Capitolo 2
Caratterizzazione di motore e carico
2.1
Il problema termico dei motori
Durante il funzionamento tutti i motori dissipano potenza sotto forma di calore in quanto gli avvolgimenti
in essi presenti sono interessati dal passaggio di corrente. Tale potenza (Wd ), proporzionale al quadrato della
corrente, durante il transitorio termico in parte determina un aumento di temperatura del motore e in parte viene
asportata dall’ambiente circostante, mentre quando si è raggiunto il regime termico viene completamente ceduta
all’esterno. Indicando con θ(t) la differenza di temperatura fra la parte del motore sede di avvolgimenti elettrici
(e parti magnetiche) e ambiente all’istante t, con Cth la capacità termica del motore e con Rth la resistenza
termica del motore, si può scrivere l’equazione differenziale che rappresenta la conservazione dell’energia per
unità di tempo
Cth dθ/dt + θ/Rth = Wd
(2.1)
nella quale il termine Cth dθ/dt rappresenta l’energia immagazzinata nell’unità di tempo e il termine θ/Rth
l’energia ceduta all’ambiente nella medesima unità di tempo. Nel caso di funzionamento con coppia e velocità
costanti, la soluzione dell’equazione differenziale 2.1 è
θ(t) − θi = (θr − θi )(1 − e−t/τth )
(2.2)
dove θi è la sovratemperatura iniziale del motore,
θr = Rth Wd
(2.3)
è la sovratemperatura di regime (indipendente da θi ) e
τth = Rth Cth
(2.4)
è la costante di tempo termica del motore. Normalmente il valore di τth viene fornito dal costruttore del motore.
Come si vede dalla figura 2.1 la costante di tempo τth è un indice della rapidità con cui si esaurisce il transitorio
termico.
La sovratemperatura massima ammessa θmax è funzione della qualità del materiale isolante degli avvolgimenti
elettrici, presenti nel motore, individuata dalla classe di isolamento: per la classe di isolamento B si ha un limite
di +80◦ C, per la classe F (quella più comunemente adottata) si ha un limite di +100◦ C, per la classe H il limite
sale a +120◦ C; altri limiti di temperatura possono essere imposti dalla presenza di eventuali magneti permanenti.
Queste sovratemperature si riferiscono ad una temperatura esterna uguale a 40◦ C (o minore) .
Questi limiti determinano il valore della potenza nominale del motore: essa corrisponde ad una potenza
dissipata Wd tale da fargli raggiungere, a regime termico, una sovratemperatura θr pari a quella massima
consentita dagli avvolgimenti. La potenza nominale del motore dipende quindi da due fattori, dalla temperatura
esterna e dalla resistenza termica del motore.
Se la temperatura ambiente, per qualche motivo, è superiore ai 40◦ C, la potenza nominale del motore deve
essere ridotta in proporzione, come indicato in figura 2.2.
Detta Wn la potenza nominale e η il rendimento corrispondente, essendo Wn /η la potenza entrante nel
motore e quindi Wd = (1/η − 1)Wn la potenza perduta, si ha
Wn =
ηθmax
(1 − η)Rth
(2.5)
18
CAPITOLO 2. CARATTERIZZAZIONE DI MOTORE E CARICO
θ 6
¯
¯
¯
¯
¯
¯
¯
¯
¯r
θmax
τth
t
t̄
Figura 2.1: Risposta termica del motore a potenza dissipata costante.
110
6
potenza %
aa
100
110
aa
100
aa
6
HH
aa
potenza %
H
H
H
H
H
HH
70
30
40
60
◦
C
Figura 2.2: Effetto della temperatura dell’aria esterna
sulla potenza nominale.
1000
2000
3000 m
Figura 2.3: Effetto dell’altitudine sulla potenza nominale.
A pari classe di isolamento e a pari rendimento, la potenza nominale diminuisce al crescere di Rth . Rth dipende
dalle caratteristiche del fluido refrigerante, ossia siccome questo normalmente è aria, dalla sua densità, che varia
con la quota: come mostra la figura 2.3, per questo motivo la potenza nominale, al di sopra dei 1000 m di quota,
decresce con l’altitudine (a meno che il fenomeno non venga compensato da una contemporanea diminuzione
della temperatura esterna). Rth dipende dalle caratteristiche costruttive del motore, in particolare dalla zona
dove si produce il calore (nello statore o nel rotore) e dalla presenza di alettature sulla superficie (diminuisce
Rth in quanto aumenta la superficie di scambio). Rth dipende dal tipo di ventilazione, forzata o naturale (Rth
diminuisce quando aumenta il coefficiente di scambio termico); la ventilazione forzata può essere ottenuta con
una palettatura solidale col rotore nei motori autoventilati, oppure con un ventilatore esterno (ventilazione
assistita); nei motori a velocità variabile si preferisce il ventilatore esterno, poichè l’autoventilazione perde
efficacia al diminuire della velocità stessa. La ventilazione forzata può essere interna, in cui il calore viene ceduto
all’aria che attraversa l’interno del motore e viene continuamente rinnovata, oppure esterna (o a mantello), in
cui il calore viene ceduto all’aria circostante dalla superficie esterna del motore chiuso.
