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...la partenza giusta per superare l’esame
Ipercompendio
DIRITTO PUBBLICO
e COSTITUZIONALE
V Edizione
I fondamenti
della disciplina
Glossario
dei principali
argomenti
d’esame
Testo commentato
della Costituzione
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DIRITTO PUBBLICO
e COSTITUZIONALE
• I fondamenti
della disciplina
• Glossario
dei principali
argomenti
d’esame
• Testo commentato
della Costituzione
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TUTTI I DIRITTI RISERVATI
Vietata la riproduzione anche parziale
Da anni si diventa notai, magistrati, avvocati, funzionari di enti pubblici e privati
anche grazie al supporto dei volumi delle Edizioni Simone che, per metodologia
didattica, selezione degli argomenti, sistematica espositiva, aggiornamento e veste
grafica, costituiscono gli strumenti ideali per lo studio, l’approfondimento e il ripasso delle singole discipline.
Soprattutto nelle collane universitarie, di cui gli ipercompendi rappresentano l’ultima generazione, vengono esposti gli argomenti di studio nella maniera più agevole e, soprattutto, tenendo conto delle reali esigenze di chi deve affrontare e superare gli esami.
Ci auguriamo vivamente che anche i lettori di questo «ipercompendio» possano trarre gli opportuni vantaggi dall’uso del volume, che in affianco al testo «ufficiale», si dimostra particolarmente efficace e consente di raggiungere risultati di eccellenza.
In bocca al lupo!
l’Editore
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Ipercompendio di Diritto Penale
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Ipercompendio di Diritto Civile
Ipercompendio di Diritto Commerciale
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Ipercompendio di Diritto dell’Unione europea
Ipercompendio di Economia Aziendale
Tutti i diritti di sfruttamento economico dell’opera appartengono alla Simone S.p.A.
(art. 64, D.Lgs. 10-2-2005, n. 30)
Direzione scientifica a cura del prof. Federico del Giudice
La presente edizione è stata curata dal Dott. Pietro Emanuele
Finito di stampare nel mese di ottobre 2012
dalla «Arti Grafiche Italo Cernia» - Via Capri, 67 - Casoria (NA)
per conto della «Simone S.p.A.» - Via F. Russo, 33/D - 80123 (Napoli)
Grafica di copertina a cura di Giuseppe Ragno
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PREMESSA
Apriamo il nostro manuale per prepararci all’esame …
Cominciamo a leggere…
Poi … continuiamo … Nelle pagine che si susseguono incontriamo righi e
righi da cui estrapolare nozioni e concetti da capire, selezionare e memorizzare.
Sentiamo subito il bisogno, per entrare nel vivo della materia, di sottolineare le parole più importanti e di segnare brevi annotazioni a margine per «catturare» i concetti «cardine».
Il testo che abbiamo di fronte non è un romanzo che si divora in poco tempo, ma un volume istituzionale che ci costringe ad un continuo ed ordinato
sforzo di concettualizzazione per ottimizzare la preparazione…
Quali argomenti prediligere? Quali approfondire con più attenzione?
Solo il dopo-esame ci potrà confermare se abbiamo «centrato» i cardini
della materia e soddisfatto esaurientemente le aspettative del docente!
Perché limitarsi alla lettura del solo testo in adozione e non cambiare sistema? E come?
Durante la fase di «preparazione» oltre al prezioso elenco delle «domande» d’esame diligentemente raccolte prima di affrontare la prova, cos’altro
può venirci incontro?
Gli ipercompendi, strumenti didattici di ultima generazione, costituiscono pratiche guide che, affiancate al manuale adottato, consentono di ripercorrere in forma sintetica e sistematica le linee espositive del programma.
L’ipercompendio costituisce una stimolante opportunità che, grazie al colore, al neretto, alle schede, alle mappe concettuali permette di ottimizzare la
preparazione, «navigare» nella materia, tenere viva la curiosità di apprendere, e, soprattutto, di migliorare, attraverso l’ausilio della memoria visiva, l’apprendimento.
L’ipercompendio presenta, in appendice, un glossario alfabetico di particolare utilità per il ripasso finale, per concentrarsi sugli argomenti più «ostici» e sulle domande più «gettonate», nonché per disporre di un quadro alfabetico della disciplina.
Dietro esplicita richiesta degli studenti, è stato inoltre allegato il testo della «Costituzione esplicata» in versione ridotta, per consentire un contestuale confronto tra l’esposizione manualistica e il dato normativo, né mancano
brevi riferimenti e alla realtà istituzionale del nostro tempo.
L’ipercompendio, così come è stato concepito, ha compiuto la sua missione!
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Diritto, norma e ordinamento giuridico
5
Capitolo Primo
Diritto, norma e ordinamento giuridico
Q
uesto capitolo introduce in modo sintetico, le premesse teoriche per lo studio del diritto pubblico e costituzionale.
Viene anzitutto analizzato il fenomeno giuridico: la sua origine, la sua funzione, le sue caratteristiche.
Ci si sofferma, quindi, sulle norme giuridiche, descrivendone i caratteri e la
tipologia; sulle situazioni giuridiche soggettive, evidenziando la differenza
tra diritti soggettivi ed interessi legittimi; sui fatti giuridici, distinguendoli in
atti giuridici e fatti giuridici in senso stretto; sui soggetti giuridici, ossia le
persone fisiche e le persone giuridiche che operano nell’ordinamento.
Viene, infine approfondito il concetto di ordinamento giuridico, con le relative classificazioni, per concludere con la delimitazione degli ambiti di studio
del diritto pubblico e del diritto costituzionale.
FENOMENO GIURIDICO
Norme giuridiche
Fatti giuridici
naturali
Situazioni giuridiche
umani attive
passive
Soggetti giuridici
persone fisiche persone giuridiche
ORDINAMENTO GIURIDICO
Principali teorie
normativismo
istituzionalismo decisionismo
Derivazione
common law
civil law
1. IL FENOMENO GIURIDICO: SOCIETÀ E DIRITTO
La natura socievole dell’uomo lo porta a formare dei gruppi, o meglio
delle comunità. Si definisce comunità (o società) un gruppo sociale caratterizzato da una stabile vita di relazione.
La convivenza stimola la cooperazione, ovvero il contributo fattivo che ciascun individuo, insieme agli altri, fornisce alla collettività per il raggiungimento di una pluralità di interessi comuni e di varia natura (intellettuali, economici, religiosi etc.).
Perché possa esistere, una comunità richiede che la sua vita di relazione
sia disciplinata da una serie di apposite regole, in mancanza delle quali si rischia l’estinzione del gruppo sociale (ubi societas ibi jus: dove c’è una società,
lì c’è pure il diritto).
Così il sistema di norme giuridiche che disciplina la vita di relazione di una
comunità si definisce odinamento.
Capitolo Primo
6
Le norme giuridiche, invece, sono regole di comportamento che presentano il carattere della giuridicità (o obbligatorietà) quando munite di sanzione
(conseguenza negativa che l’ordinamento associa alla sua inosservanza) (vedi
par. 3).
Da quanto detto risulta chiaro come fenomeno sociale e fenomeno giuridico siano reciprocamente imprescindibili: come quest’ultimo si afferma solo
laddove sorga una aggregazione umana, così lo sviluppo della società, per non
cadere nell’anarchia, deve svolgersi all’interno di regole che disciplinino i rapporti tra i soggetti che la compongono (CARETTI-DE SIERVO).
Pertanto, gli elementi necessari per la produzione del fenomeno giuridico sono:
a) un gruppo stabile ed ordinato di soggetti legati da un vincolo associativo durevole e da
interessi comuni non contingenti (corpo sociale);
b) l’esistenza di regole (coordinate e subordinate) cui siano legati i singoli (ordine normativo);
c) un’autorità sociale (titolare della sovranità) che detenga il potere sui consociati;
d) l’insieme dei mezzi (apparato) di cui si serve l’Autorità per tutelare l’ordine e la pacifica
convivenza nel gruppo sociale.
La compresenza di tali elementi permette di definire una società gruppo sociale organizzato dotato di un ordinamento giuridico.
2. IL CONCETTO DI DIRITTO
Il concetto di diritto, nella sua accezione più elementare, può essere definito come un «complesso di regole di condotta che disciplinano i rapporti tra i membri di una collettività, in un dato momento storico» (CARETTI-DE SIERVO).
