LA DIGNITÀ E IL RISPETTO DELLA PERSONA NELLA
LIBERTÀ DI ESPRESSIONE. UNA PROPOSTA DI LEGGE.
Questo appello rivolto alle cittadine e ai cittadini, alle istituzioni e ai
media, propone di rimuovere l’uso strumentale e umiliante del corpo
della donna e dell’’uomo nei programmi televisivi, nella pubblicità e
nell’’editoria.
Qualsiasi comunicazione che avvilisca la dignità delle persone
rappresenta una violenza.
La risoluzione europea del 3 settembre 2008 sugli stereotipi di genere,
le lotte delle donne e le parole del Presidente della Repubblica,
Giorgio Napolitano, il quale ha affermato che “questo stile di
comunicazione nei media, nelle pubblicità, nel dibattito pubblico, può
offrire un contesto favorevole dove attecchiscono molestie sessuali,
verbali e fisiche, se non veri e propri atti di violenza anche da parte di
giovanissimi”, rappresentano un punto di riferimento per la nostra
battaglia di civiltà.
Nella nostra realtà sociale, ove le immagini sono elemento primario
della comunicazione, è evidente come le stesse veicolino valori, ma
anche disvalori. La bellezza dei corpi sta nell’’arte non nell’’uso che ne
viene fatto con la costante allusione alla disponibilità e all’’atto
sessuale. Attraversare lo spazio pubblico, con immagini che associano
corpi o parti del corpo ammiccanti a prodotti commerciali, favorisce
un linguaggio e un immaginario che impediscono la crescita e la
cultura del rispetto della persona .
Le donne e gli uomini sono in grado di esprimere qualità straordinarie
nella vita di relazione, nel lavoro, nella politica, nella ricerca e nella
vita di tutti i giorni. Per questo avvertiamo l’esigenza che il nostro
Paese adotti provvedimenti normativi che costituiscano il contributo
pubblico contro ogni atto di violenza, diretto e indiretto, palesemente
lesivo dei diritti fondamentali sanciti nella nostra Costituzione,
favorendo così una sostanziale parità di genere.
Proponiamo e invitiamo a sottoscrivere questo appello che sostiene la
seguente proposta di legge a tutela della dignità della persona, volta
alla eliminazione della discriminazione dei generi nella pubblicità e nei
mezzi comunicazione.
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Nerina Benuzzi, Ivana Brunato, Tiziana Scalco (Camera del Lavoro
metropolitana di Milano)
Maria Costa (Centro donna Cgil)
Antonella Eberlin (DonneInQuota)
Donatella Martini (DonneInQuota)
Laura Ferrante (Amiche di ABCD)
Iride Enza Funari (Amiche di ABCD)
Laura Pistillo (Amiche di ABCD)
Prof.ssa. Avv. Marilisa D’Amico
Avv. Ileana Alesso
Avv. Massimo Clara
Avv. Francesca Garisto
Avv. Annalisa Rosiello
Onorio Rosati Segretario Generale Camera del Lavoro di Milano
2
PROPOSTA DI LEGGE
SULLA PARITÀ E LA NON DISCRIMINAZIONE TRA I
GENERI NELL’AMBITO DELLA PUBBLICITÀ
E DEI MEZZI DI COMUNICAZIONE
Relazione illustrativa.
La presente proposta di legge intende attuare i principi costituzionali di
parità e di non discriminazione di genere anche nell’ambito della pubblicità e
dei mezzi di comunicazione.
La Costituzione sancisce il diritto di ogni individuo, oltre che alla vita e
all’integrità fisica, anche all’integrità morale e alla propria realizzazione
personale. Lo Stato, per rendere effettivi questi diritti, ha l’obbligo di
intervenire per eliminare ogni forma di discriminazione che comporti
disuguaglianze fra gli individui, in particolare, ai fini che qui interessano,
basate sul genere.
A tal fine si rivela necessario un idoneo bilanciamento che il legislatore è
chiamato ad operare tenendo conto dei diritti e delle diverse posizioni
soggettive, in particolare la tutela della dignità della persona e la libertà di
espressione (artt. 2, 3, 21 e 33 Cost.), nonché la libertà di iniziativa economica
(art. 41 Cost., comma 1°) che deve svolgersi nel rispetto dell’utilità sociale
(art. 41 Cost., comma 2°). Quest’ultima intesa in senso più ampio ricomprende
anche il contributo, attraverso una comunicazione consapevole, alla creazione
della cultura di una società libera da stereotipi legati al genere.
