precipuo fine di tutelare la concorrenza, la Corte di Giustizia ha interpretato i requisiti dell’in house in termini restrittivi, considerando l’istituto una eccezione alle normali regole dell’evidenza pubblica4. In questa ottica, con specifico riferimento all’attività prevalente, la Corte ha definito la finalità e la portata di questo requisito. Significativa è al riguardo la sentenza Carboterno5, con cui la Corte ha precisato che il requisito del controllo analogo è certamente una condizione imprescindibile per la configurazione del rapporto interorganico, ma non di per sé sufficiente. Invero, pur se sottoposto ad un penetrante controllo dell’Ente affidante, il soggetto affidatario potrebbe ugualmente godere di un’ampia liberta di azione sul mercato, concorrendo con altri operatori. Il che imporrebbe necessariamente la piena e rigorosa applicazione delle regole dell’evidenza pubblica. Solo quando la sua libertà di iniziativa è paralizzata - e questo accade nei casi in cui l’attività è svolta in modo prevalente a favore dell’Ente affidante - la deroga alla regola della gara pubblica è consentita. In tal caso, infatti, la mancata indizione della gara non determina la sottrazione o comunque la limitazione di aree destinate alla libera concorrenza6. Muovendo da queste coordinate è possibile analizzare il primo quesito sollevato alla Corte, relativo alla rilevanza - ai fini della determinazione dell’attività prevalente dell’attività imposta da un’amministrazione pubblica non socia a favore di enti pubblici non soci. Sembrano prospettabili due soluzioni. La prima formale, ancorata all’orientamento restrittivo della Corte di Giustizia e alla natura eccezionale dell’istituto dell’in house. In linea con questa impostazione, l’attività svolta su incarico di un soggetto, pur se pubblico, ma terzo rispetto all’affidatario, sarebbe sintomatico della carenza di un rapporto di esclusività con il soggetto controllante7. 6 Nella citata sentenza Carboterno, la Corte ha affermato che “un’impresa non è necessariamente privata della libertà di azione per la sola ragione che le decisioni che la riguardano sono prese dall’ente pubblico che la detiene, se essa può esercitare ancora una parte importante della sua attività economica presso altri operatori. È inoltre necessario che le prestazioni di detta impresa siano sostanzialmente destinate in via esclusiva all’ente locale in questione. Entro tali limiti, risulta giustificato che l’impresa di cui trattasi sia sottratta agli obblighi della dir. 93/36, in quanto questi ultimi sono dettati dall’intento di tutelare una concorrenza che, in tal caso, non ha più ragion d’essere“. 7 Nella citata sentenza Carboterno, la Corte ha affermato che ai fini dell’attività prevalente “le attività di 2 Ad esempio, quanto al requisito dell’attività prevalente, l’art. 12 della dir. prevede che “oltre l’80 % delle attività di tale persona giuridica sono effettuate nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dalle amministrazioni aggiudicatrici controllanti o da altre persone giuridiche controllate dalle amministrazioni aggiudicatrici di cui trattasi”. 3 In tal senso, anche CdS, VI, 26.5.2015, n. 2660. 4 Ciò è stato chiarito con fermezza dalla Corte di Giustizia nelle pronunce successive alla sentenza Teckal (in tal senso, 11.1.2005, Stadt Halle e RPL Lochau, C-26/03; 8.5.2014, C-15/13 Technische Universität Hamburg-Harburg). 5 Corte di Giustizia dell’Unione Europea, I, 11.5.2006, causa C-340/04, Carbotermo. Gazzetta Amministrativa -186- Numero 3/4 - 2015 Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza E questo potrebbe condurre ad escludere l’esistenza di un rapporto interorganico. A conclusioni opposte si potrebbe arrivare avendo riguardo invece al profilo sostanziale, ovvero alla ratio sottesa al requisito dell’attività prevalente. Come prima rilevato, esso mira a tutelare la concorrenza e ad evitare che siano disposti affidamenti diretti a soggetti che operano sul mercato, a discapito del normale confronto concorrenziale. In questa ottica, dunque, l’attività esercitata per effetto delle prescrizioni di un’amministrazione, pur se diversa dall’Ente affidante, sarebbe neutra, irrilevante ai fini della concorrenza, trattandosi di attività esercitata in virtù di specifiche prescrizioni amministrative e non rimesse al confronto concorrenziale. Questo dovrebbe indurre a ritenere, così come paventato dallo stesso Consiglio di Stato, che trattasi di attività che non impedisce la configurabilità del rapporto in house, non avendo ricadute negative sul piano della concorrenza e della sua tutela. Fra queste due opposte soluzioni, potrebbe collocarsi una terza, intermedia. Si potrebbe, invero, distinguere due ipotesi ovvero il caso in cui l’amministrazione non socia “imponga” l’esercizio di determinate attività e la diversa ipotesi in cui l’esercizio di tali attività sia solo consentita8. Nella prima ipotesi, l’imposizione non avrebbe ricadute sul piano della concorrenza e, di conseguenza, sulla configurabilità del rapporto in house: non vi sarebbe, invero, quelle libertà di azione sul mercato del soggetto affidatario, che il requisito dell’attività prevalente mira ad elidere. Discorso diverso andrebbe fatto nel caso in cui l’esercizio delle attività non sia imposta, ma solo consentita. In questa ipotesi, invero, l’esercizio delle attività è rimesso alla decisione del soggetto affidatario che dunque opera, senza vincoli, sul mercato. Di conseguenza, le attività eventualmente svolte dovrebbero essere tenute in conto ai fini della verifica del requisito dell’attività prevalente. In termini non dissimili potrebbe essere risolto anche il secondo quesito sollevato alla Corte, concernente la possibilità di computare, ai fini dell’attività prevalente, anche gli affidamenti per i quali il requisito del controllo analogo si è perfezionato successivamente. Anche in questo caso, un approccio formale e restrittivo potrebbe condurre ad escludere tali attività da quelle idonee ad integrare il requisito. Diversamente, muovendo dalla ratio sottostante e dai principi comunitari, anche tali attività potrebbero essere computate fra quelle rilevanti, trattandosi di affidamenti comunque coperti da una relazione interorganica, pur se perfezionatasi in un momento successivo. In questo senso, come rilevato dal Consiglio di Stato, si pone anche la Direttiva 2014/24/UE che, definita la soglia dell’80% per la determinazione del requisito dell’attività prevalente, dispone «Se, a causa della data di costituzione o di inizio dell’attività della persona giuridica o amministrazione aggiudicatrice in questione, ovvero a causa della riorganizzazione delle sue attività, il fatturato, o la misura alternativa basata sull’attività, quali i costi, non è disponibile per i tre anni precedenti o non è più pertinente, è sufficiente dimostrare, segnatamente in base a proiezioni dell’attività, che la misura dell’attività è credibile». Ad oggi, i lavori per l’attuazione della Direttiva sono ancora in corso. Con la l. 28.1.2016, n. 119, il Parlamento ha conferito delega al Governo per il suo recepimento10. 9 Invero la legge contiene la delega per il recepimento della dir. 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26.2.2014, sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonche' per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture. 10 Il testo del decreto è stato approvato dal Consiglio dei Ministri nella seduta del 3.3.2016 e attende ora di essere approvato dalle Commissioni Parlamentari. La un’impresa aggiudicataria da prendere in considerazione sono tutte quelle che quest’ultima realizza nell’ambito di un affidamento effettuato dall’amministrazione aggiudicatrice”. 8 Il quesito formulato dal Consiglio di Stato fa espresso riferimento all’attività imposta. Gazzetta Amministrativa -187- Numero 3/4 - 2015 Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza Frattanto, è da segnalare che una specifica previsione in tema di in house e di attività prevalente è contenuta nel testo, ancora in corso si approvazione, della riforma sulle società pubbliche11, ove, all’art. 16, co. 5, si prevede l’applicazione, ai fini della determinazione della prevalenza, del criterio europeo dell’80% 12 di attività svolta a favore del soggetto pubblico. Elemento di novità è la disciplina della produzione ulteriore, consentita solo ove essa permetta di conseguire economie di scala o altri guadagni in termini di efficienza produttiva. Altra novità è il superamento della percentuale di attività rivolta all’esterno, che può essere sanata entro il termine di 6 mesi dal momento nel quale si è verificata attraverso la rinuncia formale di affidamenti diretti. Sarà quindi da verificare se la Corte di Giustizia, tenendo conto delle novità introdotte dalla Direttiva, abbandoni il proprio orientamento restrittivo, seguendo la strada tracciata dal legislatore comunitario in sede di riforma dell’istituto. In egual modo, sarà da verificare se la decisione della Corte possa in qualche modo sortire effetti sui lavori parlamentari attualmente in corso. legge delega ha fissato al 18.4.2016 il termine per il recepimento della Direttiva. 11 Schema del Testo unico sulle società a partecipazione pubblica, approvato dal Consiglio dei Ministri nella seduta del 20.1.2016. 12 Il criterio dell’80% era stato già introdotto dal legislatore italiano con riferimento all’affidamento dei servizi informativi per le Università, come disposto dall’art. 9, co. 11 quater, del d.l. 19.6.2015 n. 78, convertito in l. 6.8.2015 n. 125. Gazzetta Amministrativa -188- Numero 3/4 - 2015 Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza GIURISPRUDENZA Consiglio di Stato Sez. V 18.12.2015 n. 5753 Occupazione abusiva suolo pubblico - posizionamento ombrelloni e fioriere - giuridicamente rilevante - esercizio dell’attività commerciale - strumentalità. L’oggetto del giudizio giunto all'esame della Quinta Sezione del Consiglio di Stato è costituito dalla determinazione dirigenziale di Roma Capitale recante: I) la cessazione dell’occupazione abusiva (realizzata a mezzo del posizionamento di ombrelloni e fioriere) del suolo pubblico antistante l’esercizio di ristorazione; II) la sanzione della chiusura del locale per 5 giorni ai sensi dell’art. 3, co.16, l. n. 94 del 2009. Il Consiglio di Stato nella sentenza del 18.12.2015 n. 5753 ha affermato che tutte le censure articolate in primo grado risultano infondate, in considerazione dei principi elaborati dalla costante giurisprudenza di questa Sezione in casi analoghi (cfr. Sez. V. nn. 1621 del 2015; 1611 del 2015; 501 del 2015, cui si rinvia) in quanto: I) il posizionamento abusivo di ombrelloni e fioriere è comunque giuridicamente rilevante, in quanto comporta l’occupazione del suolo pubblico ed è strumentalmente collegato all’esercizio dell’attività commerciale; II) la sanzione amministrativa, che deve essere inderogabilmente inflitta ope legis, è stata applicata nella misura minima prevista dalla legge; III) l’Amministrazione prima, e il T.a.r. poi, hanno attribuito adeguata rilevanza alle disposizioni contenute negli artt. 20, co. 4, del codice della strada e 3, co. 4 e 16, l. n. 94 del 2009; IV) la questione di legittimità costituzionale del più volte menzionato art. 3, co. 16, cit. è manifestamente infondata, poiché esso contiene misure logiche e proporzionate, volte a tutela dei beni pubblici e della legalità, in conformità all’art. 97 della Costituzione; V) l’atto presupposto a quelli impugnati in via diretta – ordinanza sindacale n. 258 del 27.11.2012 - risulta pienamente giustificato Gazzetta Amministrativa dalle circostanze accertate in sede amministrativa (cfr. Sez. V, n. 5066 del 2014, Sez. V, n. 1611 del 2015 cui si rinvia ai sensi dell’art. 74 c.p.a.). Consiglio di Stato Sez. III 17.12.2015 n. 5717 Gare - criterio dell’offerta tecnicamente più vantaggiosa - punteggio numerico motivazione. Nelle gare indette con il criterio dell’offerta tecnicamente più vantaggiosa, dev’essere attribuito il punteggio massimo alla migliore offerta tecnica, riparametrando proporzionalmente il punteggio assegnato alle altre, al precipuo fine di mantenere il giusto equilibrio tra l’offerta tecnica e quella economica e di evitare, così, che al fattore prezzo venga riconosciuto un peso relativamente maggiore rispetto al fattore qualità (CdS, V, 25.2.2014, n.899)... Deve premettersi che il punteggio numerico assegnato ai singoli elementi dell’offerta economicamente più vantaggiosa integra una motivazione sufficiente ed adeguata, purchè siano stati prefissati criteri di valutazione sufficientemente precisi e dettagliati (CdS, III, 15.9.2014, n.4698), e che i relativi giudizi espressi dalla Commissione di gara, da intendersi afferenti al perimetro della discrezionalità tecnica ad essa riservata, posso essere giudicati illegittimi solo se affetti da vizi di manifesta irragionevolezza o di macroscopica erroneità (cfr. ex multis CdS, V, 26.3.2014, n. 1468). Consiglio di Stato Sez. III 18.12.2015 n. 5780 Istituzione nuova farmacia - parametro demografico - utilizzazione facoltativa del resto. Nel giudizio in esame l’appellante è titolare di una delle farmacie esistenti nel Comune di Sant’Anastasia (Napoli) e si considera leso nei suoi interessi legittimi dai provvedimenti adottati dal Comune e dalla Regione Campania in applicazione dell’art. 11 del d.l. n. 1/2012. Con -189- Numero 3/4 - 2015 Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza Nel merito il Collegio ha rigettato l'appello. In particolare il Collegio ha analizzato Il primo motivo di ricorso che investe gli atti impugnati nella parte in cui hanno elevato a 9 il numero delle farmacie istituite nel Comune di Sant’Anastasia. La questione riguarda in particolare la farmacia n. 9. Il d.l. n. 1/2012 ha ridotto a 3.300 il coefficiente del rapporto fra popolazione e farmacie (una popolazione ogni 3.300 abitanti); tenuto conto del numero degli abitanti del Comune, i quozienti interi sono solo 8, con un resto non molto superiore alla metà. In questa situazione, il ricorrente deduce che la legge “consente” di utilizzare il resto, purché superiore alla metà del quoziente intero, per istituire una ulteriore farmacia (nella specie, la n. 9), ma tale utilizzazione è facoltativa e non vincolata. La decisione del Comune doveva quindi essere convenientemente motivata, mentre ciò non è avvenuto. Il Collegio osserva che la determinazione del numero delle farmacie, nella vicenda in esame, è stata riprodotta nell’atto impugnato dal ricorrente, ossia la delibera n. 366 del 7.12.2012, ma era già contenuta nella delibera n. 167 del 12 giugno precedente. Si porrebbe quindi un distinto problema di tempestività dell’impugnazione, giacché la scusabilità dell’errore, già riconosciuta con riferimento alla delibera del 7.12.2012, non necessariamente vale anche per la precedente delibera del 12 giugno. Tuttavia il Collegio vuol prescindere dalla questione, in quanto questo capo d’impugnazione appare comunque infondato. Nel merito, il problema della farmacia n. 9 si pone perché applicando il nuovo parametro demografico (3300) stabilito dal d.l. n. 1/2012 si ottengono otto quozienti interi, non nove. Il Comune ha inteso avvalersi della disposizione che “consente” di istituire una ulteriore farmacia (nella fattispecie la n. 9) utilizzando il resto, se questo è superiore alla metà. Il ricorrente non contesta che, nel caso in esame, il resto sia superiore alla metà (in caso contrario, l’istituzione della nona farmacia sarebbe illegittima per violazione di legge e per mancanza del presupposto). Deduce, però, che la utilizzazione del resto, pur quando è possibile, non è obbligatoria ma il ricorso di primo grado ha impugnato una serie di atti, fra i quali il principale è la delibera 7.12.2012, n. 366, della Giunta comunale, con la quale è stata “revisionata” la pianta organica delle farmacie, a modifica ed integrazione della precedente delibera n. 167 del 12 giugno 2012. Con motivi aggiunti notificati e depositati nel corso del giudizio di primo grado l’interessato ha esteso l’impugnazione ad alcuni atti sopravvenuti, dei quali il più rilevante è il bando di concorso, emanato dalla Regione, per l’assegnazione delle farmacie di nuova istituzione. Il TAR Campania ha definito il giudizio con la sentenza 8.10.2014, n. 5194, con la quale ha giudicato tardivo il ricorso introduttivo. Il TAR ha infatti osservato che la delibera n. 366 era stata affissa, per pubblicazione, all’albo pretorio del Comune, dal 12 al 27.12.2012; il termine per ricorrere decorreva dunque da quest’ultima data e scadeva il 25.2.2013; il ricorso invece è stato notificato il 6.3.2013. La tardività dell’impugnazione della delibera n. 366/2012 ha reso inammissibile per difetto d’interesse, a giudizio del TAR, l’impugnazione di tutti gli altri atti comunque connessi o conseguenziali. Il ricorrente ha proposto appello al Consiglio di Stato contestando la tardività dell’impugnazione. L’appellante sostiene che a far decorrere il termine non era sufficiente l’affissione della delibera all’albo comunale, ma sarebbe stata necessaria una comunicazione individuale, considerata la posizione di esso ricorrente. In subordine l’appellante deduce che le norme sostanziali e procedimentali in materia di pianificazione delle farmacie erano di recentissima modificazione e per di più sono di contenuto alquanto incerto, specie per quanto riguarda le modalità di approvazione e di pubblicazione degli atti; invoca pertanto il beneficio dell’errore scusabile. Il Consiglio di Stato, Sezione IV con la sentenza del 18.12.2015 n. 5780 ha ritenuto che nella fattispecie si possa concedere il beneficio dell’errore scusabile, con riferimento all’impugnazione della delibera n. 366 del 7.12.2012, trattandosi di vicenda inerente alla fase di prima applicazione di una normativa recentemente introdotta e di non chiaro coordinamento con le disposizioni rimaste in vigore. Gazzetta Amministrativa -190- Numero 3/4 - 2015 Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza che la decisione non sia manifestamente inficiata da illogicità, irragionevolezza, irrazionalità ed arbitrarietà ovvero non sia fondata su un macroscopico travisamento dei fatti. Nella fattispecie la motivazione adottata dalle amministrazioni secondo il primo giudice si sottraeva a censure di tal fatta. Inoltre, risultava non apprezzabile anche la doglianza inerente la supposta violazione dell’art. 3 bis del d.l. 13.8.2011, n. 138, convertito in l. 14.9.2011, n. 148, poiché il ritardo nella costituzione, o meglio nell’attivazione dei bacini non può impedire o procrastinare l’esercizio di un servizio pubblico essenziale per la collettività, né obbliga ad una proroga della gestione del servizio. Infine, il TAR riteneva non fondate le doglianze con le quali parte ricorrente sottolineava la gestione fruttuosa del servizio da parte propria, trattandosi di considerazioni non in grado di inficiare la legittimità degli atti impugnati. La sentenza è stata impugnata dalla società in house innanzi al Consiglio di Stato che con sentenza del 18.12.2015 n. 5759 ha rigettato l'appello. In primo luogo il Collegio ha rigettato la doglianza con la quale l’appellante si doleva dell’insufficienza della ponderazione da parte delle amministrazioni appellate circa la scelta di rivolgersi al mercato. Sul punto la Corte costituzionale, con sentenza 20.3.2013, n. 46, ha rimarcato come la scelta del legislatore operata con l’art. 3-bis, d.l. 138/2011, militi nel senso di incentivare il ricorso al mercato in materia di servizi pubblici locali. Infatti, la Consulta ha dichiarato inammissibile la censura relativa al comma 3 dell'art. 3-bis del D.L. n. 138 del 2011 - il quale prevede che, a decorrere dal 2013, l'applicazione delle procedure di affidamento ad evidenza pubblica da parte di Regioni, Province e Comuni o degli enti di governo locali o del bacino costituisca elemento di valutazione della "virtuosità" degli stessi enti, ai sensi dell'art. 20, comma 2, del D.L. 6.7.2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 15.7.2011, n. 111 - in relazione alla violazione degli artt. 117, comma secondo, lettera e), e 118 Cost.. Infatti, l'intervento normativo statale, con il D.L. n. 1 del 2012, si prefigge la finalità di operare, attraverso la tutela della concorrenza (liberalizzazione), un contenimento della spesa facoltativa (come è attestato dall’uso del termine “consente”) e che pertanto la scelta di utilizzarlo doveva essere appositamente motivata. Nella specie, egli osserva, la determinazione del Comune non è stata motivata e anche nella sostanza è criticabile, perché il servizio farmaceutico è reso già in modo soddisfacente. La giurisprudenza del Consiglio di Stato, reiterata anche di recente, riconosce che l’utilizzazione del resto è facoltativa; ma che nel sistema del d.l. n. 1/2012 essa non necessita di particolari giustificazioni o motivazioni. Infatti lo scopo dichiaratamente perseguito dall’art. 11 del decreto legge è quello di «favorire l'accesso alla titolarità delle farmacie da parte di un più ampio numero di aspiranti... nonché di favorire le procedure per l'apertura di nuove sedi farmaceutiche garantendo al contempo una più capillare presenza sul territorio del servizio farmaceutico»; mentre il decreto legge nel suo insieme (che riguarda anche materie assai diverse dal servizio farmaceutico) persegue un obiettivo di politica economica mediante l’incremento della «concorrenza» e della «competitività». In questo contesto si comprende come il legislatore pur non qualificando l’utilizzazione del resto come obbligatoria, non la subordini a particolari esigenze da accertare caso per caso. Per approfondire scarica gratuitamente la sentenza. Consiglio di Stato Sez. V 18.12.2015 n. 5759 Servizi pubblici locali - abbandono dello strumento dell’in house providing - legittimità della scelta del Comune di rivolgersi al mercato. Con plurimi ricorsi proposti dinanzi al TAR per il Veneto, da quest’ultimo riuniti per ragioni di connessione, Etra - Energia Territorio Risorse Ambientali S.p.a. invocava l’annullamento degli atti adottati dai Comuni di Mason Vicentino, Molvena e Pianezze aventi ad oggetto il servizio di raccolta differenziata, trasporto, recupero o smaltimento rifiuti per gli anni 2014/2019. Il TAR, premesso che l’originaria ricorrente è un organismo in house anche delle amministrazioni resistenti, respingeva i suddetti ricorsi, affermando che la scelta di rivolgersi al mercato è frutto di una valutazione di ampia discrezionalità, sottoposta ad una valutazione c.d. “debole” del g.a., ossia rivolta ad appurare Gazzetta Amministrativa -191- Numero 3/4 - 2015 Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze, provvedono alla gestione dei servizi pubblici che abbiano per oggetto produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali" e che, ai sensi dell'art. 198 d.lgs. 3.4.2006, n. 152, spetta ai Comuni la gestione dei rifiuti urbani, compresa la disciplina delle modalità del servizio di raccolta e di trasporto (CdS, V, 1.8.2015, n. 3780; Id., 13.12.2012, n. 6399). Né è rinvenibile alcuna disposizione che, in modo espresso, impedisca, prima dell’attivazione dei bacini territoriali, che le amministrazioni comunali provvedano alla gestione del servizio in questione. Come non può predicarsi un’abrogazione implicita di quanto disposto dal citato art. 198, poiché una simile esegesi ritarderebbe quel ricorso al mercato che è la ratio portante dei sopra richiamati provvedimenti legislativi. Infine, quanto alla dedotta violazione degli artt. 84, d.lgs. 163/2006 e 107, d.lgs. 267/2000, "la stessa è insussistente dal momento che la nomina della commissione di gara è stata disposta con provvedimento del responsabile dell’area tecnica, atto semplicemente confermato con provvedimento sindacale. Del pari, infondata è la doglianza con la quale si lamenta la nomina come commissario del Segretario comunale del comune. Infatti, il segretario comunale riveste compiti di collaborazione, di assistenza giuridico-amministrativa e, in presenza di determinati presupposti, di sovraintendenza e coordinamento del personale dirigenziale, nonché di consulenza, di verbalizzazione e di ufficiale rogante per tutti i contratti di cui il Comune sia parte; pertanto, per l'esercizio di altre specifiche funzioni (nella specie, Presidente di una Commissione di gara d'appalto) occorre un'espressa previsione statutaria o regolamentare, che nel caso in esame risulta contenuta nell’art. 33 del Regolamento sull’Ordinamento comunale degli uffici e dei servizi, che prevede che il responsabile di gara assente sia sostituito dal Segretario comunale. Ancora non è meritevole di favorevole apprezzamento la censura inerente la violazione dell’art 46, d.lgs. 163/2006, in quanto l’offerta economica dell’odierna appellante oltre a non risultare conforme ad i modelli di gara, si presenta come incerta, mancando i dati richiesti dalla lex specialis e conseguente- pubblica; con la norma impugnata, il legislatore statale ritiene che tale scopo si realizzi attraverso l'affidamento dei servizi pubblici locali al meccanismo delle gare ad evidenza pubblica, individuato come quello che dovrebbe comportare un risparmio dei costi ed una migliore efficienza nella gestione: da qui l'opzione - in coerenza con la normativa comunitaria - di promuovere l'affidamento dei servizi pubblici locali a terzi e/o a società miste pubblico/private e di contenere il fenomeno delle società in house. Tanto premesso, il Consiglio di Stato ha evidenziato come l’esame della relazione presente agli atti del fascicolo di causa non evidenzia elementi di violazione del dettato normativo di cui all’art. 34, co. 20, d.l. 179/2012, secondo il quale: “Per i servizi pubblici locali di rilevanza economica, al fine di assicurare il rispetto della disciplina europea, la parità tra gli operatori, l'economicità della gestione e di garantire adeguata informazione alla collettività di riferimento, l'affidamento del servizio è effettuato sulla base di apposita relazione, pubblicata sul sito internet dell'ente affidante, che dà conto delle ragioni e della sussistenza dei requisiti previsti dall'ordinamento europeo per la forma di affidamento prescelta e che definisce i contenuti specifici degli obblighi di servizio pubblico e servizio universale, indicando le compensazioni economiche se previste”, né tantomeno vizi sintomatici di eccesso di potere. Nella fattispecie, infatti, la relazione espone i costi della gestione del servizio e li compara con quelli del bacino VI5 e della media regionale. Inoltre, indica le finalità che si prefigge con la scelta di rivolgersi al mercato, prendendo anche in considerazione la possibilità della futura attivazione dei bacini territoriali, dando così compiuta motivazione dello stato di fatto esistente al tempo della valutazione e dei risultati ambiti attraverso il ricorso al mercato e l’abbandono dello strumento dell’in house providing. Il Collegio non ha accolto neppure la censura afferente i bacini territoriali, dal momento che il ritardo nella costituzione, o meglio nell’attivazione dei bacini territoriali non sterilizza nelle more la competenza delle amministrazioni comunali. È noto, infatti, che i servizi di igiene urbana attinenti la raccolta ed il trasporto di rifiuti rientrano nella qualificazione dell'art. 112 T.U.E.L., ai sensi del quale "gli Gazzetta Amministrativa -192- Numero 3/4 - 2015 Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza le seguenti ragioni. In primo luogo, rispetto alla responsabilità civile, quella in esame presuppone che il comportamento illecito si inserisca nell’ambito di un procedimento amministrativo. L’amministrazione, in ossequio al principio di legalità, deve rispettare predefinite regole, procedimentali e sostanziali, che scandiscono le modalità di svolgimento della sua azione. L’esistenza di un contatto tra le parti, pubbliche e private, impedisce di ritenere che si sia in presenza della responsabilità di un soggetto non avente alcun rapporto con la parte danneggiata. In secondo luogo, rispetto alla responsabilità contrattuale, sono diverse le posizioni soggettive che si confrontano: da un lato, dovere di prestazione o di protezione e diritto di credito, dall’altro, potere pubblico e interesse legittimo o, nelle materie di giurisdizione esclusiva, diritto soggettivo. Infine, rispetto ad entrambe le responsabilità civilistiche, la stretta connessione esistente tra sindacato di validità sul potere discrezionale e sindacato di responsabilità sul comportamento impone al giudice amministrativo, nel caso in cui sia proposta anche l’azione di annullamento o di nullità, di non sovrapporre, nell’accertare la sussistenza del fatto illecito, proprie valutazioni a quelle riservate alla pubblica amministrazione. In definitiva, la peculiarità dell’attività amministrativa – che deve svolgersi nel rispetto di determinate regole procedimentali, sostanziali e processuali – rende speciale, per le ragioni indicate, anche il sistema della responsabilità da attività illegittima (in questo senso, da ultimo, CdS, VI, 29.5.2014, n. 2792). È bene chiarire che la descritta forma di responsabilità deve essere tenuta distinta dalla responsabilità precontrattuale. Quest’ultima, da un lato, non richiede necessariamente la sussistenza di una illegittimità amministrativa, dall’altro, è finalizzata a “sanzionare” l’abuso della libertà negoziale della parte pubblica che, in contrasto con la buona fede (artt. 1337-1338 cod. civ.), intesa come lealtà di comportamento, incide sulla libertà negoziale dei partecipanti nella fase delle “trattative” che precedono la stipulazione di un contratto (cfr., da ultimo, Cass. civ., sez. I, 12.5.2015, n. 9636). Chiarito ciò, deve rilevarsi come gli elementi costitutivi della responsabilità della p.a., sul mente la sua comparabilità con quelle offerte dagli altri concorrenti. Da qui il carattere di incertezza dell’offerta stessa, sicché il provvedimento di esclusione, contrariamente a quanto indicato dall’appellante. segue l’indicazione offerta proprio dall’art. 46, che quindi non risulta essere stato violato. Deve, altresì, escludersi la denunciata violazione degli artt. 2 e 83, d.lgs. 163/2006, per avere la Commissione indebitamente proceduto alla puntualizzazione dei criteri di attribuzione dei punteggi, all’indomani dell’apertura dei plichi contenenti l’offerta economica e tecnica. Una simile attività, infatti, non risulta essere stata posta in essere come si evince dalla lettura dei verbali di gara, essendosi la commissione limitata a porre in essere un mero chiarimento nell’attribuzione dei punteggi, i cui criteri di attribuzione restano fissati dalla lex specialis". Consiglio di Stato Sez. VI 10.12.2015 n. 5611 Procedure di gara - responsabilità della Pubblica Amministrazione - nesso di causalità - risarcimento del danno. Di seguito si riporta la parte motiva della sentenza della Sesta Sezione del Consiglio di Stato del 10.12.2015 n. 5611. La responsabilità extracontrattuale, che rinviene il fondamento della sua disciplina nell’art. 2043 cod. civ., presuppone che l’agente non abbia normalmente alcun rapporto o contatto con la parte danneggiata. La norma citata, infatti, impone, con clausola generale dotata di autonomia precettiva, il rispetto del dovere generale del neminem laedere a tutela di qualunque posizione soggettiva meritevole di protezione giuridica. La responsabilità contrattuale è conseguenza della violazione di un dovere di prestazione o di protezione inserito nell’ambito di un rapporto giuridico che sorge non solo da un contratto ma, esprimendo l’espressione impiegata una sineddoche, anche dalla legge o da contatto tra le parti che può generare un rapporto contrattuale di fatto. Le posizioni soggettive sono riconducibili alla categoria del diritto soggettivo relativo. La responsabilità della pubblica amministrazione da provvedimento illegittimo ha natura speciale non riconducibile agli indicati modelli normativi di responsabilità (CdS, VI, 27.6.2013, n. 3521; id. 14.3.2005, n. 1047), per Gazzetta Amministrativa -193- Numero 3/4 - 2015 Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza all’esito di tale giudizio si accerta che il privato aveva “diritto” a quel determinato bene della vita sarà possibile ottenere, ricorrendo gli altri presupposti, il risarcimento del danno. In questo caso, pertanto, svolgendosi un giudizio di spettanza, la regola probatoria applicata è quella della “certezza” (cfr. CdS, V, 27.12.2013, n. 6260; sez. IV, 4.9.2013, n. 4452; V, 27.3.2013, n. 1781; V, 8.2.2011, n. 854). La seconda fattispecie ricorre nel caso in cui la parte abbia proposto un’autonoma azione di responsabilità ovvero, ed è questo il profilo che rileva in questa sede, nel caso in cui l’attività amministrativa sia vincolata o l’amministrazione abbia esaurito la discrezionalità e pertanto la rinnovazione procedimentale si svolge nel solo rispetto di quanto stabilito dal giudice ovvero determinato dalla legge. In queste ipotesi il giudice amministrativo, senza il rischio di sovrapporre il proprio giudizio alle valutazioni dell’autorità pubblica, può effettuare un giudizio prognostico applicando, con gli esposti adattamenti, le regole elaborate in ambito civilistico per ricostruire il nesso di causalità. Occorre, pertanto, accertare se vi è stato danno ingiusto valutando se, in applicazione della teoria condizionalistica e della causalità adeguata, è “più probabile che non” che l’azione o l’omissione della pubblica amministrazione siano state idonee a cagionare l’evento lesivo (CdS, VI, 29.5.2014, n. 2792) ovvero, nel caso di attività vincolata o discrezionalità esaurita, se è stato raggiunto il livello probatorio della certezza. Nel caso la richiesta risarcitoria sia volta ad ottenere i danni da perdita di chance la parte deve dimostrare non la perdita del “risultato” favorevole ma la perdita di una “occasione” favorevole (Cass. civ., sez. III, 27.3.2014 n. 7195, ha chiarito che nel danno da perdita di chance non si possono applicare regole statistiche correlative alle percentuali di “successo”). Applicando questi principi alla fattispecie in esame, risulta dimostrata la sussistenza del nesso di causalità. Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 1418 del 1997, ha ritenuto sussistenti illegittimità di natura sostanziale. La stazione appaltante aveva annullato la gara ritenendo non sufficiente il numero delle imprese che avevano partecipato alla gara e aveva individuato una anomalia delle offerte a causa di eccessivi ribassi. Il Consiglio di Stato piano della fattispecie, sono: i) l’elemento oggettivo; ii) l’elemento soggettivo; iii) il nesso di causalità materiale o strutturale; iv) il danno ingiusto, inteso come lesione della posizione di interesse legittimo e, nella materie di giurisdizione esclusiva, di diritto soggettivo. Sul piano delle conseguenze e, dunque, delle modalità di determinazione del danno, il fatto lesivo, così come sopra individuato, deve essere collegato, con un nesso di causalità giuridica o funzionale, con i pregiudizi subiti dalla parte danneggiata (Cass., 17.9.2013, n. 21255, ritiene, invece, che anche tale fase, avendo rilevanza causale, debba essere inserita nell’ambito della fattispecie). In questa sede interessa soffermarsi sul rapporto di causalità. Questa Sezione ha già avuto modo di ricostruire, con la citata sentenza n. 2792 del 2014, la nozione di nesso di causalità nell’ambito di una più ampia ricostruzione che ha riguardato anche la natura giuridica della responsabilità della p.a. In questa sede è sufficiente riportare il passo rilevante di tale decisione, in cui si è affermato quanto segue. La ricostruzione del nesso eziologico è necessaria al fine di valutare se la condotta della pubblica amministrazione sia stata idonea a ledere la posizione soggettiva di interesse legittimo.L’accertamento della lesione dell’interesse legittimo – in ragione della stretta connessione con il potere pubblico – richiede, infatti, l’effettuazione di un giudizio prognostico mediante il ricorso alla teoria condizionalistica, integrata, ove occorra, dal modello della sussunzione sotto leggi scientifiche e corretta dalla teoria della causalità adeguata. Occorre distinguere due diverse fattispecie. La prima fattispecie ricorre nel caso in cui la parte abbia proposto sia l’azione di invalidità sia l’azione di responsabilità e l’esito del giudizio amministrativo di annullamento di un determinato provvedimento consente il riesercizio di poteri amministrativi discrezionali. In queste ipotesi la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha costantemente ritenuto che il giudice amministrativo non possa effettuare, per evitare di invadere sfere di valutazione che la Costituzione riserva alla pubblica amministrazione, il predetto giudizio prognostico. Si ritiene, infatti, necessario attendere che l’amministrazione rinnovi il procedimento emendato dal vizio riscontrato in sede giudiziale e soltanto se Gazzetta Amministrativa -194- Numero 3/4 - 2015 Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza re un danno in sé, rappresenta lo stesso presupposto (negativo) del risarcimento del danno da mancato guadagno, in quanto è proprio l'immobilizzazione delle risorse e dei mezzi tecnici ad escludere il c.d. aliunde perceptum, il quale, ove percepito in conseguenza di attività materialmente incompatibili (data la struttura imprenditoriale) con la contestuale esecuzione dell'appalto di cui si lamenta la mancata aggiudicazione, dovrebbe altrimenti essere detratto da quanto riconosciuto a titolo di lucro cessante». Si è aggiunto che: «l'aliunde perceptum rappresenta, tuttavia, un fatto impeditivo del diritto al risarcimento del danno: l'onere di eccepirlo e provarlo grava, secondo principi costantemente affermati dalla giurisprudenza civile della Corte di Cassazione (cfr., fra le tante, Cass. civ. sez. lav., 11 giugno 2013, n. 14643), sul danneggiante e, in mancanza di tale eccezione o di tale prova, non può darsi luogo a nessuna detrazione di quanto riconosciuto a titolo di mancato guadagno». La Sezione ha, poi, condivisibilmente aggiungto che «il contrario indirizzo a volte espresso da questo Consiglio di Stato non risulta condivisibile in quanto trasforma irragionevolmente l'(assenza dell') aliunde perceptum da fattore impeditivo ad elemento costitutivo della pretesa risarcitoria, facendo, peraltro, gravare sull'impresa che chiede il risarcimento la difficile prova di un fatto negativo» (CdS, Sez. VI, 15.9.2015, n. 4283). C) In relazione al «danno per la perdita di chance a partecipare ad altre gare di appalto», anch’esso non può essere risarcito perché “coperto” dalla voce risarcitoria da lucro cessante. La parte può, infatti, pretendere, quando non è più possibile ottenere la tutela in forma specifica, i danni per il mancato utile conseguente alla perdita del “risultato” favorevole ovvero i danni da perdita di chance conseguente alla perdita di una “occasione” favorevole. Nel caso in esame, la parte ha optato per la prima forma di tutela. D) In relazione al “danno curriculare”, esso viene generalmente ritenuto risarcibile «posto che il mancato arricchimento del curriculum professionale dell'impresa danneggiata dal provvedimento illegittimo pregiudica la sua capacità di competere nel mercato e diminuisce le chances di aggiudicarsi ulteriori affidamenti» (CdS, Sez. III, 10.4.2015, n. 1839). La sezione, con la citata ha ritenuto non adeguata tale motivazione in quanto, da un lato, non sarebbe «comprensibile, in base alla comune esperienza, perché una partecipazione di 26 imprese su 39 invitate risulti, in sé, un esito non auspicato», dall’altro, come il giudizio di anomalia presupponga «l’acquisizione di dati concreti e specifici» e un contraddittorio con le imprese che è mancato. Da tale motivazione della sentenza emerge, con chiarezza, come il Consiglio di Stato abbia ritenuto che l’aggiudicazione già disposta non doveva essere annullata. Per quanto il vizio sia stato quello della motivazione inadeguata, in concreto non vi sarebbe stato spazio, in ragione del fatto che era stata la stessa amministrazione ad adottare l’atto di aggiudicazione, per una diversa determinazione in fase di riesercizio del potere. In altri termini, l’amministrazione, adottando il provvedimento di aggiudicazione, aveva “esaurito” la sua discrezionalità e, pertanto, una volta annullato l’atto con cui si era decisa la non stipulazione del contratto, per le illegittime ragioni sostanziali sopra indicate, può considerarsi raggiunta, con il livello della certezza, la prova della lesione della posizione giuridica vantata dall’appellante. Si rientra, pertanto, nella seconda fattispecie che questo Consiglio ha individuato, con conseguente sussistenza del nesso di causalità negato dal primo giudice. Chiarito ciò si tratta di valutare quali sono i danni risarcibili. A) In relazione al «danno per mancato utile» e dunque al lucro cessante la giurisprudenza di questo Consiglio ha già avuto modo di affermare che «il risarcimento del cd. lucro cessante è subordinato alla prova, a carico dell'impresa ricorrente, della percentuale di utile effettivo che avrebbe conseguito se fosse risultata aggiudicataria dell'appalto, prova desumibile in via principale dall'esibizione dell'offerta economica presentata al seggio di gara» (ex multis, CdS, Sez. IV, 11.11.2014, n. 5531). Ne consegue che all’appellante spetta l'utile effettivo che avrebbe conseguito se fosse risultata aggiudicatario quale risultante dall'offerta economica presentata in sede di gara. B) In relazione al «danno per vincolo improduttivo di personale e mezzi tecnici», lo stesso non spetta perché sfornito di prova sia nell’an che nel quantum. Questa Sezione ha, recentemente, avuto modo di affermare che «tale immobilizzazione, anziché costituiGazzetta Amministrativa -195- Numero 3/4 - 2015 Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza danno da fatto illecito andrà svolta una duplice operazione: in primo luogo, il danneggiato andrà reintegrato nella stessa situazione patrimoniale nella quale si sarebbe trovato se il danno non fosse stato prodotto, dovendosi così provvedere alla rivalutazione del credito, cioè alla trasformazione dell'importo del credito originario in valori monetari correnti alla data in cui è compiuta la liquidazione giudiziale, avvalendosi del coefficiente di rivalutazione elaborato dall'ISTAT, applicando l'indice dei prezzi al consumo per famiglie di operai e impiegati, in quanto non è stata in questa sede evocato altro criterio; in secondo luogo, dovrà calcolarsi il cd. danno da ritardo, utilizzando il metodo consistente nell'attribuzione degli interessi (c.d. compensativi), da calcolare secondo i criteri già fissati dalla Corte di Cassazione (sentenza n. 1712 del 1995), secondo cui gli interessi vanno calcolati dalla data del fatto non sulla somma complessiva rivalutata alla data della liquidazione, bensì sulla somma originaria rivalutata anno dopo anno, cioè con riferimento ai singoli momenti con riguardo ai quali la predetta somma si incrementa nominalmente in base agli indici di rivalutazione monetaria» (Consiglio di Stato, sez. IV, 1.4.2015, n. 1708). sentenza n. 4283 del 2015, ha affermato che, in relazione a tale voce risarcitoria, «il terreno della prova si fa evidentemente molto scivoloso, posto che, come è stato evidenziato, ammettendo una sorta di “danno per immagine depotenziata”, si entra nelle sabbie mobili di un danno non surrogabile patrimonialmente e non agevolmente quantificabile». La quantificazione di tale voce di danno è stata, infatti, sino ad ora operata dal giudice amministrativo in via equitativa, riconoscendo una somma pari ad una percentuale (variabile dall'1% al 5%) applicata in alcuni casi sull’importo globale dell'appalto, in altri sulla somma già liquidata a titolo di lucro cessante. Il Collegio ritiene che, nel caso di specie, sia congruo, tenuto conto della tipologia di appalto, liquidare in via equitativa a titolo di danno curriculare una somma pari al 2% di quanto riconosciuto a titolo di mancato guadagno. E) In relazione al danno «da contatto amministrativo qualificato», riconosciuto dal primo giudice nei limiti delle spese sostenute e non delle occasione perse, lo stesso non può essere riconosciuto, neanche nella misura determinata dal Tribunale amministrativo, in quanto esso attiene alla diversa fattispecie di responsabilità precontrattuale. In quest’ultimo caso, il risarcimento del danno è “limitato” all’interesse negativo e dunque è strettamente correlato al pregiudizio subito dalla parte per essere stata “coinvolta” in una negoziazione procedimentale che non è stata condotta dalla stazione appaltante nel rispetto delle regole della correttezza. Il danno da illecito civile è, invece, ancorato all’accertamento di una illegittimità amministrativa nell’ambito dello stesso procedimento. È evidente come, trattandosi di due diverse tecniche risarcitorie applicabili alla medesima vicenda, la parte deve effettuare la scelta di quale è la violazione che, in concreto, ha ritenuto sussistente. Alla luce dei motivi di ricorso e delle violazioni lamentate, l’appellante ha agito con l’azione da responsabilità civile connessa ad una illegittimità amministrativa, con la conseguenza che, in relazione a tale azione, non è possibile “aggiungere” voci risarcitorie che, si ribadisce, attengono ad una diversa fattispecie di responsabilità. F) In relazione, infine, alla corresponsione degli accessori del credito, «va ricordato che nel liquidare l'obbligazione di risarcimento del Gazzetta Amministrativa Consiglio di Stato Sez. V 27.11.2015 n. 5385 Avvalimento - inidoneità del contratto dal contenuto generico. In relazione alla disciplina dell’avvalimento per la qualificazione alle gare (di cui all’art. 49, co. 2, lett. f), del D. Lgs. n. 163 del 2006 e all’art. 88 del d.P.R. 5.10.2010, n. 207), il Consiglio di Stato Sez. V nella sentenza del 27.11.2015 n. 5385 ha richiamato la giurisprudenza che ha chiarito come la messa a disposizione del requisito mancante non deve risolversi nel prestito di un valore puramente cartolare e astratto, essendo invece necessario, anche alla luce del chiaro disposto dell’art. 88 del d.P.R. n. 207 del 2010, che dal contratto risulti chiaramente l’impegno dell’impresa ausiliaria di prestare le proprie risorse e il proprio apparato organizzativo in tutte le parti che giustificano l’attribuzione del requisito di qualità, come i mezzi, il personale, la prassi e tutti gli altri elementi aziendali qualificanti (CdS, V, 27.4.2015, n. 2063). È invece inidoneo un contratto di avvalimento a contenuto generico a -196- Numero 3/4 - 2015 Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza terdittivà o ‘pregiudicantè , che attesta la effettiva sussistenza di pericoli di infiltrazione mafiosa) mantiene la propria efficacia anche oltre il decorso dei termini di validità (e dunque ‘sine diè o comunque fino all’adozione di un espresso provvedimento riabilitativo o di revisione). Premesso che l’interpretazione in questione può (ed inizia a) suscitare in giurisprudenza qualche perplessità (sia in quanto introduce, in contrasto ad un ben noto canone ermeneutico, elementi ‘di discriminè non emergenti dal chiaro ed univoco significato letterale del testo normativo; sia in quanto appare rivolta ad ‘estenderè , in deroga ad un altrettanto ben noto canone ermeneutico - ed in mancanza di idonei strumenti di garanzia - la ‘strettà portata di ‘norme emergenziali’ introduttive di ‘potestà ablatorie straordinariè ), risulta assolutamente pacifico ed incontroverso in giurisprudenza che tale interpretazione (‘in malam partem’), e l’applicazione della norma nel senso ad essa conforme, implica - perché si resti nell’ambito della legittimità - che la situazione oggetto dell’originario controllo che ha condotto all’informativa interdittiva sia rimasta comunque del tutto ‘immutatà (Cfr.: CdS, Sez. III^, n.5955/2014; Id., n.292/2014 e n.293/2014; CdS, Sez. , V^, n.851/2006; Id., n.3126/2007; CdS, Sez., VI^, n.7002/2011). Non appare revocabile in dubbio - in altri termini che la persistenza dell’efficacia dell’informativa ‘ormai scadutà (o, ciò che esprime il medesimo concetto, la c.d. ‘ultrattività’ dell’efficacia del provvedimento oltre il termine di scadenza della sua validità), può verificarsi secondo il ‘sistemà, introdotto dal citato orientamento giurisprudenziale - solamente a condizione che la situazione che ha condotto all’adozione del provvedimento non si sia modificata. Solamente in tale ipotesi, infatti, la ‘ratio’ sottesa all’orientamento giurisprudenziale in questione appare conforme - come sottolineato dalle sentenze richiamate - ai principii generali che ispirano il sistema ordinamentale della prevenzione; sistema volto non già ad introdurre rinnovate fattispecie di ‘colpa d’autorè (determinanti ‘status’ soggettivi interdittivi a carattere tendenzialmente permanente), ma - più linearmente - a limitare il rischio o il pericolo che si verifichino eventi a rilevanza penale. Dai principii fin qui affermati svolgere la funzione negoziale propria (CdS, V, 28.9.2015, n. 4507). Consiglio di Stato Sez. III 17.11.2015 n. 5249 Contratti pubblici: Sì del Consiglio di Stato all’impiego di personale volontario da parte delle associazioni di volontariato ammesse alla gara. La Terza Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 17.11.2015 n. 5249 ha ribadito l’orientamento che ha riconosciuto l’ascrivibilità anche delle associazioni di volontariato, quali soggetti autorizzati dall’ordinamento a prestare servizi e a svolgere, quindi, attività economiche, ancorchè senza scopi di lucro, al novero dei soggetti ai quali possono essere affidati i contratti pubblici (cfr. CdS, Sez. III, 16.7.2015; n.3685; Sez. VI, 23.1.2013, n.387), escludendo, quindi, il carattere tassativo dell’elenco contenuto nell’art.34 d.lgs. n.163 del 2006. L’ammissione (peraltro, in sé, non contestata dal ricorrente) delle associazioni di volontariato alla gara implica, quale logico corollario, la possibilità di impiegare nel servizio anche personale volontario (altrimenti la clausola partecipativa resterebbe priva di senso), mentre, a ben vedere, la decisione citata dal RTI ricorrente come affermativa di un principio contrario (CdS, Sez. V, 16.1.2015, n.84) non risulta, come sembra prospettare l’appellante, impeditiva dell’impiego dei volontari. Consiglio di Stato Sez. III 17.11.2015 n. 5256 Informativa antimafia - informazione interdittiva ormai scaduta - ultrattivà. Il Consiglio di Stato Sez. III nella sentenza del 17.11.2015 n. 5256 ha affermato di "non ignorare l'esistenza di un orientamento giurisprudenziale secondo cui le norme che stabiliscono che l’’informativa antimafià debba avere una validità (e dunque un’efficacia) limitata nel tempo, siano da interpretare nel senso: - che la sola informativa antimafia ‘favorevolè all’impresa ed al cittadino sottoposto a controllo (id est: l’informativa ‘non interdittivà o ‘non pregiudicantè ) perde ‘automaticamentè la propria efficacia allo scadere del termine (rendendosi così necessaria, da tale scadenza, l’acquisizione di una nuova informativa); mentre l’informativa antimafia ‘sfavorevolè all’impresa ed al cittadino (id est: quella ‘inGazzetta Amministrativa -197- Numero 3/4 - 2015 Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza 5260 del 17.11.2015 nella quale il Supremo Consesso ha evidenziato come tale affermazione derivi sia dell’art. 117, secondo comma, della Costituzione che riserva nelle materie di legislazione concorrente, la potestà legislativa alle Regioni, salva la determinazione dei principi fondamentali, spettante alla legislazione dello Stato, sia delle normative statali, medio tempore introdotte dal legislatore - l.n. 36/2001 e d.lgs. n. 259/2003 sulla disciplina delle comunicazioni elettroniche. Nella specie, inoltre, precisa il Collegio "non appare violato, come deduce il Comune,l’art. 8 della l. n. 36/2001, in quanto l’impugnato regolamento aveva previsto l’esclusione di ogni impianto per le classi “0” e “1” e cioè per tutte le zone, rispettivamente: del centro storico ad elevata densità edilizia ed abitativa, aree residenziali e di completamento, aree destinate ad attrezzature e servizi d’interesse generale ed insediamenti produttivi ed inoltre aree destinate ad uso prevalentemente residenziale caratterizzate da significativa densità edilizia ed abitativa. Ora dal contenuto della predetta elencazione emerge in modo fin troppo evidente, oltre la genericità della descrizione dei siti esclusi, anche una generalizzazione degli stessi, con riferimento alla loro effettiva estensione, tali, come afferma la decisione del Tar, da rendere del tutto incerti ed immotivati i criteri di localizzazione degli impianti, circoscritti e si potrebbe dire “confinati” ad aree destinate ad insediamenti produttivi e terziari". consegue che prima di ‘spedirè , affinchè possa essere ‘ultrattivamente utilizzatà, una informativa ‘ormai scadutà (per decorso del termine di validità), l’Amministrazione prefettizia competente ad emetterla ha almeno l’obbligo di verificare che le condizioni che ne hanno determinato l’originaria emissione non siano modificate e persistano in toto (CdS, Sez. III, nn.292 e 293/2014; CdS, Sez. V, n.851/2006; Id., n.3126/2007). E ciò a maggior ragione se il soggetto interessato abbia chiesto espressamente alla competente Amministrazione - proprio in considerazione dell’avvenuta scadenza del c.d. termine di validità del provvedimento l’emissione di una nuova informativa, o la revisione di quella ‘ultrattivamente ancora efficacè . E così pure l’Amministrazione che richiede l’informativa - al fine di utilizzarla in conformità alla sua fisiologica funzione (prevenzione contro l’effettivo pericolo di infiltrazione mafiosa) - e che se ne veda recapitare una dal carattere apparentemente ultrattivo (id est: trasmessale come efficace ancorchè ormai scaduta per decorso temporale), ha l’obbligo - prima di farne uso per effetti escludenti definitivi - di aprire un’istruttoria (rectius: di avviare un subprocedimento istruttorio) sulla questione, con il coinvolgimento del soggetto interessato. Consiglio di Stato Sez. III 17.11.2015 n. 5260 Installazione di impianti di radiotelefonia divieti o limitazioni generalizzate - regolamento comunale. "Se è vero che dal punto di vista urbanistico i Comuni possono incidere sulla localizzazione degli impianti di telefonia mobile a patto che la regolamentazione non abbia l’effetto di vietare indiscriminatamente l’istallazione degli stessi su tutto il territorio comunale, tenendo anche conto della minimizzazione dell’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici, è altrettanto vero che i Comuni non possono introdurre nei piani regolatori e negli altri strumenti pianificatori - regolamento comunale per gli impianti - divieti o limitazioni generalizzate o, comunque, estese ad intere zone comunali con l’effetto di non assicurare i livelli essenziali delle prestazioni che l’Amministrazione è tenuta a garantire su tutto il territorio nazionale". È questo il principio sancito dalla Terza Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza n. Gazzetta Amministrativa Consiglio di Stato Sez. IV 19.11.2015 n. 5280 Gare - servizi esclusi dalla possibilità di procedere all'escussione della cauzione provvisoria - esclusione concorrente. L’incameramento della cauzione come più volte rilevato dal Consiglio di Stato (Sez. V 10.9.2012 n. 4778; di recente, questa Sezione 9.6.2015 n. 2829 ) si configura come misura sanzionatoria costituente conseguenza automatica del provvedimento di esclusione. Invero, i criteri di esclusione dalla partecipazione alle gare sono dati in funzione della trasparenza della posizione dei concorrenti e non ritengono necessaria la prova della colpa nella formazione delle dichiarazioni presentate, dovendosi tener presente che nella specie l’esclusione è avvenuta proprio in ragione di un rilevato difetto -198- Numero 3/4 - 2015 Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza per il caso di specie una norma di rango legislativo e neppure di tipo regolamentare che regga l’irrogazione della misura afflittiva costituita dalla escussione della cauzione provvisoria". dei requisiti da dichiararsi ex art.38 del dlgs n. 163/2006. Aderendosi a questa tesi interpretativa, il Consiglio di Stato Sez. IV nella sentenza del 19.12.2015 n. 5280 ha affermato che "ne deriva che l’assunto del Tar secondo cui nel caso de quo necessitava far precedere la determinazione di incameramento da una valutazione sulla gravità dell’addebito contestato alla Società si appalesa privo di pregio mentre, specularmente, fondata si rivela la tesi difensiva di parte appellante che fonda il suo motivo di gravame proprio sul carattere automatico della escussione intesa come misura sanzionatoria applicabile ex lege . Nondimeno, rileva il Collegio che la stazione appaltante non poteva procedere alla escussione della cauzione per una ragione che si pone a monte della problematica sopra esposta, ravvisabile, precipuamente, nel fatto che l’art. 48 citato non è applicabile tout court alla fattispecie, come correttamente e fondatamente fatto rilevare dalla Società qui appellata nella memoria di resistenza. Il titolo II del d.lgs. n. 163/06 che si occupa dei contratti esclusi dall’ambito di applicazione del codice annovera l’art. 21 relativo agli appalti aventi ad oggetto i servizi elencati sia nell’allegato A sia nell’allegato B . Ora oggetto della gara per cui è causa risulta essere per tabulas il servizio di ristorazione collettiva mediante catering e la ristorazione è tra gli appalti di servizi inseriti nell’allegato II B del codice dei contratti . Questo sta a significare, in base ad una coordinata lettura del disposto legislativo, che la procedura ristretta posta in essere rientra a pieno titolo tra i servizi esclusi ai quali non è applicabile la norma di cui all’art.48 dettata a proposito della escussione della cauzione provvisoria. In tali sensi si è peraltro già espressa questa Sezione con sentenza n.2853 del 25/2/2014 proprio in occasione della definizione di una gara avente ad oggetto il servizio ristorazione (da svolgersi in quella circostanza in favore della polizia penitenziaria) e il Collegio ritiene di aderire pienamente a tale decisum. D’altra parte occorre rilevare che nella lex specialis di gara non risulta vi sia una prescrizione che preveda l’escussione della cauzione provvisoria conseguentemente alla disposta esclusione alla gara di un concorrente, senza quindi che la stazione appaltante si sia posto al riguardo un autovincolo. Insomma non v’è Gazzetta Amministrativa Consiglio di Stato Sez. III 23.10.2015 n. 4894 Congruità dell'offerta - modifiche nell'organigramma del personale - introduzione di giustificazioni. Con riguardo all’organigramma del personale, l’appellante sostiene che in sede di giustificazione della congruità dell’offerta sarebbero state introdotte modifiche tali da costituire una sua nuova e diversa modulazione. Osserva il Consiglio di Stato Sez. III nella sentenza del 23.10.2015 n. 4894 che l’organigramma del personale è restato invariato nel numero complessivo degli addetti, mentre un contenuto mutamento delle qualifiche di inquadramento e dell’ anzianità di servizio degli operatori - che trovano giustificazione anche in esigenze di mantenimento in servizio del personale in forza al precedente appaltatore - non vengono a snaturare l’offerta nel suo iniziale contenuto (cfr. in fattispecie analoga Cons. St., sez, VI, n. 2770 del 5 giugno 2015). Non si versa, quindi, a fronte di mutamenti essenziali e sostanziali del contenuto dell’offerta, tali da alterare l’apprezzamento a suo tempo formulato dalla stazione appaltante sull’organigramma inizialmente prodotto con vulnus alla par condicio dei concorrenti. Consiglio di Stato Sez. V 22.10.2015 n. 4870 Appalti - rilevanza dell'errore grave non è circoscritta ai casi occorsi nell'ambito di rapporti contrattuali intercorsi con la stazione appaltante che bandisce la gara, ma attiene indistintamente a tutta la precedente attività professionale dell'impresa. La portata dell’art. 38, co. 1, lett. f), del d. lgs. N. 163/06 e dei correlati obblighi dichiarativi è stata esaminata dalla dottrina e dalla giurisprudenza che concordano nella necessità che il concorrente, in linea con l’onere collaborativo che sottende i rapporti con la pubblica amministrazione, renda completa dichiarazione dei fatti richiesti ai sensi della previsione dell’art. 38 del d. lgs. n. 163 del 2006, ivi comprese le inadempienze nell’esercizio -199- Numero 3/4 - 2015 Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza fronti sorge il relativo obbligo dichiarativo”. In conclusione deve ritenersi che, anche in relazione alle clausole di esclusione di cui alla lettera f) citata, vige la regola – valevole anche per altre condizioni di cui all’art. 38 del codice dei contratti pubblici – secondo la quale la gravità dell’evento è ponderata dalla stazione appaltante, sicché l’operatore economico è tenuto a dichiarare lo stesso ed a rimettersi alla valutazione della stazione appaltante (naturalmente, detta valutazione – ove illogica o immotivata – potrà essere censurata innanzi l’Autorità Giudiziaria). Ne consegue che la mancata esternazione di un evento, anche se poi ritenuto non grave, comporta, di norma, l’esclusione dalla gara specifica e la comunicazione degli atti all’ANAC per l’eventuale provvedimento di iscrizione nel casellario informatico ai fini dell'esclusione dalle procedure di gara, ai sensi e per gli effetti del comma 1 ter del citato art. 38. Indubbiamente l’art. 38, comma 1, lettera f), del codice dei contratti pubblici pone in evidenza anche alcune anomalie correlate alla mancata previsione (a differenza di altre ipotesi di esclusione previste dall’art. 38 cit.) di un arco temporale (rispetto alla gara) entro il quale debbono essersi verificati gli eventi in questione al fine della loro dichiarazione in gara e della conseguente valutazione da parte della stazione, rischiando di estendere in modo irragionevole la portata della norma, tenuto anche conto della mancata tipizzazione degli eventi rilevanti e dell’obbligo di esternare l’evento per rimettersi alle valutazioni della stazione appaltante onde non incorrere nel rischio di rendere una dichiarazione suscettibile di essere ritenuta omissiva/reticente, con le correlate conseguenze. Tali anomalie, peraltro non ravvisabili nella fattispecie in esame attesa la prossimità temporale e la gravità delle inadempienze contestate (“lamentele”, “denunce di disservizi ed inadempimenti” con riferimento ad asserite carenze igienico – sanitarie), non possono portare a rimettere al concorrente alla gara la valutazione dei fatti occorsi nell’esercizio dell’attività professionale, tanto più in presenza di una espressa e inequivoca previsione della lex specialis di gara. La circostanza che ai fini dell’articolo 38, comma 1, lettera f), non rileva un qualsiasi inadempimento agli obblighi contrattuali, essendo ne- dell’attività professionale, per consentire la valutazione della Stazione Appaltante, tanto più non avendo la clausola di esclusione di cui alla lettera f) carattere sanzionatorio ma il diverso obiettivo di salvaguardare l'elemento fiduciario che deve necessariamente essere presente nei confronti dell'impresa con cui contrarre e la cui valutazione non può prescindere dalla conoscenza di inadempienze contrattuali in precedenti rapporti. Dalle disposizioni del citato art. 38, co. 1, lett. f), emerge, quindi, un sistema finalizzato alla attribuzione di una facoltà di scelta in capo alle Amministrazioni diverse dall’originaria Stazione Appaltante, alle quali spetta di accertare, in rapporto alle esigenze del contratto che si andrà a stipulare, l’effettiva valenza dell’errore professionale precedentemente commesso dall’impresa. In tale prospettiva, caratterizzata dalla esigenza di assicurare l’affidabilità di chi si propone quale contraente dell’amministrazione pubblica, il requisito dell’affidabilità può essere effettivamente garantito solo se si allarga il panorama delle informazioni, comprendendo anche le evenienze patologiche contestate da altri committenti in maniera obiettiva e non attraverso il filtro del concorrente. A tale orientamento si conforma anche l’AVCP (ora ANAC), secondo la quale la rilevanza dell'errore grave non è circoscritta ai casi occorsi nell'ambito di rapporti contrattuali intercorsi con la stazione appaltante che bandisce la gara, ma attiene indistintamente a tutta la precedente attività professionale dell'impresa, in quanto elemento sintomatico della perdita del requisito di affidabilità e capacità professionale ed influente sull'idoneità dell'impresa a fornire prestazioni che soddisfino gli