Dicembre 2011
Periodico di informazione
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locale Anno III - N. 13
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BANDA
La Theka
Anno 2011 - N. 13
Anno 2011 - N. 13
La rivista sul web:
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Associazione “Oltreconfine”
Via M. Vallorca, 5 - 32030 Fonzaso (BL)
Sommario
La Theka è realizzata da
oltreconfine
L’Editoriale
Il ritmo della banda
La bacheca di Fonzaso
La parola ai cittadini
Uno sguardo oltreconfine
Spazio alle associazioni
Economia e lavoro
Lettere e parole
Cosa accadrà
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associazione culturale
“La Theka”
Periodico di informazione e partecipazione locale
Num. R.G. 685/2009 del 21/08/2009
Num. reg. Stampa 9
Anno 3, N.13 - Dicembre 2011
Proprietario ed editore: Walter Moretto
Presidente Associazione culturale ‘Oltreconfine’.
Direttore responsabile: Debora Nicoletto.
Redazione:
Luca Ferrari, Walter Moretto, Andrea Pasa,
Christian Pasa, Diego Toigo.
Hanno collaborato a questo numero: Massimo Bustreo, Simone
Cassol, Elisa Dall’Agnol, Mirko Dalle Mulle, Elisa Da Rin, Matteo De
Rocco, Gianvittorio Lucaora, Norma Marcon, Nane Matte, Chiara
Melchioretto, Catherine Oppio, Nicolas Oppio, Pepotta, Andrea
Sinis, Ivo Toigo, Desy Zonta.
Progetto grafico ed impaginazione: Punto e Linea.
Sito e servizi WEB: Francesco Susin.
Luogo di redazione: Via Monte Vallorca 5, Fonzaso (BL).
Luogo di pubblicazione: Tipografia DBS,
via Quattro Sassi, Seren del Grappa (BL).
Tiratura copie 2.500. Distribuzione gratuita.
La riproduzione è libera, con qualsiasi mezzo effettuata compresa
la fotocopia, salvo citare la fonte e l’autore.
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Tema del mese:
Il ritmo della banda
Pag. 4-5-6-7
La Theka
Anno 2011 - N. 13
Il ritmo della massa
di Debora Nicoletto
Siamo quasi a Natale, siamo quasi alla fine di questo 2011, siamo quasi al collasso. Gesù rinasce, un anno finisce e un nuovo anno
avanza, siamo quasi al collasso.
In fondo sono due notizie belle ed una brutta. Perché lamentarci.
In fondo lo spread è divenuta la notizia più attesa della giornata, in fondo gli italiani non riescono ad arrivare alla fine del mese, in
fondo un giovane su tre è disoccupato (notiamo bene che per le donne tale valore è di 1 su 2). In fondo la politica diserta il bene
comune.
Per gestire con grancassa la banda della “ragion di stato “: la casta, come si usa chiamarla.
Gli indignados, le donne del “se non ora quando”, il movimento dei “no tav “, il movimento dell’acqua come bene comune, il movimento pacifista della manifestazione globale del 15 ottobre, sono solo alcuni esempi del ritmo del popolo. Il ritmo di chi non ci
sta più al gioco dei pochi per il vantaggio degli ancor meno.
Odio gli indifferenti, scriveva nel 1917 Gramsci, citato da Don Andrea Gallo nel libro in cui parla dell’indifferenza come dell’ottavo
vizio capitale. Dice Gramsci: “L’indifferenza è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. La massa degli uomini abdica alla sua volontà,
lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà
rovesciare. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e
la massa ignora perché non se ne preoccupa“.
Questa fine 2011 che sembra preannunciare un 2012 non facile, almeno dal punto di vista economico, forse sta invece rinverdendo
il rifiuto all’indifferenza. Quel rifiuto all’indifferenza che ha reso una persona un “uomo“. Infatti la prima cosa che fa il Messia nella
sua vita pubblica, che dura un anno e mezzo, è quella di andare nel tempio a cacciare i mercanti, a distruggere il potere. Lui non
è stato indifferente, è stato un “uomo“ che ha osservato il suo tempo e ha deciso di non starci alle logiche del potere. Ha deciso
di rovesciare lo status quo per generare altro. E ha indicato una strada, una fra le tante, ma con trasparenza, serietà e soprattutto
amore per il prossimo.
Altri “uomini“ hanno segnato la strada della non indifferenza da Gandhi al Che Guevara, da Berlinguer a Papa Giovanni Paolo II, da
Madre Teresa di Calcutta a Oriana Fallaci.
Ma questi uomini e donne sapevano quale indifferenza combattere. La tragedia odierna, al tempo della globalizzazione, è che
esiste, come dice Bauman, la separazione tra potere e politica. Pertanto non esiste più un soggetto da combattere poiché non vi
sono simboli di potere da abbattere. Il potere è magmatico e si è sottratto ai cittadini: qui sta la crisi della democrazia. Il potere non
è più in mano alla politica perché è altrove. In un mondo di problematiche globali non vi sono soluzioni locali. La speranza è una
risposta individuale nel rispetto di sè e degli altri e nella ricerca di una rete di moltitudini per confrontarsi e dialogare. Per questo
bisogna ripartire da se stessi, non dimenticando di ricordare. Così mi ha insegnato una mia cara amica. Costruiamo pertanto una
nuova identità collettiva sulla base delle vie tracciate dai nostri predecessori.
Sicuramente questa mia visione del mondo è parziale e di parte. Come dice Nietzsche, non esistono fatti ma solo interpretazioni.
Senza indifferenza.
E lui?
L’Editoriale
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La Theka
Anno 2011 - N. 13
Ritmo e vitalità!
Intervista alla band Bandabardò
di Andrea Sinis
Il ritmo della banda
Wikipedia dice che nascono nel 1993, quando Enrico
Erriquez Greppi, cantante franco-lussemburghese-fiorentino
riesce a convincere Alessandro Finazzo (detto Finaz), allora
virtuoso chitarrista elettrico, a buttare via ogni amplificatore
e a fondare una band che proponesse canzoni da cantare tra
amici…”. Da allora hanno pubblicato 10 album, 2 live, e girano
in lungo e largo l’Italia e l’Europa con concerti che sanno molto di festa musicale e che ti fanno tornare a casa molto sudato.
Folk-rock intriso da musica d’autore e tanta sensibilità sociale
e politica. Memorabili le loro esibizioni a diversi concerti del
1^ maggio a Roma e le collaborazioni con vari artisti (Daniele Silvestri, Max Gazzè). Splendido il rapporto d’amore con i
fans, che riconoscono loro, oltre alle doti musicali, la coerenza
di chi porta avanti un progetto in maniera determinata e senza ricerche di scorciatoie.
Quello che Wikipedia non è ovviamente in grado di dire è
che il sottoscritto non può pensare di salire o scendere da
un aereo senza ascoltare ineluttabilmente sulle proprie cuffie arancioni Abu (l’inedito dell’ultimo CD Allegro ma non
troppo del 2010) collegandoci alcune semplici ma efficaci
coreografie; che nelle ultime quattro stagioni la mia squadra
del fantacalcio si è sempre chiamata “Mojito Footbal Club” (e
sono state quattro stagioni di risultati negativi… ma va bene
lo stesso); che il mio ipod dice che Beppeanna (Attenzione,
concentrazione, ritmo e vitalità [canzone famosissima tratta
dall’album Iniziali Bì-Bì del 1998]) risulta essere la canzone
che ho ascoltato di più in questo ultimo anno; che, da matu-
Il gruppo musicale Bandabardò
ro quarantaduenne, il concerto della Bandabardò è l’unico
in cui dimentico la mia età anagrafica e mi lancio nella bolgia
del “pogare” (ndr una sorta di “ballo collettivo” che si scatena abitualmente durante i concerti) in modi che mia madre
non dovrebbe mai vedere. E infine, a pensarci bene e a furia
di parlarne, che a gennaio la Bandabardò suona a Firenze.. E
adesso mi compro i biglietti.
Che magari salgo sul palco e gli faccio altre domande che
quelle di seguito erano solo alcune...ma con i mitici bardozziani le domande non mancano.
Ritmo e vitalità è il sound del 1° maggio, quanta vitalità ci
deve essere per stare in un gruppo?
“Molta, ma la vitalità è data direttamente dalla passione per
ciò che si fa, per cui tutto risulta molto spontaneo. Umiltà e
saper vivere e suonare insieme ad altre persone sono requisiti ulteriori e fondamentali per lavorare bene in una band”.
E qual è il ritmo che ci deve essere nella nostra società?
“Una band non è altro che un microcosmo che può perfettamente rispecchiare una società in un cui si vive. Quindi oltre
ai suddetti requisiti possiamo aggiungere onestà e rispetto”.
Bicicletta o automobile?
“Bicicletta finché è possibile e finché il fisico lo permette”.
Coca cola o Chinotto?
“Ideologicamente chinotto, ma la Coca cola è buona davvero!“.
Chi decide la scaletta musicale dei concerti?
“Normalmente il cantante è normale che abbia la prima e l’ultima parola, ma di solito ne discutiamo tutti insieme”.
Durante i tour dormite insieme o in stanze
separate?
“Per molti anni abbiamo dormito in camere
doppie, adesso che si invecchia e che ognuno
accresce le proprie fissazioni abbiamo le stanze singole”.
Qual è lo strumento che non suonate ma
che vorreste suonare?
“Mah, sicuramente Finaz il violoncello e Orla
l’arpa. Gli altri stanno bene così”.
Quali sono i vostri progetti futuri?
“Al solito, suonare il più possibile ovunque, in
Italia, in Europa e nel mondo. Per promuovere
la nostra musica e il nostro modo di viverla”.
Quale futuro per l’Italia?
“Speriamo in una presa di coscienza da parte
delle persone, perché stiamo andando verso un punto di non ritorno. Gli ultimi risultati
elettorali ci danno un lumicino di speranza.
Ne abbiamo bisogno”.
Vieni a tentare la fortuna!
di Gianantonio Campigotto
Tel. 0439 568017
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La Theka
Anno 2011 - N. 13
Il passo del selvaggio
Intervista a Francesco Vidotto, scrittore
di Diego Toigo
una bestia mi ha ricontattato sfidandomi a scrivere la
storia di questo pastore. Sei mesi dopo avevo finito
Siro”.
Sia nel Selvaggio che nel tuo secondo libro
Signore delle Cime i protagonisti nonostante
abbiano successo e soddisfazioni nella vita,
cercano di togliersi dalla società per riscoprire il contatto con la natura. Ti ritrovi in
questa ricerca di fuga?
“Credo che la scrittura come ogni forma
espressiva nasca da un disagio, ogni libro
ha il suo disagio. Io mi son sempre ritrovato a seguire percorsi che non avevo
disegnato, un po’ per seguire le aspettative della famiglia e un po’ perché
quando sei giovane le armi che hai per
star bene con te stesso sono poche.
Per questo i primi due libri risentono
di più di questo bisogno di libertà, mentre Siro è più ironico e maturo.
Qualche anno fa viaggiavo molto di più proprio
per questo bisogno di evasione, poi il viaggio
ha assunto una connotazione totalmente diversa: adesso che finalmente ho trovato il mio
posto, tra le montagne del Cadore, il viaggio
si è trasformato nei momenti che vivo in
montagna, non mi piace più stare lontano
da casa”.
I tuoi libri si leggono molto agilmente,
come scrivi le tue storie?
“Quando scrivo una storia inizialmente tendo a raccontare tutto, anche le
emozioni dei personaggi, però penso
che un libro sia per metà di chi scrive e per metà di chi legge e quindi
alla fine tolgo tutta la descrizione
delle emozioni per lasciarle alla
sensibilità del lettore, meno dici
meglio è”.
Con Siro diventano protagonisti gli “ultimi” della società.
“Mi piace scrivere degli ultimi per dare dignità
a una vicenda umana, oggi c’è un po’ troppo
propensione a giudicare senza conoscere. In
questo momento sto scrivendo molte storie
che hanno per protagonisti gli ultimi della
fila, racconti verosimili ambientati sempre in
luoghi che conosco. Il prossimo aprile uscirà il mio nuovo romanzo.
Ultimamente ho anche creato un sito in
cui si possono scaricare gratuitamente
audiolibri di giovani autori inediti, il link
è www.treebook.com e poi ho il mio
sito personale www.francescovidotto.
com”.
Allora ti aspettiamo in primavera
per la presentazione del nuovo libro.
