LA PARTICELLA ALLA FINE DELL`UNIVERSO

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LA PARTICELLA
ALLA FINE
DELL’UNIVERSO
LA CACCIA AL BOSONE
DI HIGGS E LE NUOVE
FRONTIERE DELLA FISICA
SEAN CARROLL
Traduzione di Roberto Di Capua
Prologo
JoAnne Hewett si sente le gambe molli e fa grandi sorrisi mentre
parla con entusiasmo alla videocamera. Tra le persone riunite al
consolato svizzero di San Francisco si diffonde un brusio d’eccitazione. Si tratta di un evento straordinario, organizzato per celebrare il lancio del primo protone nel tunnel sotterraneo del Large
Hadron Collider (LHC) alla periferia di Ginevra, un enorme acceleratore di particelle situato al confine franco-svizzero, che inizia
così la sua ricerca per svelare i segreti dell’universo. Lo champagne
scorre a fiumi, e non c’è da meravigliarsene. La voce di Hewett afferma enfaticamente: «Ho aspettato questo giorno per venticinque
anni... ven-ti-cin-que!».
È un momento importante. In questo giorno del 2008, i fisici
hanno finalmente realizzato quello che ritenevano essenziale per
il successivo grande passo avanti: un acceleratore gigantesco che
farà collidere protoni ad altissima energia. Per un certo tempo si
è ritenuto che questa macchina sarebbe stata costruita negli Stati
Uniti, ma le cose non sono andate secondo le previsioni. Hewett era
appena all’inizio del suo dottorato quando, nel 1983, il Congresso
degli Stati Uniti approvò la costruzione dell’SSC (Superconducting
Super Collider, supercollisore superconduttivo) in Texas. Concepito per essere attivo prima del 2000, sarebbe stato il più grande
collisore mai costruito. Lei, come tanti altri tra i fisici più brillanti e
ambiziosi della sua generazione, riteneva che le scoperte effettuate
con questo apparato sarebbero state alla base della sua carriera di
ricercatrice.
Invece l’SSC fu cancellato, facendo mancare il terreno sotto i
piedi ai fisici convinti che per decenni sarebbe stata questa mac-
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china a dare forma al loro settore di ricerca. Politica, burocrazia e
rivalità interne ne avevano intralciato il cammino. Adesso l’LHC,
per molti aspetti simile a quello che doveva essere l’SSC, è finalmente in procinto di attivarsi per la prima volta, e Hewett e i suoi
colleghi sono più che pronti per l’evento. «Quello che ho fatto negli
ultimi venticinque anni è stato considerare ogni nuova pazza teoria
partorita da chicchessia, e stimare la “firma” [il modo in cui identifichiamo nuove particelle] che avrebbe lasciato all’SSC o all’LHC»
racconta.
C’è un’altra motivazione più personale per l’euforia di Hewett.
Nella ripresa video, i suoi capelli rossi appaiono molto corti, quasi
a spazzola. Non si tratta di una scelta dettata dalla moda. Nel corso
dell’anno le era stato diagnosticato un cancro invasivo al seno, con
una possibilità su cinque che fosse allo stadio terminale. Lei aveva
optato per un protocollo di trattamento estremamente aggressivo,
che comprendeva pesanti chemioterapie e un’infinita serie di interventi chirurgici. I suoi caratteristici capelli rossi, che in precedenza
le arrivavano alla vita, erano spariti quasi subito. In quel periodo,
ammette Hewett con un sorriso, per tirarsi su di morale fantasticava sulle nuove particelle che sarebbero state trovate all’LHC.
JoAnne e io ci conosciamo da anni, come amici e colleghi. Il mio
settore di competenza è la cosmologia, lo studio dell’universo nella
sua interezza, che è recentemente entrato in un’età dell’oro grazie
a nuovi dati e scoperte sorprendenti. La fisica delle particelle, che
come disciplina accademica è diventata inseparabile dalla cosmologia, era tuttavia affamata di nuovi risultati sperimentali che potessero stravolgere il quadro teorico e guidarci verso nuove intuizioni.
La pressione è andata accumulandosi per lungo tempo. A un altro
fisico intervenuto al ricevimento, Gordon Watts, dell’università di
Washington, fu chiesto se la lunga attesa dell’LHC fosse stata stressante. «Oh sì, assolutamente. Io adesso ho qui una ciocca di capelli
grigi. Mia moglie dice che è a causa di nostro figlio, ma in realtà è
dovuta all’LHC».
La fisica delle particelle si trova alle soglie di una nuova era,
nella quale alcune teorie potrebbero crollare mentre altre, forse, si
riveleranno azzeccate. Ogni fisico presente al ricevimento ha i suoi
modelli preferiti – bosoni di Higgs, supersimmetria, technicolor, dimensioni extra, materia oscura – una girandola di idee esotiche con
implicazioni bizzarre.