Nel linguaggio giuridico il termine «diritto» può assumere due diversi significati:
1. in senso soggettivo, se indica una pretesa del singolo nei confronti degli
altri soggetti e dell’ordinamento;
2. in senso oggettivo, se designa un insieme di norme giuridiche (l’ordinamento giuridico).
Il fondamento del diritto risiede nella convinzione collettiva che le regole giuridiche debbano necessariamente essere osservate, in quanto indispensabili per il funzionamento della società e per realizzare determinati fini condivisi dagli appartenenti alla società.
Quanto alle funzioni che il diritto esplica, è possibile individuare tre grandi settori di intervento (AMATO-BARBERA):
1. la repressione dei comportamenti socialmente pericolosi;
2. la creazione e il mantenimento di apparati, beni e servizi a vantaggio della comunità;
3. l’istituzione e l’organizzazione dei pubblici poteri.
Queste funzioni sono rispettivamente riconducibili a tre grandi branche
del diritto: il diritto penale, il diritto amministrativo e il diritto costituzionale.
3. NORME GIURIDICHE E SITUAZIONI SOGGETTIVE
A) Caratteri delle norme giuridiche
Le norme giuridiche sono le singole regole precostituite dall’autorità
e che disciplinano in astratto la condotta dei consociati.
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Diritto, norma e ordinamento giuridico
Generalità ed astrattezza: le norme giuridiche regolano un numero indefinito di casi (astrattezza) e si rivolgono ad ampie categorie di
soggetti o alla generalità degli stessi (generalità); non sono tali, dunque, le leggi ad personam, quelle cioè che avvantaggiano una sola persona
Caratteri
Novità: esse, cioè, devono stabilire prescrizioni prima inesistenti
Coercibilità (o imperatività): la loro osservanza da parte dei destinatari è assicurata da una sanzione nell’ipotesi di violazione delle
stesse
Positività: fanno riferimento ad interessi presenti e necessari nella comunità; il carattere della positività è strettamente connesso a quello
della effettività
Precetto: comando contenuto nella norma che può essere positivo
(paga il tuo debito) o negativo (non rubare)
Elementi strutturali
Sanzione: reazione dell’ordinamento all’inosservanza del precetto che
si risolve in una minaccia di un castigo (es.: subirai la condanna alla
reclusione…); talvolta alla sanzione si sostituisce un premio, o un fatto favorevole per il soggetto (es.: sconto di pena ai pentiti, benefici fiscali per le imprese che assumano nuovo personale etc.)
Delle norme giuridiche possono operarsi varie classificazioni:
a) in base al contenuto, si distinguono in:
— proibitive, se contengono un divieto (non rubare, non recare danno ad altri etc.);
— precettive, se contengono un comando (paga il debito);
— permissive, se concedono delle facoltà di cui il singolo può fare uso o meno (facoltà di
ricorrere in appello avverso la sentenza di primo grado);
b) in base alla derogabilità (cioè alla possibilità, per i destinatari, di non seguirle), si distinguono in:
— dispositive, se regolano un rapporto, ma possono essere liberamente modificate dalle parti (ad esempio il comma 2 dell’art. 1282 c.c. sancisce: «Salvo patto contrario,
i crediti per i fitti e pigioni non producono interessi se non dalla costituzione in
mora»);
r
— suppletive, se regolano un rapporto solo in mancanza di una espressa volontà delle parti (ad esempio l’art. 1063 c.c. che sancisce: «L’estensione e l’esercizio delle servitù sono
regolati dal titolo e, in mancanza, dalle disposizioni seguenti...»);
— cogenti (o imperative, o assolute, o di ordine pubblico), se non possono essere disapplicate (derogate) neppure mediante l’accordo degli interessati;
c) in base alla sanzione, si distinguono in:
— perfette, se munite di sanzione
— imperfette, se prive di sanzione.
B) Le situazioni giuridiche soggettive
Funzione essenziale dell’ordinamento giuridico è di risolvere i conflitti di
interessi esistenti tra i membri della comunità (cioè i soggetti dell’ordinamento). Gli interessi sono aspirazioni dei singoli ad ottenere determinati vantaggi
ritenuti idonei a soddisfare i bisogni. Si ha un conflitto di interessi tra due soggetti quando la realizzazione dell’interesse di uno impedisce la realizzazione
dell’interesse dell’altro.
La risoluzione di tali conflitti è operata dall’ordinamento che determina a
quale interesse dare la prevalenza riconoscendo al suo titolare la possibilità
di perseguirlo lecitamente, mentre sarà negata al titolare dell’interesse antagonista.
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Capitolo Primo
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La situazione giuridica soggettiva consiste nella situazione di un soggetto con riferimento ad un interesse di cui sia titolare. Ne scaturiscono, così,
due tipi di situazioni giuridiche soggettive:
Diritto soggettivo
Interesse legittimo
Situazione attiva (o di vantaggio), consistente nella possibilità, data al soggetto
dall’ordinamento, di perseguire un proprio interesse:
Potere giuridico
Aspettativa
Potestà
Facoltà
Diritto potestativo
Dovere
Situazione passiva (o di svantaggio), consistente nel divieto, imposto al soggetto
dall’ordinamento, di perseguire un proprio interesse
Obbligo
Onere
Obbligazione
Status
Tra le situazioni giuridiche di vantaggio particolarmente importante è la
distinzione tra diritto soggettivo ed interesse legittimo.
Il diritto soggettivo è una situazione giuridica di vantaggio che l’ordinamento attribuisce ad un soggetto, in relazione ad un bene accompagnato dalla possibilità di tutelare la sua posizione in modo diretto ed immediato.
Il diritto di proprietà o il diritto di credito rientrano, ad esempio, nella nozione di diritto soggettivo e sono tutelati in modo assoluto, a prescindere dal fatto che il soggetto che ha leso
tale diritto sia un privato o una pubblica amministrazione. Se, ad esempio, ho affittato un appartamento e l’inquilino non paga il canone, ho subìto la lesione di un mio diritto e ho titolo,
in base al mio diritto, per rivolgermi al giudice civile al fine di ottenere il pagamento di quanto mi è dovuto. In questo caso non fa differenza che l’inquilino sia un soggetto privato oppure un ente pubblico.
L’interesse legittimo è una situazione giuridica soggettiva di vantaggio,
conferente la pretesa alla legittimità dell’attività amministrativa, riconosciuta a quel soggetto che, rispetto ad un dato potere della P.A., si trovi in una
particolare posizione differenziata rispetto agli altri soggetti (cd. posizione
legittimante).
I parametri che caratterizzano l’interesse legittimo sono:
— la differenziazione, cioè è titolare di un interesse legittimo colui che, rispetto all’esercizio di un potere pubblico, si trovi in una posizione differenziata rispetto a quella della generalità degli altri soggetti;
— la qualificazione, nel senso che la norma preordinata a disciplinare l’esercizio del potere della P.A. per il perseguimento dell’interesse pubblico primario ha indirettamente preso in considerazione, e quindi protetto, un interesse sostanziale individuale connesso o coincidente con l’interesse pubblico.
Dottrina e giurisprudenza hanno proposto vari criteri distintivi fra diritti soggettivi ed interessi legittimi.
La differenza tra le due posizioni, secondo GUICCIARDI, va riferita alla
natura delle norme che possono essere:
a) di relazione: regolano i rapporti tra la P.A. ed i cittadini, attribuendo diritti ed obblighi reciproci; esse tracciano la linea di demarcazione tra la sfera
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Diritto, norma e ordinamento giuridico
della P.A. e quella del cittadino e la loro violazione da parte della P.A. comporta la lesione di un diritto soggettivo del cittadino;
b) di azione: regolano l’esercizio dei poteri della P.A., imponendole un determinato comportamento. Se la P.A. viene meno a tale comportamento, essa lede
un interesse (legittimo o semplice) del cittadino.
Un altro criterio di distinzione si fonda sulla natura vincolata o discrezionale dell’attività esercitata nei confronti di:
— un atto vincolato, ossia di quell’atto che l’amministrazione è tenuta ad
adottare, in presenza di taluni presupposti stabiliti dalla legge, il privato
può vantare un diritto soggettivo perfetto;
— un atto discrezionale, ossia di quell’atto che l’amministrazione adotta ispirandosi ai criteri di buona amministrazione, può vantare solo un interesse legittimo.
