8QD FDUDWWHULVWLFD IRQGDPHQWDOH GHOOD 1DWXUD q LO VXR ³GLYHQLUH´ O¶8QLYHUVRQRQqIHUPRLPPRELOHPDSHUHQQHPHQWH LQPRYLPHQWRVSHVVR GLVRUGLQDWRHLQVSRQWDQHDWUDVIRUPD]LRQH$WWUDYHUVRLO6HFRQGR3ULQFLSLR OD 7HUPRGLQDPLFD WHQWD GL DIIURQWDUH UD]LRQDOPHQWH LO WHPD GHOO¶ ³PXWDPHQWR´ FRPSOHPHQWDUH DO WHPD GHOOD ³FRQVHUYD]LRQH´ RJJHWWR GHO 3ULPR3ULQFLSLRHIRUQLVFHXQXWLOHFRQFHWWRSHUODPLVXUDGHO³GLYHQLUH´ SHU OD VFHOWD GHOOD GLUH]LRQH LQ FXL DYYHQJRQR L SURFHVVL QDWXUDOL OD IXQ]LRQHGLVWDWRGHWWD(QWURSLD 3UHVHQWLDPR TXL XQ SHUFRUVR ORJLFR FKH SRUWD D FRVWUXLUH LO 6HFRQGR 3ULQFLSLRHO¶(QWURSLDFRQDOFXQHDSSOLFD]LRQLLQ)LVLFDHDFFHQQLDPRDOOD ORUR HVWHQVLRQH DOOR VWXGLR H DOOD FRPSUHQVLRQH GL XQD JUDQ YDULHWj GL IHQRPHQLLQWXWWLLFDPSLGHOVDSHUH ,SDUWHLO6HFRQGR3ULQFLSLR ,QWURGX]LRQH Il Primo Principio della Termodinamica afferma la conservazione dell’Energia in tutte le sue forme, e in particolare sancisce l’equivalenza tra i due aspetti fondamentali in cui si manifesta lo scambio di Energia tra un sistema e l’ambiente. Il primo, il lavoro meccanico con tutte le forme di energia connesse ad esso (energia cinetica, energie potenziali etc.) che riguarda essenzialmente il movimento di corpi macroscopici; il secondo, chiamato calore, interpretato spesso come una forma di energia associata al movimento microscopico. Il Primo Principio è una pietra miliare nella descrizione dei fenomeni naturali, nel senso più “universale” del termine; esso però non soddisfa completamente tutte le domande che sorgono dall’osservazione della Natura. Una prima questione, più tecnica, può essere la seguente: sappiamo che gli scambi di energia avvengono tramite due forme equivalenti, ma fino a che punto è possibile la trasformazione reciproca tra queste due forme di energia? Una seconda domanda, più filosofica: in Natura si osserva che un sistema inanimato tende ad uno stato di relativa quiete detto “stato di equilibrio”, che una volta raggiunto non viene più abbandonato (a meno di intervento esterno). I sistemi animati sembrano comportarsi esattamente in modo opposto, modificando continuamente se stessi e l’ambiente circostante. E’ possibile comprendere e giustificare queste osservazioni? Una risposta a queste domande non può arrivare dal Primo Principio perché esso parla di “conservazione”, e quindi fa un’affermazione sull’ “essere”. Mentre le questioni che abbiamo sollevato fanno parte dell’altra categoria filosofica, quella del “divenire”, o del “mutamento”. Un altro punto di vista è il seguente: il Primo Principio parla della “quantità” dell’Energia, che per l’appunto è sempre conservata; ma i fenomeni che avvengono in Natura riguardano anche la “qualità” dell’Energia. Sappiamo bene come oggi si parli di “degradazione dell’ambiente”, oppure “consumo di risorse naturali”, tutte frasi che implicano una trasformazione in senso negativo, cioè di perdita di “qualità”. La vita stessa è legata alla disponibilità di energia di buona qualità, e tutti i fenomeni naturali possono essere visti anche come modificazioni della qualità dell’Energia. Ancora, un terzo punto di vista riguarda concetti come “ordine” e “disordine”: le molecole di un gas tendono ad avere velocità a caso, lo stesso gas tende a riempire tutto lo spazio a disposizione, il caffè e il latte si mescolano fino a diventare un tutt’uno, il traffico diventa sempre più caotico, etc. Tutti questi fenomeni possono essere visti come un’evoluzione tra stati con carattere di ordine e regolarità, a stati con carattere di forte disordine e di dispersione dell’ Energia, in una parola il “ caos” . Anche quest’ aspetto dei fenomeni naturali è al di fuori dell’ ambito delimitato dal Primo Principio. E’ necessario quindi un salto concettuale, che viene compiuto con la formulazione del Secondo Principio, e con l’ introduzione di un nuova funzione di stato, l’ Entropia, che in un certo senso fornisce una misura della “ qualità dell’ Energia” e dello “ stato di disordine” , e quindi della capacità di trasformazione o di “ mutamento” dei fenomeni naturali. Il percorso che seguiremo parte dallo studio tradizionale, che si trova nei manuali di Fisica, sulla possibilità di trasformare calore in lavoro meccanico, un problema di grande importanza pratica nato con l’ avvio della Rivoluzione Industriale. Per poi arrivare a definire l’ Entropia, astraendo dalle questioni ingegneristiche, e studiarne alcune applicazioni alla spiegazione del “ divenire” nei fenomeni naturali. Si accennerà infine all’ estensione dell’ Entropia allo studio delle proprietà di “ disordine” in un sistema, e alle applicazioni in altre Scienze degli importanti concetti sviluppati. 0DFFKLQHWHUPLFKHUHQGLPHQWRH6HFRQGR3ULQFLSLR /D WUDVIRUPD]LRQH FRPSOHWD GL ODYRUR PHFFDQLFR LQ FDORUH è sempre possibile, anzi inevitabile se pensiamo all’ esistenza degli attriti che continuamente prelevano energia dal lavoro meccanico disperdendola sotto forma di riscaldamento delle parti, cioè calore. Queste sono anche state le osservazioni che hanno portato alle prime idee sull’ equivalenza tra energia meccanica e calore, poi sancita dagli esperimenti di Joule. Il fenomeno inverso, la trasformazione di calore, energia di bassa qualità e dispersa a livello microscopico, in lavoro meccanico, cioè energia di alta qualità pronta per le applicazioni, avviene in Natura per mezzo di sistemi complessi, come gli organismi viventi (dove il calore arriva da reazioni chimiche), oppure per mezzo di PDFFKLQHWHUPLFKH, essenziali per la nostra moderna civiltà, dove il calore arriva dalla combustione (macchine a vapore, motore a scoppio). Lo schema di principio di una macchina termica è come in figura: la prima caratteristica di una macchina termica è che essa Tc esegue un SURFHVVR FLFOLFR, cioè rappresentabile da una curva chiusa sul piano P-V, poiché lo stato della macchina deve ritrovarsi