Il tipo di ventilazione possibile, e quindi la sua efficacia, dipende soprattutto dal grado di protezione che
si vuol dare al motore stesso, definito dalla sigla IP seguita da due cifre: la prima si riferisce alla protezione
contro il contatto e alla penetrazione di corpi solidi, la seconda alla protezione contro l’acqua. Le protezioni
usuali sono riportate in tabella 2.1: le più diffuse sono la IP23 (forma aperta, eventualmente protetta, usata
spesso per motori in C.C. a ventilazione forzata), la IP44 (forma chiusa, usata di solito per motori asincroni
autoventilati) e la IP55 (motori a tenuta stagna). Per applicazioni speciali si hanno motori antideflagranti,
antiscintilla, o tropicalizzati contro le muffe. Al migliorare del grado di protezione corrisponde una maggior
difficoltà di ventilazione e quindi una diminuzione della potenza nominale del motore.
La determinazione della taglia del motore viene fatta imponendo che la temperatura massima raggiunta
durante il funzionamento non superi il valore θmax consentito; pertanto, almeno in linea di principio, bisogna
risolvere l’equazione 2.1 introducendo a secondo membro l’espressione della potenza dissipata Wd (t) in relazione
al movimento previsto. Tuttavia, se il motore funziona sempre allo stesso valore di coppia e velocità per un
tempo sufficientemente maggiore di τth , viene raggiunto l’equilibrio termico (servizio continuo) ed il motore
viene scelto, senza necessità di risolvere la 2.1, in modo che la sua potenza nominale (o la sua coppia nominale)
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19
CAPITOLO 2. CARATTERIZZAZIONE DI MOTORE E CARICO
Denominazione
del
motore
Gradi di protezione
I cifra: protezione contro
contatti accidentali
corpi solidi
IP 21
Protetto
IP 22
dita
mano
della
corpi di diametro > 12
mm
IP 23
Chiuso
IP 44
IP 45
Chiuso
IP 54
IP 55
utensili, fili
di
diametro > 1
mm
totale
II cifra:
protezione
contro l’acqua
corpi di
diametro >
1mm
polvere di
talco
stillicidio gocce d’acqua in caduta verticale
gocce d’acqua: caduta
incliata di 15 gradi
gocce d’acqua: caduta
inclinata di 60 gradi
acqua spruzzata da
qualsiasi direzione
getto di “manichetta”,
esposizione intemperie
acqua spruzzata da
qualsiasi direzione
getto di “manichetta”,
esposizione intemperie
Tabella 2.1: Tabella riassuntiva dei gradi di protezione.
superi quella richiesta dal carico.
Se il motore è pilotato da una variabile di comando y, le curve caratteristiche sono variabili con continuità,
e per ciascuna di esse ci sarà una condizione limite per il servizio continuo, rappresentata da una linea nel
piano Cm , ωm . In tal caso, più che alla potenza o alla coppia nominale (che corrispondono ad un determinato
valore di y), ci si deve riferire alla coppia continuativa limite, ossia bisogna che il punto di coordinate Cm , ωm
rappresentativo delle condizioni di funzionamento sia all’interno della zona S1 delimitata dalla curva limite
(ovviamente diversa a seconda del tipo di ventilazione previsto).
Peraltro molti carichi, tipicamente le macchine utensili, esigono coppie (e velocità) variabili nel tempo,
richiedendo frequenti avviamenti ed arresti. L’andamento temporale della potenza richiesta viene detto ciclo
di carico, ed è indispensabile per la definizione del tipo di servizio richiesto dal motore. Nella rappresentazione
del ciclo di carico, oltre alla potenza, si possono usare altre grandezze significative come la coppia motrice, la
corrente assorbita dal motore o la velocità. La conoscenza del ciclo di carico è necessaria per la determinazione
della taglia del motore da impiegare nell’applicazione.
