speciale natale 2012 - Settimanale La Vita

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N
Speciale
atale 2012
Natale in 2D
di Andrea Vaccaro
P
rima che san Francesco ideasse
il presepe in 3 dimensioni - ovvero quello con la capannuccia
e le statuine che normalmente
adorniamo, in questo periodo, in
un angolo della nostra sala – già
esisteva una forma di presepe in 2D, come
possiamo definire, con terminologia moderna,
l’icona della natività di Cristo. Nelle diverse
versioni che di questa icona vengono proposte (la più famosa è quella di Andrej Rublev),
compaiono già molti elementi che ritroviamo
poi nel nostro tradizionale presepe. Al centro, in dimensioni da protagonista, nei pressi
di una grotta sta, distesa, la Madre di Dio, la
Theotokos. Ella significa, qui, l’Incarnazione e
il culmine della deificazione dell’uomo. Recita
una preghiera ortodossa dei Vespri di Natale:
“Che cosa possiamo offrire a te, o Cristo, a te
che sei venuto sulla terra come uomo a causa
nostra? Ogni creatura ti rende grazia: gli angeli ti offrono il loro canto; i cieli ti offrono la
stella; i Magi ti offrono i loro doni; i pastori, la
loro meraviglia; la terra, una grotta; il deserto,
la mangiatoia; e noi cosa possiamo offrirti? ti
offriamo una Madre vergine”. Dall’iconografia
del V secolo, la Madre di Dio compare distesa,
prima era seduta su una sedia intrecciata con
foglie di palme, simbolo della miracolosa nascita indolore. La posizione distesa viene poi
preferita per meglio sottolineare la naturalità
del parto, un parto reale, per questo anche
doloroso e provante, pur restando i tratti del
volto estremamente sereni e quieti. Il lenzuolo
sotto il suo corpo è rosso ornato d’oro.Vi sono
disegnate tre stelle o tre croci d’oro che rimandano alla triplice verginità di Maria. Dietro di lei
si apre la grotta, ove è riposta la mangiatoia con
il bambino in fasce e, ai lati, il bue e l’asinello.
La mangiatoia, che in latino si dice, appunto,
“praesepe”, secondo una leggenda sarebbe
stata costruita in precedenza e senza nessun
presagio dal falegname Giuseppe. La grotta è
il simbolo della kenosi, ma anche della futura
discesa agli inferi. I due animali, come è noto,
non sono menzionati nei vangeli canonici,
ma sono citati nel cosiddetto vangelo dello
pseudo-Matteo, in adempimento delle parole
di Isaia 1, 3: “Il bue riconobbe il suo padrone e
l’asino la mangiatoia del suo Signore”. Anche
un versetto del profeto Abacuc (3,3) recita:“Ti
farai conoscere in mezzo a due animali”. Per
Gregorio di Nissa, il bue rappresenta il popolo
dei giudei e l’asino quello dei gentili. Fuori vi
sono i pastori in adorazione.
Più in basso, in formato ridotto, compaiono
altri due quadretti: san Giuseppe, avvicinato da
un misterioso personaggio e due donne che
preparano l’acqua per un bagno. San Giuseppe
è ritratto assai anziano, in accordo con altri
testi apocrifi, quali il Protovangelo di Giacomo,
lo pseudo-Matteo e la Storia di Giuseppe, il
falegname. Questa è l’unica apparizione iconografica di Giuseppe. La posizione nell’icona
e la sua stessa postura indicano una certa
estraneità alla scena, senza dubbio sottolineano una dimensione appartata. E’ pensieroso e
Nella terra di
“Tu scendi
dalle stelle”
È tra i paesi arroccati sulle montagne
del Sannio che sant’Alfonso de’ Liguori
compose il suo celebre canto natalizio,
le cui note trasmettono anche oggi il
senso più vero della festa.
E il consumismo può attendere
I
Rublev, l’icona della Natività
ricurvo.Vicino c’è il personaggio interlocutore,
molto probabilmente il diavolo che insuffla in
Giuseppe il dubbio che, per qualche momento,
fece meditare a Giuseppe di “licenziare in segreto” Maria (Matteo 1, 19). Si appoggia su un
bastone. Un testo apocrifo racconta del diavolo
che parlando a Giuseppe provoca:“Come questo bastone non può produrre foglie, così una
vergine non può partorire. E il bastone fiorì”.