inalterato al termine del suo funzionamento, e senza Qc intervento energetico dall’ esterno (altrimenti la useremmo una sola volta!). Il funzionamento è il seguente: in un ciclo la M W macchina M assorbe la quantità di calore 4 da una sorgente di calore (o da un corpo caldo) alla temperatura 7 , esegue il lavoro Qf meccanico : nell’ ambiente esterno, infine restituisce un calore Tf di scarto 4 ad una sorgente di calore (o ad un altro corpo più Ä Ä Ã freddo) alla temperatura 7 , tale che 7 > 7 . Ad esempio, nel motore a scoppio la sorgente di calore è la combustione della benzina; il lavoro è prodotto dall’ espansione dei gas caldi di combustione (praticamente una espansione adiabatica) che spingono il pistone. Infine il motore ritorna allo stato iniziale espellendo il gas, ormai meno caldo. Poiché le macchine termiche lavorano con processi ciclici, si ha subito D8 = 0 e quindi il bilancio energetico è dato da: : = 4 - 4 (1) Un importante parametro che caratterizza la “ bontà” di una macchina termica, cioè la sua efficienza nella conversione da calore assorbito a lavoro eseguito, è il UHQGLPHQWR h definito come il UDSSRUWR WUD LO ODYRUR IDWWR H LO FDORUH DVVRUELWR GDOOD VRUJHQWH GL FDORUH DOOD WHPSHUDWXUDSLDOWD h = : 4 = 1- 4 4 (2) Come si vede subito il rendimento è un numero compreso tra 0 e 1 (o compreso tra 0 e 100 nel caso spesso usato nella pratica in cui si consideri il “ rendimento percentuale” ). La domanda fondamentale che ci dobbiamo porre è la seguente “ E’ possibile costruire una macchina termica che abbia h = 1 ” che cioè riesca a convertire completamente il calore assorbito in lavoro? Tutti gli sforzi fatti dagli scienziati, sia teorici sia sperimentali, in questa direzione sono sempre falliti, e si è sempre riscontrato h < 1 . La situazione è stata quindi formulata nel seguente modo dallo scienziato inglese Lord Kelvin: 6HFRQGR3ULQFLSLRGHOOD7HUPRGLQDPLFDSRVWXODWRGL.HOYLQ3ODQFN (¶LPSRVVLELOHUHDOL]]DUHXQDWUDVIRUPD]LRQHLOFXLXQLFRULVXOWDWRVLDXQDFRQYHUVLRQHGL FDORUHWUDWWRGDXQDVRODVRUJHQWHWHUPLFDLQODYRURPHFFDQLFR E’ essenziale che la conversione sia l’ unico risultato di un ciclo di funzionamento della macchina, infatti in tutti gli esempi noti c’ è sempre del calore di scarto che deve essere eliminato, e quindi il rendimento è sempre inferiore a 1. Il secondo principio nega quindi la possibilità di trasformare completamente calore in lavoro; esso introduce quindi una GLVVLPPHWULD QHOOH WUDVIRUPD]LRQL HQHUJHWLFKH. Una conseguenza diretta di ciò è O¶LPSRVVLELOLWj GHO PRWR SHUSHWXR, uno dei famosi miti della scienza, inutilmente cercato per secoli (e ancora all’ attenzione di alcuni anche oggi, purtroppo!). In linea di principio dovrebbe essere possibile recuperare tutto il calore, non completa eventualmente disperso dai piccoli attriti inevitabilmente presenti in qualunque macchina per quanto perfetta, trasformandolo di nuovo in calore lavoro meccanico. Ma questa possibilità è conversione negata dal secondo principio: una quantità di calore (anche infinitesima!) GHYH comunque sfuggire ai tentativi di recupero, e quindi completa qualunque moto è destinato a cessare, prima o poi. Possiamo anche affermare che la qualità dell’ energia tende a degradarsi inevitabilmente. lavoro &RQGX]LRQHVSRQWDQHDGLFDORUHH6HFRQGR3ULQFLSLR Un altro aspetto importante dei fenomeni naturali, che porta ad una versione alternativa del secondo principio, è l’ osservazione che molti processi avvengono spontaneamente, senza intervento esterno. Emblematica a questo proposito è la conduzione di calore: tra un corpo caldo (a temperatura maggiore) e un corpo freddo (a temperatura minore) messi a contatto, vi è un passaggio di energia spontaneo sotto forma di calore, fino a che si raggiunge l’ equilibrio termico. Naturalmente è possibile indurre un passaggio di calore in senso contrario (i frigoriferi sono stati inventati proprio per questo) ma si richiede un intervento esterno, in genere una immissione di nuova energia (nel frigorifero l’ energia elettrica). Queste considerazioni hanno portato lo scienziato tedesco Rudolf Clausius a formulare il 6HFRQGR3ULQFLSLRGHOOD7HUPRGLQDPLFDSRVWXODWRGL&ODXVLXV (¶ LPSRVVLELOH UHDOL]]DUH XQD WUDVIRUPD]LRQH LO FXL XQLFR ULVXOWDWR VLD XQD SDVVDJJLR GL FDORUHGDXQFRUSRDXQDGDWDWHPSHUDWXUDDGXQDOWURDWHPSHUDWXUDSLDOWD Ovvero è impossibile che VSRQWDQHDPHQWH, o per mezzo di qualche diavoleria ma senza intervento esterno, il calore passi da un corpo più freddo ad uno più caldo (in altre parole non può esistere un frigorifero perfetto!). In questa forma il secondo principio afferma che in Natura esistono processi LUUHYHUVLELOL, cioè trasformazioni che avvengono in una direzione ben precisa, verso stati di equilibrio, e non possono spontaneamente invertirsi in alcun modo, a meno di non pagarne il prezzo con un intervento dall’ esterno, ovvero in termini di modifica dell’ ambiente circostante. , GXH SRVWXODWL GHWWL EUHYHPHQWH .HOYLQ H &ODXVLXV VRQR LQ UHDOWj GXH IRUPXOD]LRQL SHUIHWWDPHQWH HTXLYDOHQWL GHO VHFRQGR SULQFLSLR. Si può dimostrare infatti che essi sono profondamente connessi, e descrivono due facce diverse di una stessa realtà: l’ irreversibilità a livello microscopico (il passaggio di calore) pone dei vincoli alle trasformazioni tra le varie forme di energia. (TXLYDOHQ]DGHOOHGXHIRUPXOD]LRQLGHO6HFRQGR3ULQFLSLRIDFROWDWLYR Dimostriamo esplicitamente che le due formulazioni sono equivalenti, e che dall’ una si può ricavare l’ altra. Ricorriamo al noto procedimento detto di “ dimostrazione per assurdo” , cioè si negherà la validità di uno dei postulati per arrivare logicamente a negare anche l’ altro; di conseguenza i due postulati devono essere entrambi veri , oppure entrambi falsi (ma questo non può essere!). D 6H.HOYLQQRQqYHURDOORUDDQFKH&ODXVLXVQRQqYHUR Se Kelvin non fosse vero, allora esisterebbe