17 LA RIVISTA DELLA SCUOLA Anno XXX, 1/31 maggio 2009, n.9 di maturazione psicofisica cultura e educazione e FILIPPO NOBILE delle proprie passioni. È espressione di gioia e di dolori. La danza tuttavia ha origine principalmente dalla gioia. Mentre la gioia è un sentimento che richiede di essere manifestato, il dolore ha bisogno di essere nascosto. “L’uomo danza per assecondare il corpo all’anima, per riportare l’equilibrio tra il fisico e lo spirito”. La danza non è imitazione ma pura creazione, in quanto nasce dalle passioni, dalle gioie, dai timori, dai dolori; è un’arte originale e autentica perché nasce direttamente dai movimenti umani; essa inoltre, è “ La danza non è imitazione ma pura creazione, in quanto nasce dalle passioni, dalle gioie, dai timori, dai dolori; è un’arte originale e autentica perché nasce direttamente dai movimenti umani; essa inoltre, è comunicazione. comunicazione. Chi danza, infatti, comunica ed esprime attraverso il corpo, il proprio stato d’animo, non soltanto per manifestarlo a se stesso, ma per condividerlo insieme ad altri. Come scrisse il Lamennais: “La danse doit parler, elle doit étre expressive, elle est une mode spécial de manifestation”. La danza è l’arte espressiva per antonomasia, ma anche espressione di ritmo che è segnato dal movimento del corpo. Essa, infatti, non ha bisogno della musica per esprimersi. I gesti segnano da soli il ritmo, attraverso i movimenti e le pause. Ecco, perché la danza è un’arte autonoma, in quanto, non si appoggia alle altre arti. “La danza e la musica – sostiene I. Ruskaja -”sono sorelle lontane”. Non c ‘è affatto bisogno di orchestrare il corpo con le note. La danza è creazione pura a sé stante”. Ad esempio, gli ebrei, ricorrevano all’arte della danza per manifestare le loro gioie ed esprimere la loro riconoscenza a Dio. La danza e la musica, infatti, esprimono lo stato d’animo del momento. La gioia, infatti, vuole essere manifestata, e condivisa con altri, il dolore invece, richiede di essere celato e contenuto. Danzare, insieme esprime anche, un’occasione di riscoperta di un canale di comunicazione che implica un equilibrio interpersonale in armonizzazione con le persone, ed una proiezione di energie verso gli altri e le cose circostanti. Oggi, la danza popolare è ancora un momento importante da riscoprire che ha come caratteristica fondamentale la ripetitività del gesto e la semplicità di esecuzione. Per alcuni popoli costituisce ancora un momento importante d’incontro e di condivisione delle emozioni, dei problemi e dei sentimenti comuni. La storia della danza (AF) Non è semplice ricostruire le origini della danza. Poiché, parlare di danza significa anche occuparsi di storia della cultura e delle arti. Ricostruire una “storia della danza” è possibile, a partire dai monumenti figurativi e letterari rimasti ad oggi. La danza è, infatti, un insieme di storia del costume e della cultura. Le danze popolari costituiscono l’espressione più vera della storia e della cultura di un popolo. Le loro musiche e le loro coreografie si sono sviluppate attraverso il tempo da generazione a generazione come le storie e le leggende. A tal proposito, ci fa bene notare Aurelio Rigoli, quando afferma:…”Il popolo conserva preziose memorie della sua vita, della sua anima, della sua sapienza, così che, frugando con paziente e persistente diligenza, si può trarre dalla tradizione non solo quanto è rimasto di documento per l’etnografia e la psiche del popolo, bensì per la storia di esso”. È possibile rintracciare le prime forme di danza durante il Paleolitico, la cui testimonianza ci è data dalle pitture rupestri rinvenute nelle regioni francese e spagnola. Le danze dei primitivi si caratterizzano per le peculiarità tematiche; in quanto legate, da un lato, ai temi della fertilità, della vita e della morte, dall’altro, ai misteri astrali. Un aspetto particolarmente importante da tenere in