Cap.5 Cap.5: Statica La statica è il ramo della meccanica che studia le condizioni che permettono ad un corpo di rimanere in quiete (cioè fermo rispetto al sistema di riferimento). L'esperienza indica che il moto di un corpo è determinato dalle interazioni con altri corpi, e quindi dalle forze esercitate da altri corpi su di esso. Indica anche che la traslazione causata da una forza può essere bloccata applicando una forza opposta; o che la rotazione generata da un momento può essere bloccata con un momento opposto. L'esperienza quindi suggerisce che le condizioni che assicurano lo stato di quiete riguarderanno la forza risultante dalla somma di tutte le forze che agiscono sul corpo, FR, ed il momento risultante dalla somma di tutti i momenti che agiscono sul corpo, MR. F2 Fi FR= F1+ F2+…+ FN MR= M1+ M2+…+ MN F1 FN Si è visto che un corpo rigido non si muove se sono verificate entrambe queste condizioni: Condizioni di equilibrio per un corpo rigido 1) La forza risultante dalla somma di tutte le forze applicate al corpo deve essere nulla: FR=0 2) Il momento risultante di tutte le forze applicate al corpo, calcolato rispetto ad un punto qualsiasi, deve essere nullo: MR=0 Se non fosse vera la 1a condizione, la forza risultante farebbe traslare il corpo. Se non fosse vera la 2a condizione, il momento risultante farebbe ruotare il corpo. Nota: le due condizioni di equilibrio riguardano vettori, e quindi devono essere vere per tutte e 3 le ⎡ FRX ⎤ ⎡0 ⎤ componenti dei due vettori (Æ 6 condizioni). Ad esempio FR=0 vuol dire ⎢⎢ FRY ⎥⎥ = ⎢⎢0 ⎥⎥ . ⎢⎣ FRZ ⎥⎦ ⎢⎣0 ⎥⎦ Però se si trattano solo casi in cui le forze appartengono al piano X-Y, allora FRZ=0, ed inoltre il momento MR può solo avere la componente Z diversa da zero, essendo MRX=MRY=0. Cap.5 In questo caso le due condizioni di equilibrio si riducono al seguente sistema di sole 3 equazioni: ⎧ FRX = 0 ⎪ ⎨ FRY = 0 ⎪M = 0 ⎩ RZ Esempio 1: il cubo in figura ha massa m=1 [kg] e si trova nello spazio completamente isolato da qualsiasi altro corpo. E’ in equilibrio? Il cubo non interagisce con altri corpi. Quindi non è soggetto a forze. La forza risultante dalla somma di tutte le forze che agiscono sul corpo, FR , è allora ovviamente uguale a 0, come il momento risultante dalla somma di tutti i momenti, MR. Pertanto sono soddisfatte le due condizioni di equilibrio: FR=0 e MR=0 Esempio 2: il cubo ora si trova in aria ad 1 metro dalla superficie terrestre. E’ in equilibrio? Ora il cubo interagisce con la massa della Terra ed è soggetto quindi alla forza peso P pari a mg. FR=P>0 La prima condizione non è verificata ed il corpo non è quindi in equilibrio (in pratica, sta per cadere a terra). P Esempio 3: state sostenendo il cubo con un dito infilato nell'anello della faccia superiore. Che forza esercita il dito? Sostenendolo col dito, il cubo rimane in quiete. Quindi il cubo è in equilibrio. Deve allora essere verificata la prima condizione: FR=0. Il cubo è soggetto a 2 forze: il peso P e la forza esercitata dal dito FD. Quindi: FR=P+FD 0=P+FD cioè FD=-P FD P Esempio 4: ora avete posato il cubo sul tavolo. Quali forze agiscono sul cubo? Anche in questo caso il cubo è in equilibrio. Quindi la somma delle forze che su esso agiscono è nulla. Una forza è il peso P; un’altra forza è la reazione RT esercitata dalle molecole del piano di appoggio. Infatti le forze di legame tra molecole si oppongono al passaggio del cubo attraverso il piano. Esse "bloccano" il cubo esercitando complessivamente la forza RT. Siccome FR=P+RT=0, si ha che RT= -P P RT Cap.5 Esempio 5: Ora tenete il cubo su di un asse di peso PA in equilibrio sulla testa. Quali forze agiscono sul cubo? Quali sull'asse? Quale peso grava sulla testa? Separiamo idealmente il cubo dagli altri corpi: su di esso agisce il proprio peso P e la reazione dell'asse RA, uguale e contraria a P. P RA=-P Isoliamo ora l'asse: su di essa agisce il proprio peso PA, ma anche il peso del cubo P sulla faccia superiore, e