la macchina ideale che trasforma completamente la quantità di calore 40 , prelevata alla temperatura 70 , in lavoro T0 meccanico : . Questo lavoro può essere utilizzato per riscaldare tramite attrito un corpo a temperatura 71 Q0 fornendogli il calore 41 = : = 40 . Se scegliamo un T >T M à Wà 1 0 corpo a temperatura maggiore 71 > 70 , l’ unico risultato Q1 di tutto il procedimento è il passaggio di calore da un corpo a bassa temperatura verso un corpo ad alta temperatura, contravvenendo quello che afferma il postulato di Clausius. E 6H&ODXVLXVQRQqYHURDOORUDDQFKH.HOYLQQRQqYHUR. Tc Se Clausius non è vero, allora esiste un qualche processo spontaneo che porta la quantità di calore 4 dal corpo freddo al corpo caldo. Accoppiamo questo Qc processo ad una macchina termica che assorbe il calore M 4 dal corpo caldo, esegue il lavoro : all’ esterno e W Qx restituisce esattamente il calore 4 al corpo freddo, che quindi si ritrova allo stato di partenza. L’ unico risultato Qx di questo procedimento sarebbe quindi la trasformazione Tf completa del calore 4 - 4 , prelevato dal corpo caldo, in lavoro meccanico, contrariamente all’ affermazione del postulato di Kelvin. Abbiamo quindi visto che la validità, o la falsità, di uno dei due postulati implica necessariamente la validità, o la falsità dell’ altro. Poiché l’ esperienza ci dice che Clausius deve essere vero, non essendo mai stato osservato alcun fenomeno contrario, concludiamo che Ä Â Ä Â Ä Ã entrambe le formulazioni del secondo principio sono legittime ed equivalenti. (d’ altra parte si tratta per l’ appunto di postulati, cioè verità non dimostrabili a partire da alcuna verità preesistente) . /DPDFFKLQDGL&DUQRW Il secondo principio afferma la necessità della non completa conversione di calore in lavoro, ovvero che il rendimento di una macchina termica è sempre minore di 1. Il meglio che si può fare è progettare una macchina il più possibile perfetta per tentare di alzare al massimo il rendimento. Tale macchina dovrà funzionare in modo UHYHUVLELOH H SHU VWDWL GL HTXLOLEULR, evitando a priori qualunque processo spontaneo alla Clausius, che impedisca già in partenza l’ ottenimento di alti rendimenti (a causa dell’ equivalenza delle due formulazioni del secondo principio), e inoltre dovrà funzionare lentamente, in modo controllato e privo di attriti, per minimizzare al massimo la dispersione di energia. Un buon candidato per la costruzione di una macchina del genere è il JDVLGHDOHRSHUIHWWR, che essendo privo di attrito interno (la viscosità) garantisce l’ assenza di dispersioni di energia, e inoltre è perfettamente controllabile con l’ equazione di stato e le altre leggi note. Consideriamo dunque un gas perfetto in un recipiente •A P isolato, con un pistone mobile per scambiare lavoro meccanico con l’ esterno. Lo scambio di calore è invece B • possibile attraverso un’ apertura dove il recipiente può essere • D messo in contatto con delle sorgenti di calore. Questa è la •C macchina ideata da Carnot all’ inizio del XIX secolo (detta 0 V anche ciclo di Carnot) come “ strumento ideale” per studiare la conversione calore-lavoro. Qf Qc Tf Tc AB BC CD DA Se il gas perfetto si trova inizialmente nello stato A sul piano P-V, un ciclo di funzionamento della macchina consiste in 4 trasformazioni, di cui due isoterme e due adiabatiche; come si osserva dalla figura la costruzione di un ciclo con questi processi è permessa dal fatto che le curve adiabatiche sono più ripide di quelle isoterme. La successione delle trasformazioni è la seguente: , (VSDQVLRQHLVRWHUPD$% tenendo il recipiente a contatto termico con la sorgente di calore “ calda” alla temperatura 7 , il gas assorbe il calore 4 ed esegue il lavoro : = 4 all’ esterno. ,, (VSDQVLRQHDGLDEDWLFD%& con il recipiente isolato, il gas esegue il lavoro esterno : a spese della sua energia interna, in modo che la temperatura si abbassa a 7 . ,,, &RPSUHVVLRQHLVRWHUPD&' col recipiente a contatto con la sorgente di calore “ fredda” a temperatura 7 , il gas riceve dall’ esterno il lavoro : (= - : , il lavoro fatto dal gas che è quindi negativo) e restituisce il calore 4" = :! alla sorgente. ,9 &RPSUHVVLRQHDGLDEDWLFD'$ % con il recipiente isolato, il gas riceve dall’ esterno il lavoro : # $ (= - :&' , il lavoro fatto dal gas) che va ad aumentare la sua energia interna, e quindi la temperatura che ritorna a 7 , completando il ciclo. In conclusione, dopo un ciclo di funzionamento il gas ha assorbito il calore 4 a 7 , ha ceduto il calore 4 ( a 7( e ha eseguito il lavoro totale : = 4 * - 4) , rappresentato graficamente sul piano P-V dall’ area del ciclo. Si dimostra che il rendimento del ciclo di Carnot dipende solo dalle due temperature di funzionamento, ed è dato dalla semplice formula h& = 1 - 7I 7F (3) (per la dimostrazione, consultare gli “ approfondimenti” ). E’ subito evidente che: a) tutte la macchine di Carnot che operano con le stesse temperature hanno lo stesso rendimento (quindi non è importante il tipo di gas che si usa, o il tipo di sorgente di calore); b) il rendimento potrebbe essere h = 1 (o del 100%) solo se 7) = 0 , ovvero se avessimo una sorgente di calore allo zero assoluto (ricordiamo che 7 si misura sempre in K!!) ma questa è una temperatura praticamente irraggiungibile (anche se in laboratorio sono state oggi raggiunte temperature dell’ ordine di 10-6 K); di più, il Terzo Principio della Termodinamica, formulato da Nerst nel 1900, afferma, tra altri argomenti, l’ impossibilità di raggiungere lo zero assoluto. La macchina di Carnot ha quindi un carattere “ universale” , ed è per questo che serve come banco di prova di tutti gli studi sulle reciproche trasformazioni tra diverse forme di energia. E’ da notare che, data la sua semplicità, può essere facilmente realizzata in laboratorio. Inoltre essa opera con