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«La mia speranza su ciò che l’LHC troverà è “nessuno dei precedenti”» dichiara Hewett con entusiasmo. «Sono davvero convinta che ci sarà qualche sorpresa, perché ritengo che la natura sia più
intelligente di noi, e che abbia ancora parecchie sorprese in serbo, e
ci divertiremo un sacco cercando di mettere insieme i pezzi. E sarà
straordinario!».
Questo accadeva nel 2008. Nel 2012, il ricevimento per celebrare l’inaugurazione dell’LHC è alle spalle, e l’era delle scoperte
è ufficialmente iniziata. I capelli di Hewett sono ricresciuti. I trattamenti sono stati strazianti ma sembra che abbiano funzionato, e
l’esperimento che lei ha aspettato per tutta la carriera sta facendo la
storia. Dopo due decenni e mezzo di sforzi teorici, le sue idee sono
finalmente sottoposte al vaglio dei dati sperimentali: particelle e
interazioni mai osservate prima da esseri umani, sorprese che la
natura ha tenuto celate. Fino ad ora.
Facciamo ancora un salto: è il 4 luglio 2012, il giorno di apertura della Conferenza internazionale della fisica delle alte energie.
Si tratta di un meeting a cadenza biennale, che ogni volta si tiene in
una diversa città del mondo, e che nell’anno appena trascorso era
in programma a Melbourne, in Australia. Centinaia di fisici delle
particelle, Hewett inclusa, hanno riempito l’auditorium principale per assistere a un seminario speciale. Tutti gli investimenti per
l’LHC, tutte le aspettative cresciute nel corso degli anni, stanno per
essere ripagate.
La presentazione viene trasmessa a Melbourne dal CERN, il laboratorio di Ginevra che ospita l’LHC. Ci sono due interventi, che
normalmente sarebbero stati presentati a Melbourne come parte
del programma della conferenza. Alla fine, però, quelli che contano hanno deciso che un evento di questa portata doveva essere
condiviso con le tante persone che avevano contribuito a rendere
l’LHC un successo. Una decisione graditissima: centinaia di fisici al
CERN sono rimasti in fila per ore prima dell’inizio degli interventi,
previsto per le nove del mattino, ora di Ginevra, campeggiando
all’esterno in sacchi a pelo nella speranza di procurarsi un buon
posto a sedere.
Rolf Heuer, direttore generale del CERN, fa gli onori di casa.
Ci saranno interventi da parte del fisico americano Joe Incandela
e del fisico italiano Fabiola Gianotti, i portavoce dei due principali
esperimenti basati sulla raccolta e sull’analisi dei dati dell’LHC. En-
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trambi gli esperimenti contano più di tremila collaboratori ciascuno, la maggior parte dei quali sono incollati agli schermi di computer sparsi in giro per il globo. L’evento viene trasmesso in diretta via
internet, non solo a Melbourne ma a chiunque voglia avere i risultati in tempo reale. È un mezzo appropriato per questa celebrazione
della grande scienza moderna, uno sforzo high-tech internazionale
fatto di grandi investimenti e riconoscimenti esaltanti.
Sia nell’intervento di Gianotti sia in quello di Incandela è evidente un pizzico di tensione, ma le presentazioni parlano da sole.
Entrambi rivolgono sentiti ringraziamenti ai tanti ingegneri e scienziati che hanno contribuito a rendere possibili gli esperimenti. Poi
spiegano in dettaglio perché tutti debbano credere ai risultati che
si accingono a presentare, dimostrando che conoscono bene i loro
strumenti e che l’analisi dei dati è stata accurata e affidabile. Solo
dopo aver allestito la scena alla perfezione mostrano quello che
hanno trovato.
Ed eccoci qui. Una manciata di grafici che a un occhio inesperto non direbbero nulla, ma con una caratteristica ricorrente: più
eventi (rilevazioni di particelle originate in una singola collisione)
di quanto atteso a una certa particolare energia. Tutti i fisici in
ascolto capiscono immediatamente che cosa questo significhi: una
nuova particella. L’LHC ha gettato uno sguardo su una parte della
natura che finora non era mai stata osservata. Incandela e Gianotti
descrivono a fondo la scrupolosa analisi statistica necessaria per
distinguere le scoperte autentiche dalle fluttuazioni statistiche accidentali, e i risultati in entrambi i casi parlano senza ambiguità:
qualcosa c’è di sicuro.
Applausi. A Ginevra, a Melbourne e in tutto il mondo. I dati
sono così chiari e precisi che perfino i fisici che hanno lavorato agli
esperimenti per anni sono sbalorditi. Il fisico gallese Lyn Evans, che
più di ogni altro è stato responsabile nel guidare l’LHC attraverso
il suo difficile cammino verso il completamento, si è detto “esterrefatto” dallo splendido accordo tra i due esperimenti.