interessi di rilievo pubblico che la stazione appaltante persegue. Anche le norme europee [cfr. art. 57 della Direttiva 2014/24/UE, par. 4 lett. c) e g), nel disciplinare le ipotesi di “gravi illeciti professionali” e di “carenze nell’esecuzione” (analoghi ai concetti di “errore grave” e di “negligenza e malafede” utilizzati dal legislatore interno)] specificano che esse devono riguardare un precedente contratto d’appalto pubblico o un contratto di appalto con un ente aggiudicatore senza alcuna “separazione tra l’ipotesi in cui le stesse si siano verificate nei confronti della medesima o di una diversa stazione appaltante, rispetto a quella nei cui conGazzetta Amministrativa -200- Numero 3/4 - 2015 Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza Appalti - segretario comunale - componente della commissione di gara - sussiste. La Quinta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 22.10.2015 ha, tra l'altro, analizzato la censura sollevata da un'impresa partecipate ad una procedura di gara in ordine all’asserita illegittimità della composizione della commissione di gara, rigettando il motivo di appello. In particolare il Collegio precisa nella parte motiva della sentenza che "Come affermato dal TAR con percorso motivazionale corretto, l’importo e la natura dell’appalto (appalto di servizi del valore di base di euro 14.809.773,60) consentivano alla stazione appaltante di avvalersi di soggetti esterni quali componenti della commissione di gara, naturalmente escluso il presidente, così come previsto dall’art. 282, co. 2, del d.P.R. n. 207 del 2010, in disparte la carenza di personale dipendente di adeguata professionalità. Né v’era necessità di estrinsecare le motivazioni che avevano portato alla nomina dei membri esterni, atteso che la natura e il valore dell’appalto ne consentivano la nomina. Quanto all’asserita carenza di specifiche professionalità dei componenti scelti dalla stazione appaltante (..), non è dimostrata ed è smentita dai curricula degli interessati, sicché la censura deve ritenersi quanto a tale profilo inammissibile e infondata e non è nemmeno provato che l’asserita carenza di professionalità si sia tradotta in vizi di valutazione delle offerte o degli esiti della gara o del presunto e indimostrato vizio di imparzialità. Il segretario comunale, essendo dipendente del Comune e dotato di professionalità insita nella stessa funzione espletata, ben poteva essere componente della commissione di gara. cessario che la condotta dell’impresa sia stata caratterizzata da rilevanti violazioni dei doveri professionali o contrattuali, connotate da dolo o colpa grave, idonee e compromettere il rapporto fiduciario con la stazione appaltante (in altri termini, non basta che le prestazioni non siano state eseguite a regola d'arte ovvero in maniera non rispondente alle esigenze del committente, occorrendo, invece, una violazione del dovere di diligenza nell'adempimento qualificata da un atteggiamento psicologico doloso o comunque gravemente colposo dell'impresa) attiene pur sempre alla valutazione dell’amministrazione e non esonera il concorrente alla gara dal rendere la dichiarazione, atteso che, in ogni caso, il grave errore è espressione di un difetto di capacità professionale e lo stesso, nella sua obiettiva rilevanza, costituisce elemento sintomatico della perdita del requisito di affidabilità e capacità professionale a fornire prestazioni che soddisfino gli interessi di rilievo pubblico perseguiti dall’Ente committente. Per quanto esposto, essendo la ricorrente venuta meno agli obblighi dichiarativi, così incorrendo nella correlata causa di esclusione, non può che condividersi il decisum del giudice di primo grado. Così delimitata la causa di esclusione dalla gara della ricorrente, perde consistenza anche la censura di eccesso di potere giurisdizionale della sentenza impugnata, incentrata sull’assunto che la decisione di esclusione da una gara per i motivi di cui all’articolo 38, comma 1, lettera f), è frutto di una valutazione discrezionale della stazione appaltante alla quale il legislatore riserva l’individuazione del punto di rottura dell’affidamento nel pregresso o futuro contraente (cfr. Cass. sez. unite, 17.2.2012, n. 2312; CdS, Sez. VI, 14.8.2013, n. 4174; sez. III, 5.5.2014, n. 2289) e che non poteva il TAR pervenire a valutazioni opposte, senza incorrere nell’eccesso di potere giurisdizionale, avendo la commissione di gara e il Comune di Pomezia ritenuto che le vicende contestate alla ricorrente dal Comune di Ardea non implicassero un deficit di fiducia. Tale censura attiene, infatti, ad un momento logicamente successivo a quello dichiarativo su cui è fondata la decisione impugnata. Consiglio di Stato Sez. V 22.10.2015 n. 4871 Procedure di gara - interesse a ricorrere della terza in graduatoria. In ordine alla individuazione delle condizioni per valutare la sussistenza dell’interesse a ricorrere della terza graduata in una procedura di gara, la giurisprudenza ha evidenziato che l’utilità che essa ricorrente tiene a conseguire, sia essa finale o strumentale, deve derivare in via immediata e secondo criteri di regolarità causale dall’accoglimento del ricorso e non già in via mediata da eventi incerti e potenziali quali l’esito negativo di una verifica di anoma- Consiglio di Stato Sez. V 22.10.2015 n. 4871 Gazzetta Amministrativa -201- Numero 3/4 - 2015 Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza (come nel caso di specie) la seconda opzione, i progettisti indicati non costituiscono soggetto direttamente e formalmente partecipante alla gara. È , peraltro, innegabile che agli stessi è affidato il compito di redigere la progettazione dell’opera (dal bando di gara emerge che, nella specie, l’appalto ha ad oggetto “la progettazione esecutiva ed esecuzione, ai sensi dell’articolo 53, comma 2, lett. b) del d.lgs. 163/2006 e ss.mm.ii., sulla base del progetto definitivo”). Essi, dunque, costituiscono soggetti che realizzano una parte dell’appalto, in particolare il servizio di progettazione. Orbene, in relazione a tale circostanza – la quale giustifica evidentemente la prescrizione contenuta nel richiamato articolo 53, comma 3 , a mente della quale deve trattarsi di soggetti “qualificati” – non vi è motivo per non ritenere agli stessi applicabili le regole ordinarie di partecipazione alla procedura in relazione alla composizione soggettiva dagli stessi prescelta, soprattutto quando si tratti di disposizioni dettate a garanzia della affidabilità, serietà e corretta realizzazione della prestazione ( che, ripetesi, è dagli stessi eseguita). Orbene, nella vicenda in esame gli appellanti hanno dichiarato di “indicare” come progettisti “la costituenda ATI .. I progettisti “indicati”, per libera scelta del concorrente, sono, dunque, intervenuti nella procedura nella connotazione soggettiva del Raggruppamento Temporaneo costituendo. Gli stessi progettisti, nel rendere le dichiarazioni di loro competenza, sono ricorsi all’istituto del raggruppamento temporaneo di concorrenti previsto dal Codice. Essi, invero, in entrambi gli atti datati 26-9-2014, presentati sia in sede di prequalifica che di sorteggio (in questa sede sono state invertite le posizioni del mandatario e del mandante), hanno prodotto “Atto di impegno a conferire mandato collettivo speciale ( art. 90, comma1, lett. g) ed art. 37, co. 1, 3, 8,13 del D.Lgs. 163/2006 e s.m.i.)” , in cui hanno dichiarato “di partecipare all’appalto in oggetto congiuntamente, impegnandosi alla costituzione di un raggruppamento temporaneo di concorrenti in caso di aggiudicazione dell’appalto in oggetto, ai sensi e per gli effetti di quanto previsto dall’art. 37 del d.lgs. n. 163/2006”, tra l’altro impegnandosi (pag. 3) “a conformarsi alla disciplina prevista per i raggruppamenti temporanei”. Risultando, dunque, utilizzata lia. È questo il principio richiamato dal Consiglio di Stato, Sez. V, nella sentenza del 22.10.2015 n. 4871 nella quale si precisa altresi che "Tale circostanza costituisce infatti una mera eventualità, di modo che l’esclusione per tale ragione dell’offerta della seconda graduata non rappresenta dal punto di vista giuridico formale una normale ed immediata conseguenza dell’annullamento dell’aggiudicazione originaria della prima graduata (in tal senso, cfr., tra le tante, CdS, Sez. VI, 2.4.2012, n.1941; IV, 12.2.2007, n.587). L’orientamento giurisprudenziale citato è confluito ed è stato rielaborato dalla sentenza dell’Adunanza plenaria n. 8 del 3.2.2014, che ha precisato che “L’utilità o bene della vita cui aspira il ricorrente…deve porsi in rapporto di prossimità, regolarità ed immediatezza causale rispetto alla domanda di annullamento proposta e non restare subordinata ad eventi solo potenziali e incerti”. Consiglio di Stato Sez. IV 13.10.2015 n. 4715 Appalto integrato - progettisti devono essere "soggetti qualificati". Il Consiglio di Stato Sez. IV con la sentenza del 13.10.2015 n. 4715 ha affermato che "l’articolo 53 del codice degli appalti dispone, al comma 3, che “Quando il contratto ha per oggetto anche la progettazione, ai sensi del comma 2, gli operatori economici devono possedere i requisiti prescritti per i progettisti, ovvero avvalersi di progettisti qualificati, da indicare nell’offerta, o partecipare in raggruppamento con soggetti qualificati per la progettazione…”. Il successivo comma 3 bis prevede ancora che “…nel caso in cui , ai sensi del comma 3, l’appaltatore si avvale di uno o più soggetti qualificati alla realizzazione del progetto, la stazione appaltante può indicare nel bando di gara le modalità per la corresponsione diretta al progettista della quota di compenso corrispondente agli oneri di progettazione, al netto del ribasso d’asta, previa approvazione del progetto e previa presentazione dei relativi documenti fiscali del progettista”. Da quanto sopra emerge che, in caso di appalto integrato, l’operatore economico può effettuare direttamente la progettazione, avvalersi di progettisti o costituirsi in raggruppamento con soggetti qualificati per la progettazione. È evidente che nel caso in cui l’operatore economico scelga Gazzetta Amministrativa -202- Numero 3/4 - 2015 Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza stituiscano strumenti volti a diluire e mascherare l’infiltrazione mafiosa nell’impresa considerata ( C.G.A. Reg. Sicilia Sez. giurisdizionale, n. 227 del 29.2.2012; C.d.S., III Sez., 115 del 19.1.2015). È questo il principio ribadito dalla Terza Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza dell'8.10.2015 n. 4667. per i progettisti indicati la forma soggettiva del raggruppamento temporaneo, peculiare e propria della disciplina degli appalti pubblici, ed essendosi gli stessi soggetti interessati impegnati a rispettarne la disciplina giuridica, non vi è alcun ragionevole motivo per escludere ad essi l’applicazione dell’articolo 275 del Regolamento. Non merita pregio, dunque, il rilievo formulato dall’appellante, secondo cui si tratterebbe della opzione del progettista “indicato” e non anche di quella dell’operatore economico partecipante in raggruppamento con progettisti qualificati. L’applicabilità della disposizione non discende direttamente dal modulo utilizzato dal progettista “indicato”, quanto piuttosto dalla forma soggettiva assunta da questi ultimi, che è quella del Raggruppamento Temporaneo, al rispetto della cui disciplina, tra l’altro, essi si sono espressamente impegnati. Consiglio di Stato Sez. V del 6.10.2015 n. 4653 Procedure di gara - variazioni migliorative non essenziali del progetto. La Quinta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 6.10.2015 n. 4653 ha richiamato il principio per il quale le imprese – salvo che il bando disponga altrimenti - possono proporre variazioni migliorative, indispensabili o semplicemente utili sotto l'aspetto tecnico, con il limite intrinseco consistente nel divieto di alterare i caratteri essenziali della prestazione oggetto del contratto, in maniera da non modificare i profili strutturali, qualitativi o funzionali dell'opera, come definiti nel progetto posto a base di gara. In altre parole, sono sempre ammissibili variazioni migliorative non essenziali del progetto posto a base di gara, ossia tutte quelle variazioni migliorative che non si traducano in uno stravolgimento dell'oggetto del contratto, attraverso una sua diversa ideazione che si ponga come del tutto alternativa rispetto al disegno progettuale originario (cfr., ex multis, CdS, Sez. IV, 7.11.2014, n. 5497; CdS, Sez. V, 16.4.2014, n. 1923). Consiglio di Stato Sez. V 6.10.2015 n. 4654 Interdittiva antimafia - quadro indiziario "condizionamento mafioso". L'interdittiva antimafia è volta a garantire un ruolo di massima anticipazione all’azione di prevenzione in ordine ai pericoli di inquinamento mafioso, con la conseguenza che è sufficiente che vi sia un quadro indiziario tale da generare un ragionevole convincimento sulla sussistenza di un “condizionamento mafioso” (CdS, Sez. III, 21.12.2012, n. 6618; 2734 del 3.6.2015). Secondo un indirizzo giurisprudenziale ormai consolidato, il Prefetto adotta legittimamente l’informativa ostativa sulla base di elementi sintomatici ed indiziari dai quali è deducibile il tentativo di ingerenza - quali una condanna non irrevocabile, l’irrogazione di misure cautelari, il coinvolgimento in un’indagine penale, collegamenti parentali, cointeressenze societarie e/o frequentazioni con soggetti malavitosi - che, nel loro insieme, siano tali da fondare un giudizio di possibilità che l’attività d’impresa possa, anche in maniera indiretta, agevolare le attività criminali o esserne in qualche modo condizionata. Anche i legami di natura parentale assumono rilievo qualora emerga un intreccio di interessi economici e familiari, dai quali sia possibile desumere la sussistenza dell’oggettivo pericolo che rapporti di collaborazione intercorsi a vario titolo tra soggetti inseriti nello stesso contesto familiare coGazzetta Amministrativa Consiglio di Stato Sez. V 6.10.2015 n. 4652 Associazione temporanea di imprese: la sentenza del Consiglio di Stato sui Consorzi ordinari. La vicenda giunta all'attenzione della Quinta Sezione del Consiglio di Stato vede il ricorrente incidentale di primo grado dedurre l'illegittima partecipazione alla gara della società appellata, consorzio ordinario assumente la forma di società consortile ex art. 2602 c.c., costituito da due società. In quanto consorzio ordinario, la Società appellata ha dichiarato di partecipare in nome proprio e per conto di una sola impresa consorziata, che avrebbe eseguito il 100% del servizio, in ipotizzata violazione dell’art. 34 d.lgs. n. 163/2006, che, in merito ai consorzi ordinari, rimanderebbe integralmente alla disciplina delle ATI, nelle quali è necessario che -203- Numero 3/4 - 2015 Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza ziate, con l'unica differenza che è loro consentito di operare in forma societaria, sicché la «causa consortile» del contratto permane e prevale sulla forma societaria assunta. La circostanza che tale soggetto abbia personalità giuridica e si presenti alla gara come impresa singola, in limine, rileva ai fini dell'assunzione della responsabilità nei confronti della stazione appaltante, ma non può esimere dagli obblighi posti dal codice dei contratti pubblici ai consorzi, qualunque sia la loro forma giuridica assunta. L'art. 34, lett. e), indica tra i soggetti che possono partecipare alle procedure di gara «i consorzi ordinari di concorrenti di cui all'articolo 2602 del codice civile, costituiti tra i soggetti di cui alle lettere a), b) e c) del presente comma, anche in forma di società ai sensi dell'articolo 2615-ter del codice civile». Peraltro, l’art. 37, comma 4, d.lgs. n. 163-2006 (apparentemente dedicato alle sole ATI, in base alla sua rubrica) specifica che «nel caso di forniture o servizi nell’offerta devono essere specificate le parti del servizio o della fornitura che saranno eseguite dai singoli operatori economici riuniti o consorziati», espressamente e letteralmente riferendosi, dunque, anche ai soggetti consorziati. Soltanto i consorzi di cui alle lett. b) e c) dell’art. 34 citato, ovvero i consorzi fra società cooperative di produzione e lavoro costituiti in applicazione della legge 25 giugno 1909, n. 422, e del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14.12.1947, n. 1577, i consorzi tra imprese artigiane di cui alla legge 8.8.1985, n. 443, nonché i consorzi stabili, costituiti anche in forma di società consortili ai sensi dell'articolo 2615-ter del codice civile, tra imprenditori individuali, anche artigiani, società commerciali, società cooperative di produzione e lavoro, secondo le disposizioni di cui all'art. 36, sfuggono alla disciplina di cui all’art. 37. Tuttavia, il consorzio appellato, consorzio ordinario assumente la forma di società consortile ex art. 2602 c.c., non dimostra (né ha dimostrato in sede di gara) di aver partecipato nelle qualità soggettive indicate dall’art. 34, lett. b) e c) d.lgs. n. 163-2006, con la conseguenza che ad esso doveva farsi integrale applicazione del successivo art. 37, che non prevede alcuna eccezione per le società consortili (anzi, espressamente includendole). Il TAR ha respinto il ricorso incidentale sulla ba- tutte le imprese prendano parte alla gara ed alla relativa esecuzione del servizio. Al fine di comprendere la questione oggetto del giudizio il Collegio ha richiamato la dottrina e la giurisprudenza secondo cui l’associazione temporanea di imprese (ATI) sia un contratto associativo atipico, fondato sul mandato collettivo speciale e gratuito, con rappresentanza ed in rem propriam (nell’interesse del terzo committente) conferito da parte delle associate ad una di esse (cd. capogruppo), che perciò assume, nei confronti del committente, la rappresentanza esclusiva delle mandanti: dalla presentazione dell’offerta (che è l’unico aspetto disciplinato dall’ordinamento) sino all’estinzione di ogni rapporto giuridico. La possibilità di associarsi temporaneamente, senza obbligo di assumere vincoli societari che imporrebbero oneri e obblighi sproporzionati rispetto ad un rapporto caratterizzato dalla durata limitata e dalla unicità dell’affare, è compensata dalla responsabilità solidale che lega le imprese riunite, anche nei rapporti con i subappaltatori e fornitori (come previsto dall’art. 37, comma 5, del d.lgs. n. 163-2006, in continuità normativa con l’art. 13, comma 2, dell’abrogata L. n. 109-94). Dal punto di vista civilistico, del tutto diversa è la posizione del consorzio costituito in forma di società consortile, che è una società caratterizzata dal fatto di svolgere la propria attività perseguendo scopi consortili; infatti, esso può consistere in qualsiasi società prevista dal c.c., con esclusione della società semplice. Per quanto riguarda la disciplina degli appalti pubblici, il consorzio di imprese, se anche costituito in forma di società consortile ai sensi dell'art. 2615-ter del codice civile, è un soggetto con identità plurisoggettiva, con la conseguenza che ad esso risulta pienamente applicabile la disciplina di cui all'art. 34, lett. e), d. lgs. n. 163/2006 che, a sua volta, rinvia al successivo art. 37. La disciplina civilistica della società consortile e la personalità giuridica di cui è titolare non comportano che essa sia esentata dagli adempimenti richiesti dalla disciplina in materia di contratti pubblici, qualora la società consortile partecipi a gare d'appalto indette dalla pubblica amministrazione. Le società consortili, invero, non sono imprese autonome, ma consorzi, per la natura e le finalità mutualistiche in favore delle imprese consorGazzetta Amministrativa -204- Numero 3/4 - 2015 Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza cessione di ramo d'azienda il Consiglio di Stato applica il proverbiale detto “nel più sta il meno”. Il Consiglio di Stato in data 2.10.2015 ha depositato una interessante sentenza, la n. 4617, nella quale, tra l'altro, ha applicato il proverbiale detto “nel più sta il meno” per risolvere le problematiche afferenti la omessa dichiarazione dell’assenza dei fatti di reati tassativamente menzionati dall’art.38 del codice degli appalti per i quali è prevista la c.d. ‘esclusione automaticà. Più precisamente, si legge nella sentenza che "Posto che è incontrovertibile come ben rappresentato da un proverbiale detto (atto ad esprimere con sintetica semplicità una intuitiva verità) - che “nel più sta il meno”, appare evidente che la dichiarazione attestante l’assenza - in capo al soggetto ‘controllato’ - di qualsiasi reato grave che incida sulla moralità e sulla capacità professionale (dichiarazione che comporterebbe, nel caso di opposto contenuto, un onere di valutazione da parte della Stazione appaltante), non può non includere, seppur implicitamente (dunque: non può che implicare), anche l’affermazione dell’assenza in capo al medesimo soggetto - dei più gravi fatti di reato,tassativamente menzionati dall’art.38 del codice dei contratti pubblici (nella specie: partecipazione ad una organizzazione criminale, corruzione, frode e riciclaggio), per i quali è prevista la c.d. ‘esclusione automaticà." Aggiunge poi il Collegio che anche a prescindere da tale considerazione, "non può essere ignorato che nella fattispecie dedotta in giudizio era lo stesso Disciplinare di gara (all’art.10 lett. C) che consentiva di formulare la dichiarazione di cui all’art.38 del codice degli appalti “in modo omnicomprensivo”; utilizzando, cioè, una pericope attestante la inesistenza di tutte le cause di esclusione previste dalla norma. Il che appare tranciante. E ciò non senza sottolineare: a) che la questione relativa all’asserita invalidità o inefficacia delle dichiarazioni rese (nelle succedutesi qualità di “legali rappresentanti” o di “legali rappresentanti cessati dalla carica di Amministratore Unico”, oltre che di socie), ben poteva ritenersi come correttamente ha fatto l’Amministrazione - definitivamente superata in considerazione dell’avvenuta formulazione (in sede di produzione della documentazione per l’accesso alla se di una distinzione all’interno della figura dei consorzi ordinari, tra quelli costituiti nella «forma semplice» di cui agli art. 2602 e ss. c.c., privi di struttura organizzativa, e quelli costituiti con la forma della società consortile ai sensi dell’art. 2615-ter c.c., distinzione che però non ha alcuna base positiva e che è contraddetta dal tenore letterale delle disposizioni esaminate, come si è sopra rilevato. Pertanto, partecipando sotto forma di consorzio ordinario, l’appellata Società doveva prendere parte alla gara per entrambe le imprese consorziate e non solo per una di esse. Conclusivamente, alla luce delle predette argomentazioni, il Consiglio di Stato con la sentenza del 6.10.2015 n. 4652 ha accolto l’appello per tale motivo e, per l’effetto, ha accolto il ricorso incidentale di primo grado che, avendo natura escludente in una gara in cui hanno partecipato 26 concorrenti, esime dall’esame «incrociato» del ricorso principale e, conseguentemente, dall’esame dei successivi motivi di appello che rimangono, quindi, assorbiti, poiché deve essere dichiarato inammissibile il ricorso principale di primo grado. Consiglio di Stato Sez. V 6.10.2015 n. 4650 Aggiudicazione definitiva - atto di revoca – mancata indicazione dell'ammontare dell'indennizzo - legittimità. In materia di contratti della P.A., il potere di revocare l’aggiudicazione definitiva di una gara ben può trovare fondamento, in via generale, in specifiche ragioni di pubblico interesse (cfr., da ultimo, Consiglio di Stato, sez. V, 21.4.2015, n. 2013) ed è irrilevante, come ha chiarito la giurisprudenza, ai fini della sua legittimità, la circostanza che l’Amministrazione nell’atto di revoca non abbia indicato anche l’ammontare dell’indennizzo da liquidare alla parte, atteso che la mancata previsione dell’indennizzo consente al privato di azionare la relativa pretesa patrimoniale (in presebza dei relativi presupposti), anche davanti al giudice amministrativo (cfr CdS, Sez. III, 15.11.2011, n. 6039). È questo il principio da ultimo ribadito dalla Quinta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 6.10.2915 n. 4650. Consiglio di Stato Sez. III 2.10.2015 n. 4617 Gare: per i requisiti di moralità in caso di Gazzetta Amministrativa -205- Numero 3/4 - 2015 Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza so una dichiarazione che pur se sostanzialmente ‘omnicomprensivà delle informazioni richieste dalla PA, sia stata espressa in forma sintetica (ma - si badi - non per questo linguisticamente e sintatticamente meno completa) anzicchè in forma analitica. Essendo ben noto - come teorizzato ed affermato in ogni sistema speculativo che si basi su criteri logici - che le formule definitorie ‘sintetichè non sono - per il semplice fatto di essere tali - fisiologicamente (e strutturalmente) meno efficaci e meno complete di quelle analitiche". gara) di una più analitica, dettagliata e completa dichiarazione resa per loro (e sul loro conto) dalla società aggiudicataria; b) e che anche la questione relativa all’asserita invalidità o inefficacia delle dichiarazioni rese dai soggetti che avevano ceduto all’aggiudicataria rami d’azienda di loro società (...), ben poteva ritenersi - come ha fatto l’Amministrazione non costitutiva di alcun reale intralcio all’aggiudicazione, posto che per analoga fattispecie (relativa a cessione di ramo d’azienda) l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (CdS, Ad.Plen. 16.10.2013 n.23) aveva già statuito - vista la non univocità della normativa (ingenerante incertezza in ordine alla sussistenza dell’obbligo a carico dei suddetti ‘soggetti cedenti’) - che finanche la totale omissione della dichiarazione (condotta più grave di quella dedotta in giudizio, consistente nell’aver formulato la dichiarazione in maniera asseritamente troppo generica) non giustifica l’esclusione dalla gara. E che pertanto nei casi di tal fatta (lo si ribadisce: di cessione di ramo d’azienda) deve applicarsi il principio secondo cui l’esclusione va disposta non già per il fatto (puramente formale) della mera omissione della dichiarazione, ma solamente in ragione ed a cagione dell’acclarata assenza (fatto rilevante e dirimente in quanto sostanziale) dei requisiti di moralità (C.D., Ad.Pl., 16.10.2013 n.23). Principio, quest’ultimo, che è informato a criteri di sostanziale giustizia. E che, ad avviso del Collegio, ben può essere esteso a tutte le fattispecie; non apparendo giusto né equo - ed è questa un’ulteriore ed assorbente ragione per ritenere infondata la doglianza dell’appellante - che un soggetto che possa dimostrare - eventualmente anche mediante strumenti procedimentali di c.d. “soccorso istruttorio” - di avere tutti i prescritti requisiti morali (oltre agli altri richiesti dal bando), e che abbia inteso dichiarare in buona fede di esserne in possesso, sia escluso da una procedura concorsuale per il solo e semplice fatto di aver errato nella esposizione delle sue affermazioni al riguardo (o per il semplice fatto di essersi discostato dalla pedissequa e formale riproduzione del modello di dichiarazione prescritto nel bando). Ovvero ciò che è peggio - che venga escluso dalla gara (lo si ribadisce: non ostante il possesso di tutti i requisiti) per il solo e semplice fatto di aver reGazzetta Amministrativa Consiglio di Stato Sez. III 2.10.2015 n. 4617 Appalti - poteri del Presidente del CdA della società aggiudicataria - sottoscrizione contratto di avvalimento. Quando un’impresa intenda avvalersi (mediante stipula di un c.d. ‘contratto di avvalimento’) dei requisiti finanziari di un’altra, la prestazione (oggetto specifico dell’obbligazione) è costituita non già dalla messa a disposizione da parte dell’impresa ausiliaria di strutture organizzative e mezzi ‘materiali’, ma dal suo impegno a “garantire” con le proprie complessive risorse economiche - il cui indice è costituito dal fatturato - l’impresa ‘ausiliatà (munendola, così, di un requisito che altrimenti non avrebbe e consentendole di accedere alla gara nel rispetto delle condizioni poste dal Bando) (C.S., III^, 6.2.2014 n.584) In altri termini ciò che la impresa ausiliaria ‘prestà alla (rectius: mette a disposizione della) ‘impresa ausiliatà è il suo valore aggiunto in termini di “solidità finanziaria” e di acclarata “esperienza di settore”, dei quali il fatturato costituisce indice significativo. Ne consegue che non occorre che la dichiarazione negoziale costitutiva dell’impegno contrattuale si riferisca a specifici beni patrimoniali o ad indici materiali atti ad esprimere una determinata consistenza patrimoniale(dunque alla messa a disposizione di beni da descrivere ed individuare), essendo sufficiente che da essa (dichiarazione) emerga l’impegno (contrattuale) della società ausiliaria a ‘prestarè (ed a mettere a disposizione della c.d. società ausiliata) la sua complessiva solidità finanziaria ed il suo patrimonio esperienziale, e garantire con essi una determinata affidabilità ed un concreto supplemento di responsabilità. Sono questi i principi ribaditi dalla Terza Sezione del Consi-206- Numero 3/4 - 2015 Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza Secondo la costante giurisprudenza del Consiglio di Stato, le difformità essenziali nell’offerta tecnica che rivelano l’inadeguatezza del progetto proposto dall´impresa offerente rispetto a quello posto a base di gara - ne legittimano l’esclusione da quest’ultima, e non già la mera ‘penalizzazionè dell´offerta nella valutazione del punteggio da assegnare, a causa della mancanza di un elemento essenziale per la formazione dell’accordo necessario per la stipula del contratto. È questo il principio ribadito dalla Quinta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 23.9. 