Si hanno due casi fondamentali in funzione del tempo di ciclo tc rispetto a τth :
tc ≪ τth
Nel primo caso la durata del ciclo è decisamente minore di τth , per cui la temperatura del motore si assesta
attorno ad un valore medio θm in quanto, per l’elevata capacità termica, il motore non è in grado di seguire
le veloci oscillazioni della potenza dissipata, e quindi le filtra. Tale valor medio, corrispondendo alla potenza
2
dissipata media (proporzionale al quadrato della corrente e quindi, come s’è visto, a Cm
) , corrisponde al valore
quadratico medio Cmq della coppia erogata, valutabile con la
P
C 2t
2
Pmi i
Cqm
=
(2.6)
ti
dove i ti rappresentano gli intervalli di tempo relativi ai vari valori Cmi assunti dalla coppia Cm nel periodo. La
determinazione della taglia del motore viene fatta imponendo che Cmq sia all’interno della zona S1 delimitata
dalla curva limite. Nel caso che anche la velocità ωm vari sensibilmente durante il ciclo, si farà corrispondere
all’ordinata Cmq una ascissa pari al valor medio della velocità angolare.
tc ≃ τth
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CAPITOLO 2. CARATTERIZZAZIONE DI MOTORE E CARICO
Se la durata del ciclo è confrontabile con τth , la temperatura del motore varia ciclicamente, sia pure senza
raggiungere il valore di regime. In tal caso non resta che risolvere l’equazione 2.1. Sovente purtroppo i
costruttori o non si preoccupano di fornire i valori di Rth e Cth o, all’estremo opposto, fanno riferimento a
modelli più sofisticati di quello qui adottato (ad es. modelli in cui viene distinta la temperatura del rotore
da quella dello statore); per una grossolana valutazione di Rth , supposto che Rth non vari con la velocità
del motore, si può utilizzare indirettamente la 2.5. Ad esempio, per un motore della potenza nominale di
Wn = 0.4KW , rendimento nominale η = 0.8 e classe di isolamento F (θmax = 100◦ C), si ottiene Rth =
0.8 ∗ 100/0.2 ∗ 400 = 1W/C.
Più semplice è la valutazione diretta di Cth , essendo Cth = Csp M dove M è la massa del motore e Csp il suo
J
calore specifico, mediamente pari a Csp ≃ 450 kgC
(ferro + rame). Ad esempio, se il motore prima considerato
ha una massa M = 4 kg, si ha Cth = 450 ∗ 4 = 1800J/C. Di conseguenza, per la 2.4, la costante di tempo
termica vale τth = 1 ∗ 1800 = 1800 s = 30 min. Se τth è dato dal costruttore, il suo valore può servire per
determinare Rth tramite la 2.4, al posto della meno affidabile 2.5.
Se si ammette che gli avviamenti e le eventuali frenature elettriche non influenzino sensibilmente l’andamento
della temperatura nel ciclo di lavoro, si può evitare il calcolo di Rth e di Cth : difatti per la 2.3 si ha Wdn =
θmax /Rth e, potendosi supporre che
C2
Wd
= 2 ,
Wdn
Cn
con semplici passaggi la 2.1 si trasforma nella
τth
d (θ/θmax )
C2
θ
+
= 2
dt
θmax
Cn
(2.7)
in cui θmax rappresenta la massima temperatura ammissibile per il motore.
In ogni caso la soluzione della 2.1, e la corrispondente scelta del motore, può essere demandata al costruttore
del motore medesimo, pur di specificargli chiaramente il tipo di servizio che il motore è chiamato a svolgere.
Allo scopo norme internazionali e nazionali distinguono diverse condizioni di servizio standard. Tali condizioni
(servizio continuo, di durata limitata, intermittente, ininterrotto) sono individuate dalla lettera S seguita da un
numero e possono essere raggruppate nel modo seguente.
S1 Servizio continuo: il motore funziona sempre allo stesso valore di potenza per un periodo di tempo molto
lungo e sufficiente perché venga raggiunto l’equilibrio termico. La temperatura di regime deve non essere
superiore a quella massima ammessa in relazione alle condizioni ambientali di lavoro. È questo tipo di
servizio che consente di definire il valore limite della coppia continuativa e, in corrispondenza di una
determinata velocità base, il valore della coppia nominale. Sovente il costruttore fornisce una curva limite
nel piano Cm ,ωm che racchiude il campo di funzionamento S1.
