Primo antidiabete salvacuore, abbatte mortalità del 38% Nuove armi

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2 1 s e tt em br e 201 5
NUM E RO 1 42
AN N O 9
Pharma
kronos
Q UO TI DI AN O D’IN FO R M AZI O N E F AR M AC EU T IC A
Sla, novità dalla
ricerca
Sono 5 mila i pazienti italiani
colpiti da Sclerosi laterale amiotrofica (Sla) generalmente fra i
50 e i 70 anni di età. La Sla causa la perdita della funzione motoria a livello degli arti e della
deglutizione-fonazione e, nelle
fasi più avanzate, compromette
la funzione respiratoria. In occasione della Giornata Nazionale sulla Sla, la Società Italiana di
neurologia (Sin) ribadisce i progressi nella ricerca scientifica:
"Speranza fondamentale per il
raggiungimento di una soluzione di questa gravissima malattia", sottolineano gli esperti.
Malgrado non esista ancora,
infatti, una terapia in grado di
arrestare o far regredire la sintomatologia della Sla, "nel corso
dell'ultimo anno - aggiunge la
Sin - la ricerca su questa patologia ha portato a importanti avanzamenti, grazie anche al
contributo di alcuni fondamentali studi italiani". "Gli ambiti di
maggiore progresso - ha affermato Adriano Chiò, Coordinatore del Centro Sla del Dipartimento di Neuroscienze, Università degli Studi di Torino e Azienda Ospedaliero Universitaria Città della Salute e della
Scienza di Torino - sono stati
quello dell'affinamento della
diagnosi della malattia, con il
perfezionamento delle tecniche
di neuroimmagine e di immagine funzionale, e quello dell'identificazione di biomarcatori
che permettono di definire precocemente la prognosi della
malattia.
Un morto di diabete ogni 7 secondi, cuore killer in un caso su 2
5 mln di vittime ogni anno nel mondo, +55% malati entro il 2035
Ogni 7 secondi nel mondo una persona muore per
cause legate al diabete. Nel 2014 le vittime della
malattia hanno sfiorato i 5 milioni (4,9 mln) e una
volta su 2 il killer è cardiovascolare. Un 'bollettino
di guerra' destinato a crescere, considerando che i
387 milioni di diabetici conteggiati oggi nel pianeta saliranno a 592 mln (+55%) entro il 2035. Con
una spesa globale che da 612 miliardi di dollari
passerà a 627 mld. Solo in Italia i casi noti sono
oltre 3,5 milioni, ai quali si aggiungono almeno 1
mln di persone malate a loro insaputa. Pazienti
con un rischio 2-4 volte superiore di ammalarsi di
cuore e di morirne, e una probabilità tripla di entrare nel tunnel dello scompenso cardiaco. E' la
fotografia scattata al Congresso europeo di diabetologia (Easd) di Stoccolma, in occasione di un
incontro organizzato da Boehringer Ingelheim ed
Eli Lilly per presentare i nuovi risultati dell'SGLT2-inibitore empagliflozin, attivo sul rias-
sorbimento di glucosio a livello renale: "Per la
prima volta nella storia un singolo farmaco antiiperglicemia ha prevenuto una morte cardiovascolare su 3 - riassume il canadese Bernard Zinman (Mount Sinai Hospital e università di Toronto), a capo del comitato scientifico del trial 'EmpaReg Outcome' pubblicato sul Nejm - Per ogni mille pazienti trattati con il farmaco è possibile salvare 25 vite". E' "un rapporto addirittura più vantaggioso di quello dimostrato per le statine", sottolinea Giorgio Sesti, presidente eletto della Sid
(Società italiana di diabetologia). La comunità
scientifica ha cercato di segnare questo gol per
quasi un secolo: "Dall'introduzione dell'insulina
nel 1922 alla pubblicazione dei dati di Empa-Reg
nel 2015", fa notare Zinman, convinto che i dati
emersi dallo studio cambieranno le linee guida
internazionali per il trattamento del diabete.
Paola Olgiati
» ALL’INTERNO
Studio di punta a congresso europeo potrebbe cambiare strategie terapeutiche
Primo antidiabete salvacuore, abbatte mortalità del 38%
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Focus su terapie ormonali basate sull'impiego di abiraterone ed enzalutamide
Nuove armi per cancro prostata, il punto a Napoli
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Progetto Miur, ministero Salute e Aiom finanziato da Msd
Melanoma, la prevenzione entra in classe
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E' prodotta dall'organismo e potrebbe essere alla base di futuri trattamenti
Aids, scoperta proteina scudo naturale contro virus
» PHARMAMARKET Eli Lilly vola a Wall Street su risultati empagliflozin
Il titolo del gruppo farmaceutico americano Eli Lilly vola al Nise di New York, dopo l'annuncio - al Congresso
europeo di diabetologia in corso a Stoccolma - dei risultati del farmaco antidiabete empagliflozin (sviluppato in
alleanza con la tedesca Boehringer Ingelheim) che ha dimostrato di ridurre di oltre un terzo la mortalità cardiovascolare e totale. Intorno alle 18.40 il titolo è in rialzo del 5,21%, a 88,85 dollari.