Un terzo criterio, largamente utilizzato in giurisprudenza, si fonda sulla distinzione tra:
— cattivo uso, da parte della P.A., del proprio potere discrezionale. In tal
caso sussistendo una norma di legge che attribuisce alla P.A. il potere di
emanare l’atto, si avrà solo la lesione di un interesse legittimo, rappresentato dall’interesse del privato a che la P.A., nell’emanare l’atto, osservi i
limiti, le forme ed il procedimento stabiliti dalla norma attributiva del potere: tale interesse può essere tutelato solo in sede di giurisdizione amministrativa;
— carenza assoluta di potere, quando cioè manchi in radice il potere discrezionale della P.A. di interferire nella sfera giuridica del privato, ovvero non
sussistano i presupposti di fatto che consentano l’esercizio di tale potere.
In tal caso, l’atto amministrativo è considerato inidoneo ad incidere legittimamente sul diritto soggettivo del privato, che quindi sussiste nella sua
integrità e può essere fatto valere davanti al giudice ordinario.
Pertanto, tutte le volte che si lamenta il cattivo uso del potere dell’amministrazione, si fa valere un interesse legittimo e la giurisdizione è del G.A., mentre
si ha questione di diritto soggettivo e la giurisdizione è del G.O. quando si contesta la stessa esistenza del potere. In tal modo, si è posto il collegamento seguente: carenza di potere-diritto soggettivo, cattivo uso del potere-interesse legittimo.
Oltre a diritto soggettivo e interesse legittimo, rientrano fra situazioni giuridiche soggettive attive:
— il potere giuridico: manifestazione dell’autonomia di un soggetto nella titolarità di specifiche situazioni giuridiche attive (es.: la condizione di proprietario in relazione all’uso del suo bene);
— il diritto potestativo: potere di determinare mutamenti nella situazione
giuridica di un altro soggetto (es.: potestà parentale nei confronti dei figli);
— la potestà: potere attribuito a un soggetto per la realizzazione di uno specifico interesse che non è esclusivo del titolare della potestà;
— la facoltà: modalità con cui può attuarsi il godimento e l’utilizzo di una situazione giuridica attiva (come quelle concesse al proprietario).
Nell’ambito delle situazioni giuridiche soggettive passive rientrano:
— il dovere: complesso dei compiti riguardanti una determinata condizione
giuridica nei confronti della collettività (es.: difendere la patria, art. 54 Cost.);
— l’obbligo: situazione giuridica di un soggetto tenuto a determinati comportamenti nei confronti della collettività (es.: la legge è uguale per tutti);
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Capitolo Primo
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— l’obbligazione: rapporto giuridico in forza del quale un soggetto (debitore), è tenuto a un determinato comportamento, suscettibile di valutazione
economica, a favore di un altro soggetto (creditore);
— l’onere (modus): comportamento che ciascuno deve tenere in correlazione a un potere condizionandolo nel suo esercizio (es.: fare una domanda
per ottenere una autorizzazione);
— lo status: posizione che attribuisce diritti e doveri ad un soggetto in relazione all’appartenenza a determinati gruppi sociali (ad es. cittadinanza,
pubblico impiegato).
C) I fatti giuridici
I fatti giuridici sono eventi cui l’ordinamento ricollega effetti giuridici (che
consistono nella creazione, modifica o estinzione di situazioni giuridiche soggettive). Si distinguono in:
— atti giuridici: determinati dalla volontà umana (es.: contratti) nei quali le
parti vogliono realizzare il negozio e gli effetti che da esso derivano;
— fatti giuridici in senso stretto: non determinati dalla volontà umana ma
riconducibili ad accadimenti naturali.
4. I SOGGETTI GIURIDICI: PERSONE FISICHE E PERSONE GIURIDICHE
La norma giuridica si indirizza ai consociati, denominati soggetti di diritto o anche soggetti giuridici. Questi ultimi, in particolare, sono titolari potenziali della capacità giuridica e della capacità di agire.
I soggetti del diritto sono detti anche persone (in senso ampio) e si distinguono in due grandi categorie:
1) persone fisiche, tutti gli individui, uomini o donne, adulti o minori, cittadini o stranieri, purché nati e viventi;
2) persone giuridiche, entità astratte cui l’ordinamento riconosce sulla base
di determinati requisiti, la personalità giuridica.
In particolare, la persona giuridica è costituita da un elemento materiale,
rappresentata dalle persone fisiche che di essa fanno parte, dai beni e dallo
scopo che persegue, e da un elemento formale, vale a dire il riconoscimento
da parte dell’ordinamento giuridico e che gli confisce tale personalità.
Si ricordi che il D.P.R. 361/2000 ha previsto una radicale semplificazione della procedura di
riconoscimento delle p.g. private. Per ottenerlo è sufficiente la sola iscrizione (che ha effetto costitutivo) nel registro delle persone giuridiche istituito presso le Prefetture e le Regioni, senza necessità di alcuna interferenza decisionale nel merito da parte dell’autorità pubblica.
Tipi di persone giuridiche
Associazioni e fondazioni
• le associazioni sono enti in cui prevale l’elemento personale;
sono cioè gruppi di persone che si associano per perseguire
scopi di interesse comune
• le fondazioni, invece, consistono in un insieme di beni materiali, ai quali il loro proprietario (cd. fondatore), spogliandosene, ha assegnato una particolare destinazione in vista di uno
scopo duraturo (anche oltre la durata della propria vita) e determinato
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Diritto, norma e ordinamento giuridico
Tipi di persone giuridiche
Pubbliche e
private
• le persone giuridiche pubbliche perseguono interessi generali, propri della comunità che rappresentano (es.: Regioni,
Comuni, Camere di commercio, Università); ad esse è riconosciuta non solo l’idoneità alla titolarità di posizioni giuridiche
private, compatibilmente con la loro natura (ad es. non possono essere titolari di rapporti concernenti il diritto di famiglia, del diritto di fare testamento etc.), ma anche e soprattutto l’idoneità alla titolarità di posizioni giuridiche pubbliche,
come, ad esempio, le pubbliche potestà
• le persone giuridiche private, invece, perseguono fini che,
pur se comuni a molti soggetti, non rivestono carattere generale per l’ordinamento.
Capacità giuridica e capacità d’agire
Il soggetto giuridico, per poter agire nell’ordinamento, necessita di:
— capacità giuridica, «l’attitudine del soggetto ad essere titolare di diritti e di doveri».
Nel nostro ordinamento non possono esistere persone fisiche prive della capacità giuridica, poiché la capacità giuridica si acquista automaticamente con la nascita (art. 1 c.c.).
— capacità di agire, l’attitudine del soggetto a compiere manifestazioni di volontà idonee
a modificare la propria situazione giuridica: essa è, dunque, la capacità di compiere atti
giuridici (art. 2 c.c.). È riconosciuta alle persone fisiche allorquando abbiano raggiunto
la maggiore età (18 anni) e non siano dichiarate incapaci di intendere e di volere.
5. L’ORDINAMENTO GIURIDICO
Secondo la definizione già esposta (vedi par. 1), per ordinamento giuridico deve intendersi il sistema di norme giuridiche che disciplina la vita di relazione di una comunità.
Il principale ordinamento è quello statale (lo Stato), ma non è l’unico: ad
esso si affiancano l’ordinamento internazionale e quello dell’Unione europea a livello sovranazionale, e l’ordinamento regionale a livello nazionale.
La definizione di ordinamento giuridico non è unitaria. È controversa, infatti, la questione se siano le sole norme a costituire l’ordinamento giuridico o se, accanto ad esse, debba considerarsi anche l’organizzazione sociale o altri fattori ai quali le norme stesse si collegano. Più
precisamente, si distinguono diverse teorie.
A) La teoria normativista
Per la teoria normativista di Kelsen (illustre giurista austriaco dei primi del ’900) il diritto
si esaurirebbe nelle norme, cioè l’ordinamento giuridico altro non sarebbe che un insieme di norme giuridiche. Il fondamento di esse non deriva dal fatto che siano giuste (come sostenuto dal
giusnaturalismo) (1): la validità di ogni singola norma trova il proprio fondamento solo in norme superiori più astratte; finché, proseguendo nel processo di astrazione, non si giunge ad una
«norma base» del tutto priva di contenuto materiale, che Kelsen definisce Grundnorm (norma
fondamentale).
La teoria normativa individua nelle norme e nelle sanzioni i momenti essenziali dell’ordinamento, in quanto il fenomeno giuridico si risolve esclusivamente nelle norme di diritto positivo.
