Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art.1, comma 2 DCB Milano)
Ordine
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di Provinciale
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Medici
di i Chi
Chirurghi
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e Odontoiatri Milano
3|2010
ANNO LXIII
LUGLIO-SETTEMBRE
INCHIESTA
Assistenza per
intensità di cura
Università integrata con il territorio
Équipe multi professionali: falso mito di oggi
Donne medico tra necessità, realtà e opportunità
Stop alla penalizzazione di medici di famiglia e pazienti
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Sommario
Anno LXIII - 3/2010 luglio-settembre
Editoriale
Pillole colorate
Ugo Garbarini
2
Inchiesta
Assistenza per intensità di cura
Maria Cristina Parravicini
Intervista
Università integrata con il territorio
Lorena Origo
Segreteria
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10
Attualità
Le équipe multi professionali
Roberto Carlo Rossi
14
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Storia della medicina
Il pensiero medico
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Il medico e lo stalking
Trimestrale
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Tesoriere
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Luigi Di Caprio, Raffaele Latocca,
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Massimo Parise, Giordano P. Pochintesta,
Ugo G. Tamborini, Maria Teresa Zocchi
Commissione Odontoiatri
Presidente
Valerio Brucoli
Segretario
Ercole Romagnoli
Componenti
Dino Dini, Claudio Gatti, Luigi Paglia
3
Maria Cristina Parravicini
18
Attualità
Le donne medico
Anna Maria Maniezzi
21
Isabella Merzagora Betsos e Guido Vittorio Travaini
28
Finestra sull’odontoiatria
La malattia focale in odontostomatologia
Lorenzo Damia
32
Finestra sulla chirurgia maxillo facciale
Terapia della paralisi facciale
Federico Biglioli
34
Intervista
La Città Ideale
Maria Cristina Parravicini
36
Corsi ECM
40
In libreria
52
Notizie
54
Stop alla penalizzazione
di medici di famiglia e pazienti
56
Collegio Revisori dei Conti
Presidente
Giovanni Canto
Componenti
Luciana Maria Bovone, Paola Pifarotti
Tito Pignedoli
[bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE
1
EDITORIALE
Ugo Garbarini
I
In un mio recente scritto, ispirato
dalla sentenza nella causa “The
Queen” contro la “Medicines and
Healthcare Products Regulatory”
su istanza dell’Association of the
British Pharmaceutical Industry,
osservavo le contraddizioni di questa
Comunità Europea e l’intenso lavorio
afinalistico comunitario teso più a
complicare che a semplificare la
vita dei cittadini. La sentenza della
causa citata giustificava una serie di
incentivi finanziari per quei medici che
avessero prescritto farmaci generici.
L’intento palese era quello di favorire
i prescrittori dei farmaci generici
della stessa classe terapeutica ma
contenenti altri principi farmacologici.
Per questa sorta di “consigli per gli
acquisti”, era prevista la successiva
conta delle ricette ossequiose
delle emanate disposizioni
venendosi a configurare una sorta
di lotteria con “ricette a punti”.
Letto, fatto.
L’Italia si allinea e, adottando incentivi
di stile britannico, condivide l’idea di
dare di più ai medici che prescrivono
di meno. Infatti, afferma il ministro
Fazio in un’intervista al Financial Time,
Pillole colorate
non si tratta di ridurre i prezzi ma di
ridurre il volume delle prescrizioni:
a chi prescriverà meno, si potranno
dare incentivi per continuare a farlo.
Ovviamente, si pensa anche
ad una riduzione dei prezzi,
centralizzando gli acquisti e
riducendo i tempi di pagamento.
Si arriverà alla fine alla dispensa della
pillola bianca, rossa o blu capace
di risolvere tutta la patologia così
come un tempo si operava, si dice,
nell’ambito della antica Sanità Militare.
Del tutto recentemente, lo stesso
Ministro, peraltro medico, ha
stabilito che, per salvare la sanità
e gli ospedali, ci si deve affidare
al “Farmacista di Dipartimento”
che imporrà al “Farmacista di
Corsia” la stretta sorveglianza
sull’appropriatezza prescrittiva.
E i medici? Inutili appendici della
sanità, presto rimossi e sostituiti dagli
infermieri con laurea magistrale…
Il discorso è serio e deve
necessariamente partire dal fatto
che stiamo vivendo una delle più
gravi crisi economiche dopo quella
del ’29 del secolo scorso.
Questo deve convincere tutti a fare
qualche piccolo o grande sacrificio.
È innegabile che la politica del dare tutto
a tutti che viene, come qualche medico
anziano ricorderà, da molto lontano e
che era finalizzata, più che alla cura,
al mantenimento della base elettorale,
non può più essere sostenuta per motivi
che vanno al di là della crisi economica.
Ben vengano misure restrittive (che
non siano però del tipo “comparaggio
di Stato”) ma occorre incidere
[bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE
2
profondamente sui comportamenti
ormai consolidati che coinvolgano
la formazione universitaria non più
all’altezza dei tempi, la mutualità che
ha comportato ingiustificabili eccessi,
la pressione a 360° dell’industria
farmaceutica a sua volta ipertrofizzatasi
a dismisura, l’esigenza dell’utenza
stessa che reputa suo diritto avere
quanto di meglio (e di superfluo) esiste
sul mercato per controbattere sia le
malattie che, il più delle volte, le non
malattie; infine, anche l’efficacia dei
farmaci in commercio che richiede
per cautela la somministrazione di
altri farmaci preventivi degli effetti
collaterali del farmaco somministrato.
È una catena infinita che tende alla
moltiplicazione delle prescrizioni
in questa aiutata anche da
un’incombente medicina difensiva.
Occorre partire da un’operazione
di neoculturizzazione del medico
e di educazione dell’utenza.
Ma i tempi stringono e allora ecco
l’idea del “ti pago di più se curi di
meno”, se scrivi meno farmaci.
Meglio sarebbe dire ti pago di più se
scrivi con appropriatezza il farmaco
giusto per quella forma morbosa, con le
dosi e per il tempo necessario. Discorso
arduo e difficile ma che persegue una
logica metodologica. Non ti pago di
più perché tu scriva meno ma perché
scrivendo in modo appropriato riduci per
questo stesso comportamento i costi.
Arriveremo mai a questo?
Per ora, come nell’antica medicina
militare, prepariamoci a dare una
pillola di colore diverso per gruppi
di malattie e… si salvi chi può.
INCHIESTA
Assistenza per intensità di cura
Maria Cristina Parravicini
Una filosofia organizzativa dell’ospedale e del reparto che
riconosce la diversità del paziente in termini di complessità
del quadro clinico e di intensità di assistenza
C
ome sottolinea Federico
Lega, Direttore del Master
in Management Sanitario
della SDA Bocconi: «È in atto da anni
un rilevante cambiamento demografico
che sta producendo un’evoluzione
nel tipo di pazienti che mediamente
viene visto in ospedale, cioè un
paziente sempre più anziano, con
diverse patologie di natura cronica,
spesso etichettabile come paziente
fragile, con un quadro clinico molto
difficile e sempre più frequentemente
accompagnato da problemi di natura
sociale.
All’evoluzione di tipo demografico,
si accompagna un’evoluzione nelle
tecniche chirurgiche e nelle possibilità
terapeutiche che apre lo spazio per
ristrutturare parti degli ospedali
[bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE
3
trasformandole in “ospedale diurno”,
che lavora soltanto nell’ambito della
giornata, grazie alle possibilità offerte
dalla chirurgia ambulatoriale piuttosto
che dal day surgery.
L’insieme di questi due aspetti sta
quindi producendo un cambiamento
nell’organizzazione interna
dell’ospedale con un’evoluzione
dei reparti di degenza in grado di
INCHIESTA
Dall’altra parte c’è il paziente fragile,
spesso un frequent-user dell’ospedale,
con diversi episodi acuti nel corso
dell’anno che, data la cronicità della
patologia (broncopneumopatie,
malattie oncologiche terminali,
scompensi cardio-vascolari ecc.) se
non viene curato in maniera efficace
Federico Lega,
sul territorio, e se soprattutto non
Direttore del
viene dimesso dall’ospedale con una
Master in
buona qualità assistenziale, ha concrete
Management
possibilità di ripresentarsi in tempi
Sanitario della
SDA Bocconi
brevi in ospedale per riacutizzazioni.
Questo tipo di casistiche ha indotto
seguire la complessità assistenziale e
ad attrezzare un’area che può essere
clinica dei pazienti; da questa filosofia
chiamata “area fragile”, “area della
organizzativa nascono sostanzialmente continuità assistenziale” il cui scopo
le innovazioni riconducibili da una
è quello di prendersi carico di queste
parte alla cosiddetta area Hight Care, e persone con la supervisione di un
dall’altra all’area del paziente fragile o
internista, indipendentemente quindi
ad alta complessità assistenziale (gravità dalla patologia che ha determinato
clinica e complessità assistenziale) .
l’acuzie, in modo che la risoluzione di
La complessità assistenziale
quel particolare aspetto patologico non
comporta l’individuazione di un’area
peggiori il quadro clinico complessivo.
multi specialistica per il paziente
Un esempio molto concreto di che
post chirurgico che necessita di
cosa significhi tutto questo all’atto
stabilizzazione clinica. Si tratta in questo pratico sono reparti in cui l’internista,
caso di pazienti che, se non necessitano che si fa carico del reparto insieme al
di terapia intensiva, non sono però
responsabile dell’assistenza, svolge due
nello stesso tempo pazienti “ordinari”:
funzioni molto importanti: la prima è
un esempio tipico è quello dell’orto
quella che viene chiamata “gestione
geriatria in cui il paziente ortopedico,
della terapia medica” nel senso che
una volta eseguito l’intervento, deve
normalmente questi pazienti assumono
essere sottoposto in tempi brevissimi
molti farmaci per patologie differenti e
alla riabilitazione motoria e, nello stesso questo comporta l’ottimizzazione della
tempo, c’è la necessità di stabilizzare
gestione di questi farmaci in modo da
il quadro clinico se il paziente è
riuscire a seguire il protocollo. L’altro
molto anziano e presenta scompenso
punto è che in questi reparti si cerca di
cardiaco, diabete, ipertensione o altre
strutturare il rapporto con la medicina
problematiche che richiedono una
generale e si incomincia a intravedere
supervisione clinica. In questo caso si
la possibilità che il medico di medicina
ha una convergenza tra area clinica e
generale, almeno per questi pazienti,
area medica, prima sconosciuta, che
possa tornare a frequentare l’ospedale
incomincia a ridisegnare l’interno
in modo da concordare la dimissione
dell’area multi-specialistica.
e garantire quella continuità che
[bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE
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dovrebbe aiutare a diminuire il rischio
di riacutizzazioni e riammissioni in
ospedale». Circa i pro e i contro di
questa nuova filosofia organizzativa
dell’ospedale e del reparto in termini
di centralità del paziente in un’ottica
di complessità del quadro clinico e
di intensità di assistenza, Federico
Lega ricorda che «l’ospedale era
storicamente organizzato intorno
ai primariati, quindi a una divisione
interna del lavoro basata sulla
specializzazione per aree di conoscenza,
dalla cardiologia alla pneumologia, alla
nefrologia etc. L’organizzazione attuale
è incentrata sul fatto che abbiamo dei
pazienti “fragili”, con più patologie
croniche contemporanee, oppure
pazienti chirurgici che presentano
nello stesso tempo quadri clinici
difficili; questi pazienti non trovano la
giusta collocazione all’interno degli
attuali reparti perché lo specialità ha
comunque una visione settoriale del
INCHIESTA
problema e spesso non riesce ad avere
una visione complessiva del paziente.
Al contrario, le medicine generali
e le geriatrie, senza la consulenza
specialistica, non riescono a farsi carico
del paziente. Dato questo aspetto
clinico, il vantaggio si identifica in una
migliore presa in carico del problema
sia assistenziale che clinico.
Sotto il profilo organizzativo, i vantaggi
sono rappresentati da una migliore
distribuzione delle risorse perché,
isolando i pazienti ad alta intensità
assistenziale nella fase post chirurgica,
quelli cioè che non sono da terapia
intensiva ma nemmeno da ricovero
ordinario, si possono strutturare meglio
le squadre di infermieri per rispondere
ai carichi assistenziali di quella area
rispetto al ricovero ordinario, modulare
meglio l’utilizzo del personale, quindi
ottenere delle economie di scala e di
scopo nell’assegnazione e allocazione
del personale».
«Contemporaneamente – conclude
Federico Lega – questa riorganizzazione
dell’ospedale dovrebbe garantire anche
una migliore efficienza produttiva; se
pensiamo ai reparti costruiti intorno
a specifici regimi di intervento, come
il week-surgery, quindi la chirurgia
dei cinque giorni, con pazienti che
grazie alle nuove tecniche possono
rapidamente risolvere il loro problema,
se non in day surgery, comunque
nell’ambito di 2/3 giorni di ricovero,
costituendo dei reparti multispecialistici si ottiene un miglior uso
dei posti letto, una migliore gestione
del processo produttivo per casi che
sono fortemente standardizzabili e che
si ripetono nel tempo, quindi intorno
a questo reparto si possono applicare
dei vantaggi di efficienza operativa
che, tradotti, equivalgono a maggiore
produttività delle risorse fisiche, quindi
della sala operatoria e del personale di
reparto».
Carlo Nicora,
Direttore
Sanitario
dell’Ospedale
Niguarda Ca’
Granda
che abbiamo osservato in ambito
ospedaliero, nulla cambierà con
l’organizzazione degli ospedali per
livelli che rappresentano, se mai,
la naturale evoluzione dal punto di
vista organizzativo. Fino a vent’anni
fa, per esempio, i ricoveri chirurgici
in giornata erano impensabili e le
degenze avevano una durata media
lunga. Con l’innovazione della
tecnologia, l’evoluzione della pratica
chirurgica ed il continuo sviluppo delle
Integrazione e flessibilità
professionalità mediche, si è inciso
«Per meglio chiarire il concetto di
molto sul fattore tempo, tra cui anche
“Assistenza per intensità di cura” –
quello che il paziente passa in ospedale.
dichiara Carlo Nicora, Direttore
Stiamo assistendo ad un passaggio
Sanitario dell’Ospedale Niguarda
culturale ma anche organizzativo; prima
Ca’ Granda – prendo spunto dalla
la centralità era posta sul professionista
realtà ospedaliera lombarda che
della salute oggi la sanità sposta l’asse
esprime sicuramente un buon livello
verso il paziente che acquisisce un
nell’erogazione delle prestazioni
nuovo ruolo nell’interpretare i propri
sanitarie; in regione si dispone di
bisogni e quindi nell’organizzare
una serie di strutture ospedaliere
una risposta il più possibile globale
organizzate intorno al ruolo della
ripensando modelli e processi senza
specialità basata sul sapere. Questo ha
snaturare il ruolo sostanziale del
fatto sì che l’ospedale si sviluppasse
professionista. Da qui la progettazione
intorno al professionista che, da parte
dei nuovi ospedali che assumono
sua, ha accresciuto la sua conoscenza,
l’identità e la morfologia di ospedali
ha aumentato la sua capacità e
migliorato la sua efficienza erogando un sempre più per acuti ma inseriti in un
sistema a rete che preveda sia strutture
prodotto qualitativamente elevato.
per la prevenzione e la gestione delle
Rispetto all’evoluzione delle attività
[bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE
5
INCHIESTA
e i servizi (radiologia, sale operatorie,
laboratori) posti al centro della
struttura. Anche quindi la struttura
edilizia ed organizzativa si modifica alla
luce dei singoli bisogni assistenziali.
Si è già visto come, nel corso di questi
anni, l’ospedale diurno (day hospital
o day surgery), come pure alcuni
percorsi ambulatoriali protetti, siano
andati sviluppandosi in un esempio
di ospedale che interpreta i bisogni
assistenziali dei pazienti connotando
quindi una capacità di risposta
assistenziale per livelli; questa strada
intrapresa presenta quindi una sua
ulteriore evoluzione introducendo
attività ambulatoriali di primo livello
all’interno della degenza ordinaria la
sia strutture per il post dimissione
necessarie alla gestione della continuità capacità di analizzare diverse intensità
di cura e bisogni assistenziali cercando
delle cure. Ponendo quindi il paziente
al centro, si introducono e si rafforzano di modulare risposte organizzative
congruenti. A Niguarda, con l’apertura
alcune modalità di agire».
del blocco sud (450 posti letto di High
«Nel passaggio dall’ospedale costruito
sul sapere e sulle specialità all’ospedale care), sperimenteremo l’introduzione di
area di degenza organizzate proprio per
che mette il paziente al centro –
differenti livelli di intensità.
prosegue Nicora – occorre disporre
Su questo punto si è lavorato e si è
di uno strumento che chiamiamo
incominciato a capire se dentro l’area
“integrazione”, cioè la possibilità che
della degenza vi fosse un concetto di
risorse diverse, con le loro specificità e
gradualità dell’intensità della cura; in
capacità, siano in grado di affrontare,
questi ultimi anni, non ritenendo la
magari nello stesso tempo, i bisogni
degenza come tutta uguale, abbiamo
del paziente: integrazione clinica tra
assistito all’attivazione degenza
clinici e integrazione organizzativa
diurna, al trasferimento di attività
come capacità di ottenere la massima
in ambulatorio, operando così un
efficienza operativa.
Dal punto di vista dei processi vengono percorso di creazione di differenti
livelli assistenziali. Il Sistema sanitario
quindi analizzati i diversi flussi di
nazionale stesso con i LEA aveva già
pazienti con i loro bisogni assistenziali.
introdotto il tentativo di individuare
I nuovi ospedali vengono costruiti con
il percorso del paziente in differenti
un accesso per l’area di emergenza/
livelli essenziali. Oggi dentro gli
urgenza, separato dall’ accesso per
ospedali si sta ragionando se è possibile
i pazienti ambulatoriali. La scelta è
motivata dal fatto che siamo in presenza individuare diversi livelli assistenziali
e, dentro la degenza ordinaria, la
di bisogni differenti: l’urgenza, con un
possibilità di gestire quei pazienti che
percorso diretto, l’altro programmato
possono avere delle necessità clinichee organizzato con l’area delle ricettività
[bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE
6
assistenzili maggiori, in aree omogenee.
Questo significa interpretare meglio il
loro bisogno e dare una risposta più
efficiente sia clinica che organizzativa;
va da sé che questo significa (per
medici e infermieri) operare dei
cambiamenti nel modo di organizzare
l’ospedale”, ed il cambiamento spesso
genera resistenza se non è preceduto
da una chiara, esaustiva e trasparente
rappresentazione del modello.
Tornando all’ospedale per livelli se si
prende ad esempio il dato della durata
della degenza, (che può essere utilizzato
come un indicatore grezzo del livello/
complessità), si può già vedere, anche
se con gradualità differenti, come in
ogni specialità siano presenti pazienti
con caratteristiche differenti. Da una
attenta analisi delle caratteristiche
assistenziali e cliniche di questi pazienti
l’ospedale può valutare (non deve)
se e come rispondere alle diverse
esigenze e ai loro differenti bisogni,
con un nuovo modello organizzativo
oppure confermando l’attuale modello
assistenziale.
La novità consiste quindi nel tentativo
di pensare a delle aree di degenza
multi specialistiche ma per livello
di intensità di cura e assistenziale
omogenei, che può anche comportare
un numero maggiore di infermieri a
fronte di una ridistribuisce in aree con
livello assistenziale più basso. Questo
cambiamento porta in sé la capacità
dell’integrazione nell’utilizzo di risorse
assistenziali condivise.
Queste unità di degenza
multispecialistica si caratterizzano per
una competenza assistenziale unica a
gestione infermieristica.
Per quanto concerne le Unità Mediche,
il direttore o comunque le figure
professionali coinvolte, avranno
INCHIESTA
le stesse la responsabilità tecnicoprofessionali, nella determinazione,
gestione e realizzazione dell’intero
percorso diagnostico-terapeutico del
paziente. La componente medica potrà
avere più versanti aperti, cioè più aree
su cui poter lavorare, come l’area della
degenza diurna, l’area della degenza
breve, l’area dell’alta intensità di cura.
Ed è proprio in questo caso che la
componente medica si potrà trovare a
gestire lo stesso un numero di pazienti,
ma in aree diverse (e in questo sta la
novità).
La loro capacità di seguirli e di curarli,
a mio avviso, rimane la stessa, ma
dal punto di vista della gestione
delle risorse si potrebbero avere dei
cambiamenti che starà nella capacità
di chi ha un ruolo direzionale di
individuare in funzione dell’utilizzo.
Un altro aspetto importante è il “Medico
di riferimento”: se è vero che poniamo
il paziente al centro, come riusciremo
a garantire che il paziente o i parenti
riescano ad avere quel determinato tipo
di rapporto?
Questo non significa che lo stesso
medico debba essere presente tutti i
giorni, e questa è un’altra sfida per chi
ha compiti direzionali nell’interpretare
questo ambito. Nella chirurgia breve
o nella chirurgia in degenza diurna il
medico di riferimento è la condicio
sine qua non perché la necessità del
rapporto è evidente.
Nicora prosegue ricordando che
“gli ospedali oggi vengono costruiti
tenendo conto di diversi principi
informatori come umanizzazione,
rapporto con il territorio, accessibilità,
appropriatezza-affidabilità, innovazione
con l’obiettivo precipuo di realizzare
una struttura flessibile con il paziente
al centro. Un ospedale costruito oggi
dovrà essere in grado di funzionare
per i prossimi venti-trent’anni: la vera
sfida di chi progetta un ospedale,
infatti, è quella di riuscire a capire
come la struttura possa adattarsi
allo sviluppo e al cambiamento del
mondo professionale sulla scorta
dell’innovazione.
Nell’Ospedale vanno concentrate le
terapie complesse e le alte tecnologie
privilegiando l’Ospedale come
nodo importante di un network non
ospedalocentrico ma cittadino centrico;
sul territorio vanno potenziate le altre
strutture per prevenzione, diagnosi,
controlli,riabilitazione e cronicità.
È quindi necessario promuovere
all’interno una cultura di ospedale
aperto, capace di interpretare il
bisogno della popolazione e quindi
riorganizzarsi in base alle caratteristiche
epidemiologiche, geografiche e
sociali del proprio territorio. Questo
non significa comunque chiudere
gli ospedali più piccoli, ma in una
logica corretta di programmazione,
interpretare il bisogno sanitario e
assistenziale di un territorio per dare la
risposta migliore ai pazienti».
«L’ospedale per livelli – conclude
Carlo Nicora – è sicuramente dentro
l’evoluzione degli ospedali; si tratta di
una grossa opportunità riconducibile
all’appropriatezza organizzativa, cioè
alla capacità di poter usare in maniera
adeguata le risorse a disposizione in
un percorso di gestione che è di tutti
e che sicuramente coinvolge diversi
livelli di management e diversi livelli di
responsabilità, dai clinici agli infermieri,
ma anche a livello del supporto
amministrativo piuttosto che logistico.
Siamo consapevoli che la strategia di
diffusione è complicata e per questo
occorre una leadership aziendale forte
[bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE
7
Rodolfo Vincenti,
Presidente
dell’ACOI,
Associazione
Chirurghi
Ospedalieri
Italiani
(ai differenti livelli dell’organizzazione),
credibilità e condivisione che devono
essere sempre mantenute alte.
Il cambiamento che si prepara a
essere vissuto da alcuni di noi (anche
se in tempi diversi) non è solo tecnico
ma anche culturale. Abbiamo visto
come esista una chiara responsabilità
del management aziendale nella
comunicazione, ma in ogni fase di
cambiamento, come nell’attività di tutti
giorni, è la responsabilità individuale
cioè del singolo operatore sanitario che
sta alla base, per cogliere
ogni occasione di ripensare e
riorganizzare l’attività alla luce delle
mutate esigenze».
Criticità del percorso
assistenziale per intensità
di cura
Rodolfo Vincenti, Presidente
dell’ACOI, Associazione Chirurghi
Ospedalieri Italiani, premette che: «In
questo momento noi chirurghi, ma non
solo, siamo al centro di un’attenzione
“spasmodica” in quello che è il tentativo
di ottimizzare quanto più possibile le
risorse che abbiamo a disposizione e, in
questo senso, sono stati messi in campo
INCHIESTA
vari tentativi che considererei, almeno
in parte, ancora “sperimentali”.
L’assistenza per intensità di cura è,
da un punto di vista concettuale, una
buona idea ma, sotto il profilo pratico,
presenta molte criticità perché non
è ancora ben chiaro come si possa
riuscire a mantenere saldo il rapporto
anche umano tra il clinico e paziente
che è la base per una adeguata
assistenza.
È vero, esistono molte patologie che
noi trattiamo che hanno necessità di
un’assistenza sovrapponibile da un
punto di vista qualitativo e quantitativo:
per esempio la donna che viene operata
all’utero avrà bisogno dello stesso
livello di assistenza della donna operata
alla colecisti. Ma sono due specialità
diverse e quindi due chirurghi diversi.