SURFHVVL UHYHUVLELOL, e quindi il suo funzionamento può facilmente essere invertito, cioè possono Tc essere invertiti tutti i singoli processi, in modo da IXQ]LRQDUH GD IULJRULIHUR: in tal caso si preleva calore dalla sorgente Qc “ fredda” con l’ introduzione di lavoro meccanico dall’ esterno, e si scarica tutta l’ energia assorbita alla sorgente “ calda” frigorifero W (ricordiamo che per il secondo principio quest’ operazione non può avvenire in modo naturale ma è necessario l’ intervento esterno!), mantenendo le stesse caratteristiche di rendimento h Qf (noi faremo sempre uso di questo, anche se in realtà per i Tf frigoriferi si definisce un parametro analogo detto “ coefficiente di prestazione” ). La macchina di Carnot è il prototipo di tutte le macchine termiche reversibili, come si deduce anche dal:   Á 7HRUHPDGL&DUQRW LTutte le macchine reversibili hanno lo stesso rendimento, dato dalla formula (3). LL Tutte le macchine con processi irreversibili hanno rendimento inferiore alle precedenti. Quindi il rendimento del ciclo di Carnot è il massimo possibile. rev irr = < C (processi reversibili) C (processi irreversibili) (4) Questo teorema, dimostrato per la prima volta da Carnot stesso (quando ancora non era chiaro nemmeno il concetto di energia!), viene riconosciuto oggi come una diretta conseguenza del secondo principio della termodinamica (la dimostrazione è negli approfondimenti). Il teorema afferma che la massima efficienza nella conversione tra energia microscopica, sotto forma di calore, in energia macroscopica (lavoro) si ha, prevedibilmente, per mezzo di processi ciclici reversibili, ma in più afferma che tutte le macchine • reversibili che operano tra le due temperature 7 e 7) sono P Qc equivalenti. Si capisce quindi come la macchina di Carnot sia il prototipo di W • • tutte le macchine cicliche che operano reversibilmente, e un Qf approfondito studio di essa sta alla base dell’ interpretazione e • 0 della comprensione delle leggi naturali connesse al secondo V principio. ,,SDUWHO¶(QWURSLD 3URSULHWjGHLFLFOLGL&DUQRW Nella prima parte si è introdotta una fondamentale legge di Natura, il Secondo Principio della termodinamica, e si è accennato ai suoi diversi e numerosi aspetti. In una delle sue interpretazioni, potremmo dire che la “ qualità” dell’ Energia non si conserva, a differenza della “ quantità” la cui conservazione è garantita dal Primo Principio. In realtà la “ qualità” dell’ Energia non è un concetto ben definito, e in genere è pensato come associato alle diverse forme in cui può essere immagazzinata o scambiata l’ Energia. L’ Energia disponibile come calore ad alta temperatura viene considerata “ energia nobile” che può essere dispersa in calore a bassa temperatura, cioè energia di bassa qualità, per conduzione spontanea irreversibile (Clausius); oppure utilizzata per produrre lavoro meccanico, energia di alta qualità, ma anche in questo caso vi è un’ inevitabile degradazione (Kelvin). Sorge quindi la necessità di quantificare e misurare in qualche modo la perdita di qualità dell’ energia dovuta ai processi irreversibili in Natura, che ci possa fornire indicazioni su come e quanto dobbiamo confrontarci con una degradazione dell’ energia, o cosa dobbiamo fare per limitarla. Il ciclo di Carnot può fornire una risposta a questo problema: esso dà una prima valutazione quantitativa alle domande sul rendimento nella conversione tra due forme di energia di diversa “ qualità” , e inoltre ha un carattere “ universale” poiché prescinde di fatto dal tipo sostanza materiale che viene utilizzata, mentre dipende unicamente dalle due temperature delle sorgenti di calore, e dall’ unica richiesta che le trasformazioni termodinamiche siano di tipo reversibile. Partiamo quindi da un’ analisi dei cicli di Carnot allo scopo di descrivere processi naturali qualsiasi attraverso di essi, e arrivare a delle importanti conclusioni. Notiamo dapprima che dalla definizione di rendimento (2) e dalla formula appropriata per i cicli di Carnot (3) ricaviamo facilmente: + + + + + + 1- 4 4, 7 = 1- 7, à 4 4, = 7 7, à 4 7 + = 4, 7, à 4, 4 - + =0 7, 7 (5) cioè il calore assorbito diviso per la sua temperatura, meno il calore restituito diviso per la sua temperatura dà zero. Se ora ritorniamo alle definizioni di calore scambiato stabilite quando si erano studiate le proprietà di trasformazione dei gas, cioè definire SRVLWLYRLOFDORUHDVVRUELWRH QHJDWLYRLOFDORUHFHGXWR, l’ ultima formula si può riscrivere in modo sintetico: Ê- 4 - = 0 7 - (6) cioè LQXQFLFORGL&DUQRWODVRPPDGHLFDORULVFDPELDWLGLYLVLSHUOHWHPSHUDWXUHLQ. DOOHTXDOLVRQRVWDWLVFDPELDWLq]HUR. Consideriamo ora un qualsiasi processo ciclico UHYHUVLELOH, come quello rappresentato in figura sul piano P-V. Ricordiamo che il lavoro totale fatto durante il ciclo è rappresentato dall’ area interna al ciclo, ed è positivo se il ciclo è percorso in senso orario, negativo nel caso opposto. Durante lo svolgimento del processo ciclico, il sistema scambia calore con l’ esterno, e in particolare per ogni tratto del P A percorso scambierà una certa quantità di calore, con delle sorgenti • ciclo reversibile a temperature date. Nella massima generalità, possiamo pensare qualsiasi che per ogni tratto piccolo a piacere (infinitesimo) del percorso ci sia una quantità infinitesima di calore scambiato G4 con le sorgenti di calore esterne, alla temperatura 7 ; adottiamo la convenzione detta sopra, cioè G4 positivo se assorbito, G4 V negativo se ceduto. Possiamo pensare ora di ricostruire questo ciclo reversibile qualsiasi sommando un grande numero di sottili cicli di Carnot, P Somma di cicli tutti nello stesso senso del ciclo originario, come mostrato • di Carnot schematicamente in figura. In altre parole si dispongono dei cicli di Carnot uno in fila all’ altro, connessi tra loro per i tratti