Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art.1, comma 2 DCB Milano) Ordine O di Provinciale P i i l M Medici di i Chi Chirurghi hi e Odontoiatri Milano 3|2010 ANNO LXIII LUGLIO-SETTEMBRE INCHIESTA Assistenza per intensità di cura Università integrata con il territorio Équipe multi professionali: falso mito di oggi Donne medico tra necessità, realtà e opportunità Stop alla penalizzazione di medici di famiglia e pazienti www.omceomi.it Collegati con l’Ordine Ricordiamo che, ai sensi dell’art. 16 comma 7 D.P.R. 185/2008, sei tenuto a comunicarci il tuo indirizzo di Posta Elettronica Certificata (PEC). Se non lo hai già fatto, segnalalo inviandolo a: [email protected]. Grazie. I telefoni dell’Ordine Dirigente Gabriella SARTONI tel. 02.86471403 Commissione Odontoiatri - Aggiornamento/ECM Dott.sa Marina CASERTA tel. 02.86471405 Segreteria del Presidente Segreteria commissioni Laura CAZZOLI tel. 02.86471413 Segreteria del Vice Presidente Segreteria del Consigliere Segretario Giusy PECORARO tel. 02.86471410 Area giuridica amministrativa Avv. 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Organo ufficiale di stampa dell’Ordine Provinciale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Milano Inviato agli Iscritti e ai Consiglieri degli Ordini d’Italia Autorizzazione Tribunale di Milano n° 366 del 14 agosto 1948 Direttore Responsabile: Ugo Garbarini Comitato di Redazione: Valerio Brucoli, Dalila Patrizia Greco, Maria Grazia Manfredi, Luigi Paglia, Roberto Carlo Rossi Redazione e realizzazione Tecniche Nuove SPA Via Eritrea 21 20157 Milano - Italy Redazione: Cristiana Bernini - 02 39090689 Impaginazione: Alessandra Loiodice - 02 39090671 e-mail [email protected] Sommario Anno LXIII - 3/2010 luglio-settembre Editoriale Pillole colorate Ugo Garbarini 2 Inchiesta Assistenza per intensità di cura Maria Cristina Parravicini Intervista Università integrata con il territorio Lorena Origo Segreteria Cinzia Parlanti Via Lanzone 31 – 20123 Milano Tel 02 86471400 – Fax. 02 86471448 e-mail: [email protected] 10 Attualità Le équipe multi professionali Roberto Carlo Rossi 14 Gli articoli e la relativa iconografia impegnano esclusivamente la responsabilità degli autori. I materiali inviati non verranno restituiti. Il Comitato di Redazione si riserva il diritto di apportare modifiche a titoli, testi e immagini degli articoli pubblicati. I testi dovranno pervenire in redazione in formato word, le illustrazioni su supporto elettronico dovranno essere separate dal testo in formato TIFF, EPS o JPG, con risoluzione non inferiore a 300 dpi. Storia della medicina Il pensiero medico Stampa: Grafiche SIMA, Ciserano (BG) Il medico e lo stalking Trimestrale Poste Italiane SpA – Spediz. In abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. In L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1, comma 2, DCB Milano Dati generali relativi all’Ordine Consiglio Direttivo Presidente Ugo Garbarini Vice Presidente Roberto Carlo Rossi Segretario Salvatore G. Altomare Tesoriere Angiolino Bigoni Presidente Onorario Roberto Anzalone Consiglieri Leandro Aletti, Gianpiero Benetti, Francesco M.A. Brasca, Valerio Brucoli, Dino Dini, Claudio Gatti,Giovanni Campolongo, Luigi Di Caprio, Raffaele Latocca, Maria Grazia Manfredi, Luigi Paglia, Massimo Parise, Giordano P. Pochintesta, Ugo G. Tamborini, Maria Teresa Zocchi Commissione Odontoiatri Presidente Valerio Brucoli Segretario Ercole Romagnoli Componenti Dino Dini, Claudio Gatti, Luigi Paglia 3 Maria Cristina Parravicini 18 Attualità Le donne medico Anna Maria Maniezzi 21 Isabella Merzagora Betsos e Guido Vittorio Travaini 28 Finestra sull’odontoiatria La malattia focale in odontostomatologia Lorenzo Damia 32 Finestra sulla chirurgia maxillo facciale Terapia della paralisi facciale Federico Biglioli 34 Intervista La Città Ideale Maria Cristina Parravicini 36 Corsi ECM 40 In libreria 52 Notizie 54 Stop alla penalizzazione di medici di famiglia e pazienti 56 Collegio Revisori dei Conti Presidente Giovanni Canto Componenti Luciana Maria Bovone, Paola Pifarotti Tito Pignedoli [bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE 1 EDITORIALE Ugo Garbarini I In un mio recente scritto, ispirato dalla sentenza nella causa “The Queen” contro la “Medicines and Healthcare Products Regulatory” su istanza dell’Association of the British Pharmaceutical Industry, osservavo le contraddizioni di questa Comunità Europea e l’intenso lavorio afinalistico comunitario teso più a complicare che a semplificare la vita dei cittadini. La sentenza della causa citata giustificava una serie di incentivi finanziari per quei medici che avessero prescritto farmaci generici. L’intento palese era quello di favorire i prescrittori dei farmaci generici della stessa classe terapeutica ma contenenti altri principi farmacologici. Per questa sorta di “consigli per gli acquisti”, era prevista la successiva conta delle ricette ossequiose delle emanate disposizioni venendosi a configurare una sorta di lotteria con “ricette a punti”. Letto, fatto. L’Italia si allinea e, adottando incentivi di stile britannico, condivide l’idea di dare di più ai medici che prescrivono di meno. Infatti, afferma il ministro Fazio in un’intervista al Financial Time, Pillole colorate non si tratta di ridurre i prezzi ma di ridurre il volume delle prescrizioni: a chi prescriverà meno, si potranno dare incentivi per continuare a farlo. Ovviamente, si pensa anche ad una riduzione dei prezzi, centralizzando gli acquisti e riducendo i tempi di pagamento. Si arriverà alla fine alla dispensa della pillola bianca, rossa o blu capace di risolvere tutta la patologia così come un tempo si operava, si dice, nell’ambito della antica Sanità Militare. Del tutto recentemente, lo stesso Ministro, peraltro medico, ha stabilito che, per salvare la sanità e gli ospedali, ci si deve affidare al “Farmacista di Dipartimento” che imporrà al “Farmacista di Corsia” la stretta sorveglianza sull’appropriatezza prescrittiva. E i medici? Inutili appendici della sanità, presto rimossi e sostituiti dagli infermieri con laurea magistrale… Il discorso è serio e deve necessariamente partire dal fatto che stiamo vivendo una delle più gravi crisi economiche dopo quella del ’29 del secolo scorso. Questo deve convincere tutti a fare qualche piccolo o grande sacrificio. È innegabile che la politica del dare tutto a tutti che viene, come qualche medico anziano ricorderà, da molto lontano e che era finalizzata, più che alla cura, al mantenimento della base elettorale, non può più essere sostenuta per motivi che vanno al di là della crisi economica. Ben vengano misure restrittive (che non siano però del tipo “comparaggio di Stato”) ma occorre incidere [bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE 2 profondamente sui comportamenti ormai consolidati che coinvolgano la formazione universitaria non più all’altezza dei tempi, la mutualità che ha comportato ingiustificabili eccessi, la pressione a 360° dell’industria farmaceutica a sua volta ipertrofizzatasi a dismisura, l’esigenza dell’utenza stessa che reputa suo diritto avere quanto di meglio (e di superfluo) esiste sul mercato per controbattere sia le malattie che, il più delle volte, le non malattie; infine, anche l’efficacia dei farmaci in commercio che richiede per cautela la somministrazione di altri farmaci preventivi degli effetti collaterali del farmaco somministrato. È una catena infinita che tende alla moltiplicazione delle prescrizioni in questa aiutata anche da un’incombente medicina difensiva. Occorre partire da un’operazione di neoculturizzazione del medico e di educazione dell’utenza. Ma i tempi stringono e allora ecco l’idea del “ti pago di più se curi di meno”, se scrivi meno farmaci. Meglio sarebbe dire ti pago di più se scrivi con appropriatezza il farmaco giusto per quella forma morbosa, con le dosi e per il tempo necessario. Discorso arduo e difficile ma che persegue una logica metodologica. Non ti pago di più perché tu scriva meno ma perché scrivendo in modo appropriato riduci per questo stesso comportamento i costi. Arriveremo mai a questo? Per ora, come nell’antica medicina militare, prepariamoci a dare una pillola di colore diverso per gruppi di malattie e… si salvi chi può. INCHIESTA Assistenza per intensità di cura Maria Cristina Parravicini Una filosofia organizzativa dell’ospedale e del reparto che riconosce la diversità del paziente in termini di complessità del quadro clinico e di intensità di assistenza C ome sottolinea Federico Lega, Direttore del Master in Management Sanitario della SDA Bocconi: «È in atto da anni un rilevante cambiamento demografico che sta producendo un’evoluzione nel tipo di pazienti che mediamente viene visto in ospedale, cioè un paziente sempre più anziano, con diverse patologie di natura cronica, spesso etichettabile come paziente fragile, con un quadro clinico molto difficile e sempre più frequentemente accompagnato da problemi di natura sociale. All’evoluzione di tipo demografico, si accompagna un’evoluzione nelle tecniche chirurgiche e nelle possibilità terapeutiche che apre lo spazio per ristrutturare parti degli ospedali [bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE 3 trasformandole in “ospedale diurno”, che lavora soltanto nell’ambito della giornata, grazie alle possibilità offerte dalla chirurgia ambulatoriale piuttosto che dal day surgery. L’insieme di questi due aspetti sta quindi producendo un cambiamento nell’organizzazione interna dell’ospedale con un’evoluzione dei reparti di degenza in grado di INCHIESTA Dall’altra parte c’è il paziente fragile, spesso un frequent-user dell’ospedale, con diversi episodi acuti nel corso dell’anno che, data la cronicità della patologia (broncopneumopatie, malattie oncologiche terminali, scompensi cardio-vascolari ecc.) se non viene curato in maniera efficace Federico Lega, sul territorio, e se soprattutto non Direttore del viene dimesso dall’ospedale con una Master in buona qualità assistenziale, ha concrete Management possibilità di ripresentarsi in tempi Sanitario della SDA Bocconi brevi in ospedale per riacutizzazioni. Questo tipo di casistiche ha indotto seguire la complessità assistenziale e ad attrezzare un’area che può essere clinica dei pazienti; da questa filosofia chiamata “area fragile”, “area della organizzativa nascono sostanzialmente continuità assistenziale” il cui scopo le innovazioni riconducibili da una è quello di prendersi carico di queste parte alla cosiddetta area Hight Care, e persone con la supervisione di un dall’altra all’area del paziente fragile o internista, indipendentemente quindi ad alta complessità assistenziale (gravità dalla patologia che ha determinato clinica e complessità assistenziale) . l’acuzie, in modo che la risoluzione di La complessità assistenziale quel particolare aspetto patologico non comporta l’individuazione di un’area peggiori il quadro clinico complessivo. multi specialistica per il paziente Un esempio molto concreto di che post chirurgico che necessita di cosa significhi tutto questo all’atto stabilizzazione clinica. Si tratta in questo pratico sono reparti in cui l’internista, caso di pazienti che, se non necessitano che si fa carico del reparto insieme al di terapia intensiva, non sono però responsabile dell’assistenza, svolge due nello stesso tempo pazienti “ordinari”: funzioni molto importanti: la prima è un esempio tipico è quello dell’orto quella che viene chiamata “gestione geriatria in cui il paziente ortopedico, della terapia medica” nel senso che una volta eseguito l’intervento, deve normalmente questi pazienti assumono essere sottoposto in tempi brevissimi molti farmaci per patologie differenti e alla riabilitazione motoria e, nello stesso questo comporta l’ottimizzazione della tempo, c’è la necessità di stabilizzare gestione di questi farmaci in modo da il quadro clinico se il paziente è riuscire a seguire il protocollo. L’altro molto anziano e presenta scompenso punto è che in questi reparti si cerca di cardiaco, diabete, ipertensione o altre strutturare il rapporto con la medicina problematiche che richiedono una generale e si incomincia a intravedere supervisione clinica. In questo caso si la possibilità che il medico di medicina ha una convergenza tra area clinica e generale, almeno per questi pazienti, area medica, prima sconosciuta, che possa tornare a frequentare l’ospedale incomincia a ridisegnare l’interno in modo da concordare la dimissione dell’area multi-specialistica. e garantire quella continuità che [bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE 4 dovrebbe aiutare a diminuire il rischio di riacutizzazioni e riammissioni in ospedale». Circa i pro e i contro di questa nuova filosofia organizzativa dell’ospedale e del reparto in termini di centralità del paziente in un’ottica di complessità del quadro clinico e di intensità di assistenza, Federico Lega ricorda che «l’ospedale era storicamente organizzato intorno ai primariati, quindi a una divisione interna del lavoro basata sulla specializzazione per aree di conoscenza, dalla cardiologia alla pneumologia, alla nefrologia etc. L’organizzazione attuale è incentrata sul fatto che abbiamo dei pazienti “fragili”, con più patologie croniche contemporanee, oppure pazienti chirurgici che presentano nello stesso tempo quadri clinici difficili; questi pazienti non trovano la giusta collocazione all’interno degli attuali reparti perché lo specialità ha comunque una visione settoriale del INCHIESTA problema e spesso non riesce ad avere una visione complessiva del paziente. Al contrario, le medicine generali e le geriatrie, senza la consulenza specialistica, non riescono a farsi carico del paziente. Dato questo aspetto clinico, il vantaggio si identifica in una migliore presa in carico del problema sia assistenziale che clinico. Sotto il profilo organizzativo, i vantaggi sono rappresentati da una migliore distribuzione delle risorse perché, isolando i pazienti ad alta intensità assistenziale nella fase post chirurgica, quelli cioè che non sono da terapia intensiva ma nemmeno da ricovero ordinario, si possono strutturare meglio le squadre di infermieri per rispondere ai carichi assistenziali di quella area rispetto al ricovero ordinario, modulare meglio l’utilizzo del personale, quindi ottenere delle economie di scala e di scopo nell’assegnazione e allocazione del personale». «Contemporaneamente – conclude Federico Lega – questa riorganizzazione dell’ospedale dovrebbe garantire anche una migliore efficienza produttiva; se pensiamo ai reparti costruiti intorno a specifici regimi di intervento, come il week-surgery, quindi la chirurgia dei cinque giorni, con pazienti che grazie alle nuove tecniche possono rapidamente risolvere il loro problema, se non in day surgery, comunque nell’ambito di 2/3 giorni di ricovero, costituendo dei reparti multispecialistici si ottiene un miglior uso dei posti letto, una migliore gestione del processo produttivo per casi che sono fortemente standardizzabili e che si ripetono nel tempo, quindi intorno a questo reparto si possono applicare dei vantaggi di efficienza operativa che, tradotti, equivalgono a maggiore produttività delle risorse fisiche, quindi della sala operatoria e del personale di reparto». Carlo Nicora, Direttore Sanitario dell’Ospedale Niguarda Ca’ Granda che abbiamo osservato in ambito ospedaliero, nulla cambierà con l’organizzazione degli ospedali per livelli che rappresentano, se mai, la naturale evoluzione dal punto di vista organizzativo. Fino a vent’anni fa, per esempio, i ricoveri chirurgici in giornata erano impensabili e le degenze avevano una durata media lunga. Con l’innovazione della tecnologia, l’evoluzione della pratica chirurgica ed il continuo sviluppo delle Integrazione e flessibilità professionalità mediche, si è inciso «Per meglio chiarire il concetto di molto sul fattore tempo, tra cui anche “Assistenza per intensità di cura” – quello che il paziente passa in ospedale. dichiara Carlo Nicora, Direttore Stiamo assistendo ad un passaggio Sanitario dell’Ospedale Niguarda culturale ma anche organizzativo; prima Ca’ Granda – prendo spunto dalla la centralità era posta sul professionista realtà ospedaliera lombarda che della salute oggi la sanità sposta l’asse esprime sicuramente un buon livello verso il paziente che acquisisce un nell’erogazione delle prestazioni nuovo ruolo nell’interpretare i propri sanitarie; in regione si dispone di bisogni e quindi nell’organizzare una serie di strutture ospedaliere una risposta il più possibile globale organizzate intorno al ruolo della ripensando modelli e processi senza specialità basata sul sapere. Questo ha snaturare il ruolo sostanziale del fatto sì che l’ospedale si sviluppasse professionista. Da qui la progettazione intorno al professionista che, da parte dei nuovi ospedali che assumono sua, ha accresciuto la sua conoscenza, l’identità e la morfologia di ospedali ha aumentato la sua capacità e migliorato la sua efficienza erogando un sempre più per acuti ma inseriti in un sistema a rete che preveda sia strutture prodotto qualitativamente elevato. per la prevenzione e la gestione delle Rispetto all’evoluzione delle attività [bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE 5 INCHIESTA e i servizi (radiologia, sale operatorie, laboratori) posti al centro della struttura. Anche quindi la struttura edilizia ed organizzativa si modifica alla luce dei singoli bisogni assistenziali. Si è già visto come, nel corso di questi anni, l’ospedale diurno (day hospital o day surgery), come pure alcuni percorsi ambulatoriali protetti, siano andati sviluppandosi in un esempio di ospedale che interpreta i bisogni assistenziali dei pazienti connotando quindi una capacità di risposta assistenziale per livelli; questa strada intrapresa presenta quindi una sua ulteriore evoluzione introducendo attività ambulatoriali di primo livello all’interno della degenza ordinaria la sia strutture per il post dimissione necessarie alla gestione della continuità capacità di analizzare diverse intensità di cura e bisogni assistenziali cercando delle cure. Ponendo quindi il paziente al centro, si introducono e si rafforzano di modulare risposte organizzative congruenti. A Niguarda, con l’apertura alcune modalità di agire». del blocco sud (450 posti letto di High «Nel passaggio dall’ospedale costruito sul sapere e sulle specialità all’ospedale care), sperimenteremo l’introduzione di area di degenza organizzate proprio per che mette il paziente al centro – differenti livelli di intensità. prosegue Nicora – occorre disporre Su questo punto si è lavorato e si è di uno strumento che chiamiamo incominciato a capire se dentro l’area “integrazione”, cioè la possibilità che della degenza vi fosse un concetto di risorse diverse, con le loro specificità e gradualità dell’intensità della cura; in capacità, siano in grado di affrontare, questi ultimi anni, non ritenendo la magari nello stesso tempo, i bisogni degenza come tutta uguale, abbiamo del paziente: integrazione clinica tra assistito all’attivazione degenza clinici e integrazione organizzativa diurna, al trasferimento di attività come capacità di ottenere la massima in ambulatorio, operando così un efficienza operativa. Dal punto di vista dei processi vengono percorso di creazione di differenti livelli assistenziali. Il Sistema sanitario quindi analizzati i diversi flussi di nazionale stesso con i LEA aveva già pazienti con i loro bisogni assistenziali. introdotto il tentativo di individuare I nuovi ospedali vengono costruiti con il percorso del paziente in differenti un accesso per l’area di emergenza/ livelli essenziali. Oggi dentro gli urgenza, separato dall’ accesso per ospedali si sta ragionando se è possibile i pazienti ambulatoriali. La scelta è motivata dal fatto che siamo in presenza individuare diversi livelli assistenziali e, dentro la degenza ordinaria, la di bisogni differenti: l’urgenza, con un possibilità di gestire quei pazienti che percorso diretto, l’altro programmato possono avere delle necessità clinichee organizzato con l’area delle ricettività [bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE 6 assistenzili maggiori, in aree omogenee. Questo significa interpretare meglio il loro bisogno e dare una risposta più efficiente sia clinica che organizzativa; va da sé che questo significa (per medici e infermieri) operare dei cambiamenti nel modo di organizzare l’ospedale”, ed il cambiamento spesso genera resistenza se non è preceduto da una chiara, esaustiva e trasparente rappresentazione del modello. Tornando all’ospedale per livelli se si prende ad esempio il dato della durata della degenza, (che può essere utilizzato come un indicatore grezzo del livello/ complessità), si può già vedere, anche se con gradualità differenti, come in ogni specialità siano presenti pazienti con caratteristiche differenti. Da una attenta analisi delle caratteristiche assistenziali e cliniche di questi pazienti l’ospedale può valutare (non deve) se e come rispondere alle diverse esigenze e ai loro differenti bisogni, con un nuovo modello organizzativo oppure confermando l’attuale modello assistenziale. La novità consiste quindi nel tentativo di pensare a delle aree di degenza multi specialistiche ma per livello di intensità di cura e assistenziale omogenei, che può anche comportare un numero maggiore di infermieri a fronte di una ridistribuisce in aree con livello assistenziale più basso. Questo cambiamento porta in sé la capacità dell’integrazione nell’utilizzo di risorse assistenziali condivise. Queste unità di degenza multispecialistica si caratterizzano per una competenza assistenziale unica a gestione infermieristica. Per quanto concerne le Unità Mediche, il direttore o comunque le figure professionali coinvolte, avranno INCHIESTA le stesse la responsabilità tecnicoprofessionali, nella determinazione, gestione e realizzazione dell’intero percorso diagnostico-terapeutico del paziente. La componente medica potrà avere più versanti aperti, cioè più aree su cui poter lavorare, come l’area della degenza diurna, l’area della degenza breve, l’area dell’alta intensità di cura. Ed è proprio in questo caso che la componente medica si potrà trovare a gestire lo stesso un numero di pazienti, ma in aree diverse (e in questo sta la novità). La loro capacità di seguirli e di curarli, a mio avviso, rimane la stessa, ma dal punto di vista della gestione delle risorse si potrebbero avere dei cambiamenti che starà nella capacità di chi ha un ruolo direzionale di individuare in funzione dell’utilizzo. Un altro aspetto importante è il “Medico di riferimento”: se è vero che poniamo il paziente al centro, come riusciremo a garantire che il paziente o i parenti riescano ad avere quel determinato tipo di rapporto? Questo non significa che lo stesso medico debba essere presente tutti i giorni, e questa è un’altra sfida per chi ha compiti direzionali nell’interpretare questo ambito. Nella chirurgia breve o nella chirurgia in degenza diurna il medico di riferimento è la condicio sine qua non perché la necessità del rapporto è evidente. Nicora prosegue ricordando che “gli ospedali oggi vengono costruiti tenendo conto di diversi principi informatori come umanizzazione, rapporto con il territorio, accessibilità, appropriatezza-affidabilità, innovazione con l’obiettivo precipuo di realizzare una struttura flessibile con il paziente al centro. Un ospedale costruito oggi dovrà essere in grado di funzionare per i prossimi venti-trent’anni: la vera sfida di chi progetta un ospedale, infatti, è quella di riuscire a capire come la struttura possa adattarsi allo sviluppo e al cambiamento del mondo professionale sulla scorta dell’innovazione. Nell’Ospedale vanno concentrate le terapie complesse e le alte tecnologie privilegiando l’Ospedale come nodo importante di un network non ospedalocentrico ma cittadino centrico; sul territorio vanno potenziate le altre strutture per prevenzione, diagnosi, controlli,riabilitazione e cronicità. È quindi necessario promuovere all’interno una cultura di ospedale aperto, capace di interpretare il bisogno della popolazione e quindi riorganizzarsi in base alle caratteristiche epidemiologiche, geografiche e sociali del proprio territorio. Questo non significa comunque chiudere gli ospedali più piccoli, ma in una logica corretta di programmazione, interpretare il bisogno sanitario e assistenziale di un territorio per dare la risposta migliore ai pazienti». «L’ospedale per livelli – conclude Carlo Nicora – è sicuramente dentro l’evoluzione degli ospedali; si tratta di una grossa opportunità riconducibile all’appropriatezza organizzativa, cioè alla capacità di poter usare in maniera adeguata le risorse a disposizione