Di che cosa si avrà quindi bisogno? Di
un sistema di gestione centralizzata di
un reparto nel quale afferiscono molte
specialità e quindi molti specialisti.
Il sistema però dovrà comunque
garantire il mantenimento del rapporto
continuativo tra curante e paziente.
Immaginiamo per esempio un reparto
con 20 posti letto in cui ci sono 20
pazienti che hanno bisogno dello stesso
livello di intensità di cura, quindi dello
stesso numero di infermieri, di controlli
giornalieri ecc., a cui afferiscono
specialisti diversi. Ogni paziente avrà
piacere e pretenderà di essere visitato e
di poter parlare con il medico che lo ha
operato o, comunque, con chi fa parte
del gruppo che lo ha operato.
Dal punto di vista pratico, è chiaro
che tutto è fattibile, ma è difficile
poter pensare – almeno per i modelli
che sono stati messi in atto oggi – a
un mantenimento di un rapporto
continuativo medico/paziente che è poi
la base del rapporto fiduciario. Quello
NIGUARDA INAUGURA IL BLOCCO SUD:
le aree della chirurgia d’urgenza, della terapia intensiva, della
neurologia, neurochirurgia, ortopedia/traumatologia: nello
stesso edificio, vi sono tutte le funzioni, dai servizi diagnostici
ai blocchi operatori, in modo che al suo interno i pazienti
trovino un percorso di diagnosi e di cura completo.
La seconda area, che abbiamo completato dal punto di
vista strutturale alla fine del 2009 e che occuperemo nei
prossimi giorni, è il Blocco dell’alta intensità di cura, dove
ospiteremo i pazienti con patologie complesse e acute
(oncologiche, trapianti, cardiologiche) che avranno bisogno di
un approccio integrato e di una serie di interventi diagnostici
e di cura che troveranno una risposta nella stessa struttura.
Verranno quindi ospitati i pazienti oncologici che, oltre a
un accertamento diagnostico, richiederanno un intervento
chirurgico, una terapia oncologica piuttosto che una
radioterapia. Per assistere questi pazienti nella fase post
operatoria e in tutte le altre possibili fasi, abbiamo attivato
dei percorsi interni che permettono di seguire il paziente
e, a seconda dello stato specifico, di poter intervenire. Un
altro settore inserito in questa area è quello dei trapianti.
Anche in questo caso, il paziente deve prima essere seguito
e preparato al trapianto; all’intervento che verrà effettuato
nelle sale operatorie del blocco seguirà un periodo di
permanenza in terapia intensiva e le equipe dell’area devono
poter rispondere alle necessità del paziente. Nella fase
successiva il paziente verrà ripreso in carico dal clinico che
lo ha indirizzato al trapianto con lo scopo di accompagnarlo
nella fase post acuta e inserirlo poi nel follow-up.
Il terzo settore è costituito dall’area della chirurgia
complessa, cioè la chirurgia vascolare, toracica,
La parola a Pasquale Cannatelli,
Direttore Generale dell’Azienda
Ospedaliera Niguarda
Ca’ Granda.
L’intervento di riqualificazione
dell’ospedale – dichiara– nasce
da una parte da un’esigenza
strutturale e, dall’altra,
organizzativa unita alla necessità
di migliorare la qualità della
cura per i pazienti. L’aspetto
strutturale deriva dal fatto che
avevamo un ospedale di ormai
70 anni, concepito in un tempo
in cui prevalevano patologie di
tipo infettivo che, proprio per la loro natura, suggerivano la
concezione di curare in padiglioni separati; inoltre ai tempi
non era ancora avvertita la necessità di spostare i pazienti da
un padiglione all’altro per gli approfondimenti diagnostici.
Essendo nel frattempo cambiate sia le modalità di cura
sia, sotto il profilo epidemiologico, le patologie – che da
prevalentemente infettive sono diventate patologie croniche
e degenerative, con una necessità di approccio diversa verso
il paziente – si è sentita l’esigenza di un’integrazione tra le
diverse competenze con un intervento di revisione anche a
livello strutturale. Per questa ragione, dai 30 padiglioni su
cui era distribuita tutta l’attività di cura e diagnostica del
Niguarda, stiamo arrivando a ricondurre tutta l’attività in tre
grosse aree. Un’area per l’emergenza/urgenza, DEA, che
ospita insieme al pronto soccorso e alla medicina d’urgenza
[bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE
8
INCHIESTA
che temo che si stia perdendo di vista
è l’importanza del rapporto umano
che, nel caso questi percorsi operativi
dovessero prendere piede, si dovrà
comunque riconquistare e se possibile
implementare.
In Italia, anche se non in tutti i centri, ci
si sta orientando verso questa filosofia
organizzativa: in Toscana per esempio è
stato fatto molto anche se poi, di fatto,
rimangono esclusi da questo sistema
organizzativo i piccoli ospedali con
due o tre branche specialistiche, dove
probabilmente tale modello è di difficile
applicazione».
«Poiché si tratta di un sistema molto
complesso e ancora da collaudare –
prosegue Vincenti – è giusto che si
incominci in alcune unità operative
nazionali che devono in un certo senso
fare da battistrada; i risultati poi li si
potranno valutare a distanza, così
da capire innanzi tutto quali i costi e
quali i benefici. Diversamente, non
avrebbe senso mettere in piedi un
sistema così complesso sotto il profilo
organizzativo in termini di protocolli
diagnostico-terapeutici differenti da
letto a letto, e con il logico incremento
delle probabilità di errore in assenza di
attenti controlli».
«Noi come associazione dei chirurghi
ospedalieri – conclude Rodolfo
Vincenti – siamo disponibili a qualsiasi
tipo di cambiamento e seguiamo con
attenzione, ma anche con curiosità,
quelle unità operative da cui vorremmo
sapere i risultati dopo un periodo di
sperimentazione. Mi pare anche logico
e giusto che in un sistema moderno
ci siano degli aggiustamenti e delle
correzioni di rotta dal punto di vista
assistenziale. Bisogna però vedere
se ne vale la pena e se i benefici sono
superiori ai costi».
■
UN’UNICA STRUTTURA PER L’HIGH CARE
L’integrazione è inoltre favorita anche dalla tecnologia
che permette di trasmettere immagini e dati dal domicilio
del paziente all’ospedale, di dialogare tra professionisti e
di indirizzare la cura, evitando ricoveri inutili, seguendo il
paziente al suo domicilio. Un’integrazione così concepita
offre all’ospedale due grandi possibilità: da una parte di
non essere pressato da domande inappropriate, dall’altra
di poter dimettere il paziente sapendo di poter contare su
un’adeguata continuità assistenziale.
Ciò consente un’efficienza di tutto il sistema in termini di
costi e di utilizzo delle strutture con diminuzione dei tempi
d’attesa.
Per restare nell’ambito del rapporto territorio/ospedale,
arrivando a Niguarda quasi otto anni fa, mi sono accorto
della notevole professionalità e della potenzialità di questo
ospedale per il sistema sanitario, non solo lombardo, ma
nazionale: il 12% dei pazienti viene da fuori regione e non
viene per patologie semplici, ma per patologie complesse
che trovano una risposta qualificata. Pensiamo alle
patologie tumorali, ai trapianti, ad alcune patologie cardio e
neurovascolari per le quali Niguarda è un punto non solo di
alta qualità per quanto riguarda la cura e l’assistenza, ma è
anche un luogo di formazione per professionisti ed equipe di
altri ospedali e anche un luogo di ricerca.
Detto questo è però fondamentale che Niguarda si
concepisca come una rete: integrazione quindi non soltanto
tra ospedale e territorio, ma anche tra ospedali, nel senso
che la rete oncologica piuttosto che la rete ematologia
rappresentino un punto di scambio, favorendo la crescita di
tutto il sistema sanitario regionale e quindi di tutto il Paese.
cardiochirurgia piuttosto che l’ortopedia, l’urologia ecc.
Anche questi pazienti troveranno nel Blocco Sud, senza
più essere spostati come avviene oggi, l’intero percorso
di cura dalla diagnostica alla terapia. Questo blocco verrà
portato a termine tra il gennaio del 2011 e il 2013 che
ospiterà le specialità di base di medicina interna, le medicine
specialistiche e tutto il settore del materno-infantile, ovvero
l’ostetricia, la pediatria e la chirurgia pediatrica, l’oculistica
pediatrica, la patologia neonatale. La suddivisione che
abbiamo previsto comporta miglioramenti nella cura e
assistenza, nel rapporto e nell’integrazione tra i professionisti
nella cura del paziente e, aspetto non meno importante in un
discorso di riqualificazione, un’accoglienza adeguata anche
dal punto di vista del confort alberghiero. L’integrazione è
oggi indispensabile all’interno dell’ospedale in quanto non
è più possibile che il singolo professionista possa risolvere
da solo il problema del paziente: patologie complesse
necessitano del contributo di più specialisti delle varie
branche mediche e chirurgiche, in grado di collaborare alla
definizione della diagnosi e al percorso clinico e terapeutico
assistenziale. A maggior ragione, risolta la fase acuta, il
paziente con patologie cronico/degenerative non può essere
abbandonato a se stesso sul territorio ma va accompagnato
in quella rete a bassa intensità di cura e riabilitativa o
assistenziale in cui ci sia un percorso di integrazione che
coinvolga il medico di medicina generale la cui figura, oggi, è
diventata più essenziale di una volta. È il medico di medicina
generale infatti che indirizza il paziente nella fase acuta, e
che poi lo riprende in carico e lo accompagna nel percorso
assistenziale e di monitoraggio nelle situazioni di tipo cronico.
[bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE
9
INTERVISTA
Lorena Origo
Università integrata
con il territorio
Questo l’auspicio di Virgilio Ferruccio Ferrario,
preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia di Milano
C
on grande pragmatismo,
il professor Ferrario –
che incontriamo nel suo
ufficio affacciato sul loggiato e sul
quattrocentesco cortile del Filarete
della Statale di Milano – ci parla
dell’attuale stato dell’Università
italiana.
Professor Ferrario, in quale
situazione versa oggi l’Università
italiana?
Il momento che sta vivendo il
nostro sistema universitario è
indubbiamente cruciale; i problemi che
lo attraversano sono gravi e vengono
messi ulteriormente in evidenza
dalla scarsità di risorse economiche.
Stiamo a mio avviso pagando una
cronica mancanza di programmazione
relativamente alle possibilità di
sviluppo dell’Università la quale negli
ultimi trent’anni ha cambiato pelle:
non è più riservata a un’elite ma si è
aperta alle masse. A questo enorme
numero di studenti noi dobbiamo
[bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE
10
rispondere con strumenti nuovi
rispetto a quelli utilizzati nel passato
ed è quindi necessario intraprendere
un percorso di cambiamento. Direi che
il grave torto che, per la nostra parte,
noi universitari dobbiamo condividere
con la classe politica è quella di
avere atteso il “collasso” del sistema
prima di deciderci a programmare le
riforme. Detto questo, è necessario
trovare soluzioni in sintonia per
rispondere alle aspettative degli
studenti e della nazione, consentendo
INTERVISTA
il diritto allo studio a tutti i capaci,
anche e soprattutto ai non abbienti:
contemporaneamente, necessita
mantenere un elevato livello di qualità
della formazione che non può essere
messo in discussione ma è, anzi, il
parametro competitivo con cui ci
dobbiamo confrontare in ambito
extranazionale.
Che commenti si sente di fare
rispetto alla riforma in atto?
La riforma è un intervento
assolutamente necessario. Non
condivido però alcune scelte che più
che “riordinare” – che a mio avviso
significa eliminare tutto ciò che non
funziona e salvaguardare le situazioni
valide – tendono a “distruggere” l’asset
universitario attuale anche di fronte a
situazioni evidentemente di eccellenza.
Prendiamo per esempio il passaggio
della riforma che riguarda
praticamente l’eliminazione della
facoltà in un sistema dipartimentale
rafforzato sulla carta, ma
probabilmente assai conflittuale…
fino alla paralisi: questa impostazione,
inoltre, non può non tenere conto
delle specificità di alcune realtà
rispetto ad altre. Può forse essere
una buona soluzione in alcuni casi,
ma rivelarsi una grave penalizzazione
per altri, nello specifico per le facoltà
scientifiche.
La Facoltà di Medicina e Chirurgia,
per esempio, non può essere relegata
esclusivamente a compiti
di coordinamento didattico, ma
deve per necessità occuparsi anche
della ricerca, gestire gli aspetti
dell’assistenza e i relativi rapporti con
gli ospedali e quindi avere un peso
autorevole nel coordinare le risorse di
personale.
Il referente dovrebbe quindi essere
un soggetto unico, la “Faculty”,
costituita dai propri dipartimenti.
Nel caso specifico, Medicina
di Milano Statale è una realtà
universitaria complessa e articolata,
con molteplici rapporti che la legano
al territorio (una trentina sono, ad
esempio, gli ospedali con una
qualche forma di convenzione):
come è pensabile, ripeto, gestire tutto
questo attraverso un sistema
che rischia di essere frantumato?
[bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE
11
Virgilio Ferruccio Ferrario
ha conseguito la Laurea in
Bioingegneria presso il Politecnico
di Milano nel 1969 e, nel 1980, la
Laurea in Medicina e Chirurgia,
presso l’Università degli Studi di
Milano. Professore universitario
di seconda fascia in Anatomia
Umana Normale (1983-1990) e,
successivamente, professore
universitario di prima fascia
(dal 1990) presso la Facoltà di
Medicina e Chirurgia dell’Università
degli Studi di Milano. Prima di
ricoprire l’incarico di Preside della
Facoltà di Medicina e Chirurgia
dell’Università di Milano dalla fine
del 2005 è stato Presidente del
Corso di Laurea in Odontoiatria
e protesi dentaria e Direttore del
Dipartimento di Morfologia Umana.
Tra i suoi interessi di ricerca,
ricordiamo l’analisi quantitativa e
temporale delle strutture biologiche
e delle implicazioni funzionali
della morfologia: in particolare
ha messo a punto originali
modelli matematici degli organi
a livello macro e microscopico e
alcuni protocolli operativi per la
valutazione funzionale dell’apparato
stomatognatico e dell’apparato
locomotore. È autore di 190
pubblicazioni internazionali citate da
Medline.
Una trentina di strutture
convenzionate sul territorio.
Vogliamo partire da qui per dare
alcuni dati sulla Facoltà?
Certo. Probabilmente i numeri ci
aiuteranno a capire la complessità
del sistema. Giugno 2010: 642 docenti
per 23 Dipartimenti; l’offerta didattica
prevede 36 Corsi di Laurea di cui
27 Corsi di Laurea delle Professioni
Sanitarie, 5 Corsi di Laurea Magistrale
a ciclo unico, 2 Corsi di Laurea in
Biotecnologie Mediche e 2 Magistrali
Interfacoltà. Se vogliamo invece
parlare delle potenzialità formative, gli
INTERVISTA
studenti iscritti a tale data sono quasi
7500 e i laureati (nel periodo 2003-2009)
sono stati circa 9000. Gli iscritti ai test
di ammissione nel 2009 sono stati quasi
8000 per i circa 2200 posti disponibili.
Per quanto riguarda la didattica
post laurea, invece, abbiamo 55
Scuole di specializzazione mediche
con più di 1100 specializzandi
frequentanti, mentre i Master e i
Corsi di perfezionamento raccolgono
più di 500 iscritti. Veniamo adesso
all’attività assistenziale. Innanzitutto,
per un docente di materie cliniche è
essenziale poter svolgere la propria
attività formativa in ambiente
ospedaliero e al capezzale del paziente,
attuando così ciò che è condizione
essenziale dell’insegnamento
medico: l’inscindibilità nel processo
formativo della didattica, della ricerca
e dell’assistenza. È questa la ragione
per cui, qualora l’Università non
disponga di propri Policlinici (che è
quasi la regola in Italia), è necessario
firmare con il Sistema Sanitario
Regionale apposite convenzioni che
permettano, negli ospedali interessati,
l’integrazione del personale docente
universitario. Ma torniamo ai nostri
numeri: 28 strutture convenzionate nel
sistema lombardo - pubblico e privato
- dell’area milanese, con 357 docenti
universitari che operano all’interno di
più di 200 unità operative a direzione
universitaria di cui 188 complesse, cioè
primariati. Le ore annuali di presenza
medica garantita dagli universitari
della mia Facoltà al Servizio Sanitario
Regionale sono circa 325.000.
Uno sguardo adesso alla ricerca.
Da quando sono preside ho fatto
realizzare un’analisi bibliometrica
sull’attività di ricerca della Facoltà. La
prima indagine è stata fatta sull’arco
di 10 anni (1996-2005), le successive
con finestre di tre anni. I dati che ne
emergono evidenziano un impegno
che si è notevolmente intensificato
nel tempo: le cifre relative all’ultimo
triennio (2007-09) ci dicono che sono
state fatte 3535 pubblicazioni (contate
una sola volta escludendo i coautori),
cioè 1179 all’anno per una media a
docente di 1,80, e che l’impact factor
ha raggiunto i 15.837 punti. Nel 2008
come Facoltà ci siamo posizionati
al 1° posto in Italia nella classifica di
Clinical Medicine, 12mi in Europa
e 58mi nel mondo. È anche grazie a
questi traguardi che l’Ateneo milanese
nella sua interezza ha una posizione di
tutto rispetto nelle Università europee
della LERU (League of European
Research Universities). A fronte
di questi numeri, che hanno una
ricaduta significativa in termini, oltre
che di formazione per gli studenti, di
assistenza di qualità diretta ai cittadini
e di prestigio in ambito scientifico,
io mi sento in dovere di invitare alla
riflessione prima di incrinare il delicato
equilibrio attuale con provvedimenti
impropri. Ciò non toglie ovviamente
che tutto il sistema universitario
debba essere riformato, direi in primis
con interventi possibili da subito sui
concorsi e sulla responsabilizzazione
reale degli Atenei giocando sulla
premiabilità come parametro
fondante.
Secondo lei l’opinione pubblica ha
la percezione esatta di quanto la
Facoltà sia presente attivamente
nel Servizio Sanitario Regionale?
Assolutamente no. Anzi, ho il timore
che normalmente l’associazione sia
“Facoltà di medicina = baroni”. In tutta
franchezza, ritengo che in passato
[bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE
12
siano stati sicuramente commessi
grandi e gravi errori e che ancora ci
siano, al nostro interno, appendici che
stiamo cercando di eliminare. Ma oggi,
e qui parlo in particolare di Milano,
quello dei baroni è un retaggio che
ci siamo buttati alle spalle: operiamo
in totale trasparenza grazie anche a
una linea virtuosa intrapresa ormai
da anni. Purtroppo resta ancora
faticoso il recupero di immagine agli
occhi dell’opinione pubblica anche
perché i casi negativi registrati a livello
nazionale vengono sventolati come
parametro per valutare un’intera
categoria che invece, al suo interno,
ha più situazioni positive che negative.
È profondamente scorretto, a mio
avviso, prendere i fatti negativi
e sbatterli in prima pagina come
se fossero la fotografia di una
situazione tipica a livello nazionale,
dimenticandosi delle assai numerose
realtà di qualità, e a volte di eccellenza,
presenti localmente.
Come vi rapportate rispetto agli
Ospedali e alle istituzioni?
Noi di fatto abbiamo rapporti
giornalieri con le strutture
ospedaliere perché – come ho detto
– senza ospedali non potremmo fare
formazione. Per quanto riguarda
i rapporti con le regioni, almeno
qui in Lombardia, sono dinamici,
collaborativi e su parametri di qualità.
Non è assolutamente pensabile che
l’Università si arrocchi su se stessa
senza confrontarsi con gli altri attori
del sistema.
Negli ultimi tempi abbiamo attivato
anche uno scambio di opinioni
tra le sei Facoltà di Medicina
che orbitano in Regione, poiché
riteniamo indispensabile l’avvio
INTERVISTA
di un coordinamento fra le varie
offerte presenti sul territorio, in
particolare per quanto riguarda i
corsi di master e di perfezionamento,
evitando così inutili sovrapposizioni o
frammentazioni dell’offerta formativa.
Inoltre il Coordinamento delle facoltà
mediche della Lombardia ha avviato
da tempo incontri frequenti con
l’Assessorato della Sanità regionale
con cui si è stabilito un confronto
continuo, aperto e costruttivo,
sulle innumerevoli problematiche
che riguardano l’assistenza per la
formazione e la ricerca.
Qual è la sua opinione sulle lauree
triennali?
Se c’è un punto di convergenza tra
l’Università e il Sistema Sanitario
sono proprio le lauree triennali nel
cui ambito dobbiamo lavorare in
strettissimo collegamento per ottenere
un laureato professionalmente
all’altezza. La nostra missione è
quella di far sì che l’insegnamento,
che è professionalizzante, sia fatto
“respirando” la ricerca che, per sua
definizione, è garantita dall’Università.
Proprio con la prospettiva di avviare
un confronto profondo e duraturo, ho
recentemente organizzato gli “Stati
generali delle professioni sanitarie”
che ha visto coinvolti,
oltre ai funzionari regionali, i
colleghi delle sei Facoltà lombarde
e i rappresentanti delle professioni
sanitarie della regione Lombardia.
La scelta delle specializzazioni
è in sintonia con le reali necessità
del Sistema Sanitario?
Questa domanda dovrebbe essere
pleonastica, ma così non è. La
canalizzazione verso le specializzazioni
più necessarie dovrebbe avvenire
anche attraverso l’erogazione di
borse di studio da parte del Ministero
(5000) dopo una programmazione da
parte di quest’ultimo, su base almeno
decennale, delle necessità reali. Non
sempre questo avviene.
Da parte nostra, stiamo coinvolgendo
in questo senso anche la Regione
attraverso la richiesta di un incremento
di borse di studio finalizzate alle
specializzazioni di maggior necessità:
nei prossimi anni avremo sicuramente
bisogno di cardiologi, pediatri,
chirurghi per fare un esempio. Il
rischio è un po’ quello di ritrovarci
con un numero di laureati in medicina
inferiore al necessario – un fenomeno
di questo tipo ha coinvolto l’Inghilterra
che ha dovuto “importare” i medici
specialisti – e questa situazione non si
può risolvere aprendo “finestre”
al numero chiuso; non basta infatti
offrire un banco ma bisogna avere
strutture, spazi, docenti e risorse
per garantire a tutti la qualità
dell’insegnamento.
Nomine e concorsi: un sistema
da riformare?
Questo è un punto estremamente
dolente: non si possono certo
dimenticare di punto in bianco gli
interessi che sono stati rappresentati
nel passato nei concorsi. Il modello
concorsuale è da modificare
urgentemente, ma certamente non è
l’unica cosa da fare subito perché le
cose possano cambiare: bisogna
nei fatti favorire il processo di
maturazione politica e virtuosa
dell’intero sistema che deve vedere
Facoltà e Atenei responsabili nella
formazione dei loro candidati.
Mi sembra un positivo passo in
[bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE
13
avanti la proposta contenuta nella
riforma che prevede una prima
idoneità nazionale e, in un secondo
tempo, una chiamata a livello locale in
base alle necessità e alle competenze,
ascrivendo alla responsabilità
dell’Ateneo le conseguenze delle scelte
sbagliate.
Com’è la situazione nel resto
d’Europa?
Quello italiano è un sistema antico,
che ha peculiarità che altri non hanno,
e che si trova in una condizione di
scarsità di risorse. Pertanto, pensare
di porci Harvard come modello
vorrebbe dire prenderci in giro
in quanto sappiamo benissimo
che non ci sono le condizioni affinché
questo possa accadere.
Quella che dobbiamo trovare è una via
italiana, non per campanilismo,
ma proprio per situazioni diverse sotto
il profilo storico e ambientale.
Come vede l’Università del futuro,
professor Ferrario?
L’obiettivo dell’Università di Milano,
di questa Facoltà di Medicina
e Chirurgia nello specifico, è
indubbiamente quello di una
maggiore integrazione con il territorio.
Quando vado a Bologna sono
esterrefatto dalla stretta sintonia che
si percepisce esistere tra l’Università e
la cittadinanza, il comune, la regione.
Quello che mi piacerebbe riuscire
a fare è creare anche sul nostro
territorio un senso di appartenenza
tra la cittadinanza e la sua Università:
un contesto in cui tutti, cittadini
e istituzioni, si rendono conto
che l’Ateneo è un bene comune e
condivisibile all’interno della società
■
intera.
ATTUALITÀ
Le équipe multi professionali
Roberto Carlo Rossi
Uno dei falsi miti della nostra epoca
Assedio di Malta, 1565
Affresco di Matteo Perez d’Aleccio,
ultimo quarto del XVI secolo.
U
n documento della
Federazione analizza il ruolo
del medico e dell’odontoiatra
nell’ambito delle così dette équipe
multiprofessionali. Lo scritto prende
le mosse dalla considerazione che
nuovi compiti vengono o verranno
affidati a figure professionali che,
tradizionalmente, venivano considerate
“paramediche” o ancillari rispetto alla
professione medica.