la reazione della testa RT sulla faccia inferiore. Poiché il tutto è in equilibrio, risulta RT=-P-PA. P PA RT=-P-PA Infine sulla testa grava il peso del cubo ed il peso dell'asse. P+PA Cap.5 Esempio 6. Ora spostate il cubo verso l'estremità dell'asse. L'asse è in equilibrio? Evidenziamo l’asse e le forze che agiscono su di essa: P o PA RT Per verificare se l’asse è in equilibrio, controlliamo se è vera la 2a condizione. Indichiamo con L la lunghezza dell'asse e calcoliamo i momenti di tutte le forze rispetto al punto “o”, punto di contatto con la testa. Abbiamo che: MPA=|PA|x0; MRT=| RT | x0; MP=-|P|xL/2 MR= MPA+MR+MP = =0+0- |P|xL/2= =-mgL/2<0 Quindi MR<0 e non è soddisfatta la seconda condizione di equilibrio. L'asse ruoterà in senso orario, cadendo. Cap.5 Esempio 7: il piano d’appoggio Un carico di tegole pesa P Newton. Esso è appoggiato su di un’asse sostenuta da due mattoni messi di taglio in verticale che fungono da gambe. La distanza tra le due gambe è di L metri. Il carico di tegole si trova alla distanza di “x” metri da una delle gambe. Trovare i carichi sulle due gambe. La situazione è rappresentabile così: Identifichiamo nell’asse il corpo rigido su cui applicare le condizioni di equilibrio. L’asse interagisce con le tegole su di essa appoggiati: sostituiamole con la loro forza peso complessiva, P. Dal momento che il peso è diretto verticalmente verso il basso, avrà la sola componente Y, che indichiamo con –P. L’asse interagisce anche con due vincoli: le gambe costituite dai mattoni messi di taglio. Li sostituiremo anch’essi con due forze, N1 e N2, dirette verticalmente. Sappiamo che le due forze N1 ed N2 sono dirette verticalmente perché i due mattoni su cui è appoggiata l’asse non possono reggere uno sforzo laterale. Lo schema diventa quindi il seguente: In questo schema le componenti verticali N1 ed N2 sono incognite. Conviene scrivere dapprima l’equilibrio dei momenti rispetto ad una gamba: così non comparirà una delle incognite. Calcolando i momenti rispetto alla gamba sinistra abbiamo: 0-xP+LN2=0 Otteniamo subito la reazione della seconda gamba: N2=P (x/L) Cap.5 Scriviamo l’equazione di equilibrio delle forze: N1+N2-P=0 N1=P-N2 Sostituendo il valore ottenuto per N2: N1= P (L-x)/L Il sostegno più caricato è quello più vicino al peso P. L’andamento delle reazioni vincolari delle due gambe al variare della posizione x del peso è il seguente: P N1 N2 0 L/2 L x Cosa sarebbe successo se le tegole si fossero trovate al di là della seconda gamba (x>L)? P N1 A questo punto poiché x>L allora è maggiore di P. Ne consegue che è minore di zero. Quindi la reazione è negativa! N2 N2=P (x/L) N1=P-N2 Questo vuol dire che la gamba “1” “tira” la trave verso il basso, invece di spingerla verso l’alto. Ma questo è possibile solo se la trave fosse inchiodata al vincolo. Essendo solo “appoggiata” il vincolo non è in grado di esercitare una reazione diretta verso il basso: NON E’ QUINDI POSSIBILE ASSICURARE LA CONDIZIONE DI EQUILIBRIO. Il risultato finale è che la trave si ribalta (come facilmente intuibile). Questo è un risultato molto generale. Infatti: Se un corpo si appoggia su sostegni (o gambe), rimane in equilibrio solo se la forza peso cade internamente alla base definita dal poligono convesso delimitato dai sostegni. Se ciò non accadesse, almeno una gamba dovrebbe tirare il corpo (forza vincolare negativa) per contrastare il momento del peso. Ma questo non è possibile se il corpo è semplicemente appoggiato sulle gambe. Cap.5 Il tavolo ha perso una gamba. Il tavolo non si ribalta se appoggiamo il vaso in modo che il peso del vaso “cada” all’interno del triangolo definito dalle tre gambe (disegno di sinistra). Nota: L’esercizio 7 (piano di appoggio), può essere definito e risolto anche in maniera inversa: date le reazioni N1 ed N2 misurate sulle due gambe (ad esempio con due bilance), si può trovare il peso P e la sua posizione x. Questo tipo di calcolo viene sfruttato in un dispositivo