in un percorso di gestione che è di tutti e che sicuramente coinvolge diversi livelli di management e diversi livelli di responsabilità, dai clinici agli infermieri, ma anche a livello del supporto amministrativo piuttosto che logistico. Siamo consapevoli che la strategia di diffusione è complicata e per questo occorre una leadership aziendale forte [bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE 7 Rodolfo Vincenti, Presidente dell’ACOI, Associazione Chirurghi Ospedalieri Italiani (ai differenti livelli dell’organizzazione), credibilità e condivisione che devono essere sempre mantenute alte. Il cambiamento che si prepara a essere vissuto da alcuni di noi (anche se in tempi diversi) non è solo tecnico ma anche culturale. Abbiamo visto come esista una chiara responsabilità del management aziendale nella comunicazione, ma in ogni fase di cambiamento, come nell’attività di tutti giorni, è la responsabilità individuale cioè del singolo operatore sanitario che sta alla base, per cogliere ogni occasione di ripensare e riorganizzare l’attività alla luce delle mutate esigenze». Criticità del percorso assistenziale per intensità di cura Rodolfo Vincenti, Presidente dell’ACOI, Associazione Chirurghi Ospedalieri Italiani, premette che: «In questo momento noi chirurghi, ma non solo, siamo al centro di un’attenzione “spasmodica” in quello che è il tentativo di ottimizzare quanto più possibile le risorse che abbiamo a disposizione e, in questo senso, sono stati messi in campo INCHIESTA vari tentativi che considererei, almeno in parte, ancora “sperimentali”. L’assistenza per intensità di cura è, da un punto di vista concettuale, una buona idea ma, sotto il profilo pratico, presenta molte criticità perché non è ancora ben chiaro come si possa riuscire a mantenere saldo il rapporto anche umano tra il clinico e paziente che è la base per una adeguata assistenza. È vero, esistono molte patologie che noi trattiamo che hanno necessità di un’assistenza sovrapponibile da un punto di vista qualitativo e quantitativo: per esempio la donna che viene operata all’utero avrà bisogno dello stesso livello di assistenza della donna operata alla colecisti. Ma sono due specialità diverse e quindi due chirurghi diversi. Di che cosa si avrà quindi bisogno? Di un sistema di gestione centralizzata di un reparto nel quale afferiscono molte specialità e quindi molti specialisti. Il sistema però dovrà comunque garantire il mantenimento del rapporto continuativo tra curante e paziente. Immaginiamo per esempio un reparto con 20 posti letto in cui ci sono 20 pazienti che hanno bisogno dello stesso livello di intensità di cura, quindi dello stesso numero di infermieri, di controlli giornalieri ecc., a cui afferiscono specialisti diversi. Ogni paziente avrà piacere e pretenderà di essere visitato e di poter parlare con il medico che lo ha operato o, comunque, con chi fa parte del gruppo che lo ha operato. Dal punto di vista pratico, è chiaro che tutto è fattibile, ma è difficile poter pensare – almeno per i modelli che sono stati messi in atto oggi – a un mantenimento di un rapporto continuativo medico/paziente che è poi la base del rapporto fiduciario. Quello NIGUARDA INAUGURA IL BLOCCO SUD: le aree della chirurgia d’urgenza, della terapia intensiva, della neurologia, neurochirurgia, ortopedia/traumatologia: nello stesso edificio, vi sono tutte le funzioni, dai servizi diagnostici ai blocchi operatori, in modo che al suo interno i pazienti trovino un percorso di diagnosi e di cura completo. La seconda area, che abbiamo completato dal punto di vista strutturale alla fine del 2009 e che occuperemo nei prossimi giorni, è il Blocco dell’alta intensità di cura, dove ospiteremo i pazienti con patologie complesse e acute (oncologiche, trapianti, cardiologiche) che avranno bisogno di un approccio integrato e di una serie di interventi diagnostici e di cura che troveranno una risposta nella stessa struttura. Verranno quindi ospitati i pazienti oncologici che, oltre a un accertamento diagnostico, richiederanno un intervento chirurgico, una terapia oncologica piuttosto che una radioterapia. Per assistere questi pazienti nella fase post operatoria e in tutte le altre possibili fasi, abbiamo attivato dei percorsi interni che permettono di seguire il paziente e, a seconda dello stato specifico, di poter intervenire. Un altro settore inserito in questa area è quello dei trapianti. Anche in questo caso, il paziente deve prima essere seguito e preparato al trapianto; all’intervento che verrà effettuato nelle sale operatorie del blocco seguirà un periodo di permanenza in terapia intensiva e le equipe dell’area devono poter rispondere alle necessità del paziente. Nella fase successiva il paziente verrà ripreso in carico dal clinico che lo ha indirizzato al trapianto con lo scopo di accompagnarlo nella fase post acuta e inserirlo poi nel follow-up. Il terzo settore è costituito dall’area della chirurgia complessa, cioè la chirurgia vascolare, toracica, La parola a Pasquale Cannatelli, Direttore Generale dell’Azienda Ospedaliera Niguarda Ca’ Granda. L’intervento di riqualificazione dell’ospedale – dichiara– nasce da una parte da un’esigenza strutturale e, dall’altra, organizzativa unita alla necessità di migliorare la qualità della cura per i pazienti. L’aspetto strutturale deriva dal fatto che avevamo un ospedale di ormai 70 anni, concepito in un tempo in cui prevalevano patologie di tipo infettivo che, proprio per la loro natura, suggerivano la concezione di curare in padiglioni separati; inoltre ai tempi non era ancora avvertita la necessità di spostare i pazienti da un padiglione all’altro per gli approfondimenti diagnostici. Essendo nel frattempo cambiate sia le modalità di cura sia, sotto il profilo epidemiologico, le patologie – che da prevalentemente infettive sono diventate patologie croniche e degenerative, con una necessità di approccio diversa verso il paziente – si è sentita l’esigenza di un’integrazione tra le diverse competenze con un intervento di revisione anche a livello strutturale. Per questa ragione, dai 30 padiglioni su cui era distribuita tutta l’attività di cura e diagnostica del Niguarda, stiamo arrivando a ricondurre tutta l’attività in tre grosse aree. Un’area per l’emergenza/urgenza, DEA, che ospita insieme al pronto soccorso e alla medicina d’urgenza [bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE 8 INCHIESTA che temo che si stia perdendo di vista è l’importanza del rapporto umano che, nel caso questi percorsi operativi dovessero prendere piede, si dovrà comunque riconquistare e se possibile implementare. In Italia, anche se non in tutti i centri, ci si sta orientando verso questa filosofia organizzativa: in Toscana per esempio è stato fatto molto anche se poi, di fatto, rimangono esclusi da questo sistema organizzativo i piccoli ospedali con due o tre branche specialistiche, dove probabilmente tale modello è di difficile applicazione». «Poiché si tratta di un sistema molto complesso e ancora da collaudare – prosegue Vincenti – è giusto che si incominci in alcune unità operative nazionali che devono in un certo senso fare da battistrada; i risultati poi li si potranno valutare a distanza, così da capire innanzi tutto quali i costi e quali i benefici. Diversamente, non avrebbe senso mettere in piedi un sistema così complesso sotto il profilo organizzativo in termini di protocolli diagnostico-terapeutici differenti da letto a letto, e con il logico incremento delle probabilità di errore in assenza di attenti controlli». «Noi come associazione dei chirurghi ospedalieri – conclude Rodolfo Vincenti – siamo disponibili a qualsiasi tipo di cambiamento e seguiamo con attenzione, ma anche con curiosità, quelle unità operative da cui vorremmo sapere i risultati dopo un periodo di sperimentazione. Mi pare anche logico e giusto che in un sistema moderno ci siano degli aggiustamenti e delle correzioni di rotta dal punto di vista assistenziale. Bisogna però vedere se ne vale la pena e se i benefici sono superiori ai costi». ■ UN’UNICA STRUTTURA PER L’HIGH CARE L’integrazione è inoltre favorita anche dalla tecnologia che permette di trasmettere immagini e dati dal domicilio del paziente all’ospedale, di dialogare tra professionisti e di indirizzare la cura, evitando ricoveri inutili, seguendo il paziente al suo domicilio. Un’integrazione così concepita offre all’ospedale due grandi possibilità: da una parte di non essere pressato da domande inappropriate, dall’altra di poter dimettere il paziente sapendo di poter contare su un’adeguata continuità assistenziale. Ciò consente un’efficienza di tutto il sistema in termini di costi e di utilizzo delle strutture con diminuzione dei tempi d’attesa. Per restare nell’ambito del rapporto territorio/ospedale, arrivando a Niguarda quasi otto anni fa, mi sono accorto della notevole professionalità e della potenzialità di questo ospedale per il sistema sanitario, non solo lombardo, ma nazionale: il 12% dei pazienti viene da fuori regione e non viene per patologie semplici, ma per patologie complesse che trovano una risposta qualificata. Pensiamo alle patologie tumorali, ai trapianti, ad alcune patologie cardio e neurovascolari per le quali Niguarda è un punto non solo di alta qualità per quanto riguarda la cura e l’assistenza, ma è anche un luogo di formazione per professionisti ed equipe di altri ospedali e anche un luogo di ricerca. Detto questo è però fondamentale che Niguarda si concepisca come una rete: integrazione quindi non soltanto tra ospedale e territorio, ma anche tra ospedali, nel senso che la rete oncologica piuttosto che la rete ematologia rappresentino un punto di scambio, favorendo la crescita di tutto il sistema sanitario regionale e quindi di tutto il Paese. cardiochirurgia piuttosto che l’ortopedia, l’urologia ecc. Anche questi pazienti troveranno nel Blocco Sud, senza più essere spostati come avviene oggi, l’intero percorso di cura dalla diagnostica alla terapia. Questo blocco verrà portato a termine tra il gennaio del 2011 e il 2013 che ospiterà le specialità di base di medicina interna, le medicine specialistiche e tutto il settore del materno-infantile, ovvero l’ostetricia, la pediatria e la chirurgia pediatrica, l’oculistica pediatrica, la patologia neonatale. La suddivisione che abbiamo previsto comporta miglioramenti nella cura e assistenza, nel rapporto e nell’integrazione tra i professionisti nella cura del paziente e, aspetto non meno importante in un discorso di riqualificazione, un’accoglienza adeguata anche dal punto di vista del confort alberghiero. L’integrazione è oggi indispensabile all’interno dell’ospedale in quanto non è più possibile che il singolo professionista possa risolvere da solo il problema del paziente: patologie complesse necessitano del contributo di più specialisti delle varie branche mediche e chirurgiche, in grado di collaborare alla definizione della diagnosi e al percorso clinico e terapeutico assistenziale. A maggior ragione, risolta la fase acuta, il paziente con patologie cronico/degenerative non può essere abbandonato a se stesso sul territorio ma va accompagnato in quella rete a bassa intensità di cura e riabilitativa o assistenziale in cui ci sia un percorso di integrazione che coinvolga il medico di medicina generale la cui figura, oggi, è diventata più essenziale di una volta. È il medico di medicina generale infatti che indirizza il paziente nella fase acuta, e che poi lo riprende in carico e lo accompagna nel percorso assistenziale e di monitoraggio nelle situazioni di tipo cronico. [bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE 9 INTERVISTA Lorena Origo Università integrata con il territorio Questo l’auspicio di Virgilio Ferruccio Ferrario, preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia di Milano C on grande pragmatismo, il professor Ferrario – che incontriamo nel suo ufficio affacciato sul loggiato e sul quattrocentesco cortile del Filarete della Statale di Milano – ci parla dell’attuale stato dell’Università italiana. Professor Ferrario, in quale situazione versa oggi l’Università italiana? Il momento che sta vivendo il nostro sistema universitario è indubbiamente cruciale; i problemi che lo attraversano sono gravi e vengono messi ulteriormente in evidenza dalla scarsità di risorse economiche. Stiamo a mio avviso pagando una cronica mancanza di programmazione relativamente alle possibilità di sviluppo dell’Università la quale negli ultimi trent’anni ha cambiato pelle: non è più riservata a un’elite ma si è aperta alle masse. A questo enorme numero di studenti noi dobbiamo [bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE 10 rispondere con strumenti nuovi rispetto a quelli utilizzati nel passato ed è quindi necessario intraprendere un percorso di cambiamento. Direi che il grave torto che, per la nostra parte, noi universitari dobbiamo condividere con la classe politica è quella di avere atteso il “collasso” del sistema prima di deciderci a programmare le riforme. Detto questo, è necessario trovare soluzioni in sintonia per rispondere alle aspettative degli studenti e della nazione, consentendo INTERVISTA il diritto allo studio a tutti i capaci, anche e soprattutto ai non abbienti: contemporaneamente, necessita mantenere un elevato livello di qualità della formazione che non può essere messo in discussione ma è, anzi, il parametro competitivo con cui ci dobbiamo confrontare in ambito extranazionale. Che commenti si sente di fare rispetto alla riforma in atto? La riforma è un intervento assolutamente necessario. Non condivido però alcune scelte che più che “riordinare” – che a mio avviso significa eliminare tutto ciò che non funziona e salvaguardare le situazioni valide – tendono a “distruggere” l’asset universitario attuale anche di fronte a situazioni evidentemente di eccellenza. Prendiamo per esempio il passaggio della riforma che riguarda praticamente l’eliminazione della facoltà in un sistema dipartimentale rafforzato sulla carta, ma probabilmente assai conflittuale… fino alla paralisi: questa impostazione, inoltre, non può non tenere conto delle specificità di alcune realtà rispetto ad altre. Può forse essere una buona soluzione in alcuni casi, ma rivelarsi una grave penalizzazione per altri, nello specifico per le facoltà scientifiche. La Facoltà di Medicina e Chirurgia, per esempio, non può essere relegata esclusivamente a compiti di coordinamento didattico, ma deve per necessità occuparsi anche della ricerca, gestire gli aspetti dell’assistenza e i relativi rapporti con gli ospedali e quindi avere un peso autorevole nel coordinare le risorse di personale. Il referente dovrebbe quindi essere un soggetto unico, la “Faculty”, costituita dai propri dipartimenti. Nel caso specifico, Medicina di Milano Statale è una realtà universitaria complessa e articolata, con molteplici rapporti che la legano al territorio (una trentina sono, ad esempio, gli ospedali con una qualche forma di convenzione): come è pensabile, ripeto, gestire tutto questo attraverso un sistema che rischia di essere frantumato? [bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE 11 Virgilio Ferruccio Ferrario ha conseguito la Laurea in Bioingegneria presso il Politecnico di Milano nel 1969 e, nel 1980, la Laurea in Medicina e Chirurgia, presso l’Università degli Studi di Milano. Professore universitario di seconda fascia in Anatomia Umana Normale (1983-1990) e, successivamente, professore universitario di prima fascia (dal 1990) presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Milano. Prima di ricoprire l’incarico di Preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Milano dalla fine del 2005 è stato Presidente del Corso di Laurea in Odontoiatria e protesi dentaria e Direttore del Dipartimento di Morfologia Umana. Tra i suoi interessi di ricerca, ricordiamo l’analisi quantitativa e temporale delle strutture biologiche e delle implicazioni funzionali della morfologia: in particolare ha messo a punto originali modelli matematici degli organi a livello macro e microscopico e alcuni protocolli operativi per la valutazione funzionale dell’apparato stomatognatico e dell’apparato locomotore. È autore di 190 pubblicazioni internazionali citate da Medline. Una trentina di strutture convenzionate sul territorio. Vogliamo partire da qui per dare alcuni dati sulla Facoltà? Certo. Probabilmente i numeri ci aiuteranno a capire la complessità del sistema. Giugno 2010: 642 docenti per 23 Dipartimenti; l’offerta didattica prevede 36 Corsi di Laurea di cui 27 Corsi di Laurea delle Professioni Sanitarie, 5 Corsi di Laurea Magistrale a ciclo unico, 2 Corsi di Laurea in Biotecnologie Mediche e 2 Magistrali Interfacoltà. Se vogliamo invece parlare delle potenzialità formative, gli INTERVISTA studenti iscritti a tale data sono quasi 7500 e i laureati (nel periodo 2003-2009) sono stati circa 9000. Gli iscritti ai test di ammissione nel 2009 sono stati quasi 8000 per i circa 2200 posti disponibili. Per quanto riguarda la didattica post laurea, invece, abbiamo 55 Scuole di specializzazione mediche con più di 1100 specializzandi frequentanti, mentre i Master e i Corsi di perfezionamento raccolgono più di 500 iscritti. Veniamo adesso all’attività assistenziale. Innanzitutto, per un docente di materie cliniche è essenziale poter svolgere la propria attività formativa in ambiente ospedaliero e al capezzale del paziente, attuando così ciò che è condizione essenziale dell’insegnamento medico: l’inscindibilità nel processo formativo della didattica, della ricerca e dell’assistenza. È questa la ragione per cui, qualora l’Università non disponga di propri Policlinici (che è quasi la regola in Italia), è necessario firmare con il Sistema Sanitario Regionale apposite convenzioni che permettano, negli ospedali interessati, l’integrazione del personale docente universitario. Ma torniamo ai nostri numeri: 28 strutture convenzionate nel sistema lombardo - pubblico e privato - dell’area milanese, con 357 docenti universitari che operano all’interno di più di 200 unità operative a direzione universitaria di cui 188 complesse, cioè primariati. Le ore annuali di presenza medica garantita dagli universitari della mia Facoltà al Servizio Sanitario Regionale sono circa 325.000. Uno sguardo adesso alla ricerca. Da quando sono preside ho fatto realizzare un’analisi bibliometrica sull’attività di ricerca della Facoltà. La prima indagine è stata fatta sull’arco di 10 anni (1996-2005), le successive con finestre di tre anni. I dati che ne emergono evidenziano un impegno che si è notevolmente intensificato nel tempo: le cifre relative all’ultimo triennio (2007-09) ci dicono che sono state fatte 3535 pubblicazioni (contate una sola volta escludendo i coautori), cioè 1179 all’anno per una media a docente di 1,80, e che l’impact factor ha raggiunto i 15.837 punti. Nel 2008 come Facoltà ci siamo posizionati al 1° posto in Italia nella classifica di Clinical Medicine, 12mi in Europa e 58mi nel mondo. È anche grazie a questi traguardi che l’Ateneo milanese nella sua interezza ha una posizione di tutto rispetto nelle Università europee della LERU (League of European Research Universities). A fronte di questi numeri, che hanno una ricaduta significativa in termini, oltre che di formazione per gli studenti, di assistenza di qualità diretta ai cittadini e di prestigio in ambito scientifico, io mi sento in dovere di invitare alla riflessione prima di incrinare il delicato equilibrio attuale con provvedimenti impropri. Ciò non toglie ovviamente che tutto il sistema universitario debba essere riformato, direi in primis con interventi possibili da subito sui concorsi e sulla responsabilizzazione reale degli Atenei giocando sulla premiabilità come parametro fondante. Secondo lei l’opinione pubblica ha la percezione esatta di quanto la Facoltà sia presente attivamente nel Servizio Sanitario Regionale? Assolutamente no. Anzi, ho il timore che normalmente l’associazione sia “Facoltà di medicina = baroni”. In tutta franchezza, ritengo che in passato [bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE 12 siano stati sicuramente commessi grandi e gravi errori e che ancora ci siano, al nostro interno, appendici che stiamo cercando di eliminare. Ma oggi, e qui parlo in particolare di Milano, quello dei baroni è un retaggio che ci siamo buttati alle spalle: operiamo in totale trasparenza grazie anche a una linea virtuosa intrapresa ormai da anni. Purtroppo resta ancora faticoso il recupero di immagine agli occhi dell’opinione pubblica anche perché i casi negativi registrati a livello nazionale vengono sventolati come parametro per valutare un’intera categoria che invece, al suo interno, ha più situazioni positive che negative. È profondamente scorretto, a mio avviso, prendere i fatti negativi e sbatterli in prima pagina come se fossero la fotografia di una situazione tipica a livello nazionale, dimenticandosi delle assai numerose realtà di qualità, e a volte di eccellenza, presenti localmente. Come vi rapportate rispetto agli Ospedali e alle istituzioni? Noi di fatto abbiamo rapporti giornalieri con le strutture ospedaliere perché – come ho detto – senza ospedali non potremmo fare formazione. Per quanto riguarda i rapporti con le regioni, almeno qui in Lombardia, sono dinamici, collaborativi e su parametri di qualità. Non è assolutamente pensabile che l’Università si arrocchi su se stessa senza confrontarsi con gli altri attori del sistema. Negli ultimi tempi abbiamo attivato anche uno scambio di opinioni tra le sei Facoltà di Medicina che orbitano in Regione, poiché riteniamo indispensabile l’avvio INTERVISTA di un coordinamento fra le varie offerte presenti sul territorio, in particolare per quanto riguarda i corsi di master e di perfezionamento, evitando così inutili sovrapposizioni o frammentazioni dell’offerta formativa. Inoltre il Coordinamento delle facoltà mediche della Lombardia ha avviato da tempo incontri frequenti con l’Assessorato della Sanità regionale con cui si è stabilito un confronto continuo, aperto e costruttivo, sulle innumerevoli problematiche che riguardano l’assistenza per la formazione e la ricerca. Qual è la sua opinione sulle lauree triennali? Se c’è un punto di convergenza tra l’Università e il Sistema Sanitario sono proprio le lauree triennali nel cui ambito dobbiamo lavorare in strettissimo collegamento per ottenere un laureato professionalmente all’altezza. La nostra missione è quella di far sì che l’insegnamento, che è professionalizzante, sia fatto “respirando” la ricerca che, per sua definizione, è garantita dall’Università. Proprio con la prospettiva di avviare un confronto profondo e duraturo, ho recentemente organizzato gli “Stati generali delle professioni sanitarie” che ha visto coinvolti, oltre ai funzionari regionali, i colleghi delle sei Facoltà lombarde e i rappresentanti delle professioni sanitarie della regione Lombardia. La scelta delle specializzazioni è in sintonia con le reali necessità del Sistema Sanitario? Questa domanda dovrebbe essere pleonastica, ma così non è. La canalizzazione verso le specializzazioni più necessarie dovrebbe avvenire anche attraverso l’erogazione di borse di studio da parte del Ministero (5000) dopo una programmazione da parte di quest’ultimo, su base almeno decennale, delle necessità reali. Non sempre questo avviene. Da parte nostra, stiamo coinvolgendo in questo senso anche la Regione attraverso la richiesta di un incremento di borse di studio finalizzate alle specializzazioni di maggior necessità: nei prossimi anni avremo sicuramente bisogno di cardiologi, pediatri, chirurghi per fare un esempio. Il rischio è un po’ quello di ritrovarci con un numero di laureati in medicina inferiore al necessario – un fenomeno di questo tipo ha coinvolto l’Inghilterra che ha dovuto “importare” i medici specialisti – e questa situazione non si può risolvere aprendo “finestre” al numero chiuso; non basta infatti offrire un banco ma bisogna avere strutture, spazi, docenti e risorse per garantire a tutti la qualità dell’insegnamento. Nomine e concorsi: un sistema da riformare? Questo è un punto estremamente dolente: non si possono certo dimenticare di punto in bianco gli interessi che sono stati rappresentati nel passato nei concorsi. Il modello concorsuale è da modificare urgentemente, ma certamente non è l’unica cosa da fare subito perché le cose possano cambiare: bisogna nei fatti favorire il processo di maturazione politica e virtuosa dell’intero sistema che deve vedere Facoltà e Atenei responsabili nella formazione dei loro candidati. Mi sembra un positivo passo in [bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE 13 avanti la proposta contenuta nella riforma che prevede