Se è pur vero che dal secolo scorso, e sempre più negli anni, nel
nostro ordinamento si sono registrate grandi trasformazioni nel rapporto
tra i due generi, dal riconoscimento e regolamentazione dei diritti di voto,
al lavoro, alla procreazione responsabile e dunque alla contraccezione,
nonché al divorzio, fino alla recente penalizzazione degli atti persecutori
(stalking), nondimeno con lo sviluppo delle moderne tecnologie si assiste
alla diffusione sempre più ampia di messaggi pubblicitari attraverso
qualsiasi forma di media, che tendono a trasfigurare l'immagine
3
femminile ed ad arretrare rispetto a queste conquiste, realizzando una
forma di violenza di genere che si potrebbe definire “mediatica”.
Quest’ultima, infatti, porta a vedere offesa la dignità della persona, in
particolare delle donne, attraverso l’uso molto spesso strumentale e umiliante
del corpo delle stesse. Come sappiamo, peraltro, le immagini costituiscono un
potente canale di trasmissione di valori o disvalori che raggiungono le persone
(donne, uomini, bambini) in maniera spesso indiscriminata.
Lo Stato deve dunque dotarsi di provvedimenti positivi di azione che
eliminino ogni atto di violenza palesemente lesiva dei diritti fondamentali. In
particolare, come si è anticipato, si intende fare riferimento ai diritti di libertà,
uguaglianza e non discriminazione nel campo della pubblicità e dei mezzi di
comunicazione.
Il presente disegno di legge si inserisce perfettamente nel quadro di
attuazione di questi principi costituzionali e va a colmare un significativo
vuoto normativo armonizzandosi, tra le altre cose, con la normativa di
contrasto alle discriminazioni di genere (d.lgs. 11 aprile 2006, n. 198) e con la
normativa in materia di pubblicità ingannevole e comparativa (d.lgs. 25
gennaio 1992, n. 74).
Occorre sottolineare, peraltro, come tali principi siano stati espressi in
molteplici disposizioni anche a livello europeo.
Il Parlamento europeo (risoluzione del 14.10.1987, in tema di
raffigurazione e posizione della donna nei mezzi di comunicazione di massa)
ha raccomandato ai mezzi di comunicazione, alle società pubblicitarie, ai
governi e alle forze sociali di adottare misure concrete per incoraggiare la
promozione della donna e garantire le pari opportunità.
Successivamente, il Consiglio (3.10.1989) ha affermato che la pubblicità
televisiva non deve ledere la dignità umana né comportare la discriminazione
fondata sul sesso. È stato inoltre promosso un programma di azione (1991 1995) in cui si sono previste azioni di promozione di una immagine della
donna positiva, tra cui emergono la promozione di una migliore
rappresentanza delle donne nell’industria dei mezzi di comunicazione.
4
Nel 1991, il Consiglio ha adottato una risoluzione con cui ha invitato gli
Stati membri a promuovere una migliore partecipazione delle donne a tutti i
livelli nel settore dei mezzi di comunicazione e a elaborare programmi che
diano una immagine realistica e completa della donna nella società.
Con la risoluzione del Consiglio del 5.10.1995, inoltre, si è da un lato
affermata l’adesione al principio della libertà di espressione nonché al
principio della libertà di stampa e degli altri mezzi di comunicazione,
dall’altro si è posto in evidenza che gli stereotipi sessuali nella pubblicità e nei
mezzi di comunicazione sono uno degli elementi di ineguaglianza che
influenzano i comportamenti stessi tra uomini e donne. Tale assunto pone la
necessità di promuovere la parità in tutti i settori della vita sociale e in tutte le
fasce di età.
La risoluzione del Parlamento Europeo sulla discriminazione della donna
nella pubblicità del 6.10.19978, nel ribadire la condanna degli stereotipi
sessisti, esorta i mezzi di comunicazione e il settore della pubblicità a
contribuire al cambiamento della mentalità allo scopo di concretizzare
effettivamente la parità tra i genere e ad abbandonare espedienti tecnici e
raffigurazioni immaginose che riducono il ruolo femminile alla bellezza fisica
e alla disponibilità sessuale; incoraggia esempi virtuosi di pubblicità
all’insegna della non discriminazione e della parità di opportunità con
strumenti originali e moderni.