isotermi e graficamente rappresentati come nella seconda figura, in modo che il calore ceduto da uno venga assorbito dal successivo. Il primo ciclo, quello più a destra, riceve calore direttamente dall’ esterno; il secondo ciclo assorbe calore dal primo e ne cede al V terzo e così via fino ad arrivare all’ ultimo ciclo (a sinistra) che restituisce calore all’ esterno. Come si vede dalle figure, l’ unione dei cicli non è esatta, rimangono scoperti dei tratti di isoterma e di / adiabatica che costituiscono la linea seghettata che segue approssimativamente il percorso del ciclo originario, come del resto l’ area totale dei cicli di Carnot (il lavoro totale) è approssimativamente uguale a quella del ciclo originario. / Usando la formula (6) e sommando su tutti i cicli di Carnot abbiamo ovviamente: 4 . =0 Ê Tutti i cicli di Carnot 7 . Ã Ê Tutti i tratti che seguono il profilo del ciclo originario 4’ . =0 7 . dove la seconda uguaglianza nasce dal fatto che le quantità di calore che vengono scambiate nei tratti comuni a due cicli (i tratti isotermi) si cancellano perché sono alternativamente positivi e negativi (sono alternativamente assorbite e cedute), e rimangono soltanto le parti di calore scambiato nei tratti non comuni, i piccoli pezzetti di isoterma situati sul profilo del ciclo originario. A questo punto è chiaro che se si prendono cicli di Carnot sempre più stretti (infinitamente stretti!), in numero grandissimo e opportunamente regolati, possiamo fare in modo che la linea seghettata approssimi sempre meglio il ciclo originario, che in ogni piccolo tratto di isoterma (di lunghezza infinitesima!) non compreso tra due cicli di Carnot adiacenti, e che giace sulla linea seghettata, il calore scambiato sia esattamente uguale al calore infinitesimo G4 scambiato in quel tratto del ciclo originario, e che l’ area totale dei cicli di Carnot sia uguale all’ area del ciclo originario (il tutto è garantito dalla conservazione dell’ energia). ,Q FRQFOXVLRQH ULXVFLDPRDULSURGXUUHHVDWWDPHQWHXQFLFORTXDOVLDVLUHYHUVLELOHFRQXQDVXFFHVVLRQHGL LQILQLWLFLFOLGL&DUQRW. La formula precedente diviene allora: Ê Tutti i tratti infinitesimi che seguono il ciclo originario G41 =0 71 Ã × 01 032 4 G4 =0 7 dove abbiamo introdotto il simbolo di integrale ciclico × (7) , poiché la somma delle quantità infinitesime G45 / 75 calcolata percorrendo il ciclo corrisponde matematicamente a eseguire una integrazione su un percorso chiuso (dove il punto di arrivo coincide col punto di partenza) che viene chiamato LQWHJUDOHFLFOLFR. In conclusione O¶LQWHJUDOH GHL FDORUL VFDPELDWL GLYLVL SHU OH WHPSHUDWXUH G4 / 7 HVHJXLWRVXXQSHUFRUVRFLFOLFRUHYHUVLELOHTXDOVLDVLqXJXDOHD]HUR. Si è riusciti così a “ dimostrare” , con un metodo non matematicamente rigoroso ma intuitivo, che la fondamentale proprietà (6) valida per i cicli di Carnot, si estende, nella forma di un integrale sul percorso (7), a tutti i cicli reversibili. 8QDQXRYDIXQ]LRQHGLVWDWRO¶(QWURSLD La formula (7) ci mostra una importantissima proprietà dei cicli reversibili; una scrittura del genere non è però una novità perché una proprietà analoga era in realtà già nota. In una trasformazione ciclica qualsiasi sappiamo che la variazione totale di energia interna è nulla (come è stato mostrato nella prima parte): D8 687 6:9 ; = ×687 6:9 ; G8 = 0 dove abbiamo usato la scrittura ora imparata: la somma di tutte le infinitesime quantità G8 di variazione di energia interna su ogni tratto infinitesimo del percorso sul ciclo. Questa proprietà è immediata conseguenza del fatto che l’ energia interna 8 è una funzione di stato e dipende solo dagli stati iniziale e finale di una trasformazione. Sorge quindi in modo naturale l’ idea che anche la formula (7), che è stata dimostrata per un ciclo reversibile qualsiasi, sia da riferirsi a una nuova funzione di stato analoga ma diversa dall’ energia interna. ,QWURGXFLDPR TXLQGL VHJXHQGR &ODXVLXV OD QXRYD IXQ]LRQH GL VWDWR (QWURSLD 6, definita a partire dalla sua variazione infinitesima: G6 = G4<8=?> 7 (8) cioè G6 q XJXDOH DO UDSSRUWR WUD OD TXDQWLWj LQILQLWHVLPD GL FDORUH VFDPELDWR LQ PRGR UHYHUVLELOHFRQODWHPSHUDWXUDLQ.DOODTXDOHYLHQHVFDPELDWR. E’ essenziale che il calore venga scambiato in modo reversibile G4 @ ACB (cioè attraverso stati di equilibrio) perché la proprietà dell’ Entropia di essere una funzione di stato dipende strettamente dalla dimostrazione della formula (7), che è stata ricavata dal cicli di Carnot, per definizione reversibili (vedremo presto come cambiano le cose con i processi irreversibili....) Nel caso si abbia una trasformazione da uno stato iniziale A ad uno stato finale B la variazione totale di Entropia sarà D6 = 6 H - 6 I = × I H G4 DCEGF 7 (9) e GLSHQGHUjVROWDQWRGDJOLVWDWL$H%HQRQGDOSHUFRUVRHVVHQGRO¶(QWURSLDXQDIXQ]LRQH GLVWDWR. Nel caso si abbia una trasformazione ciclica si ritrova ovviamente la (7) D6 = ×J?K J?L M G4NCOGP =0 7 /¶(QWURSLD q XQD QXRYD IXQ]LRQH GHOOR VWDWR GL XQ VLVWHPD WHUPRGLQDPLFR, che va ad affiancarsi alle variabili di stato P,V e T e alla energia interna U che determinano lo stato del sistema; anche se la sua definizione è stato un prodotto un pò elaborato, essa è una proprietà reale ed esistente del sistema in esame. Discutiamone ora alcuni aspetti, connessi ai processi di tipo reversibile; affronteremo nel paragrafo successivo la questione molto più importante dei processi irreversibili. In generale bisogna considerare che un sistema termodinamico è in generale composto da due parti: LOVLVWHPDVWHVVRHO¶DPELHQWHHVWHUQR. Nel caso speciale che il sistema non sia in contatto con l’ ambiente esterno si dice che LOVLVWHPDqLVRODWR. Consideriamo una trasformazione reversibile che porti un sistema, non isolato, dallo stato A allo stato B; la sua variazione di Entropia è per definizione D6 SUT SUV = 6 R - 6 Q e può venire