B) La teoria istituzionalista
La teoria istituzionalista di Santi Romano si pone agli antipodi rispetto alla concezione
normativa e prende le mosse dal concetto sociologico di istituzione cioè «ogni ente o corpo sociale» che deve avere esistenza «obiettiva e concreta», deve essere visibile, «manifestazione della
(1) In base a quanto sostenuto dal giusnaturalismo, esiste un diritto naturale che costituisce il paradigma a partire dal quale si costituiscono e regolano le norme di diritto positivo. Essendo la natura umana universale, tutto ciò che sul piano etico e giuridico è ad essa conforme, finisce per avere una validità universale,
indipendentemente dalle volontà particolari di qualsiasi legislatore. Pertanto, tutto ciò che è conforme alla natura umana costituisce il diritto naturale.
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Capitolo Primo
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natura sociale e non solamente individuale dell’uomo». In tal senso, l’istituzione è un collettivo
che assume la forma di un individuo radicato nel suo tempo: è una «unità ferma e permanente»,
figlia di uno spirito del popolo che si sviluppa nel tempo e nella tradizione.
Le istituzioni nascono in forme più semplici, come la famiglia, ed assumono nel tempo e per
aggregazioni successive l’aspetto di formazioni sociali sempre più ampie ed articolate (famiglia,
tribù, gente, Stato etc.), andando a costituire nuclei umani permanenti che, anche col mutare dei
propri componenti, conservano sempre la medesima individualità. Sarebbero queste istituzioni
a darsi col decorso del tempo le regole di convivenza, conservazione e difesa (le norme giuridiche).
Dal rapporto di coessenzialità tra l’istituzione (o organizzazione del gruppo sociale) e l’ordinamento (o diritto) deriva l’esistenza di una pluralità di ordinamenti giuridici, differenti rispetto alla peculiarità «dei bisogni e degli interessi da soddisfare attraverso la cooperazione di forze
associate» (MORTATI).
C) Decisionismo
Una forte critica alle precedenti teorie, viene dalla teoria decisionista elaborata da Schmitt
imperniata sul concetto di «decisione» che è alla base della sovranità, del potere politico e giuridico dello Stato.
Secondo Schmitt, lo Stato è un soggetto politico sovrano caratterizzato non da situazioni formali, ma da elementi concreti come la politica, l’economia, la cultura etc.
Il problema della sovranità, cioè, non riguarda tanto la forma giuridica, quanto l’individuazione dell’Autorità che decide. Schmitt, infatti, ritiene che «diritto» e «potere» riguardino esclusivamente l’autorità che pone in essere le regole della convivenza non solo in situazione di normalità, ma soprattutto nello «stato d’eccezione» (esempio: quando viene a mancare un organo
costituzionale).
In un sistema così concepito, la Costituzione può riferirsi tanto all’unità politica di un popolo quanto a un complesso di norme formatesi secondo un procedimento speciale.
In realtà, la Costituzione non è un mezzo in base a cui si forma e funziona lo Stato, ma costituisce l’elemento determinante che conferisce unità e ordine al sistema. Lo Stato cesserebbe
di esistere se la Costituzione, cioè tale condizione di unità e ordine, venisse meno: «La costituzione è l’anima, la vita concreta e l’esistenza individuale dello Stato».
6. GLI ORDINAMENTI: TIPI E FINALITÀ
La più importante distinzione tra gli ordinamenti giuridici parte degli scopi da essi perseguiti:
— ordinamenti politici (o a fini generali), quando l’obiettivo prioritario è lo
sviluppo e la conservazione della società, nonché ogni altra finalità connessa al raggiungimento del «bene comune»;
Come sottolineato dalla dottrina (BIN-PITRUZZELLA), l’ordinamento politico si regge sulle norme dettate dalla Costituzione che disciplinano:
a) le fonti del diritto, cioè tutti gli atti o fatti dai quali traggono origine le norme giuridiche
che vivono e operano nell’ordinamento;
b) i diritti e i doveri dei cittadini, ossia quei diritti inviolabili che fanno capo agli individui;
c) l’organizzazione costituzionale dello Stato, cioè le relazioni che intercorrono fra tutti gli
organi di vertice dello Stato (capo dello Stato, Parlamento, Governo etc.);
d) le garanzie costituzionali, ossia quegli strumenti volti alla conservazione del patto fondamentale che sta alla base della società (es.: art. 139 Cost.).
— ordinamenti non politici (o a fini particolari), quando l’obiettivo è la soddisfazione di interessi ben determinati e delimitati (sportivi, culturali, economici etc.).
Gli ordinamenti, infine, si distinguono in originari (sorti indipendentemente da altri ordinamenti precedenti: ne sono un esempio gli Stati) da quelli derivati (che devono ad altri ordinamenti la loro formazione). Il concetto di originarietà fa riferimento ad una non-derivazione
di carattere logico: ciò significa che un ordinamento che succede ad un altro, se recide ogni legame con esso, deve considerarsi originario.
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Diritto, norma e ordinamento giuridico
Tipici ordinamenti politici, o a fini generali, sono quelli statali in quanto rappresentano il tipo di ordinamento prevalente che stabilisce i criteri ed i
limiti organizzativi e di esistenza degli altri ordinamenti che vigono nel suo
interno.
7. ORDINAMENTI DI COMMON LAW E CIVIL LAW
Rispetto alla matrice storica, la maggioranza degli ordinamenti giuridici contemporanei possono distinguersi in:
— ordinamenti di common law, basati su un tessuto di regole in prevalenza non scritte, ma su
decisioni giurisprudenziali e su principi derivanti dall’esperienza consuetudinaria della prassi e degli usi (CARETTI-DE SIERVO).
Principale caratteristica di tali ordinamenti, di derivazione anglosassone, è l’eterogeneità
delle fonti di vertice, non raccolte e rigorosamente codificate in un testo normativo e rispettare, in primis.
Così, ad esempio, i principi costituzionali britannici sono da ricercare in diversi atti emanati dai poteri di vertice, che vanno dalla Magna Charta Libertatis (1215) a quelli più recenti.
Nell’ambito di questi ordinamenti, estremamente rilevante è la funzione giurisprudenziale, che — attraverso l’applicazione del principio dello stare decisis (la decisione del giudice
superiore costituisce un precedente che dev’essere seguito da quello inferiore al fine di assicurare una uniforme applicazione del diritto) — consente la creazione del diritto da parte del
giudice (tale principio non è applicabile nel nostro ordinamento perché violerebbe quello della divisione dei poteri, che attribuisce solo alla legge, e non anche alle magistrature, il potere
di porre statuizioni generali e inderogabili);
— ordinamenti di civil law, tipici dei paesi di cultura romanistico-germanica. L’elemento che
li contraddistingue è la formazione di un complesso di regole scritte di rango costituzionale e
ordinario che hanno, di norma, come riferimento una lex suprema (Carta costituzionale).
Rilievo marginale assumono in questi ordinamenti le regole consuetudinarie, e le pronunce
giurisprudenziali non hanno (come nei paesi di common law) il peso di precedente vincolante: nei sistemi di civil law, infatti, al giudice è riservata solo la funzione di applicare le regole giuridiche, non anche quella di crearle.
Negli ultimi decenni si è assistito ad una progressiva attenuazione delle differenze fra i due
modelli, sia perché negli ordinamenti di common law cresce il ricorso al diritto scritto (statute
law), sia in considerazione del ruolo sempre più significativo assunto negli ordinamenti di civil
law dal potere giudiziario ed in particolare dalle Corti costituzionali (chiamate ad interpretare, e
a volte ad innovare, i principi fondamentali di un determinato ordinamento).
8. DIRITTO PUBBLICO E DIRITTO COSTITUZIONALE
Il diritto costituzionale rappresenta quel ramo del diritto pubblico che
studia le norme poste alla base dell’ordinamento giuridico che sono specifico oggetto della Costituzione.
Il diritto pubblico è a sua volta costituito da quel complesso di norme che
disciplina anche la formazione, l’organizzazione e l’attività dello Stato e degli enti
pubblici, nonché i rapporti che questi intrattengono con i privati soprattutto nei
casi in cui gli enti siano in una posizione di superiorità rispetto ai singoli derivante dalla loro veste di pubblica autorità.