Il ritmo della banda
Per chi non lo conosce il consiglio è di andare in libreria e trovare Il selvaggio (casa editrice Carabba, 2005), prendersi una giornata veramente libera, rifugiarsi
in un prato, un bosco o magari su
una cima solitaria e tuffarsi nelle
agili pagine del primo romanzo di
Francesco Vidotto, giovane ma ormai
affermato scrittore che ad agosto con
il suo ultimo libro Siro (Minerva, 2011)
si è aggiudicato il primo premio nella
categoria montagna al concorso letterario Cortina D’Ampezzo. Cadorino di
origine, è cresciuto tra Conegliano e Tai di
Cadore, dopo la laurea in Economia e commercio, ha lavorato per una società di revisione e poi è stato titolare di una società di
consulenza che ha venduto a marzo 2010 per
dedicarsi totalmente alle sue passioni: scrivere
e andare in montagna.
Hai scritto Il selvaggio quando avevi
ancora 18 anni, come è nata questa passione per la scrittura?
“Al liceo non mi piaceva studiare,
ma leggere e scrivere mi hanno sempre appassionato, forse perché era il
modo più facile per viaggiare. Ho scritto Il selvaggio all’ultimo anno di Liceo
ma l’ho pubblicato solo nel 2005 dopo
un fortunato incontro con Pupi Avati.
Dopo una sua conferenza a Conegliano
cercava qualcuno che lo accompagnasse
all’aeroporto e io mi sono subito proposto,
durante il viaggio mi son fatto coraggio e gli
ho parlato del mio scritto, gli ho lasciato il mio
numero che se per caso… Una settimana dopo
mi ha scritto una lettera e da lì è partito tutto.
Non avevo scritto Il selvaggio con l’idea di pubblicarlo, io di solito inizio delineando
un personaggio che poi prende
una sua personalità e comincia ad
agire, quasi autonomamente. Così
nasce un libro onesto”.
Quindi i tuoi libri non sono ispirati
da momenti o vicende che hai vissuto.
“No, per esempio Siro è nato proprio
per caso, quasi per gioco. In un noioso
pomeriggio in studio da commercialista ho
scritto una storiella, che adesso è il terzo capitolo del libro. Ho mandato questo pezzo a
un grosso editore dicendo di aver letto questa storia nel diario di un pastore che avevo incontrato, dopo due giorni mi chiama l’editore
chiedendo un incontro col pastore, quando gli
ho detto che in realtà non c’era nessun pastore e
che il pezzo era mio, dopo essersi incazzato come
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La Theka
Anno 2011 - N. 13
La banda della Uno bianca
Intervista a Massimo Polidoro, scrittore e giornalista
di Andrea Pasa
Massimo Polidoro è scrittore e giornalista, segretario del CICAP (Comitato Italiano per il controllo delle affermazioni sul paranormale)
Il ritmo della banda
Massimo Polidoro è un esperto di cose misteriose, ha scritto molti
libri sui più svariati argomenti cercando, con metodo, di risolvere
alcuni dei grandi enigmi di questi ultimi due secoli.
Nel 2008 ha scritto Un gioco infame nel quale tratta le vicende legate alla Banda della Uno Bianca. L’autore, nel sul libro, ha ricostruito
le indagini condotte dai due poliziotti fautori dell’arresto, cercando
di dare delle spiegazioni sul perché ci sia voluto tanto tempo per
arrivare agli arresti e sul perché, ad indagini concluse, molti continuavano a sostenere tesi complottistiche legate ai servizi segreti.
Lei è stato docente di Psicologia dell’insolito, di che cosa si tratta
esattamente?
“Nei paesi anglosassoni si parla di Anomalistic Psychology, cioè Psi-
cologia delle anomalie. È un ramo della psicologia che affronta tutte
quelle esperienze insolite - sogni premonitori, flash telepatici, presagi, deja-vu... - che ognuno di noi può vivere ma che molti ritengono inspiegabili. Si tratta invece di esperienze che possono avere una
miriade di spiegazioni normali ma che, dato il loro forte impatto
emotivo, possono apparire come paranormali a un pubblico che
non dispone degli strumenti interpretativi necessari”.
Lei ha scritto Un gioco infame che tratta la storia della Banda della Uno Bianca. Secondo lei cosa spinge realmente degli uomini
ad aggregarsi in cellule così pericolose, ciniche e spietate?
“Uno dei poli di attrazione più forti è certamente il denaro. E anche la banda della Uno Bianca aveva iniziato a colpire per soldi
scegliendo obiettivi sempre più grossi: prima i caselli autostradali,
poi i benzinai, poi gli uffici postali, poi le banche… Solo che man
mano che passava il tempo e diventavano più bravi, scoprivano
che era l’idea stessa di entrare in azione a esaltarli. Per questo programmavano e pianificavano nei dettagli ogni cosa e poi si lanciavano in maniera spietata e senza esitazioni nei loro colpi”.
Perché il caso è stato risolto grazie alla caparbietà di due investigatori, mentre prima per anni nessuno aveva seguito le loro piste?
“Non è che non si fosse indagato prima, è che le indagini avevano
preso filoni che a posteriori si rivelarono del tutto infondati, spesso le stesse forze dell’ordine e i magistrati erano in competizione
gli uni con gli altri e tra di loro, ecco allora che non si condividevano le informazioni, che uno cercava di mettere l’altro fuori strada
e così via. I due poliziotti di Rimini che risolsero il caso, Luciano
Baglioni e Pietro Costanza, ci riuscirono perché affrontarono il
caso con l’umiltà e la pazienza del bravo investigatore. Studiando
ogni singola rapina, ogni singolo dettaglio, cercando di ricostruire
come facevano, qual era il loro modus operandi e perché facevano certe scelte e non altre. Alla fine, è stato tutto questo lavoro
massacrante - e spesso svolto fuori orario e anche spendendo di
tasca propria - che ha permesso ai due poliziotti di cogliere l’occasione che li ha portati a individuare uno dei componenti della
banda e, da lì poi, giungere anche agli altri”.
Quest’anno ricorre il decennale dell’attentato dell’11 settembre
2001. Guardando in internet, si ha la percezione che gran parte
dell’opinione pubblica considera che gli attentati siano stati orditi dal governo americano. “Per cercare di comprendere perché tanta gente finisce per pensare
che dietro a fatti eclatanti della storia ci siano sempre trame occulte,
il filosofo Karl Popper ha cercato di analizzare quella che chiama la
teoria sociale della cospirazione. Questa teoria, dice Popper, “è simile a quella rilevabile in Omero. Questi concepiva il potere degli
dèi in modo che tutto ciò che accadeva nella pianura davanti a Troia
costituiva soltanto un riflesso delle molteplici cospirazioni tramate
dall’Olimpo. La teoria sociale della cospirazione è in effetti una versione di questo teismo, della credenza, cioè, in divinità i cui capricci
o voleri reggono ogni cosa”. Poiché la società si è secolarizzata, il
posto degli dèi è stato preso da diversi uomini o gruppi potenti di
pressione cui si può imputare di avere organizzato questo o quel
disastro sociale. Questa idea, aggiungeva Popper, “è molto diffusa,
e contiene molto poco di vero. Soltanto quando i teorizzatori della
cospirazione giungono al potere, essa assume il carattere di una teoria descrivente eventi reali. Per esempio, quando Hitler conquistò
il potere, credendo nel mito della cospirazione dei Vecchi Saggi di
Sion, egli cercò di non essere da meno con la propria controcospirazione”. Pier Paolo Pasolini diceva che il complotto ci fa delirare perché ci libera dal peso di doverci confrontare da soli con la verità. La
psicologia del complotto nasce dunque dal fatto che le spiegazioni
più evidenti di molti fatti preoccupanti non ci soddisfano, e spesso
non ci soddisfano perché ci fa male accettarle”.
Lei si occupa anche di paranormale. Secondo lei qual è il mistero
più irrisolto d’Italia?
“Il nostro paese abbonda di misteri irrisolti. Ma si tratta purtroppo
di vicende tragiche che con il paranormale non hanno niente a
che vedere. Di fenomeni insoliti e bizzarri, invece, ce ne sono, ma
dopo vent’anni che il CICAP (www.cicap.org) di cui sono segretario se ne occupa, facciamo sempre più fatica a trovare qualcosa
che resista all’indagine razionale e scientifica che proponiamo”.
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La Theka
Anno 2011 - N. 13
La Bacheca del Comune
a cura della Redazione
Fonzaso, 22/09/2011
Alla Commissione Sociale di Fonzaso
Al Signor Sindaco Gianluigi Furlin
Al Consiglio Comunale di Fonzaso
Oggetto: resoconto dell’incontro deciso dalla Commissione Sociale tra cittadini di Arten riguardo il lascito Bazzocco.
Infine si è deciso di riassumere le tante proposte e le idee nei
seguenti punti:
- Creare un Comitato locale con i rappresentanti delle varie
parti e Associazioni, da prevedere anche ne l futuro regolamento per la gestione del fondo, con funzione di proposta.
- Considerare l’anno del testamento, il 2000, come riferimento
per definire i “poveri di Arten”: cioè considerare la situazione
economico sociale dell’anno 2000 per valutare l’intenzione
del Bazzocco.
- Reinvestire il denaro in opere e servizi per la Comunità che
abbiano la funzione di migliorare le condizioni sociali ed economiche e prevenire le future situazioni di disagio.
La bacheca di Fonzaso
Il giorno giovedì 15 settembre 2011 si è svolta in Arten presso
la sala del Comune un incontro informativo, come da proposta
della Commissione Sociale.
Erano presenti i tre cittadini incaricati dalla Commissione (Simonetto Francesco, Cappellin Piera e Bee Alessandra) e il consigliere comunale Luca Ferrari.
La riunione si è svolta con la partecipazione di numerosi cittadini che hanno partecipato attivamente al dibattito dimostrando interesse e senso di partecipazione.
E’ stata ripresa in sintesi la vicenda e letto in parte il testamento, in particolare si è poi discusso sul significato attribuibile alla
dizione “ai poveri di Arten”.
Molte le proposte e le idee che si elencano in modo sintetico:
- Poveri in funzione del reddito, quindi lato economico e legale
della questione.
- Considerare la data del testamento (2000) e le relative condizioni socioeconomiche del paese.
- Considerare non solo il fattore economico ma anche altre
condizioni come solitudine-anzianità-difficoltà sociali e psicologiche.
- Considerazione riguardo il possibile tramite delle associazioni
locali come veicolo per offrire servizi alle persone in difficoltà.
- Poter diversificare il lascito: considerare una parte da tenere
per il futuro, una per i progetti proposti di anno in anno, una
per gli obiettivi attuali della comunità arteniese.
- Utilizzo denaro per opere pubbliche.
- Acquisto pulmino per trasporto scuola.
- Avere un parere legale.
- Trasparenza nella gestione dei soldi.
- Contribuire al trasporto scolastico.
- Creare un gruppo di delegati delle Associazioni locali portatori di interesse per fare di anno in anno delle proposte sull’utilizzo del denaro.
- Reinvestire il denaro in opere per la Comunità.
- Considerazione: la Comunità è povera se priva di servizi.
- Considerare povertà anche dove vi siano problemi famigliari
e situazioni di disagio per alcol e droghe.
- Utilizzare il denaro anche per offrire un servizio informativo
migliore alle famiglie con persone disabili.
- Proposta di utilizzare solo gli interessi maturati sul capitale e
mantenere nel tempo lo stesso.
- Considerazione su chi siano i poveri e chi siano quelli di Arten.
- Considerare la possibilità di utilizzare il denaro per persone
già sostenute dal Comune (casa di riposo) senza rischiare di
perdere i trasferimenti ad hoc dalla Regione.
I cittadini presenti quindi chiedono alla Commissione sociale
ed all’Amministrazione di Fonzaso di tenere in considerazione
queste proposte in attesa dell’incontro ufficiale che verrà convocato su delibera del Consiglio comunale.
Il Consigliere comunale:
Luca Ferrari
I Cittadini delegati dalla Commissione:
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La Theka
Anno 2011 - N. 13
La Bacheca del Comune
a cura della Redazione
Consiglio comunale di 29 Novembre 2011 ore 20:30
La bacheca di Fonzaso
Comunicazioni del presidente:
Il Sindaco informa riguardo la situazione del Consorzio per l’industrializzazione Vallata del Cismon: Venerdì 18 si è tenuto un incontro tra sindaci
ed assessori dei tre comuni consorziati. Viene confermata la staticità generale dell’area: vi sono 54 aziende che occupano 380 persone, compresi i titolari. E’ stato proposto un apposito studio presso l’Associazione degli industriali della Provincia. Il Sindaco ha incaricato il Segretario
comunale di richiedere alla Forgiallumio di Pedavena le intenzioni per
l’area acquistata. Viene distribuita ai consiglieri una relazione sull’attività
del Consorzio per l’anno in corso. Infine il Sindaco afferma che, nonostante la contrarietà dei Sindaci degli altri comuni, terrà un incontro di
discussione e possibili soluzioni, come definito precedentemente.