2015 n. 4460. glio di Stato nella sentenza del 2.10.2015 n. 4617 nella quale, peraltro, il Collegio ha ritenuto del pari infondata la censura con la quale l’appellante lamenta che il Presidente della società aggiudicataria non aveva i necessari poteri (cc.dd. “poteri di rappresentanza”) per sottoscrivere il contratto di avvalimento, non essendo stato espressamente autorizzato dall’Assemblea dei soci. La giurisprudenza afferma, al riguardo, che gli Amministratori (ed il Presidente del Consiglio di Amministrazione) delle società di capitali possono compiere tutti gli atti che rientrano nell’”oggetto sociale” della società amministrata (Cass., I^, 3.3.2010 n.5152). Ne consegue che tutti gli atti di tal genere (rientranti, cioè, nell’oggetto sociale in quanto fisiologicamente orientati al raggiungimento degli obiettivi statutari), vanno considerati “ordinari”. E proprio perché compiuti nell’esercizio dell’”ordinaria” gestione dell’impresa, costituiscono, per essa, “atti di ordinaria amministrazione”, che - perciostesso - ben possono essere compiuti dai soggetti che esercitano poteri di amministrazione e che hanno la rappresentanza del soggetto giuridico che esercita l’attività d’impresa. Sicchè, essendo evidente che l’atto di sottoscrizione di un contratto di avvalimento per la partecipazione ad una gara costituisce un atto di ordinaria amministrazione nel senso testè indicato - in quanto fisiologicamente volto a realizzare, quale “fatto di ordinaria gestione”, gli obiettivi statutari - non appare revocabile in dubbio che il Presidente del CdA ben potesse sottoscriverlo nell’ordinario esercizio dei suoi poteri di rappresentanza e senza alcuna specifica autorizzazione al riguardo da parte dell’Assemblea dei soci. Precisa inoltre il Collegio come se a ciò si aggiunge che nella fattispecie non risulta che fossero operanti espresse limitazioni statutarie agli ordinari poteri di amministrazione e che in pendenza di giudizio è stata prodotta la delibera del CdA che autorizzava il Presidente della società a sottoscrivere il contratto di avvalimento, non resta che concludere che la condotta della Stazione appaltante resiste sotto ogni profilo alla doglianza in esame. Consiglio di Stato Sez. V 11.9.2015 n. 4253 In house providing e partenariato pubblicoprivato - presenza di un socio privato nella compagine sociale della società esclude il controllo analogo. La controversia sottoposta alla Quinta Sezione del Consiglio di Stato riguarda la gestione dei rifiuti urbani del Comune di Spilimbergo, affidata alla s.p.a. appellante con la deliberazione di quel Consiglio Comunale, tempestivamente impugnata. Il Consiglio di Stato nella sentenza del 11.9.2015 n. 4253 ha condiviso le argomentazioni del primo giudice, che rileva come la presenza di un socio privato nell’ambito della compagine sociale della s.p.a. appellante esclude che nei suoi confronti la stazione appaltante eserciti un controllo analogo a quello che esercita nei confronti dei propri uffici. Ad avviso del Consiglio di Stato la tesi del primo giudice è conforme a giurisprudenza sostanzialmente pacifica. C. di S., A.P., 3.3.2008, n. 1, ha infatti affermato che solo la partecipazione totalitaria delle amministrazioni pubbliche, e la totale assenza di soggetti privati nella compagine sociale, consentono di ravvisare nel soggetto affidatario la sottoposizione al cosiddetto “controllo analogo” (l’orientamento consacrato dall’Adunanza Plenaria è pacificamente seguito dalla giurisprudenza successiva: da ultimo, CdS, III, 27.04.2015, n. 2154). La stessa sentenza dell’Adunanza Plenaria ha inoltre affermato espressamente che esula dal sistema dell’“in house providing” il diverso fenomeno del cosiddetto “partenariato pubblico privato” al quale sembra riconducibile Consiglio di Stato Sez. V 23.9.2015 n. 4460 Appalti - difformità essenziali nell’offerta tecnica - conseguenze. Gazzetta Amministrativa -207- Numero 3/4 - 2015 Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza conclude il Consiglio di Stato - non può, in quindi, essere condiviso. l’assetto della s.p.a. appellante. Il principio affermato dall’Adunanza Plenaria è applicabile al caso che ha originato la presente controversia, nel quale è pacifico che le amministrazioni che l’hanno costituita non esercitano, sulla s.p.a. appellante, un controllo totalitario, in quanto fra di esse se ne trova una partecipata, all’epoca, da soggetti privati. Le parti appellanti obiettano, sulla base del parere della Seconda Sezione di questo Consiglio di Stato 30.1.2015, n. 298, che il principio affermato dall’Adunanza Plenaria non è ulteriormente applicabile in quanto l’art. 12, par. 1, della direttiva 2014/24 ammette l’esistenza del controllo analogo anche in casi in cui il soggetto che opera in regime privatistico è partecipato da soggetti privati, purché tale partecipazione sia ristretta nei limiti ivi stabiliti. Ad avviso della Seconda Sezione, fatto proprio dagli appellanti, il richiamato art. 12, par. 1, avendo contenuto sufficientemente preciso, è immediatamente applicabile nel nostro ordinamento. L’orientamento espresso dalla Seconda Sezione non è condiviso dal Collegio che condivide, invece, quanto diversamente affermato dalla Sesta Sezione con la sentenza 26.05.2015, n. 2660. Osserva, infatti, il Collegio che il legislatore comunitario ha individuato un termine per il recepimento della suddetta direttiva nei diversi ordinamenti nazionali, e che tale termine è ancora pendente. Il legislatore comunitario ha quindi attribuito ai legislatori nazionali una sfera di discrezionalità nell’individuazione dei tempi per la trasposizione dei nuovi principi nei diversi ordinamenti, e per il necessario coordinamento con la normativa interna vigente. Tali elementi impongono di escludere che i nuovi principi acquistino immediata efficacia nei singoli ordinamenti nazionali, fermo restando che gli stessi diventeranno immediatamente applicabili (ove suscettibili di utilizzazione immediata in ragione della loro sufficiente specificazione). Tra l’altro, in forza dell’art. 12 della nuova direttiva appalti, le “forme di partecipazione di capitali privati” devono essere “prescritte dalle disposizioni legislative nazionali, in conformità dei trattati”. Nella specie, tale ulteriore condizione non sussiste. Il ragionamento degli appellanti Gazzetta Amministrativa Consiglio di Stato Sez. III 14.9.2015 n. 4257 Farmacie: nessun limite alla distribuzione dei prodotti anche al di fuori del proprio contesto territoriale. Il TAR lombardo nel giudizio di primo grado ha osservato che, in base al principio della libera concorrenza di derivazione europea, le farmacie possono distribuire i loro prodotti sull’intero territorio nazionale e, pertanto, non è inibita alla Farmacia la possibilità di distribuire le sacche anche al di fuori del proprio contesto territoriale, soprattutto in «un disegno legislativo ormai ineluttabilmente orientato verso la rimozione delle restrizioni all’ingresso di nuovi operatori sul mercato, con l’implementazione dell’erogazione dei farmaci, attraverso un’equa distribuzione delle farmacie nel territorio ed una migliore accessibilità del servizio per i residenti in aree scarsamente abitate» Tale conclusione è tuttavia contestata dall’appellante, la quale eccepisce che è fuori luogo invocare il principio di libera concorrenza perché la posizione del farmacista non è assimilabile a quella di qualsivoglia altro imprenditore e soggiace ad un limite territoriale d’azione, venendo vanificato, altrimenti, l’intento prefigurato dal legislatore attraverso la pianta organica delle farmacie. Il Consiglio di Stato Sez. III con la sentenza del 14.9.2015 n. 4257 ha respinto tale motivo di censura affermando che "Non si rinviene nell’ordinamento alcun principio o alcun divieto legislativo che inibisca al farmacista di preparare le sacche anche per pazienti che si trovino al di fuori della propria circoscrizione territoriale, senza per questo venir meno all’obbligo primario di garantire il servizio, come è ovvio, alla collettività territoriale di riferimento. L’unità e l’estemporaneità delle preparazioni galeniche non sono poi pregiudicate dal fatto che esse vengano preparate in grandi quantità, poiché non si tratta di preparazioni prodotte serialmente e, cioè, in modo eguale, ripetuto e continuativo, ma di miscele consegnate ai pazienti sulla base di una specifica prescrizione medica personalizzata. Viene dunque a cadere l’assunto di fondo, sotteso all’intera censura, e -208- Numero 3/4 - 2015 Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza 5753). Quanto, poi, alla pretesa irrilevanza del vincolo di parentela intercorrente tra il soggetto gravato da tali imputazioni e due dei tre socii (moglie e figlio, quest’ultimo anche nominato amministratore unico contestualmente alla acquisizione delle quote) della società di cui si tratta, se deve qui ribadirsi che questi, in sé considerati, non possono essere ritenuti idonei a supportare autonomamente una informativa prefettizia antimafia negativa ( ma assumono rilievo qualora emerga un intreccio di interessi economici e familiari, dai quali sia possibile desumere la sussistenza dell´oggettivo pericolo che rapporti di collaborazione intercorsi a vario titolo tra soggetti inseriti nello stesso contesto familiare costituiscano strumenti volti a diluire e mascherare l´infiltrazione mafiosa nell´impresa considerata: C.G.A. Reg. Sicilia Sez. giurisdizionale, n. 227 del 29.02.2012 ), rivela qui portata dirimente il fatto che il soggetto “a rischio” si è “defilato” dalla compagine sociale ( quale socio e procuratore speciale ), con una cessione di quote in favore di soggetti inseriti nello stesso ristretto contesto familiare, a ridosso della emanazione dell’interdittiva del.1.2013 ( e precisamente circa un mese prima, pendente il procedimento di accertamento antimafia attivato su richiesta di Rete Ferroviaria Italiana ) e per di più con un negozio di donazione; elementi, questi, che, unitamente alla giovane età ( 22 anni ) del figlio convivente assurto al ruolo di socio e per circa undici mesi anche di amministratore, convergono tutti nel delineare la finalità elusiva dei controlli previsti dalla legislazione antimafia della fuoruscita dalla società di detto soggetto, correttamente pertanto in tal senso sottolineata dall’impugnata ultima nota informativa". cioè che, per le proprie caratteristiche intrinseche, le sacche contenenti le miscele allestite su prescrizione medica personalizzata non siano preparazioni galeniche magistrali, ma medicinali industrialmente prodotti. Conclude il Collegio rilevando come il numero di sacche non muta la natura delle sacche, nel senso che, se si tratta – come nel caso di specie si tratta – di sacche galeniche magistrali, che sia uno, cento o diecimila, le farmacie hanno piena legittimazione ad allestirle in virtù di quanto prevede l’art. 3, co. 1, lett. a), del d. lgs. 219/2006." Consiglio di Stato Sez. III 11.9.2015 n. 4251 Lotta antimafia - informative prefettizie fatti e vicende aventi valore sintomatico ed indiziario - fondamento. Le informative prefettizie in materia di lotta antimafia possono essere fondate su fatti e vicende aventi valore sintomatico ed indiziario e mirano alla prevenzione di infiltrazioni mafiose e criminali nel tessuto economico imprenditoriale. È questo il principio sancito dalla Terza Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 11.9.2015 n. 4251 nella quale si chiarisce come "L´informativa antimafia deve, quindi, fondarsi su di un quadro fattuale di elementi, che, pur non dovendo assurgere necessariamente a livello di prova (anche indiretta), siano tali da far ritenere ragionevolmente, secondo l´"id quod plerumque accidit", l´esistenza di elementi, che, secondo il prudente apprezzamento del Prefetto, sconsigliano l´instaurazione di un rapporto con la p.a. (Consiglio Stato sez. VI, 29.02.2008, n. 756). Il giudizio del Prefetto è quindi connotato da un margine di apprezzamento riservato, che il giudice amministrativo può sindacare solo nei casi limite in cui il giudizio relativo al pericolo di infiltrazione si basi su mere congetture o sospetti; e tali non possono certo considerarsi i fatti che hanno portato a vere e proprie imputazioni penali, aventi nel caso di specie indubbio carattere sintomatico ed indiziario del pericolo stesso in senso oggettivo, al di là dell´individuazione, tuttora di là da venire, di precise responsabilità penali (CdS, Sez. IV, 13.10.2003, n. 6187; 25.07.2001, n. 4065; sez. VI, 29.10.2004, n. 4065; CdS IV, 2.10.2006, n. Gazzetta Amministrativa Consiglio di Stato Sez. V 11.9.2015 n. 4249 Gare d´appalto: il soccorso istruttorio può giungere fino al completamento di dichiarazioni esistenti. La Quinta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 11.09. 2015 n. 4249 ha affermato che: "Deve essere osservato che l’istituto del “soccorso istruttorio”, di cui all’art. 46 del d.lgs. 12.4.2006, n. 163, è espressione del tradizionale principio della massima -209- Numero 3/4 - 2015 Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza appaltante assegna al concorrente un termine, non superiore a dieci giorni, perché siano rese, integrate o regolarizzate le dichiarazioni necessarie, indicandone il contenuto e i soggetti che le devono rendere. Nei casi di irregolarità non essenziali, ovvero di mancanza o incompletezza di dichiarazioni non indispensabili, la stazione appaltante non ne richiede la regolarizzazione, né applica alcuna sanzione. In caso di inutile decorso del termine di cui al secondo periodo il concorrente è escluso dalla gara. Ogni variazione che intervenga, anche in conseguenza di una pronuncia giurisdizionale, successivamente alla fase di ammissione, regolarizzazione o esclusione delle offerte non rileva ai fini del calcolo di medie nella procedura, né per l´individuazione della soglia di anomalia delle offerte”. È evidente che “ratione temporis” nella presente controversia non è applicabile la sanzione prevista dalla norma appena riportata; la norma è peraltro espressione dell’evoluzione legislativa volta a privilegiare gli aspetti sostanziali delle vicende amministrative, nel solco tracciato dall’art. 21 octies della l. 7.8.1990, n. 241. Deve inoltre, “ad abundantiam”, essere rilevato che l’aggiudicataria ha espressamente dichiarato il possesso dei requisiti generali di cui all’art. 38 del d. lgs. 12.4.2006, n. 163. La stazione appaltante ha quindi immediatamente avuto a disposizione un atto dal quale si ricava anche la situazione personale del socio di maggioranza. Tale atto ulteriormente conferma la legittimità della decisione di ricorrere al soccorso istruttorio in modo da eliminare ogni possibile incertezza. Ancora, deve essere osservato che l’art. 3 del disciplinare di gara (dal titolo “Clausole espresse di esclusione e soccorso istruttorio”) non commina in modo univoco l’esclusione dalla procedura in relazione ad eventuali imperfezioni della dichiarazione richiesta al socio di maggioranza, mentre, di contro, commina l’esclusione in caso di mancato possesso dei requisiti di carattere generale. Infine, deve essere rilevato che la stazione appaltante ha proceduto a verificare in relazione a tutti i partecipanti alla gara l’eventuale presenza, sul casellario informatico consultabile presso l’Autorità di Vigilanza sui Contratti della partecipazione alle gare d’appalto, necessaria per assicurare all’Amministrazione la massima concorrenza fra le imprese, e quindi il miglior risultato economico (in termini CdS, VI, 30.4.2015, n. 2203). In tale ottica il legislatore con il citato art. 46 ha voluto evitare che l’aggiudicazione degli appalti avvenga sulla base di inutili formalismi, che sviano dal raggiungimento del miglior risultato sostanziale senza nulla aggiungere alla trasparenza dell’attività amministrativa. CdS, III, 23.01.2015, n. 293, che il Collegio condivide, ammette esplicitamente che il soccorso istruttorio può giungere fino al completamento di dichiarazioni esistenti. Alla luce dei principi di diritto appena riassunti osserva il Collegio che, nel caso di specie, l’Amministrazione ha chiamato i partecipanti alla gara a predisporre una dichiarazione assai elaborata, che per il suo contenuto complesso si prestava ad errori di compilazione. Una volta accertato che l’odierna appellata non ha occultato alcuna circostanza significativa, trovandosi nelle condizioni di legge per partecipare all’appalto, l’incompletezza della sua dichiarazione è palesemente ascrivibile ad errore materiale. In tale situazione, non ammetterla a beneficiare del soccorso istruttorio avrebbe la conseguenza di affidare la conclusione del contratto ad adempimenti di mera forma, allontanando la conclusione del procedimento dal suo obiettivo, costituito dall’individuazione della migliore offerta. Giova sottolineare come i suddetti principi siano ulteriormente sottolineati nell’evoluzione legislativa successiva ai fatti di causa, in quanto l’art. 38, co. secondo bis, del d. lgs. 12.4.2006, n. 163, introdotto dall’art. 39, primo co., del d.l. 24.6.2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla l. 11.8.2014, n. 114, ha stabilito che “la mancanza, l´incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e delle dichiarazioni sostitutive di cui al co. 2 obbliga il concorrente che vi ha dato causa al pagamento, in favore della stazione appaltante, della sanzione pecuniaria stabilita dal bando di gara, in misura non inferiore all´uno per mille e non superiore all´uno per cento del valore della gara e comunque non superiore a 50.000 euro, il cui versamento è garantito dalla cauzione provvisoria. In tal caso, la stazione Gazzetta Amministrativa -210- Numero 3/4 - 2015 Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza rimanda per completezza, anche ai sensi dell’art. 74 c.p.a.), proprio l’oggetto della gara esclude la legittimità dell’affidamento ad un soggetto il cui legale rappresentante sia stato condannato per i surriportati reati, incidenti sulla correttezza personale e professionale del legale rappresentate della società concorrente. A questo proposito, vale anche ricordare che, come sottolinea la sentenza in esame, la valutazione circa il requisito dell’affidabilità dell’impresa concorrente ad una gara pubblica è riservata all’Amministrazione, ed è frutto di una valutazione sulla quale il sindacato giurisdizionale deve mantenersi “sul piano della verifica della non pretestuosità della valutazione degli elementi di fatto esibiti come ragioni del rifiuto” (Cass., Sez. unite, 17.2.2012, n. 2312). Questo principio, enucleato con specifico riferimento alle ipotesi di cui all’art. 38, lett. f) del d.lgs. n. 163 del 2006 in cui l’esclusione procede da una valutazione circa la grave negligenza o malafede nell´esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara o dall’accertamento di un errore grave commesso nell´esercizio dell’attività professionale, è tanto più valido laddove si versi, come nella fattispecie in esame, in una ipotesi contemplata dalla precedente lett. c), relativa ai soggetti nei cui confronti è stata pronunciata sentenza di condanna per reati che necessariamente comportano negligenza o malafede, e che sono direttamente incidenti sulla fiducia che deve legare i contraenti nell’ambito della contrattazione pubblica, quali sono quelli sopra ricordati. Pubblica Amministrazione, di annotazioni ostative alla stipula del contratto ai sensi dell’art. 38 del codice degli appalti, più volte citato, accertando la loro insussistenza. La decisione di procedere al soccorso istruttorio è stata quindi preceduta da idonea istruttoria. Consiglio di Stato Sez. VI 10.9.2015 n. 4228 Appalti: l’esclusione del concorrente che non ha dichiarato le sentenze riportate, risultanti dal casellario giudiziale né la pendenza di altri carichi penali, con richiesta di rinvio a giudizio. L’art. 38, co. 1, lett. c), del codice dei contratti pubblici, secondo cui sono esclusi dalla partecipazione alla procedure di affidamento i soggetti “nei cui confronti è stata pronunciata sentenza di condanna passata in giudicato, o emesso decreto penale di condanna divenuto irrevocabile, oppure sentenza di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell’art. 444 del c.p.p., per reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale”, legittima, infatti, l’esclusione del concorrente che, come nella fattispecie in esame, non abbia dichiarato le sentenze riportate, risultanti dal casellario giudiziale (sentenza irrevocabile di applicazione della pena su richiesta delle parti a due anni di reclusione e sospensione condizionale per il reato di bancarotta fraudolenta, sentenza passata in giudicato per violazione dei sigilli, violazione delle norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, violazione del TU delle leggi sanitarie), né la pendenza di altri carichi penali, con richiesta di rinvio a giudizio, di cui al relativo certificato. Non è, del resto, dubitabile che le suddette condanne debbano essere ricomprese tra quelle considerate dalla norma in riferimento, e siano tali da incidere gravemente sulla affidabilità e sulla moralità professionale del soggetto, soprattutto se poste in relazione all’oggetto della procedura di gara, relativa all’affidamento di servizi in favore della collettività e da svolgersi su bene demaniale. Come questo Consiglio di Stato ha rilevato in fattispecie del tutto analoga, su ricorso proposto da altra società cooperativa partecipante alla medesima procedura (sez. VI, 12.6.2015, n. 2897, alla cui motivazione si Gazzetta Amministrativa Consiglio di Stato Sez. III 4.9.2015 n. 4120 Farmacie comunali: la sentenza del Consiglio di Stato sull'in house providing. Nella sentenza inesame il Consiglio di Stato precisa che "Allo stato e pur dopo l’abolizione dell’art. 23 bis del d.l. 112/2008 e del conseguente art. 15 del d.l. 25.09. 2009 n. 135 (conv. modif. dalla l. 20.11.2009 n. 166) ad opera del referendum ed in forza del d.P.R. 18.7.2011 n. 113, gli artt. 113 e ss. del d. lgs. 18.8.2000 n. 267 ha regolato l´intera materia sulle forme giuridiche di prestazione dei servizi pubblici locali, determinando l´abrogazione delle leggi anteriori che regolavano quelle -211- Numero 3/4 - 2015 Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza inerenti ai i singoli servizi. Sicché il sistema di gestione dei servizi farmaceutici comunali ex art. 9, I c. della l. 475/1968 è stato abolito, pure nella parte in cui previde che le farmacie comunali potevano esser gestite mediante società di capitali, seppur a condizione che avessero come soci i farmacisti i quali, all´atto della costituzione di queste ultime, fossero in servizio nelle farmacie di cui il Comune avesse la titolarità (cfr. così Cons. St., III, 9.07.2013 n. 3647). Come si vede, l’abolizione sia del DL 112/2008, sia del d.l. 135/2009 ha definitivamente ricondotto i metodi di gestione delle sedi farmaceutiche sotto l’imperio della disciplina unitaria ed esclusiva recata dall’art. 113 del TUEL, onde non vi sono più, quand’anche vi fossero mai state, preclusioni all’in house providing. Ma tali preclusioni, al di là dell’opera di razionalizzazione discendente da detto referendum, neppure si sarebbero potute dire esistenti sotto la vigenza del ripetuto art. 9, I c., almeno per quanto attiene al mantenimento del servizio farmaceutico in mano pubblica. Infatti, l’impresa in house, appunto grazie al c.d. “controllo analogo”, costituisce al contempo la nuova forma dell’azienda speciale ed il modello ordinario (e non certo derogatorio) di gestione pubblica dei servizi pubblici locali. Proprio per questo, pare al Collegio che nessuna utilità giuridica può esser ritratta dall’appellante dall’eventuale accoglimento del motivo sull’arresto procedimentale, a suo dire, rinvenibile nella nota del 21.12.2009, con la quale l’AGCM ritenne di non rendere il parere ex art. 23 bis, co. 4 del d.l. 112/2008 che a suo tempo il Comune le richiese. Infatti, tal avviso dell’AGCM va letto non necessariamente come atto negativo (e, nella prospettazione dell’appellante, statuizione lesiva), ma come precisazione della sopravvenuta superfluità del parere stesso a seguito della novella recata dall’art. 15, c. 1, lett. a) e a-bis) del DL 135/2009. Poiché quest’ultimo escluse dalla disciplina generale dei servizi pubblici locali di rilevanza economica il servizio di gestione delle farmacie, riconducendolo alla disciplina dell’art. 9, I co. della l. 475/1968, non si può dire più necessario detto parere e, al tempo stesso, preclusa la gestione in house, non incompatibile con la norma testé citata. Gazzetta Amministrativa Consiglio di Stato Sez. III 11.8.2015 n. 3914 Interdittiva antimafia: i rapporti familiari o la qualifica di “pluripregiudicato” del padre dei soci non possono da soli giustificare l’emissione dell’informativa. Il Consiglio di Stato, Sezione Terza, nella sentenza dell´11.08.2015 n. 3914 ha affermato che seppur sia vero in linea di principio, che i rapporti familiari non possono da soli giustificare l’emissione dell’informativa, è del pari vero che l’esistenza di tali rapporti – tra i quali, spicca, fra tutti il fratello dei soci, coniugato con la figlia di un soggetto detenuto agli arresti domiciliari perché elemento di spicco della consorteria mafiosa Lo Bianco – Barba – deve essere considerato unitamente agli altri significativi elementi, valorizzati dall’informativa, che i soci di società già colpite da informative per la loro permeabilità mafiosa nonché in frequente compagnia di soggetti controindicati. Invano l’appellante si richiama alla pronuncia del Consiglio, sez. III, 9.8.2011, n. 4754, poiché tale sentenza ha solo ribadito, in totale conformità al consolidato orientamento di questo Consiglio, che l’esistenza di vincoli familiari o la qualifica di “pluripregiudicato” del padre dei soci – e, cioè, nel caso di specie proprio i fratelli – non può bastare, da sola, a fondare un giudizio di permeabilità mafiosa, ma non ha escluso certamente che tali elementi possano essere valorizzati, in una diversa informativa, insieme con altri, come nella vicenda qui analizzata. Consiglio di Stato Sez. III 11.8.2015 n. 3918 Appalti: le irregolarità, l’insufficienza e la stessa inesistenza della cauzione provvisoria non possono dar luogo ad esclusione dalla gara, ma solo ad un “soccorso istruttorio”. Le irregolarità, l’insufficienza e la stessa inesistenza della cauzione provvisoria non possono dar luogo ad esclusione dalla gara, ma solo ad un “soccorso istruttorio”. È quanto ribadito dalla Terza Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 11.8.2015 n. 3918. Peraltro, nella vicenda in esame quando è stata pronunciata l’aggiudicazione definitiva, il rinnovo della cauzione era stato già effettuato – mentre quando è stata pronunciata l’aggiudicazione provvisoria la cauzione -212- Numero 3/4 - 2015 Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza 22.11.2013, n. 5542). Una volta conclusa la fase della valutazione e dunque con l’aggiudicazione provvisoria, in ogni caso, quel principio cessa di avere rilievo. Nessuno può negare che, nella vicenda controversa, la fase successiva (dall’aggiudicazione provvisoria a quella definitiva) si sia sicuramente dilatata per motivi che non è dato conoscere. Tuttavia, precisa il Consiglio di Stato, se questa protrazione potrà essere un indice di amministrazione non particolarmente rapida ed efficiente, essa non ha alterato l’esito dell’aggiudicazione provvisoria. Il che dimostra che nessuna indebita influenza esterna si può essere esercitata sugli organi della gara e che il ritardo non ha comunque leso della società appellante. originaria non era ancora scaduta benché il r.u.p. ne avesse già sollecitato il rinnovo. Pertanto l’Azienda committente non ha avuto bisogno di ricorrere al “soccorso istruttorio” in quanto la cauzione era stata già regolarizzata. Consiglio di Stato Sez. IV 4.8.2015 n. 3851 Procedure di gara: la valutazione delle offerte tecniche ed economiche deve avvenire in una sola seduta, senza soluzione di continuità. Violazione del principio di concentrazione e continuità delle operazioni della gara, è questo l´argomento esaminato e deciso dalla Quarta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 4.8.2015 n. 3851. Ad avviso del Collegio la valutazione della ragionevolezza nella scansione dei tempi va effettuata con riferimento alla fase di espletamento della gara in senso stretto (che nella vicenda in esame durava dal 14.02.2013, giorno dell’insediamento della commissione di gara, al 14.05.2013, data dell’aggiudicazione provvisoria). Proprio questa è la fase che viene in considerazione quando si afferma che le garanzie di imparzialità, pubblicità, trasparenza e speditezza dell´azione amministrativa postulano che le sedute di una commissione di gara debbano ispirarsi al principio di concentrazione e continuità. Discende da questa premessa la conclusione che, di regola, la valutazione delle offerte tecniche ed economiche debba avvenire in una sola seduta, senza soluzione di continuità, al fine di scongiurare possibili influenze esterne ed assicurare l´assoluta indipendenza di giudizio dell´organo incaricato della valutazione stessa (cfr. da ultimo Cons. Stato, sez. V, 22.01.2015, n. 257). Nel caso di specie, d’altronde, occorreva anche tenere conto dell’esigenza di procedere alla verifica dell’anomalia dell’offerta, cioè della necessità di svolgere un incombente che - anche per la mancanza di limitazioni prefissate al potere di verifica della stazione appaltante (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 24.08.2011, n. 4801) - può condurre ad una dilatazione della tempistica di espletamento delle operazioni di gara, senza che tale evento possa implicare illegittimità della procedura (cfr. Cons. Stato, sez. IV, Gazzetta Amministrativa Consiglio di Stato Sez. IV 4.8.2015 n. 3857 Appalti: legittima la clausola che consente l´escussione della cauzione provvisoria anche nei confronti di imprese non risultate aggiudicatarie, ma solo concorrenti. La Quarta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 4.8.2014 ha annullato la sentenza del Giudice di prime cure nella parte in cui aveva ritenuto illegittima la previsione del disciplinare di gara nella parte in cui non limita l’escussione della cauzione provvisoria per mancanza dei requisiti generali di partecipazione alla gara in capo al concorrente affidatario del contratto. Ad avviso del Supremo Consesso, la pronuncia del T.A.R. sul punto si è posta in contrasto con l’orientamento affermatosi in giurisprudenza ed in particolare l´escussione della cauzione provvisoria appare del tutto coerente con il principio stabilito da Consiglio di Stato, ad. plen., 10.12.2014 n. 34, dove si è affermata la legittimità della clausola, contenuta in atti di indizione di procedure di affidamento di appalti pubblici, che preveda l´escussione della cauzione provvisoria anche nei confronti di imprese non risultate aggiudicatarie, ma solo concorrenti, in caso di riscontrata assenza del possesso dei requisiti di carattere generale di cui all´art. 38 del codice dei contratti pubblici, approvato con d.lg. 12.04.2006, n. 163. Consiglio di Stato Sez. VI 16.7.2015 n. 3571 Installazione e gestione dei distributori -213- Numero 3/4 - 2015 Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza distributori automatici di cui trattasi, è propriamente qualificabile come concessione di servizi, che si differenzia dall’appalto di servizi in quanto il corrispettivo della fornitura “consiste unicamente nel diritto di gestire i servizi, o in tale diritto accompagnato da un prezzo”, ex art. 3, co. 12, del d.lgs. 12.04.2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18CE). L’art. 30 (Concessione di servizi) del medesimo Codice sottrae dette concessioni alle disposizioni riferite ai contratti pubblici, ma le assoggetta comunque – in armonia con quanto disposto nell’art. 27 (Principi relativi ai contratti esclusi) – al rispetto dei principi di “economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità”, con residuale obbligo, pertanto, di procedure selettive che, anche attraverso una gara informale, assicurino il rispetto dei principi stessi......Con il quarto motivo di gravame, in particolare, si contesta la tipologia contrattuale prescelta dall’Amministrazione, poiché implicante “oggettiva confusione fra concessione in uso di spazi pubblici e appalto di servizi”, con incertezza della normativa applicabile e alterazione della par condiciodei concorrenti a favore di quelli con maggiori disponibilità economiche: quanto sopra, a seguito della prevista corresponsione di un canone per l’installazione e la permanenza in loco dei distributori, senza miglioramento del servizio offerto e con indebito arricchimento dell’Amministrazione. Improprio, in primo luogo, appare il riferimento all’appalto, anziché alla concessione di servizi. Con quest’ultima una pubblica amministrazione trasferisce ad altro soggetto la gestione di un servizio, che la medesima potrebbe direttamente (ma non può o non intende) svolgere nei confronti di utenti terzi. Il concessionario – a differenza di quanto avviene nell’appalto di servizi (nell’ambito del quale l’Amministrazione riceve dal contraente una prestazione ad essa destinata, in cambio di un corrispettivo) - ottiene il proprio compenso non già dall’Amministrazione ma dall’esterno, ovvero dal pubblico che fruisce del servizio stesso, svolto dall’impresa con assetto organizzativo autonomo e con strumenti automatici - concessione servizi attraverso un contratto atipico. La questione sottoposta all’esame del Consiglio di Stato concerne una fattispecie contrattuale mista o atipica, in quanto implicante sia una concessione d’uso di spazio pubblico (sedi dell’Azienda regionale per il Diritto allo Studio Universitario), sia una concessione di servizi, che l’ente pubblico intende affidare a terzi, tramite installazione di distributori automatici di bevande e snack: servizi, quelli indicati, con evidenza diversi da quelli istituzionali dell’ente, ma riconducibili a utilità accessorie, per esigenze connesse alla continuità della presenza in sede del personale, nonché degli utenti del vero e proprio servizio pubblico universitario. La possibilità di ristoro alimentare all’interno delle strutture in questione costituisce, infatti, non solo un palese miglioramento delle condizioni materiali di lavoro dei dipendenti, ma anche una facilitazione materiale dell’offerta culturale a diretto vantaggio dei frequentatori (docenti e discenti) dell’ateneo. Un contratto atipico, espressione di autonomia negoziale, non è d’altra parte estraneo all’ambito dell’attività contrattuale di diritto privato, che l’Amministrazione è abilitata a svolgere, pur nell’osservanza delle regole procedurali pubblicistiche circa la formazione della volontà negoziale e l’individuazione del contraente, per rispettare i parametri di buon andamento e imparzialità di cui all’art. 97 della Cost.. Il raggiungimento degli obiettivi di interesse pubblico perseguiti – anche