una prima idoneità nazionale e, in un secondo tempo, una chiamata a livello locale in base alle necessità e alle competenze, ascrivendo alla responsabilità dell’Ateneo le conseguenze delle scelte sbagliate. Com’è la situazione nel resto d’Europa? Quello italiano è un sistema antico, che ha peculiarità che altri non hanno, e che si trova in una condizione di scarsità di risorse. Pertanto, pensare di porci Harvard come modello vorrebbe dire prenderci in giro in quanto sappiamo benissimo che non ci sono le condizioni affinché questo possa accadere. Quella che dobbiamo trovare è una via italiana, non per campanilismo, ma proprio per situazioni diverse sotto il profilo storico e ambientale. Come vede l’Università del futuro, professor Ferrario? L’obiettivo dell’Università di Milano, di questa Facoltà di Medicina e Chirurgia nello specifico, è indubbiamente quello di una maggiore integrazione con il territorio. Quando vado a Bologna sono esterrefatto dalla stretta sintonia che si percepisce esistere tra l’Università e la cittadinanza, il comune, la regione. Quello che mi piacerebbe riuscire a fare è creare anche sul nostro territorio un senso di appartenenza tra la cittadinanza e la sua Università: un contesto in cui tutti, cittadini e istituzioni, si rendono conto che l’Ateneo è un bene comune e condivisibile all’interno della società ■ intera. ATTUALITÀ Le équipe multi professionali Roberto Carlo Rossi Uno dei falsi miti della nostra epoca Assedio di Malta, 1565 Affresco di Matteo Perez d’Aleccio, ultimo quarto del XVI secolo. U n documento della Federazione analizza il ruolo del medico e dell’odontoiatra nell’ambito delle così dette équipe multiprofessionali. Lo scritto prende le mosse dalla considerazione che nuovi compiti vengono o verranno affidati a figure professionali che, tradizionalmente, venivano considerate “paramediche” o ancillari rispetto alla professione medica. Come noto, molte figure professionali (psicologi, infermieri, fisioterapisti, optometristi ecc.) “assediano” da tempo la professionalità e le funzioni proprie del Medico (il fatto è stato oggetto proprio della “inchiesta” dello scorso numero del Bollettino dell’Ordine di Milano). Il 26 giugno 2007 la Regione Toscana ha approvato la “proposta di sperimentazione del modello See and Treat in pronto soccorso”. In sostanza, agli infermieri viene affidata la gestione diretta di alcune patologie e potenziate le funzioni di triage già a loro attribuite in pronto soccorso. Lo scopo dichiarato di questo modello sarebbe quello di ridurre i tempi di attesa. Il (discutibile) lavoro della FNOMCeO Durante il Consiglio Nazionale del 13 giugno 2010, nell’ambito di un dibattito che coinvolgeva anche la riforma degli Ordini, l’istituzione dei nuovi ordini sanitari e la riforma delle professioni, [bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE 14 è stato proposto il documento “Ruoli e funzioni del medico nell’ambito delle équipe multiprofessionali”. Tale documento, che qui viene proposto in ampi estratti, è comunque scaricabile per intero sul sito www.omceomi.it e se ne crede opportuna la diffusione per favorire un ampio e trasparente confronto all’interno della categoria medica e odontoiatrica. D’altra parte, sul documento è esplicitamente scritto che “Le considerazioni in esso contenute non sono da ritenersi né conclusive né esaustive di un cammino di ricerca deontologica, di valutazione del rispetto delle competenze tecnicoprofessionali e dei connessi profili di responsabilità, infine di misurazione dell’efficacia e dell’appropriatezza dei modelli organizzativi innovativi. Dichiariamo, quindi, fin da oggi la nostra disponibilità ad un confronto costruttivo dentro e fuori [?!?] le nostre professioni, inclusivo dei contributi e delle osservazioni provenienti da tutte le esperienze positive in campo”. La Federazione parte da una considerazione, e cioè che è in atto “un processo legislativo che, sull’onda della ricerca del consenso e rinunciando al governo vero delle ATTUALITÀ innovazioni, si è limitato a trasferire ogni specificità tecnica emergente in uno specifico ordinamento didattico di corso di laurea universitario e in una definizione giuridica del relativo profilo professionale che ne definisce le competenze e le attività riservate. Tale legislazione ha generato 22 nuove professioni sanitarie, ognuna caratterizzata da autonomia nell’ambito delle proprie competenze che, nei processi clinico assistenziali e preventivi, intercettano le competenze dei medici e degli odontoiatri, i quali si confrontano con altre professioni che hanno da tempo consolidato un loro ruolo nelle attività e nelle organizzazioni sanitarie (biologi, fisici, chimici, psicologi)”. Orbene, la FNOMCeO ritiene che sia “necessaria una riflessione ed un confronto attento e rigoroso, fuori e dentro le nostre professioni anche sui risvolti organizzativo-gestionali dei servizi e sui relativi profili di responsabilità, dovendosi garantire l’unitarietà e l’efficienza dei processi clinico assistenziali pur nel rispetto delle autonomie professionali”. D’altra parte la Federazione osserva che “In questi anni nell’ambito delle autonomie regionali sul piano dell’organizzazione dei servizi sanitari stiamo assistendo a un proliferare di progetti assistenziali che prevedono l’affidamento di nuovi ruoli e compiti alle professioni sanitarie nell’ambito delle équipe. Queste proposte, per le delicate questioni che sollevano, richiedono nostre puntuali osservazioni sia deontologiche, alle quali richiamiamo i nostri professionisti, che tecnico professionali che invece proponiamo a un’attenta riflessione dei decisori in sanità”. “Trattandosi di sperimentazioni di modelli operativi che incidono sui servizi di assistenza e cura, un primo profilo di coerenza deontologica per i medici coinvolti nei progetti, va ricercato nell’aderenza delle sue finalità ai principi di beneficialità e giustizia, nella garanzia cioè che gli obiettivi perseguiti corrispondano alla distribuzione equa, efficace ed appropriata, di un bene, in questo caso l’assistenza a determinate condizioni patologiche, in un contesto organizzativo più complesso di gestione delle urgenze-emergenze. Sotto questo profilo, entrambe le sperimentazioni [cioè il “see and treat” della Toscana e un modello simile sviluppato in Emilia Romagna] appaiono ispirate da prospettive di razionalizzazione e di adeguato impiego delle risorse umane, tecniche, strutturali ed economiche disponibili, alla stregua di strumenti di predisposizione e di gestione tempestiva ed efficace del lavoro in équipe, diretti a contenere costi incongrui ma soprattutto a produrre benefici nell’assistenza e nella soddisfazione degli utenti. Una ulteriore condizione necessaria prevede che tutta la sperimentazione avvenga in un contesto di ampia ed esaustiva informazione dei pazienti che si rivolgono al servizio ed a una specifica acquisizione del consenso degli stessi alle procedure assistenziali sperimentali a cui vengono sottoposti. Nel rispetto di tali condizioni dichiariamo la nostra attenzione verso la cauta adozione di percorsi assistenziali che consentano la sperimentazione di tali modelli operativi dei relativi percorsi assistenziali, riservandosi un giudizio complessivo sugli esiti della sperimentazione peraltro già conosciuti in altri Paesi ove tuttavia sono assai diversi i percorsi formativi dei [bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE 15 professionisti, le culture organizzative, i principi etici di governo dei sistemi sanitari, infine le stesse attese dei cittadini”. A questo punto, la Federazione si accorge che “sul piano generale, il punto fondamentale cui perviene la valutazione deontologica coincide peraltro con l’antica querelle sulle prerogative mediche messe in discussione dalla prospettazione di un ruolo funzionale sostanzialmente autonomo di altri professionisti sanitari impegnati in prestazioni d’èquipe, nelle quali si prefigura la possibile equipollenza di competenze tra professionisti medici e non medici, questi ultimi all’uopo addestrati con progetti di formazione sul campo”. Tuttavia, si osserva anche che “La preoccupazione non nasce ovviamente da una prospettiva di sviluppo continuo delle competenze e degli skills delle professioni sanitarie né dalla scelta di contrastare pregiudizialmente modelli flessibili di assistenza ma dal grande rischio di un uso spregiudicato ed opportunista delle competenze ai fini di realizzare organizzazioni di servizi sanitari meno onerosi; una prospettiva low-cost che potrebbe sedurre molti amministratori, soprattutto quelli in difficoltà con la tenuta dei bilanci”. “Se è dunque vero che si devono riconoscere alle professioni regolamentate nuovi profili di competenze avendo questi fruito di formazioni e di titoli universitari nell’ambito della Facoltà di Medicina e Chirurgia, a loro volta produttivi di una dignità e di una potestà operativa autonoma, non può del pari ritenersi ammissibile una indisciplinata confusione operativa e tanto meno una sostanziale erosione del ruolo e ATTUALITÀ IL COMMENTO DELL’ORDINE DI MILANO AL DOCUMENTO FNOMCEO Lettera del Dott. Ugo Garbarini al presidente della FNOMCeO e p.c. ai presidenti OMCeO Provinciali Milano, 2 luglio 2010 Caro Presidente, di ritorno dal Consiglio Nazionale e dopo aver ben ponderato il Tuo invito ad “aprire una riflessione all’interno della professione” relativamente al documento “ruoli e funzioni del medico nelle equipe multiprofessionali” (cfr quarto paragrafo della Tua comunicazione del 17/06/2010 RGP.0006740 2010) ho deciso che lo scritto in questione fosse di tale importanza da meritare una seduta di Consiglio ad hoc, seduta che ha quindi avuto luogo in data 30 giugno u.s. Orbene, è mio dovere informarTi che il Consiglio dell’Ordine che presiedo ha con fermezza giudicato il documento in questione troppo debole e, a tratti, ambiguo. È pur vero che la FNOMCeO esprime in tale scritto una (condivisibilissima) preoccupazione per l’erosione dei confini della professione medica da parte di professioni tra le più varie, soprattutto nell’ambito delle “sperimentazioni” che si stanno conducendo in alcune regioni del nostro Paese. Tuttavia, il Consiglio ha espresso il suo totale dissenso a compromessi che comunque possano portare a validare forme di sperimentazione (che nel documento in questione si danno come in imminente “trasferimento da una condizione sperimentale ad una a regime”) che attribuiscano a professioni non mediche la potestà di diagnosi e di cura. A nostro avviso la strada da intraprendere è tutta un’altra. La Federazione in primis e gli Ordini Provinciali in secundis devono farsi garanti di un’alleanza terapeutica forte tra medico e paziente, ove il terapeuta sia un medico ben preparato, aggiornato e che operi in un ambiente di cura sicuro e controllato. Per far questo è necessario che gli Ordini si aprano alla gente (e ai media) ed il loro ruolo venga rilanciato (e non mortificato) da eventuali progetti di riforma. AI contrario, non è accettabile (rectius: non è assolutamente sufficiente) che la Federazione e gli Ordini vigilino “solo” sul fatto che almeno si preservi la leadership medica nell’ambito di fantomatiche equipe multiprofessionali ove i medici si troverebbero ad avallare le decisioni prese da “altri”, magari assumendosene anche le relative responsabilità medico-legali. Questa è una strada di relativamente facile percorribilità ma che non potrà che portare allo svilimento del ruolo del Medico e degli Ordini dei Medici. In altri termini, caro Presidente, dopo aver ben riconsiderato il documento da Te inviato, il nostro invito è quello di riformularlo nei termini di una minore tolleranza e di un maggiore orgoglio dell’essere medici e del valore dell’atto medico. D’altra parte riteniamo che l’importanza di una simile presa di posizione del corpo medico necessiti di un adeguato periodo di tempo di ponderazione e del massimo consenso possibile. Siamo sicuri che, se sapremo spiegare bene le nostre ragioni, in questa presa di posizione ci seguiranno anche i cittadini nostri pazienti. Cordiali saluti. IL PRESIDENTE Dott. Ugo Garbarini della dignità del medico che travalichi il limite da una sinergia integrativa rispettosa di una professione, quella medica, garantita e resa specifica dallo Stato attraverso l’abilitazione, a tutela dei cittadini. D’altronde, nella prassi assistenziale, specie se svolta in équipe, è riconosciuto al medico un ruolo preminente e come tale garante anche delle scelte praticate dal personale dipendente, con lo specifico obbligo di sorveglianza e di controllo e con l’assunzione di una responsabilità ad altri non delegabile ma neppur produttiva di impunità per ogni altro operatore che sbagli (Cass. civ., 16 marzo 2010, n. 10454)”. A questo punto, però, si osserva che “ne deriva la inderogabile necessità che ogni percorso diagnostico-terapeutico o progetto assistenziale riconosca la figura del medico tanto nella composizione della équipe quanto nel relativo processo funzionale, relazionale e curativo, anche nel quadro di una responsabilità in eligendo e in vigilando che non esclude deleghe strettamente operative ma sempre entro limiti di capacità e di fiducia commisurati alla entità del rischio e nel rispetto delle esclusive prerogative del medico. In altre parole, con riferimento alle sperimentazioni in corso, è possibile ipotizzare un’organizzazione del lavoro in équipe che preveda l’affidamento vigilato e responsabile [bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE 16 di alcuni atti medici ad altre figure professionali con il limite che le procedure non sconfinino nella cessione di potestà esclusive”. Così conclude la Federazione: “l’eventuale trasferimento da una condizione sperimentale ad una “a regime” di modelli operativi che prevedano, in condizioni del tutto particolari e definite, l’affidamento di nuove competenze ad altri professionisti sanitari, appaiono per i medici coinvolti deontologicamente coerenti se perseguono e conseguono obiettivi di efficacia, qualità, appropriatezza e sicurezza delle cure, se non discriminano i pazienti in ragione dei bisogni, se operano nel pieno rispetto ATTUALITÀ dell’informazione e consenso e se soprattutto riconoscono al medico sul piano dell’autonomia tecnico professionale il ruolo di governo e sintesi del processo clinico assistenziale e su quello della responsabilità la duplice posizione di garanzia verso i cittadini e verso lo Stato in eligendo e in vigilando”. Agli Ordini professionali “spetta il compito di vigilare e intervenire su tali processi di cambiamento affinché le innovazioni non si riducano a mere derive efficientiste che mirano a ridurre i costi impoverendo i servizi di competenze appropriate, esponendo categorie sanitarie su terreni tecnico professionali non propri, sottraendo ruoli e compiti al medico oltre e contro la sua indiscussa posizione di garanzia e tutela della salute dei cittadini”. Sembrerebbe insomma di capire che 1) stanno con forza emergendo nuove professioni sanitarie, favorite da un processo legislativo nazionale e di alcune regioni, 2) queste figure professionali dovrebbero entrare a far parte di gruppi multiprofessionali con mansioni che a volte si sovrappongono a quelle mediche, anche per “razionalizzare” e “impiegare adeguatamente le risorse umane” e “contenere costi incongrui” e “soprattutto” “produrre benefici nell’assistenza e nella soddisfazione degli utenti”, 3) tale processo è dato per acquisito e inarrestabile, 4) all’interno di questi “grupponi” vi saranno mansioni che tradizionalmente erano mediche (la diagnosi e la potestà di cura), affidate a professionisti non medici, 5) il medico manterrà tuttavia la responsabilità del processo terapeutico (cioè la responsabilità del capo équipe), 6) gli Ordini provinciali dovranno vigilare che tali sperimentazioni non si riducano a “mere derive efficientiste” e le altre categorie professionali non sottraggano impropriamente ruoli e compiti al medico. Il parere dell’Ordine di Milano Dando corso all’invito della Federazione, il documento è stato discusso nell’ambito del Consiglio del 30 giugno 2010. Ne è scaturita la lettera che potete leggere a lato. In sostanza, le critiche maggiori avanzate al documento riguardano la sua ambiguità e la sua arrendevolezza. Infatti, mentre la Federazione esprime condivisibilissime preoccupazioni e critiche in merito alle sperimentazioni in atto, sembra anche accettare (inerme) l’ineluttabilità di questo processo; processo che, del resto, risponderebbe alle comprensibili (?) richieste di contenimento dei costi e di razionalizzazione delle risorse umane a disposizione. Ma la FNOMCeO non dovrebbe essere proprio l’organismo nazionale che, più di ogni altro, ha il compito di protestare per simili richieste? Di più, nei passaggi finali del documento sembra quasi che si scarichi la responsabilità di vigilare, per il futuro, ai singoli Ordini dei Medici, come se già ora non si potesse fare più nulla. Il falso mito delle équipe Due recenti ricerche, una del CERGAS Bocconi (cfr Sole 24Ore Sanità 23/06/2009) e una dell’Università di Parma (cfr Sole 24Ore Sanità 31/05/2010) hanno stabilito che medici di famiglia riuniti in équipe non danno un vero valore aggiunto al servizio reso ai propri pazienti. Tutti i media e politici si riempiono la bocca con la richiesta di avere una maggiore continuità di cure sul territorio mediante la messa a disposizione del cittadino/ paziente di gruppi di medici, infermieri, [bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE 17 fisioterapisti ecc .12 ore su 24 (o addirittura 24 ore su 24). Tuttavia, nessuno si è mai occupato (con le luminose eccezioni di cui sopra, appunto) di misurare e comparare alcuni indicatori condivisi e di misurare il reale gradimento dei pazienti. È logico che, chiunque, risponderebbe affermativamente alla domanda sul gradimento di un servizio che metta a disposizione un medico gratuitamente e continuativamente 24 ore su 24. Ma probabilmente la risposta cambierebbe se al medesimo cittadino si prospettasse che il “prezzo” di questo servizio è la perdita del rapporto di fiducia con il proprio medico a vantaggio di una generica fidelizzazione ad una determinata struttura territoriale. Conclusioni Il documento della Federazione non prende una posizione ferma relativamente all’emergere di nuove professionalità che minacciano di erodere il rapporto duale medico-paziente, rapporto che, secondo noi, è ancora oggi alla base di un buon percorso di diagnosi e cura. Poiché è senz’altro sbagliato arroccarsi e poiché si deve ammettere che la legislazione sugli Ordini (e sulla professione medica) deve subire una rivisitazione e un ammodernamento, la soluzione potrebbe proprio essere quella di rilanciare (e non mortificare) l’atto medico. In altri termini, gli Ordini dovrebbero forse essere dotati di strumenti legislativi nuovi, idonei per valutare la qualità dell’atto medico erogato ai cittadini esaltandone i significati e, in un certo senso, contribuendo a validare l’alleanza terapeutica che deve scoccare tra il paziente ed il suo Medico. Per il momento è solo una provocazione, un sasso nello stagno, ma, a nostro parere, è la strada giusta da seguire. ■ STORIA DELLA MEDICINA Maria Cristina Parravicini Il pensiero medico “Introduzione alla filosofia della Medicina e alle Medical Humanities” è il titolo di un interessante convegno tenutosi lo scorso maggio a Milano “S cienza e ideologia del corpo dai Greci a oggi” è il tema dell’intervento di Giorgio Cosmacini, docente di Storia del Pensiero Medico e Storia della Medicina presso l’Università Vita-Salute, San Raffaele, Milano che, partendo dalla concezione del termine greco soma, inteso nell’accezione omerica di cadavere, approda a quella di corpo dell’uomo vivente che si traduce in modalità espressive parziali di un totale “pre-somatico”, comprensivo di anima e corpo. Dal “pre-somatico” al corpo preanatomico di Ippocrate, a quello che avveniva dentro il corpo (“di cui sono noti soltanto gli ingressi e le uscite”, secondo una definizione di M. Vegetti) e ai suoi quattro umori. Secondo l’affermazione perentoria di Galeno di Pergamo (II secolo d.C.) “Platone era un seguace di Ippocrate… e prese da lui le principali dottrine”; nel pensiero di Platone la medicina ippocratica veniva ad assumere un “duplice rilievo esemplare: metodico da un lato, etico-polico dall’altro”. Il corpo umano con le sue malattie è, in Platone, speculare al corpo sociale con le sue turbolenze… Il metodo per conoscere la natura del corpo è quello di conoscere la natura dell’intero. Il corollario medico è che bisogna procedere alla terapia delle parti non senza aver cura del tutto. Non minore rilevanza ha il procedimento inverso – riduzionistico – che costituisce l’altra metà del metodo clinico teorizzata da Platone nel Timeo. Dallo sguardo al corpo, mutuato da Galeno dal pensiero classico, superando mille anni, Cosmacini approda alla Padova di Andreas van Vesel detto Vesalio (1514-1564), il primo a investigare la “fabbrica del corpo umano” con i criteri della moderna anatomia. Da il corpo-fabbrica di Vesalio al corpo-macchina, da Cartesio a Lamettrie, con la macromacchina – il cuore – propellente il sangue e con le micromacchine descritte dagli iatromeccanici di scuola galileiana, Borelli e Malpighi. Attraverso questo lungo excursus, Cosmacini approda all’oggi, al corpo-biomolecolare del DNA e alle immagini ultrastrutturali della microscopia elettronica, [bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE 18 all’immaginario dell’avveniristica “eidologia”. In questo percorso, il riferimento alla tradizione può preservare l’eidologia dal pericolo di diventare idolatria, può immunizzare la scienza di immagini dal rischio di farsi manipolatrice di cose traducendosi in una antropologia negativa in cui le immagini corporee altro non STORIA DELLA MEDICINA Galeno, litografia di Pierre Roche Vigneron (Parigi, Lith de Gregoire et Deneux, ca. 1865) Jan Steen (1626-1679) - La visita del dottore (1658-1662), Wellington Museum di Londra sono che simulacri, vuoti di concreta umana realtà. Ma il problema della corporeità si pone anche in rapporto all’intervento del medico sul corpo, come ricerca e pratica di modificarne ad arte la natura: un esempio recente è la chirurgia estetica i cui interventi concernono, più che la salute, il benessere. Altri sono gli interventi sul corpo che lo mutano al punto da incidere strutturalmente sul meccanismo stesso dell’invecchiamento corporeo: una “quasi immortalità” oggi realizzata in concreto dai trapianti di organi salvavita e più recentemente ripromessa dalle manipolazioni di geni marcatempo, dalle strategie della clonazione terapeutica, dall’utilizzo di cellule fetali ed embrionali. Gli human biological materials sono oggetto di applicazioni sempre più numerose non solo in quanto materiali da utilizzare direttamente, ma anche come campioni da riutilizzare come fonti di informazioni biologiche e genetiche, conservati in banche e suscettibili di diventare res derelictae. Se la medicina ci consegnerà un corpo sempre più longevo, dovrà prometterci di essere anche “rigenerativa” attraverso interventi “ordinari” in grado di sostituire gli organi logorati o semplicemente usurati. Per fare ciò, su vasta scala, saranno necessari tessuti e organi in quantità e varietà sufficienti grazie all’impiego di cellule staminali più o meno totipotenti, così da fornire adeguati “pezzi di [bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE 19 Claude Bernard (1813 - 1878) Rudolf Ludwig Karl Virchow (1821 - 1902) STORIA DELLA MEDICINA Wilhelm Conrad Röntgen (1845-1923) ricambio” grazie all’ingegneria e alle nanotecnologie: dai minitrapianti alle protesi miniaturizzate, agli interventi sul menoma e a quelli guidati da nanovettori e nanosonde. Una rivoluzione permanente dello sviluppo scientifico-tecnico ma, come ammoniva Norberto Bobbio, “… mentre il progresso tecnico-scientifico non cessa di suscitare la nostra meraviglia e il nostro entusiasmo,… continuiamo sul tema del progresso morale a interrogarci come 2000 anni fa”. “L’affermazione della medicina sperimentale: le idee di Claude Bernard e di Rudolf Virchow” è il titolo dell’intervento di Federico Perozziello, professore a contratto di Antropologia dell’Università dell’Insubria che, per meglio inquadrare il percorso di Bernard, prende le mosse dalla Francia del Secondo Impero di Napoleone III. Nato a Saint-Julien (Dipartimento del Rodano) nel 1813, Bernard di laureò in medicina a Parigi (1843) e divenne allievo del fisiologo e studioso delle funzioni del Sistema Nervoso Centrale François Magendie (17831855), personaggio noto per i suoi crudeli esperimenti di vivisezione. Dal