calcolata dalla formula (9), dove G4 è il calore assorbito dall’ esterno (se positivo) LQPRGR UHYHUVLELOH. Nello stesso istante l’ ambiente esterno assorbe la quantità di calore - G4 W XCY (ovviamente è negativa se la prima è positiva!). Inoltre, se il processo è reversibile avviene attraverso stati di equilibrio termico, per cui OD WHPSHUDWXUD GHO VLVWHPD H GHOO¶DPELHQWH HVWHUQR GHYH HVVHUH OD VWHVVD. Di conseguenza la quantità infinitesima di Entropia G6 acquistata dal sistema corrisponde esattamente all’ infinitesimo di Entropia ceduto dall’ ambiente, quindi la variazione di Entropia dell’ ambiente esterno non può che essere: D6 ]8^`_ = - D6 ZU[ ZU\ ( per processi reversibili) scambi reversibili Si ha subito che la variazione di Entropia totale di dQrev (sistema + ambiente), spesso denominata “ variazione di Entropia dell’ Universo” è semplicemente D6 c g8c = D6 d8e`f + D6 aUb aUc = 0 ( per processi reversibili) sistema ambiente che è ancora una legge di conservazione come quella dW dell’ Energia interna, e quindi non ci dice nulla di particolarmente nuovo. D6h ijh = 0 (QWURSLDHSURFHVVLLUUHYHUVLELOL Ma abbiamo già visto come in Natura avvengono processi irreversibili, che hanno una direzione preferenziale, e che spesso portano verso stati di equilibrio sistemi che inizialmente non lo sono. Vedremo ora come l’ Entropia fornisce una caratterizzazione e una misura di questa tendenza della Natura verso gli stati di equilibrio, studiando qualche esempio prima di passare a delle conclusioni generali. Il modo abituale di operare è il seguente. Supponiamo che un sistema passi da uno stato iniziale A ad reversibile A P uno stato finale B con una qualche trasformazione irreversibile; • non abbiamo modo diretto di calcolare la variazione di Entropia perché la trasformazione non avviene per stati intermedi di •B equilibrio e quindi non conosciamo i valori delle variabili 0 irreversibile V termodinamiche di stato. Ma la proprietà fondamentale dell’ Entropia di essere una funzione di stato ci viene in aiuto: EDVWDWURYDUHXQDWUDVIRUPD]LRQHGLWLSRUHYHUVLELOHFKHFRQQHWWHLPHGHVLPLVWDWLLQL]LDOH HILQDOH, e il calcolo si può quindi fare con la (9). D(VSDQVLRQHOLEHUDQHOYXRWR Questo è uno degli esperimenti fondamentali, la cui prima applicazione si deve a Joule (vedi la prima parte). Un recipiente isolato dall’ esterno è diviso in due parti da una membrana; una di esse, di volume 9b contiene un gas perfetto, l’ altra è vuota. Se la membrana si rompe il gas si espande in tutto il volume 9k del contenitore, e questo è chiaramente un IHQRPHQR LUUHYHUVLELOH perché non è mai stato osservato (ne mai lo sarà) che il gas VSRQWDQHDPHQWH ritorni dov’ era prima. Nell’ espansione il gas non compie lavoro esterno (non c’ è nessun pistone da spingere); inoltre non vi è scambio di calore con l’ esterno (recipiente isolato) quindi dal primo principio concludiamo che l’ energia interna del gas rimane costante, e così anche la sua temperatura 7 . Vogliamo calcolare la variazione di Entropia del gas; per quanto detto in precedenza è necessario WURYDUH XQ SURFHVVR UHYHUVLELOH che simuli quello irreversibile, cioè porti il gas dal volume 9b al volume 9k mantenendo la temperatura costante, come avviene nell’ espansione libera. Un tale processo esiste: basta considerare una HVSDQVLRQH LVRWHUPD del gas in un cilindro con pistone, un processo ben noto e di cui sappiamo già che il calore assorbito è uguale al lavoro fatto dal gas: membrana gas vuoto Vi Vf gas isoterma G4 lCm:n = G: = 3 ¼ G9 Siamo quindi in grado di applicare la (9) e calcolare la variazione di Entropia del sistema: D6 u p uCv = ×p o G4 qUrts = 7 × p o 3 G9 = 7 × p o o Ë 9o Q 5 G9 = Q 5 [ln 9 ] p = Q 5 lnÌÌ 9 Í 9p dove abbiamo usato l’ equazione di stato dei gas per sostituire 3 . Û ÜÜ Ý (10) Osserviamo ora che per l’ espansione si ha ovviamente 9x > 9w e di conseguenza D6 yGz y8{ > 0 , cioè O¶(QWURSLDGHOVLVWHPDqDXPHQWDWDGXUDQWHO¶HVSDQVLRQHOLEHUDLUUHYHUVLELOH. Notiamo anche che, dato che nel processo originario non vi è alcuno scambio di calore con l’ ambiente esterno (e quindi D6 |8}`~ = 0 ), dobbiamo concludere che O¶(QWURSLDWRWDOHqDXPHQWDWD. E&RQGX]LRQHGHOFDORUH, Consideriamo il processo di conduzione di calore che si realizza tra una sorgente di calore a temperatura più alta 7 verso una sorgente a temperatura più bassa 7x , ad esempio per mezzo di una bacchetta metallica. Si tratta evidentemente di un SURFHVVR LUUHYHUVLELOH, in cui il sistema tende allo stabilirsi dell’ equilibrio termico. Supponiamo però che le sorgenti di calore siano tanto grandi che la loro temperatura non vari apprezzabilmente, e si possa considerare costante, almeno durante l’ intervallo temporale di osservazione di questo esperimento. Chiamiamo 4 la quantità calore che passa dalla sorgente “ calda” a quella “ fredda” . Vogliamo calcolare la variazione di Entropia per questo processo; qQHFHVVDULRWURYDUHXQ SURFHVVRUHYHUVLELOHFKHVLPXOLLOSURFHVVRUHDOH, in modo da poter utilizzare la (9). Poiché abbiamo supposto che la temperatura delle sorgenti di calore rimanga costante, l’ unico cambiamento del sistema in questa trasformazione è il passaggio della quantità di calore data; in questo caso (HVRORLQTXHVWRFDVR) possiamo supporre di aver sistemato le cose in modo che il passaggio di calore avvenga lentamente in modo quasi-statico, con la mediazione di termostati, e quindi considerare la trasformazione stessa praticamente reversibile. Procediamo quindi al calcolo della variazione di Entropia con la formula (9). Nelle ipotesi fatte di costanza di 7 , la sorgente “ fredda” riceve in tutto il calore 4 quindi la sua variazione di Entropia è data da: G4 C 1 4 D6 = × = × G4 = + , 7 7 7 mentre per la sorgente “ calda” il calore è ceduto, e quindi la sua variazione di Entropia è: D6 = × G4Ct 1 = 7 7 × ( -G4 ) =- 4 7 Come ci