Sull’altro lato della parte bassa c’è la scena
forse più enigmatica. Due donne che versano
dell’acqua in una piccola tinozza. Secondo
Clemente Alessandrino sono le due levatrici
testimoni della verginità di Maria. Hanno anche
un nome conosciuto: Salome e Maia. La più
anziana immerge la mano nell’acqua come per
verificarne la temperatura. La bacinella assomiglia ad un fonte battesimale. La direzione dello
sguardo della Madre è verso di loro. Il concilio
di Trento ha interdetto l’ipotesi che vi fossero
donne ad aiutare Maria nel parto.
Nella parte alta, gli elementi più notevoli
sono il gruppo dei magi, la piccola schiera degli
angeli, la stella.
Fu san Leone, nel V secolo, a fissare il numero dei re magi. In precedenza il loro numero
variava: per Epifanio di Salamina erano quindici,
per Agostino dodici. E’ il vangelo dell’infanzia
armeno a indicarne l’identità: Melchiorre, re
di Persia, Baldassarre, re d’India, Gaspare, re
d’Arabia.
La stella cometa è presente sin dagli inizi. Il
riferimento principale è a Isaia 60, 1-3: “Alzati,
rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria
del Signore brilla sopra di te. Poiché, ecco, le
tenebre ricoprono la terra, nebbia fitta avvolge
le nazioni; ma su di te risplende il Signore, la sua
gloria appare su di te. Cammineranno i popoli
alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere”.
Anche un versetto dei Numeri (24, 17) dice:
“Una stella spunta da Giacobbe”. Per Origene
essa è una cometa, per Giovanni Crisostomo
una forza invisibile che aveva solo l’apparenza
di una stella, per Teodoro Studita è un angelo,
seguendo in questo modo il vangelo siriaco
dell’infanzia: “Come segno vedrete una stella
più brillante di tutte; non è una stella, ma un
angelo di Dio”.
L’icona della natività è, così, quasi un presepe in 2D.
Un Natale in 2D suona quasi più sobrio.
E ha un pregio ben maggiore: fa percepire
una realtà oltre quella che vediamo, invisibile,
trascendente, più reale.
nsieme all’Umbria francescana
e a Greccio, il paese scelto dal
Poverello di Assisi per realizzare il
primo presepe, c’è un altro luogo
in Italia dove il Natale è davvero
speciale. È il Sannio, con le sue
montagne e valli imbiancate dalla neve, e tanti paesi e piccole città dove, per alcuni aspetti, il tempo
sembra essersi fermato. Qui, infatti, e precisamante
nella cittadina di Sant’Agata dei Goti, il vescovo Alfonso Maria de’ Liguori compose i suoi canti a Gesù
Bambino, il più famoso dei quali è senza dubbio “Tu
scendi dalle stelle”. Ovunque nel mondo, basta che
qualcuno ne intoni la prima strofa o soltanto ne
evochi la melodia, come fanno gli zampognari in
giro per le strade, e ci si trova immersi nel mistero
della Natività. Ma se, per una volta almeno, hai
la fortuna di ascoltare quelle note nei luoghi dove
furono composte, ti sembra davvero di “entrare”
nel Presepe. “È anche grazie alle parole scritte da
sant’Alfonso che la mangiatoia di Betlemme, con la
fantasia, la collochiamo non in una capanna della
riarsa Palestina ma in una grotta come quelle che
si aprono sul fianco delle nostre montagne” spiega
don Franco Iannotta, parroco della chiesa barocca
dell’Annunziata, restituita all’antico splendore da
sapienti lavori di restauro e nel cui archivio sono
stati ritrovati alcuni spartiti originali composti dal
Santo, che personalmente la elesse parrocchia nel
1764.Tra questi anche un’inedito,“Fermarono cieli
la loro armonia” che, con “Tu scendi dalle stelle” e
“Quando nascette ninno” forma una straordinaria
trilogia natalizia. Ogni paese, ogni parrocchia della
zona, del resto, può vantare un ricordo del Santo
che fu vescovo di questa chiesa dal 1762 al 1775.
A Moiano, Arpaia, Airola, Durazzano, monumenti
e statue ricordano la sua sagoma curva e lo descrivono com’era: povero tra i poveri, senza fibbie
lucenti e pennacchi.
Nelle chiese di San Nicola Magno di Luzzano, di
San Pietro di Romagnano e nella suburbana di S.
Angelo in Munculanis, inoltre, sono tanti i segni
del suo passaggio. Così, quando su questi monti
scende la neve, ti sembra di scorgerlo in lontananza,
mentre sul dorso di una mula compie le sue visite
pastorali, andando di parrocchia in parrocchia, per
annunciare al suo popolo la salvezza portata da
un Bambino.
