II unità – Le fonti del biodiritto Pur dando per acquisito il ritardo con cui il diritto interviene per disciplinare le questioni che sorgono in ambito biogiuridico, è possibile comunque individuare una serie di fonti normative, che si inscrivono nel tradizionale impianto delle fonti di produzione giuridica. Consuetudine Si ricorda che, affinché si costituisca una consuetudine, è necessario che si riscontrino tanto la diuturnitas (ripetizione costante di un comportamento), quanto l’opinio iuris ac necessitatis (l’opinione che si tratti di comportamento conforme al diritto): in ambito biogiuridico la consuetudine non può costituire, pertanto, fonte giuridica, data l’estrema mutevolezza delle questioni poste all’attenzione ed alla considerazione del diritto. Convenzioni Neanche le convenzioni possono costituire fonte in tale ambito, considerandone tanto la fondazione basata sul consenso e il carattere autonomo del vincolo (le convenzioni vincolano solo i sottoscrittori) Diritto divino Si ricorda che diritto di derivazione divina è vigente tanto nello Stato di Israele (le cui fonti sono nella Torah e nel Talmud), quanto negli Stati che fanno proprio il diritto islamico(che è la risultante di tre componenti, quali Il Corano, la Sunna e l’interpretazione, che vanno a costituire nel suo complesso la Shari’a). Data la vetustà delle fonti, appare evidente come tali fonti normative non possano disciplinare in maniera puntuale le questioni biogiuridiche, quanto semmai dare indicazioni di principio che possano orientare le valutazioni giuridiche. Diritto politico È costituito da una molteplicità di atti, dichiarazioni, convenzioni, emanati da autorità connotate in maniera differente, che agiscono essenzialmente sulla base di valutazioni di opportunità politica. Sono numerosi gli atti che possono essere inscritti in questa tipologia, ciascuno con provenienza diversa e livello di cogenza diverso (es. Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (1948), Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo (CEDU 1950), Convenzione sui diritti dell’uomo e la biomedicina (Convenzione di Oviedo 1996), Dichiarazione universale sulla bioetica e i diritti umani (Unesco 1997). Si tratta di documenti che costituiscono degli autentici punti di non ritorno, a prescindere dalla effettiva cogenza degli stessi, anche se per lo più caratterizzati da una scarsa giudiziabilità. Costituzioni È stato già visto come le Costituzioni, considerandone la natura generale e la data di adozione, molto spesso risalente, non possano costituire una fonte specifica per le questioni biogiuridiche, anche se spesso costituiscono il fondamento di alcuni principi e regole precise (es.: l’art. 32 Cost. in Italia prefigura il principio di autonomia e di un diritto al rifiuto delle cure, che assurge a rango costituzionale). La problematicità di tali fonti nasce spesso dalle differenti, talora diametralmente opposte, interpretazioni che possono essere date a concetti quali dignità, persona, salute; così come gli orientamenti opposti che connotano la dottrina costituzionalista, per cui, pur partendo dai medesimi riferimenti normativi, si giunge a risultati e conclusioni antitetiche. 1 Fonti legislative Le fonti legislative nazionali potrebbe essere una fonte atta a disciplinare le questioni biogiuridiche, pur considerandone il ritardo fisiologico, che può diminuirne la capacità regolativa. Appare importante, tuttavia, evitare di incorrere in alcune tentazioni, come quella di scegliere una via maggioritaria, così come quella di porre in essere una disciplina non applicabile sempre, o per lo meno non ad alcuni casi specifici e/o categorie di casi. Il primo rischio trova origine nell’estrema complessità delle questioni, su cui spesso manca un “comune sentire” → si sostituisce un’etica dei più ad una ricerca di un consenso diffuso: ciò potrebbe portare ad un autentico scollamento tra diritto e parte della società che potrebbe dar luogo a disapplicazione ed aggiramento delle norme. Il secondo rischio è insito nella materia stessa oggetto della disciplina, così che nella specificità delle situazioni si assiste ad una disapplicazione delle norme in favore dell’adozione di norme che appaiono ai giudicanti più conformi ad un senso di giustizia sociale (cfr. in tal senso il caso Forzatti in Italia ed in Francia il caso Humbert) Giurisprudenza La fonte giurisprudenziale recita un ruolo di primo piano in ambito biogiuridico, tanto negli ordinamenti di common law quanto in quelli di civil law, fino a porsi quale efficace co-creatore di diritto. La giurisprudenza interviene - sia praeter legem, colmando lacune → svolge un ruolo di supplenza del ruolo non svolto dal legislatore (in Italia si veda il ruolo svolto dalla giurisprudenza in materia di consenso e disattivazione del sostegno vitale) - sia