dottorato in scienze arrivò nel 1868, all’Accadémie Française. La sua metodologia di lavoro si basò essenzialmente su una rigorosa applicazione della vivisezione e della sperimentazione animale con protocolli minuziosi che impedissero ogni forma di arbitrarietà e consentissero la riproduzione dello studio. Nella Introduzione allo studio della Medicina sperimentale Bernard, coerente con le sue teorie pervenne a una visione rigorosamente deterministica della medicina e delle scienze biologiche, non riconoscendo carattere scientifico a ricerche mediche basate unicamente sulla statistica non valida come unico metodo. Tale metodologia fu basilare per le grandi scoperte mediche della seconda metà dell’Ottocento. Rudolf Virchow, l’altra figura di scienziato illustrata da Perozziello, nacque a Schivelbein, in Pomerania nel 1821 e, già da studente in medicina, cominciò a interessarsi all’anatomia patologica, sia nella parte macroscopica che in quella microscopica. Sua è l’individuazione della cellula come unità costitutiva di base di ogni processo biologico. Dopo la laurea a Berlino lavorò come medico interno all’ospedale della Carità. Fautore e promotore di riforme radicali, Virchow utilizzò il suo prestigio scientifico per portare avanti un lavoro di tutela sociale verso i più deboli ritenendo che il medico fosse un vero e proprio “avvocato per i poveri”. Inviato in Alta Slesia per una epidemia di tifo petecchiale, ne [bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE 20 fece un dettagliato rapporto dalle conclusioni del tutto innovative per i tempi, introducendo una visione antropologica e sociale della regione con magistrali resoconti dei decorsi clinici e delle autopsie. La sua adesione all’ideologia liberale gli comportò l’allontanamento dall’Ospedale della Carità e il successivo trasferimento a Wurzburg, dove si applicò allo studio delle alterazioni istopatologiche attraverso l’utilizzo del microscopio, dimostrando i parallelismi tra le alterazioni visibili a occhio nudo e quelle ultrastrutturali. Nel 1856, tornato a Berlino, pubblicò il Trattato di Patologia Cellulare o Zellularpathologie, in cui perfezionò questa sua teoria basilare per i successivi sviluppi della medicina. Accanto alla sua attività di ricercatore, Virchow continuò anche quella politica con risultati che portarono, la Prussia prima e la Germania poi, a posizioni di avanguardia nelle misure di prevenzione sanitaria. La relazione di Luca Nave, master in Bioetica ed Etica Applicata, Università degli Studi di Torino, ha come tema “Le Medical Humanities: un discorso preliminare”. Dopo aver premesso che la vera e propria rivoluzione biotecno-scientifica, pur con tutti i suoi successi, ha corroborato il rischio di smarrire la missione di cura dell’essere umano considerato come una totalità e nella globalità delle sue espressioni bio-psico-sociali, Nave ricorda che le Medical Humanities intendono arginare i nefasti effetti connessi a tale rischio ricercando una necessaria sinergia tra l’anima scientifica della medicina sperimentale fondata sulle prove di efficacia (Evidence STORIA DELLA MEDICINA Based Medicine), e la dimensione di humanitas propria delle scienze umane, in vista di una pratica medica che sappia curare e prendersi cura, che sia cioè in grado di garantire terapie efficaci dal punto di vista biologico ma, nello stesso tempo, rispettose della molteplicità dei bisogni dell’essere umano e della comunità sociale in cui è inserito. La sfera di influenza delle Medical Humanities infatti si estende all’insieme di idee, abilità e strumenti che le “scienze dello spirito” e le diverse produzioni artistiche in senso lato possono elargire al “medico dell’età della tecnica” (K. Jaspers, 1991), affinché la sua attività possa estendersi alla cura della persona considerata come una vivente totalità. I termini terapia e cura non rivestono infatti il medesimo significato: terapia si riferisce all’intervento puramente medico-scientifico che, proseguendo con la prognosi, si conclude con l’intervento terapeutico diretto alla restituito ad integrum. Il termine cura, invece, estende la propria sfera di influenza al di là della terapia medica o della guarigione per assumere una valenza esistenziale e globale che può favorire la comprensione empatica della persona considerata come una vivente totalità bio-psico-sociale. Se, come osserva Nave, nella medicina ippocratica terapia medica e cura esistenziale potevano coincidere, con l’avanzamento della medicina scientifica e sperimentale il medico può essere indotto a smarrire la dimensione dell’humanitas. Terapia e cura rimandano quindi a due dimensioni che implicano diversi approcci: il primo è il “saper fare” il medico, il secondo il “saper essere” un medico. Attraverso le competenze acquisiste dalle Medical Humanities, sembra possibile incarnarle in una sola personalità. Nella seconda parte del suo intervento Luca Nave presenta L’angolo delle storie. Laboratorio di medicina narrativa, un progetto nato presso l’Ospedale Regina Margherita di Torino nel contesto delle malattie rare infantili e delle cure palliative in ambito pediatrico, descritto nel libro “La storia di Mara e del mondo che non c’è” (Ed. Vicolo del Pavone, 2010). Nelle intenzioni degli ideatori del progetto emerge la convinzione che solo uno sguardo interdisciplinare è in grado di comprendere la complessità di una storia clinica: un invito a intraprendere un viaggio che, dalla regione dell’esprit de geometrie, conduce al vasto e inesplorato territorio esistenziale che Pascal chiamava l’esprit de finesse, un luogo nel quale non dimorano cartesiane verità “chiare e distinte”, ma le ragioni del cuore. Con il ricorso alle Medical Humanities e alla Narrative Medicine non si rinnega la scientificità della pratica medica, ma si estende tale irrinunciabile scientificità nella direzione dell’interdisciplinarietà e della complessità di una cura globale del paziente e delle persone che costellano la storia della sua vita. “La crisi delle scienze tra Ottocento e Novecento: l’ipotesi probabilistica e la medicina. Evoluzione e Medicina Darwiniana” è il tema del successivo intervento di Federico E. Perozziello che illustra quanto la medicina sembrasse possedere per i contemporanei il potere di mutare il destino dell’uomo rendendolo più forte e meno sensibile al dolore e alla [bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE 21 David Sackett, padre spirituale dell’Evidence Based Medicine morte. La nascente grande industria farmaceutica, non particolarmente interessata al perfezionamento dello studio dell’uomo e delle malattie, ma a profitti consistenti, non aiutava certo dibattiti epistemiologici. Il corpo umano veniva considerato una macchina estremamente complessa, ma pur sempre una macchina dal funzionamento prevedibile. L’euforia positivista era confortata dai successi delle scoperte mediche, dalle nuove tecnologie, dal sempre più rapido scambio di informazioni e dal consistente supporto finanziario dei governi. A questo proposito Perozziello ricorda Wilhelm Conrad Röntgen finanziato dall’imperatore di Germania per la scoperta dei Raggi X, Robert Koch per quella del vibrione colerico, Louis Pasteur che in Francia diventò un eroe nazionale per la scoperta del vaccino anti-rabbico. Questo stato di cose comportò il cambiamento del rapporto tra il medico e il paziente il cui corpo sarà conosciuto in modo mediato dagli strumenti tecnologici che gli verranno applicati: radiografie, STORIA DELLA MEDICINA elettrocardiogramma, esami del sangue costituiranno dei cardini conoscitivi imparziali anche contro ogni evidenza clinica. Il determinismo positivistico finì per appoggiarsi sulla convinzione che bastasse comprendere le singole parti e la fisiologia dei vari organi e apparati per capire come funzionasse il tutto di un organismo vivente. restia ad accettare modalità trasversali di interpretazione di un fenomeno patologico. Rimane figlia del metodo sperimentale elaborato da Claude Bernard, Luis Pasteur, Rudolf Virchow e altri grandi medici dell’Ottocento. salute e malattia. Si conoscono i modelli virtuosi ed efficaci del passato e pure le stagnazioni e gli errori più o meno evidenti. Ma si è ovviamente senza strumenti per conoscere gli errori nelle dottrine del presente. Lo stesso Di “Prospettive della medicina dibattito all’interno delle medical moderna: tra metodo sperimentale, humanities, pur nella ricchezza del evidence based medicine e confronto multi e interdisciplinare, necessità di un nuovo umanesimo” rischia di trasformarsi in una Nella seconda parte della sua relazione ha parlato Giuseppe Armocida, competizione tra soggetti alleati e rivali dedicata a “Evoluzione e Medicina professore ordinario di Storia della nello stesso tempo. In questo senso Darwiniana” Perozziello ricorda Medicina all’Università dell’Insubria Armocida si chiede se la medicina come nei primi anni del Novecento la sottolineando che si tratta di un possa inoltrarsi in spazi di pensiero medicina avesse compiuto importanti tema che si propone come una non medico senza rischiare di perdersi progressi nello studio degli organismi delle frontiere su cui occorre o di contaminare la propria natura. In microscopici (J.G. Adami e C. Nicolle). sostare, soprattutto per quanto realtà la medicina d’oggi, tra i rischi In questo modo i batteri venivano visti attiene la formazione del medico e di eccessi di derivazione biomedica anche come agenti della selezione la progettualità di aggiornamenti riduzionistica o di ascendenza naturale insieme all’ambiente. didattici. Si è verificata infatti una ingegneristica, può disperdersi nelle Una significativa innovazione nelle frattura nella storia della medicina opposte direzioni di un generico vedute evoluzionistiche della medicina che vede una generazione di medici “nuovo umanesimo”. fu quella del biologo e genetista di passaggio tra qualche cosa che Se oggi molti auspicano una medicina inglese John B.S. Haldane, sostenitore va tramontando e qualcosa di basata sulle evidenze, prima tutti dell’utilizzo intensivo della matematica ancora sconosciuto nel senso che, praticavano e insegnavano una nello studio della genetica, che rese quella attuale, è una generazione medicina basata principalmente sulla possibile calcolare il tasso di mutazione che sta costruendo il futuro senza propria esperienza, sulle osservazioni di un gene, fattore indispensabile per conoscerne il progetto. In questo fatte e sui casi risolti, sia in positivo lo studio delle malattie ereditarie. senso, Armocida pone una serie di che in negativo. Attualmente, invece, Con l’approfondimento sperimentale interrogativi circa la necessità di un si condivide la consapevolezza della ci si rende però conto che nessuno nuovo umanesimo in medicina, o distanza che separa dalle soluzioni i studio prospettico dei fenomeni sulla necessità di medical humanities problemi della medicina. Proprio le evolutivi in medicina appare esaustivo nella formazione degli studenti e degli “evidenze” riguardano le maggiori se non si prende in considerazione operatori di sanità, e ancora se esiste incertezze come l’accuratezza dei l’intero organismo umano nel sue una porosità di idee nel progresso procedimenti diagnostici, la potenza insieme. La cellula non appare più scientifico dallo sperimentalismo dei fattori prognostici, l’efficacia e la una rassicurante e prevedibile unità ottocentesco al modello della sicurezza dei trattamenti preventivi. biologica, ma un sistema complesso. “Evidence Based Medicine” di fine La medicina si è concentrata verso Tornavano di attualità teorie come Novecento. L’approccio storico diventa quella che è corretto definire medicina quelle di J.Lederberg sull’importanza fondamentale per comunicare agli predittiva, che si dovrebbe occupare dell’interazione tra ospite e agente studenti delle facoltà mediche le basi di dei grandi capitoli della promozione di infettante come occasione evolutiva, un pensiero epistemologico che li guidi salute. soprattutto per quanto riguarda i virus. a comprendere potenzialità e limiti La “Evidence Based Medicine”, per La medicina moderna è però ancora dell’evolversi di concettualizzazioni di quanto giovane, ha già la sua storia [bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE 22 STORIA DELLA MEDICINA e, in questo orizzonte prospettico, piace ricordare che David Sackett, considerato il “padre spirituale” del nuovo approccio, definì proprio nel 1996 quello che in un primo tempo venne considerato un nuovo “movimento culturale”. In quella data, quando fu battezzata la clonazione, fu data una forte scossa al modo di intendere la vita e dunque la salute e la malattia. Quelle “zone grigie che la “Evidence Based Medicine” riconosce come aree nelle quali non sono disponibili le evidenze, devono costituire la spinta affinché da una supponibile decadenza culturale possa prendere le mosse una vera rinascita delle culture della medicina e della cultura dei medici. “Tradizione e rinnovamento del rapporto medico-paziente” è il tema della relazione di Lodovico E. Berra, direttore dell’Istituto Superiore di Ricerca e Formazione in Filosofia, Psicologia e Psichiatria dell’Università Salesiana di Torino. Dopo aver tratteggiato i mutamenti che si sono verificati nella percezione socioculturale della figura del medico nell’era di internet e della comunicazione globale, afferma che il rapporto medico-paziente è e deve essere di tipo asimmetrico, ove il medico mantiene una posizione di controllo, di guida e di maggior conoscenza rispetto al paziente che, non raramente, ha perso fiducia nella classe medica e, grazie a consultazioni fornite da differenti specialisti, decide autonomamente il proprio percorso terapeutico. A questo proposito Berra ritiene interessante considerare come la dimensione intersoggettiva in cui l’essere umano è immerso dalla nascita possa offrire un’interpretazione delle dinamiche attive nel rapporto del medico col paziente. Ogni esistenza è infatti fin dalle sue origini una co-esistenza che dischiude uno spazio psichico o vissuto che è poi il mondo che si ha in comune. Nella prospettiva “o-Altro” (J.P. Sartre, “Essere e il nulla”), l’io può essere in rapporto con Altre persone soggetto e oggetto, come l’Altro può essere per l’Io, in modo analogo e speculare, oggetto e soggetto. Per stabilire rapporti reali e positivi con l’altro vi deve essere la consapevole accettazione della mia oggettività e soggettività d’Altri. Così anche nella situazione della pratica professionale il medico deve riuscire a essere sia soggetto, in grado di valutare l’altro e prendere decisioni, sia oggetto per il paziente che, a sua volta, valuta il modo di operare del medico e gli concede o meno la sua fiducia, consentendo l’evolversi di una “alleanza terapeutica”. Qualora il medico fosse bloccato nella propria soggettività e vedesse il paziente come un oggetto, si verrebbe ad alterare il rapporto con una pericolosa posizione di disumanizzazione e di un infruttuoso sentimento di onnipotenza. Fondamentalmente i modelli di rapporto tra medico e paziente dipendono: 1) dal paziente, dalla sua struttura psicologica e dal disturbo di cui soffre; 2) dal medico, dalla sua struttura psicologica e dal fine che vuol raggiungere attraverso il trattamento; 3) dalla situazione in cui si svolge il rapporto (urgenza, malattie croniche, consultazione). Nella teorizzazione di Hollender vengono distinti tre livelli di rapporto tra medico e paziente [bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE 23 secondo il criterio dell’attività relativa e della passività relativa del medico e del paziente: 1) attività del medico-passività del paziente (interventi d’urgenza, chirurgici ecc.); 2) atteggiamento direttivo del medico-collaborazione del paziente (malattie acute, infettive, incidenti); 3) partecipazione e collaborazione reciproca fra medico e paziente (malattie croniche, riabilitazioni ecc.). Von Gebsatter ha formulato un altro modello di rapporto distinto in tre fasi: 1) fase dell’appello in cui il medico risponde avvicinandosi al paziente, soddisfacendone i bisogni senza frustrarlo; 2) fase del distanziamento o dell’obiettivazione in cui il malato viene visto solo come oggetto di studio; 3) fase della personalizzazione in cui, formulate diagnosi e terapia, il medico può riavvicinarsi al paziente e vederlo non solo come caso clinico, ma come persona che soffre. Tatossìan infine ha descritto un modello di rapporto che comprende due elementi: lo schema interpersonale, utilizzato in psichiatria e in psicoterapia, e un modello tecnico di servizio inteso come un modello di riparazione. Per quanto riguarda invece il ruolo del medico nell’azione terapeutica farmacologica, Berra osserva che, una terapia prescritta “male”, può compromettere il processo terapeutico e indebolire l’effetto farmacologico. Viceversa una prescrizione attuata adeguatamente può migliorarne l’efficacia. Vi è ormai piena evidenza della componente “non farmacologica” presente in ogni terapia e l’effetto placebo è considerato un elemento rilevante in molte prescrizioni ■ mediche. ATTUALITÀ Anna Maria Maniezzi Le donne medico Tra necessità, realtà e opportunità Igea, Copia romana dell’originale greco, 1° secolo, Hermitage S ono trascorsi quasi 90 anni da quando – nel 1921 – alcune colleghe, animate da autentico pionierismo, fondarono a Salsomaggiore Terme l’Associazione Italiana Donne Medico (AIDM, associazione apolitica e aconfessionale), seguendo l’impulso della Medical Women’s International Association (MWIA, N.Y. 1919) a cui si affiliarono adottandone anche il simbolo (la figura di Igea) e il motto (“Matris animo curant”). In origine le donne che studiavano medicina erano davvero poche e ciò spiega pienamente l’esigenza di riunirsi in un’associazione. A distanza di quasi un secolo i numeri sono radicalmente cambiati. Riportiamo i dati sulla femminilizzazione della professione ricavati dal Forum promosso dal Ministero del Welfare/Salute nel maggio 2009: “I dati 2007 indicano che è donna circa il 33% dei medici (erano il 30% nel 2005) e il 73% del personale infermieristico. Ma a fronte di un medico donna ogni 3, solo una su 10 occupa un posto di dirigente medico di struttura complessa”. Inoltre, riprendendo i contenuti salienti del XXIX Congresso AIDM (Roma, 20-22 marzo 2009), Monica Di Sisto1 pone in evidenza che: “gli studenti che si iscrivono a medicina sono al 70% donne; le iscritte agli Ordini sono il 33% ma sotto i 35 anni sono almeno per il 60% donne, che in pochi anni saranno il 60-70% dei medici operanti”. Un futuro “rosa” Il futuro della professione sembra ormai segnato: sarà donna. In Italia, del [bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE 24 resto, negli ultimi dieci anni il sorpasso tra specializzazioni si è già consumato: su 75.980 specialisti, 35.986 sono donne e 31.994 uomini.2 La rivoluzione futura è “rosa” ma la progressione delle carriere resta per le donne più scadente1,4, situazione peraltro sottolineata nel Forum del Ministero del Welfare (2009) “I dati del conto annuale dello stato salute evidenziano che le sproporzioni più rilevanti riguardano … specificatamente i vertici dei ruoli sanitari”. Inoltre un divario di genere è presente nella medicina accademica e nella produzione scientifica internazionale.3 Va in ogni caso detto che fortunatamente negli ultimi anni si è sempre più accresciuto l’interesse per il femminile nella sanità e in medicina. Le donne si trovano quindi al centro dell’attenzione sia come medici che come pazienti. Per quel che riguarda nello specifico il ruolo delle donne medico, May Cohen M.D. CCFP, FCFP, nell’articolo presentato nel 2004 alla World Organization of National Colleges and Academics (WONCA, Orlando, Ott.2004), mette in particolare in risalto come le donne medico – che hanno sostenuto fortemente i diritti riproduttivi – siano state e siano all’avanguardia nella battaglia non solo per ridurre i dati impressionanti della morbilità e mortalità materna, ma anche nel richiamare l’attenzione su ATTUALITÀ argomenti attualissimi quali l’impatto della violenza domestica sulla salute delle donne, giocando ruoli chiave nella valutazione delle conseguenze delle violenze, delle molestie, della discriminazione a sfondo sessuale. Nel medesimo intervento si fa inoltre riferimento allo studio approfondito di Alice Eagly (sociologa americana che ha ampiamente studiato gli stili di leadership) dove si evidenzia come i dati indicano che può risultare vantaggioso assicurare alle donne pari accesso ai ruoli di leadership, sottolineando che è molto probabile che le donne leader abbiano, rispetto alla controparte maschile, un repertorio di comportamenti di leadership di particolare efficacia nelle condizioni attuali (Eagly H. A. Psychological Bulletin, 2003). Inoltre le donne apportano una visione “umanitaristica” che pone al centro il rispetto per l’individuo, sia esso donna, uomo, bambino e in particolare RodriquezTrias H. (American Public Health Association, 1994, citato da M. Cohen, 2004) sottolinea che le donne ritengono che “la qualità della vita sia la misura fondamentale del successo…” La medicina di genere Per quel che riguarda l’attenzione al genere, da tempo l’OMS enfatizza che il genere è una chiave per comprendere tutte le dimensioni della salute e ha inserito1 la medicina di genere nell’Equity Act, a testimonianza che il principio di equità implica che la cura sia appropriata e sia la più consona al singolo genere. Nel 2002 presso la Columbia University di New York è nato un settore specializzato nella medicina di genere. Anche in Italia il ruolo delle donne medico e della medicina di genere è stato specifico oggetto di numerosi eventi che si sono occupati diffusamente dell’argomento. In particolare, il convegno “Donne medico e pazienti: un rapporto nuovo o forse diverso” – organizzato da OMCeOMI (Monza, 14 giugno 2008) – ha posto in risalto, oltre agli aspetti storico-sociologici, alcune fondamentali [bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE 25 peculiarità psico-relazionali dell’essere donna e donna medico.4 Inoltre, nella Conferenza di Fiuggi del giugno 2008 (1° Conferenza nazionale della professione medica (Fiuggi, 2008)5 si è voluto tra l’altro porre l’accento sul fatto che “la presenza sempre più numerosa delle donne nella professione medica può essere sostenuta da un’idea di pari opportunità non come teoria di interesse esclusivo di genere, ma come diritto che, se applicato, genera un tessuto sociale più solidale, equo e vivibile…” La medicina di genere è poi stata il tema specifico del XXVIII Congresso nazionale AIDM, organizzato nell’ottobre 2008 (“La medicina di genere: nuova frontiera terapeutica - Dalle peculiarità anatomiche agli aspetti clinicoterapeutici e sociali”, Spinetta Marengo, 18-19 ottobre 2008), argomento ripreso e approfondito anche nel successivo congresso AIDM – il XXIX (Roma, 2022 marzo 2009) – dove sono stati toccati un po’ tutti i temi più cruciali e critici, rilanciando l’interesse sulla necessità ATTUALITÀ DA STATUTO AIDM L’Associazione è apartitica ed aconfessionale; essa si propone i seguenti compiti: a) valorizzare il lavoro della donna medico in campo sanitario; b) promuovere la collaborazione fra le donne medico; c) promuovere la formazione scientifico culturale in campo sanitario; d) collaborare con le altre Associazioni italiane ed estere, in modo prioritario con quelle della Comunità europea, incentivando gli incontri per lo studio dei problemi che riguardano la salute della collettività; e) collaborare con il Ministero della Salute, Regioni ed Aziende Sanitarie, organismi ed istituzioni pubbliche; f) elaborare Trial di studio , linee guida in collaborazione con ASSR, FISM e altre società scientifiche nel rispetto della legislazione vigente, avendo come fine ultimo il mutuo riconoscimento dei crediti formativi a livello nazionale, europeo ed internazionale. Sito web AIDM: www.donnemedico.org SEZIONE di MILANO: Via Lanzone, 31 – 20123 Milano, presso l’Ordine dei Medici ed Odontoiatri della Provincia di Milano Presidente: Dr.ssa Franca M. Oppedisano RiferimentiPresidente: Tel. 02/3495000; e-mail: [email protected] Segretario: Dr.ssa Anna Maria Maniezzi tel. 02 29534796; e-mail: [email protected] di “Indagare a fondo la questione di genere in ambito clinico, medico e sociale partendo dalle evidenze finora acquisite”, e focalizzandone le varie implicazioni. Nell’ultimo congresso nazionale su “Medicina di genere: realtà e prospettive” (Bari, 12-13 marzo 2010) si è voluto presentare e condividere con gli esperti del settore, coinvolti nella ricerca di base e nella clinica, le novità fisiopatologiche e terapeutiche legate alla medicina di genere, portando l’attenzione