Come noto, molte figure professionali
(psicologi, infermieri, fisioterapisti,
optometristi ecc.) “assediano” da tempo
la professionalità e le funzioni proprie
del Medico (il fatto è stato oggetto
proprio della “inchiesta” dello scorso
numero del Bollettino dell’Ordine di
Milano). Il 26 giugno 2007 la Regione
Toscana ha approvato la “proposta di
sperimentazione del modello See and
Treat in pronto soccorso”. In sostanza,
agli infermieri viene affidata la gestione
diretta di alcune patologie e potenziate le
funzioni di triage già a loro attribuite in
pronto soccorso. Lo scopo dichiarato di
questo modello sarebbe quello di ridurre
i tempi di attesa.
Il (discutibile) lavoro della
FNOMCeO
Durante il Consiglio Nazionale del 13
giugno 2010, nell’ambito di un dibattito
che coinvolgeva anche la riforma degli
Ordini, l’istituzione dei nuovi ordini
sanitari e la riforma delle professioni,
[bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE
14
è stato proposto il documento “Ruoli
e funzioni del medico nell’ambito
delle équipe multiprofessionali”. Tale
documento, che qui viene proposto in
ampi estratti, è comunque scaricabile
per intero sul sito www.omceomi.it
e se ne crede opportuna la diffusione
per favorire un ampio e trasparente
confronto all’interno della categoria
medica e odontoiatrica. D’altra parte, sul
documento è esplicitamente scritto che
“Le considerazioni in esso contenute
non sono da ritenersi né conclusive
né esaustive di un cammino di ricerca
deontologica, di valutazione del
rispetto delle competenze tecnicoprofessionali e dei connessi profili di
responsabilità, infine di misurazione
dell’efficacia e dell’appropriatezza
dei modelli organizzativi innovativi.
Dichiariamo, quindi, fin da oggi la
nostra disponibilità ad un confronto
costruttivo dentro e fuori [?!?] le nostre
professioni, inclusivo dei contributi e
delle osservazioni provenienti da tutte le
esperienze positive in campo”.
La Federazione parte da una
considerazione, e cioè che è in
atto “un processo legislativo che,
sull’onda della ricerca del consenso
e rinunciando al governo vero delle
ATTUALITÀ
innovazioni, si è limitato a trasferire
ogni specificità tecnica emergente in
uno specifico ordinamento didattico
di corso di laurea universitario e in
una definizione giuridica del relativo
profilo professionale che ne definisce
le competenze e le attività riservate.
Tale legislazione ha generato 22
nuove professioni sanitarie, ognuna
caratterizzata da autonomia nell’ambito
delle proprie competenze che,
nei processi clinico assistenziali e
preventivi, intercettano le competenze
dei medici e degli odontoiatri, i quali
si confrontano con altre professioni
che hanno da tempo consolidato
un loro ruolo nelle attività e nelle
organizzazioni sanitarie (biologi,
fisici, chimici, psicologi)”. Orbene, la
FNOMCeO ritiene che sia “necessaria
una riflessione ed un confronto
attento e rigoroso, fuori e dentro le
nostre professioni anche sui risvolti
organizzativo-gestionali dei servizi
e sui relativi profili di responsabilità,
dovendosi garantire l’unitarietà
e l’efficienza dei processi clinico
assistenziali pur nel rispetto delle
autonomie professionali”. D’altra parte
la Federazione osserva che “In questi
anni nell’ambito delle autonomie
regionali sul piano dell’organizzazione
dei servizi sanitari stiamo assistendo a
un proliferare di progetti assistenziali
che prevedono l’affidamento di nuovi
ruoli e compiti alle professioni sanitarie
nell’ambito delle équipe. Queste
proposte, per le delicate questioni che
sollevano, richiedono nostre puntuali
osservazioni sia deontologiche, alle
quali richiamiamo i nostri professionisti,
che tecnico professionali che invece
proponiamo a un’attenta riflessione
dei decisori in sanità”. “Trattandosi di
sperimentazioni di modelli operativi
che incidono sui servizi di assistenza
e cura, un primo profilo di coerenza
deontologica per i medici coinvolti nei
progetti, va ricercato nell’aderenza delle
sue finalità ai principi di beneficialità
e giustizia, nella garanzia cioè che gli
obiettivi perseguiti corrispondano
alla distribuzione equa, efficace ed
appropriata, di un bene, in questo
caso l’assistenza a determinate
condizioni patologiche, in un contesto
organizzativo più complesso di gestione
delle urgenze-emergenze. Sotto questo
profilo, entrambe le sperimentazioni
[cioè il “see and treat” della Toscana e
un modello simile sviluppato in Emilia
Romagna] appaiono ispirate da
prospettive di razionalizzazione e
di adeguato impiego delle risorse
umane, tecniche, strutturali ed
economiche disponibili, alla stregua
di strumenti di predisposizione e di
gestione tempestiva ed efficace del
lavoro in équipe, diretti a contenere
costi incongrui ma soprattutto a
produrre benefici nell’assistenza e
nella soddisfazione degli utenti. Una
ulteriore condizione necessaria prevede
che tutta la sperimentazione avvenga
in un contesto di ampia ed esaustiva
informazione dei pazienti che si
rivolgono al servizio ed a una specifica
acquisizione del consenso degli stessi
alle procedure assistenziali sperimentali
a cui vengono sottoposti. Nel rispetto
di tali condizioni dichiariamo la
nostra attenzione verso la cauta
adozione di percorsi assistenziali
che consentano la sperimentazione
di tali modelli operativi dei relativi
percorsi assistenziali, riservandosi un
giudizio complessivo sugli esiti della
sperimentazione peraltro già conosciuti
in altri Paesi ove tuttavia sono assai
diversi i percorsi formativi dei
[bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE
15
professionisti, le culture organizzative,
i principi etici di governo dei sistemi
sanitari, infine le stesse attese dei
cittadini”.
A questo punto, la Federazione si
accorge che “sul piano generale, il
punto fondamentale cui perviene la
valutazione deontologica coincide
peraltro con l’antica querelle sulle
prerogative mediche messe in
discussione dalla prospettazione di
un ruolo funzionale sostanzialmente
autonomo di altri professionisti sanitari
impegnati in prestazioni d’èquipe,
nelle quali si prefigura la possibile
equipollenza di competenze tra
professionisti medici e non medici,
questi ultimi all’uopo addestrati con
progetti di formazione sul campo”.
Tuttavia, si osserva anche che “La
preoccupazione non nasce ovviamente
da una prospettiva di sviluppo continuo
delle competenze e degli skills delle
professioni sanitarie né dalla scelta di
contrastare pregiudizialmente modelli
flessibili di assistenza ma dal grande
rischio di un uso spregiudicato ed
opportunista delle competenze ai
fini di realizzare organizzazioni di
servizi sanitari meno onerosi; una
prospettiva low-cost che potrebbe
sedurre molti amministratori,
soprattutto quelli in difficoltà con
la tenuta dei bilanci”. “Se è dunque
vero che si devono riconoscere alle
professioni regolamentate nuovi
profili di competenze avendo questi
fruito di formazioni e di titoli universitari
nell’ambito della Facoltà di Medicina
e Chirurgia, a loro volta produttivi di
una dignità e di una potestà operativa
autonoma, non può del pari ritenersi
ammissibile una indisciplinata
confusione operativa e tanto meno
una sostanziale erosione del ruolo e
ATTUALITÀ
IL COMMENTO DELL’ORDINE DI MILANO AL DOCUMENTO FNOMCEO
Lettera del Dott. Ugo Garbarini al presidente della FNOMCeO e p.c. ai presidenti OMCeO Provinciali
Milano, 2 luglio 2010
Caro Presidente,
di ritorno dal Consiglio Nazionale e dopo aver ben ponderato il Tuo invito ad “aprire una riflessione all’interno della professione” relativamente al
documento “ruoli e funzioni del medico nelle equipe multiprofessionali” (cfr quarto paragrafo della Tua comunicazione del 17/06/2010 RGP.0006740
2010) ho deciso che lo scritto in questione fosse di tale importanza da meritare una seduta di Consiglio ad hoc, seduta che ha quindi avuto luogo in
data 30 giugno u.s. Orbene, è mio dovere informarTi che il Consiglio dell’Ordine che presiedo ha con fermezza giudicato il documento in questione
troppo debole e, a tratti, ambiguo. È pur vero che la FNOMCeO esprime in tale scritto una (condivisibilissima) preoccupazione per l’erosione dei
confini della professione medica da parte di professioni tra le più varie, soprattutto nell’ambito delle “sperimentazioni” che si stanno conducendo in
alcune regioni del nostro Paese. Tuttavia, il Consiglio ha espresso il suo totale dissenso a compromessi che comunque possano portare a validare
forme di sperimentazione (che nel documento in questione si danno come in imminente “trasferimento da una condizione sperimentale ad una a
regime”) che attribuiscano a professioni non mediche la potestà di diagnosi e di cura. A nostro avviso la strada da intraprendere è tutta un’altra.
La Federazione in primis e gli Ordini Provinciali in secundis devono farsi garanti di un’alleanza terapeutica forte tra medico e paziente, ove il
terapeuta sia un medico ben preparato, aggiornato e che operi in un ambiente di cura sicuro e controllato. Per far questo è necessario che gli Ordini
si aprano alla gente (e ai media) ed il loro ruolo venga rilanciato (e non mortificato) da eventuali progetti di riforma. AI contrario, non è accettabile
(rectius: non è assolutamente sufficiente) che la Federazione e gli Ordini vigilino “solo” sul fatto che almeno si preservi la leadership medica
nell’ambito di fantomatiche equipe multiprofessionali ove i medici si troverebbero ad avallare le decisioni prese da “altri”, magari assumendosene
anche le relative responsabilità medico-legali. Questa è una strada di relativamente facile percorribilità ma che non potrà che portare allo
svilimento del ruolo del Medico e degli Ordini dei Medici. In altri termini, caro Presidente, dopo aver ben riconsiderato il documento da Te inviato, il
nostro invito è quello di riformularlo nei termini di una minore tolleranza e di un maggiore orgoglio dell’essere medici e del valore dell’atto medico.
D’altra parte riteniamo che l’importanza di una simile presa di posizione del corpo medico necessiti di un adeguato periodo di tempo di
ponderazione e del massimo consenso possibile. Siamo sicuri che, se sapremo spiegare bene le nostre ragioni, in questa presa di posizione ci
seguiranno anche i cittadini nostri pazienti.
Cordiali saluti.
IL PRESIDENTE
Dott. Ugo Garbarini
della dignità del medico che travalichi
il limite da una sinergia integrativa
rispettosa di una professione, quella
medica, garantita e resa specifica
dallo Stato attraverso l’abilitazione, a
tutela dei cittadini. D’altronde, nella
prassi assistenziale, specie se svolta
in équipe, è riconosciuto al medico
un ruolo preminente e come tale
garante anche delle scelte praticate
dal personale dipendente, con lo
specifico obbligo di sorveglianza e di
controllo e con l’assunzione di una
responsabilità ad altri non delegabile
ma neppur produttiva di impunità per
ogni altro operatore che sbagli (Cass.
civ., 16 marzo 2010, n. 10454)”. A
questo punto, però, si osserva che “ne
deriva la inderogabile necessità che
ogni percorso diagnostico-terapeutico
o progetto assistenziale riconosca
la figura del medico tanto nella
composizione della équipe quanto nel
relativo processo funzionale, relazionale
e curativo, anche nel quadro di una
responsabilità in eligendo e in vigilando
che non esclude deleghe strettamente
operative ma sempre entro limiti di
capacità e di fiducia commisurati alla
entità del rischio e nel rispetto delle
esclusive prerogative del medico.
In altre parole, con riferimento alle
sperimentazioni in corso, è possibile
ipotizzare un’organizzazione del
lavoro in équipe che preveda
l’affidamento vigilato e responsabile
[bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE
16
di alcuni atti medici ad altre figure
professionali con il limite che le
procedure non sconfinino nella cessione
di potestà esclusive”.
Così conclude la Federazione:
“l’eventuale trasferimento da una
condizione sperimentale ad una “a
regime” di modelli operativi che
prevedano, in condizioni del tutto
particolari e definite, l’affidamento di
nuove competenze ad altri professionisti
sanitari, appaiono per i medici
coinvolti deontologicamente coerenti
se perseguono e conseguono obiettivi
di efficacia, qualità, appropriatezza
e sicurezza delle cure, se non
discriminano i pazienti in ragione dei
bisogni, se operano nel pieno rispetto
ATTUALITÀ
dell’informazione e consenso e se
soprattutto riconoscono al medico
sul piano dell’autonomia tecnico
professionale il ruolo di governo e
sintesi del processo clinico assistenziale
e su quello della responsabilità la
duplice posizione di garanzia verso i
cittadini e verso lo Stato in eligendo e in
vigilando”. Agli Ordini professionali
“spetta il compito di vigilare e
intervenire su tali processi di
cambiamento affinché le innovazioni
non si riducano a mere derive
efficientiste che mirano a ridurre
i costi impoverendo i servizi di
competenze appropriate, esponendo
categorie sanitarie su terreni tecnico
professionali non propri, sottraendo
ruoli e compiti al medico oltre e
contro la sua indiscussa posizione
di garanzia e tutela della salute dei
cittadini”.
Sembrerebbe insomma di capire che
1) stanno con forza emergendo nuove
professioni sanitarie, favorite da un
processo legislativo nazionale e di alcune
regioni, 2) queste figure professionali
dovrebbero entrare a far parte di
gruppi multiprofessionali con mansioni
che a volte si sovrappongono a quelle
mediche, anche per “razionalizzare” e
“impiegare adeguatamente le risorse
umane” e “contenere costi incongrui”
e “soprattutto” “produrre benefici
nell’assistenza e nella soddisfazione
degli utenti”, 3) tale processo è dato per
acquisito e inarrestabile, 4) all’interno di
questi “grupponi” vi saranno mansioni
che tradizionalmente erano mediche (la
diagnosi e la potestà di cura), affidate a
professionisti non medici, 5) il medico
manterrà tuttavia la responsabilità
del processo terapeutico (cioè la
responsabilità del capo équipe), 6) gli
Ordini provinciali dovranno vigilare
che tali sperimentazioni non si riducano
a “mere derive efficientiste” e le altre
categorie professionali non sottraggano
impropriamente ruoli e compiti al medico.
Il parere dell’Ordine di Milano
Dando corso all’invito della Federazione,
il documento è stato discusso nell’ambito
del Consiglio del 30 giugno 2010. Ne è
scaturita la lettera che potete leggere
a lato. In sostanza, le critiche maggiori
avanzate al documento riguardano la
sua ambiguità e la sua arrendevolezza.
Infatti, mentre la Federazione esprime
condivisibilissime preoccupazioni e
critiche in merito alle sperimentazioni
in atto, sembra anche accettare
(inerme) l’ineluttabilità di questo
processo; processo che, del resto,
risponderebbe alle comprensibili (?)
richieste di contenimento dei costi e di
razionalizzazione delle risorse umane
a disposizione. Ma la FNOMCeO non
dovrebbe essere proprio l’organismo
nazionale che, più di ogni altro, ha
il compito di protestare per simili
richieste? Di più, nei passaggi finali del
documento sembra quasi che si scarichi
la responsabilità di vigilare, per il futuro,
ai singoli Ordini dei Medici, come se già
ora non si potesse fare più nulla.
Il falso mito delle équipe
Due recenti ricerche, una del CERGAS
Bocconi (cfr Sole 24Ore Sanità 23/06/2009)
e una dell’Università di Parma (cfr Sole
24Ore Sanità 31/05/2010) hanno stabilito
che medici di famiglia riuniti in équipe
non danno un vero valore aggiunto al
servizio reso ai propri pazienti. Tutti i
media e politici si riempiono la bocca
con la richiesta di avere una maggiore
continuità di cure sul territorio mediante
la messa a disposizione del cittadino/
paziente di gruppi di medici, infermieri,
[bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE
17
fisioterapisti ecc .12 ore su 24 (o
addirittura 24 ore su 24). Tuttavia, nessuno
si è mai occupato (con le luminose
eccezioni di cui sopra, appunto) di
misurare e comparare alcuni indicatori
condivisi e di misurare il reale gradimento
dei pazienti. È logico che, chiunque,
risponderebbe affermativamente alla
domanda sul gradimento di un servizio
che metta a disposizione un medico
gratuitamente e continuativamente 24
ore su 24. Ma probabilmente la risposta
cambierebbe se al medesimo cittadino
si prospettasse che il “prezzo” di questo
servizio è la perdita del rapporto di
fiducia con il proprio medico a vantaggio
di una generica fidelizzazione ad una
determinata struttura territoriale.
Conclusioni
Il documento della Federazione non
prende una posizione ferma relativamente
all’emergere di nuove professionalità che
minacciano di erodere il rapporto duale
medico-paziente, rapporto che, secondo
noi, è ancora oggi alla base di un buon
percorso di diagnosi e cura. Poiché è
senz’altro sbagliato arroccarsi e poiché
si deve ammettere che la legislazione
sugli Ordini (e sulla professione medica)
deve subire una rivisitazione e un
ammodernamento, la soluzione potrebbe
proprio essere quella di rilanciare (e
non mortificare) l’atto medico. In altri
termini, gli Ordini dovrebbero forse
essere dotati di strumenti legislativi
nuovi, idonei per valutare la qualità
dell’atto medico erogato ai cittadini
esaltandone i significati e, in un certo
senso, contribuendo a validare l’alleanza
terapeutica che deve scoccare tra il
paziente ed il suo Medico. Per il momento
è solo una provocazione, un sasso nello
stagno, ma, a nostro parere, è la strada
giusta da seguire.
■
STORIA DELLA MEDICINA
Maria Cristina Parravicini
Il pensiero medico
“Introduzione alla filosofia della Medicina e alle Medical
Humanities” è il titolo di un interessante convegno tenutosi
lo scorso maggio a Milano
“S
cienza e ideologia del
corpo dai Greci a oggi”
è il tema dell’intervento
di Giorgio Cosmacini, docente di
Storia del Pensiero Medico e Storia
della Medicina presso l’Università
Vita-Salute, San Raffaele, Milano che,
partendo dalla concezione del termine
greco soma, inteso nell’accezione
omerica di cadavere, approda a
quella di corpo dell’uomo vivente
che si traduce in modalità espressive
parziali di un totale “pre-somatico”,
comprensivo di anima e corpo.
Dal “pre-somatico” al corpo preanatomico di Ippocrate, a quello che
avveniva dentro il corpo (“di cui sono
noti soltanto gli ingressi e le uscite”,
secondo una definizione di M. Vegetti)
e ai suoi quattro umori.
Secondo l’affermazione perentoria
di Galeno di Pergamo (II secolo d.C.)
“Platone era un seguace di Ippocrate…
e prese da lui le principali dottrine”;
nel pensiero di Platone la medicina
ippocratica veniva ad assumere un
“duplice rilievo esemplare: metodico
da un lato, etico-polico dall’altro”. Il
corpo umano con le sue malattie è,
in Platone, speculare al corpo sociale
con le sue turbolenze… Il metodo per
conoscere la natura del corpo è quello
di conoscere la natura dell’intero.
Il corollario medico è che bisogna
procedere alla terapia delle parti non
senza aver cura del tutto. Non minore
rilevanza ha il procedimento inverso –
riduzionistico – che costituisce l’altra
metà del metodo clinico teorizzata da
Platone nel Timeo.
Dallo sguardo al corpo, mutuato
da Galeno dal pensiero classico,
superando mille anni, Cosmacini
approda alla Padova di Andreas van
Vesel detto Vesalio (1514-1564), il primo
a investigare la “fabbrica del corpo
umano” con i criteri della moderna
anatomia.
Da il corpo-fabbrica di Vesalio al
corpo-macchina, da Cartesio a
Lamettrie, con la macromacchina – il
cuore – propellente il sangue e con
le micromacchine descritte dagli
iatromeccanici di scuola galileiana,
Borelli e Malpighi.
Attraverso questo lungo excursus,
Cosmacini approda all’oggi, al
corpo-biomolecolare del DNA
e alle immagini ultrastrutturali
della microscopia elettronica,
[bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE
18
all’immaginario dell’avveniristica
“eidologia”. In questo percorso,
il riferimento alla tradizione può
preservare l’eidologia dal pericolo di
diventare idolatria, può immunizzare la
scienza di immagini dal rischio di farsi
manipolatrice di cose traducendosi
in una antropologia negativa in
cui le immagini corporee altro non
STORIA DELLA MEDICINA
Galeno, litografia di Pierre
Roche Vigneron
(Parigi, Lith de Gregoire et
Deneux, ca. 1865)
Jan Steen (1626-1679) - La visita del dottore
(1658-1662), Wellington Museum di Londra
sono che simulacri, vuoti di concreta
umana realtà. Ma il problema della
corporeità si pone anche in rapporto
all’intervento del medico sul corpo,
come ricerca e pratica di modificarne
ad arte la natura: un esempio recente
è la chirurgia estetica i cui interventi
concernono, più che la salute, il
benessere.
Altri sono gli interventi sul corpo
che lo mutano al punto da incidere
strutturalmente sul meccanismo
stesso dell’invecchiamento corporeo:
una “quasi immortalità” oggi
realizzata in concreto dai trapianti di
organi salvavita e più recentemente
ripromessa dalle manipolazioni di
geni marcatempo, dalle strategie della
clonazione terapeutica, dall’utilizzo di
cellule fetali ed embrionali.
Gli human biological materials sono
oggetto di applicazioni sempre più
numerose non solo in quanto materiali
da utilizzare direttamente, ma anche
come campioni da riutilizzare come
fonti di informazioni biologiche e
genetiche, conservati in banche e
suscettibili di diventare res derelictae.
Se la medicina ci consegnerà un corpo
sempre più longevo, dovrà prometterci
di essere anche “rigenerativa”
attraverso interventi “ordinari” in
grado di sostituire gli organi logorati
o semplicemente usurati. Per fare
ciò, su vasta scala, saranno necessari
tessuti e organi in quantità e varietà
sufficienti grazie all’impiego di cellule
staminali più o meno totipotenti,
così da fornire adeguati “pezzi di
[bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE
19
Claude Bernard
(1813 - 1878)
Rudolf
Ludwig Karl
Virchow
(1821 - 1902)
STORIA DELLA MEDICINA
Wilhelm
Conrad
Röntgen
(1845-1923)
ricambio” grazie all’ingegneria e alle
nanotecnologie: dai minitrapianti
alle protesi miniaturizzate, agli
interventi sul menoma e a quelli
guidati da nanovettori e nanosonde.
Una rivoluzione permanente dello
sviluppo scientifico-tecnico ma, come
ammoniva Norberto Bobbio, “…
mentre il progresso tecnico-scientifico
non cessa di suscitare la nostra
meraviglia e il nostro entusiasmo,…
continuiamo sul tema del progresso
morale a interrogarci come 2000
anni fa”.
“L’affermazione della medicina
sperimentale: le idee di Claude
Bernard e di Rudolf Virchow” è il
titolo dell’intervento di Federico
Perozziello, professore a contratto
di Antropologia dell’Università
dell’Insubria che, per meglio
inquadrare il percorso di Bernard,
prende le mosse dalla Francia del
Secondo Impero di Napoleone III.
Nato a Saint-Julien (Dipartimento
del Rodano) nel 1813, Bernard di
laureò in medicina a Parigi (1843) e
divenne allievo del fisiologo e studioso
delle funzioni del Sistema Nervoso
Centrale François Magendie (17831855), personaggio noto per i suoi
crudeli esperimenti di vivisezione.
Dal dottorato in scienze arrivò nel
1868, all’Accadémie Française. La
sua metodologia di lavoro si basò
essenzialmente su una rigorosa
applicazione della vivisezione e
della sperimentazione animale con
protocolli minuziosi che impedissero
ogni forma di arbitrarietà e
consentissero la riproduzione dello
studio.
Nella Introduzione allo studio della
Medicina sperimentale Bernard,
coerente con le sue teorie pervenne
a una visione rigorosamente
deterministica della medicina e delle
scienze biologiche, non riconoscendo
carattere scientifico a ricerche mediche
basate unicamente sulla statistica
non valida come unico metodo. Tale
metodologia fu basilare per le grandi
scoperte mediche della seconda metà
dell’Ottocento.
Rudolf Virchow, l’altra figura di
scienziato illustrata da Perozziello,
nacque a Schivelbein, in Pomerania
nel 1821 e, già da studente in
medicina, cominciò a interessarsi
all’anatomia patologica, sia nella
parte macroscopica che in quella
microscopica. Sua è l’individuazione
della cellula come unità costitutiva di
base di ogni processo biologico.
Dopo la laurea a Berlino lavorò
come medico interno all’ospedale
della Carità. Fautore e promotore di
riforme radicali, Virchow utilizzò il
suo prestigio scientifico per portare
avanti un lavoro di tutela sociale verso
i più deboli ritenendo che il medico
fosse un vero e proprio “avvocato per
i poveri”. Inviato in Alta Slesia per
una epidemia di tifo petecchiale, ne
[bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE
20
fece un dettagliato rapporto dalle
conclusioni del tutto innovative per
i tempi, introducendo una visione
antropologica e sociale della regione
con magistrali resoconti dei decorsi
clinici e delle autopsie.