Il diritto pubblico, inteso come disciplina giuridica di insegnamento universitario, abbraccia, invece, accanto alle tematiche tipiche del diritto costituzionale, anche lo studio dell’organizzazione della pubblica amministrazione, degli atti e dei procedimenti amministrativi e della giustizia amministrativa, nonché dall’organizzazione giudiziaria e delle altre autorità
(es.: autorità indipendenti) che gestiscono rapporti pubblici e garantiscono il corretto fondamento dell’ordinamento.
Al diritto pubblico si contrappone il diritto privato, inteso come la branca del diritto che regola i rapporti tra i soggetti del gruppo sociale organizzato,
13
14
Capitolo Primo
sia per quanto riguarda la loro sfera personale e familiare, sia per quanto concerne la sfera dei rapporti patrimoniali.
La distinzione tra diritto pubblico e diritto privato è da secoli dibattuta e risale addirittura al diritto romano.
La questione è sempre aperta e le teorie succedutesi nel corso dei secoli scontano tutte un vizio di origine: la difficile ricerca di un elemento di differenziazione generale, costante e univerr
salmente valido per tutti gli ordinamenti e in tutte le epoche storiche.
Al contrario, tale differenziazione è da considerarsi relativa, poiché dipende dal contesto storico in cui viene a realizzarsi e non può mai essere specificamente definitiva. Infatti alcune
materie disciplinate da queste due branche del diritto possono propendere verso l’una e l’altra in base a scelte politiche contingenti: ad esempio nel caso del diritto del lavoro si può dare
più peso alle «norme contrattuali» relative al rapporto di lavoro di matrice privatistica o alle
«norme inderogabili» a tutela del prestatore» che invece hanno un fondamento pubblicistico.
È solo la forma di governo (o regime) vigente in un determinato momento a determinare la
prevalenza dell’uno o dell’altro complesso di norme (così, ad esempio, nello «Stato sociale»
prevalgono le norme a tutela del prestatore).
Il diritto pubblico è generalmente suddiviso dalla dottrina in diritto pubblico internazionale e diritto pubblico interno.
Nel primo ramo rientrano il diritto internazionale, che regola i rapporti
tra gli Stati e le organizzazioni appartenenti alla Comunità internazionale, e
il diritto dell’Unione europea, che disciplina l’organizzazione dell’Unione europea nonché i rapporti tra questa e gli Stati membri.
Nel diritto pubblico interno, invece, rientrano numerose discipline, come
il diritto costituzionale, il diritto amministrativo, il diritto penale, il diritto processuale, il diritto ecclesiastico, il diritto finanziario, il diritto tributario, la contabilità di Stato, il diritto del lavoro (2), il diritto della navigazione (2), il diritto
agrario (2) e il diritto pubblico dell’economia.
(2) Queste tre branche del diritto hanno una parte di disciplina in comune con il diritto privato, di cui seguono, in subordine alle norme inderogabili pubblicistiche, le regole ed i principi generali.
Lo Stato
15
Capitolo Secondo
Lo Stato
P
rotagonista fondamentale del diritto pubblico e costituzionale è lo Stato,
che è formato da elementi (o presupposti) «classici»: popolo, territorio e sovranità.
I concetti tradizionali di popolo, territorio e sovranità, in seguito all’apertura
del nostro Paese alle nuove regole della Comunità internazionale (in particolare alle Nazioni Unite) e dell’Unione europea, hanno acquisito significati differenti.
In particolare la sovranità non costituisce più un attributo esclusivo dello Stato, in considerazione delle notevoli limitazioni subite da tale prerogativa statale a favore di comunità più ampie (Nazioni Unite, Unione europea) e degli obiettivi da queste perseguiti (pace, sicurezza internazionale etc.).
Queste considerazioni rendono necessario un’analisi delle funzioni dello Stato anche in considerazione del diverso contesto internazionale e sovranazionale nel quale l’Italia vive ed opera.
STATO
elementi costitutivi
Popolo (elemento personale)
Territorio (elemento spaziale)
Sovranità (elemento organizzativo)
funzioni fondamentali
Legislativa: riguarda l’emanazione delle norme che regolano la condotta dei consociati. È affidata al Parlamento (art. 70 Cost.) e al Governo su delega (art. 76
Cost.), nonché nei casi di necessità e urgenza (art. 77
Cost.)
Esecutiva: provvedere alla cura degli interessi pubblici. È affidata al Governo e alla Pubblica Amministrazione
Giurisdizionale: si sostanzia nell’applicazione del diritto a fattispecie concrete al fine di risolvere controversie tra i soggetti. È affidata alla magistratura
1. IL TERMINE «STATO» E SUE DIVERSE ACCEZIONI
Lo Stato può definirsi come «la comunità di individui stabilmente insediata su un territorio e retta da autonome regole costituenti un ordinamento giuridico».
Lo Stato, come persona, è titolare del potere supremo che gli consente di
esercitare legittimamente la forza per imporre la propria volontà sui consociati e su quanti risiedono sul territorio e, a tal fine, si avvale di un complesso apparato amministrativo (BIN-PITRUZZELLA).
Lo Stato si qualifica come un ordinamento:
— originario: in quanto trova in se stesso il fondamento della sua validità,
non derivando dalla volontà di alcun ordinamento superiore;
— territoriale: in quanto il suo potere di imperio è circoscritto al territorio
sul quale si estende la sua sovranità;
— giuridico: perché trova il suo fondamento nel diritto.
Capitolo Secondo
16
Diversi significati del termine Stato
La definizione proposta fa riferimento ad una particolare accezione del termine «Stato»,
identificativa dello Stato-comunità (o Stato-istituzione o ancora Stato-ordinamento).
Il termine Stato può essere adoperato anche con altri significati, vale a dire:
•
•
•
Stato-governo, come complesso degli organi costituzionali che sono espressione dello
Stato-comunità. Tali organi partecipano tutti, in varia misura, alle funzioni dello Stato
(costituente, politica, legislativa, amministrativa, giurisdizionale);
Stato-amministrazione, costituito dal complesso degli organi amministrativi che operano per il perseguimento concreto di fini pubblici predeterminati, agendo non super partes, ma inter partes, sullo stesso livello degli altri soggetti dell’ordinamento anche se dotato di un potere di supremazia, ma sempre nel rispetto della Costituzione e delle leggi;
Stato-apparato, generica espressione che indica in particolare il complesso degli organi che esercitano le funzioni statali.
2. ELEMENTI COSTITUTIVI DELLO STATO: GENERALITÀ
Lo Stato si compone di tre elementi costitutivi tra loro strettamente correlati, vale a dire un elemento personale (popolo), un elemento spaziale (territorio) e un elemento astratto (sovranità).
Una collettività non costituisce un popolo se non in quanto risieda stabilmente su di un terr
ritorio e sia retta da un ordinamento giuridico originario; un territorio non può dirsi statale
se non rappresenta la residenza stabile di una collettività retta da un proprio ordinamento; e
tale ordinamento, benché originario, non sarebbe statale se non regolasse la vita di una comunità territoriale.
Si noti che i tre elementi citati devono necessariamente coesistere, non potendosi considerare «Stato» un ente (BARBERA-FUSARO) che sia:
— privo di territorio (si pensi alle popolazioni nomadi);
— stanziato su un territorio ma privo di un’autorità di governo (si pensi alla
attuale condizione dei Curdi che vivono in un territorio sottoposto a differenti sovranità (Turchia, Iran, Iraq, Siria);
— stanziato su un territorio la cui sovranità è rivendicata da più soggetti
(l’esempio più recente è quello della Bosnia-Erzegovina);
— stanziato su un territorio e con un’autorità di governo che però non esercita concretamente alcun potere di comando interno od esterno, dal momento che il monopolio della forza è attribuito ad un soggetto terzo (è il
caso dei governi degli ex protettorati o colonie o degli stati cd. «fantoccio»).
3. IL POPOLO E LA CITTADINANZA
Il termine popolo indica la comunità di individui legati allo Stato da un
rapporto di sudditanza ai quali l’ordinamento giuridico statale attribuisce
lo status di cittadino (cioè la cittadinanza).
La cittadinanza è l’insieme delle situazioni giuridiche attive e passive che
legano i cittadini allo Stato.
Il termine «suddito» definisce lo status di soggezione dell’individuo allo Stato; quello di «cittadino», invece, (e limitatamente lo straniero per la tutela dei diritti umani) mette in evidenza
che l’individuo vanta verso lo Stato una serie di diritti (civici, politici, di libertà).