Non è un caso se nella vicina Cerreto Sannita, che
dal 1986 con Sant’Agata e l’antica Telese è fusa
in un’unica diocesi, si tiene “Presepiarte” rinomata
mostra delle ceramiche natalizie: un altro modo per
non dimenticare il messaggio del Bambino Gesù,
riprodotto in modo davvero suggestivo da mani
abili di maestri ceramisti. In un altro paese, Frasso
Telesino, è venerato un “Bambinello” appartenuto
allo stesso sant’Alfonso. È il “Bambino Divino” che
trema “al freddo e al gelo” i cui brividi ci fanno
capire quanto a Creatore del mondo “costà l’averci
amato”. È più facile, davanti a questo Bambino,
cogliere nel più tradizionale canto natalizio un
messaggio preciso, l’indicazione di come deve
essere vissuto il Natale: “caro eletto Pargoletto
recita la seconda strofa quanto questa povertà più
m’innamora, giacché ti fece amor povero ancora”.
R.
II
Racconto
Il IlRacconto
“Credo che quella sua,
sia stata la felice...”
di Giorgio Cinotti
A
lla vecchia scuola, detta
(da un antico carcere)
“Le Stinche” il ragazzino si distraeva spesso
in classe, con gli occhi
rivolti ad una delle alte finestrelle dove
dal suo banco, lui e la parte più alta del
campanile del Duomo si guardavano
e si erano presi anche in confidenza,
quasi complici nella intesa. “Dài, suona!”
insisteva lui. Erano gli anni in cui d’in
cima al campanile ululava anche la sirena,
che avrebbe mandati via tutti, dall’aula al
“rifugio-antiaerei”, dove si sarebbe fatto
caciara.
Cosa poteva significare d’altro al ragazzino quella torre antica mezza ingentilita alla Pisana e su basamento longobardo?’ un vecchio arnese della simbologia al
tempo delle lance, spade e corazze, o un
Re a testa coronata (con la faccia corrucciata) a dominar la piazza. Essa svettava
ancor più che altissima, vista dal fondo
di Ripa del sale, e questa sua figura, così
imponente. restava fissa nella cognizione
di tutti, come fosse il capoccia della città.
Perciò di essa tutti si sentivano sudditi
simile a bandiera che ci dominasse tutti,
col suo padroneggiare visivo la piazza.
Ma un giorno che successe? Accadde un
giorno fra i tanti del suo girovagare, che
trovò aperto il portoncino alla base del
campanile, (che forse era stato forzato) e
dopo aver sostato un po’ davanti a quel
buio e stretto passaggio che gli si offriva,
entrò .... A tentoni più avanti trovò spazio
finché inciampò in un gradino, e cominciò
a salire, superando alla cieca i primi tre
piani della torre, quelli bui, senza aperture sull’esterno, proprio il tratto di torre
longobarda, salendo con una certa ansia,
nell’insicurezza di dove il cunicolo finisse.
Continuò comunque a salire….
Sulla scia di questi ricordi, qualche
volta ancora oggi l’ex alunno si domanda
se l’avventura di quell’essersi un giorno
introdotto da scolaretto zitto e cheto nel
campanile, gli significhi oggi nell’immaginario (irrazionale e animistico), una prova di
iniziazione alla vita, o una premonizione
sul futuro della sua lunga esistenza, o,
semplicemente, il suo io fattosi Pinocchio
nel ventre della balena. Età, quella di III
elementare, che fa mescola di fantasia e
giocosità al trantran del quotidiano.
In realtà, in modo oscuro, il ragazzino
(altro che giocosità) subiva inconsciamente quel tempo primitivo e brutale, di privazioni, tensioni feroci e speranze. Trovarsi in quell’età scolare però, è come essere
in un limbo della crescita in tutto e per
tutto si è dipendenti, e al tempo stesso
si è autonomi quanto basta, e avulsi, così
come si pensa siano gli Angeli, immersi in
un mondo proprio di ore dilatate e cieli
azzurri, e spazi più grandi di quanto poi in
realtà essi siano. Nell’addolcimento inevitabile del ricordo è da credere che quella
sua (ormai antica) fanciullezza sia stata
la felice e inconsapevole età, in cui tutti i
suoi giorni, mai uguali, erano pieni.