La sua adesione all’ideologia liberale
gli comportò l’allontanamento
dall’Ospedale della Carità e il
successivo trasferimento a Wurzburg,
dove si applicò allo studio delle
alterazioni istopatologiche attraverso
l’utilizzo del microscopio, dimostrando
i parallelismi tra le alterazioni visibili a
occhio nudo e quelle ultrastrutturali.
Nel 1856, tornato a Berlino, pubblicò
il Trattato di Patologia Cellulare o
Zellularpathologie, in cui perfezionò
questa sua teoria basilare per i
successivi sviluppi della medicina.
Accanto alla sua attività di ricercatore,
Virchow continuò anche quella politica
con risultati che portarono, la Prussia
prima e la Germania poi, a posizioni
di avanguardia nelle misure di
prevenzione sanitaria.
La relazione di Luca Nave, master in
Bioetica ed Etica Applicata, Università
degli Studi di Torino, ha come tema
“Le Medical Humanities: un discorso
preliminare”. Dopo aver premesso
che la vera e propria rivoluzione biotecno-scientifica, pur con tutti i suoi
successi, ha corroborato il rischio di
smarrire la missione di cura dell’essere
umano considerato come una totalità
e nella globalità delle sue espressioni
bio-psico-sociali, Nave ricorda che
le Medical Humanities intendono
arginare i nefasti effetti connessi a
tale rischio ricercando una necessaria
sinergia tra l’anima scientifica della
medicina sperimentale fondata
sulle prove di efficacia (Evidence
STORIA DELLA MEDICINA
Based Medicine), e la dimensione
di humanitas propria delle scienze
umane, in vista di una pratica medica
che sappia curare e prendersi cura, che
sia cioè in grado di garantire terapie
efficaci dal punto di vista biologico ma,
nello stesso tempo, rispettose della
molteplicità dei bisogni dell’essere
umano e della comunità sociale in
cui è inserito. La sfera di influenza
delle Medical Humanities infatti si
estende all’insieme di idee, abilità e
strumenti che le “scienze dello spirito”
e le diverse produzioni artistiche in
senso lato possono elargire al “medico
dell’età della tecnica” (K. Jaspers,
1991), affinché la sua attività possa
estendersi alla cura della persona
considerata come una vivente totalità.
I termini terapia e cura non rivestono
infatti il medesimo significato: terapia
si riferisce all’intervento puramente
medico-scientifico che, proseguendo
con la prognosi, si conclude con
l’intervento terapeutico diretto alla
restituito ad integrum. Il termine cura,
invece, estende la propria sfera di
influenza al di là della terapia medica
o della guarigione per assumere una
valenza esistenziale e globale che può
favorire la comprensione empatica
della persona considerata come una
vivente totalità bio-psico-sociale.
Se, come osserva Nave, nella medicina
ippocratica terapia medica e cura
esistenziale potevano coincidere,
con l’avanzamento della medicina
scientifica e sperimentale il medico
può essere indotto a smarrire la
dimensione dell’humanitas. Terapia
e cura rimandano quindi a due
dimensioni che implicano diversi
approcci: il primo è il “saper fare” il
medico, il secondo il “saper essere”
un medico. Attraverso le competenze
acquisiste dalle Medical Humanities,
sembra possibile incarnarle in una sola
personalità.
Nella seconda parte del suo intervento
Luca Nave presenta L’angolo delle
storie. Laboratorio di medicina
narrativa, un progetto nato presso
l’Ospedale Regina Margherita di
Torino nel contesto delle malattie rare
infantili e delle cure palliative in ambito
pediatrico, descritto nel libro “La storia
di Mara e del mondo che non c’è”
(Ed. Vicolo del Pavone, 2010).
Nelle intenzioni degli ideatori del
progetto emerge la convinzione che
solo uno sguardo interdisciplinare è in
grado di comprendere la complessità
di una storia clinica: un invito a
intraprendere un viaggio che, dalla
regione dell’esprit de geometrie,
conduce al vasto e inesplorato
territorio esistenziale che Pascal
chiamava l’esprit de finesse, un luogo
nel quale non dimorano cartesiane
verità “chiare e distinte”, ma le
ragioni del cuore. Con il ricorso alle
Medical Humanities e alla Narrative
Medicine non si rinnega la scientificità
della pratica medica, ma si estende
tale irrinunciabile scientificità nella
direzione dell’interdisciplinarietà e
della complessità di una cura globale
del paziente e delle persone che
costellano la storia della sua vita.
“La crisi delle scienze tra Ottocento
e Novecento: l’ipotesi probabilistica
e la medicina. Evoluzione e
Medicina Darwiniana” è il tema del
successivo intervento di Federico
E. Perozziello che illustra quanto la
medicina sembrasse possedere per
i contemporanei il potere di mutare
il destino dell’uomo rendendolo più
forte e meno sensibile al dolore e alla
[bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE
21
David Sackett,
padre
spirituale
dell’Evidence
Based
Medicine
morte. La nascente grande industria
farmaceutica, non particolarmente
interessata al perfezionamento dello
studio dell’uomo e delle malattie, ma a
profitti consistenti, non aiutava certo
dibattiti epistemiologici.
Il corpo umano veniva considerato una
macchina estremamente complessa,
ma pur sempre una macchina dal
funzionamento prevedibile. L’euforia
positivista era confortata dai successi
delle scoperte mediche, dalle nuove
tecnologie, dal sempre più rapido
scambio di informazioni e dal
consistente supporto finanziario dei
governi. A questo proposito Perozziello
ricorda
Wilhelm Conrad Röntgen finanziato
dall’imperatore di Germania per la
scoperta dei Raggi X, Robert Koch
per quella del vibrione colerico, Louis
Pasteur che in Francia diventò un eroe
nazionale per la scoperta del vaccino
anti-rabbico.
Questo stato di cose comportò
il cambiamento del rapporto tra
il medico e il paziente il cui corpo
sarà conosciuto in modo mediato
dagli strumenti tecnologici che gli
verranno applicati: radiografie,
STORIA DELLA MEDICINA
elettrocardiogramma, esami del
sangue costituiranno dei cardini
conoscitivi imparziali anche contro
ogni evidenza clinica. Il determinismo
positivistico finì per appoggiarsi sulla
convinzione che bastasse comprendere
le singole parti e la fisiologia dei vari
organi e apparati per capire come
funzionasse il tutto di un organismo
vivente.
restia ad accettare modalità trasversali
di interpretazione di un fenomeno
patologico. Rimane figlia del metodo
sperimentale elaborato da Claude
Bernard, Luis Pasteur, Rudolf Virchow
e altri grandi medici dell’Ottocento.
salute e malattia.
Si conoscono i modelli virtuosi
ed efficaci del passato e pure le
stagnazioni e gli errori più o meno
evidenti. Ma si è ovviamente senza
strumenti per conoscere gli errori
nelle dottrine del presente. Lo stesso
Di “Prospettive della medicina
dibattito all’interno delle medical
moderna: tra metodo sperimentale,
humanities, pur nella ricchezza del
evidence based medicine e
confronto multi e interdisciplinare,
necessità di un nuovo umanesimo”
rischia di trasformarsi in una
Nella seconda parte della sua relazione ha parlato Giuseppe Armocida,
competizione tra soggetti alleati e rivali
dedicata a “Evoluzione e Medicina
professore ordinario di Storia della
nello stesso tempo. In questo senso
Darwiniana” Perozziello ricorda
Medicina all’Università dell’Insubria
Armocida si chiede se la medicina
come nei primi anni del Novecento la
sottolineando che si tratta di un
possa inoltrarsi in spazi di pensiero
medicina avesse compiuto importanti
tema che si propone come una
non medico senza rischiare di perdersi
progressi nello studio degli organismi
delle frontiere su cui occorre
o di contaminare la propria natura. In
microscopici (J.G. Adami e C. Nicolle). sostare, soprattutto per quanto
realtà la medicina d’oggi, tra i rischi
In questo modo i batteri venivano visti attiene la formazione del medico e
di eccessi di derivazione biomedica
anche come agenti della selezione
la progettualità di aggiornamenti
riduzionistica o di ascendenza
naturale insieme all’ambiente.
didattici. Si è verificata infatti una
ingegneristica, può disperdersi nelle
Una significativa innovazione nelle
frattura nella storia della medicina
opposte direzioni di un generico
vedute evoluzionistiche della medicina che vede una generazione di medici
“nuovo umanesimo”.
fu quella del biologo e genetista
di passaggio tra qualche cosa che
Se oggi molti auspicano una medicina
inglese John B.S. Haldane, sostenitore va tramontando e qualcosa di
basata sulle evidenze, prima tutti
dell’utilizzo intensivo della matematica ancora sconosciuto nel senso che,
praticavano e insegnavano una
nello studio della genetica, che rese
quella attuale, è una generazione
medicina basata principalmente sulla
possibile calcolare il tasso di mutazione che sta costruendo il futuro senza
propria esperienza, sulle osservazioni
di un gene, fattore indispensabile per
conoscerne il progetto. In questo
fatte e sui casi risolti, sia in positivo
lo studio delle malattie ereditarie.
senso, Armocida pone una serie di
che in negativo. Attualmente, invece,
Con l’approfondimento sperimentale
interrogativi circa la necessità di un
si condivide la consapevolezza della
ci si rende però conto che nessuno
nuovo umanesimo in medicina, o
distanza che separa dalle soluzioni i
studio prospettico dei fenomeni
sulla necessità di medical humanities
problemi della medicina. Proprio le
evolutivi in medicina appare esaustivo nella formazione degli studenti e degli “evidenze” riguardano le maggiori
se non si prende in considerazione
operatori di sanità, e ancora se esiste
incertezze come l’accuratezza dei
l’intero organismo umano nel sue
una porosità di idee nel progresso
procedimenti diagnostici, la potenza
insieme. La cellula non appare più
scientifico dallo sperimentalismo
dei fattori prognostici, l’efficacia e la
una rassicurante e prevedibile unità
ottocentesco al modello della
sicurezza dei trattamenti preventivi.
biologica, ma un sistema complesso.
“Evidence Based Medicine” di fine
La medicina si è concentrata verso
Tornavano di attualità teorie come
Novecento. L’approccio storico diventa quella che è corretto definire medicina
quelle di J.Lederberg sull’importanza
fondamentale per comunicare agli
predittiva, che si dovrebbe occupare
dell’interazione tra ospite e agente
studenti delle facoltà mediche le basi di dei grandi capitoli della promozione di
infettante come occasione evolutiva,
un pensiero epistemologico che li guidi salute.
soprattutto per quanto riguarda i virus. a comprendere potenzialità e limiti
La “Evidence Based Medicine”, per
La medicina moderna è però ancora
dell’evolversi di concettualizzazioni di
quanto giovane, ha già la sua storia
[bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE
22
STORIA DELLA MEDICINA
e, in questo orizzonte prospettico,
piace ricordare che David Sackett,
considerato il “padre spirituale” del
nuovo approccio, definì proprio
nel 1996 quello che in un primo
tempo venne considerato un nuovo
“movimento culturale”. In quella data,
quando fu battezzata la clonazione,
fu data una forte scossa al modo di
intendere la vita e dunque la salute
e la malattia. Quelle “zone grigie
che la “Evidence Based Medicine”
riconosce come aree nelle quali non
sono disponibili le evidenze, devono
costituire la spinta affinché da una
supponibile decadenza culturale possa
prendere le mosse una vera rinascita
delle culture della medicina e della
cultura dei medici.
“Tradizione e rinnovamento del
rapporto medico-paziente” è il
tema della relazione di Lodovico
E. Berra, direttore dell’Istituto
Superiore di Ricerca e Formazione
in Filosofia, Psicologia e Psichiatria
dell’Università Salesiana di Torino.
Dopo aver tratteggiato i mutamenti
che si sono verificati nella percezione
socioculturale della figura del
medico nell’era di internet e della
comunicazione globale, afferma
che il rapporto medico-paziente è e
deve essere di tipo asimmetrico, ove
il medico mantiene una posizione
di controllo, di guida e di maggior
conoscenza rispetto al paziente che,
non raramente, ha perso fiducia nella
classe medica e, grazie a consultazioni
fornite da differenti specialisti, decide
autonomamente il proprio percorso
terapeutico.
A questo proposito Berra ritiene
interessante considerare come la
dimensione intersoggettiva in cui
l’essere umano è immerso dalla nascita
possa offrire un’interpretazione delle
dinamiche attive nel rapporto del
medico col paziente.
Ogni esistenza è infatti fin dalle sue
origini una co-esistenza che dischiude
uno spazio psichico o vissuto che è
poi il mondo che si ha in comune.
Nella prospettiva “o-Altro” (J.P.
Sartre, “Essere e il nulla”), l’io può
essere in rapporto con Altre persone
soggetto e oggetto, come l’Altro può
essere per l’Io, in modo analogo e
speculare, oggetto e soggetto. Per
stabilire rapporti reali e positivi con
l’altro vi deve essere la consapevole
accettazione della mia oggettività e
soggettività d’Altri. Così anche nella
situazione della pratica professionale
il medico deve riuscire a essere sia
soggetto, in grado di valutare l’altro
e prendere decisioni, sia oggetto per
il paziente che, a sua volta, valuta
il modo di operare del medico e
gli concede o meno la sua fiducia,
consentendo l’evolversi di una
“alleanza terapeutica”. Qualora il
medico fosse bloccato nella propria
soggettività e vedesse il paziente come
un oggetto, si verrebbe ad alterare il
rapporto con una pericolosa posizione
di disumanizzazione e di un infruttuoso
sentimento di onnipotenza.
Fondamentalmente i modelli di
rapporto tra medico e paziente
dipendono: 1) dal paziente, dalla sua
struttura psicologica e dal disturbo
di cui soffre; 2) dal medico, dalla sua
struttura psicologica e dal fine che vuol
raggiungere attraverso il trattamento;
3) dalla situazione in cui si svolge il
rapporto (urgenza, malattie croniche,
consultazione). Nella teorizzazione di
Hollender vengono distinti tre livelli
di rapporto tra medico e paziente
[bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE
23
secondo il criterio dell’attività
relativa e della passività relativa del
medico e del paziente: 1) attività
del medico-passività del paziente
(interventi d’urgenza, chirurgici
ecc.); 2) atteggiamento direttivo del
medico-collaborazione del paziente
(malattie acute, infettive, incidenti);
3) partecipazione e collaborazione
reciproca fra medico e paziente
(malattie croniche, riabilitazioni ecc.).
Von Gebsatter ha formulato un altro
modello di rapporto distinto in tre fasi:
1) fase dell’appello in cui il medico
risponde avvicinandosi al paziente,
soddisfacendone i bisogni senza
frustrarlo; 2) fase del distanziamento o
dell’obiettivazione in cui il malato viene
visto solo come oggetto di studio; 3)
fase della personalizzazione in cui,
formulate diagnosi e terapia, il medico
può riavvicinarsi al paziente e vederlo
non solo come caso clinico, ma come
persona che soffre.
Tatossìan infine ha descritto
un modello di rapporto che
comprende due elementi: lo schema
interpersonale, utilizzato in psichiatria
e in psicoterapia, e un modello tecnico
di servizio inteso come un modello di
riparazione.
Per quanto riguarda invece il ruolo
del medico nell’azione terapeutica
farmacologica, Berra osserva che,
una terapia prescritta “male”, può
compromettere il processo terapeutico
e indebolire l’effetto farmacologico.
Viceversa una prescrizione attuata
adeguatamente può migliorarne
l’efficacia. Vi è ormai piena evidenza
della componente “non farmacologica”
presente in ogni terapia e l’effetto
placebo è considerato un elemento
rilevante in molte prescrizioni
■
mediche.
ATTUALITÀ
Anna Maria Maniezzi
Le donne medico
Tra necessità, realtà e opportunità
Igea, Copia romana dell’originale greco, 1° secolo,
Hermitage
S
ono trascorsi quasi 90
anni da quando – nel
1921 – alcune colleghe,
animate da autentico pionierismo,
fondarono a Salsomaggiore Terme
l’Associazione Italiana Donne Medico
(AIDM, associazione apolitica e
aconfessionale), seguendo l’impulso
della Medical Women’s International
Association (MWIA, N.Y. 1919) a cui
si affiliarono adottandone anche il
simbolo (la figura di Igea) e il motto
(“Matris animo curant”). In origine le
donne che studiavano medicina erano
davvero poche e ciò spiega pienamente
l’esigenza di riunirsi in un’associazione.
A distanza di quasi un secolo i numeri
sono radicalmente cambiati.
Riportiamo i dati sulla
femminilizzazione della professione
ricavati dal Forum promosso dal
Ministero del Welfare/Salute nel
maggio 2009: “I dati 2007 indicano
che è donna circa il 33% dei medici
(erano il 30% nel 2005) e il 73% del
personale infermieristico. Ma a fronte
di un medico donna ogni 3, solo una
su 10 occupa un posto di dirigente
medico di struttura complessa”. Inoltre,
riprendendo i contenuti salienti del
XXIX Congresso AIDM (Roma, 20-22
marzo 2009), Monica Di Sisto1 pone
in evidenza che: “gli studenti che si
iscrivono a medicina sono al 70%
donne; le iscritte agli Ordini sono il 33%
ma sotto i 35 anni sono almeno per il
60% donne, che in pochi anni saranno il
60-70% dei medici operanti”.
Un futuro “rosa”
Il futuro della professione sembra
ormai segnato: sarà donna. In Italia, del
[bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE
24
resto, negli ultimi dieci anni il sorpasso
tra specializzazioni si è già consumato:
su 75.980 specialisti, 35.986 sono
donne e 31.994 uomini.2 La rivoluzione
futura è “rosa” ma la progressione
delle carriere resta per le donne
più scadente1,4, situazione peraltro
sottolineata nel Forum del Ministero del
Welfare (2009) “I dati del conto annuale
dello stato salute evidenziano che le
sproporzioni più rilevanti riguardano
… specificatamente i vertici dei ruoli
sanitari”. Inoltre un divario di genere
è presente nella medicina accademica
e nella produzione scientifica
internazionale.3 Va in ogni caso detto
che fortunatamente negli ultimi anni si
è sempre più accresciuto l’interesse per
il femminile nella sanità e in medicina.
Le donne si trovano quindi al centro
dell’attenzione sia come medici che
come pazienti.
Per quel che riguarda nello specifico
il ruolo delle donne medico, May
Cohen M.D. CCFP, FCFP, nell’articolo
presentato nel 2004 alla World
Organization of National Colleges
and Academics (WONCA, Orlando,
Ott.2004), mette in particolare in
risalto come le donne medico – che
hanno sostenuto fortemente i diritti
riproduttivi – siano state e siano
all’avanguardia nella battaglia non
solo per ridurre i dati impressionanti
della morbilità e mortalità materna, ma
anche nel richiamare l’attenzione su
ATTUALITÀ
argomenti attualissimi quali l’impatto
della violenza domestica sulla salute
delle donne, giocando ruoli chiave
nella valutazione delle conseguenze
delle violenze, delle molestie, della
discriminazione a sfondo sessuale.
Nel medesimo intervento si fa inoltre
riferimento allo studio approfondito
di Alice Eagly (sociologa americana
che ha ampiamente studiato gli stili
di leadership) dove si evidenzia come
i dati indicano che può risultare
vantaggioso assicurare alle donne
pari accesso ai ruoli di leadership,
sottolineando che è molto probabile
che le donne leader abbiano, rispetto
alla controparte maschile, un repertorio
di comportamenti di leadership di
particolare efficacia nelle condizioni
attuali (Eagly H. A. Psychological
Bulletin, 2003). Inoltre le donne
apportano una visione “umanitaristica”
che pone al centro il rispetto per
l’individuo, sia esso donna, uomo,
bambino e in particolare RodriquezTrias H. (American Public Health
Association, 1994, citato da M. Cohen,
2004) sottolinea che le donne ritengono
che “la qualità della vita sia la misura
fondamentale del successo…”
La medicina di genere
Per quel che riguarda l’attenzione al
genere, da tempo l’OMS enfatizza che il
genere è una chiave per comprendere
tutte le dimensioni della salute e
ha inserito1 la medicina di genere
nell’Equity Act, a testimonianza che il
principio di equità implica che la cura
sia appropriata e sia la più consona
al singolo genere. Nel 2002 presso
la Columbia University di New York
è nato un settore specializzato nella
medicina di genere. Anche in Italia
il ruolo delle donne medico e della
medicina di genere è stato specifico
oggetto di numerosi eventi che si sono
occupati diffusamente dell’argomento.
In particolare, il convegno “Donne
medico e pazienti: un rapporto nuovo
o forse diverso” – organizzato da
OMCeOMI (Monza, 14 giugno 2008)
– ha posto in risalto, oltre agli aspetti
storico-sociologici, alcune fondamentali
[bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE
25
peculiarità psico-relazionali dell’essere
donna e donna medico.4 Inoltre,
nella Conferenza di Fiuggi del giugno
2008 (1° Conferenza nazionale della
professione medica (Fiuggi, 2008)5
si è voluto tra l’altro porre l’accento
sul fatto che “la presenza sempre più
numerosa delle donne nella professione
medica può essere sostenuta da
un’idea di pari opportunità non come
teoria di interesse esclusivo di genere,
ma come diritto che, se applicato,
genera un tessuto sociale più solidale,
equo e vivibile…” La medicina di
genere è poi stata il tema specifico
del XXVIII Congresso nazionale
AIDM, organizzato nell’ottobre
2008 (“La medicina di genere: nuova
frontiera terapeutica - Dalle peculiarità
anatomiche agli aspetti clinicoterapeutici e sociali”, Spinetta Marengo,
18-19 ottobre 2008), argomento ripreso
e approfondito anche nel successivo
congresso AIDM – il XXIX (Roma, 2022 marzo 2009) – dove sono stati toccati
un po’ tutti i temi più cruciali e critici,
rilanciando l’interesse sulla necessità
ATTUALITÀ
DA STATUTO AIDM
L’Associazione è apartitica ed aconfessionale;
essa si propone
i seguenti compiti:
a) valorizzare il lavoro della donna medico in
campo sanitario;
b) promuovere la collaborazione fra le donne
medico;
c) promuovere la formazione scientifico
culturale in campo sanitario;
d) collaborare con le altre Associazioni italiane
ed estere, in modo prioritario con quelle della
Comunità europea, incentivando gli incontri
per lo studio dei problemi che riguardano la
salute della collettività;
e) collaborare con il Ministero della Salute,
Regioni ed Aziende Sanitarie, organismi ed
istituzioni pubbliche;
f) elaborare Trial di studio , linee guida in
collaborazione con ASSR, FISM e altre società
scientifiche nel rispetto della legislazione
vigente, avendo come fine ultimo il mutuo
riconoscimento dei crediti formativi a livello
nazionale, europeo ed internazionale.
Sito web AIDM: www.donnemedico.org
SEZIONE di MILANO: Via Lanzone, 31 –
20123 Milano, presso l’Ordine dei Medici
ed Odontoiatri della Provincia di Milano
Presidente: Dr.ssa Franca M. Oppedisano
RiferimentiPresidente: Tel. 02/3495000;
e-mail: [email protected]
Segretario: Dr.ssa Anna Maria Maniezzi
tel. 02 29534796; e-mail: [email protected]
di “Indagare a fondo la questione di
genere in ambito clinico, medico e
sociale partendo dalle evidenze finora
acquisite”, e focalizzandone le varie
implicazioni. Nell’ultimo congresso
nazionale su “Medicina di genere: realtà
e prospettive” (Bari, 12-13 marzo 2010)
si è voluto presentare e condividere con
gli esperti del settore, coinvolti nella
ricerca di base e nella clinica, le novità
fisiopatologiche e terapeutiche legate
alla medicina di genere, portando
l’attenzione non solo su disuguaglianza
e medicalizzazione, ma anche su
aspetti più ampi quali ad esempio la
sessualità, il dolore, l’invecchiamento, la
depressione e i fattori ambientali.