non solo su disuguaglianza e medicalizzazione, ma anche su aspetti più ampi quali ad esempio la sessualità, il dolore, l’invecchiamento, la depressione e i fattori ambientali. Una mission importante L’AIDM ha posto un po’ tutti questi temi come “elementi basilari della propria Donne medico: risorsa mission. Infatti da sempre è impegnata indispensabile e ineludibile a promuovere, da un lato il ruolo La consapevolezza che donne e uomini della donna medico nell’ambito della anche in sanità hanno esigenze diverse professione e dall’altro l’informazione sta portando il Ministero della salute sulla medicina di genere, per fare a valutare linee guida diagnostiche e in modo che la conoscenza delle percorsi specifici per la medicina in differenze aiuti a migliorare lo stato rosa.6 Se conoscere e valorizzare le di salute dei pazienti e a realizzare al differenze crea un plusvalore per tutti1, meglio le capacità di lavoro di entrambi la presidente AIDM, Ornella Cappelli, i sessi… per garantire una cittadinanza sottolinea che il modello proposto è sanitaria a tutto tondo, per tutti e per tuttavia maschile (competitività e poco tutte”.1 Così, benché nata quasi 90 anni tempo libero), modello che però poco si fa, l’AIDM mantiene e possibilmente adatta all’approccio femminile che è più potenzia il proprio valore in virtù dei collaborativo e meno competitivo.1 suoi punti fondanti: un’opportunità di Inoltre l’organizzazione sanitaria non informazione, formazione, confronto, sembra pronta a rendere protagoniste scambio – assolutamente aperto – le donne né come medici né come per meglio comprendere le nuove pazienti; le posizioni di vertice sono sfide, incluse quelle di una società ancora troppo in mano agli uomini e multietnica, dove anche il Congresso non si è preparati a capire le esigenze di nazionale (organizzato ogni anno dal un mondo sanitario al femminile.1 1979) e le altre iniziative rappresentano I numeri sono cambiati, la società è un momento di autentico scambio cambiata ed è in continua evoluzione, scientifico, culturale e umano. e se i medici sono una condizione per L’AIDM si articola in sezioni comunali, una buona società, le donne medico provinciali o regionali. Benché la sono una risorsa indispensabile e ormai Sezione milanese sia numericamente ineludibile in una società come quella ancora piccola, la volontà delle socie é attuale. Si tratta quindi di valorizzare le quella di dare un contributo attivo nelle differenze di genere come una ricchezza direzioni evidenziate. ■ e delle donne – come si è detto – anche la naturale propensione al prendersi cura, all’attenzione alla persona oltre NOTE 1 Monica Di Sisto (2009) “La medicina di genere che alla malattia, ma anche la sensibilità tra scienza e società” – M.D. Medicinae Doctor – Anno XIV n.13, 13-15 aprile al sociale, alla solidarietà, all’equità e – 2 Doctornews 12 nov. 2009 – Anno 7, numero 189 cosa che non guasta – l’inclinazione alla 3 Antonella Vezzani - Presidente Sezione A.I.D.M. di Parma da sito AIDM corretta utilizzazione delle risorse.5,6,7 4 Evento n.843-8023119 Per di più, come sottolinea U. Veronesi, 5 “I medici per una buona sanità” – 1° Conferenza nazionale della professione medica, Fiuggi 13-14 sostenere i “cervelli rosa” e metterli in giugno 2008 – La professione: medicina, scienza condizioni di esprimere un “potenziale e società – I quaderni, n.3/2008 6 Doctornews 9 mar 2010 – Anno 8, numero 41 finora sottoutilizzato” è una scelta 7 U. Veronesi, Doctor News Anno 7, Numero 94, 26 “nell’interesse collettivo”7. maggio 2009 [bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE 26 ATTUALITÀ Isabella Merzagora Betsos e Guido Vittorio Travaini Il medico e lo stalking “Nessuna buona azione resta impunita” (Qiu Xiaolong, Quando il rosso è nero) L o stalking, com’è ormai noto, consiste in quei casi di appostamento, inseguimento, ricerca molesta di contatto e/o comunicazione, in sostanza di ripetuto e insistente tentativo di imporre contatti e/o comunicazioni indesiderate, che talora evolve in modi particolarmente violenti. Fra i comportamenti di stalking vi sono telefonate continue e incessanti, invio di lettere, e-mail e sms, messaggi lasciati sul parabrezza dell’automobile o alla porta di casa, appostamenti, “spionaggio” e sorveglianza continui anche al posto di lavoro, recapitare doni o oggetti non voluti comprese magari corone funebri, far trovare animali morti alla porta di casa, danneggiare l’abitazione, le pertinenze di essa o i beni della vittima ed in particolare l’auto, e financo prendersela con i suoi animali d’affezione. Lo stalkers può rivolgersi anche ai familiari e agli amici della vittima principale, con telefonate e messaggi insistenti pure per costoro, e comunque lo sconvolgimento causato alla vittima principale, la necessità da parte di questa di mutare le proprie abitudini di vita per sfuggire alla persecuzione, il dover essere accompagnata e protetta fanno sì che lo stalker colpisca anche gli appartenenti all’entourage, e si parla in questo caso di “vittime secondarie”. Fra i “tipi”di stalkers si distinguono: - il rancoroso, ossia chi agisce per un torto che presume di aver subito dalla vittima; [bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE 27 - il rifiutato è colui che cerca di ripristinare una relazione a cui la vittima ha posto fine; - il cercatore d’intimita’ aggredisce per lo più vittime sconosciute e personaggi famosi con cui intende instaurare una relazione; - il predatore è il più violento. Insegue, programma l’aggressione che può consistere anche in violenza sessuale; - il corteggiatore inadeguato, cioè chi cerca di instaurare una relazione con modalità insistenti quanto maldestre. Qualora siano presenti vere e proprie malattie mentali, si rileva soprattutto la ricorrenza di Disturbi di Personalità –Borderline, Narcisistico e Paranoide per coloro che sono motivati da vendetta-, ma anche Schizofrenia, Disturbo Delirante (Tipo erotomanico ATTUALITÀ IL QUESTIONARIO Egr. Dottore/Gentile Dottoressa, il fenomeno delle molestie e minacce assillanti – meglio noto con il termine anglosassone di “stalking” – non è certo nuovo, ma attualmente suscita molto interesse, anche alla luce della novella legislativa che ha previsto una sanzione penale per questo tipo di comportamenti (art. 612 bis c.p.). L’interesse politico, mediatico e scientifico non si è però del pari rivolto allo stalking subito da alcune figure professionali, e in particolare dai medici, fenomeno che pure si sa essere diffuso. La Cattedra di Criminologia della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Milano, in collaborazione con l’Ordine dei Medici di Milano, ha elaborato un questionario, volto ad approfondire ambiti, situazioni e dinamiche di comportamenti molesti eventualmente subiti dal medico nell’esercizio della professione. Il questionario ha come scopo primario un’indagine conoscitiva cui dovrà seguire, alla luce dei risultati raggiunti, la predisposizione di un piano di prevenzione/intervento a favore dei sanitari che ne sono vittime. Le chiediamo, quindi, di compilare il questionario scaricabile dal sito: http://www.omceomi.it/Home/ News/DettaglioNews/10-07-22/QUESTIONARIO_STALKING.aspx. Garantiamo sin da ora l’assoluto anonimato delle risposte da Lei fornite. Potrà inviare il questionario compilato all’indirizzo mail: [email protected] eventualmente da computer anonimo, oppure all’indirizzo postale: Prof.ssa Isabella Merzagora – Sezione di Medicina Legale della Facoltà di Medicina dell’Università degli Studi di Milano, Via Luigi Mangiagalli, 37 – 20133 MILANO Nel ringraziarLa per la Sua preziosa collaborazione, porgo distinti saluti. Prof.ssa Isabella Merzagora Betsos - Titolare della Cattedra di Criminologia e di persecuzione), Disturbo Bipolare soprattutto nella fase maniacale. La Letteratura scientifica avverte che lo stalking può comportare nella vittima l’insorgenza di quadri di interesse psichiatrico, fino al Disturbo Posttraumatico da Stress. Oggi il fenomeno ha trovato accoglienza nell’art. 612-bis del Codice Penale che recita: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, é punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita. La pena é aumentata se il fatto é commesso dal coniuge legalmente separato o divorziato o da persona che sia stata legata da relazione affettiva alla persona offesa [omissis]”. Come si vede dalla stessa lettera della legge, quello fra partner o ex partner è lo stalking che maggiormente preoccupa e che è probabilmente più diffuso, ma non mancano altre specie: lo stalking del dipendente o del datore di lavoro, quello che colpisce personaggi famosi, e quello –appuntoche vede come vittime determinati professionisti, verso il quale non sembra esserci quello stesso interesse politico, mediatico e scientifico. In particolare, tutti i – non molti – studiosi che se ne sono occupati concordano nell’affermare che lo [bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE 28 stalking che colpisce gli appartenenti alle professioni sanitarie sia il meno studiato, a dispetto della particolare vulnerabilità di costoro in considerazione del tipo di occupazione. Questi professionisti, infatti, incontrano i bisogni di aiuto e affetto delle persone, possono essere oggetto di proiezioni ed anche di desideri di rivalsa. Secondo Pathé et al. le motivazioni più comuni sono un innamoramento di tipo patologico (erotomania), aspettative malriposte di maggiore intimità, o risentimento per torti inesistenti (il tipo “rancoroso”). Nel campione di Corder e Whiteside, lo stalking era quasi sempre motivato da conflitti originati dal rilascio di valutazioni –evidentemente non condivise dallo stalker – a fini legali. Come si vede, dunque, qualche ATTUALITÀ ricerca in materia c’è e fornisce pure alcuni indizi sulla diffusione del fenomeno. Per esempio, nella ricerca di Pathé et al. su 100 vittime di stalking, 9 erano medici di base, 3 psichiatri (non stupisce), 2 ginecologi, 1 medico ospedaliero, 1 reumatologo, 1 psicologo, 1 infermiere e 1 terapista occupazionale. Nemmeno stupisce che siano colpiti gli psichiatri forensi: il 42% di 480 che hanno risposto ad un questionario distribuito negli Stati Uniti . In un campione di 62 esercenti professioni sanitarie di una clinica universitaria statunitense, il 53% avevano patito una qualche forma di stalking, di molestia o di minaccia; in particolare, l’8% erano stati insistentemente seguiti . Nell’ambito dei professionisti della salute mentale il fenomeno sembra, com’è intuibile, particolarmente frequente, o forse solo più studiato. In ogni caso, sui 90 medici intervistati al meeting annuale della Società di Psichiatria dell’Oregon del 1994, 26 erano stati vittime di stalking . Vi è anche uno studio italiano, quello di Galeazzi et al. realizzato intervistando, nel 2001, tutti i 475 operatori professionali di salute mentale della provincia di Modena attraverso un questionario di 41 item. Le risposte valide sono state 361, e fra i soggetti vi erano 192 infermieri, 108 psichiatri o psicologi, ed altri 61 educatori, riabilitatori, terapisti a vario titolo. L’11% di costoro era stato vittima di stalking. Asmhore trova che sulle 112 vittime di stalking da lui intervistate, 6 erano state vittima di due diversi stalker, una di tre autori diversi, ed un’altra addirittura di sette. Quest’ultimo, veramente, insospettisce un po’ circa la sua professionalità, oppure è un caso di Sindrome di Abele? O, forse ancora, è tipico dello stalking contro coloro che esercitano professioni sanitarie, dato che è segnalato anche da altri autori specificatamente per i medici, e trova le stesse spiegazioni (una relazione particolare e particolarmente intima) che giustificano la ricorrenza dello stalking contro costoro . L’autore dello stalking in generale è nella grande maggioranza dei casi un uomo, nello stalking che colpisce medici e infermieri che operano in ambito psichiatrico, invece, accade il contrario: la maggior parte degli autori è di genere femminile . In un campione di stalker in ambito psichiatrico, Sandberg et al. hanno trovato una particolare ricorrenza di soggetti con diagnosi di disturbo di [bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE 29 personalità e/o disturbo delirante. Fra gli stalker dei 294 psicologi studiati da Gentile et al. vi erano soprattutto diagnosi di disturbo borderline (65%); per quanto concerne l’Asse I gli Autori hanno trovato disturbo dell’umore (62%), ansia (18%), psicosi (12%). Ben il 74% di costoro aveva sperimentato una perdita o un fattore stressante poco prima, oppure riferiva di essere stato vittima di abuso nell’infanzia (68% dei casi). Orion, una psichiatra forense che è essa stessa stata vittima per più di dieci anni di una stalker affetta da delirio erotomanico, afferma che lo stalking in questo tipo di pazienti è il risultato di un insieme di fattori, quali: ovviamente la vulnerabilità biologica al disturbo psicotico, ma anche la solitudine, l’isolamento, e l’incompetenza sociale. Seguendo le tipologie studiate specificatamente per gli stalking, Dinkelmeyer e Johnson ritrovano fra i persecutori di professionisti della salute mentale sia il tipo “Rifiutato”, particolarmente insistente, sia il “Cercatore di intimità”, spesso affetto da convinzione delirante e innamoramento, il “Corteggiatore inadeguato”, infine il “Rancoroso”, convinto di essere stato curato male o in qualche modo fatto oggetto di ingiustizia, soprattutto in quei casi in cui lo psichiatra abbia dovuto far ricorso a mezzi coercitivi o anche solo si sia rifiutato di avallare richieste quali certificati per ottenere contributi finanziari o simili. Nella gran maggioranza dei casi lo stalker è un paziente o è un ex paziente, ma sia Smoyak che McKenna hanno trovato anche colleghi. Il comportamento di stalking può cominciare gradualmente e con ATTUALITÀ comportamenti inizialmente adeguati, solo un po’ insistiti, quali accessi un po’ troppo frequenti al medico, ripetute telefonate per farsi spiegare meglio le prescrizioni, o proposte di incontro al di fuori del contesto professionale. Altre volte l’esordio è repentino, per esempio con una dichiarazione d’amore. Nel campione di Galeazzi et al., nel modenese, i comportamenti più frequentemente messi in atto erano approcci intrusivi (75%), telefonate (65%), gironzolare continuamente attorno alla vittima (58%), sorvegliarla (48%), inviarle lettere (33%), seguirla (23%), danneggiarne le proprietà (20%), mettere in giro pettegolezzi (15%), inviare materiale non richiesto (10%). Non mancavano però comportamenti più gravi: per esempio di minaccia, rivolti a nove medici, quattro dei quali erano contro i figli o la moglie, e addirittura, in tre casi, di aggressione fisica. La ricerca di Krammer riporta anch’essa soprattutto comportamenti puramente verbali di minaccia (68,9%), ma nel 13,3% dei casi vi erano state aggressioni e violenze fisiche. In un terzo dei casi lo stalker se l’era presa anche con i componenti della famiglia o i colleghi della vittima principale. In media la persecuzione è durata 15,11 mesi. Le vittime descritte da Ashmore hanno subito: minacce fisiche incluse minacce di morte, minaccia dello stalking di uccidersi se non ascoltato, minaccia di aggressioni di natura sessuale in un caso poi effettuata, minaccia di colpire o addirittura uccidere i figli della vittima, di rovinarle la carriera, di incendiarle la casa, o, più modestamente, di tagliarle i capelli. Un caso particolare è l’invenzione di pettegolezzi poco edificanti trasmessa a numerosi colleghi. Un’altra forma peculiare, legata alla convinzione di essere stati curati male che talora motiva i pazienti stalker, consiste nell’adire insistentemente a vie giudiziarie contro il professionista. Le conseguenze emotive più comuni riscontrate negli operatori di salute mentale modenesi studiati da Galeazzi et al. sono state paura (53% dei casi), rabbia (43%) e senso di non poter essere aiutati (helplessness, nel 28%). Una quota non indifferente delle vittime aveva modificato le proprie abitudini di vita o lo stile professionale in conseguenza dello stalking, ed alcuni avevano anche perso giorni di lavoro, il che sottolinea quanto sia “conveniente” anche per l’azienda confrontarsi con lo stalking e prevenirlo. Nella ricerca tedesca di Krammer et al. addirittura il 44,4% delle vittime presentava sintomi di disturbo post traumatico da stress. Sandberg et al. hanno rilevato l’impatto “devastante” dello stalking effettuato anche su di un solo professionista sull’intero staff, e quindi sul funzionamento ospedaliero, perché è l’intero staff che diviene più sospettoso e modifica il proprio atteggiamento nei confronti dei pazienti. Ci sono poi le abituali “vittime secondarie”, cioè la famiglia in primo luogo, costretta talvolta a cambiare abitudini di vita perché la vittima principale possa sottrarsi alla persecuzione o perché lo stalker se la prende anche con i familiari, gli amici, i colleghi. Gli studiosi sono concordi nel constatare una notevole riluttanza [bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE 30 a rivelare lo stalking da parte di chi è abituato a considerare la propria professione in termini di aiuto, e, affermano Pathé et al., i medici hanno una soglia di tolleranza al comportamento “criminale” dei loro pazienti troppo alta, che secondo questi Autori finisce ad essere negativa, a lungo termine, anche per gli stessi pazienti. Alcuni medici, poi, temono che l’essere vittima da parte di un paziente li possa far tacciare di incompetenza, che la rivelazione sia considerata con scetticismo, oppure –tanto più quando lo stalker è del tipo “rifiutato” o “corteggiatore inadeguato”- che si sospetti un precedente coinvolgimento sessuale con il paziente stesso. Ed ancora, il professionista può percepire un senso di inadeguatezza ed anche un senso di colpa per non aver saputo “gestire” la relazione terapeutica, e, per quanto concerne la possibilità di denuncia, sentire di aver in qualche modo tradito il paziente. Così, per esempio, fra gli operatori di salute mentale modenesi vittime di stalking solo 6 avevano denunciato il fatto in sede legale . Quand’anche il comportamento di stalking sia ritenuto inappropriato dal professionista e questi decida di chiedere una qualche forma di aiuto, può accadere –come è accaduto in una vicenda narrata da Laskowski- che sia il supervisore a minimizzare. Da parte di coloro che hanno partecipato allo studio di Ashmore le strategie per affrontare l’esperienza di stalking sono state le più diverse: parlarne con amici e parenti in cerca di aiuto, evitare di essere sorpresi da soli, filtrare le telefonate, installare allarmi ATTUALITÀ BIBLIOGRAFIA in casa, acquistare un’arma, cambiare le proprie abitudini giornaliere, cambiare il numero di telefono e persino il posto di lavoro o l’abitazione o la città di residenza, e naturalmente chiamare la polizia. Più in generale, mentre alcuni ignorano lo stalker, altri – addirittura la metà del campione – cercano di farlo ragionare. Ma, cosa effettivamente si può e si deve fare? È innanzitutto importante che la relazione con il paziente si mantenga sempre su di un piano rigorosamente professionale, che questo venga ribadito con chiarezza ai primi segnali di intrusione, e che si adottino misure di contenimento quali il contrarre la frequenza o la durata delle visite. Dopodichè, se il comportamento persiste, tutti sono concordi nel ritenere che vada evitata ogni occasione di comunicazione, di incontro, di negoziazione, di discussione, di tentativo di convincimento. Si deve aver ben presente che qualsiasi comunicazione, anche se negativa, finisce per rinforzare gli sforzi per mantenere i contatti e quindi fa il gioco dello stalker. Stesso dicasi per i regali non graditi: rimandarli indietro, sembra un paradosso, ma gratifica lo stalker nel suo desiderio di vicinanza con l’oggetto della sua attrazione. Poiché non è da escludersi un esito giudiziario della vicenda, la vittima dovrà documentare accuratamente ogni episodio di stalking, annotando giorno ed ora, tipo di comportamento ed eventuali testimoni. Si ricordi che i pazienti affetti da erotomania o anche solo “delusi” nelle loro aspettative o vendicativi potrebbero rovesciare la situazione dichiarandosi vittime delle avances del professionista. Dovranno quindi essere conservati i messaggi, anche telefonici o per posta elettronica, e registrate le telefonate. La via della denuncia è particolarmente consigliata in caso il comportamento persista pur nel silenzio della vittima, ed a maggior ragione qualora vi siano minacce o escalation nel comportamento molesto. Prima ancora, non bisogna vergognarsi di riferire la persecuzione ai colleghi. In conclusione, lo stalking è un fenomeno che certamente colpisce chi esercita una professione in ambito sanitario, e lo colpisce in misura probabilmente maggiore di quanto accada alla popolazione generale, ma il fenomeno è poco conosciuto e, soprattutto, non risulta che siano offerti a queste vittime strumenti per affrontarlo e per contenere i danni. “Nella mia preparazione come medico, non vi è stato nulla che mi preparasse a ciò”, ha affermato una delle vittime intervistate da Pathé e Mullen. Da qui, la nostra proposta: la Cattedra di Criminologia della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Milano e l’OMCeO MI hanno elaborato un questionario che potete scaricare dal sito internet www.omceomi.it, volto ad approfondire ambiti, situazioni e dinamiche di comportamenti molesti eventualmente subiti dal medico nell’esercizio della professione. Il questionario ha come scopo primario un’indagine conoscitiva cui dovrà seguire, alla luce dei risultati raggiunti, la predisposizione di un piano di prevenzione/intervento a favore dei professionisti che ne sono vittime. ■ [bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUG LIO-SETTEMBRE 31 Ashmore R., Jones J., Jackson A., Smoyak S., A survey of mental nurses’ experiences of stalking, Journal of Psychiatric and Mental Health Nursing, 13, 562-569, 2006. Corder B.F., Whiteside R., A survey of psychologists’ safety issues and concerns, American Journal of Forensic Psychology, 14, 65-71, 1996. De Fazio L., Galeazzi G.M., Le vittime di stalking, in: Modena Group on Stalking, Percorsi di aiuto per le vittime di stalking, Franco Angeli, Milano, 2007, pgg. 13 sgg.; Dinkelmeyer A., Johnson M.B., Stalking and harrassment of Psychotherapists, American Journal of Forensic Psychology, 20, 5-20, 2002. Galeazzi G.M., Elkins K., Curci P., The Stalking of Mental Health Professionale by Patients, Psychiatric Services, 56, 2, 137-139, 2005. Galeazzi G.M., De Fazio L., A review on the stalking of mental health professionale by patients, prevention and management issues, Primary Care and Community Psychiatry, Vol. 11, Number 2, Ocober 2006, pp. 57-66 (10). Gentile S.R., Asamen J.K., Harmell P.H., Weathers R., The stalking of psychologists by their client, Professional Psychology Research and Practice, 47, 490-494, 2002. Krammer A., Stepan A., Baranti A., Kapfhammer H.P., Rothenhäusler H.B., Auswirkung von Stalking auf Psychiater, Psychotherapeuten und Psychologen, Nervenartz, 78:809-817, 2007. Laskowski C., Theoretical and Clinical Perspectives of Client Stalking Behavior, Clinical Nurse Specialist, 17, 6, 298304, 2003. Lion J.R., Herschler J.A., The stalking of clinicians by their patients, in: J.R. Meloy (ed), The Psychology of Stalking: Clinical and Forensic Perspective, The Academic Press, San Diego, CA, 1998. McKenna B.G., Poole S.J., Smith N.A., Coverdale J.H., Gale C.K., A survey of threats and violent behaviour by patients against registered nurses in their first year of practice, International Journal of Mental Health Nursing, 12, 56-63, 2003. Miller R.D., The harassment of forensic psychiatrists outside of court, Bull. Am. Acad. Psychiatry Law, 13: 1936-1939, 1985. Orion D., Erotomania, stalking and stalkers: a personal experience with a professional perspective, in: J.A. 