Neppure la povertà lo turbava. Abitava
nel rione più povero d’una città piccola
e povera, viveva coi suoi in due stanze
sub-affittate. I negozi e le case quasi tutte
sprangate, imposte chiuse, vie silenziose,
che gran parte degli abitanti si erano
sistemati altrove per la eventualità delle
“incursioni” aeree delle “Superfortezze” i
grandi aerei argentei che in compatte formazioni di volo solcavano ogni giorno il
cielo, indisturbate e innumerevoli, specie
il giorno in cui assistette per ore stupito
al loro passaggio a guardare il cielo che
ne era stracolmo, e l’amico Venanzio era
più che sicuro nel dire che quel gran
sorvolo “è stato il 25, l’ultima domenica
di aprile, ne saranno passati centomila
di superfortezze in formazioni a delta,
tutti nella stessa direzione”. Nell’Ottobre
toccò anche alla sua città, a sperimentare
cosa fosse un bombardamento aereo, che
colse quasi tutti nel sonno.
Insomma il ‘43 trascorse tra scoppi e
polvere, e inebriato dal potere del’armi,
la polvere da sparo prese a ricavarla da
proiettili inesplosi, quando trovò, vicino
all’abside della vecchia chiesa sconsacrata,
un camion di munizioni andato distrutto dal fuoco. Qui, (temerario) preso
con le due mani il proiettile, batteva la
punta dell’ogiva a terra, per spolettarlo,
ed estraeva dal bossolo dei bei fasci di
“lasagne”. Marcello suo amico invece,
(beato lui) coi panetti di dinamite (n’aveva trafugata una cassa) si divertiva a far
saltare le ceppe nei boschi a lui vicini, e le
donne in paese a quegli scoppi, chiedevano tra di loro: “ma che è stato?” Cercava
anche una Lugher “P38” della quale si era
innamorato a prima vista, e ogni occasione per rubarla ai tedeschi, ma si sarebbe
accontentato anche di meno. Così per
via d’un bando in cui s’intimava a tutti
di consegnare qualsiasi tipo di armi, di
questa ferraglia a “Le stanze” ce n’era un
ammasso enorme. Mentre era intento a
scegliersi una pistola fra le tante vecchie
a tamburo, un ragazzo sparò con una di
quelle, e l’arma andò in pezzi....
Ma poi pian piano, con gli anni, il cerchio magico della sua fanciullezza si frantumò e, la crescita del proprio essere gli
diede maggior consapevolezza del vivere,
e gli rese amarissimi-missimi i giorni. Non
volle più saperne di scuola “perditempo”
né di “strizzacervelli”, poi la morte del
papà, e poi il licenziamento dal lavoro
(ragazzo di fabbrica), tutto l’insieme
accentuò le inquietudini dell’età evolutiva,
con il rifiuto della “tutela” materna, e poi,
una serie di altri conflitti lo condusse in
Questura dove un piedipiatti-ispettore,
(verace piedi piatti, camminava come un
anziano cameriere) misurandogli un ceffone sul viso lo minacciò di internamento
in “Casa di Correzione”. Sentendosi
sempre più stretto nelle ganasce d’un tritacarne istituzionale, si risolse impaurito
d’andarsene dallo squallore della sua casa,
ma dove? Aveva conosciuto un giovaneardente prete al “Tempio” che teneva
(cosa grande, per la città, ma passata
sotto silenzio dalle autorità e dalla massa
bovina dei cittadini), i ragazzi, per sottrarli
a situazioni scabrose dei loro ambienti a
“balera”, e così egli si mise con ansia a
cercarlo, aspettando che questi uscisse
dalla sua “Casa”, dal portone del Monteoliveto: “Accompagnami” disse il giovane
prete-ardente al ragazzo, e lui strada
facendo, gli raccontò il suo caso.
… Nel salire verso i piani successivi
quelli con le bifore cominciò a vederne il chiarore, e continuando la salita,
ora poteva vedere, attraverso le grandi
aperture la piazza, e la luce che finalmente lo inondava gli dava nuovo slancio di
proseguire, così che, da questi due piani
poté orientarsi coi campanili che spiccavano dal manto bruno dei tetti delle case,
e “leggere” la sua città. Infine giunse agli
altri tre piani, quelli più belli, di loggette
formate dai piccoli archi e colonnette
tornite, che oggi egli vuoi credere gli
significassero, il bello, la pienezza di vita, la
creatività e il compimento delle aspirazioni. Il suo clandestino scorrere i piani d’un
campanile, che fu certo una ragazzata, e le
allusioni che oggi qui egli assegna a questa, sono una idealizzazione del campanile,
e come tale essa non richiede alcuna
argomentazione razionale.
Dire che quella ragazzata gli leggesse
l’allegoria del suo corso di vita, equivale
solo ad affermare che il progetto del
proprio futuro è per ognuno ispirato dai
propri ricordi.