Una mission importante
L’AIDM ha posto un po’ tutti questi temi
come “elementi basilari della propria
Donne medico: risorsa
mission. Infatti da sempre è impegnata
indispensabile e ineludibile
a promuovere, da un lato il ruolo
La consapevolezza che donne e uomini della donna medico nell’ambito della
anche in sanità hanno esigenze diverse professione e dall’altro l’informazione
sta portando il Ministero della salute
sulla medicina di genere, per fare
a valutare linee guida diagnostiche e
in modo che la conoscenza delle
percorsi specifici per la medicina in
differenze aiuti a migliorare lo stato
rosa.6 Se conoscere e valorizzare le
di salute dei pazienti e a realizzare al
differenze crea un plusvalore per tutti1,
meglio le capacità di lavoro di entrambi
la presidente AIDM, Ornella Cappelli,
i sessi… per garantire una cittadinanza
sottolinea che il modello proposto è
sanitaria a tutto tondo, per tutti e per
tuttavia maschile (competitività e poco
tutte”.1 Così, benché nata quasi 90 anni
tempo libero), modello che però poco si fa, l’AIDM mantiene e possibilmente
adatta all’approccio femminile che è più potenzia il proprio valore in virtù dei
collaborativo e meno competitivo.1
suoi punti fondanti: un’opportunità di
Inoltre l’organizzazione sanitaria non
informazione, formazione, confronto,
sembra pronta a rendere protagoniste
scambio – assolutamente aperto –
le donne né come medici né come
per meglio comprendere le nuove
pazienti; le posizioni di vertice sono
sfide, incluse quelle di una società
ancora troppo in mano agli uomini e
multietnica, dove anche il Congresso
non si è preparati a capire le esigenze di nazionale (organizzato ogni anno dal
un mondo sanitario al femminile.1
1979) e le altre iniziative rappresentano
I numeri sono cambiati, la società è
un momento di autentico scambio
cambiata ed è in continua evoluzione,
scientifico, culturale e umano.
e se i medici sono una condizione per
L’AIDM si articola in sezioni comunali,
una buona società, le donne medico
provinciali o regionali. Benché la
sono una risorsa indispensabile e ormai Sezione milanese sia numericamente
ineludibile in una società come quella
ancora piccola, la volontà delle socie é
attuale. Si tratta quindi di valorizzare le
quella di dare un contributo attivo nelle
differenze di genere come una ricchezza direzioni evidenziate.
■
e delle donne – come si è detto – anche
la naturale propensione al prendersi
cura, all’attenzione alla persona oltre
NOTE
1
Monica Di Sisto (2009) “La medicina di genere
che alla malattia, ma anche la sensibilità tra scienza e società” – M.D. Medicinae Doctor –
Anno XIV n.13, 13-15 aprile
al sociale, alla solidarietà, all’equità e –
2
Doctornews 12 nov. 2009 – Anno 7, numero 189
cosa che non guasta – l’inclinazione alla 3 Antonella Vezzani - Presidente Sezione A.I.D.M.
di Parma da sito AIDM
corretta utilizzazione delle risorse.5,6,7
4
Evento n.843-8023119
Per di più, come sottolinea U. Veronesi, 5 “I medici per una buona sanità” – 1° Conferenza
nazionale della professione medica, Fiuggi 13-14
sostenere i “cervelli rosa” e metterli in
giugno 2008 – La professione: medicina, scienza
condizioni di esprimere un “potenziale
e società – I quaderni, n.3/2008
6 Doctornews 9 mar 2010 – Anno 8, numero 41
finora sottoutilizzato” è una scelta
7 U. Veronesi, Doctor News Anno 7, Numero 94, 26
“nell’interesse collettivo”7.
maggio 2009
[bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE
26
ATTUALITÀ
Isabella Merzagora Betsos
e Guido Vittorio Travaini
Il medico e lo stalking
“Nessuna buona azione resta impunita”
(Qiu Xiaolong, Quando il rosso è nero)
L
o stalking, com’è ormai
noto, consiste in quei
casi di appostamento,
inseguimento, ricerca molesta di
contatto e/o comunicazione, in
sostanza di ripetuto e insistente
tentativo di imporre contatti e/o
comunicazioni indesiderate, che
talora evolve in modi particolarmente
violenti. Fra i comportamenti di
stalking vi sono telefonate continue
e incessanti, invio di lettere, e-mail e
sms, messaggi lasciati sul parabrezza
dell’automobile o alla porta di
casa, appostamenti, “spionaggio” e
sorveglianza continui anche al posto
di lavoro, recapitare doni o oggetti
non voluti comprese magari corone
funebri, far trovare animali morti alla
porta di casa, danneggiare l’abitazione,
le pertinenze di essa o i beni della
vittima ed in particolare l’auto, e
financo prendersela con i suoi animali
d’affezione. Lo stalkers può rivolgersi
anche ai familiari e agli amici della
vittima principale, con telefonate e
messaggi insistenti pure per costoro,
e comunque lo sconvolgimento
causato alla vittima principale,
la necessità da parte di questa di
mutare le proprie abitudini di vita per
sfuggire alla persecuzione, il dover
essere accompagnata e protetta fanno
sì che lo stalker colpisca anche gli
appartenenti all’entourage, e si parla in
questo caso di “vittime secondarie”.
Fra i “tipi”di stalkers si distinguono:
- il rancoroso, ossia chi agisce per un
torto che presume di aver subito dalla
vittima;
[bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE
27
- il rifiutato è colui che cerca di
ripristinare una relazione a cui la
vittima ha posto fine;
- il cercatore d’intimita’ aggredisce per
lo più vittime sconosciute e personaggi
famosi con cui intende instaurare una
relazione;
- il predatore è il più violento. Insegue,
programma l’aggressione che può
consistere anche in violenza sessuale;
- il corteggiatore inadeguato, cioè chi
cerca di instaurare una relazione con
modalità insistenti quanto maldestre.
Qualora siano presenti vere e proprie
malattie mentali, si rileva soprattutto
la ricorrenza di Disturbi di Personalità
–Borderline, Narcisistico e Paranoide
per coloro che sono motivati da
vendetta-, ma anche Schizofrenia,
Disturbo Delirante (Tipo erotomanico
ATTUALITÀ
IL QUESTIONARIO
Egr. Dottore/Gentile Dottoressa,
il fenomeno delle molestie e minacce assillanti – meglio noto con il termine anglosassone
di “stalking” – non è certo nuovo, ma attualmente suscita molto interesse, anche alla
luce della novella legislativa che ha previsto una sanzione penale per questo tipo di
comportamenti (art. 612 bis c.p.). L’interesse politico, mediatico e scientifico non si è
però del pari rivolto allo stalking subito da alcune figure professionali, e in particolare
dai medici, fenomeno che pure si sa essere diffuso. La Cattedra di Criminologia della
Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Milano, in collaborazione
con l’Ordine dei Medici di Milano, ha elaborato un questionario, volto ad approfondire
ambiti, situazioni e dinamiche di comportamenti molesti eventualmente subiti dal medico
nell’esercizio della professione. Il questionario ha come scopo primario un’indagine
conoscitiva cui dovrà seguire, alla luce dei risultati raggiunti, la predisposizione di un
piano di prevenzione/intervento a favore dei sanitari che ne sono vittime. Le chiediamo,
quindi, di compilare il questionario scaricabile dal sito: http://www.omceomi.it/Home/
News/DettaglioNews/10-07-22/QUESTIONARIO_STALKING.aspx. Garantiamo sin da ora
l’assoluto anonimato delle risposte da Lei fornite. Potrà inviare il questionario compilato
all’indirizzo mail: [email protected] eventualmente da computer anonimo,
oppure all’indirizzo postale:
Prof.ssa Isabella Merzagora – Sezione di Medicina Legale della Facoltà di Medicina
dell’Università degli Studi di Milano, Via Luigi Mangiagalli, 37 – 20133 MILANO
Nel ringraziarLa per la Sua preziosa collaborazione, porgo distinti saluti.
Prof.ssa Isabella Merzagora Betsos - Titolare della Cattedra di Criminologia
e di persecuzione), Disturbo Bipolare
soprattutto nella fase maniacale.
La Letteratura scientifica avverte che lo
stalking può comportare nella vittima
l’insorgenza di quadri di interesse
psichiatrico, fino al Disturbo Posttraumatico da Stress.
Oggi il fenomeno ha trovato
accoglienza nell’art. 612-bis del Codice
Penale che recita: “Salvo che il fatto
costituisca più grave reato, é punito
con la reclusione da sei mesi a quattro
anni chiunque, con condotte reiterate,
minaccia o molesta taluno in modo
da cagionare un perdurante e grave
stato di ansia o di paura ovvero da
ingenerare un fondato timore per
l’incolumità propria o di un prossimo
congiunto o di persona al medesimo
legata da relazione affettiva ovvero
da costringere lo stesso ad alterare le
proprie abitudini di vita.
La pena é aumentata se il fatto é
commesso dal coniuge legalmente
separato o divorziato o da persona che
sia stata legata da relazione affettiva
alla persona offesa [omissis]”.
Come si vede dalla stessa lettera della
legge, quello fra partner o ex partner
è lo stalking che maggiormente
preoccupa e che è probabilmente
più diffuso, ma non mancano altre
specie: lo stalking del dipendente o del
datore di lavoro, quello che colpisce
personaggi famosi, e quello –appuntoche vede come vittime determinati
professionisti, verso il quale non
sembra esserci quello stesso interesse
politico, mediatico e scientifico.
In particolare, tutti i – non molti –
studiosi che se ne sono occupati
concordano nell’affermare che lo
[bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE
28
stalking che colpisce gli appartenenti
alle professioni sanitarie sia il
meno studiato, a dispetto della
particolare vulnerabilità di costoro in
considerazione del tipo di occupazione.
Questi professionisti, infatti,
incontrano i bisogni di aiuto e affetto
delle persone, possono essere oggetto
di proiezioni ed anche di desideri
di rivalsa. Secondo Pathé et al. le
motivazioni più comuni sono un
innamoramento di tipo patologico
(erotomania), aspettative malriposte di
maggiore intimità, o risentimento per
torti inesistenti (il tipo “rancoroso”).
Nel campione di Corder e Whiteside,
lo stalking era quasi sempre motivato
da conflitti originati dal rilascio di
valutazioni –evidentemente non
condivise dallo stalker – a fini legali.
Come si vede, dunque, qualche
ATTUALITÀ
ricerca in materia c’è e fornisce
pure alcuni indizi sulla diffusione
del fenomeno. Per esempio, nella
ricerca di Pathé et al. su 100 vittime
di stalking, 9 erano medici di base, 3
psichiatri (non stupisce), 2 ginecologi,
1 medico ospedaliero, 1 reumatologo,
1 psicologo, 1 infermiere e 1 terapista
occupazionale. Nemmeno stupisce
che siano colpiti gli psichiatri forensi:
il 42% di 480 che hanno risposto ad
un questionario distribuito negli Stati
Uniti . In un campione di 62 esercenti
professioni sanitarie di una clinica
universitaria statunitense, il 53%
avevano patito una qualche forma di
stalking, di molestia o di minaccia;
in particolare, l’8% erano stati
insistentemente seguiti .
Nell’ambito dei professionisti della
salute mentale il fenomeno sembra,
com’è intuibile, particolarmente
frequente, o forse solo più studiato.
In ogni caso, sui 90 medici intervistati
al meeting annuale della Società di
Psichiatria dell’Oregon del 1994, 26
erano stati vittime di stalking .
Vi è anche uno studio italiano, quello di
Galeazzi et al. realizzato intervistando,
nel 2001, tutti i 475 operatori
professionali di salute mentale della
provincia di Modena attraverso un
questionario di 41 item. Le risposte
valide sono state 361, e fra i soggetti
vi erano 192 infermieri, 108 psichiatri
o psicologi, ed altri 61 educatori,
riabilitatori, terapisti a vario titolo.
L’11% di costoro era stato vittima di
stalking.
Asmhore trova che sulle 112 vittime
di stalking da lui intervistate, 6 erano
state vittima di due diversi stalker,
una di tre autori diversi, ed un’altra
addirittura di sette. Quest’ultimo,
veramente, insospettisce un po’ circa la
sua professionalità, oppure è un caso
di Sindrome di Abele? O, forse ancora,
è tipico dello stalking contro coloro
che esercitano professioni sanitarie,
dato che è segnalato anche da altri
autori specificatamente per i medici,
e trova le stesse spiegazioni (una
relazione particolare e particolarmente
intima) che giustificano la ricorrenza
dello stalking contro costoro .
L’autore dello stalking in generale è
nella grande maggioranza dei casi
un uomo, nello stalking che colpisce
medici e infermieri che operano in
ambito psichiatrico, invece, accade il
contrario: la maggior parte degli autori
è di genere femminile .
In un campione di stalker in ambito
psichiatrico, Sandberg et al. hanno
trovato una particolare ricorrenza di
soggetti con diagnosi di disturbo di
[bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE
29
personalità e/o disturbo delirante.
Fra gli stalker dei 294 psicologi studiati
da Gentile et al. vi erano soprattutto
diagnosi di disturbo borderline (65%);
per quanto concerne l’Asse I gli Autori
hanno trovato disturbo dell’umore
(62%), ansia (18%), psicosi (12%). Ben
il 74% di costoro aveva sperimentato
una perdita o un fattore stressante
poco prima, oppure riferiva di essere
stato vittima di abuso nell’infanzia
(68% dei casi).
Orion, una psichiatra forense che è
essa stessa stata vittima per più di dieci
anni di una stalker affetta da delirio
erotomanico, afferma che lo stalking in
questo tipo di pazienti è il risultato di
un insieme di fattori, quali: ovviamente
la vulnerabilità biologica al disturbo
psicotico, ma anche la solitudine,
l’isolamento, e l’incompetenza sociale.
Seguendo le tipologie studiate
specificatamente per gli stalking,
Dinkelmeyer e Johnson ritrovano fra
i persecutori di professionisti della
salute mentale sia il tipo “Rifiutato”,
particolarmente insistente, sia il
“Cercatore di intimità”, spesso
affetto da convinzione delirante e
innamoramento, il “Corteggiatore
inadeguato”, infine il “Rancoroso”,
convinto di essere stato curato male
o in qualche modo fatto oggetto di
ingiustizia, soprattutto in quei casi
in cui lo psichiatra abbia dovuto
far ricorso a mezzi coercitivi o
anche solo si sia rifiutato di avallare
richieste quali certificati per ottenere
contributi finanziari o simili. Nella
gran maggioranza dei casi lo stalker è
un paziente o è un ex paziente, ma sia
Smoyak che McKenna hanno trovato
anche colleghi.
Il comportamento di stalking può
cominciare gradualmente e con
ATTUALITÀ
comportamenti inizialmente adeguati,
solo un po’ insistiti, quali accessi un po’
troppo frequenti al medico, ripetute
telefonate per farsi spiegare meglio
le prescrizioni, o proposte di incontro
al di fuori del contesto professionale.
Altre volte l’esordio è repentino,
per esempio con una dichiarazione
d’amore.
Nel campione di Galeazzi et al., nel
modenese, i comportamenti più
frequentemente messi in atto erano
approcci intrusivi (75%), telefonate
(65%), gironzolare continuamente
attorno alla vittima (58%), sorvegliarla
(48%), inviarle lettere (33%), seguirla
(23%), danneggiarne le proprietà
(20%), mettere in giro pettegolezzi
(15%), inviare materiale non richiesto
(10%). Non mancavano però
comportamenti più gravi: per esempio
di minaccia, rivolti a nove medici,
quattro dei quali erano contro i figli o
la moglie, e addirittura, in tre casi, di
aggressione fisica.
La ricerca di Krammer riporta
anch’essa soprattutto comportamenti
puramente verbali di minaccia (68,9%),
ma nel 13,3% dei casi vi erano state
aggressioni e violenze fisiche. In un
terzo dei casi lo stalker se l’era presa
anche con i componenti della famiglia
o i colleghi della vittima principale. In
media la persecuzione è durata 15,11
mesi.
Le vittime descritte da Ashmore hanno
subito: minacce fisiche incluse minacce
di morte, minaccia dello stalking di
uccidersi se non ascoltato, minaccia
di aggressioni di natura sessuale
in un caso poi effettuata, minaccia
di colpire o addirittura uccidere
i figli della vittima, di rovinarle la
carriera, di incendiarle la casa, o, più
modestamente, di tagliarle i capelli.
Un caso particolare è l’invenzione di
pettegolezzi poco edificanti trasmessa
a numerosi colleghi.
Un’altra forma peculiare, legata alla
convinzione di essere stati curati male
che talora motiva i pazienti stalker,
consiste nell’adire insistentemente a
vie giudiziarie contro il professionista.
Le conseguenze emotive più comuni
riscontrate negli operatori di salute
mentale modenesi studiati da Galeazzi
et al. sono state paura (53% dei casi),
rabbia (43%) e senso di non poter
essere aiutati (helplessness, nel
28%). Una quota non indifferente
delle vittime aveva modificato le
proprie abitudini di vita o lo stile
professionale in conseguenza dello
stalking, ed alcuni avevano anche
perso giorni di lavoro, il che sottolinea
quanto sia “conveniente” anche per
l’azienda confrontarsi con lo stalking
e prevenirlo. Nella ricerca tedesca di
Krammer et al. addirittura il 44,4%
delle vittime presentava sintomi di
disturbo post traumatico da stress.
Sandberg et al. hanno rilevato
l’impatto “devastante” dello stalking
effettuato anche su di un solo
professionista sull’intero staff, e
quindi sul funzionamento ospedaliero,
perché è l’intero staff che diviene
più sospettoso e modifica il proprio
atteggiamento nei confronti dei
pazienti.
Ci sono poi le abituali “vittime
secondarie”, cioè la famiglia in
primo luogo, costretta talvolta a
cambiare abitudini di vita perché la
vittima principale possa sottrarsi alla
persecuzione o perché lo stalker se la
prende anche con i familiari, gli amici,
i colleghi.
Gli studiosi sono concordi nel
constatare una notevole riluttanza
[bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE
30
a rivelare lo stalking da parte di chi
è abituato a considerare la propria
professione in termini di aiuto, e,
affermano Pathé et al., i medici
hanno una soglia di tolleranza al
comportamento “criminale” dei loro
pazienti troppo alta, che secondo
questi Autori finisce ad essere
negativa, a lungo termine, anche per
gli stessi pazienti.
Alcuni medici, poi, temono
che l’essere vittima da parte di un
paziente li possa far tacciare di
incompetenza, che la rivelazione
sia considerata con scetticismo,
oppure –tanto più quando lo stalker
è del tipo “rifiutato” o “corteggiatore
inadeguato”- che si sospetti un
precedente coinvolgimento sessuale
con il paziente stesso. Ed ancora, il
professionista può percepire un senso
di inadeguatezza ed anche un senso
di colpa per non aver saputo “gestire”
la relazione terapeutica, e, per quanto
concerne la possibilità di denuncia,
sentire di aver in qualche modo tradito
il paziente.
Così, per esempio, fra gli operatori di
salute mentale modenesi vittime di
stalking solo 6 avevano denunciato il
fatto in sede legale .
Quand’anche il comportamento di
stalking sia ritenuto inappropriato
dal professionista e questi decida di
chiedere una qualche forma di aiuto,
può accadere –come è accaduto in una
vicenda narrata da Laskowski- che sia
il supervisore a minimizzare.
Da parte di coloro che hanno
partecipato allo studio di Ashmore le
strategie per affrontare l’esperienza
di stalking sono state le più diverse:
parlarne con amici e parenti in cerca di
aiuto, evitare di essere sorpresi da soli,
filtrare le telefonate, installare allarmi
ATTUALITÀ
BIBLIOGRAFIA
in casa, acquistare un’arma, cambiare
le proprie abitudini giornaliere,
cambiare il numero di telefono e
persino il posto di lavoro o l’abitazione
o la città di residenza, e naturalmente
chiamare la polizia. Più in generale,
mentre alcuni ignorano lo stalker, altri
– addirittura la metà del campione –
cercano di farlo ragionare.
Ma, cosa effettivamente si può e si
deve fare?
È innanzitutto importante che la
relazione con il paziente si mantenga
sempre su di un piano rigorosamente
professionale, che questo venga
ribadito con chiarezza ai primi segnali
di intrusione, e che si adottino misure
di contenimento quali il contrarre la
frequenza o la durata delle visite.
Dopodichè, se il comportamento
persiste, tutti sono concordi nel
ritenere che vada evitata ogni
occasione di comunicazione,
di incontro, di negoziazione,
di discussione, di tentativo di
convincimento. Si deve aver ben
presente che qualsiasi comunicazione,
anche se negativa, finisce per
rinforzare gli sforzi per mantenere
i contatti e quindi fa il gioco dello
stalker. Stesso dicasi per i regali non
graditi: rimandarli indietro, sembra
un paradosso, ma gratifica lo stalker
nel suo desiderio di vicinanza con
l’oggetto della sua attrazione.
Poiché non è da escludersi un esito
giudiziario della vicenda, la vittima
dovrà documentare accuratamente
ogni episodio di stalking, annotando
giorno ed ora, tipo di comportamento
ed eventuali testimoni.
Si ricordi che i pazienti affetti da
erotomania o anche solo “delusi”
nelle loro aspettative o vendicativi
potrebbero rovesciare la situazione
dichiarandosi vittime delle avances del
professionista.
Dovranno quindi essere conservati i
messaggi, anche telefonici o per posta
elettronica, e registrate le telefonate.
La via della denuncia è particolarmente
consigliata in caso il comportamento
persista pur nel silenzio della vittima,
ed a maggior ragione qualora vi
siano minacce o escalation nel
comportamento molesto. Prima
ancora, non bisogna vergognarsi di
riferire la persecuzione ai colleghi.
In conclusione, lo stalking è un
fenomeno che certamente colpisce
chi esercita una professione in ambito
sanitario, e lo colpisce in misura
probabilmente maggiore di quanto
accada alla popolazione generale,
ma il fenomeno è poco conosciuto
e, soprattutto, non risulta che siano
offerti a queste vittime strumenti per
affrontarlo e per contenere i danni.
“Nella mia preparazione come medico,
non vi è stato nulla che mi preparasse
a ciò”, ha affermato una delle vittime
intervistate da Pathé e Mullen.
Da qui, la nostra proposta:
la Cattedra di Criminologia della
Facoltà di Medicina e Chirurgia
dell’Università degli Studi di Milano
e l’OMCeO MI hanno elaborato un
questionario che potete scaricare dal
sito internet www.omceomi.it, volto
ad approfondire ambiti, situazioni e
dinamiche di comportamenti molesti
eventualmente subiti dal medico
nell’esercizio della professione.
Il questionario ha come scopo primario
un’indagine conoscitiva cui dovrà
seguire, alla luce dei risultati raggiunti,
la predisposizione di un piano di
prevenzione/intervento a favore dei
professionisti che ne sono vittime. ■
[bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUG LIO-SETTEMBRE
31
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FINESTRA SULL’ODONTOIATRIA
Dott. Lorenzo Damia
Medico chirurgo - Specialista
in Odontostomatologia - Specialista in Ortodonzia Libero professionista in Milano
La malattia focale
in odontostomatologia
È buona norma generale ridurre la carica microbica orale,
soprattutto in pazienti le cui condizioni cliniche sono
compromesse
P
Per malattia focale si
intende un complesso di
manifestazioni morbose
localizzate nei più svariati organi
apparentemente autonome, ma
in realtà collegate con un focolaio
infettivo cronico con sede nel
cavo orale. Il processo infettivo
responsabile della lesione a distanza
viene detto focus mentre metafocale
la patologia secondariamente indotta.
Dall’enunciazione della teoria
avvenuta nel 1890 e dopo un iniziale
entusiasmo che si protrasse fino
agli anni ‘50 subentrò un periodo di
revisionismo indotto dalle numerose
bonifiche dentali non avvalorate
dalla presenza di infezione in atto o
da manifestazioni sintomatologiche
correlabili. La batteriemia
conseguente a procedure dentali
soprattutto di carattere chirurgico è
ben documentata in particolare per
quanto riguarda i germi anaerobi.
I recenti progressi nell’identificazione
e nella classificazione dei
microrganismi orali e la scoperta che
alcuni di essi albergano unicamente
nel cavo orale ha aperto una nuova
strada per una realistica rivalutazione
del ruolo della malattia focale
odontostomatologica.
Sono tre i meccanismi patogenetici
proposti:
• La batteriemia conseguente a
procedure dentali.
• Le esotossine introdotte nell’ospite
da parte di alcuni Gram positivi e
negativi.
• La deposizione degli
immunocomplessi formatesi
dalla reazione antigene-anticorpo
indurrebbero processi flogistici
nei luoghi di deposito.
•
•
Pericoronariti dei denti del
giudizio.
Cisti radicolari.
Si può sospettare la natura focale
di un’affezione quando si riscontra
una delle seguenti manifestazioni
sintomatologiche:
• Tendenza alla cronicizzazione.
• Facilità alla recidive.
• Insensibilità alla terapia specifiche.
• Presenza di foci dentari e
aggravamento della patologia
secondaria in occasione di una loro
riacutizzazione.
• Alti titoli di immunocomplessi
od anticorpi specifici per l’agente
eziologico della lesione focale.
• Criterio clinico ex adiuvantibus.
Fra i focolai infettivi cronici che sono
riscontrabili a livello del cavo orale, i
più importanti nella determinazione
Le manifestazioni cliniche metafocali
della malattia focale sono:
risultano comuni nell’aneddotica
• Granuloma apicale.
• Affezioni parodontali con presenza odontoiatrica e sono frequenti in
di tasche e lesioni ossee profonde. letteratura i case report riguardanti
l’argomento. L’esperienza clinica
• Osteiti periapicali croniche.
attuale ha peraltro ridimensionato
• Necrosi e gangrene della polpa.
l’ambito di queste affezioni
• Denti devitalizzati con cure
secondarie.
canalari incomplete.
[bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE
32
FINESTRA SULL’ODONTOIATRIA
soprattutto le parodontopatie, sono
Le principali manifestazioni cliniche
dei potenziali fattori che possono
metafocali riscontrabili sono:
contribuire allo sviluppo di
• Sindromi settiche orali da
importanti
malattie sistemiche.
tossiemie microbiche (febricole,
L’infiammazione del parodonto
astenie, anemie).
• Patologia reumatica (artriti reattive, rilasciando citochine,
lipopolisaccadisi (LPS) e batteri nel
artriti reumatiche, RAA).
torrente circolatorio promuovono
• Patologia oculare (uveiti, neuriti
l’arteriosclerosi e modificano
retrobulbari).
• Patologia dermatologica (orticaria, la coagulabilità ematica, la
funzionalità piastrinica e la sintesi di
dermatite atopica, vasculiti
prostaglandine oltre a contribuire alla
cutanee, psoriasi alopecia, sdr
formazione di trombi ematici. Tuttavia
orticario-angioedema).
non c’è evidenza sufficiente per
• Patologia vascolare (vasculiti,
sostenere una associazione causale
vasculiti immunologiche,
tra le infezioni orali e le malattie
vasculopatie cerebrali,
sistemiche.
arteriosclerosi).
Le ricerche epidemiologiche hanno
rilevato relazioni, ma non nessi di
Un gran numero di pubblicazioni
hanno suggerito che le infezioni orali, casualità, sul fatto che alcuni tipi di
[bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE
33
malattie parodontali costituiscano una
semplice componente di una malattia
sistemica o abbiano una caratteristica
eziologica comune con le stesse.
Le malattie parodontali e quelle
sistemiche possono spesso coesistere
senza una relazione causa effetto.
L’endocardite batterica è stata quella
meglio studiata ed
è apparso come le procedure
dentali possano determinare la
sua insorgenza. L’associazione
tra condizioni di salute orale,
arteriosclerosi e disfunzioni
coronariche è stata prospettata.
Resta comunque buona norma
generale cercare di ridurre
la carica microbica orale soprattutto
in quei pazienti le cui condizioni
cliniche risultano compromesse.
■
FINESTRA SULLA CHIRURGIA MAXILLO FACCIALE
Terapia della paralisi facciale
Dott. Federico Biglioli
Professore Associato di Chirurgia Maxillo-Facciale
dell’Università degli Studi di Milano.
Direttore dell’Unità Operativa di Chirurgia
Maxillo-Facciale, Ospedale Galeazzi di Milano
L’anastomosi tra il nervo facciale e il nervo masseterino,
“riattiva” in modo efficace e con nuovo impulso il VII
nervo cranico, a fronte di una morbilità assolutamente
trascurabile
L
a paralisi facciale è una
patologia di frequente
riscontro. La causa più
frequente è legata a un’infezione
virale (Paralisi di Bell) con 40 casi
ogni 100.000 abitanti. Segue in ordine
di incidenza l’eziologia iatrogena
conseguente a interventi chirurgici
in base cranica (asportazione del
neurinoma del nervo acustico come
causa principale), l’eziologia traumatica
e quella congenita.
La paralisi facciale determina problemi
funzionali, estetici e di conseguenza
psicologici. Il viso altera il suo aspetto
a riposo e ancora di più quando
si attiva la muscolatura mimica.
Spesso il paziente si presenta con
una mano a coprire metà della faccia
per nascondere la deformità. Chi è
colpito dalla paralisi smette in genere
di sorridere, perché questo altera in
modo grottesco l’aspetto del viso.
L’aspetto estetico è vissuto con
grande disagio dal paziente.
I problemi funzionali sono
prevalentemente a carico dell’occhio,
non bene lubrificato dalle palpebre
che perdono la competenza che gli è
propria. Bisogna inoltre ricordare che
l’eloquio è ostacolato dai tessuti della
guancia privi di tono e la respirazione
nasale è resa difficoltosa per il collasso
mediale dell’ala nasale.
Terapia farmacologica
La conoscenza della patogenesi
della paralisi di Bell permette di
comprendere la corretta terapia
farmacologica da somministrare.
Questa patologia è legata a infezione
virale (HSV), e compare tipicamente
con l’esposizione repentina ad
ambiente freddo, e per questo è nota
come paralisi a frigore.
Il nervo facciale aggredito dal virus
va incontro a infiammazione ed
edema delle sue strutture, ma poiché
decorre all’interno di un canale
osseo non deformabile a livello
della base cranica il suo tentativo di
espansione è impossibile e il nervo
si trova perciò compresso da parte
delle pareti del canale. Ne consegue
un insulto ischemico (paragonabile
al letto ungueale che diventa bianco
[bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE
34
se viene schiacciata l’unghia) che può
determinare danni completamente
reversibili, parzialmente reversibili
oppure permanenti. La terapia della
paralisi di Bell deve perciò mirare
a combattere il meccanismo di
compressione del nervo, invertendo
il processo edemigeno: ne consegue
che debbano essere utilizzati
farmaci cortisonici ed antivirali. In
particolare i cortisonici devono essere
somministrati immediatamente e
ad alte dosi (Metil Prednisolone 30
mg/Kg Statim, seguito da 15 mg/Kg
ogni 6 ore per 2-4 giorni). Dosaggi
più bassi e ritardati anche solo di 1-2
giorni rispetto all’insorgenza della
paralisi possono determinare a volte
conseguenze irreversibili. La terapia
medica si avvale anche di neurotonici
e vitaminici al fine di migliorare
la “ripresa nervosa”, con dati non
comprovati da un punto di vista
scientifico. L’utilizzo di lacrime artificiali
aiuta a migliorare la lubrificazione
corneale. Un ciclo fisioterapico
specifico completa il programma
terapeutico.
FINESTRA SULLA CHIRURGIA MAXILLO FACCIALE
Figura 1. Paziente con paralisi facciale sinistra: si noti la ptosi dei tessuti,
la scomparsa delle pieghe cutanee d’espressione e la distorsione
dell’aspetto con l’attivazione della muscolatura mimica dal lato sano
Trattamento chirurgico
In circa l’80% dei casi questi
provvedimenti danno luogo a una
buona ripresa della funzionalità
nervosa. Nel restante 20% dei casi
in cui non ci fosse un recupero
soddisfacente dalla lesione entro 12
mesi dalla sua insorgenza si deve
intervenire trattando chirurgicamente
il paziente. Altra indicazione al
trattamento microchirurgico è il caso
di sezione certa del nervo dovuto a un
trauma o a un intervento chirurgico
in base cranica o alla parotide. In
questo caso i tempi del trattamento
devono essere i più stretti possibile,
perché la qualità della ripresa nervosa
è inversamente proporzionale al tempo
Figura 2. Sei mesi dopo l’intervento di anastomosi masseterinofacciale, eseguito tramite un accesso estetico tipo-lifting della faccia,
la paziente riprende una buona funzionalità nervosa
trascorso dall’insorgenza della paralisi.
L’intervento microchirurgico classico
consiste nell’effettuare un’ anastomosi
tra il nervo facciale e il nervo ipoglosso,
con relativo danno di motilità alla
lingua, non certo trascurabile. Da 3
anni l’Autore ha proposto a livello
internazionale l’anastomosi tra il
nervo facciale e il nervo masseterino,
“riattivando” in modo efficace e con
nuovo impulso il VII nervo cranico a
fronte di una morbilità assolutamente
trascurabile.
Il paziente non avverte infatti alcuna
differenza di forza masticatoria tra il
periodo precedente e quello successivo
all’intervento chirurgico. Se la paralisi
è invece insorta da più di 2 anni,
[bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE
35
l’atrofia della muscolatura mimica è
irreversibile e sarebbe inutile cercare
di riattivare il nervo facciale tramite
l’anastomosi con il nervo masseterino.
Si opta allora per trasporre nella
faccia muscoli attivi in altre regioni
del corpo (come il latissimo dal dorso
o il gracile dalla coscia) con un
intervento di microchirurgia
ricostruttiva. Piccole procedure
chirurgiche ancillari perfezionano i
risultati.
Il trattamento di questa patologica,
a carico del SSN, viene eseguito
routinariamente presso la
Clinica Chirurgica Maxillo-Facciale
dell’Ospedale Galeazzi di Milano,
diretta dal Prof. Federico Biglioli.
■
INTERVISTA
Maria Cristina Parravicini
La Città Ideale
Dove “ideale” non è un sogno e non è più un’utopia,
ma soltanto una realistica soluzione ai problemi
della vita moderna
Pianta
P
er cercare di comprendere
chi sia Guglielmo Mozzoni,
classe 1915, architetto,
sognatore, poeta, combattente della
Resistenza (La vera storia del Tenente
Mozzoni dal 25 luglio 1943 al 30
aprile 1945, scritta e disegnata da
lui, settembre 1981), merita scorrere
le pagine del bel libro da lui scritto
e illustrato con disegni e acquarelli
“L’architetto Mozzoni e i mulini a
vento. Architettura e altri rimedi
dal 1939 al 2003 per sopravvivere
alla noia, ai disturbi, ai pericoli
delle grandi invenzioni e dei politici
improvvisati”, prendendo spunto
dalle pagine finali, quelle dedicate alla
Città Ideale. La sua è una città sferica,
ruotante, antisismica e in grado di
Case affacciate
contenere 25mila abitanti che per
lavorare e divertirsi possono fare a
meno dell’automobile. Inquinamento,
congestioni, traffico cesserebbero di
esistere e anche la politica potrebbe
essere realmente partecipata grazie
alle possibilità offerte da internet e
dalla telematica. Sogno? Utopia?
Lasciamo a Guglielmo Mozzoni il
compito di parlarcene e a noi il
piacere di ascoltarlo.
Vista esterna
un punto di partenza ma un punto di
arrivo – dovendo tenere conto della
natura che è tanto bella, ma anche
imbrogliona – ho dovuto pensare
a una città che potesse contrastare
tutte le cose antipatiche che ci fa la
natura, per esempio il terremoto. Il
rotondo non offre un contrasto alla
forza sismica, per di più (la città ideale)
è girevole su se stessa in modo che,
qualsiasi forza che venga dal di fuori,
lei si mette a ruotare e quindi non offre
contrasti agli imbrogli della natura.
Quando ha pensato a questa
Il mio problema era ed è l’urbanistica;
città e perché l’ha immaginata
tutti parlano di architettura ma
sferica?
nessuno parla di urbanistica. Per
È una storia lunghissima e, quanto al
fatto che sia sferica, non è certamente vivere bisogna invece pensare
perché a me piacciono le cose rotonde. all’urbanistica perché l’architettura
è un qualcosa in più, un particolare.
La forma sferica non è assolutamente
[bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE
36
INTERVISTA
Oggigiorno mi trovo nel frangente di
una grande fortuna, quella di vivere
a cavallo di due ere: l’una era quella
cavalleresco-cortese in cui l’uomo più
che la ruota non aveva mai inventato.
riflessioni. Io mi sono laureato nel ’39
e da subito ho avuto l’impressione di
dover cercare come vivere in un modo
migliore anche perché, se parliamo
di architettura, l’architettura è l’arte
di vivere bene. Oggi invece si parla
di architettura come se si parlasse di
colonne corinzie piuttosto che doriche
e si abbandona completamente l’idea
del vivere bene e sano.
Il primo tentativo di vita nuova è
un fatto che oggi giorno non sta più in
piedi. Nel 1939, anno della mia laurea,
una delle espressioni architettoniche
che affascinava di più era il grattacielo
perché non tenevamo conto di
quello che avrebbe comportato
l’avvenire dell’automobile; allora il
grattacielo andava bene perché in
Italia circolavano 20mila automobili,
oggi ce ne sono in media una ogni due
abitanti su … 60milioni!
Vista interna
Vista esterna vicina
Gli orti
Poi, di colpo, alla fine dell’ottocento,
sono saltate fuori tutte le novità, cioè
quelle sorprese della natura, che ci
hanno dato la possibilità di cambiare i
cavalli con l’acqua calda – la vaporiera
– oppure con il petrolio – i motori a
scoppio.
Sono fatti che hanno completamente
mutato la nostra vita. L’unica cosa che
non è cambiata è l’urbanistica ed è per
questo che, a mio parere, non si vive
bene.
Alla luce di queste considerazioni mi
sono chiesto cosa potevo fare, tenuto
conto che le novità erano l’automobile,
l’aeroplano, per non parlare poi
di quando è arrivata la telematica.
L’avvento di tutte queste novità, calate
nella polis, mi ha indotto a delle
segnato dalla costruzione della Tour
Eiffel che i parigini avevano boicottato
chiamandola “l’asparago di ferro”,
senza capire che era proprio l’inizio
di un discorso su di un nuovo modo
di poter vivere: la Tour Eiffel ha dato
la possibilità di vivere in altezza e
in larghezza con l’uso dell’acciaio e
del cemento armato. Parallelamente
alla Tour Eiffel, a New York, avevano
costruito nel 1902 il primo “cosiddetto”
grattacielo che avevano chiamato
il “ferro da stiro” per la sua forma.
Da allora, quando si è saputo che
si poteva anche andare in altezza,
è successo che, mantenendo
l’urbanistica di Giulio Cesare, oltre ad
andare a costruire i due piani massimi
di Roma, hanno costruito i duecento,
L’automobile, a mio parere, oggi
fa parte del nostro corpo più delle
scarpe: ricordo che quando ero
ragazzo nell’azienda agricola, una
famiglia di cinque persone aveva tre
paia di scarpe,
non di più.
Oggi giorno tutti hanno l’automobile...
e tutti questi architetti che si danno
delle arie e credono di risolvere i
problemi, li risolvono mettendo le
automobile a 10 km di distanza dalle
abitazioni. E questo accade perché
si vuole insistere a concentrare gli
abitanti in “verticale”, incentivando
ancora di più i servizi pubblici, per
loro natura in “orizzontale”, che
certamente servono, ma mai come
potrebbe servire l’automobile.
Ma è l’urbanistica che ci può
permettere di vivere più o meno bene.
Come devono coniugarsi
architettura e urbanistica per
una migliore qualità della vita?
[bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE
37
INTERVISTA
Torniamo alla sua
“Città Ideale”…
La mia idea era quella di progettare
un tipo di urbanistica che potesse
permettere alla gente di vivere
l’intera giornata senza muoversi da
casa, o per lo meno muovendosi
per quei pochi metri: un ritorno al
paesino di 2000 persone. Questa
mia sfera poteva contenere un
numero di paesini di 2000 persone
fino ad arrivare alle 25.000 che ho
ritenuto quantitativamente giuste
perché, almeno fino a 3 o 4 anni
fa, era il numero di persone che
poteva permettere a un ospedale,
assolutamente attrezzato, di poter
vivere in autonomia. Anche le 25mila
persone quindi hanno un loro perché,
ed è un perché legato alla sanità.
Questi paesini di 2000 persone, erano
disposti su diversi piani fino ad
arrivare a 240 metri di altezza – non
è che non io vada in altezza, ci vado
volentieri, però, come vado in altezza,
vado anche in larghezza, per cui tutto
prende un senso. La vita nella mia città
è quella di una città in collina in cui si
può fare a meno anche dell’ascensore
perché, al posto delle scale, c’è una
rampa che si snoda nel verde tra
le abitazioni. Questa lunghezza di
240 metri anche in orizzontale – il
diametro – mi permette di avere nella
parte sottostante lo spazio per le
automobili, contrariamente a quello
che si verifica in un grattacielo in
cui le automobili, per essere sotto
casa, dovrebbero essere sistemate a
profondità inimmaginabili. Gli accessi
alla città sono previsti su quattro
fronti e confluiscono in un parcheggio
perimetrale calcolato per una quantità
di automobili pari alla metà di quella
necessaria oggi in quanto l’auto non
sarà più indispensabile per la vita
di tutti i giorni. Grazie a questo tipo
di urbanistica, gli abitanti potranno
godere di un tempo e uno spazio
vissuti serenamente, il giardino e
l’orto saranno fuori dalla porta di
casa e, a pochi passi dall’abitazione,
troveranno tutto quello che serve per
una giornata, dal pronto-soccorso, al
ristorante, alla chiesa, alle scuole, ai
centri di incontro. L’automobile quindi
non è un bisogno quotidiano, ma è
soltanto un appoggio per le eventuali
necessità. Questa mia città, completa,
senza scale, risale solo a due anni fa
nel senso che prima non ero riuscito
a farla senza scale; nell’elaborazione
successiva è prevalso il concetto di
[bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE
38
una città da vivere a piedi, in cui poter
raggiungere agevolmente tutto ciò che
è necessario nella quotidianità.
Il concetto della sfera permette
quindi di avere quei paesini di 2000
abitanti, ma soprattutto perché come
costruzione, come struttura, la forma
sferica è quella che meglio risponde
agli sforzi esterni e che quindi viene a
costare meno rispetto alle costruzione
normali (pilastri, cemento armato
piuttosto che acciaio), e non è poco;
per di più la forma sferica elimina
i pilastri aumentando moltissimo
lo spazio vivibile. Oggi giorno in
un grattacielo il 70% degli spazi è
devoluto ai servizi, contro il 20% che
io valuto per cui, sotto questo profilo, è
un bel vantaggio anche da un punto di
vista economico.
Come potrebbe inserirsi la
sua “Città Ideale” nell’attuale
contesto urbanistico milanese?
La mia città è ormai abbastanza
conosciuta, è andata a Pechino,
Tokio, San Paolo, ma non ha avuto
praticamente successo. Attualmente
un’iniziativa da parte della Fiera
propone la “Città Ideale” come una
soluzione per Milano… Ma se non
cambiano l’urbanistica, come l’ho
cambiata io, e non vedo proposte
in questo senso, immaginiamo cosa
vorrà dire il fatto di portare – con
il progetto “City Life” – 300mila
persone in più nel centro di Milano:
un disastro. Con la mia città invece,
queste 300mila persone potrebbero
andare in periferia, nell’ex area Falck
per esempio, dove nell’ottobre del
2008, nell’ambito di un incontro sul
tema “Rinnovamento e urbanistica:
Sesto S. Giovanni ristrutturata a Città
Giardino con il collegamento pedonale
INTERVISTA
alberato tra Parco Nord e Area Falck”,
erano stati presentati cinque pannelli
illustrativi della proposta formulata
a partire dall’idea della “Città Ideale”
G.M. 2005.
Come vede i progetti che
i cosiddetti Archistar stanno
realizzando per Milano?
La considero una forma scorretta da
parte di questi “Archistar” che sono
personaggi che vogliono far parlare
di sé; ma quello che più stupisce è
che li lasciano fare. Prescindendo
dal fatto che un architetto agisce
su commissione e quindi anche
la commissione di City Life lascia
perplessi per la disinvoltura con
la quale un giorno ammette per
lo stesso progetto uffici e l’altro
giorno abitazioni, è offensivo che il
cosiddetto Archistar proponga di
trasformare l’arte dell’architettura, che
è l’arte dell’abitare, in manifestazioni
estemporanee completamente in
contrasto con un’abitazione comoda
e serena È incredibile pensare oggi
giorno a un grattacielo come quello
proposto per City Life: il famoso
grattacielo storto. Bisogna essere folli
per immaginarlo in quanto, fino a che
è diritto, la struttura è semplicissima,
ma farlo storto è contro ogni evidenza
statica. Per di più, adesso che hanno
pensato di correggere il progetto,
gli hanno dato una forma di stivale
al contrario, con un gran piede
sospeso nel vuoto. Spero che questo
malaugurato progetto sia condannato
da una parte dell’ordine dei Medici
per quanto riguarda l’insopportabilità
nervosa dell’individuo e, dall’altra, da
strutturisti onesti che non si adattino a
calcolare strutture di ingente e inutile
costo.
Restando nell’ambito della
città come realtà abitativa
a misura d’uomo, come vede
lei la piantumazione dei famosi
90mila alberi a Milano?
Io amo la natura, le montagne,
i cavalli, sono un cacciatore, ma,
proprio perché sono un amante
della natura, trovo addirittura
offensivo per la natura – da parte
di Abbado e di Piano – pensare di
mettere alberi in una città dove non ci
sono mai stati.
È assolutamente assurdo perché
ogni città è fatta a suo modo e,
quelle che sono nate con le piante,
beate loro. Milano è nata in un’altra
maniera per cui dove non ci sono
piante e le vogliono mettere, si crea
uno squilibrio. Su questo argomento
ho scritto due articoli di cui uno
riguardava Via Dante che gli
autori del progetto vorrebbero
piantumata a frassini…
Ma il frassino, quando è cresciuto,
arriva almeno a 40 metri di altezza
e a perlomeno 30 di larghezza,
per cui non ci starebbero nemmeno.
Quindi o si utilizzano piante “adulte”
con un effetto immediato, oppure
piante con solo cinque anni di vita,
prive quindi di qualsiasi effetto.
Se il trasporto avvenisse a pianta
fatta, i costi sarebbero inimmaginabili,
come pure le difficoltà di inserimento
in queste nostre strade
(metropolitana ecc.).
In più sarebbe un’offesa,
un disastro per quella pianta
che per 30-40 anni era vissuta nel suo
ambiente naturale, tra i suoi amici.
Basterebbe solo questo per non
mettere in atto il progetto.
Passando da Via Dante a Piazza
delle Grazie, le poverette che
[bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE
39
chiedono che anche lì vengano
piantati dei frassini, non sanno quello
che chiedono perché, se piantiamo
frassini di cinque anni, li vedremo
solo tra 40 anni… Per quanto
riguarda Piazza delle Grazie poi,
c’è anche un’altra ragione per non
mettere piante, ed è legata alle
piccole dimensioni della piazza che
riceverebbe ancora più ombra,
soprattutto nella parte del chiostro che
ospita l’Ultima Cena
che, come tutti gli affreschi antichi,
ha un nemico nell’umidità.
Gli alberi andrebbero piantati
soprattutto nelle periferie delle
città, creando la città nel bosco,
non il bosco nella città!
■
ISCRIZIONI ECM
Iscrizione agli eventi ECM dell’Ordine
dei Medici e degli Odontoiatri di Milano
L’iscrizione ai Corsi ECM organizzati dall’Ordine dei Medici di Milano può essere effettuata via e-mail
all’indirizzo [email protected] inserendo nella mail tutti i dati richiesti nella scheda sotto riportata.
N.B. Si specifica che l’adozione di tale modalità comporta l’implicita autorizzazione da parte dell’Ordine al trattamento
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Le dichiarazioni di seguito rese sono autocertificazioni e come tali assoggettate al D.P.R. 445/2000 e alle sanzioni ivi previste.
Qualora il medico non avesse indirizzo e-mail potrà inviare la scheda di seguito riportata tramite fax al n. 031/990453.
Nome/Cognome.........................................................................................................................................................................................................
Luogo e data di nascita............................................................................................................................................................................................
Iscritto all’Ordine dei Medici e degli Odontoiatri di......................................................................................................................................
Albo Medici ❑
Albo Odontoiatri ❑
Residente a...................................................................................................................................................................................................................
Indirizzo........................................................................................................................................................................................................................
CAP......................................................................Città.................................................................................................................................................
Prov...............................................................................Cell...................................................................Tel................................................................
e-mail.................................................................................................................Codice fiscale................................................................................
❑ 1 Violenza alle donne
Studio per una rete professionale interdisciplinare di
collaborazione e sostegno alle esperienze sul territorio
Venerdì 1 ottobre 2010
❑ 2 Il trattamento della paralisi facciale:
dall’insorgenza alla terapia medica e chirurgica
Sabato 2 ottobre 2010
❑ 3 Nuovi scenari nel campo delle patologie professionali
Aggiornamento dell’elenco delle malattie per le quali
è obbligatoria la denuncia (Decreto 11 dicembre 2009)
Sabato 9 ottobre 2010
❑ 4 Problematiche di responsabilità professionale in Pediatria
dal Pediatra “certificatore” al Pediatra “centralinista”
Sabato 16 ottobre 2010
❑ 5 La stipsi: nuovi inquadramenti eziopatogenetici
Sabato 23 ottobre 2010
❑ 6 Rapporti tra fattori legati agli stili di vita e
patologie infiammatorie croniche: correlazioni tra
malattie parodontali e malattie sistemiche
Sabato 6 novembre 2010
❑ 7 Aspetti clinici nelle parassitosi intestinali
e cutanee: dalla diagnosi alla terapia
Sabato 13 novembre 2010
❑ 8 Il futuro dell’Odontoiatria
Sabato 20 novembre 2010
❑ 9 Centenario di fondazione degli Ordini dei Medici Chirurghi
Sabato 27 novembre 2010
SI RICORDA CHE
Sabato 25 settembre 2010 – ore 8.30-13.15, presso l’Auditorium Don Alberione
Periodici San Paolo (Via Giotto 36 – Milano) si terrà il corso ECM
Il ruolo del dentista nella medicina del sonno: una prospettiva professionale nel futuro immediato.
Per il programma consultare il Bollettino 2/2010.
Consenso al trattamento dei dati personali
Il trattamento dei dati personali che La riguardano viene svolto nel rispetto di quanto stabilito dalla Legge 196/2003 sulla tutela dei dati personali. Si raccomanda
di compilare la scheda di iscrizione in tutte le sue parti, compreso il codice fiscale, indispensabile al fine di ottenere l’attribuzione dei crediti formativi.
