Monoteismi e violenza
La violenza ha accompagnato costantemente la storia dell’umanità, sia in quanto violenza individuale,
scatenata dall’ira, dall’avidità e dalla paura, sia in quanto violenza sociale, capace di attraversare e di coinvolgere il
corpo sociale nel suo insieme, contrapponendo gruppi e classi sociali in lotta per la loro affermazione. Gli stessi
stati, che pur dovrebbero garantire l’eliminazione della violenza bruta grazie all’utilizzo della legge e del diritto,
sono diventati, a loro volta, la fonte di una violenza ancora più grande: quella della guerra, di fronte alla quale
ogni norma etica e principio giuridico sembrano venire meno.
La stessa religione ha giocato spesso un ruolo di primo piano nella storia della violenza dell’umanità.
Non solo perché tante volte è stata ideologicamente utilizzata per giustificarla e nobilitarla, ma anche perché
essa stessa l’ha direttamente originata e causata. La pratica sacrificale, l’uccisione di esseri umani o di animali
compiuto per custodire e mantenere l’ordine del mondo, per evitare disgrazie e ottenere il favore divino,
appare essere un elemento essenziale di tutte le religioni antiche. Certamente la violenza sacrificale è quasi del
tutto scomparsa nelle moderne religioni universali grazie all’imporsi della convinzione che l’unico sacrificio
bene accetto a Dio sia quello della fede sincera e della santità della vita.
E
tuttavia c’è una seconda forma di violenza direttamente collegata con la religione ancor oggi
presente: quella che si richiama alla stessa volontà di Dio. Tale violenza, secondo alcuni autori come Jan
Assmann, si presenta propriamente con l’apparire delle religioni monoteistiche. Se il riferimento ad un’unica
figura divina rende queste religioni universali, permettendo loro di concepire la fondamentale unità della
famiglia umana, l’esclusività di tale figura, che rende impossibile qualsiasi tipo di coesistenza pacifica tra il vero
Dio e gli altri dei, introduce nell’ambito della religione quella distinzione tra il vero e il falso che conduce
inevitabilmente a distinguere tra fedeli e infedeli, tra amici e nemici. In questo caso i nemici non sono tali per motivi
contingenti e storici di carattere politico, economico o culturale; in quanto idolatri essi sono nemici della verità e del
bene, sono nemici di Dio e in quanto tali devono essere avversati, ostacolati e combattuti. Una tale concezione del
divino, al di là del fatto che la violenza religiosa sia effettivamente praticata o abbia una valenza puramente
simbolica e al di là delle soggettive intenzioni delle singole persone, appare essere, in ogni caso, oggettivamente
capace di giustificare, sulla base di motivazioni religiose, posizioni fondamentalistiche ed intolleranti.
Una tale critica non può che chiamare direttamente in causa le religioni monoteistiche. Certamente
esse possono far presente il loro attuale impegno in favore della pace e del dialogo tra le religioni, mettendo in
evidenza che il Dio unico è pure il Dio che invita tutti gli uomini, in particolare i credenti, a vivere secondo
giustizia e carità, nel pieno rispetto di quella libertà che rappresenta il suo dono più grande all’uomo. Rimane
tuttavia la domanda se il linguaggio e la pratica della violenza che hanno segnato la loro storia sia un elemento
accidentale e contingente o non sia piuttosto un carattere essenziale di una ben precisa concezione di Dio. Di
fronte a tale questione i diversi monoteismi, più che soffermarsi sulle loro differenze, pur notevoli, dovrebbero
mostrare la loro capacità di confrontarsi con una sensibilità etica e religiosa odierna che sembra dare sempre
più importanza ai temi della solidarietà e della pace più che a quello della verità e che sembra essere più
attratta dall’idea di un divino immanente, plurale e inafferrabile più che dall’idea di un Dio unico e
trascendente. Infatti solo in rapporto a tale concezione del divino si ritiene oggi possibile superare ogni
distinzione tra credenti e non credenti, approdando ad una religiosità che, al di là di ogni rigida appartenenza
religiosa e di ogni adesione a verità dogmatiche, in quanto ricerca nomade della trascendenza, non può che
essere caratterizzata dalla libertà.
È appunto con tale finalità che l’ISSR di Padova ha organizzato la giornata di studio di martedì 5
marzo sulla questione cruciale del rapporto tra le religioni monoteistiche e la violenza. Interverranno Renzo
Guolo, docente di Sociologia dell’Università di Padova e studioso dell’Islam, del rapporto tra religione e politica
e dei fondamentalismi contemporanei, Adolfo Locci, Rabbino capo della Comunità ebraica di Padova e Giuliano
Zatti, teologo e docente di Dialogo interreligioso all’ISSR di Padova. Sarà un’occasione importante di confronto
sulla questione della verità e della pace tra ebraismo, cristianesimo ed islamismo.
Valerio Bortolin