considerazione è quello riguardante l’accompagnamento ritmico. La relazione di corrispondenza tra musica e danza è una conquista che possiamo considerare successiva solo alla Preistoria. Il modo più sempli- ce e primordiale di segnare il tempo, è stato il battere dei piedi a terra, e delle mani o il battere con le mani parti specifiche del corpo. Successivamente l’uomo ha segnato il tempo in modi differenti, riproducendo suoni vari attraverso oggetti distinti. Il tamburo a fessura e il flauto furono i primi strumenti musicali utilizzati sia come produttori di ritmo che come simboli sessuali in danze legate alla fertilità. L’accesso dal ritmo alla melodia come accompagnamento della danza non è stato di breve intervallo; la realizzazione di una melodia, va oltre la percezione istintuale. Essa è apparsa tardi: precisamente, presso le tribù dell’Indonesia che già avevano una cultura contadina. Le prime melodie sono state di tipo cantato e non musicale. Il testo era dato da una sequenza di parole casuali, spesso senza alcuna attinenza con il tema della danza. Le culture tribali ci fanno conoscere le danze mascherate. Contemporaneamente si sviluppano: civiltà totemistiche, che alle danze in circolo e di imitazione animale aggiungono le danze falliche; e civiltà legate alla cultura della coltivazione della terra, che introducono danze frontali e danze funebri. A proposito delle civiltà totemistiche, è opportuno rifarsi alla Logica del primitivo e dunque, ai rituali dei balli totemici, in cui la danza viene utilizzata per prepararsi ai riti di passaggio e di iniziazione: per pregare ed invocare le divinità ordinarie, per iniziare riti propiziatori, ma anche di rappresentazione di eventi mitici. I balli totemici, danzati dai popoli primitivi, esprimono un comportamento rituale verso gli animali o le piante, dettato da un rapporto di parentela con l’altra specie. Si tratta di gesti semplici che rievocano le movenze degli animali, cioè di tutto l’ambiente circostante, che gli permettono di partecipare pienamente ai ritmi della natura. Il totemismo, dunque, sembra identificarsi con una forma di organizzazione sociale che ingloba in sé un “sistema di credenze fondato sulla relazione tra una specie o un fenomeno naturale e un gruppo sociale, specifico della cultura tradizionale degli Indiani del Nord-Est e degli Aborigeni australiani” . uesto sistema di credenze portava il popolo primitivo a danzare per propiziare la cacciagione ed ingraziarsi la natura. L’unica certezza che possediamo della danza, è che essa sia apparsa e sviluppata presso il mondo aristocratico, per essersi successivamente trasferita presso il mondo popolare. Come afferma G. D’Aronco: “Una storia della danza, dunque, lungi dall’esser chiusa in sé e utile a pochi cultori, si ricollega alla storia della civiltà, e comprende orizzonti vastissimi, alla pari della musica e della pittura”. Ciascun popolo possiede delle proprie danze popolari e tradizionali, che assumono un carattere particolare derivante appunto dagli usi, costumi e modi di pensare del popolo stesso. La danza assurge a fenomeno sociale, essendo condizionata dal luogo e dall’ambiente in cui essa “vive”. In passato ogni momento importante della vita era accompagnato dalla danza. Proprio per questo Lillo Alessandro nella sua opera “Viaggio in Italia, la danza tradizionale del popolo di ieri vista dall’uomo di oggi”, afferma che la danza esprime dinamismo, in quanto essa ha accompagnato vari momenti di vita quotidiana. Parlare di danza significa, allora, ripercorrere la storia e l’arte di un popolo. Afferma G. D’Aronco: “Unico è il mezzo con cui gli uomini comunicano tra di loro: la parola; ma infinite sono le favelle, le Q quali pure rispecchiano l’indole di chi le usa... A nessun popolo si può imporre una lingua o uno stile. A nessun popolo si potrà imporre una danza che non gli sia congeniale” . Anche il ballo, seppure cosa