contra legem, disapplicando in alcuni casi le disposizioni legislative, ritenute non corrispondenti ad un senso di equità (in Italia si veda il caso Forzatti) Nei paesi di common law emerge anche il fenomeno della c.d. jury nullification: nonostante nel corso del processo i soggetti risultino pienamente responsabili di quanto loro imputato, le giurie ritengano gli stessi non colpevoli. Deontologia professionale Laddove non ci siano norme disciplinanti fattispecie determinate, spesso si ricorre alla deontologia professionale, che invece dà indicazioni normative in merito. Si tratta di un ricorso ad una fonte molto problematico per alcune ragioni a) si tratta di fonte regolamentare di natura convenzionale e, soprattutto, destinata a disciplinare aspetti dell’esercizio di attività professionale b) i codici deontologici sono dotati di un’intrinseca eticità che mal si concilia con lo statuto del diritto nella modernità, che ha sancito definitivamente la separazione tra diritto e morale. La fonte dei codici deontologici è da usarsi più in funzione complementare e di affiancamento del giudizio civile o penale. Da segnalare come in Francia i codici deontologici siano incorporati nell’ordinamento in virtù della loro adozione per mezzo di decreti statali (→il codice di deontologia medica è integrato nel Code de la Santé Publique). Scienza. Sempre più spesso la scienza, con l’acquisizione dei pareri dei periti scientifici, svolge un ruolo di primo piano nel formarsi delle sentenze: il richiamo a detti pareri è sovente invocato in funzione fondativa 2 di decisioni giuridiche, arrivando talora a sostituirsi nell’individuazione di profili di responsabilità degli imputati. Appare importante sottolineare come le evidenze scientifiche non possano costituire un dettame da seguire acriticamente, costituendo semmai un valore aggiunto di cui tener conto nell’esercizio delle funzioni giudicanti o legislative. Interessante la funzione di parametro di legittimità costituzionale svolta dalla scienza per le leggi che tematizzino questioni inerenti alla salute (cfr. sent. 282/2002 e sent. 151/2009). Una via per la disciplina Da quanto appena visto emerge l’impossibilità di individuare una specifica fonte per la disciplina delle questioni che sorgono in ambito biogiuridico: ciò non significa, tuttavia, che il biodiritto nasca dal “nulla” e cresca nel “nulla”, coesistendo con una serie di principi (eguaglianza, laicità, principio personalista e pluralista) e regole preesistenti appartenenti ad un quadro di riferimento già dato, dai quali si possono desumere le scelte disciplinari. Emerge, in particolare, l’esigenza di individuare percorsi praticabili che si inscrivano in una cornice pluralista senza scadere in un nichilismo relativista. In tale prospettiva, appaiono significative le esperienze di Canada e Francia. Canada Molto interessante appare il percorso che ha condotto all’approvazione dello Assisted Human Reproduction Act in Canada. Si è iniziato dando luogo ad una serie di incontri informativi e campagne di sensibilizzazione, dai quali una Commissione ha redatto un primo report nel quale si proponeva già una moratoria delle procedure più controverse. Sulla base delle prime evidenze è stato elaborato un progetto di legge, che non è apparso però soddisfacente → si è aperta una fase ulteriore caratterizzato da una rassegna delle discipline esistenti, a partire da cui si è costituita la base per un nuovo disegno di legge. Il processo di approvazione dello stesso si è caratterizzato per essere plurale, graduale ed inclusivo, non andando alla ricerca di un minimo comune etico, ma basandosi su un principio di non incompatibilità. Nel disegno di legge sono confluiti, infatti, tutti quei principi su cui non sono registrate opposizioni insuperabili, escludendo tute quelle pratiche che fossero invise anche ad una sola minoranza ristretta, al punto da pregiudicarne il riconoscimento complessivo (es. clonazione terapeutica ed ingegneria genetica germinale). Ne è derivata una disciplina molto restrittiva, che gode, tuttavia, di un riconoscimento ed una legittimazione molto ampia, anche se non sono mancate obiezioni (cfr le proteste delle associazioni dei disabili avverso l’ammissibilità delle pratiche di selezione embrionale) Non solo, è stata introdotta una clausola di revisione, per cui la legge sarà sottoposta a revisione a 3 anni dalla sua entrata in vigore. Francia Quest’ultima clausola è adottata anche in Francia, che dispone espressamente in merito nella sua Loi de bioetique, ex art. 47, che prevede un nuovo esame d’insieme da parte del Parlamento al massimo ogni 7 anni e la sottoposizione alla valutazione dell’ Office parlementaire d’évaluation des choix scientifiques et technologiques. Così, la legge entrata in vigore nel 2004 ha già subito un riesame nel 2011. 3