si poteva aspettare, la sorgente “ fredda” aumenta la propria Entropia perché riceve calore, mentre la sorgente “ calda” diminuisce l’ Entropia avendo perso calore. Ma la variazione totale di Entropia per il sistema complessivo risulta D6 = D6 + D6 = Ë 1 1Û 4 4 =4Ì - Ü>0 Ì 7 7 7 7 ÜÝ Í (11) dato che 7 < 7 . Abbiamo trovato che ODYDULD]LRQHWRWDOHGL(QWURSLDSHUXQSURFHVVR LUUHYHUVLELOHGLFRQGX]LRQHGLFDORUHqVHPSUHSRVLWLYD. F&RQGX]LRQHGHOFDORUH,, schermo Trattiamo ora la conduzione del calore in modo più esatto, tenendo conto delle variazioni di temperatura. In un recipiente isolato termicamente vi sono due blocchi di metallo, di uguale massa P e calore specifico F , e separati da T1 T2 uno schermo isolante; il primo blocco ha inizialmente la temperatura 71 mentre il secondo ha inizialmente temperatura maggiore 72 > 71 . Togliendo lo schermo i due blocchi vengono a contatto e si ha un passaggio di calore fino a che il sistema raggiunge l’ equilibrio termico alla temperatura finale 7 = (71 + 72 ) / 2 (ne lasciamo la dimostrazione per esercizio). Si tratta chiaramente di un processo LUUHYHUVLELOH: il sistema non può tornare spontaneamente alla situazione iniziale dei due blocchi a temperature diverse. Vogliamo trovare la variazione di Entropia di questa trasformazione. Al solito bisogna prendere XQSURFHVVRUHYHUVLELOH che parte dalla stesso stato iniziale (i blocchi a 71 e 72 ) per arrivare allo stesso stato finale (i blocchi a 7 ). Possiamo usare a tal proposito dei termostati: ad esempio mettiamo il blocco 1 in un termostato a 71 e alziamo PROWR OHQWDPHQWH la temperatura fino a 7 in modo da garantire un passaggio di calore reversibile G4 C = P F G7 ; useremo un sistema analogo anche per l’ altro blocco. La conservazione dell’ energia ci garantisce che la quantità di calore ceduta dal blocco più caldo sia la stessa assorbita dal blocco più freddo. Possiamo quindi calcolare la variazione di Entropia con la (9); per il blocco 1 abbiamo: D61 = × 1 G4 Ut = 7 × 1 Ë 7 P F G7 = P F [ln 7 ] 1 = P F lnÌÌ 7 Í 71 e si ha che D6 1 > 0 perché 7 > 71 . Ë 7 ÌÌ D 6 = P F ln Allo stesso modo per il blocco 2 risulta 2 Í 72 Û ÜÜ Ý (12) Û ÜÜ , e si ha D6 2 < 0 poiché 7 < 72 . Ý Come ci si doveva aspettare il blocco che riceve calore aumenta la sua Entropia, il blocco che cede calore la diminuisce. Ma consideriamo ora la variazione di Entropia totale: Ë 7 2 Û Î Ë 7 Û Ë 7 ÛÞ Ü; ÜÜß = P F ln Ì D6 8 = D61 + D6 2 = P F Ï lnÌÌ ÜÜ + lnÌÌ Ì Ü 7 7 7 7 Í 21 Ýà Ð Í 1Ý Í 1 2Ý la frazione dentro parentesi può essere vista in modo diverso con un po’ di algebra: 7 2 71 7 2 = ( 71 + 7 2 ) 2 ( 7 - 7 2 ) 2 + 4 717 2 (7 - 72 ) 2 = 1 =1+ 1 >1 4 71 7 2 4 71 7 2 4 71 7 2 Quindi l’ argomento del logaritmo è sempre maggiore di 1, e allora è sempre D6 8 > 0 ! Anche questa volta abbiamo trovato XQDXPHQWRJOREDOHGHOO¶(QWURSLDLQXQSURFHVVRLUUHYHUVLELOH. G0HVFRODPHQWRGLIOXLGL Un contenitore è diviso in due parti uguali di volume V da una membrana membrana posta al centro. In una parte vi sono n moli di gas idrogeno H2 , nell’ altra vi è lo stesso numero di moli di gas azoto V V N2 ed entrambi i gas sono all’ equilibrio alla stessa temperatura T N2 (e quindi anche alla stessa pressione P). Supponiamo inoltre che H2 la loro densità sia abbastanza bassa in modo da poterli considerare come gas ideali. Se la membrana viene tolta si noterà che i due gas si mescolano intimamente in modo che al raggiungimento dell’ equilibrio la densità di molecole di H2 o di N2 risulta perfettamente uniforme sull’ intero volume del contenitore. E anche questo è unSURFHVVRLUUHYHUVLELOH, senza intervento esterno non c’ è speranza di riottenere separati i due tipi di gas. Dobbiamo notare che dal punto di vista delle variabili termodinamiche di stato (esclusa l’ Entropia) non è cambiato assolutamente nulla (T, V , P ed energia interna non cambiano). Il gas ideale è unico e descritto dalla equazione di stato, le sue molecole sono oggetti puntiformi e quindi indistinguibili; i due gas originariamente presenti nelle due metà del contenitore hanno uguali variabili di stato (e sono entrambi biatomici!); VRQRTXLQGLLQUHDOWjORVWHVVRJDVGDO SXQWRGLYLVWDWHUPRGLQDPLFR per cui che ci sia o che non ci sia la separazione non dovrebbe fare differenza. Sull’ ambiente esterno infatti non viene osservato nessun cambiamento. Ma ovviamente si è verificato in realtà un cambiamento sostanziale nel sistema, e l’ unico modo di verificarlo è determinare se vi sia stata una variazione della funzione di stato Entropia. Al solito cerchiamo un processo reversibile che possa simulare la trasformazione; ad esempio per il gas H2 si deve trovare un processo che porti dallo stato iniziale (P,V,T) allo stato finale in cui questo gas è diffuso su tutto il recipiente, e quindi si trova nello stato (P/2, 2V, T) poiché ha occupato un volume doppio, e di conseguenza la sua pressione si è dimezzata (siamo a T costante). La stessa cosa vale per l’ altro gas N2 . Il discorso è corretto perché la pressione totale di tutto il gas mescolato nel contenitore viene ad essere quella giusta: un P/2 viene dal gas H2 , un altro P/2 viene dal N2 , e quindi si ha la pressione totale P, come deve essere (la legge delle pressioni parziali dei chimici). Chiarito questo, è evidente che il processo da considerare è l’ espansione isoterma reversibile che porta entrambi i gas da (P,V,T) a (P/2, 2V, T), già considerata nel caso dell’ espansione libera. Utilizzando i risultati trovati allora, la variazione di Entropia di ognuno dei gas si trova con la formula (10), ed è ovviamente uguale per entrambi, quindi la variazione di Entropia complessiva è data da: Ë 9¢ Û Ë 29 Û D 6 ¥ ¦¥ = D 6 ¤ 2 + D 6 £ 2 = 2 ¼ Q 5 ln ÌÌ ¡ ÜÜ = 2 ¼ Q 5 ln Ì Ü = 2 ¼ Q 5 ln 2 > 0 9 9 Í Ý Í Ý Concludiamo quindi che LQXQSURFHVVRGLPHVFRODPHQWR, nonostante nessuna variabile del