“La luce finalmente lo inondava e gli”
...si diceva nel racconto: Ad una certa
data alla “Casa del Ragazzo” (cosa grande,
passata sotto un silenzio assordante) egli
espresse il desiderio di riprendere a studiare, e fu esaudito (in quegli anni in cui
la “scuola dell’obbligo” era una utopica
chimera), da Don Italo Taddei, che per
la città colmò un gran vuoto strutturale,
“casa” strenuamente da lui voluta, creata,
e sostenuta con la Carità del pistoiese,
(nel solidale, forte legante sociale di
quegli anni) che lo ospitò, assieme ad uno
stuolo di ragazzi disagiati come lui, in Via
Bindi, dove dando fiducia ai ragazzi-tutti si
realizzò e si dette vita a tutt’altra cosa del
“collegio” comunemente inteso.
Le Poesie
Soltanto allora
sarà Natale
Sarebbe Natale
se non avessimo sul cuore
il peso nero dell’urlo di dolore
dei crocifissi di fame.
Sarebbe Natale
se non avessimo sul cuore
il gemito dei bambini
che, denutriti,
lentamente muoiono
o che deturpati e feriti
soffrono
come nella Striscia di Gaza.
Muoiono i bambini
senza sapere perché
tanto è più grande di loro quel dolore
che nessuno vuole ascoltare,
tanto il pianto disperato dei piccoli
è soffocato dall’indifferenza
del mondo…
Viviamo in quest’aria falsa,
ammorbata inquinata dall’egoismo.
Viviamo in questo mondo
che non ricorda cosa sia l’amore
che non riesce
ad aprire il suo cuore
per quelli che invocano.
Quanta umanità indifesa ci guarda
con i suoi occhi sperduti
che non hanno mai conosciuto
la bellezza dell’affettuosa
carezza dei fratelli
che mai rispondono al suo grido
“Fratello, Fratello!!
perché non mi senti?”
“Guardami, guardami!!
sono come te,
come te cammino
per le strade della vita”
“Ho tanta fame di amici,
ho tanta fame di amare
e di essere amato”
“Aiutami ad abbracciare
con te la vita”
“Non chiudere gli occhi
davanti al mio sogno
che un giorno
tu mi prenda per mano”
“Gridalo, gridalo ai potenti
di strappare insieme a me
le spine del mio cammino”
“Ho tanta fame, fratello
della tua tenerezza”
“Ho tanta fame
di guarire il mondo
senza più guerre insieme a te”
“Ho tanta fame
di sperare che sorga dal buio
luminosa l’alba
di una terra nuova,
chiara e limpida
e scintillante di amore
come la stella sulla grotta”.
Allora soltanto sarà Natale
Anna Tassitano
Per Natale
l ’amore
Mi è venuta fame per questo Natale:
ho prenotato un abbraccio sincero in una
notte d’amore
per redimere le mie troppe rinunce.
Per riempire finalmente quel vuoto
che si ruba ogni giorno i miei preziosi respiri.
Simone Magli
III
Era notte fredda
Era notte fredda
nella grotta
ed a quel Divin Vagito
splendette la luce
subito accorsero poveri pastori
Era nato il Bambino
Fratelli del mondo
È Natale
Liberiamoci dalle miserie
Quel Vagito Divino
Ritorna a folgorare d’amore
Forte
Profondo
È il richiamo
alla pace dei cuori
Natale
La Stella
Ero bambina e il giorno di Natale
o dell’Epifania
giungeva il grosso pacco tanto atteso
ed era gioia nella casa mia.
Ed apparve
uno splendor di stella
a rischiarar la notte,
ad illuminar le genti.
Oh quante primavere son passate
e la bambina non esiste più.
adesso i miei capelli sono bianchi
ed i miei passi son pesanti e stanchi.
Apparve
e fu segno eterno,
ristoro santo
a sfiduciate menti.
E sarà per tutti
Un solenne Natale
Giovanni Burchietti
Non abbiate
paura
A Papa Giovanni Paolo II
Ti sei caricato
tutto il dolore del mondo
trascinando il tuo vecchio corpo
malato.
Fosti bambino, ragazzo
povero e vivo,
gli occhi curiosi di vita.
Poi giovane, le tue forti
mani operaie,
a stringere altre mani operaie.
Bianca, sottile figura
di luce volavi come colomba
nei cieli della Terra.
Come fiamma accendesti
le genti del mondo di fraterna speranza.
Di fede. D’amore.
Bianchi poveri neri ricchi
tutti fratelli
con canti di festa bambini.
Limpida come acqua di sorgente
dal cielo ci giunge
la tua voce.
Non abbiate paura.
Giuseppe Cantavenere
Natale
Brilla nella notte ancora
una luce non si stanca di illuminare
le nostre attese pesanti.