S2 Servizio di durata limitata: funzionamento a carico costante per un periodo di tempo ta inferiore a quello richiesto per raggiungere l’equilibrio termico, seguito da un tempo di riposo (cioè con motore non
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CAPITOLO 2. CARATTERIZZAZIONE DI MOTORE E CARICO
più alimentato) sufficiente per riportare il motore alla temperatura ambiente; va precisato il tempo di
funzionamento a carico (ad es. S2:30 min). In questo caso, e in tutti i casi seguenti, la coppia può temporaneamente superare il valore limite continuativo senza che la temperatura faccia in tempo a raggiungere
valori pericolosi. Dalla 2.1 risulta infatti che θ/θmax raggiunge l’unità quando
C=√
Cn
1 − e−ta /τth
ovvero quando è richiesta la coppia costante C per il tempo ta . Per sovraccarichi particolarmente brevi
(sovraccarichi impulsivi, rapidi transitori di avviamento od arresto, ecc.) il limite non è più di tipo
termico, ma elettrico: in generale i costruttori danno anche una curva limite di massimo sovraccarico nel
piano Cm ,ωm che racchiude tutti i possibili punti di funzionamento anche istantaneo.
S3 Servizio intermittente periodico: funzionamento secondo una serie di cicli identici, ognuno comprendente
un determinato tempo di funzionamento a carico costante e un tempo di riposo. Il servizio S3 si può
definire mediante il rapporto tra il tempo ta di funzionamento a carico ed il tempo di ciclo tc (ad es.
S3:25%); sovente il costruttore fornisce delle curve limite nel piano Cm ,ωm che racchiudono i campi di
funzionamento S corrispondenti ad una serie standard di rapporti d’intermittenza (15%, 25%, 40%, 60%)
se manca l’indicazione del valore di tc si assuma tc = 10min). Al servizio S3 ci si può però riferire solo in
assenza di fasi di avviamento o di frenatura elettrica tali da produrre un importante sovraccarico termico
aggiuntivo: dalla 2.1 si ottiene facilmente che θ/θmax raggiunge l’unità quando
Cn
C = q¡
¢
1 − e−ta /τth
ovvero quando viene richiesta la coppia costante C per il tempo di azionamento ta , corrispondente al tempo
di funzionamento a carico.
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CAPITOLO 2. CARATTERIZZAZIONE DI MOTORE E CARICO
S4 Servizio intermittente periodico con avviamenti che influenzano il riscaldamento. Funzionamento secondo una serie di cicli identici, ciascuno comprendente un tempo considerevole di avviamento, uno di
funzionamento a carico costante e uno di riposo.
S5 Servizio intermittente periodico con avviamenti e frenature che influenzano il riscaldamento. Funzionamento come S4 , più frenatura che viene eseguita con mezzi elettrici (frenatura controcorrente, frenatura
rigenerativa, frenatura a c.c., ecc.).
S6 Servizio ininterrotto periodico con carico intermittente: funzionamento secondo una serie di cicli identici,
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CAPITOLO 2. CARATTERIZZAZIONE DI MOTORE E CARICO
23
ciascuno comprendente un tempo di funzionamento a carico costante e un tempo di funzionamento a vuoto;
non esiste tempo di riposo. Va specificato come per S3 (ad es. S6:40
S7 Servizio ininterrotto periodico con avviamenti e frenature elettriche che influenzano il funzionamento della
macchina: come S5, ma senza tempo di riposo (ad es. S7:25%, 800 avv./h, frenatura ipersincrona).
S8 Servizio ininterrotto con cambiamento periodico della velocità: va definito dai valori delle velocità di
rotazione e dagli intervalli di tempo durante i quali esse agiscono (ad es. S8: 3000 g/min x 10 min + 1500
g/min x 15 min).
Per i servizi S4, S5, S7, S8 è indispensabile conoscere il momento d’inerzia del carico ridotto all’asse del motore
Jr′ . Se durante il funzionamento effettivo al motore vengono richieste prestazioni superiori a quelle previste in
sede di scelta, la temperatura può crescere oltre il valore θmax accettabile, con pericolo di danneggiamento del
motore (il motore “brucia”); a tale scopo vengono previsti dei dispositivi di sicurezza sulla linea di alimentazione,
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CAPITOLO 2. CARATTERIZZAZIONE DI MOTORE E CARICO
che realizzano una specie di immagine termica del motore e che intervengono quando la temperatura tenta di
superare il limite previsto (si tratta normalmente di interruttori automatici con sganciatore bimetallico e costante
di tempo termica simile a quella del motore). La massima sicurezza si ha ovviamente solo con sonde termiche
inserite stabilmente negli avvolgimenti del motore. In ogni caso vanno previsti dei limitatori di massima corrente
contro i sovraccarichi istantanei.