Da ultimo, si segnala la risoluzione del Parlamento europeo del 3.9.2008,
che ribadisce come la pubblicità presenti anche messaggi pubblicitari
discriminatori e degradanti, basati sul genere, con ciò rappresentando un
ostacolo per una moderna e paritaria società, al pari di qualunque altro
stereotipo di genere in ogni forma.
Di questa risoluzione si sottolinea in particolare l’attenzione per
l’impatto della pubblicità sull’infanzia (lett. K: “considerando che gli
stereotipi di genere possono contribuire fin dai primi anni di socializzazione
del bambino a una discriminazione di genere che consolida il perpetuarsi delle
ineguaglianze tra uomo e donna lungo tutto l’arco della vita e l’emergere di
comportamenti di segregazione in base al genere”; lett. O: “considerando che i
5
bambini sono un gruppo particolarmente vulnerabile, in quanto ripongono la
loro fiducia non solo nelle figure di autorità ma anche nei personaggi di
racconti, programmi televisivi, libri illustrati, materiale didattico, videogiochi,
pubblicità di giocattoli, ecc.; considerando che i bambini imparano imitando e
mimando le proprie esperienze e che, per questo motivo, la pubblicità che
presenta stereotipi di genere non solo influisce sullo sviluppo individuale, ma
accentua anche la percezione per cui il sesso di appartenenza determina cosa è
possibile e cosa non lo è”; n. 10 : “sottolinea che la presenza di stereotipi negli
spot pubblicitari trasmessi durante i programmi per i bambini costituisce un
vero problema a causa delle sue potenziali ripercussioni sulla socializzazione
di genere e, di conseguenza, sul modo in cui i bambini vedono se stessi, i
propri familiari e il mondo esterno”; n. 11: “constata che gli sforzi volti a
combattere gli stereotipi di genere nei media e nella pubblicità dovrebbero
essere affiancati da strategie e misure educative per sensibilizzare i bambini
dall’infanzia e per sviluppare il senso critico fin dall’età adolescenziale”,
risoluzione cit.) e sul lavoro (lett. L: “considerando che lo stereotipo di genere
è controproducente e nel mercato del lavoro contribuisce a creare divisioni di
genere nell’ambito delle professioni in cui le donne generalmente guadagnano
meno degli uomini”, risoluzione cit.).
L’art. 2 del Trattato sull’Unione Europea (versione consolidata rispetto
al Trattato di Lisbona), inoltre, dispone che “L'Unione si fonda sui valori del
rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza,
dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle
persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati
membri
in
una
società
caratterizzata
dal
pluralismo,
dalla
non
discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla
parità tra donne e uomini.”
Occorre sottolineare come l’art. 6 TUE, come modificato dallo stesso
Trattato di Lisbona, attribuisca alla Carta di Nizza lo stesso valore giuridico
dei Trattati. Risultano così espressamente, anche mediante il rinvio che
conferisce efficacia vincolante, richiamati i principi espressi dalla Carta e, in
particolare, l’art. 21 che dispone che “È vietata qualsiasi forma di
6
discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della
pelle o l'origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la
religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra
natura, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita,
gli handicap, l'età o le tendenze sessuali”. Si stabilisce, inoltre, che
“Nell'ambito d'applicazione del trattato che istituisce la Comunità europea e
del trattato sull'Unione europea è vietata qualsiasi discriminazione fondata
sulla cittadinanza, fatte salve le disposizioni particolari contenute nei trattati
stessi.”
Si possono, sia pur brevemente, richiamare i modelli adottati dal alcuni
paesi europei.
In particolare, in Austria, oltre a un organismo di autocontrollo, è stata
adottata la “Legge per il trattamento paritario” che stabilisce che non si
possono usare parti nude del corpo femminile per pubblicizzare prodotti che
non siano direttamente correlati ad essi.
In Belgio vi sono due autorità (una per la lingua francese e una per il
fiammingo) e la legge richiede una particolare attenzione ai messaggi in cui
viene usato il corpo umano senza alcun legame con il prodotto
commercializzato.
In Francia la legge stabilisce esplicitamente che la pubblicità non può
ridurre la persona umana, e in particolare la donna, a un oggetto.
Riferimento al genere fanno anche i codici di autocontrollo adottati in
Germania, Ungheria e Irlanda, mentre in Polonia e in Olanda si proibiscono in
generale
discriminazioni
tra
uomo
e
donna
nella
rappresentazione
commerciale del corpo umano.