differente dalla danza, è legato alla storia delle varie correnti artistiche e culturali che hanno caratterizzato il nostro secolo; una cosa è infatti, la danza, ed un’altra il ballo. Il vocabolo “ballare” viene presentato originariamente da S. Agostino, con l’accezione di “saltare e tripudiare”. Se la danza s’identifica con l’arte, il ballo costituisce puro diletto; quest’ultimo, infatti, è del tutto terreno, la danza, invece sì eleva a poesia contenendo in sé gli elementi della potenza vitale. La danza, inoltre, è libera, in quanto pura creazione, il ballo, invece, si muove su schemi rigidi e prefissati; ecco perché lo si può apprendere per imitazione. Nella danza, “...è la tradizione colta che conosce la prima forma coreutica (insieme strutturato di movimenti ritmici del corpo con funzione mimica, simbolica, narrativa, accompagnati dalla musica ed aventi finalità specifiche, rituali, ludiche, religiose, celebrative, nelle diverse epoche storiche, nelle diverse aree geografiche e nei diversi contesti culturali); mentre è piuttosto la tradizione popolare che conosce la seconda forma – il ballo – nella quale i movimenti e le posizioni del corpo risultano più liberamente dinamicizzati”. La danza ci rimanda di parecchio indietro nel tempo e ci fa rievocare alcuni importanti modelli educativi che si sono affermati nel corso della storia da Socrate a Platone, al sistema pedagogico di Sparta e di Atene, riportandoci al concetto di “bellezza”, presso i Greci. La Kalogagatìa, quest’ultimo che designava insieme la bellezza intesa come vigoria fisica (kalòs) e la moralità (agatòs). La Kalogagatìa rappresentava dunque l’ideale della perfetta personalità umana, di cui bellezza e virtù erano caratteristiche indispensabili per un buon cittadino. “I Greci conoscevano 1’utilità della danza come mezzo di educazione politica. Essi la divinizzarono e la collocarono al posto d’onore assieme alla musica e alla poesia. Presso i Greci la danza divenne parte integrante della scienza militare”. Nel corso della storia la danza ha assunto sempre caratteristiche differenti. “La danza unisce in sé l’atto utilitario, religioso (preghiera a Dio), amoroso (dichiarazione alla donna), guerresco, (minaccia al nemico), all’atto artistico” . La danza appunto, unisce in sé tanti momenti di vita quotidiana, poiché, è la forma d’arte che più si avvicina alla collettività e all’improvvisazione. Gli oggetti della danza si identificano con la religione, l’amore e la guerra. Esistono, infatti, tre tipi di danza: le danze religiose, amorose e guerresche. Da ricordare è a tal proposito una citazione di Salomone Marino il quale afferma: “Ogni avvenimento che scuote ed impressiona la mobile fantasia del popolo spinge all’innato bisogno del canto, che spontaneo viene sulle labbra”, ed ancora scrive: “Certo fin dalle più favolose ed oscure antichità il popolo è venuto nei canti tradizionali intrecciando i suoi fasti, la storia delle sue esultanze e dei suoi affetti e l’odio e l’amore e la vita e la morte”. In primo luogo analizzerò la danza come “atto di religione: un modo di disporsi elevato e spirituale”, secondo quanto afferma il Bragaglia. In tempi ormai lontani, per allontanare le forze malefiche infatti, si è adoperata la natura, per augurare il recupero della salute agli ammalati, per assicurarsi il trionfo nelle battaglie, la fertilità dei campi e la fortuna nella cacciagione. In altre paro- Corpo di ballo ad Alcamo le, si è affermata come una espressione religiosa, alla quale ricorrere per sperare nella risoluzione di problemi quotidiani. A tal proposito, Strauss afferma che “Tutta la creazione si muove secondo la legge di un ritmo. Ora la danza ha un senso religioso in quanto vuole essere l’accordo del ritmo umano col grande ritmo della creazione divina” . Leggendo i versi degli atti apocrifi di S.Giovanni, “...Egli cominciò, allora a cantare dicendo: Gloria a te, Padre. E