Come vorrei giungere con cuor leggero
sospinto solo dal desiderio
senza gingilli in mano
per i tuoi doni freschi.
Come vorrei che si udisse un boato
e in pertugio, dalle pareti che ci separano
accogliere la nostra essenza nel calore di una
comunione vera.
Non darmi un presepe perfetto
o una celebrazione barocca, degli auguri
formali.
Stringere fuori dal torpore dell’abitudine
la vertigine della speranza nel cielo illuminato
sentire per incanto lo scampanellio dei pastori
e lo stupore dei semplici.
Sentire di ricominciare con cuore rinnovato
perché è cavo il cuore, levigato da mani di
falegname
Vorrei accoglierti nel mio piccolo spazio indigente
e affamato del tuo amore.
Massimiliano Filippelli
Ma in fondo al cuore che restò fanciullo
ha vita ancor la gioia dell’attesa
di un dono natalizio, o una sorpresa.
Ristoro che nasce
dal generoso grembo
di si alta Madre
d’inarrivato amor.
Ma all’orecchio del cuor giunge un vagito…
Guardo il presepe e subito ho capito:
il Bimbo posto nella mangiatoia
piange e mi chiede un briciolo di gioia.
Di si alto esempio
di fedeltà infinita
a ciò che promise
il celeste Signor.
Cuori sospesi
Roberto Luconi
Cuori sospesi
nelle ore del crepuscolo,
nel soffio costante del vento.
Pensieri freddi cresciuti senza stelle
e senza luna fra alberi muti.
Tra i fiori i dell’anima un sottile soffio di dolore.
Cuori sospesi come vele
in attesa del respiro azzurro del cielo
attraverso i ponti della vita.
Germoglia il silenzio
malinconia struggente che diventa luce
e appende tenerezza al cuore..
Bere le gioie e i dolori
e abbracciare le radici del tempo,
veli strappati dal flusso dei ricordi.
Cuori sospesi danzano
disperdono coriandoli d’emozioni.
I sogni ti volano accanto
pulviscolo le sillabe di ieri,
fuggono profondi respiri.
Cuori sospesi vestono la notte.
e nascondono il cielo
Brivido di luna sull’acqua
Silenzi intrisi di speranze.
La luna muove le sue braccia
Oggi è già domani.
Cangiano i pensieri,profumo di memorie
graffi e carezze, nebbie di rose
galleggiano insieme nella barca della vita.
Cuori sospesi volano liberi
riempiono il cielo di colori
si accendono parole come stelle
unite dal filo dell’amore.
Cade l’ultimo petalo di una rosa
sul finire dell’ultima preghiera,
resta sospeso il sipario della vita.
Lalla Calderoni
Dicembre
In un simile dicembre screziato di gelo
d’invasioni e coltelli
si raduni la vita avanzata.
Perchè quel poco d’ascolto e d’umiltà resista
e vegli sul presepe della terra.
Lauto sarà il dono
se tra le dita
esiguo
Grazia Frisina
Allor… fuggano i sogni e le meschinità!!
O non è Lui la mia felicità?!
Il dono che arricchisce il viver mio:
l’essere amata, sposa del mio Dio?!
La vita è grazia, è poesia e canto,
vita beata
per la Misericordia che mi ha tanto amata.
Non desidero altro, ho il soprapiù!
Ma a Te, Signore, io che posso dare?
Come Ti potrei ricompensare?
lo non ho nulla che possa riscaldare
la Tua gelida culla.
In me c’è freddo, vuoto, mali, oscurità…
Niente c’è in me se non il desiderio
che mi sembra ardentissimo e sincero
di darti gioia, di farti riposare,
di essere “uno” con il Tuo volere
cercando unicamente il Tuo piacere.
Quello che scegli Tu lo voglio anch’io
Perché è gloria Tua e il bene mio.
Ma… è desiderio… e non realtà!
Perdonami, Gesù, abbi pietà!
Guardo il presepe: il Bimbo più non piange
e riposa sul cuore della Mamma
scaldandosi al tepor di quella fiamma.
Nella Sbaragli
(Suor Maria Amata)
Che io veda
Che io veda, Signore!
Che io veda l’ombra
della tua presenza
nel cielo
fiorito di stelle,
nei campi
vestiti di spighe,
nel verso gratuito
dell’usignolo:
per adorarti.
Che io veda
in ogni figlio dell’uomo
il volto sofferente
del Figlio tuo,
per amarti.