biomeccanico: la pedana stabilometrica. Immaginiamo che una persona appoggi coi due piedi sugli appoggi “1” e “2”: misurando i carichi N1 ed N2 si ottiene il peso del soggetto (P=N1+N2) e la posizione orizzontale x del peso rispetto ad uno dei due piedi. Se il soggetto è asimmetrico (ad esempio a causa di una postura errata, o di una scoliosi) avremo che N1 ≠ N2. Se invece che su di un asse, il soggetto ponesse i piedi su di una pedana appoggiata a tre punti non allineati di cui si misurano i carichi N1, N2 ed N3, sarebbe possibile ottenere non solo il peso P (=N1+N2+N3) e la posizione x del carico, ma anche la posizione y. In altre parole si determina la proiezione sul pavimento del baricentro del soggetto. La posizione (x,y) è ottenibile anche misurando oltre ad N1 ed N2, un momento torcente M. Queste pedane possono essere utilizzate per valutare il funzionamento del controllo posturale in un soggetto. Cap.5 Baricentro. Abbiamo indicato il peso di un corpo puntiforme di massa m con il vettore P =mg applicato nel punto dove si trova il corpo. Nei problemi precedenti abbiamo descritto la forza peso di un corpo esteso, NON puntiforme, nello stesso modo, e cioè semplicemente con un vettore peso P =mg, applicato in un certo punto del corpo. In effetti questo è possibile perché possiamo scomporre un corpo esteso di massa m in tanti piccoli “corpuscoli” sufficientemente minuscoli da ritenerli puntiformi. La massa di questi N corpuscoli sarà rispettivamente Δm1, Δm2,…,ΔmN. Ognuno di questi corpuscoli puntiformi peserà: pi=Δmig, ed essendo i vettori pi tutti paralleli tra loro, la somma di tutti i pesi è proprio il vettore P= Δm1g+Δm2g+…ΔmNg= = (Δm1+Δm2+…ΔmN) g = =mg. Questo vettore risultante sarà applicato in un punto ben determinato: questo punto è detto baricentro o centro di gravità del corpo. Determinare la posizione del baricentro è semplice se il corpo ha massa omogenea e forma simmetrica (sfera, cubo, cilindro…): in tal caso il baricentro è il centro geometrico del corpo. Per ottenere il baricentro di un corpo disomogeneo e di forma qualsiasi possiamo avvalerci di questa proprietà: il momento rispetto ad un punto P qualsiasi del peso di un corpo esteso (non puntiforme) è uguale al momento di un corpo puntiforme di uguale peso posto nel baricentro. } } P = P Cap.5 Esempio: determinazione del baricentro di un corpo. Un’asse (di peso trascurabile) lunga L metri sostiene 4 casse ognuna di peso P disposte come in figura. Determinare il baricentro del corpo costituito dall’asse e dalle 4 casse. 0 X Indichiamo con X la posizione, per ora incognita, del baricentro. Il peso totale del corpo da studiare è 4P. Per definizione di baricentro, il momento (rispetto ad un punto qualsiasi) del peso di un corpo puntiforme che abbia lo stesso peso totale del corpo esteso (in questo esempio, 4P) e che sia posto nel baricentro del corpo esteso, X, è uguale al momento prodotto dal peso del corpo in esame. 0 X 4P Il momento di questo ipotetico corpo puntiforme rispetto all’origine 0, MC, è: MC=-4PX. Sempre rispetto all’origine, il momento del peso del corpo esteso, ME, è uguale alla somma dei momenti prodotti dai pesi delle 4 casse: ME =0xP-(L/2)P-L(2P) Uguagliando i due momenti, otteniamo : -4PX =-(L/2)P-L(2P) cioè X=(5/8)L Cap.5 Leve La leva è una macchina semplice costituita da una asta rigida incernierata ad un fulcro. La parte dell’asta che unisce il fulcro ad ognuna delle due forze si chiama braccio (la leva ha quindi due bracci). Con la leva è possibile applicare una forza di modulo FA ed equilibrare un carico FC ≠ FA. Il Guadagno Meccanico G è il rapporto tra carico e forza applicata: G=FC/FA. Ad esempio, un guadagno G>1 indica che la leva permette di equilibrare un dato carico applicando una forza di intensità inferiore. Per studiare una leva, è necessario: 1) isolare la sbarra dagli altri corpi; 2) evidenziare le forze applicate (queste sono la forza applicata FA e il carico FC, oltre alla