❑ Accetto
❑ Non accetto
Firma............................................................................................................................................................................................................
L’accettazione al consenso del trattamento dei dati è fondamentale ai fini dell’iscrizione.
INFORMAZIONI GENERALI
•
•
•
L’iscrizione al Corso è gratuita e verrà data la precedenza agli iscritti all’Ordine di Milano.
Il Corso è in fase di accreditamento presso il Ministero della Salute: verrà rilasciato un attestato di partecipazione con crediti formativi attribuiti dalla Commissione ECM.
L’attestato verrà rilasciato solo a coloro che parteciperanno all’intera durata dei lavori e compileranno le schede di valutazione e di verifica.
CORSI ECM
1
Violenza alle donne
Studio per una rete professionale interdisciplinare di collaborazione e sostegno alle esperienze sul territorio
In collaborazione con l’Ordine degli Avvocati di Milano
Venerdì 1 ottobre 2010 – ore 14.00-19.30 - Aula Magna – Palazzo di Giustizia di Milano
• Il PM
Dott. Marco Ghezzi
Sostituto Procuratore della Repubblica
presso il Tribunale di Milano
• L’ Avvocato
Avv. Francesca Garisto
Avvocato in Milano
PROGRAMMA
14.00-14.15 Registrazione Partecipanti
Moderatore
Dott.ssa Maria Grazia Manfredi
Componente Commissione Pari Opportunità
Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Milano
17.10-17.50 Ruolo ed atteggiamento dell’informazione
• La carta stampata
Marina Terragni
Giornalista Opinionista
• L’informazione radio-televisiva
Giornalista di TG
14.15-14.30 Saluti e introduzione da parte delle Autorità
Sono stati invitati:
Presidente Corte d’Appello di Milano
Presidente Tribunale di Milano
Presidente Ordine degli Avvocati di Milano
Presidente Ordine dei Medici Chirurghi
e degli Odontoiatri di Milano
17.50-19.00 Tavola Rotonda: allarme violenza
Moderatori
Avv. Giovanna Fantini
Vice Presidente Comitato Pari Opportunità
Ordine degli Avvocati di Milano
14.30-15.20 Violenza sessuale e violenza domestica
•Epidemiologia
Dott.ssa Alessandra Kustermann
Direttore U.O.C. Pronto Soccorso e
Accettazione Ostetrico-Ginecologica
Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale
Maggiore Policlinico – Milano
•L’evoluzione della normativa e i diversi tipi di violenza
Avv. Manuela Ulivi
Avvocato in Milano
•Violenza e conflitto: criteri e scelte processuali
Dott. Pietro Forno
Sostituto Procuratore della Repubblica
presso il Tribunale di Milano
Dott.ssa Maria Teresa Zocchi
Referente Commissione Pari Opportunità
Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Milano
Intervengono:
Rappresentante Forze dell’Ordine
Dott.ssa Lucia Castellano
Direttore Carcere di Bollate
Dott.ssa Cristina Stancari
Assessore Provinciale Pari Opportunità
Prof.ssa Antonella Limonta
Dirigente Scolastico ITIS e Liceo Marconi - Gorgonzola
Dott.ssa Marisa Guarneri
Casa delle Donne Maltrattate
Moderatore
Avv. Silvia Banfi
Presidente Commissione Pari Opportunità
Ordine degli Avvocati di Milano
19.00 Il Sentire
• Raccordo d’insieme
Avv. Luciana Tullia Bertoli
Componente Comitato Pari Opportunità
Ordine degli Avvocati di Milano
15.20-17.10 Ruolo degli operatori
•Il Medico Ospedaliero: il Ginecologo
Dott.ssa Paola Pifarotti
Specialista in Ostetricia e Ginecologia
Dirigente Medico – Fondazione IRCCS Ca’ Granda
Ospedale Maggiore Policlinico Milano
• Il Medico Ospedaliero: lo Psichiatra
Dott. Claudio Mencacci
Direttore Dipartimento di Salute Mentale
A.O. Fatebenefratelli e Oftalmico – Milano
•Il Medico di Famiglia
Dott.ssa Rita Cambieri
Medico di Medicina Generale a Milano
• Il Giudice
Dott.ssa Annamaria Gatto
Magistrato del Tribunale di Milano
Seguirà un brano musicale
19.00-19.30 Compilazione schede di valutazione e di verifica
n. 150 posti disponibili
Accreditato per Medici Chirurghi
[bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE
41
CORSI ECM
2
Il trattamento della paralisi facciale:
dall’insorgenza alla terapia medica e chirurgica
Sabato 2 ottobre 2010 – ore 8.30-13.30 - Auditorium Don Alberione – Periodici San Paolo
Via Giotto 36 – Milano
Coordinatore
Prof. Federico Biglioli
Professore Associato e Direttore U.O. di Chirurgia Maxillo – Facciale
IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi – Università degli Studi di Milano
PROGRAMMA
8.30-9.00
Registrazione Partecipanti
9.00-9.30
Prof. Federico Biglioli
Introduzione
Storia, clinica e aspetti psicologici
9.30-9.50
Dott.ssa Nicoletta Massetto
Dirigente Medico – U.O. di Neurologia – A.O. San Paolo – Milano
La paralisi di Bell: insorgenza, decorso, terapia e follow-up
9.50-10.20
Dott. Claudio Cattalini
Dirigente Medico – U.O. di Neurologia – A.O. San Paolo – Milano
Diagnostica strumentale ed elettromiografica
10.20-10.45
Prof. Pietro Mortini
Professore Ordinario e Direttore U.O. di Neurochirurgia
Ospedale San Raffaele – Università Vita-Salute San Raffaele – Milano
Trattamento delle paralisi ad insorgenza encefalica e del basicranio
10.45-11.30
Intervallo
11.30-12.00
Prof. Federico Biglioli
Trattamento chirurgico delle lesioni recenti ed inveterate: area del sorriso e delle palpebre
12.00-12.30
Prof.ssa Elena Dalla Toffola
Professore Ordinario e Direttore Istituto di Fisiatria
Policlinico San Matteo – Università degli Studi di Pavia
Dott.ssa Lucia Petrucci
Responsabile Ambulatorio di riabilitazione oncologica e del pavimento pelvico
U.O. di recupero rieducazione funzionale – Policlinico San Matteo – Pavia
Implementazione dei risultati: la riabilitazione fisioterapica
12.30-12.40
Dott.ssa Alice Frigerio
Chirurgo Maxillo-Facciale – Istituto di Fisiologia Umana – Università degli Studi di Milano
Valutazione dei risultati
12.40-13.00
Prof. Paolo Cavallari
Professore Ordinario – Istituto di Fisiologia Umana – Università degli Studi di Milano
Il futuro? Basi elettrofisiologiche e studi sperimentali
13.00-13.30
Compilazione schede di valutazione e di verifica
n. 150 posti disponibili
Accreditato per Medico Chirurgo
[bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE
42
CORSI ECM
3
Nuovi scenari nel campo delle patologie professionali
Aggiornamento dell’elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la denuncia (Decreto 11 dicembre 2009)
Sabato 9 ottobre 2010 – ore 8.30-13.00 - Auditorium Don Alberione – Periodici San Paolo
Via Giotto 36 – Milano
Nell’aprile u.s. è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il
Decreto 11 Dicembre 2009 del Ministero del Lavoro, della
Salute e delle Politiche sociali che aggiorna l’elenco delle
malattie professionali per le quali è obbligatoria la denuncia
da parte del medico che ne riscontri l’esistenza.
Questo decreto ribadisce l’obbligo per qualunque medico
di denunciare le malattie di sospetta origine professionale
delle quali venga a conoscenza e contemporaneamente ne
aggiorna l’elenco includendovi quadri morbosi di riscontro
anche molto comune. È infatti molto cambiato, rispetto al
passato, il panorama delle patologie che riconoscono nell’attività lavorativa una possibile causa o concausa eziologica.
Lo scopo è evidentemente favorire al massimo che vengano
alla luce situazioni a tutt’oggi certamente sottovalutate. Il
decreto prevede sanzioni civili e penali in caso di omissione.
10.00-10.20
Dott. Giuseppe Leocata
S.C. di Medicina del Lavoro 2
Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale
Maggiore Policlinico – Milano
Malattie psichiche e psicosomatiche da
disfunzioni dell’organizzazione del lavoro
10.20-10.40
Dott. Lorenzo Bordini
S.C. di Medicina del Lavoro 1
Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore
Policlinico – Milano
Malattie dell’apparato respiratorio
10.40-11.00
Intervallo
Moderatori
Prof. Pier Alberto Bertazzi
Direttore Scuola di Specializzazione in Medicina
del Lavoro – Università degli Studi di Milano
11.00-11.20
Dott. Mario Previdi
Responsabile S.S. Allergologia ambientale – CEMOC
Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale
Maggiore Policlinico – Milano
Le malattie allergiche
Dott. Luciano Riboldi
Direttore S.C. di Medicina del Lavoro 1
Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale
Maggiore Policlinico – Milano
11.20-11.40
Dott. Aldo Todaro
S.C. di Medicina del Lavoro 1
Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale
Maggiore Policlinico – Milano
I quesiti dei Medici di Medicina Generale
alla Medicina del Lavoro
PROGRAMMA
8.30-9.00
Registrazione Partecipanti
9.00-9.20
Prof. Pier Alberto Bertazzi
Dott. Luciano Riboldi
Introduzione
11.40-12.00
Discussione
9.20-9.40
Dott. Giuseppe Bonifaci
Sovrintendente Medico Generale
Direzione Generale INAIL
Il Decreto 11.12.2009: aggiornamento dell’elenco
delle malattie professionali da denunciare
12.00-12.30
Prof. Pier Alberto Bertazzi
Dott. Luciano Riboldi
Conclusioni
12.30-13.00
Compilazione schede di valutazione e di verifica
9.40-10.00
Dott. Enrico Occhipinti
Direttore S.C. CEMOC
Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale
Maggiore Policlinico – Milano
Le malattie muscoloscheletriche a carico della
colonna e degli arti da sovraccarico biomeccanico
n. 150 posti disponibili
Accreditato per Medico Chirurgo
[bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE
43
CORSI ECM
4
Problematiche di responsabilità professionale in Pediatria
dal Pediatra “certificatore” al Pediatra “centralinista”
In collaborazione con il Laboratorio di Responsabilità Sanitaria Sezione Dipartimentale di Medicina Legale
e delle Assicurazioni – Università degli Studi di Milano
Sabato 16 ottobre 2010 – ore 8.00-14.15 - Auditorium Don Alberione – Periodici San Paolo
Via Giotto 36 – Milano
8.00-8.30 Registrazione Partecipanti
Moderatori
Antonio Farneti
Professore Ordinario di Medicina Legale – Università degli Studi di Milano
Luisa Maria Nino
Pediatra di Famiglia – Milano
PROGRAMMA
8.30-8.45
Marina Picca
Pediatra di Famiglia – Milano
Apertura lavori
8.45-9.20
Umberto Genovese
Ricercatore Confermato in Medicina Legale e delle Assicurazioni
Università degli Studi di Milano
Inquadramento del contenzioso in Sanità
9.20-10.00
Lavinia Vercesi
Avvocato in Milano
Sentenze & Sentenze: questioni civili, penali e amministrative
10.00-10.30
Attilio Steffano
Consulente assicurativo
Profili assicurativi in Pediatria
10.30-10.45
Intervallo
Moderatori
Marina Picca
Rinaldo Missaglia
Pediatra di Famiglia – Monza
10.45-11.30
Antonio Vitello
Direttore Servizio di Medicina Legale ASL MILANO
Vecchie e nuove problematiche medico-legali in Pediatria
11.30-12.30
Michelangelo Casali
Specialista in Medicina Legale e delle Assicurazioni - Università degli Studi di Milano
Carlo Longhi
Pediatra di Famiglia – Milano
FAQ – Frequently Asked Question – di rilevanza medico legale:
la certificazione, la consultazione telefonica
12.30-13.45
Discussione collegiale
13.45-14.15
Compilazione schede di valutazione e di verifica
n. 150 posti disponibili
Accreditato per Medico Chirurgo
[bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE
44
CORSI ECM
5
La stipsi: nuovi inquadramenti eziopatogenetici
Sabato 23 ottobre 2010 – ore 8.30-13.15
Auditorium Don Alberione – Periodici San Paolo
Via Giotto 36 – Milano
Coordinatore
Dott. Giuseppe Calabrò
Specialista in Chirurgia dell’Apparato digerente ed Endoscopia digestiva chirurgica
Capo Reparto Chirurgia – Ospedale Militare di Milano
PROGRAMMA
8.30-9.00
Registrazione Partecipanti
9.00-9.30
Dott. Giuseppe Calabrò
La stipsi: definizione, classificazione, epidemiologia ed eziopatogenesi
9.30-10.00
Dott. Giuseppe Calabrò
Iter diagnostico e terapia integrata della stipsi
10.00-10.30
Dott.ssa Cristina Ogliari
Specialista in Gastroenterologia ed Endoscopia digestiva – Milano
La terapia farmacologica della stipsi
10.30-10.45
Intervallo
10.45-11.15
Dott. Giuseppe Calabrò
La terapia rieducativa nella defecazione ostruita
11.15-11.45
Dott. Luca del Re
Specialista in Chirurgia Generale
Dirigente Medico – Divisione di Chirurgia – A.O. Fatebenefratelli – Milano
Lo sviluppo della terapia chirurgica della defecazione ostruita
11.45-12.15
Dott. Paolo Boccasanta
Specialista in Chirurgia Generale
Dirigente Medico – Dipartimento di Chirurgia Generale
Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico – Milano
Dott. Marco Venturi
Specialista in Chirurgia dell’Apparato digerente ed Endoscopia digestiva chirurgica
Medico di Medicina Generale – Milano
Risultati, dati clinici e scientifici della terapia chirurgica della defecazione ostruita
12.15-12.45
Discussione
12.45-13.15
Compilazione schede di valutazione e di verifica
n. 150 posti disponibili
Accreditato per Medico Chirurgo
[bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE
45
CORSI ECM
6
Rapporti tra fattori legati agli stili di vita e patologie infiammatorie
croniche: correlazioni tra malattie parodontali e malattie sistemiche
Sabato 6 novembre 2010 – ore 8.30-14.00
Auditorium Don Alberione – Periodici San Paolo
Via Giotto 36 – Milano
SIdP “Sorridi a un nuovo stile di vita”
La Federazione Nazionale degli Ordini, in particolare l’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di
Milano e la Società Italiana di Parodontologia sono da sempre impegnati nella promozione di campagne di
informazione scientifica. Per il biennio 2010-2011 SIdP ha organizzato un nuovo Progetto di divulgazione
scientifica denominato “Sorridi a un nuovo stile di vita” - Rapporti tra fattori legati agli stili di vita e
patologie infiammatorie croniche: correlazioni tra malattie parodontali e malattie sistemiche. Il progetto
ha già ottenuto importanti riconoscimenti come i patrocini della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del
Ministero della Salute, della Fondazione Umberto Veronesi, della Federazione Nazionale degli Ordini dei
Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (FNOMCeO), della European Federation of Periodontology (EFP) e
del Comitato Intersocietario di Coordinamento delle Associazioni Odontostomatologiche Italiane (CIC).
I principali obiettivi del progetto sono l’informazione e la sensibilizzazione del pubblico, attraverso
gli operatori sanitari di area odontoiatrica (dentisti ed igienisti dentali), sull’influenza che lo stile
di vita può avere nei confronti di uno stato infiammatorio sistemico, trasmettendo l’importante
concetto che la salute è un bene prezioso, da conservare con l’adozione di abitudini di vita sane.
Sia le parodontiti che le malattie sistemiche ad esse correlate, rappresentano patologie con una
eziopatogenesi multifattoriale e condividono numerosi fattori di rischio legati agli stili di vita (ad
esempio la cattiva igiene orale, il fumo, gli errori alimentari e la vita sedentaria) oppure legati al
patrimonio genetico (in termini di maggiore suscettibilità a contrarre o sviluppare una malattia).
Tale progetto consentirà agli odontoiatri e agli igienisti dentali di comunicare ai propri pazienti un messaggio
di prevenzione mediante l’osservazione periodica di una fascia di popolazione molto ampia e di tutte le età
(ricordiamo infatti che in Italia circa il 40% della popolazione si reca dal dentista almeno una volta all’anno).
Inoltre, la trasmissione dei contenuti del progetto attraverso il team odontoiatrico significherà raggiungere
non soltanto il singolo paziente, ma piuttosto l’intero nucleo familiare, ambiente ideale per l’introduzione
di concetti legati ad uno stile di vita sano. Se consideriamo l’igiene orale come punto di partenza per
l’igiene di vita, la trasversalità dei messaggi rivolti al paziente in relazione al controllo di placca, ad una
corretta alimentazione, ai danni derivati dal fumo per ciò che riguarda le patologie di competenza del team
odontoiatrico, determina certamente una ricaduta positiva sulla prevenzione di patologie sistemiche ad
elevata prevalenza come le malattie cardiocircolatorie, la sindrome metabolica, il diabete, la broncopatia
cronica ostruttiva e patologie più gravi, anche se meno prevalenti, come le neoplasie. La divulgazione del
progetto avverrà grazie ad un nuovo sito web, interamente dedicato agli stili di vita (www.progettostilidivita.
it) e attraverso l’organizzazione di oltre 50 incontri culturali gratuiti in altrettante sedi Provinciali degli
Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri. Questi incontri, distribuiti su tutto il territorio nazionale,
si svolgeranno tra maggio 2010 e novembre 2011 e saranno tenuti da soci della SIdP coordinati da un
responsabile regionale scelto tra i soci attivi. Durante i corsi verranno distribuiti sia il materiale educativo,
appositamente preparato dalla Commissione per il Progetto, sia un questionario per l’accreditamento ECM.
Prof. Luca Francetti Presidente Società Italiana di Parodontologia
Dott. Claudio Gatti Consigliere Ordine di Milano e Coordinatore regionale del progetto
[bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE
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CORSI ECM
OBIETTIVI DEL CORSO. Durante questo incontro culturale sarà discusso il
rapporto tra gli stili di vita, le parodontiti e le malattie sistemiche ad esse correlate.
Queste patologie, la cui eziopatogenesi è multifattoriale, condividono numerosi
fattori di rischio legati agli stili di vita (ad esempio la cattiva igiene orale, il fumo,
gli errori alimentari e la vita sedentaria) oppure legati al patrimonio genetico (in
termini di maggiore suscettibilità a contrarre o sviluppare una malattia)
Moderatore
Dott. Valerio Brucoli
Presidente Commissione Albo Odontoiatri
Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Milano
Coordinatore
Dott. Luigi Paglia
Consigliere Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Milano
Relatori
Antonio Carrassi
Claudia Dellavia
Luca Francetti
Claudio Gatti
Daniela Lucini
Università degli Studi di Milano
Università degli Studi di Milano
Università degli Studi di Milano - Presidente SIdP
Responsabile Regionale SIdP del progetto Stili di Vita
Università degli Studi di Milano
PROGRAMMA
8.30-9.00
Registrazione Partecipanti
9.00-10.00
Gli stili di vita e le parodontiti
10.00-11.30
Gli stili di vita e la loro influenza sulla salute sistemica e del cavo orale
11.30-12.00
Intervallo
12.00-12.30
Raccomandazioni cliniche
12.30-13.30
Tavola rotonda e discussione
13.30-14.00
Compilazione schede di valutazione e di verifica
n. 200 posti disponibili
Accreditato per Odontoiatra
[bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE
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CORSI ECM
7
Aspetti clinici nelle parassitosi intestinali e cutanee:
dalla diagnosi alla terapia
Sabato 13 novembre 2010 – ore 8.30-13.45
Auditorium Don Alberione – Periodici San Paolo
Via Giotto 36 – Milano
Moderatore
Prof. Aldo Finzi
Dermatologo
Coordinatore
Dott.ssa Rosanna Qualizza
Specialista in Allergologia e Immunologia clinica
Specialista Ambulatoriale Allergologa – A.O. ICP – Milano
PROGRAMMA
8.30-9.00
Registrazione Partecipanti
9.00-9.45
Dott.ssa Rosanna Qualizza
Parassitosi da nematodi
9.45-10.30
Dott. Nino Mozzanica
Specialista Ambulatoriale Dermatologo – A O. ICP – Milano
L’orticaria idiopatica
10.30-11.15
Dott. Cristoforo Incorvaia
Specialista in Allergologia e Immunologia clinica
Dirigente Medico CTO A O. ICP – Milano
L’asma intrinseca
11.15-11.30
Intervallo
11.30-11.45
Dott.ssa Rosanna Qualizza
La toxocariasi: 3 casi clinici (dermatite, orticaria e asma)
11.45-12.30
Dott. Marco Negri
Specialista Ambulatoriale Dermatologo – A O. ICP – Milano
La scabbia
12.30-13.15
Dott. Adriano Radaelli
Specialista Ambulatoriale Dermatologo – A O. ICP – Milano
Le pediculosi
13.15-13.45
Conclusioni e compilazione schede di valutazione e di verifica
n. 150 posti disponibili
Accreditato per Medico Chirurgo
[bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE
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CORSI ECM
8
Il futuro dell’Odontoiatria
Sabato 20 novembre 2010 – ore 8.30-14.15
Auditorium Don Alberione – Periodici San Paolo
Via Giotto 36 – Milano
I giovani dentisti e il futuro dell’odontoiatria
In tempi di crisi è indispensabile sperare ed operare per un futuro migliore. L’Odontoiatria, come molte altre
professioni ed attività lavorative, sta subendo una depressione solo in parte dovuta alla crisi economica
mondiale. La pletora odontoiatrica, l’infausta liberalizzazione della pubblicità e l’aggressione da parte di chi
pensa di poter guadagnare investendo nella nostra professione e sfruttando il lavoro di giovani colleghi è la
seconda, e forse non secondaria, causa dei problemi che riguardano i seri professionisti dell’odontoiatria.
Conosco, anche per motivi familiari, una moltitudine di giovani odontoiatri e percepisco il loro disagio e le loro
paure. Una volta ottenuta la laurea che fare? Aprire un nuovo studio oggi, con tutti gli adempimenti che la burocrazia
ha creato ad arte per ostacolare una delle ultime “pure” libere professioni, almeno in campo medico, è un’impresa
disperata. Collaborare è possibile ma ci si scontra con la crisi del settore e sono pochi i colleghi più anziani che
possono dare spazio lavorativo all’interno dei propri studi. Rimangono purtroppo le collaborazioni sottopagate
presso fantomatici centri dove la ricerca della qualità è pura fantasia. Tempi e tariffe imposte per una odontoiatria
di bassa qualità che darà soldi agli investitori, poco guadagno al dentista curante e sicuri guai futuri al paziente.
E allora ? Credo che esista una sola soluzione. Non sarà per tutti. Chi avrà pazienza e sceglierà la specializzazione
e la ricerca della qualità delle cure prima o poi verrà ripagato. Certo il giovane collega dovrà magari rinunciare a
facili guadagni immediati, ma nel tempo sarà premiato. L’età media dei dentisti sta rapidamente aumentando (frutto
del facile accesso all’odontoiatria fino all’istituzione della specifica facoltà) e prima o poi i vecchi dentisti andranno
in pensione, il mondo universitario dovrà sempre più porre attenzione alla qualità e non ai numeri e le istituzioni si
accorgeranno che sono in essere profonde ingiustizie nell’accesso alla facoltà di odontoiatria, per cui chi non riesce
ad accedere al corso di laurea in Italia, e se lo può permettere, può sempre andare in un’altra nazione con accesso
facilitato (per es. la Spagna) e poi ritornare con le carte in regola per esercitare la professione nel proprio paese.
Per questi motivi ho pensato che fosse necessario anche da parte dell’ Ordine dei Medici e degli Odontoiatri di Milano
un segnale di speranza per le nuove generazioni di dentisti. Come referente dell’aggiornamento per gli odontoiatri
allora quale migliore iniziativa che quella di cedere la parola ad un gruppo di giovani dentisti che perseguono una
odontoiatria di eccellenza e vogliono trasmettere ai propri giovani colleghi (e non solo a loro) un messaggio di
odontoiatria di qualità rivolta al futuro della professione. Sono sicuro che, oltre al gruppo dei relatori che vedrete, tanti
altri giovani colleghi avrebbero meritato il podio . Intanto cominciamo con questi con il forte desiderio di dare coraggio
a chi inizia la nostra bellissima professione e con un messaggio chiaro: puntate alla qualità e il futuro sarà vostro!
Affronteremo argomenti che abbracciano molte branche della moderna odontoiatria:
Le lesioni endo-parodontali. Restauri adesivi indiretti in composito dei settori posteriori. Prelievi ossei
endorali ai fini ricostruttivi implantari. Tessuti molli periimplantari. La chirurgia della disodontiasi
e la TC ai fini Ortognatodontici.
Giovani e non più giovani dentisti partecipate numerosi! Sono sicuro che avremo
tutti da imparare e magari guarderemo al futuro con maggiore fiducia.