2.2
Convertitori statici
I convertitori statici oggi generalmente utilizzati, realizzati con valvole di potenza a semiconduttore, sono interessati dalla circolazione di correnti spesso molto elevate e quindi presentano il problema dello smaltimento
termico in modo analogo a quanto avviene nei motori. I dispositivi a semiconduttore presentano una inerzia
termica e quindi una costante di tempo molto più bassa di quella del motore (dell’ordine del decimo di secondo)
per cui il raggiungimento della condizione di regime termico avviene assai rapidamente. D’altra parte la resistenza termica di questi componenti e la potenza da dissipare possono essere tali che in un brevissimo periodo
di tempo si possono raggiungere temperature in grado di bruciarli. Si adottano accorgimenti costruttivi quali
l’impiego di basamenti di alluminio con superficie alettata (dissipatori termici) come piano di fissaggio dei transistori e tiristori e la presenza di ventole di circolazione dell’aria che accelerano l’evacuazione del calore raccolto
sui dissipatori. Ciò consente di aumentare l’inerzia termica dei convertitori dando loro una certa capacità di
sovraccarico.
Solitamente i costruttori dei convertitori riportano nei cataloghi la corrente massima erogabile per breve
periodo (sovraccarico istantaneo), tipicamente nei transitori meccanici di accelerazione e decelerazione. Nel
dimensionamento del convertitore si fa riferimento ad un valore continuativo In della corrente erogabile, cioè
quella erogabile per tempo illimitato senza possibilità di sovraccarico. Nei convertitori a transistori l’equilibrio
termico si deve raggiungere ad una temperatura inferiore alla temperatura di giunzione (pari a Tmax = +85◦ C).
6
1.5Cn
Cn , In
t0
t
Figura 2.4: Corrente erogabile dal convertitore in funzione del tempo.
In ogni convertitore statico un opportuno sistema di protezioni assicura che non si verifichino condizioni operative tali da danneggiare in modo irreparabile i semiconduttori di potenza, che sono gli elementi più vulnerabili
e costosi di tutto il circuito; si hanno due tipi di protezione, una contro la massima corrente assorbita, l’altra
contro il sovraccarico. La protezione contro il sovraccarico controlla le correnti superiori a quella nominale In
del convertitore, ed è realizzata da un dispositivo di sorveglianza che, integrando nel tempo il quadrato della
corrente, dà una immagine termica del convertitore ed interviene nell’istante to in cui tale integrale supera un
limite prefissato (fig. 2.4). La protezione di massima corrente interviene per una corrente limite Ilim che può
essere compresa tra 1.2In , e 2In , a seconda delle caratteristiche del convertitore. Essa riveste un ruolo particolarmente rilevante in quanto la sua modalità di intervento condiziona il funzionamento dell’intero azionamento
(il valore di I determina ovviamente quello della coppia motrice Cm ): in alcuni tipi la protezione di massima
corrente interviene in modo da limitare al valore prestabilito la corrente che può erogare il convertitore, più
spesso la protezione interviene interrompendo l’erogazione di corrente al motore.
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CAPITOLO 2. CARATTERIZZAZIONE DI MOTORE E CARICO
Cr 6C = cost
T, V
W = cost
ω = cost
ωr
2.3.1
ÁÀ
-
Figura 2.5: Limiti dei campi di funzionamento.
2.3
¿
Figura 2.6: Aspo avvolgitore con T = cost, V = cost.
Campi di funzionamento caratteristici del carico e del motore
Introduzione
In questa sezione viene analizzato in che modo il tipo di movimentazione richiesto al carico e la sua curva
caratteristica di coppia nel piano Cr , ωr vengono utilizzate per ottenere un diagramma detto luogo dei carichi
che rappresenta tutti i punti di possibile funzionamento del carico. Questo passo si rende specialmente necessario
quando il carico deve funzionare in condizioni di volta in volta diverse come ad esempio accade per i sistemi di
posizionamento ai quali sono richiesti frequenti cicli di funzionamento caratterizzati da transitori di avviamento
e di frenatura. Successivamente verranno presentati i campi di funzionamento dei motori più comunemente
utilizzati, come il motore asincrono e i servomotori (C.C. e motori brushless).