focus
Studio di punta a congresso europeo potrebbe cambiare strategie terapeutiche
Primo farmaco antidiabete salvacuore, abbatte mortalità del 38%
Per la prima volta un farmaco antidiabete
2 attivo sui livelli di glicemia si è dimostrato in grado di abbattere il rischio di mortalità cardiovascolare nei pazienti con malattia del sangue dolce: la riduzione ottenuta
con empagliflozin è del 38%, e si associa a
un calo del 32% della probabilità di morte
per tutte le cause e a un -35% del rischio di
ricovero per scompenso cardiaco. I dati
dello studio 'Empa-Reg Outcome' - pubblicati sul 'New England Journal of Medicine'
e presentati al Congresso europeo di diabetologia a Stoccolma - vengono descritti
dagli esperti come "una possibile svolta
nella terapia del diabete e nella prevenzione dei decessi per eventi cardiovascolari. Il
killer numero uno dei diabetici". Empagliflozin (Jardiance), un SGLT2-inibitore sviluppato nell'ambito dell'alleanza fra la
tedesca Boehringer Ingelheim e l'americana Eli Lilly, è già disponibile in Italia. Nel
trial, ritenuto dagli addetti ai lavori "lo
studio di punta" al meeting Easd 2015,
sono stati trattati in tutto oltre 7.000 pazienti di 42 Paesi. Diabetici e ad alto rischio
cardiovascolare, e per questo già in tratta-
mento. Il periodo medio di osservazione è
stato di circa 3 anni. Nel gruppo trattato
con il farmaco, rispetto ai controlli, non
sono state registrate differenze significative nei tassi di infarto e ictus. Ma sia la mortalità cardiovascolare sia quella per tutte le
cause hanno segnato un calo superiore a
un terzo. Per gli specialisti "un dato storico". L'effetto salvacuore è stato osservato
con entrambi i dosaggi di farmaco valutati
(10 e 25 mg), e viene quindi ritenuto indipendente dalla riduzione dello zucchero
nel sangue: una proprietà intrinseca della
molecola, attiva oltre che sulla glicemia
anche su pressione arteriosa, peso, grasso
viscerale e funzionalità cardiorenale. Sul
fronte degli effetti cardiovascolari, nel
gruppo trattato si è avuto un aumento delle infezioni uro-genitali. Gli altri eventi
avversi sono invece risultati in linea con i
controlli. "Questi risultati sono nuovi ed
entusiasmanti - dichiara il canadese Bernard Zinman (Mount Sinai Hospital e università di Toronto), lead investigator dello
studio - Agire sugli eventi cardiovascolari,
compresa la morte, è la priorità nella cura
del diabete. Finora nessun singolo farmaco antidiabete è stato associato a una
riduzione della mortalità". "In questi
giorni di congresso una grande aspettativa ha animato la comunità scientifica
internazionale nell'attesa dei risultati
dello studio Empa-Reg - aggiunge Stefano Del Prato, presidente della Fondazione Diabete ricerca e past president della
Sid - Questo perché la prevenzione delle
complicanze cardiovascolari è sempre
più una priorità nel trattamento delle
persone con diabete". "In questo senso i
dati emersi rappresentano un 'turning
point' - assicura lo specialista - Già per la
metformina è stato rilevato un effetto
nella riduzione del rischio cardiovascolare associato al diabete, ma lo studio era
su piccoli numeri mentre questo trial ha
coinvolto migliaia di pazienti" e riguarda un farmaco diverso: il primo antiperglicemico ad avere dimostrato un effetto
salvavita sul cuore. "Ciò apre a una serie
di prospettive nuove ed estremamente
allettanti", conclude l'esperto.
(P.O.)
Nuove armi per cancro prostata, il punto a Napoli
Focus su terapie ormonali basate sull'impiego di abiraterone ed enzalutamide
costi".
"Negli ultimi 12 mesi lo scenario terapeutico del
carcinoma prostatico è molto cambiato. Sono
state messe a punto nuove terapie ormonali
basate sull'impiego di abiraterone ed enzalutamide che hanno migliorato la sopravvivenza
dei pazienti". E' quanto evidenziato da Sabino
De Placido, Ordinario di Oncologia medica
dell'Università Federico II di Napoli e presidente del II Atelier Didattico sul team di cura del
paziente con carcinoma della prostata. Appuntamento che nei giorni scorsi ha visto dibattere
a Napoli i maggiori esperti del campo, primo
tra tutti Johann De Bono, oncologo e direttore
della 'Prostate Unit' al Royal Marsden Hospital
di Londra, uno dei maggiori esperti mondiali
del settore. De Bono ha affrontato diversi aspetti della malattia resistente alla castrazione: dal
profilo genomico con tutte le mutazioni implicate nel carcinoma prostatico ai differenti meccanismi di resistenza alla terapia ormonale, il
ruolo della chemioterapia e le più recenti novità
in campo farmacologico. Tra tutte le nuove terapie quella di punta si basa sull'impiego dell'abiraterone "un inibitore della sintesi del testosterone e del recettore ormonale degli androgeni", spiega De Placido, che "ha dimostrato una
grande efficacia nei pazienti con carcinoma
prostatico resistente a castrazione chimica come
trattamento di prima linea post terapia con
Lhrh". Questi nuovi farmaci ormonali, ha aggiunto Giuseppe Di Lorenzo, referente dell'Oncologia Urologica presso l'Azienda Universitaria Federico II di Napoli, sono già tutti disponibili al Policlinico federiciano. Essi "hanno dimostrato un'efficacia sorprendente su moltissimi
pazienti, anche anziani, e con comorbidità. Altrettanto importante, è stato osservato un ottimo profilo di tollerabilità, l'assenza di effetti
collaterali tipici della chemioterapia e un miglioramento della qualità di vita". Durante il
congresso di Napoli sono stati presentati vari
casi clinici, poi discussi da tutti gli specialisti
presenti che alla fine hanno tracciato algoritmi
condivisi con una particolare attenzione ad una
corretta e razionale gestione delle risorse. Oncologi, urologi e radioterapisti provenienti da
tutta Italia hanno potuto aggiornarsi sulle diverse e più recenti modalità di approccio della
fase di malattia resistente alla terapia ormonale
standard basata su deprivazione degli androgeni.