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Lorenzo Damia Medico chirurgo - Specialista in Odontostomatologia - Specialista in Ortodonzia Libero professionista in Milano La malattia focale in odontostomatologia È buona norma generale ridurre la carica microbica orale, soprattutto in pazienti le cui condizioni cliniche sono compromesse P Per malattia focale si intende un complesso di manifestazioni morbose localizzate nei più svariati organi apparentemente autonome, ma in realtà collegate con un focolaio infettivo cronico con sede nel cavo orale. Il processo infettivo responsabile della lesione a distanza viene detto focus mentre metafocale la patologia secondariamente indotta. Dall’enunciazione della teoria avvenuta nel 1890 e dopo un iniziale entusiasmo che si protrasse fino agli anni ‘50 subentrò un periodo di revisionismo indotto dalle numerose bonifiche dentali non avvalorate dalla presenza di infezione in atto o da manifestazioni sintomatologiche correlabili. La batteriemia conseguente a procedure dentali soprattutto di carattere chirurgico è ben documentata in particolare per quanto riguarda i germi anaerobi. I recenti progressi nell’identificazione e nella classificazione dei microrganismi orali e la scoperta che alcuni di essi albergano unicamente nel cavo orale ha aperto una nuova strada per una realistica rivalutazione del ruolo della malattia focale odontostomatologica. Sono tre i meccanismi patogenetici proposti: • La batteriemia conseguente a procedure dentali. • Le esotossine introdotte nell’ospite da parte di alcuni Gram positivi e negativi. • La deposizione degli immunocomplessi formatesi dalla reazione antigene-anticorpo indurrebbero processi flogistici nei luoghi di deposito. • • Pericoronariti dei denti del giudizio. Cisti radicolari. Si può sospettare la natura focale di un’affezione quando si riscontra una delle seguenti manifestazioni sintomatologiche: • Tendenza alla cronicizzazione. • Facilità alla recidive. • Insensibilità alla terapia specifiche. • Presenza di foci dentari e aggravamento della patologia secondaria in occasione di una loro riacutizzazione. • Alti titoli di immunocomplessi od anticorpi specifici per l’agente eziologico della lesione focale. • Criterio clinico ex adiuvantibus. Fra i focolai infettivi cronici che sono riscontrabili a livello del cavo orale, i più importanti nella determinazione Le manifestazioni cliniche metafocali della malattia focale sono: risultano comuni nell’aneddotica • Granuloma apicale. • Affezioni parodontali con presenza odontoiatrica e sono frequenti in di tasche e lesioni ossee profonde. letteratura i case report riguardanti l’argomento. L’esperienza clinica • Osteiti periapicali croniche. attuale ha peraltro ridimensionato • Necrosi e gangrene della polpa. l’ambito di queste affezioni • Denti devitalizzati con cure secondarie. canalari incomplete. [bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE 32 FINESTRA SULL’ODONTOIATRIA soprattutto le parodontopatie, sono Le principali manifestazioni cliniche dei potenziali fattori che possono metafocali riscontrabili sono: contribuire allo sviluppo di • Sindromi settiche orali da importanti malattie sistemiche. tossiemie microbiche (febricole, L’infiammazione del parodonto astenie, anemie). • Patologia reumatica (artriti reattive, rilasciando citochine, lipopolisaccadisi (LPS) e batteri nel artriti reumatiche, RAA). torrente circolatorio promuovono • Patologia oculare (uveiti, neuriti l’arteriosclerosi e modificano retrobulbari). • Patologia dermatologica (orticaria, la coagulabilità ematica, la funzionalità piastrinica e la sintesi di dermatite atopica, vasculiti prostaglandine oltre a contribuire alla cutanee, psoriasi alopecia, sdr formazione di trombi ematici. Tuttavia orticario-angioedema). non c’è evidenza sufficiente per • Patologia vascolare (vasculiti, sostenere una associazione causale vasculiti immunologiche, tra le infezioni orali e le malattie vasculopatie cerebrali, sistemiche. arteriosclerosi). Le ricerche epidemiologiche hanno rilevato relazioni, ma non nessi di Un gran numero di pubblicazioni hanno suggerito che le infezioni orali, casualità, sul fatto che alcuni tipi di [bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE 33 malattie parodontali costituiscano una semplice componente di una malattia sistemica o abbiano una caratteristica eziologica comune con le stesse. Le malattie parodontali e quelle sistemiche possono spesso coesistere senza una relazione causa effetto. L’endocardite batterica è stata quella meglio studiata ed è apparso come le procedure dentali possano determinare la sua insorgenza. L’associazione tra condizioni di salute orale, arteriosclerosi e disfunzioni coronariche è stata prospettata. Resta comunque buona norma generale cercare di ridurre la carica microbica orale soprattutto in quei pazienti le cui condizioni cliniche risultano compromesse. ■ FINESTRA SULLA CHIRURGIA MAXILLO FACCIALE Terapia della paralisi facciale Dott. Federico Biglioli Professore Associato di Chirurgia Maxillo-Facciale dell’Università degli Studi di Milano. Direttore dell’Unità Operativa di Chirurgia Maxillo-Facciale, Ospedale Galeazzi di Milano L’anastomosi tra il nervo facciale e il nervo masseterino, “riattiva” in modo efficace e con nuovo impulso il VII nervo cranico, a fronte di una morbilità assolutamente trascurabile L a paralisi facciale è una patologia di frequente riscontro. La causa più frequente è legata a un’infezione virale (Paralisi di Bell) con 40 casi ogni 100.000 abitanti. Segue in ordine di incidenza l’eziologia iatrogena conseguente a interventi chirurgici in base cranica (asportazione del neurinoma del nervo acustico come causa principale), l’eziologia traumatica e quella congenita. La paralisi facciale determina problemi funzionali, estetici e di conseguenza psicologici. Il viso altera il suo aspetto a riposo e ancora di più quando si attiva la muscolatura mimica. Spesso il paziente si presenta con una mano a coprire metà della faccia per nascondere la deformità. Chi è colpito dalla paralisi smette in genere di sorridere, perché questo altera in modo grottesco l’aspetto del viso. L’aspetto estetico è vissuto con grande disagio dal paziente. I problemi funzionali sono prevalentemente a carico dell’occhio, non bene lubrificato dalle palpebre che perdono la competenza che gli è propria. Bisogna inoltre ricordare che l’eloquio è ostacolato dai tessuti della guancia privi di tono e la respirazione nasale è resa difficoltosa per il collasso mediale dell’ala nasale. Terapia farmacologica La conoscenza della patogenesi della paralisi di Bell permette di comprendere la corretta terapia farmacologica da somministrare. Questa patologia è legata a infezione virale (HSV), e compare tipicamente con l’esposizione repentina ad ambiente freddo, e per questo è nota come paralisi a frigore. Il nervo facciale aggredito dal virus va incontro a infiammazione ed edema delle sue strutture, ma poiché decorre all’interno di un canale osseo non deformabile a livello della base cranica il suo tentativo di espansione è impossibile e il nervo si trova perciò compresso da parte delle pareti del canale. Ne consegue un insulto ischemico (paragonabile al letto ungueale che diventa bianco [bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE 34 se viene schiacciata l’unghia) che può determinare danni completamente reversibili, parzialmente reversibili oppure permanenti. La terapia della paralisi di Bell deve perciò mirare a combattere il meccanismo di compressione del nervo, invertendo il processo edemigeno: ne consegue che debbano essere utilizzati farmaci cortisonici ed antivirali. In particolare i cortisonici devono essere somministrati immediatamente e ad alte dosi (Metil Prednisolone 30 mg/Kg Statim, seguito da 15 mg/Kg ogni 6 ore per 2-4 giorni). Dosaggi più bassi e ritardati anche solo di 1-2 giorni rispetto all’insorgenza della paralisi possono determinare a volte conseguenze irreversibili. La terapia medica si avvale anche di neurotonici e vitaminici al fine di migliorare la “ripresa nervosa”, con dati non comprovati da un punto di vista scientifico. L’utilizzo di lacrime artificiali aiuta a migliorare la lubrificazione corneale. Un ciclo fisioterapico specifico completa il programma terapeutico. FINESTRA SULLA CHIRURGIA MAXILLO FACCIALE Figura 1. Paziente con paralisi facciale sinistra: si noti la ptosi dei tessuti, la scomparsa delle pieghe cutanee d’espressione e la distorsione dell’aspetto con l’attivazione della muscolatura mimica dal lato sano Trattamento chirurgico In circa l’80% dei casi questi provvedimenti danno luogo a una buona ripresa della funzionalità nervosa. Nel restante 20% dei casi in cui non ci fosse un recupero soddisfacente dalla lesione entro 12 mesi dalla sua insorgenza si deve intervenire trattando chirurgicamente il paziente. Altra indicazione al trattamento microchirurgico è il caso di sezione certa del nervo dovuto a un trauma o a un intervento chirurgico in base cranica o alla parotide. In questo caso i tempi del trattamento devono essere i più stretti possibile, perché la qualità della ripresa nervosa è inversamente proporzionale al tempo Figura 2. Sei mesi dopo l’intervento di anastomosi masseterinofacciale, eseguito tramite un accesso estetico tipo-lifting della faccia, la paziente riprende una buona funzionalità nervosa trascorso dall’insorgenza della paralisi. L’intervento microchirurgico classico consiste nell’effettuare un’ anastomosi tra il nervo facciale e il nervo ipoglosso, con relativo danno di motilità alla lingua, non certo trascurabile. Da 3 anni l’Autore ha proposto a livello internazionale l’anastomosi tra il nervo facciale e il nervo masseterino, “riattivando” in modo efficace e con nuovo impulso il VII nervo cranico a fronte di una morbilità assolutamente trascurabile. Il paziente non avverte infatti alcuna differenza di forza masticatoria tra il periodo precedente e quello successivo all’intervento chirurgico. Se la paralisi è invece insorta da più di 2 anni, [bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE 35 l’atrofia della muscolatura mimica è irreversibile e sarebbe inutile cercare di riattivare il nervo facciale tramite l’anastomosi con il nervo masseterino. Si opta allora per trasporre nella faccia muscoli attivi in altre regioni del corpo (come il latissimo dal dorso o il gracile dalla coscia) con un intervento di microchirurgia ricostruttiva. Piccole procedure chirurgiche ancillari perfezionano i risultati. Il trattamento di questa patologica, a carico del SSN, viene eseguito routinariamente presso la Clinica Chirurgica Maxillo-Facciale dell’Ospedale Galeazzi di Milano, diretta dal Prof. Federico Biglioli. ■ INTERVISTA Maria Cristina Parravicini La Città Ideale Dove “ideale” non è un sogno e non è più un’utopia, ma soltanto una realistica soluzione ai problemi della vita moderna Pianta P er cercare di comprendere chi sia Guglielmo Mozzoni, classe 1915, architetto, sognatore, poeta, combattente della Resistenza (La vera storia del Tenente Mozzoni dal 25 luglio 1943 al 30 aprile 1945, scritta e disegnata da lui, settembre 1981), merita scorrere le pagine del bel libro da lui scritto e illustrato con disegni e acquarelli “L’architetto Mozzoni e i mulini a vento. Architettura e altri rimedi dal 1939 al 2003 per sopravvivere alla noia, ai disturbi, ai pericoli delle grandi invenzioni e dei politici improvvisati”, prendendo spunto dalle pagine finali, quelle dedicate alla Città Ideale. La sua è una città sferica, ruotante, antisismica e in grado di Case affacciate contenere 25mila abitanti che per lavorare e divertirsi possono fare a meno dell’automobile. Inquinamento, congestioni, traffico cesserebbero di esistere e anche la politica potrebbe essere realmente partecipata grazie alle possibilità offerte da internet e dalla telematica. Sogno? Utopia? Lasciamo a Guglielmo Mozzoni il compito di parlarcene e a noi il piacere di ascoltarlo. Vista esterna un punto di partenza ma un punto di arrivo – dovendo tenere conto della natura che è tanto bella, ma anche imbrogliona – ho dovuto pensare a una città che potesse contrastare tutte le cose antipatiche che ci fa la natura, per esempio il terremoto. Il rotondo non offre un contrasto alla forza sismica, per di più (la città ideale) è girevole su se stessa in modo che, qualsiasi forza che venga dal di fuori, lei si mette a ruotare e quindi non offre contrasti agli imbrogli della natura. Quando ha pensato a questa Il mio problema era ed è l’urbanistica; città e perché l’ha immaginata tutti parlano di architettura ma sferica? nessuno parla di urbanistica. Per È una storia lunghissima e, quanto al fatto che sia sferica, non è certamente vivere bisogna invece pensare perché a me piacciono le cose rotonde. all’urbanistica perché l’architettura è un qualcosa in più, un particolare. La forma sferica non è assolutamente [bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE 36 INTERVISTA Oggigiorno mi trovo nel frangente di una grande fortuna, quella di vivere a cavallo di due ere: l’una era quella cavalleresco-cortese in cui l’uomo più che la ruota non aveva mai inventato. riflessioni. Io mi sono laureato nel ’39 e da subito ho avuto l’impressione di dover cercare come vivere in un modo migliore anche perché, se parliamo di architettura, l’architettura è l’arte di vivere bene. Oggi invece si parla di architettura come se si parlasse di colonne corinzie piuttosto che doriche e si abbandona completamente l’idea del vivere bene e sano. Il primo tentativo di vita nuova è un fatto che oggi giorno non sta più in piedi. Nel 1939, anno della mia laurea, una delle espressioni architettoniche che affascinava di più era il grattacielo perché non tenevamo conto di quello che avrebbe comportato l’avvenire dell’automobile; allora il grattacielo andava bene perché in Italia circolavano 20mila automobili, oggi ce ne sono in media una ogni due abitanti su … 60milioni! Vista interna Vista esterna vicina Gli orti Poi, di colpo, alla fine dell’ottocento, sono saltate fuori tutte le novità, cioè quelle sorprese della natura, che ci hanno dato la possibilità di cambiare i cavalli con l’acqua calda – la vaporiera – oppure con il petrolio – i motori a scoppio. Sono fatti che hanno completamente mutato la nostra vita. L’unica cosa che non è cambiata è l’urbanistica ed è per questo che, a mio parere, non si vive bene. Alla luce di queste considerazioni mi sono chiesto cosa potevo fare, tenuto conto che le novità erano l’automobile, l’aeroplano, per non parlare poi di quando è arrivata la telematica. L’avvento di tutte queste novità, calate nella polis, mi ha indotto a delle segnato dalla costruzione della Tour Eiffel che i parigini avevano boicottato chiamandola “l’asparago di ferro”, senza capire che era proprio l’inizio di un discorso su di un nuovo modo di poter vivere: la Tour Eiffel ha dato la possibilità di vivere in altezza e in larghezza con l’uso dell’acciaio e del cemento armato. Parallelamente alla Tour Eiffel, a New York, avevano costruito nel 1902 il primo “cosiddetto” grattacielo che avevano chiamato il “ferro da stiro” per la sua forma. Da allora, quando si è saputo che si poteva anche andare in altezza, è successo che, mantenendo l’urbanistica di Giulio Cesare, oltre ad andare a costruire i due piani massimi di Roma, hanno costruito i duecento, L’automobile, a mio parere, oggi fa parte del nostro corpo più delle scarpe: ricordo che quando ero ragazzo nell’azienda agricola, una famiglia di cinque persone aveva tre paia di scarpe, non di più. Oggi giorno tutti hanno l’automobile... e tutti questi architetti che si danno delle arie e credono di risolvere i problemi, li risolvono mettendo le automobile a 10 km di distanza dalle abitazioni. E questo accade perché si vuole insistere a concentrare gli abitanti in “verticale”, incentivando ancora di più i servizi pubblici, per loro natura in “orizzontale”, che certamente servono, ma mai come potrebbe servire l’automobile. Ma è l’urbanistica che ci può permettere di vivere più o meno bene. Come devono coniugarsi architettura e urbanistica per una migliore qualità della vita? [bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE 37 INTERVISTA Torniamo alla sua “Città Ideale”… La mia idea era quella di progettare un tipo di urbanistica che potesse permettere alla gente di vivere l’intera giornata senza muoversi da casa, o per lo meno muovendosi per quei pochi metri: un ritorno al paesino di 2000 persone. Questa mia sfera poteva contenere un numero di paesini di 2000 persone fino ad arrivare alle 25.000 che ho ritenuto quantitativamente giuste perché, almeno fino a 3 o 4 anni fa, era il numero di persone che poteva permettere a un ospedale, assolutamente attrezzato, di poter vivere in autonomia. Anche le 25mila persone quindi hanno un loro perché, ed è un perché legato alla sanità. Questi paesini di 2000 persone, erano disposti su diversi piani fino ad arrivare a 240 metri di altezza – non è che non io vada in altezza, ci vado volentieri, però, come vado in altezza, vado anche in larghezza, per cui tutto prende un senso. La vita nella mia città è quella di una città in collina in cui si può fare a meno anche dell’ascensore perché, al posto delle scale, c’è una rampa che si snoda nel verde tra le abitazioni. Questa lunghezza di 240 metri anche in orizzontale – il diametro – mi permette di avere nella parte sottostante lo spazio per le automobili, contrariamente a quello che si verifica in un grattacielo in cui le automobili, per essere sotto casa, dovrebbero essere sistemate a profondità inimmaginabili. Gli accessi alla città sono previsti su quattro fronti e confluiscono in un parcheggio perimetrale calcolato per una quantità di automobili pari alla metà di quella necessaria oggi in quanto l’auto non sarà più indispensabile per la vita di tutti i giorni. Grazie a questo tipo di urbanistica, gli abitanti potranno godere di un tempo e uno spazio vissuti serenamente, il giardino e l’orto saranno fuori dalla porta di casa e, a pochi passi dall’abitazione, troveranno tutto quello che serve per una giornata, dal pronto-soccorso, al ristorante, alla chiesa, alle scuole, ai centri di incontro. L’automobile quindi non è un bisogno quotidiano, ma è soltanto un appoggio per le eventuali necessità. Questa mia città, completa, senza scale, risale solo a due anni fa nel senso che prima non ero riuscito a farla senza scale; nell’elaborazione successiva è prevalso il concetto di [bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE 38 una città da vivere a piedi, in cui poter raggiungere agevolmente tutto ciò che è necessario nella quotidianità. Il concetto della sfera permette quindi di avere quei paesini di 2000 abitanti, ma soprattutto perché come costruzione, come struttura, la forma sferica è quella che meglio risponde agli sforzi esterni e che quindi viene a costare meno rispetto alle costruzione normali (pilastri, cemento armato piuttosto che acciaio), e non è poco; per di più la forma sferica elimina i pilastri aumentando moltissimo lo spazio vivibile. Oggi giorno in un grattacielo il 70% degli spazi è devoluto ai servizi, contro il 20% che io valuto per cui, sotto questo profilo, è un bel vantaggio anche da un punto di vista economico. Come potrebbe inserirsi la sua “Città Ideale” nell’attuale contesto urbanistico milanese? La mia città è ormai abbastanza conosciuta, è andata a Pechino, Tokio, San Paolo, ma non ha avuto praticamente successo. Attualmente un’iniziativa da parte della Fiera propone la “Città Ideale” come una soluzione per Milano… Ma se non cambiano l’urbanistica, come l’ho cambiata io, e non vedo proposte in questo senso, immaginiamo cosa vorrà dire il fatto di portare – con il progetto “City Life” – 300mila persone in più nel centro di Milano: un disastro. Con la mia città invece, queste 300mila persone potrebbero andare in periferia, nell’ex area Falck per esempio, dove nell’ottobre del 2008, nell’ambito di un incontro sul tema “Rinnovamento e urbanistica: Sesto S. Giovanni ristrutturata a Città Giardino con il collegamento pedonale INTERVISTA alberato tra Parco Nord e Area Falck”, erano stati presentati cinque pannelli illustrativi della proposta formulata a partire dall’idea della “Città Ideale” G.M. 2005. Come vede i progetti che i cosiddetti Archistar stanno realizzando per Milano? La considero una forma scorretta da parte di questi “Archistar” che sono personaggi che vogliono far parlare di sé; ma quello che più stupisce è che li lasciano fare. Prescindendo dal fatto che un architetto agisce su commissione e quindi anche la commissione di City Life lascia perplessi per la disinvoltura con la quale un giorno ammette per lo stesso progetto uffici e l’altro giorno abitazioni, è offensivo che il cosiddetto Archistar proponga di trasformare l’arte dell’architettura, che è l’arte dell’abitare, in manifestazioni estemporanee completamente in contrasto con un’abitazione comoda e serena È incredibile pensare oggi giorno a un grattacielo come quello proposto per City Life: il famoso grattacielo storto. Bisogna essere folli per immaginarlo in quanto, fino a che è diritto, la struttura è semplicissima, ma farlo storto è contro ogni evidenza statica. Per di più, adesso che hanno pensato di correggere il progetto, gli hanno dato una forma di stivale al contrario, con un gran piede sospeso nel vuoto. Spero che questo malaugurato progetto sia condannato da una parte dell’ordine dei Medici per quanto riguarda l’insopportabilità nervosa dell’individuo e, dall’altra, da strutturisti onesti che non si adattino a calcolare strutture di ingente e inutile costo. Restando nell’ambito della città come realtà abitativa a misura d’uomo, come vede lei la piantumazione dei famosi 90mila alberi a Milano? Io amo la natura, le montagne, i cavalli, sono un cacciatore, ma, proprio perché sono un amante della natura, trovo addirittura offensivo per la natura – da parte di Abbado e di Piano – pensare di mettere alberi in una città dove non ci sono mai stati. È assolutamente assurdo perché ogni città è fatta a suo modo e, quelle che sono nate con le piante, beate loro. Milano è nata in un’altra maniera per cui dove non ci sono piante e le vogliono mettere, si crea uno squilibrio. Su questo argomento ho scritto due articoli di cui uno riguardava Via Dante che gli autori del progetto vorrebbero piantumata a frassini… Ma il frassino, quando è cresciuto, arriva almeno a 40 metri di altezza e a perlomeno 30 di larghezza, per cui non ci starebbero nemmeno. Quindi o si utilizzano piante “adulte” con un effetto immediato, oppure piante con solo cinque anni di vita, prive quindi di qualsiasi effetto. Se il trasporto avvenisse a pianta fatta, i costi sarebbero inimmaginabili, come pure le difficoltà di inserimento in queste nostre strade (metropolitana ecc.). In più sarebbe un’offesa, un disastro per quella pianta che per 30-40 anni era vissuta nel suo ambiente naturale, tra i suoi amici. Basterebbe solo questo per non mettere in atto il progetto. Passando da Via Dante a Piazza delle Grazie, le poverette che [bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE 39 chiedono che anche lì vengano piantati dei frassini, non sanno quello che chiedono perché, se piantiamo frassini di cinque anni, li vedremo solo tra 40 anni… Per quanto riguarda Piazza delle Grazie poi, c’è anche un’altra ragione per non mettere piante, ed è legata alle piccole dimensioni della piazza che riceverebbe ancora più ombra, soprattutto nella parte del chiostro che ospita l’Ultima Cena che, come tutti gli affreschi antichi, ha un nemico nell’umidità. Gli alberi andrebbero piantati soprattutto nelle periferie delle città, creando la città nel bosco, non il bosco nella città! ■ ISCRIZIONI ECM Iscrizione agli eventi ECM dell’Ordine dei Medici e degli Odontoiatri di Milano L’iscrizione ai Corsi ECM organizzati dall’Ordine dei Medici di Milano può essere effettuata via e-mail all’indirizzo [email protected] inserendo nella mail tutti i dati richiesti nella scheda sotto riportata. N.B. Si specifica che l’adozione di tale modalità comporta l’implicita autorizzazione da parte dell’Ordine al trattamento dei dati ivi inseriti e che tali dati potranno essere cancellati o rettificati a Vostra richiesta ex art. 7 D. Lgs. 196/2003. Le dichiarazioni di seguito rese sono autocertificazioni e come tali assoggettate al D.P.R. 445/2000 e alle sanzioni ivi previste. Qualora il medico non avesse indirizzo e-mail potrà inviare la scheda di seguito riportata tramite fax al n. 031/990453. Nome/Cognome......................................................................................................................................................................................................... Luogo e data di nascita............................................................................................................................................................................................ Iscritto all’Ordine dei Medici e degli Odontoiatri di...................................................................................................................................... Albo Medici ❑ Albo Odontoiatri ❑ Residente a................................................................................................................................................................................................................... Indirizzo........................................................................................................................................................................................................................ CAP......................................................................Città................................................................................................................................................. Prov...............................................................................Cell...................................................................Tel................................................................ e-mail.................................................................................................................Codice fiscale................................................................................ ❑ 1 Violenza alle donne Studio per una rete professionale interdisciplinare di collaborazione e sostegno alle esperienze sul territorio Venerdì 1 ottobre 2010 ❑ 2 Il trattamento della paralisi facciale: dall’insorgenza alla terapia medica e chirurgica Sabato 2 ottobre 2010 ❑ 3 Nuovi scenari nel campo delle patologie professionali Aggiornamento dell’elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la denuncia (Decreto 11 dicembre 2009) Sabato 9 ottobre 2010 ❑ 4 Problematiche di responsabilità professionale in Pediatria dal Pediatra “certificatore” al Pediatra “centralinista” Sabato 16 ottobre 2010 ❑ 5 La stipsi: nuovi inquadramenti eziopatogenetici Sabato 23 ottobre 2010 ❑ 6 Rapporti tra fattori legati agli stili di vita e patologie infiammatorie croniche: correlazioni tra malattie parodontali e malattie sistemiche Sabato 6 novembre 2010 ❑ 7 Aspetti clinici nelle parassitosi intestinali e cutanee: dalla diagnosi alla terapia Sabato 13 novembre 2010 ❑ 8 Il futuro dell’Odontoiatria Sabato 20 novembre 2010 ❑ 9 Centenario di fondazione degli Ordini dei Medici Chirurghi Sabato 27 novembre 2010 SI RICORDA CHE Sabato 25 settembre 2010 – ore 8.30-13.15, presso l’Auditorium Don Alberione Periodici San Paolo (Via Giotto 36 – Milano) si terrà il corso ECM Il ruolo del dentista nella medicina del sonno: una prospettiva professionale nel futuro immediato. Per il programma consultare il Bollettino 2/2010. Consenso al trattamento dei dati personali Il trattamento dei dati personali che La riguardano viene svolto nel rispetto di quanto stabilito dalla Legge 196/2003 sulla tutela dei dati personali. Si raccomanda di compilare la scheda di iscrizione in tutte le sue parti, compreso il codice fiscale, indispensabile al fine di ottenere l’attribuzione dei crediti formativi. ❑ Accetto ❑ Non accetto Firma............................................................................................................................................................................................................ L’accettazione al consenso del trattamento dei dati è fondamentale ai fini dell’iscrizione. INFORMAZIONI GENERALI • • • L’iscrizione al Corso è gratuita e verrà data la precedenza agli iscritti all’Ordine di Milano. Il Corso è in fase di accreditamento presso il Ministero della Salute: verrà rilasciato un attestato di partecipazione con crediti formativi attribuiti dalla Commissione ECM. L’attestato verrà rilasciato solo a coloro che parteciperanno all’intera durata dei lavori e compileranno le schede di valutazione e di verifica. CORSI ECM 1 Violenza alle donne Studio per una rete professionale interdisciplinare di collaborazione e sostegno alle esperienze sul territorio In collaborazione con l’Ordine degli Avvocati di Milano Venerdì 1 ottobre 2010 – ore 14.00-19.30 - Aula Magna – Palazzo di Giustizia di Milano • Il PM Dott. Marco Ghezzi Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano • L’ Avvocato Avv. Francesca Garisto Avvocato in Milano PROGRAMMA 14.00-14.15 Registrazione Partecipanti Moderatore Dott.ssa Maria Grazia Manfredi Componente Commissione Pari Opportunità Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Milano 17.10-17.50 Ruolo ed atteggiamento dell’informazione • La carta stampata Marina Terragni Giornalista Opinionista • L’informazione radio-televisiva Giornalista di TG 14.15-14.30 Saluti e introduzione da parte delle Autorità Sono stati invitati: Presidente Corte d’Appello di Milano Presidente Tribunale di Milano Presidente Ordine degli Avvocati di Milano Presidente Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Milano 17.50-19.00 Tavola Rotonda: allarme violenza Moderatori Avv. Giovanna Fantini Vice Presidente Comitato Pari Opportunità Ordine degli Avvocati di Milano 14.30-15.20 Violenza sessuale e violenza domestica •Epidemiologia Dott.ssa Alessandra Kustermann Direttore U.O.C. Pronto Soccorso e Accettazione Ostetrico-Ginecologica Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico – Milano •L’evoluzione della normativa e i diversi tipi di violenza Avv. Manuela Ulivi Avvocato in Milano •Violenza e conflitto: criteri e scelte processuali Dott. Pietro Forno Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano Dott.ssa Maria Teresa Zocchi Referente Commissione Pari Opportunità Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Milano Intervengono: Rappresentante Forze dell’Ordine Dott.ssa Lucia Castellano Direttore Carcere di Bollate Dott.ssa Cristina Stancari Assessore Provinciale Pari Opportunità Prof.ssa Antonella Limonta Dirigente Scolastico ITIS e Liceo Marconi - Gorgonzola Dott.ssa Marisa Guarneri Casa delle Donne Maltrattate Moderatore Avv. Silvia Banfi Presidente Commissione Pari Opportunità Ordine degli Avvocati di Milano 19.00 Il Sentire • Raccordo d’insieme Avv. Luciana Tullia Bertoli Componente Comitato Pari Opportunità Ordine degli Avvocati di Milano 15.20-17.10 Ruolo degli operatori •Il Medico Ospedaliero: il Ginecologo Dott.ssa Paola Pifarotti Specialista in Ostetricia e Ginecologia Dirigente Medico – Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico Milano • Il Medico Ospedaliero: lo Psichiatra Dott. Claudio Mencacci Direttore Dipartimento di Salute Mentale A.O. Fatebenefratelli e Oftalmico – Milano •Il Medico di Famiglia Dott.ssa Rita Cambieri Medico di Medicina Generale a Milano • Il Giudice Dott.ssa Annamaria Gatto Magistrato del Tribunale di Milano Seguirà un brano musicale 19.00-19.30 Compilazione schede di valutazione e di verifica n. 150 posti disponibili Accreditato per Medici Chirurghi [bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE 41 CORSI ECM 2 Il trattamento della paralisi facciale: dall’insorgenza alla terapia medica e chirurgica Sabato 2 ottobre 2010 – ore 8.30-13.30 - Auditorium Don Alberione – Periodici San Paolo Via Giotto 36 – Milano Coordinatore Prof. Federico Biglioli Professore Associato e Direttore U.O. di Chirurgia Maxillo – Facciale IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi – Università degli Studi di Milano PROGRAMMA 8.30-9.00 Registrazione Partecipanti 9.00-9.30 Prof. Federico Biglioli Introduzione Storia, clinica e aspetti psicologici 9.30-9.50 Dott.ssa Nicoletta Massetto Dirigente Medico – U.O. di Neurologia – A.O. San Paolo – Milano La paralisi di Bell: insorgenza, decorso, terapia e follow-up 9.50-10.20 Dott. Claudio Cattalini Dirigente Medico – U.O. di Neurologia – A.O. San Paolo – Milano Diagnostica strumentale ed elettromiografica 10.20-10.45 Prof. Pietro Mortini Professore Ordinario e Direttore U.O. di Neurochirurgia Ospedale San Raffaele – Università Vita-Salute San Raffaele – Milano Trattamento delle paralisi ad insorgenza encefalica e del basicranio 10.45-11.30 Intervallo 11.30-12.00 Prof. Federico Biglioli Trattamento chirurgico delle lesioni recenti ed inveterate: area del sorriso e delle palpebre 12.00-12.30 Prof.ssa Elena Dalla Toffola Professore Ordinario e Direttore Istituto di Fisiatria Policlinico San Matteo – Università degli Studi di Pavia Dott.ssa Lucia Petrucci Responsabile Ambulatorio di riabilitazione oncologica e del pavimento pelvico U.O. di recupero rieducazione funzionale – Policlinico San Matteo – Pavia Implementazione dei risultati: la riabilitazione fisioterapica 12.30-12.40 Dott.ssa Alice Frigerio Chirurgo Maxillo-Facciale – Istituto di Fisiologia Umana – Università degli Studi di Milano Valutazione dei risultati 12.40-13.00 Prof. Paolo Cavallari Professore Ordinario – Istituto di Fisiologia Umana – Università degli Studi di Milano Il futuro? Basi elettrofisiologiche e studi sperimentali 13.00-13.30 Compilazione schede di valutazione e di verifica n. 150 posti disponibili Accreditato per Medico Chirurgo [bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE 42 CORSI ECM 3 Nuovi scenari nel campo delle patologie professionali Aggiornamento dell’elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la denuncia (Decreto 11 dicembre 2009) Sabato 9 ottobre 2010 – ore 8.30-13.00 - Auditorium Don Alberione – Periodici San Paolo Via Giotto 36 – Milano Nell’aprile u.s. è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il Decreto 11 Dicembre 2009 del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali che aggiorna l’elenco delle malattie professionali per le quali è obbligatoria la denuncia da parte del medico che ne riscontri l’esistenza. Questo decreto ribadisce l’obbligo per qualunque medico di denunciare le malattie di sospetta origine professionale delle quali venga a conoscenza e contemporaneamente ne aggiorna l’elenco includendovi quadri morbosi di riscontro anche molto comune. È infatti molto cambiato, rispetto al passato, il panorama delle patologie che riconoscono nell’attività lavorativa una possibile causa o concausa eziologica. Lo scopo è evidentemente favorire al massimo che vengano alla luce situazioni a tutt’oggi certamente sottovalutate. Il decreto prevede sanzioni civili e penali in caso di omissione. 10.00-10.20 Dott. Giuseppe Leocata S.C. di Medicina del Lavoro 2 Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico – Milano Malattie psichiche e psicosomatiche da disfunzioni dell’organizzazione del lavoro 10.20-10.40 Dott. Lorenzo Bordini S.C. di Medicina del Lavoro 1 Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico – Milano Malattie dell’apparato respiratorio 10.40-11.00 Intervallo Moderatori Prof. Pier Alberto Bertazzi Direttore Scuola di Specializzazione in Medicina del Lavoro – Università degli Studi di Milano 11.00-11.20 Dott. Mario Previdi Responsabile S.S. Allergologia ambientale – CEMOC Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico – Milano Le malattie allergiche Dott. Luciano Riboldi Direttore S.C. di Medicina del Lavoro 1 Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico – Milano 11.20-11.40 Dott. Aldo Todaro S.C. di Medicina del Lavoro 1 Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico – Milano I quesiti dei Medici di Medicina Generale alla Medicina del Lavoro PROGRAMMA 8.30-9.00 Registrazione Partecipanti 9.00-9.20 Prof. Pier Alberto Bertazzi Dott. Luciano Riboldi Introduzione 11.40-12.00 Discussione 9.20-9.40 Dott. Giuseppe Bonifaci Sovrintendente Medico Generale Direzione Generale INAIL Il Decreto 11.12.2009: aggiornamento dell’elenco delle malattie professionali da denunciare 12.00-12.30 Prof. Pier Alberto Bertazzi Dott. Luciano Riboldi Conclusioni 12.30-13.00 Compilazione schede di valutazione e di verifica 9.40-10.00 Dott. Enrico Occhipinti Direttore S.C. CEMOC Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico – Milano Le malattie muscoloscheletriche a carico della colonna e degli arti da sovraccarico biomeccanico n. 150 posti disponibili Accreditato per Medico Chirurgo [bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE 43 CORSI ECM 4 Problematiche di responsabilità professionale in Pediatria dal Pediatra “certificatore” al Pediatra “centralinista” In collaborazione con il Laboratorio di Responsabilità Sanitaria Sezione Dipartimentale di Medicina Legale e delle Assicurazioni – Università degli Studi di Milano Sabato 16 ottobre 2010 – ore 8.00-14.15 - Auditorium Don Alberione – Periodici San Paolo Via Giotto 36 – Milano 8.00-8.30 Registrazione Partecipanti Moderatori Antonio Farneti Professore Ordinario di Medicina Legale – Università degli Studi di Milano Luisa Maria Nino Pediatra di Famiglia – Milano PROGRAMMA 8.30-8.45 Marina Picca Pediatra di Famiglia – Milano Apertura lavori 8.45-9.20 Umberto Genovese Ricercatore Confermato in Medicina Legale e delle Assicurazioni Università degli Studi di Milano Inquadramento del contenzioso in Sanità 9.20-10.00 Lavinia Vercesi Avvocato in Milano Sentenze & Sentenze: questioni civili, penali e amministrative 10.00-10.30 Attilio Steffano Consulente assicurativo Profili assicurativi in Pediatria 10.30-10.45 Intervallo Moderatori Marina Picca Rinaldo Missaglia Pediatra di Famiglia – Monza 10.45-11.30 Antonio Vitello Direttore Servizio di Medicina Legale ASL MILANO Vecchie e nuove problematiche medico-legali in Pediatria 11.30-12.30 Michelangelo Casali Specialista in Medicina Legale e delle Assicurazioni - Università degli Studi di Milano Carlo Longhi Pediatra di Famiglia – Milano FAQ – Frequently Asked Question – di rilevanza medico legale: la certificazione, la consultazione telefonica 12.30-13.45 Discussione collegiale 13.45-14.15 Compilazione schede di valutazione e di verifica n. 150 posti disponibili Accreditato per Medico Chirurgo [bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE 44 CORSI ECM 5 La stipsi: nuovi inquadramenti eziopatogenetici Sabato 23 ottobre 2010 – ore 8.30-13.15 Auditorium Don Alberione – Periodici San Paolo Via Giotto 36 – Milano Coordinatore Dott. Giuseppe Calabrò Specialista in Chirurgia dell’Apparato digerente ed Endoscopia digestiva chirurgica Capo Reparto Chirurgia – Ospedale Militare di Milano PROGRAMMA 8.30-9.00 Registrazione Partecipanti 9.00-9.30 Dott. Giuseppe Calabrò La stipsi: definizione, classificazione, epidemiologia ed eziopatogenesi 9.30-10.00 Dott. Giuseppe Calabrò Iter diagnostico e terapia integrata della stipsi 10.00-10.30 Dott.ssa Cristina Ogliari Specialista in Gastroenterologia ed Endoscopia digestiva – Milano La terapia farmacologica della stipsi 10.30-10.45 Intervallo 10.45-11.15 Dott. Giuseppe Calabrò La terapia rieducativa nella defecazione ostruita 11.15-11.45 Dott. Luca del Re Specialista in Chirurgia Generale Dirigente Medico – Divisione di Chirurgia – A.O. Fatebenefratelli – Milano Lo sviluppo della terapia chirurgica della defecazione ostruita 11.45-12.15 Dott. Paolo Boccasanta Specialista in Chirurgia Generale Dirigente Medico – Dipartimento di Chirurgia Generale Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico – Milano Dott. Marco Venturi Specialista in Chirurgia dell’Apparato digerente ed Endoscopia digestiva chirurgica Medico di Medicina Generale – Milano Risultati, dati clinici e scientifici della terapia chirurgica della defecazione ostruita 12.15-12.45 Discussione 12.45-13.15 Compilazione schede di valutazione e di verifica n. 150 posti disponibili Accreditato per Medico Chirurgo [bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE 45 CORSI ECM 6 Rapporti tra fattori legati agli stili di vita e patologie infiammatorie croniche: correlazioni tra malattie parodontali e malattie sistemiche Sabato 6 novembre 2010 – ore 8.30-14.00 Auditorium Don Alberione – Periodici San Paolo Via Giotto 36 – Milano SIdP “Sorridi a un nuovo stile di vita” La Federazione Nazionale degli Ordini, in particolare l’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Milano e la Società Italiana di Parodontologia sono da sempre impegnati nella promozione di campagne di informazione scientifica. Per il biennio 2010-2011 SIdP ha organizzato un nuovo Progetto di divulgazione scientifica denominato “Sorridi a un nuovo stile di vita” - Rapporti tra fattori legati agli stili di vita e patologie infiammatorie croniche: correlazioni tra malattie parodontali e malattie sistemiche. Il progetto ha già ottenuto importanti riconoscimenti come i patrocini della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero della Salute, della Fondazione Umberto Veronesi, della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (FNOMCeO), della European Federation of Periodontology (EFP) e del Comitato Intersocietario di Coordinamento delle Associazioni Odontostomatologiche Italiane (CIC). I principali obiettivi del progetto sono l’informazione e la sensibilizzazione del pubblico, attraverso gli operatori sanitari di area odontoiatrica (dentisti ed igienisti dentali), sull’influenza che lo stile di vita può avere nei confronti di uno stato infiammatorio sistemico, trasmettendo l’importante concetto che la salute è un bene prezioso, da conservare con l’adozione di abitudini di vita sane. Sia le parodontiti che le malattie sistemiche ad esse correlate, rappresentano patologie con una eziopatogenesi multifattoriale e condividono numerosi fattori di rischio legati agli stili di vita (ad esempio la cattiva igiene orale, il fumo, gli errori alimentari e la vita sedentaria) oppure legati al patrimonio genetico (in termini di maggiore suscettibilità a contrarre o sviluppare una malattia). Tale progetto consentirà agli odontoiatri e agli igienisti dentali di comunicare ai propri pazienti un messaggio di prevenzione mediante l’osservazione periodica di una fascia di popolazione molto ampia e di tutte le età (ricordiamo infatti che in Italia circa il 40% della popolazione si reca dal dentista almeno una volta all’anno). Inoltre, la trasmissione dei contenuti del progetto attraverso il team odontoiatrico significherà raggiungere non soltanto il singolo paziente, ma piuttosto l’intero nucleo familiare, ambiente ideale per l’introduzione di concetti legati ad uno stile di vita sano. Se consideriamo l’igiene orale come punto di partenza per l’igiene di vita, la trasversalità dei messaggi rivolti al paziente in relazione al controllo di placca, ad una corretta alimentazione, ai danni derivati dal fumo per ciò che riguarda le patologie di competenza del team odontoiatrico, determina certamente una ricaduta positiva sulla prevenzione di patologie sistemiche ad elevata prevalenza come le malattie cardiocircolatorie, la sindrome metabolica, il diabete, la broncopatia cronica ostruttiva e patologie più gravi, anche se meno prevalenti, come le neoplasie. La divulgazione del progetto avverrà grazie ad un nuovo sito web, interamente dedicato agli stili di vita (www.progettostilidivita. it) e attraverso l’organizzazione di oltre 50 incontri culturali gratuiti in altrettante sedi Provinciali degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri. Questi incontri, distribuiti su tutto il territorio nazionale, si svolgeranno tra maggio 2010 e novembre 2011 e saranno tenuti da soci della SIdP coordinati da un responsabile regionale scelto tra i soci attivi. Durante i corsi verranno distribuiti sia il materiale educativo, appositamente preparato dalla Commissione per il Progetto, sia un questionario per l’accreditamento ECM. Prof. Luca Francetti Presidente Società Italiana di Parodontologia Dott. Claudio Gatti Consigliere Ordine di Milano e Coordinatore regionale del progetto [bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE 46 CORSI ECM OBIETTIVI DEL CORSO. Durante questo incontro culturale sarà discusso il rapporto tra gli stili di vita, le parodontiti e le malattie sistemiche ad esse correlate. Queste patologie, la cui eziopatogenesi è multifattoriale, condividono numerosi fattori di rischio legati agli stili di vita (ad esempio la cattiva igiene orale, il fumo, gli errori alimentari e la vita sedentaria) oppure legati al patrimonio genetico (in termini di maggiore suscettibilità a contrarre o sviluppare una malattia) Moderatore Dott. Valerio Brucoli Presidente Commissione Albo Odontoiatri Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Milano Coordinatore Dott. Luigi Paglia Consigliere Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Milano Relatori Antonio Carrassi Claudia Dellavia Luca Francetti Claudio Gatti Daniela Lucini Università degli Studi di Milano Università degli Studi di Milano Università degli Studi di Milano - Presidente SIdP Responsabile Regionale SIdP del progetto Stili di Vita Università degli Studi di Milano PROGRAMMA 8.30-9.00 Registrazione Partecipanti 9.00-10.00 Gli stili di vita e le parodontiti 10.00-11.30 Gli stili di vita e la loro influenza sulla salute sistemica e del cavo orale 11.30-12.00 Intervallo 12.00-12.30 Raccomandazioni cliniche 12.30-13.30 Tavola rotonda e discussione 13.30-14.00 Compilazione schede di valutazione e di verifica n. 200 posti disponibili Accreditato per Odontoiatra [bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE 47 CORSI ECM 7 Aspetti clinici nelle parassitosi intestinali e cutanee: dalla diagnosi alla terapia Sabato 13 novembre 2010 – ore 8.30-13.45 Auditorium Don Alberione – Periodici San Paolo Via Giotto 36 – Milano Moderatore Prof. Aldo Finzi Dermatologo Coordinatore Dott.ssa Rosanna Qualizza Specialista in Allergologia e Immunologia clinica Specialista Ambulatoriale Allergologa – A.O. ICP – Milano PROGRAMMA 8.30-9.00 Registrazione Partecipanti 9.00-9.45 Dott.ssa Rosanna Qualizza Parassitosi da nematodi 9.45-10.30 Dott. Nino Mozzanica Specialista Ambulatoriale Dermatologo – A O. ICP – Milano L’orticaria idiopatica 10.30-11.15 Dott. Cristoforo Incorvaia Specialista in Allergologia e Immunologia clinica Dirigente Medico CTO A O. ICP – Milano L’asma intrinseca 11.15-11.30 Intervallo 11.30-11.45 Dott.ssa Rosanna Qualizza La toxocariasi: 3 casi clinici (dermatite, orticaria e asma) 11.45-12.30 Dott. Marco Negri Specialista Ambulatoriale Dermatologo – A O. ICP – Milano La scabbia 12.30-13.15 Dott. Adriano Radaelli Specialista Ambulatoriale Dermatologo – A O. ICP – Milano Le pediculosi 13.15-13.45 Conclusioni e compilazione schede di valutazione e di verifica n. 150 posti disponibili Accreditato per Medico Chirurgo [bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE 48 CORSI ECM 8 Il futuro dell’Odontoiatria Sabato 20 novembre 2010 – ore 8.30-14.15 Auditorium Don Alberione – Periodici San Paolo Via Giotto 36 – Milano I giovani dentisti e il futuro dell’odontoiatria In tempi di crisi è indispensabile sperare ed operare per un futuro migliore. L’Odontoiatria, come molte altre professioni ed attività lavorative, sta subendo una depressione solo in parte dovuta alla crisi economica mondiale. La pletora odontoiatrica, l’infausta liberalizzazione della pubblicità e l’aggressione da parte di chi pensa di poter guadagnare investendo nella nostra professione e sfruttando il lavoro di giovani colleghi è la seconda, e forse non secondaria, causa dei problemi che riguardano i seri professionisti dell’odontoiatria. Conosco, anche per motivi familiari, una moltitudine di giovani odontoiatri e percepisco il loro disagio e le loro paure. Una volta ottenuta la laurea che fare? Aprire un nuovo studio oggi, con tutti gli adempimenti che la burocrazia ha creato ad arte per ostacolare una delle ultime “pure” libere professioni, almeno in campo medico, è un’impresa disperata. Collaborare è possibile ma ci si scontra con la crisi del settore e sono pochi i colleghi più anziani che possono dare spazio lavorativo all’interno dei propri studi. Rimangono purtroppo le collaborazioni sottopagate presso fantomatici centri dove la ricerca della qualità è pura fantasia. Tempi e tariffe imposte per una odontoiatria di bassa qualità che darà soldi agli investitori, poco guadagno al dentista curante e sicuri guai futuri al paziente. E allora ? Credo che esista una sola soluzione. Non sarà per tutti. Chi avrà pazienza e sceglierà la specializzazione e la ricerca della qualità delle cure prima o poi verrà ripagato. Certo il giovane collega dovrà magari rinunciare a facili guadagni immediati, ma nel tempo sarà premiato. L’età media dei dentisti sta rapidamente aumentando (frutto del facile accesso all’odontoiatria fino all’istituzione della specifica facoltà) e prima o poi i vecchi dentisti andranno in pensione, il mondo universitario dovrà sempre più porre attenzione alla qualità e non ai numeri e le istituzioni si accorgeranno che sono in essere profonde ingiustizie nell’accesso alla facoltà di odontoiatria, per cui chi non riesce ad accedere al corso di laurea in Italia, e se lo può permettere, può sempre andare in un’altra nazione con accesso facilitato (per es. la Spagna) e poi ritornare con le carte in regola per esercitare la professione nel proprio paese. Per questi motivi ho pensato che fosse necessario anche da parte dell’ Ordine dei Medici e degli Odontoiatri di Milano un segnale di speranza per le nuove generazioni di dentisti. Come referente dell’aggiornamento per gli odontoiatri allora quale migliore iniziativa che quella di cedere la parola ad un gruppo di giovani dentisti che perseguono una odontoiatria di eccellenza e vogliono trasmettere