attraverso esternalizzazione di alcuni servizi – non richiede quindi, necessariamente, il ricorso a forme contrattuali tipiche disciplinate dalla legge, ma può all’occorrenza essere modulato in termini particolari, eventualmente misti, benchè col minore possibile discostamento, rispetto ad anologhe fattispecie tipizzate e, comunque, nel rispetto dei concorrenti parametri legislativi (di natura mista, a titolo esemplificativo, sono stati ritenuti i contratti, rispondenti a criteri di housing sociale, nonché i contratti di sponsorizzazione: cfr., per il principio, CdS, Ad. plen., 30.1.2014, n. 1; V, 1.7.2014, n. 4358; VI, 31.7.2013, n. 4034 e 12.11.2013, n. 5378). La prestazione, concernente l’installazione e la gestione dei Gazzetta Amministrativa -214- Numero 3/4 - 2015 Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza l’occupazione dello spazio occupato dai distributori, con fruizione di energia elettrica, nonché dei servizi di pulizia e custodia dei locali interessati non solo non implicasse un indebito arricchimento dell’Amministrazione, ma assicurasse una corretta gestione di risorse pubbliche (da non dissipare né cedere gratuitamente in occasione di una gara), evitando al tempo stesso ingiustificati margini di utile per il gestore, a seguito dell’omessa copertura di parte dei costi del servizio. Infondato appare anche il quinto motivo di gravame, in cui si contestano l’assenza di copertura normativa per l’imposizione di un canoneconcessorio e l’entità eccessiva dell’importo al riguardo fissato. Una volta ammessa, infatti, la natura atipica del contratto e la sussistenza di une vera e propria concessione d’uso di spazi pubblici, il carattere oneroso di quest’ultima risponde ai principi generali, che configurano il canonecome corrispettivo per l’uso esclusivo o speciale di beni pubblici, con carattere discrezionale delle scelte per la relativa determinazione (cfr. in tal senso, per il principio, Cass., SS.UU. 12.10.2011, n. 20939, 28.06.2006, n. 14864 e 25.01.2007, n. 1613; Cons. Stato, V, 1.08.2007, n. 4270). privatistici, come è usuale per i servizi alimentari, come quello in esame. Sul piano economico,, il rapporto complessivo è dunque trilaterale, poiché coinvolge l’Amministrazione concedente (che resta titolare della funzione trasferita), il concessionario e il pubblico. Il concessionario utilizza quanto ottiene in concessione (nel caso specie: il servizio con l’utilizzo di spazi interni alla sede dell’ente pubblico) a fini legittimi di lucro, assumendo come richiede il diritto europeo - il rischio economico connesso alla gestione del servizio, svolto con mezzi propri; per godere delle risorse materiali appartenenti all’Amministrazione, il medesimo normalmente corrisponde un canone e non riceve dall’Amministrazione alcun corrispettivo. In conformità al già ricordato art. 30 del Codice dei contratti pubblici, infatti, «la controprestazione [dell’Amministrazione] a favore del concessionario consiste unicamente nel diritto [dato al concessionario] di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente [verso il pubblico] il servizio».Le prospettazioni dell’appellante non appaiono dunque condivisibili, in rapporto alla configurazione – già ritenuta ammissibile nell’ambito della presente pronuncia – del contratto da stipulare nel caso di specie come contratto misto, o atipico, avente i caratteri propri della concessione in uso di suolo pubblico e della concessione di servizi. Non si comprende d’altra parte (né comunque è stato dimostrato) perché la previsione di un canone – da considerare coperto dai ricavi del servizio stesso e non da corrispondere anticipatamente – avrebbe privilegiato le imprese con una situazione generale di maggiore liquidità: tutti i partecipanti alla gara si trovavano infatti in analoga posizione, in rapporto ai possibili ricavi e, per tutti, la disponibilità del bene pubblico costituiva pari chance di guadagno, con piena possibilità di valutare le condizioni previste dal bando all’atto della presentazione delle offerte. La par condicio da assicurare nelle procedure di gara, d’altra parte, si riferisce alle modalità dipartecipazione, non ai requisiti soggettivi o alle condizioni economiche di partenza dei concorrenti. Correttamente, peraltro, l’Amministrazione rileva come la previsione di un canone per Gazzetta Amministrativa Consiglio di Stato Sez. VI 16.7.2015 n. 3571 Installazione e gestione dei distributori automatici: la concessione di servizi attraverso un contratto atipico. La questione sottoposta all’esame del Consiglio di Stato concerne una fattispecie contrattuale mista o atipica, in quanto implicante sia una concessione d’uso di spazio pubblico (sedi dell’Azienda regionale per il Diritto allo Studio Universitario), sia una concessione di servizi, che l’ente pubblico intende affidare a terzi, tramite installazione di distributori automatici di bevande e snack: servizi, quelli indicati, con evidenza diversi da quelli istituzionali dell’ente, ma riconducibili a utilità accessorie, per esigenze connesse alla continuità della presenza in sede del personale, nonché degli utenti del vero e proprio servizio pubblico universitario. La possibilità di ristoro alimentare all’interno delle strutture in questione costituisce, infatti, non solo un palese miglioramento delle condizioni materiali di lavoro dei di-215- Numero 3/4 - 2015 Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza sta la tipologia contrattuale prescelta dall’Amministrazione, poiché implicante “oggettiva confusione fra concessione in uso di spazi pubblici e appalto di servizi”, con incertezza della normativa applicabile e alterazione della par condiciodei concorrenti a favore di quelli con maggiori disponibilità economiche: quanto sopra, a seguito della prevista corresponsione di un canone per l’installazione e la permanenza in loco dei distributori, senza miglioramento del servizio offerto e con indebito arricchimento dell’Amministrazione. Improprio, in primo luogo, appare il riferimento all’appalto, anziché alla concessione di servizi. Con quest’ultima una pubblica amministrazione trasferisce ad altro soggetto la gestione di un servizio, che la medesima potrebbe direttamente (ma non può o non intende) svolgere nei confronti di utenti terzi. Il concessionario – a differenza di quanto avviene nell’appalto di servizi (nell’ambito del quale l’Amministrazione riceve dal contraente una prestazione ad essa destinata, in cambio di un corrispettivo) – ottiene il proprio compenso non già dall’Amministrazione ma dall’esterno, ovvero dal pubblico che fruisce del servizio stesso, svolto dall’impresa con assetto organizzativo autonomo e con strumenti privatistici, come è usuale per i servizi alimentari, come quello in esame. Sul piano economico,, il rapporto complessivo è dunque trilaterale, poiché coinvolge l’Amministrazione concedente (che resta titolare della funzione trasferita), il concessionario e il pubblico. Il concessionario utilizza quanto ottiene in concessione (nel caso specie: il servizio con l’utilizzo di spazi interni alla sede dell’ente pubblico) a fini legittimi di lucro, assumendo - come richiede il diritto europeo - il rischio economico connesso alla gestione del servizio, svolto con mezzi propri; per godere delle risorse materiali appartenenti all’Amministrazione, il medesimo normalmente corrisponde un canone e non riceve dall’Amministrazione alcun corrispettivo. In conformità al già ricordato art. 30 del Codice dei contratti pubblici, infatti, «la controprestazione [dell’Amministrazione] a favore del concessionario consiste unicamente nel diritto [dato al concessionario] di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente [verso il pubblico] il servizio». pendenti, ma anche una facilitazione materiale dell’offerta culturale a diretto vantaggio dei frequentatori (docenti e discenti) dell’ateneo. Un contratto atipico, espressione di autonomia negoziale, non è d’altra parte estraneo all’ambito dell’attività contrattuale di diritto privato, che l’Amministrazione è abilitata a svolgere, pur nell’osservanza delle regole procedurali pubblicistiche circa la formazione della volontà negoziale e l’individuazione del contraente, per rispettare i parametri di buon andamento e imparzialità di cui all’art. 97 della Costituzione. Il raggiungimento degli obiettivi di interesse pubblico perseguiti - anche attraverso esternalizzazione di alcuni servizi - non richiede quindi, necessariamente, il ricorso a forme contrattuali tipiche disciplinate dalla legge, ma può all’occorrenza essere modulato in termini particolari, eventualmente misti, benchè col minore possibile discostamento, rispetto ad anologhe fattispecie tipizzate e, comunque, nel rispetto dei concorrenti parametri legislativi (di natura mista, a titolo esemplificativo, sono stati ritenuti i contratti, rispondenti a criteri di housing sociale, nonché i contratti di sponsorizzazione: cfr., per il principio, CdS, Ad. plen., 30.1.2014, n. 1; V, 1.7.2014, n. 4358; VI, 31.7.2013, n. 4034 e 12.11.2013, n. 5378). La prestazione, concernente l’installazione e la gestione dei distributori automatici di cui trattasi, è propriamente qualificabile come concessione di servizi, che si differenzia dall’appalto di servizi in quanto il corrispettivo della fornitura “consiste unicamente nel diritto di gestire i servizi, o in tale diritto accompagnato da un prezzo”, ex art. 3, co. 12, del d.lgs. 12.4.2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18CE). L’art. 30 (Concessione di servizi) del medesimo Codice sottrae dette concessioni alle disposizioni riferite ai contratti pubblici, ma le assoggetta comunque – in armonia con quanto disposto nell’art. 27 (Principi relativi ai contratti esclusi) – al rispetto dei principi di “economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità”, con residuale obbligo, pertanto, di procedure selettive che, anche attraverso una gara informale, assicurino il rispetto dei principi stessi......Con il quarto motivo di gravame, in particolare, si conteGazzetta Amministrativa -216- Numero 3/4 - 2015 Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza 25.1.2007, n. 1613; CdS, V, 1.8.2007, n. 4270). Le prospettazioni dell’appellante non appaiono dunque condivisibili, in rapporto alla configurazione – già ritenuta ammissibile nell’ambito della presente pronuncia – del contratto da stipulare nel caso di specie come contratto misto, o atipico, avente i caratteri propri della concessione in uso di suolo pubblico e della concessione di servizi. Non si comprende d’altra parte (né comunque è stato dimostrato) perché la previsione di un canone – da considerare coperto dai ricavi del servizio stesso e non da corrispondere anticipatamente – avrebbe privilegiato le imprese con una situazione generale di maggiore liquidità: tutti i partecipanti alla gara si trovavano infatti in analoga posizione, in rapporto ai possibili ricavi e, per tutti, la disponibilità del bene pubblico costituiva pari chance di guadagno, con piena possibilità di valutare le condizioni previste dal bando all’atto della presentazione delle offerte. La par condicio da assicurare nelle procedure di gara, d’altra parte, si riferisce alle modalità dipartecipazione, non ai requisiti soggettivi o alle condizioni economiche di partenza dei concorrenti. Correttamente, peraltro, l’Amministrazione rileva come la previsione di un canone per l’occupazione dello spazio occupato dai distributori, con fruizione di energia elettrica, nonché dei servizi di pulizia e custodia dei locali interessati non solo non implicasse un indebito arricchimento dell’Amministrazione, ma assicurasse una corretta gestione di risorse pubbliche (da non dissipare né cedere gratuitamente in occasione di una gara), evitando al tempo stesso ingiustificati margini di utile per il gestore, a seguito dell’omessa copertura di parte dei costi del servizio. Infondato appare anche il quinto motivo di gravame, in cui si contestano l’assenza di copertura normativa per l’imposizione di un canoneconcessorio e l’entità eccessiva dell’importo al riguardo fissato. Una volta ammessa, infatti, la natura atipica del contratto e la sussistenza di une vera e propria concessione d’uso di spazi pubblici, il carattere oneroso di quest’ultima risponde ai principi generali, che configurano il canonecome corrispettivo per l’uso esclusivo o speciale di beni pubblici, con carattere discrezionale delle scelte per la relativa determinazione (cfr. in tal senso, per il principio, Cass., SS.UU. 12.10.2011, n. 20939, 28.6.2006, n. 14864 e Gazzetta Amministrativa Consiglio di Stato Sez. III 3.7.2015 n. 3310 Interdittiva antimafia: il mero rapporto di parentela con soggetti appartenenti alla criminalità organizzata, in assenza di ulteriori elementi, non è di per sè idoneo a dare conto del tentativo di infiltrazione. Si segnala la sentenza della Terza Sezione del Consiglio di Stato n. 3310 del 3.07.2015 nella quale - con riguardo alla rilevanza del rapporto di parentela (nella specie di affinità) con soggetti che si affermano appartenenti o in rapporto di contiguità con la criminalità organizzata, agli effetti dell´inibitoria della costituzione di rapporti contrattuali e di sovvenzioni da parte di enti che utilizzano risorse pubbliche - si richiama la prevalente giurisprudenza a tenore della quale il mero rapporto di parentela, in assenza di ulteriori elementi, non è di per sè idoneo a dare conto del tentativo di infiltrazione. Non può, infatti, configurarsi un rapporto di automatismo tra un legame familiare, sia pure tra stretti congiunti, ed il condizionamento dell´impresa, che deponga nel senso di un´attività sintomaticamente connessa a logiche e ad interessi malavitosi (CdS, Sez. III, n. 96 del 10.1.2013; n. 4995 del 5.9. 2011; sez. VI, n. 5880 del 18.8.2010; n. 3664 del 23.7.2008; n. 3707 del 27.6.2007). Se è infatti vero, aggiunge il Collegio, che in base alle regole di comune esperienza il vincolo di parentela o di affinità può esporre il soggetto all´influsso dell´organizzazione, se non addirittura imporre (in determinati contesti) un coinvolgimento nella stessa, tuttavia l´attendibilità dell´interferenza dipende anche da una serie di circostanze ed ulteriori elementi indiziari che qualifichino, su un piano di attualità ed effettività, una immanente situazione di condizionamento e di contiguità con interessi malavitosi. Ad avviso del Collegio nessuno di siffatti elementi e circostanze si rinviene nell´atto impugnato che a sostegno della misura interdittiva, rinvia ob relationem al rapporto di polizia recante il solo elenco di incontri del cognato del ricorrente con soggetti malavitosi. In ogni caso l´applicazione automatica della misura interdittiva rappresenterebbe un -217- Numero 3/4 - 2015 Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza nistrazione intimata di ritenere attendibile e congrua l´offerta e di non procedere ad una specifica valutazione sulla sua possibile anomalia.In particolare il Consiglio di Stato ha evidenziato che non si può ritenere illegittima la scelta dell´Amministrazione di non sottoporre l´offerta alla verifica dell´anomalia in relazione all´asserita difformità dalle tabelle ministeriali di riferimento posto che la valutazione sulla serietà e congruità dell´offerta ha per oggetto l´offerta nel suo insieme e non riguarda i suoi singoli aspetti, e tenuto conto che la società, risultata aggiudicataria, aveva dato una chiara esposizione, anche nel dettaglio, dei costi per il personale che avrebbe sopportato per dare esecuzione all´appalto.Con riferimento poi al rispetto dei minimi stabiliti dalle tabelle ministeriali, si deve ricordare che l´art. 86, co. 3 bis, del Codice dei contratti pubblici prevede che "nella predisposizione delle gare di appalto e nella valutazione dell´anomalia delle offerte nelle procedure di affidamento di appalti di lavori pubblici, di servizi e di forniture, gli enti aggiudicatori sono tenuti a valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro e al costo relativo alla sicurezza, il quale deve essere specificamente indicato e risultare congruo rispetto all´entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture" e che, ai fini di tale disposizione, "il costo del lavoro è determinato periodicamente, in apposite tabelle, dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sulla base dei valori economici previsti dalla contrattazione collettiva stipulata dai sindacati comparativamente più rappresentativi, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali". Sul punto la giurisprudenza, anche di questa Sezione, ha ritenuto che i valori del costo del lavoro risultanti dalle tabelle ministeriali non costituiscono tuttavia un limite inderogabile, ma semplicemente un parametro di valutazione della congruità dell´offerta, con la conseguenza che l´eventuale scostamento da tali parametri delle relative voci di costo non legittima di per sè un giudizio di anomalia (cfr., fra le tante, CdS, Sez. III, n. 1743 del 2.4.2015, Sez. V, n. irragionevole ostacolo al ripristino di un regime di vita lavorativa improntato al rispetto della legge nelle aree geografiche del Paese contraddistinte dalla forte presenza di organizzazioni criminali (CdS, Sez. VI, n. 5866 del 25.11.2009). Consiglio di Stato Sez. III del 3.7.2015 n. 3329 Appalti: un'offerta non può ritenersi anomala, ed essere esclusa da una gara, per il solo fatto che il costo del lavoro è stato calcolato secondo valori inferiori a quelli delle tabelle ministeriali o dei contratti collettivi. L´art. 86, del codice dei contratti individua, nei coo. 1 e 2, distinti criteri per L´individuazione delle offerte che si sospetti essere anomale, a seconda che il criterio di aggiudicazione sia quello del prezzo più basso, ovvero, come nella fattispecie, quello dell´offerta economicamente più vantaggiosa.Al co. 3, con una clausola generale valida per entrambe le ipotesi, stabilisce poi che la stazione appaltante può procedere in ogni caso alla valutazione della congruità di ogni altra offerta che in base ad elementi specifici appaia anormalmente bassa. L´esercizio di tale facoltà comporta, pertanto, l´apertura di un subprocedimento in contraddittorio con il concorrente che ha presentato l´offerta ritenuta a rischio di anomalia.La scelta dell´amministrazione di attivare il procedimento di verifica dell´anomalia dell´offerta è, tuttavia, ampiamente discrezionale e può essere sindacata, in conseguenza, davanti al giudice amministrativo solo in caso di macroscopica irragionevolezza o di decisivo errore di fatto.La giurisprudenza ha anche chiarito che le valutazioni sul punto devono essere compiute dall´Amministrazione in modo globale e sintetico, con riguardo alla serietà dell´offerta nel suo complesso e non con riferimento alle singole voci dell´offerta (fra le più recenti: CdS, Sez. VI, n. 2662 del 26.5.2015, Sezione V n. 2274 del 6.5.2015).Facendo applicazione di tali principi, il Consiglio di Stato Sez. III nella sentenza del 3.7.2015 n. 3329 ha ritenuto che nella vicenda in esame gli elementi di asserita criticità dell´offerta, indicati dall´appellante non sono sufficienti a manifestare una chiara illogicità nella scelta compiuta dall´AmmiGazzetta Amministrativa -218- Numero 3/4 - 2015 Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza imprese, con la conseguenza che, ai fini di una valutazione sulla congruità dell´offerta, la stazione appaltante deve tenere conto anche delle possibili economie che le diverse singole imprese possono conseguire (anche con riferimento al costo del lavoro), nel rispetto delle disposizioni di legge e dei contratti collettivi (CdS, Sez. III, n. 1743 del 2.4.2015 cit.). In applicazione di tali principi, un´offerta non può ritenersi anomala, ed essere esclusa da una gara, per il solo fatto che il costo del lavoro è stato calcolato secondo valori inferiori a quelli risultanti dalle tabelle ministeriali o dai contratti collettivi occorrendo, perché possa dubitarsi della sua congruità, che la discordanza sia considerevole e palesemente ingiustificata. 3937 del 24.7.2014). Si è quindi affermato che devono considerarsi anormalmente basse le offerte che si discostino in modo evidente dai costi medi del lavoro indicati nelle tabelle predisposte dal Ministero del lavoro in base ai valori previsti dalla contrattazione collettiva, in quanto i costi medi costituiscono non parametri inderogabili ma indici del giudizio di adeguatezza dell´offerta, con la conseguenza che è ammissibile l´offerta che da essi si discosti, purchè lo scostamento non sia eccessivo e vengano salvaguardate le retribuzioni dei lavoratori, così come stabilito in sede di contrattazione collettiva. La Sezione ha peraltro di recente anche affermato che non possono non essere considerati, in sede di valutazione delle offerte, aspetti particolari che riguardano le diverse «::::::::: GA :::::::::» Gazzetta Amministrativa -219- Numero 3/4 - 2015 Pubblico Impiego e Responsabilità della Pubblica Amministrazione PUBBLICO IMPIEGO E RESPONSABILITÀ DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE NOTIZIE E AGGIORNAMENTI ADEGUATA DISTRIBUZIONE NEL TERRITORIO NAZIONALE" DEGLI ISTITUTI DI PATRONATO E DI ASSISTENZA SOCIALE: IN G.U. INDIVIDUAZIONE "DI CRITERI DI ADEGUATA DISTRIBUZIONE NEL TERRITORIO NAZIONALE" APPRENDISTATO: IN G.U. IL DECRETO SUGLI STANDARD FORMATIVI E CRITERI GENERALI. È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 296 del 21.12.2015 il decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali recante "Definizione degli standard formativi dell'apprendistato e criteri generali per la realizzazione dei percorsi di apprendistato, in attuazione dell'art. 46, co. 1, del d.lgs. 15.6.2015, n. 81" (Decreto 12.10.2015 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 296 del 21.12.2015). È stato pubblicao sulla Gazzetta Ufficiale n. 218 del 19.9.2015 il D.m. del 7.8.2015 recante “Individuazione "di criteri di adeguata distribuzione nel territorio nazionale" degli Istituti di Patronato e di assistenza sociale (Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 7.8.2015 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 218 del 19.8.2015). «::::::::: GA :::::::::» «::::::::: GA :::::::::» FONDO MILLE GIOVANI PER LA CULTURA: IN G.U. I CRITERI E LE MODALITÀ DI ACCESSO DISPOSIZIONI DI RAZIONALIZZAZIONE E SEMPLIFICAZIONE DELLE PROCEDURE E DEGLI ADEMPIMENTI A CARICO DI CITTADINI E IMPRESE E ALTRE DISPOSIZIONI IN MATERIA DI RAPPORTO DI LAVORO E PARI OPPORTUNITÀ, IN ATTUAZIONE DELLA L. 10.12.2014, N. 183: IN G.U. IL D.LGS. N. 151 DEL 14.9.2015 Sulla Gazzetta Ufficiale, Serie Generale n.193 del 21.8.2015 è stato pubblicato il decreto 19.6.2015 del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo recante "Criteri e modalità di accesso al «Fondo mille giovani per la cultura» per l´anno 2015" (Decreto del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo in G.U. n.193 del 21.8.2015). È stato pubblicao sulla Gazzetta Ufficiale n. 221 del 23.9.2015 il d.lgs. n. 151 del 14.09.2015 recante “Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità, in attua- «::::::::: GA :::::::::» INDIVIDUAZIONE "DI CRITERI DI Gazzetta Amministrativa -220- Numero 3/4 - 2015 Pubblico Impiego e Responsabilità della Pubblica Amministrazione zione della l. 10.12.2014, n. 183”(D.lgs. n. 151 del 14.09.2015 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 221 del 23.09.2015). È stato pubblicao sulla Gazzetta Ufficiale n. 221 del 23/09/2015 il D.lgs. n. 148 del 14.09.2015 recante “Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro, in attuazione della l. 10.12.2014, n. 18” (D.lgs. n. 148 del 14.09.2015 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 221 del 23.09.2015). «::::::::: GA :::::::::» DISPOSIZIONI PER IL RIORDINO DELLA NORMATIVA IN MATERIA DI SERVIZI PER IL LAVORO E DI POLITICHE ATTIVE, AI SENSI DELL'ART. 1, CO. 3, DELLA L. 10.12.2014, N. 183: IN G.U. IL D.LGS. N. 150 DEL 14.09.2015 «::::::::: GA :::::::::» REGOLAMENTO IN MATERIA DI ESERCIZIO DEL POTERE SANZIONATORIO AI SENSI DELL'ART. 47 DEL D.LGS. 14.03.2013, N. 33: IN G.U. IL REG. A.N.A.C. DEL 15.7.2015 È stato pubblicao sulla Gazzetta Ufficiale n. 221 del 23.9.2015 il d.lgs. n. 151 del 14.9.2015 recante “Disposizioni per il riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive, ai sensi dell'art. 1, co. 3, della l. 10.12.2014, n. 183” (D.lgs. n. 150 del 14.9.2015 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 221 del 23.09.2015). È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 176 del 31.7.2015 il Reg. A.N.A.C. del 15.7.2015 recante “Regolamento in materia di esercizio del potere sanzionatorio ai sensi dell'art. 47 del d.lgs. 14.03.2013, n. 33” Visto l’art. 1, co. 15, della l. 6.11.2012, n. 190, recante disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione, in base al quale la trasparenza dell’attività amministrativa costituisce livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili ai sensi dell'art. 117, secondo co., lett. m), della Cost.; Visto il d.lgs. 14.3.2013, n. 33, recante il “Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni", adottato ai sensi dell'art. 1, commi 35 e 36 della predetta l. n. 190 del 2012; Visto l’art. 14 del d. lgs. 33/2013, riguardante gli obblighi di pubblicazione delle informazioni concernenti i titolari di incarichi politici di carattere elettivo o comunque di esercizio di poteri di indirizzo politico, di livello statale, regionale e locale; Vista la delibera dell’Autorità nazionale anticorruzione (A.N.AC.) n. 144 del 7.10.2014 relativa agli obblighi di pubblicazione di dati riguardanti gli organi di indirizzo politico nelle pubbliche amministrazioni; Vista la delibera dell’Autorità nazionale anticorruzione (A.N.AC.) n. 146 del «::::::::: GA :::::::::» DISPOSIZIONI PER LA RAZIONALIZZAZIONE E LA SEMPLIFICAZIONE DELL'ATTIVITÀ ISPETTIVA IN MATERIA DI LAVORO E LEGISLAZIONE SOCIALE, IN ATTUAZIONE DELLA L. 10.12.2014, N. 183: IN G.U. IL D.LGS. N. 149 DEL 14.9.2015 È stato pubblicao sulla Gazzetta Ufficiale n. 221 del 23.9.2015 il d.lgs. n. 149 del 14.09.2015 recante “Disposizioni per la razionalizzazione e la semplificazione dell'attività ispettiva in materia di lavoro e legislazione sociale, in attuazione della l. 10.12.2014, n. 18” (D.lgs. n. 149 del 14.09.2015 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 221 del 23.09.2015). «::::::::: GA :::::::::» DISPOSIZIONI PER IL RIORDINO DELLA NORMATIVA IN MATERIA DI AMMORTIZZATORI SOCIALI IN COSTANZA DI RAPPORTO DI LAVORO, IN ATTUAZIONE DELLA L. 10.12.2014, N. 183: IN G.U. IL D.LGS. N. 148 DEL 14.9.2015 Gazzetta Amministrativa -221- Numero 3/4– 2015 Pubblico Impiego e Responsabilità della Pubblica Amministrazione quali sono pubblicati i dati relativi ai componenti degli organi di indirizzo e ai soggetti titolari di incarico in applicazione degli artt. 14 e 15”; Vista la determinazione dell’A.N.AC. n. 8 del 17.6.2015 recante «Linee guida per l’attuazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza da parte delle società e degli enti di diritto privato controllati e partecipati dalle pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici economici»; Visto l’art. 47 cit., ove al co. 2 è stabilito che “la violazione degli obblighi di pubblicazione di cui all’art. 22, co. 2, dà luogo a una sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 10.000 euro a carico del responsabile della violazione. La stessa sanzione si applica agli amministratori societari che non comunicano ai soci pubblici il proprio incarico e il relativo compenso entro trenta giorni dal conferimento ovvero, per le indennità di risultato, entro trenta giorni dal percepimento.” Visto l’art. 47 cit, ove al co. 3 è disposto che “le sanzioni di cui ai commi 1 e 2 sono irrogate dall’autorità amministrativa competente in base a quanto previsto dalla l. 24.11.1981, n. 689”; Visto l’art. 19, co. 7, del d.l. 24.06.2014, n. 90, recante “Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari”, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, co. 1, della l. 11.8.2014, n. 114, ai sensi del quale “il Presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione segnala all’autorità amministrativa di cui all’art. 47, co. 3, del d.lgs. 14.3.2013, n. 33, le violazioni in materia di comunicazione delle informazioni e dei dati e di obblighi di pubblicazione previste nel citato art. 47, ai fini dell’esercizio del potere sanzionatorio di cui al medesimo articolo”; Vista la delibera dell’Autorità n. 10 del 21.1.2015, con cui, in base ad una lettura sistematica della normativa sulla trasparenza e della l. 689/1981, modificando l’orientamento espresso nella delibera n.66 del 31.7.2013, viene individuata l’A.N.AC. quale soggetto competente all’avvio del 18.11.2014 in materia di esercizio del potere di ordine nel caso di mancata adozione di atti o provvedimenti richiesti dal Piano nazionale anticorruzione e dal piano triennale di prevenzione della corruzione nonchè dalle regole sulla trasparenza dell'attività amministrativa o nel caso di comportamenti o atti contrastanti con i piani e le regole sulla trasparenza; Visto l’art. 47 del d. lgs. 33/2013 in materia di sanzioni per casi specifici, ove al co. 1 è previsto che “la mancata o incompleta comunicazione delle informazioni e dei dati di cui all’art.14, concernenti la situazione patrimoniale complessiva del titolare dell’incarico al momento dell’assunzione in carica, la titolarità di imprese, le partecipazioni azionarie proprie, del coniuge e dei parenti entro il secondo grado, nonché tutti i compensi cui dà diritto l’assunzione della carica, dà luogo a una sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 10.000 euro a carico del responsabile della mancata comunicazione e il relativo provvedimento è pubblicato sul sito internet dell’amministrazione organismo interessato”; Vista la l. 5.7.1982, n. 441, recante Disposizioni per la pubblicità della situazione patrimoniale di titolari di cariche elettive e di cariche direttive di alcuni enti; Visto l’art. 22, co. 2, del d. lgs. n. 33/2013, ove è disposto che “per ciascuno degli enti di cui alle lettere da a) a c) del co. 1 sono pubblicati i dati relativi alla ragione sociale, alla misura della eventuale partecipazione dell’amministrazione, alla durata dell’impegno, all’onere complessivo a qualsiasi titolo gravante per l’anno sul bilancio dell’amministrazione, al numero dei rappresentanti dell’amministrazione negli organi di governo, al trattamento economico complessivo a ciascuno di essi spettante, ai risultati di bilancio degli ultimi tre esercizi finanziari. Sono altresì pubblicati i dati relativi agli incarichi di amministratore dell’ente e il relativo trattamento economico complessivo”; Visto l’art. 22, co. 3, del d.lgs. n. 33/2013, ove è disposto che “nel sito dell’amministrazione è inserito il collegamento con i siti istituzionali degli enti di cui al co. 1, nei Gazzetta Amministrativa -222- Numero 3/4 - 2015 Pubblico Impiego e Responsabilità della Pubblica Amministrazione e. «responsabile del procedimento», il dirigente responsabile dell’Ufficio, ai sensi della l. 7.08.1990, n. 241, art. 5; f. «amministrazioni interessate», i soggetti compresi nell’ambito di applicazione del d.lgs. n. 33/2013, in conformità a quanto disposto all’art.11 del medesimo decreto e alle indicazioni fornite dall’Autorità con la determinazione n. 8 del 2015; g. «responsabile per la trasparenza», il soggetto individuato da ciascuna amministrazione ai sensi dell’art. 43 d.lgs. 33/2013 e di seguito RT; h. «OIV» l’Organismo indipendente di valutazionedi cui all’art. 14 d. lgs. n. 150/2009; i.