(B.D.C.)
» PROTEINA NATURALE ANTI-HIV
» RIVISTA MEDICINA DI GENERE
Si chiama ERManI ed è una proteina naturale
prodotta dall'organismo che impedisce all'Hiv di replicarsi. Una barriera naturale alla
diffusione del virus, che potrebbe essere alla
base di futuri trattamenti contro il patogeno,
totalmente di origine naturale. La scoperta è
stata pubblicata sul 'Journal of Biological
Chemistry' ed è frutto di uno studio internazionale coordinato dalla Michigan State
University. "Già in precedenti studi avevamo
visto che questa proteina poteva interferire
con la diffusione del virus dell'Hiv-1, ma non
eravamo riusciti ad identificare il meccanismo alla base dell'arresto del processo. Ora
sappiamo che ERManI è una chiave essenziale del processo e che ha il potenziale come
trattamento antiretrovirale", ha affermato
Yong-Hui Zheng, co-autore dello studio. Il
prossimo passo sarà testare se le capacità di
questa proteina naturale anti Hiv possono
essere aumentate intervenendo sui livelli di
ERManI.
Presentata ufficialmente 'The Italian Journal
of Gender-Specific Medicine', la prima rivista
scientifica italiana dedicata alla medicina di
genere, pubblicata da Il Pensiero Scientifico
Editore con il contributo di Novartis Italia.
L'occasione è stata l'XI edizione di The Future
of Science, il convegno scientifico internazionale organizzato dalle Fondazioni Umberto
Veronesi, Silvio Tronchetti Provera e Giorgio
Cini, a Venezia. La medicina di genere, uno
dei capitoli più promettenti della medicina
personalizzata e di precisione, studia l'impatto specifico del 'genere', maschile e femminile, sullo sviluppo e l'evoluzione delle malattie, con l'obiettivo di assicurare a tutti, uomini e donne, il miglior trattamento possibile
sulla base delle caratteristiche personali.
Melanoma, la
prevenzione entra in
classe
Attenti alle scottature solari nei
bambini. Sono infatti la fascia di
popolazione più a rischio per il
melanoma perché la pelle 'memorizza' il danno ricevuto e può innescare il processo patologico anche a
diversi anni di distanza. Per insegnare ai più piccoli il modo giusto
di prendere il sole, nelle classi elementari sta per arrivare Rey, un
alieno proveniente da un'astrobolla
solare, che racconterà ai due fratellini terrestri Geo e Gea i segreti per
proteggere la propria pelle. Si tratta
della campagna nazionale di prevenzione primaria del melanoma 'Il
sole per amico', promossa dall'Intergruppo melanoma italiano (Imi),
con la collaborazione del ministero
dell'Istruzione e il patrocinio del
ministero della Salute e dell'Associazione italiana di oncologia medica (Aiom), ed è resa possibile grazie
ai fondi di Merck & Co., attraverso
la sua consociata italiana Msd. Il
progetto nelle prossime settimane
coinvolgerà 130 scuole primarie di
sette regioni italiane (Lombardia,
Liguria, Emilia Romagna, Toscana,
Lazio, Puglia e Sardegna). Nel corso
dell'iniziativa sarà realizzato uno
studio epidemiologico sulla consapevolezza della popolazione nei
confronti del melanoma e della corretta esposizione al sole. "Sarà uno
degli studi più ampi mai condotti e
con la proiezione temporale più
lunga - spiega Luigi Naldi, dermatologo dell'Azienda ospedaliera
'Papa Giovanni XXIII' di Bergamo e
presidente del Centro studi Gised
(Gruppo italiano studi epidemiologici in dermatologia) - I risultati
verranno infatti confrontati con una
fase di studio precedente, denominata 'SoleSì-SoleNo', condotta nel
biennio 2000-2002. Sarà possibile
ottenere dati sul trend di esposizione al sole e sulle modalità di protezione nei bambini in un lungo arco
di tempo".
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