Il Sindaco parla del “caso Inapli”: spiega che, come confermato dal
funzionario regionale Avv. Specchio, l’immobile non rientra tra quelli
posti in vendita dalla Regione. Che le notizie apparse sulla stampa
non corrispondono al vero. Afferma che l’amministrazione farà di tutto, nel caso vi fossero comunicazioni al riguardo da parte della Regione, per mantenere nella disponibilità del Comune e quindi delle
associazioni locali gli immobili. Il consigliere De Marchi chiede che
venga fatta dal Consiglio una Delibera di intenti e propone all’amministrazione l’incontro con le associazioni per il giorno 9 Dicembre. Il
Sindaco conferma la data per l’incontro.
Approvazione dei verbali della seduta precedente.
Vengono approvate all’unanimità le delibere dalla n. 24 alla n. 30 del
Consiglio comunale del 22 Settembre 2011.
Il consigliere Ferrari ringrazia il nuovo Segretario comunale Dott. Coppe per la precisione e la correttezza dei verbali, nella forma e nei contenuti, come mai successo in passato.
Assestamento di Bilancio 2011.
Interviene il Vicesindaco Corso riguardo il bilancio e le variazioni apportate. Conferma la valida gestione finanziaria, ringraziando l’operato
degli uffici comunali. Viene effettuato un assestamento di bilancio per
euro 129.970,42. Spiega che l’avanzo di amministrazione del 2010 pari
a 39.122,90 euro viene destinato a due nuove opere: la manutenzione
straordinaria del tetto e finestre scuola media e per l’acquisto di lama
per sgombero neve. Inoltre spiega che viene eliminato il previsto mutuo
di euro 90.000,00 per la centralina idroelettrica a Pedesalto sostituito da
nuovo contributo di pari importo. Il consigliere De Marchi chiede informazioni riguardo la realizzazione della centralina: l’Assessore Lucaora afferma che il progetto è fermo per ritardi burocratici. Il Vicesindaco Corso
inoltre conferma la capacità del Comune di effettuare nei tempi previsti
per legge i pagamenti ai fornitori, grazie ad una buona solidità si cassa.
Approvazione convenzione tra il Comune di Fonzaso e la Comunità Montana Feltrina per la gestione associata dello sportello
unico per le attività produttive (SUAP).
Interviene il Segretario Coppe che spiega come tutte le attività attinenti, secondo la nuova normativa, devono essere svolte per pro-
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cedimento telematico. Però la legge prevede che non ci siano oneri
aggiuntivi, di fatto il costo per il sistema informatico è notevole per cui
tutti i piccoli comuni affrontano la spesa in forma associata. La CMF si
è accreditata presso il Ministero avvalendosi del Fronte Office della
Camera di Commercio di Belluno. Per il comune di Fonzaso il costo
annuo del servizio sarà di 1.450,00 euro tra parte fissa e quota per
numero di abitanti del comune.
Viene votata all’unanimità.
Legge Regionale 8 luglio 2011, n. 13 - modifiche ed integrazioni
alla legge regionale n.14/2009 - Intervento regionale a sostegno
del settore edilizio e per favorire l’utilizzo dell’edilizia sostenibile e modifiche alla legge regionale 12 luglio 2007, n. 16 in
materia di barriere architettoniche. Definizioni e modalità di
applicazione.
Interviene il consigliere Toigo, in qualità di presidente della Commissione urbanistica che si è occupata dell’analisi della legge regionale e
dell’applicazione della stessa per il comune di Fonzaso. Toigo spiega
gli obiettivi della legge: rivitalizzare l’attività edilizia grazie alla possibilità di aumentare i volumi delle abitazioni fino al 40 % con l’utilizzo
di impianti solari e/o fotovoltaici e con l’uso di materiali per la bioedilizia. Che vengono tolti gli oneri sulla prima casa in questi casi. In
assenza di tali impianti e materiali vi è comunque una riduzione del
60% degli oneri. Sulle seconde case invece lo sconto è solo del 10%
e vengono posti limiti riguardo l’aumento dei volumi di 300 mc per il
residenziale e 400 mc per gli altri usi.
Viene proposto di organizzare un incontro pubblico per informare
la popolazione e favorire quindi delle nuove possibilità offerte dalla
legge. Il Consigliere De Marchi propone un emendamento riguardo
le distanze delle seconde case da altre proprietà. Dopo importante
dibattito con l’intervento di diversi consiglieri viene votato all’unanimità l’emendamento proposto secondo cui per tutti gli immobili non
qualificati come prima casa valgono le prescrizioni del vigente strumento urbanistico. Unanimità di voto per le modifiche ed integrazioni
alla legge regionale.
Convenzione tra i comuni di Fonte (TV), Castelcucco (TV) e
Fonzaso (BL) per la costituzione di un servizio unico di segreteria comunale.
Viene proposta la convenzione con i Comuni di Fonte e di Castelcucco per il Servizio unico di Segreteria comunale con suddivisione del
35% per i comuni di Fonte e Castelcucco e del 30% per il Comune di
Fonzaso: il Vicesindaco Corso spiega che non essendo più Fonzaso
comune capofila questo permette una riduzione dei costi. Viene votato all’unanimità.
Mozione presentata dal Capogruppo di maggioranza prot. 7104
del 19.1L2011 (in seduta segreta).
Viene discussa in seduta segreta su proposta del consigliere Corso
Gianangelo lettera al protocollo 6255 del 10/10/2011. Dopo numerosi
interventi il Consiglio vota all’unanimità in direzione opposta ai contenuti di critica della lettera.
La Theka
Anno 2011 - N. 13
La voce delle istituzioni
di Gianvittorio Lucaora - Assessore ai Lavori Pubblici e Sociale del Comune di Fonzaso
Sono un amministratore, voglio pertanto rispondere alle domande e alle critiche che da mesi vengono poste rispetto agli
immigrati che dimorano a Fonzaso. L’amministrazione non spende un centesimo per la loro permanenza, tutte le procedure
sono gestite dalla Prefettura. Voglio anche precisare che il fatto di ospitarli non è stato imposto da nessuno, è una libera scelta di chi lo fa. Gli ospitati a Fonzaso sono Nigeriani che lavoravano in Libia. Sono stati caricati dai libici nei barconi e spediti
a Lampedusa. Da Lampedusa sono stati dislocati nelle varie località in attesa di vagliare la loro posizione che viene fatta a
Gorizia, dopo una ventina di giorni. La risposta della commissione aggiudicatrice arriva dopo due mesi, da quella data c’è
un mese di tempo per ricorrere alla sentenza, ma certamente con poche possibilità di cambiarla. Io ho letto diversi verbali
delle loro dichiarazioni: sono tutti uguali, sono giovani, sono poveri, senza un lavoro e tutti chiedono di rimanere per migliorare la loro situazione. Certamente sono da aiutare, ma a causa della crisi e dei nostri politici non abbiamo tante possibilità
di farlo. Appena un’ora fa in comune c’era un fonzasino disoccupato e con famiglia che chiedeva consigli. In provincia sono
circa 170 e solo 6-7 hanno lo status di rifugiato, uno solo ha accettato il rientro assistito (viaggio più 200 euro). Questi giovani
non hanno soldi, non possono lavorare, non avranno più la copertura finanziaria, l’ipotesi più plausibile è che andranno a
finire tra la malavita come la maggior parte dei clandestini. Ancora una volta abbiamo fallito.
Le note stonate della disabilità
di Mirko Dalle Mulle
Fin da bambino ho sempre amato la musica ed ascoltavo per
ore le orchestre alla radio. M’immaginavo le file degli archi, dei
fiati e delle percussioni, tutti attenti sulla bacchetta del direttore! Sarebbe piaciuto anche a me essere lì, ma i miei malanni fisici non mi hanno permesso di poter essere come quei musicisti.
Quello che voglio raccontarvi però, è il rapporto che la gente
ha nei confronti di persone con una malattia come la mia. Chi è
affetto da una disfunzione che colpisce l’apparato renale o un
qualsiasi organo interno ha una patologia debilitante che non
gli permette in molti casi di fare una vita normale. Nel mio caso,
la nefropatite ti rende disabile pur non presentando evidenti
malformazioni.
Ed è qui che l’emodializzato o, come nel mio caso, il trapiantato di rene deve scontrarsi con la dura realtà di una società
individualista o semplicemente ignorante e confinata nei suoi
preconcetti, che porta alla discriminazione per il solo fatto che
“non puoi fare” delle cose. Ma sono solo una persona esteriormente normale, impossibilitata nel fare determinate cose;
ci sono dei giorni in cui è già un’impresa alzarsi dal letto da
quanto stanco sei, perché hai le medicine che ti mettono ko,
perché semplicemente hai una malattia che non te lo permette
di fare. Penso che un buon musicista possa fare ben poca musica senza il proprio strumento migliore! Come in orchestra,
quando un buon violinista rompe il suo strumento migliore.
Potrà comperarne uno quasi uguale, ma non avrà lo stesso suono di quello che aveva prima. E l’indifferenza fa male. E’ brutto
da dire, però normalmente chi ha una malattia come la nostra
viene “coccolato” dalle persone solo i primi momenti, quando
ti ricoverano per le prime emodialisi e poi sembra che sia una
cosa talmente normale che gli altri non ci fanno nemmeno più
caso. Così ti isoli, o ti isolano che è peggio. A meno di non avere una vita molto attiva o essere uno “con le palle”. Poi passa
il tempo e arriva il trapianto. Molti pensano che il trapianto
“risolve tutti i tuoi problemi” e non ne avrai MAI più. C’è un’illusione, perchè il trapianto alla fine è solo una cura alternativa
alla dialisi e null’altro, ma soprattutto non è infinito e prima o
poi, per tutti, finisce.
Ed è la peggior cosa che si possa sopportare, non hai mai un
qualcosa di “certo”, di “sicuro”. Arriva di nuovo quel momento,
ti attaccano di nuovo alla maledetta macchina, soffrendo un
giorno sì e uno no in ospedale e con la speranza di un altro
trapianto, che ti permetta di nuovo di vivere una vita apparentemente normale. E quando forse arriva, devi fare i conti con
mille difficoltà, di non dover comunque esagerare nel vivere di
nuovo quella vita che sembra ti sia stata ridonata. E ricomincia
da capo lo stress: “e se dovesse finire tutto e tornare in dialisi?”.
Non importa. Qualcuno si lamenterà perché hai sbagliato
troppe note!
La parola ai cittadini
Nell’orchestra della società non sempre tutti gli strumenti vanno allo stesso tempo…
Si
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La parola ai cittadini
La Theka
Anno 2011 - N. 13
Perchè la Ritmo è la Ritmo
Intervista a Graziano Moretto, titolare dell’omonima autofficina di Fonzaso
di Walter Moretto
La storia de La Theka insegna che prima o poi ciascuno dei
collaboratori incappa nell’articolo o nell’intervista al cugino,
al nonno, al parente passato prossimo venturo. E’ naturale, ci
mancherebbe. Evidenzia in primo luogo la buona fede e la trasparenza degli scriventi, e per questo il tutto è caldeggiato dalla
redazione, eppoi è la risorsa originale di tutti noi aspiranti narratori della realtà: la ricerca nel vissuto esperienziale di aneddoti,
sensazioni, ricordi e speranze per la stesura dei propri articoli.
Tuttavia tali buoni propositi son risorse scarse, da utilizzare con
sottile parsimonia dato che non si può certo realizzare la rivista
con le storie famigliari degli scriventi. C’è chi ha già giocato il
jolly, chi lo deve ancora giocare e chi, come il sottoscritto, il jolly
se lo gioca come nessuno.
Eh sì, più che un jolly si potrebbe chiamare uno scacco matto.