La legislazione più avanzata è quella svedese, dove si proibisce in
maniera esplicita la visione tradizionale dei ruoli sessuali e si condannano gli
stereotipi.
In Gran Bretagna ci sono tre enti preposti al controllo preventivo dei
messaggi: uno per la stampa, cinema, e-mail e media in generale, uno per la
televisione e uno per la radio.
7
In Spagna la pubblicità sessista è illegale e la sua proibizione è sancita
nella legge contro la violenza di genere, del 28 dicembre 2004 “Misure di
prevenzione contro le violenze di genere” e dalla legge costituzionale del 22
marzo 2007 per la parità effettiva tra gli uomini e le donne, che dedica un
intero titolo (III) ai mezzi di comunicazione ed alla pubblicità, imponendo
specifici obblighi al sistema radiotelevisivo pubblico, all’agenzia giornalistica
pubblica e al settore pubblicitario di trasmettere un’immagine egualitaria,
plurale e non stereotipata delle donne e degli uomini nella società.
A quest’ultimo riguardo quindi la pubblicità e gli stessi mezzi di
comunicazione, possono apportare un fondamentale contributo al mutamento
sociale, poiché riflettono la ripartizione dei compiti tra donne e uomini, la
stessa partecipazione alla vita sociale e l’identità di genere.
Dunque, anche la pubblicità e i mezzi di comunicazione, in
considerazione del notevole impatto sociale che esercita in ragione delle nuove
e moderne tecnologie non più limitate al mezzo televisivo e in ragione del
fatto che indubbiamente contribuisce ormai a formare in modo determinante
l’immagine stessa della donna e dell’uomo, deve contribuire a creare le
condizioni per questa trasformazione sociale, non ledendo il rispetto della
dignità umana e non mostrando alcuna forma di discriminazione di genere.
La presente normativa intende tutelare la dignità della donna e dell’uomo
nella pubblicità e nei mezzi di comunicazione e promuovere l’affermazione di
una loro immagine egualitaria e non stereotipata nella società (art. 1).
Il disegno di legge, ispirandosi a modelli già praticati in altri Stati in
Europa, sceglie di adottare norme di tipo non solo repressivo, ma anche
promozionale (art. 1).
Ai sensi del presente disegno di legge si considera pubblicità qualsiasi
forma di messaggio che venga diffuso, in qualsiasi modo, nell’esercizio di
un’attività commerciale, industriale, artigianale o professionale allo scopo di
promuovere la vendita di beni mobili o immobili, la costituzione o il
trasferimento di diritti ed obblighi su di essi oppure la prestazione di opere o di
8
servizi. Per mezzi di comunicazione si intendono la stampa, il cinema, la
radio, la televisione e internet, siano essi pubblici o privati (art. 1).
Questo progetto considera illecite la pubblicità e la comunicazione che
utilizzino il corpo delle donne e degli uomini in modo offensivo della dignità
della persona. Tra le altre si prevede come illecita la comunicazione
pubblicitaria che assimili le immagini o parti del corpo a oggetti o prodotti
commerciali che vengono pubblicizzati (art. 2).
Le Amministrazioni pubbliche sono tenute a promuovere accordi che
contribuiscano a favorire l’attuazione della disciplina posta dal disegno di
legge, da parte degli stessi mezzi di comunicazione (art. 3).
Questi ultimi devono trasmettere infatti una immagine egualitaria e
plurale, nonché non stereotipata di donne e uomini. Inoltre, sono tenuti a
diffondere la conoscenza e la diffusione del principio di parità di genere (art.
4).
All’art. 5 si prevede l’istituzione di una Commissione garante nominata
di comune intesa dal Ministro del Lavoro e da quello per le Pari opportunità e
dai rappresentanti delle Camere di commercio, delle Associazioni femminili e
maschili, delle Organizzazioni sindacali e delle Associazioni di categoria
interessate, che valuti la liceità della pubblicità e della comunicazione.
Quale sanzione per il mancato rispetto della disciplina, si prevede all’art.