noi, girando in cerchio, rispondevamo: Amen. Danza di rendimento di grazie. Vorrei suonare il flauto, danzate voi tutti. Amen. Chiunque non danza non sa quel che avviene. Amen”). Si può comprendere quanto l’arte della danza e della musica siano state sempre presenti nel tempo, e soprattutto come esse siano sempre state associate al culto e alla divinazione. Il Cielo rappresenta lo scorrere del tempo, la Terra, invece costituisce l’insieme di spazio e ritmo, quest’ultimo, vede la sua espressione più compiuta nella danza, essendo musica dentro il movimento; ogni cosa viene raccontata per mezzo dei movimenti che mescolandosi alla musica festeggiano l’amore e la gioia. Mentre per il D’Aronco: “La danza fu dunque agli inizi una preghiera, nella quale assumevano forma i primi confusi sentimenti. Nella sua essenza primigenia, la danza è elevazione. Nella danza il corpo si pone al servizio totale dello spirito: è quasi una concretizzazione dello spirito”. In campo sociale la danza assunse diversi significati presso i vari popoli, in quanto, ciascun popolo possiede danze tradizionali proprie che si connotano per un loro carattere particolare. La danza rappresentò per i Primitivi, ed anche per gli Antichi, una forma di culto, in altre parole rappresentò il modo più efficace per manifestare la propria religiosità e la propria spiritualità. Nella storia della danza, l’Egitto ricopre un ruolo molto importante: gli egiziani hanno introdotto la misura del ritmo; presso il popolo egiziano ed ebreo la danza costituì prettamente un atto di culto ed un momento di ringraziamento a Dio. Se si guarda, infatti, il significato di “ballare” in ebraico, si trova l’espressione di “celebrare il Signore”. La danza vive nel popolo egiziano in una forma molto partecipativa: essa ha accompagnato i diversi momenti della vita: i funerali le feste, e le cerimonie pubbliche; la danza in particolare, faceva parte delle tecniche di gestione del potere. Il mondo egiziano, infatti, gravitava attorno alla danza. Erano danzanti gli dèi, i sovrani, i sacerdoti. Le più grandi ricorrenze pubbliche e i più importanti avvenimenti politici e militari erano vissuti e scanditi dalle danze di popolo. Le danze venivano sostenute dai faraoni, perché elemento di attrazione delle masse verso le manifestazioni politico-religiose che servivano ad affermare il loro potere. L’arte figurativa egizia ci ha consegnato i cori femminili che usavano i battiti delle mani per segnare il ritmo delle danze. Chi danza è accomunato agli altri partecipanti dal ritmo e dal movimento. Nella danza la vita sembra tornare al suo potente e vibrante ritmo primordiale, si trova il piacere primitivo del movimento vitale. Sulla base dei ritmi scanditi si componevano figure di danza che coinvolgevano danzatori e danzatrici in un disegno unitario di dinamiche armonie. Si tratta di coreografie vere e proprie, e non di semplici movimenti ritmati. Siamo lontani dallo spontaneismo delle origini, mentre si creano le premesse per uno studio sistematico delle potenzialità del corpo umano in relazione all’azione motoria correlata alla musica. La danza si è fatta anche mediatrice, in maniera spontanea di amore, infatti, afferma G. D’Aronco: “moto spontaneo l’amore, moto spontaneo la danza” e nella danza la donna costituisce l’oggetto d’amore, da conquistare e corteggiare. Così come “danza” mediatrice d’amore, così pure una danza, talvolta, come mezzo di incitamento alla guerra. Le guerre presso i popoli antichi furono puntellate dalla danza proprio in quanto considerata l’unico mezzo appropriato di espressione e comunicazione. La danza presso questi popoli accompagna tre momenti caratteristici della vita quotidiana: il periodo di pace, in cui la questa aiuta a mantenere gli animi tranquilli, prima che avvenga lo scontro, per cui danza con ruolo di esaltazione degli animi, e, infine, nel periodo della guerra, e per festeggiare la pace.