Graziano Moretto è un imprenditore che opera in diversi settori, fra cui quelli immobiliare, dei veicoli industriali e del loro
allestimento, del servizio di assistenza sull’autoveicolo. Tutto è
cominciato proprio da quest’ultimo, nel lontano 1978, con l’apertura della prima autofficina. Nel 1990 il primo ampliamento
in Zona Industriale a Fonzaso e l’inaugurazione di un gruppo
che attualmente fornisce l’assistenza in toto sulla gestione e manutenzione dell’autoveicolo.
Con un aneddoto, insignificante ai fini biografici quanto fondamentale oggi. L’acquisto, agli inizi degli anni ’90, di una Fiat
Ritmo 130 Abarth, nera corvino, cerchi in lega ed un sorriso che
solo un auto può regalarti senza chieder nulla in cambio. L’auto
rimane parcheggiata in dolce attesa parecchi anni, per presunte condizioni speculative che dovevano verificarsi con la storicizzazione del veicolo. Passa il tempo ed il maggiore dei figli
di Graziano s’avvicina sbavante alla maggiore età ed al sogno
dell’emancipazione carrozzabile. Sogno combattuto seduti in
sella a motorini dai geloni infernali ed a fidanzate che solo il fine
settimana... e chi affrontava chilometri nelle nostre valli polari
nei 18 mesi in cui dura ‘sto inverno!
Questo sacrificato figlio maggiore per anni aveva contemplato
quell’auto, gioiello di cui venivano narrate leggende mistiche di
accelerazioni che per scollarti dal sedile si doveva staccar il coprisedile e girare poi con brache da pezze al culo con la scritta
Abarth marchiata a fuoco; eppoi epiche cronoscalate alla Niki
Biason che non era stato abbastanza omo da provarci con il 130
al mondiale rally.
Sto disgraziatissimo figlio c’aveva anche fantasticato riguardo ai
sedili posteriori di ‘sta macchina e di ‘ste morose che le dita
si gelavano solo a pensarle, da quanto l’associazione corporea
motorino-morosa s’era incarnata. La morosa e la Ritmo, due
amori in un sedile solo.
Alla fin fine i sogni son belli perché tali rimangono. Almeno questa è la morale comune.
Infatti il sogno è morto di venerdì, i bulloni delle ruote rimasti,
costati thentothinquantamilifranchi, vennero seppelliti ai quattro angoli del capannone e un pezzo di cuore se ne andò con
loro.
Eh sì, il caro papà un mese prima del patentamento del figlio
aveva ben deciso di vendere la Ritmo al primo offerente.
Adesso sei in diretta sul registratore, dammi una spiegazione
plausibile sul perché me l‘hai venduta o rendo pubblico il contenuto di tutto quel che dirai da adesso a quando si scaricano
le batterie.
“Secondo te?”.
Sono io qui che faccio le domande!
“Perché cosa vuoi che la tenessi lì sotto la pioggia ancora quanto? Erano anni che non la mettevo più in moto e quando una
macchina non la usi per tanti anni, poi quando la rimetti in moto
non la smetti più di lavorarci dietro”.
Allora perché l’hai comprata!
“Perché pensavo potesse rivalutarsi col tempo. Era una gran
macchina ai suoi tempi”.
Non ho dubbi, se l’avessi provata poi ne avrei ancora meno.
“Lo sai perché l’ho venduta. Tu eri un neopatentato con la bava
alla bocca per la smania di guidare ed ero matematicamente
certo che volessi quella macchina. Stiamo parlando di un mezzo con motore di 2000 cc da 130 cv con un’accelerazione da 0
a 100 km/h in 8 secondi, due carburatori doppio corpo. Una
bestia per l’epoca, oltre che una bara volante per inesperti. Ho
provato tante auto nella mia vita, da strada e da competizione,
ma la cattiveria che aveva la Ritmo in accelerazione era impressionante. Una volta, solo facendo manovra di parcheggio, son
finito contro un muro”.
Lo so, una volta Attilio Bettega ha perfino fatto una gara di
accelerazione con un caccia dell’aereonautica.
“Grande trovata pubblicitaria quella”.
Resta il fatto che io la Ritmo non l’ho mai provata.
“E’ stato meglio così, adesso sarebbe diverso, ma al tempo ti
saresti fatto male. Scòlta i veci ogni tant e no sta sempre pensar
de testa toa”.
Ok, ok, ho capito…
…
(Ma non finisce qui).
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La Theka
Anno 2011 - N. 13
BB - Banda Bassotti
Bravi banditi
di Nicolas Oppio
Bar COMMERCIO
di Rattin Manuela
Piazza I° Novembre, 3 - Fonzaso (BL)
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La parola ai cittadini
Buon compleanno Banda Bassotti! I simpatici “cattivi” dei
fumetti Disney compiono sessant’anni. Nati nel 1951 dalla
matita di Carl Barks, da allora tentano imperterriti e perseveranti l’impresa di derubare l’immenso patrimonio di
Paperon de Paperoni. Cattivi per modo di dire. A chi non hanno suscitato simpatia
i goffi e impacciati ladri di Paperopoli? Vivono in una roulotte scassata nella periferia della città dei paperi, capeggiati dal nonno che pazientemente ma senza successo cerca di
insegnare loro dei buoni metodi di scasso. Eppure a loro
non vai mai a buon fine un colpo. Per non parlare del deposito di Zio Paperone. Il vecchio cilindro immancabilmente è
lì in agguato con l’archibugio pronto a salare il didietro dei
poveri fratelli Bassotti! E se per caso riescono a portar via il
malloppo? State sicuri che un incidente è dietro l’angolo o
una svista clamorosa è lì pronta per beffarli!
Eppure sono ladri dal cuore d’oro. Nell’eventualità che il
colpo riesca e si ritrovino con il malloppo in tasca, finisce
sempre che l’incasso passa nelle mani di un bambino povero o una famiglia in difficoltà. I nostri anti-eroi infatti nelle
vignette ricordano sempre la povertà nella quale sono cresciuti e le privazioni che hanno subito e quindi il trovarsi
davanti situazioni simili in molte avventure li porta a gesti di
estremo altruismo.
La loro roulotte è vecchia, scassata e disordinata. Il loro abbigliamento consiste in delle maglie rosse con targhe gialle
recanti le loro matricole e dei cappellacci verdi. Sono impacciati ma geniali, per tentare i loro colpi infatti riescono a
costruire macchinari al limite dell’immaginazione. A volte si
fingono magnati della finanza o luminari della scienza venuti a portare la loro conoscenza. Tutto ciò ha l’unico fine di penetrare nel
deposito del Vegliardo e mettere le mani sul suo denaro.
Ho sempre letto valanghe di Topolino (o Topolini come vengono chiamati comunemente, siano essi Mega Almanacco, Paperino o
che si voglia). Provenivano tutti dall’armadio di mio zio Valerio, e da Belluno mia mamma li portava a casa nostra. Profumavano di
carta “invecchiata” e per lo più erano degli anni ‘70 o ‘80. L’unica regola per me e i miei fratelli era: non farsi vedere da papà, che
infatti li etichettava come inutili, monade, fati par perdar temp, e irritato ci intimava di chiuderli e prendere el libro de matematica.
Eppure non scherzo se dico che per me sono stati molto istruttivi. Solo un cultore di Topolino può sapere come queste vignette
siano ricche di richiami alla storia e come molti eventi storici siano abilmente raccontati nelle vignette Disney. Per non parlare di
come rispecchino la società che raccontano: i fumetti dei primi anni ‘70 parlano prevalentemente di viaggi sulla luna e nello spazio,
cose che probabilmente la società dell’epoca credeva si sarebbero verificati davvero. E la crisi petrolifera degli anni ‘70 è perfettamente raccontata nelle storie che vedono Archimede Pitagorico, per conto di Paperone, ricavare benzina dalle patate o creare
motori che vanno ad acqua.
Leggendo le vignette dei nostri eroi Disney, l’attualità la troviamo davvero in ogni tratto di matita: leggiamo di ingegnose soluzioni
per risolvere l’inquinamento, il terribile traffico cittadino, leggiamo dell’incubo delle vacanze a ferragosto, della mania dei telefonini. La marcia in più che hanno le vignette è che in forma indiretta ci fanno vivere le problematiche con le quali ci confrontiamo
nella quotidianità, permettendoci però per qualche minuto di trovare una via di fuga, seppur fantasiosa.
Ma d’altronde, cosa è impossibile per Topolino, Paperino e i nostri amici Disney?
La parola ai cittadini
La Theka
Anno 2011 - N. 13
Che ritmo questa banda!
di Catherine Oppio
Cos’è il ritmo della banda? La domanda potrebbe sembrare abbastanza scontata… Qualcosa tipo “zum, zum zum zum, zum!” eppure
davvero in ognuno di noi può suscitare emozioni diverse.
Al di là di quelle più comuni, come la gioia, l’allegria e l’aggregazione, scendendo in piazza le risposte ottenute dai passanti sono state
profonde e talvolta imprevedibili!
Mario Faoro, linguista residente nel comune di Arsiè, l’ha definito un
incontro imperdibile, che ogni volta gli dona una sensazione di benessere impareggiabile e che in più gli regala la soddisfazioni di avere una nipote fra i componenti di una banda. Ho approfittato di una
cena con prodotti tipici al Casel di Mellame per sentire le opinioni
dei presenti. Fiorenza l’ha riassunta nell’insieme della musica popolare e l’ha definita un’istituzione per la comunità. Denis si è perso
nei ricordi: “Ehm, di sicuro molta gioia, e i tempi purtroppo passati,
le morose vece, e Sylvie Vartan con la canzone La banda… oppure
era Mina? Si si scusa, era proprio Mina!”. Poi come non pensare alla
danza, come ha ricordato Angelo Battistel sostenendo di provare l’irresistibile voglia di scatenarsi sentendone i ritmi. Le risposte non si
sono sprecate neppure tra i ragazzi presenti ad una tavolata: “El ritmo
de la banda? Te l’insegno mi dopo an piato de fasoi! – oppure più
profondamente – è il rumore della pioggia che cade! senti come pio-
ve! Senti che ritmo! – e anche – è il tintinnare dei bicchieri durante
un brindisi – e poi ancora – la ritmo della banda? L’è la macchina che
i usa par portar i strumenti!!”. Cambiando ambientazione, tornando
nella piazza, ho incontrato Massimo Dal Zotto. “Ma che bella domanda! Io sono stato caporale del coro Brigata Alpini Cadore venti anni
fa, e conservo dentro questa spinta nel seguire ogni melodia. Penso
sia una cosa ancora più profonda ed insita dentro di me, come un
gene che non tutte le persone hanno. Il ritmo della banda è come
il battito del cuore che cambia in base alle emozioni!”. Sandro Berra
l’ha invece definito in modo epico l’incalzare dei tamburi napoleonici! C’è chi poi l’ha paragonato al titolo di un libro, la cui trama vede
l’intreccio delle bande giovanili metropolitane di nazionalità diversa
con i loro traffici e le loro vite disadattate, magari in cerca di riscossa.
Vorrei però concludere con questa risposta data da un altro ragazzo
che con la musica ha avuto a che fare a lungo: Mauro Battistel. E’ una
risposta che ci fa capire quanto è importate la presenza di un’istituzione come una banda all’interno di un piccolo comune: “Credo
sia il metronomo educatore della vita dei giovani che cominciano a
suonare. E’ quel battito che aggrega e che unisce, diverte e emoziona
piccoli e grandi, è per un piccolo paese un’enorme risorsa pulsante
di emozioni”.
La Banda e la scuola di musica di Arsiè
Intervista a Ivan Villanova e Franco Maddalozzo
di Matteo De Rocco
Ammirata per la serietà e l’impegno, premiata per le esibizioni: è il fiore all’occhiello della nostra comunità. Abbiamo così sentito il presidente Franco Maddalozzo e il direttore Ivan Villanova della banda cittadina di Arsiè e della scuola di musica.
“Col Concerto di Primavera abbiamo festeggiato il 25° anniversario dalla rifondazione, un traguardo che suggella il percorso dei primi
allievi, oggi pilastri dell’organico. Dieci maestri ci permettono inoltre di mantenere una Scuola di Musica che impartisce 800 ore di lezione
annue e segue 30 ragazzi. Ogni reparto è guidato da un elemento che porta la sua esperienza agli alunni, i quali insegnano ai più piccoli,
e così a cascata fino ai novizi”.
So che state lavorando con le scuole elementari.