Che io veda riflesso
nel mio cuore
il tuo amore misericordioso:
per confidare sempre in te.
don Aldo Pacini
Il Racconto
I Libri
IV
BENEDETTO XVI
CARLO MARIA MARTINI
SYLVIA HEINLEIN
Rizzoli, 2012, euro 17,00
Rizzoli, 2012, euro 15,00
San Paolo
Rag., 2012,
euro 13,50
L’infanzia di Gesù
«Finalmente posso consegnare nelle mani del
lettore il piccolo libro da
lungo tempo promesso
sui racconti dell’infanzia
di Gesù. Non si tratta di
un terzo volume, ma di
una specie di piccola “sala
d’ingresso” ai due precedenti volumi sulla figura
e sul messaggio di Gesù
di Nazaret. Qui ho ora
cercato di interpretare,
in dialogo con esegeti del
passato e del presente,
ciò che Matteo e Luca
raccontano, all’inizio dei
loro Vangeli, sull’infanzia di
Gesù. Un’interpretazione giusta, secondo la mia convinzione,
richiede due passi. Da una parte, bisogna domandarsi che
cosa intendevano dire con il loro testo i rispettivi autori, nel
loro momento storico è la componente storica dell’esegesi. Ma non basta lasciare il testo nel passato, archiviandolo
così tra le cose accadute tempo fa. La seconda domanda del
giusto esegeta deve essere: è vero ciò che è stato detto?
Riguarda me? E se mi riguarda, in che modo? Di fronte a un
testo come quello biblico, il cui ultimo e più profondo autore,
secondo la nostra fede, è Dio stesso, la domanda circa il
rapporto del passato con il presente fa immancabilmente
parte della stessa interpretazione. Con ciò la serietà della
ricerca storica non viene diminuita, ma aumentata. Mi sono
dato premura di entrare in questo senso in dialogo con i
testi. Con ciò sono ben consapevole che questo colloquio
nell’intreccio tra passato, presente e futuro non potrà mai
essere compiuto e che ogni interpretazione resta indietro
rispetto alla grandezza del testo biblico. Spero che il piccolo
libro, nonostante i suoi limiti, possa aiutare molte persone
nel loro cammino verso e con Gesù.»
Benedetto XVI
Giordano Frosini
Dio il cosmo l’uomo:
exitus-reditus
Edb, 2011, euro 34,00
Da Dio tutto proviene e a
lui tutto ritorna.
Un libro che contiene tutta
la teologia cattolica in forma
approfondita e sufficientemente facile e leggibile. Il
testo è aggiornato con gli
approfondimenti che un cristiano di oggi deve conoscere per illuminare la propria
coscienza e divenire capace
di comunicare agli altri la sua
vera fede. La nuova evangelizzazione, alla quale la chiesa
è chiamata nel nostro tempo, esige da tutti uno sforzo
per allinearsi all’attuale coscienza della comunità cristiana e
prendere così parte attiva all’evangelizzazione che interessa
tutti i cristiani, in particolare coloro che svolgono il ministero
della Parola: sacerdoti e catechisti. Ci sono capitoli nuovi da
esplorare, come quello della molteplicità delle religioni: sono
tutti uguali?, come non di rado si tende a pensare, oppure
la figura di Cristo va vista ancora come quella dell’unico
salvatore e l’ultimo e definitivo interprete del pensiero di
Dio? Anzi Dio egli stesso? Nessuno può ignorare temi come
questi, che libri di grande diffusione trattano in maniera
superficiale e anticristiana.
Per chi ha seguito l’opera di don Frosini questo libro si presenta come la sintesi ultima del suo pensiero teologico.
Siamo in attesa di una prossima uscita del libro “Un nuovo
mondo è possibile: la vocazione ‘rivoluzionaria’ del politico
cristiano”, quanto mai attuale in questo momento di confusione e di una necessaria unione sui temi fondamentali della
politica da parte della comunità cristiana.
Parlate con il cuore
“Viene il tempo in cui l’età
e la malattia mi danno un
chiaro segnale che è il momento di ritirarsi maggiormente dalle cose terrene
e prepararsi al prossimo
avvento del Regno.” Con
queste parole il cardinale
Carlo Maria Martini prende
congedo dalle pagine del
“Corriere della Sera” e dai
suoi lettori, che in questi
ultimi tre anni lo hanno
seguito con affetto e ammirazione. Il cardinale, come
Cristo, rifugge il pulpito e
si cala in mezzo alla folla.