«titolare dell’incarico», il componente dell’organo di indirizzo politico di carattere elettivo o comunque di esercizio di poteri di indirizzo politico, di livello statale, regionale e locale ai sensi dell’art. 14 d.lgs. 33/2013; l. «responsabile della violazione» ai sensi dell’art. 47, co. 2, d.lgs. 33/2013, il responsabile della pubblicazione dei dati come individuato nel programma triennale trasparenza e integrità, ovvero in altro atto organizzativo interno dell’amministrazione interessata, che non abbia ottemperato a tale obbligo; m. «amministratori societari» ai sensi dell’art. 47, co. 2, del d.lgs 33/2013, sono il presidente e i componenti del consiglio di amministrazione, o di altro organo con analoghe funzioni comunque denominato, e l’amministratore delegato delle società di cui all’art. 22, co. 1, lettere b) e c) del citato decreto; n. «Prefetto», il prefetto del luogo dove ha sede l’amministrazione o l’ente in cui sono state riscontrate le violazioni; o. «d.l. 90/2014», il d.l. 24.6.2014 n.90 recante “Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari”, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, co. 1, della l. 11.8.2014, n. 114. Art. 2 – Ambito di applicazione 1. Il presente Regolamento disciplina il procedimento sanzionatorio per l’irrogazione, da parte dell’Autorità, delle sanzioni in misura ridotta per le violazioni di procedimento sanzionatorio per le violazioni di cui all’art. 47, commi 1 e 2, d. lgs. 33/2013 ed è altresì individuata nel Prefetto del luogo in cui ha sede l’amministrazione o l’ente in cui sono state riscontrate le violazioni l’autorità amministrativa competente all’irrogazione delle sanzioni definitive; Vista la l. 24.11.1981, n. 689, riguardante “Modifiche al sistema penale”, con particolare riferimento agli artt. da 13 a 18; Visto l’art. 17 della l. 689/1981 sull’applicazione delle sanzioni amministrative, ove è stabilito che, nelle materie di competenza statale, per l’irrogazione della sanzione definitiva, in caso di mancato pagamento in misura ridotta, intervenga il Prefetto in assenza di altri uffici sul territorio e dunque a chiusura del sistema sanzionatorio; Visto l’art. 43 d.lgs 33/2013 riguardante i compiti del responsabile per la trasparenza; Visto quanto specificato nei comunicati dell’Autorità del 27 maggio e 6.06.2014 in merito ai compiti degli organismi indipendenti di valutazione (OIV) di cui all’art. 14 del d.lgs. 27.10.2009, n. 150, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni; Ritenuto opportuno disciplinare con un apposito regolamento il procedimento sanzionatorio di cui all’art. 47 d.lgs. 33/2013, per la parte relativa all’applicazione, da parte di A.N.AC., della sanzione in misura ridotta, in conformità alla delibera n. 10 del 2015; Vistoil d.lgs. 30.06.2003 n. 196 recante “Codice in materia di protezione dei dati personali” e in particolare gli artt. 59 e 60; Emana il seguente Regolamento. Parte I Art. 1– Definizioni Ai fini del presente Regolamento, si intende per: a. «Autorità», l’Autorità Nazionale Anticorruzione; b. «Presidente», il Presidente dell’Autorità; c. «Consiglio», il Consiglio dell’Autorità; d. «Ufficio», l’Ufficio competente dell’istruttoria relativa al procedimento sanzionatorio per le violazioni di cui all’art. 47, commi 1 e 2, del d. lgs. 33/2013; Gazzetta Amministrativa -223- Numero 3/4– 2015 Pubblico Impiego e Responsabilità della Pubblica Amministrazione 4. Le violazioni di cui all’art. 47, co. 2, del d.lgs. 33/2013, secondo periodo, attengono alla mancata comunicazione, da parte degli amministratori societari, ai soci pubblici, del proprio incarico e del relativo compenso entro trenta giorni dal conferimento ovvero, per le indennità di risultato, entro trenta giorni dal percepimento. Art. 3 – Responsabile del procedimento 1. Il responsabile del procedimento è il dirigente responsabile dell’ufficio competente dell’istruttoria per l’irrogazione delle sanzioni di cui al presente Regolamento. Egli può individuare, all’interno dell’Ufficio, un funzionario per lo svolgimento dell’istruttoria relativa ai singoli procedimenti. 2. Il responsabile del procedimento assicura il legittimo, adeguato, completo e tempestivo svolgimento dell’istruttoria, garantendo il contraddittorio e l’effettività del diritto di difesa del soggetto obbligato destinatario della comunicazione di avvio del procedimento. Parte II SANZIONI AI SENSI DELL’ART. 47, CO. 1, PER MANCATA COMUNICAZIONE DEI DATI Art. 4 – Accertamento 1. L’Ufficio, qualora nello svolgimento dei compiti di vigilanza sul rispetto degli obblighi di pubblicazione dei dati previsti dalla normativa in materia di trasparenza, d’ufficio o su segnalazione, rilevi la mancata o incompleta pubblicazione delle informazioni indicate all’art. 2, co. 2, del presente Regolamento, chiede al RT dell’amministrazione interessata di attestare all’Autorità, entro il termine di quindici giorni, se l’inadempimento sia dipeso dall’omessa comunicazione da parte del titolare dell’incarico ovvero sia riconducibile ad altre circostanze da indicare specificatamente. La richiesta è comunicata anche all’OIV, o all’organismo con funzioni analoghe ed è formulata con espresso riferimento alla disciplina sanzionatoria di cui all’art. 47 d.lgs. 33/2013. Il RT, nel fornire riscontro, trasmette contestualmente i dati identificativi e l’indirizzo PEC del titolare dell’incarico o altro recapito, necessari ai fini della notifica della contestazione in conformità alla normativa cui all’art. 47, commi 1 e 2, d. lgs.33/2013, ai sensi della l. n. 689/1981 e della delibera A.N.AC. n. 10 del 21.01.2015. 2. Per quanto concerne le violazioni di cui all’art. 47, co. 1, del d.lgs. 33/2013, tenendo conto di quanto disposto all’art. 14, in particolare al co. 1, lettere c) ed f), del medesimo decreto e del rinvio, ivi contenuto, agli artt. 2, 3 e 4 della l. 5.7.1982, n. 441, la mancata o incompleta comunicazione, da parte del titolare dell’incarico, delle informazioni e dei dati riguarda: a. la situazione patrimoniale complessiva, ivi inclusa la dichiarazione dei redditi, al momento dell'assunzione in carica; b. la titolarità di imprese, le partecipazioni azionarie proprie e tutti i compensi cui dà diritto l'assunzione della carica, al momento dell’assunzione in carica e, annualmente, le eventuali variazioni intervenute; c.la titolarità di imprese e le partecipazioni azionarie del coniuge del titolare dell’incarico e dei suoi parenti entro il secondo grado, ove gli stessi abbiano acconsentito alla pubblicazione dei loro dati, al momento dell’assunzione in carica dello stesso e, annualmente, le eventuali variazioni intervenute. 3. Le violazioni di cui all’art. 47, co. 2, d.lgs. 33/2013, primo periodo, attengono alla mancata pubblicazione, da parte del soggetto individuato nel programma triennale trasparenza e integrità, ovvero in altro atto organizzativo interno, dei dati relativi agli enti di cui all’art. 22, co. 1, lettere da a) a c), d.lgs. 33/2013, concernenti: a. la ragione sociale; b. la misura della eventuale partecipazione dell'amministrazione; c. la durata dell'impegno; d. l'onere complessivo a qualsiasi titolo gravante per l'anno sul bilancio dell'amministrazione; e. il numero dei rappresentanti dell'amministrazione negli organi di governo e il trattamento economico complessivo a ciascuno di essi spettante; f. i risultati di bilancio degli ultimi tre esercizi finanziari; g. gli incarichi di amministratore dell'ente e il relativo trattamento economico complessivo. Gazzetta Amministrativa -224- Numero 3/4 - 2015 Pubblico Impiego e Responsabilità della Pubblica Amministrazione procedimento, con indicazione dei contatti per eventuali richieste di chiarimenti e/o comunicazioni successive; d.la possibilità e i termini del pagamento della sanzione in misura ridotta in conformità a quanto previsto dall’art. 16 della l. 689/1981 e le modalità del pagamento. 5. Il pagamento della sanzione in misura ridotta estingue il procedimento sanzionatorio. 6. L’Ufficio, in applicazione di criteri generali predeterminati dal Consiglio, può accogliere, in tutto o in parte, le richieste motivate di rateizzazione del pagamento della sanzione. Art. 6 –Trasmissione al Prefetto 1. In caso di mancato pagamento della sanzione pecuniaria in misura ridotta, il Presidente, ai sensi dell’art. 19, co. 7, del d.l. n. 90/2014 della delibera A.N.AC. n. 10/2015, segnala al Prefetto la violazione e il mancato pagamento, trasmettendo la documentazione relativa all’istruttoria svolta, in conformità all’art. 17, co. 1, della l. 689/1981, per le determinazioni di competenza. 2. L’amministrazione interessata pubblica sul proprio sito il provvedimento adottato dal Prefetto, secondo le disposizioni dell’art. 47, co. 1, del d. lgs. 33/2013 e della delibera dell’Autorità n. 10 del 2015. Parte III SANZIONI AI SENSI DELL’ART. 47, CO. 2, PER VIOLAZIONE DEGLI OBBLIGHI DI PUBBLICAZIONE E DI COMUNICAZIONE Art. 7 – Accertamento 1. L’Ufficio, qualora nello svolgimento dei compiti di vigilanza sul rispetto degli obblighi di pubblicazione dei dati previsti dalla normativa sulla trasparenza, d’ufficio o su segnalazione, rilevi la mancata o incompleta pubblicazione delle informazioni e dei dati di cui all’art. 2, commi 3 e 4, del presente Regolamento, chiede al RT dell’amministrazione interessata di attestare all’Autorità, entro quindici giorni, il nominativo del responsabile della violazione, ossia il soggetto che in base alle previsioni del Programma triennale per la trasparenza e l’integrità, od altro atto organizzativo interno, è responsabile dell’omessa pubblicazione. Nella richiesta è specificato che in mancanza di attestazione di detto vigente in materia. In mancanza la notifica può essere effettuata anche dal RT ai sensi dell’art. 14, co. 4, della l. 24.11.1981, n. 689, come precisato all’art. 10 del presente Regolamento. 2. Nel caso in cui il RT attesti che l’inadempimento sia dipeso dall’omessa comunicazione da parte del titolare dell’incarico delle informazioni e dei dati, l’Ufficio avvia il procedimento sanzionatorio contestando la violazione. 3. Nel caso, invece, in cui i dati siano stati correttamente comunicati dal titolare dell’incarico al RT e, tuttavia, non siano stati pubblicati in tutto o in parte, il Consiglio si riserva di ordinare all’amministrazione di pubblicare le informazioni e i dati mancanti. 4. L’Ufficio, in caso di segnalazioni palesemente infondate o prive degli elementi essenziali, ne dispone l’archiviazione informandone il Consiglio attraverso una notizia riassuntiva trimestrale. Art. 5 – Avvio del procedimento sanzionatorio e contestazione 1. Sussistendo i presupposti per l’avvio del procedimento sanzionatorio, l’Ufficio notifica al titolare dell’incarico, entro il termine di 90 giorni dal ricevimento dell’attestazione del RT, la contestazione della violazione di cui all’art. 47, co. 1, d.lgs.33/2013. 2. Della contestazione è data notizia al RT e all’OIV, o all’organismo con funzioni analoghe, dell’amministrazione interessata, nonché al Prefetto. 3. L’Ufficio, ogni trenta giorni, predispone l’elenco dei soggetti a cui è stata notificata la contestazione, ai fini della successiva pubblicazione sul sito dell’Autorità, previa informativa al Consiglio, ai sensi dell’art. 45, co. 4, del d. lgs. 33 del 2013. 4. Nella comunicazione di avvio del procedimento devono essere almeno indicati, nel rispetto di quanto previsto nella l. n. 689/1981: a. la contestazione della violazione, con l’indicazione delle disposizioni violate e delle relative norme sanzionatorie; b. il termine di trenta giorni, ai sensi dell’art. 18 della l. n. 689/1981, per l’invio al Prefetto di memorie e documentazione, oltre all’eventuale richiesta di audizione; c. l’Ufficio e la persona responsabile del Gazzetta Amministrativa -225- Numero 3/4– 2015 Pubblico Impiego e Responsabilità della Pubblica Amministrazione relative norme sanzionatorie; b. il termine di trenta giorni, ai sensi dell’art. 18 della l. n. 689/1981, per l’invio al Prefetto di memorie e documentazione, oltre all’eventuale richiesta di audizione; c. l’Ufficio e la persona responsabile del procedimento, con l’indicazione dei contatti per eventuali richieste di chiarimenti e/o comunicazioni successive; d. la possibilità e i termini del pagamento della sanzione in misura ridotta, in conformità a quanto previsto dall’art. 16 della l. 689/1981 e le modalità del pagamento. 4. Il pagamento della sanzione in misura ridotta estingue il procedimento sanzionatorio. 5. L’Ufficio, in applicazione di criteri generali predeterminati dal Consiglio, può accogliere, in tutto o in parte, le richieste motivate di rateizzazione del pagamento della sanzione. Art. 9 –Trasmissione al Prefetto 1. In caso di mancato pagamento della sanzione pecuniaria in misura ridotta, il Presidente, ai sensi dell’art. 19, co. 7, del d.l. n. 90/2014 e della delibera A.N.AC. n. 10/2015, segnala al Prefetto la violazione e il mancato pagamento, trasmettendo la documentazione relativa all’istruttoria svolta, in conformità all’art. 17, co. 1, della l. 689/1981, per le determinazioni di competenza. Parte IV DISPOSIZIONI FINALI Art. 10 – Comunicazioni, notificazioni e pubblicità 1. Le notificazioni nei procedimenti disciplinati dal presente regolamento sono effettuate presso la casella di posta elettronica certificata (PEC), ai sensi dell’ art. 48 del d.lgs. 7.03.1985, n. 82 recante il codice dell’amministrazione digitale e in coerenza con quanto previsto dal codice di procedura civile in merito al riconoscimento della validità della notifica a mezzo PEC (art. 149-bis c.p.c.). 2. In mancanza di PEC o qualora il RT non abbia comunicato la PEC o altri recapiti dei soggetti inadempienti, le comunicazioni e le notificazioni sono effettuate: - dal RT dell’amministrazione interessata ai nominativo, si presume la responsabilità del RT ai sensi degli artt. 46 e 47 del d.lgs 33/2013. Qualora la omessa pubblicazione dei dati di cui all’art. 47, co. 2, secondo periodo, dipenda dalla mancata comunicazione degli stessi da parte degli amministratori societari, il RT è tenuto altresì ad attestare i nominativi degli amministratori societari inadempienti. La richiesta è comunicata anche all’OIV, o all’organismo con funzioni analoghe ed è formulata con espresso riferimento alla disciplina sanzionatoria di cui all’art. 47 d.lgs. 33/2013. 2. In ogni caso il RT, nel fornire riscontro alla richiesta sui dati identificativi di cui al co. 1, trasmette contestualmente anche l’indirizzo PEC o altro recapito del responsabile della violazione e/o dell’amministratore societario, necessari ai fini della notifica della contestazione in conformità alla normativa vigente in materia. In mancanza la notifica può essere effettuata anche dal RT ai sensi dell’art. 14, co. 4, della l. 24.11.1981, n. 689, come precisato all’art. 10 del presente regolamento. 3. L’Ufficio, in caso di segnalazioni palesemente infondate o prive degli elementi essenziali, ne dispone l’archiviazione informandone il Consiglio attraverso una notizia riassuntiva trimestrale. Art. 8 – Avvio del procedimento sanzionatorio e contestazione 1. Sussistendo i presupposti per l’avvio del procedimento sanzionatorio, l’Ufficio notifica al responsabile della violazione e/o all’amministratore societario, entro il termine di 90 giorni dal ricevimento dell’attestazione del responsabile della trasparenza, la contestazione della violazione di cui all’art. 47, co. 2, d.lgs. 33/2013. 2. Della contestazione è data notizia al rappresentante legale dell’amministrazione interessata, al RT, ove diverso dal responsabile della violazione, all’OIV nonchè al Prefetto. 3. Nella comunicazione di avvio del procedimento devono essere almeno indicati, nel rispetto di quanto previsto nella l. n. 689/1981: a. la contestazione della violazione, con l’indicazione delle disposizioni violate e delle Gazzetta Amministrativa -226- Numero 3/4 - 2015 Pubblico Impiego e Responsabilità della Pubblica Amministrazione sensi dell’art. 14, co. 4, della l. 24 .11.1981, n. 689, - con consegna a mani proprie contro ricevuta, - con lettera raccomandata con avviso di ricevimento. 3. Le medesime disposizioni si applicano alla trasmissione di documenti e di richieste connesse all’istruttoria da parte degli interessati o di terzi all’Autorità. Art. 11 – Disciplina generale 1. Per tutto quanto non espressamente previsto dal presente regolamento, si applicano i principi e le disposizioni della l. 24.11.1981, n. 689. 2. Per il computo dei termini previsti dal presente regolamento si applica l’art. 155 del c.p.c.. Art. 12 – Entrata in vigore 1. Il presente Regolamento è pubblicato sul sito istituzionale dell’Autorità ed entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (Regolamento A.N.A.C. del 15.7.2015 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 176 del 31.7.2015). «::::::::: GA :::::::::» Gazzetta Amministrativa -227- Numero 3/4– 2015 Pubblico Impiego e Responsabilità della Pubblica Amministrazione REDAZIONALI IL LAVORO E’…. AGILE del Prof. Dott. Stefano Olivieri Pennesi Lo Smart Working” quale “mutamento genetico” del più datato “Telelavoro” con il conseguente adeguamento del “modo di lavorare” ai tempi che stiamo attualmente vivendo. Smart Working "as" genetic mutation" of the more dated "Telecommuting" with the "so consequent adjustment to work" in the times we are currently experiencing. Sommario: 1. Considerazioni preliminari. 2. Conclusioni. 1.Introduzione. Il “lavoro agile” o come si usa chiamarlo “Smart Working” potrebbe definirsi tranquillamente il “mutamento genetico” del più datato “Telelavoro” in versione 2.0 o, per meglio dire, il salto di qualità naturale che gli addetti ai lavoro hanno osservato rispetto a nuove norme/convenzioni che mirano, tra l’altro, ad adeguare il “modo di lavorare” ai tempi che stiamo vivendo attualmente. Ma andiamo con ordine, “l’archetipo” del “lavoro flessibile” è indubbiamente rappresentato da quello definito, fin dagli anni novanta, anche grazie alla rivoluzione/evoluzione avviata con l’introduzione “massiva” dei computers, nei vari processi produttivi e lavorativi, come “telelavoro”. I primi passi mossi da questa, per così dire, tipologia lavorativa, risalgono alla fine degli anni novanta con specifici accordi e protocolli di declinazione europea. In primo luogo quindi è bene affermare che lo smart working, detto anche lavoro agile, non è facilmente assimilabile al più datato telelavoro poiché, la sua peculiarità, consiste non nel semplice svolgimento delle prestazioni lavorative esternamente alla sede aziendale, bensì, all’effettuazione di attività lavorative sulla base di obiettivi e risultati predefiniti, in un contesto organizzativo e progettuale svincolato da orari e sedi fisiche di lavoro. Il presupposto sul quale si muove il lavoro agile è rappresentato dalla esigenza di preveGazzetta Amministrativa dere “regole uguali” per chi lavora in ufficio ovvero da luogo diverso, sia esso la propria abitazione, un luogo all’aperto, luoghi e spazi condivisi con altri, vale a dire quei parametri quali: retribuzione, sicurezza, privacy, doveri, diritti, infortuni, ecc. Quindi possiamo tranquillamente affermare che i principi cardine, del lavoro agile, sono alquanto per così dire semplici. In primis, i vincoli connessi a luogo e tempo/orario lavorativo si destrutturano, il lavoratore “agile” organizza il proprio impiego in relativa assoluta autonomia e flessibilità; si punta a dare maggiore importanza alla responsabilità personale circa i risultati che si intende ottenere/offrire. Di fatto, e qui introduciamo un elemento di discrasia, rispetto alla maggiore diffusione dello smart working, il terreno offerto dalle organizzazioni - imprese - amministrazioni – di medie/grandi dimensioni, che sono oggettivamente meglio attrezzate e strutturate per implementare diffusamente tale tipologia di lavoro, se non altro per la conformazionearchitettura interna, delle attività, anche rispetto alle varietà di ambiti e competenze, si contrappone, inesorabilmente, con realtà lavorative di minori dimensioni naturalmente vocate ad una maggiore esigenza di rapida interscambiabilità, ma anche relazione costante tra lavoratori, tale da richiedere una quotidianità di frequentazioni e condivisioni sul lavoro. -228- Numero 3/4 - 2015 Pubblico Impiego e Responsabilità Della Pubblica Amministrazione rende necessario individuare un luogo fisico chiaramente presente e rigidamente strutturato, per caratteristiche fisiche e tecnologiche, come la postazione fissa, con cui si lavora, la collocazione in un ambiente casalingo rigorosamente adattato ai requisiti di sicurezza ed igiene dei luoghi di lavoro, nonché standard dimensionali; al fatto che le attrezzature devono essere fornite e manutenute dal datore di lavoro, alla esistenza di infrastrutture tecnologiche pre individuate ed adeguatamente presenti, ecc. Di contro, lo smart working, si può svolgere semplicemente utilizzando un “device” e una “connessione internet” efficiente, ma è altresì possibile lavorare nei luoghi più disparati: dal parco pubblico, ad un centro benessere, da un albergo o resort, ad un circolo ricreativo, da un locale pubblico ad un albergo, un polo museale, in viaggio all’estero o in Italia, su un mezzo di trasporto sia esso treno, aereo, nave, pulmann, autonolo, taxi, ecc. Insomma, in sostanza, possiamo affermare che il lavoro agile meglio si attaglia alle “moderne vicende di vita”, stili, abitudini, bisogni, senza per questo privare le persone da attività lavorative idonee a produrre sufficienti redditi, collegati ai “risultati” lavorativi raggiunti, più che alla presenza fisica in un luogo di lavoro per un orario prestabilito e/o rigido. L’Osservatorio sul lavoro agile, presente nella Scuola di Managment del Politecnico di Milano, ha calcolato che nel 2015 più del 17% delle imprese di grandi dimensioni, del nostro Paese, ha in essere progetti di smart working, più del 14% sta svolgendo azione di scouting per questa tipologia lavorativa, e un altro 17% ha già progettato iniziative e ambiti/settori, per possibili utilizzazioni di lavoro agile. Parliamo quindi di un quasi 50% delle imprese che si sta approcciando concretamente a questa nuova realtà lavoristica. Discorso però nettamente diverso riguarda il segmento delle aziende italiane mediopiccole, dove è stato calcolato un esiguo 15% di realtà dove si sta sperimentando una qual si voglia tipologia “agile” di lavoro. Dal punto di vista più prettamente economico, lo smart working, calcola sempre l’Osservatorio del Politecnico di Milano, solo È anche giusto, però, porre il problema della necessaria modifica di mentalità legata al fatto di ritenere, da parte dei datori di lavoro, indispensabile controllare, per così dire, il lavoratore, con verifiche puntuali degli orari lavorativi svolti e delle relative prestazioni effettuate, dove il rapporto di fiducia è oggettivizzato dalla concreta visione di quanto prodotto materialmente o immaterialmente, e non anche dal raggiungimento o meno, di risultati lavorativi misurati e misurabili per “obiettivi” raggiunti o meno, in tempi ben definiti. Ciò detto ci conduce a riflettere in merito alle necessità di puntare ad una maggiore e migliore “organizzazione complessiva” dei processi lavorativi. La definizione puntuale dei progetti e delle procedure serve per far si che i dipendenti possano essere valutati rispetto ai risultati loro assegnati e di conseguenza, ottenuti, e non su quanto tempo vi è stato destinato per il loro ottenimento. Ecco la cartina tornasole del lavoro agile che è rappresentata dal valore assegnato all’elemento “fiducia” tra datore di lavoro e dipendente. Una nuova cultura aziendale non basata su controlli vecchia maniera, di tradizione “fordista” (quanto tempo impieghi per svolgere una operazione o produrre un componente). L’impiego del lavoro “smart”, evidentemente, può trovare maggiore terreno fertile nelle tipologie di impieghi creativi e di concetto, dove la presenza nel luogo di lavoro può considerarsi accessoria, incidentale. Altro elemento fondante, del lavoro agile, e che può poggiarsi, tranquillamente, sia su contrattazioni collettive, come anche su semplici accordi scritti, stipulati tra singolo lavoratore e datori di lavoro, in una rispettiva/vicendevole, utilità, dove da un lato sono evidenti i benefici ricadenti su migliore conciliazione tempi di vita e tempi di lavoro, e dall’altro lato benefici inerenti maggiori e migliori performance di produttività. È evidente, quindi, cosa rende oggettivamente differente il telelavoro dallo smart working. In primo luogo la maggiore flessibilità di quest’ultimo, in quanto per il telelavoro si Gazzetta Amministrativa -229- Numero 3/4 - 2015 Pubblico Impiego e Responsabilità della Pubblica Amministrazione telelavoro, è il fatto che si rivolge preminentemente a professionalità maggiormente elevate, anche e soprattutto di tipo manageriale, usando strumenti tecnologici mobili come: smartphone, tablet, notebook, pc portatili, palmari, ecc. Anche il tema di lavoro per cosi dire “in esterna” è sostanzialmente “fluttuante” e può riguardare uno o più giorni a settimana, alcuni pomeriggi, alcune fasce orarie, ecc. senza alcuna particolare rigidità, relegando il lavoro svolto tradizionalmente al resto del tempo lavorato, insomma i lavoratori dipendenti potranno definirsi “diversamente presenti”. Passiamo ora ad analizzare alcuni aspetti inerenti la effettiva utilità circa una maggiore diffusione dello smart working. Risulta, di tutta evidenza, che il lavoro agile si configura come opportunità per migliorare i livelli di produttività e al tempo stesso ridurre costi, sia aziendali che dei lavoratori, ottimizzando, al tempo stesso, i tempi e migliorando la qualità della vita dei dipendenti, ed aggiungo, come non secondario, il beneficio a vantaggio della collettività, per il minore impatto ambientale sull’inquinamento e una più fluida mobilità delle popolazioni soprattutto nei maggiori centri urbani/metropoli. in Italia produrrebbe un incremento di ricavi di circa 27 miliardi e, parallelamente, un risparmio di costi per altri circa 10 miliardi. Lo smart working, precisiamo, si supporta su un accordo europeo risalente al 16 luglio 2002 recepito in seguito, in Italia, da un accordo interconfederale del 9 giugno 2004, che però riguardava esplicitamente il Telelavoro, pensato per coloro, quali lavoratori, non avevano la possibilità di spostarsi da casa, quasi sempre per motivazioni legate al proprio stato di salute e quindi, per tale ragione, permettere l’esecuzione delle prestazioni fuori dalle mura aziendali. Questo può definirsi il vero punto di contatto con il “lavoro agile” che è bene dirlo, riveste in se modalità di esecuzione enormemente più elastiche rispetto al vecchio “telelavoro” in quanto si da opportunità di lavorare all’esterno della azienda/Amministrazione, con meno rigidità rispetto a luoghi, attrezzature, spazi dedicati, ecc. anche per un solo giorno a settimana, fino ad un massimo del 50% della complessiva attività lavorativa da svolgere. Accenniamo però, a questo punto, l’aspetto che si ritiene, tra gli addetti ai lavori, maggiormente problematico sia per il classico telelavoro (in misura maggiore) che sia per il più evoluto e moderno lavoro agile (in misura inferiore). Mi riferisco al possibile ”senso di isolamento” che si può sviluppare tra chi pratica il lavoro fuori dagli spazi aziendali. Per questa ragione sono stati ideati e realizzati i cosiddetti “spazi di coworking” al di fuori dei plessi lavorativi legali/istituzionali, consistenti in uffici, appartamenti, loft, locati in gruppo, anche tra coloro che praticano professioni ed attività diverse, come anche appartenenti ad aziende/imprese distinte; luoghi questi dove ogniuno svolge il proprio lavoro, ma dove si possono condividere anche esperienze, conoscenze, utilità, possibilmente in modalità trasversale. Quello dell’isolamento è quindi un aspetto superabile in vario modo, permettendo la creazione e l’interscambio tra lavoratori di diversa estrazione e dipendenza funzionale. Un’altra caratteristica del lavoro agile, differenziandosi per questo dall’ormai obsoleto Gazzetta Amministrativa 2. Conclusioni. La vera novità però consiste, appunto, in un diverso approccio organizzativo e gestionale del lavoro, scollegando la prestazione lavorativa dagli orari di lavoro, definiti e rigidi, collegandolo invece alla mera qualità misurabile sugli obiettivi fissati e risultati ottenuti. È quindi altresì evidente che non tutte le tipologie di mansioni possono esplicarsi in tali modalità. Sempre l’Osservatorio sullo smart working, del Politecnico di Milano, ha calcolato che questa forma di lavoro potrebbe far incrementare la produttività nella misura del 35-40% con una contestuale riduzione del tasso di assenteismo di quasi il 63%. A questo punto reputo necessario fare un accenno anche al significato che può darsi al cosiddetto “lavoro intelligente” ossia la diretta conseguenza dell’applicazione ed implicazione dello smart working. -230- Numero 3/4 - 2015 Pubblico Impiego e Responsabilità Della Pubblica Amministrazione Ebbene questo innovativo “sistema” di lavoro contiene in se ricadute rispetto alla revisione degli spazi fisici di lavoro, l’adozione di tecnologie digitali anche per facilitare i cosiddetti spazi di lavoro virtuali, ma soprattutto riguarda il cambiamento della cultura anche “comportamentale” dei vari soggetti umani rispetto un diverso “ambiente di lavoro”. Revisionare, pertanto, gli spazi lavorativi, sarà la nuova sfida per imprese a amministrazioni, tale da prevedere, per il prossimo futuro, una profonda trasformazione degli “uffici tradizionali”, come oggi si conoscono, che evolveranno, certamente, in contesti fisici, diversamente modulati e quindi più duttili, dove condivisione e versatilità di ambienti ed arredi/attrezzature, saranno imprescindibili. Da ultimo una necessaria attenzione merita porla, rispetto alle implicazioni dirette scaturenti dal lavoro agile. In particolare mi riferisco a rischi, evidentemente insidiosi, riguardanti la conseguente “totale promiscuità” tra luoghi e tempi lavorativi, rispetto ai tempi dedicati al riposo, al benessere, agli affetti. Il pensiero volge alla conseguente creazione di generazioni di lavoratori definibili “perennemente connessi” in quanto reperibili in ogni momento e luogo, che, per così dire, non staccano mai la spina. Possiamo quindi dire, a ragione, per chiudere relativamente al lavoro agile…”…eppur si muove!…”. «:::::::::GA:::::::::» Gazzetta Amministrativa -231- Numero 3/4 - 2015 Pubblico impiego e Responsabilità della Pubblica Amministrazione GIURISPRUDENZA Consiglio di Stato Sez. IV 21.12.2015 n. 5801 Autorità Portuali - controversie sullo svolgimento di procedure concorsuali giudice amministrativo. La Quarta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 21.12.2015 n. 5801 ha evidenziato che "L’Autorità portuale, secondo il chiaro dettato della legge 28/1/1994 recante il riordino della legislazione in materia portuale ha personalità giuridica di diritto pubblico ed è dotata di autonomia amministrativa nonché di bilancio e finanziaria (art.6). In ordine alla natura dell’Autorità portuale quale Ente di diritto pubblico non economico si è più volte espresso questo Consiglio di Stato (Sez. IV 14/3/2014 n. 1014; idem 20.1.2015), sicché l’attività svolta da detto Ente è attività pubblica e per le modalità di assunzione di dipendenti valgono le regole delle procedure concorsuali, con l’ulteriore conseguenza che le controversie attinenti lo svolgimento di dette procedure sono devolute al giudice amministrativo (in tal senso, Cass. Sez. Unite 24.7.2013 n. 17930)". spettata dal Ministero evidenziando come con una recente sentenza, la Sezione ha affermato principi sul rapporto tra concorso e scorrimento della graduatoria, quali modalità per l’accesso all’Arma dei Carabinieri, ma indubbiamente estensibili al reclutamento di medici veterinari dell’Esercito, che il Collegio condivide e che si attagliano perfettamente alla presente controversia (cfr Cons. Stato, Sez. IV, 15/9/2015n. 4330). "Non resta, pertanto, che riprenderne le motivazioni. «Al riguardo, il Collegio ritiene necessario preliminarmente richiamare i principi espressi dalla più volte menzionata sentenza dell'Adunanza Plenaria n. 14 del 28.7.2011. Con essa si è affermata, all'esito di un lungo percorso giurisprudenziale, una “sostanziale inversione del rapporto tra l'opzione per un nuovo concorso e la decisione di scorrimento della graduatoria preesistente ed efficace”, per cui quest'ultima possibilità rappresenta, adesso, la regola generale da applicarsi in via principale, in quanto l'attuale ordinamento afferma un generale favore circa l'utilizzazione della graduatoria degli idonei, che recede solo in taluni specifici casi come di seguito sarà meglio precisato. Pertanto, qualora l'amministrazione propenda per l'indizione di un nuovo concorso, sarà obbligata ad esprimere un'idonea motivazione che dia conto del sacrificio imposto ai concorrenti idonei e delle preminenti esigenze di interesse pubblico. Tuttavia, “la riconosciuta prevalenza delle procedure di scorrimento non è comunque assoluta e incondizionata”. Infatti, sussistono delle ipotesi in cui è pienamente giustificabile la scelta di procedere all'indizione di una nuova procedura concorsuale, in luogo dello scorrimento delle graduatorie pregresse: in tali fattispecie, l'Adunanza Plenaria afferma il ridimensionamento dell'obbligo motivazionale. Fra le ipotesi in questione, in primo luogo, rientra quella “in cui speciali disposizioni legislative impongano una precisa cadenza periodica del concorso, collegata anche a peculiari meccanismi di pro- Consiglio di Stato Sez. IV 21.12.2015 n. 5792 Settore militare - concorso - scorrimento della graduatoria - principi. Nel giudizio in esame il Ministero della Difesa, deduce che, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di prime cure, il reclutamento del personale militare sarebbe regolato da una disciplina sua propria (contenuta nel D. Lgs. 15/3/2010 n. 66 “Codice dell’ordinamento militare”), diversa da quella vigente per tutte le altre pubbliche amministrazioni, che darebbe prevalenza all’assunzione tramite concorso, rispetto a quella mediante scorrimento delle graduatorie. Nel caso di specie, inoltre, l’amministrazione avrebbe, anche, esplicitato le ragioni che l’hanno indotta a non procedere allo scorrimento della precedente graduatoria e a preferire l’indizione di un nuovo concorso. Il Consiglio di Stato Sez. IV nella sentenza del 21.12.2015 n. 5792 ha accolto la censura proGazzetta Amministrativa -232- Numero 3/4 - 2015 Pubblico Impiego e Responsabilità della Pubblica Amministrazione zione può optare fra lo scorrimento delle graduatorie preesistenti o l'indizione di un nuovo concorso: tuttavia, la scelta non può definirsi libera in quanto vi è un favor dell'ordinamento per lo scorrimento delle graduatorie preesistenti. Pertanto, nel momento in cui l'Amministrazione propenda, comunque, per l'indizione di un nuovo concorso, essa sarà obbligata ad esternare le ragioni della propria scelta in modo da evidenziare i motivi di interesse pubblico prevalenti rispetto alle situazioni giuridiche degli idonei non vincitori nella precedente procedura concorsuale. Sussistono, infine, delle ipotesi nelle quali, per particolari ragioni dovute alla periodicità del reclutamento imposto da normative di settore, ovvero dalla differenza strutturale della disciplina della nuova procedura concorsuale rispetto a quella cui si riferisce la graduatoria preesistente, ovvero, ancora, dalle esigenze di stabilizzazione del personale precario, o dalle differenze nel profilo professionale ricercato, sussiste la doverosità per l'Amministrazione di procedere all'indizione di nuovi concorsi, in luogo dello scorrimento delle graduatorie che, al contrario, si rivelerebbe una soluzione inopportuna e lesiva di preminenti ragioni di interesse pubblico. 