ai propri giovani colleghi (e non solo a loro) un messaggio di odontoiatria di qualità rivolta al futuro della professione. Sono sicuro che, oltre al gruppo dei relatori che vedrete, tanti altri giovani colleghi avrebbero meritato il podio . Intanto cominciamo con questi con il forte desiderio di dare coraggio a chi inizia la nostra bellissima professione e con un messaggio chiaro: puntate alla qualità e il futuro sarà vostro! Affronteremo argomenti che abbracciano molte branche della moderna odontoiatria: Le lesioni endo-parodontali. Restauri adesivi indiretti in composito dei settori posteriori. Prelievi ossei endorali ai fini ricostruttivi implantari. Tessuti molli periimplantari. La chirurgia della disodontiasi e la TC ai fini Ortognatodontici. Giovani e non più giovani dentisti partecipate numerosi! Sono sicuro che avremo tutti da imparare e magari guarderemo al futuro con maggiore fiducia. Claudio Gatti Consigliere dell’Ordine di Milano Referente dell’Aggiornamento Professionale per gli Odontoiatri [bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE 49 CORSI ECM Moderatore Dott. Claudio Gatti Consigliere Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Milano Coordinatore Dott. Luigi Paglia Consigliere Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Milano PROGRAMMA 8.30-9.00 Registrazione Partecipanti 9.00-9.30 Dott. Luigi Paglia Dott. Claudio Gatti Introduzione 9.30-10.00 Dott. Massimo Di Stefano Master in Scienze Odontostomatologiche – Università di Madrid Le lesioni endo-parodontali 10.00-10.30 Dott. Andrea Posadinu LMD Università di Ginevra Frequentatore Ospedale San Raffaele – Milano Restauri adesivi indiretti in composito dei settori posteriori 10.30-11.00 Dott. Fulvio Gatti Specialista in Chirurgia Orale – Università degli Studi di Milano Prelievi ossei endorali ai fini ricostruttivi implantari 11.00-11.15 Intervallo 11.15-11.45 Dott. Davide Farronato Specialista in Chirurgia Orale – Università degli Studi di Milano Tessuti molli periimplantari 11.45-12.15 Dott. Paolo Ordesi Dott. Luca Grassi Dott. Paolo Persia Borsisti Istituto Stomatologico Italiano – Milano La chirurgia della disodontiasi 12.15-12.45 Dott. Lucio Toma Dott.ssa Francesca Bellincioni Specializzandi in Ortognatodonzia – Università degli Studi di Milano Cone Beam in ortodonzia: dalla diagnosi al manufatto 12.45-13.45 Discussione e conclusioni 13.45-14.15 Compilazione schede di valutazione e di verifica n. 150 posti disponibili Accreditato per Odontoiatra [bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE 50 CORSI ECM 9 Centenario di fondazione degli Ordini dei Medici Chirurghi Sabato 27 novembre 2010 – ore 8.30-13.45 Circolo della Stampa C.so Venezia 16 – Milano Coordinatore Prof. Giorgio Cosmacini Docente di “Teoria e Storia della Medicina Università Vita-Salute San Raffaele – Milano 11.00-11.15 Intervallo TAVOLA ROTONDA I problemi dell’aver cura PROGRAMMA 8.30-9.00 Registrazione Partecipanti Moderatore Prof. Giorgio Cosmacini 9.00-9.15 Saluto delle Autorità 9.15-9.30 Dott. Ugo Garbarini Presidente Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Milano I CENTO ANNI DELL’ORDINE Dalla fondazione alla giornata odierna 9.30-9.40 Dott. Valerio Brucoli Presidente Commissione Albo Odontoiatri Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Milano CENTO ANNI DI ORDINE E TRENT’ANNI DI PROFESSIONE ODONTOIATRICA Dal passato una soluzione per il futuro 9.40-10.00 Prof. Giorgio Cosmacini PAROLA D’ORDINE: SCIENZA E UMANITÀ Vocazione ordinistica e mestiere di Medico 11.15-11.45 Prof.ssa Silvia Vegetti Finzi Psicologa clinica e scrittrice L’aver cura dei giovani 11.45-12.15 Prof. Fulvio Scaparro Psicoterapeuta L’aver cura degli anziani 12.15-12.45 Dott. Roberto Satolli Medico e Giornalista Presidente di Zadig (Agenzia di Editoria Scientifica Informazione e formazione della cura 12.45-13.15 Prof. Salvatore Natoli Docente di Filosofia teoretica Università degli Studi di Milano-Bicocca Epistemologia della cura 13.15-13.45 Compilazione schede di valutazione e di verifica 10.00-10.30 Prof. Claudio Rugarli Professore emerito di Medicina Interna Università Vita-Salute San Raffaele – Milano IL MEDICO E LE QUESTIONI DI VITA Vita biologica e vita umana 10.30-11.00 Prof. Giovanni Battista Agus Direttore della Sezione di Chirurgia Vascolare e Angiologia Dip. di Scienze Chirurgiche Specialistiche Università degli Studi di Milano TECNOLOGIA E ANTROPOLOGIA DELLA MEDICINA Due culture, anzi una n. 200 posti disponibili Accreditato per Medico Chirurgo e Odontoiatra [bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE 51 IN LIBRERIA Trattato di Medicina Estetica Alberto Massirone Piccin Nuova Libratia, 2010, Padova “Al nost dutur” Ricordando Carlo Zanello Edizione Comune di Rosignano Monferrato (Al), 2010 La medicina estetica, ormai consolidata disciplina della medicina convenzionale, ha conosciuto negli ultimi dieci anni progressi notevoli, parallelamente a una sempre maggior professionalizzazione di coloro che la praticano. L’opera in tre volumi, riccamente illustrati a colori, consente di chiarire, delineare e confinare i criteri medici alla base di questa disciplina, che non solo è in forte crescita, ma in attesa di una giusta identificazione. «In questo trattato – dichiara l’autore – ho voluto dare un’immagine snella, veloce e di immediata comprensione ad ogni singolo argomento, facilitando il medico nei vari passi essenziali a rendere eseguibile il singolo intervento, inserendo gli eventuali effetti indesiderati, illustrando gli errori possibili e quant’altro di aiuto, sia al neofita, sia a chi già conosce l’argomento per rivalutarlo nei vari passaggi con l’esperienza dei colleghi. In questo modo sono stati trattati tutti i capitoli necessari, e ho rinviato a capitoli più specifici, l’approfondimento particolareggiato per dare risposte e collegamenti logici alle singole proposizioni e agli immancabili quesiti che ognuno vorrà porsi». «Credo quindi che questo libro – dice Marco Klinger, nella presentazione – sia una grande occasione per tutti, praticanti e curiosi, per entrare in un mondo spesso a sproposito minimizzato, dove invece esistono scuole (l’Agorà ne è l’esempio principale), ricerca e professionisti di rango assoluto, tali da immaginare un immediato futuro per la medicina estetica florido di nuove idee e di iniziative che le consolidino». Toccanti ricordi di un grande uomo, il “dutur” Carlo Zanello che i Rosignanesi piangono e rammentano con affetto: con lui c’è chi ha perso l’amico prezioso, chi il parente caro, chi il medico di una vita, chi il collega col quale discutere i problemi professionali, chi il medico non soltanto del corpo, ma anche dell’anima. Nella convinzione che il dott. Carlo Zanello, nella sua lunga carriera professionale di medico condotto completamente dedicata alla salute dei suoi concittadini Rosignanesi lasciasse un’eredità troppo preziosa per non raccoglierla, i curatori del volume (Damaso Caprioglio, Cesare Chiesa, Pietro Guindani e Annarita Rosso) hanno riunito le testimonianze di chiunque avesse avuto il piacere di partecipare al progetto. Il risultato è una raccolta di emozioni, che commuovono il lettore e lo rendono partecipe della vita di una comunità stretta intorno al suo “dutur”. [bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE 52 IN LIBRERIA Atlante delle professioni A cura di Maria Malatesta Bononia University Press, 2009, Bologna Il medico condotto - Storia dell’assistenza sanitaria sul territorio prima e dopo l’unità d’Italia Antonio Molfese Centro Regionale Lucano dell’Accademia di Storia dell’Arte Sanitaria Torre Molfese, S. Brancato di S. Arcangelo (Pz) Edito dal C.I.R.M. – Centro Internazionale Radio Medico “L’Italia – afferma Maria Malatesta, curatrice dell’opera – è il paese che ha inventato l’università e con essa le professioni intellettuali”, che sono state “uno dei tanti campi in cui si è manifestata la creatività italiana”. Il volume, risultato di una ricerca biennale avviata nel 2007 nell’ambito dei Progetti strategici promossi dall’Ateneo di Bologna, si propone di restituire alle professioni liberali italiane e all’università, che ad esse ha dato e dà legittimazione e prestigio, lo spessore della loro presenza millenaria nel nostro paese. Giureconsulti, notai, avvocati, architetti, ingegneri, medici, farmacisti, veterinari, ragionieri, dottori commercialisti e i loro saperi sono rappresentati dal Medioevo a oggi nel loro operare concreto all’interno della società e nella loro sedimentazione nell’immaginario collettivo. La forma espositiva adottata è quella dell’atlante: “non il racconto diffuso del cambiamento nel tempo delle discipline e delle pratiche professionali, ma la rappresentazione materiale della loro presenza nello spazio locale, nazionale, transnazionale con le carte, i numeri, le immagini”. Il viaggio che un folto gruppo di ricercatori ha condotto all’interno del mondo delle professioni italiane mostra il loro radicamento profondo nelle istituzioni e nella società. La loro forza è il risultato di una antica e complessa alchimia tra saperi, territori, poteri. Dalle professioni è scaturita un’idea di governance che si è estesa a tutti i settori della vita sociale e d economica del paese e che ancora oggi trae dall’alta cultura il primo e fondamentale impulso. Affascinato dalla figura del medico condotto, Antonio Molfese ne ha ripercorso la storia, fin dalle sue origini, illustrando i progressi che la sanità, intesa come assistenza e cura del malato ha avuto, dal 1860 in poi, con i relativi eventi sociali che tra l’Ottocento e il Novecento hanno caratterizzato la vita degli italiani. Nei due volumi che compongono l’opera, l’autore – ginecologo, urologo, medico legale e medico di bordo e che nella sua carriere, seppure per un breve periodo, ha svolto la funzione di medico condotto – illustra l’evoluzione della professione di medico condotto e l’organizzazione sanitaria sul territorio nel quale svolgeva la propria attività; illustra le malattie prevalenti dal 1860 in poi e descrive alcune figure emblematiche di medici che hanno operato sull’intero territorio nazionale. I testi sono arricchiti da memorie degli ultimi medici condotti ormai a riposo che sono venuti a conoscenza della pubblicazione. L’opera termina con i consulti medici epistolari tra il 1890 ed il 1930 intercorsi tra alcuni medici della Basilicata e professori dell’Università di Napoli. La ricca iconografia di pubblicità di farmaci dell’epoca impreziosiscono l’opera. I volumi possono essere richiesti mediante contributo volontario di € 30, 00 + spese postali al seguente indirizzo mail: antonio. [email protected] o presso il CIRM di Roma. [bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE 53 NOTIZIE NASCE IL REGISTRO DEI MEDICI OSTEOPATI Anche per quanto riguarda l’Osteopatia, i lavori della Commissione Medicine Non Convenzionali sono giunti a termine e hanno sancito i criteri per l’istituzione del Registro dei Medici Osteopati dell’Ordine dei Medici e degli Odontoiatri di Milano e Provincia. Questo Registro, come quelli delle altre MNC già pubblicati, consente all’Ordine di espletare le funzioni, che gli competono, di vigilanza perché gli atti medici, quali essi siano, si svolgano nel completo rispetto delle norme deontologiche. Di più ancora, questi requisiti, dopo lunghe indagini conoscitive, li ha individuati l’Ordine stesso quale prerogativa per essere inseriti nei succitati registri. Deve anche essere chiaro che ciò non vuole avere il significato di una manleva che l’Ordine esercita su questi medici “registrati”. Tutti i medici, per essere tali, devono iscriversi all’Albo dei Medici o a quello degli Odontoiatri e per fare ciò devono presentare una serie di documenti attestanti anche la loro formazione e la loro eventuale specializzazione. Ciò non di meno, ed è una costatazione ormai non rara, le cronache sono piene di errori medici o presunti tali. Il Registro informa semplicemente che, per professare la Osteopatia, questi colleghi hanno seguito un cursus formativo ritenuto dall’Ordine sufficiente ed esaustivo. Ma i colleghi iscritti, al di là della loro specifica preparazione, non devono mai dimenticare che prima di tutto sono medici e come tali debbono comportarsi e che l’Ordine non farà sconti a chi ciò dimenticherà. UN’INIZIATIVA DEDICATA AI MEDICI ARTISTI L’ordine dei Medici ed Odontoiatri di Milano, in collaborazione con il “Centro per lo studio e la promozione delle Professioni Mediche” ha in programma la promozione di una iniziativa dedicata ai Medici Artisti. Ben sappiamo che tanti Colleghi hanno la passione creativa dell’arte per il bisogno di spogliarsi ogni tanto del proprio ruolo e di dare spazio all’altra parte di se stessi ricordando il motto di Ippocrate “ vita brevis , sed ars longa”. La Medicina è sempre stata intesa come “arte Medica” e non come pura elaborazione di dati e pertanto è giusto che arte e scienza si leghino come naturalmente già fanno. La promozione di questa iniziativa, oltre al piacere di ritrovarsi per confrontarsi e scambiarsi esperienze, è determinata non solo dalla passione per l’arte intesa in senso lato, ma soprattutto dalla convinzione e dalla volontà di voler operare, attraverso essa, al raggiungimento di progetti e manifestazioni Medico-artistiche.Il collegamento con il Centro delle Professioni Mediche, che sta strutturando una propria sede (Centro Studi e Museo) a Duno in provincia di Varese accanto al Tempio dei Medici che già contiene molte opere di Medici Artisti, permetterà di dare vita a iniziative culturali-artistiche sicuramente molto interessanti, quali mostre collettive o personali. Un primo progetto potrebbe essere un concorso per la creazione di un “logo” per il “ Centro Professioni Mediche”. Chi volesse aderire all’iniziativa è pregato di segnalare il proprio nominativo al Dott Giovanni Damia tel. 3334929515 ([email protected]). [bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE 54 ASSEMBLEA ORDINARIA FEDER.S.P.EV. Il 13 aprile, presso la sede dell’Ordine dei Farmacisti della Provincia di Milano, si è svolta l’Assemblea Ordinaria Annuale Precongressuale Feder.s.p.ev. - Sezione Milano-Lodi. Erano presenti una quarantina di soci, il rappresentante dell’Ordine dei Medici e il rappresentante dell’Ordine dei Farmacisti. Nella sua relazione, la Presidente Mariangela Bernamonti si è soffermata sulle difficoltà di aggregazione per quanto riguarda gli iscritti medici, sottolineando invece la costante presenza di un compatto gruppo di vedove, grazie al quale la Federazione ha la possibilità di portare a buon fine le sue iniziative. Per ciò che riguarda il reperimento di nuove adesioni, l’invio di più di 350 lettere a medici pensionati e pensionandi del biennio 2008/2009 ha dato risultati assai modesti. L’Ordine dei Medici della Provincia di Milano ha risposto sollecitamente all’invito del Presidente Regionale prof. Perelli Ercolini a tutti i Presidenti degli Ordini dei Medici della Lombardia di far pervenire ai Presidenti Provinciali di Feder.s.p.ev. i nominativi dei medici che raggiungeranno nel 2010 il 65° anno di età. L’elenco pervenuto comprende circa 250 nominativi con i relativi indirizzi: sarà compito del Consiglio Direttivo trovare metodi più personalizzati per raggiungere le singole persone, far conoscere loro l’Associazione e fornire informazioni o supporti relativi alle pratiche da espletare. La Presidente ha poi illustrato la relazione del Presidente Nazionale al Consiglio di Roma del 22/02/010, ricordando quanto la Feder.s.p.ev. sta facendo per la difesa delle nostre pensioni e, unitamente ad altre associazioni, per l’abolizione dell’art. 41 della Legge 335/95. La tesoriera Anna Maria Sbertoli ha quindi esposto i bilanci, consuntivo 2009 e preventivo 2010, soffermandosi sulle singole voci e riferendo i motivi della necessità del contenimento delle spese. Entrambi i bilanci sono stati approvati all’unanimità. Il prof. Perelli Ercolini ha brevemente riferito sulla Giornata del Pensionato di Roma del febbraio scorso. Sono stati quindi nominati i delegati al Congresso Nazionale: il presidente dott.ssa Mariangela Bernamonti, il prof. Marco Perelli Ercolini, la sig.ra Anna Maria Sbertoli, il dott. Giuseppe Messina. Dopo vari interventi e una breve esposizione del dott. Messina sulle ultime novità fiscali e della dichiarazione dei redditi 2010, è stato consegnato un omaggio floreale alla Consigliera sig.ra Letizia Fava Gravati, che si trasferirà in Sicilia. NOTIZIE MEDICI ALLA RIBALTA Cantare, suonare, recitare, imitare… è il vostro sogno? Questa è la vostra occasione! I colleghi disposti a salire sul palcoscenico, desiderosi di esibirsi a buon livello, contattino per le prove il dott. Franco Mantovani (tel.347 3615283 – e-mail [email protected]). È infatti fissata per l’autunno presso il Circolo Volta di Via Giusti a Milano, che si ringrazia per la disponibilità, la nuova edizione di “Medici alla ribalta”. UN NUOVO POLIAMBULATORIO CURERÀ I POVERI DI MILANO OFFERTA FORMATIVA Il Centro Studi per le Psicoanalisi Contemporanee (CSPC) propone un’offerta formativa indirizzata sia a Psicoterapeuti che intendano approfondire la loro competenza teorico-clinica, sia a operatori medici, e in generale delle helping professions che nelle realtà territoriali sono confrontati col disagio psichico dell’età adulta e dell’età evolutiva. L’offerta formativa a moduli, prevede piccoli gruppi di lavoro sull’osservazione del neonato e del bambino, gruppi di teoria psicoanalitica, seminari clinici sul lavoro di rete con utenze nel territorio, supervisione casistica e di équipe. Ulteriori dettagli disponibili su www.lepsicoanalisi.org Sono oltre 33mila i pazienti, poveri e clandestini, curati ogni anno gratuitamente nel poliambulatorio dell’Opera San Francesco a Milano. 142 visite al giorno, questo nel 2009, per risolvere problemi di medicina di base, odontoiatria, ginecologia, chirurgia, ortopedia, oculistica, cardiologia. Ma le cure mediche non sono che uno dei molti servizi che l’Istituzione milanese, diretta da Padre Maurizio Annoni, da oltre cinquant’anni offre: 2.200 pasti caldi al giorno, servizio docce e guardaroba, un’area sociale per l’orientamento, l’assistenza, l’avviamento al lavoro, l’assegnazione di piccoli appartamenti di emergenza. Oggi per rispondere alle sempre maggiori richieste di aiuto, il poliambulatorio si trasferisce nella sede di via Antonello da Messina, 4, sempre a Milano, in nuovi spazi completamente ristrutturati offerti dal convento dei Frati Cappuccini di piazzale Velasquez. La nuova struttura ospita otto modernissimi ambulatori medici, tre studi dentistici dotati di apparecchiature all’avanguardia, e una farmacia. «Una struttura che rappresenta un esempio virtuoso della collaborazione tra pubblico e privato, un nuovo passo nell’attenzione di Milano verso le persone meno fortunate», ha sottolineato il sindaco di Milano, Letizia Moratti, nel corso della cerimonia di inaugurazione tenutasi al teatro Rosetum lo scorso giugno. Uno dei punti di forza del nuovo poliambulatorio di via da Messina sarà la farmacia, che, già nella sua vecchia sede di via Bixio, aveva distribuito gratuitamente oltre 75mila medicinali. [bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE 55 FINESTRA SULL’ODONTOIATRIA Stop alla penalizzazione di medici di famiglia e pazienti È la richiesta dello Snami, in una lettera datata 9 aprile 2010 al Presidente del Consiglio On. Silvio Berlusconi, ai Ministri della Repubblica, ai Presidenti delle Regioni e ai Presidenti degli Ordini dei Medici L o Snami chiede al governo di intervenire immediatamente per fermare la penalizzazione dei medici di famiglia e dei loro pazienti. I Medici di famiglia, baluardo del Sistema sanitario nazionale, capillarmente presenti in tutto il territorio nazionale, comparto della sanità più gradito ai cittadini, denuncia la situazione caotica che si è creata per l’obbligo dell’invio on line dei certificati di malattia all’INPS. Le criticità: • Una Legge dello Stato si sovrappone all’ACN dei medici di famiglia imponendo nuovi obblighi ed inasprendo in modo sproporzionato ed inaccettabile le sanzioni a carico del medico nel caso rilasci certificazioni che attestino dati clinici non direttamente constatabili né oggettivamente documentati. • La decisione dei percorsi viene delegata unilateralmente all’INPS che sta dimostrando di non essere assolutamente all’altezza della situazione. • Si chiede una compilazione del certificato più farraginosa rispetto al precedente certificato cartaceo. • Si chiede di trasmettere i certificati on line all’INPS. • Non si prende in così come la responsabilità di terzi, non possono che essere autocertificazioni da parte del paziente. • La procedura prevederebbe la compilazione da parte del Medico nel certifìcato on-line di una serie di voci delle quali egli non può farsi garante (come il luogo di reperibilità durante la malattia che attualmente viene dichiarato e comunicato all’INPS dal lavoratore stesso che in prima persona se ne fa garante al momento della segnalazione). • Altri Sanitari che dovrebbero inviare on line i certificati: specialisti convenzionati, medici ospedalieri e medici di guardia medica non sono assolutamente informatizzati. Lo S.N.A.M.I., Sindacato Nazionale Autonomo Medici Italiani chiede: • Che sia prevista e normata la autocertificazione per i primi 3 giorni di malattia e per le informazioni di carattere non sanitario introdotte nella certificazione telematica. • Che non parta il sistema di invio on line dove le regioni non hanno fornito i sistemi per la trasmissione come previsto dall’art.5 del D.l del 26-02-10 • Che nelle zone ove non c’è la copertura adsl si possa certificare con il cartaceo. • Che venga previsto, considerazione che in molte parti d’Italia non esiste la copertura “adsl” e che anche dove esiste spesso le linee funzionano in modo molto irregolare costringendo così all’invio posticipato del certificato con inevitabili conseguenze medico-legali per i Medici e amministrative per i Pazienti. • Si ignora inoltre che i Medici intervengono spesso per i pazienti non trasportabili certificando nel loro domicilio, la cui distanza dall’ambulatorio può anche essere notevole. Anche in questo caso ci si potrebbe trovare nella situazione di dover forzatamente procrastinare al giorno dopo (o in casi limite come al venerdì pomeriggio dopo tre giorni) l’invio del certificato con le già citate conseguenze o in alternativa si dovrebbe obbligare sempre il cittadino a recarsi nello studio del medico, con le immaginabili possibili conseguenze sul suo stato di salute. • Si chiede che il medico certifichi fatti di cui non è stato direttamente testimone e dati che nulla hanno di sanitario, come ad esempio l’indirizzo di reperibilità e l’eventuale diverso recapito rintracciabile sul campanello. Questi dati, [bollettino OMCeOMI] 3/2010 LUGLIO-SETTEMBRE 56 stante l’enorme risparmio per l’INPS garantito dalla procedura on-line e l’enorme aggravio burocratico per il medico derivato dalla stessa, un adeguato riconoscimento economico al Medico di Famiglia, eventualmente anche a carico dell’ente previdenziale stesso, per l’incombenza non prevista dall’Accordo Collettivo Nazionale. • Che il certificato telematico contenga le stesse indicazioni di quello cartaceo previsto dall’ACN. • Che vi siano almeno 48 ore di tempo per la trasmissione. Lo Snami Nazionale Presidente Nazionale Dott. Angelo Testa - Torino Vice Presidente Nazionale Dott. Renato Zerbinati - Trento Segretario Nazionale Dott. Pasquale Orlando - Caserta Vice Segretario Nazionale Dott. Domenico Salvago - Cagliari Vice Segretario Nazionale Dott Gianfranco Breccia - Torino Addetto Stampa Nazionale Dott. Giuseppe Maugeri - Catania Tesoriere Nazionale Dott. Francesco D ‘Accardi Pesaro Urbino Responsabile Nazionale della Comunicazione Dott. Francesco Pecora - Catania Responsabile Nazionale del Centro Studi Dott. Augusto Pagani - Piacenza Responsabile Nazionale della Scuola Quadri Dott. Ugo Tamborini - Milano Collegati con il bollettino per lanciare le tue idee, le tue proposte, i tuoi suggerimenti [email protected] Per un bollettino più “grande” e più “vivo” abbiamo bisogno anche di te. Aspettiamo i tuoi contributi per farne uno strumento sempre più utile per la nostra professione. Il Comitato di Redazione www.omceomi.it Collegati con l’Ordine per avere tutte le notizie, le informazioni e i servizi riservati agli iscritti Abbiamo bisogno di conoscere il tuo indirizzo e-mail per completare il nostro archivio informatico e permetterci di contattarti con maggior tempestività. Se non lo hai già fatto, invia un’e-mail a [email protected] con l’indirizzo di posta elettronica a cui desideri ricevere le nostre comunicazioni. Grazie.