La ascolta, ne interpreta le
paure e le angosce. Non solo spettatore, dunque, ma anche
coraggioso esegeta della quotidianità. E anche quando le
domande si fanno scomode e dirette non manca di reagire
con garbo, forte del sostegno delle Sacre Scritture. Perché il
dolore fisico? Perché la morte di un bambino senza peccati? Come sopravvivere alla tragedia della malattia? Come
reagire all’apparente disinteresse del mondo religioso per la
crisi economica attuale? In queste pagine si trovano alcune
tra le risposte più toccanti e commoventi che il cardinale ha
restituito a coloro che lo hanno interrogato. Pareri, opinioni, consigli, spesso anche soluzioni ai quesiti più delicati che
soffocano l’animo umano, impedendogli di raggiungere la
piena consapevolezza di Dio. Riflessioni che hanno contribuito ad aprire uno spazio di intesa, un percorso comune in
cui la Fede abbraccia e pure sostiene la realtà del quotidiano.
Con umiltà fraterna il pastore tende la mano e una parola di
conforto a coloro che con fiducia si affidano alla sua voce. Ne
scaturisce un dialogo con i credenti intimo e intenso condotto con la consueta semplicità e immediatezza a cui ci ha
abituati nella sua lunga attività pastorale.
Testi: GIUSEPPE CAFFULLI
Disegni: TERESA LONGONI
La notte degli angeli
Ed. terrasanta, 2012, euro 16,50
“Papà, ma davvero c’è stata
una notte in cui tutto il cielo
fu una festa di angeli?”. La
semplice domanda di una
bambina al suo papà diventa
l’occasione per ripercorrere
la storia di Maria e Giuseppe,
da Nazaret fino alla notte di
Betlemme, con gli occhi degli
angeli che hanno portato il
lieto annuncio della venuta di
Dio in mezzo agli uomini.
In fuga con la zia
Zia Ubalda è piccola e
tonda. Sembra un simpatico elfo grassoccio e veste
sempre di rosa. Per Sara
è la persona più simpatica
e allegra del mondo. Ogni
mercoledì va a trovarla. Ma
la mamma di Sara pensa
che tutto questo sia una
perdita di tempo e, quando
decide di trasferire zia
Ubalda altrove, Sara non
ci sta.
G.K. CHESTERTON
Uomovivo
Morganti, 2010, euro 15,00
Uomovivo è uno dei più
straordinari complessi e
affascinanti romanzi della
letteratura inglese. Scritto
da Gibert Key Chesterton
nel 1912, narra la storia
del debordante, incredibile
e affascinante Innocent
Smith, che in un caldo
pomeriggio estivo irrompe
sulla scena sospinto da un
vento turbinoso. Non annunciato, egli plana nel suo
vestito verde da vacanziere, con il suo panama,
la sua borsa gialla e il suo
ombrello, trasformandosi
in una forza capace di scuotere la tranquilla esistenza dei
cinque annoiati e tristi ospiti di Casa Beacon, l’anonima pensione della taciturna signora Duke, sulle colline sopra Londra.
Innocent Smith spiazza tutti, e si presenta subito agli occhi
dei presenti con comportamenti irrazionali, paradossali e
incomprensibili, quindi ‘pericolosi’ per chiunque viva prigioniero della mediocrità, del razionalismo e dei luoghi comuni.
Per questo motivo egli subisce un bizzarro ‘processo casalingo’, dove le orribili accuse a suo carico sono quelle di tentato
omicidio, omicidio, furto con scasso e bigamia. Lui accetta
supinamente la parte del colpevole e si lascia docilmente
processare in silenzio, ma alla fine saranno proprio queste
sue stranezze a farlo assolvere. Dopo un’incredibile serie di
spassosissimi colpi di scena, sarà il suo avvocato a smontare
tutte le accuse, svelando il senso stesso del suo nome – Uomovivo – e della sua meravigliosa esistenza.
MICHAEL NORTHROP
In trappola
San Paolo, 2012, euro 17,90
Il giorno in cui la tormenta
ebbe inizio, nessuno sapeva
che avrebbe nevicato per
una settimana. Per chi ci si
fosse trovato in mezzo, sarebbe diventato non solo
questione di stare al caldo,
ma di rimanere in vita.
Scotty e i suoi amici Pete
e Jason sono tra gli ultimi
sette ragazzi rimasti al loro
liceo in attesa di essere
portati via. Ben presto si
rendono conto che nessuno arriverà a prenderli.
Eppure, al principio, non
sembra così male passare
la notte a scuola, soprattutto quando ci sono Krista e Julie su
cui fare colpo. Ma poi l’elettricità viene a mancare, i tubi congelano, il tetto scricchiola. Mentre i giorni passano, i mucchi
di neve si fanno sempre più alti. Nelle aule vuote crescono il
freddo, il buio e la paura.
Scotty è costretto a prendere una drammatica decisione ...
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