In relazione all’elemento personale occorre distinguere alcuni concetti quali:
•
popolazione,
e concetto demografico-statistico che indica l’insieme degli individui che si
trovano in un certo momento nel territorio di uno Stato, compresi gli stranieri e gli apolidi;
Lo Stato
•
•
popolo,
o è l’insieme dei cittadini di un certo Stato, mentre il termine nazione designa un
gruppo sociale con comunanza di lingua, costumi, religione, etnia, valori culturali e sociali.
razza, la comunanza di date biologiche che se assurge a principio costituzionale (come
durante il fascismo) diviene una odiosa forma di discriminazione contraria al fondamentale principio di eguaglianza tra gli individui.
Quanto alla cittadinanza, essa è regolata dalla L. 5-2-92, n. 91 secondo i seguenti criteri:
A) Acquisto
•
per nascita
— il figlio di padre o di madre cittadini;
— chi è nato nel territorio della Repubblica se entrambi i genitori sono ignoti o apolidi, ovvero se il figlio non segue la cittadinanza dei genitori secondo la legge dello Stato al quale questi appartengono;
— il figlio di ignoti trovato nel territorio della Repubblica, se non venga trovato il possesso
di altra cittadinanza.
•
per estensione
— il figlio riconosciuto o dichiarato giudizialmente durante la minore età. Se il figlio riconosciuto o dichiarato è maggiorenne conserva il proprio stato di cittadinanza, ma può dichiarare, entro un anno dal riconoscimento o dalla dichiarazione giudiziale, ovvero dalla dichiarazione di efficacia del provvedimento straniero, di eleggere la cittadinanza determinata dalla filiazione. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche ai figli
per i quali la paternità o maternità non può essere dichiarata, purché sia stato riconosciuto giudizialmente il loro diritto al mantenimento o agli alimenti;
— il minore straniero adottato da cittadino italiano;
— il coniuge, straniero o apolide, di cittadino italiano quando, dopo il matrimonio, risieda legalmente da almeno due anni nel territorio della Repubblica, oppure dopo tre anni dalla data del
matrimonio se residente all’estero, qualora non sia intervenuto lo scioglimento, l’annullamento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio e non sussista la separazione personale dei
coniugi. I termini sono ridotti della metà in presenza di figli nati o adottati dai coniugi.
•
per beneficio di legge
— lo straniero o l’apolide, del quale il padre o la madre o uno degli ascendenti in linea retta di secondo grado sono stati cittadini per nascita:
a) se presta effettivo servizio militare per lo Stato italiano e dichiara preventivamente di
voler acquistare la cittadinanza italiana;
b) se assume pubblico impiego alle dipendenze dello Stato, anche all’estero, e dichiara
di voler acquistare la cittadinanza italiana;
c) se, al raggiungimento della maggiore età, risiede legalmente da almeno due anni nel
territorio della Repubblica e dichiara, entro un anno dal raggiungimento, di voler acquistare la cittadinanza italiana;
— lo straniero nato in Italia, che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età, diviene cittadino se dichiara di voler acquistare la cittadinanza italiana entro un anno dalla suddetta data.
•
per naturalizzazione
— lo straniero quando abbia reso eminenti servizi all’Italia, ovvero quando ricorra un eccezionale interesse dello Stato.
B) Perdita
•
•
•
per assunzione di impiego pubblico o carica pubblica presso uno Stato estero o un ente internazionale cui non partecipi l’Italia o per prestazione di servizio militare per uno Stato estero,
sempreché non si ottemperi all’intimazione che il Governo italiano rivolge di abbandonare
l’impiego, la carica o il servizio militare;
quando si accetti o non si abbandoni un impiego o una carica pubblica, si presti servizio militare senza esservi obbligato o si acquisti volontariamente la cittadinanza di uno Stato estero che si trovi in stato di guerra con l’Italia;
per rinunzia, qualora il cittadino italiano risieda o stabilisca la residenza all’estero oppure,
essendo figlio di persona che ha acquistato o riacquistato la cittadinanza, abbia raggiunto la
maggiore età e sia in possesso di altra cittadinanza.
17
Capitolo Secondo
18
C) Riacquisto
La cittadinanza italiana si può riacquistare:
•
•
•
per prestazione del servizio militare o assunzione di un impiego pubblico alle dipendenze
dello Stato italiano (anche all’estero) e previa dichiarazione di volerla riacquistare;
per rinuncia da parte di un ex cittadino all’impiego o servizio militare presso uno Stato
estero con trasferimento, per almeno due anni, della propria residenza in Italia;
per dichiarazione di riacquisto con stabilimento, entro un anno, della residenza nella Repubblica, ovvero dopo un anno dalla data in cui l’ex cittadino ha stabilito la propria residenza nel
territorio italiano, salvo espressa rinuncia.
4. LA CITTADINANZA EUROPEA
Il Trattato di Maastricht, firmato il 7 febbraio 1992 ed entrato in vigore il
1° novembre 1993, ha riconosciuto ai cittadini degli Stati membri, affianco
alla cittadinanza nazionale, anche quella europea.
Con la riforma dei trattati operata dal Trattato di Lisbona, entrato in vigore il 1° dicembre 2009, la cittadinanza europea viene ribadita in modo più netto, prevedendosi all’art. 9 del Trattato sull’Unione europea e all’art. 20 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea che «è cittadino dell’Unione
chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro» la cittadinanza europea, comunque, si affianca e non sostituisce la cittadinanza nazionale.
5. IL TERRITORIO
Il territorio è la sede su cui è stabilmente organizzata la comunità statale e sulla quale si estende la sovranità dello Stato; ciò significa che su
un determinato territorio vige esclusivamente e prioritariamente l’autorità
dello Stato (e delle persone giuridiche pubbliche che ad esso fanno capo: Regioni, Province, Comuni etc.).
Cosa comprende il territorio?
Il territorio in senso stretto abbraccia:
•
•
•
la terraferma, costituita dalla parte di superficie terrestre compresa nei confini dello Stato;
il mare territoriale, cioè la fascia costiera di mare su cui si esercita la potestà dello Stato. La sua misura è fissata, per norma consuetudinaria, ad una distanza massima di 12
miglia dalla costa, e tale è il limite esterno individuato dalla legge italiana ex art. 2 cod.
nav.;
il sottosuolo e lo spazio aereo sovrastante terraferma e mare territoriale (con esclusione dello spazio extra-atmosferico), nei limiti della loro effettiva utilizzabilità.
Il territorio in senso lato (o fluttuante), invece, comprende anche:
•
•
le navi e gli aerei mercantili, che, se viaggiano in alto mare e sul cielo soprastante, sono
considerati a tutti gli effetti territorio nazionale.
Non così se si trovano nelle acque territoriali di un altro Stato;
le navi e gli aerei militari, che, dovunque si trovino, sono tradizionalmente considerati
a tutti gli effetti territorio nazionale.
Questa tesi oggi ha perso vigore, tanto che anche le navi e gli aerei da guerra tendono a
non essere più considerati «frammenti del territorio nazionale».
Un’eccezione alla territorialità del diritto è rappresentata dal principio della immunità delle sedi diplomatiche. Tale principio, che dà attuazione alla norma consuetudinaria internazionale espressa dal brocardo «ne impediatur legatio», prevede che le sedi burocratiche
delle rappresentanze diplomatiche e consolari siano sottratte alla sovranità dello Stato territoriale ed assoggettate invece alla sovranità dello Stato della missione. Con riferimento al
caso in esame si parla alternativamente di «ultraterritorialità» o di «extraterritorialità», a seconda che si consideri rispettivamente l’estensione della sovranità dello Stato di appartenenza o i limiti cui è soggetta la sovranità dello Stato ospite.
Extrait de la publication
Lo Stato
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6. LA SOVRANITÀ
A) Concetto ed evoluzione storica
Il termine «sovranità» indica la potestà di governo assoluta, esclusiva e
originaria che fa capo allo Stato, il quale la esercita in posizione di supremazia su di un determinato territorio.