“Abbiamo insegnato alle classi terze e quarte il solfeggio e il flauto dolce, e le abbiamo fatte partecipare al Concerto di Primavera. I bambini sono rimasti entusiasti e quest’anno li renderemo ancor più partecipi proponendo loro una fiaba e un romanzo che saranno narrati
e suonati. In quinta elementare si può scegliere uno strumento a fiato e iscriversi ai corsi della nostra Scuola che offre lezioni individuali
e musica d’insieme. Alla fine del triennio l’allievo inizia a suonare dei semplici brani in Banda, e nel biennio seguente si perfeziona per
diventare un bandista completo. Noi forniamo gratuitamente lo strumento e il solo costo a carico delle famiglie è l’iscrizione annuale”.
E ciò vi basta per sostentarvi?
“Le spese sono tante: l’acquisto di materiali, strumenti, musiche... Il Comune d’Arsié ci sostiene con un contributo annuo e ci mette a
disposizione la sala polifunzionale. Anche il Comune di Fonzaso riconosce il nostro lavoro, come pure i privati cittadini con delle offerte.
Tante associazioni hanno donato degli strumenti, e noi le ringraziamo suonando alle loro feste”.
Da dove parte il progetto con le scuole primarie?
“Abbiamo coinvolto gli alunni d’Arsiè, Fonzaso e Arten perché a quell’età può nascere in tutti la passione per la musica. Così i bambini
rimangono con i loro amici e sviluppano qualcosa di concreto. Questo li stimola a studiare, mentre noi li educhiamo ai ferrei principi della
musica, che è un codice, un modo di vivere che insegna le regole; se le accetti ti
formi, ti correggi e cresci. Ciò accade anche nella Banda: i musicisti devono prestare
attenzione e ascoltarsi a vicenda, come in una comunità in cui tutti vivono in pace.
La Scuola è il serbatoio nella Banda. Ci vogliono anni di preparazione per sostituire i
membri che lasciano, e perciò diciamo grazie ai maestri che mettono a disposizione
il loro tempo.
Noi creiamo un movimento musicale e diamo un servizio civico. I giovani imparano
dagli anziani, e gli adulti ascoltano i più piccoli. L’anno venturo 6 nuovi ragazzi entreranno in Banda. Il sostegno delle loro famiglie è stato essenziale perché sono stati
spinti a sviluppare delle capacità; noi abbiamo fatto il resto. Un appello ai genitori:
mandateci i vostri figli e vedrete come ve li sistemiamo!”.
Vuoi partecipare ai corsi e alle attività della Banda? Scrivi a La Theka e ti daremo
i contatti, o visita il sito www.bandaarsie.it
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La Theka
Anno 2011 - N. 13
Il ritmo de El Puner a 5 stelle
Intervista a Bubi
di Elisa Dall’Agnol
Punti di vista. Dal basso verso l’alto
di Pepotta
Giro giro tondo casca il mondo. e come se casca. tutti giù per terra. e quando la testa è giù, appoggiata alla nuda terra ecco che si
sentono i rumori delle viscere. marrone scuro; terra fredda in superficie che appena infili le mani dentro senti che diventa tenera e
calda. la terra. e le mani affondano sempre più giù nelle zolle corpose e dense e il naso si inabissa dentro la silenziosa terra. eppure
è così rumorosa in superficie. il profumo delle zolle umide entrano nelle narici e inebriano come un profumo di donna. sa di muschio, di pioggia, sa di buono la terra nera, in profondità. scavata da talpe e vermi, dissodata dall’uomo, calpestata da tutti. scavo
scavo scavo. più giù, più dentro. alla fine rivedo la luce. sono arrivata all’altro capo del mondo.
STRUTTURE
ED INFISSI METALLICI
dei F.lli Menegaz Nunzio & Marino snc
Via Monte Vallorca, 6 - Z. I. FONZASO (BL)
Tel. 0439.5555 - Fax 0439.569126
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La parola ai cittadini
Feltre, zona residenziale, case nuove, giardini curati e, in tanto nuovo, una vera casa feltrina con niente di meno che un Punèr a cinque
stelle, el punèr de Bubi.
“Quando sono nato questa zona era campagna e vivere con gli animali era la normalità”. Ora la campagna ha lasciato il posto a belle e
nuove case ma lui invece di costruire un garage ha realizzato un bel
e nuovo pollaio… e che pollaio! Bubi lo ha dotato di acqua corrente, di luce e di musica.
Che sia per fare in modo che le sue donne non risentano dello stress
della vita moderna? “Una volta, restando in silenzio, i tacchini, il gallo, le oche riempivano l’aria. Qualche giorno fa, in silenzio davanti a
casa, si sentivano solo allarmi, rasa erba e cani”. Ma davanti a questa
casa feltrina, noi le galline non solo le sentiamo: le osserviamo e le
ascoltiamo.
In questo pollaio a cinque stelle, le galline sono quasi tutte nate da
chioccia naturale, perché solo loro hanno avuto il famoso imprinting
e quindi riescono a covare a differenza delle galline nate da incubatrice che, sembra impossibile, non hanno questo istinto.
Ma che si tratti di galline nate in un modo o nell’altro, nel pollaio solo un gallo è presente. “Però chi comanda e decide in realtà
sono le galline, tutte insieme, indipendentemente dalla razza”.
E non si pensi che facciano rumori inutili, spettegolano ovviamente, da buone galline ma non da oche, si intende.
La gallina è un animale estremamente intelligente e molto altruista. “Quando ha fatto l’uovo canta, e con lei pure il gallo, come se
volessero avvisarti della meraviglia che hanno prodotto, senza paura e senza egoismo”.
L’altruismo della razza, inoltre, si manifesta nel gallo che, quando trova un bel vermetto, non lo mangia velocemente da solo ma
lo condivide con il resto del gruppo.
“Questo modo di fare, mi suscita un piccolo pensiero sociale. Negli ultimi anni ho sentito parlare di albergo diffuso, lodevole iniziativa portata avanti da persone consapevoli che, nel nostro territorio, offrendo ospitalità in maniera consociata, è sicuramente
vincente. Perché quindi non introdurre il pollaio diffuso? La gallina mangia tutto quello che mangia l’uomo, avremmo uova biologiche e meno umido da inviare in discarica”.
E insomma, dopo tanto parlare, Bubi, meglio un uovo oggi o una gallina domani?
“Se dovessi scegliere, come recita il noto proverbio, terrei sicuramente la gallina, perché avrei sempre un uovo e, quando non ci
saranno più le uova… beh, si sa… gallina vecchia fa buon brodo! E a me il brodo piace molto!”.
La Theka
Anno 2011 - N. 13
La banda dei sassi
Attacco al forte di Primolano
di Nicolas Oppio
E se accendendo la TV scoprissimo che hanno profanato il Colosseo? Rabbia, indignazione, sdegno. E se
leggendo il giornale venissimo a sapere che dal monumento di Cima Grappa sono sparite delle pietre?
Credo che i nostri sentimenti non si discosterebbero
dal dispiacere che proveremmo per la profanazione
del re dei monumenti romani.
A chi regolarmente percorre le Scale di Primolano
non può passare inosservato il forte stato di degrado nel quale versano i muri contenitivi della carreggiata, nonché le costruzioni in pietra che si trovano
nel quinto e nel sesto tornante salendo verso Fastro,
opere che fanno parte della Tagliata della Scala, la
fortificazione che collega Primolano a Fastro. Vediamo queste opere crollate, decapitate delle lastre di
pietra superiori. Che sia il risultato del 1917, anno nel
quale le fortificazioni sono state bombardate per
non essere lasciate in mano all’esercito austroungarico? Che sia semplicemente la mano del tempo che
passa? Se poniamo questa domanda agli abitanti del
posto, scopriamo purtroppo che altro non è che l’opera di una “banda”, che chiameremo “la Banda dei sassi del Forte”. Chi infatti percorre le ‘Scale’ spesso, ha potuto osservare come
nel corso degli anni siano sparite oggi una lastra di pietra, domani un’altra. Le ultime lastre hanno preso il volo subito dopo la
manifestazione svoltasi a luglio “La Scala dei Sapori”, lasciando il posto a un groviglio di pietre diroccate.
Che vengano vendute? Che vengano utilizzate per costruire altri muri? Fatto sta che questa Banda di profanatori sta mettendo a
repentaglio l’integrità di un pezzo di storia del nostro territorio, trattato alla pari di una cava di sassi. Questo comportamento era
accettabile e giustificato nei due dopoguerra, quando era necessario ricostruire case e paesi. Ma al giorno d’oggi? Come vengono
rubate le pietre? In più occasioni è stato possibile osservare pietre forate, dove venivano infilati prima un tassello giallo e poi una
vite “ad occhio”. E poi via, le pietre sparivano. Certo
che per spostare delle lastre di pietra così pesanti è
difficile credere che sia l’opera di un singolo uomo,
e sicuramente stiamo parlando di persone organizzate e con mezzi idonei. Dispiace che esistano
persone che non si rendono conto che deturpare
e rovinare opere del passato distrugge e cancella
un’importante parte della nostra storia, insultando
il territorio nel quale viviamo e privando i posteri di
testimonianze preziose della nostra vita.
La Tagliata della Scala è stata costruita alla fine
dell’800 con lo scopo di bloccare ogni possibilità
di transito dal fondovalle. Questa fortificazione era
una meravigliosa opera di architettura che appena
nata era già superata a causa delle tecnologie militari
che avanzavano molto velocemente. Esiste un progetto di riqualificazione di quest’opera militare. La
speranza è che l’inizio dei lavori blocchi per sempre
lo scempio che sta subendo.
di Sabrina e Alessandro
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La Theka
Anno 2011 - N. 13
Quelli della banda-na
Intervista doppia a Stefano Lira e Alberto Rech
di Chiara Melchioretto
La Theka di questo mese ha come tema la “Banda”. Possiamo giocare sul significato di questa parola e trasformarlo completamente, ad esempio aggiungendo solo due lettere, che aprono uno scenario del tutto diverso: cos’è una banda-na? La prima cosa che ci viene in mente è sicuramente il mondo dei pedali,
quello di Marco Pantani, il pirata per eccellenza. Ma la bandana può essere il
simbolo di una banda: una squadra di ciclisti non lo è forse? Così siamo andati
ad intervistare due campioni, due promesse del ciclismo, ma per il momento Fonzaso può ancora vantare di averli in casa, o quanto meno nei dintorni.
L’intervista è stata fatta ad Alberto Rech, che corre con la maglia del Foen, e a
Stefano Lira, del G.S. Fonzaso. Ci hanno raccontato che al posto della bandana portano il casco, ma sia l’uno che l’altro sono gli emblemi di un impegno
costante, di una tenacia e una grinta invidiabili, e di un gioco di squadra leale.
Con quale abbigliamento ti senti un ciclista?
Alberto: “Decisamente con la tuta della mia società”.
Stefano: “Anch’io logicamente mi sento un vero ciclista con la tuta della società, e con il casco”.
Perché hai iniziato a fare ciclismo?
Alberto: “Perché, secondo me, andare in bici è la prima cosa che si
impara a fare”.
Stefano: “Io ho iniziato perché mio fratello più grande andava, e allora
ho cominciato anch’io”.
Perché ti piace fare ciclismo?
Alberto: “Beh…Non saprei, principalmente perché è uno sport competitivo”.
Stefano: “Perché il ciclismo è davvero un bello sport, dove bisogna
avere testa e gambe”.
Cosa ti piace di più dello sport che pratichi?
Alberto: “Fare le gare la domenica”.
Stefano: “Sì, anche a me piace fare le gare ogni domenica”.
Come ti prepari per una gara?
Alberto: “Mi alleno tre volte alla settimana e in allenamento faccio circa 30 km di bici”.
Stefano: “Io per il momento mi alleno due volte alla settimana, ma tra
un po’ punto ad allenarmi con Alberto”.
Cosa pensi mentre sei in gara?
Alberto: “A vincere, e che devo farlo dando più degli altri”.
Stefano: “Che devo risparmiare le energie fino all’ultimo giro”.
Hai mai dovuto rinunciare a qualcosa per lo sport e, se sì, ti è pesato farlo?
Alberto: “Per il momento non mi è mai capitato, ma se dovesse succedere mi dispiacerebbe dover rinunciare per lo sport”.
Stefano: “No, non mi è mai capitato”.
Saluta
Alberto: “Ciao a tutti!”.