Io stesso ero al CERN quel giorno, fingendo di essere un giornalista in una sala stampa attigua all’auditorium principale. Di solito
non ci si aspetta che i giornalisti applaudano quando sentono una
notizia, ma i cronisti lì riuniti cedettero all’emozione del momento.
Non si trattava di un successo solo per il CERN o per la fisica: era
un successo per il genere umano.
Prologo
Noi pensiamo di sapere che cosa sia stato trovato: una particella elementare chiamata bosone di Higgs, dal nome dell’ottantatreenne fisico scozzese Peter Higgs, presente nella stanza dei seminari
e visibilmente commosso: «Non ho mai pensato che sarebbe successo nel corso della mia vita». Erano presenti anche altri fisici che
avevano proposto la stessa idea nel lontano 1964; le convenzioni
secondo cui le teorie prendono i nomi non sono sempre giuste, ma
in quel momento tutti potevano prendere parte alla celebrazione.
Dunque, che cos’è il bosone di Higgs? È una particella fondamentale della natura come non ce ne sono molte, e oltretutto un
tipo molto particolare di particella. La fisica moderna distingue tre
tipi di particelle. Ci sono particelle di materia, come gli elettroni e
i quark, che costituiscono gli atomi e tutto quello che vediamo. Ci
sono le particelle di forza che trasportano la gravità, l’elettromagnetismo e le forze nucleari, che tengono insieme le particelle di
materia. E poi c’è l’Higgs, in una categoria tutta sua.
L’Higgs non è importante per quello che è, ma per quello che
fa. La particella di Higgs ha origine da un campo che permea lo
spazio, noto come campo di Higgs. Ogni cosa nell’universo conosciuto, nel suo viaggiare attraverso lo spazio, si muove nel campo
di Higgs; il campo è sempre lì, acquattato invisibile nell’ombra. Ed
è importante: senza l’Higgs, elettroni e quark sarebbero privi di
massa, proprio come i fotoni, le particelle di luce. Viaggerebbero
anche loro alla velocità della luce e non potrebbero formare atomi
e molecole, e ancor meno la vita così come la conosciamo. Il campo di Higgs non ha un ruolo attivo nella dinamica della materia
ordinaria, ma la sua presenza dietro le quinte è cruciale. Se non ci
fosse, il mondo sarebbe un posto completamente diverso. E ora lo
abbiamo trovato.
Qualche cautela è doverosa. Quello che abbiamo al momento
tra le mani è l’evidenza di una particella molto simile al bosone di
Higgs: ha la massa giusta e viene prodotto e decade più o meno
come ci si aspetta che faccia, ma è ancora prematuro affermare con
certezza che quello che abbiamo scoperto è il semplice Higgs predetto dal modello originario. Potrebbe essere qualcosa di più complicato, o essere parte di un’intricata ragnatela di particelle connesse. Ma abbiamo certamente trovato una qualche nuova particella,
che agisce come noi pensiamo debba agire un bosone di Higgs.
Per gli scopi di questo libro, considererò il 4 luglio 2012 come il
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giorno in cui è stata annunciata la scoperta del bosone di Higgs. Se
la realtà si dimostrerà più subdola, tanto meglio per tutti... i fisici
vivono di sorprese.
Ci sono forti speranze che la scoperta dell’Higgs rappresenti
l’inizio di una nuova era nella fisica delle particelle. Noi sappiamo
che nella fisica c’è molto più di quello che attualmente riusciamo
a comprendere; studiare l’Higgs apre una nuova finestra su mondi
ancora inesplorati. Sperimentatori come Gianotti e Incandela hanno un nuovo “campione” da studiare; teorici come Hewett hanno
nuovi dati per costruire modelli migliori. La nostra comprensione
dell’universo ha fatto un balzo in avanti, un balzo grande e atteso
da lungo tempo.
Questa è la storia delle persone che hanno dedicato la vita alla
scoperta dell’essenza ultima della realtà, della quale l’Higgs è una
componente cruciale. Ci sono teorici che formulano idee astratte
armati solo di carta e penna, e vanno avanti a caffè e infuocate
dispute con i colleghi. Ci sono ingegneri che spingono macchinari e
strumenti elettronici ben al di là dei limiti della tecnologia del momento. E soprattutto ci sono sperimentatori che mettono insieme
i macchinari e le idee per scoprire qualcosa di nuovo sulla natura.
La fisica moderna d’avanguardia è fatta di progetti che costano
miliardi di euro e impiegano decenni per essere completati, e questo richiede una straordinaria dedizione e la disponibilità a mettere
sul piatto una posta elevata con l’obiettivo di riconoscimenti unici.
Quando tutti questi elementi s’incontrano, il mondo cambia.
La vita è bella. Prendete un altro bicchiere di champagne.
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