2.3.2
Il luogo dei carichi
Il luogo dei carichi è l’insieme delle condizioni di possibile funzionamento a regime in cui è previsto che il carico
possa trovarsi. Il luogo dei carichi è rappresentato quindi nel piano Cr , ωr da un’area delimitata da linee, che
in generale potranno avere un andamento diverso da quello delle curve caratteristiche. Tali linee possono essere
del tipo a velocità costante (una per la velocità minima, l’altra per la velocità massima), del tipo a coppia
costante, del tipo a coppia crescente con la velocità, o del tipo a potenza costante (fig. 2.5). A titolo di esempio,
si consideri un argano costituito da un tamburo su cui si avvolge una fune, all’estremo della quale è appeso un
carico. Un motore collegato all’ asse del tamburo deve vincere una coppia resistente che è indipendente dalla
velocità di avvolgimento: il luogo dei carichi sarà delimitato dalla retta a coppia costante corrispondente al
massimo carico previsto (regolazione a coppia costante).
Si consideri invece il caso di un aspo svolgitore (fig. 2.6): il materiale in avvolgimento deve essere mantenuto
ad una certa tensione costante con una velocità di trasporto costante, indipendentemente dal fatto che l’aspo sia
pieno o vuoto. Detto r il raggio (variabile) di avvolgimento, la coppia sarà proporzionale ad r mentre la velocità
angolare sarà inversamente proporzionale ad r. Di conseguenza anche la potenza (pari al prodotto della tensione
per la velocità di trasporto, o della coppia per la velocità angolare) è costante e quindi il luogo dei carichi è
delimitato da un’iperbole a potenza costante. E’ da notare comunque che occorrendo partire da velocità nulla
(dove a rigore la coppia dovrebbe diventare infinita) le regolazioni a potenza costante sono quasi sempre delle
regolazioni miste (dalla velocità nulla ad una velocità base che richiede coppia costante, e da questa alla velocità
massima si richiede potenza costante).
A fianco del luogo dei carichi va considerato anche un luogo dei sovraccarichi, rappresentativo di condizioni
di carico possibili, ma di durata limitata: tale luogo è costituito da due parti, quella relativa ai carichi statici e
quella relativa ai carichi dinamici: i primi si hanno in condizioni di funzionamento particolari, al di fuori di quelle
previste per il normale funzionamento, i secondi corrispondono a fasi di accelerazione o frenatura, nelle quali si
deve tener conto delle azioni di inerzia, l’intensità delle quali peraltro non dipende dal solo momento d’inerzia
Jr del carico, ma anche da quello del motore. I luoghi dei sovraccarichi dipendono dalla durata prevista, in
funzione della quale variano con continuità partendo dal luogo dei carichi, di durata teoricamente illimitata, a
quello dei cosiddetti carichi impulsivi di durata limitatissima (ed es. 0.2 s).
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CAPITOLO 2. CARATTERIZZAZIONE DI MOTORE E CARICO
W 6
C
#
W
#
#
#
#
#
#
#
#
#
W 6
C
#
#
#
C
C
ω
6
¡
¡
¡
¡
¡ W
-
ωb
ω
Figura 2.7: Limitazione a coppia costante e potenza costante.
La determinazione del luogo dei carichi e dei sovraccarichi definisce le prestazioni richieste all’azionamento;
questa definizione va fatta sempre in modo da non appesantire inutilmente tali richieste. Bisogna infatti tener
presente che nella regolazione a coppia costante tutta la potenza installata viene richiesta esclusivamente alla
velocità massima, mentre nella regolazione a potenza costante il dimensionamento va fatto per la coppia massima,
che però serve solo quando si è al di sotto della velocità base (fig. 2.7 ).
Se non ci si trova in uno di questi due casi semplici, occorre esaminare almeno la possibilità di dividere il
luogo dei carichi in due parti contigue, una a coppia costante e una a potenza costante, in modo da facilitare la
scelta del tipo di azionamento più opportuno. Se anche ciò non fosse possibile, bisognerà esaminare il caso di
coprire tutta la richiesta utilizzando due motori diversi.
Infine va considerata l’eventualità di estendere le condizioni di funzionamento agli altri quadranti del piano
Cr , ωr , soprattutto è importante evidenziare se il passaggio dall’uno all’altro deve avvenire con continuità o
meno.