Stefano: “Come sopra”.
di Simone Cassol
Feltre così non l’avevo mai vista. Così densa, così brulicante. Eppure è sempre la
mia città, com’era in un tempo nemmeno troppo lontano, scattata nell’essenza del
bianco e del nero. La storia comincia con un treno che si infila per la stretta di Anzù e
lascia sopra di sé il santuario di San Vittore prima della fermata in stazione. Là si scende e prende il via il viaggio vero, in un racconto per immagini attraverso i luoghi e i
momenti più belli e significativi che Feltre ha conosciuto dal dopoguerra. Di fronte
a questi scatti, per chi come me è nato poco più di una trentina d’anni fa la reazione
può essere quella di rimanere appunto affascinato di fronte a scorci mai osservati e volti di personaggi sempre sentiti nominare e mai incontrati.
A chi invece è nato qualche anno prima, le fotografie di questo libro evocheranno sensazioni vive, e probabilmente solleticheranno una certa
nostalgia per il passato, come succede con i bei ricordi.
Il libro è fresco di stampa e si intitola Stagioni. E’ pubblicato dall’Agorà Libreria Editrice e mette insieme cinquant’anni (1943-1993) di città visti
attraverso l’occhio e il mirino di Giovanni Frescura. Diplomatosi ottico nel 1952, poi fotografo professionista nel periodo del boom economico,
firma fotografica del Gazzettino negli anni più intensi per la vita cittadina, Giovanni Frescura è il testimone visivo di una Feltre non solo bella, ma
soprattutto viva, vivace e partecipata. Ci sono le foto da Belle Epoque dei locali feltrini, bar e Caffè; ci sono scorci architettonici che oggi sono
completamente trasformati come il punto in cui sorgeva l’Arco di Santa Clara; ci sono i momenti solenni, le cerimonie, le assemblee comunali con
la sala gremita. C’è la Feltre che lavora, nei momenti in cui ha visto sorgere e svilupparsi le sue realtà produttive più importanti, e c’è la Feltre che
crea e incanta, con i quadri, le sculture, le opere degli artisti che vi hanno operato.
Sembra abbastanza ma il viaggio fotografico delle Stagioni di Feltre presenta una seconda parte, che è una sezione antologica davvero ricca e
offre agli occhi di chi osserva un altro ventaglio di intense suggestioni. Così si richiude il libro con in testa l’idea di aver contemplato un posto
splendido, nascosto da qualche parte nel tempo, da riscoprire e rileggere. Ti verrebbe da mostrarlo all’amico, al conoscente, al primo feltrino
che passa per strada. Ti porto a vedere Feltre, forse così non l’hai vista mai.
(Giovanni Frescura, “Stagioni”, Agorà Libreria editrice)
Parrucchiera per Signora
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Augura elici Festività!
delle F
Andrighetti Loretta
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La parola ai cittadini
L’armonia delle Stagioni
Uno sguardo oltreconfine
La Theka
Anno 2011 - N. 13
Grida di sirene
Guerriglia urbana in London
di Elisa Da Rin
E’ un giovedì mattina stranamente caldo nella perennemente piovigginosa Londra. Mi
alzo svegliata dal suono di sirene e dal rumore dello scorrere del traffico in Kilburn High
Road su cui si affaccia la mia finestra. Fastidioso scorrere di ambulanze e autobus al quale
mi sono abituata ormai da tempo. Esco diretta al lavoro, bus rosso a due piani verso
Candem Town per poi prendere la metro, breve tragitto di mezz’ora, una distanza ridicola per l’immensa City. Stamane però il bus sembra procedere più lentamente del
solito, poco prima di giungere a destinazione si blocca completamente e fa scendere i
passeggeri. Senza farmi troppe domande scendo e m’incammino verso l’entrata della
metropolitana. Il lato negativo di vivere in città così grandi è che ti rendono insensibile
e poco curiosa, tutto entra nella norma. Penso solamente che Candem è una zona di
Londra nota per gli incidenti notturni, durante notti di alcol e musica nelle quali giovani e
turisti non si danno né orari né limiti. Così scendo a prendere la metro senza soppesare
troppo il traffico intasato e le sirene.
Quando arrivo ad Hampstead Station però inevitabilmente realizzo che nell’aria c’è qualche cosa di insolito. Hampstead è una delle parti residenziali ricche al nord di Londra, molto simile a Nottingh Hill, con Porche parcheggiate ovunque e lussuosi ristoranti sparsi qua e là; in tali zone il
caos della City é lontano e sembra che le persone vivano felici e rilassate in una sorta di Truman show andando a prendere il pane e rilassandosi
a sorseggiare lunghi filter coffee sotto un tiepido sole. Oggi però c’è un’atmosfera stranamente tesa, la gente sembra correre frettolosa verso
una meta precisa, i locali e le brasserie francesi sono semideserti e alcune delle boutique già chiuse. Entro nel negozio nel quale lavoro, e subito
avverto un senso di allarmismo e pericolo. Mandato della polizia di poche ore fa: “Oggi si chiude nel primo pomeriggio, loro potrebbero irrompere da un momento all’altro”. Ma loro chi? È un’occhiata veloce al giornale quotidiano che mi fa realizzare cosa sta accadendo in una frazione di
secondo. Vedo in una foto in prima pagina la stazione della metro dalla quale giungo: in fiamme, la sera prima. Il titolo a lettere cubitali: RIOTS,
LONDON ON FIRE (Tumulti, Londra in fiamme). Ora ricollego tutto: le sirene, la gente spaurita, i negozi chiusi. E’ il preludio della guerra dopo
l’esplosione della prima bomba. Come suggerito dalle forze dell’ordine chiudiamo il negozio alle tre del pomeriggio, i membri dello staff sono
nel panico! Io cerco di avvisare gli amici e chiamare in Italia ma le linee telefoniche sono intasate. Salgo veloce in un autobus straripante di persone impaurite; ho la sensazione di trovarmi in una Belgrado dall’aspetto lussuoso e deserto. Il panorama che mi si prospetta davanti nel ritorno
a casa è un susseguirsi di negozi barricati da serrande di alluminio e marciapiedi desolati. Ogni suono di sirena sembra penetrarti nelle orecchie,
nello stomaco è un grido di allerta e di paura.
Dopo un viaggio che mi è parso infinito giungo a casa, mi barrico dentro e aspetto. Non mi resta che passare la notte martoriata dagli strazianti
suoni di sirene. Loro potrebbero arrivare da un momento all’altro, le bande, che come una marea implacabile avanza al ritmo di vetrine rotte e
manganellate. Mi chiedo come può l’uomo essere più violento e mortale dei carri armati, come può la cattiveria umana, se supportata da uno
spirito devastatore, arrivare a mettere in ginocchio una metropoli come Londra. Chiudo gli occhi e cerco di addormentarmi, con la preghiera che
le sirene delle forze dell’ordine e dei soccorsi si trasformino in musiche di pace nei miei sogni.
Il rumore di un passo alla volta
di Andrea Sinis
Somebody to love/Jefferson Airplanes ore 6.25. Pochi secondi di confusione mentale, e sono in piedi. Una delle più efficaci suonerie sveglia mai
sperimentate. Chissà cosa ascoltavo 6 mesi fa quando ho deciso di passare da uomo poltrona Sky che non si svegliava mai prima delle 8.00 ai 42
km della maratona di Dublino (31 ottobre, pettorale 19721) e programmare un serio allenamento quotidiano per camminata veloce (ma chiamarlo
walking fa più figo nelle serate in pizzeria). Hotel California/vers. Gipsy
Kings ore 6.50, la prima tutti i giorni quando attacco il primo giro di pista,
forse perché mi fa sentire tanto Drugo Lebowski; Le Rane/Baustelle mi
concentro sui numeri, oggi 32 giri di pista, 12,8 km, 938 km totali da aprile
a oggi, 10 kg persi e che gran figo sono diventato (n.d.r. momento di autoironia). The Final Countdown/Europe, efficace per il ritmo ma lascia il
retrogusto fastidioso delle cose scontate, e se ti impegni su un obiettivo
come la maratona dovresti tenerti alla larga dallo scontato. Mando avanti
e memorizzo un “cancellarla dalla compilation”. You can call me Al/Paul
Simon e inizio qualche piccola coreografia con la testa e le braccia. Beppeanna/Bandabardò ore 7.35. Sto bene. Inizio ad inviare qualche sms di
saluti. In questi 6 mesi è cambiata la prima persona a cui mando il buongiorno; ho la sensazione che il camminare abbia un suo perché in questo
cambiamento. Sto pensando a lei quando arriva Friday I’m in love/Cure
e non cantarla è impossibile. Posso camminare senza musica nelle orecchie? Sì, se significa togliere le cuffie per sentire il silenzio intorno. No, se
ho dimenticato le cuffie a casa. Sally MacLennane/Pogues ore 8.00. Esce
il sole. Bello; e inizia subito a fare caldo. Meno bello. Born to be my baby/
16
Bon Jovi. Bon Jovi è fatto apposta per camminare. A giugno sono andato
a Londra a vederlo e ho camminato perfino durante il concerto. Glory
Days/Bruce Springsteen ore 8.15. Le signore finiscono la loro camminata
in gruppo e vanno via; è divertente quando le incontro al supermercato
e mi salutano. Credo di essergli simpatico perché sono l’unico maschio
in pista che non corre ma cammina. Oppure perché mi considerano un
idiota. Ma spero sia più per la prima motivazione. Brown eyed girl/Van
Morrison ore 8.25. Ho fatto 10 km, manca una mezz’ora e arriva puntuale
quella vocina che mi dice “sarà il caso di fermarsi per oggi? starai esagerando? magari ne fai qualcuno in più domani!”. Spesso la vocina ha il timbro di quella di mia madre quando mi porge il secondo piatto di cannelloni la domenica a pranzo. Resisto. Ma qualche volta mi faccio convincere.
Song to say Goodbye/Placebo e Autumnsong/Manic Street Preachers
cupe, e vanno bene perché le gambe fanno un po’ male e vanno alla ricerca empaticamente di cupezza. I 100 passi/MCR Ore 8.40. Ultimi 4 giri.
E’ momento importante, il momento in cui il mio cervello in fuga creativa
incontra i primi pensieri su “cosadevofaredoveandareequantosaròinritardo”. A volte non è un incontro piacevole. Da qui in poi si scivola via. This
Fucking Job/Drive by Truckers mi porta all’arrivo.
Non ho ancora ben chiaro cosa ascolterò a Dublino in vista del traguardo. Il classico e virile We are the champions/Queen; o magari, se mi
dovessi commuovere troppo, faccio partire uno She/Elvis Costello,
abbraccio chiunque passi e addio ad ogni tipo di maschile dignità. Vi
farò sapere.
La Theka
Anno 2011 - N. 13
La nuova Associazione Levica
di Ivo Toigo
Alimentari
“da Evelin”
APERTO DALLE 06.00 ALLE 12.30 E DALLE 16.00 ALLE 19.30
CHIUSO IL MERCOLEDÌ POMERIGGIO
Via Nuova, 100 - Arten di Fonzaso (BL)
17
Spazio alle associazioni
Cerco tra i vari significati della parola
“associazione”: tra tutti la frase che più
mi colpisce, che più condivido, è “associazione di una o più persone per un
bene comune”. Cosi è nato ad Arten un
nuovo sodalizio con il nome di Levica, il
torrente che attraversa l’abitato di Arten, che non divide ma unisce poiché
l’acqua è la vita Ecco come il nome di
questo gruppo rappresenta in pieno il
senso e i principi che ci hanno spinto e
motivato a costituirlo. Sia chiaro quindi
che questa Associazione è di tutti, tutti
possono iscriversi e dare una mano al
primo gruppo di lavoro, che ha come
obiettivo l’organizzazione di manifestazioni, incontri sociali, culturali, incontri
tra cittadini per discutere riguardo al
paese, insomma tutto quello che può
essere utile agli Artenat!!
Levica è nata alla metà di luglio, quando con l’iscrizione all’ufficio del registro è stata data una forma legale. E’ stato formato quindi un primo direttivo di cui
fanno parte le seguenti persone: D’Ambros David presidente, Simonetto Francesco vice, Bee Alessandra segretario, Toigo Dennis tesoriere, Ferrari Luca, Simonetto Mirco, Toigo Elvis, Cappellin Pierangela, Toigo Ivo Claudio. Questo direttivo
rimarrà in carica fino al 31/12/2012, tempo necessario per dare una prima forma ed operatività; poi verrà rieletto da parte
della popolazione di Arten un nuovo direttivo che continuerà il lavoro.
Noi auspichiamo che nei vari
incontri che ci saranno la popolazione sia presente il più possibile per uno scambio di idee
più ampio, e per promuovere
insieme iniziative varie.