Aspetti della sovranità
Esterna: riguarda i rapporti dello Stato con gli altri Stati e con le organizzazioni internazionali, e si sostanzia nell’indipendenza effettiva rispetto agli altri Stati (ma non dagli organismi sovranazionali cui
è legato da trattati che ne limitano la sovranità)
Interna: attiene ai rapporti dello Stato con i cittadini e con quanti risiedano sul suo territorio (sudditi), e si sostanzia in una posizione di
supremazia sugli stessi
Proviene da Dio
(concezione teocratica) o dalla
stirpe regnante
(concezione dinastica)
Evoluzione storica
del fondamento della sovranità
Promana dal popolo (concezione
democratica)
• in epoca feudale il Sovrano, per grazia divina,
era considerato l’Autorità superiore e assoluta
(così come ciascun signore nei confronti dei
vassalli)
• tra il XIV e il XV secolo si affermò il concetto di
sovranità come potestà assoluta che riconosceva l’Impero e il Papato come uniche entità sovraordinate ai singoli potentati nazionali
• con l’avvento dello Stato di diritto (in cui anche
l’azione dei pubblici poteri è soggetto al diritto) sopravviveva il dogma dell’assolutezza del
potere statuale anche se era ammessa la possibilità di autolimitazioni della suprema potestà.
Con la rivoluzione americana e francese si afferma una concezione democratica che vede nel
popolo il titolare esclusivo della sovranità.
B) I caratteri della sovranità
La sovranità presenta i seguenti caratteri:
• è originaria: nasce con l’ordinamento dello Stato e solo con esso viene meno;
è cioè «autolegittimante»;
• è esclusiva: spetta, cioè, solo allo Stato, il quale può, però, limitarla a favore di entità superiori e per fini di alto valore sociale (pace, sicurezza internazionale, progresso sociale ed economico etc.);
• è incondizionata: non può cioè essere limitata da enti esterni allo Stato senza il consenso di quest’ultimo. Oggi il carattere della esclusività è ridimensionato in quanto il nostro Paese si dichiara disposto ad accettare limitazioni della sovranità (art. 11 Cost.) per costruire un ordinamento internazionale che assicuri la pace e la giustizia fra le nazioni (Nazioni Unite).
La Costituzione Repubblicana accoglie la teoria della «sovranità popolare», vale a dire affida al popolo, in veste di corpo elettorale, il diritto di operare le scelte determinanti per l’azione statale.
C) La legittimazione del potere
Il potere sovrano consente allo Stato di imporre la propria volontà anche
attraverso l’uso della forza e di prescrivere quindi determinati comportamenti anche laddove questi non siano condivisi. In questo caso si parla di «potere sociale» per indicare la capacità di influenzare il comportamento degli individui da parte di chi detiene il potere (cd. «autorità sociale»). Tale autori-
Extrait de la publication
Capitolo Secondo
20
tà non è detto che debba coincidere con l’autorità statale potendo imporsi con
diversi mezzi: in primis, attraverso i media.
Tradizionalmente, coesistono tre differenti tipi di potere:
1. potere politico, che permette all’autorità sociale di imporre la propria volontà anche attraverso l’uso della forza;
2. potere economico, che consente all’autorità sociale di detenere il monopolio di determinati beni primari per spingere la collettività, o anche i singoli, ad assumere un determinato comportamento;
3. potere ideologico, che fonda la sua forza su dottrine filosofiche e religiose, per indurre i singoli a determinati comportamenti attraverso la propaganda. Tale potere nell’era moderna viene esercitato prevalentemente attraverso i mezzi di comunicazione di massa (televisione, giornali, radio etc.).
Affinché la gestione del potere da parte dell’«autorità sociale» venga accettata dalla collettività, occorre una giustificazione teorica e una conseguente
condivisione ideologica da parte della maggioranza: è questo il principio della legittimazione del potere.
7. FUNZIONI DELLO STATO
Lo Stato, come ogni organizzazione, è per definizione diretto al raggiungimento di particolari fini, e, per attuarli, svolge determinate funzioni:
• funzione costituente. Rappresenta la funzione primaria, mediante la quale lo Stato fonda la propria organizzazione. È attraverso la Costituzione,
infatti, che lo Stato predispone i principi e le regole generali del proprio
funzionamento.
• funzione legislativa. Consiste nell’emanazione delle norme necessarie al
mantenimento della compagine statale ed al suo sviluppo; si traduce quindi nella creazione delle norme generali che regolano in maniera astratta la
vita di tutta la collettività. È affidata al Parlamento (art. 70) ed alle Assemblee Regionali (art. 121), limitatamente alle rispettive materie di competenza;
• funzione giurisdizionale. Consiste nell’attuazione e nella tutela dell’ordinamento giuridico attraverso l’applicazione giudiziaria delle norme ai singoli rapporti tra i cittadini e tra gli stessi e lo Stato. È affidata alla Magistratura (artt. 102 e ss.);
• funzione amministrativa. Consiste nella realizzazione concreta dei fini
istituzionali stabiliti dall’ordinamento. È affidata al Governo che la esercita attraverso la Pubblica Amministrazione (artt. 97 e ss.);
• funzione politica. Spetta al governo (art. 95) e consiste nell’effettuazione
delle scelte e dei fini della comunità statale. È questa una funzione controversa perché, per alcuni autori non è autonoma, ma rientra nell’esercizio
di altre funzioni.
Extrait de la publication
La Comunità internazionale
21
Capitolo Terzo
La Comunità internazionale
Come studiato nel capitolo precedente, una delle caratteristiche distintive dello Stato è la sovranità, intesa come situazione di effettiva indipendenza
rispetto ad altri soggetti, sia di diritto interno che di diritto internazionale. Tale
caratteristica è comune a tutti gli Stati, per cui si pone il problema di stabilire
quali sono le regole che disciplinano i rapporti tra gli Stati che sono tutti enti
egualmente sovrani; in altre parole, è necessario comprendere le norme di
diritto internazionale che disciplinano le relazioni fra i differenti Stati.
1. IL DIRITTO DELLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE
Il diritto internazionale costituisce il complesso delle norme e dei principi che regolano i rapporti intercorrenti tra i soggetti della Comunità
internazionale.
La Comunità internazionale è sorta dalla coesistenza di più entità sovrane e indipendenti che
spontaneamente, nel corso dei secoli, si sono dettate numerose regole di «convivenza». L’origine
di tale Comunità viene comunemente fatta risalire alla stipula della pace di Westfalia (1648), che,
ponendo fine alla sanguinosa guerra dei trent’anni, sanciva la definitiva disgregazione dell’assetto politico medievale, caratterizzato dalle supreme autorità del Papa e dell’Imperatore, e portava all’affermazione degli Stati nazionali, tra loro posti su un piano di assoluta parità. L’ordinamento internazionale, pertanto, può dirsi il frutto di un equilibrio, faticosamente raggiunto attraverso un lungo processo spontaneo di elaborazione di nuove norme, distinte da quelle degli ordinamenti interni nazionali.
Gli elementi che differenziano l’ordinamento internazionale rispetto
a quello nazionale sono:
— mentre l’ordinamento statale è strutturato in modo gerarchico, essendovi
un ente sovraordinato (lo Stato) che fissa le regole applicabili alla comunità sottostante, nell’ambito della Comunità internazionale la struttura è paritaria in quanto composta da enti «sovrani» (qui superiorem non habent);
— l’inesistenza di un ente superiore comporta che sono gli stessi enti sovrani
ad imporsi determinate regole e a dare loro esecuzione (rispettandole e facendole rispettare); ciò a differenza degli ordinamenti nazionali, in cui vi
è un organo superiore (il Parlamento) deputato a fissare le regole valide
per tutti;
— in caso di violazione delle norme, non esiste nell’ordinamento internazionale un organo capace di imporne il rispetto. Tali non possono considerarsi, in particolare, le Corti ed i Tribunali internazionali essendo la loro
giurisdizione facoltativa, nel senso che le loro decisioni sono efficaci soltanto per gli Stati che abbiano preventivamente accettato la loro giurisdizione;
— il rispetto delle norme dell’ordinamento internazionale è ancora oggi affidato all’istituto dell’autotutela, attraverso il quale è il singolo soggetto dell’ordinamento internazionale ad agire, anche con la forza, per la tutela dei propri diritti. Nell’ordinamento interno, invece, il singolo non può «farsi giustizia da sé».
Extrait de la publication
Capitolo Terzo
22
2. I SOGGETTI DELL’ORDINAMENTO INTERNAZIONALE
A) La soggettività giuridica internazionale
Nell’ordinamento internazionale, per acquisire la qualità di soggetti non
basta essere destinatari di diritti e di obblighi (cioè avere la capacità giuridica), ma bisogna anche dimostrare la capacità d’agire, cioè l’attitudine a creare, modificare o estinguere norme internazionali. Questa precisazione implica che sono soggetti dell’ordinamento internazionale solo le «entità giuridiche» capaci di operare sul piano internazionale in maniera effettiva
ed indipendente.