2.2 Secondo il Collegio, nel caso di specie, viene in rilievo una delle ipotesi in cui l'Amministrazione non deve necessariamente procedere con lo scorrimento delle graduatorie pregresse, in quanto sussistono ragioni particolari che fanno ritenere maggiormente opportuna, o meglio doverosa, la scelta di reclutare le figure professionali mediante concorsi con cadenza periodica. In particolare, come affermato da parte appellante, le disposizioni inerenti al reclutamento del personale, alle modalità di svolgimento delle procedure selettive, nonché al periodo di validità delle graduatorie concorsuali, di cui al d.lgs. n. 165 del 2001 e d.l. n. 101 del 2013 non possono ritenersi integralmente applicabili all'Arma dei Carabinieri. In effetti, l'ordinamento di quest'ultima viene disciplinato dal d.lgs. n. 66 del 2010 (c.d. Codice dell'Ordinamento Militare), il quale deve essere considerato una normativa speciale destinata a regolare le modalità di assunzione ed i rapporti di lavoro intercorrenti con le Forze Armate. Detta specialità si ricava in modo espresso da diverse disposizioni dell'ordinamento: in primo luogo, gressioni nelle carriere, tipiche di determinati settori del personale pubblico”: al ricorrere di queste circostanze, sussiste un dovere primario per l'Amministrazione di bandire una nuova procedura selettiva, in assenza di particolari ragioni di opportunità per l'assunzione degli idonei collocati nelle preesistenti graduatorie. Si tratta, nella sostanza, delle ordinarie procedure concorsuali programmate con cadenza pressoché annuale, al fine di garantire il costante reclutamento del personale necessario per le esigenze operative ed organizzative dell'Arma. Restano quindi escluse da tale specifica ipotesi, le procedure non calendarizzate in quanto attivate occasionalmente su specifiche ed immediate esigenze della singola Forza Armata, che non possono attendere gli ordinari flussi di reclutamento. In questo caso, infatti, il favore ordinamentale che secondo il richiamato insegnamento dell'Adunanza Plenaria deve riconoscersi allo scorrimento delle graduatorie preesistenti, viene a coniugarsi perfettamente con lo specifico interesse dell'Amministrazione a soddisfare tempestivamente esigenze impreviste e non risolvibili con l'ordinaria programmazione concorsuale. In secondo luogo, vi sono dei casi in cui “si manifesta l'opportunità, se non la necessità, di procedere all'indizione di un nuovo concorso, pur in presenza di graduatorie ancora efficaci”: fra le ipotesi di questo genere, rientra, anzitutto, l'esigenza preminente di determinare, attraverso le nuove procedure concorsuali, la stabilizzazione del personale precario, in attuazione delle apposite regole speciali in materia. L'indizione di una nuova procedura concorsuale può essere giustificata anche dall'intervenuta modifica sostanziale della disciplina applicabile alla stessa, rispetto a quella da cui è scaturita una graduatoria ancora efficace, con particolare riguardo al contenuto delle prove di esame e ai requisiti di partecipazione. Una terza ipotesi che può giustificare ex se l'indizione di un nuovo concorso è quella in cui si attribuisce “risalto determinante anche all'esatto contenuto dello specifico profilo professionale per la cui copertura è indetto il nuovo concorso e alle eventuali distinzioni rispetto a quanto descritto nel bando relativo alla preesistente graduatoria”. In definitiva, l'Adunanza Plenaria ha chiarito che, al fine del reclutamento del personale, l'AmministraGazzetta Amministrativa -233- Numero 3 /4- 2015 Pubblico impiego e Responsabilità della Pubblica Amministrazione zione militare ha facoltà di procedere, nel termine di un anno dalla data di approvazione della graduatoria e salvo diverse disposizioni del presente codice, ad altrettante nomine secondo l'ordine della graduatoria stessa, fermo restando l'accertamento dell'ulteriore possesso dei requisiti. Nei concorsi per la nomina a ufficiale e sottufficiale in servizio permanente, se alcuni dei posti messi a concorso risultano scoperti per rinuncia o decadenza, entro trenta giorni dalla data di inizio dei corsi, possono essere autorizzate altrettante ammissioni ai corsi stessi secondo l'ordine della graduatoria. Se la durata del corso è inferiore a un anno, detta facoltà può essere esercitata entro 1/12 della durata del corso stesso.” Dal dato testuale ricavato dalla disposizione sopra citata, risulta che, per quanto concerne il reclutamento delle Forze Militari ed anche per l'Arma dei Carabinieri, non incombe sull'Amministrazione un obbligo primario di procedere allo scorrimento delle graduatorie preesistenti, in luogo dell'indizione di un nuovo concorso per la copertura di determinati profili professionali. A nulla rileva, secondo il Collegio, la circostanza secondo cui la disposizione è riferita alle nuove assunzioni e non espressamente ai transiti interni da un ruolo ad un altro: in effetti, la norma è diretta a contenere l'uso dello scorrimento nei limiti della disponibilità dei posti al momento dell'approvazione della graduatoria, ovvero nei limiti della rinuncia, decadenza o dimissioni dei vincitori, come affermato dalla giurisprudenza più recente di questo Consiglio (cfr. da ultimo Cons. di Stato, Sez. II, parere n. 1184 del 23.4.2015). Inoltre, nell'ipotesi di rinuncia, decadenza o dimissioni dei vincitori, va evidenziato come il limite temporale di un anno (ben più stringente rispetto a quanto previsto dall'art. 4 comma 4 d.l. n. 101 del 2013), cui soggiace la validità della graduatoria, rende palese la volontà del legislatore di preferire, quantomeno per le immissioni in ruolo nel comparto delle Forze Armate, l'indizione di una nuova procedura concorsuale allo scorrimento delle graduatorie. La citata giurisprudenza, tra l'altro, ha affermato che dall'art. 635 d.lgs. n. 66 del 2010 si dovrebbe dedurre un obbligo di indizione periodica dei concorsi con contestuale perdita di efficacia delle graduatorie preesistenti. Un'ulteriore disposizione che, secondo l'art. 3 comma 1 d.lgs. n. 165 del 2001 afferma che “in deroga all'articolo 2 commi 2 e 3, rimangono disciplinati dai rispettivi ordinamenti: [...] il personale militare e delle Forze di Polizia di Stato”. Inoltre, anche il Codice dell'Ordinamento Militare, all'art. 625 comma 1, definisce i rapporti con l'ordinamento generale del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche e altri ordinamenti speciali, affermando che “al personale militare si applicano i principi e gli indirizzi di cui all'art. 19 della l. 4.11.2010, n. 183, nonché le disposizioni contenute nel presente codice”. Infine, l'articolo 19 della l. n. 183 del 2010 statuisce che “ai fini della definizione degli ordinamenti, delle carriere e dei contenuti del rapporto di impiego e della tutela economica, pensionistica e previdenziale, è riconosciuta la specificità del ruolo delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco nonché dello stato giuridico del personale ad essi appartenente, in dipendenza della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell'ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti”. 2.3 Se tali disposizioni consentono di affermare la specificità dell'ordinamento militare rispetto agli altri comparti dell'amministrazione pubblica, il Collegio ritiene, tuttavia, di dover individuare le norme che prevedono per le Forze Armate ed, in particolare, l'Arma dei Carabinieri, una ciclicità nell'indizione dei concorsi, al fine di coprire i posti vacanti all'interno del proprio organico. A tal fine viene in rilievo la disposizione contenuta nell'art. 635 d.lgs. n. 66 del 2010 secondo cui “l'amministrazione militare ha facoltà di conferire, nel limite delle risorse finanziarie previste, oltre i posti messi a concorso, anche quelli che risultano disponibili alla data di approvazione della graduatoria. Detti posti, da conferire secondo l'ordine della graduatoria, non possono superare il decimo di quelli messi a concorso per il reclutamento degli ufficiali e il quinto per il reclutamento delle altre categorie di militari. Se alcuni posti messi a concorso restano scoperti per rinuncia, decadenza o dimissioni dei vincitori, l'amministraGazzetta Amministrativa -234- Numero 3/4 - 2015 Pubblico Impiego e Responsabilità della Pubblica Amministrazione menti annuali nell'Arma dei Carabinieri. In effetti, la cadenza annuale delle valutazioni finalizzate alla progressione in carriera all'interno dell'Arma dei Carabinieri, mal si concilierebbe con una diversa cadenza di indizione dei concorsi, considerata la sopra esposta necessità di verificare il possesso dei requisiti psico-fisici con il carattere dell'attualità. 2.5 Alla luce delle pregresse considerazioni, risulta logico e non irragionevole l'assunto della Difesa Erariale secondo cui la cadenza annuale o, comunque, periodica dell'indizione del concorso oggetto del presente giudizio, può essere ricavata dall'interpretazione analogica e sistematica delle disposizioni, contenute nel Codice dell'Ordinamento Militare, dedicate precipuamente all'Arma dei Carabinieri. In effetti, anche se l'art. 35 d.lgs. n. 199 del 1995, a differenza dell'art. 679 d.lgs. n. 66 del 2010, indica espressamente l'indizione annuale dei concorsi per l'immissione nel ruolo di ispettori della Guardia di Finanza, l'esigenza di valutare il possesso attuale dei requisiti psico-attitudinali degli aspiranti ispettori rimane intatta in entrambi i casi. A ben vedere, dunque, ci si troverebbe dinanzi ad uno dei casi di “peculiari meccanismi di progressioni nelle carriere, tipiche di determinati settori del personale pubblico”: questi ultimi, in connessione a specifiche disposizioni di settore e secondo i principi esposti dalla sentenza dell'Adunanza Plenaria n. 14 del 2011, da un lato, determinano una regressione del principio della prevalenza dell'istituto dello scorrimento in luogo dell'indizione di nuovi concorsi, e, dall'altro lato, non impongono all'Amministrazione uno stringente obbligo motivazionale in merito alla scelta effettuata per il reclutamento». Nel caso di specie, l’amministrazione intimata ha stabilito di indire un nuovo concorso, piuttosto che procedere allo scorrimento della graduatoria di quello precedente, “…in quanto, in relazione alle peculiari esigenze operative e organizzative del ministero della difesa, il reclutamento del personale militare esige l’attualità dell’accertamento dei requisiti di efficienza e di idoneità psicofisica e attitudinale”. Tale motivazione è sufficiente, giusta quanto più sopra evidenziato, a sorreggere la scelta. Né, quest’ultima, contrariamente a quanto sostenuto dall’appellato, è inficiata dal fatto che nel bando con cui era l'Amministrazione appellante imporrebbe l'indizione annuale di concorsi nell'Arma dei Carabinieri è quella contenuta nell'art. 688 comma 7 del Codice dell'Ordinamento Militare, secondo cui “i termini di validità della graduatoria dei candidati risultati idonei ma non vincitori del concorso per l'ammissione al corso biennale di cui all'art. 684 possono essere prorogati con motivata determinazione ministeriale, in caso di successivi e analoghi concorsi banditi entro diciotto mesi dall'approvazione della stessa”. A ben vedere, in effetti, la ciclica indizione dei concorsi è strumentale all'esigenza di verificare l'attualità del possesso dei requisiti inerenti all'età, all'efficienza fisica ed al profilo psico-attitudinale, in capo ai soggetti che si apprestano a ricoprire una specifica qualifica professionale all'interno dell'Arma dei Carabinieri: dal momento che il possesso dei requisiti fisici e psico-attitudinali deve necessariamente rivestire il carattere dell'attualità, l'ordinamento militare incentiva l'indizione di nuovi concorsi in luogo dello scorrimento di preesistenti graduatorie. Diversamente argomentando, verrebbero lesi i diritti dei soggetti che non possano partecipare ad un concorso indetto in un determinato anno, per via dell'età anagrafica inferiore al limite minimo prefissato, e, a causa dell'obbligato scorrimento delle graduatorie, non potrebbero partecipare nemmeno ad un eventuale successivo concorso, indetto a distanza di diversi anni per la medesima qualifica professionale, stante il superamento dei limiti di età prescritti dall'ordinamento. 2.4 Inoltre, non può sottovalutarsi un ulteriore elemento che consente di affermare la necessaria cadenza periodica o, più precisamente, annuale del concorso oggetto dell'odierno contenzioso: il Codice dell'Ordinamento Militare, infatti, dispone espressamente che “gli organi di vertice dell'Amministrazione della Difesa sono tenuti alla programmazione triennale del fabbisogno personale dell'Arma dei Carabinieri (art. 634) in tal modo imponendo una previsione ciclica delle esigenze di personale. Questa disposizione, in combinato disposto con l'art. 1035 del medesimo d.lgs. n. 66 del 2010 - secondo cui le Commissioni Superiori di Avanzamento sono annualmente riunite per valutare l'operato dei singoli appartenenti alle Forze Armate - determinerebbe la ineludibile necessità di reclutaGazzetta Amministrativa -235- Numero 3 /4- 2015 Pubblico impiego e Responsabilità della Pubblica Amministrazione l. 7.8.1990 n. 241, in relazione alla esclusione di un candidato dalla selezione per la riscontrata carenza di un requisito partecipativo (Cons. Stato, sez. V, 17.2.2009, n. 865). stato indetto il concorso per l’anno 2011, fosse stato richiamato il D.P.R. 9/5/1994 n. 487, il cui articolo 15, al comma 7, stabilisce che “ …le graduatorie dei vincitori rimangono efficaci per un termine di diciotto mesi dalla data della sopracitata pubblicazione per eventuali coperture di posti per i quali il concorso è stato bandito e che successivamente ed entro tale data dovessero rendersi disponibili”. Dalle considerazioni più sopra svolte, discende, infatti, che con specifico riguardo al settore militare, la disposizione dà facoltà all’amministrazione di procedere allo scorrimento, ma non la vincola in tal senso. Consiglio di Stato Sez. III 17.11.2015 n. 5251 Polizia di Stato: il Ministero non ha nessun vincolo nel "quando" per l’individuazione degli uffici nell’ambito dei quali possono essere affidate le funzioni di vice dirigente del personale appartenente al ruolo degli Ispettori. Il Ministero dell’Interno ha impugnato la sentenza del Tar del Lazio con la quale è stata accolta l’istanza del Comitato per la tutela degli Ispettori di Polizia CO.TI POL., volta ad ottenere la declaratoria d’illegittimità del silenzio serbato dall’Amministrazione sulla diffida ad adottare entro il termine di trenta giorni il decreto del Capo della Polizia per l’individuazione degli uffici nell’ambito dei quali possono essere affidate le funzioni di vice dirigente del personale appartenente al ruolo degli Ispettori. Il Consiglio di Stato Sez. III con la sentenza del 17.11.2015 n. 5251 ha accolto l'appello non ravvisando l’obbligo dell’Amministrazione, nella specie appunto il Ministero dell’Interno, di provvedere nei confronti del privato in quanto nel caso in esame l’Amministrazione anzidetta se pure vincolata nell’”an” ad assumere l’invocato provvedimento non lo è nel “quando” anche se logicamente ciò non vuol dire che l’Amministrazione possa "sine die” rimanere inerte ed esimersi dal disciplinare gli adempimenti stabiliti dalla legge. Si precisa, infatti, nella parte motiva della sentenza che "L’art.31 quater del D.P.R.n. 335/1982 – Regolamento di Servizio per la Polizia di Stato – stabilisce al 1°comma che gli ispettori superiori- sostituti ufficiali di pubblica sicurezza che al 1°gennaio abbiano maturato quindici anni di effettivo servizio nella qualifica possono partecipare ad una specifica selezione per titoli, a conclusione della quale, fermo restando la qualifica rivestita, assumono la denominazione di”sostituto – commissario. Il 6°comma dello stesso articolo dispone che agli ispettori – sostituti ufficiali di pubblica sicurezza- “sostituti commissari” possano essere attribuite nell’ambito delle funzioni di cui all’art. 26/5°comma, le funzioni di vice dirigente di uf- Consiglio di Stato Sez. V 27.11.2015 n. 5381 Concorsi pubblici - conseguenze - omessa o incompleta indicazione di un titolo di studio compilazione del modulo. La giurisprudenza non ha mancato di rilevare che l'omessa o incompleta indicazione di un titolo di studio in sede di compilazione del modulo, anche se conseguenza di mera svista dell'istante, determina una vera e propria carenza della domanda, nella parte relativa all'indicazione del titolo in questione, e non una semplice indicazione erronea o imprecisa (da ultimo Cons. Stato, III, 1.2.2010, n. 348) Questo è il principio ribadito dalla Quinta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 27.11.2015 n. 5381 nella quale, inoltre, è stato osservato che, in materia di concorsi finalizzati all'accesso a posti di pubblico impiego, l'esclusione del candidato dal concorso, per mancanza dei requisiti previsti dal bando, non è provvedimento che consegue ad un subprocedimento avente connotati di autonomia e specialità rispetto all'unico procedimento concorsuale finalizzato alla selezione dei vincitori, sicché l'amministrazione si riserva sempre la facoltà di verificare in capo a ciascun candidato il possesso dei requisiti previsti nel bando. Pertanto, anche l'eventuale evoluzione del procedimento selettivo verso la fase delle prove d'esame, e il superamento delle stesse da parte del candidato, non sono di per sé sintomatici del positivo scrutinio dei requisiti di ammissione, operazione che può essere postergata fino all'approvazione della graduatoria, con la conseguenza che nessun onere di comunicazione di avvio del procedimento può profilarsi, ex art. 7, Gazzetta Amministrativa -236- Numero 3/4 - 2015 Pubblico Impiego e Responsabilità della Pubblica Amministrazione della Costituzione” (sentenza n.5830/2010). Sulla base di tale principio la Quinta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 6.11.2015 n. 5078 ha evidenziato testualmente "come nella fattispecie controversa, però, l’amministrazione regionale si trovava davanti ad una procedura di mobilità già esperita e con le relative assunzioni già deliberate, dunque il problema risiedeva e risiede nella potestà dell’amministrazione di continuare i procedimenti di assunzione per i posti che le possibilità di bilancio offrivano di ricoprire, utilizzando nuovamente la procedura di mobilità al tempo attivata ed esaurita e quindi successivamente e nuovamente sostituita dallo scorrimento delle graduatorie. Precisa il Collegio che "Occorre allora cercare di offrire alla questione un inquadramento sistematico alla luce delle norme vigenti al momento originario della controversia in esame, in modo tale da fornire una soluzione in armonia con l’ordinamento e riprendere quindi quella giurisprudenza che ha indagato i rapporti tra i diversi mezzi di assunzione alle dipendenze della pubblica amministrazione. La giurisprudenza di questo Consiglio con alcune importanti pronunce ha chiarito il rapporto esistente tra le differenti modalità di assunzione alle dipendenze della p.a., prevedendo tra le stesse una gradazione elastica, ossia ricavando la presenza nell’ordinamento di una disciplina di preferenza delle modalità di assunzione per l’accesso all’impiego alle dipendenze della p.a.; l’Adunanza plenaria 28.7.2011 n. 14 ha analizzato i rapporti esistenti tra l’indizione di un concorso e lo scorrimento della graduatoria di un concorso, già espletato, concludendo che: “Posto che in tema di copertura di posti nel pubblico impiego la decisione di “scorrimento” della graduatoria non può essere collocata su un piano diverso e contrapposto rispetto alla determinazione di indizione di un nuovo concorso, tenendo presente che entrambi gli atti si pongono in rapporto di diretta derivazione dai principi dell’art. 97 Cost., e quindi devono essere sottoposti alla medesima disciplina anche in relazione all’ampiezza dell’obbligo di motivazione, va precisato che si è oramai realizzata la sostanziale inversione del rapporto tra l’opzione per un nuovo concorso e la decisione di scorrimento della graduatoria preesistente ed efficace, in fici o unità organiche in cui, oltre al funzionario preposto, non vi siano altri funzionari del ruolo di commissari o del ruolo direttivo speciale. Con decreto del Capo della PoliziaDirettore generale della pubblica sicurezzasono individuati gli uffici nell’ambito dei quali possono essere affidate le funzioni predette, nonché ulteriori funzioni di particolare rilevanza di cui a medesimo art. 26 sopra citato. Dal chiaro tenore letterale delle disposizioni appena sopra enunciate discende che la facoltà di attribuzione delle funzioni e conseguentemente di emissione del decreto di individuazione delle sedi in cui possano essere affidate le funzioni anzidette, non contiene termini di sorta ed attiene all’ambito dei profili organizzatori e di gestione dell’apparato amministrativo, in quanto appare atto conclusivo di un procedimento di organizzazione interna e di analisi della situazione organica e, come tale, rientra, a pieno titolo, almeno dal punto di vista sopra indicato, nel campo delle scelte discrezionali della Pubblica Amministrazione. Consegue a quanto detto che essendo la materia riservata al potere discrezionale dell’Amministrazione, nessun vincolo almeno nel “quando” sussisteva in capo al Ministero dell’interno di emissione dell’invocato provvedimento, ma logicamente ciò non vuol dire che l’Amministrazione possa” sine die” rimanere inerte ed esimersi dal disciplinare gli adempimenti stabiliti dalla legge. Consiglio di Stato Sez. V del 6.11.2015 n. 5078 Assunzione nelle pubbliche amministrazione - oobbligo della Regione - uso della mobilità volontaria - indizione del concorso - extrema ratio. Dall’esame della giurisprudenza del Consiglio, ed in particolare della sentenza 17.2.2014 n. 177 e della giurisprudenza con essa richiamata - n. 5830/2010 -msi desume il principio dell’obbligo della mobilità volontaria prima dell’indizione del concorso anche per gli enti locali, chiarendo che: “il reclutamento dei dipendenti pubblici avviene attraverso un procedimento complesso nell’ambito del quale la procedura concorsuale non è affatto soppressa, ma è subordinata alla previa obbligatoria attivazione della procedura di mobilità, in attuazione dei fondamentali principi di imparzialità e buon andamento, predicati dall’articolo 97 Gazzetta Amministrativa -237- Numero 3 /4- 2015 Pubblico impiego e Responsabilità della Pubblica Amministrazione disciplina, nel secondo è l’elusione del principio del previo esperimento di mobilità, che determina la patologia dell’atto, dal ché si evince come in capo all’amministrazione regionale residui un potere discrezionale, che deve essere orientato al rispetto del principio del previo esperimento di mobilità rispetto al reclutamento di nuovo personale. Ma le previsioni di cui all’art. 34 bis citato nello strutturare il procedimento di mobilità, non permettono la formazione di sorta di graduatorie sul modello di quelle concorsuali, per cui esse non possono essere considerate efficaci negli anni seguenti al pari di queste ultime, ma si esauriscono al momento delle specifiche assunzioni cui sono finalizzate: infatti, come si è visto, la regola generale delle assunzioni rimane sempre quella di tipo concorsuale dello scorrimento delle graduatorie che viene derogata solo nella fase preliminare mediante le procedure di mobilità tanto è che il comma 4 dell’art. 34 bis stabilisce che “Le amministrazioni, decorsi due mesi dalla ricezione della comunicazione di cui al comma 1 da parte del Dipartimento della funzione pubblica (…) ossia dal bando per la mobilità, possono procedere all'avvio della procedura concorsuale per le posizioni per le quali non sia intervenuta l’assegnazione di personale ai sensi del comma 2, vale a dire il provvedimento di assegnazione che definisce la mobilità medesima. E la stessa Regione, dal canto suo, ha previsto sulla scia di tali previsioni il previo esperimento delle procedure di mobilità e quindi l’attuazione della regola generale, che può essere nei fatti residuale, dello scorrimento delle graduatorie concorsuali". Da tutta questa ricostruzione - conclude il Consiglio di Stato discende la correttezza delle tesi dell’appellante, secondo cui non poteva ammettersi un’improvvisa e contraddittoria obliterazione dello scorrimento delle graduatorie in luogo di una reviviscenza dei risultati delle procedure di mobilità non prevista dal legislatore, ma nemmeno dai provvedimenti della Regione medesima, per cui non è ravvisabile l’inammissibilità eccepita dalle difese regionali. quanto quest’ultima modalità di reclutamento rappresenta oggi la regola generale, mentre l’indizione del nuovo concorso costituisce l’eccezione e richiede un’apposita e approfondita motivazione, che dia conto del sacrificio imposto ai concorrenti idonei e delle preminenti esigenze di interesse pubblico”. Venendo ad affrontare direttamente il tema della causa, non vi è alcun dubbio che la Regione non possa obliterare l’uso della mobilità volontaria, né possa disciplinarne autonomamente gli effetti. Rimane da appurare se l’amministrazione regionale resta effettivamente titolare di un potere di organizzazione discrezionale nel determinare la quantità dei posti riservati alla mobilità volontaria rispetto a quelli riservati al pubblico concorso (Sez. V, n. 177/2014 cit.), sempre tramite un atto fornito di congrua motivazione, affinché si dimostrino chiaramente quali sono le ragioni per le quali si preferisce uno dei tipi di reclutamento del personale. La deliberazione di Giunta n. 2448 del 2011 è nella specie l’atto con il quale la Regione ha esercitato le sue scelte, dando priorità nel “piano assunzionale” all’esperimento delle procedure di mobilità ex art. 30 e 34 bis stabilite dal D. Lgs. 165 del 2001 e prevedendo lo scorrimento eventuale delle graduatorie concorsuali vigenti in caso di assenza o parziale risposta alle predette procedure. Fin qui le determinazioni della P.A. appaiono del tutto rispettose delle più complesse previsioni legislative, soggette a continue modificazioni sin dalla primitiva emanazione del d. lgs. 165/2001. Infatti la lettura del dato testuale dell’art. 30 ed il confronto con quello dell’art. 34 bis in parola conduce all’interpretazione secondo cui le amministrazioni pubbliche “sono tenute” ad utilizzare la procedura della mobilità d’ufficio prima di avviare le altre procedure di assunzione di personale e le eventuali assunzioni effettuate in violazione di tale previsione “sono nulle di diritto”. L’art. 30 d.lgs. 165/2001 dispone poi che: “Le amministrazioni possono ricoprire posti vacanti in organico mediante cessione del contratto di lavoro...” e che “sono nulli gli accordi, gli atti o le clausole dei contratti collettivi volti ad eludere l’applicazione del principio del previo esperimento di mobilità rispetto al reclutamento di nuovo personale”. Quindi, mentre nel primo caso la nullità scatta in caso di violazione della Gazzetta Amministrativa Consiglio di Stato Sez. III 23.10.2015 n. 4888 Inquadramento del dipendente pubblico qualifica superiore - calcolo interessi legali e -238- Numero 3/4 - 2015 Pubblico Impiego e Responsabilità della Pubblica Amministrazione accogliere la richiesta di trasferimento avanzata dall’assistente capo -OMISSISosservando che la situazione rappresentata dal medesimo nelle note del 9 e 23.06.2010 “non consente valutazioni in deroga ai criteri ordinari che disciplinano la mobilità a domanda”; pertanto “l’aspirazione dell’interessato, alla luce delle motivazioni e delle necessità evidenziate, è stata acquisita agli atti al fine di essere esaminata, comparativamente alla posizione di pariqualifica”. In tal modo l’Amministrazione ha chiaramente espresso il motivo del diniego, che consiste nel mancato apprezzamento come “gravissime ed eccezionali” delle ragioni esposte e documentate dal dipendente. Tale valutazione si dimostra esente dai palesi vizi di cui innanzi, come del resto rilevato dalla Sezione in sede cautelare (cfr. ord. 18.11.2011 n. 5089). Invero, la patologia dei due figli del richiedente, così come documentata e pur oggettivamente di una certo livello di gravità, non era stata riconosciuta in via ufficiale particolarmente grave, cioè “gravissima”. L’appellato ha difatti comprovato in questa sede che solo in date 5.07.2012 e 4.02.2013 le competenti commissione medica per l’accertamento dell’handicap e commissione medica per l’accertamento delle invalidità hanno riconosciuto uno dei due figli “portatore di handicap in situazione di gravità” e, rispettivamente, “minore invalido con difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della sua età”, peraltro in entrambi i casi assoggettando il responso a futura revisione. Oltretutto, neanche tali sopravvenuti giudizi medico-legali attestano una situazione “gravissima” sotto il profilo clinico. Né avrebbe potuto condurre ad un diverso apprezzamento, da un lato, la circostanza dell’esenzione dal pagamento del ticket sanitario, che compete ai cittadini affetti da una o più patologie croniche previste dal d.m. n. 296/2001, non necessariamente gravi e tanto meno gravissime; dall’altro lato, il parere favorevole del Questore della sede di provenienza, atteso che, come giustamente addotto da parte appellante, l’Amministrazione centrale, in una visione estesa a tutti i reparti della Polizia di Stato, deve basarsi su criteri rivalutazione monetaria - differenze retributive. La Terza Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 23.10.2015 n. 4888 ha affermato che "nelle ipotesi di ricostruzione di carriera a seguito dell'inquadramento del dipendente pubblico in