In questi primi mesi siamo riusciti a organizzare l’incontro
per ragazzi e adulti “Festa in
Piazza” e il carro che ha partecipato alla Festa dell’Uva a Fonzaso. Tutto questo è stato possibile grazie alla partecipazione
di quelli che sono intervenuti
agli incontri, dandoci una mano
nell’organizzazione o solo col
fatto di essere presenti.
Quello che posso aggiungere è
che noi ci proviamo, l’Associazione Levica vi aspetta!
Info: [email protected]
Economia e lavoro
La Theka
Anno 2011 - N. 13
Bandalarga
Intervista a Chicco, del locale feltrino
di Luca Ferrari
Mi siedo davanti al banco, ordino un calice e chiedo a chi si trova
dall’altra parte come sia nato questo locale. Sono al Bandalarga di
Feltre, tra piazza Isola e le Poste e parlo con Chicco che da quattro
anni, con David, Sara e Michela gestisce questo locale.
“Inizialmente si era pensato al locale come Internet café, per offrire
un collegamento con la rete vista la scarsa copertura del nostro territorio: poi a questa idea abbiamo aggiunto la passione per la musica, quella dal vivo però. Cosi è nato il Bandalarga che se nel nome
richiama la prima idea, nei fatti propone anche tanta buona musica”.
In effetti il Bandalarga è stato uno dei primi locali a Feltre a riproporre musica dal vivo.
“Esattamente: all’inizio abbiamo cercato di portare gruppi nuovi,
poi col tempo abbiamo allargato il genere musicale anche alle cover
band. Ciò che conta è considerare la musica come cultura mentre i
troppi limiti di orario imposti, alle 22:00 in settimana e alle 24:00
venerdì e sabato, fanno capire come essa sia considerata più un fattore di disturbo! Un vero peccato visto anche la scarsità di offerta di
eventi nel feltrino. Comunque l’offerta musicale è sempre apprez-
zata da chi frequenta il locale”.
Ed il servizio internet?
“Anche questo viene utilizzato frequentemente. Ma non è il solo
servizio offerto: in effetti per noi è fondamentale promuovere la conoscenza e l’utilizzo del software libero come mezzo per l’emancipazione informatica. L’informatica deve essere considerata un bene
comune vista l’importanza che ha assunto nella nostra società e questo significa che tutti possano utilizzare un pc senza dover dipendere da un marchio e dalla solo logica di mercato. Per questo offriamo
il servizio di installazione di software libero su pc, ancora corsi di formazione specifici. Con la prossima primavera proporremo l’evento
“Spritz in Scienza” proprio per trattare questo argomento e offrire
formazione sul software libero”.
Chi sono gli avventori del locale?
“La clientela è eterogenea: si va dai giovani, alle famiglie coi i bambini a gruppi di ogni tipo. Ci fa piacere, significa che l’offerta è valida
e piace. Speriamo continui cosi!”.
Non resta che passare di qui per scoprire il ritmo del Bandalarga!
Il web e la sua banda
di Desy Zonta
Il Web è un mondo sempre più importante, basti pensare a come si sia sviluppato nel tempo. Dal punto di vista tecnico non sono state apportate che
piccole migliorie, soprattutto grafiche e dinamiche, ma la grande rivoluzione è
avvenuta nelle modalità di utilizzo dello strumento. Nasce come strumento di
consultazione di siti e documenti statici che per essere creati richiedevano la
padronanza di programmazione. Ma col tempo, attraverso blog, forum, chat,
sistemi quali Wikipedia, YouTube, Facebook, Myspace, Twitter, Gmail, ecc..
sono aumentate esponenzialmente le possibilità anche per chi non ha competenze specifiche. Chiunque può partecipare a Social Network, comunità virtuali dove scambiarsi stati d’animo e idee; qualunque persona può usufruire
del Social Commerce, l’evoluzione dell’E-Commerce che consente una maggiore partecipazione dei clienti, attraverso forum, sistemi di feedback, ecc..
Si inizia così a parlare di Web 2.0, un Web di seconda generazione che assicura un maggior livello di interazione tra il sito e l’utente. Un gioco in cui l’individuo gioca la sua partita, scambiando risorse e informazioni. Grazie a questo
progressivo sviluppo oggi il web rappresenta un fattore essenziale per la crescita della vita sia privata che professionale. Ma per poter sfruttarne l’infinita
potenzialità è necessario aver a disposizione gli strumenti adatti. Per esempio,
in presenza di una connessione lenta, diventano problematiche operazioni
semplici come l’invio di file o l’apertura di una pagina internet. Una situazione critica, soprattutto per le aziende che subiscono così una perdita di
produttività, legata al tempo richiesto per svolgere attività quotidiane. Le iniziative di miglioramento della connessione divengono quindi un intervento
O. F. Feltrine
Garbin
18
strategico per la competitività di un’area, al pari di altre infrastrutture quali
strade e vie di comunicazione. È essenziale quindi un sistema di trasmissione
di dati che sfruttino un’ampiezza di banda superiore ai precedenti sistemi di
telecomunicazioni. Ad oggi, tra i sistemi che offrono una maggior velocità e
una maggiore stabilità per la connessione in download c’è la banda larga via
cavo. Per questo, ormai da alcuni anni, anche in provincia di Belluno si sente
parlare di una dorsale in fibra ottica che colleghi Canal S. Bovo, Castel Tesino
e Grigno, attraverso Pontet, Lamon, Arsiè e Primolano.
Il progetto prevede la stesura di una linea in fibra ottica di circa 49,4 km che,
grazie all’elevata capacità trasmissiva, assicura a una popolazione di circa
34.000 abitanti una connessione veloce con il massimo rispetto per l’ambiente assicurata da emissioni elettromagnetiche (elettrosmog) praticamente nulle. Il progetto nasce come elemento strategico per lo sviluppo del territorio,
per colmare il gap di velocità di trasmissione di cui le aree montane spesso risentono, non potendo sempre contare su connessioni con chiavette internet,
che non hanno sufficiente copertura, o sui servizi di Telecom Italia che, seppur
soggetta all’obbligo di servizio universale, non prevede un collegamento a
banda larga per tutti gli utenti. Nonostante l’approvazione del finanziamento
e la pluralità d’interessi coinvolti, la costruzione delle microtrincee necessarie
per la posizione della fibra, non è ancora iniziata (si dice inizierà a breve…ormai da tempo si dice così). Ora la scommessa è su che Web potremo contare
quando potremo “testare con mouse” la fibra ottica. Si parlerà forse di Web
4.0 o già di Web 5.0?
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La Theka
Anno 2011 - N. 13
The Beatles. Il ritmo prima di tutto.
di Massimo Bustreo
ascolto quella dinamica del “sogno ad occhi aperti” che una
parte dell’industria del consumo culturale sostiene e promuove. Un simile mondo onirico di suoni e immagini si fa matrice
per un’imitazione della vita esterna, per la costruzione di quei
canovacci dinamici – fatti di ritmo dato da pulsazioni musicali
come da frames visivi – che esaltano un’abbondanza di sogni
e desideri costantemente alimentati dalla Popular Music. Sua
è la “politica delle immagini” che offre al consumatore l’illusione di fuggire dall’immanenza della realtà, dalle limitazioni
da essa imposte, dalla disciplina superegoica del sistema sociale. Una politica delle immagini che i Beatles – o meglio i loro
produttori come Phil Spector e i loro manager come lo stratega Brian Epstein – hanno saputo ottimamente usare: dopo
una ricca serie di concerti live dei primi anni del gruppo, dal
1966 in poi – anno della loro esibizione al Candlestick Park di
San Francisco (29 agosto), ultimo concerto live del gruppo se
si esclude l’happening estemporaneo del 30 gennaio del 1969
sul tetto della sede della Apple a Londra – sono innumerevoli
le loro apparizioni silenti e altrettanto evocative. Una politica
delle immagini che attraverso film come A Hard Day’s Night
(1964) e Help! (1965) per la regia di Richard Lester si è rivelata
straordinario veicolo promozionale per gli omonimi album.
La braccia alzate e i cuori palpitanti dei fans dei gruppi pop
dell’industria dei consumi culturali sono ritmo che rafforza la
funzione ideologizzante di questa musica. Un conforto collettivo rassicurante, un anonimo ma condiviso appello alla comunità, un segno di appartenenza di ciascuno ad essa, perfettamente calata in quella missione della società moderna che mira
all’integrazione attraverso l’illusione della differenziazione.
Ciascuno con il proprio battito su un fondo ritmico comune.
Ma questa è la musica, bellezza!
I ritmi della musica da consumare si risolvono nel farla diventare pubblicità del mondo, jingle di se stessa, annuncio di una festosità garantita. Il luminoso e psichedelico juke-box dei primi
vinili pop chiama a gran voce schiere di teenagers, garantendo
loro la partecipazione alla festa, al ballo più tarantolato, alla
baraonda e all’esaltazione. La Popular Music che esce da simili
dispenser di felicità è, come dice Adorno, «una promessa di
gioia che pone se stessa al posto della gioia». In questo senso
il ritmo dei juke-box e della radio illude di poter partecipare
attivamente alla vita sociale, ai cambiamenti del mondo, restituendo al corpo e alla sua capacità di movimento una parte
delle funzioni che nella realtà gli sono state sottratte dalle macchine. Una delle funzioni attuali della musica sarebbe dunque
quella di ricordare agli ascoltatori-consumatori che essi hanno
un corpo da muovere, un’energia da liberare, un ritmo da seguire. Lennon, McCartney, Starr, Harrison. Voci, chitarre, basso,
batteria. E ritmo. Tanto ritmo.
VINI
SFUSI
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Lettere e parole
Altro che quattro scarafaggi. Beat in significato nascosto nel
loro nome. Quel beat che è ritmo universale, che si è fatto musica, costume e moda amati in ogni angolo del pianeta. The
Beatles. John, Paul, Ringo, George. La band partita da Liverpool nel 1960 e capace, in dieci anni, di costruire un successo
musicale – e soprattutto mediatico – di dimensioni planetarie,
maniacali, mitizzanti al punto da esser tutt’oggi oggetto d’interrogativi non risolti da parte di critici d’arte, ricercatori universitari e psicologi dei consumi culturali.
Il ritmo dei Beatles è presto divenuto l’espressione comunitaria
della costruzione di sé per milioni di teenagers. Ragazzotti e ragazzine febbricitanti, riuniti tanto al Cavern Club come al Washington Coliseum, trovarono presto un senso comune, uno
stile di vita, un mito da condividere. Questi – dall’angolo del
più piccolo locale di Amburgo al grande palco delle tournée
mondiali – diventarono altrettanto in fretta quei luoghi di un
consumo culturale capace di farsi luogo di costruzione dell’identità personale e sociale di ciascun consumatore, ovvero l’ogni dove del rapporto tra ciascun comportamento di consumo
e il Self. Il ritmo delle filastrocche quali Ob-La-Di, Ob-La-Da,
Yellow Submarine, I Want You, Lucy In The Sky With Diamond,
il ritmo delle immagini che accompagnavano ogni loro lancio
discografico e ogni campagna promozionale, il ritmo dei corpi
in trance che ondeggiavano spasmodici ad ogni singola loro
apparizione è quella forza che ha alimentato – e ancora alimenta per molti – la costruzione di una propria identità collettiva, contribuendo a costruire e confermare l’immagine di sé e
l’appartenenza ai propri gruppi di appartenenza. È quello che
chiamiamo il Sistema dei Consumi Identitari.
La musica dei Beatles ha seguito, quando non condizionato,
numerosi aspetti delle culture giovanili dalla Beat Generation
ad oggi. Attraverso un’attenzione quasi maniacale del loro manager Brian Epstein – a tutti gli effetti il quinto beatles – posta
su immagine e comunicazione questa band seppe forgiare un
universo culturale composito, tra fenomeni di costume e altri
tipi di produzione culturale quali cinema, clip, moda, arti visive, scrittura, letteratura… originati attorno alle musiche stesse
o sviluppati in stretta sinergia con il mondo musicale. Un esempio? Yellow Submarine, film d’animazione e trionfo del pop
floreale uscito nel 1969.
Forse il Sistema dei Consumi Identitari non nasce dai ritmi quadrati del gruppo inglese ma con loro si inserisce appieno in
quella società postmoderna che coincide con la società dei
media. Strumento diabolico di un’inevitabile schiavitù orwelliana e mondo fantasmagorico che moltiplica i centri di raccolta
e di interpretazione degli eventi da parte degli individui che
vivono la realtà coincidente alle immagini diffuse e trasmesse.