6 la rimozione immediata della pubblicità illecita, nonché sanzioni di tipo
economico (art. 7), nel caso di inadempimento all’ordine di rimozione,
previste dal d.lgs. n. 206 del 2005 per quanto concerne la pubblicità e dal d.lgs
n. 177 del 2005 per i mezzi di comunicazione. In quest’ultimo settore, si
stabilisce una competenza prevalente e specifica per come delineata dalla
presente normativa in capo alla Commissione garante rispetto agli altri organi
chiamati a intervenire nel settore dei mezzi di comunicazione.
Il disegno di legge, inoltre, intende ispirare la disciplina in materia di
pubblicità commerciale sessista oltre che a principi sanzionatori, anche ad
azioni di promozione.
9
A tale fine, si istituisce il “distintivo” aziendale che permette di
riconoscere le aziende che usano pubblicità non discriminatoria e rispettosa
del principio di parità e di rispetto delle figure femminili e maschili (art. 8).
Si stabilisce l’emanazione del regolamento attuativo entro sei mesi
dall’entrata in vigore della legge (art. 9), che stabilirà, oltre al numero e alle
modalità di nomina dei componenti la Commissione e la loro durata in carica,
anche le procedure di concessione del distintivo.
Da ultimo (art. 10), si prevede a carico delle Università, delle
Amministrazioni pubbliche, della Commissione di cui al Codice per le Pari
Opportunità e della Commissione garante il compito di promuovere attività
formative e iniziative pubbliche per la diffusione di una comunicazione
rispettosa dei principi contenuti nella presente legge. una particolare
attenzione inoltre dovrà essere riservata a favorire l’equilibrata socializzazione
di genere e l’adeguato sviluppo di bambini e adolescenti, che potrebbero
venire compromessi dalle pubblicità e dalle comunicazioni vietate dalla
presente legge.
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PROPOSTA DI LEGGE
SULLA PARITÀ E LA NON DISCRIMINAZIONE TRA I
GENERI NELL’AMBITO DELLA PUBBLICITÀ E DEI MEZZI
DI COMUNICAZIONE
Articolo 1
(Finalità e definizioni)
1. La presente legge ha lo scopo di tutelare la dignità della
donna e dell’uomo nella pubblicità e nei mezzi di comunicazione
nonché di promuovere, attraverso questi, l’affermazione di
un’immagine egualitaria e non stereotipata della donna e
dell’uomo nella società.
2. Ai fini della presente legge:
a) per “pubblicità” si intende qualsiasi forma di messaggio che
sia diffuso, in qualsiasi modo, nell’esercizio di un’attività
commerciale, industriale, artigianale o professionale allo scopo di
promuovere la vendita di beni mobili o immobili, la costituzione
o il trasferimento di diritti ed obblighi su di essi oppure la
prestazione di opere o di servizi;
b) “mezzi di comunicazione” sono la stampa, il cinema, la radio,
la televisione e internet, siano essi pubblici o privati.
Articolo 2
(Pubblicità e comunicazione illecite)
1. È vietato utilizzare in modo vessatorio o discriminatorio
ai fini della presente legge l’immagine della donna e dell’uomo.
2. Si considera illecita la pubblicità che utilizza il corpo
delle donne e degli uomini in modo offensivo della dignità della
persona, che assimili l’immagine femminile e maschile o parti
11
del corpo ad oggetti o ai prodotti pubblicizzati, o che infine,
accompagni l’immagine di uomini o donne ad altra immagine
che richiami o evochi atti o attributi sessuali, sempre che il
riferimento non sia assolutamente necessario alla descrizione del
prodotto pubblicizzato.
3. Si considera altresì illecita la pubblicità che direttamente
o indirettamente contribuisce alla diffusione di stereotipi, di
violenza e discriminazioni legate al genere.
4. Alla stessa stregua devono considerarsi illecite le
trasmissioni televisive di intrattenimento che prevalentemente
presentino contenuti lesivi della dignità della persona ai sensi dei
commi primo e secondo del presente articolo.
Articolo 3
(Amministrazioni pubbliche)
1. Le Amministrazioni pubbliche vigilano sul rispetto dei
principi espressi negli artt. 1 e 2 e segnalano alla Commissione
garante di cui all’art. 5 le eventuali violazioni.
2. Le Amministrazioni pubbliche sono tenute a promuovere
l’adozione, da parte dei mezzi di comunicazione, di accordi di
autoregolamentazione atti a contribuire all’osservanza della
legislazione in materia di parità tra le donne e gli uomini.
Articolo 4
(Mezzi di comunicazione)
1.