reazione vincolare del fulcro R); FC FA R 3) calcolare il momento risultante rispetto al fulcro (notare che per questo calcolo non è necessario conoscere il valore di R, dato che il momento di R rispetto al fulcro è sempre 0!) Imponendo che la somma di tutti i momenti rispetto al fulcro sia =0, troviamo la condizione di equilibrio, quando cioè la forza applicata equilibra il carico. Da questa condizione, si ricava il guadagno G. Le leve si differenziano in tre tipi a seconda della posizione del fulcro e delle forze FA e FC. Cap.5 Leva di Primo Tipo ←Xc →←------ Xa --------- → FC FA Se la leva è in equilibrio, la somma dei momenti rispetto al fulcro è nulla: MR=FCXC-FAXA=0 Æ FC/FA=XA/XC Quindi G = XA/XC Il guadagno sarà > o < 1 a seconda della lunghezza dei bracci XA e XC. Leva di Secondo Tipo FC ←Xc → ←---------- Xa --------------→ FA Uguagliando a 0 la somma dei momenti rispetto al fulcro otteniamo ancora che: G=XA/XC In questo caso G è sempre >1 Leva di Terzo Tipo ←Xa → FA ←------------ FC Xc -----------→ G=XA/XC In questo caso G è sempre <1. Questo tipo di leva è utile per regolare con precisione la forza applicata. Cap. 5 Quiz Classificare il tipo di leva. Per i primi due grafici, valutare la forza F esercitata dal muscolo per equilibrare il carico. Cap. 5 Forze d’attrito L’attrito è una forza che si oppone al moto di un corpo. Ma paradossalmente è indispensabile per il movimento: non si può camminare senza attrito tra suole e strada, e le ruote delle automobili girerebbero a vuoto senza attrito. L'attrito è dovuto a forze attrattive tra le molecole di due corpi. Queste forze formano "microsaldature" che impediscono lo scorrimento tra le superfici dei corpi. L’attrito riguarda non solo i corpi solidi, ma anche liquidi e gas (le forze di attrito di un liquido si chiamano forze viscose). Esso è generalmente molto minore nei liquidi e nei gas. Per questo si usano liquidi per “lubrificare” le superfici, cioè per ridurne l’attrito. Il liquido lubrificante aderisce alle superfici dei corpi creando un piccolo strato a basso attrito. Per descrivere quantitativamente le forze di attrito, consideriamo un blocco di materiale su di una superficie. Sul blocco agiscono solo il peso P e la reazione vincolare della superficie di appoggio N=-P. Le equazioni di equilibrio sono soddisfatte, e non può esistere oltre a queste due forze anche una forza di attrito. P N Immaginiamo ora di applicare una forza di trazione T. L’esperienza mostra che il corpo non si muove se T non è sufficientemente intensa. Deve esiste quindi una forza che si oppone al moto equilibrando T. Chiamiamo questa forza attrito statico fS. P T fS N Se T cresce gradualmente, anche la forza di attrito fS cresce per compensare T, fino ad un certo valore oltre al quale il corpo comincia a muoversi strisciando. Questo valore limite si chiama forza di attrito statico massima: fS(max) Sperimentalmente si è visto che: 1) fS(max) è indipendente dall’area di contatto (per cui se il blocco viene messo in piedi ruotandolo di 90°, fS(max) non cambia!) fS(max) fS(max) 2) Il modulo di fS(max) è proporzionale alla reazione del piano di appoggio N: |fS(max)|=μS |N| Cap. 5 Il coefficiente μS è detto coefficiente di attrito statico. Dipende dalla natura delle superfici e generalmente è minore di 1. Anche dopo che il corpo si è messo in moto, esiste una forza di attrito che si oppone al moto. Questa è detta forza di attrito cinetica, o di scorrimento, fK, Questa forza in modulo vale: |fK|=μK |N| Quindi anche fK non dipende dalla ampiezza della superficie di contatto, ma solo dalla forza normale N. μK è il coefficiente di attrito cinetico: anch’esso dipende dalla natura delle superfici ed è minore del coefficiente di attrito statico. μK<μS Esempio: diagramma indicante la forza di attrito agente su di un corpo che pesa 1000 [N] appoggiato su asfalto, la cui superficie di contatto è ricoperta di gomma, al variare della intensità della forza trainante T