Il ritmo di Love me do, Help!, She Loves You ripropone ad ogni
La Theka
Anno 2011 - N. 13
Le dita nel bicchiere
di Luca Ferrari
Un concerto di Natale diverso dal solito: questo hanno
pensato le associazioni fonzasine su proposta di Ivo Vettori. Così il 17 Dicembre alle 20.45 nella Sala Parrocchiale
si esibirà Gianfranco Grisi, trentino di origine e precisamente di Mori. Musicista eclettico, pianista e direttore
d’orchestra che unisce ad una rigorosa formazione accademica una rara capacità d’invenzione.
Il percorso musicale di Gianfranco Grisi parte dal Conservatorio: ha studiato Pianoforte, Composizione, Direzione d’Orchestra e Direzione di Coro. Ha trascorso
buona parte della sua gioventù in giro per l’Europa,
suonando con formazioni di genere diverso.
Nel suo ricco curriculum di autore figurano musiche di
scena, colonne sonore per documentari, opere di musica da camera, lavori per coro e orchestra, partiture di
teatro musicale.
Dal 1989 è docente presso il Conservatorio F.A. Bonporti di Trento, sezione di Riva del Garda, e come esperto
Lettere e parole
nel corso di Etnomusicologia presso il conservatorio Pollini
di Padova. Una cosa lo contraddistingue nell’ambito musicale: l’aver creato un strumento, partendo dall’Armonico
a bicchieri per arrivare, con alcune modifiche a quello che
ha chiamato Cristallarmonio. Una cassa armonica con calici
di cristallo la cui disposizione permette di usare tre dita per
mano e toccare più calici contemporaneamente in modo da
creare accordi e armonie: diventa così una specie di organo.
Proprio il Cristallarmonio sarà protagonista a Fonzaso dove
Grisi si esibirà accompagnato dal suo chitarrista. Lo spettacolo, che prevede l’uso di altri strumenti come la Concertina,
di origine inglese da cui Grisi ha tratto la chiave per arrivare
al Cristallarmonio, spazierà dalle colonne sonore alla musica
popolare, a brani di Bach e Mozart.
Un invito quindi a tutti i lettori de La Theka ad esserci per una
serata di musica e per scambiarci gli auguri di Buon Natale!
Lettera
di Perotto Carla
Spett.le La Theka,
un dettaglio a quanto scritto in un articolo da voi pubblicato nel numero di settembre a pagina 12 a proposito del racconto di
Domenico Maddalozzo. A salvare la vita al signor Domenico è stata mia mamma, poi il fratello lo ha portato in ospedale, ma in
quel fatidico 1° Maggio in cui lui è stato ferito, mia mamma non ci ha pensato due volte nel momento in cui ha sentito i lamenti
e le invocazioni e, nonostante sparassero da tutte le parti, è uscita dal nascondiglio in cui si era rifugiata con la famiglia e ha
trascinato Domenico in casa assieme al dottore. Lo ha adagiato su un materasso ed è stata con lui fino alla fine della battaglia.
E’ stata mia madre a portare i primi soccorsi. Ho anche le foto del mio battesimo con il signor Domenico, che assieme alla
morosa si è proposto di farmi da padrino proprio come segno di riconoscenza nei confronti di mia madre.
CECCATO PIO
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La Theka
Anno 2011 - N. 13
Lettere e parole
La Banda
A Penelope
La Banda che arriva che suona che passa,
La senti? È la grancassa!
La Banda composta ordinata che sfila,
La senti? Saran in duemila!
La Banda col cappellino e la casacca rossa,
La senti? Vibra nelle ossa,
La Banda seduta nella piazza è venuta,
La senti? Alla gente è piaciuta!
La Banda col ritmo lento deciso crescente,
La senti? La tuba potente!
La Banda si è alzata e veloce è scappata,
La senti? La pioggia è arrivata...!
No so se ghe n sie na roba pi bela
De quando che nasse una tosatela
Quei de la theka i e tuti contenti
E a walter e ala debora i ghe fa i complimenti
Ma adess la vita no la sarà pi compagna
Con una in pi entro casa che la magna
E alora a la fin la morale la è questa
Caro walter ti laora che noi fon festa
di Catherine Oppio
di Simone Cassol
Reflussi
Notizie mal digerite
Co passa la banda
di Norma Marcon
Co passa la banda
no l’é na roba stranba
se te vegn de cantar,
balar o saltar!
el ritmo che la à
slargar el cor te fa!
e alóra, su, metonse a cantar,
balar o saltar:
contenti se sarà
e a la vita se soridarà!
di Nane Matti
“Berlusconi al G20 a Cannes”.
Come miglior attore non protagonista.
Napolitano “Le misure in tempi brevi”.
Servono per la bara!
Berlusconi: “Ho parlato con la Merkel, penso di averla convinta”.
Che è davvero lui il presidente del consiglio.
“L’Unesco riconosce la Palestina”.
E’ quel posto dove Israele costruisce le sue colonie.
Sacconi: “C’è tensione. Ho paura per chi mi sta vicino”.
Soffre di meteorismo.
Lettere e parole
Foto di Manuel Croci.
Avena da 5000 metri
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La Theka
Anno 2011 - N. 13
Cosa accadrà
Eventi Dicembre/Gennaio 2012
di Andrea Pasa
Comune di Fonzaso
Sabato 10 Dicembre ore 20.30 al Casel, sala San Filippo.
Filmato di Sky Alp Extreme e reportage dall’Africa, con la presenza di Ivan Zufferli, primatista mondiale di ultra marathon.
Organizzato da Comune di Fonzaso, Ass. alla Cultura e Pro Loco
Sabato 17 Dicembre ore 20.45 nella Sala Parrocchiale.
Esibizione di Gianfranco Grisi con il suo Cristallarmonio
Comune di Feltre
Sabato 17 dicembre ore 20.45, Auditorium Istituto Canossiano.
Commedia teatrale “La storia di Cyrano”
Comune di Belluno
Sabato 17 e domenica 18 dicembre, Teatro Comunale.
Stagione di Prosa 2011/2012 “Kohlaas” regia di Maria Maglietta
Comune di Seren del Grappa
Domenica 18 dicembre, Parrocchie.
Concerto di Natale
Comune di Seren del Grappa
Sabato 24 dicembre, vecchia pista di sci.
Fiaccolata di Natale
Comune di Feltre
Martedì 27 dicembre ore 20.45, Duomo.
Concerto di Natale diretto da Andrea Gasperin
Comune di Seren del Grappa
Sabato 31 dicembre, sede ANA.
Festa per l’ultimo dell’anno.
Comune di Cortina D’Ampezzo
Sabato 14 e domenica 15 gennaio, Pista Olimpia della Tofana
Coppa del Mondo dI Sci Alpino Femminile.
Comune di Cortina D’Ampezzo
Giovedì 19 a domenica 22 gennaio, Corso Italia
Arte Ghiaccio - Festival Internazionale delle sculture in neve
Comune di Belluno
Sabato 21 e domenica 22 gennaio, Teatro Comunale.
Stagione di Prosa 2011/2012 “Quello che prende gli schiaffi”
regia di Glauco Mauri.
Comune di Belluno
Sabato 11 e domenica 12 febbraio, Teatro Comunale.
Stagione di Prosa 2011/2012 “Galileo” regia di Daniele Nicosia.
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Cosa accadrà
È uscito il libro di
Norma Marcon.
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Anno 2011 - N. 13
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La polizza in Cassa Rurale.
Nasce il polo assicurativo del Nord Est
Il progetto di bancassicurazione entra nella fase operativa con la prima polizza sulla casa destinata alle famiglie. Sarà disponibile presso i 1.200 sportelli delle Casse Rurali del Trentino e delle
Bcc di Veneto e Friuli Venezia Giulia
Con il collocamento, a partire da lunedì 10 ottobre, agli sportelli delle Casse Rurali trentine e delle Bcc di Veneto e Friuli Venezia Giulia, della nuova polizza Assihome studiata per la
famiglia si consolida il progetto di bancassicurazione del credito cooperativo del Nord Est, fortemente sostenuto dalle Federazioni di Trento, Padova ed Udine. Con questa iniziativa si pongono
le basi per la nascita di un polo di intermediazione assicurativa del Nord Est di matrice cooperativa, che prevede anche importanti risvolti societari. Una nuova società, Assicura Group, assorbirà
l’attività di Assicura Cooperazione Trentino e delle due società del movimento cooperativo del Veneto e del Friuli specializzate nel comparto assicurativo: Assicra Veneto e Assicura Friuli
Venezia Giulia. Il capitale sociale sarà ripartito tra le tre attuali società assicurative e Cassa Centrale Banca. Principale partner tecnico del progetto sarà Assimoco, società controllata da DZ Bank.
La creazione di un unico soggetto assicurativo della cooperazione di credito del Triveneto produrrà benefici in termini di organizzazione e di qualità del servizio, che si riverseranno sulla
clientela.
Per la linea dei prodotti di bancassicurazione delle Casse Rurali e Banche di credito cooperativo del Nord Est è stato ideato il marchio “Sicuro”, che contrassegnerà le polizze dei tre rami:
danni, vita e previdenza. Si tratterà di prodotti semplici, con condizioni e clausole facilmente comprensibili, che permetteranno alle Casse Rurali di soddisfare le esigenze dei clienti non solo
in campo bancario e finanziario ma anche nel settore assicurativo e previdenziale. Già oggi in Germania circa il 30 per cento dell’operatività bancaria è generata dal comparto assicurativo.
Aspetto non di secondo piano è poi la comodità del cliente, che in caso di sinistro potrà rivolgersi direttamente alla banca.
La rete di vendita delle polizze “Sicuro” è capillarmente distribuita sul territorio del Nord Est potendo contare su un totale di 1.200 sportelli di 102 Casse Rurali e Bcc.
Assihome, per la famiglia
Il nuovo prodotto Assihome è una polizza multi rischio: copre i danni all’abitazione e quelli legati alla vita privata. Le garanzie possono essere sottoscritte singolarmente. Per ogni garanzia il
cliente può scegliere l’importo della copertura.
La polizza contro i danni all’abitazione è senza franchigie e scoperti e senza distinzioni tra i diversi tipi di costruzione. Inoltre, l’indennizzo prevede la formula “a valore a nuovo” per l’immobile e per il contenuto.
L’assicurazione copre i danni all’edificio e al suo contenuto (arredamento, vestiario, stoviglie, apparecchi elettronici, ecc.) causati da incendio, scoppio, fumo, fuoriuscita di acqua, atti vandalici
o dolosi, fenomeni atmosferici. Una novità è rappresentata dalla possibilità di assicurare anche i pannelli solari e l’impianto fotovoltaico. La polizza può essere sottoscritta anche se l’assicurato
è in affitto.
Assihome comprende anche il ramo “responsabilità civile”. L’assicurazione risarcisce i danni provocati a terzi dall’assicurato e dai suoi familiari. Le circostanze possono essere molteplici, ad
esempio: i danni causati nella pratica di sport, in qualità di pedone o ciclista, nella conduzione dell’immobile di residenza o di dimora saltuaria, i danni provocati dagli animali di proprietà
della famiglia.
Dopo il lancio di Assihome, Assicura ha nei suoi programmi a breve termine la commercializzazione di due nuove polizze della linea “Sicuro”: Assipro, che coprirà i rischi di morte e invalidità
permanente, e Assicredit, che offrirà al cliente una copertura dai rischi abbinati all’accensione di finanziamenti e mutui.
Ufficio Stampa Cooperazione Trentina - Corrado Corradini
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Nel prossimo Numero:
“Il mio nome è Nessuno”
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E-mail: [email protected] - Associazione “Oltreconfine”
Via M. Vallorca, 5 - 32030 Fonzaso (BL)
BAR SAN MARCO
di Turra Emanuele
GELATERIA ARTIGIANALE - CAFFETTERIA - LIVE MUSIC
Piazza Marconi, 31 - Arsiè
Chiuso il mercoledì, sempre aperto nel periodo estivo
Il 25/12/2011 LIVE MUSIC con il trio TRAVELIN’ BAND
Dalle ore 22.00
A mezzogiorno
Pizza e menù
a prezzo fisso
Pesce
tutti i giorni
Aperto dalle 07.00
alle 02.00 di notte
Sono gradite
le prenotazioni
Ristorante
Pizzeria
Via Fenadora, 39 - Z.I. Fonzaso (BL) - Tel. 0439.56012
www.lafenadora.it