Claudio Gatti
Consigliere dell’Ordine di Milano
Referente dell’Aggiornamento Professionale per gli Odontoiatri
[bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE
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CORSI ECM
Moderatore
Dott. Claudio Gatti
Consigliere Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Milano
Coordinatore
Dott. Luigi Paglia
Consigliere Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Milano
PROGRAMMA
8.30-9.00 Registrazione Partecipanti
9.00-9.30
Dott. Luigi Paglia
Dott. Claudio Gatti
Introduzione
9.30-10.00
Dott. Massimo Di Stefano
Master in Scienze Odontostomatologiche – Università di Madrid
Le lesioni endo-parodontali
10.00-10.30
Dott. Andrea Posadinu
LMD Università di Ginevra
Frequentatore Ospedale San Raffaele – Milano
Restauri adesivi indiretti in composito dei settori posteriori
10.30-11.00
Dott. Fulvio Gatti
Specialista in Chirurgia Orale – Università degli Studi di Milano
Prelievi ossei endorali ai fini ricostruttivi implantari
11.00-11.15
Intervallo
11.15-11.45
Dott. Davide Farronato
Specialista in Chirurgia Orale – Università degli Studi di Milano
Tessuti molli periimplantari
11.45-12.15
Dott. Paolo Ordesi
Dott. Luca Grassi
Dott. Paolo Persia
Borsisti Istituto Stomatologico Italiano – Milano
La chirurgia della disodontiasi
12.15-12.45
Dott. Lucio Toma
Dott.ssa Francesca Bellincioni
Specializzandi in Ortognatodonzia – Università degli Studi di Milano
Cone Beam in ortodonzia: dalla diagnosi al manufatto
12.45-13.45
Discussione e conclusioni
13.45-14.15
Compilazione schede di valutazione e di verifica
n. 150 posti disponibili
Accreditato per Odontoiatra
[bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE
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CORSI ECM
9
Centenario di fondazione degli Ordini dei Medici Chirurghi
Sabato 27 novembre 2010 – ore 8.30-13.45
Circolo della Stampa
C.so Venezia 16 – Milano
Coordinatore
Prof. Giorgio Cosmacini
Docente di “Teoria e Storia della Medicina
Università Vita-Salute San Raffaele – Milano
11.00-11.15 Intervallo
TAVOLA ROTONDA
I problemi dell’aver cura
PROGRAMMA
8.30-9.00 Registrazione Partecipanti
Moderatore
Prof. Giorgio Cosmacini
9.00-9.15
Saluto delle Autorità
9.15-9.30
Dott. Ugo Garbarini
Presidente Ordine dei Medici
Chirurghi e degli Odontoiatri di Milano
I CENTO ANNI DELL’ORDINE
Dalla fondazione alla giornata odierna
9.30-9.40
Dott. Valerio Brucoli
Presidente Commissione
Albo Odontoiatri Ordine dei Medici
Chirurghi e degli Odontoiatri di Milano
CENTO ANNI DI ORDINE
E TRENT’ANNI DI PROFESSIONE
ODONTOIATRICA
Dal passato una soluzione per il futuro
9.40-10.00 Prof. Giorgio Cosmacini
PAROLA D’ORDINE:
SCIENZA E UMANITÀ
Vocazione ordinistica
e mestiere di Medico
11.15-11.45 Prof.ssa Silvia Vegetti Finzi
Psicologa clinica e scrittrice
L’aver cura dei giovani
11.45-12.15 Prof. Fulvio Scaparro
Psicoterapeuta
L’aver cura degli anziani
12.15-12.45 Dott. Roberto Satolli
Medico e Giornalista
Presidente di Zadig (Agenzia di
Editoria Scientifica
Informazione e formazione della cura
12.45-13.15 Prof. Salvatore Natoli
Docente di Filosofia teoretica
Università degli Studi di Milano-Bicocca
Epistemologia della cura
13.15-13.45 Compilazione schede
di valutazione e di verifica
10.00-10.30 Prof. Claudio Rugarli
Professore emerito di Medicina Interna
Università Vita-Salute San Raffaele – Milano
IL MEDICO E LE
QUESTIONI DI VITA
Vita biologica e vita umana
10.30-11.00 Prof. Giovanni Battista Agus
Direttore della Sezione di
Chirurgia Vascolare e Angiologia
Dip. di Scienze Chirurgiche Specialistiche
Università degli Studi di Milano
TECNOLOGIA E ANTROPOLOGIA
DELLA MEDICINA
Due culture, anzi una
n. 200 posti disponibili
Accreditato per Medico Chirurgo e Odontoiatra
[bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE
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IN LIBRERIA
Trattato di Medicina Estetica
Alberto Massirone
Piccin Nuova Libratia, 2010, Padova
“Al nost dutur”
Ricordando Carlo Zanello
Edizione Comune di Rosignano
Monferrato (Al), 2010
La medicina estetica, ormai consolidata
disciplina della medicina convenzionale, ha
conosciuto negli ultimi dieci anni progressi
notevoli, parallelamente a una sempre maggior
professionalizzazione di coloro che la praticano.
L’opera in tre volumi, riccamente illustrati a colori,
consente di chiarire, delineare e confinare i criteri
medici alla base di questa disciplina, che non solo è in
forte crescita, ma in attesa di una giusta identificazione.
«In questo trattato – dichiara l’autore – ho voluto
dare un’immagine snella, veloce e di immediata
comprensione ad ogni singolo argomento, facilitando
il medico nei vari passi essenziali a rendere eseguibile
il singolo intervento, inserendo gli eventuali effetti
indesiderati, illustrando gli errori possibili e
quant’altro di aiuto, sia al neofita, sia a chi già conosce
l’argomento per rivalutarlo nei vari passaggi con
l’esperienza dei colleghi. In questo modo sono stati
trattati tutti i capitoli necessari, e ho rinviato a
capitoli più specifici, l’approfondimento
particolareggiato per dare risposte e collegamenti
logici alle singole proposizioni e agli immancabili
quesiti che ognuno vorrà porsi». «Credo quindi
che questo libro – dice Marco Klinger, nella
presentazione – sia una grande occasione per tutti,
praticanti e curiosi, per entrare in un mondo spesso
a sproposito minimizzato, dove invece esistono
scuole (l’Agorà ne è l’esempio principale), ricerca e
professionisti di rango assoluto, tali da immaginare
un immediato futuro per la medicina estetica florido
di nuove idee e di iniziative che le consolidino».
Toccanti ricordi di un grande uomo, il “dutur”
Carlo Zanello che i Rosignanesi piangono e
rammentano con affetto: con lui c’è chi ha
perso l’amico prezioso, chi il parente caro, chi
il medico di una vita, chi il collega col quale
discutere i problemi professionali, chi il medico
non soltanto del corpo, ma anche dell’anima.
Nella convinzione che il dott. Carlo Zanello, nella
sua lunga carriera professionale di medico condotto
completamente dedicata alla salute dei suoi
concittadini Rosignanesi lasciasse un’eredità troppo
preziosa per non raccoglierla, i curatori del volume
(Damaso Caprioglio, Cesare Chiesa, Pietro Guindani
e Annarita Rosso) hanno riunito le testimonianze di
chiunque avesse avuto il piacere di partecipare al
progetto. Il risultato è una raccolta di emozioni, che
commuovono il lettore e lo rendono partecipe della
vita di una comunità stretta intorno al suo “dutur”.
[bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE
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IN LIBRERIA
Atlante delle professioni
A cura di Maria Malatesta
Bononia University Press, 2009, Bologna
Il medico condotto - Storia dell’assistenza sanitaria
sul territorio prima e dopo l’unità d’Italia
Antonio Molfese
Centro Regionale Lucano dell’Accademia di
Storia dell’Arte Sanitaria Torre Molfese,
S. Brancato di S. Arcangelo (Pz) Edito dal
C.I.R.M. – Centro Internazionale Radio Medico
“L’Italia – afferma Maria Malatesta, curatrice dell’opera
– è il paese che ha inventato l’università e con essa le
professioni intellettuali”, che sono state “uno dei tanti
campi in cui si è manifestata la creatività italiana”.
Il volume, risultato di una ricerca biennale avviata
nel 2007 nell’ambito dei Progetti strategici promossi
dall’Ateneo di Bologna, si propone di restituire alle
professioni liberali italiane e all’università, che ad esse
ha dato e dà legittimazione e prestigio, lo spessore
della loro presenza millenaria nel nostro paese.
Giureconsulti, notai, avvocati, architetti,
ingegneri, medici, farmacisti, veterinari,
ragionieri, dottori commercialisti e i loro saperi
sono rappresentati dal Medioevo a oggi nel loro
operare concreto all’interno della società e nella
loro sedimentazione nell’immaginario collettivo.
La forma espositiva adottata è quella dell’atlante:
“non il racconto diffuso del cambiamento nel tempo
delle discipline e delle pratiche professionali, ma
la rappresentazione materiale della loro presenza
nello spazio locale, nazionale, transnazionale
con le carte, i numeri, le immagini”.
Il viaggio che un folto gruppo di ricercatori ha
condotto all’interno del mondo delle professioni
italiane mostra il loro radicamento profondo nelle
istituzioni e nella società. La loro forza è il risultato
di una antica e complessa alchimia tra saperi,
territori, poteri. Dalle professioni è scaturita un’idea
di governance che si è estesa a tutti i settori della vita
sociale e d economica del paese e che ancora oggi trae
dall’alta cultura il primo e fondamentale impulso.
Affascinato dalla figura del medico condotto,
Antonio Molfese ne ha ripercorso la storia, fin dalle
sue origini, illustrando i progressi che la sanità, intesa
come assistenza e cura del malato ha avuto, dal 1860 in
poi, con i relativi eventi sociali che tra l’Ottocento e il
Novecento hanno caratterizzato la vita degli italiani.
Nei due volumi che compongono l’opera, l’autore
– ginecologo, urologo, medico legale e medico di
bordo e che nella sua carriere, seppure per un breve
periodo, ha svolto la funzione di medico condotto
– illustra l’evoluzione della professione di medico
condotto e l’organizzazione sanitaria sul territorio
nel quale svolgeva la propria attività; illustra le
malattie prevalenti dal 1860 in poi e descrive alcune
figure emblematiche di medici che hanno operato
sull’intero territorio nazionale. I testi sono arricchiti da
memorie degli ultimi medici condotti ormai a riposo
che sono venuti a conoscenza della pubblicazione.
L’opera termina con i consulti medici epistolari tra
il 1890 ed il 1930 intercorsi tra alcuni medici della
Basilicata e professori dell’Università di Napoli.
La ricca iconografia di pubblicità di farmaci dell’epoca
impreziosiscono l’opera. I volumi possono essere
richiesti mediante contributo volontario di € 30, 00
+ spese postali al seguente indirizzo mail: antonio.
[email protected] o presso il CIRM di Roma.
[bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE
53
NOTIZIE
NASCE IL REGISTRO DEI MEDICI OSTEOPATI
Anche per quanto riguarda l’Osteopatia, i lavori della
Commissione Medicine Non Convenzionali sono giunti
a termine e hanno sancito i criteri per l’istituzione del
Registro dei Medici Osteopati dell’Ordine dei Medici
e degli Odontoiatri di Milano e Provincia. Questo
Registro, come quelli delle altre MNC già pubblicati,
consente all’Ordine di espletare le funzioni, che gli
competono, di vigilanza perché gli atti medici, quali
essi siano, si svolgano nel completo rispetto delle
norme deontologiche. Di più ancora, questi requisiti,
dopo lunghe indagini conoscitive, li ha individuati
l’Ordine stesso quale prerogativa per essere inseriti
nei succitati registri. Deve anche essere chiaro che
ciò non vuole avere il significato di una manleva
che l’Ordine esercita su questi medici “registrati”.
Tutti i medici, per essere tali, devono iscriversi
all’Albo dei Medici o a quello degli Odontoiatri e per
fare ciò devono presentare una serie di documenti
attestanti anche la loro formazione e la loro
eventuale specializzazione. Ciò non di meno, ed è una
costatazione ormai non rara, le cronache sono piene
di errori medici o presunti tali. Il Registro informa
semplicemente che, per professare la Osteopatia,
questi colleghi hanno seguito un cursus formativo
ritenuto dall’Ordine sufficiente ed esaustivo.
Ma i colleghi iscritti, al di là della loro specifica
preparazione, non devono mai dimenticare che prima
di tutto sono medici e come tali debbono comportarsi
e che l’Ordine non farà sconti a chi ciò dimenticherà.
UN’INIZIATIVA DEDICATA AI MEDICI ARTISTI
L’ordine dei Medici ed Odontoiatri di Milano, in collaborazione con il “Centro per lo
studio e la promozione delle Professioni Mediche” ha in programma la promozione
di una iniziativa dedicata ai Medici Artisti. Ben sappiamo che tanti Colleghi hanno
la passione creativa dell’arte per il bisogno di spogliarsi ogni tanto del proprio
ruolo e di dare spazio all’altra parte di se stessi ricordando il motto di Ippocrate “
vita brevis , sed ars longa”. La Medicina è sempre stata intesa come “arte Medica”
e non come pura elaborazione di dati e pertanto è giusto che arte e scienza si
leghino come naturalmente già fanno. La promozione di questa iniziativa, oltre al
piacere di ritrovarsi per confrontarsi e scambiarsi esperienze, è determinata non
solo dalla passione per l’arte intesa in senso lato, ma soprattutto dalla convinzione
e dalla volontà di voler operare, attraverso essa, al raggiungimento di progetti e
manifestazioni Medico-artistiche.Il collegamento con il Centro delle Professioni
Mediche, che sta strutturando una propria sede (Centro Studi e Museo) a Duno in
provincia di Varese accanto al Tempio dei Medici che già contiene molte opere di
Medici Artisti, permetterà di dare vita a iniziative culturali-artistiche sicuramente
molto interessanti, quali mostre collettive o personali. Un primo progetto potrebbe
essere un concorso per la creazione di un “logo” per il “ Centro Professioni
Mediche”. Chi volesse aderire all’iniziativa è pregato di segnalare il proprio
nominativo al Dott Giovanni Damia tel. 3334929515 ([email protected]).
[bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE
54
ASSEMBLEA ORDINARIA FEDER.S.P.EV.
Il 13 aprile, presso la sede dell’Ordine dei
Farmacisti della Provincia di Milano, si
è svolta l’Assemblea Ordinaria Annuale
Precongressuale Feder.s.p.ev. - Sezione
Milano-Lodi. Erano presenti una quarantina di
soci, il rappresentante dell’Ordine dei Medici
e il rappresentante dell’Ordine dei Farmacisti.
Nella sua relazione, la Presidente Mariangela
Bernamonti si è soffermata sulle difficoltà di
aggregazione per quanto riguarda gli iscritti
medici, sottolineando invece la costante
presenza di un compatto gruppo di vedove,
grazie al quale la Federazione ha la possibilità
di portare a buon fine le sue iniziative. Per ciò
che riguarda il reperimento di nuove adesioni,
l’invio di più di 350 lettere a medici pensionati
e pensionandi del biennio 2008/2009 ha dato
risultati assai modesti. L’Ordine dei Medici della
Provincia di Milano ha risposto sollecitamente
all’invito del Presidente Regionale prof. Perelli
Ercolini a tutti i Presidenti degli Ordini dei Medici
della Lombardia di far pervenire ai Presidenti
Provinciali di Feder.s.p.ev. i nominativi dei
medici che raggiungeranno nel 2010 il 65°
anno di età. L’elenco pervenuto comprende
circa 250 nominativi con i relativi indirizzi: sarà
compito del Consiglio Direttivo trovare metodi
più personalizzati per raggiungere le singole
persone, far conoscere loro l’Associazione
e fornire informazioni o supporti relativi alle
pratiche da espletare. La Presidente ha poi
illustrato la relazione del Presidente Nazionale
al Consiglio di Roma del 22/02/010, ricordando
quanto la Feder.s.p.ev. sta facendo per la difesa
delle nostre pensioni e, unitamente ad altre
associazioni, per l’abolizione dell’art. 41 della
Legge 335/95. La tesoriera Anna Maria Sbertoli
ha quindi esposto i bilanci, consuntivo 2009 e
preventivo 2010, soffermandosi sulle singole
voci e riferendo i motivi della necessità del
contenimento delle spese. Entrambi i bilanci
sono stati approvati all’unanimità. Il prof.
Perelli Ercolini ha brevemente riferito sulla
Giornata del Pensionato di Roma del febbraio
scorso. Sono stati quindi nominati i delegati al
Congresso Nazionale: il presidente dott.ssa
Mariangela Bernamonti, il prof. Marco Perelli
Ercolini, la sig.ra Anna Maria Sbertoli, il dott.
Giuseppe Messina. Dopo vari interventi e una
breve esposizione del dott. Messina sulle ultime
novità fiscali e della dichiarazione dei redditi
2010, è stato consegnato un omaggio floreale
alla Consigliera sig.ra Letizia Fava Gravati, che
si trasferirà in Sicilia.
NOTIZIE
MEDICI ALLA RIBALTA
Cantare, suonare, recitare, imitare…
è il vostro sogno? Questa è la vostra
occasione! I colleghi disposti a salire
sul palcoscenico, desiderosi di esibirsi
a buon livello, contattino per le prove
il dott. Franco Mantovani
(tel.347 3615283 – e-mail
[email protected]).
È infatti fissata per l’autunno presso
il Circolo Volta di Via Giusti a
Milano, che si ringrazia per la
disponibilità, la nuova edizione
di “Medici alla ribalta”.
UN NUOVO POLIAMBULATORIO
CURERÀ I POVERI DI MILANO
OFFERTA FORMATIVA
Il Centro Studi per le Psicoanalisi Contemporanee (CSPC) propone un’offerta
formativa indirizzata sia a Psicoterapeuti che intendano approfondire la loro
competenza teorico-clinica, sia a operatori medici, e in generale delle helping
professions che nelle realtà territoriali sono confrontati col disagio psichico dell’età
adulta e dell’età evolutiva. L’offerta formativa a moduli, prevede piccoli gruppi di lavoro
sull’osservazione del neonato e del bambino, gruppi di teoria psicoanalitica, seminari
clinici sul lavoro di rete con utenze nel territorio, supervisione casistica e di équipe.
Ulteriori dettagli disponibili su www.lepsicoanalisi.org
Sono oltre 33mila i pazienti, poveri e clandestini,
curati ogni anno gratuitamente nel poliambulatorio
dell’Opera San Francesco a Milano. 142 visite al
giorno, questo nel 2009, per risolvere problemi di
medicina di base, odontoiatria, ginecologia, chirurgia,
ortopedia, oculistica, cardiologia. Ma le cure mediche
non sono che uno dei molti servizi che l’Istituzione
milanese, diretta da Padre Maurizio Annoni, da
oltre cinquant’anni offre: 2.200 pasti caldi al giorno,
servizio docce e guardaroba, un’area sociale per
l’orientamento, l’assistenza, l’avviamento al lavoro,
l’assegnazione di piccoli appartamenti di emergenza.
Oggi per rispondere alle sempre maggiori richieste
di aiuto, il poliambulatorio si trasferisce nella sede di
via Antonello da Messina, 4, sempre a Milano, in nuovi spazi completamente ristrutturati
offerti dal convento dei Frati Cappuccini di piazzale Velasquez. La nuova struttura ospita
otto modernissimi ambulatori medici, tre studi dentistici dotati di apparecchiature
all’avanguardia, e una farmacia. «Una struttura che rappresenta un esempio virtuoso
della collaborazione tra pubblico e privato, un nuovo passo nell’attenzione di Milano
verso le persone meno fortunate», ha sottolineato il sindaco di Milano, Letizia Moratti,
nel corso della cerimonia di inaugurazione tenutasi al teatro Rosetum lo scorso giugno.
Uno dei punti di forza del nuovo poliambulatorio di via da Messina sarà la farmacia,
che, già nella sua vecchia sede di via Bixio, aveva distribuito gratuitamente oltre 75mila
medicinali.
[bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE
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FINESTRA SULL’ODONTOIATRIA
Stop alla penalizzazione di medici
di famiglia e pazienti
È la richiesta dello Snami, in una lettera datata 9 aprile
2010 al Presidente del Consiglio On. Silvio Berlusconi, ai
Ministri della Repubblica, ai Presidenti delle Regioni e ai
Presidenti degli Ordini dei Medici
L
o Snami chiede
al governo di
intervenire
immediatamente per
fermare la penalizzazione
dei medici di famiglia e dei
loro pazienti.
I Medici di famiglia, baluardo
del Sistema sanitario nazionale,
capillarmente presenti in tutto
il territorio nazionale, comparto
della sanità più gradito ai
cittadini, denuncia la situazione
caotica che si è creata per
l’obbligo dell’invio on line dei
certificati di malattia all’INPS.
Le criticità:
• Una Legge dello Stato si
sovrappone all’ACN dei medici
di famiglia imponendo nuovi
obblighi ed inasprendo in modo
sproporzionato ed inaccettabile
le sanzioni a carico del medico
nel caso rilasci certificazioni
che attestino dati clinici non
direttamente constatabili né
oggettivamente documentati.
• La decisione dei percorsi
viene delegata unilateralmente
all’INPS che sta dimostrando
di non essere assolutamente
all’altezza della situazione.
• Si chiede una compilazione
del certificato più farraginosa
rispetto al precedente certificato
cartaceo.
• Si chiede di trasmettere i
certificati on line all’INPS.
• Non si prende in
così come la responsabilità di
terzi, non possono che essere
autocertificazioni da parte del
paziente.
• La procedura prevederebbe
la compilazione da parte del
Medico nel certifìcato on-line di
una serie di voci delle quali egli
non può farsi garante (come il
luogo di reperibilità durante la
malattia che attualmente viene
dichiarato e comunicato all’INPS
dal lavoratore stesso che in
prima persona se ne fa garante
al momento della segnalazione).
• Altri Sanitari che
dovrebbero inviare on
line i certificati: specialisti
convenzionati, medici
ospedalieri e medici di guardia
medica non sono assolutamente
informatizzati. Lo S.N.A.M.I.,
Sindacato Nazionale Autonomo
Medici Italiani chiede:
• Che sia prevista e normata
la autocertificazione per i
primi 3 giorni di malattia e per
le informazioni di carattere
non sanitario introdotte nella
certificazione telematica.
• Che non parta il sistema
di invio on line dove le regioni
non hanno fornito i sistemi per
la trasmissione come previsto
dall’art.5 del D.l del 26-02-10
• Che nelle zone ove non
c’è la copertura adsl si possa
certificare con il cartaceo.
• Che venga previsto,
considerazione che in molte
parti d’Italia non esiste la
copertura “adsl” e che anche
dove esiste spesso le linee
funzionano in modo molto
irregolare costringendo
così all’invio posticipato del
certificato con inevitabili
conseguenze medico-legali per
i Medici e amministrative per i
Pazienti.
• Si ignora inoltre che i
Medici intervengono spesso
per i pazienti non trasportabili
certificando nel loro domicilio,
la cui distanza dall’ambulatorio
può anche essere notevole.
Anche in questo caso ci
si potrebbe trovare nella
situazione di dover forzatamente
procrastinare al giorno dopo
(o in casi limite come al
venerdì pomeriggio dopo tre
giorni) l’invio del certificato
con le già citate conseguenze
o in alternativa si dovrebbe
obbligare sempre il cittadino a
recarsi nello studio del medico,
con le immaginabili possibili
conseguenze sul suo stato di
salute.
• Si chiede che il medico
certifichi fatti di cui non è stato
direttamente testimone e dati
che nulla hanno di sanitario,
come ad esempio l’indirizzo
di reperibilità e l’eventuale
diverso recapito rintracciabile
sul campanello. Questi dati,
[bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE
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stante l’enorme risparmio
per l’INPS garantito dalla
procedura on-line e l’enorme
aggravio burocratico per il
medico derivato dalla stessa,
un adeguato riconoscimento
economico al Medico di
Famiglia, eventualmente anche
a carico dell’ente previdenziale
stesso, per l’incombenza non
prevista dall’Accordo Collettivo
Nazionale.
• Che il certificato telematico
contenga le stesse indicazioni
di quello cartaceo previsto
dall’ACN.
• Che vi siano almeno 48 ore
di tempo per la trasmissione.
Lo Snami Nazionale
Presidente Nazionale
Dott. Angelo Testa - Torino
Vice Presidente Nazionale
Dott. Renato Zerbinati - Trento
Segretario Nazionale
Dott. Pasquale Orlando - Caserta
Vice Segretario Nazionale
Dott. Domenico Salvago - Cagliari
Vice Segretario Nazionale
Dott Gianfranco Breccia - Torino
Addetto Stampa Nazionale
Dott. Giuseppe Maugeri - Catania
Tesoriere Nazionale
Dott. Francesco D ‘Accardi
Pesaro Urbino
Responsabile Nazionale
della Comunicazione
Dott. Francesco Pecora - Catania
Responsabile Nazionale del Centro
Studi
Dott. Augusto Pagani - Piacenza
Responsabile Nazionale della Scuola
Quadri
Dott. Ugo Tamborini - Milano
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