III DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

III DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Anno A
Mt 4,12-23
Giovanni il Battista è arrestato e Gesù, nella prospettiva teologica di Matteo, ne riprende l’attività
di predicazione ponendosi allo stesso tempo in continuità ma anche, come avremo modo di
vedere durante l’anno liturgico, introducendo significativi elementi di innovazione.
L’annuncio che fu del Battista in Mt 3,2 risuona ora sulla bocca di Gesù: convertitevi perché il regno
dei cieli è vicino (4,17). L’evangelista presenta l’inizio dell’attività pubblica di Gesù attraverso un
oracolo del profeta Isaia. È tipica del primo Vangelo questa attenzione nel leggere la persona di
Gesù, alla luce delle attese profetiche, come colui che porta a compimento ciò che era stato
promesso e conferendo alla Legge e alla sua comprensione pienezza di significato. L’oracolo che
Matteo rilegge è quello di Isaia 8,23-9,1
Terra di Zàbulon e terra di Nèftali, sulla via del mare oltre il Giordano, Galilea delle genti! Il popolo
che abitava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione e ombra di morte
una luce è sorta
Si tratta di un oracolo di liberazione (VIII sec. a.C.) rivolto alle regioni settentrionali occupate
dall’esercito assiro di Tiglatpileser III. Il periodo del ministero profetico di Isaia fu, infatti,
dominato dall’inarrestabile potenza assira e dai suoi progetti di egemonia mondiale. Fa parte del
grande oracolo sulla nascita dell’Emmanuele, il re che avrebbe instaurato in Israele un regno di
giustizia e di pace. Le province settentrionali di Zàbulon e Nèftali erano state le prime a cadere
sotto la giurisdizione degli assiri. Questa situazione di dominio da parte di un popolo pagano era
vissuta da Israele come un “vivere nelle tenebre”, un “dimorare in terra di morte” perché privato
della signoria di JHWH e della sua Parola fortemente recepita e vissuta come la luce che illumina il
cammino (cfr. Sl 118). Questi territori erano denominati “Galilea delle genti” perché in essi
dimoravano non solo israeliti ma anche pagani. Già di per sé una simile convivenza era ritenuta
dannosa, sotto il profilo dell’osservanza della Legge, per il pericolo di “contaminazioni legali” con
i pagani con cui gli israeliti erano a contatto. A queste popolazioni Isaia annuncia, dunque,
l’imminente intervento di Dio che farà splendere la luce della salvezza a quanti sono avvolti nelle
tenebre dell’oppressione. A loro il Signore donerà un “figlio” che sarà chiamato Emmanuele, il Dio
con noi
Ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il segno della sovranità ed è chiamato: Consigliere
ammirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace; grande sarà il suo dominio e la pace
non avrà fine sul trono di Davide e sul regno, che egli viene a consolidare e rafforzare con il diritto e
la giustizia, ora e sempre; questo farà lo zelo del Signore degli eserciti. (Is 9, 4)
Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che
chiamerà Emmanuele. (Is 7, 14)
Matteo ha già presentato la nascita di Gesù come compimento di questo oracolo nel prologo del
suo Vangelo
Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è
generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti
salverà il suo popolo dai suoi peccati». Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato
detto dal Signore per mezzo del profeta: Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà
chiamato Emmanuele, che significa Dio con noi. (Mt 1, 20-23)
Ora, al principio dell’attività di annuncio, rafforza questa lettura: l’oracolo si è compiuto; il “figlio”
promesso è giunto e la sua opera di liberazione comincia proprio dai territori più emarginati, dalle
province del nord, da quella Galilea delle genti da cui non ci si può aspettare che sorga niente di
buono1. Matteo dimostra una particolare attenzione ai pagani (le genti); nel suo racconto
midrashico della nascita di Gesù ha già accennato al tema della luce che brilla nella notte (la stella)
e al fatto che siano i pagani (i magi che vengono da oriente) quelli che per primi si mettono in
cammino per cercare il re. Matteo scrive il suo Vangelo per una comunità di cristiani provenienti
dal giudaismo che faticava, molto verosimilmente, ad accogliere i pagani al suo interno e ad
accettare che la salvezza fosse destinata anche a loro. Ecco allora che questa verità viene ripresa e
ribadita: la luce è venuta per tutti, la salvezza è un dono che Dio fa a tutti gli uomini.
Il tema della luce è fondamentale per tutta la letteratura biblica. È la prima cosa ad emergere dal
caos primordiale, la prima parola creatrice di Dio (Gen 1,3). Ancora prima del sole e della luna (i
grandi luminari, Gen 1, 14-18) noi troviamo la luce a mettere ordine: è quella parola creatrice
(dabar/logos) grazie alla quale tutto assume la propria fisionomia e trova la propria collocazione. È
la luce che guida Israele fuori dall’oscurità della schiavitù dell’Egitto verso la libertà della terra
promessa2 e diventa Alleanza nelle dieci Parole del Sinai prima e poi in quelle dei Profeti3. Matteo
richiama l’attenzione dei suoi lettori, nella cui mente la parola “luce” presentava indubbiamente
tutti questi aspetti, sulla persona di Gesù: la sua predicazione, il suo annuncio, la sua parola sono
quella luce che risplende su coloro che dimorano nell’ombra di morte. Essa splende per tutti,
soprattutto per i lontani. Ascoltare, obbedire è lasciarsi condurre fuori dalle tenebre; è lasciarsi
guidare, come i magi dalla stella, alla dimora del “Gran Re”. La chiamata e la risposta-sequela dei
primi discepoli descritta nei versetti successivi è la prima immagine che l’evangelista ci consegna
di cosa significa ascoltare, obbedire, lasciarsi condurre. In quel “subito lasciarono” per seguire
Gesù ritroviamo il mettersi in cammino dei magi dietro quella stella che li precedeva e iniziamo a
Altri dicevano: «Questi è il Cristo!». Altri invece dicevano: «Il Cristo viene forse dalla Galilea?
Giovanni. Non dice forse la Scrittura che il Cristo verrà dalla stirpe di Davide e da Betlemme, il villaggio di Davide?»
[…] Gli risposero: «Sei forse anche tu della Galilea? Studia e vedrai che non sorge profeta dalla Galilea» (Gv 7, 4142.52)
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È la nube luminosa di Es 13,21
La Legge è cantata come lampada e luce nei Salmi. Cfr Sl 17,29; 18,19;26,1;36.6; 42,3; 55,14; 118,105.
leggere il nostro cammino di discepoli dietro colui che è la luce, quella vera, che illumina ogni uomo
(Gv 1, 9).