2.3.3
Campo di funzionamento dei motori elettrici
Anche per il motore elettrico si può definire un campo di funzionamento nel piano Cm , ωm , delimitato da linee
rappresentative dei vari vincoli di tipo elettrico, meccanico e termico cui il motore (e l’eventuale convertitore
che lo alimenta) è soggetto. Tale campo va diviso in quello di funzionamento continuativo (S1), in un eventuale
campo di servizio intermittente (S3) e in un campo limite che determina anche i massimi sovraccarichi dinamici
istantaneamente ammissibili. Dal punto di vista delle sollecitazioni meccaniche il motore viene dimensionato in
modo da mantenere un ampio margine di sicurezza in tutto il campo di lavoro: va però controllato che il carico
radiale esercitato da ruote dentate o pulegge sull’albero del motore non superi i valori massimi previsti dal
costruttore. Spesso esiste anche una velocità minima ωmin di buon funzionamento del motore che determina,
assieme alla velocità massima ωmax , il rapporto di variazione
R = ωmax /ωmin
(2.8)
dell’azionamento, inteso come variatore elettrico di velocità. Tuttavia criteri per determinare la ωmin non sono
ancora ben codificati; inoltre quasi sempre tale ωmin dipende più dal convertitore che dal motore in sè.
Allo stesso modo dipende sostanzialmente dal convertitore la possibilità di estendere il campo di funzionamento del motore agli altri quadranti del piano Cm , ωm . In fig. 2.8 è rappresentato il campo di lavoro di
un servomotore C.C. a magneti permanenti, alimentato per mezzo di un alimentatore statico, che presenta le
seguenti limitazioni:
- esiste una velocità angolare massima ωmax ammissibile in relazione al dimensionamento degli organi meccanici,
con particolare riguardo ai cuscinetti ed al collettore; un limite analogo è dovuto alla massima tensione di
alimentazione applicabile; di solito ωmax è compresa tra i 1000 e i 3000 g/min;
- esiste una corrente massima ammissibile da parte del convertitore, che limita la coppia massima; il suo valore
è imposto dal convertitore, e per motivi economici è solitamente variabile da 2 a 4 volte la corrente nominale, a
seconda che il convertitore sia a transistori i tristori; il motore, sia dal punto di vista della resistenza meccanica
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CAPITOLO 2. CARATTERIZZAZIONE DI MOTORE E CARICO
6
limite convertitore
6
Cm
limite convertitore
Cm
limite commutatore
limite commutatore
S3
S3
S1
S1
ωm
Figura 2.8:
Campo di funzionamento motore C.C. a
magneti permanenti.
ωb
ωmax
Figura 2.9:
Campo di funzionamento motore C.C. a
campo avvolto.
(di solito, come già detto, ampiamente sufficiente), che dal punto di vista termico, di per sè potrebbe sopportare
carichi anche maggiori, sia pur per brevissimo tempo, ma va considerato anche il pericolo di smagnetizzazione;
- esiste una curva Cm (ωm ) limite dovuta alla presenza del collettore, che in pratica limita la potenza massima
erogabile (si tratta quindi di una specie di iperbole); essa è dovuta all’esistenza di una corrente massima
commutabile, in relazione ad una durata delle spazzole superiore alle 4000 h. Tale curva si riferisce ad un
servizio dinamico di durata limitata a 0,2 s; per durate maggiori (servizio continuativo S1, o intermittente S3)
spesso si utilizza una iperbole più bassa, destinando la zona compresa fra le due curve ai soli moti transitori.
- esiste una corrente massima ammissibile per il servizio continuativo S1, alla quale corrisponde una coppia
pressochè costante (la coppia nominale) fino alla velocità base, oltre la quale essa diminuisce per i già citati
problemi di commutazione al collettore ; quindi, almeno fino alla velocità base, si può fare una regolazione a
coppia costante; si tenga però presente che in caso di prolungato funzionamento da fermo (> 5min) è ammesso
solo il 50% della coppia nominale;
- esistono correnti (e quindi coppie) massime ammissibili per il servizio intermittente S3 corrispondenti a rapporti
di intermittenza normalizzati (per periodo del ciclo di 10 min).
Naturalmente queste curve limiti sono riferite ad una certa modalità di raffreddamento, che, dato il tipo di
applicazioni previste per questi motori, deve essere indipendendente dalla velocità (l’autoventilazione è quindi
assai rara). D’altra parte, se il limite d’impiego del motore è principalmente dovuto al collettore, la ventilazione
forzata è praticamente inutile.