I
mezzi
di
comunicazione
devono
trasmettere
un’immagine egualitaria, plurale e non stereotipata delle donne e
degli uomini e promuovere la conoscenza e la diffusione del
principio di parità di genere.
12
2. I mezzi di comunicazione promuovono la protezione e la
tutela dell’uguaglianza tra uomini e donne ed evitano ogni
discriminazione tra loro.
3. I mezzi di comunicazione adottano azioni specifiche
rivolte alla tutela dei minori e alla promozione di una immagine
di uomini e donne adeguata allo sviluppo equilibrato della loro
personalità.
Articolo 5
(Commissione garante)
1. Presso il Ministero per le Pari Opportunità è istituita una
Commissione garante composta da membri nominati di comune
intesa dal Ministro per le Pari Opportunità, dal Ministro del
Lavoro e dai rappresentanti delle Camere di commercio, delle
Organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, dalle
Associazioni femminili e maschili attive nella tutela dei valori e
degli interessi oggetto della presente legge ed iscritte in apposito
elenco.
2. La Commissione ha il compito di valutare d’ufficio o su
segnalazione la liceità della pubblicità e della comunicazione.
3. A detta Commissione possono ricorrere Enti ed Uffici
pubblici e privati e chiunque vi abbia interesse, al fine di ottenere
l’inibizione della pubblicità o della comunicazione ritenuta
illecite ai sensi della presente legge nonché la loro continuazione.
4. La Commissione può disporre con provvedimento
motivato la sospensione provvisoria di campagne pubblicitarie in
violazione della presente legge e ordinare la rimozione delle
medesime.
5. Il Regolamento determina il numero dei componenti
della Commissione, le modalità di nomina, la durata in carica, i
13
criteri per la formazione dell’elenco di associazioni di cui al
primo comma nonché le modalità più rapide per la presentazione
delle segnalazioni e per la tempestiva deliberazione sulle stesse.
Articolo 6
(Della rimozione)
1. La rimozione della pubblicità e della comunicazione
considerate illecite e i costi del procedimento davanti alla
Commissione sono a carico dell’azienda promotrice della
pubblicità o della comunicazione.
Articolo 7
(Delle sanzioni)
1. In caso di inosservanza del divieto disposto dalla
presente legge in ordine alla discriminazione fra generi nella
pubblicità, si applicano le sanzioni previste dall’art. 27 del d.lgs.
206 del 2005, aumentabili fino a un terzo.
2. In caso di inosservanza delle disposizioni della presente
legge da parte dei mezzi di comunicazione, si applicano le
sanzioni previste dall’art. 51 del d.lgs. n. 177 del 2005,
aumentabili fino a un terzo.
3. In quest’ultimo settore, vi è una competenza prevalente e
specifica della Commissione garante rispetto agli altri organi
chiamati a intervenire nel settore dei mezzi di comunicazione.
Articolo 8
(Distintivo per le aziende che utilizzano pubblicità e/o
comunicazione non sessiste)
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1. La Commissione crea un distintivo per riconoscere le
aziende che si distinguono per l’utilizzo di pubblicità e
comunicazione non discriminatorie nei confronti di donne e
uomini che potrà essere utilizzato per fini pubblicitari.
2. Il regolamento attuativo stabilisce le modalità di
concessione del distintivo.
3. La Commissione controlla che le aziende titolari del
distintivo si comportino conformemente agli impegni proposti e,
in caso di violazione degli stessi, procede al ritiro del distintivo.
Articolo 9
(Il regolamento attuativo)
1. Il regolamento attuativo verrà emanato entro 6 mesi
dall’entrata in vigore della presente legge, d’intesa fra i due
Ministeri, del Lavoro e per le Pari Opportunità.
Articolo 10
(Formazione)
1. Alle Università, alle Amministrazioni pubbliche, alla
Commissione per le Pari Opportunità, di cui al d.lgs 11 aprile
2006, n. 198, e alla Commissione garante nell’ambito dei
rispettivi compiti è affidata la promozione di attività di
formazione specifica.
2. Agli stessi organismi è altresì affidato il compito di
promuovere iniziative pubbliche per la diffusione di una
comunicazione rispettosa dei principi contenuti nella presente
legge e di favorire l’equilibrata socializzazione di genere e
l’adeguato sviluppo di bambini e adolescenti, che potrebbero
15
essere compromessi dalla diffusione di stereotipi, di violenza e di
discriminazioni legate al genere.
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