una qualifica superiore, gli interessi legali e la rivalutazione monetaria sulle differenze retributivetardivamente corrisposte dall'Amministrazione decorrono dalla data del provvedimento, con il quale, a séguito del disposto reinquadramento, sorge il diritto di credito del dipendente ( C.d.S., sezione III, n. 4854 del 13.9.2012). Sulle differenze retributive, dunque, sono dovuti, sino al soddisfo, gli interessi legali e la rivalutazione monetaria (fermo naturalmente restando il divieto di loro cumulo dal 1.1.1995, ex artt. 16, VI comma, legge 30.12.1991, n. 412, e 22, XXXVI comma, legge 23.12.1994, n. 724), a partire dalla data di adozione della delibera che riconosce in capo all'interessato la qualifica superiore, o meglio, nella fattispecie, a partire dalla sentenza esecutiva del TAR Puglia n. 1739 del 2000, da cui è sorto - retroattivamente - il diritto di credito di cui si sta trattando, a cui l’Amministrazione avrebbe dovuto dare esecuzione mediante l’adozione della delibera di reinquadramento". Consiglio di Stato Sez. III 23.10.2015 n. 4890 Polizia di Stato - "gravissime ed eccezionali situazioni personali" che consentono il trasferimento “anche in soprannumero”. L’art. 55, co. 4, del d.P.R. 24.04.1982 n. 335, recante ordinamento del personale della Polizia di Stato, consente di prescindere dalle ordinarie procedure di mobilità a domanda e di disporre il trasferimento del dipendente “anche in soprannumero” quando, tra l’altro, ricorrano “gravissime ed eccezionali situazioni personali”. La norma attribuisce, dunque, all’Amministrazione un potere eccezionale e derogatorio, come tale caratterizzato da ampia discrezionalità, il cui esercizio, com’è noto, può essere sindacato nei limiti della sussistenza di gravi ed evidenti vizi di razionalità ed illogicità o di travisamento dei fatti, nonché a fronte del quale sono ovviamente configurabili unicamente situazioni soggettive di interesse legittimo del dipendente. Nella specie, il Capo della Polizia ha ritenuto di non poter Gazzetta Amministrativa -239- Numero 3 /4- 2015 Pubblico impiego e Responsabilità della Pubblica Amministrazione eventuali profili soggettivi di colpa nelle vicende che hanno determinato tali disagi. Il trasferimento della tipologia in parola non ha, infatti, carattere sanzionatorio né disciplinare, non postulando comportamenti sanzionabili in sede penale e/o disciplinare, ed è condizionato solo alla valutazione del suo presupposto essenziale costituito dalla sussistenza oggettiva di una situazione di fatto lesiva del prestigio, decoro o funzionalità dell´amministrazione che sia, da un lato, riferibile alla presenza del dipendente in una determinata sede e, dall’altro lato, suscettibile di rimozione attraverso l´assegnazione del medesimo ad altra sede. Inoltre, come pure nella specie evidenziato dal primo giudice, in materia competono all´Amministrazione ampi e penetranti poteri discrezionali, sindacabili da parte del giudice amministrativo unicamente ab externo, in relazione ai noti vizi di grave e manifesta illogicità, travisamento dei fatti ed incompletezza della motivazione, rimanendo esclusa ogni indagine del merito dell’effettuata valutazione (cfr., tra le tante, Cons. St., sez. III 12.11.2014 n. 5569, 11.07.2013 n. 3739, 9.04.2013 n. 1955 e 16.12.2011 n. 6623). ben più ampi, avuto riguardo anche alle istanze di altri operatori richiedenti per problemi similari le sedi a cui aspira l’originario ricorrente. Infine, poiché le puntuali ragioni di fatto del diniego ed il conseguente iterlogico seguito emergono compiutamente dal mero raffronto tra l’anzidetta motivazione del diniego e la documentazione prodotta dall’interessato a sostegno della richiesta di trasferimento, non può propriamente parlarsi di difetto di motivazione, Per le considerazioni sin qui esposte deve ritenersi che erroneamente il TAR, pur dando atto che in materia residua al giudice un controllo limitato alla ragionevolezza dei parametri utilizzati ed alla coerenza dell’operazione ermeneutica condotta, si è sostanzialmente sovrapposto all’Amministrazione nel giudizio da questa espresso. Anzi, nel rilievo della sussistenza di giurisdizione esclusiva è pervenuto persino a disporre che il Ministero trasferisca anche in soprannumero il ricorrente presso una delle sedi da lui indicate, senza però considerare che siffatta tipologia di giurisdizione (vale a dire anche sulle controversie in cui si faccia questione di diritti nelle materie di cui all’art. 133 co. proc. amm., sempreché la controversia non ricada comunque, come nella specie, nella giurisdizione generale di legittimità) non si traduce nella diversa tipologia della giurisdizione estesa al merito di cui all’art. 134 cod. proc. amm. Consiglio di Stato Sez. III 3.9.2015 n. 4107 Dimissioni dei dipendenti pubblici: il rapporto d´impiego cessa con la comunicazione all´interessato dell´atto di accettazione delle dimissioni, prima è sempre possibile la revocarle. È principio consolidato quello per cui il rapporto d´impiego, ivi compreso quello militare, cessa con la comunicazione all´interessato dell´atto di accettazione delle dimissioni che viene quindi catalogato come atto recettizio, con l´evidente corollario che la revoca di queste ultime può essere sempre fatta valere validamente ed efficacemente fino alla data di notifica dell´accettazione (cfr., tra le più recenti, CdS, IV, n. 4197/2013 e n. 3450/2012; V, n. 5384/2011; I, n. 2644/2010; CGA, n. 41/2014). La giurisprudenza del Consiglio di Stato ha ribadito detti principi anche di fronte a vicende in cui, come nel caso in esame, la revoca della rinuncia ed il provvedimento di dimissioni erano intervenuti nell’ambito di un corso di formazione. In particolare, riguardo a corsi finalizzati Consiglio di Stato Sez. III 10.9.2015 n. 4234 Trasferimento per motivi di opportunità ed incompatibilità ambientale: gli ampi e penetranti poteri discrezionali dell´Amministrazione sono sindacabili dal giudice amministrativo unicamente ab externo, rimanendo esclusa ogni indagine del merito della valutazione. Per consolidata giurisprudenza, il trasferimento per motivi di opportunità ed incompatibilità ambientale ha il fine di tutelare il prestigio ed il corretto funzionamento degli uffici pubblici e di garantire la regolarità e continuità dell´azione amministrativa, eliminando la causa obiettiva dei disagi che derivano dalla presenza del dipendente presso un determinato ufficio, a prescindere dall’imputabilità al dipendente stesso di Gazzetta Amministrativa -240- Numero 3/4 - 2015 Pubblico Impiego e Responsabilità della Pubblica Amministrazione oggettiva del rapporto di lavoro. Il Consiglio di Stato Sez. V nella sentenza del 20.8.2015 n. 3959 ha affermato che: "La circostanza che trattasi di corso – concorso riservato al personale interno della regione e finalizzato alla riqualificazione del personale ai fini della progressione di carriera non è circostanza significativa ai fini del riparto di giurisdizione in materia di pubblico impiego tra giudice ordinario e giudice amministrativo. In base a giurisprudenza consolidata, infatti, va riconosciuta la giurisdizione del giudice amministrativo anche nelle controversie relative a concorsi interni, quando il concorso, riservato al personale già dipendente dell’Amministrazione, comporti la progressione in senso verticale e cioè una novazione oggettiva del rapporto di lavoro (cfr. CdS, Sez. V, 16.7.2007, n. 4030; Cass., SS.UU., 23.3.2005, n. 6217). Invero, il quarto co. dell’art. 63 del d.Lgs. n. 165 del 2001, laddove riserva alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle Pubbliche amministrazioni, fa riferimento non solo alle procedure concorsuali strumentali alla costituzione, per la prima volta, del rapporto di lavoro, ma anche alle prove selettive dirette a permettere l’accesso del personale già assunto ad una fascia o area superiore o qualifica superiore, dovendo il termine “assunzione” essere correlato alla qualifica che il candidato tende a conseguire, e non solo all’ingresso iniziale nella pianta organica del solo personale (cfr. CdS, Sez. IV, 22.10.2004, n. 6942). I concorsi interni non si configurano, infatti, come ordinario sviluppo di carriera degli impiegati che vi partecipano, ma vanno intesi come procedimenti selettivi che, alla pari di quelli in cui sono ammessi candidati esterni, consentono l’accesso a posti alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni diversi da quelli già occupati. I concorsi interni, quindi, non presentano connotati differenti dai concorsi denominati pubblici, e questa identità, di natura e di risultato, consente di ricondurli sotto la previsione normativa (ora, dell’art. 63, co. 4, del d. lgs. 30.3.2001, n. 165 e, con riguardo all’epoca del provvedimento impugnato in prime cure, dell’art. 68 del d. lgs. 3.2.1993, n. all’immissione in ruolo come agenti o assistenti della Polizia di Stato, dopo aver richiamato la giurisprudenza sui limiti di revocabilità delle dimissioni del pubblico dipendente, si è affermato che non poteva impedire l’efficacia della revoca neanche la comunicazione che il provvedimento di dimissioni era in corso di perfezionamento (cfr. CdS, VI, n. 3968/2011 – relativo ad un corso disciplinato dall’art. 6-ter del d.P.R. 335/1982, come introdotto dall’art. 1, co. 4-bis, del d.lgs. 197/1995, disciplina del tutto analoga a quella dell’art. 5 del d.lgs. 334/2000); e che, viceversa, vale ad estinguere il rapporto la comunicazione del contenuto del provvedimento di dimissioni completo e comprensivo del numero di protocollo, se intervenuta prima della revoca della revoca delle dimissioni (VI, n. 7096/2005). Il Consiglio di Stato Sez. III con sentenza del 3.9.2015 n. 4107 ha aderito a tali orientamenti. Nel caso in esame, è pacifico che la revoca della rinuncia al corso sia intervenuta prima che il provvedimento di dimissioni (provvedimento che, in sostanza, nel procedimento delineato dall’art. 5 del d.lgs. 334/2000, quando consegue alla rinuncia del soggetto ammesso a frequentare il corso, equivale all’accettazione della rinuncia) venisse comunicato all’appellante. Le ragioni che avrebbero indotto l’Amministrazione a disporre il subentro di un nuovo partecipante subito dopo aver adottato il provvedimento di dimissioni dell’appellante, legate all’ottimizzazione della partecipazione al corso, appaiono certamente commendevoli, ma non possono condurre ad obliterare la natura recettizia del provvedimento ed il conseguente spazio di tutela assicurata al diritto di revoca del destinatario. Peraltro, per l’Amministrazione al fine di assicurare la copertura del posto che si rendeva disponibile, senza dover rischiare di avere un partecipante in meno - sarebbe stato sufficiente comunicare all’appellante il provvedimento di dimissioni con sollecitudine (non tre giorni dopo, ma non appena la rinuncia era stata presentata). Consiglio di Stato Sez. V 20.8.2015 n. 3959 Concorsi riservati al personale interno giurisdizione - giudice amministrativo in caso di progressione verticale - novazione Gazzetta Amministrativa -241- Numero 3 /4- 2015 Pubblico impiego e Responsabilità della Pubblica Amministrazione finalizzata alla progressione verticale, la controversia appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo.". 29, come modificato dai decreti legislativi n. 80 e n. 387 del 1998) che attribuisce al giudice amministrativo le controversie “sulle procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni” (cfr. CdS, Sez. V, 12.10.2004, n. 6560; Cass., SS. UU., 15.10.2003, n. 15403, sulla scorta di C. cost. n. 41/99 e n. 2/2001; Cass., sez. un., 5.05.2011, n. 9844, 25.05.2010, n. 12764 e 89.04.2010, n. 8424). 1Ciò posto è indubbio che il concorso di cui trattasi, riservato ai dipendenti inquadrati nella quinta qualifica funzionale, per la copertura di 12 posti di “istruttore amministrativo”, figura professionale 6.01, integri una progressione verticale. Nel sistema articolato in livelli e qualifiche funzionali disciplinato dal d.P.R. 25.6.1983, n. 347 e successive modifiche, al tempo vigente, il passaggio dal livello di inquadramento ad altro livello superiore costituisce progressione di carriera comportando l’attribuzione di mansioni superiori. Il sistema rimane sostanzialmente invariato anche con la introduzione della articolazione del sistema di classificazione in quattro categorie denominate, rispettivamente, A, B, C e D, previsto dal d.P.R. n. 333 del 1990 integrativo per gli enti locali del d. P.R. n. 347 del 1983. Le categorie sono individuate, infatti, mediante le declaratorie - riportate nell´all. A - che descrivono l´insieme dei requisiti professionali necessari per lo svolgimento delle mansioni pertinenti a ciascuna di esse e il contenuto professionale delle attribuzioni proprie della categoria. Sta di fatto che, ai sensi dell’art. 4 del d.P.R. n. 347 del 1983, come integrato dal d.P.R. n. 333 del 1990, è considerata progressione verticale il passaggio dei dipendenti alla categoria immediatamente superiore. Tale passaggio deve avvenire a mezzo procedure selettive nel limite dei posti vacanti della dotazione organica della categoria superiore. La citata disposizione consente anche che con le medesime procedure gli enti possano procedere alla copertura dei posti vacanti dei profili caratterizzati da una professionalità acquisibile esclusivamente dall´interno degli stessi enti, quindi con concorso riservato al personale interno, così come avvenuto nel caso in esame. In conclusione, trattandosi di procedura selettiva Gazzetta Amministrativa TAR Lazio Rm Sez. III bis 18.8.2015 n. 10847 Precari della scuola: la sentenza del TAR Lazio che salva i "congelati". Davanti alla Sezione Terza bis del TAR Lazio è stata decisa la controversia che vede una pluralità di docenti precari che aspirano da svariati anni ad ottenere l’abilitazione all’insegnamento, ciascuno nella classe di concorso per cui ha il titolo di studio valido. Essi, per conseguire l’abilitazione si sono iscritti nell’a.a. 2007/08 al IX ciclo della SSIS, ma poi - per diversi motivi (dottorato di ricerca, motivi di lavoro, ecc.) non hanno potuto frequentarla, congelando dunque la loro iscrizione. Confidavano nel X ciclo che si sarebbe dovuto svolgere l’anno dopo, ma la riforma Gelmini ha bloccato le SSIS e quindi i ricorrenti non hanno potuto abilitarsi. Nelle more, però, di un complessivo processo di riforma della formazione e del reclutamento dei docenti, il MIUR ha emanato il decreto n. 249 del 10.09.2010, con cui ha previsto un regolamento concernente la “Definizione della disciplina dei requisiti e delle modalità della formazione iniziale degli insegnanti della scuola dell’infanzia, della scuola primaria e della scuola secondaria di primo e secondo grado, ai sensi dell’art. 2, co. 416, della l. 24.12.07 n. 244”. Con il regolamento il MIUR ha disciplinato dei percorsi formativi – i c.d. Tirocini Formativi Attivi (TFA) – gestiti e organizzati dalle Università, finalizzati alla formazione degli insegnanti, al conseguimento dell’abilitazione all’insegnamento e dunque all’immissione nei ruoli dei docenti in base al fabbisogno annuo stabilito dal MIUR. L’art. 15 co. 17 del d. n. 249/2010 ha previsto che questi docenti avrebbero potuto conseguire l’abilitazione per le classi di concorso per le quali era stata effettuata l’iscrizione alla SSIS attraverso lo svolgimento del tirocinio formativo attivo, senza dover nemmeno sostenere l’esame di ammissione e con il riconoscimento degli eventuali crediti acquisiti, anche in soprannumero rispetto al numero massimo dei docenti previsti nei TFA. I ricorrenti, dunque, si sono tutti abilitati con i -242- Numero 3/4 - 2015 Pubblico Impiego e Responsabilità della Pubblica Amministrazione relativa frequenza in quanto “congelati” per la contestuale frequenza del dottorato di ricerca. Il TAR Lazio Roma Sez. III bis con sentenza del 18.8.2015 n. 10847 ha ritenuto fondato il ricorso presentato dai docenti precari nella parte in cui censura l’irragionevolezza e la disparità di trattamento. In particolare, ad avviso del giudice capitolino, tali aspetti emergono in modo evidente laddove si consideri che, nel definire la platea dei soggetti aventi pieno titolo all’iscrizione nella GAE, essa viene ristretta ai soli insegnati già iscritti con riserva nelle graduatorie ad esaurimento in attesa del conseguimento del titolo, senza invece considerare la categoria – assimilabile sotto il profilo della provenienza e dell’equivalenza (dove non della prevalenza) curricolare – di coloro che, come i ricorrenti, pur ammessi alla SSIS, non hanno potuto frequentarla per concomitante frequenza di un dottorato di ricerca e che sono rimasti in permanenza in tale condizione di “congelamento” per la successiva mancata attivazione delle stesse scuole (nella specie nell’a.a. 2008/2009). Il tutto in un contesto nel quale non era dato prevedere la data di attivazione dei tirocini formativi attivi, avvenuta nei fatti solo molti anni dopo e all’esito dei quali gli stessi ricorrenti hanno conseguito l’abilitazione per le medesime classi di concorso nell’a.a. 2012/2013. Aspetto quest’ultimo che accentua ancora di più la disparità di trattamento nel confronto tra ammessi alla odierna domanda di iscrizione, in quanto già iscritti con riserva anche ove, in ipotesi, ancora non abilitati, ed esclusi, come la ricorrente, ancorché ormai abilitati. Infine, per ciò che concerne l’irragionevolezza della disposizione, risalta la mancanza di una chiara logica idonea, nello stabilire un asse di continuità tra SSIS e GAE, a fondare in modo ragionevole l’esclusione in parola come predicato necessario di quella premessa. Il TAR ha, quindi, annullato il decreto del Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca n. 572 del 27.06.2013, nella parte in cui non consente anche l’iscrizione alle GAE dei ricorrenti, nonché i provvedimenti con i quali gli Uffici Scolastici abbiano rigettato le domande di iscrizione nelle G.A.E. dei ricorrenti. TFA. Il MIUR, come ogni anno, ha emanato il D.M. 27.06.2013 n. 572 per l’aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento del personale docente ed educativo, prevedendo, all’art. 2 una disposizione che prevede lo scioglimento della riserva da parte dei docenti di cui all’art. 15 co. 17 del d.m. n. 249/2010, iscritti in soprannumero ai percorsi TFA al fine di completare il percorso intrapreso presso le soppresse SSIS e che avrebbero conseguito l’abilitazione anche successivamente al termine della presentazione della domanda (in ragione del ritardo con cui sono stati attivati alcuni corsi di TFA). Al riguardo, nello presente articolo 2, si precisa che potevano sciogliere la riserva solo i docenti iscritti nell’a.a. 2007/08 alle SSIS e che erano inseriti con riserva nelle graduatorie ad esaurimento alla data di pubblicazione definitiva delle medesime, in applicazione dell’art. 5 bis della l. 169/08 e del D.M. n.42/09 concernente l’integrazione e l’aggiornamento delle graduatorie per il biennio 2009/2011.. Le domande di alcuni ricorrenti, che hanno presentato istanza di inserimento nelle graduatorie ad esaurimento ai vari USR – Uffici provinciali, sono state rigettate. Il legislatore ha escluso dalla fattispecie coloro che, come i ricorrenti, si sono iscritti al IX corso della SSIS, ma non lo hanno frequentato (per i più svariati motivi, lo svolgimento di un dottorato di ricerca, motivi personali, ecc.), congelandolo. Stavano invece frequentando il TFA che li avrebbe portati, di lì a pochi giorni, ad ottenere l’abilitazione, come infatti poi è stato. Così ricostruito il quadro normativo, il TAR Lazio ha esaminato la posizione dei ricorrenti – che non sono stati presi in considerazione per l’iscrizione con riserva nelle GAE in quanto non frequentanti la SSIS nell’a.a. 2007/2008 e che non avevano potuto frequentare tale Scuola di specializzazione perché “congelati”, in quanto contestualmente ammessi a dottorati di ricerca – non sono stati neppure considerati per l’iscrizione definitiva alla GAE in quanto non iscritti con riserva nelle medesime graduatorie. Nella sostanza, con il d.m. n. 572 del 2013 sono stati tenuti definitivamente fuori dal percorso formativo immaginato in continuità tra SSIS e GAE, pur essendo stati ammessi a suo tempo alla Scuola di specializzazione, ma non alla Gazzetta Amministrativa -243- Numero 3 /4- 2015 Pubblico impiego e Responsabilità della Pubblica Amministrazione ammissibile un’azione volta ad ottenere un diverso inquadramento, se non tempestivamente proposta contro il provvedimento di attribuzione della qualifica, né è ammesso un autonomo giudizio di accertamento, nel quale si chieda la disapplicazione dei provvedimenti amministrativi, atteso che l’azione di accertamento è esperibile a tutela di un diritto soggettivo, mentre la posizione del pubblico dipendente, a fronte della potestà organizzatoria della pubblica amministrazione, è quella di titolare di un mero interesse legittimo (v., ex plurimis, CdS, Sez. V, 30.6.2014, n. 3277). 7.4. Né a rimettere in termini l’odierno appellante, che non ha tempestivamente impugnato l’inquadramento, può bastare la proposizione del ricorso avverso la citata nota n. 2198 del 4.10.1996, del Servizio Personale – Settore Trattamento Giuridico ed Economico, a firma del Direttore amministrativo, dott. Giuseppe Testa, contestata in primo grado, atteso che si tratta di provvedimento meramente confermativo del precedente inquadramento, che non contiene alcuna nuova determinazione autoritativa in ordine allo stesso, limitandosi a negare l’estensione del giudicato riguardante altri soggetti all’odierno appellante, e non è il frutto di una nuova e approfondita rivalutazione, da parte dell’Amministrazione, in ordine alla sua posizione funzionale. Il T.A.R. capitolino, conclude il Consiglio di Stato, sulla scorta di tale consolidato indirizzo ermeneutico, ha perciò correttamente dichiarato inammissibile il ricorso proposto in primo grado dall’odierno appellante, a nulla rilevando l’asserito formarsi di un giudicato favorevole ottenuto da altri colleghi del dott. Longo sulla medesima questione qui dibattuta". Consiglio di Stato Sez. III 11.8.2015 n. 3912, Pubblici dipendenti - diverso inquadramento necessaria impugnazione del provvedimento di attribuzione della qualifica. La vicenda vede l´appellante, impugnare in primo grado avanti al T.A.R. Lazio il provvedimento del Servizio Personale – Settore Trattamento Giuridico ed Economico, a firma del Direttore amministrativo, con il quale è stata rigettata la sua richiesta di inquadramento nella posizione funzionale di “coadiutore amministrativo”, livello VIII, dalla data di maturazione del triennio di anzianità nella qualifica di “collaboratore amministrativo”. Il TAR Lazio, con la sentenza n. 17369 del 20.4.2009, dichiarava inammissibile il ricorso. Avverso tale sentenza ha proposto appello l’interessato, che è stato dichiarato infondato dal Consiglio di Stato, Sezione III che con la sentenza del 11.8.2015 n. 3912 ha respinto l´appello. Nella parte motiva della sentenza il Consiglio di Stato rileva come "Il T.A.R. ha dichiarato inammissibile il ricorso per il rilievo che non è ammessa, nel nostro ordinamento, una pretesa volta ad un miglior inquadramento senza che sia stato tempestivamente impugnato l’atto di inquadramento in una posizione inferiore, essendo quest’ultimo atto espressione di una potestà organizzatoria che può essere contestata solo mediante la proposizione di tempestivo ricorso avverso di esso. La tesi dell’appellante, sostenuta nel I motivo di gravame, riposa sull’affermazione che l’inquadramento, nel caso di specie, si riduca ad una mera attività vincolata, avente ad oggetto la ricognizione della qualifica posseduta e del mero decorso del tempo, sicché non sarebbe configurabile in capo all’Amministrazione alcun potere discrezionale e, quindi, la posizione del dipendente sarebbe di diritto soggettivo, non soggetto al termine di decadenza. Una simile tesi, pur suggestiva, non può tuttavia essere accolta perché la consolidata giurisprudenza di questo Consiglio ha affermato che i provvedimenti di inquadramento dei pubblici dipendenti hanno natura di atti autoritativi e, come tali, sono soggetti al termine decadenziale di impugnazione, con la conseguenza che non è Gazzetta Amministrativa Consiglio di Stato Sez. VI 16.7.2015 n. 3570 Scuola - giurisdizione nelle controversie riguardanti lo scorrimento della graduatoria o l´indizione di un concorso. La vicenda giunta all´esame del Consiglio di Stato riguarda Il decreto del direttore generale per il personale scolastico che ha indetto il concorso a cattedre, per titoli ed esami, finalizzato al reclutamento del personale docente nelle scuole dell’infanzia, secondaria -244- Numero 3/4 - 2015 Pubblico Impiego e Responsabilità della Pubblica Amministrazione che rimangono attribuite alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, nonché, in sede di giurisdizione esclusiva, quelle relative ai rapporti di lavoro del personale in regime di diritto pubblico. La giurisprudenza amministrativa è costante nel ritenere che le questioni relative al mero scorrimento delle graduatorie, involgendo il diritto soggettivo all’assunzione, appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario (Cons. Stato, Ad. plen., 12.07.2011, n. 11) mentre le questioni in cui si controverte in ordine alla legittimità dell’esercizio del potere pubblico inerente alla decisione se indire un concorso o utilizzare una determinata graduatoria appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo (tra le altre, CdS, Sez. V, 9.03.2015, n. 1186; Cass., sez. un., 6.5.2013, n. 10404). La controversia all´esame del Consiglio di Stato è regolata dalle disposizioni di seguito riportate. L’art. 399 del d.lgs. 16.04.1994, n. 297 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado) prevede che l´accesso ai ruoli del personale docente della scuola materna, elementare e secondaria, ivi compresi i licei artistici e gli istituti d´arte, ha luogo, per il 50 per cento dei posti annualmente assegnabili, mediante concorsi per titoli ed esami e, per il restante 50 per cento, attingendo alle graduatorie permanenti. Il suddetto doppio binario è regolato dagli artt. 400 e 401. L’art. 401 disciplina le graduatorie permanenti disponendo che «le graduatorie relative ai concorsi per soli titoli del personale docente della scuola materna, elementare e secondaria, ivi compresi i licei artistici e gli istituti d´arte, sono trasformate in graduatorie permanenti da utilizzare per le suddette assunzioni in ruolo». L’art. 400, che interesse in questa sede, disciplina i «Concorsi per titoli ed esami», disponendo, tra l’altro, che: - i concorsi per titoli ed esami sono indetti su base regionale con frequenza triennale, con possibilità del loro svolgimento in più sedi decentrate in relazione al numero dei concorrenti (co. 1); - l’indizione dei concorsi è subordinata alla previsione del verificarsi nell’ambito della Regione, nel di I e II grado. Le parti, avendo superato tutte le prove ed essendo risultate idonee all’insegnamento nella rispettiva classe di concorso, sono state inserite in una apposita graduatoria di merito predisposta dalla commissione giudicatrice ed approvata dal Direttore generale dell’ufficio scolastico regionale. Le suddette parti hanno impugnato, innanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, il bando e l’atto di approvazione delle graduatorie definitive, rilevando in particolare: i) l’illegittimità del bando nella parte in cui ha previsto l’effettuazione di concorsi ogni due anni anziché ogni tre; ii) la violazione dei principi di buon andamento dell’azione amministrativa in quanto si sarebbe disposto che, pure in presenza di graduatorie ancora valide, si sarebbero dovuti bandire nuovi concorsi; iii) la violazione del principio dell’assunzione per merito di cui all’art. 51 Cost. Il Tribunale amministrativo, con sentenza 2.09. 2014, n. 9273, ha dichiarato inammissibile il ricorso affermando che, venendo in rilievo una questione afferente allo scorrimento della graduatoria che involge diritti soggettivi all’assunzione, la giurisdizione spetti al giudice ordinario. I ricorrenti in primo grado hanno proposto appello deducendo che essi «non hanno rivendicato un proprio attuale diritto all’assunzione sulla base della propria utile collocazione in graduatoria» ma hanno chiesto che venga dichiarata «l’illegittimità degli atti amministrativi impugnati, laddove questi ultimi negano l’utilizzazione delle graduatorie di merito ai fini della possibile assunzione degli idonei non vincitori in relazione ai posti che saranno autorizzati dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca in aggiunta al contingente delle 11. 542 cattedre già bandite». Il Consiglio di Stato nella sentenza del 16.07.2015 n. 3570 ha evidenziato che "L’art. 63, co. 1, del d.lgs. 30.3.2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche) prevede che sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, incluse, tra l’altro, quelle concernenti l’assunzione al lavoro. Il co. 4 del medesimo art. 63 stabilisce Gazzetta Amministrativa -245- Numero 3 /4- 2015 Pubblico impiego e Responsabilità della Pubblica Amministrazione triennio di riferimento, di un´effettiva disponibilità di cattedre o di posti di insegnamento (co. 1); - all’indizione dei concorsi regionali per titoli ed esami provvede il Ministero della pubblica istruzione, che determina altresì l´ufficio dell’amministrazione scolastica periferica responsabile dello svolgimento dell´intera procedura concorsuale e della approvazione della relativa graduatoria regionale (co. 2); - l’ufficio che ha curato lo svolgimento delle procedure concorsuali provvede anche all´approvazione delle graduatorie (co. 16); - le graduatorie relative ai concorsi per titoli ed esami restano valide fino all´entrata in vigore della graduatoria relativa al concorso successivo corrispondente (co. 17). Le appellanti, alla luce della suddetta normativa, contestano la scelta dell’amministrazione di “utilizzare” le graduatorie predisposte all’esito della procedura concorsuale soltanto per i “vincitori” e non anche per gli “idonei”. Pur trattandosi di una fattispecie con tratti di peculiarietà rispetto a quelle oggetto di esame da parte della giurisprudenza sopra riportata, la Sezione ritiene che in questo caso le parti del processo contestano le modalità di esercizio di un potere pubblico. La determinazione contestata all’amministrazione non attiene, infatti, alla singola posizione di un concorrente che reclama il “diritto all’assunzione” di un posto “disponibile” mediante scorrimento della graduatoria ma ha valenza di portata generale afferendo alla decisione pubblica di approvare la graduatoria con esclusione della possibilità di impiego “futuro” della graduatoria stessa per la chiamata degli idonei non vincitori. In definitiva, la valutazione della natura dell’attività esercitata dalla pubblica amministrazione e della situazione giuridica protetta conduce a ricondurre anche questa fattispecie nell’ambito di quelle per le quali la giurisdizione spetta al giudice amministrativo. «:::::::::GA:::::::::» Gazzetta Amministrativa -246- Numero 3/4 - 2015 Pubblico Impiego e Responsabilità della Pubblica Amministrazione PARERI Questa sezione della Gazzetta Amministrativa raccoglie la pareristica redatta dall’AVVOCATURA DELLO STATO mente gli atti di assenso, concerto o nulla osta comunque denominati, e perciò atti di natura sostanzialmente provvedimentale da parte di Amministrazioni o gestori di servizi pubblici chiamati a partecipare alla formazione della volontà dell’Amministrazione procedente. La norma non riguarda, invece, la richiesta e l’adozione di pareri da parte degli organi consultivi dello Stato, ai quali si applica la specifica disciplina per gli stessi prevista. Sulla predetta questione di massima è stato sentito il Comitato Consultivo, che nella riunione del 26.10.2015 si è espresso in conformità. DOMANDA L’istituto del silenzio-assenso. Parere 28/10/2015-481307, al 35684/15, Avv. Maria Letizia Guida RISPOSTA Codesta Amministrazione chiede se l’art. 17 bis della l. n. 241/1990 (introdotto dall’art. 3 della L. 28.08.2015, n. 124) sia applicabile anche all’attività consultiva di questa Avvocatura. Si osserva al riguardo che, secondo il chiaro tenore letterale della novella legislativa e secondo le prime interpretazioni dottrinali, l’istituto del silenzioass