I motori a C.C. a campo avvolto, presentano, rispetto a quelli a magnete permanente, alcune interessanti
differenze, dovute principalmente alla presenza di opportuni dispositivi (poli ausiliari, avvolgimenti compensatori) atti a favorire una buona commutazione; in pratica la curva limite di commutazione si innalza, sicchè con
un buon sistema di ventilazione la coppia disponibile nel servizio continuativo (S1) resta praticamente costante
fino ad una velocità massima ωb (fig.2.9): si può allora fare la regolazione a coppia costante per tutto il campo
di funzionamento, tenendo però presente che, per effetto della curva limite di commutazione, le risorse di coppia
per i transitori dinamici diminuiscono con la velocità.
L’ innalzamento della curva limite di commutazione consente eventualmente un notevole aumento della
velocità massima (si può arrivare normalmente fino ai 6000 g/min) anche se ovviamente alle velocità più alte
(ω > ωb in fig. 2.9) la coppia continuativa disponibile decresce e si deve necessariamente passare ad una
regolazione del tipo a potenza costante. In questa zona può convenire allora fare il controllo sulla corrente
di eccitazione: la limitazione della corrente d’armatura Ia comporta infatti un ampio campo di regolazione a
potenza costante a partire dalla velocità ωb in cui può essere applicato il pieno valore della tensione d’armatura
Va .
P. Righettini, R. Strada
c
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CAPITOLO 2. CARATTERIZZAZIONE DI MOTORE E CARICO
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autoventilati
ventilazione assistita
¡
¡
ª
Cn
¡
¡
½
½
=½
½
½
½
½
½
½
sovraccarico massimo
coppia continuativa
©
¼©
©
©
©
Zona Utile di Progetto
fn
ωn
f
ω
Figura 2.10: Campo di funzionamento motore asincrono.
Per la loro maggior velocità i motori a campo avvolto richiedono di solito un riduttore di velocità incorporato.
A pari potenza i servomotori a campo avvolto sono più piccoli, hanno meno inerzia meccanica e termica di quelli
normali, ma necessitano di una ventilazione forzata.
I motori brushless, non avendo commutazione meccanica, hanno il vantaggio di non avere le corrispondenti
limitazioni, e consentono quindi una regolazione a coppia costante fino alla velocità massima.
Per i motori a corrente alternata collegati direttamente alla rete, la curva caratteristica è unica ed il campo
di funzionamento del motore coincide con essa. Su tale curva il punto di funzionamento nominale divide la
parte dove è consentito il funzionamento continuativo S1 e quella utilizzabile solo in modo intermittente o nei
transitori di avviamento. Per ottenere un campo di lavoro vero e proprio bisogna impiegare un dispositivo
capace di variare a comando il rapporto di trasmissione τ . Con un variatore meccanico continuo il rapporto di
trasmissione può essere fatto variare con continuità durante il funzionamento da un valor minimo τmin ad un
valor massimo τmax , dove il rapporto Rv = τmax /τmin è una caratteristica del tipo di variatore adottato. Si
ha cosı̀ un motovariatore, il cui campo di lavoro per sua natura dovrebbe essere del tipo a potenza costante:
in pratica però il variatore meccanico può introdurre limitazioni aggiuntive che impediscono di utilizzare la
piena potenza del motore a tutte le velocità. Con un variatore meccanico a gradini (ossia un cambio di marce)
il rapporto di trasmissione può assumere solo una serie limitata di valori, scelti in modo da approssimare al
meglio il comportamento di un variatore continuo. Assumendo come criterio quello di contenere al massimo il
valore dello scarto percentuale la migliore approssimazione si ha disponendo i vari τ in progressione geometrica.
Nel caso di motori asincroni alimentati da un convertitore elettronico, si ha un comportamento analogo a
quello dei motori in C.C.; ad esempio in fig. 2.10 è rappresentato il campo di lavoro di un motore asincrono
alimentato da un convertitore (inverter) che lo alimenta a frequenza variabile, con una tensione proporzionale
ad f fino alla frequenza nominale fn di funzionamento del motore (50 Hz), e successivamente con tensione
costante.
La curva limite è determinata sostanzialmente dalle protezioni del convertitore, dimensionato per fornire
al massimo una corrente pari ad 1.5 In ; ne segue un valore di coppia costante finchè è costante il rapporto
Va /f , decrescente al crescere di f quando Va è divenuta costante. Analogo andamento ha la coppia continuativa
(S1) che, essendo proporzionale a Va /f , consente una regolazione a coppia costante fino alla velocità nominale
(corrispondente ai 50 Hz) e una regolazione a potenza costante fino ad una velocità più che doppia.
P. Righettini, R. Strada
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