sistema sia stata modificata, YLqXQDXPHQWRGHOO¶(QWURSLDWRWDOH. /HJJHGLDXPHQWRGHOO¶(QWURSLD Abbiamo studiato alcuni semplici esempi di trasformazioni di carattere irreversibile in sistemi isolati, trovando sempre un aumento dell’ Entropia complessiva. Questo risultato è generalizzabile anche se i sistemi non sono isolati, se si considera anche la variazione di Entropia dell’ ambiente. Si arriva sempre alla conclusione fondamentale detta /HJJHGLDXPHQWRGHOO¶(QWURSLD ,QXQDWUDVIRUPD]LRQHGDXQRVWDWRLQL]LDOH$DGXQRVWDWRILQDOH% O¶(QWURSLDWRWDOHVLVWHPDDPELHQWHHVWHUQRULPDQHFRVWDQWHVHOD WUDVIRUPD]LRQHqUHYHUVLELOHDXPHQWDVHPSUHVHODWUDVIRUPD]LRQHq LUUHYHUVLELOH Questa legge può essere dimostrata in generale in vari modi; uno di questi, che usa i cicli di Carnot, è mostrato negli approfondimenti. In questo tipo di formulazione la legge è una diretta conseguenza del Secondo Principio della Termodinamica, ricavata studiando in particolare le trasformazioni tra calore e lavoro. Una via alternativa, seguita in qualche trattazione, può essere ipotizzare questa legge come principio di base e ricavare da essa tutti i risultati tra cui il secondo principio. L’ aumento dell’ Entropia è il segnale che una trasformazione avviene in modo spontaneo e irreversibile, e quindi è proprio la funzione di stato in grado di misurare la perdita di “ qualità” dell’ energia che si ha nel complesso delle varie trasformazioni. L’ Entropia indica anche il procedere verso l’ equilibrio: infatti essa tende ad aumentare se un sistema si muove spontaneamente verso il suo stato di equilibrio, raggiunto il quale ogni trasformazione finisce, e quindi l’ Entropia non aumenta più. Ne consegue che: /RVWDWRGLHTXLOLEULRGLXQVLVWHPDFRUULVSRQGHDOORVWDWRGLPDVVLPD(QWURSLD, ovvero che lo stato più stabile di un sistema isolato corrisponde allo stato di massima Entropia. In un sistema qualunque l’ Entropia non può mai diminuire; se questo succede è perché il sistema in esame non è isolato, e l’ eventuale diminuzione della sua Entropia deve essere compensata da un suo aumento più rilevante nell’ ambiente circostante (vedi il paragrafo successivo). La legge di aumento dell’ Entropia ha altre conseguenze universo importanti; ad esempio, visto che in Natura avvengono fenomeni che hanno carattere spontaneo e quindi irreversibile, fenomeni naturali si conclude che O¶(QWURSLD GHOO¶8QLYHUVR DXPHQWD VHPSUH spontanei D6 § > 0 . L’ Entropia assume quindi l’ aspetto di un indicatore della freccia del tempo, cioè garantisce che OD GLUH]LRQH D6 ¨ > 0 SULYLOHJLDWD LQ FXL DYYHQJRQR JOREDOPHQWH L SURFHVVL 1DWXUDOLqTXHOODLQFXLO¶(QWURSLDDXPHQWD. (QWURSLDHGLVRUGLQH L’ ultimo esempio mostrato, il mescolamento di due gas ideali, ci porta verso un altro aspetto della funzione di stato Entropia: essa misura lo stato di “ ordine” o di “ disordine” di un sistema. Da una situazione ordinata, con i due tipi di gas separati nella loro metà del recipiente, si va verso una situazione totalmente disordinata in cui non è più possibile distinguere i gas, e questa perdita di ordine è segnalata solo dal fatto che l’ Entropia aumenta. Val la pena di ricordare che Boltzmann ha dimostrato come l’ Entropia è in relazione matematica con la probabilità che si realizzi una certa distribuzione di molecole (una “ configurazione” ): chiaramente lo stato in cui le molecole sono distribuite a caso sull’ intero volume del recipiente (lo stato disordinato) ha una maggior probabilità di realizzarsi rispetto allo stato in cui molecole di un tipo sono raggruppate da una parte e molecole di un altro tipo dall’ altra (stato ordinato). Per fare un esempio elementare, pensiamo di mescolare e distribuire un mazzo di carte; ci aspettiamo di ottenere la configurazione ordinata 1,2,3 eccetera, o è infinitamente più probabile una configurazione che appare casuale ai nostri occhi? Le situazioni completamente “ disordinate” (ricordiamo le velocità “ a caso” della teoria cinetica dei gas) hanno sempre maggior probabilità di verificarsi spontaneamente, quindi 0$66,0$(17523,$À0$66,02',625',1(02/(&2/$5( E’ interessante a questo proposito considerare il caso dei sistemi viventi; in essi si ha un fenomeno apparentemente opposto, cioè si ha una tendenza ad un maggiore ordine, a creare strutture ordinate modificando il disordine dell’ ambiente esterno. E’ questo un terreno di studio molto interessante, OD WHUPRGLQDPLFD GHL VLVWHPL QDWXUDOL H YLYHQWL, che sono in grado di auto-organizzarsi e di sostenersi ben al di fuori dell’ equilibrio, contrastando la naturale tendenza all’ equilibrio e alla dissoluzione. Possiamo dire tecnicamente che un sistema vivente tende a diminuire localmente l’ Entropia, o poeticamente che si sforza di contrastare l’ inesorabile freccia del tempo. Naturalmente tutto ciò è solo apparentemente in contrasto con la legge di aumento globale dell’ Entropia; il prezzo da pagare viene riscosso in massima parte dai processi irreversibili che avvengono nel Sole, e che creano l’ enorme quantità di energia che arriva sulla Terra e sostiene tutto il sistema dei viventi. E’ proprio questo flusso continuo di energia che permette localmente la crescita di strutture localizzate, che consente flussi analoghi di Entropia in modo che essa possa diminuire in qualche luogo perché aumenta in qualche altro. Come è stato dimostrato, senza un continuo flusso di energia si ricadrebbe nella normale evoluzione verso lo stato di equilibrio globale, verso il massimo di Entropia e la finale immobilità assoluta. %LEOLRJUDILD±WHVWLGLYXOJDWLYL 1) V.Silvestrini “ Che cos’ è l’ Entropia” , Editori Riuniti 1985 2) P.Atkins “ Il secondo principio” , Zanichelli 3) I.Prigogine, I.Stengers “ La nuova alleanza” , Einaudi 4) I.Prigogine, I.Stengers “ Tra il tempo e l’ eternità” , Bollati-Boringheri 5) G.Nicolis, I.Prigogine “ La complessità” , Einaudi