B) Lo Stato
Il termine Stato è plurisenso e può assumere diverse accezioni:
— Stato-ordinamento, se indica l’ordinamento giuridico statale nel suo complesso, comprensivo di tutti i suoi elementi costitutivi;
— Stato-governo, in relazione al solo apparato burocratico e alle strutture di
vertice dello Stato, ossia all’insieme degli organi statali che, in un dato momento storico, esercitano la propria potestà d’imperio sulla collettività presente nel territorio nazionale;
— Stato-comunità, riferito all’insieme dei soggetti appartenenti alla comunità statale e stanziati su un determinato territorio, cui è riconosciuta una
propria autonomia sia come individui, che come formazioni sociali.
Dal momento che la capacità di agire nella vita delle relazioni internazionali, ovvero la capacità di produrre atti giuridici, vedersi imputare illeciti internazionali, accedere agli organismi deputati al regolamento pacifico delle
controversie, è propria degli organi di vertice di un Paese, è allo Stato-governo che bisogna attribuire la soggettività internazionale.
In ogni caso, affinché lo Stato acquisisca la soggettività di diritto internazionale sono necessari due requisiti:
— l’effettività (o sovranità interna), intesa come capacità di un governo di esercitare effettivamente la propria potestà di imperio sulla comunità stanziata sul territorio nazionale;
— l’indipendenza (o sovranità esterna), intesa come parità nei confronti degli altri Stati o di
qualsiasi altro ordinamento (che rende lo Stato superiorem non recognoscens).
C) Le organizzazioni internazionali
Le organizzazioni internazionali (OI) possono essere definite come associazioni di Stati che perseguono interessi comuni a tutti i loro membri, dall’istituzione di forme di cooperazione stabili ad una vera e propria integrazione tra gli Stati stessi.
Trattasi di enti aterritoriali, avendo sede nel territorio di uno Stato, e funzionali, ossia istituiti per svolgere le funzioni loro delegate dagli Stati membri. Sono dotate di uno Statuto e di organi propri, ed essendo costituite mediante trattati non possono definirsi come soggetti originari di diritto internazionale, bensì come soggetti derivati.
In base all’area geografica in cui operano, esse si distinguono in:
— planetarie, alle quali sono associati Paesi di tutti i continenti (es. ONU);
— regionali, i cui Paesi membri appartengono ad una ben identificata area geografica (es. Unione europea, Unione africana etc.).
In base alle competenze loro attribuite dal trattato istitutivo, inoltre, si classificano in:
— OI a vocazione universale, quando hanno una competenza tendenzialmente generale, operando in tutti i settori della vita politica, militare, sociale ed economica (es. ONU, UE etc.);
La Comunità internazionale
— OI a vocazione settoriale, se dotate di una competenza circoscritta a specifiche materie, ovvero quando il loro campo di attività è limitato ad un solo settore: militare (NATO, UEO), economico (WTO, FMI, OCSE), umanitario (OMS), o tecnico (ICAO, IATA).
D) Gli individui
La crescente importanza che, a partire del secondo dopoguerra, ha assunto la dignità dell’uomo negli ordinamenti giuridici nazionali e sovra-nazionali, ha prodotto un cambiamento considerevole per quanto riguarda il rapporto fra Stato e individuo, fra i compiti e i limiti che toccano il primo, i doveri
e le possibilità riconosciute al secondo. Se, infatti, prima della seconda guerra mondiale erano gli Stati che si riservavano la tutela delle prerogative e dei
diritti degli individui e costituivano gli unici soggetti della Comunità internazionale, oggi, si fa strada l’idea dell’individuo quale soggetto di diritto internazionale, cioè capace di iniziativa per il riconoscimento e la tutela dei
propri diritti anche in ambito sovra-nazionale (FOCARELLI).
3. L’ORGANIZZAZIONE DELLE NAZIONI UNITE (ONU)
A) Origini storiche
L’ONU è la più importante organizzazione operante a livello internazionale ed è l’unica che annoveri tra i propri membri quasi tutti gli Stati della Comunità internazionale.
La sua istituzione risale al secondo dopoguerra quando, il 26 giugno 1945,
fu adottata all’unanimità una convenzione multilaterale, la Carta dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, in seguito ratificata da tutti gli Stati firmatari ed entrata in vigore il 24 ottobre 1945.
B) Gli organi
La complessa struttura organizzativa dell’ONU è delineata nell’articolo 7 della Carta che istituisce quali organi principali:
— il Consiglio di Sicurezza, l’organo che si occupa delle questioni riguardanti il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale. È composto da 10 membri eletti dall’Assemblea
Generale (vedi infra) e da altri 5 (USA, Gran Bretagna, Cina, Russia e Francia) permanenti i
quali dispongono del cd. diritto di veto, ovvero la facoltà di bloccare l’adozione di una risoluzione del Consiglio manifestando la propria opposizione;
— l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, l’organo nel quale sono rappresentati tutti gli
Stati membri e che ha una vasta competenza (ad es. ammissione, sospensione ed espulsione
di un membro, rivolgere raccomandazioni per promuovere la cooperazione internazionale
etc.);
— il Consiglio Economico e Sociale (ECOSOC), composto da membri eletti dall’Assemblea per
tre anni, si occupa del coordinamento e del raggiungimento dei fini socio-economici dell’ONU,
nonché della cooperazione umanitaria e culturale;
— il Consiglio di Amministrazione Fiduciaria, il cui compito è ormai è terminato avendo avuto il compito di accelerare il processo di decolonizzazione e di controllare la fase di transizione dei Paesi sottoposti a dominio coloniale alla completa indipendenza;
— la Corte Internazionale di Giustizia, organo avente il compito di risolvere le controversie
giuridiche sottoposte dagli Stati membri. È formata da 15 giudici di differenti nazionalità,
eletti dall’Assemblea in base alla loro competenza e levatura morale, che durano in carica 9
anni;
— il Segretariato, avente compiti esecutivi, amministrativi, diplomatici e politici. È presieduto dal Segretario generale che rappresenta il più alto funzionario dell’ONU e che viene nominato per 5 anni dall’Assemblea su proposta del Consiglio di Sicurezza.
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Capitolo Terzo
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4. COSTITUZIONE ITALIANA E ORDINAMENTO INTERNAZIONALE
Il momento attuale si contraddistingue per un fenomeno definito «internazionalizzazione del diritto costituzionale e costituzionalizzazione del
diritto internazionale» (PALERMO), evidenziandosi con ciò come ormai, da
una parte, gli ordinamenti costituzionali siano sempre più influenzati dalla
Comunità internazionale e dalle sue norme e, dall’altra, il diritto internazionale vada assumendo i tratti caratteristici del diritto costituzionale soprattutto attraverso l’ampliamento delle norme a carattere vincolante e un sistema
giudiziario sempre più incisivo.
In questo contesto, dunque, assumono sempre più rilevanza le disposizioni della Comunità internazionale cui l’Italia si adegua automaticamente in virtù dei principi sanciti dagli artt. 10 e 11 della Costituzione.
In particolare, l’art. 10 comma 1 Cost. esprime la volontà della Repubblica di aprirsi alla comunità internazionale, impegnandosi a produrre, nel
proprio ordinamento interno, disposizioni in tutto e per tutto coincidenti con
le norme internazionali riconosciute dalla comunità di Stati.
La Corte costituzionale, sul punto, ha precisato che, in caso di conflitti fra norme internazionali e norme costituzionali, l’interprete deve procedere alla loro armonizzazione, in virtù dei seguenti principi (sent. 12 giugno 1979, n. 48):
— il diritto internazionale preesistente alla Costituzione prevale su di essa, giacché regola situazioni speciali rispetto alle norme interne;
— il diritto internazionale successivo alla Costituzione non può intaccare né alterare i principi fondamentali dell’ordinamento (rispetto della dignità, eguaglianza, etc.).
L’altro riferimento costituzionale relativo alla partecipazione dell’Italia
all’ordinamento internazionale è contenuto nell’art. 11 della Costituzione che
prevede:
— il rifiuto della guerra come strumento di offesa alla libertà altrui e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali (principio pacifista);
— la limitazione, in condizioni di parità con gli altri Stati, della propria sovranità al fine di favorire un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni;
— la promozione e il sostegno alle organizzazioni internazionali che abbiano
quale scopo la pace e la giustizia.
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